AGOSTINO DEPRETIS Leone Fortis, L'arguto Giornalista a Cui Non Sfuggivano I Lati Comici Di Uomini E Cose, Amava Rievocare Questo
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AGOSTINO DEPRETIS Leone Fortis, l'arguto giornalista a cui non sfuggivano i lati comici di uomini e cose, amava rievocare questo ricordo giovanile. Si era negli ultimi giorni di aprile del 1859; Cavour aveva chiesto e ottenuto in Parlamento i pieni poteri pel Go verno; esuli d'ogni parte d'Italia affluivano a Torino, giovani soprattutti, che si presentavano per volontari. In uno di quei giorni nello scendere dal treno Fortis ravvisa tra i viaggia tori Brofferio. Nel momento che questi muove i primi passi verso l'uscita, tra una calca di gente, accorre a lui Depretis: Era più spettinato, più irsuto del solito; voce tetra. — Ebbene ? - gridò Brofferio. — Tutto è finito ! - rispose Depretis. Si strinsero la mano e si appaiarono. — Votati ? - insistè Brofferio. — Votati ! - replicò l'altro. — Povero paese ! - mormorarono tutti e due. Quelli che erano più vicini ai due uomini politici credettero ad improvvise trattative con l'Austria. «Ne fummo tutti sgo menti e sconvolti. Ora sa Lei che cosa deploravano così ? I pieni poteri accordati a Cavour per fare la guerra; mentre il paese ne aveva trasalito di gioia». Questo aneddoto non è solamente umoristico. Esso ci ap prende alcune cose importanti sulla psicologia degli uomini che componevano la Sinistra nel Parlamento subalpino e sui primordi della vita politica di Agostino Depretis. La Sinistra subalpina, specialmente dopo jl 1850 - cioè da quando Urbano Rattazzi, con Lanza e altri, se n'era distac cato per costituire il gruppo del Centro sinistro - corrispondeva piuttosto all'Estrema sinistra del posteriore Parlamento italiano. Sebbene non fosse l'espressione di un determinato partito, ma soprattutto di certe situazioni provinciali, era però tenuta in sieme da un comune spirito giacobino. In discreti rapporti col 172 MARIO VINCIGUERRA movimento mazziniano - che amò avvolgere di romantico mi stero -, in realtà non fu mazziniana, appunto perchè giacobina e francesizzante. Non tutti i suoi membri inoltre accettavano il programma unitario di Mazzini; ne dissentiva uno dei capi più in vista, Brofferio. Quando, nel 1859, riscintillò sul cielo d'Italia la stella di Garibaldi, la Sinistra fu cordialmente gari baldina e poco dopo confluì in gran parte nel Partito d'azione. In tale mista compagnia si trovò l'ancor giovane Depretis fin da quando entrò la prima Volta nel Parlamento subalpino, nel lontano maggio del 1848, e ne risentì certamente l'influenza per lunghi anni. Noi abbiamo visto che ancora alla vigilia della guerra del 1859 egli appariva cordialmente legato all'indirizzo anticavou- riano impresso alla Sinistra specialmente da Brofferio. Eppure egli non sospettava che in quel preciso momento, che insieme con l'implacabile collega prendeva arie di profeta corrucciato, un pro fondo mutamento stava per operarsi nella sua carriera politica. A prepararlo lavoravano occultamente elementi nativi radi cati nel suo spirito. Depretis sedeva al Parlamento subalpino per effetto di una di quelle operazioni di grossolana chirurgia geografica con cui si chiu dono spesso le guerre. Per secoli il confine geografico tra Lombardia e Piemonte, a mezzodì, fu quello che è ritornato ad essere ora nel l'Italia unita, cioè spinto molto innanzi verso Vercelli, Alessandria e Tortona, in modo da includere dentro la regione lombarda i ter ritori di Mortara e Voghera: ciò per ubbidire alle ragioni etniche del paese, che è indiscutibilmente lombardo. Ma il trattato di Aquisgrana, dopo le lunghe guerre di predominio della prima metà del Settecento, fece passare questo paese di re di Sardegna, e que sto stato di cose durò fino alla guerra del 1859, che rimise le cose in sesto. Come tanti altri suoi compaesani, Depretis si trovò piemontese per volere di Sua maestà il Re di Sardegna, lombardo per tradizioni storiche, legami familiari e culturali, atteggiamenti spirituali. Ram pollo di media, agiata borghesia terriera di Stradella, presso il nuovo confine, quando venne il tempo di scegliersi uno stato, non andò ad addottorarsi in giurisprudenza all'università di Torino, sibbene a quella di Pavia, ed in. quell'ambiente acceso di spiriti liberali e così vibrante alle ispirazioni della prossima Milano, il giovane De pretis sentì il fascino delle idee rivoluzionarie lanciate da Mazzini. AGOSTINO DEPRETIS 173 Non tanto però che si trasformassero le qualità radicali del suo carattere di borghese campagnuolo della « Bassa » padana. La sua vita, anche da giovane, è uguale e terrestre. Non conosce voli; ama consolidarsi su ciò che gli è dintorno ed è tangibile. È privo di fantasia; ma è ricco di una tenacia che ama non ostentare, per ché sa calcolare le sue mosse, e non gli è estranea una certa diffi denza contadinesca, temperata dalla lombarda urbanità scherzosa. Perché egli conosce d'istinto l'arte di sciogliere o almeno allonta nare una difficoltà od una ostilità con una barzelletta, di quel tipo lapalissiano che riduce tutto alla più semplice espressione, e finge di non comprendere il lato più grave di una questione. Pretto stile lombardo, che alcuni decenni dopo avrà la sua caratteristica espres sione in certe frasi di Ferravilla, rimaste proverbiali come alcune di Depretis. E qui mi sia lecito aprire una breve parentesi per tirare in ballo una prima volta Carducci. In un distico famoso, da lui lan ciato contro Depretis, alludendo ai motti di spirito di questo, parla di « celie allobroghe », ed è inesatto, perché, come ho detto, lo spirito depretisiano, come tutta la sua forma mentale, fu pretta mente lombardo. Per completare il suo ritratto interiore non si possono trascu rare le circostanze nelle quali prese moglie. Sposò tardi, nel 1876, quando era alle soglie del potere, una distinta e vivace signora di Pavia, Amalia Flarer, che aveva conosciuta e chiesta in moglie una ventina d'anni prima. La famiglia di lei, che era una giovinetta, non vide favorevolmente la cosa, e forse lei stessa non fu attratta da quello spilungone trasandato nelle vesti, spettinato e irsuto, come ce lo presenta Leone Fortis nel 1859. Poco dopo la fanciulla andò sposa ad altri. Agostino non fece lo*Jacopo Ortis; ma non cambiò parere. Rimase scapolo, tranquillamente. Gli eventi s'in caricarono di riaccendere le tede nuziali. Rimasta vedova donna Amalia, Depretis le chiese di nuovo la mano, semplicemente, come se non fosse passata tanta acqua sotto il ponte del Ticino. Donna Amalia non era più una fanciulla; dietro al senso positivo di donna matura spuntava qualche ambizione. I misteri della capitale e della politica esercitavano una pungente attrattiva. Imbarcarsi per questa tardiva avventura con il vecchio amico esperto ed au torevole la elevava ad una condizione privilegiata nella piccola mondanità provinciale. Accettò, e la coppia s'installò in una casa 174 MARIO VINCIGUERRA nuova della grande strada della Terza Roma, via Nazionale, là dove s'incrociava con la via che ora prende il nome appunto da Depretis. Ne marito, ne moglie, per altro, si fecero ubriacare dai fumi del successo e del potere. La loro vita privata si svolse agiata, pacata, modesta, negli stretti confini del bilancio domestico. La loro casa era in un rione nuovo, con qualche pretesa; ma era l'ap partamento all'ultimo piano; e il vecchio Presidente del Consiglio, afflitto dalla gotta, saliva talvolta dolorando i centoventi scalini per raggiungere la porta di casa. - Ci si abitua - diceva con un mezzo sorriso il povero vecchio, quando gli amici lo compassiona vano; e soggiungeva: - Abitando al quarto piano, pago trecento lire mensili, ed ho una bella casa, che potrei subaffittare per lo stesso prezzo il giorno che non fossi più ministro. Le scale sono parecchie; ma, io, che non faccio mai moto, trovo giovamento a stare in alto e all'aria buona. Questo l'unico romanzo della vita di Agostino Depretis. Ro manzo in pantofole, se vogliamo; ma che a torto si giudicherebbe indegno di ricordo nella biografia dell'uomo di Stato. Oltre che av volgere di una blanda luce casalinga i costumi politici del tempo, questi casi ci dicono molto sul carattere dell'uomo, e ci spiegano i suoi metodi d'azione preferiti anche nel campo politico. Coloro i quali lo ritennero un semplice opportunista, senza principi, si sba gliarono di grosso. Egli tenne fede costantemente ai grandi principi del liberalismo; rivendicò sempre le libertà civiche, ed io credo che poco di più esplicito sia stato detto nella nostra vita parlamentare di quello che, sulla libertà di stampa, Depretis disse al Parlamento subalpino nel lontano 1852: Io credo che importi sommamente di rendere robusto e virile il carat tere nazionale. Tutti sanno che la stampa trova sempre il modo di dire quello che vuole... Però gli scrittori che si avvezzano a parlare per reti cenze o per figure, a non chiamare le cose col loro nome... influiscono certa mente sul carattere nazionale; gli abiti della letteratura diventano molte volte abiti della nazione, e lo stesso rimprovero che si fa agli scrittori si viene dopo un certo tempo a fare al paese. Io tengo per fermissimo che la robustezza di carattere, di cui va tanto a ragione distinta la forte razza anglosassone... è dovuta al lungo esercizio del diritto di libera stampa... Ora dunque non dobbiamo toccare tanto leggermente a questo prezioso diritto, imperocché... abbiamo una gravissima ed inevitabile lotta da so stenere. Ed è la libertà di pensiero quel mezzo col quale si potrà dare tem pra robusta al carattere nazionale. AGOSTINO DEPRETIS 175 A queste cose egli credè sempre sinceramente, e, per rimanere nel campo specifico della stampa, non fu un caso che l'avvento della Sinistra al potere aprì il periodo forse più brillante del giornalismo italiano. È certo che ciò non sarebbe potuto avvenire, se colui che tenne più a lungo in mano il timone dello Stato lo avesse volto verso le costellazioni infauste alla vita del pensiero. Non fu un opportunista; ma è vero invece che fu un uomo che ebbe squisito il senso della opportunità e della tempestività - e questo si potè equivocare per malinteso o per malafede.