Sezze Nel Processo Risorgimentale
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Sezze nel processo risorgimentale Giuseppina Di Trapano Cristina Rossetti Maria Rosaria Vitiello INDICE Introduzione I parte 1.1-Situazione socio-politico-culturale. 1.2- Religione. 1.3- Scuola e istruzione. 1.4- Giustizia e brigantaggio. 1.5- Proteste e “atti sovversivi” dal 1798 al 1849. 1.6- Proteste e atti sovversivi dal 1859 al 1870. 1.7- Gli amministratori del Comune di Sezze nel Regno d'Italia: 1871 e 1872. 1.8- Archivio Storico Comunale di Sezze. 1.9- Registro dei verbali consigliari del 1871 e 1872. 1.10- Ordini del giorno. II parte 2.1- Resistono antichi privilegi feudali che impediscono l’attuazione della nuova legge di sovrimposta comunale: 2.1a) Sovrimposta comunale ed enfiteuti pontini. 2.1b) Causa degli enfiteuti pontini contro il Comune. 2.2- La scuola pubblica prima e dopo lo stato unitario: 2.2a) L'istruzione pubblica dal Regno di Sardegna allo Stato unitario. 2.2b) La scuola nello Stato Pontificio. 2.2c) La scuola pubblica dopo l'unità d'Italia: il reclutamento degli insegnanti a Sezze. 2.3- Il Regolamento Municipale di Sezze: 2.3a) La redazione del Regolamento: i modelli. 2.3b) Il Regolamento edilizio e di Pubblico Ornato sotto lo Stato Pontificio. 2.3c) Regolamenti del Regno d'Italia. 2.3d) Modernità del Regolamento edilizio del 1872. 2.4- Conclusioni. 2.5- Documenti. 2.6- Bibliografia. Introduzione* L'oggetto della ricerca, progettata da alcuni soci dell'ISUS in occasione del centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia, è costituito dai registri delle riunioni consigliari di Sezze del 1871 e 1872, i più antichi conservati nell'archivio storico del Comune. Il presente saggio si compone di due parti: la prima riporta i risultati della ricerca bibliografica e d'archivio e si conclude con l'elenco degli ordini del giorno, riportati dai verbali. La seconda parte è costituita dall'approfondimento analitico dei verbali e dallo sviluppo di tematiche volte a conoscere meglio le figure degli amministratori, le loro iniziative, le novità che si registrano con l'introduzione dello Statuto Albertino e le reazioni della popolazione. -------------------------- Sin dalla nascita della Repubblica Romana del 1798-99, che rappresentò la prima breve esperienza di democratizzazione, con aspirazioni alla libertà e all'indipendenza, la cittadina non rimase estranea ai movimenti risorgimentali. Nei primi decenni dell'Ottocento sui vicini Castelli romani il mito garibaldino e repubblicano si era diffuso e radicato, sfociando in proteste e moti, che ebbero ripercussioni anche sui monti Lepini. L'eco delle sommosse andava avvicinando gli intellettuali democratici alla «questione sociale», che avrebbe portato alla costruzione della prima cultura politica per le classi più povere.1 La nobiltà era nettamente conservatrice, gelosa dei suoi privilegi a Sezze come a Roma, dove il solo duca di Sermoneta apertamente si era schierato coi liberali prima dell'Unità. I dispacci di polizia e la corrispondenza tra gli organi giudiziari dello Stato Pontificio, nella cui Legazione di Marittima e Campagna era compresa Sezze, con capoluogo Velletri, sono la testimonianza delle manifestazioni di alcuni cittadini definiti 'sovversivi', che appoggiavano segretamente o manifestamente le idee liberali, affrontando i rischi, le persecuzioni ed anche il carcere. Come in tutte le rivoluzioni però, solo una minoranza comprese l'importanza delle innovazioni che si propugnavano, per portare l'Italia in linea con le altre nazioni europee. «Questa piccola minoranza giacobina, che il Governatore di Sezze dice essere numerosa, […] è nelle battaglie comunali, nella vita cittadina, che questi dinamici individui manifestano il loro vigore, il loro spirito d'indipendenza...»2. Esistevano però esponenti del patriziato, del clero e del ceto borghese chiusi agli ideali politici e insensibili al nuovo che avanzava. Il resto della popolazione, afflitta dall'indigenza e dall'ignoranza, era rimasta piuttosto indifferente e, come vedremo, in molti casi si era addirittura opposta alle innovazioni, da cui si sentiva penalizzata. Era difficile infatti che apprezzasse, ad esempio, nei liberali risorgimentali la volontà di istituire una scuola laica, pubblica ed obbligatoria, quando aveva il problema di rimediare un pasto quotidiano. Ricordiamo che i numerosi figli delle famiglie indigenti fin da piccoli venivano impiegati nei lavori rurali o domestici, ai quali le nuove norme li avrebbero sottratti, togliendo così una risorsa alla famiglia, che la considerava preziosa ed irrinunciabile. * Le ricerche dei documenti sono state svolte all'Archivio Comunale di Sezze, all'Archivio Capitolare di Sezze, all'Archivio Comunale di Velletri, all'Archivio di Stato di Latina, all'Archivio di Stato di Roma, alla Sovrintendenza Archivistica del Lazio. Desideriamo ringraziare: Sparta Tosti, presidente dell'ISUS (Istituto di Scienze Umane e Sociali) di Latina; Antonio Di Fazio; Jeph Anelli e Giancarlo Marchetti del Comune di Sezze; Luigi Zaccheo; don Massimiliano Di Pastina; Oliviero Mizzon; Anna Barbierato. 1 FRANCESCO OTTAVIANO, I castelli romani dal primo al secondo Risorgimento, «Quaderno dell'ANPPIA Regionale del Lazio», La Pietra Milano 1983, p.20. 2 COSTANTINO MOLINARI, tesi di laurea inedita, Sezze dal 1814 al 1870, Università degli Studi “La Sapienza”, facoltà di Lettere e Filosofia, Roma, a.a.1970-1971, pp.2-3. I PARTE3 Sommario: 1.1. Situazione socio-politico-culturale.- 1.2. Religione. - 1.3. Scuola e istruzione. - 1.4. Giustizia e brigantaggio. - 1.5. Proteste e “atti sovversivi” dal 1798 al 1849. - 1.6. Proteste e atti sovversivi dal 1859 al 1870. - 1.7. Gli amministratori del Comune di Sezze nel Regno d'Italia: 1871 e 1872. - 1.8. Archivio Storico Comunale di Sezze. - 1.9. Registro dei verbali consigliari del 1871 e 1872. - 1.10. Ordini del giorno. 1.1. Situazione socio-politico-culturale Sezze, in provincia di Latina, è situata sui primi contrafforti dei monti Lepini, da cui si affaccia sulla pianura pontina. Ha una storia millenaria, poiché risulta fondata nel 302 a.C.; colonia latina, fece parte dell'impero romano e, dopo la sua caduta, appartenne allo Stato Pontificio fino al 1860. La vita di Sezze fu regolata per secoli da uno Statuto, abolito nel 1833 dal papa Gregorio XVI. La riforma ammimnistrativa di Pio IX nel 1848, col suo nuovo Statuto, riservò il titolo di Legazione alle cinque grandi regioni nelle quali era stato diviso l'intero Stato. Da allora fino al termine del potere temporale dei papi, Sezze fece parte della Legazione di Marittima e Campagna con capoluogo Velletri. L'amministrazione comunale era guidata da un Gonfaloniere e da un Pubblico Consiglio; il Gonfaloniere ed i Consiglieri Anziani costituivano la Magistratura, i cui componenti provenivano per la maggior patrte dal primo ceto sociale, quello nobiliare, che aveva sempre tenuto «ben saldo in mano il potere comunale per la spartizione […] delle entrate comunitative».4 La classe dei nobili ha sempre rappresentato «una oligarchia onnipresente e di notevole peso politico-amministrativo. È sintomatico a questo proposito, come quasi sempre le stesse famiglie esprimessero il sindaco o il vice-sindaco, così come accadeva per le dignità maggiori della cattedrale (l'arciprete, l'arcidiacono e il prevosto) anch'esse appannaggio quasi esclusivo delle medesime casate: De Magistris, De Ovis, Pacifici, Pane, Valletta».5 Il Consiglio era costituito da rappresentanti dei nobili, del clero locale, dei possidenti, della borghesia, a cui si aggiungevano due ecclesiastici di nomina vescovile. In ogni tempo fra i vari membri espolodevano rivalità che si manifestavano durante le riunioni dei Consigli e anche nella vita cittadina. Fin dalla metà del secolo XVIII era iniziato un processo di democratizzazione nell'amministrazione, male acccolto dal ceto nobiliare che era abbarbicato ai suoi privilegi.6 Dopo il 1848 c'era stato un mutamento: con l'emanazione dello Statuto di Pio IX, la classe borghese aveva scalzato parte delle famiglie nobili dalle posizioni di potere essendo «nuova ai problemi amministrativi, più aperta, più lungimirante e naturalmente in contrasto col vecchiume del passato».7 Fra i borghesi c'erano i mercanti di campagna, che fin dal secolo XVIII nell'area laziale avevano progressivamente aumentato le loro proprietà e i loro beni, a spese di quelle famiglie nobili che poco se ne curavano; i mercanti rappresentavano il ceto emergente della piccola e media borghesia che si andava formando insieme agli artigiani e ai professionisti. La borghesia industriale ancora non esisteva, a differenza di altri stati settentrionali della penisola. Oltre il 90% della popolazione viveva in povertà, potendo contare soltanto sullo scarso lavoro agricolo praticato con sistemi arretrati e malsicuri, con l'uso delle sole braccia o l'ausilio dell'aratro di legno. I latifondisti, poco preoccupati in generale del benessere e della crescita civile e culturale di quegli abitanti, arrivavano persino a preferire di assumere manodopera ciociara meno costosa, lasciando disoccupata quella 3 Questa prima parte del presente saggio è stata pubblicata su «Annali del Lazio Meridionale», anno X, n.2, dicembre 2010, pp.7-28. 4 COSTANTINO MOLINARI, cit., p.146. 5 MASSIMILIANO DI PASTINA, Il cardinale e la comunità, Sezze 1999, p.7. 6 CLEMENTE CIAMMARUCONI, MASSIMILIANO DI PASTINA, SERGIO MECOCCI, Quei giorni spaventevoli della rivoluzione, ed. Porziuncola, Assisi 2001, p.12. 7 COSTANTINO MOLINARI, cit., p.183. locale.8 L'analfabetismo dilagava fra la popolazione e le poche scuole pubbliche erano affidate al clero o a persone pie, di cui