IV. DA A

IV a. DA GROSSETO A

Il percorso Da Grosseto si seguono le indicazioni per Roselle. Arrivati in località ➝ La Canonica si prosegue per un tratto fino al ristoran- te La Parolaccia dove occorre parcheggiare. Chiedere ai proprietari del podere di fronte al ristorante il permesso di accesso ai ruderi della chiesa ubicata ai margini del colle di Mosconcino-La Canonica. Si può quindi proseguire per ➝ Roselle dove è possibile visitare i resti di due edifici religiosi tardoantichi e altomedievali: la ➝ pieve urbana e la ➝ chiesa sul tempietto degli Augustales. 68 Guida agli edifici sacri della Maremma

La Canonica di Roselle, pianta (da Poggesi, 1989)

LA CANONICA Il poggio La Canonica era così indicato dai documenti e dalla cartografia fino al secolo scorso. Su di esso sorse il centro di potere del vescovo di Rosel- le nel tentativo di contrastare l’espansione economica, e quindi anche di prerogative amministrative, che Grosseto aveva assunto a partire dal 1000 sotto la direzione degli Aldobrandeschi. È infatti opinione e con- divisibile che questi avessero i loro possedimenti in Grosseto, cioè nella pianura, come residuo dei beni conquistati dai longobardi lucchesi alla fine del VI secolo, mentre Roselle non fu toccata se non marginalmente, in quella fase, cosicché i beni erano in prevalenza del vescovo locale. Questi tentò di mantenere in ambito rosellano, se non proprio nell’antica città etrusco-romana, il centro direzionale del territorio, fondando fra l’altro una monumentale chiesa, la canonica de Roselle. Questo nuovo centro as- sorbì il nome di Roselle, mentre la vecchia città prese quello di Moscona. Il ca- stello del vescovo viene citato dunque come castello di Roselle nei documenti del XII secolo. La chiesa è a croce latina: si tratta di una delle più grandi della To- scana romanica avendo dimensioni 55 x 20 metri (33 al transetto). I recenti scavi ne hanno messo in luce quasi interamente la pianta. È vi- sibile soprattutto la parte sinistra con una postierla (di cui resta un mo- nolite consunto dall’uso e imposta dei cardini). La muratura è partico- larmente curata in facciavista con decorazione a finte arcatelle di tipo pisano. L’abside era semicircolare e se ne conserva la traccia di fonda- Roselle 69

La Canonica di Roselle

zione. La base di una colonna e parte dei ruderi del campanile rendo- no l’idea dell’ampiezza di questo edificio. Dato lo stato di conservazio- ne non sappiamo se l’edificio sia mai stato completato fino al tetto.

PIEVE DI CIVITA (ROSELLE) La chiesa dove officiava il vescovo nella tarda Età imperiale non doveva es- sere necessariamente in città. Come in altri casi toscani, a Roselle fu edifi- cata una pieve urbana per le necessità liturgico-pastorali, dedicata, come di consueto, a Santa Maria. Una volta abbandonata Roselle per il complesso di La Canonica la chiesa as- sunse in nome di Pieve di Civita (termine riservato alle antiche città romane in rovina come Cosa-) rimanendo officiata fino a tutto il XIII secolo. La pieve urbana fu edificata su un impianto termale di Età romana che era stato abbandonato e già nel IV cadeva in rovina. Lo spazio do-

Vista del poggio La Canonica di Roselle 70 Guida agli edifici sacri della Maremma

veva però essere rimasto pubblico e la presenza di una piscina favorì certo la nuova destinazione. Quella fu infatti riempita ricavando un ambiente rettan- golare con tre navate individuate da due file di colonne. La parte absidale era costituita da tre ambienti, uno cen- trale per l’altare e due laterali di servi- zio, tutti di forma quadrangolare. Al lato opposto, verso l’entrata, era il fon- te battesimale ricavato da una fontana di età romana. L’edificio riutilizzava in gran parte l’alzato delle terme romane. Una ristrutturazione avvenne in età carolingia con la realizzazione di un complesso decorativo, forse per tran- senne divisorie del presbiterio, in parte conservato murato nel podere Serpaio, ai piedi della città di Roselle, e in parte Ubicazione della al Museo Archeologico (non è ancora dimostrata la provenienza rosella- chiesa entro le mura di Roselle na dei bassorilievi murati nella chiesa di San Martino a ). In questa fase dovette essere realizzata la torre campanaria che oblitera l’ac- cesso al fonte battesimale, che trova confronti stringenti nella cattedrale di Luni (La Spezia). Attiguo alla chiesa era un cimitero che nella prima fase, fra VI e VII secolo, si impianta secondo il sistema dei cimiteri a schiera merovingi (e infatti alcune tombe presentavano un corredo fu- nebre), con tombe a fossa rivestita di spesse lastre di pietra, ben disposte e con orientamento costante circa est-ovest. Una seconda fase presenta, invece, deposizioni a fossa contornata da sottili lastrine di pietra e/o la- terizi di riuso disposte senza ordine e talora sovrapposte le une alle altre. La cronologia di questa seconda fase va dall’VIII al XII-XIII secolo. Fonte battesimale Presbiterio

Roselle, pianta della pieve urbana (da Celuzza-Fentress, 1994) Roselle 71

La chiesa di Roselle vista da sudovest

CHIESA SUL TEMPIETTO DEGLI AUGUSTALES (ROSELLE) Di una chiesa di San Silvestro di Roselle (non sappiamo se intesa come città o territorio) siamo informati solo da un documento dell’VIII secolo proveniente dai fondi del vescovado di Lucca. L’identificazione non è sicu- ra, ma se fosse una chiesa urbana, poiché nella città di Roselle sono state individuate al momento solo due chiese e una è la pieve urbana, si può ra- gionevolmente supporre che l’altra sia San Silvestro. Sugli strati di abbandono del tempietto sede degli Augustales viene realizzato un edificio aperto a est e chiuso a ovest con un muro semicir- colare. Ne risulta un ambiente ad aula, con colonne e abside sicuramen- te successivo all’abbandono della strada basolata romana che oblitera. Non abbiamo dati cronologici sicuri, ma l’insediamento nelle vici- nanze della bottega di un fabbro, da collocarsi fra III secolo e primi

Roselle, chiesa sul tempietto degli Augustales 72 Guida agli edifici sacri della Maremma

del IV, sembra un termine accetta- bile anche per l’abbandono dell’asse stradale. L’area del tempio poteva essere rimasta pubblica, a differenza della domus, e questo giustifiche- rebbe ancora meglio la presenza di una chiesa tardoantica.

CHIESA DI SAN MARTINO (BATIGNANO) Citata per la prima volta come cappel- la nel privilegio di Clemente III del 1188, San Martino compare con il ti- tolo di chiesa nelle Decime della fine del XIII e gli inizi del XIV secolo. La chiesa attuale è frutto di una profonda ristrutturazione che ha modificato l’impianto a navata unica in uno a croce greca di stile rinasci- mentale. Uno dei bracci era pertanto il fianco della chiesa primitiva e ha la particolarità di essere realizzato Batignano: con una incamiciatura di lastre provenienti da spoglio di edifici romani particolare dei bassorilievi e altomedievali. In particolare si segnalano alcuni bassorilievi carolingi altomedievali che la tradizione asserisce provenire dalla distrutta pieve rosellana. Non vi è la certezza assoluta che sia realmente così, ma è comun- que difficile che in un’area così piccola in età carolingia vi fossero due

Batignano, chiesa edifici decorati con elementi di tale pregio, sempre in relazione alla di San Martino zona.

CHIESA DEI SS. CERBONE E MICHELE (MONTORSAIO) La prima menzione dell’abitato di Mon- torsaio, e con esso delle due cappelle dedicate ai SS. Cerbone e Michele, è nel privilegio di Clemente III del 1188. La chiesa attuale, che ha assorbito entrambe le dedicazioni, è il risultato di profonde modifiche. Dell’assetto originario è visibile solo parte della muratura sul fianco destro, dove è evidente l’ampliamento del tran- setto e della navata in facciata successi- vo al primo impianto romanico. Allo steso modo è stata allungata, sulla parte absidale, l’area del coro. Dunque possia- mo ricostruire una prima cappella, cioè Montorsaio 73

Montorsaio, chiesa dei SS. Cerbone e Michele, particolare dell’impianto romanico

un edificio di modeste dimensioni, che, forse, in concomitanza con l’assunzione di entrambe le dedicazioni, fu ampliato. IV b. DA A ROCCATEDERIGHI

Il percorso Da Grosseto si prende la SS 1 Aurelia fino a Montepescali dove si possono vedere la ➝ pieve dei SS. Stefano e Lorenzo e la ➝ chiesa di San Niccolò. Per visitare il ➝ romitorio di Santa Maria seguire le seguenti indicazioni. Prima di arrivare al paese, all’altezza dell’indicatore stradale dell’inizio del centro abitato voltare a destra, raggiungere il campo sportivo e voltare subito a sinistra per un viottolo su cui si consiglia di viaggiare solo se in possesso di fuoristrada. Il tragitto a piedi dura circa un’ora e mezzo all’andata e 40 minuti al ritorno. Dopo 1 chilometro si arriva a un bivio, ma si segue sempre verso destra per altri 500 metri. Vi è una triforcazione: si prosegue nella stessa direzione, seguendo l’andamento dei rilievi per 400 metri fino a un incrocio con una cessa antincendio, che si sconsiglia di se- guire essendo molto ripida. Si prosegue per 600 metri fino a un altro incrocio, si volta a sinistra per altri 600 metri dove ci si ricongiunge con la cessa. Una catena impedisce di continuare con l’auto. Si deve andare avanti ancora per altri 700 metri lungo lo stradello che è più agevole anche se compie un arco di cerchio. Evi- tare il viottolo sulla destra, e continuare per altri 100 metri fino a uno slargo at- trezzato con tavoli e panche dove si può sostare. Voltando a destra lungo l’ultimo tratto della cessa antincendio, in piano, si arriva ai ruderi del romitorio. Tornati a Montepescali si scende prendendo la strada per Roccastrada. La prima sosta è dove si può vedere la ➝ pieve di Santa Mustiola. Tornati in pia- nura si prende il bivio per Roccatederighi; al bivio per Roccastrada seguire le indica- zioni per Molino di Giugnano dove si può vedere ➝ l’abbazia di San Salvatore. Si torna sulla strada per Roccatederighi e si seguono le indicazioni per dove si può vedere la ➝ chiesa di Sant’Andrea. Tornati sulla via principale si prosegue per Roccatederighi; sulla destra si possono ammirare i resti della ➝ pieve di Camini- no ora inglobati in un’abitazione civile. Si arriva quindi a Roccatederighi dove si può visitare la ➝ chiesa di San Martino vescovo. Montepescali 75

MONTEPESCALI PIEVE DI SAN NICCOLò La chiesa non è presente nel privilegio di Clemente III del 1188, quindi la prima menzione diretta è nelle Decime del 1276, ma l’impianto deve essere certamente precedente. La chiesa di San Niccolò è un edificio che ha subìto pesanti e con- tinui rifacimenti. Mentre gran parte del fianco sinistro, la parte poste- riore e una porzione della facciata mantengono il primitivo impianto romanico, in facciata sono ben visibili tre successivi interventi. Il crol- lo della muratura aveva reso necessario un primo restauro che però non doveva essere particolarmente solido, dal momento che è leggibi- le un ulteriore crollo con rifacimento di tutta la parte destra della fac- ciata e della navata, compreso il campanile. Grazie agli affreschi datati al 1389 è possibile circoscrivere quest’ultimo intervento entro quella data, mentre l’impianto originario ben si colloca nell’XI. Il rosone e il portale, costruito con materiale di spoglio, sono pertinenti agli ultimi rifacimenti della chiesa che interessano la parte centrale.

Montepescali, chiesa di San Niccolò

CHIESA DEI SS. STEFANO E LORENZO La chiesa viene citata come cappella nel privilegio di Clemente III del 1188 e invece come chiesa nelle Decime del 1276 e del 1302. Tale muta- mento potrebbe essere relativo ai restauri documentabili sull’edificio. La chiesa di Santo Stefano appare oggi come un edificio unitario, sebbene vi siano almeno tre momenti costruttivi ben distinti. Al primo va ascritta la torre che, nella parte bassa, aveva due strette finestrelle, una delle quali verso l’interno della chiesa, cosa inammissibile se fosse stata fin dall’inizio una torre campanaria in fase con la chiesa stessa. All’interno della chiesa è murato un bassorilievo carolingio con motivo a treccia di incerta provenienza. I resti di un primo impianto sono chia- ramente visibili in facciata e sul fianco destro. Non possiamo stabilire i 76 Guida agli edifici sacri della Maremma

motivi di un quasi completo rifacimento che però mantiene in parte le proporzio- ni, mentre il transetto potrebbe essere un’aggiunta. Entrambi vanno comunque datati all’età romanica. Altri restauri po- steriori sono stati fatti utilizzando lo stes- so materiale dell’edificio romanico.

ROMITORIO DI SANTA MARIA (MONTEPESCALI) Non si hanno fonti documentarie su questo complesso monastico. Notizie indirette de- rivano dall’Estimo degli inizi del XIV seco- lo dove viene ricordata una strada di San Guglielmo che arrivava fino alla chiesa. Da ciò si deduce una probabile fondazione guglielmita. Del complesso sono visibili oggi la chiesa con cisterna e parte degli edifici addossati. La chiesa è a navata unica, senza abside, con finestra cruciforme e Montepescali, monofora strombata nella parte posteriore. Altri esempi di lucernario chiesa dei cruciforme sono alla Pievaccia di Follonica (5.1), alla chiesa di Santa SS. Stefano e Lorenzo, postierla Croce di Monterotondo Marittimo (5.2) e alla chiesina di Poggio Ro- mitorio presso Massa Marittima (5.7). L’entrata è su un lato corto, ma vi è anche un accesso secondario sul fianco sinistro. La muratura è ascrivibile al periodo romanico, sebbene non sia di un tipo particolar- mente curato. Coevo all’impianto della chiesa poteva essere un muro, oggi rasato fino al piano di calpestio, che sembra creare un recinto, mentre gli altri edifici che si addossano sul fianco destro presentano

Montepescali, romitorio di Santa Maria, facciata Montepescali - Sticciano - Giugnano 77 una tecnica costruttiva decisamente po- steriore. Anche le due aperture poste ai lati dell’ingresso sono frutto di un intervento posteriore. La loro dimensione spropor- zionata fa piuttosto pensare all’architettu- ra delle cappelle rurali di età moderna. Ai piedi di queste aperture erano due lastre di pietra con funzione di inginocchiatoi per i fedeli che potevano soffermarsi all’esterno per venerare la reliquia conser- vata all’interno. Fra le motivazioni possi- bili di questo intervento è la carenza di spazio all’interno dell’edificio di culto.

PIEVE DI SANTA MUSTIOLA (STICCIANO) Per la pieve di Sticciano abbiamo, caso inso- lito per la Maremma, la data di costruzione (1259) incisa in una bozza posta sopra l’ab- Montepescali, side. In effetti però essa è citata già nel privilegio di Clemente III del 1188, romitorio di quindi l’epigrafe si deve riferire a una parziale ricostruzione. Essa è presente Santa Maria, pianta anche nelle Decime del 1302. L’edificio è a unica navata con absi- Sticciano, la pieve de coronata all’esterno da arcatelle pensili, sorrette da mensoline su cui sono scolpite teste umane. Nella fac- ciata è posto il portale con architrave decorato. Un altro portale è sul fianco sinistro con accesso un po’ rialzato sul piano attuale.

ABBAZIA DI SAN SALVATORE DI GIUGNANO Ricordata come monastero benedettino dedicato a San Salvatore nel 1076, nella prima metà del secolo successivo l’abba- zia vantava notevoli possedimenti nella zona. A essa doveva appartenere anche il vicino molino di Giugnano che conserva ancora qualche struttura medievale e tut- to l’impianto molitorio originale. L’abba- zia non è più presente negli elenchi delle Decime della fine del Duecento. Del complesso monastico di note- vole estensione, oggi la cripta è la par- 78 Guida agli edifici sacri della Maremma

te meglio conservata, anche se si notano tracce piuttosto consistenti delle mura- ture realizzate con la tecnica del filaret- to. La cripta ha pianta rettangolare e ab- side semicircolare. Le colonne sono quattro, due ottagonali in calcare, e due circolari in trachite che sorreggono le volte a crociera. A breve distanza dal complesso monastico sono i ruderi di un altro edificio, forse una chiesa gu- glielmita che ha poi dato il nome al po- dere attuale.

PIEVE DI SAN FERIOLO DI CAMININO In prossimità della strada vicinale del Molino di Giugnano, Caminino si trova un podere dentro il quale è incorporata la pieve di pianta della Caminino, citata nel privilegio del 1188, ma ancora prima nel 1075 cripta di San in una donazione del conte Ranieri. L’anno dopo viene nominata come Salvatore (da Moretti-Stopa-ni, San Genziano, mentre il titolo è cambiato in San Feriolo nelle Decime 1981) del 1276 e del 1303. La pieve di Caminino era in origine a tre navate divise da almeno sette archeggiature sorrette da colonne con bassi capitelli decorati. Attualmente è adibita a uso rurale e si presenta mancante dell’abside e delle prime due campate; della facciata rimane integra soltanto la Pieve di Caminino, pieve, parte superiore, spartita da lesene e con una bifora ad arcate cigliate e resti della facciata colonnetta centrale con capitello. Roccatederighi 79

Pieve di Caminino, pianta (da Marrucchi 1998)

CHIESA DI SAN MARTINO VESCOVO (ROCCATEDERIGHI) Già dal X secolo si hanno notizie della chiesa di San Martino Vescovo. Nel 1489 venne elevata a pieve e trasformata secondo la struttura attuale. Forse in origine la pianta della chiesa di San Martino vescovo era a croce latina. Oggi sopra un aula della chiesa sono presenti delle modi- fiche posteriori al primo impianto. L’ingresso è probabilmente da at- Roccatederighi, tribuire alla prima fase. La parete opposta alla facciata è costruita con chiesa di filari di pietre di svariate dimensioni alternati da filari di mattoni. San Martino