ANNA UGUCCIONI

IL PALAZZO DUCALE DI Guida illustrata

Walter Stafoggia Editore

IL PALAZZO DUCALE DI PESARO Guida illustrata

Anna Uguccioni

IL PALAZZO DUCALE DI PESARO Guida illustrata

Walter Stafoggia Editore

V

Introduzione

E’ con vero piacere che ho aderito all’iniziativa di ripubblicare una seconda edizione, ulteriormente ampliata, della Breve guida illustrata del Palazzo Ducale di Pesaro, pub- blicata nel 2004 per la cura di Anna Uguccioni, e andata esau- rita nel corso degli anni. La guida vuole avere una precisa funzione: quella di essere uno strumento, di facile consultazione, per conoscere ed apprezzare le bellezze artistiche ed architettoniche del più bel palazzo di Pesaro, assurto a simbolo iconologico della città. La guida non ha nessuna ambizione di sostituirsi agli impor- tanti studi precedentemente compiuti, a partire dall’inizio degli anni venti del secolo passato, e culminati in attente e rigorose pubblicazioni, nasce con uno spirito di servizio: una guida, pratica ed essenziale, per dare, in maniera sintetica ma esauriente, tutta quell’informazione preziosa per capire e godere di un’opera artistica di grande espressione, che acco- muna numerosi aspetti dell’architettura, della pittura e della scultura in un’armonica disposizione. Da oggi un nuovo strumento di conoscenza della città é offer- to alla pubblica fruizione con uno spirito di “amor patrio” e con la convinzione di aver compiuto un’opera meritoria indi- lazionabile.

Walter Stafoggia

VII

Premessa

Questa seconda edizione della Guida al Palazzo Ducale di Pesaro è stata concepita con l’intento di fornire un percorso più articolato ed esauriente dei contenuti artistici del Palazzo con l’integrazione degli ambienti di cui non era stata fatta menzione nell’opuscolo originario. Una nuova versione quindi, più omogenea, che, assorbendo quella precedente, viene ora ampliata con cenni sui due giar- dini interni, sulla Loggia detta del Genga, sui sotterranei e, soprattutto, sui Saloni di Rappresentanza: parti importanti per comprendere e penetrare la complessità con cui il Palazzo si è sviluppato, dalle origini malatestiane fino a raggiungere il suo massimo splendore con la famiglia dei . Numerosi studiosi si sono occupati autorevolmente del Palazzo: alcuni di loro sono menzionati nella bibliografia del presente lavoro. Senza la pretesa di svolgere una ulteriore ricerca storica, la nuova guida vuole semplicemente essere un facile strumento che illustri in maniera elementare e “foto- grafica” un percorso logico tra gli ambienti che si presentano all’occhio del visitatore richiamandone l’attenzione sui capo- lavori artistici che sono giunti fino a noi, testimoni silenti di un gusto per l’arte e della raffinatezza di un mondo che anco- ra affascina e sbalordisce. Un pensiero grato e commosso va rivolto alla memoria del Prefetto Corrado Spadaccini che accolse e sostenne con entusiasmo la prima stesura della Guida, permettendo di realizzarla e promuovendone poi la pubblicazione, attraverso la Fondazione della Cassa di Risparmio di Pesaro che ha generosamente sostenuto l’inizia- tiva. Un ringraziamento particolare va al Prefetto di Pesaro e , Dr. Luigi Riccio, per la sensibile disponibilità e per la costante attenzione dedicata al Palazzo, alla sua cura e alla sua valorizzazione; al Dr. Paolo De Biagi Viceprefetto Vicario per la condivisione del progetto “ab origine”; alla Dr.ssa Maria Rosaria Valazzi della Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Urbino per l’ausi- lio storico-artistico; ai colleghi: Sig.ra Rossana Zaccone per la collaborazione fotografica ed al Sig. Mauro Senigaglia per la paziente collaborazione fotografica ed il prezioso e paziente supporto tecnico. Anna Uguccioni - Prefettura U.T.G. di Pesaro e Urbino

IX 12 Il Palazzo Ducale di Pesaro

Il Palazzo Ducale, rappresentazione ‘visiva’ dell’auto- rità signorile in età medievale e rinascimentale, sorge a Pesaro sulla ‘platea magna’, all’incrocio tra il cardo e il decumano dell’antica città romana. Esso costituisce ancora oggi il cuore simbolico e reale della struttura urbana e la sua evoluzione ‘fisica’ si identifica con le tappe principali della storia moder- na di Pesaro. Il nucleo più antico della grande ‘insula’ – l’edi- ficio si estende per circa un ettaro - risale all’epoca malate- stiana, ma esso non è oggi identificabile, essendo stato inglo- bato nei successivi accrescimenti, le cui fasi principali sono ricollegabili alla dominazione degli Sforza prima e dei Della Rovere poi. Pur non essendo possibile allo stato attuale rico- noscere se non minime tracce della struttura trecentesca – tranne la sagoma di alcune finestre archiacute nella parete nord del cosiddetto “giardino segreto” - , dall’attenta lettura di alcuni documenti del secolo XIV si è potuta tuttavia rico- struire l’organizzazione generale della residenza signorile. Essa, come usuale in epoca medievale, era costituita da costruzioni separate contrassegnate da funzioni diverse a seconda delle finalità pubbliche o private. I nuclei malatestia- ni mantenevano inalterato il reticolo delle strade cittadine che li intersecavano, ed erano collegati tramite ‘voltoni’. Soltanto con i lavori rovereschi l’isolato divenne unitario. Quando, nel 1445, Alessandro Sforza prese possesso della città, uno dei suoi primi atti fu quello di iniziare la costruzio- ne di una degna residenza. Seguendo comunque la prassi medievale, la nuova residenza non fu edificata ex novo, ma fu ottenuta ristrutturando gli edifici preesistenti, cui fu addossa- ta una nuova ala di rappresentanza: si tratta del corpo di fab- brica contrassegnato dalla splendida facciata che oggi si erge sulla piazza. La facciata è costituita da un loggiato a sei arca- te su pilastri in bugnato e da un paramento murario superio- re in cui si aprono cinque finestre con cornici in pietra scol- pita. Non esiste simmetria tra le due parti, non corrisponden- do le aperture del piano superiore con quelle del piano infe- riore, né essendo al centro di quest’ultimo il portale, unico accesso dalla piazza. Anche le indagini eseguite sui rapporti dimensionali della costruzione testimoniano linee generatrici diverse, laddove è stato rinvenuto un modulo proporzionale – pari al raggio dell’arco - per il loggiato, la funzionalità del quale non è più riscontrabile per la struttura superiore.

1 Del tutto originale è la decorazione sovrastante alle finestre con putti accoppiati reggenti stemmi tra ghirlande. Forse ad essi allude un documento del 1465 che testimonia la venuta di scultori fiorentini per eseguire il cornicione del palazzo. L’esecuzione del corpo sforzesco fu dunque realizza- ta in un quindicennio circa e il cambiamento di programma che sembra intuirsi dalle discrepanze rilevate nel rapporto tra i due piani in elevato dovette avere luogo nel giro di pochis- simi anni. Il loggiato inferiore ha un’evidente matrice ‘adriatica’, riscon- trabile sia a livello progettuale nel richiamo alle architetture riminesi dell’Alberti, sia nell’utilizzo dei materiali. La pietra calcarea dei pilastri e delle arcate, il rosso di Verona dei pen- nacchi, il bianco dell’intonaco che ricopriva la cortina in mat- toni, le cui tracce sono state rinvenute in più punti, offrivano una delicata policromia anch’essa ricollegabile alla cultura più specifica del mondo adriatico. Le cornici delle finestre sono invece chiaramente esemplate su quelle che Luciano Laurana ideò per il Palazzo Ducale di Urbino. Sono nella gran parte scomparsi i rilievi con gli stemmi e le imprese sforzesche che decoravano gli elementi architettoni- ci: come la ghiera dell’arcata centrale reca ancora visibile l’impresa scolpita dell’anello diamantato, altri elementi erano destinati ad ‘illustrare’ le gesta e le doti della famiglia: per esempio i capitelli dei pilastri erano decorati con l’emblema delle ali di drago agli angoli, i peducci delle arcate con quelli dello spazzolino e il morso del cavallo. In alcuni di questi ele- menti sono ancora visibili le tracce del rilievo, in altre parti, in particolare nei grandi scudi degli stemmi sulle finestre, che la tradizione dice abrasi dai Francesi nell’occupazione del 1797, non è più leggibile alcuna traccia. Tutto il piano nobile dell’avancorpo sforzesco è occupato da un grande salone oggi denominato “metaurense”: in esso si svolsero gli splendidi festeggiamenti per le nozze di Costanzo Sforza con Camilla d’Aragona nel 1465, ricordati in uno dei codici rinascimentali più ricchi della Biblioteca Vaticana, l’Urbinate 899. Con i lavori condotti dai Della Rovere, che furono signori di Pesaro tra il 1513 e il 1631, fu raggiunta l’estensione attuale dell’immobile, che divenne unitario con la soppressione delle strade che ancora lo attraversavano. I Della Rovere, soprat- tutto ad opera di Guidubaldo II, che fece di Pesaro la capita- le del Ducato di Urbino e del palazzo pesarese la principale residenza roveresca, si dedicarono essenzialmente alla costru- zione di appartamenti di regale opulenza per la famiglia e per

2 gli illustri ospiti, lasciando il prospetto sulle piazza nel rigo- roso assetto quattrocentesco. Esso si è conservato così pressoché inalterato fino all’inizio del secolo XX. Si ricordano, tra XVIII e XIX secolo, la costruzione della “ventaglia” di coronamento ad opera del- l’architetto Pistocchi e l’eliminazione del balconcino angola- re, chiarissimo nella tarsia lignea di fine ‘400 del coro di Sant’Agostino a Pesaro, la traccia delle cui mensole di appog- gio e della finestra di accesso sono state rinvenute nel corso del più recente restauro della facciata. Offrì invece una lettura storicizzata del monumento, nei lavo- ri intrapresi negli anni ’20 del ‘900, il Soprintendente Luigi Serra, il quale, sulla base di documenti non leggibili univoca- mente, volle comunque dare al palazzo un coronamento mer- lato, esaltandone la simbologia medievaleggiante, nell’inten- to di esaltare le civiche virtù. Il Palazzo è dal 1860 sede della Prefettura di Pesaro- Urbino; esso, oltre a rappresentare la ‘memoria’ più significativa della storia urbana, conserva dunque, dai tempi più antichi, anche il ruolo di centro della vita istituzionale cittadina.

Maria Rosaria Valazzi

3 Le famiglie che si sono

Galeazzo Malatesta Battista da Montefeltro 1384 – 1457 1384 – 1448

Elisabetta Malatesta Piergentile da Varano 1407 - 1477

Costanza Varano Alessandro Sforza 1428 - 1447 1409 - 1473

Costanzo Sforza Camilla D’Aragona 1447 - 1483

Maddalena Gonzaga Giovanni Sforza Galezzo Sforza Ginevra Tiepolo 1466 - 1510 1466 - 1519

Costanzo II Sforza (muore a 2 anni)

Nel 1513 nominato Signore di Pesaro da Papa Giulio II Della Rovere

* I nomi nei riquadri evidenziano le casate che direttamente o indirettamente, si sono avvicendate a Pesaro nel dominio, prima della Signoria e poi del Ducato.

4 succedute a Palazzo*

Battista Sforza Federico I da Montefeltro 1446 - 1472 1422 - 1482

Giovanna Giovanni da Montefeltro Della Rovere 1457 - 1501

Guidubaldo I Elisabetta Gonzaga da Montefeltro

adotta

Francesco Maria I Della Rovere Eleonora Gonzaga 1490 - 1538

Giulia Varano Guidubaldo II Della Rovere 1514 - 1574 “Padre della Patria” Lucrezia D’Este

Francesco Maria II Della Rovere Livia Della Rovere 1549 - 1631

Federico Ubaldo Della Rovere Claudia de’ Medici 1605 - 1623

Vittoria Della Rovere 1622 - 1694 5

I DUCHI DELLA ROVERE A PESARO

7 (Tiziano, Firenze, Uffizi)

FRANCESCO MARIA I Praefectus Urbis (1490-1538)

Primogenito di Giovanna da Montefeltro e di Giovanni della Rovere, nasce a il 25.3.1490. Undicenne, alla morte del padre ne eredi- ta gli Stati e la Prefettura, diventando noto come con “Il Prefettino”. Nel 1504 viene adottato dallo zio materno Guidubaldo da Montefeltro a cui succede nel 1508. Nel 1513 viene nominato dallo zio, Papa Giulio II della Rovere, signore di Pesaro. Fu un grande condottiero e militò quasi costantemente al ser- vizio di Venezia quale Comandante Generale delle genti di terraferma. Muore nel 1538 avvelenato: molte sono le ipotesi sui mandanti ma non si ha alcuna certezza.

8 (Tiziano, Firenze, Uffizi)

ELEONORA GONZAGA (1493-1550)

Figlia di Francesco, marchese di Mantova e di Isabella d’Este, è anche nipote di Elisabetta moglie di Guidubaldo I da Montefeltro. Nel 1505 sposa Francesco Maria I della Rovere da cui ha sei figli tra cui l’erede Guidubaldo II. Sono uniti da un amore singolare; Eleonora condivide con il marito i momenti lieti e quelli bui e mantiene nelle lunghe lontananze, la cura del governo dei loro stati. Risiede spesso a Pesaro dove fa ampliare da Girolamo Genga la Villa Imperiale ornandone le stanze con splendidi affreschi. Muore a nel 1550.

9 (, Firenze, Pitti)

GUIDUBALDO II Padre della Patria (1514-1574)

La signoria dei della Rovere, che durerà per più di un secolo, segna per la città un periodo di fioritura in relazione allo spostamento della corte ducale da Urbino a Pesaro, e, sotto il regno di Guidubaldo II, il legame del signore con la città diventa forte, tanto che in punto di morte il duca concede alla città la possibilità di completare il proprio stemma con l’in- segna della famiglia ducale: la rovere, appunto, di cui lo stemma del comu- ne a tutt’oggi ancora si fregia.

10 GIULIA DA VARANO (1523-1547)

Sposa Guidubaldo nel 1534, e da lui avrà una figlia, Virginia.

(Tiziano, Firenze, Pitti – particolare)

VITTORIA FARNESE (1519-1602)

Nel 1547 sposa Guidubaldo II della Rovere. Nel 1548 nasce l’erede Francesco Maria II. Duchessa molto attenta agli impegni familiari e legatissima ai figli, in particolare a Francesco Maria che affiancherà poi nei sui impegni di governo. Fa amorevolmente da madre a Virginia, la figlia di primo letto del marito. Vittoria si spegne nel 1602 prima che la seconda nuora, Livia, le dia il tanto sospirato (Tiziano, Budapest, Museo) nipote.

11 (Picchi, Pal. Antaldi, Fondazione Cassa Risparmio Pesaro )

FRANCESCO MARIA II Ultimo Duca di Pesaro (1549-1631)

Francesco Maria II prese le redini del piccolo stato nel 1574. Aveva subi- to tolto quelle gabelle e dazi imposti da suo padre giovando così all'agri- coltura, all'attività manifatturiera ed alla mercatura. Alla fine del ‘500 il duca Francesco Maria II della Rovere fu “costretto” da una consultazione popolare a risposarsi per assicurare una discendenza alla dinastia e mantenere, in questa maniera l’indipendenza dallo stato della chiesa. Tale aspirazione verrà frustrata dalla prematura scomparsa dell'erede, talchè sarà lo stesso duca a dover negoziare la devoluzione del ducato al Papa, Urbano VIII nel 1624. La devoluzione prevederà la nomi- na di un governatore ecclesiastico che reggerà lo stato ancora vivente Francesco Maria con la morte del quale, avvenuta nel 1631, il Ducato è devoluto definitivamente allo Stato Pontificio

12 LUCREZIA D’ESTE (1535-1598)

Figlia di Ercole II Duca di e di Renata di Francia, sposa Francesco Maria pur avendo 14 anni di più. Un matrimonio voluto più da Guidubaldo II che dal consorte, Lucrezia mal sopporta il Ducato di Pesaro e Urbino. Appassionata di spettacoli e diver- timenti, con notevoli interessi cul- turali, ama spesso tornarsene a Ferrara dove si ritira definitiva- mente nel 1578, dopo la separa- zione con il Duca. Muore nel 1598, a Ferrara, senza (Anonimo, XVI Sec., Urbino) avere dato eredi al Ducato.

LIVIA DELLA ROVERE (1585-1641)

Francesco Maria II sposa la giova- nissima Livia, che gli è cugina, nel 1599, solamente per ragioni di suc- cessione ereditaria; l’erede arriverà nel 1605: Federico Ubaldo. I coniugi vivono spesso in residen- ze separate anche a causa della notevole differenza di età e di carattere che vi era tra i due. Trascorre gli ultimi anni nel feudo paterno di Castelleone dove muore nel 1641, lasciando erede del suo patrimonio la nipote Vittoria. (Anonimo, XVII Sec., Urbino)

13 (Anonimo, XVII Sec., Senigallia, Palazzo Comunale)

FEDERICO UBALDO detto “Federichino" (1605-1623)

“Venne l'alba del 16 (maggio 1605), S. Ubaldo, e quando il sole era ormai allo zenit, d'improvviso s'apri una finestra e comparve il Duca che gridò alla folla: - Iddio ci ha dato un maschio -”. Federico Ubaldo era l'erede che, atteso da tempo, soddisfece i desideri della Città e del Ducato. A diciassette anni “Federichino” sposò Claudia de' Medici, dalla quale ebbe la figlia Vittoria. La sera del 28 giugno 1623 Federichino “non solo recitò ma, facendo una parte molto vile, gli convenne portare sulla scena colle mani e le ginocchia quasi tutti i comici, ..tal che si può dire di lui che per amor venne comico e matto.Tornatosene a palazzo strangosciato, cenò et bevve al suo solito et sulle quattro ore e mezzo se ne andò a dormire, la mattina seguente il suo cameriere accostatosi al letto tirò la cortina et veduto il Principe con gli occhi mezo aperti e con la bocca piena di schiuma chiamò dentro gli altri che conobbero il loro padrone esser morto.” 14 CLAUDIA DE’ MEDICI (1604-1648)

Figlia di Ferdinando I de’ Medici e di Cristina di Lorena sposa Federico Ubaldo nel 1621. Dalla loro unione nasce Vittoria. Due anni dopo il matrimonio, Claudia rimasta vedova, rientra in Toscana e successivamente sposa l’Arciduca d’Austria Leopoldo del Tirolo.

(Anonimo, fonte Internet)

VITTORIA DELLA ROVERE (1622-1694)

Ultima erede dei Della Rovere. Nasce a Pesaro nel 1622 da Claudia de Medici e da Federico Ubaldo della Rovere. Nel 1623 viene abbandonata dalla madre e ospitata presso il Convento della Crocetta a Firenze. Promessa sposa a Ferdinando de’ Medici, eredita i beni personali del Duca di Urbino, tutte le opere d’arte, i quadri, le statue, le arma- ture e l’archivio dei Della Rovere (Guerrieri,, Museo Civico) che giungono così a Firenze. Muore il 6 marzo 1694 lasciando tutti i suoi beni di Urbino a suo figlio minore Francesco Maria.

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IL PALAZZO DUCALE Piano terra Facciata del Palazzo Ducale

Ignoto è il nome dell’architetto che progettò il Palazzo. Sostanzialmente la facciata del Palazzo non ha subito modifi- cazioni importanti rispetto alla testimonianza che ne abbiamo da una tarsia del ‘400, nella Chiesa di S. Agostino, dell’epoca di Costanzo Sforza (1447 –1483). I grossi pilastri bugnati, di travertino di , che reggono le sei arcate a tutto sesto del porticato, scanditi da cinque corone di lauro anch’esse in pietra su uno sfondo di marmo rosato, sono rimasti gli stessi, mentre degli antichi fregi e stemmi nobilia- ri che ornavano le colonne ed i capitelli, dopo la distruzione dell’epoca giacobina, non sono rimasti che tre esempi: la sco- petta, le ali di drago e una teoria di anelli con punta di dia- mante intrecciati fra loro (vedi pag. 23). Non esiste invece più il balconcino che spiccava all’estrema destra della facciata, come si vede nella tarsia lignea già cita- ta, di cui comunque ancora si può osservare la traccia sull’an- golo destro del Palazzo. Così pure il coronamento merlato dell’edificio ha subito innumerevoli cambiamenti fino ad essere sostituito da un tetto nel 1774, il quale, a seguito del terremoto del 1916, fu rimosso. Nel 1926 si decise di ricostruirlo con lo spiovente e la merla- tura che oggi ancora è visibile anche se la realizzazione dà più l’idea di un camminamento per le guardie a difesa del Palazzo piuttosto che di un puro ornamento come era forse stato con- cepito in origine e di cui sempre la tarsia di S. Agostino dà testimonianza. Quattrocentesche sono anche le cinque fine- stre della facciata principale (1473-1475), dovute a Costanzo Sforza, affiancate da pilastri corinzi scanalati che sorreggono una trabeazione con dei fregi scolpiti con motivi decorativi, sormontate da uno scudo da cui si dipartono nastri fluttuanti e due festoni sorretti alle estremità da due putti.

18 Sopra, e nelle due pagine seguenti, le trasformazioni eseguite sulla facciata nel corso dei secoli fino ad oggi.

19 20 21 Particolare del loggiato della facciata del Palazzo Ducale

22 Le Imprese degli Sforza e dei Montefeltro

La scopetta: piccolo spazzolino. Antica impresa tratta da quelle di , con essa il Duca intendeva manifestare l’intento di “far pulizia” in senso lato anche negli ango- li più reconditi del suo dominio.

Le ali di drago: uno dei simboli più cari alla famiglia Sforza.

Entrambi questi fregi sono visibili negli ultimi due peducci dei capitelli di sini- stra rispetto alla facciata all’interno del loggiato.

23 Anelli con punta di diamante: teoria di anelli intrecciati fra loro (55 per l’esattezza) disposti a semicerchio nell’arco di entrata, simbolo di un legame vin- colante ed indissolubile di fedeltà del Signore verso i sudditi e verso l’Autorità papale. All’interno dell’anello centrale è inserito, in forma stilizzata, un fiore di cardo con ai fianchi lunghe e sottili foglie che seguono l’intreccio degli anelli. Il fiore di cardo ha la valenza simbolica della difesa, della prote- zione del cuore contro gli assalti provenienti dall’esterno e dunque essendo il fiore inserito all’interno della catena di anelli simbolizza la difesa dei valori di fedeltà e di autorità.

24 Atrio e cortile d’onore

Entrando nell’atrio si notano: a sinistra, un locale oggi chia- mato Sala Laurana, mentre sulla destra si può osservare un piccolo portale in pietra scolpita con una fascia tortile, anch’essa quattrocentesca, che dava accesso ad una scala, sop- pressa forse all’epoca della Legazione Pontificia, la quale por- tava direttamente al Salone Metaurense senza dover percor- rere l’intero Palazzo.

Madonna con bambino, particolare dell’atrio di accesso al cortile d’onore 25 Portale in pietra scolpita ubicato nell’atrio 26 La parte quattrocentesca, riferita all’epoca sforzesca, termina a partire dal Cortile Grande, chiamato Cortile D’Onore. L’ala destra del Cortile fu ristrutturata da Girolamo Genga tra il 1521 ed il 1531. I fregi delle undici finestre che si affacciano sul Cortile fanno chiaro riferimento al Duca Guidubaldo II della Rovere. Infatti su ogni architrave si trovano i monogrammi e le sigle: G V DUX (Guidubaldo DUX) inframmezzati da una bombarda nell’atto dello scoppio, ma capovolta, ad indicare così il proposito del Signore del palaz- zo che era sì un “Signore della guerra” ma con intenzioni non aggressive all’interno della sua casa. Il disegno é attribuito a Bartolomeo Genga (figlio di Girolamo) o all’architetto Filippo Terzi.

Cortile d’onore 27 Il portale d’accesso al palazzo (probabile opera di Bartolomeo Genga 1551-1558) reca i monogrammi scolpiti sull’architrave: G. V .II. V. D. IIII (Guidus Ubaldus Secundus Urbini Dux Quartus) L’arco centrale determina le vele nelle quali sono inserite due figure femminili rappresentanti allegoricamente la Pace e l’Abbondanza, l’una recante un ramoscello d’ulivo, l’altra una cornucopia. Al disopra del portale, in netto rilievo, a sottolinearne l’im- portanza, si trova lo stemma ducale: su uno scudo poligona- le dai lati concavi sbalza un ovale contenente lo stemma, alla sommità dell’ovale é poggiata un’ara con le tre mete il tutto sovrastato dalla corona ducale e racchiuso dalla catena del Toson d’oro.

Cortile d’onore, particolare del portale d’ingresso

28 Lo Stemma ducale, diviso in quattro parti contiene: 1) l’aquila rostrata e coronata; 2) l’albero di rovere sradicato con rami passati in doppia croce di S. Andrea; 3) il gonfalone della città di Urbino con la piccola aquila fel- tresca; 4) gli emblemi degli ordini cavallereschi di Ungheria, Angiò, Gerusalemme ed Aragona, già appartenuti ai Montefeltro.

Sulla fascia verticale centrale sono raffigurate le chiavi di S. Pietro incrociate e sormontate da un baldacchino: sono l’em- blema dei Gonfalonieri di Santa Romana Chiesa. Ai lati dello stemma si trovano, partendo da sinistra, le seguenti imprese: le tre mete, l’ara con il vento che soffia, la doppia V e la bombarda. 29 IL SIGNIFICATO DELLE IMPRESE DEL PORTALE

Le imprese sono costituite dall’unione di un corpo figurato e di un motto o sentenza. Si potrebbero definire, con un linguaggio più moderno, come slogan pubblicitari, realizzati in questo caso su pietra, i cui tratti devono essere immediatamente comprensibili per l’os- servatore riguardo alle gesta o agli intendimenti del Signore.

LE TRE METE: tre piramidi o coni affuso- lati di cui quello cen- trale più alto degli altri. Simboleggiano le virtù di cui la somma, cioè la più alta, è la “medio- critas” classica, intesa in senso aristotelico, concetto ispiratore ripreso dall’Umanesi- mo, alla quale il Signore doveva senz’altro ispirarsi per essere un giusto governatore. Il motto, scritto in greco, alla base delle piramidi significa “colui che ama oltremodo la virtù”.

L’ARA CON IL VENTO CHE SOF- FIA: su un’ara sono disposte delle foglie disperse da Eolo, il dio del vento, che soffia dietro una nuvoletta. A simboleggiare, proba- bilmente, le speranze perdute e spazzate via se si é senza fortuna. Il motto, in greco, “olbios eianolbios”: senza vita se sei senza fortuna, ammonisce il visitatore. 30 LA DOPPIA V INTRECCIATA: le iniziali latine di Vittoria e Ubaldo (in termine lapidario latino Vbaldus) sovrapposte e legate con un nodo indissolubile (si erano sposati nel 1548). Vittoria Farnese, seconda moglie di Guidubaldo, figlia di Pier Luigi Farnese Signore di e Piacenza, rampollo del Papa Paolo III, costi- tuiva un saldo legame con una potente casata molto influente presso il Papato. Il nodo gor- diano che unisce le ini- ziali sta a significare sia l’indissolubilità del matrimonio sia il forte legame politico con il Papato che il Duca intendeva manife- stare chiaramente. Il motto, che sovrasta la doppia V qui é cancellato, ma in altre imprese simili, ubicate nel palazzo, si legge “gordio fortior”.

BOMBARDA ROVESCIATA: si é già parlato di questa impresa nella parte riguardante le finestre del cortile d’onore. Impresa già di Federico da Montefeltro ripresa dal Duca Guidubaldo come riferimento al suo avo. La bombarda era uno strumento di guerra piuttosto innovativo all’epoca, data la allora recente applicazione della polvere da sparo nella rea- lizzazione di nuove armi, e poiché il ducato era retto da un Signore che con le guerre aveva risolleva- to le sorti del proprio dominio, la bombarda diviene un emblema eloquente di forza e affermazione di pote- re. Il fatto che nel Palazzo appaia sempre nell’atto dell’esplosio- ne, ma rovesciata, sta a significare che la belli- cosità del Signore non viene rivolta all’inter- no della sua dimora e quindi del suo dominio, pur essendo 31 Cortile della caccia

A lato del portale principale di ingresso, a sinistra, si trova un androne che porta direttamente al Cortile della caccia, ampio giardino dove i Duchi solevano tenere, nei periodi di carne- vale, giochi, tornei e cacce al toro. Dal Cortile della caccia si può accedere direttamente alla Loggia che dà sul Giardino segreto, oggi comunemente chiamata Loggia del Genga.

Loggia sul “Giardino segreto”

La Loggia fu fatta realizzare da Francesco Maria I della Rovere intorno al 1530, su progetto dell’architetto Gerolamo Genga. In origine l’ambiente era separato com- pletamente dal Cortile della caccia, non aveva quindi né la porta né le finestre, aperte in epoca successiva (nel 1600) e vi si poteva accedere solo internamente, attraverso una scala a chiocciola ancora esistente, dall’appartamento della Duchessa. Infatti sia la Loggia che il prospiciente Giardino segreto erano spazi concepiti essenzialmente per la Duchessa e le sue dame di corte. Nel 1989, da parte dell’allora Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Urbino si é proceduto ad un accurato restauro che ha restituito al suo splendore un ambiente che si era andato progressivamente degradando fino ad essere quasi irriconoscibile. Le decorazioni del soffitto e delle lunette sono a “boscarecce” con fronde e rami di alberi probabil- mente sostenuti da Cariatidi o Telamoni, oggi scomparsi, con precisi richiami alle sale decorate di Villa Imperiale a cui cer- tamente si ispirarono i pittori della Loggia. Lavorarono agli affreschi: Camillo Mantovano per le decora- zioni vegetali, Raffaellin del Colle e Francesco Menzocchi per le scene figurate. Olivi, aranci, alloro, vite e naturalmente, fronde di quercia, 32 Cortile della caccia

Loggia detta del Genga 33 sono tra gli alberi raffigurati insieme a molte specie di uccel- li a rappresentare un gioco, quasi una finzione scenica, tra il finto giardino ed il vero giardino adiacente. Le “boscarecce” sono interrotte, al centro della volta, da cin- que “arazzi” dipinti contenenti cinque storiette.

All’estremità dei tre “arazzi” centrali ve ne sono due piccoli: uno raffigura la Vittoria alata con serto d’alloro e fronda di palma tra due uomini distesi che versano acqua da due broc- che simboleggianti due fiumi.

Dalla parte opposta, a chiudere l’allegoria, l’altro piccolo arazzo rappresenta due figure alate con lunghe trombe, sim- boleggianti la Fama, le quali sovrastano un uomo sdraiato con una brocca d’acqua che scorre: probabilmente un fiume.

34 Le tre storie centrali, vogliono celebrare le gesta di Francesco Maria I, quale Protettore delle Arti, dell’Architettura nonché valoroso Condottiero.

35 Ambienti attigui alla Loggia

Di lato alla Loggia, vi è una stanzetta di forma quadrata, pic- cola e poco luminosa; anch’essa presenta affreschi raffiguran- ti “boscarecce”. Una grande aquila campeggia al centro del soffitto, sulle pareti spiccano alberi di quercia ai cui rami sono appese corazze, elmi e spade. Sono ancora visibili paesaggi fortificati e marine sullo sfondo.

Particolare degli affreschi 36 37 Una scala a chiocciola collega il loggiato con l’appartamento sopra- stante della Duchessa. Ai piedi della scala, sempre al piano terre- no, si trova una minu- scola cappella affre- scata, con immagini sacre e nicchie deco- rate.

Scorcio cappellina

Soffitto della Cappellina

38 Una delle porte della piccola cappella, immette in una gran- de sala dal soffitto ligneo, il cui restauro ha portato alla luce un saggio dei colori originali. Su di una parete della stanza troneggia un grande stemma dei Della Rovere.

Stemma dei Della Rovere

39 Giardino segreto

Dalla Loggia é possibile accedere direttamente al giardino interno del Palazzo, chiamato Giardino segreto che, custodi- sce come in uno scrigno la facciata della Loggia. Con le sue cinque arcate, divise da colonne in arenaria addossate a pila- stri, che un cornicione separa dalla parte superiore su cui si alternano cinque finestre con veroncino e timpani triangolari e semi ellittici, la facciata conserva interamente la sua origi- naria armoniosa eleganza.

40 41 Sotterranei

In corrispondenza del lato Corso XI Settembre, si trovano i sotterranei del Palazzo, ai quali si può accedere oggi dal Giardino segreto. Non é certa la loro funzione, possiamo immaginare che i Duchi potessero usarli quali vie di fuga o nascondigli segreti, poiché si diramano in direzione del Porto da un lato, e, dal lato opposto, verso Rocca Costanza cui forse il Palazzo era collegato direttamente attraverso cunicoli attualmente chiusi.

42 43

IL PALAZZO DUCALE Piano nobile Piano nobile

Dopo aver attraversato il Cortile d’Onore, superata l’arcata del portale principale, un’ampia scalinata conduce al Piano Nobile, diviso in due ali ben distinte: a sinistra i Saloni di Rappresentanza, a destra gli appartamenti privati dei Duchi (oggi adibiti ad Uffici della Prefettura-U.T.G. di Pesaro).

46 Saloni di rappresentanza

I saloni di rappresentanza si sviluppano lungo il lato del Palazzo che si affaccia su Corso XI Settembre, e consistono in una teoria di sale collegate tra loro da un lunghissimo corri- doio di raccordo che segue parallelamente il Corso. Tra le prime tre sale, che si dipartono verso il Salone Metaurense e le altre cinque, più recenti in ordine di costru- zione che raggiungono Via Barignani, si trova il Salone degli Alabardieri, chiamato in origine Sala delle Credenze o delle Veglie, il quale fungeva da anticamera agli ambienti di rap- presentanza.

Blau – Palazzo apostolico lato est - 1664 - Oggi lato prospicente Corso XI Settembre lato lungo il quale si sviluppano i Saloni di rappresentanza 47 Salone degli Alabardieri

L’ampio spazio contiene il monumentale camino con le tre mete opera di Bartolomeo Genga: al medesimo architetto sono attribuiti i fregi delle quattro porte di accesso al Salone elegantemente ornate con ermellini, volute ed unicor- ni. Tutti i quadri presenti in questo, e nei vari Saloni, sono opere risalenti ad un periodo compreso tra il XVI e il XIX secolo e sono stati depositati dai Musei Civici del Comune di Pesaro.

Bartolomeo Genga Camino con le tre mete (1551- 1555)

Salone degli Alabardieri 48 Dal Salone degli Alabardieri proseguendo a destra, verso la parte più antica, attribuita a Gerolamo Genga, si trovano tre sale dall’architettura alquanto sobria. L’ultima di queste con- tiene al suo interno un piccolo ambiente finemente decorato detto Studiolo del Duca.

Corridoio direzione Piazza del Popolo 49 Studiolo del Duca

Il soffitto decorato a stucco, opera di Federico Brandani, é elegantemente decorato nelle lunette con imprese dei Della Rovere finemente incastonate in medaglioni sorretti da putti e con fronde di quercia dorate: al centro del soffitto si trova lo stemma della Famiglia con i colori della casata.

Studiolo del Duca 50 Federico Brandani, particolare del soffitto dello Studiolo del Duca

L’ala sinistra rispetto al Salone degli Alabardieri, più recente in ordine di costruzione rispetto a quella di destra, é stata realizzata da Bartolomeo Genga. Gli ambienti, in tutto cinque sale, prose- guono fino a Via Barignani, l’angolo tra le due vie è deli- mitato dal famoso “balconcino” di cui esisteva il gemello nell’angolo opposto tra il Corso e la Piazza e che é stato definitivamente sop- presso nella metà dell’800. Balconcino - Corso XI Settembre angolo Via Barignani 51 In origine le cinque sale erano probabilmente decorate a grottesche, come quelle degli appartamenti privati dei Duchi e dotate ciascuna di magnifici camini, impreziosite con stuc- chi e decori, di cui oggi é rimasta traccia solo negli stemmi che ornano gli architravi delle porte. A causa dell’incuria e del degrado dei secoli, i soffitti sono stati demoliti per essere rico- struiti e riaffrescati dallo scenografo e pittore faentino Romolo Liverani nella seconda metà del 1800.

Ingresso corridoio Saloni direzione Via Barignani 52 Prima stanza

Romolo Liverani volta dipinta 53 Prima stanza, finestre con sedute in pietra

Prima stanza 54 Seconda stanza

Romolo Liverani volta dipinta 55 Anonimo dell’Italia centrale - Cefalo nega l’amore ad Aurora - Olio su tela sec. XVIII - cm 290 x 350

Anonimo dell’Italia centrale - Aurora Cefalo e Titone - Olio su tela sec. XVIII - cm 290 x 350 56 Terza stanza

Romolo Liverani volta dipinta 57 Quarta stanza

Romolo Liverani volta dipinta

58 Giuseppe Castellani (Pesaro 1812-1896) - Arresto di Pandolfo Collenuccio - Olio su tela cm 335 x 470

Porte di accesso alla Cappella di Palazzo

59 Cappella di Palazzo

In corrispondenza della quarta stanza si presume l’ubicazione della “Cappella di Palazzo”, chiamata anche “Cappella Papale” in cui, nel 1598 Papa Clemente VIII, in visita ai Signori di Pesaro, celebrò la Santa Messa. Attualmente ne rimane solo una traccia negli affreschi della cupola, dove era situato l’altare, oggi all’interno dell’apparta- mento privato del Prefetto.

Cupola della Cappella Papale

Cupola della Cappella Papale, particolari 60 Quinta stanza

Romolo Liverani volta dipinta 61 Appartamenti privati dei Duchi

In cima alla scalinata principale d’accesso al Piano Nobile, a destra rispetto all’ala dei Saloni di Rappresentanza, si trova la grande Anticamera degli Appartamenti privati dei Duchi con lo splendido camino opera di Bartolomeo Genga con stucchi di Federico Brandani.

Camino di Bartolomeo Genga, con stucchi del Brandani

62 L’ampio salone che fungeva da anticamera degli appartamen- ti, del Duca a sinistra e della Duchessa a destra, contiene il maestoso camino, opera di Bartolomeo Genga (1551-55 c.a.) sormontato da un fregio in stucco di Federico Brandani (1555-60 c.a.) raffigurante “La corsa delle bighe” con ai lati due putti recanti ciascuno una cornucopia. Nel pannello si notano in primo piano degli auriga impegnati nella guida di destrieri frementi per lo sforzo della competizione, mentre sullo sfondo degli spalti, dove sono assiepati gli spettatori, si stagliano le mete che delimitano le estremità del campo di gara. Allegoricamente la scena si potrebbe interpretare così: come per gli auriga il traguardo da raggiungere é costituito dalle mete, ai piedi delle quali venivano deposte le corone di alloro della vittoria, così le tre mete (di cui quella centrale é la più alta e sim- boleggia il con- cetto della somma “Virtus”) costituiscono per il Signore lo sprone nella gara della vita a con- quistare la vitto- ria con un com- portamento vir- tuoso. Infatti sul basamento delle Anticamera Appartamenti privati dei Duchi tre mete é scritto, in caratteri greci, “filaretotatoi” ossia “all’uomo che ama oltre modo la virtù”. Le quattro figure ai lati del pannello centrale rappresentano quattro fiumi. In primo piano due statue di putti recanti ciascuno in mano una cornucopia, alludono chia- ramente al periodo di abbondanza e prosperità che vive il Ducato sotto il dominio di Guidubaldo. Infine fasce, volute, maschere e sfingi, diademi, grottesche e drappeggi contorna- no la formella centrale come tappezzerie istoriate che si uniformavano probabilmente al rivestimento delle pareti delle stanze il quale, secondo il costume dell’epoca, doveva essere composto prevalentemente da corami e arazzi. Gli stessi ornamenti, infatti, si possono notare anche nei camini dell’appartamento della Duchessa.

63 Appartamento della Duchessa

A destra rispetto l’anticamera, si trova l’appartamento privato della Duchessa di cui rimangono solo due stanze significative, il cosiddetto Bagno di Lucrezia ed un corridoio che accenna appena ad una teoria di sale, le quali si affacciavano contem- poraneamente sul Cortile della Caccia e sul Giardino Segreto a cui era consentito l’accesso attraverso la piccola scala a chiocciola ancora esistente.

64 Prima stanza

Probabilmente era la stanza da letto. In questa e nella stanza successiva, prevalgono i simboli dina- stici del Duca: le aquile e le iniziali G.V. DUX: Guidubaldo Duca, foglie e rami di quercia intrecciati (simbolo della famiglia della Rovere). Il Camino opera di Federico Brandani datato 1570 c.a. raffigu- ra, al centro, un nido di aquile che guardano verso il sole. Si evidenzia il mito dell’aquila, uccello caro a Giove, suprema divi- nità dell’Olimpo, e di cui i della Rovere amavano definirsi stirpe discendente in quanto già l’aquila era simbolo della stirpe dei Montefeltro (Mons Feretrius in riferimento a Giove feretrio).

65 Bagno di Lucrezia

L’ambiente adiacente alla camera da letto della Duchessa è noto come “Bagno di Lucrezia Borgia”, forse confuso con il nome di Lucrezia d’Este moglie del Duca Francesco Maria II della Rovere; infatti il piccolo vano era stato completamen- te affrescato con finissime grottesche e figurine tratte dalla mitologia greca che, secondo recenti studi potrebbero essere attribuite a Francesco Menzocchi e altri pittori, atti- vi a Villa Imperiale intorno alla metà del 1500. Il soffitto é impreziosito anche da tre scene in stucco inserite in cornici dorate, nel tondo centrale é raffigurata la nascita di Venere (con chiara allusione alla Duchessa Vittoria moglie di Guidubaldo) che nasce dalla spuma del mare ed é attorniata dagli Amorini, mentre nei due riquadri laterali le scene indi- cano “Baccanti che danzano e si flagellano”. In origine il locale, costituito da due vani, di cui il secondo illuminato dall’occhio praticato sopra l’architrave della porti- cina d’accesso, doveva essere proprio un luogo di toletta che forse conteneva una vasca o un lavello, poi scomparsi. Fin dalla fine del ‘500 venne adibito a cappella delle preghie- re. Lo dimostrano le raffigurazioni sacre e la statua, sfigurata in epoca giacobina, raffigurante Maddalena oppure un’allego- ria della Carità.

66 67 Seconda stanza

Alle pareti sono ripetuti i simboli di rami e foglie di quercia e le iniziali del Duca G.V. DUX. Il camino, di Federico Brandani (1570 ca.) raffigura, al cen- tro, Giove che, tenendo sotto il braccio un’aquila, abbraccia con l’altra mano una quercia, sulla cui sommità un’altra aqui- la ha posto il nido, chiaro riferimento al favore divino godu- to dal della Rovere; il tutto sormontato dalla corona ducale.

Particolare del tondo centrale del camino 68 69 Appartamento del Duca

A sinistra dell’anticamera, si trova l’appartamento privato del Duca. Della magnificenza delle sale nobili del Palazzo, addobbate con corami, arazzi e stoffe, non rimane oggi più nulla tranne i ganci, ai quali erano appese le enormi tappez- zerie, che sporgono tutt’ora sotto i peducci delle volte delle sale dell’alloggio privato di Guidubaldo. Sono rimaste solo le volte dei soffitti a testimonianza del mirabile e pregevolissimo gusto artistico dell’epoca rinasci- mentale quale esempio di perfetta fusione tra l’ornamento a grottesca e quello in stucco, impreziosite da dorature pro- rompenti, affreschi dai colori brillanti e fantasiosi che sottoli- neano una squisita armonia tra gusto e fantasia, rivelate dalla bizzarria delle grottesche con le varie divinità, dai segni zodiacali, dagli animali mitici e araldici, dalle piante che, come gemme incastonate, fanno da chiaro sfondo ai molte- plici riferimenti a Vittoria Farnese, moglie di Guidubaldo II, identificata in Venere, la dea nata dal mare. Per questo il mare, e la conchiglia in particolare, sono moti- vo ornamentale costante, assieme alle altre creature marine, che ricorrono ripetutamente sia negli stucchi che nella forma a valva di conchiglia delle volte delle tre stanze che compon- gono l’appartamento privato del Duca. Oltre al tema ricor- rente dell’amore, molteplici sono anche i riferimenti all’altro tema, caro alla filosofia neoplatonica degli artisti del rinasci- mento, in contrasto con il primo: la guerra.

70 Corridoio d’accesso all’appartamento del Duca

71 Prima stanza: anticamera

Il soffitto a valva di conchiglia, eseguito tra il 1551 e il 1558 su disegno di Bartolomeo Genga e ornato dalle grottesche, secondo i motivi decorativi tipici del manierismo tosco-roma- no. Fanno da peducci coppie di ippocampi recanti l’emblema di Vittoria Farnese e Guidubaldo II: due V intrecciate. Nel tondo centrale compare l’allegoria della Vittoria alata (richiamo onomastico a Vittoria Farnese) che sfila fra gli eser- citi su un carro trainato da un elefante, simbolo di benignità del principe, seguita dalle prede: i vinti e Giano Bifronte inca- tenato sotto lo sguardo del Fiume Isauro, rappresentato dalla figura semidistesa in basso a sinistra. La precede la Fama annunciante con la tromba e la guidano la Pace con il ramo d’ulivo e l’Abbondanza con la cornucopia.

Particolare del tondo centrale del soffitto 72 Soffitto della prima stanza

73 Seconda stanza: studio

Soffitto eseguito su disegno di Bartolomeo Genga, a forma circolare con quattro grossi conchiglioni di raccordo ai lati, dai quali sono tesi ricchi festoni recanti al centro una tabella con le iniziali del Duca e della Duchessa: due V legate dal nodo gordiano. Anche in questo ambiente le grot- tesche sono da riferire ai motivi decorativi tipici del manierismo tosco-romano. Al centro del sof- fitto si può osser- vare una sempli- ficazione del cosmo aristoteli- co-tolemaico, circondato dai segni zodiacali, in cui é evidenziato Camino di Federico Brandani il solo pianeta Marte, pianeta della guerra, astro che con la sua preziosa influenza infonde valore al Duca. Nella stanza si trova anche un pregevole esemplare di camino a muro opera di Federico Brandani (1555-1560) incorniciato da foglie d’oro con un rilievo raffi- gurante l’allegoria dell’età dell’oro.

74 Soffitto della seconda stanza

75 Terza stanza

Si ipotizza che fosse la camera da letto del Duca. Il soffitto, ad opera di Bartolomeo Genga, ha una singolare forma ad ombrello ed al centro reca il Trofeo di guerra: le spoglie costituite dallo scudo e dalle asce romane indici di vit- toria. Anche in questo ambiente le grottesche sono da riferi- re ai motivi decorativi tipici del manierismo tosco-romano, mentre le lunette sono state ridipinte nell’800. Una scala a chiocciola collegava quest’ultima stanza con la sottostante armeria; purtroppo sia della scala che del locale armeria non vi é più alcuna traccia.

Particolare del tondo centrale del soffitto 76 Soffitto della terza stanza

77 Cupole

78 Nelle fotografie, sono visibili le capriate in legno massiccio del tetto e lo scheletro delle tre cupole affrescate dell’appartamento del Duca: la loro struttura é in legno, il tamponamento in tela e gesso. 79 Salone Metaurense

In fondo al corridoio che conduce agli Appartamenti privati del Duca, salendo alcuni gradini si accede al Salone Metaurense. La “Sala Magna” meglio nota come Salone Metaurense, dal- l’ampiezza di circa 600 mq., é uno degli ambienti risalenti all’epoca sforzesca. Successivamente, il soffitto venne modificato prima dal Duca Guidubaldo II e poi dal figlio Francesco Maria II, che nel 1616 diede l’incarico dei lavori a Giovanni Cortese. Lo sce- nografo pesarese però si limitò a riproporre senza troppe innovazioni, i soggetti già riprodotti su carta dipinta e incol- lati nel tavolato di fondo, raffiguranti le imprese roveresche di Guidubaldo II, allora già molto deteriorate. Giovanni Cortese utilizzò il tavolato ligneo preesistente a cas- settoni ottagonali (84 per l’esattezza) sovrapponendo sui vec- chi i nuovi dipinti, realizzati su tela, raffiguranti le imprese avite dei della Rovere. Ogni impresa contiene precise allusio- ni, richiamate da un motto, a vicende di storia familiare ideal- mente unite a quelle dei Montefeltro. Nel rifacimento Francesco Maria II fece coprire però tre imprese che si riferi- vano direttamente a suo padre, Guidubaldo II, e cioè le tre mete, la bombarda e la doppia V. Attualmente il soffitto reca i dipinti raffiguranti le seguenti imprese: l’Ermellino, la Quercia con il motto “Tuta tueor”, la Palma con il motto “Inclinata resurgit”, i Templi della Virtù e dell’Onore, l’ara col vento che soffia e la quercia feretria. Queste sei iconografie vengono ripetute, disposte in diagona- le, per tutti gli 84 cassettoni ottagonali.

80 Salone Metaurense

81 La fascia sottostante, dipinta a tempera, che corre lungo le quattro pareti, reca gli stemmi dei cardinali legati della Santa Chiesa che governarono Pesaro dall’estinzione della dinastia roveresca fino all’Unità d’Italia e, dal 1860, gli stemmi dei Prefetti. Per mancanza di spazio, dal 1910 si é interrotta l’apposizione degli stemmi prefettizi lungo il perimetro superiore del Salone Metaurense.

82 Particolari delle imprese dipinte negli ottagoni del soffitto del Salone Metaurense

ERMELLINO Impresa già dei Montefeltro. Motto: “Nunquam”. sottintendendo Maculata (giammai macchiata). Questo animale araldico, simbolo di incorruttibilità e purezza, vuole alludere chiaramente alla rettitudine del Signore nel governo della Città.

PALMA Impresa collegata a Francesco Maria I. Motto: “Inclinata Resurgit”. Questa impresa fa riferimento alla virtù del Duca che, nonostante le avversità incontrate, è riuscito a ristabilire pienamente il suo potere.

83 TEMPLI Impresa collegata a Guidubaldo II. Motto: “Hic terminus haeret” . Sono i due templi dell’Onore e della Virtù e simboleggiano le mete a cui deve ispirarsi il Duca nel suo governo saggio e virtuoso.

ARA Impresa collegata a Guidubaldo II. Motto: “Olbios Eianolbios” (senza vita se sei senza fortuna). Il vento che soffia sulle foglie o sul fuoco allude forse alle speranze perdute spazzate via da una Fortuna avversa.

84 QUERCIA Iimpresa collegata ai Montefeltro. Motto: “Feretria”. La quercia era l’albero simbolo della famiglia dei della Rovere. Con questa impresa la casata roveresca intendeva sottolineare la propria discendenza familiare e politica dai Montefeltro.

Impresa collegata ai Montefeltro. Motto: “Tuta Tueor” (custodisco sicura). Questo secondo tipo di quercia, recante fra i rami lo stemma dei Montefeltro (scudo a strisce azzurre e oro con una piccola aquila nera), ribadisce in maniera più esplicita il forte legame che univa le due casate.

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GUIDA ILLUSTRATA DEL PALAZZO DUCALE DI PESARO

VII Introduzione IX Premessa

1 Il Palazzo Ducale di Pesaro 4 Le famiglie che si sono succedute a Palazzo 7 I Duchi della Rovere a Pesaro 17 Il Palazzo Ducale - Piano terra 18 Facciata del Palazzo Ducale 23 Le Imprese degli Sforza e dei Montefeltro 25 Atrio e cortile d’onore 32 Cortile della caccia 32 Loggia sul “Giardino segreto” 36 Ambienti attigui alla Loggia 40 Giardino segreto 42 Sotterranei 45 Il Palazzo Ducale - Piano nobile 46 Piano nobile 47 Saloni di Rappresentanza 48 Salone degli Alabardieri 50 Studiolo del Duca 60 Cappella di Palazzo 62 Appartamenti privati dei Duchi 64 Appartamento della Duchessa 66 Bagno di Lucrezia 70 Appartamento del Duca 80 Salone Metaurense

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BIBLIOGRAFIA

Marcello Luchetti Il Palazzo Ducale di Pesaro Fano 1986

Sabine Eiche La Corte di Pesaro – Storia di una residenza signorile 1986

Paolo Dal Poggetto La loggia del Genga – Restauri I Della Rovere – Raffaello Tiziano Milano 2004

Comune di Pesaro http://www.comune.pesaro.ps.it/pueri/galduc.htm#FMP

Teodoro Briguglio Imprese, sigle e stemmi nel Palazzo Ducale di Pesaro Dagli Sforza ai Montefeltro – della Rovere Pesaro 1987

89 IL PALAZZO DUCALE DI PESARO Guida illustrata

© WALTER STAFOGGIA EDITORE Piazza Garibaldi, 4 - 61100 Pesaro [email protected]

Questo volume é stato stampato nel mese di ottobre 2007 presso Arti Grafiche Stibu - Urbania (PU)

Le foto del volume sono realizzate da Luca Toni, i disegni da Laura Ricchi, impaginazione Clara Stafoggia

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