Cenni biografici

Benvenuto Tisi detto il Garofalo – dal nome del paese d’origine della fami- glia che allora apparteneva al Ducato Estense – nasce probabilmente a nel 1481 da Pietro Tisi e Antonia Barbiani. Alcuni critici anticipano la data di nascita al 1476 in base ad un documento del 22 marzo 1502 che attesta il coinvolgimento del pittore in un atto giudiziario per il quale era necessaria la maggiore età, allora fissata a 25 anni.

È probabile in realtà che Garofalo, appoggiato dallo zio, fungesse in quella circostanza da rappresentante della propria famiglia, al posto del padre, morto l’anno precedente. Inoltre, dopo il suo apprendistato presso la bottega di Domenico Panetti – tipico rappresentante della corrente pittorica pietista sviluppatasi sotto Ercole I d’Este – nel 1497 Garofalo fu affidato dal padre, come apprendista, a Boccaccio Boccaccino (in città dal 1497 al 1500) affinché questi lo istruisse per tre anni nell’arte della pittura: “una sorta di contratto di affidamento” che – come sottolineano Pattanaro e Danieli – risulta più comprensibile per un ragazzo di sedici anni che non per un uomo di ventuno.

L’opera di Garofalo fu influenzata dall’arte di , che nonostan- te il trasferimento a continuava ad intrattenere rapporti con la natia Ferrara, e che il pittore potrebbe poi aver di nuovo incontrato in un viaggio intrapreso insieme al suo committente Antonio Costabili a Mantova, città ove Costa dal 1506 aveva sostituito Mantegna come pittore di corte. Proprio una forte influenza mantegnesca risulta evidente nei classicheggianti affreschi eseguiti dal Tisi in Palazzo Costabili a Ferrara, nel 1506 circa, dove si riscontra uno sfondamento del soffitto molto simile a quello dipinto dal Mantegna nella Camera degli Sposi nella città dei Gonzaga. Nello stesso anno il pittore ricevette la prima committenza estense: fu chiamato infatti a decorare i camerini della duchessa Lucrezia Borgia in Castello, realiz- zando due tele a tempera per il soffitto della “camera in volta”: impegno che porta ad escludere l’ipotesi vasariana che Garofalo abbia potuto collaborare con Boccaccino nella decorazione degli affreschi del Duomo di Cremona.

Benvenuto apprese precocemente i suggerimenti colorististici e paesaggistici veneti e in particolare quelli di Giorgione con il quale, stando al racconto vasariano, l’artista strinse amicizia; anche se quest’ultimo dato non trova conferme in altre fonti, la critica comunque è concorde nel datare intorno al 1508 un viaggio di Garofalo in laguna, grazie al quale il pittore avrebbe arricchito le sue conoscenze e il suo linguaggio figurativo, tanto che anche Longhi ammette che “fu probabilmente il primo a carpire qualche scintilla del fuoco di Giorgione e portarla a Ferrara”.

La maggior parte della critica non ritiene valida l’indicazione delle Vite di Vasari che data al 1500 un primo viaggio di Garofalo a Roma, e altrettante perplessità riguardano una sua seconda andata nella capitale nel 1505 dove, sempre secondo il critico aretino, avrebbe ammirato “i miracoli che si predicava- no di Raffaello da Urbino e della cappella di Giulio stata dipinta dal Buonarroto”. In quell’anno infatti Raffaello si trovava a Firenze e non aveva certo ancora iniziato il lavoro per il Papa, mentre Michelangelo era impegnato a disegna- re i progetti per il Mausoleo di Giulio II e nel 1507 fuggiva a Firenze, in seguito ad una lite con il Pontefice. La critica più recente data quindi la presenza dell’artista ferrarese a Roma intorno al 1513-14 facendo riferimento soprattutto ad alcune opere di Tisi, precedenti al 1515, dove sono evidenti influenze stilistiche riferibili al classici- smo romano e all’opera di Raffaello, come per esempio la Pala Suxena, realizza- ta dal pittore nel dicembre del 1514 per la Chiesa di Santo Spirito a Ferrara.

Garofalo si sposa in tarda età tra il 1529 e il 1530: infatti se siamo certi che nel 1528 – data della redazione del suo primo testamento – era ancora celibe, nel 1531 ha la sua prima figlia; è chiaro quindi che il matrimonio con Caterina Scoperti, vedova di Nicolò Besuzzi, deve essere fatto risalire a questi anni.

Particolarmente devoto a San Bernardino, intorno al 1531 inizia a lavorare per il Convento ferrarese dedicato al Santo, per il quale dispone anche un lascito annuale nel suo terzo testamento. Purtroppo il patrimonio artistico del monastero è stato disperso a più riprese tra varie collezioni, ma potrà essere in larga parte ammirato nel percorso espositivo della mostra.

L’enorme ricchezza della produzione artistica di Garofalo testimonia la fama di cui godette soprattutto negli ambienti ecclesiastici – l’artista arricchisce infatti con le proprie opere gran parte delle chiese di Ferrara – ma anche tra la nobiltà cittadina e presso la corte. Così, dopo aver lavorato intorno al 1512 per il Duca Alfonso I d’Este, nel 1536 ritroviamo Garofalo alle dipendenze di Ercole II che, in una lettera datata 22 luglio, scrive al segretario Bartolomeo Prosperi Sacrati perché faccia recare a Belriguardo “Benvenuto insieme a maestro Hieronimo [da Carpi] suo compagno”. Nella decorazione, per quella che fu la prima delle delizie estensi – sorta nel 1435 per volontà di Niccolò d’Este e successivamente sopranno- minata “la Versailles degli Estensi” – Garofalo lavora insieme ad altri artisti, quali Camillo Filippi, Battista Dossi, Girolamo da Carpi, Giacomo da Faenza.

Per il duca Benvenuto lavora anche in altre occasioni: per la delizia della Montagnola presso San Giorgio a Ferrara (1541) e per il Castello, dove Vasari ricorda la Calunnia d’Apelle e il Trionfo di Bacco, già eseguiti nel 1543, quando destarono l’ammirazione di papa Paolo III. Non sembra invece confermato – in base all’accurata revisione documentale promossa in occasione della mostra – un suo coinvolgimento nel palazzo estense di Copparo (1542) e nella decorazione delle camere nuove della torre marchesana del Castello Estense (1541).

Probabilmente Tisi ebbe una nutrita schiera di allievi, tra cui Girolamo da Carpi, che fu apprendista nella sua bottega e lavorò con lui per alcuni progetti a Ferrara nel periodo 1530-40.

Negli anni trenta del Cinquecento l’artista perde l’uso di un occhio, per poi diventare completamente cieco all’incirca nel 1550. Malgrado ciò, nell’otto- bre dello stesso anno, riceve dal Capitolo del Duomo di Ferrara l’incarico di eseguire, insieme a Camillo Filippi, i cartoni per otto arazzi. Muore il 6 settembre del 1559 e viene seppellito nella chiesa di Santa Maria in Vado, accanto alla moglie scomparsa qualche anno prima, con una cele- brazione che dura tre giorni. Nel 1829 le sue spoglie sono trasferite nel cimitero della Certosa di Ferrara dove nel 1841 gli viene dedicato un monumento nella Cella degli Uomini Illustri, opera dello scultore Angelo Conti.