<<

classici del contemporaneo 144 BRESCIANE NELLE COLLEZIONI SETTANTA AI PRIMIANNI CINQUANTA DAGLI ANNI INFORMALI TENDENZE edizioni aab mostra acuradi Alessandra CornaPellegrini CIVICI MUSEID’ARTE ESTORIA COMUNE DIBRESCIA lunedì chiuso orario feriale efestivo 15.30- 19.30 22 settembre -17ottobre 2007 aab -vicolodellestelle4brescia ASSOCIAZIONE ARTISTI BRESCIANI ASSOCIAZIONE ARTISTI PROVINCIA DIBRESCIA

L’AAB è orgogliosa di inaugurare la stagione 2007/2008 con una prestigiosa esposizione, di rilievo certamente non solo locale, che propone opere di artisti fra i più rappresentativi dell’Informale. La mostra prosegue la fortunata serie “Classici del contemporaneo” dedicata al collezionismo della nostra provincia, che ha già proposto artisti come Kolàr, Demarco, Fontana, Munari, Birolli, Dorazio, Vedova, Fieschi, Adami, Baj ed esponenti della Nuova Figurazione. La curatrice della rassegna, la storica dell’arte Alessandra Corna Pellegrini, ha selezionato un nucleo essenziale di opere (34) che rappresentano esempi molto significativi dell’esperienza e del linguaggio di un movimento pur tanto complesso e così difficile da circoscrivere come l’Informale e dimostrano l’alta qualità delle collezioni bresciane, sia pubbliche sia private. L’impegno dell’AAB, scientifico organizzativo finanziario, può ben essere documentato dall’importanza internazionale degli autori proposti, da Dubuffet Mathieu Schneider a Afro Basaldella Corpora Dorazio Fontana Morlotti Santomaso Scanavino Scialoja Tancredi Turcato. L’esposizione, come è prassi costante dell’Associazione, è organizzata in collaborazione con i Civici Musei d’arte e storia di Brescia, che figurano anche come prestatori.

Alla curatrice va quindi rivolto il più vivo apprezzamento per il lavoro compiuto; mentre un sentito ringraziamento va espresso, per l’imprescindibile apporto alla realizzazione dell’iniziativa, ai collezionisti, il cui senso civico è veramente encomiabile, alle istituzioni pubbliche (Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per le province di Brescia Cremona e Mantova, Civici Musei, Associazione Arte e Spiritualità), alle Fondazioni ASM Brescia, CAB e Banca San Paolo di Brescia e agli sponsor, che hanno risposto con generosa disponibilità alle nostre richieste.

Vasco Frati Giuseppina Ragusini

3

L’INFORMALE, FENOMENO COMPLESSO E MULTIFORME Alessandra Corna Pellegrini

Problemi di una definizione, ragioni di una scelta Parlando di Informale, bisogna anzitutto partire dalla constatazione che la stessa definizione ha suscitato fin dal suo apparire una serie di problemi e discussioni: basti pensare che persino Dubuffet, considerato uno dei fon- datori del movimento in Francia, non si è mai riconosciuto in questa eti- chetta1, coniata da Michel Tapié nel 1951 in occasione delle mostre Véhé- mences confrontées e Signifiants de l’Informel e divulgata nel suo testo fon- damentale Un art autre nel 1952; e la stessa cosa può dirsi per Fautrier e Mathieu o per Vedova, per fare un nome italiano2. Ciò spiega anche la dif- fusione di altre definizioni, art autre, , abstraction lyrique (o psyqui- que)3, ognuna delle quali cercava di mettere in risalto alcuni aspetti di quel linguaggio che aveva preso il sopravvento nell’arte del dopoguerra in Eu- ropa e che aveva molti punti di contatto con le esperienze americane del- l’action e dell’espressionismo astratto. Pur fra le polemiche e i di- stinguo il termine si è comunque affermato, ma la critica, anche se da po- sizioni differenti, concorda sul fatto che l’ non rappresenta un movimento unitario facilmente circoscrivibile, quanto piuttosto “un ar- ticolato ventaglio” di espressioni e di stili, una “nebulosa”.4 A differenza di movimenti come il Futurismo o altre avanguardie storiche, l’Informale è infatti un movimento non programmatico e organizzato, ma

1 Benchè Dubuffet sia stato il primo ad usare i termini informe e tache nel suo testo Prospectus aux amateurs de tout genre, pubblicato a Parigi nel 1946, in una lettera ad del 1959 di- ceva: «Je ne comprende pas le sens précis de ce terme: “Art informel”. J’ai peur que ce terme ne s’applique pas a quelque chose qui puisse vraiment bien se définir et se circonscrire. […] Si cer- taines des mes travaux peuvent peut-être remplir les conditions requises par la formule de l’Art informel, il est hors de doute que d’autre de mes travaux, très nombreux aussi, sont en opposition totale avec cette formule. Ainsi ne vois-je pas clairement ce que j’ai à faire avec l’art informel. J’ajou- terai que je n’aime pas ce terme». Si veda E. Crispolti, Sulla radicalità esistenziale dell’Informale, in Informale. Jean Dubuffet e l’arte europea 1945-1970, catalogo della mostra a cura di L. M. Barbero, Modena 18 dicembre 2005-9 aprile 2006, New York 2005, p. 39. 2«Quando si vedono le mie tensioni di segni, ove tutto scoppia, subito sono etichettato: informel! Questo è superficiale. I miei lavori sono pieni di strutture – queste strutture sono strutture della mia coscienza». E. Vedova, Scontro di situazioni, in «Il Verri», n. 9, dicembre 1962. 3 Anche il termine astrazione è stato utilizzato in accezioni molto diverse, spesso ambigue, creando occasioni di fraintendimenti. Per i problemi relativi alla terminologia si vedano: R. Pasini, L’Informale Stati Uniti Europa Italia, Bologna 1996, pp. 179-182, e G. Dorfles, Glossarietto del nuovo gergo critico, in Ultime tendenze dell’arte d’oggi, Milano 19815, pp. 193-203; si veda anche la nota 9. 4 A. Negri, C. Pirovano, La nebulosa informale, in La pittura in Italia. Il Novecento/2 1945-1990, vol. 1, Milano 1993, pp. 256 e seguenti.

5 “di fatto”, ricostruibile a posteriori attraverso strumenti storici e critici. Bisogna inoltre osservare che il termine è stato utilizzato con accezioni di- verse: un’interpretazione più larga, con la quale all’interno di determinate coordinate storico-temporali si è cercato di trovare un denominatore co- mune per esperienze anche diverse, ma riconducibile al binomio segno- materia; un’altra più ristretta, «per la quale l’Informale sarebbe solo il rap- porto immediato, senza progetto né referente, con la pittura nel suo gor- go infinito, quale empito fisiologico portato al di là di qualsiasi tara ottico- percettiva nella più dirompente e icastica pulsione gestuale.»5 Questo spiega perché la critica si divida sull’appartenenza di alcuni artisti all’Infor- male e spesso il dilemma è se un artista si sia fermato “al di qua” di quel movimento o vi faccia legittimamente parte. Fra i punti comuni di questa tempe- rie artistica che assunse diffusione mondiale sono stati individuati il ri- fiuto delle regole tradizionali della composizione, la sfiducia nella razio- nalità e la convinzione che l’opera d’arte debba essere il frutto dell’im- provvisazione e dell’intensa libera- zione di energie psichiche. Per distin- guere le diverse linee espressive che convivono nel movimento, la critica ha spesso preferito raggruppare opere e artisti in base a criteri di ti- po linguistico-formale, individuando due linee di tendenza, quella segnico- gestuale e quella materica; bisogna però tenere presente che talvolta queste linee espressive convivono nello stesso artista o addirittura nel- la stessa opera e che fra il segno di , Superficie 396, 1961 Capogrossi e quello di Vedova e Mo- Brescia, collezione privata reni, per fare soltanto un esempio, esistono più differenze (sia formali sia concettuali) che punti di contatto. Va ricordato inoltre che all’interno dell’Informale convivono esiti figurativi e non figurativi, anche nello stesso artista (si pensi a Dubuffet o a Fautrier). Le matrici filosofiche del movimento possono essere individuate nell’Esi- stenzialismo, mentre molteplici sono quelle artistiche, fra cui le più impor- tanti sono il primo astrattismo di Kandinskij, quello dal 1910 al 1917 circa, e il Surrealismo, che aveva già introdotto l’automatismo, la non progettualità

5 R. Pasini, L’Informale Stati Uniti Europa Italia, Bologna 1996, p. 331.

6 nell’opera e alcune tec- niche poi riprese dal- l’Informale come il drip- ping e il grattage. Il fenomeno si affermò a partire dalla metà de- gli anni Quaranta in Eu- ropa; in Italia le manife- stazioni più precoci si ebbero a Milano con Fontana e la fondazione dello Spazialismo, ma il , Spagna oggi ’61 n. 11, 1961 movimento si affermò Brescia, collezione privata soltanto all’inizio degli anni Cinquanta, divenendo però in breve una sorta di “marea montante”: negli anni successivi e per tutta la prima metà degli anni Sessanta si mutò in linguaggio di riferimento con cui quasi tutti gli artisti fecero bene o ma- le i conti, con il rischio di trasformarlo in una nuova forma di accademia. Partendo quindi dalla considerazione che l’Informale è un fenomeno molto complesso, difficile da definire e da circoscrivere, e che l’allesti- mento, come in tutte le mostre dell’Associazione Artisti Bresciani, pren- de in considerazione solamente opere presenti nelle collezioni locali, si è preferito presentare non solo maestri riconosciuti della corrente, ma anche artisti che si sono avvicinati al linguaggio informale solo in certi momenti del loro percorso artistico, svolto altrimenti o per motivi ge- nerazionali o per convinzioni teoriche su altri fronti, a dimostrazione di quello che si è detto sopra, che cioè a una certa data la declinazione informale sembra essere un passaggio obbligato. Questo spiega il titolo Tendenze informali, il cui sottotitolo individua l’arco cronologico delle opere esposte, che va dal 1952 al 1970 (per la precisione due tele di Turcato sono state assegnate dalla critica al 1970-1971, mentre una scultura di Fontana, la cui concezione risale agli anni Sessanta, è un mul- tiplo fuso nel 1973). Poiché le opere ascrivibili all’Informale presenti nelle collezioni bresciane sono numerose e importanti, anche se rappresentative solo di alcuni aspetti del fenomeno, è stato necessario operare una scelta rigorosa te- nendo conto di questi elementi: le dimensioni dello spazio espositivo a di- sposizione, la significatività dell’opera rispetto al percorso dell’artista e al linguaggio informale, la preoccupazione di non riproporre opere già pre- sentate all’AAB (unica eccezione la ceramica di Fontana di proprietà dei Civici Musei esposta nel 1999 nella mostra dedicata dall’Associazione al- l’artista in occasione del centenario della nascita); in alcuni casi invece le assenze sono dovute alla delicatezza delle opere che ne sconsigliava lo spostamento: è il caso di una Superficie di Capogrossi presente in colle-

7 zione privata e della tela di Hartung T 1966 – E 9 del 1966, opera-simbo- lo della Collezione Arte e Spiritua- lità, che, tra l’altro, essendo stata esposta lo scorso anno al Museo Diocesano di Brescia non poteva co- munque essere prestata a così breve distanza di tempo e nella stessa città.

Le opere in mostra Le opere esposte provengono dai Civici Musei di arte e storia, dalla Collezione Arte e Spiritualità e da diverse collezioni private di Brescia e provincia. Qui si vuole dare un quadro genera- le dell’esposizione, mentre per noti- zie più dettagliate sugli artisti e le opere si rimanda alle schede biogra- , T 1966 - E9, 1966 fiche. Brescia, Collezione Arte e Spiritualità Il nucleo di opere di proprietà dei Musei è costituito da cinque tele, un pastello su carta e due sculture, in parte acquisti operati dall’allora direttore Gaetano Panazza con la colla- borazione del conservatore Bruno Passamani, in parte donazioni di colle- zionisti o degli autori stessi6. Le opere furono inserite nel percorso della Galleria d’arte moderna e contemporanea di Brescia, che era stata inau- gurata nel 1964, ad integrare il nucleo portante della sezione di arte con- temporanea, costituito da una parte consistente della Collezione Cavelli- ni, fra le più importanti e aggiornate in Italia sulle tendenze dell’arte italia- na ed europea dalla metà degli anni Quaranta in avanti7.

6 Ad eccezione della ceramica di Fontana del 1959, che come si è detto è stata esposta nella mo- stra dedicata dall’AAB a questo artista nel 1999, si tratta di opere che il pubblico ha potuto am- mirare l’ultima volta in occasione della mostra Dai Neoclassici ai Futuristi ed oltre. Proposte per una ci- vica galleria d’arte moderna e contemporanea allestita nel complesso di Santa Giulia dal novembre 1989 al gennaio 1990. Si veda il catalogo della mostra a cura di Renata Stradiotti, Brescia 1989. Per notizie più precise sulla provenienza delle opere si vedano le schede relative agli artisti e le di- dascalie delle opere stesse. I Civici Musei conservano altre opere che dimostrano influenze informali: alcune di artisti brescia- ni, come per esempio Anna Coccoli e Valentino Zini, o di artisti che hanno trascorso a Brescia lun- ga parte della loro vita, come Giuseppe De Lucia e Turi Volante; altre di artisti la cui produzione più conosciuta e significativa si è svolta in altri ambiti, come Franco Francese, Giansisto Gasparini, Fer- nando Picenni ed Ermanno Pittigliani. 7 Per comprendere la ricchezza e l’importanza della collezione Cavellini è fondamentale G. Caran- dente (a cura di), Pittori moderni della Collezione Cavellini, catalogo della mostra, Galleria nazionale d’arte moderna Valle Giulia, Roma maggio-luglio 1957, Roma 1957; nella presentazione alla mostra Palma Bucarelli definendo la Collezione Cavellini «la più giovane ed aggiornata d’Italia» affermava

8 Composizione in blu del 1959 (cat. n. 11) di Alfredo Chighine e Composizio- ne del 1961 (cat. n. 17) di Gino Meloni rappresentano due esempi di come il linguaggio informale sia stato affrontato fra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta a Milano, uno dei centri più importanti per la diffusione del fenomeno, soprattutto grazie all’attività di due gallerie, Il Milione e Il Na- viglio. La tela di Chighine, proveniente proprio dalla galleria del Milione, è una sua tipica composizione per masse sintetiche, rese da spatolate vigorose e compatte, messe in vibrazione, ma non sfaldate da un reticolo di segni sot- tili: una vocazione alla saldezza della struttura, un senso di controllo cui l’ar- tista non volle mai rinunciare del tutto. Il pastello di Meloni è significativo di una sua particolare declinazione dell’Informale tesa a creare atmosfere e trasparenze cromatiche, via che nella sua produzione si alterna a una più de- cisamente materica, ma anche a frequenti ritorni alla figurazione. Lampare a mare del 1957 di Enzo Brunori (cat. n. 5) e Valle scura del1961 cir- ca di Enrico Paulucci (cat. n. 18) sono opere di autori oggi meno noti al pub- blico, ma che ebbero un ruolo molto importante nell’arte del dopoguerra: pur essendo soltanto tangenti all’Informale, dimostrano quanto potentemen- te abbiano agito in Italia le istanze di questa poetica fra la fine degli anni Cin- quanta e i primi anni Sessanta innestandosi sulle esperienze dell’astrazione li- rica8. La grande tela di Brunori, acquistata dal Comune di Brescia nel 1965, fu realizzata in un anno importante nella produzione del pittore perugino: con- temporaneamente alla “scoperta del mare” come nuovo tema su cui lavora- re, il pittore si aprì alle istanze del linguaggio informale, liberando il colore dal- le strutture di derivazione cubista che fino a quel momento lo avevano in- anche che offriva «per la prima volta un panorama dell’arte europea attuale dando […] la possibilità di valutare quanto oggi […] la giovane arte italiana si sia inserita nei grandi movimenti artistici europei». Importantissimi i nomi in catalogo; fra gli artisti collegati all’argomento del presente saggio segnalia- mo: 7 opere di Afro fra il 1951 e il 1953, 2 di Baumeister, 73 olii di Birolli oltre agli 86 Disegni della Resistenza, un corpus veramente eccezionale, 6 opere di Brunori dal 1954 al 1957, Sacco e nero 3 di Burri del 1955, Composizione ritmica di Chighine del 1956, 8 tele di Corpora dal 1952 al 1956, due Dova, un Dubuffet, un Concetto spaziale di Fontana, 4 opere di Hartung dal 1950 al 1955, Expression mordante di Asger Jorn, un quadro di Matta del 1951, 5 di Moreni, 5 di Morlotti, 8 di Santomaso, Com- posizione 44-B di Schneider del 1952, L’insetto di Turcato del 1952, 10 opere di Vedova. La presenza di tale collezione fece della nostra città un centro sensibile alle tendenze più aggiornate dell’arte eu- ropea, come è testimoniato dall’apertura del collezionismo locale e anche dalla produzione degli ar- tisti bresciani. Parte della collezione Cavellini rimase in deposito presso la Galleria d’arte moderna e contemporanea di Brescia che fu aperta al pubblico nel complesso di Santa Giulia dal novembre 1964 al settembre 1971; l’elenco delle opere esposte (pubblicato in M. Valsecchi, Pittori della Colle- zione Cavellini nella Galleria d’arte moderna, Brescia 1964, utile anche per la ricca bibliografia) dimo- stra che la collezione si era ulteriormente arricchita di opere di artisti informali, con un particolare interesse per i pittori europei e americani. Per ricostruire le vicende della collezione Cavellini e del- la sua dispersione e quelle strettamente collegate della Galleria d’arte moderna di Brescia si veda- no anche: G.A. Cavellini, Vita di un genio, Centro studi cavelliniani, Brescia 1989; AA.VV., Dietro la lun- ga parete bianca. In attesa della Galleria d’arte moderna, in «AB», n. 4, Brescia 1985; F. Lorenzi (a cura di), Il mondo di Gino Benedetti fra arte e poesia, catalogo della mostra, Associazione Artisti Bresciani, Brescia 22 settembre-17 ottobre 2000, Brescia 2000; B. Passamani, Testimone diretto, in Aspetti del Fu- turismo nelle collezioni bresciane, catalogo della mostra a cura di A. Corna Pellegrini e B. Passamani, Associazione Artisti Bresciani, Brescia 18 marzo-5 aprile 2006, Brescia 2006. 8 Per le diverse accezioni con cui è stato utilizzato il termine “astrazione” si vedano la nota 3 e la nota seguente.

9 quadrato. Fondamentale fu per lui la vicinanza con Birolli, presso la cui casa di Manarola passò in quell’anno le vacanze estive, condividendo discussioni teoriche ed esperienze pittoriche. Paulucci entrò in contatto con la tempe- rie informale dopo una lunga carriera di successo che lo aveva portato ad es- sere una delle figure più importanti della vita artistica di Torino. La sua espe- rienza può essere accostata a quella di pittori che in parte hanno condiviso la sua traiettoria, in particolare quelli raccolti da Lionello Venturi sotto l’eti- chetta “astratto-concreti”9, e il nome più significativo è ancora Birolli: i sog- getti più amati, i paesaggi di mare o delle Langhe, vengono trasfigurati nell’e- mozione del colore, anche se la composizione rimane ancora articolata in una struttura piuttosto rigorosa, di derivazione postcubista.10 Due tele, entrambe del 1963, sono di pittori stranieri, ma profondamente legati all’Italia: Juan Del Prete, nato a Chieti, ma trasferitosi dal 1909 in Argentina, dove raggiunse la massima fama, e Ilia Peikov, artista bulgaro che visse a Roma insieme al fratello scultore Assen dalla fine della secon- da guerra mondiale. Composicion collage (cat. n. 22) è stata realizzata da Del Prete con la tecnica del collage di stoffe su tela presente costantemente nella sua produzione, che alterna periodi figurativi e non figurativi, questi ultimi prima sul versante dell’astrazione geometrica, poi, tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, sul versante della pittura informa- le. Del Prete, che partecipò a mostre nazionali ed internazionali di alto ri- lievo, espose a Brescia presso la sede dell’AAB in una collettiva nel 1964 e in una personale nel 196511 e donò personalmente l’opera ai Civici Mu-

9 La formula “astratto-concreto”, ideata da Lionello Venturi nel 1952 per definire l’opera del Grup- po degli Otto presentato alla Biennale di Venezia di quell’anno (Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Mor- lotti, Santomaso, Turcato, Vedova), nella sua ambiguità voleva sottolineare la distanza di questi pit- tori dall’astrazione geometrica e razionalista e il loro forte legame con la realtà naturale come da- to di partenza; il suo era anche un tentativo di uscire dalle strettoie del dibattito ideologico che aveva assorbito l’ambiente artistico italiano dal 1948 in avanti e aveva contrapposto da un lato i so- stenitori di un’arte realistica di impegno politico-sociale allineata con le indicazioni del Partito Co- munista, dall’altro i propugnatori di un’arte astratta che trovava in sé stessa e nella purezza delle forme la propria giustificazione. È una definizione piuttosto generica, che non considera come già a quell’epoca alcuni degli artisti del gruppo, in particolare Moreni, Morlotti, Turcato e soprattutto Vedova, erano ben oltre ormai una variante dell’astrattismo, perché nelle loro opere si faceva stra- da una pulsione vitalistica e una sensibilità materica del tutto nuove. D’altra parte il Gruppo degli Ot- to ebbe breve durata, perché già dal 1954 i suoi componenti presero strade diverse. Altri critici hanno preferito usare definizioni diverse; per esempio Argan, per descrivere l’opera di Afro, Birolli, Corpora, Paulucci e Santomaso, la assimila a quella dei francesi Edouard Pignon, Alfred Manessier e Jean-René Bazaine, accomunandoli sotto il termine astrattismo lirico. Il termine astra- zione lirica fu usato anche dal pittore e dal critico Pierre Restany per indicare la pittura segnica e un genere di astrattismo non geometrico e non costruttivista ma più libero da schemi (si veda G. Dorfles, Ultime tendenze dell’arte d’oggi, Milano 19815). 10 Nel 1961 Enrico Paulucci espose in una mostra collettiva presso la galleria La Loggetta di Brescia. 11 Si veda il pieghevole illustrativo della mostra a cura di Gianfranco Maiorana e con presentazio- ne di Enrico Crispolti Juan Del Prete, Associazione Artisti Bresciani, Brescia 8-20 maggio 1965, Bi- blioteca Queriniana, SB M III 6m6; per informazioni sulle mostre presso la sede dell’AAB organiz- zate in quegli anni e sull’attività artistica e culturale svolta dall’Associazione in Brescia si veda: R. Ferrari, L’Associazione Artisti Bresciani. Un difficile cammino nell’arte e nella cultura (1945-1995), Brescia 1995.

10 sei. La tela di Peikov, Universo di fuoco (cat. n. 24), fu donata ai Musei dal geometra Mario Dora; appartiene a quel ciclo di visioni cosmiche, di spa- zi galattici, che caratterizzò la produzione potentemente visionaria del pit- tore bulgaro, realizzata con accensioni cromatiche violente e una materia pittorica che si addensa, grumosa. Significativo è il titolo Mondi iperborei della personale tenuta presso l’AAB nel 1964. La ceramica di , Concetto spaziale del 1959 (cat. n. 31), è giunta ai Civici Musei per acquisto comunale; il grande artista argentino fondatore dello Spazialismo, anch’egli legato all’ambiente milanese di cui fu uno degli elementi propulsori, realizza qui una variante dei tagli, che dal 1958 diventarono un tema costante delle sue opere, sia tele che sculture. Nello stesso anno di questo disco, per esempio, Fontana iniziò il ciclo del- le Nature, sfere in ceramica irregolari in cui il taglio assume la forma dram- matica di spaccatura che fende la materia. Dalla natura trae ispirazione an- che l’opera di Quinto Ghermandi, scultore legato a Bologna, un altro grande centro di irraggiamento dell’Informale. Momento del volo del 1970 (cat. n. 33) è il bozzetto che vinse il concorso per il monumento alla Re- sistenza da collocare nei giardini di corso Magenta a Brescia; lo scultore riesce a liberarsi dai vincoli della retorica celebrativa traducendo l’inno al- la libertà nel correlativo-oggettivo dell’ala che si libra in volo, forma di vi- ta oltraggiata dalla violenza, ma vittoriosa. A dialogare con queste sculture se ne propongono altre due conservate in collezioni private. Il bronzo Con- cetto spaziale di Fontana (cat. n. 34), multiplo ottenuto con una fusione po- stuma del 1973 da un’opera concepita negli anni Sessanta, è una variante delle Nature: qui la forma perfetta, primigenia di una cellula-uovo, non vie- ne lacerata da un taglio, ma da un altro topos della produzione di Fontana, il buco, la cui consistenza slabbrata crea un forte contrasto materico e lu- minoso con il resto della superficie estremamente levigata. Largo gesto per un massimo spazio di Ghermandi (cat. n. 32), del 1969, ripropone l’idea di leggerezza, di elevazione, di liberazione della materia dalla sua opacità e pe- santezza; considerata una delle sue opere più importanti, rappresentò per l’artista il passaggio dall’«oggetto-forma» all’«oggetto-spazio». Le opere di artisti stranieri di collezione privata proposte in questa mo- stra non sono numerose, ma veramente significative ed esemplificative delle declinazioni segnico-gestuali e materiche in cui si espresse il movi- mento. La grande tela di Georges Mathieu del 1952 (cat. n. 1) appar- tiene a un momento cardine della sua produzione e dello stesso Infor- male: un esempio importante della sua elegante “calligrafia”, che nasce da una gestualità rapida e impulsiva, ma attenta al bilanciarsi armonioso del- la composizione. Non meno importante nella storia dell’Informale l’o- pera di Dubuffet del 1953, L’elefante bianco (cat. n. 3), nata da quella straordinaria indagine sulla materia che è alla base della sua produzione almeno fino al 1962; la tela, della serie Sols et terrains, presenta una pasta

11 cromatica in rilievo, incisa, tormentata, che dà origine a un paesaggio vi- sionario e insieme concreto, arido e deserto, erto come un muro che chiude lo spazio al cielo. Anche l’opera dello svizzero Gérard Schnei- der (cat. n. 9), del 1958, è nata in realtà in ambito francese, perché l’ar- tista si formò a Parigi, dove si stabilì definitivamente nel 1924. La tela in mostra è un esempio della sua produzione informale avviata attorno al 1953 e caratterizzata da una gestualità vigorosa e drammatica. Sempre alla cultura francese va ricollegata anche l’opera di Simon Hantaï, un- gherese di nascita, qui presente con una tela del 1963 (cat. n. 23) di pro- prietà della Collezione Arte e Spiritualità: in questo caso l’artista ap- profondisce la ricerca su un segno brulicante, che crea forme cellulari e sonda le possibilità del colore di creare il senso dello spazio. Molto in- fluenzato dall’ambiente parigino in cui visse dal 1956 al 1981, ma sem- pre legato alla città d’origine, Madrid, fu anche Luis Feito, uno dei rap- presentanti dell’Informale spagnolo, fondatore nel 1957 con Saura, Ca- nogar, Millares e altri del gruppo El Paso; l’olio in mostra del 1959 (cat. n.12) è tipico della produzione di questo periodo, essenzialmente ma- terica, basata su una gamma cromatica ridotta ai neri, ai bianchi, agli ocra. Anche Jorge Eielson, peruviano di nascita, visse per alcuni anni a Parigi, tappa obbligata in questo periodo per la formazione di molti pit- tori, ma scelse come patria d’elezione l’Italia; a Roma entrò in contatto con Burri e fu influenzato dalle sue sperimentazioni sui sacchi; traccia del contatto è evidente nell’opera esposta (cat. n. 15), del 1960, in cui accosta alla materialità greve del cemento la tela grezza e il rigore geo- metrico delle forme. Le altre opere esposte appartengono ad artisti italiani, alcuni dei quali pos- sono essere accomunati, perché si avvicinarono al linguaggio informale at- traverso le stesse tappe. È il caso di Afro, Birolli, Corpora, Morlotti, Santo- maso, Turcato, che, accanto a Moreni e Vedova12, condivisero una matrice postcubista, spesso derivata dalla conoscenza diretta delle opere francesi durante viaggi e soggiorni a Parigi, e le avventure artistiche del Fronte nuo- vo delle arti nel 1947, sostenuti da Giuseppe Marchiori, e, fra il 1952 e il 1954, del Gruppo degli Otto, promosso da Lionello Venturi; alcuni di loro, inoltre, come Afro, Birolli, Morlotti, nel corso degli anni Cinquanta espo- sero negli Stati Uniti, entrando in contatto diretto con la pittura america- na d’avanguardia. In seguito si mossero su strade diverse. L’avventura di Bi- rolli si interruppe con la morte nel 1959, quando il pittore stava vivendo quella che egli stesso definì la sua “quinta stagione”, da cui nacquero le bel-

12 Dispiace non avere in mostra opere di Moreni e Vedova, nomi molto importanti dell’Informale italiano, di cui interpretano intensamente la tendenza gestuale; del primo sono state reperite ope- re del periodo postcubista, mentre del secondo opere o precedenti o successive a quelle del pe- riodo cronologico qui preso in esame, a parte le opere già esposte nel 2003, che, come si è detto, si è deciso di non riproporre.

12 lissime tele dedicate alle Cinque Terre13; qui è presente Manarola del 1958 (cat. n. 8), dove l’immersione emotiva nella natura raggiunge un’espressio- ne suggestiva, che trasfigura il dato reale grazie alle macchie di colore li- bere da costrizioni formali. Afro e Santomaso svilupparono una pittura per certi versi simile, nella quale la libertà del segno e il vigore del gesto non annullano un armonioso senso del colore di derivazione veneta; ne sono prova le due opere esposte (cat. n. 14 e n. 19), entrambe dei primis- simi anni Sessanta. Corpora e Turcato proseguirono la loro ricerca da sempre orientata attorno ad una raffinatissima indagine sul colore e sulla forma, cui li aveva portati anche l’esperienza del gruppo Forma 1, da loro fondato a Roma nel 1947 assieme ad Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio. Del primo viene esposto un olio del 1966 (cat. n. 26) che rivela la matri- ce fauve del suo colore, qui steso a larghe pennellate che creano una com- posizione insieme salda e mobile; del secondo due opere, entrambe data- bili al 1970-1971 (cat. n. 29 e n. 30) e delle stesse dimensioni, che unisco- no una profonda sensibilità per gli accordi cromatici e i valori di luce alla sperimentazione di tecniche dell’automatismo informale vicine al dripping pollockiano. Morlotti, dopo essersi staccato dal Gruppo degli Otto e dal- l’influenza di Lionello Venturi nel 1953, continuò comunque la ricerca sul- la natura, immergendosi sempre più nella sua consistenza materiale e or- ganica; Nudo (o Nudo nella roccia) del 1964 (cat. n. 25) è un esempio chia- ro del modo in cui l’impasto pittorico, denso, tormentato dalla spatola, rie- sce a rendere la consistenza pesante e ancestrale della materia, sia essa quella organica di una figura umana o quella inorganica di una roccia. La sua pittura fu sostenuta criticamente da Giovanni Testori e da Francesco Arcangeli, che la definì “ultimo naturalismo”, accomunando sotto questa etichetta altri pittori di area padana14; fra questi il bolognese Pompilio Mandelli, di cui si espone Inverno grigio del 1962 (cat. n. 20): del dato na- turale rimane l’atmosfera, resa attraverso la gamma dei grigi stesi con ge- sti vigorosi e messi in vibrazione con rapidi segni incisi. Due tele, di collezioni diverse, rappresentano altre modalità, rispetto alla scultura, attraverso cui Fontana ha indagato l’idea di spazio: Concetto spa- ziale del 1957 (cat. n. 7) appartiene alla serie Gessi e propone una rifles- sione sulla forma e lo spazio, sulla figura e lo sfondo e infine sulla materia; Concetto spaziale. Attesa del 1967 (cat. n. 27) fa parte della celebre serie dei tagli avviata nel 1958, in cui il segno-gesto raggiunge il massimo di concen- trazione lirica; qui la ricerca sullo spazio e la materia, sul finito e il non-fi- nito è già oltre l’Informale e apre la strada ad ulteriori percorsi di tipo concettuale, come quello degli artisti di Azimuth, primi fra tutti Manzoni e

13 Alcune furono esposte nella mostra dedicata al pittore dall’AAB nel 2001, per la quale si riman- da a: G. Capretti (a cura di), nelle collezioni bresciane, catalogo della mostra, Associa- zione Artisti Bresciani, Brescia 22 settembre-17 ottobre 2001, Brescia 2001. 14 F. Arcangeli, Gli ultimi naturalisti, in «Paragone», n. 59, 1954.

13 Castellani. Dello Spazialismo milanese condivise alcune ricerche anche , che però non volle mai aderire al gruppo; la sua pittu- ra si concentrò soprattutto sulle potenzialità espressive del segno, come è ben evidente nell’opera Composizione del 1970 (cat. n. 28) che appartie- ne alla serie Tramature: i graffi incisi nella materia pittorica sembrano crea- re un ritmo uniforme, ma poi si accavallano, deragliano e la maglia della struttura si strappa a rivelare il vuoto. Percorso singolare fu quello di Bice Lazzari, giunta all’Informale attorno ai sessant’anni, accettando di rimettersi in gioco e di rinnovare attraverso le sperimentazioni sulla materia e sul segno una produzione già affermata sul versante di una raffinata astrazione. L’ostacolo del 1963 (cat. n. 21) è una grande tela in cui la pittrice ottiene un particolare risalto materico del mezzo pittorico mescolando colla e sabbia alla tempera; il segno, privo di enfasi gestuale, costruisce una struttura salda che è tutta giocata su una gamma di bianchi, di grigi e di neri. Personalità affascinante e tragica è quella di Tancredi Parmeggiani, che diede una delle interpretazioni più originali dell’Informale italiano; nella sua breve vita conclusa dal suicidio nel 1964 continuò a viaggiare fra Ve- nezia, Roma, Milano e varie città d’Europa, elaborando diverse esperien- ze, quali la vicinanza allo Spazialismo milanese, la frequentazione dei gruppi romani, il legame con Peggy Guggenheim, la conoscenza dell’arte americana, senza peraltro inserirsi mai in uno schieramento definito. Le due opere in mostra rappresentano diverse interpretazioni del suo se- gno distintivo, “il punto”: la prima, databile al 1952-1953 (cat. n. 2), è ascrivibile alla serie delle Primavere ed è animata da un vorticare di pun- ti colorati, che nel loro addensarsi e rarefarsi creano il senso dello spa- zio; la seconda (cat. n. 4) del 1954 presenta un segno più concitato che dà vita a una composizione caotica ed inquieta in cui si avvertono forti tangenze con l’action painting. La formazione a Roma e la frequentazione del gruppo Origine di Burri, Capogrossi, Colla e Ballocco accomuna Nuvolo (pseudonimo di Giorgio Ascani), Scialoja e Dorazio. Nuvolo, pur essendo poco noto al pubblico, ha sviluppato un suo linguaggio personale nell’ambito dell’Informale, par- tendo da alcune esperienze fondamentali: la passione per la tecnica ti- pografica appresa in famiglia, l’apprendistato presso nello studio di via Margutta, l’amicizia e il sodalizio artistico con Ettore Colla e con il poeta e critico Emilio Villa; fra le numerose opere dell’artista conservate presso la Collezione Arte e Spiritualità, fra cui molte delle sue famose serotipie, si è scelto di esporre una serie di 12 piccole tem-

15 Oltre alle opere di Hartung, di Hantaï e Nuvolo la Collezione Arte e Spiritualità custodisce al- tre opere di ambito informale. Si vedano C. De Carli (a cura di), Collezione Arte e Spiritualità Brescia Catalogo generale. La scultura, Brescia 1995 e C. De Carli (a cura di), Collezione Arte e Spiritualità Bre- scia. Catalogo generale. La pittura, Roma 2006.

14 pere realizzate con un gesto libero e istintivo e forte senso del colore (cat. n. 13)15. La via di Scialoja verso l’Informale passò non solo attra- verso le esperienze romane, ma anche attraverso la conoscenza diretta dell’Espressionismo astratto americano; elaborò una sua personale ri- cerca sul gesto, sulla materia e sul colore, da cui nacque, a partire dal 1957, la serie delle Impronte, forme stampate in sequenza sulla tela da una matrice carica di colore: la tela esposta Per il novembre n. 2 (cat. n. 10) del 1958 ne è un bell’esempio. Proveniente dalle esperienze del gruppo Forma 1, della libreria-galleria L’age d’or e del gruppo Origine, Dorazio sembra ben lontano dagli orizzonti dell’Informale, anche se fu affascinato dalla conoscenza diretta dell’opera di Newmann e Rothko in occasione del suo soggiorno a New York fra il 1952 e il 1954. L’olio espo- sto (cat. n. 6), del 1957, dimostra come il pittore non rimanga immune di fronte alle ricerche dominanti in quegli anni in Italia: il traliccio geome- trico delle opere precedenti sembra collassare, non contiene pìù il co- lore che sbava, sgocciola, si espande a macchie; di lì a pochi anni l’ordine e l’equilibrio formale si ricomporranno e daranno vita a quelle armo- niose tessiture di colore e luce che saranno i Reticoli. Per motivi diversi, anche il percorso di Agostino Ferrari è solo in par- te legato all’Informale; innanzitutto motivi generazionali, perché nasce a Milano nel 1938, poi perché la sua ricerca sul segno diventerà sottil- mente intellettuale, trasformandosi in una vera e propria forma di scrit- tura: Paesaggio del 1961 (cat. n. 16), in cui si sente ancora la suggestione di certe periferie sironiane, dimostra comunque come un giovane artista esordiente nei primi anni Sessanta non possa prescindere dalla poetica informale.

Alcune considerazioni sui “luoghi” dell’Informale La biografia degli artisti presenti in mostra evidenzia come alcuni centri siano stati fondamentali nella loro formazione in ambito informale. Per l’I- talia indubbiamente Milano, con le sue numerose gallerie e in particolare le gallerie del Milione e del Naviglio; Roma, in cui, oltre alla Quadriennale, l’Art-club e la -New York Art Foundation, spiccano le gallerie del Se- colo, Pogliani, L’Obelisco e La Salita; Venezia con la Biennale16, la galleria Il Cavallino collegata a quella milanese del Naviglio, la collezione di Peggy Guggenheim a Palazzo Venier dei Leoni. Importanti sono anche Bologna e

16 Le edizioni della Biennale di Venezia dal 1948 al 1958 furono fondamentali per la conoscenza del- la pittura americana dell’action painting e dell’Espressionismo astratto e delle diverse tendenze del- l’Informale europeo e italiano. Si vedano: A. Dosaggio, Biennale di Venezia. Un secolo di storia, Firenze 1988 e A. Negri, C. Pirovano, Esperienze, tendenze e proposte del dopoguerra, in La pittura in Italia. Il Novecento/2 1945-1990, vol. 1, Milano 1993; per il ruolo delle gallerie nella diffusione dei linguaggi artistici in quegli anni si veda anche: M. Fratelli, P. Rusconi, Il mercato, in La pittura in Italia. Il Nove- cento/2 1945-1990, vol. 2, Milano 1993, pp. 592-594.

15 Torino. I riferimenti internazionali si moltiplicano, ma primi fra tutti sono Parigi da un lato e New York dall’altro. Brescia, apparentemente città di provincia fuori dai circuiti fondamentali, si trovò in realtà in una situazione di grande apertura verso le tendenze più aggiornate dell’arte contemporanea. Fondamentale fu la presenza della Collezione Cavellini, avviata nel 1946 con l’acquisto di un’opera di Birolli; nello stesso anno si tenne a casa Cavellini una mostra di Vedova e Santo- maso e da quel momento si moltiplicarono le occasioni espositive e la cir- colazione nella nostra città di artisti ed opere importanti, ma anche di cri- tici del livello di Argan, Bucarelli, Marchiori, Valsecchi,Venturi. Questa con- dizione di fermento artistico e culturale agì potentemente anche sugli ar- tisti locali, che spesso raggiunsero alti livelli espressivi uscendo dalla di- mensione provinciale: si pensi, per fare solo alcuni nomi, al caso di Enrico Ragni e della moglie Pier Carla Reghenzi, a Ermete Lancini, a Vittorio Bot- ticini, ai fratelli Ghelfi17. Si può affermare che anche nell’ambiente bresciano si ripropose la con- trapposizione fra una tendenza figurativa e realistica, sostenuta sia per difficoltà ad abbandonare un’arte tradizionale che per motivazioni poli- tico-ideologiche, e una tendenza non figurativa aperta al contesto na- zionale, come dimostrano le vicende dei premi nazionali locali come il Premio Brescia, di cui si svolsero solamente due edizioni fra il 1952 e il 1953 e che si concluse fra le polemiche. La stessa contrapposizione si evidenzia anche nella politica culturale e artistica dell’Associazione Ar- tisti Bresciani negli anni Cinquanta e Sessanta, che non è qui il caso di ripercorrere. Basta ricordare il ruolo svolto dall’Associazione nello svi- luppo culturale in città nel corso degli anni Sessanta: promosse il mer- cato dell’arte sollecitando la nascita del collezionismo locale e di mol- te gallerie d’arte private; sostenne il progetto dell’apertura della Galle- ria d’arte moderna e contemporanea, al cui patrimonio contribuì stabi- lendo di donare alcune opere; organizzò conferenze, con relatori del va- lore di Francesco Arcangeli, Mario De Micheli, Enzo Paci, Marco Valsec- chi, e naturalmente mostre, di artisti non solo locali, ma anche di fama nazionale e internazionale; per rimanere nell’ambito dei nomi affrontati nel nostro discorso ricordiamo la mostra di Ilia Peikov Mondi iperborei nel 1964, presentata da Vittorio G. Rossi; quella di Juan Del Prete nel 1965, presentata da Enrico Crispolti e Gianfranco Maiorana; quella del- l’opera grafica di Emilio Vedova nel 1966, anch’essa presentata da Maio-

17 Il ruolo svolto dalla Collezione Cavellini sullo sviluppo artistico locale presenta aspetti anche contrastanti; per alcuni l’influenza fu anzi negativa perché la collezione si imponeva come impossi- bile termine di confronto e Cavellini non si adoperò per promuovere momenti di studio che favo- rissero la crescita dell’arte locale. Si veda R. Ferrari, L’Associazione Artisti Bresciani. Un difficile cammi- no nell’arte e nella cultura (1945-1995), Brescia 1995. Si è deciso in questa esposizione di non prendere in considerazione la pittura bresciana di ambito informale, per non operare scelte eccessivamente parziali e poco significative.

16 rana, e, nello stesso anno, quella di Georges Mathieu, presentata da Maiorana e Argan.18

Considerazioni finali Le opere esposte ci danno una visione parziale dell’Informale e della sua complessità, ma offrono lo spunto per alcune riflessioni generali. Emerge chiaramente, per esempio, che l’Informale non si appoggia mai unicamente sui mezzi pittorici, ma è sempre legato al mondo, alla realtà, e questa è la maggior differenza con l’astrattismo di tipo geometrico, o Concretismo, ba- sato su enti mentali, forme plastiche autonome; alla base della liberazione delle forme c’è spesso la natura, anche se indagata per vie diverse, come di- mostrano da un lato l’esperienza di Birolli, Morlotti, Mandelli, da un altro quella di Fontana e Ghermandi e da un altro ancora quella di Dubuffet. Altro elemento chiaro è che soprattutto i pittori italiani non possono pre- scindere da quello che sono, e cioè non dimenticano facilmente la loro tra- dizione e cultura, che è fatta di armonia compositiva e cromatica: basti pensare al modo in cui viene rielaborata la sensibilità tonale della pittura veneta da Afro, Santomaso e Tancredi o all’equilibrio compositivo e al sen- so del ritmo delle opere di Bice Lazzari, Scanavino, Turcato, per fare sol- tanto degli esempi. D’altra parte è stato più volte ribadito dalla critica che “informale” vuol dire “non-formale” e non “senza forma”. Un’ulteriore considerazione è relativa al ritardo con cui il clima informale si diffonde in Italia rispetto agli Stati Uniti e all’Europa, dovuto alla parti- colare situazione culturale italiana del dopoguerra, come si può dedurre anche dalla biografia degli artisti qui proposti. L’arte si trova a fare i conti con la politica, fatto che determina la spaccatura fra realisti da un lato e astrattisti dall’altro. Per uscire dalla sterile contrapposizione fra pittori in- dotti dal dogmatismo marxista a una figurazione populista da un lato e pit- tori sostenitori di un esasperato formalismo per sfuggire alle ingerenze politiche dall’altro, il riferimento obbligato diventa il Picasso di Guernica; in molti artisti, si veda il caso di Morlotti fra tutti, il postcubismo rappresen- ta però spesso più che un’opportunità di sviluppo una battuta d’arresto se non una regressione rispetto alla produzione precedente. In conclusione, la scelta delle opere vuole dare l’idea dell’estensione e del- la pervasività di questo fenomeno, fare intravedere l’alta qualità delle col- lezioni bresciane, in cui l’Informale, soprattutto italiano, trova un posto di rilievo, e soprattutto offrire degli esempi significativi del modo in cui è sta- ta declinata la poetica del segno e della materia in Europa.

18 Per una ricostruzione approfondita dell’attività dell’Associazione si veda il già citato R. Ferrari, L’Associazione Artisti Bresciani. Un difficile cammino nell’arte e nella cultura (1945-1995), Brescia 1995. Per un quadro complessivo del clima artistico a Brescia dal dopoguerra agli anni Sessanta si veda anche F. Lorenzi (a cura di), Il mondo di Gino Benedetti fra arte e poesia, catalogo della mostra, Asso- ciazione Artisti Bresciani, Brescia 22 settembre-17 ottobre 2000, Brescia 2000.

17

SCHEDE BIOGRAFICHE Alessandra Corna Pellegrini

Giorgio Ascani detto Nuvolo del colore. Se negli anni Cinquanta il Città di Castello 1926 linguaggio era decisamente vicino alle sperimentazioni informali, nel corso Nato nel 1926 a Città di Castello, ere- degli anni Sessanta il ritmo dei segni si ditò dai genitori, entrambi tipografi, la fece più morbido, più prezioso e passione per la tecnica tipografica, che splendente il colore grazie all’inseri- fu basilare nella sua attività artistica. mento dell’oro e dell’argento e all’uti- Trascorsa la giovinezza in Umbria, du- lizzo di supporti lucidi come il cellotex rante la seconda guerra mondiale par- e la pellicola fotografica, mentre negli tecipò alla Resistenza con il nome di anni Settanta prevalsero raffinatissime Nuvolo, che mantenne poi come pseu- e calligrafiche forme totemiche basate donimo e con cui firmò tutte le sue sulla simmetria bilaterale. opere. A Roma frequentò il gruppo Origine All’inizio degli anni Cinquanta si tra- (fondato da Burri, Capogrossi, Balloc- sferì a Roma su invito di Alberto Bur- co, Colla) ed espose nelle più impor- ri, di cui era amico, e divenne suo aiu- tanti gallerie, ma fu anche in contatto tante nello studio di via Margutta. Eb- con il gruppo dello Spazialismo di Mi- be modo così di entrare in contatto lano, dove fu ospitato più volte da Lu- con i più importanti artisti romani di cio Fontana ed espose nel 1958 in una quegli anni, come Edgardo Mannucci, mostra personale. Nel 1959 fu presen- , Mirko e Afro Basaldel- te alla Quadriennale romana e al Pre- la e soprattutto Ettore Colla, con cui mio Lissone, ma in quegli anni la sua strinse una forte amicizia e un duratu- opera fu presentata anche in diverse ro sodalizio artistico. A contatto con mostre italiane e negli Stati Uniti. questo clima artistico iniziò a speri- La sua opera è organizzata in serie, fra mentare le potenzialità di diversi ma- cui spiccano Scacchi (1953-1957), Sero- teriali e di diverse tecniche, fra cui in tipie-pittura-collage (1954-1959), Cuciti a particolare la serigrafia applicata alla macchina (1958-1963), Pelli conciate di pittura. daini (1960-1962), Oigroig e Modulari Nel 1952 iniziò a produrre quelle che (1967-77). l’amico poeta Emilio Villa battezzò se- Dal 1977 divenne docente di pittura rotipie, presentandole sulla rivista «Ar- presso l’Accademia di belle arti di Pe- ti visive» (diretta per un periodo dal rugia, di cui fu direttore dal 1979 al fratello Ascanio Ascani, scrittore e 1984. Una grande retrospettiva fu or- giornalista) e in una mostra personale ganizzata nel 1993 a Perugia e a Città nel 1955; si tratta di opere che nasco- di Castello, dove vive e opera tuttora no da un innesto fra la tecnica pro- sperimentando le potenzialità dei priamente pittorica e quella serigrafi- mezzi tecnologici attuali come il video ca, utilizzata non per produrre multi- e il computer; nel 2006 gli è stata de- pli, bensì pezzi unici, monotipi caratte- dicata un’importante mostra antologi- rizzati da segni modulari che creano ca in occasione dei suoi ottant’anni. sequenze ritmiche e da un abile uso Alla Collezione Arte e Spiritualità è

19 giunto tramite monsignor Macchi un ma per l’Esposizione internazionale di cospicuo gruppo di opere, che ben te- Parigi, città dove entrò in contatto con stimoniano la varietà della produzione la pittura francese e in particolare con in campo sia pittorico che serigrafico il Cubismo, che influenzò il suo lavoro dell’artista umbro fra il 1952 e il 1975; negli anni successivi, come dimostrano in questa mostra si espongono 12 le opere degli anni Quaranta. Nel 1941 tempere su carta del 1959 (cat. n. 13), eseguì i cartoni per i mosaici del Pa- tutte delle stesse dimensioni, che ap- lazzo dell’EUR a Roma; nel 1943 tornò partengono a una serie di 18 tempere a Venezia, dove nel 1947 aderì al Fron- presentate dall’artista a due a due su te nuovo delle arti; nel 1948 espose alla cartoncini neri. Paradossalmente, co- V Quadriennale romana e fu presente me utilizza la serigrafia per creare pez- anche alla I Mostra nazionale d’arte zi unici, Nuvolo usa qui la pittura per contemporanea a Bologna. Nel 1950 realizzare una sequenza ritmica basata soggiornò per otto mesi negli Stati su un segno vicino alle tecniche del- Uniti ed espose alla galleria di Cathe- l’action painting, che talvolta si fa grovi- rine Viviano con Cagli, Guttuso, Mor- glio filamentoso, talaltra gesto più am- lotti e Pizzinato; conobbe così la pittu- pio ed energico; una successione di ra di Arshile Gorky e di Jackson Pol- “istanti” vitali collegati fra loro dalla lock, da cui rimase fortemente impres- variazione sapiente degli stessi colori. sionato e che fece maturare in lui l’e- Analogamente anche alcune serotipie sigenza di una nuova ricerca espressi- sono costruite su una struttura se- va di tipo segnico-gestuale. Partecipò quenziale costituita da 2 o 3 campi alla mostra Arte astratta in Italia alla rettangolari figurati su fondo neutro. Galleria d’arte moderna di Roma nel 1951 e nel 1952 entrò a far parte del Gruppo degli Otto, con cui espose alla Afro Basaldella detto Afro Biennale di Venezia nello stesso anno e Udine 1912 - Zurigo 1976 nelle edizioni successive, ricevendo nel 1956 il premio come miglior pittore Formatosi nell’ambito della Scuola italiano. Nel 1958 realizzò un grande friulana d’avanguardia insieme al fratel- murale per il Palazzo dell’Unesco a Pa- lo Mirko, frequentò il Liceo artistico a rigi. In quegli stessi anni frequentò as- Venezia, diplomandosi nel 1931; ma fin siduamente anche Burri, con il quale dal 1929, grazie alla borsa di studio condivise la costante sperimentazione della Fondazione Marangoni di Udine, linguistica. Durante gli anni Sessanta poté recarsi con il fratello a Roma, en- tenne mostre personali sia negli Stati trando in contatto con Cagli, Scipione Uniti che in Italia e dal 1967 al 1973, e Mafai. Nel 1932 raggiunse Mirko a anno in cui fu presente alla mostra Si- Milano, dove espose nel 1933 presso tuazione dell’arte non figurativa nell’am- la galleria Il Milione. Tornato a Roma bito della X Quadriennale romana, in- nel 1934, frequentò fra gli altri Capo- segnò pittura all’Accademia di Firenze. grossi, Fazzini e Guttuso. Espose nel Negli anni Settanta tornò a vivere 1935 alla Quadriennale romana e par- presso Udine, dedicandosi alla grafica tecipò nel 1936 alla Biennale di Vene- e agli arazzi; trasferitosi infine a Zuri- zia; nello stesso anno decorò l’atrio go, vi morì nel 1976. dell’Opera Nazionale Balilla a Udine, Dopo la matrice neocubista che coin- ma le sue tempere murali furono fatte volge la maggior parte dei pittori italia- ricoprire dalle autorità fasciste. Nel ni negli anni Quaranta, sulla sua pittura 1937 lavorò insieme a Cagli ad una se- agisce fortemente l’influenza dell’action rie di pannelli con vedute ideali di Ro- painting americana, che non cancella

20 però mai del tutto la raffinata sensibi- cese. Fra il 1936 e il 1937 le composi- lità cromatica, derivata dal tonalismo zioni si liberarono di qualsiasi forma veneto. Ciò è ben dimostrato anche precostituita e virarono verso un cro- dall’opera qui in mostra datata 1960 matismo molto acceso, di ispirazione (cat. n. 14) e conservata in collezione fauve, vero elemento strutturante del- privata; in essa Afro unisce alla libera l’opera. gestualità a al tachisme informale la ca- Nel 1938 fu animatore del gruppo mi- pacità di modulare il colore fra traspa- lanese Corrente e dell’omonima rivista, renza liquida e opacità, fra colori cupi e iniziando un’intensa attività di promo- intense macchie luminose, senza rinun- zione artistica e culturale e introdu- ciare a creare una composizione di cendo nelle sue opere figure di emar- spazialità armoniosa tutta italiana. ginati, zingari e saltimbanchi; in quegli anni fu anche arrestato per motivi po- litici. Dal 1940 espose in mostre per- Renato Birolli sonali e collettive presso la galleria Verona 1905 - Milano 1959 Bottega della Corrente, che dal 1942 prese il nome di galleria della Spiga. Studiò all’Accademia Cignaroli di Vero- Durante la guerra si distaccò dal grup- na, da cui venne espulso per indiscipli- po di Corrente, si iscrisse al partito co- na; nel 1927 decise di trasferirsi a Mi- munista e partecipò a diverse azioni lano, dove, oltre a coltivare l’attività della Resistenza; a questo periodo ri- artistica, dal 1929 entrò nella redazio- salgono i Disegni della Resistenza. Le ne dell’«Ambrosiano», prima come opere del 1945, ispirate a personaggi correttore di bozze, poi dal 1930 co- della vita contadina, risentivano dell’in- me critico d’arte. Ciò gli permise di fluenza di Van Gogh ed Ensor, ma dal conoscere Carlo Carrà e Edoardo punto di vista stilistico tendevano a Persico, che allora dirigeva la galleria forme più salde e definite. del Milione, dove espose per la prima Nel 1946 iniziò a frequentare Santo- volta nel 1932; nello stesso anno fu maso, Vedova e Marchiori e firmò il presente anche a Roma presso la Gal- Manifesto della nuova Secessione artisti- leria d’arte nella mostra 10 pittori e ca, atto di fondazione del Fronte nuovo conobbe gli artisti della . delle arti, la cui prima esposizione si La sua pittura in quegli anni era molto tenne presso la galleria della Spiga nel vicina alle teorie di Persico e si espri- 1947; il 1946 è anche l’anno a cui risa- meva in uno stile arcaico, vagamente le l’incontro con Guglielmo Achille ingenuo. Cavellini, che divenne, oltre che suo Nel 1936 compì un viaggio a Parigi, collezionista e mercante di riferimen- dove approfondì la sua conoscenza to, anche un grande amico, come testi- della pittura di Van Gogh e di Cézanne monia il ricco carteggio conservato e delle ultime tendenze dell’arte fran- presso l’Archivio Cavellini di Brescia1.

1 Oltre ai Disegni della Resistenza nella Collezione Cavellini al momento dell’esposizione a Roma al- la Galleria d’arte moderna nel 1957 si trovavano 73 opere di Birolli, contro le 10 di Vedova, le 8 di Corpora e Santomaso, le 7 di Afro, le 6 di Cassinari, le 5 di Moreni e Morlotti, per citare soltanto gli artisti con maggiori presenze nella collezione bresciana [G. Carandente (a cura di), Pittori mo- derni della Collezione Cavellini, catalogo della mostra, Galleria nazionale d’arte moderna Valle Giulia, Roma maggio-luglio 1957, Editalia, Roma 1957]; per il legame con Cavellini e il carteggio fra i due si veda: G. Capretti (a cura di), Renato Birolli nelle collezioni bresciane, catalogo della mostra, Associa- zione Artisti Bresciani, 22 settembre-17 ottobre 2001, Brescia 2001. A proposito dell’intenzione espressa da Cavellini di far entrare nella propria collezione sempre più informali europei a scapito di artisti italiani come lui, Birolli scriveva a Marchiori con la caratteristica

21 Fra il 1947 e il 1949 compì numerosi re Gildo Covelli pochi mesi prima del- viaggi in Francia, che influenzarono la la morte, come testimonia la dedica sua produzione in senso postcubista. A sul retro datata 26 gennaio del 1959; è partire dal 1950 la sua opera fu molto una delle opere ambientate nel paese vicina a quella di Afro, Corpora, More- delle Cinque Terre dove amava tra- ni, Morlotti, Santomaso, Turcato e Ve- scorrere le vacanze, soggetto ricor- dova, pittori che avevano in comune rente negli ultimi anni. l’intento di aprire la pittura italiana a Qui il colore, libero da ogni linea di dimensioni sovranazionali e che furono contorno, si dispone a macchie infor- presentati nel 1952 da Lionello Venturi mi, corpose, travalicando la struttura- alla Biennale di Venezia in una famosa zione geometrica, a tacche quadrango- monografia dal titolo Otto pittori italiani lari, che comunque si era mantenuta come gli interpreti di un’arte astratto- negli anni immediatamente preceden- concreta capace di trovare una nuova ti; un’effusione lirica delle emozioni, un via rispetto alla sterile contrapposizio- contatto pieno e totale con la natura, ne astrazione versus realismo. Grazie al- termine di paragone con cui aveva co- l’amicizia con Afro entrò in contatto struito un rapporto elettivo lungo il con Catherine Viviano, presso la cui gal- suo percorso di uomo e di pittore. leria di New York tenne tre personali Come aveva detto nel 1953 in una nel 1951, 1955 e 1958 e nel 1953 una conferenza al Gabinetto Viesseux di collettiva con Morlotti e lo stesso Afro. Firenze: «Colori e forme sono la vita A partire dai primi anni Cinquanta la senza bisogno di assomigliarla, minuto sua pittura fu legata soprattutto al te- per minuto». Forse «non è ancora l’in- ma della natura, come idea non tanto quietudine radicale dell’informale»3, archetipica, quanto indagata ed emoti- ma sicuramente una delle risposte più vamente rivissuta nei luoghi importan- personali, tutta italiana, all’onda in pie- ti della sua vita: Grado, le Marche, An- na del movimento. versa e soprattutto i paesi delle Cin- que Terre, in particolare Manarola; nel- le opere di quest’ultimo periodo (in Enzo Brunori particolare le serie Incendi e Vendem- Perugia 1924 - Roma 1993 mie alle Cinque Terre) la suggestione emotiva del colore assume un ruolo Si formò prima al Liceo artistico e poi fondamentale, fino alle ultime tele in all’Accademia di belle arti di Perugia, cui si perde ogni riferimento ad ele- dove fu l’allievo prediletto di Gerardo menti oggettivi e in cui le «forme so- Dottori; tenne la sua prima personale no ormai mobili tracce di situazioni alla Galleria Nuova della sua città nel emozionali».2 1946, anno in cui conobbe all’Univer- Manarola (cat. n. 8) è un olio del 1958, sità per stranieri Lionello Venturi, che donato o venduto dall’artista al pitto- sarebbe diventato il suo più grande so- ironia, il 23 aprile 1959, dieci giorni prima di morire: «Cavellini è in crisi, dopo aver visitato a Milano la raccolta del Conte Panza. Corrono guai per la nostra generazione. È il caso di dire: “Je m’en Fau- trier”! Ne ho un’altra, sfornata fresca: “Quando a Moreni va male, ricorre in Appel”»; copia della let- tera dattiloscritta conservata nell’Archivio Marchiori, pubblicata in S. Salvagnini, Vite parallele. L’arte e la critica in Italia negli anni dell’Informale, in Informale. Jean Dubuffet e l’arte europea 1945-1970, catalogo della mostra a cura di L.M. Barbero, Modena 18 dicembre 2005-9 aprile 2006, New York 2005, p. 147. 2 G. Bruno, in Renato Birolli, catalogo della mostra, 17 maggio-30 luglio 1970, Ferrara 1970. 3 R. Barilli, Renato Birolli, in «Espresso», 19 gennaio 1977, in occasione della retrospettiva alle Scu- derie della Pilotta, Parma, pubblicato in Informale. Oggetto. Comportamento, vol. 1, La ricerca artistica negli anni ’50 e ’60, Milano 20063, p. 218.

22 stenitore. Dal 1949 si stabilì a Villa nel 1955 partecipò ad Arte astratta ita- Massimo a Roma, dove il contatto con liana e francese alla Galleria d’arte mo- gli artisti e i critici italiani più aggior- derna di Roma e all’Exposición de arte nati fu molto importante per la sua italiano contemporáneo a Madrid, in oc- maturazione e favorì la sua affermazio- casione della quale Palma Bucarelli de- ne nell’ambiente della capitale. Oltre finì Brunori, Capogrossi e Birolli i più che alla pittura, in cui sperimentò ini- significativi esponenti dell’arte italiana zialmente un linguaggio postcubista in- presenti all’evento; nel 1956 espose a fluenzato anche dal neoplasticismo, si Milano alla galleria del Milione presen- dedicò alla realizzazione di ceramiche tato da Nello Ponente, alla galleria La decorative con Leoncillo, suo conter- Medusa di Roma presentato da Mauri- raneo, e alla decorazione di edifici sa- zio Calvesi, al Circolo di Cultura pre- cri. Grazie all’interessamento di Lio- sentato da Renato Birolli, e partecipò nello Venturi ottenne nel 1949 una alla Biennale di Venezia; nel 1958 fu an- borsa di studio per Parigi, dove entrò cora presente alla Biennale di Venezia in contatto con Metzinger. e nuovamente alla galleria La Medusa La sua prima personale a Roma fu or- di Roma sempre con la cura di Mauri- ganizzata nel 1951 dall’Art Club di En- zio Calvesi; nel 1959 espose alla Qua- rico Prampolini alla galleria del Pincio. driennale romana presentato da Fran- Fra il 1952 e il 1954 Brunori diede vi- co Russoli (che nello stesso anno lo ta alla prima serie delle Mimose e de- presentò anche a Los Angeles alla ras- gli Alberi, in cui reinterpretava la vege- segna New Names in Italian Painting) e tazione attorno a Villa Massimo, ren- alla galleria Klemann di New York pre- dendo via via più libere le tacche cro- sentato da Lionello Venturi; partecipò matiche; in questa fase «spinse la inoltre a numerosi concorsi, ottenen- scomposizione cubista verso l’astra- do anche prestigiosi premi nazionali e zione, frantumando le forme chiuse in internazionali. Il 1957 segnò un anno tocchi e linee di colore e attingendo di svolta nella sua produzione: al tema di colpo a quella ritmicità», che diven- dell’albero si sostituì quello del mare, ne la componente fondamentale della esplorato con grande trasporto emo- sua opera 4. Il suo linguaggio era mol- tivo e uno stile in cui si accentuava l’a- to vicino a quello del Gruppo degli Ot- pertura al linguaggio informale, che to che Venturi, loro sostenitore alle culminò nella realizzazione del Grande Biennali del 1952 e 1954, definì astrat- specchio (1961) e caratterizzò la sua to-concreto, per descrivere quel parti- opera per tutti i primi anni Sessanta; le colare tipo di astrazione che, pur su- macchie di colore, che già negli anni perando il rimando oggettivo al dato precedenti si erano sempre più affran- naturale, vi rimaneva legato, venendo- cate da ogni griglia strutturale, diven- ne anzi sostanziato e vivificato. Bruno- tando l’elemento costitutivo delle ri non accettò però l’invito di Venturi composizioni, assunsero una consi- ad esporre alla Biennale di Venezia del stenza materica più concreta, si fecero 1952 con il Gruppo degli Otto, perples- più vibranti, pulsanti di emozioni. so per l’eterogeneità del gruppo stes- Con la morte di Venturi, il suo princi- so. A partire dalla seconda metà degli pale promotore, avvenuta nel 1960, anni Cinquanta le partecipazioni a im- iniziò l’isolamento progressivo di Bru- portanti esposizioni in Italia e all’este- nori, anche se continuarono le esposi- ro si moltiplicarono, sostenute dai più zioni in Italia e all’estero, almeno fino importanti critici d’arte del momento: al 1977, anno in cui le condizioni di sa-

4 C. Vivaldi, Brunori, Roma 1972.

23 lute della sua compagna lo portarono serali all’Istituto superiore di arti de- a diradare le apparizioni. Nel 1988 gli corative di Monza, mentre contempo- fu dedicata una retrospettiva a Perugia raneamente lavorava a causa delle pre- e a Faenza. Dal 1965 diresse per tutto carie condizioni familiari. Finita la il decennio gli Istituti d’arte di Cortina guerra, si iscrisse all’Accademia di Bre- d’Ampezzo e di Civitavecchia; dal 1972 ra, seguendo i corsi di scultura e di de- fu titolare della cattedra di pittura al- corazione di Giacomo Manzù. Nel l’Accademia di belle arti dell’Aquila e corso degli anni Quaranta si dedicò dal 1977 al 1993, anno della sua mor- soprattutto al disegno e alla scultura, te, di quella di Roma. esponendo per la prima volta nel 1941 Lampare a mare del 1957 (cat. n. 5) fu e partecipando con due opere lignee acquistata dalla Galleria d’arte moder- alla Biennale del 1948; la sua opera in na di Brescia nel 1965 e inserita nel questa fase risentiva specialmente del- percorso espositivo5. Fu realizzata nel- l’influenza di Martini e di Barlach. Ver- l’anno in cui l’artista iniziò a dedicarsi a so la fine del decennio approfondì l’at- un nuovo tema, il mare, che ebbe mo- tività pittorica, che divenne in seguito do di affrontare anche trascorrendo le la sua occupazione esclusiva, portan- vacanze estive alle Cinque Terre a casa dolo, fra i primi in Italia, ad aderire al- di Birolli, l’artista della generazione l’Informale, interpretato da lui in mo- precedente che in quel momento gli do personale. Nel corso degli anni era più vicino, come dimostra anche il Cinquanta e Sessanta partecipò a nu- confronto fra le loro opere; è anche un merose esposizioni in Italia e all’este- anno che la critica considera di svolta ro e ai maggiori concorsi, in cui otten- nel suo percorso, verso un uso del co- ne importanti riconoscimenti. Nel lore più libero e materico, più vicino al 1950 tenne una personale a Milano al- linguaggio informale: la grande tela re- la galleria San Fedele, nel 1956 espose spira nel ritmico pulsare dei colori di alla rassegna Italienische Malerei Heute una notte marina. a Leverkusen con prefazione tedesca di Kurt Schvekher e italiana di Lionel- lo Venturi; fu presente alla galleria del Alfredo Chighine Milione nel 1955, 1956, 1958, 1966, al- Milano 1914 - Pisa 1974 la V Mostra pittori d’oggi Francia-Italia e alla I Mostra Rome-New York Art Founda- Negli anni Trenta frequentò i corsi di tion nel 1957, anno in cui si recò a Pa- incisione all’Umanitaria, dove conobbe rigi; nel 1958 venne invitato da Michel Franco Francese, e in seguito i corsi Tapié al Festival di Osaka ed espose a

5 In occasione dell’apertura della Galleria d’arte moderna e contemporanea il Comune di Brescia contattò, su indicazione del conservatore Bruno Passamani, una serie di artisti fra i più rappresen- tativi allora in Italia allo scopo di acquistare alcune loro opere; presso i Civici Musei si conserva la lista degli artisti da interpellare, la copia delle lettere loro inviata dal sindaco Bruno Boni e le ri- sposte ricevute. Fra queste la lettera di Brunori al sindaco datata 7 luglio 1964 (protocollo 1293- 23.7.64), in cui l’artista plaude alla costituzione della «Pinacoteca Civica d’Arte Moderna», si dice molto interessato al progetto e propone l’acquisto a prezzo di favore di Lampare a mare: «Da lun- go tempo speravo nell’occasione di potere sistemare in una raccolta pubblica italiana un mio qua- dro al quale sono particolarmente attaccato, che è ritenuto, non solo da me, tra i più significativi della mia produzione. L’opera in questione è “Lampare a mare”, olio su tela, cm 254x154 del 1957, esposto alla Biennale di Venezia ed in numerosi Musei d’America, che mi sono sempre rifiutato di vendere ai vari collezionisti stranieri che me lo richiedevano, perché, come le ho detto, speravo che non uscisse dal nostro paese». Nel 1994 fu inaugurato a Monticino di Bertinoro (FO) il Museo Brunori, diretto da Attilio Zam- marchi, con catalogo di Enrico Crispolti (sito www.museobrunori.org, molto ricco di materiali, in cui è possibile consultare il regesto delle opere e una nutrita antologia critica).

24 Pittsburg, a Charleroi e alla Biennale di cia nel futuro della collezione pubblica. Venezia, dove nel 1960 Russoli pre- La tela nella ricerca di equilibrio delle sentò una sua sala personale; parte- masse e negli accostamenti cromatici cipò inoltre a diverse edizioni della ricorda molte altre opere fra la fine Triennale a Milano e alle Quadriennali degli anni Cinquanta e l’inizio dei Ses- romane del 1959 e del 1965; vanno ri- santa; il pittore predilige una gamma cordate infine le partecipazioni alla VI fredda di colori, in cui spesso ritorna- Biennale di San Paolo del Brasile nel no, come in questo caso, combinazioni 1962 e alla mostra Pittura a Milano di grigio, di nero, di bianco e di blu. 1945-1964 organizzata a Palazzo Rea- le nel 1964. Dopo un’iniziale fase espressionista e Antonio Corpora un ulteriore, breve, periodo cubista, Tunisi 1909 - Roma 2004 Chighine abbandonò progressivamen- te ogni rigida griglia spaziale per ap- Diplomatosi all’Accademia di belle ar- prodare fra il 1956 e il 1957 a una pit- ti di Tunisi, Corpora si trasferì nel 1929 tura materica e gestuale, dalla densa a Firenze, dove tenne la sua prima per- pasta cromatica, spesso spremuta di- sonale l’anno seguente; avvertendo rettamente dal tubetto, percorsa da nell’ambiente toscano un’eccessiva una rete di segni e di graffi, con esiti vi- chiusura, si trasferì a Parigi, dove rima- cini a e a Fautrier; nel 1958, inve- se fino al 1939, assimilando diretta- ce, le composizioni tornarono ad es- mente le novità della pittura francese. sere più controllate, costruite in modo Si formò in particolare su Cézanne e più saldo da forme per lo più rettan- Picasso, ma soprattutto sul colore fau- golari e dense campiture cromatiche, ve di Matisse e Dufy, iniziando ad ela- con esiti vicini a De Staël e a Soulages. borare la propria personale via dell’a- Alla fine degli anni Sessanta Chighine strattismo. Durante il soggiorno fran- iniziò a sovrapporre alle masse croma- cese mantenne stretti rapporti con tiche figure larvali vicine al clima della l’ambiente artistico italiano, entrando Nuova Figurazione, dovute probabil- in contatto con gli astrattisti della gal- mente al riaffiorare di una suggestione leria del Milione di Milano, presso la surrealista. quale espose nel 1939 e strinse rap- Composizione blu e bianco del 1959 porti di amicizia con Fontana, Soldati, (cat. n. 11), venne «offerto alla Galleria Licini, Reggiani, Ghiringhelli e Carlo d’Arte Moderna dal Sig. Bortolo Gnut- Belli. Nel 1945, tornato in Italia come ti il 6 novembre 1964», come docu- profugo, si avvicinò al gruppo dei neo- menta la scritta sul retro dell’opera, e cubisti e nel 1946 espose in una per- cioè pochi giorni prima dell’inaugura- sonale alla galleria dell’Obelisco di Ro- zione della Civica Galleria d’arte mo- ma. Partecipò al Fronte nuovo delle arti derna avvenuta il 15 novembre del nel 1947 e nel 1952 al Gruppo degli Ot- 1964: il fatto testimonia da un lato l’a- to, con cui espose alla Biennale di Ve- pertura del collezionismo bresciano nezia, dove fu presente anche alle edi- alla pittura informale (l’opera proveni- zioni del 1956, 1960 e 1966, mentre va dalla galleria del Milione di Milano), continuavano a susseguirsi le sue ras- ma anche l’entusiasmo per la nascita segne in altre città italiane e all’estero. della nuova struttura museale, tanto Dalla metà degli anni Cinquanta l’inte- che venne donata l’opera di uno degli laiatura strutturale dell’immagine ten- artisti allora più importanti sulla scena de a sfaldarsi, mentre la materia cro- nazionale e internazionale, un atto di matica prende sempre più energia e vero e proprio mecenatismo e di fidu- corpo, dando vita ad opere intensa-

25 mente luminose. Partecipò con una sa- dove rimase quattro anni. Nel 1930 la personale alle Quadriennali romane tenne una personale presso la Galérie del 1954 e 1955; fu presente a Docu- Zack, nel 1932 alla Galérie Vavin; espo- menta a Kassel nel 1955 e nel 1959, a se al Salon des surindépendents dal Parigi nel 1957, a Berlino nel 1958, a 1930 al 1933, anno in cui entrò a far New York nel 1960. Nello stesso anno parte del gruppo Abstraction-Création- espose in una collettiva presentata da Art non figuratif ed espose nella prima Nello Ponente alla galleria Pogliani di mostra di arte astratta in Argentina Roma e si avvicinò sempre più decisa- con lavori realizzati a Parigi: dipinti, col- mente all’Informale, di cui sperimentò lages e sculture in gesso e ferro. Nel soprattutto l’uso di macchie cromati- 1933 fece ritorno a Buenos Aires, dove che, che creano talvolta ritmi concita- presentò la sua produzione astratta ot- ti e vorticosi, talvolta sequenze più ar- tenendo scarso successo. Negli anni moniose e composte. Nel corso degli Trenta la sua pittura era orientata ver- anni Sessanta e Settanta tenne nume- so un’astrazione popolata da presenze rose personali sia in Italia che all’este- vagamente biomorfiche, mentre tra il ro. Negli ultimi decenni della sua vita 1946 e il 1949 fu influenzato dal rigori- andò via via recuperando i riferimenti smo concretista, realizzando composi- naturalistici e figurativi, mantenendo al zioni geometriche; in entrambi i perio- centro della sua produzione la ricerca di produsse anche collages polimaterici sul colore. Nel 2003 fu nominato ac- che rimasero caratteristici della sua ar- cademico di San Luca e gli fu conferi- te nei decenni successivi. Nel 1949 to il Premio nazionale Presidente del- espose alla galleria Cavalotti cento la Repubblica. Le sue opere sono con- opere non figurative e nel 1951 vi ten- servate nei maggiori musei del mondo. ne una mostra antologica compren- La tela, del 1966 (cat. n. 26), mette in dente opere non figurative dal 1932 al evidenza la predilezione di Corpora 1951. Partecipò alle Biennali di Venezia per il colore: larghe pennellate danno del 1952 e 1958 e alle Biennali di San vita a una frequenza ritmica di onde Paolo del Brasile del 1953, 1957 e verdi, accese di vibrazioni luminose gial- 1959. Tenne personali a Genova, Mila- le e bianche che creano diversi piani di no, Como, San Paolo del Brasile nel rilievo; una struttura mossa sul fondo 1953 e a Parigi e alla galleria del Navi- rosso reso ancora più splendente dal- glio di Milano nel 1954. Nella seconda l’urto dei complementari, un’espressio- metà degli anni Cinquanta fu influenza- ne di energia e intensità, ma contempo- to dall’Informale, che lo portò a speri- raneamente di misura e di controllo. mentare ricerche materiche. In tutto questo lungo e articolato percorso Del Prete non abbandonò mai la figurazio- Juan Del Prete ne, anche se la sottopose a molteplici Vasto (Chieti) 1897 - Buenos Aires varianti di stile nei diversi periodi della 1987 sua produzione. Contemporaneamen- te alla pittura, inoltre, coltivò la scultu- Nato in provincia di Chieti, emigrò nel ra, passando da opere di scomposizio- 1909 in Argentina, dove studiò pittura ne cubista a composizioni astratte, poi tenendo la sua prima personale a Bue- spazialiste e ancora concretiste oppure nos Aires nel 1925. Nel 1928 fu invitato polimateriche. Nel 1961 fu organizzata a Montevideo dalla “Casa del arte” e nel al Museo di arte moderna di Buenos 1929, presa la cittadinanza argentina, ri- Aires una mostra antologica che rico- cevette una borsa di studio dall’istituto struiva il suo percorso fino a quel mo- “Amigos del arte” per recarsi a Parigi, mento attraverso 150 opere a partire

26 dal 1920. Negli anni Sessanta si susse- sgocciolature di colore nere si deposi- guirono esposizioni sia in Italia che al- tano come impronte su tutta la super- l’estero, fra cui nel 1964 quelle alla gal- ficie. L’opera venne donata ai Musei leria del Cavallino a Venezia, alla galleria dall’autore stesso, probabilmente in Schneider a Roma e la collettiva al- occasione della collettiva del 1964 o l’AAB di Brescia con Oscar Di Prata, della personale del 1965 presso l’As- Anna Coccoli, Vittorio Botticini, Ferdi- sociazione Artisti Bresciani6. nando Crippa e i fratelli Ghelfi; nel 1965 la personale a Brescia presso l’AAB (in collaborazione con la Di- Pietro Dorazio rección de Cultura e il Ministerio de Roma 1927 - Todi (Perugia) 2005 Relaciones exteriores della Repubblica Argentina e presentata da Enrico Cri- Si dedicò alla pittura fin dai primi anni spolti nel pieghevole di invito) e quella Quaranta, frequentando con Achille alla galleria Wildenstein di Buenos Ai- Perilli lo studio del pittore Bandinelli e res. Ottenne numerosi premi, fra cui si dipingendo paesaggi e nature morte; si segnalano il Gran Premio internaziona- iscrisse nel frattempo alla Facoltà di le di Bruxelles nel 1958 e il Premio architettura, anche se non conseguì la Guggenheim a New York nel 1960. Nel laurea. Fra il 1946 e il 1947 frequentò 1977 donò numerose tele alla Pinaco- assiduamente lo studio di Renato Gut- teca civica di Vasto, sua città natale; nel tuso insieme agli amici Achille Perilli, 1982 furono presentati i suoi collages al Lucio Manisco e Mino Guerrini, parte- Museo di arte moderna di Buenos Ai- cipando al dibattito sul rapporto arte res, mentre alcune sue opere del pe- e società e respingendo sin dal princi- riodo astratto-concreto furono espo- pio la via del realismo socialista. Era ste nel 2002 alla GaMeC di Bergamo in piuttosto interessato da un lato al re- una mostra dal titolo Arte astratta su- cupero delle istanze futuriste, soprat- damericana. tutto delle ricerche sulle linee-forza e Composición collage del 1963 (cat. n. sul dinamismo universale, dall’altro al- 22), di proprietà dei Civici Musei, è la lezione postcubista, spingendosi fino un’opera tipica della produzione di Del all’astrazione. Nel 1947 con Perilli, Prete tra la fine degli anni Cinquanta e Guerrini, Manisco, Carla Accardi, Ugo i primi anni Sessanta, quando l’artista si Attardi, Antonio Sanfilippo, Giulio Tur- era avvicinato al tachisme e alle ricer- cato e Pietro Consagra diede vita al che materiche informali. In questo qua- gruppo Forma 1, ponendo l’istanza di dro, realizzato con una tecnica che gli è un’arte astratta e nello stesso tempo congeniale e ritorna in tutto il corso marxista; in quell’anno si recò più vol- della sua lunga attività, il collage di stof- te a Parigi, dove incontrò Severini e fe su tela, l’artista sembra sondare le Magnelli. Fra la fine degli anni Quaran- potenzialità espressive della materia ta e l’inizio degli anni Cinquanta que- che si fa forma, colore, ma anche co- sta esperienza si tradusse nella crea- struzione e rilievo; il medium pittorico zione di quadri di impianto rigorosa- si sovrappone al collage con pennellate mente geometrico; dopo aver lasciato gialle che danno rilievo luminoso ai il gruppo Forma 1 nel 1949 organizzò pezzi di stoffa seguendo per lo più la a Roma insieme a Perilli, Manisco e loro forma, mentre macchie informi e Guerrini la mostra Arte concreta e nel

6 Si veda il pieghevole illustrativo della mostra a cura di Gianfranco Maiorana e con la presenta- zione di Enrico Crispolti: Juan Del Prete, Associazione Artisti Bresciani, Brescia 8-20 maggio 1965, Biblioteca Queriniana, SB M III 6m6.

27 1950 aprì la galleria-libreria L’age d’or, santa introdusse nelle opere forme o finalizzata alla diffusione dell’astratti- geometriche o irregolari con colori smo. Nel 1951 espose alla Triennale di puri e piatti. Nel 1970 lasciò l’insegna- Milano su invito di Lucio Fontana e co- mento e tornò in Italia, dove curò una nobbe Giacomo Balla, di cui lo affasci- retrospettiva di Marc Rothko alla nava la ricerca sulle linee andamentali Biennale di Venezia. Trasferitosi a Todi e sulle vibrazioni cromatiche e lumi- nel 1974, continuò a lavorarvi fino alla nose delle compenetrazioni iridescen- morte, avvenuta nel 2005. ti. L’anno successivo partecipò per la Anche se Dorazio non aderì alla poe- prima volta alla Biennale di Venezia, tica informale, non rinunciando mai a collaborò alla fondazione del gruppo un’intenzionalità progettuale del fare Origine e alla pubblicazione della rivi- artistico, l’opera qui esposta del 1957 sta «Arti visive». Nel 1952 si recò a (cat. n. 6), come altre dello stesso pe- New York, dove visse per qualche riodo, dimostra che il pittore non ri- tempo e nel 1954 tenne la sua prima mane immune di fronte alle ricerche personale; ebbe così modo di cono- della pittura di segno e di gesto, da lui scere i più importanti artisti della conosciute bene sia nelle declinazioni Scuola di New York, affascinato in par- europee che statunitensi: la gestualità ticolare da Barnett Newmann e Mark informale sembra destabilizzare le Rothko. Nelle opere di questo perio- composizioni geometriche delle opere do le superfici geometriche iniziarono precedenti e le forme paiono collassa- a rompersi in una più libera composi- re, il colore sgocciolare fuori dei con- zione di segni-colore, spesso giocate fini delle linee nere come se la strut- su forti contrasti di timbri delle mac- tura portante fosse sottoposta all’on- chie cromatiche. Nel 1955 partecipò da d’urto di una forza incontrollabile. con Perilli presso la galleria delle Car- Di lì a pochi anni l’ordine, l’equilibrio, rozze di Roma alla mostra Colore come l’armonia del colore-luce sarebbero struttura, che nel titolo indicava la linea tornati ad avere il sopravvento e di ricerca su cui si svolse in seguito la avrebbero dominato in tutto il percor- sua produzione, interessata alle poten- so successivo. zialità espressive del colore. Nel 1956 e nel 1958 partecipò alla Biennale di Jean Dubuffet Venezia, dove fu presente anche nel Le Havre 1901 - Parigi 1985 1960, anno in cui soggiornò a Phila- delphia con l’incarico di direttore del Studiò alla Scuola d’arte di Le Havre e Dipartimento di belle arti dell’Univer- nel 1918 si recò a Parigi per frequen- sità di Pennsylvania. A partire dal 1959 tare l’Académie Julian, che però lasciò dipinse i primi Reticoli, che inizialmen- dopo sei mesi. Frequentò Utrillo, Su- te erano talmente fitti da produrre zanne Valadon, Raoul Dufy, Max Jacob, dense monocromie, poi, a partire dal Fernand Léger, di cui divenne amico, e 1961-1962, divennero più nitidi, costi- dal 1924 André Masson. Per lunghi pe- tuiti da linee più nette e distanziate e riodi (dal 1925 al 1927, dal 1930 al da colori più saturi. In ogni caso al 1933, dal 1933 al 1941) abbandonò la centro della sua ricerca c’era il segno- pittura per occuparsi del commercio colore che nelle sue sequenze ritmi- nel settore vinicolo; a partire dal 1942 che diveniva generatore di luce, di mo- si dedicò definitivamente all’attività vimento e di spazio. Presente nel 1965 artistica, diventando uno dei protago- alla mostra The responsive eye al MoMa nisti e uno dei teorici più lucidi della di New York, espose ancora alla Bien- pittura informale. Nel 1943 strinse nale nel 1966. Dalla fine degli anni Ses- amicizia con Jean Paulhan, che lo in-

28 trodusse nell’ambiente artistico e let- ma anche nella poetica informale nel terario parigino, e nel 1944 il mercan- suo complesso. Per accentuare la te René Drouin organizzò la sua pri- consistenza materica Dubuffet aveva ma personale, con opere caratterizza- mescolato all’olio materiali diversi, te da un disegno infantile, che risenti- gesso, carbone, vetro frantumato, sab- va della lezione di Klee. Egli non si bia, bitume, in modo da creare una considerava un artista, ma un alchimi- crosta greve, granulosa, talvolta solca- sta: l’arte era per lui soprattutto di- ta da figurazioni. Al 1950-1951 risale il vertimento, che non derivava dalla co- ciclo Corps des dames, in cui la pasta scienza, dalle idee, dall’intelligenza e cromatica tornava ad appiattirsi e ve- soprattutto dalla cultura, ma dall’istin- niva solcata da segni che delineavano to e dalla “veggenza”. Da qui la sua co- corpi grevi, sgraziati, brutali. Fra il stante operazione “anticulturale” e la 1951 e il 1954 si colloca il ciclo pre- sua attrazione da un lato per gli arti- valente dei Sols et terrains, in cui rie- sti marginali, non integrati nel sistema, mergeva prepotente la ricerca mate- dall’altro per gli alienati mentali, che rica con una pasta cromatica spessa, rappresentavano per lui esempi in- tormentata dalla spatola, che creava consapevoli di un’arte “primaria”, paesaggi desolati e tormentati. Fra il “aculturale” e di inedite possibilità 1953 e il 1957 sperimentò assemblag- espressive; definì Art brut questo tipo gi polimaterici con ali di farfalle, ele- di produzioni artistiche, le collezionò menti botanici, cocci di vetro, ritagli per lunghi anni a partire da un viaggio di giornale, fra cui spiccano i Tableaux in Svizzera nel 1945 e le promosse d’assemblages, dalla ricca vena deco- fondando nel 1947 la Compagnie de rativa, che hanno la preziosità di un l’Art brut; nel 1972 donò la sua colle- mosaico o di un commesso di pietre zione alla città di Losanna. Nel 1946 dure. In questo caso non è tanto lo pubblicò Prospectus aux amateurs de spessore materico ad interessarlo, tout genre per Gallimard, una delle più quanto il brulichio minerale, geologi- chiare e profonde teorizzazioni della co della materia. Fra il 1957 e il 1960 poetica informale. realizzò la serie Topographies, texturo- La sua opera si organizzò in cicli, alla logies, matériologies e fra il 1958 e il cui base rimase sempre un interesse 1962 la serie di litografie Phénomènes; fondamentale per la materia, la “gran- in esse sparisce l’orizzonte, che rima- de madre” da cui tutto ha origine, il neva presente in Sols et terrains, e l’ar- «grand bouillon continu», come lui la tista sembra dominare dall’alto la di- definiva. La critica ha individuato tre stesa di terreni desertici. Nel frat- grandi periodi, a loro volta frazionabi- tempo aveva tenuto nel 1947 la sua li in numerose serie.7 Il primo perio- prima personale a New York, dove do, dal 1942 al 1962, è legato alla na- soggiornò fra il 1951 e il 1952; a Pari- tura e alla materia; fondamentale fu il gi nel 1954 fu organizzata una retro- ciclo Mirobolus, Macadam & Cie, hau- spettiva al Cercle Volney con 193 tes pâtes, le cui opere, esposte nel opere, altre furono allestite nel 1957 1946 alla galleria Drouin accompa- al Museo di Leverkusen, nel 1960 al gnate da una monografia di Michel Ta- Museo delle arti decorative di Parigi pié, rappresentarono un punto fermo e nel 1962 al Museum of Modern Art non solo nell’evoluzione di Dubuffet, di New York.

7 Si vedano: L. M. Barbero (a cura di), Informale. Jean Dubuffet e l’arte europea 1945-1970, catalogo della mostra, Modena 18 dicembre 2005-9 aprile 2006, New York 2005; L. Trucchi, Dubuffet, Firen- ze 2001.

29 Nel 1962 inizia il suo secondo perio- Jorge Eduardo Eielson do, incentrato sulla serie L’Hourloupe, Lima 1924 - Milano 2006 che si protrasse per oltre un venten- nio, in cui l’elemento unificante, pur Nato a Lima, in Perù, nel 1924 da ma- nelle infinite variazioni, è un segno dre peruviana e padre nordamericano schematico, irregolare, che crea inces- di origine scandinava, mostrò fin da santemente forme ad incastro, anima- bambino un talento precoce ed eclet- te da tratteggi e rare campiture piatte tico che lo portò a coltivare la musica, prevalentemente blu, nere e rosse. la letteratura e l’arte e a vincere nel Questo ciclo fu esposto nel 1964 a Ve- 1945 il Premio nazionale di poesia e nezia a Palazzo Grassi, con la presen- l’anno successivo un premio nazionale tazione di Renato Barilli. di teatro. A quegli anni datano le sue Verso la metà degli anni Settanta ini- prime tele, che dimostrano l’influenza ziò il terzo e ultimo periodo, in cui il di Klee e di Mirò, e gli studi presso colore divenne protagonista ed ele- l’Accademia di belle arti di Lima, che mento sovrastante: fra le serie più presto interruppe perché non nutriva importanti Lieux abrégés (1975), molta fiducia nell’insegnamento acca- Théâtres de mémoire (1979), Mires demico. Nel 1948 espose per la prima (1983) esposti alla Biennale di Vene- volta a Lima disegni, acquerelli, olî, as- zia nel 1984, Non lieux (1984), ultima semblages con legni colorati e combu- serie, eseguita con fatica, a pochi me- sti e movils di metallo. Fondamentali si dalla morte avvenuta il 12 maggio nella sua formazione furono un viaggio del 1985. nel 1948 a Parigi, dove entrò in con- Nel 1981 il Guggenheim di New York tatto con Mondrian e l’astrattismo e il Centre Pompidou di Parigi ricor- francese, elaborando una pittura geo- darono il suo compleanno con impor- metrica, costruttivista e neoplastica, e tanti esposizioni. nel 1951 un viaggio in Italia, che scelse Elefante bianco del 1953 (cat. n. 3), il cui come patria di elezione. A Roma espo- titolo è probabilmente dovuto alla sa- se presso la galleria dell’Obelisco, una goma di una delle macchie bianche in delle più aggiornate della capitale, e alto, è un’importante tela che appar- conobbe il poeta Emilio Villa, che re- tiene al fondamentale ciclo Sols et ter- censì la sua mostra sulla rivista «Arti rains, in quella particolare declinazione visive» da lui diretta e lo mise in con- rappresentata dalle Terrecotte, così tatto con Alberto Burri ed Ettore Col- chiamata per il colore rossiccio domi- la; fu influenzato particolarmente dal nante; l’artista, nella sua inesauribile in- primo e dalle sue sperimentazioni di dagine sulla materia, crea, lavorando e quel periodo sui sacchi, di cui si avver- incidendo la pasta cromatica, un pae- te il riflesso nelle opere degli anni suc- saggio scabro e tormentato, erto co- cessivi. Frequentò anche Giuseppe Ca- me un muro, in cui la linea dell’oriz- pogrossi, Corrado Cagli, Mirko e Afro zonte frastagliata lascia pochissimo Basaldella, Piero Dorazio, Achille Peril- spazio alla luce del cielo, in alto. Come li, Antonio Sanfilippo, Carla Accardi, Se- lo stesso artista diceva nel suo testo bastian Matta. Per qualche tempo ab- fondamentale Prospectus et tous écrits bandonò la pittura per dedicarsi alla suivants (Parigi 1967): «L’arte deve na- poesia e alla stesura di romanzi; nel scere dal materiale e dallo strumento 1959 riprese la produzione artistica e deve mantenere la traccia dello stru- utilizzando materiali eterogenei come mento e la lotta di questo con la ma- terra, sabbia, argilla, polvere di marmo teria […]. Ogni materiale ha il proprio e soprattutto cemento, con il quale dà linguaggio». rilievo alla superficie delle tele speri-

30 mentando le potenzialità materiche tenne a Madrid la sua prima personale del linguaggio informale. In quegli anni e da quel momento iniziò ad esporre avviò uno stretto rapporto con le gal- nelle più importanti città del mondo. lerie Lorenzelli di Milano e di Berga- Grazie a una borsa di studio del Go- mo. All’inizio degli anni Sessanta inserì verno francese nel 1956 si recò a Pa- nelle sue tele indumenti quali camicie, rigi, continuando però a mantenere vi- giacche, pantaloni, che alludono a pre- vi i contatti con i pittori spagnoli. Nel- senze umane, facendo emergere quel- la capitale francese fu influenzato dal- la sensibilità per i tessuti che accom- l’automatismo di matrice surrealista, pagnò nel tempo la sua produzione e ma fu affascinato soprattutto dalle po- che si riallacciava all’interesse per le tenzialità espressive della pittura ma- stoffe precolombiane. A partire dal terica, che lo portarono ad addensare 1963 assunse come elemento base la pasta cromatica mescolando all’olio delle sue opere il quipu, cioè il nodo, sabbia, calce, gesso; la sua tavolozza si che nel mondo andino precolombiano ridusse ai neri, ai bianchi e agli ocra. rappresentava un sistema di registra- Nel 1957 fondò a Madrid insieme a zione di numeri e informazioni e che Antonio Saura, Rafael Canogar, Mano- l’artista riprese in molteplici varianti; la lo Millares e altri il gruppo El Paso, una prima serie fu presentata alla Biennale delle più importanti formazioni del- del 1964. Da quel momento ottenne l’Informale spagnolo, la cui attività pro- prestigiosi riconoscimenti internazio- seguì fino al 1960, anno in cui ottenne nali ed espose nei più importanti mu- il Premio David Bright alla XXX Bien- sei del mondo. Continuò a viaggiare sia nale di Venezia; nel frattempo nel 1958 in Europa che nelle Americhe, ma ri- aveva aderito anche al gruppo barcel- mase molto legato all’Italia, dove morì, lonese Cuixart e Tharrats. a Milano, nel 2006. Intorno al 1962 introdusse nelle sue L’opera in mostra, del 1960 (cat. n. 15), opere un quarto colore, il rosso, e ac- appartiene al periodo informale roma- centuò la componente segnico-ge- no, concentrato tra la fine degli anni stuale. Negli anni Settanta le sue com- Cinquanta e i primissimi anni Sessanta; posizioni tendevano ad organizzarsi in il cemento, materia greve, slabbrata, forme geometriche più controllate. corruga drammaticamente la superfi- Nel 1981 lasciò Parigi per Montreal, cie dell’opera e dialoga con la tela dove rimase fino al 1983, quando si grezza e il rigore del quadrato nero di trasferì definitivamente a New York. Le fondo: una struttura in cui la sensibilità sue opere sono conservate in impor- materica si sposa a un senso armonio- tanti musei in Europa e nelle Ameri- so, direi “classico”, della composizione che; in Italia, fra gli altri, presso la Gal- e dimostra l’influenza esercitata in leria d’arte moderna di Roma e il Mu- quegli anni su Eielson da Burri. seo di Lissone. L’opera in mostra, un olio del 1959 (cat. n. 12), ben rappresenta le caratte- Luis Feito ristiche della pittura di Feito della se- Madrid 1929 conda metà degli anni Cinquanta e i primissimi Sessanta, una delle stagioni La sua formazione avvenne presso la fondamentali e più interessanti della Scuola di belle arti a Madrid a partire sua produzione; in questa fase il pitto- dal 1950. Dopo un breve periodo figu- re utilizzava, come si è detto, una gam- rativo, sperimentò il linguaggio cubista, ma cromatica essenziale, circoscritta per approdare infine, a partire dal ai bianchi, ai neri e agli ocra, creando al 1953, all’arte non figurativa. Nel 1954 centro della tela o di poco decentrate

31 delle concrezioni materiche per lo più avverte la suggestione dell’opera di di forma circolare, simili a crateri, che Sironi; in queste tele, però, si perde risaltano sul fondo tendenzialmente ogni riferimento illustrativo, ogni le- monocromo e uniformemente chiaro, game diretto al referente oggettivo, la come in questo caso, oppure scuro. periferia industriale milanese, di cui il pittore vuole piuttosto rendere l’at- mosfera tramite volumi semplificati Agostino Ferrari creati da fasci di colori tonali cupi su Milano 1938 fondi grigi. Le opere di questo primo periodo furono esposte nel 1961 in Iniziò professionalmente l’attività pit- una personale alla galleria Pater di torica nel 1959, quando sia negli Stati Milano, presentata da Giorgio Kais- Uniti che in Europa il linguaggio infor- serlan. Già in questa prima fase della male era entrato in crisi e a Milano, la sua produzione si era fatto strada il città in cui si era formato e a cui è valore del segno, anche se fino a tut- sempre rimasto legato, stava matu- to il 1961 rimase sempre ancorato a rando una vivace pluralità di espe- un contesto di immagine, senza tra- rienze che, partendo proprio dal- sformarsi in scrittura; fu a partire dal l’Informale, ne cercavano il supera- 1962 che il segno divenne l’elemento mento in direzioni diverse, soprattut- fondante della sua pittura, il filo con- to in senso oggettuale e preconcet- duttore di tutta la sua produzione tuale; al di là delle differenze era co- successiva. Il 1962 è anche l’anno in mune l’intenzione di rifondare l’im- cui Ferrari fondò insieme ad Arturo magine dall’interno, superando la ge- Vermi, Ettore Sordini, Angelo Verga, stualità incontrollata e le strutture Ugo La Pietra e al poeta Alberto Lù- caotiche dell’estremo Informale, oltre cia il gruppo del Cenobio, per svolgere alla volontà di ripristinare la comuni- una ricerca nell’ambito di «un’opera- cazione fra artista e fruitore. All’in- zione segnica minimale», come la de- terno di questo clima, che comunque finì il pittore stesso8. Nel 1963 il se- continuava ad avere in Fontana un im- gno si tramutò in una vera e propria portante punto di riferimento, Ferra- scrittura, con l’intento di descrivere ri rivendicava la potenzialità del me- stati d’animo e ricordi, che diede vita dium pittorico tradizionale, distaccan- alla serie dei Racconti, Diari di viaggio, dosi dalle ricerche che avviavano in Manifesti. Nel biennio 1964-1965 si quegli anni artisti con cui aveva stret- stabilì a New York, dove venne colpito te frequentazioni, come Manzoni e dalle ricerche della Pop Art, anche se Castellani, i quali ricercavano un azze- avvertì l’impossibilità di aderire a quel- ramento radicale della pittura. Le la poetica. L’esperienza americana, tut- opere del periodo di formazione, co- tavia, agì sulla sua pittura, che fra il me ricorda lo stesso pittore, risenti- 1966 e il 1967 ricercò una maggiore vano del clima naturalistico in cui plasticità e sensibilità formale (serie erano immersi alcuni pittori lombar- Forma totale e Teatro del segno); nel di, anche se, a differenza di Morlotti, 1967 Lucio Fontana presentò una sua per fare un esempio, la natura di Fer- mostra. Ritornò poi negli anni succes- rari è la Milano industriale, tanto che sivi all’interesse primario per il segno, le sue tele hanno per titoli Periferia, anche se considerato via via in relazio- Ricordo di una periferia, Agglomerato in- ne alle forme e ai colori (serie Segno dustriale, ma anche Paesaggio, in cui si forma colore) e indagato nelle sue mol-

8 L. Caramel, Agostino Ferrari, Milano 1991.

32 teplici valenze, dal segno-scrittura al Maillol. Nel 1926 partecipò a una col- segno-simbolo (Autoritratto, 1975; serie lettiva al Salon Nexus di Rosario di Alfabeti, Giardini, Ricordi e a partire dal Santa Fé. Tornato a Milano nel 1928, fu 1983 Eventi), spesso in consonanza allievo di Adolfo Wildt all’Accademia di con l’amico Vermi, in una ricerca con- Brera e si diplomò nel 1930. In quello tinua che non si è ancora interrotta. stesso anno espose alla Prima mostra Paesaggio del 1961 (cat. n. 16) ben interregionale di Firenze, partecipò esemplifica la prima fase della produ- per la prima volta alla Biennale di Ve- zione di Ferrari, che rappresenta il pe- nezia e tenne la sua prima personale riodo di maggiore tangenza con il lin- alla galleria del Milione a Milano; la sua guaggio informale; su sfondi in genere scultura rivelava già un modellato mol- chiari ed uniformi si stagliano struttu- to personale, in cui emergeva una for- re caratterizzate da un cromatismo te influenza postcubista. Le prime “ta- denso e scuro, ottenute con fasci di volette graffite” in cemento colorato, pennellate per lo più verticali, mosse eseguite nel 1931, presentano già il ri- da vibrazioni di diversa intensità lumi- corso ad un segno gestuale, di ascen- nosa. Talora il colore veniva inciso con denza surrealista, e una sensibilità ma- la spatola creando dei segni-graffiti, in terica, anticipando il linguaggio infor- singolare consonanza con le coeve male degli anni successivi. Lungo il cor- esperienze di Hartung, anche se Ferra- so degli anni Trenta e Quaranta Fonta- ri non poteva ancora conoscere que- na produsse contemporaneamente sta fase della pittura dell’artista fran- opere figurative ed astratte, per lui due co-tedesco, che aveva presentato alla vie creative di pari importanza e inte- Biennale di Venezia del 1960 soltanto resse. Nel 1934 si accostò al gruppo lavori antecedenti al 1957. Colpisce degli astrattisti italiani, costituito da nell’opera la sapienza con cui sono ge- Melotti, Soldati, Reggiani, Licini, Bo- stite la dialettica figura-sfondo e la re- gliardi, Veronesi e Ghiringhelli, che ave- sa volumetrica e luministica, pur nell’e- vano come punto di riferimento la gal- strema semplicità ed economia dei leria del Milione; insieme ad alcuni di mezzi pittorici. essi nel 1935 sostenne il gruppo pari- gino Abstraction-Création e firmò il ma- nifesto della Prima mostra collettiva di Lucio Fontana arte astratta italiana organizzata a Tori- Rosario di Santa Fé 1899 - Comabbio no nello studio di Enrico Paulucci e Fe- (Varese) 1968 lice Casorati. Da quell’anno iniziò an- che a sperimentare l’uso della cerami- Nato in Argentina dallo scultore italia- ca, che nel 1937 lavorò pure presso le no Luigi Fontana e da madre argentina, manifatture Sévres di Parigi. Nel 1939 Lucio Fontana ritornò nel 1905 con la espose alla seconda mostra di Corren- famiglia in Italia e si stabilì a Milano, do- te, alla galleria Grande di Milano e nel ve frequentò dal 1914 al 1915 l’Istitu- 1940 tornò in Argentina, dove durante to tecnico Carlo Cattaneo. Nel 1915 si la guerra produsse opere prevalente- arruolò volontario; ferito, venne con- mente figurative. gedato, riprese gli studi e conseguì nel Il 1946 è un anno chiave nella sua pro- 1918 il diploma di perito edile. Tornato duzione: iniziò a indagare sul concetto nel 1922 in Argentina con il padre, che di spazio (uno dei suoi disegni traccia- aiutò nella sua attività di scultore, aprì ti con un tratto che prefigurava quello nel 1924 uno studio di scultura. In que- informale si intitola Concepto espacio); sta prima fase il suo lavoro risentiva fondò a Buenos Aires l’Accademia di della plasticità vigorosa di Aristide Altamira con Jorge Romero Brest e

33 Jorge Larco e redasse il Manifesto blan- ne la sua prima mostra personale a co insieme a giovani artisti e intellet- Roma alla galleria dello Zodiaco e par- tuali argentini, anche se non lo firmò. tecipò alla VII Quadriennale. Nel 1958 In questo testo sono già contenute le espose alla galleria del Naviglio di Mi- idee base dello Spazialismo, che Fonta- lano i primi tagli su tela (serie Attese), na sviluppò a partire dal 1947, dopo che poi sperimentò anche nelle scul- essere tornato in Italia, riprendendo la ture in ceramica (ciclo Nature, 1959) e vocazione futurista al dinamismo e al- metallo a partire dal 1961; in quell’an- l’apertura verso i mezzi tecnici al pas- no realizzò anche una variante dei ta- so con i tempi (Primo manifesto spazia- gli su tele dipinte a monocromo dedi- le, 1947; Secondo manifesto, 1948; Pro- cate a Venezia, creando un effetto pla- posta per un regolamento, 1950; Quarto stico e scultoreo, sottraendo la tela al- manifesto dell’arte spaziale, 1951; Mani- la sua bidimensionalità (furono espo- festo spaziale per l’arte della televisione, ste a Venezia a Palazzo Grassi nella 1952). mostra Arte e contemplazione e a New Nel 1948 partecipò con cinque scultu- York alla Martha Jackson Gallery). Pro- re alla Biennale di Venezia, cui sarà seguendo nella ricerca sul significato ininterrottamente presente fino al del gesto, dello spazio, del vuoto e del- 1968, anno della morte; eseguì una se- l’infinito, Fontana realizzò il ciclo La fi- rie di gouaches (Evoluzioni e Ambienti ne di Dio, grandi tele ovali monocrome spaziali) in cui anticipava intuizioni che perforate da miriadi di buchi, esposte mise in opera nell’allestimento Am- a Milano alla galleria dell’Ariete nel biente spaziale alla galleria del Milione 1963; la serie dei Teatrini nel 1964, co- nel 1949, utilizzando tubi al neon in stituiti da quinte di metallo ritagliato e anticipo sull’arte degli anni Sessanta. perforato che costruiscono un’am- Nel 1951 ottenne il primo premio ex bientazione scenica; le Ellissi del 1967, aequo con Luciano Minguzzi nel con- forme di legno laccato percorse da fo- corso per la quinta porta del Duomo ri secondo un ritmo regolare. di Milano. Nel 1952 espose alla galleria Quattro sono le opere di Fontana in del Naviglio di Milano le prime tele mostra, due tele e due sculture, tutte con i “buchi”, sulle quali stava lavoran- significativamente legate dallo stesso do dal 1949, ed elaborò il motivo an- titolo Concetto spaziale, che indica il fi- che in versione architettonica per i lone di ricerca primario in Fontana, in soffitti dei padiglioni Brera e Siderco- qualche modo la sua “ossessione” mit in collaborazione con l’architetto creativa. razionalista Luciano Baldessari in oc- La prima dal punto di vista cronologi- casione della XXXII Fiera di Milano. co è Concetto spaziale del 1957 (cat. n. Continuò a sperimentare l’uso di ma- 7), una composizione quasi monocro- teriali diversi, che lo portarono a rea- matica realizzata ad anilina e collage su lizzare la serie Costellazioni, nella quale tela, che appartiene alla serie dei Gessi sovrapponeva a tele dipinte a macchie (1954-1958): una forma elementare colature di sabbia, e la serie Concetti chiusa, ovoidale, percorsa da un trac- spaziali, in cui cosparse le tele anche ciato di rapidi segni, galleggia in rilievo con pietruzze e frammenti di vetro sulla superficie opaca della tela, che colorato a disegnare spirali, come ne- sembra avere la consistenza di un mu- bulose galattiche. Nel 1951 alla IX ro; una manifestazione del linguaggio Triennale di Milano realizzò il Grande informale molto vicina a certe espres- neon, un’installazione luminosa in cui le sioni di Fautrier e di Dubuffet. sue ricerche sul segno si trasformava- Concetto spaziale. Attesa, del 1967 (cat. no in luce nello spazio. Nel 1955 ten- n. 27), appartiene alla celebre serie dei

34 Tagli, avviata nel 1958, in cui l’artista che studiò a Bologna prima con Cleto supera i limiti di pittura, scultura e de- Tomba al Liceo artistico, poi alla scuo- corazione e porta il segno-gesto al la di Ercole Drei e infine all’Accade- massimo di concentrazione lirica; i ta- mia di belle arti, dove si diplomò nel gli lacerano e insieme muovono il sup- 1940. Combattè durante la seconda porto monocromo della tela dal colo- guerra mondiale prima in Grecia e poi re intenso: la riflessione sullo spazio, ad El Alamein; fatto prigioniero dagli sull’origine della vita, sulla tela come Inglesi, trascorse quattro anni in un diaframma fra “l’aldiquà” e “l’aldilà”, campo nel deserto, dove conobbe sul- sulla luce e sull’ombra che si annida le riviste inglesi l’opera di Picasso e di nel taglio raggiungono il massimo del- Henry Moore. Tornato in Italia, iniziò la sintesi e superano l’Informale verso l’attività artistica dapprima realizzan- un’arte puramente concettuale; d’altra do piccole sculture in terracotta, poi parte da qui si avvierà la ricerca di in ceramica. Cominciò ad esporre le Manzoni o di Castellani, per fare degli sue opere e fu presente alla Biennale esempi. di Venezia nel 1952. Dal 1955 iniziò ad Concetto spaziale del 1959 (cat. n. 31) è utilizzare il ferro saldato e nel 1958, una ceramica acquistata dai Civici Mu- grazie a una commissione dell’impren- sei per la Galleria d’arte moderna, in ditore Giona Baldissera, suo amico e cui a graffito il segno delimita sulla su- mecenate, avvenne l’incontro con il perficie circolare una forma quadran- bronzo, il materiale in cui da quel mo- golare incisa da un taglio verticale più mento, attraverso la tecnica della fu- profondo: un’altra variante del tema sione a cera persa, si espresse costan- che torna in molte opere di questo temente la sua creatività. Per Baldisse- periodo, ad esempio nelle Nature, sfe- ra realizzò nel corso degli anni Cin- re dove il taglio è interpretato in mo- quanta e Sessanta l’allestimento arti- do più drammatico, come spaccatura stico del parco della villa a Pianoro, in profonda nel cuore della materia. provincia di Bologna, con più di cin- L’ultima opera è un multiplo ottenuto quanta sculture informali, ispirate al con una fusione postuma del 1973, ma mondo animale e vegetale, una rein- la cui concezione risale agli anni Ses- terpretazione del dialogo arte-natura santa, Concetto spaziale (cat. n. 34), una dei giardini delle ville manieriste. Nel boccia di bronzo in cui si realizza in 1959 vinse il Premio internazionale modo diverso il tema delle Nature e del bronzetto a Padova con Lynn un altro topos del linguaggio di Fonta- Chadwick e il premio della scultura di na, il “buco”: la superficie liscia di una Carrara; nel 1960 espose venti bronzi perfetta cellula-uovo viene lacerata da in una sala personale alla Biennale di squarci slabbrati, in cui si addensa Venezia (Foglie, Ali, Voli) ottenendo l’ombra, creando un contrasto intenso grande successo di critica e di pubbli- con la luminosità diffusa e serica che li co. Nel corso degli anni Sessanta si circonda. susseguirono esposizioni personali e partecipazioni a collettive in Italia e al- l’estero: ricordiamo la III edizione di Quinto Ghermandi a Kassel nel 1964, la IX Ronchi di Crevalcore (Bologna) 1916 - Quadriennale romana nel 1965-1966, Bologna 1994 la Biennale di Venezia nel 1966; nel frattempo ottenne importanti premi. Nato in provincia di Bologna da fami- Nel 1969 Ghermandi creò una delle glia di ceto agrario, scoprì ancora da sue sculture più famose, Largo gesto bambino la vocazione per la scultura, per un massimo spazio, con la quale

35 scrisse nella sua autobiografia di aver del volo (cat. n. 33): lo scultore affronta abbandonato «per sempre l’oggetto- un tema in genere contaminato dalla forma per entrare nell’oggetto-spa- retorica celebrativa con l’efficace ana- zio». Negli anni Settanta sperimentò logia libertà-volo, tradotta in una for- l’uso del legno e tornò a lavorare il ma vitale che si dispiega nello spazio, ferro, anche se non abbandonò mai il fragile e forse ferita, ma vittoriosa. Al bronzo, creando le prime sculture fondo di entrambe le opere c’è l’idea ambientali e realizzando opere pubbli- portante della scultura di Ghermandi, che, monumenti e fontane, che gli die- l’idea di leggerezza, di movimento, di dero l’opportunità di esprimere in elevazione, che si traduce in strutture grande scala le sue tematiche formali costruite su linee mosse, tendenzial- e le sue idee circa lo spazio. Fra que- mente curve, e in una lavorazione che ste ricordava nella sua autobiografia la solca il bronzo, lo corrode, ne sfrangia fontana dell’Ospedale Maggiore di Bo- i bordi, ne esalta la duttilità e la bellez- logna, il Momento del volo, monumento za. Come scrisse Flavio Caroli alla alla Resistenza nei giardini di corso morte dello scultore, «Ghermandi era Magenta a Brescia, e la scultura davan- tra i pochissimi ad avere capito l’es- ti al Palazzo di Giustizia di Forlì. Fu ti- senziale: il passato vive nel presente, tolare della cattedra di scultura all’Ac- ma il presente è così, volatile, un gesto, cademia di belle arti a Firenze e poi a un attimo, che solo l’arte può rendere Bologna, dove ricoprì anche la carica magico, durevole e profondo; tanto di direttore dal 1981 al 1984. Tra le profondo da protrarre nel tempo la mostre più recenti si ricordano la sua consapevole caducità.» La materia personale alla Galleria civica d’arte si riscatta dalla sua pesantezza per di- moderna di Palazzo dei Diamanti a ventare volo e spazio. Ferrara nel 1993 e, dopo la morte nel 1994, l’antologica organizzata a Pieve di Cento (Bologna) dalla galleria Il Simon Hantaï Ponte nel 2005-2006 per arrivare al- Biatorbágy (Ungheria) 1922 l’esposizione dedicata soprattutto ai Grandi gesti e alle Foglie dalla galleria Dopo aver compiuto la sua formazio- Artforum di Bologna. ne artistica a Budapest e aver parteci- L’Associazione Artisti Bresciani espo- pato alla Resistenza durante la guerra, ne in quest’occasione due sculture di si trasferì nel 1949 a Parigi, dove si av- Ghermandi. La prima, di proprietà pri- vicinò al movimento surrealista, in- vata, è una delle versioni di Largo gesto fluenzato in particolare da tecniche di per un massimo spazio del 1969 (cat. n. pittura automatica; fu Breton a pre- 32), forse la scultura più famosa del- sentare la sua prima mostra personale l’artista, che la definiva «una scultura nel 1953 presso la galleria L’Etoile. completa, di quelle che saltano fuori Sperimentò una grande varietà di tec- solo poche volte», un «gesto ampio niche come il collage, il frottage e il grat- quanto il giro delle braccia», con cui, tage. Nel 1955 scoprì Pollock e gli come si è detto, si chiudeva la fase del- espressionisti americani e contempo- l’oggetto-forma per entrare in quella raneamente si allontanò da Breton, av- dell’oggetto-spazio; l’altra, di proprietà vicinandosi invece a Mathieu, con cui dei Civici Musei, è il bozzetto, vincito- condivise una pittura segnica, vicina a re del concorso indetto dal Comune una sorta di scrittura automatica, e di Brescia per il monumento alla Resi- con il quale espose nel 1957 alla galle- stenza da collocare nei giardini di cor- ria Kleber. Dal 1958 in poi affrontò so Magenta (1970), intitolato Momento nelle sue opere tematiche religiose.

36 Ricercando progressivamente uno sti- teau de la Vierge (1960); pervenne poi le più libero, che rinunciava al control- alla collezione bresciana sempre tra- lo sulla composizione e sviluppava, mite monsignor Macchi. sotto l’influenza determinante di Pol- La tela, brulicante di forme cellulari lock, una pittura più gestuale, iniziò a primigenie, appartiene alla fase in cui elaborare una riflessione particolare Hantaï si è decisamente avvicinato alle sul rapporto pieno-vuoto, figura-sfon- tecniche e alle problematiche della pit- do, che lo accompagnò in tutta la sua tura informale, memore da un lato produzione («È lo spazio tra le foglie dell’automatismo surrealista, dall’altro che fa l’albero»; «Il dipinto non vale in della suggestione del dripping pol- se stesso, ma in quanto attiva esclusi- lockiano. Anche se in questo caso non vamente il non dipinto»): nel corso de- applica la tecnica del pliage sperimen- gli anni Cinquanta ottenne effetti di tata in quegli stessi anni, è vicina al la- pittura “in negativo”, lasciando appari- voro di quel periodo la riflessione su- re fra i segni pittorici tracciati i fondi gli effetti di rilievo e di vuoto, qui ot- colorati della tela che sembrano illu- tenuti con una sapiente vibrazione del minare il quadro dall’interno. A partire colore e con la distribuzione di segni- dal 1960 abbandonò progressivamen- forme letti alternativamente come fi- te la tela montata su telaio e adottò il gura o come sfondo; si crea la sensa- metodo del pliage, che consiste nel zione di un misterioso spazio cosmico, piegare in modo più o meno fitto tele dove fluttuano organismi vitali che si di grandi dimensioni e dipingerle pie- addensano o si vanno rarefacendo. gate, in modo che il pennello raggiun- ga soltanto le parti che rimangono esterne; solo una volta dispiegate le Bice Lazzari opere si rivelano nella loro totalità, Venezia 1900 - Roma 1981 senza che il pittore abbia potuto con- trollare “a priori” la loro composizio- La sua formazione avvenne a Venezia, ne e l’ordine gerarchico fra le parti. prima presso il Conservatorio Bene- Questo metodo fu poi sistematica- detto Marcello e poi presso l’Accade- mente applicato e arricchito, produ- mia di belle arti, dove frequentò il cor- cendo alcune serie di opere, fra cui so di arti decorative. Si dedicò inizial- spiccano le grandi tele intitolate Ma- mente alla pittura paesaggistica, rein- riales (1962-1968), Meuns (1967), Toiles terpretando la grande tradizione del pour Reverdy (1969), Les blancs (1973- vedutismo veneziano, anche se Astra- 1974) e Les tabulas (dal 1974), in cui il zione di una linea del 1925 dimostrava pliage si fa più controllato e geometri- già una tendenza verso l’astrazione; co. Molte sue opere sono conservate nel 1927 espose alla Triennale di Mila- presso importanti musei: fra gli altri, il no, alle cui edizioni fu sempre presen- Centre Pompidou a Parigi, i Musei va- te fino al 1961; nel 1928 tenne la sua ticani, quelli di Grenoble, Saint-Etien- prima mostra personale alle Botteghe ne, Bruxelles, Buffalo e numerose col- d’arte di Venezia e nel 1929 alla galle- lezioni private. ria San Moisè. Dalla fine degli anni Ven- L’opera del 1963 qui esposta (cat. n. ti e nel corso degli anni Trenta fre- 23), appartenente alla Collezione Arte quentò Carlo Scarpa e Mario De Lui- e Spiritualità, fu donata a monsignor gi, iniziando un percorso d’avanguardia Macchi da monsignor Raymond Mar- e di ricerca razionalistica, che la portò cel e fu inizialmente inserita nella Col- ad abbandonare la rappresentazione lezione d’arte religiosa moderna di figurativa e a sperimentare composi- Roma, di cui fa tuttora parte Le man- zioni geometriche, soprattutto nelle

37 arti decorative, anche se continuò a laboratorio”, acquisita probabilmente produrre paesaggi dal vero. Trasferitasi ai tempi della sua formazione nell’am- nel 1935 a Roma, dove espose pitture bito delle arti applicate; morì a Roma murali e pannelli decorativi in occasio- nel 1981. Una mostra antologica, orga- ne delle mostre organizzate dal regi- nizzata nel 2005 dalla galleria Arte me, nel corso degli anni Quaranta svi- Centro di Milano ha ripercorso le tap- luppò la ricerca sul segno, raggiungen- pe della sua produzione. do a partire dagli anni Cinquanta im- La tela in mostra (cat. n. 21), L’ostacolo portanti riconoscimenti: nel 1950 par- del 1963, appartiene alla fase in cui la tecipò alla Biennale di Venezia nella se- pittrice sperimentava le potenzialità zione arti decorative, ottenendo il pri- espressive del segno e della materia, in mo premio per il mosaico; a Roma una sua originale proposta in ambito tenne personali alla galleria La Cassa- informale. I mezzi pittorici tradizionali panca nel 1951 e alla galleria Schnei- si mescolano ad altri materiali: in que- der nel 1954. Dalla metà degli anni sto caso come spesso accade in quegli Cinquanta ai primi anni Sessanta ap- anni, sabbia e colla sono mescolate al- profondì l’interesse per l’elemento la tempera cui danno risalto materico; materico, abbandonando la pittura ad il segno esile organizza le campiture di olio per sperimentare le potenzialità colore, ridotto alla gamma dei bianchi, espressive di altri materiali, quali colle, dei neri e dei grigi, secondo sequenze sabbie, tempera, in un’interpretazione ritmiche che creano una partitura del tutto personale della pittura infor- chiara e misurata, forse originata dai male; la produzione di questo periodo suoi rigorosi studi musicali. fu presentata nel 1958 alla mostra Se- gno e materia alla galleria La Medusa di Roma e alla galleria del Cavallino a Ve- Pompilio Mandelli nezia, la più aggiornata in città sulle ul- Villarotta di Luzzara (Reggio Emilia) time tendenze dell’arte. Parallelamen- 1912 - Bologna 2006 te la passione mai dimenticata per le arti decorative la portò a progettare Dopo aver studiato al Liceo artistico oggetti d’artigianato e motivi decorati- di Bologna, si formò come pittore vi per stoffe e tessuti da parati che presso l’Accademia di belle arti della presentò al Centro internazionale stessa città sotto la guida di Virgilio d’arte e del costume a Palazzo Grassi Guidi, frequentando contemporanea- nel 1954 e nel 1956. mente il corso di incisione tenuto da Nel 1964 avvenne un’ulteriore svolta Giorgio Morandi. Nel 1936 partecipò nella sua arte, che la portò a ridurre alla Biennale di Venezia, cui fu presente drasticamente i mezzi pittorici a linee anche nelle edizioni del 1940, 1948, tracciate con la grafite su fondi mono- 1950, 1954 e dove venne invitato con cromi. sale personali nelle edizioni del 1952, Tra la fine degli anni Sessanta e gli an- 1956, 1962, 1972. Espose anche alle ni Settanta si colloca l’ultima fase della Quadriennali romane nel 1939, 1947, sua produzione, caratterizzata dall’uso 1951, 1965, 1986 e in altre importanti di colori acrilici e da ricerche nel cam- manifestazioni nazionali ed internazio- po della percezione ottica, che dimo- nali. stra la grande capacità di rinnovarsi e Nel 1939 fu fondamentale l’incontro di mettersi in discussione di questa con Francesco Arcangeli, il critico che pittrice, sempre in grado di rifuggire presentò la sua prima personale nel da imposizioni dogmatiche e di mante- 1946 presso la galleria Cronache e che nere una mentalità sperimentale, “da fu uno dei suoi principali interpreti e

38 sostenitori. Nel frattempo il pittore do, un modo possibile di viverlo, di spe- aveva insegnato all’Accademia di belle rimentarlo e organizzarlo, ancor prima arti di Bologna su incarico di Virgilio che intervengano le nozioni di positivo Guidi dal 1940 al 1942 e, dopo essere e di negativo, di bene e di male». stato richiamato alle armi, dal 1945 co- Dal 1961 al 1978 Mandelli fu titolare me suo assistente. Nel 1947 compì un della cattedra di pittura all’Accademia viaggio a Parigi, che gli permise di en- di belle arti di Bologna, di cui fu anche trare in contatto diretto con la pittura direttore dal 1968 al 1970. Continuò a impressionista e con quella postcubi- dipingere e ad ottenere riconoscimen- sta. In quegli anni la sua produzione si ti in Italia e all’estero, reinterpretando concentrava sui temi del paesaggio e i suoi temi principali, la figura umana e della figura umana, liberandosi progres- il paesaggio, fino a pochi anni prima sivamente da strutture troppo rigide; della morte avvenuta nel 2006. andava preannunciandosi la sua parti- L’opera in mostra (cat. n. 20), del colare via nell’ambito informale, quella 1962, fu esposta nel 1965 alla IX Qua- originale interpretazione del dato na- driennale romana. Il titolo, Inverno gri- turale che, a fianco di Morlotti e di Mo- gio, rimanda come sempre alla realtà reni, lo colloca fra i protagonisti del- naturale, concreta, in questo caso di l’Ultimo naturalismo, secondo la defini- un inverno padano (tema a lui caro, si zione coniata nel 1954 da Arcangeli, veda anche Paesaggio in grigio del 1954 promotore del gruppo. Il critico indivi- conservato nella Galleria comunale duava nella grande tradizione romanti- d’arte moderna di Bologna); il dato ca da Turner a Courbet e a Monet gli oggettivo è però trasfigurato da un antecedenti di questi pittori che cerca- segno denso e dinamico, rivelatore di vano un nuovo rapporto uomo-natura un gesto pittorico intenso e vitale: al di là della misura intellettuale, possi- Mandelli non vuole rendere le forme bile solo in un’immedesimazione tota- della natura, ma l’energia primordiale le. Si verificò quindi un progressivo al- che la pervade. lentamento delle strutture compositi- ve, uno sfaldarsi delle forme, mentre si accentuava la libertà del segno-colore, Georges Mathieu l’intensità dei valori materici in cui si Boulogne-sur-Mer 1921 fondevano indistintamente natura ed esseri viventi. Come scrisse Barilli nel Dopo aver compiuto studi di lettere, saggio introduttivo alla mostra tenuta- diritto e filosofia ed avere anche colti- si alla galleria Il Canale a Venezia nel vato la matematica e la musica, novembre del 19609, «la natura di Man- Mathieu si laureò nel 1941 all’Univer- delli, dunque, lungi dall’approdare alle sità di Lille. A partire dal 1942 iniziò a quiete rive della contemplazione arca- dedicarsi alla pittura, realizzando qua- dica, giunge a far sospettare la presen- dri non figurativi secondo un’astrazio- za di una travolgente “paura”», un bru- ne libera e gestuale; nel 1946 orga- lichio, un’ebbrezza di vertigine cui nizzò la propria esposizione al Sesto «non bisogna aggiungere necessaria- salone dei minori di trent’anni alla Gale- mente un connotato psicologico-mo- rie des Beaux-Arts di Parigi e l’anno rale di catastrofe imminente, di ango- seguente partecipò alla mostra L’imagi- scia e disperazione», ma che rappre- naire presso la Galerie du Luxem- sentano «uno stato primario del mon- bourg. In decisa opposizione all’astra-

9 R. Barilli, Informale. Oggetto. Comportamento, vol. I, Milano 20063, p. 198.

39 zione geometrica allora dominante in ditazione del gesto; 4) l’opera va con- Francia e alla cultura occidentale, se- dotta in uno stato estatico. Nell’epoca condo lui sclerotizzata sulle categorie della velocità meccanica, anche l’ese- estetiche di armonia, equilibrio, misu- cuzione dell’opera d’arte doveva esse- ra, simmetria, promosse i concetti di re rapidissima e Mathieu la trasformò gioco, di festa, di sacro, di libertà com- spesso in forma spettacolare dipingen- positiva: «Bisogna vivere e partecipare, do grandi tele in poco tempo davanti non soltanto essere e contemplare».10 al pubblico, spremendo direttamente il Scelse per definire la sua arte il termi- colore dal tubetto e facendosi ripren- ne “Abstraction lyrique” (o psichica) dere dalle telecamere; anticipò così la sottolineando la distanza rispetto all’a- pratica della performance: la pittura era strazione geometrica del concretismo per lui «pura manifestazione dell’esse- e del postcubismo. L’incarico di re- re». La velocità del gesto, tuttavia, non sponsabile delle pubbliche relazioni diventa mai furia e il segno che si di- per una compagnia marittima america- pana sulle vaste tele mantiene una sua na ricevuto nello stesso 1947 gli per- eleganza, che è stata avvicinata alla cal- mise di conoscere i movimenti d’avan- ligrafia giapponese. I titoli delle sue guardia statunitensi, cogliendo i punti opere alludono spesso a famose batta- di contatto fra l’espressionismo glie dei secoli passati, quasi che sulla astratto americano e l’astrazione lirica tela si svolgesse un’eroica lotta conci- e rivendicando il fatto di aver anticipa- tata: e i rimandi storici, spesso legati al to sia Wols che Pollock nell’uso della mondo epico-cavalleresco, testimonia- pittura diretta e della macchia. Fu sicu- no che siamo ben lontani da un azze- ramente il primo a introdurre la ge- ramento culturale, ma assistiamo piut- stualità sulla scena artistica parigina e tosto a un raffinatissimo e ironico gio- a fare del segno l’elemento portante co intellettuale. della sua opera. Nel corso degli anni espose nei più fa- Nel 1950 organizzò la sua prima per- mosi musei del mondo e divenne uno sonale presso la galleria Drouin e nel dei protagonisti della scena artistica, 1951 partecipò all’esposizione Véhé- sia in Occidente che in Oriente. mences confrontées da lui stesso ideata La grande tela del 1952 qui esposta e alla mostra Signifiants de l’Informel (cat. n. 1) appartiene al periodo più im- presentata da Michel Tapié. Oltre che portante di Mathieu, immediatamente uno dei primi interpreti della pittura successivo alla sua esplosiva comparsa informale europea, divenne anche uno sulla ribalta artistica con le due fonda- dei teorici più lucidi dell’estetica del mentali esposizioni parigine sopra ri- segno che, per la prima volta nell’arte cordate. Come in molte altre opere occidentale, si separava dal significato coeve il segno si fa materia colorata, si e lo precedeva, rovesciando l’istanza annoda, costruisce uno dei suoi con- razionalista e secoli di cultura: se l’o- sueti calligrammi; una struttura creata pera d’arte continuava a “significare” da una libera energia vitale che sem- qualcosa, questo significato non era bra tuttavia non andare fuori control- più riducibile a un ambito concettuale. lo, perché la forma generata, che gal- Fissò quattro punti fondamentali per leggia sull’uniforme fondo scuro, trova la sua arte: 1) primato della velocità di il suo equilibrio intorno a un asse di esecuzione; 2) nessuna preesistenza di simmetria, accampato quasi al centro forma conosciuta; 3) nessuna preme- del formato orizzontale.

10 G. Mathieu, Au-delà du Tachisme, 1963, p. 99, citato in R. Pasini, L’Informale Stati Uniti Europa Italia, Bologna 1996, p. 246.

40 Gino Meloni na. Gli sono state dedicate numerose Varese 1905 - Lissone (Milano) 1989 mostre fra cui ricordiamo quelle orga- nizzate dal Comune di Milano nel 1971 Studiò presso l’Istituto d’arte di Mon- (Rotonda della Besana, a cura di Marco za tra il 1923 e il 1927 e dal 1929 al- Valsecchi), dal Comune di Lissone nel l’Accademia di belle arti di Brera, inse- 1980 (a cura di Mario De Micheli) e gnando nel frattempo alla Scuola di ar- 1985 (a cura di Luciano Caramel), ti e mestieri di Lissone. I suoi primi di- quella a Ferrara a Palazzo dei Diaman- pinti, di carattere figurativo e influenza- ti nel 1988, sempre a cura di De Mi- ti dall’Espressionismo, risalgono agli an- cheli, che organizzò anche l’antologica ni Trenta e dal 1939 tenne le sue prime alla Permanente di Milano nel 1995, e personali a Milano, presso la galleria infine la mostra organizzata dal Museo Mazzucchelli e la galleria Piccola Mo- di Lissone in occasione del centenario stra, ottenendo però scarso successo. della sua nascita nel 2005 (a cura di Conobbe il pittore Giovanni Fumagalli, Luigi Cavadini). che da quel momento divenne il suo Composizione del 1961 (cat. n. 17) fu maggiore sostenitore. Dopo la guerra donato ai Civici Musei dall’avvocato fu uno dei protagonisti della vita arti- Cugini nello stesso anno della sua ese- stica milanese, esponendo opere di in- cuzione; la semplicità del mezzo, il pa- fluenza neocubista, organizzate in cicli: stello, che l’artista ha utilizzato fre- le Donne nella seconda metà degli anni quentemente nel corso di tutta la sua Quaranta, cui seguirono i Galli (1947- produzione, è qui funzionale all’essen- 1953) e le Venezie (1953-1956). Fu invi- zialità del gesto e alla creazione di for- tato alle Biennali del 1948, 1952 e 1954 me di densità e tonalità diverse che ed ebbe una sala personale in quelle sembrano galleggiare, avanzare e re- del 1956 e del 1964; espose a Leverku- trocedere nell’atmosfera trasparente, sen nel 1957, a New York nel 1960 e a muovendo la superficie. Parigi nel 1963. Pur non abbandonando mai del tutto la pittura figurativa, a par- tire dal 1953-1954 si avvicinò all’Infor- Ennio Morlotti male, a volte con opere in cui la pasta Lecco 1910 - Milano 1992 cromatica si faceva densa, materica, corrugandosi in asperità irregolari, al- Lavorò fin da giovanissimo come ope- tre con tele quasi monocromatiche, al- raio e come impiegato per le difficili tre ancora con gestualità concitata e condizioni economiche; trasferitosi a cromia molto accesa (Paesaggi, Immagi- Milano, coltivò comunque la sua pas- ni, Pitture). Furono gli anni in cui propo- sione per l’arte, che lo portò ad ab- se e poi seguì l’organizzazione del Pre- bandonare il lavoro nel 1936 e a con- mio Lissone, che richiamava nella città seguire la maturità artistica a Brera. brianzola i grandi maestri dell’Informa- Frequentò l’Accademia di belle arti a le europeo, le cui opere costituiscono Firenze sotto la guida di Felice Care- il nucleo fondamentale della collezione na, ma nel 1937 lasciò l’ambiente fio- del Museo di Lissone. Ciò lo portò an- rentino che l’aveva deluso, per torna- che in contatto con importanti critici re a Lecco, dove si dedicò a dipingere europei; in particolare Will Grohmann paesaggi, influenzato da Cézanne e da ricondusse la sua opera alle esperienze Morandi, ma anche dal Novecentismo dell’Informale europeo. Dalla metà de- e dal Chiarismo. Nell’autunno di quel- gli anni Sessanta e per quasi tutto il de- lo stesso anno fece un viaggio a Pari- cennio seguente ritornò a una pittura gi, dove conobbe direttamente la pit- figurativa ancorata alla realtà quotidia- tura di Cézanne e di Picasso. Nel 1939

41 si trasferì a Milano e si iscrisse all’Ac- Staël. Rientrato a Milano dopo due cademia di Brera, diplomandosi nel mesi, espose col Fronte nuovo delle arti 1942; fu allievo di Aldo Carpi e di alla galleria della Spiga, nel 1948 par- Achille Funi, col quale collaborò alla tecipò alla Biennale di Venezia e alla I realizzazione degli affreschi per l’E- Mostra nazionale di arte contempora- sposizione Universale di Roma e per nea a Bologna. Nel 1949 tenne una l’Università di Padova. Nel 1940 aderì personale alla galleria del Milione a al gruppo di Corrente, diventando ami- Milano e nel 1951 a New York presso co di Cassinari, e nel 1941 e 1942 par- la galleria di Catherine Viviano, dove tecipò alla III e alla IV edizione del fu presente anche nel 1953 con Afro e Premio Bergamo; le sue opere in que- Birolli e nel 1959 presentato da Mi- gli anni, pur impostate ancora sulla le- chel Tapié. Aderì al Gruppo degli Otto zione di Cézanne, evidenziavano nel sostenuto da Lionello Venturi, che lo colore contrastante e violento e nel presentò alla Biennale di Venezia del segno spezzato l’influenza dell’Espres- 1952, ma presto se ne distaccò, insof- sionismo tedesco. A partire dal 1942 ferente a ogni tipo di raggruppamen- si trasferì a Mondonico, elaborando to. Fino a quell’anno risentì dell’in- nei paesaggi e nelle nature morte uno fluenza picassiana, che raggiunse il suo stile sempre più personale e autenti- esito più alto con Siesta (1952); parte co, in cui una tavolozza più densa e della critica e lo stesso pittore consi- scura sostituiva il colore espressioni- derarono questo periodo una battuta sta e le forme andavano progressiva- d’arresto, un tributo quasi obbligato- mente sfaldandosi e corrodendosi. rio da pagare all’esterofilia allora ine- Nel 1943 tenne la prima personale vitabile nella cultura artistica italiana. con Cassinari e Treccani alla galleria Nel 1953 iniziò il periodo propria- della Spiga a Milano, presentato da mente informale della sua produzione; Raffaele De Grada, e stese con Trec- il pittore tornò al suo tema preferito, cani il Primo manifesto di pittori e scul- la natura, immergendosi completa- tori. Nel 1946 firmò il Manifesto del mente nella sua consistenza materiale realismo (Oltre Guernica), aderì alla e organica ed eliminando, come già Nuova Secessione artistica italiana, che preannunciato nei Dossi, la distinzione l’anno seguente si trasformò nel Fron- fra primo piano e sfondo; accanto ai te nuovo delle arti, e tenne una perso- paesaggi affrontò costantemente il te- nale alla galleria Il Camino di Milano. ma del nudo (espose cinque Nudi alla In quello stesso anno prese avvio la Biennale del 1954). L’attività di questo serie dei Dossi, in cui si affermava una periodo fu indagata e sostenuta criti- modalità di vedere e strutturare il camente da due allievi di Roberto paesaggio che rimase pressoché inva- Longhi, Giovanni Testori, che lo pre- riata anche negli anni successivi: un sentò alla Biennale del 1956, e - punto di vista progressivamente più sco Arcangeli, che coniò per l’artista la vicino alla realtà naturale dava vita a definizione di “ultimo naturalista”.11 barriere rocciose sempre più erte fi- Ottenne il Premio per la pittura (ex- no a ridurre il cielo, a confinarlo a una aequo con Capogrossi) nella Biennale stretta striscia in alto. Nel 1947, grazie di Venezia del 1962, espose alla galleria a una borsa di studio procuratagli da Odyssia a New York nel 1964 (presen- Lionello Venturi, andò con Renato Bi- tato da Francesco Arcangeli), nel 1966, rolli a Parigi, dove visitò lo studio di nel 1968 e nel 1970 con Manzù e Mo- Picasso e conobbe Braque, Wols e De randi, ma la sua partecipazione alle più

11 F. Arcangeli, Gli ultimi naturalisti, in «Paragone», n. 59, 1954.

42 importanti esposizioni in Italia e all’e- dalla pittura cubista e dal cromatismo stero fu costante per tutta la vita. La di Rouault e Matisse, che incisero for- sua produzione proseguì organizzan- temente sulla sua produzione, avviata dosi attorno ai due temi fondamentali da quel momento verso opere di del paesaggio e del nudo: si ricordano astrazione geometrica. Nel maggio del le serie dei Nudi e Paesaggi con figure 1949 tenne la sua prima personale (1970-1975), i Teschi (1974), le Rocce presso la galleria Sandri di Venezia pre- (1975-1986), le Bagnanti (dal 1986 al sentato da Virgilio Guidi. L’anno suc- 1991). Importanti antologiche furono cessivo si trasferì a Roma dove si avvi- organizzate a Milano e a Locarno nel cinò al gruppo dell’Age d’or, frequentò 1987, a Forte dei Marmi nel 1990, a lo studio di e partecipò Ferrara nel 1994. nel 1951 alla mostra Arte astratta e con- L’olio esposto in mostra, Nudo o, signi- creta alla Galleria d’arte moderna di ficativamente, Nudo nella roccia (1964, Roma; a questo punto aveva raggiunto cat. n. 25), affronta la figura umana nel- ormai un linguaggio del tutto persona- lo stesso modo della materia inorgani- le, costruito in parte sulla rimeditazio- ca, quasi fosse una creatura impastata ne di Mondrian, in parte sull’influenza nella creta; la pasta pittorica, quasi mo- dell’automatismo del dripping pol- nocroma, è una materia densa, grumo- lockiano, che aveva come elemento co- sa, solcata dalla spatola, sembra creare stitutivo il “puntino”, segno molecola- «abbozzi di carne che sta per prende- re, particella pulviscolare che divenne re vita o invece la cede al magma pri- la sua cifra stilistica. Dalla moltiplicazio- migenio; nudi affocati nello sforzo del- ne di queste vibranti particelle di colo- la materia, corpi appena accennati».12 re che creavano nebulose perse nello spazio infinito nacque il famoso ciclo delle Primavere. Tornato a Venezia, co- Tancredi Parmeggiani detto Tan- nobbe Peggy Guggenheim che gli mise credi a disposizione uno studio nella sua re- Feltre (Belluno) 1927 - Roma 1964) sidenza veneziana, Palazzo Venier dei Leoni, e lo mise in contatto con i gran- Dopo aver frequentato per alcuni anni di collezionisti internazionali e con Mi- il Liceo classico a Feltre, si dedicò al di- chel Tapié. Attraverso Carlo Cardazzo segno sotto la guida del pittore Roma- della galleria del Cavallino conobbe no Conversani; trasferitosi a Venezia, vi l’ambiente dello Spazialismo milanese e frequentò saltuariamente il Liceo arti- sottoscrisse il Manifesto del movimento stico e successivamente seguì il corso spaziale per la televisione nel maggio del di nudo tenuto da 1952. Espose alla galleria del Cavallino all’Accademia di belle arti. In quegli an- di Venezia nel 1952, 1953, 1956 e 1959 ni dipinse paesaggi, nature morte, ri- e alla galleria del Naviglio a Milano nel tratti e soprattutto autoritratti, affasci- 1953; nel catalogo di quest’ultima per- nato da un lato dalla carica espressio- sonale esplicitò la teoria del “punto”: nista di Van Gogh, dall’altro dall’elegan- «un termine relativo, illusivo di spazio za lineare di Modigliani, da Gino Rossi […] in quanto è il più piccolo spazio e dal Picasso precubista. Conobbe i mentalmente considerato». Sempre maggiori artisti dell’ambiente venezia- nel 1953 partecipò alla Mostra pittori no, Cadorin, De Pisis, Guidi e Vedova, d’oggi Francia-Italia a Torino. Nel 1954 con cui strinse amicizia. Nel 1947 andò Peggy Guggenheim organizzò una sua a Parigi, dove fu colpito in particolare personale a Palazzo Venier dei Leoni e

12 R. Pasini, L’Informale Stati Uniti Europa Italia, Bologna 1996, p. 338.

43 nello stesso anno Tancredi partecipò trasferì dal fratello Romano a Roma, con Jackson Pollock, Wols, Georges dove morì suicida gettandosi nel Teve- Mathieu, Jean-Paul Riopelle, fra gli altri, re il 27 settembre del 1964. alla mostra Tendences actuelles alla Kun- Due sono le opere in mostra di Tan- sthalle di Berna. La sua opera in questi credi, appartenenti a diverse collezioni anni va arricchendosi di un cromati- bresciane: la prima, databile al 1952- smo sempre più acceso. Nel 1955, in- 1953 (cat. n. 2), è ascrivibile alla serie terrottosi il sodalizio con Peggy Gug- Primavere ed è costituita da uno scia- genheim, soggiornò a Parigi, dove par- me di “puntini” che si addensa vorti- tecipò a due mostre Art autre. Sposato- coso danzando nello spazio e nello si nel 1958 con la pittrice norvegese stesso tempo creandolo, con un effet- Dove Dietrichson, nello stesso anno to di nebulosa in espansione che avan- espose a Londra e negli Stati Uniti. za verso di noi circondato da una cin- L’anno successivo decise di lasciare Ve- tura di vuoto: «Penso che nei miei nezia per Milano, soggiornò alcuni me- quadri si veda che lo spazio è cur- si a Parigi, dove nacque la prima figlia vo»13; nella seconda (cat. n. 4), del ed entrò in contatto con la rivista sur- 1954, l’automatismo del gesto si è fat- realista «Phases», con il gruppo Cobra, to più concitato, creando una compo- con Giacometti, con l’opera di Masson sizione più caotica e drammatica, an- e di Dubuffet; fece inoltre un viaggio in che per la tonalità cupa del fondo; in Norvegia, dove ebbe modo di vedere questo caso la suggestione dell’action direttamente l’opera di Munch, che lo painting americana e in particolare del impressionò notevolmente e lo spinse dripping di Pollock si fa più evidente, a tornare alla figurazione con l’inseri- anche se interpretata con un senso mento di larvali personaggi nelle sue dello spazio tutto personale. composizioni. Tornato a Milano nel 1960, approfondì la presa di coscienza della crisi della società contempora- Enrico Paulucci nea, da un lato opponendosi alla mer- Genova 1901 - Torino 1999 cificazione dell’arte e agli accademismi ufficiali, dall’altro denunciando la mi- Trasferitosi a Torino nel 1912, compì naccia fisica e morale della bomba ato- studi classici e si laureò prima in Scien- mica (serie Hiroshima,1962). Nel 1962 ze economiche e poi in Legge, colti- una lunga crisi nervosa lo costrinse al vando contemporaneamente la pas- ricovero in una clinica di Monza; a lun- sione per la pittura. Esordì alla Qua- go la malattia gli rese impossibile la driennale di Torino del 1923 e si avvi- produzione pittorica, anche se conti- cinò al gruppo torinese del Secondo nuarono le sue riflessioni teoriche sul- Futurismo, esponendo alla Mostra futu- l’arte. Nel 1963, dopo la nascita del se- rista nel 1926 con Fillia, Dottori, Pram- condo figlio, la moglie decise di torna- polini. Successivamente si legò a Caso- re in Norvegia e il pittore lasciò Mila- rati, Chessa, Carlo Levi, che rappre- no per Venezia, dove l’anno successivo, sentavano la pittura torinese più viva e dopo essere stato costretto a un nuo- aggiornata. Nel 1928 soggiornò con vo ricovero in ospedale psichiatrico, fu Francesco Menzio a Parigi, rimanendo invitato per la prima volta alla Biennale influenzato soprattutto dalle opere di di Venezia. Dopo un breve periodo si Picasso, Braque, Matisse e Dufy. Al ri-

13 In M. Dalai Emiliani, Tancredi. I dipinti e gli scritti, Torino 1997, vol. I, p. 53, riportato in Informale. Jean Dubuffet e l’arte europea 1945-1970, catalogo della mostra a cura di L. M. Barbero, Modena 18 di- cembre 2005-9 aprile 2006, Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York 2005, p. 180.

44 torno espose col gruppo dei Sei pittori Albertina dal 1954 al 1972 (nel 1973 (Gigi Chessa, Francesco Menzio, Carlo ne divenne presidente), rimanendo Levi, Nicola Galante, Jessie Boswell) uno dei punti di riferimento della sce- nel 1929, 1930, 1931 sia in Italia che al- na artistica torinese. Nel corso degli l’estero, presentando nature morte e anni Sessanta tornò alla pittura figura- paesaggi. Nel corso degli anni Trenta fu tiva e venne nominato accademico di inoltre presente alle Biennali del 1930 San Luca e membro dell’Accademia e del 1938, alla Quadriennale romana Clementina di Bologna. del 1935 e in numerose gallerie priva- Valle scura, opera databile ai primi anni te; viaggiò a Malta, a Parigi e a Londra, Sessanta (cat. n. 18), fu donata dall’auto- dove si recò più volte in compagnia di re ai Civici Musei, forse in occasione di Alberto Moravia e Nello Rosselli. Inol- una mostra tenuta a Brescia alla galleria tre fu infaticabile promotore culturale: La Loggetta nel 1961. Appartiene al mo- fondò a Torino lo studio Casorati-Pau- mento in cui il suo linguaggio pittorico lucci, dove fu organizzata nel 1934 la si fa molto vicino a quegli artisti, fra cui prima Mostra degli astrattisti italiani, Birolli, che superarono la contrapposi- sempre con Casorati la galleria della zione fra realismo e astrazione, con una Zecca e nel 1938 il Centro delle arti, pittura profondamente radicata nel da- per promuovere artisti ancora scono- to naturale, ma trasfigurata nella libertà sciuti, con la collaborazione di G. C. del colore e del tratto. Per Paulucci, tut- Argan. Si dedicò inoltre alla scenogra- tavia, probabilmente anche per motivi fia sia cinematografica (La duchessa di generazionali, si trattò solo di un breve Parma di Blasetti, 1937) che teatrale periodo, perché presto tornò a una pit- (La favola del figlio cambiato di Piran- tura figurativa; la sua vicenda, però, di- dello-Malipiero, regia di Strehler, mostra come la temperie informale ab- 1952), creò disegni per stoffe e mosai- bia influenzato percorsi artistici per altri ci e progettò mobili. Divenuto titolare versi molto distanti e sia stata un’istan- nel 1939 della cattedra di pittura al- za con cui tutti hanno fatto i conti in Ita- l’Accademia Albertina, cercò di stimo- lia verso la metà degli anni Cinquanta. lare l’ambiente artistico torinese ad aprirsi alla pittura europea. Finita la guerra, durante la quale si era trasferi- Ilia Peikov to a Rapallo realizzando paesaggi ispi- Sofia 1911 - Roma 1988 rati a Cézanne, la sua pittura si avvi- cinò al neocubismo degli astratto-con- Arrivato in Italia nel 1943, iniziò l’atti- creti, esponendo alla galleria della Spi- vità di artista aiutando il fratello mag- ga a Milano nel 1947, alla galleria della giore Assen, scultore, per dedicarsi poi Bussola a Torino nel 1951, alla Bienna- alla pittura. Lo studio di via Margutta le di Venezia del 1954. Nel 1952 espo- che condivideva con il fratello era fre- se insieme al Gruppo degli Otto, svilup- quentato da Guttuso e da De Chirico, pando una ricerca di tipo astratto- ma anche da personaggi famosi del informale, che non perse mai il riferi- mondo della cultura, come Ungaretti, mento al dato naturale; continuò infat- Alvaro, Savinio, Bontempelli, e dello ti a realizzare i suoi soggetti preferiti, spettacolo, come Fellini e Ava Gard- paesaggi di mare e delle Langhe, de- ner, molti dei quali si fecero fare il ri- strutturando in parte la griglia neocu- tratto da Assen Peikov. bista per liberare il colore, annullando Ilia Peikov, lasciato nel 1956 lo studio la profondità attraverso il ribaltamen- del fratello, perseguì una pittura visio- to topologico degli elementi naturali naria, in cui colori intensi disposti con sul piano. Fu direttore dell’Accademia libertà sulla tela creavano spazi siderei,

45 mondi iperurani, in composizioni che ve di Ca’ Pesaro lavorando a contatto hanno spesso titoli presi dall’astrono- con Gino Rossi, Pio Semeghini e Artu- mia (Fuori orbita, Righel, Via Lattea); in ro Martini. Nel 1935 tenne la sua prima esse la pasta cromatica si addensa, si personale a Milano e nel 1939 espose raggruma, evocando nella sua consi- alla seconda mostra di Corrente. In que- stenza materica esplosioni cosmiche. gli anni soggiornò in Olanda e a Parigi, Presa la cittadinanza italiana, partecipò entrando in contatto con le tendenze a mostre nazionali e ad esposizioni in più aggiornate dell’arte europea, che lo Germania, Olanda, Belgio e Lussem- avviarono verso una pittura neocubi- burgo. Pur non avendo mai Peikov ade- sta; dal 1940 partecipò alle più impor- rito ad alcun movimento artistico or- tanti rassegne nazionali ed internazio- ganizzato e avendo percorso un cam- nali. Nel 1946 espose con Vedova a mino individuale fondamentalmente Brescia in casa di Guglielmo Achille Ca- coerente con l’ispirazione originaria, il vellini, che fu un suo importante colle- suo linguaggio può essere assimilato zionista e sostenitore anche negli anni alla temperie informale per la sensibi- successivi; nel 1947 fu tra i promotori lità materica, l’uso di macchie e sgoc- del Fronte nuovo delle arti e nel 1948 ciolature di colore, la totale libertà partecipò alla Biennale di Venezia, dove compositiva con cui genera l’immagi- espose anche nel 1952 con il Gruppo ne. La sua attività si sviluppò soprat- degli Otto e vinse nel 1954 il Premio in- tutto negli anni Sessanta e Settanta, ot- ternazionale di pittura, probabilmente tenendo attenzione e riconoscimenti; per la capacità di mediare le istanze sue opere sono conservate in nume- contrastanti della pittura internaziona- rosi musei e collezioni nel mondo. le. Dal 1954 iniziò ad insegnare all’Ac- Nel 1964 tenne la personale Mondi cademia di belle arti di Venezia, profes- iperborei a Brescia presso l’Associazio- sione che proseguì fino al 1974. ne Artisti Bresciani con la presentazio- A partire dagli anni Cinquanta si de- ne del giornalista e scrittore Vittorio dicò anche all’attività grafica, raggiun- G. Rossi. gendo successo e riconoscimenti pure Universo di fuoco (cat. n. 24), del 1963, in questo campo, parallelamente alla fu esposto nel 1964 all’AAB, come te- pittura. Partecipò a diverse esposizioni, stimonia il timbro sul retro della tela. fra cui Documenta a Kassel nel 1955, Acquistato dal geometra Mario Dora, 1959 e 1964 e la personale alla galleria fu da lui donato ai Civici Musei, che in Pogliani di Roma nel 1959, che testi- quell’anno avevano aperto presso il moniava il cambiamento avvenuto nel- complesso di Santa Giulia la Galleria la sua produzione a partire dalla metà d’arte moderna. degli anni Cinquanta in direzione di Come il titolo mette in evidenza, an- una pittura meno controllata, emozio- che quest’opera appartiene alla tema- nale, influenzata dal tachisme informale; tica principale di Peikov, quella delle vi- il colore si liberava dalle linee nere di sioni cosmiche, dell’origine della vita contorno e diventava il protagonista. Il della materia, resa in tele sostanziate suo accostarsi all’Informale non fu mai di colore. comunque adesione totale ed esaspe- rata, sia per la sua natura fondamental- mente moderata, sia per la reticenza Giuseppe Santomaso ad abbandonarsi a una gestualità trop- Venezia 1907 - 1990 po drammatica e a un automatismo ec- cessivamente radicale. Dagli anni Set- Dopo aver frequentato l’Accademia di tanta in poi le sue composizioni si fe- belle arti a Venezia, espose alle colletti- cero più controllate e organizzate in

46 raffinate forme geometriche, campite nobbe inoltre Carlo Cardazzo, pro- con colori più piatti e uniformi. prietario delle gallerie Il Naviglio a Mi- Al pari di Afro, che per molti versi gli lano e Il Cavallino a Venezia, che diven- è affine, la sensibilità cromatica di ma- ne il suo mercante di riferimento e a trice veneta è centrale nella pittura di partire dal 1953 lo mise il contatto con Santomaso, come è evidente anche il gruppo dello Spazialismo milanese, di nell’opera esposta in mostra (cat. n. cui Scanavino condivise alcune ricerche 19), del 1961, periodo in cui l’influenza anche se non vi aderì mai formalmen- del linguaggio informale è più presen- te. Si avvicinò in quegli anni alla poetica te. Segni netti dal cromatismo intenso dell’Informale, ricercando soprattutto e compatto, tracciati con gestualità vi- le potenzialità espressive del segno, tal- gorosa, si alternano a macchie di colo- volta associato a una forte sensibilità re più trasparente e liquido, che sem- materica (Il muro, 1954), talvolta teso a brano avanzare e retrocedere, crean- costruire minacciose forme di vita (For- do un effetto di grande luminosità e di ma in evoluzione, 1957), talaltra impe- spazialità dinamica: una composizione gnato a tracciare misteriosi e incom- animata da un moto ascensionale ori- prensibili grafemi (Alfabeto senza fine, ginato dalla direzione dei segni e dal- 1957), in consonanza da un lato con le l’accento rosso in alto. atroci distorsioni di Bacon, dall’altro con l’opera di Wols e di Mathieu. Par- tecipò alle più importanti manifestazio- Emilio Scanavino ni artistiche (fra cui si ricordano le Genova 1922 - Milano 1986 Biennali di Venezia del 1954, del 1958, del 1960, dove ebbe una sala personale Studiò al Liceo artistico di Genova, do- come anche nel 1966, e l’VIII e IX Qua- ve conobbe i maestri liguri della scuola driennale romana del 1961-1962 e di paesaggio, che influenzarono la prima 1965-1966 ) e vinse numerosi premi; la fase della sua pittura iniziata alla fine sua pittura nel corso degli anni si degli anni Trenta; una mostra personale orientò verso una maggiore definizione presso il Salone Romano di Genova spaziale, organizzando il segno in strut- presentò i paesaggi realizzati in questo ture architettoniche. Nel 1973 venne periodo. Nel dopoguerra si avvicinò allestita alla Kunsthalle di Darmstadt prima allo stile espressionista e, dopo una prima antologica, che passò poi un viaggio a Parigi nel 1947, alla pittura con poche modifiche a Venezia (Palazzo postcubista, anche se al linguaggio di Grassi) e nel 1974 a Milano (Palazzo derivazione picassiana si mescolò già Reale). Negli anni Settanta e Ottanta dagli ultimi anni del decennio un raffi- elaborò varianti delle sue composizioni nato linearismo, che fu il comune de- precedenti, producendo la serie Trama- nominatore della sua produzione suc- ture e riprendendo il tema degli Alfabe- cessiva. Espose nel 1950 alla Biennale di ti senza fine, con i quali si era avviata la Venezia e nel 1951 tenne una mostra sua personalissima scrittura segnica ne- personale presso la Apollinaire Gallery gli anni Cinquanta. a Londra, dove conobbe l’opera di Ba- La Composizione del 1970 in mostra con e di Sutherland, che esercitarono (cat. n. 28) appartiene alla serie Trama- su di lui una grande influenza. Nello ture, in cui il segno graffia la pittura stesso anno iniziò a frequentare il labo- creando l’effetto di una materia tor- ratorio di ceramica di Tullio Mazzotti mentata, effetto accentuato dalla mac- ad Albisola, dove incontrò Fontana e in chia bianca che lacera la superficie, a seguito diversi altri artisti, fra cui Dan- destra, come una ferita slabbrata; l’ar- gelo, Dova, Crippa, Jorn, Appel; qui co- tista riesce a creare con grande eco-

47 nomia di mezzi un forte senso di spa- personale le cui forme non apparte- zialità tridimensionale, la ricerca di un nessero che alla propria interiorità. altrove, di un aldilà o di un vuoto nul- Negli anni Cinquanta e Sessanta espo- la che si intravede oltre il “varco”, ol- se sia in Europa che negli Stati Uniti: tre la maglia che non tiene nella fitta oltre alla Biennale di Venezia di cui si è rete dei segni. già parlato, va ricordata in particolare la partecipazione alla prima edizione di Documenta a Kassel nel 1955 e la Gérard Schneider prima retrospettiva che gli venne de- Sainte-Croix, Vaud 1896 - Parigi 1986) dicata a Düsseldorf e poi a Bruxelles. Nel 1960 conobbe il gallerista Bruno Svizzero di nascita, ma francese di cul- Lorenzelli con il quale sottoscrisse un tura e di adozione, fu tra i più anziani contratto di esclusiva fino al 1975. Nel della generazione informale. Nel 1916 1970 fu organizzata un’altra importan- si iscrisse alla Scuola di arti decorative te retrospettiva alla Galleria civica a Parigi, dove si stabilì definitivamente d’arte moderna di Torino. nel 1924. Nel 1926 espose per la pri- L’opera in mostra (cat. n. 9), del 1958, ma volta al Salon d’automne. Negli an- è caratterizzata da una composizione ni successivi si avvicinò alla pittura tar- tesa e drammatica, una massa scura docubista e surrealista, staccandosi che sembra debordare dalla tela: grevi progressivamente dalla figuratività e pennellate nere, larghe, tracciate con arrivando precocemente rispetto al violenta gestualità, illuminate qua e là di clima culturale a destabilizzare la com- guizzi chiari, sembrano incombere sul posizione formale già dalla seconda fondo rosa, quasi invadendolo, e intrap- metà degli anni Trenta e nei primi anni polare delle forme dai colori intensi. La Quaranta. Nel 1946 partecipò alla pri- tela si trasforma in un campo dove agi- ma mostra di arte astratta e l’anno scono forze profonde, passioni che si successivo tenne la sua prima perso- traducono in gesti perentori, in azione: nale presso la galleria Lydia Conti a un modo di concepire la produzione ar- Parigi, in cui esponevano in quello tistica che ha portato la critica non so- stesso periodo anche Hans Hartung e lo a riconoscere a Schneider un ruolo Pierre Soulages, alla cui pittura gestua- importante nell’ambito dell’Informale le viene spesso accomunato; nel 1948 segnico-gestuale accanto ad Hartung e fu presente alla Biennale di Venezia, a Soulages, ma ad accostarlo all’espres- dove espose anche nel 1954 nel padi- sionismo astratto americano. glione francese con Hartung e Nicole De Staël. La sua pittura a partire dal 1953 fu caratterizzata da una gestua- Toti Scialoja lità energica e drammatica; la veemen- Roma 1914 - 1998 za del segno, accompagnata da un’e- splosione di colori carichi, esuberanti, Dalla metà degli anni Trenta frequentò spesso dissonanti, generava composi- l’ambiente della Scuola Romana gravi- zioni vorticose e caotiche in cui l’arti- tante intorno alla galleria La Cometa e sta riversava con forza emozioni e orientato verso una pittura espressio- passioni. Come egli stesso affermò, ap- nista; dal 1937, abbandonati gli studi di prezzava soprattutto la teoria surrea- giurisprudenza, si dedicò esclusivamen- lista della liberazione del subconscio, te alla pittura, realizzando i primi dipin- alla ricerca del superamento di tutti i ti dall’intenso cromatismo di matrice condizionamenti esteriori, per rag- espressionista. Espose nel 1939 alla III giungere un processo di creazione Quadriennale di Roma e tenne perso-

48 nali a Genova nel 1940 e a Torino nel scansione spaziale. Le prime Impronte 1941. Nel 1943 espose alla IV Qua- furono esposte nel 1958 alla galleria La driennale e a una collettiva con Leon- Salita di Roma. Tra il 1960 e il 1963 Scia- cillo,Vedova e Turcato presso la galleria loja soggiornò a New York e a Parigi, dello Zodiaco; nello stesso anno eseguì continuando a lavorare sulle Impronte, la scenografia dell’Opera dello straccione cui aggiunse spesso inserti materici. di John Gray, mettendo in evidenza quel Tornato in patria nel 1964 ebbe una sa- talento eclettico che lo portò a inte- la personale alla Biennale di Venezia e ressarsi nella sua vita di aspetti cultura- nel 1966 gli fu dedicata un’ampia anto- li molto vari: oltre che pittore fu per logica presso la galleria Marlborough di l’appunto scenografo, ma anche poeta, Roma. scrittore e docente all’Accademia di Dalla metà degli anni Sessanta Scialoja belle arti di Roma. Terminata la guerra, abbandonò gradualmente la gestualità durante la quale aveva preso parte atti- informale, geometrizzando progressi- va alla Resistenza, fondò il gruppo dei vamente le sue sequenze ritmiche. Nel Quattro fuori strada con Giovanni Stra- corso dei decenni successivi si susse- done, Arnoldo Ciarrocchi e Piero Sa- guirono le mostre in Italia e all’estero, dun. Espose nel 1949 al Museum of mentre il pittore accompagnava all’at- Modern Art a New York nella mostra tività pittorica quella di docente al- XX Century Italian Art e fu presente alle l’Accademia di belle arti, di cui fu per Biennali del 1950, 1952 e 1954. I viaggi lungo tempo anche direttore. compiuti nella seconda metà degli anni Per il novembre n. 2 del 1958 (cat. n. 10) Quaranta a Parigi lo portarono in con- appartiene alla prima serie di Impronte, tatto con le più aggiornate correnti ar- che rappresenta la vera adesione di tistiche europee, che influirono sulle Scialoja al linguaggio informale, dopo sue ricerche degli anni Cinquanta, ini- l’esperienza americana. Il pittore scris- zialmente neocubiste e poi indirizzate se proprio nel 1958 a proposito di verso l’arte astratta. La frequentazione queste opere: «Credo in un esprimere del gruppo Origine di Colla, Burri, Ca- che sia un imprimere, cioè toccare il li- pogrossi, Ballocco e l’amicizia con Afro mite, la pelle delle cose che amo, ade- da un lato e l’interesse per la pittura rire per necessità, ma non coincide- dell’espressionismo astratto americano re»14. La materia-colore dà vita a un dall’altro spinsero l’artista ad approfon- ritmo di forme in sequenza, come dire la sua ricerca sul colore, sulla ma- tracce e residui dell’esistenza umana, teria e sul gesto; fondamentale fu la creando una scansione che è insieme mostra personale nel 1956 presso la spaziale e temporale. galleria di Catherine Viviano in occasio- ne della quale si fermò negli Stati Uniti alcuni mesi, conoscendo direttamente i Giulio Turcato pittori della Scuola di New York, rima- Mantova 1912 - Roma 1995 nendo influenzato in particolare da Rothko. Al 1957 risalgono le prime Im- Formatosi artisticamente fra il 1925 e il pronte, tele impresse con una matrice 1933 a Venezia, dove frequentò la Scuo- carica di colore (in genere un foglio di la dell’arte, il Liceo artistico e la Scuola carta), che depositava su di esse, come libera del nudo, Turcato si stabilì a Mila- un timbro, tracce cromatiche secondo no a partire dal 1937; qui lavorò nello sequenze ritmiche generatrici di una studio di un architetto ed espose per la

14 Toti Scialoja, Giornale di pittura (1954-1964), citato in R. Pasini, L’Informale Stati Uniti Europa Italia, Bologna 1996, p. 339.

49 prima volta nel 1940 in una mostra col- fra cui ricordiamo la partecipazione al- lettiva alla Galleria Grande. Nel 1942 la seconda edizione di Documenta a insegnò disegno a Venezia e l’anno suc- Kassel nel 1959 e il premio alla Qua- cessivo espose con Scialoja e Vedova al- driennale romana del 1966, anno in cui la galleria dello Zodiaco di Roma, dove ebbe anche una sala personale alla si trasferì dopo l’8 settembre del 1943. Biennale di Venezia. Importanti per l’ar- Le matrici pittoriche cui si ispirava la ricchimento della sua opera furono an- produzione di quegli anni erano il Cu- che i numerosi viaggi in Europa, in bismo e l’Espressionismo. Nell’imme- Estremo Oriente, in Marocco, in Egitto diato dopoguerra partecipò all’intenso e in Kenia. A partire dalla metà degli an- dibattito artistico: nel 1945 fu tra i fon- ni Cinquanta la sua pittura elaborò un datori a Roma dell’Art club con Enrico linguaggio basato sul segno e sulla ma- Prampolini, Piero Dorazio, Pietro Con- teria, sperimentando l’utilizzo di tecni- sagra, Antonio Corpora e altri, nel 1946 che e materiali diversi, come il collage e firmò il Manifesto della nuova Secessione la pittura su gommapiuma, che produs- artistica e nel 1947 fondò il gruppo For- sero superfici scabre, rugose (Gomma- ma 1 con Carla Accardi, Ugo Attardi, piume, esposte nella sala personale alla Pietro Consagra, Piero Dorazio, Anto- Biennale del 1966; Paesaggi lunari); alla nio Sanfilippo e Mino Guerrini, forma- fine degli anni Sessanta e ai primi Set- zione che propugnava una pittura tanta risalgono le serie Itinerari, Arcipela- astratta formalistica, in opposizione sia ghi, Orme, in cui creò suggestivi “paesag- al Neorealismo che al Neoconcreti- gi” surreali15 percorsi da colature e smo: «Noi ci proclamiamo formalisti e gocce di colore memori del dripping marxisti, convinti che i termini marxi- pollockiano, ma vivificate da un’inten- smo e formalismo non siano inconcilia- sità cromatica che sembra emanare lu- bili». In quello stesso anno partecipò al ce: in realtà, al di là delle sperimentazio- Fronte nuovo delle arti, con cui espose ni sulla materia che lo portarono a pre- anche alla Biennale del 1948. Nel 1950, parare le superfici con materiali diversi dopo aver trascorso un breve periodo (gommapiuma, sabbia, materiali catari- a Parigi, durante il quale era entrato in frangenti), il filo conduttore della pittu- contatto con la pittura francese post- ra di Turcato è stata la ricerca continua cubista, espose alla Biennale di Venezia, sulla natura e la qualità del colore. alla quale partecipò anche nel 1952 con Le due opere in mostra costituiscono il Gruppo degli Otto presentato da Lio- quasi un pendant, dato che hanno le nello Venturi e nelle tre edizioni suc- stesse dimensioni e risalgono agli stes- cessive; in quegli anni la sua pittura cer- si anni (1970-1971). L’una (cat. n. 29) cava di conciliare la libertà delle ricer- appartiene alla serie Itinerari e si inti- che formali con l’impegno politico e so- tola significativamente Mosche cinesi, ciale (Rovine di Varsavia e Bandiere, 1948- quasi la registrazione del volo disordi- 1950; Comizio, 1949; Miniera, 1950; Primo nato e impazzito di un insetto in trap- Maggio a Mosca, 1950-1951). Nel 1958 pola: ma il respiro della tela sta nell’in- alcune sue opere furono esposte al Mu- tensità cangiante del blu, il famoso blu seum of Modern Art di New York nella “Turcato”; la seconda (cat. n. 30), della mostra Painting in Post-War ; a parti- serie Orme, si intitola Floreale e pullula re da quegli anni si moltiplicarono le di forme e di tracciati che si aggrovi- esposizioni nazionali ed internazionali, gliano su un intenso fondo uniforme.

15 Gillo Dorfles nel suo Ultime tendenze dell’arte d’oggi (Milano 19815, p. 43) considera Turcato «a mezz’aria tra un’arte gestuale e l’evidente nostalgia di atmosfere surreali»; non si deve dimentica- re, inoltre, che la tecnica del dripping era stata anticipata dai surrealisti, in particolare da Ernst.

50 Le opere in mostra 1. Georges Mathieu (Boulogne-sur-Mer 1921) Senza titolo, 1952 olio su tela, cm 121x161 Brescia, collezione privata

52 2. Tancredi Parmeggiani detto Tancredi (Feltre [Belluno] 1927-Roma 1964) Senza titolo (Primavera), (1952-1953) tempera e tecnica mista su cartoncino, cm 48x68 Brescia, collezione privata

53 3. Jean Dubuffet (Le Havre 1901-Parigi 1985) Elefante bianco, 1953 olio su tela, cm 114,5x146 Brescia, collezione privata

54 4. Tancredi Parmeggiani detto Tancredi (Feltre [Belluno] 1927-Roma 1964) Senza titolo, (1954) olio su tela, cm 91x125 Brescia, collezione privata

55 5. Enzo Brunori (Perugia 1924-Roma 1993) Lampare a mare, 1957 olio su tela, cm 155x255 Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. 1271

56 6. Piero Dorazio (Roma 1927-Todi [Perugia] 2005) Senza titolo, 1957 olio su tela, cm 99x78 Brescia, collezione privata

57 7. Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé 1899-Comabbio [Varese] 1968) Concetto spaziale, 1957 anilina e collage su tela, cm 33x48 Brescia, collezione privata

58 8. Renato Birolli (Verona 1905-Milano 1959) Manarola, 1958 olio su tela, cm 53x28 Brescia, collezione privata

59 9. Gérard Schneider (Sainte-Croix, Vaud 1986-Parigi 1986) Senza titolo, 1958 olio su tela, cm 110x145 Brescia, collezione privata

60 10. Toti Scialoja (Roma 1914-1998) Per il novembre n. 2, 1958 vinilico su tela, cm 144,3x169 Brescia, collezione privata

61 11. Alfredo Chighine (Milano 1914-1973) Composizione blu e bianco, 1959 olio su tela, cm 162x113,5 Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. 1262

62 12. Luis Feito (Madrid 1929) Senza titolo, 1959 olio su tela, cm 50x65 Erbusco, collezione Bonetti Zucchetti

63 13. Giorgio Ascani detto Nuvolo (Città di Castello [Perugia] 1926) Senza titolo, 1959 dodici tempere su carta, cm 16,5x9 ciascuna Brescia, Collezione Arte e Spiritualità, inv. 2368-1, 2, 5, 6, 9, 10, 13, 14, 15, 16, 17, 18

64 65 66 14. Afro Basaldella (Udine 1912-Zurigo 1976) Senza titolo, 1960 olio su carta intelata, cm 35x50 Brescia, collezione privata

67 15. Luis Eielson (Lima 1924) Senza titolo, 1960 olio e cemento su tela, cm 85x65 Erbusco, collezione Bonetti Zucchetti

68 16. Agostino Ferrari (Milano 1938) Paesaggio, 1961 tempera su carta riportata su tela, cm 93x63 Brescia, collezione privata

69 17. Gino Meloni (Varese 1905-Lissone [Milano] 1989) Composizione, 1961 pastello su carta, cm 60x46,5 Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. 1233

70 18. Enrico Paulucci (Genova 1909-1999) Valle scura, (1961 circa) acrilico su tela, cm 90x120 Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. 1235

71 19. Giuseppe Santomaso (Venezia 1907-1990) Senza titolo, 1961 tecnica mista su cartoncino, cm 47x66 Brescia, collezione privata

72 20. Pompilio Mandelli (Villarotta di Luzzara [Reggio Emilia] 1912-Bologna 2006) Inverno grigio, 1962 tempera su legno, cm 70x50 Brescia, collezione dottor Gianpaolo Negrini

73 21. Bice Lazzari (Venezia 1900-Roma 1981) L’ostacolo, 1963 tempera, colla, sabbia su tela, cm 146x195 Brescia, collezione privata

74 22. Juan Del Prete (Vasto [Chieti] 1897-Buenos Aires 1987) Composición collage, 1963 collage su tela, cm 81x120 Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. 1264

75 23. Simon Hantaï (Biatorbágy [Ungheria] 1922) Sans titre, 1963 olio su tela, cm 60x45 Brescia, Collezione Arte e Spiritualità, inv. 780

76 24. Ilia Peikov (Sofia 1911-Roma 1988) Universo di fuoco, 1963 olio su tela, cm 59,7x79,5 Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. 1265

77 25. Ennio Morlotti (Lecco 1910-Milano 1992) Nudo (Nudo nella roccia), 1964 olio su tela, cm 64x93 Brescia, collezione privata

78 26. Antonio Corpora (Tunisi 1909-Roma 2004) Composizione, 1966 olio su tela, cm 100x70 Brescia, collezione privata

79 27. Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé 1899- Comabbio [Varese] 1968) Concetto spaziale. Attesa, 1967 idropittura su tela, cm 73x60 Lumezzane, collezione commendatore Sergio Saleri

80 28. Emilio Scanavino (Genova 1922- Milano 1986) Composizione, 1970 olio su cartoncino, cm 50x50 Lumezzane, collezione commendatore Sergio Saleri

81 29. Giulio Turcato (Mantova 1912-Roma 1995) Floreale (Orme), (1970-1971) olio su tela, cm 100x80 Brescia, collezione dottor Gianpaolo Negrini

82 30. Giulio Turcato (Mantova 1912-Roma 1995) Mosche cinesi (Itinerari), (1970-1971) olio su tela, cm 100x80 Brescia, collezione dottor Gianpaolo Negrini

83 31. Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé 1899-Comabbio [Varese] 1968) Concetto spaziale, 1959 ceramica, diametro cm 42,5 Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. ceramiche 322C

84 32. Quinto Ghermandi (Crevalcore [Bologna] 1916-Bologna 1994) Largo gesto per un massimo spazio, 1969 bronzo, cm 31x36 Brescia, collezione privata

85 33. Quinto Ghermandi (Crevalcore [Bologna] 1916-Bologna 1994) Momento del volo, 1970 bronzo, cm 60x77x51 Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. sculture 72

86 34. Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé 1899- Comabbio [Varese] 1968) Concetto spaziale, 1973 bronzo, altezza cm 25 Lumezzane, collezione Luca Saleri

87

REGESTO Alessandra Corna Pellegrini

DIPINTI poste per una civica galleria d’arte moder- na e contemporanea, catalogo della mo- 1. Georges Mathieu (Boulogne-sur- stra, Brescia novembre 1989-gennaio Mer 1921) 1990, Brescia 1989, p. 131 Senza titolo, 1952 Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. olio su tela, cm 121x161 1271 Firmato e datato in alto a sinistra: “Mathieu 52” 6. Piero Dorazio (Roma 1927-Todi Brescia, collezione privata [Perugia] 2005) Senza titolo, 1957 2. Tancredi Parmeggiani detto Tan- olio su tela, cm 99x78 credi (Feltre [Belluno] 1927-Roma 1964) Firmato e datato in basso a destra: “Do- Senza titolo (Primavera), (1952-1953) razio 57” tempera e tecnica mista su cartoncino, Brescia, collezione privata cm 48x68 7. Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé Firmato in basso a destra: “Tancredi” 1899-Comabbio [Varese] 1968) Brescia, collezione privata Concetto spaziale, 1957 anilina e collage su tela, cm 33x48 3. Jean Dubuffet (Le Havre 1901- Sul retro: firma e data “Lucio Fontana Parigi 1985) 1957”; bollo cartaceo Galleria Arte Elefante bianco, 1953 Centro Milano; timbro Galleria San Mi- olio su tela, cm 114,5x146 chele Brescia con firma Paolo Maiorana Firmato e datato in alto a sinistra: “J. Provenienza: Galleria Farsetti, Prato, Dubuffet 53” 991/1; Lucca, Collezione Tacconi, 1701/2 Brescia, collezione privata Brescia, collezione privata

4. Tancredi Parmeggiani detto Tan- 8. Renato Birolli (Verona 1905-Milano credi (Feltre [Belluno] 1927-Roma 1959) 1964) Manarola, 1958 Senza titolo, (1954) olio su tela, cm 53x28 olio su tela, cm 91x125 Firmato e datato in basso a destra: “Bi- Brescia, collezione privata rolli 1958” Sul retro: “Renato Birolli Manarola”; “A 5. Enzo Brunori (Perugia 1924-Roma Gildo Covelli 26 gennaio 1959” 1993) Brescia, collezione privata Lampare a mare, 1957 olio su tela, cm 155x255 9. Gérard Schneider (Sainte-Croix, Firmato e datato in basso a destra: “Bru- Vaud 1986-Parigi 1986) nori 57” Senza titolo, 1958 Provenienza: acquisto comunale (11 feb- olio su tela, cm 110x145 braio 1965) Firmato in basso a destra: “Schneider III Bibliografia: C. Vivaldi, Brunori, Roma 58” 1972, tav. 20 b/n; M. Apa (a cura di), Enzo Brescia, collezione privata Brunori: antologica 1944-1988, catalogo della mostra, Perugia 23 aprile-28 mag- 10. Toti Scialoja (Roma 1914-1998) gio 1988, Faenza 4 giugno-3 luglio 1988, Per il novembre n. 2, 1958 Perugia 1988, p. 79; R. Stradiotti (a cura vinilico su tela, cm 144,3x169 di), Dai Neoclassici ai Futuristi ed oltre. Pro- Brescia, collezione privata

89 11. Alfredo Chighine (Milano 1914- Esposizioni: Galleria Blu, Milano 1973) Brescia, collezione privata Composizione blu e bianco, 1959 olio su tela, cm 162x113,5 15. Luis Eielson (Lima 1924) Firmato e datato in basso a destra: “Chi- Senza titolo, 1960 ghine 1959” olio e cemento su tela, cm 85x65 Sul retro: bollo cartaceo “Galleria del Sul retro: firma e data Milione / Milano/ n. 8268”; a matita sulla Erbusco, collezione Bonetti Zucchetti cornice “Gnutti Brescia / offerto dal Sig. Bortolo Gnutti alla Galleria d’Arte Mo- 16. Agostino Ferrari (Milano 1938) derna/ Brescia 6 novembre 1964”; a Paesaggio, 1961 penna “12-1959 / Composizione Blu e tempera su carta riportata su tela, cm bianco” 93x63 Provenienza: dono di Bortolo Gnutti Firmato in basso a destra: “Ferrari” Bibliografia: R. Stradiotti (a cura di), Dai Sul retro: firma Neoclassici ai Futuristi ed oltre. Proposte Esposizioni: Galleria Arte Studio, Milano per una civica galleria d’arte moderna e Brescia, collezione privata contemporanea, catalogo della mostra, Brescia novembre 1989-gennaio 1990, 17. Gino Meloni (Varese 1905-Lissone Brescia 1989, pp. 131-132 [Milano] 1989) Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. Composizione, 1961 1262 pastello su carta, cm 60x46,5 Firmato e datato in basso a destra: “Me- 12. Luis Feito (Madrid 1929) loni 61” Senza titolo, 1959 Provenienza: dono dell’avvocato Cugini olio su tela, cm 50x65 del 1961 Firmato e datato in basso a destra: “Fei- Bibliografia: R. Stradiotti (a cura di), Dai to 59” Sul retro: bollo cartaceo della Galleria Neoclassici ai Futuristi ed oltre. Proposte Lorenzelli di Bergamo riportante titolo, per una civica galleria d’arte moderna e data e dimensioni; timbri della Galleria contemporanea, catalogo della mostra, Lorenzelli e della Galleria Michelangelo Brescia novembre 1989-gennaio 1990, di Bergamo Brescia 1989, pp. 133-134 Erbusco, collezione Bonetti Zucchetti Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. 1233 13. Giorgio Ascani detto Nuvolo (Città di Castello [Perugia] 1926) 18. Enrico Paulucci (Genova 1909- Senza titolo, 1959 1999) dodici tempere su carta, cm 16,5x9 cia- Valle scura, (1961 circa) scuna acrilico su tela, cm 90x120 Firmato e datato in basso a destra: “Nu- Firmato in basso a destra: “Paulucci” volo 59” Sul retro: bolli cartacei “Galleria La Bus- Bibliografia: C. De Carli (a cura di), Cata- sola / Torino / n. 5093”; “Premio Arezzo logo generale. La pittura, Roma 2006, pp. di pittura” 320-322, scheda 799 Provenienza: dono dell’autore Brescia, Collezione Arte e Spiritualità, inv. Bibliografia: R. Stradiotti (a cura di), Dai 2368-1, 2, 5, 6, 9, 10, 13, 14, 15, 16, 17, 18 Neoclassici ai Futuristi ed oltre. Proposte per una civica galleria d’arte moderna e 14. Afro Basaldella (Udine 1912-Zuri- contemporanea, catalogo della mostra, go 1976) Brescia novembre 1989-gennaio 1990, Senza titolo, 1960 Brescia 1989, p. 135 olio su carta intelata, cm 35x50 Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. Firmato in basso a destra: “Afro 60” 1235

90 19. Giuseppe Santomaso (Venezia Brescia, Collezione Arte e Spiritualità, 1907-1990) inv. 780 Senza titolo, 1961 tecnica mista su cartoncino, cm 47x66 24. Ilia Peikov (Sofia 1911-Roma 1988) Brescia, collezione privata Universo di fuoco, 1963 olio su tela, cm 59,7x79,5 20. Pompilio Mandelli (Villarotta di Firmato e datato in alto a sinistra: “963 Luzzara [Reggio Emilia] 1912-Bologna Ilia Peikov” 2006) Sul retro: bollo cartaceo “Galleria d’Ar- Inverno grigio, 1962 te / Bologna”; bollo “Associazione Arti- tempera su legno, cm 70x50 sti Bresciani / Brescia” Firmato e datato in basso a destra: Provenienza: dono del geometra Mario “Mandelli 1962” Dora Sul retro: bollo cartaceo “IX Quadrien- Bibliografia: R. Stradiotti (a cura di), Dai nale di Roma 1965-1966” Neoclassici ai Futuristi ed oltre. Proposte Provenienza: Galleria Nettuno, Bologna per una civica galleria d’arte moderna e Brescia, collezione dottor Gianpaolo contemporanea, catalogo della mostra, Negrini Brescia novembre 1989-gennaio 1990, Brescia 1989, p. 135 21. Bice Lazzari (Venezia 1900-Roma Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. 1981) 1265 L’ostacolo, 1963 tempera, colla, sabbia su tela, cm 146x195 25. Ennio Morlotti (Lecco 1910-Mila- Brescia, collezione privata no 1992) Nudo (Nudo nella roccia), 1964 22. Juan Del Prete (Vasto [Chieti] olio su tela, cm 64x93 1897-Buenos Aires 1987) Firmato in basso a destra: “Morlotti” Composición collage, 1963 Sul retro: “64x93 Morlotti 1964” collage su tela, cm 81x120 Brescia, collezione privata Firmato e datato in basso a destra: “Del Prete 63” 26. Antonio Corpora (Tunisi 1909- Sul retro: a penna “Composicion Colla- Roma 2004) ge”; bollo “Associazione Artisti Bresciani Composizione, 1966 / Brescia” olio su tela, cm 100x70 Provenienza: dono dell’autore Bibliografia: R. Stradiotti (a cura di), Dai Firmato e datato in basso a destra: Neoclassici ai Futuristi ed oltre. Proposte “Corpora 66” per una civica galleria d’arte moderna e Esposizioni: Galleria Alberto Valerio, Bre- contemporanea, catalogo della mostra, scia; Esposizione Fiera, Bologna Brescia novembre 1989-gennaio 1990, Brescia, collezione privata Brescia 1989, pp. 132 e 173 Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. 27. Lucio Fontana (Rosario di Santa 1264 Fé 1899-Comabbio [Varese] 1968) Concetto spaziale. Attesa, 1967 23. Simon Hantaï (Biatorbágy [Un- idropittura su tela, cm 73x60 gheria] 1922) Sul retro: “ho fatto una discussione col Sans titre, 1963 pittore Bacci c’erano anche Pino e Nora olio su tela, cm 60x45 che…” Firmato e datato in basso a destra: Bibliografia: M. Pasquali, La raccolta Ser- “Hantaï 63” gio Saleri 1954-2005, Brescia 2005, pp. Bibliografia: C. De Carli (a cura di), Cata- 76-77 logo generale. La pittura, Roma 2006, pp. Lumezzane, collezione commendatore 273-274, scheda 677 Sergio Saleri

91 28. Emilio Scanavino (Genova 1922- contemporanea, catalogo della mostra, Milano 1986) Brescia novembre 1989-gennaio 1990, Composizione, 1970 Brescia 1989, p. 151; M. Panzera (a cura olio su cartoncino, cm 50x50 di), Lucio Fontana nelle collezioni brescia- Firmato in basso a destra: “Scanavino” ne, catalogo della mostra, Associazione Sul retro: “Scanavino/1970/Composi- Artisti Bresciani, Brescia 18 settembre- zione”; timbri della Galleria San Miche- 13 ottobre 1999, Brescia 1999 le di Brescia e della Galleria Arte Bor- Brescia, Civici Musei d’arte e storia, gogna di Milano inv. ceramiche 322C Provenienza: Galleria San Michele, Bre- scia 32. Quinto Ghermandi (Crevalcore Bibliografia: M. Pasquali, La raccolta Ser- [Bologna] 1916-Bologna 1994) gio Saleri 1954-2005, Brescia 2005, pp. Largo gesto per un massimo spazio, 1969 84-85 bronzo, cm 31x36 Lumezzane, collezione commendatore Firmato e datato sul piedistallo: “Q. Sergio Saleri Ghermandi 1969” Provenienza: Galleria Lo Spazio, Brescia 29. Giulio Turcato (Mantova 1912- Brescia, collezione privata Roma 1995) Floreale (Orme), (1970-1971) 33. Quinto Ghermandi (Crevalcore olio su tela, cm 100x80 [Bologna] 1916-Bologna 1994) Firmato in basso a destra: “Turcato” Momento del volo, 1970 Provenienza: Galleria Medea, Milano bronzo, cm 60x77x51 Brescia, collezione dottor Gianpaolo Provenienza: modelletto presentato al Negrini concorso del Comune di Brescia per il monumento alla Resistenza da porsi in 30. Giulio Turcato (Mantova 1912- corso Magenta (1970) Roma 1995) Bibliografia: R. Stradiotti (a cura di), Dai Mosche cinesi (Itinerari), (1970-1971) Neoclassici ai Futuristi ed oltre. Proposte olio su tela, cm 100x80 per una civica galleria d’arte moderna e Firmato in baso a sinistra: “Turcato” contemporanea, catalogo della mostra, Provenienza: Galleria Medea, Milano Brescia novembre 1989-gennaio 1990, Brescia, collezione dottor Gianpaolo Brescia 1989, p. 151 Negrini Brescia, Civici Musei d’arte e storia, inv. sculture 72

SCULTURE 34. Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé 1899-Comabbio [Varese] 1968) 31. Lucio Fontana (Rosario di Santa Concetto spaziale, 1973 Fé 1899-Comabbio [Varese] 1968) bronzo, altezza cm 25 Concetto spaziale, 1959 Multiplo: esemplare 140/500 ceramica, diametro cm 42,5 Firmato e numerato sul retro: “Fonta- Firmata e datata in basso al centro: “L. na”; “140/500” Fontana / 59” Provenienza: Galleria Moretto, Brescia Provenienza: acquisto comunale Bibliografia: M. Pasquali, La raccolta Ser- Bibliografia: R. Stradiotti (a cura di), Dai gio Saleri 1954-2005, Brescia 2005, p. Neoclassici ai Futuristi ed oltre. Proposte 160 per una civica galleria d’arte moderna e Lumezzane, collezione Luca Saleri

92 Sommario

3 Presentazione Vasco Frati e Giuseppina Ragusini

5 L’informale, fenomeno complesso e multiforme Alessandra Corna Pellegrini

19 Schede biografiche Alessandra Corna Pellegrini

51 Le opere in mostra

89 Regesto Alessandra Corna Pellegrini

93

Classici del contemporaneo - 9 Tendenze informali dagli anni Cinquanta ai primi anni Settanta nelle collezioni bresciane Mostra promossa e organizzata dall’Associazione Artisti Bresciani in collaborazione con i Civici Musei d’arte e storia 22 settembre - 17 ottobre 2007

Cura della mostra Alessandra Corna Pellegrini Comitato scientifico Alessandra Corna Pellegrini, Vasco Frati, Elena Lucchesi Ragni, Maurizio Mondini, Renata Stradiotti Comitato organizzativo Luisa Cervati, Vasco Frati, Martino Gerevini, Giuseppina Ragusini, Laura Rossi, Piera Tabaglio, Giuliana Ventura Cura del catalogo Vasco Frati e Giuseppina Ragusini Progetto grafico del catalogo Martino Gerevini Allestimento Beppe Bonetti Referenze fotografiche Roberto Mora, Brescia Piera Tabaglio, dell’Archivio fotografico dei Civici Musei Fotostudio Rapuzzi, Brescia Trasporti Cortesi srl Squadra tecnica dei Civici Musei Assicurazione Società Cattolica di Assicurazione, Agenzia generale di Brescia Segreteria dell’AAB Simona Di Cio e Corrado Venturini

L’AAB e la curatrice della mostra rivolgono un cordiale ringraziamento per la loro preziosa collaborazione alla Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per le province di Brescia, Cremona e Mantova, in particolare al soprintendente Filippo Trevisani e al funzionario Rita Dugoni; alla direzione dei Civici Musei d’arte e storia, in particolare alla direttrice Renata Stradiotti, alla conservatrice Elena Lucchesi Ragni, a Luisa Cervati, Laura Rossi, Piera Tabaglio, Giuliana Ventura, Gerardo Brentegani e alla Squadra tecnica; a Maurizio Mondini; all’Associazione Arte e Spiritualità e ai collezionisti prestatori; alle Fondazioni ASM Brescia, CAB e Banca San Paolo di Brescia; agli sponsor.

Fotocomposizione e stampa Arti Grafiche Apollonio - Brescia Finito di stampare nel mese di settembre 2007. Di questo catalogo sono state tirate 1000 copie.