Storia Del Golfo Della Spezia Che, Più Della Dicitura a Stampa Sul Dorso Pergamenaceo, La Grafia Incontestabilmente Accerta Essere Di Vbaldo Mazzini

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Storia Del Golfo Della Spezia Che, Più Della Dicitura a Stampa Sul Dorso Pergamenaceo, La Grafia Incontestabilmente Accerta Essere Di Vbaldo Mazzini STVDI E DOCVMENTI DI LVNIGIANA IV Ubaldo Mazzini STORIA DEL GOLFO DELLA SPEZIA (inedito postumo ed altri scritti) ACCADEMIA LVNIGIANESE DJ SCIENZE GIOVANNI CAPELLINI LA SPEZIA EDITRICE 1981 Durante il trasferimento della biblioteca di Manfredo Giuliani dalla casa sulla Costa di Saliceto a Pontremoli per la sua futura sistemazione, ho rintracciato il manoscritto della storia del Golfo della Spezia che, più della dicitura a stampa sul dorso pergamenaceo, la grafia incontestabilmente accerta essere di Vbaldo Mazzini. Esso era rimasto ignoto agli amici ed a coloro che ambivano essere i di- scepoli del Mazzini, fuor che, di evidenza, al Giuliani, che mai però ebbe a parlarne, nemmeno nei molti colloqui dei suoi ultimi anni, quando proprio il Mazzini, le sue opere e le sue ricerche furono in quelli il principale argomento; notizia od accenni ad una storia detta Spezia ugualmente non erano emersi nell'ordinamento degli scritti del Nostro nella biblioteca civica della Spezia, alla quale ritenevamo fossero pervenute tutte le carte di Lui. La storia avrebbe dovuto essere narrata in alcuni 'libri' (il titolo infatti suona in testa al manoscritto Della storia del Golfo della Spezia libri...) ma la narrazione fu interrotta al termine del terzo capitolo del secondo libro, con la fine cioè del secolo XIV; del seguito non è rimasto che la sola indicazione Capitolo IV / Secolo XV. Se dell'interruzione possiamo dolerci, dobbiamo di essa valutarne il significato piuttosto che il motivo, perché le annotazioni in aggiunta, o per aggiunte, apposte, come ce ne assicura la pia matura grafia, qualche anno dopo la compilazione, sembrano attestare che il disegno non fu decisamente abbandonato ma solamente sospeso. Manca una precisazione della data o del tempo della redazione; tuttavia le espressioni usate, la intelaiatura del lavoro e la giovanile grafia, accertata su lettere di data certa, vogliono che quella sì assegni agli anni di poco anteriori al 1895. Di questo anno è una notazione in margine a pagina 89; le altre, in inchiostro rosso, sembrano posteriori di qualche anno e posteriori direi al 1897, anno della fusione della biblioteca comunale con la biblioteca della Società d'Incoraggiamento — cui seguì la nomina del Mazzini a direttore — siccome sembra potersi dedurre dal richiamo a Gaspare Massa ch'Egli fu sul bordo superiore di pagina 84. Il manoscritto, steso su carta che allora dicevasi di filo, forma ora un volume rilegato ed intonso; misura mm. 222 x 163; è composto dì dieci quinterni numerati con numeri arabi (duecento pagine, cioè, che san numerate ed occupate fino alla 197"), di un sesterno segnato I, di tre quinterni — dei quali soltanto il primo è numerato con II —, con 84 pagine quindi complessivamente, utilizzate però solo nette prime quartzntuno. Per l'assenza di correzioni e di riprese, per la precisione dell'impagina- tura il manoscritto si presenta come copia di una prima stesura; lungamente usato come accertano le condizioni, particolarmente della rilegatura, porta i segni di altre mani in tempi diversi: a pagina 187 (che in questa edizione corrisponde alla 74) alla frase a mio avviso il Bastione esisteva prima del 1273 è stato aggiunto appunto da altra mano E' del 1402 e, da altra ancora, No; il che lascia ammettere che il manoscritto sia passato per diverse mani e sia ritornato al suo estensore prima di rimanere a Pontremoli nella casa nella quale, ospite del Giuliani, è morto il Mozzini. E' evidente che la parte i quinterni detta quale sono segnati con numeri romani sia stata redatta in un secondo tempo, pur sempre innanzi il 1896, nel quale anno i capitoli III» IV e IV furono pubblicati, con leggere varianti della forma e con maggiore estensione della nota 33, sotto il titolo « II porto di Luni » «e « II Lavoro, giornale della Spezia » nei numeri 3, 4, 5, 6, 7 ed 8, rispettivamente del 18-19 e 25-26 gennaio, 1-2, 8-9, 15-16 e 22-23 febbraio 1896; parte che contiene infatti ì capitoli IV bis e VII bis, alcuni paragrafi per gli annali e diverse note a completamento del testo già offerto. Nella edizione le aggiunte e le note son collocate secondo i rimandi contenuti nel testo. La pubblicazione dell'inedito del Mazzini, più che essere atto di omaggio e segno dì devozione, vuoi indicare un momento nella storiografia di Luni-giana — quasi un punto limite del suo primo svolgimento —; vuoi essere apporto alla biografia dello storico in formazione al tempo della stesura e vuoi richiamare, soprattutto, il ripensamento che Quegli condusse a più sicuri approdi e che appare dai saggi, diretta continuazione dell'inedito, che già pubblicati, son qui riproposti. Mario N. Conti STORIA DEL GOLFO DELLA SPEZIA (inedito) Libro I Capitolo I II Golfo della Spezia Un ramo dell'Appennino, che si stacca dalla catena centrale, a nord dì Sestri Levante, corre lungo il mare a sud-est, e, giunto sopra la Spezia, spinge due lunghe braccia a scirocco, rinserrando le acque in seno assai vasto. Lo scoglio del Tinetto a ponente, e a levante il capo del Corvo ne formano le due punte estreme. La bocca maggiore del golfo ha di fronte ostro-ostro-levante, e corre 7100 metri dal Tinetto a Telare; il grado di latitudine di questa bocca, secondo il computo de! barone di Zach, è di 44°, 1', 36" 48, e quello dì longitudine 27° 37' 32" 29. Rispetto alla periferia del golfo in generale, il maggiore ingresso sta fra il capo del Tinetto e il promontorio del Corvo, ove è largo 8760 metri; si restringe poi su molti punti da 3500 a 2500 metri di larghezza; il suo ad- dentrarsi dentro terra dai due capi suddetti sino alla Spezia è di 10.000 metri. Si entra nel golfo per tre imboccature: la prima fra il Tino e il capo Corvo; la seconda fra il Tino e la Palmaria, e la terza, detta Bocca stretta o Bocca di Portovenere, fra questo paese e la Palmaria. La circonferenza interna del golfo è in molti luoghi intersecata da pro-montori che formano vari seni, tutti capaci di contenere un grande numero di navi. Il primo promontorio, che si presenta all'ingresso del golfo dalla parte di levante, è il capo di Maralunga sopra il quale esisteva un convento di frati Agostiniani, ora distrutto per costruirvi una batteria. Dopo una breve spiaggia segue il promontorio di Lerici, su cui è situato l'omonimo castello; quindi un terzo promontorio, separato dal secondo per un largo seno, sulle opposte rive del quale sorgono i due passi di Lerici e S. Terenzo. Più sotto a questo promontorio si restringe l'interno diametro del golfo, e sulla punta di S. Teresa è situata una poderosa fortificazione costrutta sopra una antica rovinata. Da questo punto non esistono altri promontori fino alla Spezia, cioè fino alla estremità del Golfo della parte di levante, presentandosi da per tutto una spiaggia aperta. La pianura della Spezia è divisa in due da una piccola catena di colline che, partendo presso la pieve di Marinasco, dal centro delle alture che cingono il golfo, terminano al mare con la Rocca dei Cappuccini, detta in antico la punta di Ferrara, sopra la quale è stata costruita una moderna batteria sul luogo di un antico convento di frati cappuccini. Da questo promontorio, che oramai non potrebbe veramente più chiamarsi con tal nome, essendone il mare alquanto discosto, la pianura si stende fino al paese di Ma-rola; in questo tratto sorgono la città della Spezia e l'arsenale militare marittimo, divisi l'una dall'altro dal torrente Lógora, deviato dal suo letto primitivo per servire di fosso sotto le mura dell'Arsenale. Oltre Marola si stende in mare il promontorio di San Gerolamo, che divide questo paese dal seno di Cadimare. Merita a questo punto far cenno della famosa Polla, o fontana d'acqua dolce, che scaturiva dal fondo e s'in- nalzava fino alla superficie del mare, a non molta distanza dal promontorio in parola. Questa polla destò le meraviglie di quanti, e forestieri e scienziati, visitarono il golfo della Spezia. Gerolamo de Marinis patrizio genovese (1) chiama nobile il nostro mare per questo insigne e perpetuo miracolo di natura; quippe acquae dulcis fons e mediis salsis undis erumpit, adeo co-phsus, ut repellere valeat accedentia parva navìgia. Lo Spallanzanì descrisse la polla in due lettere indirizzate a Catlo Bannet, affermando di aver attinto da quella della acqua dolce col mezzo d'un acconcio apparecchio inventato dal barone d'Isengard della Spezia. L'ingegnere francese Lepére nel 1808 fece un progetto per ottenere l'acqua potabile da questa polla, progetto che non fu accettato per la grande spesa che importava. Ora di questa polla non esiste più alcuna traccia in mare; per i lavori dell'Arsenale prima fu guasta; e poi scomparve del tutto per l'artificiale al- lungamento della spiaggia, e presentemente non ne rimane che un piccolo zampillo sul greto, dove vanno a lavare i panni le donne del paese. Dopo i piccoli seni di Cadimare e del Fezzano se ne apre un altro, detto di Panigaglia, dove Napoleone primo aveva divisato di costrurre un grande arsenale marittimo. Sopra questo seno elevasi la Castellana, uno dei monti più alti del Golfo, in cima del quale gl'ingegneri di Francia avevano condotto molto innanzi i lavori di una fortezza, che furono interrotti dopo tre anni, al posto di quella ora ne sorge una recentemente costrutta. Il seno di Panigaglia è diviso da quello delle Grazie dal promontorio del Pezzino co me dicesi ora, o, come pare fosse in antico, Operino. Su questo promontorio è stato costruito un nuovo forte nel luogo d'un antico distrutto dagli inglesi nel 1814.
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