Sandro Bolchi un vogherese per caso da Sempione a Teulada

1 – Primopiano Sandro Bolchi 2 – Elogio della lentezza e del silenzio 3 – “Regìa di Sandro Bolchi” 4 – I giorni e le opere di un maestro assoluto della messinscena 5 – Quattrocento attori per un solo regista 6 – Il mulino del Po 7 – I miserabili 8 – I promessi sposi 9 – Shakespeare, Dostoevskij e Tolstoj 10 – “Le nostre sono solo traduzioni” 11 – Sandro Bolchi in homevideo e streaming 12 – Per Renzo e Lucia i luoghi del cuore

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Sandro Bolchi un vogherese per caso da Sempione a Teulada

Testi di Susanna Bolchi, Nuccio Lodato, Giuseppe Polimeni, Virginia Saba

orso Sempione e via Teulada non furono soltanto i mitici indirizzi delle pionieristiche sedi televisive Rai dei tempi d’oro, ma anche, emblematicamente, i punti di riferimento geografici -estremi-della stra- ordinaria operazione unificante l’Italia degli anni CSessanta che Bolchi realizzò raccontando per immagini e parole ai suoi abitanti di allora Bacchelli e Victor Hugo, Manzoni e i grandi russi. Milioni e milioni di “telespettatori” guardarono e ascoltarono. Molti, poi, lessero anche... Alfabeti di lettura delle regìe a cura di Bolchi a cui fanno eco una disanima sulla traduzione di scritti in immagini e voci, il ricordo della figlia Susanna e i luoghi che furono teatro delle riprese per il televisivo I promessi sposi

2 OLTRE 167 OLTRE 167 3 PRIMOPIANO ● SANDRO BOLCHI - 1

Elogio della lentezza e del silenzio

Io sono sempre lo stesso, in fondo. Non vorrei mai il computer. Sandro Bolchi

Nuccio Lodato

oggettiva da una barca che naviga lentissima sul grande fiume durante tutti gli originali e a loro volta deliberata- mente rallentati titoli di testa: per poi passare a una rico- gnizione analitica, senza parole, di ampie carrellate cir- colari rotanti, al rullo compassato e distante di tamburi, Sdei cadaveri disseminati in un bosco innevato, durante la tragica ri- tirata napoleonica in Russia nel 1812 (Il mulino del Po del ‘63). Le prime parole vi verranno pronunciate dal generale dei genieri Poi- tevin/Guido Lazzarini dopo oltre sette minuti. In apertura dei Miserabili (1964), con un rigoroso e mai contraddet- Jean Valjean/Moschin si aggira di- to silenzio. Un barcaiolo rema len- speratamente, piano piano, per le tamente sul “ramo del lago di Co- povere stradine di Digne, alla vana mo”, mentre la voce del narrato- ricerca di un soccorso, di un boc- re Sbragia legge con analoga caden- cone e di un alloggio, incontran- za le prime righe del romanzo, con do un generale muro di estraneità, un solo flash evocativo (“soldati spa- diffidenza e minaccia nella comu- gnoli, che insegnavan la modestia al- ne indigenza, fino a che si risolverà le fanciulle e alle donne del paese”...: I a bussare alla dimessa (“francesca- promessi sposi, 1967), ma anche qui Sopra: na”: oggi con più pieno senso!) por- i due bravi interromperanno la pas- Il mulino del Po ta del vescovo Myriel. Il tutto in elo- seggiata col breviario di don Abbon- (1963) quentissima espressività, conseguita dio/Carraro, rivolgendogli la paro-

4 OLTRE 170 A sinistra: I Miserabili (1964)

casuale, con il periodo del Mulino del Po e de I promessi sposi, dei Miserabili e de Le mie prigioni. La realtà è che in quell’ormai remo- la minacciosamente, solo al quarto lattiginoso ampex? to quanto aureo decennio, prima minuto di svolgimento. Quando, ne È la stessa accusa di “lentezza”, nel quieto poi convulso, tra benesse- Le mie prigioni (1968) Silvio Pelli- pubblico pregiudizio e nella menta- re, sollevazione e riflusso, Bolchi co/Grassilli viene tradotto in gon- lità conforme dei programmatori tv e Rossellini remavano nella me- dola ai Piombi, si registrano ben 5’ odierni, che ha portato alla damna- desima direzione, quasi presaghi (per l’esattezza ...) di muto e penso- tio memoriae dei capolavori didatti- della fine che avrebbe potuto fare so avvicinamento, scanditi solo dai co-televisivi di Rossellini: non sol- mezzo secolo più tardi un popolo colpi del gondoliere che rema. E si tanto dei supremi Atti degli Apostoli genialmente intraprendente, ma potrebbe continuare. (1969) ed Età di Cosimo (1974), gravato da un deficit storico-cultu- Che sia tutta una questione di rit- ma addirittura del tutt’altro che di- rale complessivo pesantissimo, del mo, o più ancora e piuttosto di lungato e analitico La presa del po- quale stiamo tuttora quotidiana- bianco e nero: di, ai nostri occhi “al- tere da parte di Luigi XIV (1966). mente constatando (e pagando) le tamente definiti” odierni, sfocato e La coincidenza cronologica non è conseguenze.

OLTRE 170 5 In alto a sinistra: Tino Carraro/Javert ne I Miserabili (1964)i; in basso a sinistra: Sarah Ferrati ne La pazza di Chaillot (1961); al centro: ne I Miserabili; a sinistra: Raf Vallone ne Il mulino del Po (1963); sotto: Corrado Pani; in basso: Tino Carraro; a destra: Sandro Bolchi sul set de Il mulino del Po

Erano perfettamente consapevoli, aver potuto vederlo, il suoi interpreti. con la lucidità istintiva sola dei gran- nostro “concittadino “Vallone, Lazzarini, di, che la battaglia decisiva si giocava per caso”, cimentarsi Moschin, Carraro, Nin- sul fronte che contrappone istruzio- in un “vero” film per le chi, Pani, Merlini” sono ne ad analfabetismo, cultura ad igno- allora fiorenti sale, anzi alcuni dei nomi cano- ranza. Bolchi aveva allora risolto di che limitarsi a utilizza- nici che l’intervistatore spingere gli italiani alla lettura, con re il mezzo pensando Tabanelli sottoponeva la sua sistematica, paziente e minu- sempre in esclusiva al a Bolchi, la cui rispo- ziosa rivisitazione dei classici; Rossel- teleschermo come de- sta è illuminante: “Ero lini di dare loro autoconsapevolezza stinazione ultima del molto amante dei miei raccontando via via la Storia, quella proprio lavoro. Ma che attori, tendevo a cam- nostra e quella degli altri. Entrambi a un certo punto Bol- biare poco. Avevo una avevano individuato, per vie diverse chi sia comunque pas- mia esclusiva, con alcu- – il primo condividendone le origi- sato, e con risultati stra- ni ho addirittura girato ni; l’altro convertendovisi una decina ordinari (La coscienza l’80% dei miei film. d’anni più tardi – nella televisione il di Zeno!) a fare film veri e propri, Può aggiungere Randone, Grassilli e la mezzo ideale per giungere al contatto sia pure a solo terminale Rai, non lo Massari, coi quali ho girato gran par- capillare con tutti. Bolchi arriverà a si dice mai, confinandolo in eterno te dei miei lavori. Dovevano capirmi, fare cinema per proseguire con di- nella pretesa categoria riduttiva dei sopportarmi, ero molto noioso con gli verse e più aggiornate tecniche nel “registi televisivi”: sia pure il massi- attori, quasi ossessivo, provavo tan- proprio discorso iniziale. Rossellini mo tra loro. Che possiamo leggere, tissimo assieme a loro, li confessavo a troverà nella produzione televisiva il in parallelo, anche a confronto con parte dando ogni volta consigli e alla mezzo per concretare percorsi pro- un altro gigante dello spettacolo ita- fine ottenevo sempre ciò che volevo. Per duttivi che il circuito del cinema tra- liano nella seconda metà del secolo esempio, Randone lo provavo a tu per dizionale non gli avrebbe più (nep- scorso, Giorgio Strehler. Non soltan- tu come in un confessionale. Con Lea pure a lui!) assolutamente permesso. to per l’accomunante rimpianto im- Massari provavo a casa sua. Erano un In qualche misura, possono persino possibile (se anche lui si fosse deciso po’ tutti attori teatrali molto semplici: dare l’idea di aver dovuto sconfinare a fare un film! Quei Mémoires goldo- un Carraro enfatico non si è mai visto per costrizione ciascuno nel campo niani, sempre annunciati, e sceneg- in teatro. A teatro era ‘secco’, Giulia dell’altro. In realtà gli obiettivi che giati senza approdo finale…) ma per Lazzarini in teatro era ‘secca’, e io li si proponevano (Rossellini, più an- il comune primato dell’attenzione e prendevo così”. ziano di una o due generazioni, nella dell’affezione ai “propri” attori. In Il possibile parallelismo con Strehler fase conclusiva della carriera; Bolchi più di un caso ma non a caso co- si materializza anche – oltre che nelle per il suo intero arco, e quindi prece- muni: atteggiamento che li accomu- stature comparabili, rispetto a campi dendolo) erano e restano visibilmen- na all’ultimo e più giovane gigante espressivi così radicalmente diver- te comuni. dell’epoca, Luca Ronconi, per buone si – proprio nella comune centralità Potrebbe restare il rimpianto di non ragioni a propria volta fedelissimo ai di definiti attori, da Bolchi amati

6 OLTRE 170 perché “secchi”, e insieme, vedi un in volta, nel tempo, proponendo: inimitabile Bolchi può forse davvero po’, icone portanti strehleriane come Capolicchio e la Tamburi, la Fani essere rinvenuto, col senno di oggi, Carraro e la Lazzarini. e Patrizi, Vettorazzo e la Brochard, non tanto nella facile leggenda del Si osservi il quadro generale degli senza pregiudizi o snobismi. Lui sa grande divulgatore, quanto nella così attori principali impiegati, dopo i quello che vuole da loro, e chiunque negativamente sbandierata, in una fedelissimi “bolognesi” delle origi- si guarda bene dal lasciar cadere una lettura superficiale e inconcludente, ni, come appunto Grassilli, che non proposta di scrittura da Bolchi! Già lentezza. Come anche nell’assoluto ricordava mai le battute, rivela con distribuzione del grande Re Lear Rai privilegio conferito all’uso delle pa- affetto Bolchi, o Matteuzzi. Emerge (e siamo solo nel ‘60: 200 minuti...) role – più spesso e volentieri originali proprio il folto e agguerrito manipo- sembra quasi un affettivo richiamo/ d’autore, nell’ambito della sua pro- lo degli “storici” di scuola Piccolo: rassegna dei suoi principali e più grammatica fedeltà – che vengono addirittura il leggendario Arlecchi- amati interpreti lungo la carriera, valorizzate e nobilitate evitando di no originario Marcello Moretti ne fin dalle origini de “La soffitta”. Ma inflazionarle: proprio col consape- La vedova scaltra, e poi Alberici, De non si fa mancare neppure le star del vole e deliberato ricorso al silenzio. Toma, Pepe, Fanfani, Busoni, Det- cinema europeo: Micheline Presle In questa scelta risiedono, oggetti- tori, Polacco; e “nuovi” ancor che nella Lulù lunga con l’immensa Me- vamente, la sua modernità e il suo effimeri, come ad esempio la Briglia- lato; Fernando Rey e Anna Galiena rigore: perché attraverso di essa – se dori. Non c’è regista italiano del No- in Una donna a Venezia con la giu- ancora vogliamo e siamo in grado di vecento che abbia fatto ricorso a un stamente iper-amata Massari. avvalercene – ci si riapre lo spazio di parco interpreti di vaglia così esteso, Oltre a essere, senza possibilità di riflessione personale continuativa ne- e insieme qualificato, fino a tendere smentita, indubbiamente il regista cessaria per continuare (o, più proba- quasi alla totalità: neppure Strehler, italiano più “visto” in assoluto: som- bilmente ritornare) all’esercizio di un neppure Visconti, neppure lo stesso mando i 18 o 20 milioni che siano diritto-dovere troppo spesso dimen- Ronconi. Ma neanche i suoi soda- stati per I promessi sposi (oltre il 40% ticato con rinunciataria leggerezza. li-concorrenti tv inflazionanti, co- degli abitanti dell’epoca!) con quelli Quello di poter fare il nostro libero me Majano o D’Anza, sono riusciti degli altri lavori, si può pervenire a e spontaneo, autonomo e critico la- a giungere a tanto. Il suo elenco è cifre talmente strabilianti da sconsi- voro di spettatori. Una necessità di un grande “chi è” del teatro italiano gliare a priori di calcolarle. L’anoni- cui Sandro Bolchi era assolutamen- del secolo scorso: mancano giusto… mo maturando che, in sede d’esame, te consapevole: un bisogno generale i superdivi requisiti dallo schermo, parlando dei Promessi ne citava come propiziando il quale, con l’occhio al- Gassman e Mastroianni, Sordi e To- autore Alessandro Bolchi (lo ricorda, la volontà di contribuire a “formare” gnazzi, Loren e Lollobrigida, e poco quasi mortificato e impensierito, lo l’Italia di allora, aveva forse proble- d’altri. Con loro ci sarebbero proprio stesso regista…) dà la misura tanto maticamente intuito, come il Ros- tutti. Ma spicca altresì la prontezza paradossale quanto profonda di quel sellini ” pedagogista” alla Comenius di cogliere e utilizzare al meglio volti successo fuori dall’ordinario. 1960-1975, il ben più sconfortante nuovi che l’attualità scenica, scher- E tuttavia, tornado al discorso ini- quadro di quella di oggi. mica e teleschermica viene di volta ziale, il segreto che rende unico e Nuccio Lodato

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PRIMOPIANO ● SANDRO BOLCHI - 2

A sinistra: Susanna Bolchi

Un uomo, un padre, un artista nel racconto della figlia «Regìa di Sandro Bolchi»

Susanna Bolchi e non si è vergognato di contattare Memo Benassi, che era un divo: lo are che tutte le bimbe abbiano un’adorazio- convinse a recitare per lui e lavora- re per quei giovani senza passato e ne per il papà. Io no. Almeno fino ai sette an- dall’incerto futuro. ni. Quell’omone grande e grosso – un me- Mia madre, fanciulla bellina e attira- tro e ottantacinque e centodieci chili di pe- ta dal teatro, comincia a seguire con so – dall’aria severa, lo confesso, mi terroriz- un’amica le prove di uno spettacolo Pzava. Quando avevo due o tre anni e tentava di prendermi e papà la punta. Dopo un provino si rende conto che Welleda non ha in braccio, piangevo disperata. Una volta, a cinque, nel va- l’arte nel sangue e la confina a fare il no tentativo di trattenerlo e compiacerlo, non sapendo brusio di fondo. Lei chiede un’altra più cosa fare gli dissi, carina e sognante: «Papà, come possibilità e lui le propone il piccolis- porti bene la valigia!». Ma lui partì lo stesso. simo ruolo di una prostituta. «Aiutati col trucco perché sembri un’educanda» le suggerisce. Lei si Lo vedevo poco: il lavoro lo portava presenta con una margherita tra i via almeno sei mesi l’anno. In prima capelli. «Sono abbastanza perduta?» elementare a chi mi chiedeva: «Che sussurra. Fine di una carriera artistica lavoro fa tuo papà? » io rispondevo: e inizio di una storia d’amore che do- «Regìa di Sandro Bolchi». po sei mesi, nel 1950, si conclude col È sempre stato un uomo intrapren- matrimonio. Un matrimonio solido. dente, direi inarrestabile. Ha fre- La famiglia si trasferisce a Roma nel A lato: quentato le scuole tra Fiume, Pesa- ’63 e mio padre, che ha fatto diver- Sandro Bolchi ro e Trieste: poi da adulto Bologna, si lavori per sbarcare il lunario, è di sul set di Milano e Roma. Si è sempre sentito casa a Via Teulada. Con la costanza La coscienza di Zeno apolide. Ha fondato a ventiquattro di un mulo passa tutte le settimane (1988) anni un teatro stabile, “La Soffitta” per vedere se ci sia qualcosa per lui.

OLTRE 170 9 Conosceva un funzionario che im- mancabilmente gli risponde: «Ancora niente» guardando un tabellone dove erano scritti i progetti in programma e i registi a cui assegnarli. Un giorno, funzionario assente, papà vede che ac- canto ad una commedia manca il no- me del regista. Col pennarello mette il suo. Rientra il funzionario e mentre sta per dargli la solita risposta dice: «Sei fortunato, ti hanno assegnato questa». Con una piccola truffa inizia una prestigiosa carriera che durerà an- ni senza conoscere débacles. Quando si parla di Sandro Bolchi, Sopra si evoca un’epoca pionieristica della e a sinistra: televisione ed in parte è vero. Negli Sandro Bolchi anni ’60 i rapporti umani erano più e la figlia Susanna; semplici, immediati. Mio padre era in basso: vulcanico. Una scrivania disordinata due edizioni e piena di libri, un lettore vorace che di “La coscienza di Zeno” sfornava proposte come un flipper di Italo Svevo, palline. Quando pensò di fare I pro- libro tra i messi sposi andò dall’allora Direttore preferiti dal regista Generale e gli disse: «Vorrei fare I promessi sposi». E l’altro rispose: «E tu falli». Oggi non sarebbe pensabile un approccio di questo tipo. Era viziato dalla possibilità di bussa- amici Guardamagna e Mandarà. Lo famiglia a Novi Ligure. re alle porte (spesso entrava diretta- studio era un laboratorio: scrivania Volle girare a Trieste interni ed ester- mente) ed essere ascoltato, godere di colma di testi, per terra carte di cioc- ni. Seppe adattarsi con facilità ad un stima illimitata ed avere un’autono- colatini ovunque (che fosse goloso nuovo modo di raccontare che sosti- mia decisionale totale. Il suo essere non era un mistero), e se i libri non tuiva la telecamera con la cinepresa. il cavallo di razza della tv lo rendeva trovavano più ospitalità nelle libre- Quel lavoro gli diede moltissime libero. Libero ma ligio. Mai un gior- rie al limite dell’esplosione, allora li soddisfazioni e di pubblico e di cri- no di ritardo sui piani di produzione ammonticchiava per terra formando tica. Una su tutte, quella di Benia- previsti. Il suo motto: genio e rego- improbabili pile. Amava in modo Placido per “Repubblica” che latezza. particolare gli scrittori mitteleuro- gridava al miracolo. Il lavoro era anche il suo hobby: pei: Stuparich, Slataper, Svevo, Ma- «Non capisco le vacanze: uno va in gris. E poi i russi. Di vacanza se è stanco, se si deve ripo- ogni autore conosceva sare!» e si considerava un uomo for- l’opera omnia. Quando tunato perché faceva quello che gli smetteva di lavorare, per piaceva. Dal primo Mulino del Po in distendersi leggeva. Gli poi ha sempre lavorato solo su quel- ho sempre invidiato la lo che lo interessava: è stato un mo- rapidità (tre libri alla narca assoluto del piccolo schermo, settimana) e la concen- amatissimo però da chi lavorava con trazione. lui. A casa si chiudeva nello studio e Quando girò La coscienza consultava libri, saggi, che leggeva e di Zeno, dell’amato Sve- rileggeva: sottolineava e metteva no- vo conosceva vita, opere te. Tutto questo gli serviva per la ste- e frequentazioni: il libro, sura delle sceneggiature che scriveva che era sempre sul co- con la complicità ora del grande modino, ora gli fa com- Bacchelli ora di Kezich, ora dei suoi pagnia nella Cappella di

10 OLTRE 170 Sopra: Sandro Bolchi e Johnny Dorelli sul set di La Coscienza di Zeno

testa in ogni occasione (come tutti ha avuto i suoi momenti no) e ricomin- ciare senza piagnistei o recriminazioni. Debbo anche confessare di aver rivi- sto gli sceneggiati ad anni di distanza ed averli trovati moderni nello stile e sempre variati, anche nelle scelte degli autori. Classici e contemporanei. Cer- tamente aveva una predilezione per Mio padre non era un uomo banale. Qualche estate passata insieme – altri- le opere tratte da libri, ma non credo Gli piacevano le sfide, come quelle di menti eravamo mamma ed io – voleva fosse tanto per un fatto meramente far recitare la Vanoni, Nada, la Cin- dire per mio padre farsi raggiungere da divulgativo, quanto per il rispetto e quetti. Affidare a Dorelli il ruolo di Corrado Pani accompagnato da Mina l’ammirazione del lavoro enorme che Zeno Cosini fu azzardato, ma il risul- a Forte dei Marmi per parlare ancora lo scrittore doveva aver svolto nell’ap- tato eccellente. Amava gli attori ed era di lavoro. Per il resto la casa era sacra. profondire i personaggi e le situazioni: riamato. Sfido chiunque a trovare un Sono cresciuta con le commedie in di- cosa che in una sceneggiatura originale “cane”, come si dice in gergo, anche retta come il Riccardo III, con i musical avviene molto di rado a causa dei tem- nei ruoli più piccoli. Provava molto a di Garinei e Giovannini, con la Messa pi di consegna. D’altronde le successive tavolino con loro, sviscerava, rispon- da Requiem di Verdi. Il giorno dopo la versioni de I promessi sposi e le varie An- deva a dubbi o proposte per poi con- scuola saltava ma la sua tesi assoluto- na Karenina dimostrano come ancora cludere: «Adesso si fa come dico io, af- ria con mia madre era: «Recupererà: oggi la letteratura sia fondamentale. fidatevi». Era anche un uomo ironico vuoi mettere quello che ha imparato Di mio padre possiedo le opere che la ed autoironico che rendeva il lavoro ieri o quanto si è divertita?». Era vero. RAI ha trasformato in dvd, alcune di piacevole a tutti. Durante I promessi sposi frequentavo quelle che ha girato con la sua casa di Usò le musiche dei Pink Floyd per le medie e tutte le mie compagne era- produzione e poi nient’altro, perché lui Manon. In lirica firmò circa cento re- no innamorate di Nino Castelnuovo. non se ne preoccupava. Qualcosa ho re- gìe nei teatri più importanti: la Scala e Un giorno all’uscita di scuola eccolo il gistrato nottetempo nelle varie repliche. l’Arena, Napoli, Torino e via dicendo. bel Nino che mi viene a prendere con Teneva tutti i premi stipati in un cas- Chiamò per l’inaugurazione dell’O- un’auto sportiva. Capannello, autografi setto del tavolo da pranzo. L’ho sco- pera di Roma Renato Guttuso a fir- e le mie quotazioni salite di parecchio. perto quando se ne è andato. Non era mare le scenografie di Carmen. Cominciai a bazzicare i suoi set e ca- vanitoso: quindi anche delle sue sce- pii come si poteva lavorare du- neggiature non ho quasi niente. Sono ramente sempre col sorriso. Ne felicissima ad esempio del fatto che il I promessi sposi feci la comparsa suo Morte di un commesso viaggiato- e fu divertente, poi nell’Anna re con la Morelli, Stoppa e Orsini sia Karenina ballai un valzer. Finita tornato in edicola grazie all’iniziativa la carriera di attrice mi indirizzai congiunta di “Repubblica» e de “La verso la produzione, comincian- Stampa»: credo che il materiale ancora do dalla gavetta: segretaria di fruibile non sia tanto, quindi meglio edizione, aiuto regista etc. Quasi salvarlo in questo modo. Nelle scuole tutto quello che so l’ho imparato so che molti insegnanti usano la ver- stando attenta. Lo studio mania- sione de I promessi sposi di Bolchi per cale del testo, l’amore per gli atto- avvicinare gli studenti al Manzoni. ri che vanno guidati (oggi sembra Rimpianti? Solo due: I Vicerè di De quasi una bestemmia!), l’abilità nel Roberto che sceneggiò con Gesualdo Sopra: risolvere la ristrettezza di budget con Bufalino e La morte di Ivan Il’ich di bozzetto di Renato Guttuso soluzioni che si rivelavano più valide e Tolstoj. Uno aveva troppe carrozze, per la scenografia diCarmen , moderne. l’altro era considerato troppo funereo. con la regia di Sandro Bolchi, Quello che mi ha sempre colpito di La RAI fu irremovibile.. all’Opera di Roma mio padre era la capacità di rialzare la Susanna Bolchi

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Quarant’anni di regìa televisiva e tanto altro ancora I giorni e le opere di un maestro assoluto della messinscena

1924. 18 gennaio: nasce a Voghera, perché il padre è Enzo Biagi e Giuseppe Pardieri saranno tra i principi del ufficiale superiore nella caserma di Cavalleria, allora “Vit- giornalismo italiano nella seconda metà del secolo (e l’ul- torio Emanuele II”, della città. La famiglia è originaria di timo figura-chiave anche della vita teatrale bolognese e Novi Ligure, cui resta legata: il regista vi farà spesso ritor- nazionale); Luciano Damiani, architetto, diverrà sceno- no nei fine settimana in visita alla madre, anche negli an- grafo di fama internazionale; Giorgio Vecchietti, reduce ni del successo. dalla problematica esperienza condirettiva di “Primato” con Bottai, ma destinato ai fasti del giornalismo politico 1938. Risiede coi genitori a Sesana (oggi Sežana, in Slo- pionieristico in tv; Massimo Dursi, commediografo esor- venia: allora Italia), dopo un trasferimento legato alla car- diente, che metterà anche in scena; Vittorio Vecchi, futuro riera militare paterna. Frequenta i successivi studi a Fiume alto dirigente Rai. e il liceo a Trieste, dove ha come insegnante di lettere Giani Tutti insieme dànno vita a “La Soffitta”: primo tentativo, Stuparich, che dopo la maturità, al momento del congedo, col “Piccolo” di Milano, che Paolo Grassi e Giorgio Streh- gli vergherà di pugno, sulla sua copia da studente e appas- ler hanno aperto da pochi mesi, di un teatro istituzional- sionato lettore de La coscienza di Zeno, la dedica «un libro mente “stabile”, allora assoluta novità per l’Italia. che dovrai amare per tutta la vita». Vi conosce l’aspirante attrice Welleda Zangarini, che spo- Fa i primi passi come attore nel locale Guf, prima del trasfe- serà due anni dopo. rimento della famiglia, sempre in ragione delle incomben- L’iniziativa si propone come “Teatro della Città di Bolo- ze di servizio paterne, a Bologna. Conseguita la laurea in gna. Il primo titolo proposto è Tartufo di Moliére. Lettere, proseguirà nell’esperienza teatrale, inclinando però verso la regìa, e iniziando del pari un’attività giornalistica. Sotto: 1948. Fa gruppo con una cerchia di amici bolognesi La stagione 1949-50 di “La Soffitta” tutti destinati, come lui, a grandi cose: Lamberto Sechi, al Teatro della città di Bologna

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1949. Allestisce tra l’altro alla “Soffitta” Il matrimonio 19 57. Fonda a Roma con Mario Lanfranchi la casa di di Figaro di Beaumarchais, col titolo Il barbiere di Sivi- produzione pubblicitaria “B. L. Vision” (per Bolchi Lan- glia, tre anni dopo la mitica versione di Luchino Visconti franchi: poi “Intervision”) in concomitanza con l’esordio con Vittorio De Sica protagonista al Quirino di Roma. tv di “Carosello”, dalla celebre sigla inventata da Luciano Stende il soggetto che verrà realizzato, probabilmente Emmer (3 febbraio). Dirigerà più avanti di persona Al- anche su interessamento di Memo Benassi che vi prende berto Lionello nella seconda versione del celebre sketch parte, del film di coproduzione italo-francese di Maurice apposito, impersonato nella prima da Ernesto Calindri, Gam La taverna della libertà, che uscirà l’anno succes- per il “Cynar”: sarà poi definito da Pupi Avati “capolavo- sivo. Pubblica su “Cinema” (n. 29 della nuova serie, 30 ro dadaista” [La grande invenzione - Un’autobiografia, Bur dicembre) l’articolo I doppiatori hanno fretta. 2013]. Dirige anche per la Ferrero la serie tratta da Cuore. Gli spettatori abituali di “Carosello” faranno segnare cifre 1950. Vi mette in scena anche la novità dell’amico bo- competitive con quelle, insuperate, dei suoi Promessi sposi lognese Dursi La giostra: scenografo anche stavolta è Da- dieci anni dopo. miani, futuro collaboratore stabile di Strehler al Piccolo Mette in scena per la Rai Fedra di Racine (13 dicembre: milanese per i suoi maggiori allestimenti. Direttore di sce- al palinsesto televisivo saranno da qui in poi riferite anche na fisso è Giancarlo Zagni, poi a sua volta regista. Ripro- tutte le date successive). porrà fedelmente l’opera seconda dell’autore compagno Tra le numerosissime regìe liriche, oggi di non facile e im- d’avventura, poi drammaturgo di vaglia e critico teatrale mediata documentabilità, tra il febbraio e l’aprile allestisce del “Carlino”, in tv ventidue anni più tardi. alla Piccola Scala Il signor Bruschino di Rossini (direttore 1952. Risulta coinvolto, a livello di scrittura, nella pre- Gianandrea Gavazzeni) e Rita di Donizetti (direttore Ni- parazione del film di Goffredo Alessandrini Camicie rosse, no Sanzogno). a fianco degli amici Biagi e Renzo Renzi, cui i credits accor- 1958. I fratelli Castiglioni di Alberto Colantuoni (10 deranno l’ufficialità di soggetto e sceneggiatura. gennaio) e La casa del sonno di Carlo Bertolazzi (10 ot- 1953. “La Soffitta”, dove ha poi realizzato tra l’altro an- tobre). Dirige al Teatro delle Arti di Roma Il tacchino di che L’imperatore Jones di Eugene O’Neill in prima euro- Feydeau per conto della Compagnia Volonghi-Buazzel- pea assoluta, Il malinteso di Camus e L’avaro di Molière, li-Lionello. chiude per problemi finanziari. «Dopo il Piccolo di Milano 1959. Così è, se vi pare di Luigi Pirandello (prima edi- eravamo il teatro più autorevole d’Italia. In seguito mi dedicai zione, 17 gennaio) e poco dopo, ancora di Ugo Betti, Fra- all’opera lirica, al “teatro radiofonico” a Milano. Lavoravo na allo scalo Nord (20 marzo): «Commedia ostica, difficile, collegato col gruppo di Bruno Maderna e Luciano Berio, in che mai e poi mai mi avrebbero assegnato, perché era molto un centro di fonologia nel quale si catturavano voci, rumori, diffusa la tendenza a fare commedie popolari. La feci e fu il effetti, musiche che venivano in qualche modo stralunate e rese mio primo successo». metafisiche in misura straordinaria. Feci con loro Sette piani Faranno seguito La vedova scaltra di Carlo di Buzzati, in cui si racconta la storia di un delirio. In totale Goldoni (1° maggio), Un marito ideale avrò fatto per la radio cento commedie». [Giorgio Tabanelli, di Oscar Wilde (22 maggio) e la pri- Il teatro in televisione, I, Rai-Eri 2002, da cui anche tutte ma delle sue due edizioni del Giulio le successive citazioni in corsivo]. Cesare di William Shakespeare (22 1954. 3 gennaio: iniziano in forma ufficiale le tra- luglio: l’altra cadrà nel ‘65): «Pri- smissioni tv della Rai. ma e unica esperienza di teatro in tv rappresentato sul e ripreso dal palco- 1955. Nasce a Bologna il 15 aprile la figlia, unica, scenico. Esperienza che ha avuto un Susanna. esito banale, al punto da non farne 1956. Debutta nella regìa televisiva sul delle altre. Considero che la televisione Programma Nazionale (il solo di allora...) è televisione, il teatro è teatro, questa allestendo per il 2 gennaio un’opera liri- commistione di generi non mi sembra ca per bambini, Ahmal e gli ospiti not- giusta. Secondo me occorre reinventare turni di Gian Carlo Menotti, il primo in studio il teatro. Uno spettacolo anfi- atto unico composto espressamente bio, il cui solo merito era di divulgare nel 1951 per la tv negli Stati Uniti, Shakespeare. Ma non esiste uno stile di su tematica natalizia (Orchestra e Shakespeare da teatro, o è teatro o è Coro Rai di Milano, direttore Fer- cinema o è televisione». Era infatti la ruccio Scaglia). Il 3 agosto la pri- pura e semplice registrazione dello ma regìa teatrale in tv: Una bella spettacolo, diretto dallo stesso Bol- domenica di settembre di Ugo chi nell’ambito dell’“Estate teatra- Betti. Due settimane dopo alle- le”, al Teatro Romano di Verona 3 stisce alla radio Il re degli uomini giorni prima. di venerdì di Michael O’Molloy. Intenso lavoro nella parte con-

14 OLTRE 170 A sinistra: in Re Lear (1960); sotto: clusiva dell’anno: Il conte Aquila di Rino Ales- Tino Buazzelli si il 18 settembre, Miss Mabel di Robert C. Sheriff il 9 e Giorgio Washington ha dormito qui di M. Hart e G.S. Kaufman il 30 ottobre; Ruy Blas di Victor Hugo, infine, il 4 dicembre. 1960. Riceve a Reggio Emilia, nella prima edizione dell’iniziativa ideata da Daniele Piom- bi, il Premio Regìa Televisiva per il miglior re- gista dell’anno. Se lo aggiudicherà altre quattro tutto dal lavoro di Anton Giulio Majano, che volte. Gli organizzatori muteranno successiva- ne aveva accumulato ben otto titoli (ma anche mente il regolamento della manifestazione per da Mario Landi, Silverio Blasi, Daniele D’An- prevenirne ulteriori affermazioni… za, Mario Ferrero, Claudio Fino, Vittorio Cot- Vara Fine delle vecchie signore di Riccardo Ran- tafavi, Guglielmo Morandi, Giacomo Vaccari, goni 22 gennaio e l’assai più impegnativo Re Eros Macchi: gli altri pionieri). Però la com- Lear di William Shakespeare il 4 marzo: «Mi plessità della proposta di Bolchi fa compiere fu offerto da Salvo Randone che voleva fare Re allo sceneggiato televisivo della Rai un salto di Lear e mi disse: “Solo tu puoi farlo”. Allora era un qualità estremamente incisivo. attore di grande fama e in Rai ogni suo desiderio 1963. Il mulino del Po, da Riccardo Bac- era un ordine. Ho utilizzato quattro telecamere: chelli (prima parte, sceneggiato con l’autore: quella volta la Rai ci ha dato 25 giorni di riprese cinque puntate dal 13 gennaio, Rai Program- anzi che i soliti 18, e poi 20 giorni di montaggio. Lo spettacolo ma Nazionale): «Il mio primo sceneggiato. Il direttore gene- fu un successo». Completato, per una tv di Stato non adusa rale Sergio Pugliese mi chiese se l’avessi letto. Gli risposi che ancora a tirare i remi in barca alla faccia degli abbonati pa- non conoscevo l’opera di Bacchelli e lui mi invitò a leggerlo ganti in estate, da Tristi amori di Giuseppe Giacosa il 24 per effettuare un lavoro sul romanzo italiano d’autore, pro- giugno, Non si dorme a Kirkwall di Alberto Perrini il 15 ponendomi di realizzarne una prima serie e di chiudere la luglio e Anna Christie di Eugene O’Neill il 16 settembre. storia a pagina 455. Lessi il libro più volte e andai a Milano 1961. L’anno si apre con la triade: Spirito allegro di No- in via Borgonuovo da Bacchelli il quale si mostrò pienamente el Coward (13 gennaio), Enrico IV di Luigi Pirandello (24 interessato all’esperimento e mi disse subito: “Diamoci del tu”. marzo) e La pazza di Chaillot di Jean Giradoux (2 giu- Cominciai a scrivere a Forte dei Marmi le varie puntate, le gno). Poi l’inusitato exploit: La storia di Re Enrico IV, di quali venivano poi corrette da lui con osservazioni molto in- William Shakespeare (Secondo Programma neo-inaugu- telligenti e anche molto moderne. Successivamente si passò alla rato dalla RaiTV, 6 e 13 novembre): «Nacque dal fatto che scelta dell’attore e pensai immediatamente ad Alberto Lupo, si doveva inaugurare il secondo canale e allora la tv si permise ma Bacchelli propose Raf Vallone, un attore di cinema, perso- il gusto un po’ snobistico di fare la “signora della cultura”: e nalità molto importante in quegli anni. In seguito andai da anche dalla disponibilità di Buazzelli a interpretare Falstaff, Vallone a Sperlonga, il quale si rese disponibile ponendo tutta- e quindi potemmo fare queste 7-8 ore di spettacolo. Poi ho fat- via una condizione: voleva recitare nella parte del personaggio to una bella edizione radiofonica dell’Enrico IV. Nel tempo Lazzaro Scacerni, trasgredendo alla fedeltà del testo e apparire ho realizzato per la radio tutti i re di Shakespeare: Enrico V, senza barba. Enrico VI, Enrico VIII, Riccardo II, Riccardo III. Questa polemica scatenò una crisi di venti giorni terrificanti: Tra tutti questi, in Enrico IV storia e favola si mescolano Bacchelli voleva ritirare il copione, ma alla fine Vallone ebbe meglio […].. Il teatro veniva sempre trasmesso a serata unica, la meglio e lo stesso Bacchelli dovette rassegnarsi a questa strana mentre lo sceneggiato era programmato a puntate. Però quan- scelta. Poi si definì la scenografia esterna e si andò a costruire il do il testo era di una certa lunghezza - pensiamo ad esempio mulino a Ro. Cominciammo a girare in esterno. a certi classici - veniva trasmesso in due serate». Gli esterni per la prima volta assumono una grande impor- Allestisce a Trieste per il locale Teatro Stabile una memora- tanza; prima infatti si era abituati a girare soprattutto negli bile edizione di Un marito dell’amato Svevo, con la grande interni, perché la vita esterna (una carrozza che passava, un Marisa Fabbri protagonista. dialogo al parco) servivano solamente per dare aria all’opera. Dolce chiusa d’anno La brocca rotta di Heinrich von Questa scelta innovativa era proibitiva per la televisione di al- Kleist (27 dicembre). lora, provocò un momento di panico; un pubblico abituato a osservare piccoli luoghi, veniva travolto dallo spazio esterno del 1962. «Con l’avvento dell’Ampex siamo arrivati al mon- grande fiume. Tuttavia si incominciò bene; per girare i filmati taggio e potevamo girare scene molto corte. Quindi è cambiato esterni disponevo di un aiuto, Salvatore Nocita». molto il linguaggio: si è sveltito, i ritmi si sono fatti più stretti. È l’ultima grande produzione che la Rai realizza nello Credo di averlo usato per Il mulino del Po. Il montaggio era storico Studio 3 di Milano (e in esterni a Novi Ligure, molto relativo perché i blocchi che giravo erano già premonta- Predosa e Rivalta Scrivia) con esclusivi mezzi propri. Bol- ti, si attaccavano». L’intero anno è dedicato alla preparazio- chi si trasferisce in via definitiva a Roma con la famiglia, ne e alle riprese del suo primo grande sceneggiato ciclico. anche in ragione dell’annata estremamente intensa che il Già da quattro la strada al genere era stata aperta, soprat- grandissimo successo del Mulino gli dischiude: Processo a

OLTRE 170 15 A destra: Sandro Bolchi, al centro, presenta in tv la serie di episodi Tutto Totò, con giatura di Bacchelli e Bolchi, otto Cesare Zavattini, a sinistra, puntate dal 1° gennaio). Gli spettato- e Achille Campanile, a ri supereranno i 18 milioni. destra (1967) «Certamente non è un romanzo alle- gro, ma se questa pesantezza ha sedotto Gesù di Diego Fabbri il 10 maggio e venti milioni di spettatori, io sono con- Il capanno degli attrezzi di Graham tento di questo. Si tratta certamente di Greene esattamente un mese dopo. un romanzo pesante, tetro, cupo, teso, Lavora al Demetrio Pianelli, da Emi- piombato, con castelli, rovine. Questo lio De Marchi, su sua sceneggiatura: è il romanzo, altrimenti si fa un altro andrà in onda in quattro puntante dal 22 settembre. romanzo. Io non ho capito perché hanno rifatto I promessi 1964. I Miserabili, da Victor Hugo (sceneggiatura di sposi. È chiaro che essere fedeli è noioso: un marito fedele è Guardamagna e Bolchi, dieci puntate, dal 5 aprile): «Ci noioso, una moglie fedele è noiosa. È l’adulterio che è piccante. sono un po’ di esterni, le fogne per esempio sono state girate a E io allora consideravo il rapporto con il romanzo in termini Roma, erano le fogne comunali. Essendo I miserabili un’ope- di fedeltà. Oggi, chiaramente, i tempi sono cambiati. Perso- ra priva di cielo, era soffocata dai tetti, tutto quanto era pri- nalmente non ho potuto ricavarne grandi profitti, ma la Rai gione, tutto era girato in ambienti stilisticamente scelti, come che l’ha prodotto ha potuto trarne enormi guadagni, in quanto giardini finti, sale comunali, nei quali si svolgevano le scene le spese furono pressoché irrilevanti. Se non ricordo male furo- più drammatiche: si trattava quindi di una scelta stilistica. no investiti circa 500 milioni e si è arrivati a un incasso di Fui per alcuni aspetti l’inventore dei primi piani televisivi, vale oltre un miliardo e mezzo. Al montaggio abbiamo lavorato a dire raccontare con le facce, attraverso i volti dei personaggi. con molta calma, abbiamo lasciato passare un periodo di un I miserabili mi consentì di scarnificare quel tanto di enfatico, mese e mezzo dalle riprese e poi in tre mesi abbiamo fatto il di ridondante, di gridato perché più stringi il campo, più devi montaggio, l’edizione e la messa in onda. Quando lo abbiamo abbassare i toni delle battute e interiorizzare tutto. Le barrica- realizzato non c’era il colore. È un problema che non ci siamo te furono il mio tonfo più clamoroso, qualcosa di terrificante, nemmeno posti». perché non sempre si riesce a tradurre l’idea in un’immagine Del vento fra i rami del sassofrasso di René de Obaldia (2 che funzioni. settembre). Sono di quelle sconfitte che ogni tanto avvengono in cinema o Presenta di persona, il 4 maggio, in tv, intervistando in in televisione, perché un conto è l’idea di dire con dei dettagli, proposito Achille Campanile, Cesare Zavattini e il regista un conto è passare alle riprese con dei fucili a salve, con dei ra- responsabile della messinscena, il collega di specializzazio- gazzotti impreparati a creare queste piccole barricate. Fu una ne in sceneggiati Daniele D’Anza, la serie di episodi Tutto cosa terribile: quell’esperienza la vorrei cancellare dalla mia Totò, che ha prodotto per conto della Rai, su testi di Mario vita. La critica mi era affezionata e non ne fece un dramma. Amendola, Bruno Corbucci, Michele Galdieri e Antonel- Anzi, dirò di più, Giuliano Gramigna mi difese dicendo: “Se lo Grimaldi. Otto di essi (Il latitante, Il tuttofare, Il grande ha fatto così avrà avuto le sue ragioni”. Il pubblico rimase maestro, Don Giovannino, La scommessa, Totò ciak, Totò e pressoché indifferente, anche se allora la critica annoverava Napoli e Premio Nobel) verranno programmati con cadenza personaggi autorevoli come Gramigna sul “Corriere”, Moran- settimanale da quella data al 6 luglio. Il nono, Totò a Na- dini sul “Giorno”, Buzzolan sulla “Stampa”. tale, non andrà in onda per problemi di censura interna E i critici allora picchiavano. Nei miei confronti non furono dell’emittente di Stato, e verrà recuperato solo trent’anni duri, ma con Anton Giulio Majano, per esempio, sì: lo hanno dopo da Giancarlo Governi per Rete4. Il decimo, Totò yè distrutto, ingiustamente». yè, non aveva potuto essere terminato per la morte del prin- Lo stesso anno, Mastro don Gesualdo di Giacomo Vaccari cipe De Curtis, intervenuta il 15 aprile. da Verga è il primo sceneggiato per la tv realizzato su pelli- Coproduce anche per la tv (B.L. Vision), con l’amico Ma- cola con tecnica cinematografica. rio Lanfranchi che ne cura la regìa, una Traviata in forma di film per la tv, protagonista la di lui consorte, l’allora 1965. Giulio Cesare di William Shakespeare (19 feb- assai popolare soprano italo-americana Anna Moffo. braio). «Tornai sul Giulio Cesare per poterlo fare in studio. Questo è il vero Shakespeare televisivo, ed era un modo per 1968. Le mie prigioni, da Silvio Pellico (sceneggiatura vedere come Shakespeare resistesse a una prova straziante, cioè di Bolchi, Campana, Guardamagna e Mandarà, quattro alla televisione: l’avvicinarsi con la telecamera a questa orgia puntate dal 7 gennaio). di primi piani, di nasi, di occhi, a questo mondo visivo». Mette in scena e produce, per la Compagnia Morelli-Stop- Mette in scena alla Scala Don Pasquale di Donizetti (pri- pa, Il sottoscala di Charles Dyer (prima a Roma, Teatro ma: 21 gennaio) e Gugliemo Tell di Rossini (prima: 11 Eliseo, 12 maggio). febbraio), entrambe con maestro direttore e concertatore Morte di un commesso viaggiatore, di Arthur Miller (10 e Francesco Molinari Pradelli. 12 novembre). Figura come produttore del western all’italiana Sentenza di 1966. Sceneggia, con Aldo Nicolaj, Quinta colonna da morte, diretto ancora da Mario Lanfranchi, con Enrico Ma- Graham Greene, la cui regìa sarà però affidata a Vittorio ria Salerno, Richard Conte, e Adolfo Celi. Cottafavi. 1969. I corvi di Henry Becque (7 gennaio), Un mese in 1967. I promessi sposi, da Alessandro Manzoni (sceneg- campagna di Ivan Turgenev (24 giugno), Vita col padre di

16 OLTRE 170 A sinistra: in I fratelli Karamazov Lindsay e Crouse (24 agosto), I fratelli Kara- (1969); mazov, da Fedor Dostoevskij (sceneggiatura di sotto: Lea Massari in Fabbri, sette puntate dal 16 novembre): Anna Karenina (1974) «Volevo allontanarmi dall’iconografia falsamente russa, operistica. Infatti di Orsini abbiamo fatto una specie di capo nazista, ladro e con i capelli 1973. Puccini, di Dante Guardamagna albini. Gli esterni scelti a Novi Sad erano molto (cinque puntate dal 7 gennaio). Qui viene duri, grigi, direi molto cattivi. Girai un dialogo utilizzata per la prima volta l’Electronic Cam. tra due personaggi, tra Orsini e Simoni, imposta- Allestisce a Trieste, per il Teatro Stabile del to tutto sulle facce, con una durata complessiva di Friuli-Venezia Giulia, Il capitano di Köpenick ventidue minuti. La facce erano continuamente di Carl Zuckmayer: protagonista e scenografo variate: avvicinamenti, profili, rotazioni; i loro rispettivamente gli amici Renato Rascel e Lu- volti ingigantiti erano come due mondi che si ciano Damiani. scontravano. E il mondo è la faccia. Il cast era 1974. Carlo Gozzi di Renato Simoni (1° di grande valore artistico. Sapevo scegliere i miei febbraio); Così è, se vi pare di Luigi Pirandello attori: era una mania. Sono un regista che bada (seconda edizione, giugno). molto all’attore, lo segue, lo coccola, lo cura, lo Il consigliere imperiale, di Lucio Mandarà (3 accarezza, lo frusta anche ogni tanto». puntate dal 2 giugno): «Era un ritratto stori- 1970. Il cappello del prete, da Emilio De co austro-ungarico: con l’Ampex pronto registrai Marchi (sceneggiatura di Bolchi, tre puntate una scena di 22 minuti senza fermarmi, cosa che dal 1° febbraio): «I lavori a me più cari sono al cinema non si fa mai. Forse Hitchcock ha fatto i piccoli romanzi come Il cappello del prete - la cosa che io dei piani sequenza così: grande Hitchcock, picco- ricordo con maggiore tenerezza - in quanto consentono delle lo Bolchi». piccole trasgressioni: è scritto in italiano da me, ma è interpre- Anna Karenina, da Lev Tolstoj (sceneggiatura di Mainardi tato in napoletano; spostando e ripensando ad alcune sue par- e Bolchi, sei puntate dal 10 novembre) «Sandro Bolchi si ti. Con Ezio Frigerio ho fatto tre cose: I fratelli Karamazov, Il affanna a mantenere in vita un genere in cui la Rai co- cappello del prete - qui fu grandissimo - e Puccini. Ci furono mincia a non credere più. Straordinaria la presenza di Lea dei risultati dal punto di vista scenografico, straordinari». Massari: da sola regge le sei puntate» (Aldo Grasso, Storia 1971. Il mulino del Po, da Riccardo Bacchelli (seconda della televisione italiana). parte, sceneggiatura di Bacchelli e Bolchi, quattro puntate 1975. Un certo Marconi, film per la tv (sceneggiatura dal 18 aprile). di Garrone e Fabbri), realizzato l’anno precedente e man- Il crogiuolo, di Arthur Miller (19 e 21 maggio): «La regìa dato in onda il successivo. del Crogiuolo rispetto alle mie prime è certamente più dina- mica. Le prime erano molto statiche, lo zoom non c’era, solo 1976. Camilla, da Un inverno freddissimo di Fausta il carrello, per cui le immagini erano sempre un po’ “ballate”. Cialente (sceneggiatura di Pinelli con Bolchi, quattro pun- Inoltre si tendeva a recitare brani lunghi, larghi: qui ho ap- tate dal 18 aprile) Manon, da A.-F. Prévost (sceneggiatura prontato molte interruzioni. Il postmontaggio ha creato que- di Mandarà e Bolchi, quattro puntate dal 14 novembre): sta forte differenza tra la mia prima fase di lavoro e l’ultima. «Amo molto i Pink Floyd e qui ho scelto la loro musica che Ho sempre improvvisato sul posto al momento delle riprese, ho sembra strana per quest’opera. Ho utilizzato non soltanto dei seguito lo stesso metodo in quanto ero un creativo». brani ma l’intero disco. Volevo dare un tono piccante, un po’ Tre quarti di luna di Luigi Squarzina (7 e 9 luglio). moderno a Manon. Le telecamere utilizzate erano a colori e Con il successo de , scritto da Fla- l’abbiamo girato in studio. L’attrice era la debuttante Moni- minio Bollini e Giuseppe D’Agata e diretto da Daniele ca Guerritore». D’Anza, ha inizio la fortuna degli originali a puntate con- «Avevo 17 anni, il giradischi accanto al letto e mi addor- cepite appositamente per la tv: si apre una fase diversa ri- mentavo ascoltando i Pink Floyd ... immaginavo la fuga di spetto a quella dei romanzi sceneggiati tradizionali. Manon e Jean, il deserto ... fu cosi che convinsi Bolchi ...» Coproduce nuovamente, per la B.L. Vision, con Lanfran- (Monica Guerritore, “Twitter”, 9 dicembre 2017). chi alla regìa e la Moffo protagonista, il film per la tv Lucia [Di chiunque fosse il merito, la canzone era “Shine on di Lammermoor. You Crazy Diamond” e l’album “Wish You Were Here”, 1975… n.d.r.]. 1972. I demoni, da Fedor Dostoevskij (sceneggiatura di Fabbri e Bolchi, cinque puntate dal 20 febbraio), La 1977. La paga del sabato, da Beppe Fenoglio (sceneg- giostra, di Massimo Dursi (20 ottobre): «Ho fatto una vol- giatura di Giorgio Arlorio, due puntate dal 23 novembre): ta una commedia che era una sequela di primi piani, molto «Negli anni Ottanta sono passato dallo sceneggiato al telefilm, giocati, con carrelli intorno. Solo gli occhi, i dettagli: la faccia facendo La paga del sabato (e poi La vigna di uve nere, Una diventava una scena». donna a Venezia e Lulù, La coscienza di Zeno). Il telefilm Lulù, film per la tv dalla commedia di Carlo Bertolazzi (3 rispetto al cinema è un film più povero, per cui occorrono meno novembre): una prima versione in unica soluzione (seguirà soldi, viene girato più in fretta e questo richiede una differenza nel 1986 la miniserie in quattro puntate). sostanziale di linguaggio». continua a pag. 20

OLTRE 170 17 PRIMOPIANO ● LUOGHI

Sandro Bolchi e Johnny Dorelli daLaEredità coscienza diinvestire Zeno Scomodi lasciti del passato possono essere trasformati in ricchezza comune

18 OLTRE 148 Quattrocento attori per un solo regista

Si è tentato di ricostruire, attraverso la docu- mentazione cartacea e di rete raggiungibile, l’intero panorama degli interpreti scritturati da Sandro Bolchi per i propri allestimenti teatrali e televisivi. L’elenco è per forza di cose aperto e fallibile, considerando soprattutto la com- plessità di casting delle realizzazioni di mag- gior impegno tv e la precarietà dei supporti informativi teatrali. Ragioni di spazio costringono ad offrire que- sto ulteriore approfondimento soltanto online consultando il corrispondente testo in www. oltre.eu. Non si è riusciti ad estendere, per carenza di documentazione accessibile, la ricerca alla copiosa attività di regista lirico di Bolchi, in merito alla quale è stato giocoforza limitarsi ad alcune sporadiche indicazioni in sede cro- nobiografica. Sandro Bolchi in homevideo e in streaming

Fedra (1957) - www.htegunmanfilm.ml (integrale, 130’); I fratelli Castiglioni (1958) - Youtube (integrale, 96’); Il conte Aquila (1959) - Youtube (integrale, 111’); Frana allo scalo Nord (1959) - Youtube (integrale, 95’); La vedova scaltra (1959) - RayPlay (quasi…integrale, 80’); Un marito ideale (1959) - www.mediamaildirect.cf (durata imprecisata); Re Lear (1960) - Youtube (integrale, 197’); Il mulino del Po 1 (1963) dvd RaiTrade e ElleU; I miserabili (1964) - dvd Rai Trade e Fabbri/Rai; Quinta colonna (1966: regìa Cottafavi, sc. Bolchi) - Youtube (integrale,149’; I promessi sposi (1967) - dvd RaiTrade e Fabbri/Rai, Youtube (integrale, 480’); Tutto Totò (1967: produttore) - 9 episodi: dvd separati ElleU/Rai Trade; Le mie prigioni (1968) - dvd RaiTrade, Fabbri/ Rai, Youtube (integrale, 200’); Morte di un commesso viaggiatore (1968) - Youtube (integrale, 156’); I corvi (1969) - Youtube (integrale, 106’; I fratelli Karamazov (1969) - dvd Raitrade, Youtube (integrale, 350’); Il cappello del prete (1970) - Youtube (1ª e 2ª puntata - manca la 3ª - 112’); Il mulino continua a pag. 21

OLTRE 148 19 A destra: Corrado Pani in Bel Ami (1979)

Una donna a Venezia, di Guardamagna, Mandarà e Bolchi (12 novembre). 1978. Disonora il padre, da Enzo Biagi 1988. La coscienza di Zeno, da Italo (sceneggiatura di Bolchi, tre puntate dal 3 Svevo (sceneggiatura di Kezich e Guarda- dicembre): «Non ho utilizzato il colore in magna, due puntate dal 14 aprile): ne par- modo particolare, vale a dire secondo una lerà in una lunga, importante intervista tv ricerca antinaturalistica, perché ero poco di presentazione, tuttora fruibile (www. pratico di esperimenti con il colore. I testi letteratura.rai.it), che rilascerà anni dopo che facevamo erano tali da non richiedere particolari speri- a Maurizio Cascavilla per la rubrica “Una sera, un libro”. mentazioni». «Da ragazzo ho vissuto molti anni a Trieste, il mio professore è stato Giani Stuparich. Svevo era di casa e io sono cresciuto 1979. Il ’98, di Lucio Mandarà (3 puntate dal 14 marzo). con il culto di Svevo, io ed altri, come ad esempio Claudio Bel Ami, da Guy de Maupassant (sceneggiatura di Bol- Magris. Era impensabile che rifiutassi questa opportunità. chi con Letizia Palma, quattro puntate dal 23 novembre): L’ho realizzato con una mia casa di produzione e avendo «Corrado Pani? Più che il Bel-Ami bello, volevo un Bel-Ami una conoscenza profonda della letteratura di confine trie- canaglia, torvo, turpe, che creasse la grande truffa in una cit- stina - Saba, Svevo, Slataper, Stuparich, Magris - per cui tà gelida, bianca, non decorativa, non attraente, insomma era una cosa naturale, come prendere il pane di casa, e con come forse era la città di Torino, squadrata, e la tv me l’ha l’intento di farne una cosa mia, legata cioè a certi ambienti concesso. Volevano impormi Andrea Giordana ma io pensavo che avevo vissuto. In effetti non incontrai alcuna difficoltà a un altro volto, un Bel-Ami che incanta come un vero ma- nella realizzazione. scalzone. Sono i mascalzoni che incantano, non i belli. Tra La stampa ha riconosciuto questo lavoro tra i migliori in as- gli interpreti c’era Veronica Lario, che in realtà si chiamava soluto della mia carriera. Beniamino Placido ha scritto: “La Miriam Bartolini. Quando facemmo le riprese, incontrai in coscienza di Zeno di Bolchi è talmente bello che non trovo una pausa Silvio Berlusconi ed egli mi chiese del suo modo di le parole per dirlo”. È il mio primo film: la sceneggiatura è recitare e io gli confermai che era una brava attrice». in gran parte di Tullio Kezich e Dante Guardamagna. Ho 1980. Realizza per la Montedison il documentario avuto il coraggio di utilizzare un attore come Dorelli, di- Chimica. messo, pieno di dubbi. È un eccellente attore. Secondo me possedeva questa fragilità del personaggio che, come dice un 1981. Dei miei bollenti spiriti, di Gino Pugnetti (sce- critico, “inciampa nelle cose” come Charlot. neggiatura di Bolchi, tre puntate dal 19 maggio: un film, La tecnica non mi ha mai molto appassionato, ero sempre come d’ora in poi per gli altri titoli successivi). portato a scavare sui valori umani, però ho usato cinque o sei Realizza, per la rubrica Rai “Variety”, Carmelo in musica, espedienti molto semplici, dal punto di vista narrativo mol- commentato dalla sua stessa voce: vi intervista Bene sulla to comprensibili, che potessero sottolineare i dati psicologici vocalità, nella platea della Fenice a Venezia, lo segue per la del personaggio o certe situazioni di grave incertezza: ecco città e nelle prove del Manfred (in onda l’8 maggio) [ecce- per esempio l’inquadratura dall’alto. È essenziale in Zeno zionale e interessantissimo: aveva capito tutto di Carmelo il primo piano “in macchina”, dell’attore cioè che guarda anzi tempo!, n.d.r.]. l’obiettivo, perché La coscienza di Zeno è una lunga, tragi- comica confessione. 1984. Melodramma, di Sandro Bolchi (2 febbraio). Mi ponevo di fronte a un romanzo come un critico d’ope- La vigna di uve nere (2 puntate dal 6 giugno). ra: eliminavo le parti che mi sembravano inutili, posponevo, 1985. «Nel 1985 su “la Repubblica”, allora diretto da adattavo, si trattava di una mutazione forte. Specialmente Eugenio Scalfari, debutta Beniamino Placido con la sua negli ultimi tempi, quando ho realizzato La coscienza di Ze- rubrica A parer mio. La tivù entra da quel momento a pie- no di Svevo, che io ritengo la mia cosa migliore. Si trattava no titolo nel dibattito culturale e nasce la critica d’autore di una televisione veramente originale. Ma l’ho fatto vent’an- in cui tra gli altri si cimentano Omar Calabrese, Sandro ni dopo I promessi sposi. Per il cinema vent’anni non sono Bolchi, Enrico Vaime, Oreste del Buono» (Nanni Delbec- niente, mentre invece per la tv sono come il tempo che ci separa chi, La coscienza di Mike, Mursia, Milano 2009). L’attività dai fratelli Lumière: è un tempo enorme. È una questione di critica televisiva di Bolchi si esplica sul “Corriere” per un tecnologie, di mezzi, di tempo, di soldi. Rivisto a distanza di biennio, nell’intervallo di tempo fra la conclusione del pe- anni, splendido, solo che non l’ho riconosciuto, mi è sembrato riodo di Giuliano Gramigna e l’inizio di quello di Aldo amputato, perché dalla visione dello spettacolo in videocas- Grasso. Andrebbe meglio e più estesamente documentata setta ho notato che mancavano 40 minuti. Forse la Rai nel l’intensa attività giornalistica, costante ricorrenza lungo la trasmetterlo in replica lo ha tagliato». sua carriera, e che si fa più assidua nella parte conclusiva: 1989. Solo, di Cesare Giulio Viola. Coinvolge Gesual- per il “Corriere” anche ritratti di personaggi e rievocazioni do Bufalino in un trattamento da I viceré di De Roberto di esperienza personali; critica teatrale su “Oggi”; collabo- che non verrà realizzato (ci riuscirà, in tutt’altro modo, razione a “La Stampa”. quasi vent’anni dopo Roberto Faenza: andrà sugli schermi in versione sintetica nel 2007, e sui teleschermi integral- 1986. Lulù, di Bolchi e Guardamagna (2 febbraio);.

20 OLTRE 170 mente l’anno successivo). «Presto però Bolchi sarà di nuo- del Po 2 (1971) dvd RaiTrade e vo alle prese con un grande romanzo: con I Viceré, storia ElleU; Il crogiuolo (1971) - Youtube meravigliosa e affascinante di corvi luttuosi in una Sicilia (integrale, 160’); I demoni (1972) - da Gattopardo al cubo: lo rileggerò, con l’aiuto di Gesual- dvd RaiTrade e Fabbri/Rai, Youtube do Bufalino e come sempre insieme al mio amico sceneg- (integrale, 368’); Puccini (1973) giatore Lucio Mandarà, come fosse un Dynasty d’epoca, - dvd RaiTrade, Youtube (integrale, come un Via col vento nostrano, come l’affresco di una 342’); Così è, se vi pare 2 (1974) - Sicilia antica e già terra di mafie nobiliari...” (Laura Delli frammenti in Youtube; Il consigliere Colli, ibidem) imperiale (1974) - Youtube (integrale, 183’); Carlo Gozzi (1974) - Youtube 1992. Assunta Spina, da Salvatore Di Giacomo (7 (integrale, 113’); Anna Karenina settembre): «Ormai il teatro non interessa più la televisione. (1974) - dvd RaiTrade e ElleU; Prima il teatro entrava solo nelle grandi città, oggi si fa dap- Camilla (1976) - dvd Fabbri/Rai; Un pertutto, nei piccoli centri, nei paesi. C’è un consumo di teatro certo Marconi (1976) - dvd Fabbri/ enorme, per cui la gente non è più interessata al teatro che si Rai; Manon (1976) - Youtube (1ª e fa in tv: infatti gli indici di ascolto sono molto bassi. All’inizio 2ª puntata, 119’); La paga del sabato c’era un appuntamento con gli attori di teatro, oggi invece il (1977) - dvd Fabbri/Rai; Disonora teatro che si fa in tv viene proposto in un modo sbagliato. La il padre (1978) - dvd RaiTrade; Bel Ami (1979) - dvd RaiTrade e programmazione è alle undici di sera. Il punto è questo: o ci Fabbri/Rai, Youtube (integrale, 252’); si crede o non ci si crede. Ho fatto un’Assunta Spina con Lina Carmelo in musica (1980) - Youtube Sastri ed è andata in onda alle 22.45. O uno spettacolo del (integrale da sitosophia.org, 11’); Dei genere lo si propone in prima serata oppure non lo si fa. Secon- miei bollenti spiriti (1981) - Youtube do me non ci credono. Quando è nato il genere c’era carenza (integrale, 170’); La vigna di uve nere di teatro e oggi non è più tale». (1984) - Youtube (integrale, 217’); 1993. 16 luglio: RaiTre ripropone, per la serie DSE Melodramma (1984) - Youtube (3ª -“L’altrarete”, Una bella domenica di settembre. A com- puntata, 58‘); Una donna a Venezia (1986) - frammento in Youtube; Lulù pletare il dittico dell’ingiustamente dimenticato Betti, 2 (1986) - frammento in Youtube; scomparso da quarant’anni ma che Bolchi aveva fatto in La coscienza di Zeno (1988) - dvd tempo a incontrare e conoscere poco prima di realizzarne RaiTrade, frammenti in Youtube. le opere e della sua morte (1953), farà insperatamente se- guito, quattro giorni dopo, anche Frana allo scalo Nord. L’intervista a Bolchi e Guardamagna 1995. Servo d’amore: film - il suo ultimo lavoro in RAI su I miserabili (1963) in RaiPlay (11’); - che sceneggia lui stesso su proprio soggetto. Va in onda La presentazione di TuttoTotò, con su Rai2 il 3 settembre. Achille Campanile, Cesare Zavattini e Daniele D’Anza (4 maggio 1967) «Trentasei spettacoli. Non pensavo di aver lavorato così tanto. nel canale Diari di Cineclub di Sono molti e francamente non me li ricordo tutti. Ne ho re- Youtube; alizzato troppi e forse avrei dovuto produrne la metà. Ma il L’intervista a Bolchi su La coscienza di Zeno pubblico li ha amati tutti». in RaiScuola (15’). 2005. Muore il 2 agosto nella sua abitazione sulla Cas- sia, assistito dalla consorte e dalla figlia. Alle esequie presso Superfluo precisare che anche tutti i materiali la chiesa degli Artisti di Piazza del Popolo brilla l’assenza di caricati in Youtube sono di pertinenza esclusiva rappresentanti o corone della Rai, all’epoca in transizione, Rai. Di alcuni titoli (Il cappello del prete, Ma- non, Una donna a Venezia…) sono offerte on avendo a presidente facente funzioni Sandro Curzi e a di- line registrazioni private la cui attendibilità an- rettore generale, ancora per pochi giorni, Flavio Cattaneo. drebbe approfondita dagli eventuali interessati. Viene tumulato nella cappella di famiglia a Novi Ligure, L’elenco va ritenuto completo o definitivo, data nelle vicinanze della locale Pieve e del castello di Casaleg- l’estrema volatilità della filiera web, tendente gio Boiro, che aveva privilegiato nella scelta delle locations a mutare - anche in positivo - di momento in per I promessi sposi. momento. Consigliabile quindi l’attenzione a 8 ottobre: scompare anche la moglie Welleda. eventuali novità, specie in Youtube, Raiplay e 2009. simili. I canali “culturali” pubblici (Rai5, RaiPre- 2015. Agosto: Rai5 ricorda il maestro nel decennale mium, RaiStoria, RaiScuola: ora fruibili anche in della scomparsa riproponendo, in quattro successivi lune- streaming) potrebbero persino riprogrammare dì, Vita col padre, I corvi, Ruy Blas e Miss Mabel. in futuro - frequenza minore al desiderabile…- determinate “regìe di Sandro Bolchi”: spes ul- tima dea! a cura di Nuccio Lodato (n.l.)

OLTRE 170 21 Tutto il mondo ispirato da Victor Hugo Ma quanti... Miserabili

a caratteristica propensione di Due modi diversi di interpretare Riccardo Bacchelli LBolchi a romanzi di natura cicli- co-corale congiunti oltretutto da sot- tili corrispondenze interne (tanto la fortuna del protagonista di Hugo che quella del suo corrispondente in Bac- Il sintetico Lattuada, chelli ha inizio da una sottrazione di ori…), nel caso de I miserabili viene a ritrovarsi in assai folta compagnia, l’analitico Bolchi perché la smaccata popolarità dell’al- trettanto fluviale romanzo francese ha ell’intervista qui abbondante- frontabili, Lattuada negli altrettanti trovato nello spettacolo una fortuna Nmente utilizzata, Bolchi elogiava minuti a sua disposizione, trascrive, a prolungata forse ineguagliata. con la schiettezza e l’onestà consuete soli otto anni dall’uscita del volume Quando vara la propria edizione nel Alberto Lattuada per il suo preceden- corrispondente, solo parzialmente la 1964, potendosi avvalere di ben dieci te Il mulino del Po (film del 1949): terza parte dell’opera (Mondo vecchio puntate, era già stato preceduto di due «È un film molto bello. Lui ha fatto sempre nuovo) imperniando la narra- anni dal collega, altrettanto televisivo, un’operazione su tutti i capitoli del zione sulle figure di Berta (Carla Del francese Alain Boudet. Il teatro ave- romanzo, la sua narrazione copre tut- Poggio), Orbino (Jacques Sernas) e va fatto la propria parte, a partire già to l’arco della vicenda. L’ho visto solo Princivalle (Giacomo Giuradei), sullo dall’Ottocento. Il muto si era rifatto al per conoscenza, ero talmente conscio sfondo delle lotte sociali nelle campa- libro della vita di Hugo già ben sette che i due linguaggi erano differenti. La gne conseguenti anche all’imposizione volte (quattro negli Stati Uniti: 1909, prima differenza è ovviamente la gran- della tassa sul macinato, nell’ultimo 1917, 1925 e 1929; due in Francia: dezza dello schermo, perché il mio sce- trentennio dell’Ottocento. Bolchi, che Krauss 1912, Fescourt 1925, in quat- neggiato per la tv si può avvalere solo ha a disposizione, tra la prima parte del tro parti, condensate nelle edizioni di uno schermo piccolo e ristretto. La ’63 e la seconda del ’71 ben nove pun- per l’estero). Il sonoro, a tutt’oggi e seconda riguarda il ritmo, che nel mio tate per quasi dieci ore complessive, si limitandosi all’occidente atlantico, ci caso è di tipo fluviale, scandito da car- limita nel primo accostamento a occu- è di nuovo tornato su altre otto vol- rellate molto lunghe: ne ricordo infatti parsi del volume iniziale (Dio ti salvi, te tra Hollywood, Cinecittà e la natìa una lunga quattro minuti e mezzo, in fatti dal 1812 al 1848). Francia: Raymond Bernard 1933 (in piano sequenza. Nel caso di Lattuada il Nel secondo, otto anni dopo, recepisce tre parti), Richard Boleslawski 1935, racconto è concentrato, nel mio è dila- non soltanto la stessa materia di Lattua- Riccardo Freda 1947 (in due parti tato enormemente. Quindi sono due da (qui Berta è Ottavia Piccolo, Orbi- distinte: Caccia all’uomo e Tempesta modi diversi di raccontare una stessa no Carlo Simoni e Princivalle Giorgio storia. La terza differenza riguarda la Trestini), ma anche quella antecedente tecnica di ripresa: io lavoravo in diret- del secondo volume di Bacchelli (La ta con gli attori, lui invece ricorreva al miseria viene in barca). Figura che con- doppiaggio. Inoltre nel mio lavoro c’è giunge le due parti, quella di Coniglio molta teatralità, l’altro è invece un film Mannaro, interpretato da Raoul Gras- secco, rapido». Le osservazioni sono silli. Singolare che, a garanzia del let- tutte appropriate: non invece l’impres- tore-spettatore, per così dire, Bacchelli sione globale comparativa. accetti di partecipare alla sceneggiatura La… fluvialità del capolavoro di Bac- per entrambi. Nel caso di Lattuada, af- chelli “copre” le vicende della famiglia fiancato da un parterre de rois giovane Scacerni dalla partecipazione del “ca- che oggi appare incredibile (Fellini, Pi- postipite” Lazzaro alla ritirata di Russia nelli, Bonfantini, Musso, Comencini, (1812) alla morte del suo bisnipote e Romano e lo stesso regista); a quattro omonimo alla fine della prima guerra mani con lo stesso Bolchi nella secon- mondiale (1918). Dei 106 anni af- da occasione.

22 OLTRE 170 Tutto il mondo ispirato Alessandro Manzoni da Victor Hugo dal muto al kolossal Ma quanti... Le tantissime vite Miserabili de I promessi sposi

l più celebrato e popolare – anche co, con le due trasposizioni di Amilca- I se forse non il più amato – testo re Ponchielli ed Enrico Petrella nella in prosa della letteratura italiana (ma parte centrale dell’Ottocento, ancora Sopra: Bolchi ricorderà più volte di averne vivente Manzoni; è di pochi anni fa il manifesto intensificato fortemente la vendita (2010) il colossal in forma di musical di Le Miserables, film di con la sua trasposizione) conosce già ideato, scritto e messo in scena da Mi- Jean-Paul Le Chanois abbondantemente, e in maniera rei- chele Guardì con le musiche di Pippo (1957) terata, la via dello schermo durante il Flora, replicato trionfalmente per un muto. Nel giro di pochi anni tentano biennio in stadi e templi, trasmesso da di trascriverlo, in versioni via via dalla Rai1 e immortalato in dvd. su Parigi), Lewis Milestone 1952, Je- forzata brevità pur sempre maggio- Il capolavoro manzoniano ha fornito an-Paul Le Chanois 1957, Robert re, Morais nel 1908, Falena nell’11, molti spunti anche alla grafica: senza Hossein 1982, Claude Lelouch 1995, concorrenzialmente Del Colle e Ro- scomodare le illustrazioni originali di Bille August 1998. Si sono aggiunti dolfi nel ’13 (la produzione torinese Gonin del 1839-40, sia consentito al più di recente la nuova versione tv in- di quest’ultima avrà maggior fortuna, compilatore di evocare per una volta ternazionale di sei ore diretta da Josée e le Giornate del Muto di Pordenone la propria nostalgia per il primo al- Dayan (2002), i… 52 (!) episodi di la riproporranno, restaurata, nel cen- bum disegnato da Domenico Natoli animazione giapponese del 2007, il tenario), e con maggiori ambizioni per gli indimenticabili “Libri celebri” musical di filiazione teatrale di Tom ed esiti Bonnard nel ’23, al punto da della collanina a fumetti che la… Ma- Hooper (2012) e la serie tv internazio- ottenerne una riedizione in qualche gnesia San Pellegrino faceva distribuire nale diretta da vari autori nel 2014. modo sonorizzata nel ’34. gratuitamente dai farmacisti dal 1953; Un indagatore dalla leggendaria pre- Sarà invece sonora, assai potente e cui andrebbe certo affiancato il libro a cisione quale Morando Morandini, convinta la versione per così dire “uffi- fumetti di Nizzi e Piffarerio (da poco che rimpiangiamo per questa sua dote ciale” di Mario Camerini del ’41, con scomparso) edito dal “Giornalino” nel tra mille altre, precisava però nel suo Renzo e la quasi debut- 1994. insostituibile lessico: “Esistono due tante Dina Sassoli Lucia (l’uno e l’al- Passando decisamente al faceto, alme- versioni egiziane (1945, 1967) con tra con un futuro anche agli ordini di no tre irriguardose ma azzeccate mi- l’azione trasferita nell’Egitto del ‘900, Bolchi…) che si è stagliata finora con niaturizzazioni parodistiche del gran una messicana (1953) di Fernando forza nella tradizione comune. Poco romanzo: quella del Quartetto Cetra Rivero [uscita anche da noi col titolo aggiungerà, per non dire nulla, quella (regìa di Falqui, 1985), la seconda, in- Il forzato di Tolone], una russa (1937) di Mario Maffei nel ’64, soverchiata superata e forse insuperabile del Trio con la regìa di T. Lukacevic, intitolata comunque tre anni dopo dal capola- Lopez-Marchesini-Solenghi (1990) e Gavroche, e una giapponese (1950), voro tv bolchiano, La Rai, non paga, quella, pur irresistibile nei suoi dieci ambientata nell’epoca Meji, divisa in dopo i cinque episodi divulgativi delle minuti, degli Oblivion (2009). due parti dirette da registi diversi, con Scene dai promessi sposi di Mario Pro- il celebre Sessue Hayakawa protago- copio (1982), riaffiderà nell’89 una Sotto: la parodia de nista. nuova versione colossal, in formato e I promessi sposi del Trio C’è anche un film britannico per la funzione world trade, a colori e con Lopez-Marchesini-Solenghi (1990) tv del 1978, diretto da Glenn Jordan, divi internazionali, al suo antico aiuto con un bizzarro Javert intepretato da Salvatore Nocita. La concorrente Me- Anthony Perkins” [programmato an- diaset replicherà nel 2004 chiedendo che da reti tv italiane e disponibile in a Francesca Archibugi una nuova edi- dvd…]. Gli appassionatissimi e i tifo- zione “revisionista”, esemplata peraltro si della completezza ad ogni costo po- sull’archetipico Fermo e Lucia manzo- tranno però rifarsi al bel libro di Ka- niano, che fornirà, sotto il titolo Renzo thryn Grossman e Bradley Stephens e Lucia, una versione spregiudicata ma “Les Misérables and Its Afterlives. non priva d’interesse del filo narrativo Between Page, Stage and Screen, Rout- manzoniano. ledge, Londra-New York 2015… Non si era tirato indietro il teatro liri-

OLTRE 170 23 Le eroine tormentate di Lev Tolstoj Una Karenina fuori dal comune

Fëdor Dostoevskij intimista, ra le moltissime attrici per niente spettacolare Tche hanno dato corpo e anima alle regìe di Bolchi, il ruolo avuto da Lea Mas- sari si è rivelato sicuramen- La scommessa te centrale e insostituibile. È stato lo stesso autore a sot- tolinearlo in differenti occa- incredibile sioni. Una magnifica scala reale messa insieme nel ven- dei Demoni tennio 1967-86: la monaca Sopra: di Monza de I promessi spo- Lea Massari si, di indicibile suggestività; l vasto romanzo dostoevskiano in Anna Karenina (1974) Grusenka tra i Karamazov I(1873) dalla trama intricata e dal (1969); Concetta nella Vi- novero di personaggi affollato, si presta gna di uve nere (1984) e Ti- francamente poco a versioni spettaco- potuto immaginare la successiva auda- na in Una donna a Venezia (1986). lari, dal vivo o riprodotte che siano. cia dell’inarrivabile Peter Stein, che nel Ma soprattutto la difficilmente descri- Nel cinema ci si provò, nel 1987, il 2010 osò ridurre di suo pugno il ro- vibile Anna Karenina delle sei puntate grande Andrzej Waida, con risultati manzo in uno spettacolo-fiume di do- nelle domeniche sera pre-natalizie del francamente tra i meno felici della sua dici ore da somministrarsi in un’unica 1974. E sia che la forse maggiormente prestigiosa progressione. “C’è puzza di giornata, comprensiva di due intervalli intrigante e densa di qualità fra le attrici televisione in questa riduzione del so- per … pranzo e cena. Chi abbia avuto del cinema italiano nella seconda metà lito Jean-Claude Carrière” commenta la ventura di assistere a quel magnifico del secolo scorso aveva già davanti, e un po’ snobisticamente il Mereghetti e irripetibile spettacolo, che Stein riuscì avrebbe avuto ulteriormente alle spalle, (il concorrente Morandini “silenzia” a produrre contro tutto e tutti, ne ha concorrenti davvero non da poco. addirittura il film nelle edizioni succes- un ricordo indelebile che gli ha cam- Al primo colpo addirittura la doppia siva alla prima: segno secco di pollice biato, se non la vita, certo la sua visio- Greta Garbo delle due versioni hol- verso…). ne o almeno quello di cosa potrebbero lywoodiane: quella muta del 1927 Bolchi chiaramente non era possedu- essere il teatro, il cinema e la stessa tv. con Edmund Goulding e soprattut- to, all’epoca del suo coraggioso ten- La triplice impresa, riuscita o meno to quella ben più familiare al pubblico tativo ancora una volta fiancheggiato che ciascuno la giudichi dal suo pun- di Clarence Brown (1935). Si sarebbe dalla sicurezza di Diego Fabbri, da un to di vista, non avrebbe potuto essere aggiunta nel ’48 Vivien Leigh agli or- complesso analogo: per la televisione neppure pensata senza disporre di un dini di Duvivier. Grandeggiò, giocan- era scelta consapevole e deliberata, a cast fuori dall’ordinario. Nelle parti do… in casa, la grande Tatiana Samoi- priori, con la piena coscienza delle principali, scesero in campo per Waj- lova diretta da Alexandr Zarkij mentre possibilità profonde quanto dei limiti da Ecoffey, Lambert Wilson, Malet, Lea era alle prese con la monaca man- evidenti del mezzo. I fatti gli diedero la Huppert e Jutta Lampe; per Bolchi zoniana. Sopraggiunte negli anni più ragione: e gli spettatori mostrarono Santuccio, Vannucchi, Bentivegna, vicini a noi la dimenticabile Sophie di gradire un nucleo narrativo gron- Glauco Mauri, Lilla Brignone e Paola Marceau con Bernard Rose (1997) e dante di problematicità, tutt’altro che Quattrini; per Stein Fausto Russo Ale- la ben più incisiva –in un altrettanto semplice e facile. Si era all’inizio degli si, Ivan Alovisio, Elia Schilton, Madda- più incisivo film- Keira Knightley per anni Settanta: di lì a poco il tema del lena Crippa e Pia Lanciotti. Joe Wright (2012). terrorismo e del suo rapporto con la Quando Luigi Vannucchi decise di Ma, nella mente dello spettatore che società sarebbe tornato di bruciante porre fine ai suoi giorni, il 30 agosto la incontrò all’epoca o in differita, l’in- attualità anche sull’orizzonte nazio- 1978, Sandro Bolchi gli dedicò, sul felice eroina tolstojana ha avuto, ha e nale. “Corriere della Sera”, un ricordo me- continuerà ad avere il magnifico volto Tanto Wajda che Bolchi non avrebbero morabile. della Massari.

24 OLTRE 170 William Shakespeare Io sono di quelli che allestiscono i Re...

ono di quelli che interpretano i tissima percezione di Bolchi, dei suoi “Sre”, diceva di sé Orson Welles, la re, trova coerentemente sbocco nella cui carriera teatrale, e anche cinemato- scelta del Lear, uno spettacolo-chiave grafica (Macbeth) è intessuta dell’in- nella sua prosa tv. Ma, oltre all’amato carnazione di personaggi regali, non Bolingbrooke, Bolchi fa spazio doppio solo shakespeariani. solo al Giulio Cesare, che propone due Per Bolchi la tentazione regal/shake- volte, nella fase pionieristica del ‘59 e speariana è monotematica e carsica. in quella matura del ’65, con la volon- Da dramaturg e regista, il canone del tà di demarcare la differenza abissale Bardo non gli sta a cuore tutto: non tra la tv mera registratrice passiva di lo attirano né le commedie né le tra- eventi teatrali in palcoscenico, e quella gedie più rituali e inevitabili, ma solo ricca di risorse e possibilità inventive le Storie Inglesi, quella –non a caso in studio (dove peraltro, fatalmente, meno rappresentata, e non solo in ra- si “sceneggiano” copioni nati per la gione della sua fluvialità- dell’Enrico fissità monodimensionale della quar- IV, che allestisce con un inconsueto ta parete mancante…). In fondo, e sforzo produttivo Rai nel 1961, per proprio Shakespeare ce lo sottolinea, inaugurare il Secondo Programma. Lo anche Cesare è un re (mancato!). Esce fa poco dopo aver proposto il dramma spontaneo l’interrogativo se, anche pirandelliano dallo stesso titolo, con- nell’accostarsi realizzativamente al pa- notando la differenza anche ad uso del trimonio del massimo scrittore di te- telespettatore medio di allora, con la atro d’ogni tempo, sia prevalsa in lui scelta di indicarlo come Le storie di re quella straordinaria attitudine divulga- Enrico IV. tiva che l’ha indotto a privilegiare, nei Ma il suo interesse si era già esplica- propri massimi sforzi produttivi, in to attraverso i numerosi allestimenti ordine cronologico, Bacchelli, Hugo, radiofonici, come lui stesso ha tenuto Manzoni, Dostoevskij e Tolstoj. a ricordare: a cominciare dal più ar- duo, caotico e primitivo Enrico VI, che di recente l’autorevolezza del New Oxford Shakespeare ha proposto, con Sotto: Tino Buazzelli (1990) una polifonia di ventitré voci di studio- si (confortata da una ricerca stilistica comparativa affidata agli algoritmi!) di attribuire a quattro mani, con Shake- speare, a Marlowe. Bolchi ha proposto in radio tutti gli Enrichi, a ricomincia- re appunto dal IV per proseguire an- che col V e l’VIII. Così come il fre- quentatissimo Riccardo III, ma anche l’assai meno gettonato II. Spaziando così, tra ricostruzione storica e affabu- lazione leggendaria proprie del genio shakespeariano, attraverso tutta la sto- ria d’Inghilterra dalla fine del Trecento alla metà del Cinquecento, sdall’ulti- mo dei Plantageneti al più famoso tra i Tudor. La lettura storico-fantastica che Shakespeare offre, secondo la corret-

OLTRE 148 25 Quattrocento attori per un solo regista

i è qui tentato di ricostruire, attraverso la documentazione Remo Girone, , Aldo Giuffre’, Carlo Giuffre’, Scartacea e di rete raggiungibile, l’intero panorama degli inter- Loris Gizzi, Enrico Glori, Loretta Goggi, , Raul preti scritturati da Sandro Bolchi per i propri allestimenti teatrali Grassilli, Maria Grazia Grassini, Carla Gravina, Sergio Grazia- e televisivi. L’elenco è per forza di cose aperto e fallibile, consi- ni, Manlio Guardabassi, Anna Maria Guarnieri, Orso Maria derando soprattutto la complessità di casting delle realizzazioni Guerrini, Ottorino Guerrini, Wandisa Guida, Antonio Guidi, di maggior impegno tv e la precarietà dei supporti informativi Monica Guerritore, Margherita Guzzinati, Tobia Hoesl, Nais teatrali. Lago, Luigi La Monica, Bruno Lanzarini, Antonio La Raina, Non si è riusciti ad estendere, per carenza di documentazione Veronica Lario, Laura Lattuada, Giulia Lazzarini, Guido Lazza- accessibile, la ricerca alla copiosa attività di regista lirico di Bolchi, rini, Flora Lillo, Alberto Lionello, Loris Loddi, Giuliana Lojo- in merito alla quale è stato giocoforza limitarsi ad alcune sporadi- dice, Massimo Lopez, Piero Lori, Domenico Lo Vecchio, Ray che indicazioni in sede cronobiografica. Si è fatto riferimento ai Lovelock, Angela Luce, Mario Luciani, Roldano Lupi, Alberto soli nomi d’arte adottati nelle distribuzioni ufficiali, omettendo- Lupo, Franco Luzzi, Mario Maffei, Romano Malaspina, Evi ne la precisazione degli anagrafici se differenti (n.l.) Maltagliati, Gianni Mantesi, Mario Maranzana, Mario Mariani, Maria Teresa Martino, Marino Mase’, Laura Masetti, Giulietta nna Maria Ackermann, Giuseppe Addobbati, Mario Adorf, Masina, Lea Massari, Augusto Mastrantoni, Vanni Materassi, AGianni Agus, Elsa Albani, Maria Teresa Albani, Luciano Andrea Matteuzzi , Gianfranco Mauri, Glauco Mauri, Franca Alberici, Edda Albertini, Anna Maria Alegiani, Carole Andre’, Mazzoni, Anna Melato, Mariangela Melato, Anna Menichetti, Lia Angeleri, Corrado Annicelli, Gabriele Antonini, Omero An- Maurizio Merli, Sandro Merli, Elsa Merlini, Antonio Meschini, tonutti, Adriana Asti, Angiola Baggi, Margherita Bagni, Carlo Adriano Michettoni, Achille Millo, Isa Miranda, Anna Miseroc- Bagno, Gigi Ballista, Mauro Barbagli, Luca Barbareschi, Mario chi, Ruggero Miti, Renzo Montagnani, Davide Montemurri, Bardella, Marisa Bartoli, Anita Bartolucci, Alvise Battain, An- Carlo Montini, Rina Morelli, Marcello Moretti, Mario Moretti, tonio Battistella, Giuseppe Belfiore, Memo Benassi, Carmelo Franco Morgan, Renato Mori, Valeria Moriconi, Lucilla Morlac- Bene, Wanda Benedetti, Armando Benetti, Warner Bentivegna, chi, Gastone Moschin, Nada, Neda Naldi, Leda Negroni, Ave Mara Berni, Nino Besozzi, Elvira Betrone, Cesare Bettarini, Ninchi, Piero Nuti, Ilaria Occhini, Andrea Occhipinti, Glauco Dante Biagioni, Tino Bianchi, Alfredo Bianchini, Pietro Biondi, Onorato, Orazio Orlando, Umberto Orsini, Attilio Ortolani, Roberto Bisacco, Carla Bizzarri, , Gianni Bona- Enrico Osterman, Ugo Pagliai, Giuseppe Pagliarini, Roberta gura, Giorgio Bonora, Caterina Boratto, Paola Borboni, Gian- Paladini, Renzo Palmer, Giuseppe Pambieri, Corrado Pani, Lina ni Bortolotto, Gastone Bortolucci, Giulio Bosetti, Anna Maria Paoli, Franco Parenti, Quinto Parmeggiani, Stefano Patrizi, Lui- Bottini, Mariolina Bovo, Lidia Braico, Eleonora Brigliadori, Lilla gi Pavese, Nino Pavese, Nico Pepe, Dino Peretti, Jacques Perrin, Brignone, Mercedes Brignone, Martine Brochard, Tino Buazzel- Massimo Pianforini, Mario Piave, Gianna Piaz, Alvaro Piccardi, li, Manlio Busoni, Fernando Caiati, Ernesto Calindri, Miranda Ottavia Piccolo, Aldo Pierantoni, Antonio Pierfederici, Camillo Campa, Aurora Cancian, Lino Capolicchio, Eugenio Cappa- Pilotto, Mario Pisu, , Paola Pitagora, Daniela Poggi, bianca, Mauro Carbonoli, Angela Cardile, Laura Carli, Paolo Giuliana Pogliani, Isa Pola, Cesare Polacco, Gabriele Polverosi, Carlini, Piero Carnabuci, Mario Carotenuto, Raffaella Carra’, Micheline Presle, Pietro Privitera, Anna Proclemer, Paola Quat- Tino Carraro, Wilma Casagrande, Stefania Casini, Claudio Cas- trini, Salvo Randone, Lucio Rama, Anty Ramazzini, Rada Ras- sinelli, Nino Castelnuovo, Carlo Cataneo, Bruno Cattaneo, Elisa simov, Carlo Reali, Luciano Rebeggiani, Fernando Rey, Michele Cegani, Pina Cei, Umberto Ceriani, Annabella Cerliani, Gino Riccardini, Elena Sofia Ricci, Nora Ricci, Renzo Ricci, Mariano Cervi, Angela Cicorelli, Valeria Ciangottini, Luigi Cimara, Gi- Rigillo, Emilio Rinaldi, Isabella Riva, Nicoletta Rizzi, Laura Riz- gliola Cinquetti, Bruno Cirino, Barbara Coli, Pino Colizzi, Erne- zoli, Carlo Romano, Luciano Rondinella, Luigi Rosa, Giampa- sto Colli, Attilio Colonnello, Vittorio Congia, Franco Coop, At- olo Rossi, Sandro Rossi, Osvaldo Ruggeri, Esmeralda Ruspoli, tilio Corsini, Angelo Corti, Enrica Corti, Elena Cotta, Mimmo Cecilia Sacchi, Antonio Salines, Gina Sammarco, Gianni San- Craig, Giovanni Crippa, Olinto Cristina, Elio Crovetto, Alain tuccio, Vittorio Sanipoli, Dina Sassoli, Lina Sastri, Rita Savagno- Cuny, Alessandro D’alatri, Nino Dal Fabbro, Carlo D’angelo, ne, Loredana Savelli, Giancarlo Sbragia, Carmen Scarpitta, Tino Isa Danieli, Gualtiero De Angelis, Renato De Carmine, Ferruc- Scotti, Ada Maria Serra Zanetti, Vira Silenti, Aldo Silvani, Carlo cio De Ceresa, Ruggero De Daninos, Filippo De Gara, Con- Simoni, Linda Sini, Silvio Spaccesi, Massimo Spano, Alessandro salvo Dell’arti, Giorgio De Lullo, Aldo De Palma, Vincenzo De Sperli’, Adolfo Spesca, Rosella Spinelli, Franco Sportelli, Giulio Toma, Giancarlo Dettori, Pietro De Vico, Luigi Diberti, Vittorio Stival, , Franca Stoppi, Aldo Suligoj, Jenny Tam- Di Primo, Marina Dolfin, Johnny Dorelli, Sandro Dori, Clara buri, Lia Tanzi, Enzo Tarascio, Riccardo Tassani, Daniele Tede- Droetto , Mario Erpichini, Vittorio Duse, Maria Fabbri, Ma- schi, Gianrico Tedeschi, Alberto Terrani, Ingrid Thulin, Bianca risa Fabbri, Rossella Falk, Ottavio Fanfani, Eleonora Fani, Ser- Toccafondi, Sergio Tofano, Fausto Tommei, Edoardo Toniolo, gio Fantoni, Antonio Fattorini, Emma Fedeli, Mario Feliciani, Diana Torrieri, Otello Toso, Aurora Trampus, Silvano Tranquilli, Mario Ferrari, Sarah Ferrati, Andrea Ferreol, Sergio Fiorentini, Marisa Traversi, Giorgio Trestini, Lino Troisi, Paolo Turco, Re- Arnoldo Foa’, Remo Foglino, Daniele Formica, Valentina Forte, nato Turi, Toni Ucci, Mario Valdemarin, Valeria Valeri, Mario Valentina Fortunato, Manfred Freyberger, Giacomo Furia, Cor- Valgoi, Giorgio Valletta, Alida Valli, , Raf Vallone, rado Gaipa, Anna Galiena, Giovanna Galletti, Irene Galter, Enzo Mila Vannucci, Luigi Vannucchi, Ornella Vanoni, Remo Varisco, Garinei, Gianni Garko, , Tony Garzena, Nan- Stefano Varriale, Elsa Vazzoler, Antonio Venturi, Massimo Ventu- do Gazzolo, Cesare Gelli, Adolfo Geri, Sonia Gessner, Cesarina riello, Giovanni Vettorazzo, Piera Vidale, Luciano Virgilio, Ma- Gheraldi, Ileana Ghione, Fosco Giachetti, Gabriella Giacobbe, rina Vlady, Lina Volonghi, Gian Maria Volonte’, Aleardo Ward, Raffaele Giangrande, Andrea Giordana, Renzo Giovampietro, Luca Ward, Elena Zareschi, Karola Zopegni, Luciano Zuccolini

26 OLTRE 148 PRIMOPIANO ● SANDRO BOLCHI - 4

“Le nostre sono solo traduzioni” 1967. Riccardo Bacchelli e Sandro Bolchi rileggono I promessi sposi

Giuseppe Polimeni Sopra: Riccardo Bacchelli e Sandro Bolchi; ra bastato il lavoro sulle pagine del Mulino del Po in basso: il periodico Rai “I romanzi alla TV”, e sul set dello sceneggiato (mandato in onda nel nel gennaio 1967, cioè nel momento 1963) per trovare una sintonia, un dialogo che ave- in cui viene trasmesso lo sceneggiato va il testo letterario, la sua lingua, il ritmo come I promessi sposi, pubblica il testo di punto di riferimento comune, condiviso. Bacchelli e Bolchi ESpostarsi dal più manzoniano dei romanzi del Novecento, Il Muli- «mano che non pare avere nervi», nel no del Po appunto, al capolavoro del «sommo e venerato Alessan- tempo e nella memoria. La televisione dro» era stato un passo naturale, quasi dovuto, uno di quei passi avrebbe riprodotto e dato nuova for- che si possono fare soltanto in due. ma (o forse avrebbe restituito la for- ma originale?) a ciò che Manzoni ave- Così nasce il lavoro di Riccardo va pensato, studiando perché la pagi- Bacchelli e di Sandro Bolchi su I na – ogni pagina, il paesaggio come i promessi sposi, come una scommes- dialoghi – non apparisse affettata, e sa: portare nelle case degli italiani – risultasse vicina all’ideale parlato, alla dove già era, in forma di libro – il lingua dell’uso, come espressione vera racconto che molti avevano cono- e autentica di una società. sciuto a scuola e, in qualche caso, La televisione scioglieva nel racconto avevano riletto e amato a distanza sonoro e per immagini quella lingua di anni. Togliere la «polvere scola- che non poteva e non doveva essere stica», se c’era. libresca, ridava la forma di magma alla Dalla carta all’immagine, dal libro parola, restituiva l’uso vivo. La pagina alla voce: il percorso rendeva più era stata una forma transitoria, quel- fluido, transitorio forse, il detta- la sì, un momento in cui le cose sono to di pagine che si immaginavano affidate per essere poi riportate in vita, pensate, scritte e riscritte dall’Auto- fatte rinascere al momento giusto nel- re per eccellenza, scolpite, da quella la loro vera natura.

OLTRE 170 27 mezzo. Il mezzo trasforma l’opera, la rende un’altra opera. Se è vero che il testo messo a punto da Bacchelli è molto fedele, fedelissi- mo, al dettato manzoniano (poche, infinitesime – ma certo significative – punte di intervento), c’è però un’arte del leva- re e del trasformare (per mantenere) che è l’essen- za di questo, come di altri capolavori, di riscritture che diventano opere. Viene in mente un gene- re, una modalità, tut- Questa è la consapevolezza dei due Sopra: ta medievale, di rende- autori, l’intuizione che li guida in que- personaggi e interpreti re disponibile un testo sto atto di “traduzione”. Tradurre, de I promessi sposi di scritto in una lingua lon- cioè riportare da un luogo all’altro, Sandro Bolchi; tana dal pubblico: il vol- da una lingua a un’altra, da un mezzo a destra: garizzamento. Que- Alessandro Manzoni E dov’è, vorremmo a un altro mezzo. Ma qui la traduzio- dire, il linguista, sto è certo una tradu- ne era una sorta di momento “sacro”: ritratto da Francesco zione (il verbo tradurre Hayez teorico e artista in il sangue di San Gennaro torna a far- nel medioevo non esiste si liquido, riprende la forma natura- na a proporsi, per i gran- uno, fuorché in quel ancora), ma è qualcosa di le, originaria. di classici sullo schermo e poeta che si creò, più: è una riscrittura in Per questa ragione I promessi sposi di non solo. attraverso la fatica cui chi riscrive mette la Bolchi (e di Bacchelli), trasmessi nel Lo scrittore e il regista e l’industria e il sua mano, la sua lingua, 1967, incontrano uno straordinario trasformano il pendio, travaglio degli Sposi la sua cultura. Ogni vol- successo. I milioni di telespettato- insidioso, in una strada promessi, la lingua garizzamento è cosa nuo- ri dicono che quell’idea aveva trova- che porta alla novità. dei Promessi sposi? va, è opera. to l’accoglienza sperata, che il roman- C’era la memoria dal- Questa appare l’idea sot- Con quel mirabile zo “che aveva fatto l’Italia” era ancora la loro. Molti spettato- tesa al lavoro comune dei il riferimento portante, anche dopo ri avevano in mente cer- orecchio per ogni due autori, con una con- la guerra, alle soglie del Sessantot- te parole, le battute, i timbro e colore e sapevolezza: l’opera entra- to. L’operazione è stata recentemente passaggi lirici («Addio, particolarità anche va, rientrava, nelle case studiata da Silvia Moretti. monti sorgenti dall’ac- idiomatica e gergale, degli italiani per torna- C’era poi un altro aspetto, a cui in que…»), gli snodi fon- con quella facoltà re a parlare, passati più di qualche modo, consapevolmente, i damentali. Quello dello di cavarne ogni più centro anni dal momento due autori fanno riferimento e su sceneggiato poteva esse- vario effetto, dai più in cui era stata ri-scritta cui appoggiano le loro scelte. L’es- re un ripasso, una rilet- nella forma che conoscia- sere un classico della scuola – quin- tura, a distanza di tempo, risibili e caricaturali mo, sciacquati i lenzoli in di, appartenendo a quel manipolo di un modo per riascoltare ai sublimi, con quella Arno, e non solo. libri che, per l’essere d’obbligo, pos- ciò che appartiene a cia- felicità e potenza Ciascuno di noi possiede sono anche essere mal digeriti o non scuno, che fa parte della di stile, con quella la sua Lucia, il suo don digeriti affatto – I promessi sposi offri- sua formazione, della sua veramente poetica Abbondio. Dal gennaio vano un pericoloso pendio, e a mag- infanzia. Il primo passo lingua! del 1967 Paola Pitagora gior ragione se nel pubblico c’era chi era stabile e già fatto. (Riccardo Bacchelli) e Tino Carraro diventa- li aveva amati, sui banchi di scuola o Il racconto televisivo si no per molti (per tutti?) nella lettura personale. proponeva così come Lucia e don Abbondio; La “traduzione” in voce e per imma- l’occasione per condividere ciò che il paesaggio del film offre ai telespet- gini è sempre (spesso) una messa è personale, quello che ci appartiene tatori i contorni al più volte immagi- in scena, e può deludere, indur- nel profondo e scoprirlo così di tutti. nato “sfondo” (un personaggio a tut- ci a dire: non avrei immaginato così Ma c’era qualcosa di più. ti gli effetti) del romanzo. Di questo don Abbondio; e insomma, questa Il romanzo poteva essere ripreso, i due autori sono consapevoli. Lucia non è proprio la Lucia che ave- offerto di nuovo, in una forma che Lo sceneggiato avrebbe cambiato «la vo pensato, leggendo. Storia che tor- non era nuova nel modo, ma nel grammatica della visione» (la defini-

28 OLTRE 170 Il teatro è nei Promessi sposi elemen- to portante su cui l’autore del Conte di Carmagnola e dell’Adelchi impo- sta scene e passaggi fondamentali del romanzo: si rilegga, ad alta voce, il capitolo VIII, rivivendo «la notte degl’imbrogli e de’ sot- terfugi», una straordina- ria messa in scena di fatti e dialoghi. Ecco allora che lo sce- neggiato si presenta come una riscoperta del teatro nel romanzo: la scelta dei dialoghi, nella loro fedel- tà manzoniana, è elemen- to che porta avanti la nar- razione, come motore di tutto il racconto. La solu- Per me il metodo zione sta sotto gli occhi di di lavoro è una tutti: i due autori la col- fedeltà ai miei gono e ne fanno la par- “complici” letterari. titura della nuova opera. Insomma, se io come Sottilissima è però la soluzione, se pensata “complice” Manzoni, nell’ottica di Bacchelli, mi sembrava che in una famosa pagina disonesto tradirlo. sui Promessi sposi (scrit- Per quale motivo ta nel 1953, introduzio- l’avrei dovuto tradire? ne alle opere di Manzoni) zione di questo processo è di Maria Sopra: Dovevo cercare notava che l’autore aveva Corti) di un’opera, ma anche dei Sandro Bolchi di proporlo il più saputo scoprire e mettere luoghi e forse della cultura italiana e Riccardo Bacchelli; possibile fedelmente. in evidenza il timbro di ogni voce, ogni colore e del Seicento e dell’Ottocento. Que- a destra: Ero invece molto sto era l’intento profondo, condiviso Tino Carraro particolarità, senza usare dai due autori. nella parte infedele nelle facce: variazioni di lingue o dia- Più volte Bolchi, intervistato, ha di don Abbondio don Abbondio, letti, insomma nella lin- ribadito che desiderava offrire un per esempio, era gua dell’uso «vivente». invito agli italiani: tornare al Manzo- interpretato da Da quella annotazione, ni era auspicabile e necessario. Que- Carraro; una scelta essenziale quanto fonda- sto avvenne, ma certo chi rileggeva inammissibile per mentale, sarebbe poi nata pensava a quello sceneggiato, leggeva ducono lo sguardo nei allora. Questo la traduzione, l’opera tratti di un paesaggio, la nuova che invitava, anco- l’opera dell’Ottocento con quella per personaggio immagini del Novecento. sintassi «a seni e a gol- ra una volta, a distanza Insomma un’opera può cambiare il fi» rispecchia quella del grassoccio, flaccido di un secolo a rileggere e modo di percepirne un’altra. È nato luogo. doveva essere ri-ascoltare l’Opera. un nuovo testo; l’altro, il primo, tor- Bacchelli e Bolchi affida- interpretato da un Giuseppe Polimeni na a vivere, a far sentire la sua voce. no alla voce del narratore Bramieri. Ho scelto Restano due considerazioni da fare, (per la voce di Giancarlo invece un tipo * Ringrazio Nuccio Loda- una sul Manzoni e una su Bacchelli. Sbragia) quell’inizio, lo piuttosto incarognito. to e Graziano Bertelegni per l’invito a riscoprire, attraver- Prima dell’invenzione della macchina sfruttano fino in fondo, (Sandro Bolchi) da presa – lo scrive Giovanni Nencio- nella sua portata evoca- so il “vogherese” Bolchi, una ni – Manzoni è regista. Basterà attra- tiva, nella capacità della pagina di immagini e voci che versare il paesaggio di «Quel ramo parola di essere specchio e interprete tanta parte ha avuto nella cul- del lago di Como». Le virgole con- del paesaggio dell’immagine. tura del secondo Novecento.

OLTRE 148170 29 PRIMOPIANO ● SANDRO BOLCHI - 5

Per Renzo e Lucia i luoghi del cuore

A Certosa, e intorno a Gavi e Novi Ligure, tutte le location de I promessi sposi

Virginia Saba

Il castello dell’Innominato

... a cavaliere a una valle angusta e uggiosa, sulla cima d’un poggio che sporge in fuori da un’aspra giogaia di monti... Il fondo è un letto di ciottoloni, dove scorre un rigagnolo o “torrentaccio, secondo la stagione... I gioghi opposti... hanno anch’essi un po’ di falda coltivata; il resto è schegge e maci- gni, erte ripide, senza strada e nude, meno qualche cespuglio ne’ fessi e sui ciglioni. Dall’alto del castellaccio, come l’aqui- la dal suo nido insanguinato, il selvaggio signore dominava all’intorno tutto lo spazio dove piede d’uomo potesse posar- si, e non vedeva mai nessuno al di sopra di sé, né più in alto. (I promessi sposi, capitolo XX) ” 30 OLTRE 170 Sopra: Guglielmo Caccia, Giaele, Pavia. chiesa di Santa Maria di Canepanova

Il castello di Casaleggio Boiro ovvero, per Sandro Bolchi, dell’Innominato In un contesto ampiamente approppriato, nella sua sagace adesione all’ambiente naturale, il castello di Casaleggio, è stato la perfetta ambientazione del “nido d’aquila” dell’Innominato

OLTRE 170 31 l pari dell’Innominato, non vedono Amai nessuno al di sopra di sé, né più in alto, i conti Guiglia, proprietari del ca- stello di Casaleggio Boiro (Al), piccolo co- mune rurale nel territorio delle Capan- ne di Marcarolo lungo la riva del torren- te Gorzente. Totalmente isolato - a ecce- zione di una piccola chiesa poco sotto – in cima a un’impervia altura, la sua mole si staglia con un notevole effetto scenogra- fico già a distanza, venendo da Gavi o da Ovada, discendendo da Mornese o da Ta- gliolo. E Bolchi lo prescelse come il “co- vo” del signorotto. Il maniero, uno dei più vetusti del Mon- ferrato, risalirebbe al X o, al più, all’XI-XII secolo. Alle strutture originarie si sono ag- giunti interventi rinascimentali - come la torre tonda di spigolo che risponde a quel- la massiccia quadrata - e altri addirittura barocchi. Tra le parti più antiche, la cortina merlata di sud-est e l’architrave d’ingresso a basso- rilievo, dove sono rappresentati una dama affiancata da due leoni e un cavaliere ar- mato di lancia e scudo. Su questo, e sulla gualdrappa del destriero, compare un’ar- ma gentilizia raffigurante forse una mazza. Sul pendio sottostante la fortezza, monito severo su un paesaggio d’incanto, il regista girò le scene delle scorrerie dei lanzichenec- chi, tra cavalcate e roghi di guerra.

“Quando la prima squadra arrivava...ciò che c’era da godere o da portar via, spariva; il rimanente, lo distruggevano o lo rovinavano; i mobili diventavan legna, le case, stalle: senza parlar delle busse, delle ferite, degli stupri”. (I promessi sposi, capitolo XXVIII)

Come comparse reclutò molti studenti di Novi, lo ricorda Guido Firpo, già assesso- re alla Cultura. Sempre in loco ambientò le riprese dell’in- contro tra don Abbondio e i “”bravi”, che profferiscono la famosa ingiunzione, in nome di don Rodrigo:

“Lei ha intenzione... di maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella! Or bene... questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai”. (I promessi sposi, capitolo I)

32 OLTRE 170 Il castello di Casaleggio Boiro Segno inconfondibile di cosa è stato l’Alto Monferrato In tutta la zona non esiste castello più originale: non è il più bello in senso stretto, ma è il più suggestivo. Nessuno riproduce con siffatta intensità la vita del medioevo in Monferrato agli occhi del visitatore

OLTRE 167 33 La pieve di Novi Ligure

l matrimonio, alla fine (dopo 37 Icapitoli, intrichi e intrighi di ogni sorta), si fece.

“...Venne quel benedetto giorno: i due promessi andarono, con sicurezza trionfale, proprio a quella chiesa dove, proprio per bocca di don Abbondio, furono sposi”. (I promessi sposi, capitolo XXXVIII)

Nino Castelnuovo (Renzo) e Pao- la Pitagora (Lucia), all’altare, anda- rono... non si sa dove, non si hanno tracce di quale sia stata la chiesa pre- scelta per le riprese. Ben individuata è invece quella che ha la funzione del convento dei Cappuccini di fra Cristoforo, ubica- to dal Manzoni a Pescarenico (Lec- co). L’abside di sinistra della pieve di Novi Ligure risalta, nella scena del capitolo VIII.

“Fidatevi pure… Figliuoli, ringra- ziate il Signore che v’ha scampati da un gran pericolo”. (I promessi sposi, capitolo VIII) Santa Maria I due fidanzati e Agnese, la madre di della Pieve lei, rifugiatisi di notte nell’edificio sacro, volgono lo sguardo verso l’af- ovvero la chiesetta fresco che raffigura Oriana di Cam- del paesello lariano pofregoso, signora del borgo e com- mittente dell’opera; sant’Anna che La Pieve, com’è chiamata dai novesi, tiene in braccio la Vergine col Bam- risale al XII secolo e fu costruita sull’antico argine del torrente Scrivia. bino; san Giovanni Battista e san- ta Margherita. Datato 1474 e fir- mato dal pittore tortonese Manfre- dino Boxilio, è il gioiello di questa chiesa, intitolata a santa Maria. Eret- ta fra il XII e il XIII secolo lungo la strada per Cassano, la più antica ar- chitettura religiosa di Novi, ampia- mente rielaborata nel 1678, mantie- Sopra ne l’impianto originario a tre navate e nella pagina a lato: e la tessitura muraria delle absidi in Manfredino Boxilio, mattoni e arenaria bianca. Sant’Anna Metterza con la Madonna e il Bambino, i santi Giovanni e Margherita e la committente Oriana di Campofregoso, 1474

34 OLTRE 170 La Certosa di Pavia

l monastero della Monaca di Mon- Iza, che nella realtà storica era de- nominato “di santa Margherita” e si mantenne pressoché inalterato fino ad almeno il 1890, fu invece “sostitui- to” dalla Certosa di Pavia, scelta adot- tata anche nel rifacimento di Salvato- re Nocita (1989).

Il convento nella Certosa ovvero, il monastero di Santa Margherita Fascinosi, i chiostri della Certosa di Pavia, presentano pregevoli ornamenti in cotto del luogo

OLTRE 167 35 Quel ramo... del torrente Orba

nquadrature a campo stretto, la Ifoschia come complice, et voilà, il torrente Orba, all’altezza del Lido di Predosa – sito di balneazione e di- vertimento - “interpreta” quel ramo del lago di Como del famosissimo incipit del romanzo. E poco più in là, alla frazione di Retorto, per la re- gia di Bolchi sa trasformarsi nell’Ad- da, il confine d’acqua che Renzo, in- giustamente ricercato dalla giustizia, varcherà per riparare nel territorio della Serenissima (cap. XVII).

Dalla fine Ottocento ad arrivare a qualche decennio fa, un “navarò” con un’imbarcazione formata da due chiatte appaiate effettuava il servizio di traghetto tra le due spon- de, proprio qui. Nel piccolo mondo antico di case rurali e corti agricole, giardini curati e bossi topiati, di- nanzi al quattrocentesco castello ora dei Bruzzo, con parco paesaggistico retrostante e una passerella coperta Sulle due sponde che lo congiunge al matroneo del- dell’Orba la chiesetta affianco. Fino agli anni Cinquanta abitato da circa 120 fa- Lido di Predosa e Retorto miglie contadine, ora pressoché de- serto, il borgo solo in occasione delle Piccoli mondi di case rurali giornate Fai di primavera riceve ani- e corti agricole che, fino a qualche mazione dai visitatori. Li ricambia decennio fa, erano collegati da col suo sapore di fiaba. un servizio di traghetto chiamato comunemente er port

36 OLTRE 148 OLTRE 148 37