Sandro Bolchi Un Vogherese Per Caso Da Sempione a Teulada

Sandro Bolchi Un Vogherese Per Caso Da Sempione a Teulada

Sandro Bolchi un vogherese per caso da Sempione a Teulada 1 – Primopiano Sandro Bolchi 2 – Elogio della lentezza e del silenzio 3 – “Regìa di Sandro Bolchi” 4 – I giorni e le opere di un maestro assoluto della messinscena 5 – Quattrocento attori per un solo regista 6 – Il mulino del Po 7 – I miserabili 8 – I promessi sposi 9 – Shakespeare, Dostoevskij e Tolstoj 10 – “Le nostre sono solo traduzioni” 11 – Sandro Bolchi in homevideo e streaming 12 – Per Renzo e Lucia i luoghi del cuore Oltre - Bimestrale di cultura, ambiente e turismo via Emilia, 166 - 27058 Voghera - tel 0383 332322 [email protected] www.oltre.eu PRIMOPIANO ● LUOGHI ● Sandro Bolchi un vogherese per caso da Sempione a Teulada Testi di Susanna Bolchi, Nuccio Lodato, Giuseppe Polimeni, Virginia Saba orso Sempione e via Teulada non furono soltanto i mitici indirizzi delle pionieristiche sedi televisive Rai dei tempi d’oro, ma anche, emblematicamente, i punti di riferimento geografici -estremi-della stra- ordinaria operazione unificante l’Italia degli anni CSessanta che Bolchi realizzò raccontando per immagini e parole ai suoi abitanti di allora Bacchelli e Victor Hugo, Manzoni e i grandi russi. Milioni e milioni di “telespettatori” guardarono e ascoltarono. Molti, poi, lessero anche... Alfabeti di lettura delle regìe a cura di Bolchi a cui fanno eco una disanima sulla traduzione di scritti in immagini e voci, il ricordo della figlia Susanna e i luoghi che furono teatro delle riprese per il televisivo I promessi sposi 2 OLTRE 167 OLTRE 167 3 PRIMOPIANO ● SANDRO BOLCHI - 1 Elogio della lentezza e del silenzio Io sono sempre lo stesso, in fondo. Non vorrei mai il computer. Sandro Bolchi Nuccio Lodato oggettiva da una barca che naviga lentissima sul grande fiume durante tutti gli originali e a loro volta deliberata- mente rallentati titoli di testa: per poi passare a una rico- gnizione analitica, senza parole, di ampie carrellate cir- colari rotanti, al rullo compassato e distante di tamburi, Sdei cadaveri disseminati in un bosco innevato, durante la tragica ri- tirata napoleonica in Russia nel 1812 (Il mulino del Po del ‘63). Le prime parole vi verranno pronunciate dal generale dei genieri Poi- tevin/Guido Lazzarini dopo oltre sette minuti. In apertura dei Miserabili (1964), con un rigoroso e mai contraddet- Jean Valjean/Moschin si aggira di- to silenzio. Un barcaiolo rema len- speratamente, piano piano, per le tamente sul “ramo del lago di Co- povere stradine di Digne, alla vana mo”, mentre la voce del narrato- ricerca di un soccorso, di un boc- re Sbragia legge con analoga caden- cone e di un alloggio, incontran- za le prime righe del romanzo, con do un generale muro di estraneità, un solo flash evocativo (“soldati spa- diffidenza e minaccia nella comu- gnoli, che insegnavan la modestia al- ne indigenza, fino a che si risolverà le fanciulle e alle donne del paese”...: I a bussare alla dimessa (“francesca- promessi sposi, 1967), ma anche qui Sopra: na”: oggi con più pieno senso!) por- i due bravi interromperanno la pas- Il mulino del Po ta del vescovo Myriel. Il tutto in elo- seggiata col breviario di don Abbon- (1963) quentissima espressività, conseguita dio/Carraro, rivolgendogli la paro- 4 OLTRE 170 A sinistra: I Miserabili (1964) casuale, con il periodo del Mulino del Po e de I promessi sposi, dei Miserabili e de Le mie prigioni. La realtà è che in quell’ormai remo- la minacciosamente, solo al quarto lattiginoso ampex? to quanto aureo decennio, prima minuto di svolgimento. Quando, ne È la stessa accusa di “lentezza”, nel quieto poi convulso, tra benesse- Le mie prigioni (1968) Silvio Pelli- pubblico pregiudizio e nella menta- re, sollevazione e riflusso, Bolchi co/Grassilli viene tradotto in gon- lità conforme dei programmatori tv e Rossellini remavano nella me- dola ai Piombi, si registrano ben 5’ odierni, che ha portato alla damna- desima direzione, quasi presaghi (per l’esattezza ...) di muto e penso- tio memoriae dei capolavori didatti- della fine che avrebbe potuto fare so avvicinamento, scanditi solo dai co-televisivi di Rossellini: non sol- mezzo secolo più tardi un popolo colpi del gondoliere che rema. E si tanto dei supremi Atti degli Apostoli genialmente intraprendente, ma potrebbe continuare. (1969) ed Età di Cosimo (1974), gravato da un deficit storico-cultu- Che sia tutta una questione di rit- ma addirittura del tutt’altro che di- rale complessivo pesantissimo, del mo, o più ancora e piuttosto di lungato e analitico La presa del po- quale stiamo tuttora quotidiana- bianco e nero: di, ai nostri occhi “al- tere da parte di Luigi XIV (1966). mente constatando (e pagando) le tamente definiti” odierni, sfocato e La coincidenza cronologica non è conseguenze. OLTRE 170 5 In alto a sinistra: Tino Carraro/Javert ne I Miserabili (1964)i; in basso a sinistra: Sarah Ferrati ne La pazza di Chaillot (1961); al centro: Gastone Moschin ne I Miserabili; a sinistra: Raf Vallone ne Il mulino del Po (1963); sotto: Corrado Pani; in basso: Tino Carraro; a destra: Sandro Bolchi sul set de Il mulino del Po Erano perfettamente consapevoli, aver potuto vederlo, il suoi interpreti. con la lucidità istintiva sola dei gran- nostro “concittadino “Vallone, Lazzarini, di, che la battaglia decisiva si giocava per caso”, cimentarsi Moschin, Carraro, Nin- sul fronte che contrappone istruzio- in un “vero” film per le chi, Pani, Merlini” sono ne ad analfabetismo, cultura ad igno- allora fiorenti sale, anzi alcuni dei nomi cano- ranza. Bolchi aveva allora risolto di che limitarsi a utilizza- nici che l’intervistatore spingere gli italiani alla lettura, con re il mezzo pensando Tabanelli sottoponeva la sua sistematica, paziente e minu- sempre in esclusiva al a Bolchi, la cui rispo- ziosa rivisitazione dei classici; Rossel- teleschermo come de- sta è illuminante: “Ero lini di dare loro autoconsapevolezza stinazione ultima del molto amante dei miei raccontando via via la Storia, quella proprio lavoro. Ma che attori, tendevo a cam- nostra e quella degli altri. Entrambi a un certo punto Bol- biare poco. Avevo una avevano individuato, per vie diverse chi sia comunque pas- mia esclusiva, con alcu- – il primo condividendone le origi- sato, e con risultati stra- ni ho addirittura girato ni; l’altro convertendovisi una decina ordinari (La coscienza l’80% dei miei film. d’anni più tardi – nella televisione il di Zeno!) a fare film veri e propri, Può aggiungere Randone, Grassilli e la mezzo ideale per giungere al contatto sia pure a solo terminale Rai, non lo Massari, coi quali ho girato gran par- capillare con tutti. Bolchi arriverà a si dice mai, confinandolo in eterno te dei miei lavori. Dovevano capirmi, fare cinema per proseguire con di- nella pretesa categoria riduttiva dei sopportarmi, ero molto noioso con gli verse e più aggiornate tecniche nel “registi televisivi”: sia pure il massi- attori, quasi ossessivo, provavo tan- proprio discorso iniziale. Rossellini mo tra loro. Che possiamo leggere, tissimo assieme a loro, li confessavo a troverà nella produzione televisiva il in parallelo, anche a confronto con parte dando ogni volta consigli e alla mezzo per concretare percorsi pro- un altro gigante dello spettacolo ita- fine ottenevo sempre ciò che volevo. Per duttivi che il circuito del cinema tra- liano nella seconda metà del secolo esempio, Randone lo provavo a tu per dizionale non gli avrebbe più (nep- scorso, Giorgio Strehler. Non soltan- tu come in un confessionale. Con Lea pure a lui!) assolutamente permesso. to per l’accomunante rimpianto im- Massari provavo a casa sua. Erano un In qualche misura, possono persino possibile (se anche lui si fosse deciso po’ tutti attori teatrali molto semplici: dare l’idea di aver dovuto sconfinare a fare un film! Quei Mémoires goldo- un Carraro enfatico non si è mai visto per costrizione ciascuno nel campo niani, sempre annunciati, e sceneg- in teatro. A teatro era ‘secco’, Giulia dell’altro. In realtà gli obiettivi che giati senza approdo finale…) ma per Lazzarini in teatro era ‘secca’, e io li si proponevano (Rossellini, più an- il comune primato dell’attenzione e prendevo così”. ziano di una o due generazioni, nella dell’affezione ai “propri” attori. In Il possibile parallelismo con Strehler fase conclusiva della carriera; Bolchi più di un caso ma non a caso co- si materializza anche – oltre che nelle per il suo intero arco, e quindi prece- muni: atteggiamento che li accomu- stature comparabili, rispetto a campi dendolo) erano e restano visibilmen- na all’ultimo e più giovane gigante espressivi così radicalmente diver- te comuni. dell’epoca, Luca Ronconi, per buone si – proprio nella comune centralità Potrebbe restare il rimpianto di non ragioni a propria volta fedelissimo ai di definiti attori, da Bolchi amati 6 OLTRE 170 perché “secchi”, e insieme, vedi un in volta, nel tempo, proponendo: inimitabile Bolchi può forse davvero po’, icone portanti strehleriane come Capolicchio e la Tamburi, la Fani essere rinvenuto, col senno di oggi, Carraro e la Lazzarini. e Patrizi, Vettorazzo e la Brochard, non tanto nella facile leggenda del Si osservi il quadro generale degli senza pregiudizi o snobismi. Lui sa grande divulgatore, quanto nella così attori principali impiegati, dopo i quello che vuole da loro, e chiunque negativamente sbandierata, in una fedelissimi “bolognesi” delle origi- si guarda bene dal lasciar cadere una lettura superficiale e inconcludente, ni, come appunto Grassilli, che non proposta di scrittura da Bolchi! Già lentezza. Come anche nell’assoluto ricordava mai le battute, rivela con distribuzione del grande Re Lear Rai privilegio conferito all’uso delle pa- affetto Bolchi, o Matteuzzi. Emerge (e siamo solo nel ‘60: 200 minuti...) role – più spesso e volentieri originali proprio il folto e agguerrito manipo- sembra quasi un affettivo richiamo/ d’autore, nell’ambito della sua pro- lo degli “storici” di scuola Piccolo: rassegna dei suoi principali e più grammatica fedeltà – che vengono addirittura il leggendario Arlecchi- amati interpreti lungo la carriera, valorizzate e nobilitate evitando di no originario Marcello Moretti ne fin dalle origini de “La soffitta”.

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