Rassegna del 08/11/2017

SCENARIO BANCHE 08/11/2017 Avvenire 19 «Serviranno anni per i rimborsi» ... 1 1.25.00 08/11/2017 Avvenire 19 Credito. Crédit Agricole compra il 67% di Giacobino Andrea 2 1.22.00 08/11/2017 Corriere del Veneto 16 Ex Popolari, già in diecimila chiedono i risarcimenti - Venete, in Favero Gianni 3 4.43.00 Venezia e Mestre diecimila alle liquidazioni «Ma per i rimborsi attese di anni» 08/11/2017 Corriere del Veneto 16 Ex popolari in perdita per 100 milioni Messina: «Costi doppi dei ... 4 4.43.00 Venezia e Mestre ricavi» 08/11/2017 Corriere della Sera 34 Crediti a rischio, scontro con Nouy Padoan: no alle forzature della Caizzi Ivo 5 3.37.00 Bce 08/11/2017 Corriere della Sera 35 Vecchi azionisti di Vicenza e Veneto 10 mila in fila per i rimborsi Ducci Andrea 6 3.37.00 08/11/2017 Corriere della Sera 35 Più utili per , maxi-dividendo Pica Paola 7 3.40.00 08/11/2017 Corriere della Sera 35 Mps, le dimissioni del board Resta il nodo del presidente An.Duc. 8 3.40.00 08/11/2017 Corriere della Sera 37 Agricole compra Banca Leonardo, il salotto della finanza di Massaro Fabrizio 9 3.45.00 Braggiotti 08/11/2017 Corriere della Sera 41 La mossa Creval, aumento da 700 milioni Righi Stefano 10 4.32.00 08/11/2017 Corriere Fiorentino 4 Mps, i primi passi della risalita - Il Monte sta bruciando le tappe Bonciani Mauro 11 5.05.00 Tornano la fiducia e i depositi 08/11/2017 Corriere Fiorentino 4 ChiantiBanca a sostegno della Malo in crisi ... 12 5.05.00 08/11/2017 Eco di Bergamo 14 Intesa, utile ok conti oltre le attese ... 13 5.10.00 08/11/2017 Foglio 1 Perché il popolo del risparmio tradito è fin troppo sopravvalutato - Cingolani Stefano 14 2.07.00 Il popolo degli ignari 08/11/2017 Foglio 3 Ragioni per non essere allarmisti sulla contabilità degli Npl Milani Carlo 15 2.38.00 08/11/2017 Giornale 10 Casini vieta le domande su Mps Segreto sui debitori delle Venete ... 16 1.14.00 08/11/2017 Giornale 22 Mps perde tre miliardi in nove mesi Assemblea a dicembre sul CC 17 1.22.00 nuovo cda 08/11/2017 Giornale 22 Draghi e Padoan «litigano» sulle banche Conti Camilla 18 1.25.00 08/11/2017 Giornale 22 Creval vara un aumento da 700 milioni Azioni -18% ... 19 1.21.00 08/11/2017 Giornale 23 Risultati record per Intesa: anche grazie ai 3,5 miliardi avuti dallo CC 20 1.29.00 Stato per le venete 08/11/2017 Il Fatto Quotidiano 16 I poteri opachi dietro la fine del Monte Paschi - Ecco perché Lannutti Elio - Fracassi 21 1.22.00 Mussari suicidò Mps e nessuno disse (e dice) nulla Franco 08/11/2017 Il Fatto Quotidiano 17 In commissione banche si spara sul pianista Padoan Meletti Giorgio 22 1.28.00 08/11/2017 Il Fatto Quotidiano 19 Banche e manovra, i guai del governo isolato a Bruxelles Di Foggia Carlo 23 0.43.00 08/11/2017 Il Fatto Quotidiano 24 Rimasugli - Le sofferenze sulle sofferenze di Pier Carlo er Pantera Palombi Marco 24 0.53.00 08/11/2017 Italia Oggi 27 Intesa Sanpaolo batte le attese Berbenni Giacomo 25 4.10.00 08/11/2017 Italia Oggi 29 Mps, trimestre in utile ... 26 4.43.00 08/11/2017 La Verita' 1 Fu Saccomanni a dare mano libera a Zonin - L'ex ministro Bonazzi Francesco 27 5.19.00 Saccomanni rimise in sella Gianni Zonin 08/11/2017 La Verita' 6 Bankitalia Firenze cambia direttore Grane nel feudo del Giglio Antonelli Claudio 28 5.27.00 magico? 08/11/2017 La Verita' 6 La Bce muove guerra alle banche italiane Stavolta pure Padoan Grizzuti Antonio 29 5.27.00 s'accorge dei rischi 08/11/2017 La Verita' 7 Casini: «Segreti i nomi dei debitori insolventi» Tarallo Carlo 30 5.27.00 08/11/2017 Messaggero 18 Sofferenze bancarie sale la tensione tra Padoan e Draghi - Pollio Salimbeni Antonio 31 0.38.00 Banche, tensione Padoan-Draghi sugli Npl 08/11/2017 Messaggero 18 Il retroscena - Pronto il cartellino giallo di Strasburgo: «La Nouy è Dimito Rosario 32 0.43.00 andata oltre le prerogative» 08/11/2017 Messaggero 19 Intesa Sp, già assorbito il peso delle Venete r.dim. 33 2.14.00 08/11/2017 Messaggero 19 Banche, no della Commissione d'inchiesta alla divulgazione dei R.Mar. 34 2.19.00 nomi dei grandi debitori 08/11/2017 Messaggero 19 Aumento di capitale da 700 milioni per CreVal A.Fons. 35 2.22.00 08/11/2017 Messaggero 20 Mps, un nuovo cda a dicembre e nel trimestre torna il profitto Amoruso Roberta 36 2.25.00 08/11/2017 Messaggero 20 Crédit Agricole corre in Italia e si assicura Banca Leonardo A.Fons. 37 2.31.00 08/11/2017 Mf 2 Intervista a Danièle Nouy - Nouy: cosa farò con le banche - La Cabrini Andrea 38 3.21.00 versione di Madame Nouy 08/11/2017 Mf 3 Nel regno della confusione occorre una due diligence alla De Mattia Angelo 39 3.25.00 Vigilanza 08/11/2017 Mf 3 Padoan: Bce è andata oltre i suoi limiti sulle sofferenze - Padoan: Ninfole Francesco 40 3.27.00 Bce è andata oltre i limiti 08/11/2017 Mf 4 La progressione di Intesa, dal risparmio gestito più di metà dei Gualtieri Luca 41 3.32.00 profitti - Intesa, metà dell'utile dal gestito 08/11/2017 Mf 4 Mps in assemblea il 18 dicembre Nel trimestre utile per 242 mln - Bodini Oscar 42 3.33.00 Montepaschi in assemblea il 18 dicembre 08/11/2017 Mf 6 Terapia d'urto per il Creval Aumento da 700 milioni, più del doppio Gualtieri Luca 43 3.37.00 della capitalizzazione - Creval, aumento da 700 milioni 08/11/2017 Mf 6 Viola: sulle Venete il governo ha fatto il possibile Santoro Valeria 44 3.37.00 08/11/2017 Mf 8 Una jv tra 8 banche per il blockchain. C'è Peveraro Stefania 45 3.45.00 08/11/2017 Mf 10 Dopo Pioneer Agricole porta a casa anche Banca Leonardo - Dal Maso Elena 46 4.07.00 Agricole conquista B. Leonardo 08/11/2017 Mf 11 Fineco più forte all'estero Messia Anna 47 4.14.00 08/11/2017 Mf 11 Unicredit, Bulbank cede npl per 84 milioni lordi Gerosa Francesca 48 4.15.00 08/11/2017 Mf 11 Cdp e Kfw investono 145 mln nei crediti Alba Leasing Messia Anna 49 4.17.00 08/11/2017 Mf 18 Contrarian - Ancora qualche domanda da porsi sul ruolo della Cdp ... 50 4.54.00 08/11/2017 Repubblica 24 Intesa Sanpaolo record di profitti dai 1000 miliardi gestiti per i Greco Andrea 51 4.18.00 clienti 08/11/2017 Repubblica 24 Dopo la banca Braggiotti vende anche i risparmi dei super ricchi Bennewitz Sara 52 4.19.00 08/11/2017 Repubblica 24 Il retroscena - Bond Etruria, il via libera grazie al sì di Vegas Tonacci Fabio 53 4.19.00 08/11/2017 Repubblica 24 Mps, a metà dicembre il nuovo cda targato Tesoro ... 54 4.22.00 08/11/2017 Repubblica 24 L'europarlamento contro la Bce "Sulle sofferenze decidiamo noi" D'Argenio Alberto 55 4.24.00 08/11/2017 Repubblica Bari 3 "Un fondo per gli azionisti delle Popolari" ... 56 5.19.00 08/11/2017 Resto del Carlino Emilia 3 Banca Marche, la carica dei tremila «Vogliamo costituirci parte Pascucci Alessandra 57 5.19.00 Romagna Marche e civile» Rovigo 08/11/2017 Resto del Carlino Emilia 3 Carife, si riaccende la speranza dei risparmiatori 'azzerati' Lolli Stefano 58 5.19.00 Romagna Marche e Rovigo 08/11/2017 Sole 24 Ore 2 Sugli Npl l'Italia attacca la linea della vigilanza Bce - Sugli Npl Romano Beda 59 0.53.00 l'Italia attacca i vincoli Bce 08/11/2017 Sole 24 Ore 2 Draghi difende la linea ma chiede sforzo congiunto Merli Alessandro 60 0.53.00 08/11/2017 Sole 24 Ore 2 Banche europee: cresce l'incertezza Serafini Laura 61 0.56.00 08/11/2017 Sole 24 Ore 2 20 banche Uk chiedono licenza per l'Eurozona ... 62 0.56.00 08/11/2017 Sole 24 Ore 3 Agricole punta oltre 3 miliardi sull'Italia Ferrando Marco 63 1.06.00 08/11/2017 Sole 24 Ore 3 Banca Leonardo diventa francese Crédit Agricole acquisisce il Mangano Marigia 64 1.08.00 67,6% - Banca Leonardo diventa francese: Crédit Agricole compra il 67,6% 08/11/2017 Sole 24 Ore 3 L'analisi - La campagna d'Italia e le ceneri dell'Ambrosiano - La Olivieri Antonella 65 1.11.00 campagna d'Italia avviata sulle ceneri dellAmbrosiano 08/11/2017 Sole 24 Ore 3 Il private banking italiano al riassetto Festa Carlo 66 1.13.00 08/11/2017 Sole 24 Ore 10 Pechino pronta alla svolta sulle banche R.Es. 67 1.40.00 08/11/2017 Sole 24 Ore 12 Lettera. La Popolare di Sondrio e il calcio S.Fi. 68 1.46.00 08/11/2017 Sole 24 Ore 31 Intesa, utili a 650 milioni e cedola confermata - Intesa conferma la Ferrando Marco 69 1.13.00 cedola 2017 «Nessun impatto da regole Bce» 08/11/2017 Sole 24 Ore 31 Mps riduce le perdite Partita aperta sul nuovo cda - Mps riduce le L.D. 70 1.14.00 perdite, faro sulla governance 08/11/2017 Sole 24 Ore 31 UniCredit al rush finale per la presidenza ... 71 1.11.00 08/11/2017 Sole 24 Ore 31 Creval: aumento fino a 700 milioni Davi Luca 72 1.16.00 08/11/2017 Sole 24 Ore 32 Al via il processo su Banca Marche Pavesi Fabio 73 1.17.00 08/11/2017 Sole 24 Ore 32 Venete, per i rimborsi serviranno anni - Venete, per i rimborsi Colombo Davide 74 1.18.00 servono anni 08/11/2017 Sole 24 Ore 32 Bond Etruria, Pm al lavoro sullo scontro in Consob Monaci Sara 75 1.20.00 08/11/2017 Sole 24 Ore 33 Fineco, utili a 151 milioni Cresce la raccolta (+46%) Cellino Maximilian 76 1.28.00 08/11/2017 Sole 24 Ore 33 Parterre - L'istituto delle banche popolari vende cinque asset a P.De. 77 1.31.00 Milano 08/11/2017 Sole 24 Ore 35 «Cattolica resterà cooperativa e punta a raddoppiare i premi» Galvagni Laura 78 1.37.00 08/11/2017 Stampa 16 Il retroscena - Saccomanni ritorna in campo Verso la presidenza di Spini Francesco 79 2.40.00 Unicredit 08/11/2017 Stampa 16 Mps torna in utile Assemblea il 18/12 ... 80 2.41.00 08/11/2017 Stampa 16 Banca Leonardo passa sotto l'ala di Crédit Agricole R.E. 81 2.41.00 08/11/2017 Stampa 17 Creval, aumento da 700 milioni ... 82 2.42.00 08/11/2017 Stampa 17 L'Italia insiste sui crediti deteriorati I dubbi di Strasburgo sul piano Bresolin Marco 83 2.44.00 Bce 08/11/2017 Stampa 17 Messina: "Intesa mantiene la politica dei dividendi" F.Sp. 84 2.45.00 WEB 07/11/2017 MILANOFINANZA.IT 1 Fabi si rinnova a Vicenza e Treviso ... 85 0.13.00 Avvenire 08-nov-2017

«Serviranno anni per i rimborsi» art Il Governo, sul fronte delle banche venete, ha fatto tutto quello che mi aspettavo facesse». Lo ha detto il commissario liquidatore di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza Fabrizio Viola in audizione alla Commissione sulle banche. Viola ha sottolineato che «la struttura dell'attivo di Veneto Banca, fa sì che più dell'8085% dell'attivo è costituito da crediti deteriorati, quindi solo una componente limitata è costituita da attivi finanziari e partecipazioni. Il commissario liquidatore della Banca popolare di Vicenza, Giustino Di Cecco, ha puntualizzato invece che per ricevere i rimborsi i creditori della Banca Popolare di Vicenza dovranno certamente aspettare degli anni. I conti del terzo trimestre di Intesa Sanpaolo riflettono intanto «l'impatto relativo all'incorporazione delle due ex Venete», la cui struttura del conto economico «presenta tuttora forti squilibri, anche al netto dell'eliminazione dei crediti deteriorati dai bilanci». A sottolinearlo l'ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, commentando ieri la trimestrale.

SCENARIO BANCHE 1 Avvenire 08-nov-2017

Credito. Crédit Agricole compra il 67% di Banca Leonardo art Un altro colpo italiano del gigante tranquillo francese. Dopo poco più di un mese dall'aver comprato tre casse di risparmio, ieri IndosuezWealth Management, unità di gestione del risparmio di fascia alta del Crédit Agricole, ha acquisito il controllo di Banca Leonardo. Un'operazione che sottotraccia evidenzia i legami tra Gerardo Braggiotti, già in , che fondò Banca Leonardo imbarcando soci illustri come gli Agnelli-Elkann e i Pesenti, e che è cognato di Ariberto Fassati, presidente di Crédit Agricole CariParma e per lunghi anni uomo di rappresentanza del colosso transalpino nel nostro Paese. Ma certo è che oggi il Crédit Agricole è una presenza sempre più importante nel panorama bancario italiano alla pari di quella tedesca Deutsche che proprio quest'anno festeggia il quarantennale della presenza entro i nostri confini o di un'altra grande banca francese, Bbp Paribas, che ha comprato Banca Nazionale del Lavoro. L'operazione di Banca Leonardo giunge a conclusione di un anno importante per quell'istituto che nel lontano 1990 fu chiamato in Italia da Giovanni Bazoli come "cavaliere bianco" per proteggere l'azionariato del Nuovo Banco Ambrosiano (poi Intesa Sanpaolo) dall'attacco di Gemina, finanziaria espressione della Mediobanca di Enrico Cuccia. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. Il 2017, infatti, è iniziato subito dopo l'acquisto, perfezionato nello scorso dicembre, del risparmio gestito di Unicredit, raggruppato in Pioneer, per la bellezza di 3,54 miliardi di euro da parte di quella Amundi che è l'operatore di asset management proprio del Crédit Agricole. E sempre l'Agricole a fine dello scorso settembre ha comprato CariCesena, CariRimini e CariSanMiniato per 130 milioni, mettendo in sicurezza depositi e obbligazioni. Forte oggi di 3,5 milioni di clienti nel nostro Paese, Crédit Agricole -uscita definitivamente dal capitale di Intesa nel 2013 - ha rilevato fra il 1987 e i1 2008 Agos e Ducato nel settore della finanza al consumo, poi nel 2007 i 203 sportelli di Intesa dei marchi CariParma e FriulAdria e quattro anni dopo sempre dalla banca di Ca' de Sass, i 96 sportelli di . Senza dimenticare nel 2006 l'inizio della joint venture con l'allora Fiat (oggi Fca) in Fca Bank che finanzia l'acquisto di auto. Da1 2007 a oggi la banca francese ha investito nel nostro paese oltre 10 miliardi di euro tanto che l'Italia, gestita da Giampiero Maioli, rappresenta per Crédit Agricole il secondo mercato dopo la Francia con 12 mila dipendenti, 132 miliardi di masse in gestione, 3,2 miliardi di ricavi per oltre 64 miliardi di finanziamento all'economia. Fondata come banca mutualistica con il nome di Société de Crédit Agricole a Salinsles-Bains nel dipartimento della Giura il 23 febbraio 1885, soprannominata la "banca verde", oggi l'Agricole è la prima banca mutualistica in Europa e in Francia e la terza banca francese per capitalizzazione. Quotata a Parigi dal 2001 vede come azionista di controllo col 54,7% la holding delle banche regionali transalpine SAS Rue La Boétie. Un gigante tranquillo che ha creduto e continua a credere nell'Italia.

SCENARIO BANCHE 2 Corriere del Veneto Venezia e Mestre 08-nov-2017

Ex Popolari, già in diecimila chiedono i risarcimenti - Venete, in diecimila alle art liquidazioni «Ma per i rimborsi attese di anni»

I risparmiatori traditi che hanno già bussato alle liquidazioni, chiedendo di essere ammessi al passivo sperando di ricavarne prima o poi un rimborso sulle azioni azzerate, sono già oltre diecimila. Nel dettaglio, 6.100 per Vicenza e quattromila per Montebelluna. E, sempre che alla fine resti qualcosa, dovranno aspettare anni. Fra le molte cose illustrate ieri dai commissari liquidatori di Popolare Vicenza e Veneto Banca, guidati dall'ex Ad di Bpvi Fabrizio Viola, nell'attesa audizione alla Commissione bicamerale d'inchiesta, questa forse è la più rilevante. Perché anche a battere l'unica strada rimasta aperta, dopo il blocco delle cause con le liquidazioni del 25 giugno, come ha ammesso l'altro commissario di Vicenza, Giustino Di Cecco, dovranno aspettare anni, perché i tempi di pagamento «dipenderanno da quelli con cui si riusciranno a recuperare i crediti», di cui si attende il trasferimento alla Sga , dopo il termine della due diligence Intesa-liquidazioni-Tesoro, che dovrebbe finire a fine mese. Senza contare che lo Stato attende di vedersi restituire i 5 miliardi dati ad Intesa; e questi hanno precedenza assoluta. E quello della gestione dei deteriorati è l'altro capitolo difficile uscito ieri. Anche perché nel frattempo le liquidazioni non possono fare nuovi affidamenti. E il decreto di giugno ha trasferito tutto il personale ex venete a Intesa e i liquidatori si sono trovati da soli a fronteggiare l'emergenza. «Riceviamo telefonate di clienti che si procurano i numeri e si sentono abbandonati. Abbiamo detto ad Intesa di non dire che non se ne sa più nulla ma di dare il nostro indirizzo Pec. Riceviamo 100-120 comunicazioni al giorno, cerchiamo di rispondere e ricevere tutti», ha detto la commissaria di Veneto Banca, Giuliana Scognamiglio. A Vicenza le richieste via Pec sono state quattromila: «Abbiamo ottenuto da Intesa una task force di 15 persone per rispondere», ha aggiunto Di Cecco. Nel frattempo la liquidazione di Veneto Banca ha riportato in bonis crediti per 800 milioni, mentre Vicenza ha gestito 400 posizioni difficili, 1,5 miliardi di valore nominale, incassando uo milioni, 70 andati ad Intesa e 40 alla Sga. E rimasto invece deluso chi ieri s'attendeva i nomi e cognomi dei «grandi creditori». Il presidente della Commissione, Pier Ferdinando Casini, ne ha ribadito il carattere riservato. In ogni caso per Vicenza le prime cento posizioni a sofferenza pesano per 1,2 miliardi, il 21% del totale. Ventuno di queste, 519 milioni, sono nell'azione di responsabilità verso gli ex amministratori; e altre io sono riconducibili a finanziamenti «baciati» , erogati per acquistare azioni, per 186 milioni. Al capitolo deteriorati, i primi wo grandi creditori hanno ricevuto importi per i,7 miliardi, il 40% del totale, 22 sono nell'azione di responsabilità, mentre le «baciate» sono 3i. Proprio sulle «baciate» i commissari hanno chiarito di essere in attesa di una pronuncia della Cassazione sulla nullità o meno dei prestiti, prima di avviare o no i recuperi. Poi sotto la lente della commissione è finita la tormentata trattativa con Bce e Dg Comp Ue, chiusa dopo sei mesi con la messa in liquidazione. Viola ha difeso il piano di salvataggio di Atlante con la fusione Bpvi-Veneto Banca: «Il business plan era sostenibile - ha affermato il manager -. C'erano rischi nell'esecuzione ma erano gestibili». Ma allora perché Ue e Bce l'hanno bocciato? «Il piano è stato ritenuto troppo ambizioso negli obiettivi - la replica -. Anche perché nel frattempo la situazione continuava a deteriorarsi». Iniziato il 17 marzo il percorso della ricapitalizzazione precauzionale, Viola fissa al 12 giugno il cambio di rotta: «Fino ad allora abbiamo lavorato sulla ricapitalizzazione. A quel punto il governo ci comunica che l'approccio è cambiato». E i commissari hanno sollevato i tanti dubbi sull'operazione con Intesa. Come i cinque giorni per la gara per fondere le due banche e i tre per scrivere il decreto. «Tempistiche non compatibili con una procedura trasparente e informata», ha concluso il deputato di Scelta civica, Enrico Zanetti, dopo aver chiesto un giudizio a Viola, ottenendo una risposta laconica ma non meno significativa del manager: «Non mi stupisco più di nulla». A rincarare la dose il vicepresidente della commissione, Renato Brunetta: «Ci rendiamo conto che una data morn di cinque giorni è anomala? Tra data worn e decreto si è creato un imbroglio. Niente è stato fatto con trasparenza e secondo legge». Resta poi la delicata questione della vendita del patrimonio immobiliare. Immobiliare Stampa, la società di Bpvi che ha in carico gli immobili, sta nominando gli advisor per le cessioni. Ma sull'idea di trattenere i palazzi storici, come Palazzo Thiene, e i beni artistici i commissari hanno gelato tutti. Perché l'obiettivo dei liquidatori resta far cassa «La Lca di Vicenza non può tenere 55 milioni di patrimonio artistico. Deve vendere, certo con la massima trasparenza e tutelando i beni - ha detto di

SCENARIO BANCHE 3 Cecco -. Ma l'obiettivo è tradurre i beni in denaro».

SCENARIO BANCHE 4 Corriere del Veneto Venezia e Mestre 08-nov-2017

Ex popolari in perdita per 100 milioni Messina: «Costi doppi dei ricavi» art "I costi sono il doppio dei ricavi. E il risultato corrente lordo nel trimestre è negativo per 100 milioni». La doccia fredda, sulle reti e le parti «buone» di Popolare Vicenza e Veneto Banca incorporate da Intesa Sanpaolo con il decreto di liquidazione del 25 giugno, è arrivato ieri pomeriggio direttamente per bocca dell'amministratore delegato, Carlo Messina. Il manager ha commentato i dati della trimestrale della prima banca italiana, approvati dal cda. Dati al solito da record, con 731 milioni di euro di utile netto nel terzo trimestre a fronte dei 628 di un anno fa, che salgono a 2.446 nei nove mesi a fronte di 2.335 un anno Tutto bene? Non proprio. Perché Messina non ha mancato di far notare che le ex venete per ora sono ancora un costo. Un po', forse, per rispondere all'adagio che Intesa ha fatto un affarone assistito oltretutto dai soldi dello Stato. E in più la presa di posizione del consigliere delegato non è di poco conto, di fronte alla parte più delicata della trattativa sull'integrazione del personale delle venete, che dovrà chiudersi la settimana prossima, con posizioni ancora piuttosto distanti e che rischia di incidere direttamente sugli stipendi del personale e sulla mobilità. L'intervento suona come una sorta di avviso ai naviganti. Messina sostiene che l'integrazione delle ex venete non avrà effetti sugli utili per azione previsti nel 2017, «e pensiamo che per il futuro possano dare un contributo positivo». Ma intanto i dati di fatto esposti ieri parlano, nel trimestre, di interessi netti per 58 milioni e commissioni nette per 57,che portano i proventi operativi a 96 milioni (contabilizzando 26 milioni persi con le attività di negoziazione e 7 guadagnati con altri proventi). A fronte dei ricavi stanno 130 milioni di costi del personale, 60 di spese amministrative e io di ammortamenti, che portano il risultato della gestione operativa in rosso per IN milioni di euro. Il conto finale, con altre voci intermedie, fissa il risultato netto in rosso per 81 milioni. Certo, gli effetti positivi delle venete si iniziano a vedere su altri fronti, come i 460 milioni di euro di flussi netti di risparmio gestito già nel terzo trimestre, e i 26,9 miliardi di impieghi in più e sempre in più i 30 di raccolta diretta e i 22 di indiretta.

SCENARIO BANCHE 5 Corriere della Sera 08-nov-2017

Crediti a rischio, scontro con Nouy Padoan: no alle forzature della Bce art L'Italia continua a opporsi alla «stretta» nella copertura dei crediti deteriorati proposta dalla responsabile della vigilanza Ssm della Bce, la francese Daniele Nouy e che vede il suo presidente Mario Draghi esortare a «uno sforzo congiunto da parte delle banche, dei supervisori, dei regolatori e delle autorità nazionali per affrontare tale questione in maniera ordinata». Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, al termine dell'Ecofin a Bruxelles, ha confermato di aver espresso riserve «di metodo e di merito» alla Nouy, ascoltata il giorno prima nell'Eurogruppo. Il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani, che aveva sollevato dubbi con una lettera a Draghi, attende per oggi una risposta del servizio legale dell'Europarlamento e si è detto convinto «che c'è un limite oltre il quale la vigilanza della Banca centrale non può andare: faccia il suo lavoro, ma lasci fare il suo al Parlamento». Padoan ha precisato di essere stato l'unico ministro a replicare a Nouy perché l'iniziativa Bce - 100% di accantonamenti entro due anni per i prestiti non performanti (Npl) senza copertura ed entro sette anni per quelli con garanzie — «va oltre i limiti istituzionalmente definiti» e costituisce una «forzatura legale» in quanto introdurrebbe «un vincolo generalizzato, mentre il mandato del Ssm riguarda casi singoli». Padoan ritiene «fonte di preoccupazione» includere nel provvedimento «stock di sofferenze e non solo la gestione di nuovi crediti che possono trasformarsi in sofferenze». Ha aggiunto che «d'Italia è il primo interessato a ridurre gli stock», ma chiede «tempi ragionevoli». Ha poi detto di aver criticato l'attenzione solo sugli Npl, stimati circa 800 miliardi (con la parte più ingente nelle banche italiane), rispetto ai circa 450 mila miliardi di esposizioni su derivati di «banche di altri Paesi Ue». Rientrato a Roma, il ministro ha detto al Senato che nel bilancio 2018 «una restrizione fiscale eccessiva metterebbe a rischio la ripresa e la coesione sociale», nonostante l'accelerazione della crescita nel terzo trimestre «che si può stimare a 0,5%». E ha aggiunto: «Nelle attuali condizioni il Paese può puntare a una crescita stabilmente più elevata, prossima al 2%», sottolineando che «raggiungere questo obiettivo» permetterebbe di ridurre la disoccupazione «agevolando la discesa del rapporto debito/Pil». L'Ecofin, sull'onda dello scandalo Paradise Papers, ha promesso per il mese prossimo la «lista nera Ue» dei paradisi fiscali, che non appare però risolutiva contro la grande evasione delle tasse. Il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire ha proposto di escludere le piazze offshore «dal sostegno finanziario della Banca mondiale o del Fmi».

SCENARIO BANCHE 6 Corriere della Sera 08-nov-2017

Vecchi azionisti di Vicenza e Veneto 10 mila in fila per i rimborsi art Un paio di certezze emergono in tutta evidenza. Le audizioni della Commissione di inchiesta sulle banche proseguono, ma dai lavori risulta che i risparmiatori coinvolti dal crac degli istituti veneti do- di euro vranno aspettare anni per ricevere quel di crediti poco che verrà loro rimborsato. A dirlo in riconducibili audizione ai senatori e ai deputati della ai 100 grandi commissione, presieduta da Pier Ferdinando Casini, è uno dei liquidatori di insolventi Banca Popolare di Vicenza. Secondo Giustino di Cecco i tempi per ottenere i rimborsi «non sono certamente di qualche mese, ma forse di qualche anno. Al momento abbiamo ricevuto 6.200 domande di ammissione al passivo (altre 4 mila riguardano Veneto Banca, ndr)». Di Cecco aggiunge un ulteriore dato, spiegando che i primi loo grandi debitori della Popolare di Vicenza costituiscono «il 21% delle sofferenze, pari a 1,2 miliardi di euro». E qui emerge la seconda certezza proprio per bocca di Casini che precisa la natura del «carattere segreto» degli elenchi dei grandi debitori insolventi delle banche venete. La lista di imprenditori e soggetti affidati e finiti in morosità di Popolare di Vicenza e di Veneto Banca è, insomma per ora top secret, sebbene la lista sia stata trasmessa a Casini. Nel corso delle tre ore di audizione a intervenire è anche l'ex ad di Mps, Fabrizio Viola, in veste di commissario liquidatore di entrambe le banche venete. Il quadro tratteggiato da Viola è riassumibile nel fatto che per Veneto Banca «la struttura dell'attivo è tale che più dell'80-85% è costituito da crediti deteriorati». Ne consegue che il rimborso del passivo «dipenderà dalla recuperabilità dei crediti deteriorati». La situazione di Popolare di Vicenza presenta, peraltro, «numeri simili». Viola ricorda un paio di ulteriori questioni. Le operazioni in corso per la vendita degli asset dei due istituti (tra gli altri Farbanca, Claris Factor e Claris Leasing) e, in secondo luogo, che l'obiettivo dei commissari è rimborsare « il debito generato (circa 5,3 miliardi di euro, ndr) con lo Stato con la cessione della good bank a Intesa». Domani tocca di nuovo a Bankitalia e Consob per una seconda audizione dopo quella dei giorni scorsi.

SCENARIO BANCHE 7 Corriere della Sera 08-nov-2017

Più utili per Intesa Sanpaolo, maxi-dividendo art Intesa Sanpaolo archivia il terzo trimestre con utili sopra le attese e si avvia a chiudere un 2017 record per le commissioni, che già a fine settembre sono le «migliori di sempre». L'amministratore delegato Carlo Messina, ieri in conference call con analisti e gestori ha sottolineato come la «priorità strategica» resti la remunerazione degli azionisti «in misura consistente e sostenibile». Sono così confermati i 3,4 miliardi di euro di cedole per il 2017. Alla fine del piano d'impresa (31 dicembre 2017) il monte dividendi avrà raggiunto, come promesso, quota io miliardi e anche in futuro Intesa Sanpaolo, forte di un eccesso di capitale di 12 miliardi, vorrà porsi come «un significativo distributore di dividendi», ha assicurato il Ceo. L'utile netto nei nove mesi è cresciuto del 6% a 2,5 miliardi. fl risultato netto contabile è però di 5,88 miliardi considerando il contributo pubblico cash di 3,5 miliardi ricevuto, viene ricordato in una nota, «a compensazione degli impatti sui coefficienti patrimoniali» derivanti dal salvataggio di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza. La previsione è di riportare in utile già nel 2018 le due banche venete, che segnano in un trimestre perdite per 100 milioni. Mentre per l'intero gruppo, la previsione è di battere a fine 2017 l'utile del 2016 (3,1 miliardi), per il quarto e ultimo trimestre è prevista tra l'altro la contabilizzazione della plusvalenza da 800 milioni dalla cessione di Allfunds. Nel febbraio del prossimo anno sarà presentato il nuovo piano al quale Messina e i manager stanno lavorando da tempo. All'avvio del suo secondo piano, che sarà presentato a Londra il prossimo febbraio, Messina si presenta con coefficienti patrimoniali in crescita con il common equity ratio pro forma oggi al 13,4%, dal 1396 di fine giugno. L'eccesso di capitale rispetto ai requisiti regolamentari è per Messina «sempre un problema felice», anche perché «è stato realizzato tutto internamente», senza aumenti di capitale. Quanto alla qualità del credito, scende a 990 milioni, il più basso dalla nascita della superbanca, il flusso trimestrale dei crediti deteriorati provenienti da bonis ed è in calo di 11 miliardi in due anni lo stock dei crediti deteriorati. L'obiettivo di riduzione delle sofferenze (npl), oggi fissato al 10,5% degli impieghi entro fine 2019, sarà migliorato con il nuovo piano, ha detto ancora Messina che invece non vede impatti su capitale e dividendi dalle nuove indicazioni della Bce sulle coperture. Quanto alle commissioni nette, la crescita è del 6,4% nei primi nove mesi a 5,64 miliardi, un dato conseguente «alla forte ripresa del risparmio gestito» che tra gennaio e settembre segna una crescita dello stock di oltre 17 miliardi. Tra depositi e gestioni, Intesa Sanpaolo ha in custodia un trilione di euro, per lo più ascrivibile al risparmio Italiano. Una cifra enorme che conferma la vocazione a «wealth management company». Dalla gestione del risparmio arriva infatti un contributo superiore al 50% al risultato lordo. Come «acceleratore della crescita dell'economia reale», nei nove mesi Intesa ha concesso nuovo credito per 36 miliardi a medio e lungo termine a famiglie e imprese.

SCENARIO BANCHE 8 Corriere della Sera 08-nov-2017

Mps, le dimissioni del board Resta il nodo del presidente art I1 consiglio di amministrazione di Mps si è dimesso in blocco. La mossa del board era prevista ed è correlata alla procedura di ricapitalizzazione, avvenuta per mano pubblica. La significativa discontinuità nell'azionariato dell'istituto senese, il Tesoro detiene una quota di controllo del 70%, ha imposto di ridisegnare la governance e di predispone il rinnovo dei vertici. A dimettersi è stato anche il collegio sindacale. Il cda uscente ha già convocato l'assemblea per il prossimo 18 dicembre. Nella parte ordinaria l'assemblea dovrà determinare il numero dei componenti del nuovo consiglio per gli esercizi 2017-18-19 e dei vice presidenti, oltre che procedere alla nomina del board e dei sindaci, con tanto di relativi compensi. La maggioranza del nuovo board sarà, dunque, espressione del Tesoro. Un ruolo spetta ai fondi, stante il fatto che gli istituzionali esteri pesano per circa il 20% del capitale postburden sharing. Vale ricordare che se per l'amministratore delegato Marco Morelli la conferma dell'incarico è scontata, per la presidenza il reincarico all'uscente Alessandro Falciai appare in bilico. Ieri il consiglio ha approvato i dati del terzo trimestre. Gli utili si attentano a 242 milioni di euro, un valore peraltro influenzato dal positivo impatto del burden sharing per 554 milioni.

SCENARIO BANCHE 9 Corriere della Sera 08-nov-2017

Agricole compra Banca Leonardo, il salotto della finanza di Braggiotti art Un po' francese Banca Leonardo lo è sempre stata, sia per la storia professionale del fondatore, Gerardo Braggiotti, che dopo Mediobanca è stato anche top banker di Lazard, sia per la presenza tra i soci del salotto finanziario milanese della holding Eurazeo del banchiere francese Michel David Weill. Adesso — oltre 17 anni dopo la fondazione nel 1999 e l'ingresso dei grandi investitori nel 2006 — Banca Leonardo volta decisamente pagina e diventa tutta francese. A rilevarla è il colosso Crédit Agricole, alla sua seconda mossa sul risparmio italiano dopo l'acquisizione di Pioneer. Attraverso la controllata nel wealth management CA Indosuez Wealth (Europe) per il momento ha raggiunto l'accordo con i grandi soci Exor, con il 16,51%, Gbh (cioè Braggiotti, al 9,9%), Eurazeo (18,34%), Swilux (18,34%) e Torreal (4,59%) per il loro 67,67% ma ha già avanzato la proposta ai soci di minoranza per arrivare al 100%, per un'operazione valutata circa 200 milioni di euro. La cifra non è stata pubblicata ma una nota di Exor — per la quale la cessione rientra nell'ottica della razionalina7ione degli investimenti (e ora la holding della famiglia AgnelliElkann non ha più investimenti finanziari diretti in Italia) — ha specificato che il corrispettivo è «in linea con il valore di carico dell'investimento», pari a circa 3o milioni. In ogni caso il prezzo sarà adeguato in relazione alle masse gestite a dicembre — attualmente 5, 9 miliardi di euro — e incrementato in base alle adesioni dei vari soci di minoranza. Tra i potenziali venditori compaiono , Italmobiliare (famiglia Pesenti) e Micheli Associati, tutti con il 2,75%, Is.Co. (2,579x) ed Edizione (famiglia Benetton) con 1'1,83%. Già domani i vertici di Indosuez dovrebbero presentarsi ai banker di Banca Leonardo in una prima riunione conoscitiva insieme con Braggiotti. Poi il timone del comando passerà nelle mani dell'Agricole, che in Italia ha come plenipotenziario il numero uno l'amministratore delegato Giampiero Maioli. In questo modo cresce ulteriormente la presenza in Italia dell'istituto francese, che da oltre dieci anni si è radicato con l'acquisizione di Cariparma e Friuladria (2006-2007). Poche settimane fa ha rilevato le tre casse del centro Italia in grave crisi — CariCesena, Cr San Miniato e Cr Rimini — mentre Pioneer è stata comprata per 4 miliardi dalla controllata di Agricole nell'asset management, Amundi. Per Maioll l'operazione permetterà di «sviluppare le sinergie fra le diverse attività della banca» e rafforzerà «la nostra già forte posizione in Italia aumentando la gamma di prodotti e servizi offerti a 3,5 milioni di clienti». Per Braggiotti invece l'accordo «porterà benefici sia per il nostro personale che per i nostri clienti». La trattativa con i francesi che l'hanno spuntata rispetto ad altri 3-4 soggetti interessati — è durata 13 mesi, fino alla svolta finale di ieri, anche se il closing è previsto entro aprile 2018 dopo i via libera delle autorità. Crédit Agricole (assistita da Mediobanca e BonelliErede, mentre Leonardo dallo studio Pedersoli) era da tempo alla ricerca di una private bank di alto livello, quella per gli ultra-ricchi («high net worth individuals»), e aveva sondato anche Esperia e Giubergia. L'obiettivo era arrivare a io miliardi gestiti — dagli 1,2 di partenza di Indosuez — per avere una solida massa critica. In meno di due decenni Banca Leonardo si è ritagliata un ruolo di rilievo nella finanza italiana anche grazie al modello di azionariato formato da grandi famiglie, secondo un «modello Mediobanca». Braggiotti, 65 anni, nel 2006 aveva rilevato la banca dai fondatori, gli agenti di cambio Attilio Ventura, Gian Luigi Milla e Alberto Foglia, insieme con la famiglia Agnelli, Eurazeo, il finanziere belga Albert Frère, e con un gruppo di imprenditori come Marco Tronchetti Provera, le famiglie Pesenti, Seragnoli, Benetton, Micheli, Fonsai. Leonardo, aprendo anche varie sedi all'estero, si era lanciata nel private equity, nella gestione di patrimoni e nell'advisory come banca d'affari, entrando nelle partite più importanti come la fusione Intesa-Sanpaolo, il riassetto Telecom, il passaggio di Fonsai da Salvatore Ligresti a Unipol, la cessione di Pirelli a ChemChina. Poi, nel corso degli ultimi anni, la riduzione delle attività, la distribuzione di maxi-dividendi e di capitale ai soci, e le cessioni del private equity e dell'advisory. Fino all'ultima svolta di ieri.

SCENARIO BANCHE 10 Corriere della Sera 08-nov-2017

La mossa Creval, aumento da 700 milioni art "La questione degli Npl rimane cruciale: è ritenuta tale dai mercati oltreché dai regolatori. Così abbiamo deciso di affrontarla una volta per tutte». Il direttore generale del , Mauro Selvetti, arriva dritto al punto parlando con gli analisti finanziari al termine del consiglio di amministrazione che ha approvato il piano industriale della banca al 2020, oltreché una pesante trimestrale a1 30 settembre. I numeri del terzo quarto dell'anno vedono il Creval chiudere con una perdita di 402,6 milioni di euro e rettifiche su crediti per 386 milioni. L'azione impostata da Selvetti prevede un aumento di capitale da 700 milioni di euro che verrà sottoposto all'assemblea dei soci il 19 dicembre e per il quale è stato siglato con Mediobanca un accordo di pre-underwriting. Il piano prevede la dismissione di 1,6 miliardi di Npl entro otto mesi, la fusione in Creval del e l'uscita dal gruppo di 400 dipendenti, con la chiusura di ulteriori 88 filiali. Previste cessioni di asset non strategici con benefici sull'indicatore Ceti che a fine piano dovrebbe essere all'11,64 per cento. In Borsa, -17,98% a 2,536 euro.

SCENARIO BANCHE 11 Corriere Fiorentino 08-nov-2017

Mps, i primi passi della risalita - Il Monte sta bruciando le tappe Tornano la fiducia art e i depositi

La fiducia, e i soldi, stanno tornando. Molto più rapidamente del previsto. E questa la notizia più importante e forse inattesa dei dati della terza trimestrale 2017 di Banca Mps, chiusa in attivo. E con molti obiettivi raggiunti in anticipo rispetto agli impegni presi con l'Europa per il piano di ristrutturazione che terminerà nel 2021 e che ha permesso l'ingresso dello Stato nel capitale di Rocca Salimbeni. Un dato inatteso, anche per le proporzioni. Nonostante fl lungo periodo di incertezza per la contrattazione con le autorità europee di vigilanza ed il processo in corso per arrivare al nuovo assetto, infatti, Mps ha recuperato u miliardi di euro in nove mesi tra conti correnti e depositi vincolati, con un'impennata del 21 per cento nella raccolta diretta. In coincidenza con la trimestrale, tutto il consiglio di amministrazione della banca si è dimesso, così da permettere lo svolgimento dell'assemblea straordinaria che varerà il nuovo Cda, espressione del nuovo assetto con lo Stato che potrà arrivare al 68% del capitale, a fronte del 52% di oggi: l'assemblea si terrà 1118 dicembre e segnerà l'ultimo atto di questa transizione, anche se lo milioni di euro di utile netto nel terzo trimestre, grazie all'impatto positivo del «burden sharing» (554 milioni) È stato il ceo di Banca Mps, Marco Morelli, candidato a rimanere tale anche nel futuro management, a sottolineare l'accelerazione sul ritorno alla normalità, ma anche sulla cura dimagrante (da gennaio sono state chiuse 287 fallali, altre 115 lo saranno entro dicembre e sono usciti dalla banca 1.800 addetti) e sul recupero della fiducia. «Sul recupero della raccolta abbiamo già raggiunto l'obiettivo fissato al 2019, cioè il ritorno di u miliardi di euro. Stiamo assistendo a un consolidamento dei flussi in entrata per quel che riguarda i depositi allo sportello — ha affermato — La crescita di depositi vincolati e conti correnti da clientela è stata di 1,6 miliardi di euro rispetto a giugno e sono in aumento anche patrimonio e risparmio gestito. Siamo in anticipo anche sulla riduzione di filiali, entro il 2018 saranno chiuse tutte le 600 previste nel piano 2017-2021, e sul capitolo dei crediti deteriorati e possibili inadempienze». Il manager della banca presieduta da Alessandro Falciai ha quindi sottolineato: «Nonostante gli otto mesi, troppi, di negoziati con l'Europa e le tante richieste delle autorità di vigilanza, abbiamo dimostrato che la banca e la rete hanno arma e competenze per raggiungere gli obiettivi e per un recupero a partire dal 2018, che vedo sotto buoni auspici. I risultati confermano che siamo solidi e recupereremo una solida posizione anche commerciale nel sistema italiano». Il maxi esodo di personale di questi mesi sarà replicato solo nel 2020, per «sfruttare» la nuova finestra pensionistica, con 4.800 uscite totali a fine 2021, mentre — oltre a quelle del 2017 — la banca vuole chiudere le rimanenti 161 agenzie entro la seconda metà del 2018. Un taglio però che non sarà indolore dato che la banca stima un tasso di «perdita della clientela» legato alla chiusura delle filiali pari al 5% del totale, clienti che magari andranno recuperati con la banca on line. Le dimissioni del Cda sono state decise «a seguito del completamento della procedura di ricapitaliz7azione precauzionale che ha portato una significativa discontinuità negli assetti proprietari», con il Tesoro che ha iniettato 5,4 miliardi nel capitale del Monte, mentre i precedenti azionisti (tra cui non c'è la Fondazione Mps che ha appena lo 0,019 di titoli) si vedranno diluiti ad un totale inferiore al 2%. I numeri della terza trimestrale fotografano, infine, un utile di 242 milioni nel trimestre (-3 miliardi nei nove mesi dell'anno) nonostante i costi per la riduzione del personale grazie all'impatto positivo del burden sharing (554 milioni). Ad oggi il 32% di chi ne aveva diritto ha convertito le obbligazioni subordinate in nuove azioni di Mps (cambio che scade il 20 novembre), mentre è in crescita la liquidità della banca. Morelli ha indicato come obiettivo di fine anno la riduzione dei crediti incagliati a 1,5 miliardi dopo che nei nove mesi si è già registrata una riduzione di 14 miliardi, mentre la maxi cartolarizzazione da 26 miliardi di sofferenze sta seguendo i tempi previsti e si chiuderà ad anno nuovo. Dopo l'assemblea di dicembre, dunque, Rocca Salimbeni avrà un nuovo statuto (è stata modificata metà degli articoli) e un nuovo e più snello Cda che rispecchierà il nuovo assetto societario: oltre allo Stato e a Generali, che sarà azionista a14,396, potrebbe esserci un rappresentante dei piccoli azionisti e dei fondi.

SCENARIO BANCHE 12 Corriere Fiorentino 08-nov-2017

ChiantiBanca a sostegno della Malo in crisi art Centomila euro per i lavoratori della Malo, l'azienda fiorentina del cashmere che vive un periodo di crisi: sono stati stanziati da ChiantiBanca per finanziare la cassa integrazione straordinaria di venti dipendenti. L'operazione, in collaborazione con e con l'intervento a monte della Regione, consentirà di «traghettare» i dipendenti a all effettivo ingresso in Cigs, garantendo il sostegno per le mensilità che, altrimenti, non sarebbero state erogate tempestivamente. la nostra banca — afferma il direttore generale, Mauro Focardi Olmi — si è sempre contraddistinta per sostenere fattivamente le realtà del territorio, in un'ottica di reciproca collaborazione che costituisce la forza dell'economia locale». «In un momento di difficoltà dell'economia anche locale — aggiunge Alessandro Picchioni (Filctem-Cgil)—è una grande risposta per i lavoratori e per l'azienda».

SCENARIO BANCHE 13 Eco di Bergamo 08-nov-2017

Intesa, utile ok conti oltre le attese art Intesa Sanpaolo in utile e coni conti oltre le attese nonostante l'acquisizione delle due banchevenete nei primi 9 mesi dell'anno. La banca guidata da Carlo Messina registra un utile netto di 5,888 miliardi di euro, che ha confermato l'impegno alla distribuzione del dividendo. In Borsa il titolo ha chiuso in crescita dello 0,28% a 2,85 euro.

SCENARIO BANCHE 14 Foglio 08-nov-2017

Perché il popolo del risparmio tradito è fin troppo sopravvalutato - Il popolo degli art ignari

C'è una figura socio-economica diventata già da tempo protagonista assoluta dei talk-show televisivi, dei giornali nazionali come di quelli locali, che adesso emerge prepotente anche dai lavori della commissione parlamentare d'inchiesta sulle banche: è l'ignaro risparmiatore, imbrogliato, truffato, spogliato dei sudati risparmi da una cricca di banchieri gangster sui quali avevano quanto meno chiuso occhi, orecchie e bocca le scimmiette della Banca d'Italia e della Consob. Non si tratta di un soggetto marginale, secondo i narratori dell'ultima leggenda populista. Gli ignari risparmiatori ammontano almeno a 350 mila per lo più concentrati in Veneto e Toscana (con qualche coda non irrilevante in altre zone del centro Italia). Il Movimento 5 stelle sostiene che con le due banche venete fallite e poi salvate, "210 mila risparmiatori hanno perso in tutto o in parte i loro soldi messi da parte per i loro figli". Adusbef e Federconsumatori parlano di 133 mila azionisti (60 mila di Banca Etruria, 44 mila di Banca Marche, 22 mila quelli di CariFerrara, 6.000 di CariChieti) e 20 mila detentori di obbligazioni delle quattro banche del centro Italia, che hanno perso tutto. Fidiamoci di questi conti anche se, chissà com'è, a fine 2016 erano meno di 14 mila le richieste di rimborso forfettario pari all'80 per cento per chi ha meno di 35 mila euro l'anno o un deposito sotto i centomila euro. Quanto al 11ontepaschi, sappiamo bene che stava arrivando l'apocalisse per5 milioni di clienti prima che Pantalone pagasse per tutti e nazionalizzasse la banca. Queste macrocifre aprono la porta ad alcuni interrogativi. Se 350 mila e più famiglie hanno subito un tale salasso, gli effetti sul prodotto lordo sui consumi, sul potere d'acquisto, sui depositi bancari, sui risparmi, sulla ricchezza, insomma su tutti gli indicatori fondamentali debbono essere significativi, soprattutto nelle aree più colpite. E' cosi? Apriamo i rapporti dell'Istat, della Banca d'Italia e di Unioncamere e incontriamo subito alcune sorprese. Tra il 2011 e il 2015, gli anni duri della seconda recessione innescata dalla crisi del debito sovrano, il Veneto e la Toscana risultano tra le regioni che se la sono cavata meglio. Non solo: hanno aumentato sia il prodotto lordo sia i consumi pro capite. Secondo l'Istat, il prodotto lordo per abitante del Veneto era nel 2015 pari a 30,8 mila euro, superiore a quello del 2011; perla Toscana siamo a 29,4, anch'esso in aumento rispetto a quattro anni prima. La media italiana è27 mila in leggera discesa. Hanno perso colpi e denari il Lazio, le Marche, l'Umbria, le regioni meridionali, s'è fermata persino la Lombardia. I consumi delle famiglie hanno un andamento molto simile. Vicenza, Siena e Arezzo sono le province irrorate dai crediti delle maggiori banche fallite, là dove i crediti deteriorati sono aumentati in modo esponenziale dopo il 2011. Eppure, anche qui tutte le lancette del benessere sono rivolte all'insù. Il Sole 24 Ore ha elaborato otto indicatori per le 103 province italiane. Fatta 100 la media italiana, Siena è a quota 168,2, e si colloca al quarto posto subito dopo Firenze; Arezzo è a 134; Vicenza a quota 109,5. Arezzo e Siena spiccano per quantità di depositi bancari e sono le province in cima alle spese per auto, moto, elettronica, beni di consumo durevoli. Un vero e proprio boom per suv e auto di lusso si registra a Vicenza (più 30 per cento l'anno scorso) superando le altre province venete che pure s'attestano attorno a un incremento del 28-29 per cento. Un segnale inequivocabile di ripresa, in una regione che ha resistito meglio alla grande crisi, secondo i dati di Eurostat, seguita immediatamente dalla Toscana. L'indagine parte dal 2008 e fino al 2014, quando comincia la ripresa (sia pure ancora in sordina) un cittadino veneto ha perso 600 euro, un toscano ancora meno, appena cento. Il Veneto si è confermato anche negli anni più bui della recessione come uno dei motori della economia italiana. Nel 2016 i depositi bancari detenuti dalle famiglie venete sono ulteriormente aumentati, informa la Banca d'Italia, favoriti dalla preferenza per investimenti a basso rischio e prontamente liquidabili; il valore delle attività finanziarie in deposito presso il sistema bancario ha registrato una diminuzione su cui ha inciso il deprezzamento, quasi integrale, del valore delle azioni delle due banche venete. Alla fine del 2014 la ricchezza netta pro capite delle famiglie ammontava a 168.400 euro, circa l'8 per cento in più del corrispondente valore nazionale. Nel 20151e famiglie venete indebitate erano circa il 28 per cento del totale ed erano in calo i nuclei famigliari chepagavano in ritardo le rate. Alla fine del 2016 lo stock di prestiti bancari deteriorati al lordo delle retti fiche si è attestato al 20,9 per cento dei prestiti complessivi, quasi tre punti percentuali sopra la media nazionale. L'incidenza dei deteriorati è pari al 12 per cento per le famiglie e al 29 per cento per le imprese, ma il dato è gonfiato dalle costruzioni, perché il resto della piccola

SCENARIO BANCHE 15 industria si colloca sotto la media. E il deserto industriale che ci viene ogni giorno raccontato? Dal 2010 al 2015 secondo Unioncamere, il numero di imprese è cresciuto di oltre tremila unità, ma non ha compensato il calo di quasi seimila nel biennio 2012-13. Tuttavia, questo è l'effetto di un "progressivo spostamento da forme giuridiche più semplici e sottocapitalizzate verso forme più strutturate". Sono aumentate le società di capitali e si sono ridotte le imprese individuali; dunque, siamo in presenza di concentrazione e modernizzazione. Lo si vede anche dal boom delle esportazioni: dal 2010 le vendite all'estero hanno registrato un'espansione superiore alla domanda potenziale, oltre che al commercio mondiale. E si sono dirette più fuori che dentro l'area euro, come mostrano le indagini di Bankitalia. Il saldo della bilancia commerciale già nel 2015 ha superato i 15,6 miliardi di euro, il miglior riscontro degli ultimi dieci anni nonché il terzo miglior contributo al saldo nazionale, dopo Emilia Romagna e Piemonte. Diventa il secondo se prendiamo anziché la quantità il valore delle esportazioni. Ciò vuol dire che le aziende si sono spostate su una fascia di prodotti più ricca. Il tasso di attività 2008-2015 è rimasto stabile oltre il 68 per cento, la disoccupazione invece è salita dal 3,4 al 6,8 per cento. Il primo dato è sopra la media nazionale il secondo ampiamente sotto. Iveneti, con un reddito disponibile di 19.357 l'anno, sono i più ricchi tra gli italiani (17.800 euro) e consumano di più. L'indice di povertà è rimasto stabile attorno al 4,5 per cento in linea con Lombardia ed Emilia. In Italia è il 10,3 per cento trascinato da sud e isole (21,1 per cento). Anche in Toscana la quota dei nuclei famigliari vulnerabili è cresciuta solo lievemente rispetto a prima della crisi, portandosi all'1,6 per cento. Il reddito pro capite ammonta a 19.400 euro annui ed è in sostanza allineato con quello del Veneto. La ricchezza netta pro capite delle famiglie (circa 180.000 euro) è superiore del 14 per cento rispetto all'analogo dato nazionale. Per due terzi è composta da abitazioni. L'indice di Gini del reddito equivalente (una misura di diseguaglianza che varia da un livello minimo di Oa uno massimo di 100) è risultato pari a 28,5 (31,3 nel centro e 31,8 in Italia). Nel 2015 la quota di famiglie toscane in povertà assoluta si è ridotta rispetto al 2014, al 3,0 per cento, nella media italiana è invece cresciuta al 6,1. Una famiglia su cinque è indebitata con mutuo o credito al consumo, una quota in calo rispetto al 2007 e allineata alla media italiana e il peso sul reddito è inferiore grazie al calo dei tassi d'interesse. Dunque, nessun impoverimento né assoluto né relativo. La recessione ha ridotto il prodotto lordo e i redditi, ma anche la Toscana è uscita dal tunnel nonostante le esportazioni non vadano cosi bene come in Veneto, soprattutto per colpa dei due principali settori nei quali si è specializzata la regione: moda e meccanica. Nel 20161e vendite del sistema della moda sono arretrate di un punto percentuale, per colpa della pelletteria. Ma è anche vero che nei sei anni precedenti, quelli della lunga recessione, c'è stata una crescita molto sostenuta e senza interruzioni. La disoccupazione resta un punto debole anche rispetto al Veneto: era al 6 per cento nel 2008 ed è salita al 10 per cento nel 2016. Anche se quella di lunga durata è solo al 4,8 per cento e il tasso di occupazione al 65,3 è superiore alla media nazionale. In barba al grande crac delle banche toscane, nel 2016 si è intensificata la crescita del risparmio finanziario detenuto da imprese e famiglie: nel dicembre scorso i depositi bancari erano cresciuti del 6,0 per cento, un tasso quasi doppio rispetto a quello di dodici mesi prima. Colpisce, nella selva di dati, il flusso di investimenti diretti all'estero. Nel 2015, ultimo anno disponibile, è stato positivo per 641 milioni di euro, raggiungendo una consistenza pari al 7,5 per cento del pil regionale che ammonta a poco più di cento miliardi di euro. Un quarto di questo flusso è diretto in Lussemburgo, per la presenza di holding localizzate nel granducato principalmente per motivi fiscali, segnala la Banca d'Italia. I capitali escono, dopo aver ripagato i debiti contratti con il Montepaschi o la Banca dell'Etruria, naturalmente. Ma questo è materia per un sequel: la leggenda dell'ignaro risparmiatore, parte seconda.

SCENARIO BANCHE 16 Foglio 08-nov-2017

Ragioni per non essere allarmisti sulla contabilità degli Npl art Lo scorso 4 ottobre la Banca centrale europea ha avviato una consultazione pubblica in merito a un'aggiunta (addendum) al regolamento sulle linee guida in tema di crediti deteriorati (Np). Ieri il presidente della Bce, Mario Draghi, nel suo discorso introduttivo al Forum sulla vigilanza bancaria, ha rimarcato l'esigenza di intervenire su questo dossier, sottolineando come le banche con un elevato livello di Npl tendano a fornire meno credito a imprese e famiglie. Scopo dell'addendum è delineare alcuni livelli minimi di accantonamento che prudenzialmente le banche sottoposte alla vigilanza diretta della Bce dovrebbero avere a partire dal 1 gennaio 2018. Attraverso queste misure la Bce punta a evitare che si possa ripetere l'eccessiva accumulazione di crediti deteriorati con tassi di copertura non adeguati. Nello specifico, le modifiche alle linee guida prevedono, per i crediti sui quali la banca non vanta alcuna garanzia reale (ipoteca o pegno), il raggiungimento graduale di un livello di accantonamento pari al 100 per cento dell'importo del finanziamento entro 2 anni dalla sua iscrizione nel portafoglio dei finanziamenti deteriorati. Per quei crediti sui quali è presente una garanzia reale si dovrebbe invece raggiungere una copertura totale entro sette anni. La consultazione si concluderà l'8 dicembre e dopo aver raccolto tutte le osservazioni la Bce deciderà se procedere o meno con le modifiche proposte. L'Italia è uno dei paesi maggiormente interessati: insieme a Cipro, Grecia, Portogallo e Slovenia siamo il paese europeo con la più alta incidenza dei crediti deteriorati rispetto al totale dei finanziamenti. La maggior dimensione del mercato bancario, però, pone l'Italia in testa alla classifica in termini di ammontare assoluto di Npl: circa un quarto di quelli europei si trovano, infatti, nel nostro paese. Secondo i calcoli del Centro europa ricerche (CER), l'addendum dovrebbe impattare sull'industria bancaria domestica per 13,4 miliardi di euro. Considerando il profilo temporale più rapido imposto per i crediti deteriorati non garantiti, che rappresentano la componente più ampia degli Npl, nei primi due anni si possono stimare maggiori accantonamenti per circa 5 miliardi di euro all'anno, mentre dal terzo al settimo anno sarebbero pari a 700 milioni. Se venisse varata la modifica alle linee guide sugli Npl per le banche italiane vigilate dalla Bce il conto da pagare sarebbe quindi "salato", ma rimarrebbe comunque alla portata degli istituti italiani. Va ricordato che negli ultimi sette anni gli accantonamenti per il deterioramento dei crediti effettuati dalle banche italiane sono stati complessivamente pari a 165 miliardi di euro. Gli allarmi sulle potenziali conseguenze in termini di razionamento del credito appaiono quindi esagerati. La strategia del fronte italiano di alzare le barricate su ogni misura volta ad affrontare l'annosa questione degli Npl non appare vincente. Si rischia, infatti, di far perdere credibilità alle istanze che vengono dall'industria bancaria del nostro paese. La questione andrebbe invece affrontata nel merito. Tra le critiche che possono essere avanzate alla proposta Bce c'è quella di essere eccessivamente pmdente nell'ipotizzare accantonamenti al 100 per cento nel caso di finanziamenti non garantiti e, ancor di più, per i crediti garantiti da ipoteca o pegno. Inoltre, scadenzare rigidamente le politiche di accantonamento può offrire un vantaggio agli operatori specializzati nell'acquisto di Npl, che potrebbero attendere l'avvicinarsi dei tempi necessari per una svalutazione al 100 per cento prima di fare offerte (scontate) per rilevare pacchetti di crediti deteriorati. Insomma se l'addendum Bce nella sua attuale versione ha margini di perfezionamento, allo stesso tempo anche l'Italia dovrebbe sposare l'idea di affrontare la questione in modo ancor più vigoroso che nel passato sfruttando l'attuale miglior contesto macroeconomico.

SCENARIO BANCHE 17 Giornale 08-nov-2017

Casini vieta le domande su Mps Segreto sui debitori delle Venete art Nuove polemiche nella Commissione d'inchiesta sulle banche: il presidente Pierferdinando Casini ha stoppato le domande dei commissari su Mps a Fabrizio Viola, ex ad della banca senese, e ha anche secretato la lista dei nomi dei grandi debitori delle banche venete: "Non ci interessa, non siamo noi a fare uscire i giornali'

SCENARIO BANCHE 18 Giornale 08-nov-2017

Mps perde tre miliardi in nove mesi Assemblea a dicembre sul nuovo cda art Tre miliardi in nove mesi. Li ha persi il Monte dei Paschi, a fronte di una perdita di 849 milioni registrata nello stesso periodo del 2016. L'istituto guidato da Marco Morelli ha invece chiuso in utile il terzo trimestre (per 242 milioni) ma grazie all'impatto positivo dei 554 milioni del burden sharing - ovvero la ripartizione dei costi del risanamento tra pubblico e privato - che ha neutralizzato 280 milioni di costi di ristrutturazione per l'uscita di 1.200 dipendenti. Pesa invece l'impatto negativo, pari a 46 milioni, del contributo al salvataggio di delle casse di Cesena, Rimini e San Miniato. Nel frattempo va avanti la riorganizzazione: il gruppo senese conta di anticipare alla seconda metà del 2018 l'obiettivo di chiusura delle 600 filiali fissato al 2021. La banca che è gia al 48% del suo target, punta a chiudere altre 152 filiali tra dicembre e gennaio e le residue 161 agenzie entro la seconda metà del 2018. I vertici stimano un basso tasso di perdita della clientela legato alla chiusura delle filiali pari al 5% del totale. Morelli ha inoltre indicato un obiettivo a fine anno per la riduzione dei crediti incagliati a 1,5 miliardi dopo che nei nove mesi si è già registrata una riduzione di 1,1 miliardi. «Nonostante il processo per finalizzare il piano di ristrutturazione sia stato molto lungo» e «nonostante una serie di azioni che è stato necessario fare per ottemperare a tutte le richieste delle Authority, abbiamo dimostrato che il gruppo è solido dal punto di vista commerciale e dispone di tutte armi e competenze per iniziare un processo di recupero normale e sano dall'inizio del prossimo anno», ha detto Morelli La sfida del nuovo Monte di Stato, tomato da poco in Piazza Affari, non si giocherà soltanto sul campo dei conti ma anche su quello delle poltrone e degli equilibri azionari. Ieri, come previsto, il cda si è dimesso. Il prossimo 18 dicembre si riunirà l'assemblea straordinaria dei soci per rinnovare il board dopo il salvataggio dello Stato, nuovo azionista di controllo. All'assemblea il Tesoro si presenterà con una quota di circa il 68% del capitale cui arriverà dall'attuale 52,1% al termine dell'offerta in corso destinata ai risparmiatori detentori di azioni Mps per effetto del burden sharing che potranno cederle allo E Stato in cambio di bond senior. I soci o re I I i dovranno approvare anche la modifica di 17 articoli su 35 dello statuto. Il cda dovrebbe restare di 13 membri dei quali 10 saranno appannaggio del ministero dell'Economia sulla base del meccanismo del voto di lista. Le liste di minoranza (se ce ne saranno) si spartiranno i residui tre posti in consiglio. Generali, ora al 4% del capitale, dovrebbe presentare una sua lista. Possibile che un'altra di minoranza sia messa in piedi dai fondi esteri.

SCENARIO BANCHE 19 Giornale 08-nov-2017

Draghi e Padoan «litigano» sulle banche art Si apre lo scontro fra Bce e il ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, sulla nuova stretta normativa ai crediti deteriorati che Francoforte vuole imporre alle banche europee. I toni si sono alzati a margine delle riunioni di Eurogruppo e Ecofin e nella mischia è entrato anche il numero uno della banca centrale, Mario Draghi, che non usa mezzi termini: il problema dei cosiddetti non performing loans «non è risolto» e resta «la questione più importante», per questo serve «uno sforzo congiunto di banche, supervisori, regolatori e autorità nazionali» per sciogliere il nodo delle sofferenze delle banche «in maniera ordinata, prima di tutto e soprattutto creando un ambiente in cui gli npl possano essere efficacemente gestiti e ceduti in maniera efficiente», ha detto Draghi ieri. Posizionandosi sulla stessa linea della "tecnica" Daniele Nouy, capo della Vigilanza: l'esperienza dei salvataggi bancari dopo Mps suggerisce che «le banche devono smettere di negare la realtà», ha dichiarato la Nouy assicurando però che in ogni caso non ci sarà alcun automatismo ma «soluzioni e valutazioni caso per caso». Ma Padoan non ci sta e, unica voce in Europa, ritiene che l'intervento della vigilanza di Francoforte abbia superato i limiti del mandato. In una conferenza stampa a Bruxelles, il ministro del Tesoro ha detto che all'Ecofin «non c'è stato intervento da parte dei ministri salvo che da chi vi parla. Sono intervenuto solo io sostenendo aspetti di metodo, sul fatto che l'addendum va oltre i limiti dell'Ssm (l'organo di supervisione guidato dalla Nouy, ndr) per la sorveglianza», ha detto Padoan, sottolineando anche perplessità nel merito. Insomma, giusto «aggredire questo problema, ma in tempi e modi ragionevoli». Contro il metodo usato dalla Bce si era già schierato il presidente del parlamento europeo, Antonio Tajani, per il quale l'Eurotower andrebbe oltre le proprie prerogative. Per dimostrarlo, arriverà oggi un parere di un giureconsulto incaricato dal Parlamento europeo: «Vedremo quale sarà la risposta, ma sono convinto che ci sia un limite oltre cui la Vigilanza della Bce non può andare», dice Tajani. E anche secondo la federazione bancaria europea le nuove regole aumentano l'incertezza regolamentare. Sullo sfondo restano i circa 900 miliardi di crediti deteriorati in pancia alle banche. E anche se gli Npl sono scesi dal 7,5% d'inizio 2015 all'attuale 5,5%, dice Draghi, molte banche sono ben al di sopra e dunque a rischio. L'«addendum» - ovvero le ultime regole annunciate da Francoforte - è in consultazione fino all'8 dicembre e prevede un azzeramento in 2-7 anni del valore delle nuove esposizioni non performanti generate dallo stock di crediti esistenti. Quale sarebbe l'impatto sulle italiane? Alla fine del secondo trimestre le coperture dei crediti deteriorati del nostro sistema sono sopra la media (47% contro 44%), ma risultano sovraesposte al rischio (con ratio del 12% contro una media del 6%). Secondo i calcoli di Equita, le banche italiane dovrebbero quindi ridurre lo stock di «esposizioni non performanti» di 55 miliardi. Al momento gli istituti già sostanzialmente in linea con questo livello sono il Credem, Mediobanca, Unicredit e Intesa (che, ha detto ieri l'ad Carlo Messina, punta a ridurre i crediti deteriorati lordi di circa 16 miliardi entro il 2019). Un secondo gruppo di banche che comprende Popolare di Sondrio e Ubi ha un «ratio» di circa il 15% e potrebbe raggiungere l'obiettivo accelerando le cessioni, mentre tutti gli altri istituti, secondo gli analisti, dovranno correre ai ripari.

SCENARIO BANCHE 20 Giornale 08-nov-2017

Creval vara un aumento da 700 milioni Azioni -18% art Il cda di Crevai ha approvato ieri il nuovo piano industriale al 2020 che prevede un aumento di capitale per massimi 700 milioni e nuove operazioni di cessioni di crediti deteriorati con Gacs per un massimo di 1,6 miliardi. La notizia ha fatto crollare il titolo in Borsa del 18% a 2,53 euro. Per conseguire inoltre l'obiettivo di un ritorno a una redditività sostenibile, la banca guidata dal dg Mauro Selvetti intende tagliare i costi operativi per 63 milioni da realizzare entro il 2019. In quest'ambito verranno chiuse altre 88 filiali con un target di 350 unità entro fine 2018. Prevista inoltre un'ulteriore riduzione degli organici - quantificati in 400 - anche attraverso l'utilizzo del fondo di solidarietà per il settore del credito con un target inferiore alle 3.700 unità a fine piano. Fissati anche gli obiettivi per il 2020, anno entro il quale il gruppo vuole portare il cost/income ratio al 57,5% con un utile atteso di 150 milioni. Il cda del Credito Valtellinese ha poi approvato i risultati consolidati al 30 settembre 2017 che hanno visto una perdita netta di 403 milioni con rettifiche di valore su crediti e altre attività finanziarie per 386 milioni. I crediti verso la clientela nel periodo sono scesi dell'1,8% rispetto al 31 dicembre 2016 a 17,1 miliardi. Mentre le nuove erogazioni hanno totalizzato 1,66 miliardi, «con un sensibile miglioramento della qualità del portafoglio». Alla chiusura del periodo i crediti deteriorati, al netto delle rettifiche di valore, totalizzano 2,2 miliardi rispetto a 3,2 miliardi a fine dicembre 2016.

SCENARIO BANCHE 21 Giornale 08-nov-2017

Risultati record per Intesa: anche grazie ai 3,5 miliardi avuti dallo Stato per le art venete

Intesa Sanpaolo chiude i primi conti dopo l'acquisizione delle ex popolari venete, con un utile netto, al 30 settembre, pari a 5,888 miliardi. Da cui vanno però scalati i 3,5 miliardi ricevuti dallo Stato a compensazione degli impatti sui coefficienti patrimoniali derivanti dall'incorporazione delle ex popolari Vicenza e Veneto Banca (rilevate gratis). Escludendo il contributo pubblico, l'utile sarebbe stato pari a 2,469 miliardi rispetto ai 2.335 milioni dello stesso periodo dello scorso anno. I crediti alla clientela ammontano a 364 miliardi, escludendo i 27 che derivano dall'acquisizione di parte delle due ex popolari venete. «La struttura del loro conto economi• co presenta tuttora forti squilibri, an. che al netto dell'eliminazione dei crediti deteriorati dai bilanci», ha spiega to agli analisti l'ad di Intesa, Carl( Messina. Precisando che «i costi sono pari al doppio dei ricavi e il risultato corrente lordo su base trimestrale è negativo per 100 milioni». Dall'analisi dei conti trimestrali emerge che la perdita netta accusata dagli asset della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca acquisiti da Intesa è di 81 milioni. Nella presentazione dei conti l'istituto milanese indica anche le principali azioni in corso per creare valore nelle due ex banche venete. Dall'allineamento della performance commerciale e dei ricavi per cliente a quelli del gruppo, alla riduzione del costo del funding, portandolo ai costi e alla prassi di gruppo, passando per la razionalizzazione della rete con l'accorpamento di circa 600 filiali situate a meno di 1,5 chilometri di distanza dalle filiali di Intesa. Messina prevede che le ex banche venete avranno un impatto neutrale sull'utile per azione del gruppo nel 2017 e un impatto positivo a partire dal 2018. «Tutto sarà incluso nel nuovo piano d'impresa» che la banca presenterà nei primi mesi del prossimo anno. I risultati dei nove mesi, sottolineano dall'istituto milanese, sono in linea con l'impegno a distribuire 3,4 miliardi di dividendi cash per il 2017 previsti dal piano.

SCENARIO BANCHE 22 Il Fatto Quotidiano 08-nov-2017

I poteri opachi dietro la fine del Monte Paschi - Ecco perché Mussari suicidò Mps art e nessuno disse (e dice) nulla

Nel 2005 Abn Amro era la più grande banca olandese e l'ottava in Europa per capitalizzazione (68 miliardi e 300 milioni). Poi, sempre nel 2005, acquistò Antonveneta, strappandola ai "capitani coraggiosi" amici dell'ultracattolico presidente della Banca d'Italia, Antonio Fazio. Da quel momento tutto cambiò. Nel giro di un anno la banca si trovò in gravi difficoltà. E così, nessuno si stupì quando, il 19 marzo 2007, la britannica annunciò di aver avviato una trattativa investendo 67 miliardi. Ma ai tavoli di poker c'è sempre chi rilancia. 1l 29 maggio, un consorzio formato dallaprimae dalla seconda banca europea ( e Royal Bank of Scotland) e dalla prima banca belga (Fortis), annunciò un'offerta di acquisto di Abn Amro, valutandola7l miliardi e 100 milioni. Una cifra esagerata: prezzo maggiorato del 54,6% sui valori di mercato. Santander avrebbe messo 19,9 miliardi.Erametàluglioe i soldi andavano trovati entro pochi mesi. Rbs e Fortis avevano avuto l'ok degli azionisti. Diversa era la situazione della banca spagnola. Ricca quanto l'intero Prodotto interno lordo della Spagna è guidata da11909 da una famiglia così cattolica da essere il punto di riferimento della potentissima e ultra conservatrice organizzazione massonica: l'Opus Dei. All'epoca dei fatti, a capo di Santander sedeva Emilio Botin. Aveva due fari nella vita: faretanti soldi eservire il potere all'interno delle mura vaticane, anche se spesso"erail Vaticanoachinarsi al cospetto del suo potere", come spiegò aEl Paìs il cardinale di Milano, Carlo Maria Martini. Nessuno dei tre acquirenti aveva denaro da spendere. Ma nel poker si può bluffare. E così l'8 ottobre 2007 diedero il lieto annuncio: l'Opa su Abn Amro era andata a buon fine, mai pagamenti e i passaggi di azioni erano ancora lontani. Nella trimestrale di Santander al 31 marzo, si legge la cifra che labanca spagnola avrebbe dovuto investire (i 19 miliardi). Ma come faceva un "rendiconto" a riportare dettagli di un'operazione che sarebbe dovuta avvenire il 29 maggio? Nella stessa relazione si legge: "Santander reperirà una prima tranche di 9 miliardi con un aumento di capitale". I restanti quasi 11 miliardi erano stati derubricati a "operazioni di bilancio" e di "vendita di asset". Un altro miliardo e 200 milioni sarebbe stato ottenuto vendendo la quota di Intesa-San Paolo (1,79%) detenuta da Santander dopo la fregatura rimediata con la fusione tra Banca Intesa e San Paolo. E gli altri 13? Non fu il genere di problemi che destò preoccupazione negli uffici di Basilea del Financial Stability Forum (Fsf). I funzionari e il loro presidente (Mario Draghi), non espressero nemmeno una perplessità sull'immensa e sconclusionata fusione. Eppure, il Fsf era stato creato proprio per impedire operazioni così. In quella operazione c'era solo un "ma", rappresentato da Antonveneta. Al momento dell'acquisto da parte di Abn Amro, eravenuto fuori che la banca padovana stava saltando. All'inizio del 2007, la filiale di Padova di Bankitalia aveva scritto alla sede centrale che Antonveneta era un buco nero. L'acquisizione aveva messo nei guai Abn Amro e Santander rischiava di fare la stessa fine, cosa che Botin voleva evitare. E per questo aveva un asso nella manica. Due anni prima, Botin aveva cercato per due volte di scalare una banca italiana: la Popolare di Bergamo e, soprattutto, San Paolo. Il premier Romano Prodi e il banchiere Giovanni Bazoli gli avevano fatto saltare i piani. Santander aveva il 10% di San Paolo. Con la fusione con Intesa, le azioni persero valore (8 miliardi). Santander andava risarcita. E così, Botin passò all'incasso. ALL'INIZIO del 2007, il presidente di Abn Amro Rijkman Groenink aveva proposto a Giuseppe Mussari del Monte, la fusione tra i due istituti: non se ne fece nulla. Eppure, quando Botin si rivolse a Gotti Tedeschi, suo proconsole in Italia per riscuotere da Bazoli il credito promesso questi non ebbe esitazioni a indirizzarlo verso Rocca Salimbeni e il suo dominus. E Mussari decise di trattare. Cos'era cambiato? L'offerta era arrivata non più da un olandese, bensì da un gruppo di potenti italiani legati al Vaticano e alla politica, quella che contava. Mussari colse al volo l'occasione. Era ambizioso. Aveva tre obiettivi: la presidenza dell'Abi, la presidenza dell'Istituto opere religiose (lui che era ateo), il ministero dell'Economia. Al governo c'erano Prodi e il centrosinistra. Avrebbe reso felici i banchieri della finanza cattolica, alcuni dei quali molto influenti nell'Abi, come Giovanni Bazoli. Avrebbe reso felice l'Opus Dei, aprendogli le porte del Vaticano, facilitandogli la candidatura alla presidenza dello Ior. Avrebbe reso felice Giulio Tremonti, tenendosi aperta la possibilità di ricevere una poltrona nell'eventuale nuovo governo. Avrebbe reso felici perfino Prodi e i vertici del Pd, tanto innamorati delle fusioni bancarie. Andrea Orcel di Merrill Lynch era l'uomo chiave della trattativa (aveva gestito le più grandi fusioni

SCENARIO BANCHE 23 bancarie in Italia, ndr). In conflitto d'interessi, visto che Orcel rappresentava Abn Amro nella trattativa con Rbs, Fortis e Santander. La stranezza più macroscopicafu però latotaleassenzadi una due diligence su Antonveneta da parte di Mps. Si stavano spendendo miliardi per acquistare un bene di cui non si conosceva lo stato. Mussari si stava imbarcando nell'operazione senza conoscerne il motivo. "In nessun momento mi spiegò quale era il suo interesse per acquisire Antonveneta", ha dichiarato Botin ai pm senesi. "Non ci furono riunioni con i rappresentanti di Mps per negoziare lavendita di Antonveneta, ma si trattò tutto per telefono, due o tre volte con Mussari". Alla seconda o terza telefonata Botin disse a Mussari: "Nove miliardi. Risposta entro 48 ore. Prendere o lasciare". A questo punto il presidente del Monte, secondo quanto ricostruito dalla Procura di Siena, "tentò di abbassare il prezzo, ma lui era consapevole di essere in una posizione ottima per mantenere il prezzo, dato l'enorme interesse che il compratore aveva". Tre telefonate al buio in due giorni (inchelingua, Mussari parla solo italiano?) per decidere di sborsare oltre 9 miliardi per una banca che nominalmente la stessa Santander avrebbe comprato a 6,6. Nella testimonianza resa ai pm dall'allora ad di Antonveneta, Pierluigi Montani, si legge: "Dopo che Mussari e Vigni venneroa trovarmi per definire i termini operativi del passaggio, mi rivolsi ai miei collaboratori, che erano stati presenti al colloquio: Voi checosa avete capito?. Risposta: questi non sanno cos'hanno comprato e non sanno che ci devono dare 7,5 miliardi"', in riferimento ai debiti accumulati da Antonveneta con Abn Amro. Botin riferì, con esultanza, giorni dopo, agli azionisti di Santander: "Non ci servono più 20 miliardi per Abn ma solo 11, quindi l'aumento di capitale non è necessario". IL 17 MARZO 2008 Bankitalia diede il via libera. L'operazione "non risulta in contrasto con il principio della sana e prudente gestione". Firmato, Mario Draghi. Nonostante il prezzo esorbitante sborsato per Antonveneta, gli infiniti bonifici avanti e indietro per il pagamento, i passaggi di denaro senza senso intorno a Mps e la palese stranezza di tutta l'operazione, la Banca d'Italia disse di sì. Eppure la legge obbligava Bankitalia ad accertarsi che l'acquirente avesse spalle solide e che fossero rispettati i criteri di sana e prudente gestione. Perfino dopo che erano state palesemente ignorate, da parte di Mps, le raccomandazioni ricevute nessuno intervenne. Mario Draghi, governatore di Bankitalia, aspiravagià adiventarepresidente della Bce? Fu per questo che delegò ad altri ogni decisione? Che fece finta di non vedere nulla lasciando che Mussari suicidasse il Monte?Anche dal Fsfci fu solo silenzio. I simboli di questo disastro furono il direttore generale e il capo della vigilanza di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni e Anna Maria Tarantola. La Tarantola, ascoltata dalla Procura di Siena, non ricordò di aver incontrato i vertici di Mps nel corso della trattativa e solo dopo che il pm, Giuseppe Grosso, le ebbe mostrato un appunto scritto sull'agenda del direttore generale di Mps Antonio Vigni, in cui si parlava chiaramente di una riunione avvenuta il 22 novembre 2007, la dirigente ammise: "Ricordo l'incontro con il governatore Draghi. Eravamo nel suo ufficio. E per Mps c'erano il presidente Mussari e il direttore generale Vigni. I due illustrarono al governatore l'operazione. (...) Ci raccomandammo con i vertici di Mps di fare perbene l'acquisizione". Anche la Consob sapeva. Quando la Finanza sequestrò le carte in un armadio nella sede di Santander, spuntarono anche alcune carte su Antonveneta, con i nomi di chi supervisionò l'affare. Uno di questi era l'avvocato Marco Cardia. All'epoca, suo padre, Lamberto, era presidente Consob.

SCENARIO BANCHE 24 Il Fatto Quotidiano 08-nov-2017

In commissione banche si spara sul pianista Padoan art La notte tra il 25 e il 26 giugno scorsi è successo di tutto. Fabrizio Viola e gli altri quattro liquidatori di Popolare Vicenza (Giustino Di Cecco e Claudio Ferrario) e Veneto Banca (Alessandro Leproux e Giuliana Scognamiglio) in pochi minuti sono stati nominati e hanno firmato il contratto di vendita a Intesa Sanpaolo delle parti sane delle due ex banche popolari al prezzo di un euro. Era un obbligo del decreto legge 99 approvato dal Consiglio dei ministri poche ore prima, hanno detto i commissari ascoltati ieri dalla commissione parlamentare sulle banche. IN ATTESA DELLA FINALISSIMA di scaricabarile che si disputerà domani tra Carmelo Barbagallo (Banca d'Italia) e Angelo Apponi (Consob), l'audizione di ieri sulle due venete è finita con un elegante pestaggio sul ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, accusato di aver perso mesi preziosi mentre i conti di Popolare V icenza e Veneto Banca si deterioravano di giorno in giorno, per poi cedere a fine giugno al ricatto dell'ad di Intesa Sanpaolo Carlo Messina su un'operazione che ha umiliato il Parlamento. Il vicepresidente della commissione Renato Brunetta (Forza Italia) va giù duro: "Dopo quella della vigilanza abbiamo avuto la cattura del legislatore. Niente è stato trasparente, niente secondo la legge, un imbroglio". Il meccanismo è stato anomalo: un decreto legge con decine di deroghe alla legge fallimentare, un contratto con Intesa Sanpaolo subordinato al fatto che il Parlamento non modifichi una sola virgola del decreto. Padoan aveva giurato chela cessione delle due banche è risultata da una procedura competitiva aperta e trasparente. L'ex viceministro dell'Economia Enrico Zanetti (Scelta civica) nota invece che la cosiddetta data room (i dati per consentire agli interessati di studiare un'offerta) è stata disponibile per soli cinque giorni: "I tempi della data room e di predisposizione di un decreto molto complesso rendono evidente quello che ha combinato in quei giorni Padoan dopo aver perso mesi su mesi". Rincara la dose Giovanni Paglia (Sinistra italiana-Possibile): "La crisi delle venete è innescata da scelte aziendali disastrose, ma esplode per l'inerzia del governo che lascia marcire per anni situazioni compromesse". Un dettaglio emerso ieri completa il clima dilettantesco: i cinque commissari devono gestire circa 8 miliardi di crediti deteriorati per darne almeno Sal creditore privilegiato, lo Stato, (agli altri creditori non rimarràverosimilmente un solo euro), ma aspettano da quattro mesi di sapere se e quanto li pagherà la Banca d'Italia. Fa sorridere anche l'ostinata difesa del presidente della commissione Pier Ferdinando Casini della segretezza dell'elenco dei maggiori debitori insolventi, poco interessante e comunque arcinoto da mesi. IL CLIMA DELLA COMMISSIONE si fa di seduta in seduta più acceso. Il renziano veneto Gian Pietro Dal Moro ha attaccato i liquidatori chiedendo perché non hanno ancora segnalato alle procure competenti i cosiddetti scavalcamenti, cioè le migliaia di casi di azionisti di Vicenza e Veneto Banca che non sono riusciti a vendere in tempo le proprie azioni perchégli uomini di Gianni Zonin e Vincenzo Consoli hanno fatto passare avanti ordini di vendita arrivati dopo. Esemplare il caso dell'artista Rai Bruno Vespa che riuscì a vendere le sue azioni Veneto Banca a luglio 2013, poco prima che la situazione precipitasse (Il Fatto se n'è occupato il 20 luglio 2016). Si tratta di migliaia di "vittime" che lamentano un danno di centinaia di milioni, ma i commissari hanno spiegato che nelle loro richieste fanno normalmente riferimento all'illecito civile e non a quello penale. In ogni caso per la relazione al magistrato penale, che per i liquidatori è un obbligo di legge, ci vorrà ancora tempo. La lista di "scavalcati" e "preferiti" arriverà. "Finora non abbiamo avuto il tempo materiale di occuparcene", hanno detto i commissari.

SCENARIO BANCHE 25 Il Fatto Quotidiano 08-nov-2017

Banche e manovra, i guai del governo isolato a Bruxelles art La sintesi è questa: il governo italiano ha costruito una legge di bilancio con il solito taglia e cuci e uno "sconto" chiesto all'Ue, confidando che a Bruxelles prevalga l a ragi on di Stato (leggi: alle urne rischiano di vincere i barbari). E così ieri la manovra è uscita malconcia dal giudizio dei tecnici sfilati in Senato. La cosa però si intreccia conlabattaglia che l'Italia combatte, senza successo, in Europa sulla stretta che la Bce ha avviato sui crediti deteriorati delle banche, i famosi Npl, che può fare molto male agli istituti italiani. Il governo però è isolato, e giocare su due tavoli non aiuta. IERI AL SENATO - dove la manovra 2018 è in discussione - sono sfilati, tra gli altri, i rappresentanti di Bankitalia, Corte dei Conti e Ufficio parlamentare di bilancio. Il primo guaio è lo scenario: "C'è una programmazione di corto respiro che inficia la trasparenza e la prevedibilità del quadro macroeconomico", ha spiegato Giuseppe Pisauro, presidente dell'Upb. Tradotto: tutto si tiene grazie a numeri ballerini. La gran parte della manovra è fatta dallo stop agli amenti Iva automatici (15 miliardi), che sono solo rinviati: oltre 20 miliardi nel 2019-2020 e su questa stangata"virtuale" si basala promessa riduzione del debito/Pil. Resta invece quella attuale, con il deficit pubblico che scende di 9 miliardi: secondo Pisauro le "misure espansive" si riduconodall'1,6%del Pil nel 2018 allo 0,8% del 2020. Una simile trama si sfilaccerebbe se non fosse per lo sconto da 5 miliardi che Pier Carlo Padoan s'è preso in primavera. L'Ue però non l'ha ancora concesso e si rischia uno stop. L'altro nodo sono le coperture. Buona parte vengono dalla"lottaall'evasione", cioè i balzelli sull'Iva : entrate "incerte" che però il governo cifra in 8 miliardi nel triennio, al netto del "condono" (Pisauro dixit) sulle cartelle Equitalia. POI CI SONO le risorse tolte. L'Upb ricorda che la sanità soffrirà senza i soldi per il rinnovo dei contratti. "Mancano 500 milioni: siamo al modello Grecia", ha attaccato Massimo Garavaglia, che guida gli assessori al Bilancio delle Regioni: "Sul fondo disabili il quadro è imbarazzante e servono 400 milioni per gli investimenti". Per l'Unione delle province, gli enti rischiano il crac senza 170 milioni. L'Anci (Comuni) parla di un nuovo "taglio da un miliardo". "L'alternativa è il declino", gli ha risposto Padoan. È in questo quadro che poche ore prima aveva chiuso l'Ecofin sconsolato. Il ministro dell'Economia ha spiegato di essere stato l'unico a opporsi in seno all'Eurogruppo - dove pesano i malumori tedeschi per le "concessioni" all'Italia sul bilancio - che lunedì ha promossola stretta sugli Npl. Per quelli che emergeranno dal 2018, la vigilanza bancaria ha deciso di imporre alle banche accantonamenti automatici. Una stretta che peserà su quelle italiane che ne hanno già per 320 miliardi: causerà nuove perdite e un'altra stretta al credito. Padoan - come il presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani - ha spiegato che non tocca alla Bce scrivere le regole: "Ho parlato solo io all'Eurogruppo", ha ammesso sconsolato. Oggi l'Europarlamento produrrà un parere legale, ma con l'Italia, al netto della Federazione bancaria Ue (cioè i vigilati), non c'è nessuno.

SCENARIO BANCHE 26 Il Fatto Quotidiano 08-nov-2017

Rimasugli - Le sofferenze sulle sofferenze di Pier Carlo er Pantera art Ormai siamo ai classici. Siamo al Gustavo Cacini, artista romano passato in proverbio, che concludeva le sue performance da bullo con la battuta: "Sì, l'ho prese, ma quante glien'ho dette". Siamo al Peppe er Pantera di Vittorio Gassman di Audace colpo dei soliti ignoti: "M'hanno rimasto solo quei quattro cornuti...". Ci si riferisce a quella grande maschera, tragica come tutte quelle comiche, che è diventato il ministro dell'Economia "Solo io ho parlato all'Eurogruppo contro le nuove regole sulle sofferenze bancarie", s'è disperato ieri Pier Carlo er Pantera. D'altra parte i cosiddetti Npl (Non perfoming loan) sono un problema in gran parte italiano (circa il 40% dello stock Ue) eper la solidarietà europea il buon Padoan può chiedere ai greci. In sostanza, la Bce ha deciso che dal 2018 le banche dovranno aumentare le coperture su sofferenze e crediti deteriorati. L' I talia ha protestato coi suoi meglio nomi - Padoan, Visco, Tajani - ma la cosa, stranamente, non hasortito effetti. Questo, peraltro, è solo il primo di una serie di passi della Bce che porteranno i nostri istituti di credito a rinunciare in parte alla redditività, in parte alla vita. Come scrive il Corsera, la Bce non solo se ne fotte dei rischi connessi ai derivati che infestano i bilanci delle banche francesi e tedesche, ma "non si sente condizionata dal rischio che la sua proposta possa ridurre il valore di mercato degli Npl, favorendo le multinazionali che li acquistano in blocco" (facendoci dei bei soldi). E se "la Bce non si sente condizionata", che vuoi fare? Dai, Piercà, facce Tarzan.

SCENARIO BANCHE 27 Italia Oggi 08-nov-2017

Intesa Sanpaolo batte le attese art Intesa Sanpaolo ha messo a segno conti superiori alle attese del mercato. Nei primi nove mesi dell'anno la banca ha realizzato un utile netto di 5,888 miliardi di euro, che comprende il contributo pubblico di 3,5 mld legato all'acquisizione delle due ex popolari venete. Senza questa posta straordinaria il risultato di periodo è ammontato a 2,469 mld, in miglioramento dai 2,335 dello stesso periodo del 2016. Il risultato della gestione operativa è diminuito del 2,4% a 6,298 miliardi (+1,5% escludendo gli effetti della svalutazione della valuta egiziana e i dividendi legati alla quota in Bankitalia), mentre i costi operativi sono rimasti stabili a 6,336 mld. I proventi operativi netti sono scesi dell'1,2% a 12,634 mld, con gli interessi netti in calo del 3,2% a 5,369 mld. Le commissioni nette sono invece cresciute del 6,4% a 5,64 mld. Il complesso dei crediti deteriorati è ammontato a 27,066 miliardi (-9,1%). La raccolta diretta bancaria è scesa dell'1,6% a 387 miliardi, mentre quella diretta assicurativa e riserve tecniche è migliorata del 4,8% a 150 mld. Il risparmio gestito è cresciuto del 7,1% a 331 mld. Nel terzo trimestre l'utile netto contabile è stato di 650 milioni. Escludendo il contributo pubblico e l'apporte dell'acquisizione dei rami di attività di Bpvi e Veneto banca, la voce ammonta a 731 milioni, in aumento dai 628 precedenti. Per quanto riguarda i coefficienti patrimoniali, il Common Equity ratio è al 13% (12,7% a fine 2016), il Tierl al 14,9% (13,9%) e il total capital al 17,6% (17%). Livelli che Ca' de Sass definisce «su livelli largamente superiori ai requisiti normativi, anche nello scenario avverso dello stress test». L'a.d. Carlo Messina ha parlato di solida performance, in linea con gli obiettivi di dividendo per il 2017 pari a 3,4 miliardi di euro: «Confermiamo come priorità strategica la remunerazione degli azionisti in maniera consistente e sostenibile, con una distribuzione di 10 miliardi di dividendi nei quattro anni del piano in corso». Intesa Sanpaolo «si conferma una wealth management company di successo: oltre il 50% dell'utile corrente lordo è generato da questa area di attività. Per le commissioni, i primi nove mesi dell'anno sono stati i migliori dalla creazione dell'istituto». L'a.d. ha sottolineato che Intesa è «una delle banche più efficienti in Europa, con un cost-income al 50,2%». Inoltre «la gestione del portafoglio di crediti deteriorati sta producendo risultati rilevanti: la continua riduzione dello stock negli ultimi due anni è stata pari a 11 miliardi di euro, riportando il valore al livello più basso dal 2012. Il flusso dei crediti deteriorati si colloca ai valori minimi dal 2007». I numeri trimestrali hanno ampiamente battuto le attese. Jefferies ha evidenziato il «solido. bilancio del gruppo, con la qualità dell'attivo che continua a migliorare. Per un altro esperto l'utile ha superato le attese di oltre il 15%. A Piazza Affari Intesa Sanpaolo è salita dello 0,28% a 2,85 euro, in controtendenza rispetto al settore bancario.

SCENARIO BANCHE 28 Italia Oggi 08-nov-2017

Mps, trimestre in utile art Le rettifiche su crediti, attività finanziarie e altre operazioni per circa 4,9 miliardi di euro hanno pesato sui conti del Montepaschi, che ha archiviato il periodo gennaio-settembre con una perdita consolidata di 3 miliardi rispetto al rosso di 849 milioni dello stesso periodo del 2016. Ma nel terzo trimestre la banca senese ha realizzato un utile di 242 milioni, pur influenzato da alcune componenti straordinarie come gli impatti legati al burden sharing (554 mln), costi di ristrutturazione per l'uscita di 1.200 dipendenti (-280 mln) e intervento proquota a sostegno delle tre casse (-46 mln). Nei nove mesi i ricavi sono diminuiti del 5% a 3,223 miliardi, il margine d'interesse è calato del 9,5% a 1,374 mld e le commissioni nette sono scese del 13,5% a 1,213 miliardi. Per quanto riguarda la raccolta, quella diretta è scesa di 1,6 miliardi a 103 mld e quella indiretta è rimasta stabile a 98,2 miliardi. I crediti verso la clientela si sono ridotti di 15,7 mld a 91 miliardi di euro. L'esposizione netta in termini di crediti deteriorati si è attestata a circa 15,1 miliardi, con una flessione di circa 5,2 mld da inizio anno. La percentuale di copertura è stata del 66,4%, in aumento di circa 63 punti base rispetto a fine giugno. Sul fronte dei coefficienti patrimoniali, il Ceti Ratio si è posizionato al 15,2% (8,2% a fine 2016) e il Total Capital Ratio al 15,4% (10,4%). Per quanto riguarda la riorganizzazione operativa, da inizio anno sono state chiuse 287 filiali: un livello che rappresenta il 48% dell'obiettivo previsto nel piano di ristrutturazione al 2021. Entro il prossimo gennaio saranno chiuse 152 filiali. Intanto l'assemblea dei soci si svolgerà a Siena il 18 dicembre, in unica convocazione. La decisione è stata presa dal cda, che ha dato via libera ai conti e ha poi rassegnato le dimissioni in blocco. Il passo indietro è legato al recente ingresso dello Stato come socio di controllo dell'istituto, e alla conseguente esigenza di esprimere un board di proprio gradimento. Per quanto riguarda la trattazione straordinaria, i soci dovranno esprimersi su alcune modifiche statutarie e sulla proposta di riduzione del capitale per perdite. «I risultati che il gruppo ha raggiunto confermano che adesso saremo in grado di recuperare una posizione solida nel settore del sistema bancario italiano», ha sottolineato l'a.d. Marco Morelli, «con un approccio molto disciplinato e rigoroso alla gestione dei costi e, una volta che il processo sarà finalizzato, riusciremo a raggiungere una posizione di tutto rispetto». L'assemblea degli azionisti convocata per il 18 dicembre rappresenterà proprio «il passaggio finale di questo processo durato un anno». Morelli ha aggiunto che, «nonostante il processo per finalizzare il piano di ristrutturazione sia stato molto lungo e nonostante una serie di azioni che è stato necessario fare per ottemperare a tutte le richieste delle authority, abbiamo dimostrato che il gruppo è solido dal punto di vista commerciale e dispone di tutte armi e competenze per iniziare un processo di recupero normale e sano dall'inizio del prossimo anno». Sul fronte operativo l'a.d. ha detto che, sul versante della raccolta, «siamo sui livelli che ci eravamo prefissati per il 2019».

SCENARIO BANCHE 29 La Verita' 08-nov-2017

Fu Saccomanni a dare mano libera a Zonin - L'ex ministro Saccomanni rimise in art sella Gianni Zonin

«Parlando di Francoforte... il drago ha ancora sete di sangue e cerca ancora quattro teste. Prima di tutte, Zonin». Giuseppe Pacileo, esperto consulente di banche in difficoltà, la sera del 31 agosto 2015 sta parlando al telefono con Paolo Marin, ex vicedirettore generale della Popolare di Vicenza. La Procura berica lo intercetta, anche se non è indagato. «II drago», di cui si parla diffusamente in varie intercettazioni coperte da omissis, è Mario Draghi, il presidente della Bce. La famosa moral suasion di Bankitalia, però, ci metterà ancora due mesi e mezzo per convincere Gianni Zonin a dimettersi dalla presidenza della Bpvi. E dal carteggio riservato con la Popolare emerge che nel 2008 e nel 2009 la Banca d'Italia aveva bloccato la folle crescita dimensionale dell'istituto, vietando a Zonin di comprare nuove banche o nuove agenzie. Il blocco viene tolto il 2 novembre del 2011, ovvero il giorno dopo che Draghi inizia a guidare la Bce, con un provvedimento firmato dal dg Fabrizio Saccomanni, che nel 2013 diventerà ministro dell'Economia nel governo di Enrico Letta. Giuseppe «Peppe» Pacileo, salernitano, classe 1950, è un influente consulente che si muove tra Vicenza, Montebelluna, Siena e Roma. Dove c'è un problema con le autorità di vigilanza, c'è lui, detto «Peppe» o «Paci», con i suoi telefonini sempre accesi e incandescenti, uno dei quali intestato a Veneto Banca. Zonin si dimetterà solo il 23 novembre seguente, anche perché Bankitalia, a dispetto della Bce, gli consentirà di scegliere con comodo tempi e modi del passo indietro, successore compreso (Stefano Dolcetta, digiuno di credito). Ma quella sera del 31 agosto 2015, con Marin, Pacileo esibisce il suo prezioso carnet di informazioni che, come racconta lui stesso, è composto anche da «pizzini» che gli passerebbe un'alta dirigente di Bankitalia («la Signora») attraverso un fratello psichiatra. La Guardia di finanza trascrive tutto e la Procura mette le telefonate agli atti dell'inchiesta su Zonin e Samuele Borato, non prima di averle disseminate di una caterva di omissis che punteggiano le pagine in cui si parla della Bce. Il nome di Draghi non c'è mai, però «il drago» forse sfugge. E allora ecco che Pacileo racconta a Marin, stupito come tutti che nessuno tocchi un capello a Zonin, specie dopo che l'ex ad Sorato è stato fatto fuori a maggio: «Parlando di Francoforte, mi è arrivata questa telefonata che io ti decripto... Avevo ancora il foglietto senza dire il medico. Ti dico come mi è stato detto... Il drago ha ancora sete di sangue e cerca ancora quattro teste. Prima di tutte Zonin». Poi aggiunge altre rivelazioni romane: «Tieni conto, quello che hanno fatto a Veneto Banca lo faranno... (anche qui, ndr) e ti do pure quest'altra notizia che mi è sfuggita di dirti... Perché mi ha detto l'amico stanno puntando pure a Fratta Pasini (Carlo, storico presidente della Popolare di Verona e oggi del Banco Bpm, ndr)... Allora che poi non so che c'entra, comunque me l'ha detto. Poi ci stanno Cauduro (Adriano, ex direttore generale di Banca nuova, l'unico top manager non indagato, eppure licenziato da Fabrizio Viola a giugno di quest'anno, ndr), Papacchini (Anna, ex capo delI'tecio legate di Bpvi, ndr) e Bozeglav (Massimo, capo dell'audit interno, ndr), però devo dirti la verità: l'amico mi ha detto di mandarli via o di metterli ad altri incarichi». Il fatto inquietante è che tanto Canduro quanto Bozeglav si sono distinti proprio per aver collaborato con gli ispettori della Bce, andando forse oltre i «desiderata» romani. LE TELEFONATE Sempre la sera del 31 agosto, ma un'ora prima, «Peppe» riceve la telefonata di Sorato, con il quale si dà del lei. Anche a lui riversa le notizie apprese in Bankitalia, sempre via pizzini: «Ho parlato con l'amica mia, che mi ha detto che su di lei ancora non... Resta uno che se n'è andato, si è dimesso per divergenze (con Zonin, ndr) e poi la Bce, i colleghi ispettori possono dire quello che vogliono, ma lui se n'è andato prima e anche se pure lei sa che forse forse, ritardandole (le dimissioni, ndr) di un mesetto... Forse le cose potevano non dico aggiustarsi, ma pigliare una piega migliore». Sorato replica che ha capito, ma poi tutta la sua risposta è coperta di omissis. Quindi passano a parlare del fatto che i problemi di Veneto Banca, dove Paclleo dice di aver ottenuto una proroga della sua consulenza, e di Vincenzo Consoli avrebbero finito per travolgere i manager della Bpvi in una sorta di «purga» collettiva. Sorato però non ci sta e attacca: «Che Zonin sapesse lo sapeva, perché glielo dicevo io e lui continuava a dirmi: ma direttore non si fasci la testa prima di rompersela». L'ex presidente viticoltore era del resto abituato a risolvere qualunque problema, almeno prima che anche la vigilanza sulla «sua» banca popolare passasse nelle mani della Bce. Una conferma si trova nella vicenda del divieto di comprare banche, comminato quando in Via Nazionale c'era proprio Mario

SCENARIO BANCHE 30 Draghi. Dimessosi Antonio Fazio (Natale 2005), grande protettore delle banche popolari, per l'incarico di governatore viene scelto Draghi, poco sensibile al richiamo della sedicente finanza cattolica. Dopo anni di latitanza, alla Vicenza tornano gli ispettori. INTERDIZIONE Da queste ispezioni nascono due provvedimenti interdittivi «in relazione ad anomalie nell'assetto organizzativo rilevate nel corso degli accertamenti ispettivi del 2006 e del 2008». Che sono quelli i' cui contenuto è stato svelato ieri dalla Verità. Il primo provvedimento porta la data del primo ottobre 2007 e dispone «l'applicazione alla Bpvi di un requisito patrimoniale aggiuntivo sul rischio di controparte nell'ambito dei rischi di mercato». Il secondo è del 4 giugno 2008 e impone «il divieto di effettuare nuove acquisizioni e di ampliare la rete territoriale». A giugno del 2011, Draghi viene designato alla presidenza della Bce, che assume il primo novembre. Il 3 agosto, la Banca d'Italia avvia il procedimento di revoca delle sanzioni alla Bpvi, che vengono tolte il 2 novembre con provvedimento firmato da Fabrizio Saccomanni Popolare Vicenza torna così «banca aggre gante», tecnicamente libera di «salvare» le altre banche, Popolare Etruria cornpresa.

SCENARIO BANCHE 31 La Verita' 08-nov-2017

Bankitalia Firenze cambia direttore Grane nel feudo del Giglio magico? art Mario Venturi è il nuovo direttore della filiale di Firenze della Banca d'Italia. Il 3o maggio scorso è stato scelto per dirigere la sede del capoluogo toscano dove era già stato negli anni Duemila con altri incarichi. A fine settembre è arrivato direttamente da Genova, dove ha gestito negli ultimi tre anni la patata bollente di Carige. Domani Venturi avrà la sua prima vera uscita pubblica. Presenterà alla stampa un'anticipazione dello studio L'economia della Toscana. Aggiornamento congiunturale. Nessuno si attende riferimenti ai dossier aperti nella regione di origine del segretario Pd Matteo Renzi, ma osservatori accorti si aspettano dal nuovo corso della sede regionale di Bankitalia particolare puntiglio e attenzione. Vuoi perché Venturi è considerato vicino al governatore Ignazio Visco, appena confermato nonostante il pressing contrario del segretario del Pd. E soprattutto perché in Toscana non ci sono soltanto Mps e Banca Etruria, i due crac più delicati e politicizzati della storia italiana. Ci sono, infatti, anche altri due istituti che seppur piccoli hanno richiamato più volte l'attenzione delle cronache nazionali. Il primo è Cambiano banca, che è stata anche la prima Bcc a usufruire della legge di riforma varata dal governo Renzi. L'idea del decreto era quella di spingere il credito cooperativo ad aggregarsi earrivare alla creazione di una holding unica a livello nazionale. Un meccanismo elaborato dall'ex senatore Pd, Nicola Rossi, e che Renzi ha fatto suo. Lo schema non piacque perd a tutti. Confcooperative e Federcasse presero strade diverse. Cambiano chiuse e fece subito la trasformazione in spa. ll presidente Paolo Regini è stato sindaco di Castelfiorentino per i Ds: «Regini è marito di una senatrice del Partito democratico, Laura Cantini», si legge nel libro I segreti di Renzi di Maurizio Belpietro. «Marito e moglie sono entrambi renziani della prima ora. Nel 2009, la campagna elettorale di Renzi fu finanziata da una associazione chiamata Festina lente, nella quale figuravano due personaggi: Marco Carrai e Alberto Bianchi. La Festina lente accese un mutuo da 72.000 euro: a garanzia c'era una fideiussione firmata proprio da Bianchi», si legge ancora nel libro. Il mutuo fu concesso proprio dalla banca di Cambiano, la stessa dove ha lavorato il padre di Luca Lotti, sottosegretario del governo Renzi, ministro per lo Sport dell'esecutivo guidato da Paolo Gentiloni e pedina di riferimento per la medesima riforma degli sportelli. Bankitalia potrebbe ora decidere di aprire le ostilità, magari avviando un'ispezione a Cambiano banca: una scelta che non apparirebbe nemmeno troppo tirata per i capelli, essendo stata la prima banca di credito cooperativo a trasformarsi in spa. Se su Cambiano tutto e una ipotesi, su Chianti banca, istituto già vicino al Giglio magico, la situazione è ben diversa. Sul tavolo di Venturi è già aperto un dossier. L'ispezione dello scorso marzo nell'istituto con sede a Monteriggioni porto alle dimissioni «spontanee» della prima fila del consiglio. E in un secondo momento nell'apertura di un'inchiesta penale che ha visto più volte la Guardia di finanza bussare alle porte dell'istituto. Non quadrano più aspetti della contabilizzazione di titoli di Stato, ma ci sarebbe anche un filone tutto dedicato alla fondazione. L'assemblea successiva (maggio 2017) ha visto uscire sconfitta la lista di Lorenzo Binl Smaghi ma quasi in contemporanea la riconferma ai vertici della fondazione del vicepresidente dell'istituto, Stefano Mecocci, nonostante il niet di Bankitalia. Su questo tema le frizioni tra istituto e vigilanza sono bollenti. Vedremo quali saranno le scelte di Visco e le attività di Venturi. Tanto più che il io dicembre la banca di Monteriggioni ha indetto un'assemblea che mira a ribaltare le precedenti e definire le nozze con Iccrea. Non si pile) dunque può nascondere che le mosse di Bankitalia sul piccolo istituto avranno una eco molto più ampia. D'altronde succede se si decide di toccare il Giglio magico.

SCENARIO BANCHE 32 La Verita' 08-nov-2017

La Bce muove guerra alle banche italiane Stavolta pure Padoan s'accorge dei art rischi

È scontro aperto tra la Banca centrale europea e gli istituti di credito. La partita si gioca sul campo dei non performing loans, i crediti deteriorati in pancia alle banche dopo la crisi finanziaria dell'ultimo decennio. Le nuove norme prevedono un azzeramento in due-sette anni del valore delle sofferenze generate dallo stock di crediti esistenti. Nel corso del secondo forum sulla supervisione bancaria Danièle Nouy, numero uno della Vigilanza bancaria continentale, è intervenuta a difesa delle policy destinate a entrare in vigore dal prossimo i gennaio. «Alcune banche hanno fatto sforzi, altre sono rimaste indietro»" ha affermato, negando la possibilità che le nuove norme implichino rischi di tipo sistemico. «Valuteremo caso per caso», ha continuato la Nouy, spiegando che Francoforte è al lavoro con tutte le banche che hanno livelli troppo elevati di esposizione. «Le banche però devono smettere di negare la realtà». A fare da sponda a queste dichiarazioni si e aggiunto Mario Draghi, intervenuto a margine dello stesso evento. «Anche se i livelli degli Npl sono scesi per le banche significative, da circa il 7,5% d'inizio 2015 al 5,5% di oggi, il problema non è ancora risolto» ha spiegato il governatore. «Abbiamo bisogno di uno sforzo congiunto da parte di banche, autorità di vigilanza, legislatori e autorità nazionali in modo da affrontare questa questione in maniera ordinata». «Siamo a conoscenza dei danni che livelli elevati di Npl possono arrecare alla salute delle banche e alla crescita del credito. Un'analisi interna della Bce», ha concluso Draghi «dimostra che negli ultimi anni le banche con elevati stock di Npl hanno erogato meno prestiti rispetto banche con una migliore qualità del credito, dando perciò meno supporto alle imprese e alle famiglie». Durissima la risposta del ministro Pier Carlo Padoan: «A nostro avviso l'addendum della Bce sulla copertura delle sofferenze bancarie va oltre i limiti che sono stati definiti per la sorveglianza bancaria unica in materia di vigilanza, nel senso che viene prefigurato un vincolo generalizzato per il sistema bancario nella gestione dei non performing loans mentre questa dovrebbe riguardare casi singoli, banca per banca: pensiamo ci sia dal punto di vista legale qualche forzatura», è stato il piccatissimo commento del titolare del ministero dell'Economia e delle finanze. Sul fatto che l'Eurogruppo si sia espresso all'unanimità in favore delle nuove regole, Padoan ha poi precisato di essere stato l'unico a «sottolineare aspetti di metodo e di merito». Il ministro è evidentemente infastidito dalla scarsa considerazione che la Bce ha per i progressi fatti dalle banche nostrane in merito all'abbattimento dei crediti deteriorati. Secondo un recente studio del Fondo monetario internazionale, gli istituti di credito italiani ridurranno gli Npl di 65 miliardi entro la fine dell'anno, grazie soprattutto alle maxi operazioni di vendita da parte di Unicredit (18 miliardi) e Monte dei Paschi di Siena (26 miliardi). Secondo gli autori del rapporto, a livello globale l'importo dei crediti deteriorati scenderà da 988 a 100 miliardi di euro. Il mese scorso Padoan aveva sollevato perplessità sui giudizi espressi dalle agenzie di rating circa la situazione degli Npl italiani. Per Moody's «le banche con i livelli più alti di sofferenze e bassi livelli di copertura saranno quelle maggiormente colpite dalle nuove regole», individuando negli istituti italiani, portoghesi e irlandesi quelli a maggior rischio. Standard e Poor's definiva le banche italiane come quelle «potenzialmente più esposte nell'eurozona». Ma il ministro Padoan non è l'unico a guardare con diffidenza il pressing di Francoforte. Carlo Cottarelli, già commissario per la revisione della spesa e oggi direttore esecutivo del Fmi, ha dichiarato di recente che la riduzione degli Npl in Italia seppur in modo graduale «sta producendo risultati concreti e procede con una velocità adeguata». «Non c'è motivo per le pressioni ad accelerare» ha aggiunto, osservando che «non c'è evidenza empirica che lo stock netto di Npl influisca sull'offerta di credito». Una richiesta di rivedere le norme contenute nel!'addendum arriva anche dalla Federazione bancaria europea, che in una lettera firmata dal presidente Wim Mijs chiede ai vertici europei di riconsiderare il metodo delle coperture. Sdoganata la linea dura dell'Europa, la strada per le banche italiane si fa tutta in salita. Secondo l'analisi di Equita sim, i nuovi criteri si tradurranno nella necessità di ridurre lo stock di circa 55 miliardi di euro (-29%). Gli istituti più forti cercheranno di salvarsi accelerando le cessioni oppure tramite dolorosi aumenti di capitale. Tutti gli altri rischiano di finire in pasto ai colossi stranieri. E quanto accaduto ieri a Banca Leonardo, acquisita da Crédit agricole, che alcuni mesi fa aveva già fatto shopping acquisendo la Cassa di risparmio di San Miniato e Pioneer da Unicredit.

SCENARIO BANCHE 33 La Verita' 08-nov-2017

Casini: «Segreti i nomi dei debitori insolventi» art Se qualcuno pensava che la commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, presieduta da Pier Ferdinando Casini, servisse a qualcosa, ieri ha avuto la conferma che si tratta solo dell'ennesima presa in giro ai danni dei risparmiatori e dei correntisti ridotti sul lastrico dai crac delle banche fallite negli ultimi anni. Ieri mattina si è svolta l'audizione dei commissari liquidatori di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, tra i quali Fabrizio Viola, ex amministratore delegato di Mps. Un'audizione che si è trasformata in una difesa d'ufficio del governo da parte di Viola e che ha dato l'ennesima delusione ai risparmiatori e a tutti i contribuenti italiani, ansiosi di conoscere i nomi dei grandi debitori insolventi che hanno contribuito a far fallire gli istituti. «Gli elenchi dei grandi debitori insolventi delle banche venete», ha detto il presidente Casini in apertura di seduta, «rivestono carattere segreto». Casini ha poi sottolineato che i commissari della Banca Popolare di Vicenza avevano già trasmesso l'elenco dei maggiori debitori insolventi e che ieri stati trasmessi quelli di Veneto Banca. Nessuna chiarezza e nessuna trasparenza, dunque, ma solo pessime notizie per gli italiani: un'ulteriore voragine di 8 miliardi di euro sta per aprirsi a causa della gestione scellerata delle due venete. «Per entrambe le banche», ha rivelato il commissario liquidatore Fabrizio Viola, «i crediti incagliati sono 8 miliardi di euro che non sono ancora in sofferenza ma in deterioramento. Possiamo immaginare quali siano le conseguenze se divenissero in sofferenza.. Conseguenze devastanti per l'intera economia italiana. «La struttura dell'attivo di Veneto Banca., ha aggiunto Viola, «fa si che più dell'8o% dell'attivo è costituito da crediti deteriorati, quindi solo una componente limitata è costituita da attivi finanziari e partecipazioni. La conclusione è che il rimborso del passivo dipenderà dalla recuperabilità dei crediti deteriorati. Per Popolare di Vicenza», ha sottolineato Viola, «i numeri sono simili.. Per i risarcimenti ai risparmiatori che hanno perso tutto, ha spiegato un altro cornmissario liquidatore, Giustino Di Cecco, «ci vorrà qualche anno». Campa cavallo, dunque. Per finire, una bella sviolinata a Palazzo Chigi: «Il governo», ha detto Viola, «sul fronte delle banche venete, ha fatto tutto quello che mi aspettavo facesse. La situazione si era deteriorata molto. I tempi tecnici di soluzione delle crisi in Europa non sono brevissimi», ha aggiunto Viola, «non riesco a individuare situazioni in cui li governo non ha fatto le cose che doveva fare». Domani è in programma un'audizione congiunta di Carmelo Barbagallo, capo del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia, e Angelo Apponi, direttore generale della Consob, entrambi già ascoltati separatamente nei giorni scorsi.

SCENARIO BANCHE 34 Messaggero 08-nov-2017

Sofferenze bancarie sale la tensione tra Padoan e Draghi - Banche, tensione art Padoan-Draghi sugli Npl

Si alza la tensione tra Italia e Bce sulle regole di copertura delle sofferenze bancarie. Secondo il ministro Pier Carlo Padoan, il settore bancario nazionale, Confindustria e Federazione bancaria Ce, si tratta di una stretta che può avere ripercussioni negative sul credito a imprese e famiglie e quindi sulla crescita. La stessa Bankitalia invita Francoforte alla «prudenza». Al termine delle riunioni di Eurogruppo ed Ecofin, ieri Padoan ha reiterato le sue critiche radicali all'impostazione Bce: «L'addendum va oltre i limiti definiti per la sorveglianza bancaria perché si prefigura un vincolo generalizzato per il sistema bancario nella gestione dei non performing loans mentre la vigilanza dovrebbe riguardare casi singoli, banca per banca: dal punto di vista legale pensiamo ci sia qualche forzatura». LE CONDIZIONI L'addendum è un documento della Bce, sottoposto a consultazione: prescrive che le sofferenze garantite siano coperte al 100% entro 7 anni dal primo gennaio e quelle non garantite lo siano entro 2 anni. Ciò vale per i nuovi prestiti, ma anche per i vecchi se dovessero trasformarsi in sofferenze dal primo gennaio 2018. All'Eurogruppo Padoan è stato il solo ministro a esprimersi, mentre curiosamente il presidente Dijsselbloem aveva assicurato che esiste un consenso generale dei ministri all'approccio Bce e che le critiche sono estremamente limitate. «Sono stato l'unico a sottolineare aspetti di metodo e di merito, non credo si possa parlare di silenzio-assenso» da parte degli altri ministri, ha detto Padoan. «Includere lo stock di sofferenze è un fatto che preoccupa: in Italia si è ridotto a velocità crescente, spingiamo le banche ad aggredire il problema perché le sofferenze ostacolano i prestiti, ma deve trattarsi di un'azione fatta in tempi e modi ragionevoli che evitino di generare nuove fragilità», ha continua Padoan, che si aspetta dalla consultazione «risultati importanti». Il ministero indica che la posizione italiana non è isolata. Oggi è attesa la valutazione legale dell'Europarlamento e come riferiamo nell'altro articolo in pagine, c'è aria di stroncatura dell'addendum proposto dalla Bce. «C'è un limite oltre il quale cui la vigilanza della Bce non può andare, non può svolgere attività normative, la burocrazia non prenda il posto della politica», ha detto il presidente AntonioTajani. Difficile dire come andrà a finire. Certo la tensione con la Bce è alta. Proprio ieri, il presidente della Bce Mario Draghi ha dato man forte alla Vigilanza diretta da Danièle Nouy: «Malgrado i progressi - ha esordito - non c'è spazio per l'autocompiacimento. Le sofferenze sono il problema più importante da affrontare, non è risolto: molte banche non sono ancora capaci di assorbire grandi perdite perché il rapporto tra sofferenze, capitale e accantonamenti è alto. Occorre uno sforzo congiunto di banche, supervisori, regolatori e autorità nazionali». Anche Draghi parla del rischio per il credito, ma da un punto di vista diverso da quello italiano: alla Bce «risulta che le banche con elevati stock di Npl hanno erogato meno credito di quelle dotate di una migliore qualità del credito». Preoccupata come l'Italia si dichiara la Federazione bancaria europea che chiede alla Bce di «riconsiderare il metodo delle nuove indicazioni sui crediti deteriorati»: non è chiaro se possano essere applicate anche alle esposizioni esistenti, lasciano la porta aperta «a speculazioni da parte degli operatori interessati». Anzi, per la Fbe questo già sta avvenendo. Inoltre, i tempi dell'entrata in vigore della stretta sono troppo brevi e non è stata fatta una valutazione di impatto. In sostanza, per la Fbe la Bce vuole di fatto «aumentare gli accantonamenti ben oltre quanto previsto dalle regole contabili».

SCENARIO BANCHE 35 Messaggero 08-nov-2017

Il retroscena - Pronto il cartellino giallo di Strasburgo: «La Nouy è andata oltre le art prerogative»

C'è un'invasione di campo della Vigilanza europea guidata da Danièle Nouy sulle nuove regole degli Npl contenute nell'addendum in consultazione fino all'8 dicembre. E comunque, proprio perché il termine del confronto è a poche settimane dall'applicazione della riforma, qualunque essa sia, è necessario spostarne l'inizio a febbraio. Nel parere dell'ufficio legislativo del Parlamento europeo che verrà reso noto oggi, secondo quanto risulta al Messaggero i tecnici dovrebbero bollare come forzatura quella fatta dalla presidente del Supervisory board: sarebbe andata oltre le sue prerogative. Del resto, Pier Carlo Padoan ieri è andato giù piatto: «L'addendum è un vincolo generalizzato per il sistema bancario sugli Npl». Il Parlamento di Strasburgo alza quindi il cartellino giallo alla Nouy che, invece, continua a difendere il proprio operato. E salvo imprevisti dietrofront, potrebbe tornare alla carica domani alle 9 nel corso dell'audizione a Strasburgo proprio sulla questione delle sofferenze bancarie. Non v'è dubbio che lo scontro sulle modalità di gestione dei crediti deteriorati si stia alzando di tono, come dimostra la divaricazione tra Padoan, allineato alle posizioni di Bankitalia e a quelle dei massimi esponenti politici europei (Antonio Tajani e Roberto Gualtieri) e la Bce di Mario Draghi, che comunque già tre settimane fa aveva avvertito: «Il problema c'è e va affrontato». Ieri sera Gualtieri, presidente della Commissione per i problemi economici e monetari al Parlamento Ue, partecipando al ricevimento annuale delle Bcc tedesche presso la sede di Strasburgo sarebbe tornato sull'argomento: «E' necessario che le misure siano rispettose delle competenze della Supervisione ma anche del legislatore, evitando di intervenire su criteri generali che spettano a chi ha la potestà di varare le norme». Ed entrando nello specifico: «Non si possono fare criteri generali, servono regole specifiche banca per banca e comunque vanno esclusi gli stock». Che la tensione sugli Npl stia provocando fratture è provato anche da quanto accadute due sere fa a Strasburgo durante una cena organizzata da Tajani, alla presenza di Gualtieri, dei suoi vice Markus Ferber e Peter Simon, del vice ministro della Commissione Valdis Dombrovskis, del commissario Ue agli Affari Economici, Pierre Moscovici, dei ministri delle Finanze olandese e spagnolo. Ebbene, sembra che Dombrovskis avrebbe parlato di non sitonia tra Eurogruppo e Vigilanza Ue. Oggi il comitato di presidenza Abi esamina la bozza della risposta all'addendum che sarà presa in visione dall'esecutivo del 15 e varato il 7 dicembre.

SCENARIO BANCHE 36 Messaggero 08-nov-2017

Intesa Sp, già assorbito il peso delle Venete art Nonostante il peso degli asset delle banche venete, Intesa Sanpaolo taglia il traguardo dei conti dei nove mesi con profitti saliti da 2.335 a 2.469 milioni. Calcolando l'assegno del Tesoro per 3,5 miliardi a fronte degli oneri delle venete, il risultato netto si attesta a 5,88 miliardi. Ieri il cda presieduto da Gian Maria Gros Pietro ha approvato il rendiconto al 30 settembre, «di cui sono orgoglioso perché mostrano una solida performance, pienamente in linea con gli obiettivi di dividendo per il 2017 pari a 3,4 miliardi», ha spiegato il ceo Carlo Messina durante la conference call con gli analisti. «Conferm iamo come priorità strategica la remunerazione degli azionisti in maniera consistente e sostenibile, con una distribuzione di 10 miliardi di dividendi nei quattro anni del piano in corso». La gestione del trimestre tra luglio e settembre ha registrato un utile netto di 650 milioni, in crescita de13,5% rispetto a 12 mesi prima e più alto delle stime della media degli analisti finanziari, attorno a 607 milioni. Escludendo l'apporto negativo dei rami acquisiti da Vicenza e Montebelluna, l'utile trimestrale sarebbe di 731 milioni, che sale a 910 milioni escludendo anche i tributi e gli altri oneri riguardanti i salvataggi di altre banche. «Il terzo trimestre riflette l'impatto relativo all'incorporazione delle due ex banche venete. La struttura del conto economico delle due banche presenta tuttora forti squilibri, anche al netto dell'eliminazione dei crediti deteriorati dai bilanci», ha aggiunto Messina, «i costi sono pari al doppio dei ricavi e il risultato corrente lordo su base trimestrale è negativo per 100 milioni». Messina: «Abbiamo posto grande impegno per risanare rapidamente questa situazione e riportare in utile i bilanci, agendo sia sul lato dei ricavi, sviluppando le attività di risparmio gestito, che su quello dei costi, grazie all'accordo raggiunto con i sindacati per la riduzione del personale e alla razionalizzazione della rete delle filiali». «Anticiperemo - ha precisato il banchiere - i processi di migrazione al prossimo dicembre». Nei nove mesi di esercizio, senza considerare le banche venete, gli interessi netti sono scesi del 3,2% a 5,4 miliardi e le commissioni nette sono salite del 6,3% a 5,6 miliardi. Stabili a 6,3 miliardi i costi operativi, per un rapporto cost/income del 49,8%. Il patrimonio Cetl è salito al 13,4% rispetto ai agli attivi di rischio ponderati. Negli ultimi 24 mesi i crediti deteriorati lordi si sono ridotti di 11 miliardi nel terzo trimestre il flusso lordo di crediti divenuti deteriorati, pari a 990 milioni, è stato il più basso dalla costituzione di Intesa Sanpaolo. A settembre il livello di copertura dei crediti dubbi è stato alzato al 49,6%. In nove mesi la banca ha erogato 36 miliardi di nuovo credito a lungo termine alle famiglie. LA NUOVA FASE «Intesa Sanpaolo si conferma una wealth management company di successo: oltre i150% dell'utile corrente lordo è generato da quest'area di attività», ha detto Messina. «A fine settembre le attività finanziarie gestite per conto della clientela sfiorano il trilione di euro». Il banchiere romano ha aggiunto: «La nostra banca è diventata un punto di riferimento nel settore, siamo una delle banche più efficienti in Europa con un rapporto tra costi e ricavi del 50,2%». L'azione Intesa Sanpaolo a Piazza Affari ieri ha chiuso a 2,85 euro (+0,28%). Infine, durante il cda, Messina ha diffuso un'informativa sulle linee del riassetto organizzativo che intende realizzare nelle prossime settimane, in vista del varo del piano al 2021. Previsto anche un importante rimpasto dei manager della prima linea e la ridefinizione di alcune direzioni con la nascita di una newco per gli npl e la creazione di un polo tra Eurizon e il mondo delle assicurazioni del gruppo.

SCENARIO BANCHE 37 Messaggero 08-nov-2017

Banche, no della Commissione d'inchiesta alla divulgazione dei nomi dei grandi art debitori

I creditori della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca dovranno pazientare ancora un bel p• di tempo: per riuscire ad ottenere i rimborsi ci vorranno infatti degli anni. A due giorni dall'atteso faccia a faccia tra il capo della Vigilanza della Banca d'Italia, Carmelo Barbagallo, e il direttore generale della Consob, Angelo Apponi, sulla gestione dei prezzi delle azioni delle due banche venete, ieri i parlamentari della Comm issione d'inchiesta hanno audito i commissari liquidatori. E a loro è toccato tra l'altro il compito di raffreddare le aspettative di quei creditori che speravano di poter recuperare i propri risparmi già entro qualche mese. Poche soddisfazioni anche per coloro che anelavano a venire a conoscenza degli elenchi dei grandi debitori insolventi delle due banche: aprendo i lavori infatti il presidente della Commissione Pier Ferdinando Casini ha subito precisato che tali atti «rivestono carattere riservato». D'altro canto, non si comprende perché i debitori, piccoli o grandi, debbano finire in pasto alle polemiche per il solo fatto di aver chiesto e ottenuto prestiti alle banche. Altro sarebbe il discorso di mancate restituzioni del debito a causa di comportamenti dolosi. Per tornare all'audizione di ieri, durata più di tre ore, vi hanno preso parte il commissario di entrambe le banche Fabrizio Viola e il liquidatore di Popolare Vicenza, Giustino Di Cecco, il quale ha sottolineato che «riceviamo moltissime sollecitazioni», precisando che chi è creditore e non rientra nel perimetro delle passività cedute a Intesa «i tempi di pagamento dipenderanno dai tempi di recupero dei crediti», ma in ogni caso «non sono certamente di qualche mese, forse di qualche anno». Quanto ai nomi dei grandi debitori, non è stato fornito alcun dettaglio, ma Di Cecco ha comunque precisato che per Popolare di Vicenza, ad esempio, «le prime 100 posizioni a sofferenza rappresentano 1,2 miliardi di credito di valore nominale cioè il 21% del totale delle sofferenze del gruppo Bpvi, una cifra significativa». L'appuntamento di ieri era anche l'occasione per un giudizio di Viola sull'operato del governo nella gestione delle crisi delle due banche: «Ila fatto tutto quello che mi aspettavo facesse» ha detto rispondendo alle critiche di alcuni parlamentari.

SCENARIO BANCHE 38 Messaggero 08-nov-2017

Aumento di capitale da 700 milioni per CreVal art Maxi-ricapitalizzazione di Credito Valtellinese a sostegno del nuovo piano industriale al 2020. Ieri il cda dell'istituto con sede a Sondrio ha approvato un progetto di rilancio che prevede un aumento di capitale per massimi 700 milioni e nuove operazioni di cessioni di crediti deteriorati con gacs fino a 1,6 miliardi. Il rafforzamento è pari a quasi 2,5 volte il valore di borsa: ieri il titolo ha perso il 13,3% a 2,53 euro. Per conseguire l'obiettivo di un ritornoa una redditività sostenibile, CreVal intende tagliare i costi operativi per 63 milioni entro il 2019: verranno chiuse altre 88 filiali con un target di 350 unità entro fine 2018. Prevista inoltre un'ulteriore riduzione degli organici- quantificati in 400 anche attraverso l'utilizzo del fondo di solidarietà per il settore del credito con un target inferiore alle 3700 unità a fine piano. Fissati anche gli obiettivi per il 2020, anno entro il quale il gruppo vuole portare il cost/income ratio al 57,5% con un utile atteso di 150 milioni di euro. «Non abbiamo ricevuto alcuna scadenza dai regolatori per varare un aumento di capitale» ha detto il dg Mauro Selvetti rispondendo alla domanda di un analista in conference call che gli chiedeva se l'accordo di underwriting con Mediobanca sia vincolante o legato a una tempistica precisa. L'istituto ha chiuso i primi 9 mesi con una perdita di 403 milioni. Il gruppo valtellinese registra inoltre rettifiche di valore su crediti e altre attività finanziarie per 386 milioni.

SCENARIO BANCHE 39 Messaggero 08-nov-2017

Mps, un nuovo cda a dicembre e nel trimestre torna il profitto art La nuova Mps sotto il controllo del Tesoro volta pagina anche nella governance. Le dimissioni ieri del cda sono arrivate nel giorno dell'approvazione dei conti del terzo trimestre. Conti chiusi in utile per 242 milioni, grazie all'impatto positivo del burden sharing (554 milioni) che ha neutralizzato 280 milioni di costi di ristrutturazione e l'impatto negativo (46 milioni) per il contributo al salvataggio di delle casse di Cesena, Rimini e San Miniato. Nei primi nove mesi, invece, Mps ha perso 3 miliardi (dopo rettifiche per circa 4,9 miliardi), a fronte di una perdita di 849 milioni dello stesso periodo 2016. Ma ora è una banca «commercialmente più solida», ha spiegato l'ad Marco Morelli e «ha tutte le armi per avviare il recupero nel prossimo anno». Certo, pesa l'andamento della raccolta, in calo dello 0,7%, ma fa ben sperare la crescita a 11 miliardi ( 1,6 miliardi) dall'inizio dell'anno di conti correnti e depositi, un risultato previsto al 2019. Alle spalle c'è «un lungo cammino» e ci è voluto quasi un anno per mettere a punto e avviare il processo di ristrutturazione con tanto di via libera Ue. Ma la banca, ha detto Morelli snocciolando agli analisti i conti e gli obiettivi del piano, «è riuscita in alcuni casi anche ad andare oltre gli obiettivi». Ha già registrato 1.800 uscite da inizio d'anno ed è già al 38% del target fissato al 2021. Anche per la cartolarizzazione da 26 miliardi di sofferenze «le attività preparatorie proseguono secondo la tempistica prevista». Certo, sullo sfondo ci sono i nuovi paletti che vorrebbe fissare la Bce sugli Npl. Ma Mps ha già nei piani di accelerare la riduzione delle inadempienze probabili (gli Utp) ed è «ben equipaggiata per affrontare eventuali modifiche regolamentari», ha assicurato Morelli. CAMBIA LO STATUTO Dunque sarà l'assemblea del 18 dicembre a modificare 17 articoli sui 35 che compongono l'attuale statuto della banca. Sarà deliberata anche la riduzione del capitale per perdite ai sensi del codice civile (2446) e sarà nominato il nuovo cda sempre a 13 membri, con all'ordine del giorno la scelta del presidente e dei vicepresidenti (scontata la conferma di Morelli). A quanto pare 10 componenti del consiglio saranno appannaggio del Mef (che a fine dicembre salirà al 68% del capitale) sulla base del meccanismo del voto di lista, una novità per Mps. Ma ci sarà anche la cancellazione dallo statuto delle previsioni che tenevano conto della presenza dominante nell'azionariato della Fondazione. Le liste di minoranza (se ce ne saranno) si spartiranno i residui tre posti in consiglio. Generali, azionista con oltre il 4% del capitale, presenterà con ogni probabilità una lista a sé. Ma è possibile che un'altra lista di minoranza sia messa in piedi dai fondi esteri.

SCENARIO BANCHE 40 Messaggero 08-nov-2017

Crédit Agricole corre in Italia e si assicura Banca Leonardo art Cambio della guardia in Banca Leonardo che passa a Indosuez, colosso della gestione del risparmio del Credit Agricole. La svolta nel salotto finanziario milanese fondato 18 anni fa e guidato dal 2006 da Gerardo Braggiotti, ex manager di punta di Mediobanca ed ex presidente di Lazard Italia, specializzato nella gestione dei grandi patrimoni, è stata resa possibile dall'uscita di Exor, con il 16,51%, Gbh (9,9%), Eurazeo (18,34%), Swilux (18,34%) e Torreal (4,59%). Questi azionisti vendono complessivamente il 67,67% del capitale di Via Broletto a Indosuez Wealth Management del gruppo Crédit Agricole. Non si conoscono le condizioni dell'accordo, anche se dalla finanziaria della famiglia Agnelli-Elkann fanno sapere che il corrispettivo è «basato sul valore tangibile delle attività incrementato di un percentuale delle masse gestite», ed è «in linea con il valore di carico dell'investimento». Secondo indiscrezioni, il prezzo sarebbe di 220-230 milioni comprendendo il capitale. TERMINI E MODALITÀ La cessione sarà completata nella prima metà del 2018 dopo il via libera delle autorità. In questo modo cresce ulteriormente la presenza in Italia del gruppo francese, azionista di Intesa Sp fino al 2006 e proprietario di Cariparma e Friuladria dal marzo 2007 dopo il divorzio dalla CA de Sass, awenuto a seguito della fusione tra Banca Intesa e Sanpaolo Imi. Alla banque verte faranno capo anche le casse di risparmio di Cesena, San Miniato e Rimini oltre a Pioneer, la società di gestione del risparmio rilevata nell'estate da Unicredit tramite la controllata Amundi (70% Crédit Agricole). Ora i francesi puntano al 100% di Banca Leonardo offrendo agli altri soci di minoranza le stesse condizioni di acquisto per raggiungere il 100% del capitale. Tra i potenziali venditori Allianz, Italmobiliare (famiglia Pesenti) e Micheli Associati, tutti con il 2,75%, Is.Co. (2,57%), Edizione Holding (Famiglia Benetton) con 1'1,83% e altri soci con meno del 2% per un complessivo 19,67% del capitale. Con la creatura di Braggiotti, Crédit Agricole si assicura 5,9 miliardi di euro aggiuntivi di masse amministrate. Per il country officer di Crédit Agricole, Gianpiero Maioli, l'operazione permetterà di «sviluppare le sinergie fra le diverse attività della banca» e rafforzerà «la nostra già forte posizione in Italia aumentando la gamma di prodotti e servizi offerti a 3,5 milioni di clienti». Per Braggiotti l'accordo «porterà benefici a personale e clienti». Si diceva del salvataggio delle tre Casse di cui il gruppo guidato in Italia da Maioli si è reso artefice. Un'operazione di sistema ben vista dalle Autorità che aumenta il prestigio del banchiere di Parma.

SCENARIO BANCHE 41 Mf 08-nov-2017

Intervista a Danièle Nouy - Nouy: cosa farò con le banche - La versione di art Madame Nouy

Dopo tre anni alla prsidenza a Vigilanza della Bce, i risultati sono numerosi, a partire dal comprehensive assessment fino a un meccanismo di vigilanza unico basato su una metodologia coerente e rigorosa che ha garantito il secondo pilastro con il rafforzamento dei requisiti di capitale», esordisce il capo della Vigilanza Bce, Danièle Nouy, in questa intervista a Class Cnbc. «Ci siamo concentrati sulle esposizioni deteriorate, ma non siamo ancora dove vorremmo. E resta molto da fare sulla preparazione alle conseguenze della Brexit e sull'eventuale trasferimento delle banche con sede a Londra nei Paesi dell'Eurozona». Domanda. Gli esiti della Brexit sono una delle vostre maggiori preoccupazioni? Risposta. Non la definirei una preoccupazione. Innanzitutto, da europeista convinta trovo molto triste assistere alla scelta di un Paese di mettere fine al percorso comune. Da supervisore, la leggo anche come un'opportunità per rivedere le modalità di vigilanza dei colossi bancari attivi a livello internazionale odi bilanciamento della responsabilità nei Paesi che ospitano questi istituti. D. Alcune banche hanno già richiesto una licenza? R. Siamo stati contattati da circa 50 banche, di cui 20 hanno lasciato trasparire la seria intenzione di ottenere la licenza o una sua estensione. D. L'economia è in ripresa e il rischio sistemico sta scomparendo. Perché avete scelto proprio questo momento per lanciare le nuove linee guida sugli npl? R. Quando abbiamo avviato il lavoro sulle procedure di gestione delle esposizioni deteriorate, siamo stati trasparenti. Prima le guidance qualitative e poi le aspettative quantitative una volta stabilizzato lo scenario. Sono un po' sorpresa che questo non possa essere il momento giusto poiché tra il 2014 e il 2017, quando mi sono confrontata con colleghi e banchieri dei Paesi in cui gli npl erano un serio problema, mi è sempre stato detto: «Non ora Per favore, aspettiamo finché non sarà tornata la crescita». Ora la crescita c'è e mi si dice che non è il momento giusto per non soffocare la ripresa. È dimostrato che le banche con una buona capitalizzazione, non gravate dal peso di molti npl, sono quelle che stanno concedendo prestiti all'economia Dati non prodotti dal Ssm, ma dai colleghi di altri dipartimenti della Bce, provano che le banche che faticano a sopravvivere a causa dei propri problemi non sono in grado di finanziare adeguatamente l'economia. D. Questo non potrebbe indurre le banche a svendere le attività favorendo una manciata di fondi speculativi, che li comprerebbero a prezzi irrisori? R. Ovviamente questo non è un mercato che offre occasioni a chi vende, ma a chi compra. Dunque, i prezzi sono bassi e questo è un dato di fatto. Pertanto non ci occupiamo della loro riduzione, ma favoriamo il loro sostanziale miglioramento con la certezza della ripresa, il riposizionamento dei collaterali e un contesto normativo efficiente nei vari Paesi. Ed è per questo che mi complimento con l'Italia per avere di recente riformato la normativa su fallimenti e liquidazioni. D. Le banche italiane hanno un'ampia quota degli npl europei e Ignazio Visco ha detto che ogni volta che si fa qualcosa per fronteggiare i bad loan bisogna pensare all'impatto sulla stabilità finanziaria. Avete analizzato le ricadute delle nuove linee guida? R. Abbiamo condotto diverse analisi sull'impatto. Ma ciò che conta per la stabilità finanziaria è smettere di accumulare nuovi npl quando siamo già in presenza di ampi stock da gestire. D. In proposito, cosa possono aspettarsi le banche quando rilascerete le nuove misure a marzo? R. Sinceramente non saprei perché è un lavoro in corso. Posso dire che abbiamo già fatto molto avendo messo in discussione i piani ricevuti dalle banche al fine di renderli abbastanza ambiziosi, ma allo stesso tempo realistici in modo da essere credibili. D. E avete ricevuto piani realisti? R. A volte sono talmente realistici da non essere affatto ambiziosi. Numerose banche in tutti i Paesi, e in particolare in Italia, hanno fatto sforzi significativi per migliorare la situazione. D. Direbbe che alcune banche negano l'evidenza? R. Alcune non vogliono ancora accettare la realtà, anche nei Paesi in cui il problema è presente. Effettivamente per alcuni istituti il problema non esiste, o è stato risolto. Ricordo che Intesa è la banca che ha fatto meglio negli ultimi stress test. In Italia esiste una categoria di banche che sta facendo molti sforzi per pulire il bilancio. Non è un segreto quanto fatto da Unicredit. Ma alcune banche non fanno praticamente nulla, o troppo poco e troppo tardi, il che equivale praticamente a non fare nulla. D. Queste dovranno raccogliere più capitale? R. Queste banche dovranno decidere come affrontare il tema entro un termine ragionevole. A volte, i colossi necessitano di capitale mentre altri istituti hanno accantonato abbastanza per cedere le sofferenze senza subire perdite significative. D. Ora il

SCENARIO BANCHE 42 sistema bancario è più solido, ma in borsa il comparto tratta ancora a forte sconto. Gli investitori sono confusi dall'incertezza circa la vigilanza e chiedono un premio elevato. R. Non vedo grande incertezza circa il nostro operato. Il pricing di alcune banche è dovuto all' incertezza sulle loro iniziative. Quando sono abbastanza coraggiose da andare sul mercato per fare qualcosa di grande, annunciano una pulizia del bilancio, il mercato ci crede. D. Negli ultimi tre anni alcune gravi crisi hanno riguardato banche italiane, come Mps, Veneto Banca, Banca popolare di Vicenza. Come avete agito riguardo alle aspettative del mercato in ambito di trasparenza? Con il senno di poi, ha qualche rimpianto? R. Le normative sulla riservatezza sono molto rigide. Non siamo autorizzati a divulgare infommazioni sulle banche in situazione di vulnerabilità. Anche la pubblicazione delle decisioni failing o likely to fail non è ammessa dalla legislazione. Abbiamo reso pubblico tutto il possibile, poco dopo il verdetto. Peraltro chiediamo all'Europa di darci la possibilità di pubblicare l'intero parere, di cui ora non disponiamo. Tuttavia, attenersi alle norme sulla riservatezza è molto importante. Nel mio Paese, e presumo anche in Italia, si rischia il carcere per violazione di riservatezza sulla situazione di singole banche. D. La direttiva sul bail-in deve essere modificata? E se si, come? R. I legislatori devono decidere il contenuto della Recovery and Resolution Directive (Rrd), ma mi piacerebbe che producessero una regolamentazione immediatamente applicabile nei 19 Paesi senza la necessità di 19 trasposizioni nazionali che creano incertezza per gli investitori, ovvero inefficienza sui costi per le banche e i contribuenti. La garanzia dei depositi è un pilastro dell'Unione bancaria, manca e dovrebbe essere messa in atto nel minor tempo possibile. D. Nell'arco di questi tre anni, la sua politica e quella di Mario Draghi hanno mosso in due direzioni diverse? R. Assolutamente no, abbiamo agito secondo il principio di separazione. La politica monetaria della Bce ha aiutato molto le banche ad avere liquidità, finanziamenti a buon mercato e una migliore qualità del rischio di credito, perché i cittadini europei hanno beneficiato della riduzione dei tassi d'interesse. Naturalmente c'è stato un prezzo da pagare: i margini si sono ristretti ma non al punto da rappresentare un rischio. Grazie a condizioni economiche favorevoli, tutto il lavoro che abbiamo fatto con le banche per migliorare la situazione delle esposizioni deteriorate comincia a dare i suoi frutti, e con maggiore velocità.

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Nel regno della confusione occorre una due diligence alla Vigilanza art L'Addendum sui crediti deteriorati redatto dalla Vigilanza unica non riguarda gli stock, ma solo i nuovi prestiti: è la frase che abbiamo letto diverse volte, pronunciata da esponenti della stessa Vigilanza. Subito dopo, si aggiunge, però, da parte di questi stessi esponenti, che una decisione sugli stock verrà successivamente adottata lo stesso concetto che Danièle Nouy, la presidente del Supervisory Board del Meccanismo unico di Vigilanza, ha espresso lunedì scorso nel suo intervento nel corso della riunione dell'Eurogruppo, nella quale avrebbe tentato di rispondere alle critiche mosse soprattutto dall'Italia al documento. In sostanza, si rassicura che i nuovi indirizzi non saranno retroattivi, ma nel contempo si afferma che, tuttavia, gli interventi in materia non si concludono con l'Addendum: un modo singolare di contribuire a determinare certezze e stabilità regolamentare che il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, come ha detto nel discorso di Madrid pronunciato nello stesso giorno dell'intervento della Nouy, ritiene necessaria per permettere alle banche di adeguarsi alle nuove normative. «Pedro, adelante con juicio», ha ricordato Visco, richiamandosi, anche perché si trovava in Spagna, al manzoniano Gran cancelliere di Milano, Antonio Ferrer, alle prese con la rivolta del pane, per sostenere la necessità di quella gradualità e della buona calibratura nell'introduzione delle disposizioni per lo smaltimento dei prestiti deteriorati. Nell'Eurogruppo, l'esposizione di madame Nouy avrebbe trovato una larga adesione. Se ciò risulterà fondato, vorrà dire che si saranno congiunti una superficialità di valutazione con la tutela di specifiche posizioni nazionali soddisfatte per non essere al centro degli interessi del Supervisore, per esempio per alcune peculiari operazioni come i derivati, che continuano a vedere un tocco soft del Controllore. Non sarebbe spiegabile, diversamente, come si possa aver dato questa diffusa adesione a una serie di disposizioni che, anche in vitro, appaiono gravi e irrealistiche forzature e come si possa lasciare, poi, nell'indeterminatezza quel che potrà accadere, in seguito, per le consistenze dei prestiti in questione Nella ricordata circostanza Visco ha introdotto un tema che a molti è sfuggito e che, però, riveste una fondamentale importanza. L'orientamento dell'organo europeo di risoluzione delle banche va nel senso di escludere la possibilità del ricorso a tale procedura per istituti che non presentino una rilevanza nazionale e, dunque, uno specifico interesse pubblico. Per tali banche, nei casi di dissesto, deve invece essere attivata la liquidazione. Siamo, dunque, arrivati al punto in cui la risoluzione, come introdotta dalla nota Direttiva Brrd, che è un meccanismo per diversi aspetti criticabile, non viene neppure essa consentita per alcune categorie di banche per le quali si applica, invece, un meccanismo ancora peggiore, la liquidazione appunto. Ci si chiede, allora, perché queste banche che non potranno fiuìre della risoluzione, se si verranno a trovare in pessime acque, debbano comunque contribuire al fondo di risoluzione: una stortura grave. Ogni giorno, dunque, emerge una nuova incongruenza nelle decisioni delle autorità comunitarie preposte a vario titolo ai sistemi bancari. Questo apporto è indebito e si configura come una sorta di imposta, senza che si abbiano contropartite. Quanto alla Nouy e all'Addendum, per poter disporre di una valutazione affidabile e autorevole, bisognerà attendere la sua prossima audizione nella Commissione economica del Parlamento europeo. La posizione del presidente, Antonio Tajani, è stata netta, anche dopo le giustificazioni prospettate dalla Vigilanza. Se questa posizione, come si spera, è rimasta ferma e se essa, come è lecito ritenere, è sostanziata anche da una approfondita analisi giuridica che conduca a poter rilevare lo sconfinamento dai limiti di competenze della Vigilanza, lo dovremo verificare nell'audizione. Diversamente, si dovrebbe concludere che sia stato un azzardo la discesa in campo di uno dei massimi organi dell'Unione. Ma non ci si potrà fermare a questa reazione. Come si è accennato, per la frequenza delle disfunzioni non sottovalutatili nel funzionamento della struttura di Vigilanza, per la confusione, sovrapposizione e inteisecazione degli interventi delle diverse autorità competenti per le banche, per la torrentizia produzione di norme, alla fine prive di un disegno unitario, per l'inadeguatezza della comunicazione istituzionale, sarebbe quanto mai necessario compiere una due diligence, cominciando dalla Vigilanza accentrata. Sarebbe un'operazione così naturale che verrebbe compiuta anche per un'impresa privata, dopo qualche tempo dal suo decollo. O si deve attendere che l'incarico della signora Nouy giunga a scadenza per poter varare un piano del genere? E perché non prima e senza che, per l'attesa di un lungo tempo, si debbano contare i danni?

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Padoan: Bce è andata oltre i suoi limiti sulle sofferenze - Padoan: Bce è andata art oltre i limiti

Tutti concordi sulla necessità di smaltire i crediti deteriorati delle banche, ma restano ampie divisioni in Europa su metodologie e tempistiche per farlo. Il più duro nel criticare l'Addendum Bce sui crediti deteriorati (che impone alle banche svalutazioni integrali per i nuovi npl dal 2018) è stato ieri il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan: «Il Single Supervisory Mechanism va oltre i limiti istituzionalmente definiti per l'azione della Vigilanza unica. L' Addendum prefigura un vincolo generalizzato per la gestione delle sofferenze bancarie, mentre il mandato del Ssm riguarda casi singoli, banca per banca». Percib, secondo Padoan, la proposta Bce presenta «qualche forzatura dal punto di vista legale». Padoan ha aggiunto che nell'addendum c'è «un problema di sostanza». In particolare, «sarebbe fonte di preoccupazione» il fatto di includere nella stretta «lo stock delle sofferenze, come adombrano l'addendum e alcune dichiarazioni, e non solo i nuovi crediti che eventualmente possono trasformarsi in sofferenze». II ministro ha precisato a scanso di equivoci che «l'Italia è il primo Paese interessato a ridurre lo stock delle sofferenze, e questo sta avvenendo a velocità crescente, con iniziative da parte delle banche che incoraggiamo, anzi spingiamo a intensificare». La riduzione deve avvenire, pero, «in tempi e modi ragionevoli». Per i motivi indicati, Padoan si attende ora «risultati importanti» dalla consultazione pubblica in corso sull'Addendum. «Vedremo nei prossimi giorni se la questione di metodo, su cui insisto, è effettivamente risolta o meno. Anche perché se non lo fosse, creerebbe precedenti di attività che prevaricano confini che devono invece essere rispettati». Una prima risposta sulla legittimità dell'azione Bce arriverà oggi dai servizi giuridici del Parlamento Ue (sui dubbi degli uffici legali di Strasburgo si veda MF-Milano Finanza del 17 ottobre). Il presidente Antonio Tajani, che sulla materia aveva già scritto una lettera al presidente Bce Mario Draghi, ha ribadito ieri: «Esiste un limite oltre cui la vigilanza della Bce non pub andare. Non può svolgere attività normative perché la funzione legislativa spetta al Parlamento. La burocrazia non pub prendere il posto della politica». Sui crediti deteriorati è intervenuto ieri in un convegno sulla supervisione bancaria anche Draghi, che non ha citato l'Addendum e ha invece invocato uno «sforzo congiunto» da parte di banche, supervisori, regolatori e autorità nazionali». Le sofferenze sono «attualmente la questione più importante», secondo il presidente Bce, che perb ha invitato ad affrontare la questione «in maniera ordinata, prima di tutto creando un ambiente in cui i non-performing loans possano essere efficacemente gestiti e ceduti in maniera efficiente». Era stato più esplicito sull'Addendum il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, che lunedì a Madrid ha raccomandato equilibrio tra pulizia dei bilanci e mantenimento della stabilità finanziaria: «Le autorità dovrebbero astenersi dall'imporre misure che de facto implichino svendite in blocco dei crediti deteriorati delle banche». Un messaggio ribadito ieri dal vicedirettore della Banca d'Italia, Luigi Federico Signorini: «Occorre andare avanti stando attenti a stabilire i parametri e la gradualità per favorire la stabilità del sistema finanziario». Le posizioni italiane sono nette. A livello politico, pero, il Paese è in minoranza. Padoan ha precisato di essere stato l'unico ministro a intervenire sul tema nell'Eurogruppo di lunedì a cui ha partecipato anche Danièle Nouy, presidente della Vigilanza Bce. Altri Paesi sono meno colpiti dall'Addendum di Francoforte, sia perché hanno meno crediti deteriorati (grazie a una recessione meno forte e a centinaia di miliardi di aiuti di Stato) sia perché la ripresa altrove è più forte. Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Ue, ha detto ieri che l'obiettivo è un accordo sulla riduzione dei rischi bancari (non sulla loro condivisione) entro fine anno. E questa di fatto la precondizione per il completamento dell'Unione bancaria, in un contesto nel quale si discute anche di rafforzamento dell'Esm e della creazione di un bilancio comune dell'Eurozona. Le banche europee, a differenza dei governi, sono invece già concordi nel preoccuparsi delle misure Bce: all'estero si teme non tanto l'impatto sugli npl, ma la possibilità che in futuro Francoforte possa imporre simili misure su altri attivi, come quelli immobiliari o illiquidi. La Federazione bancaria europea, in una lettera indirizzata ieri a Bce e Commissione, Parlamento e Consiglio Ue, ha rilevato che l'Addendum «altera alcune metriche che costituiscono il fulcro del primo pilastro degli standard regolamentari» e lascia incertezza sul trattamento delle esposizioni esistenti. Le banche Ue hanno inoltre evidenziato «il lasso di tempo molto breve» per l'entrata in vigore delle nuove norme, l'assenza di una valutazione d'impatto e il superamento dei principi

SCENARIO BANCHE 45 contabili, anche quelli più severi che partiranno dall'anno prossimo.

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La progressione di Intesa, dal risparmio gestito più di metà dei profitti - Intesa, art metà dell'utile dal gestito

Meno banca tradizionale e più wealth management company. In estrema sintesi è questa la tendenza che emerge dai risultati dei nove mesi che ieri Intesa Sanpaolo ( 0,28% a 2,85 euro) ha presentato al mercato. Nel periodo, oltre la metà del risultato corrente lordo è arrivato proprio dall'attività di gestione (private banking, assicurazioni, wealth management e asset management), mentre il corporate e investment banking ha contribuito per il 25% e la Banca dei Territori per il 23% (vedere grafico in pagina). L'evoluzione è già in atto da tempo per contrastare la debolezza strutturale del margine di interesse (sceso nei nove mesi del 3,2% a 5,37 miliardi, al netto delle due banche venete), dovuta ai tassi zero. Le commissioni nette, al contrario, sono balzate del 6,4% a 5,64 miliardi, limitando la flessione dei proventi operativi netti, scesi dell'1,2% a 12,63 miliardi. Vale peraltro la pena ricordare che la performance dei nove mesi delle commissioni è stata migliore nella storia del gruppo. Il risparmio gestito è insomma il motore della crescita per Intesa, come dimostrano i dati sui flussi netti che nei nove mesi hanno sfiorato 15 miliardi, mentre a settembre le masse complessive hanno toccato la cifra imponente di mille miliardi. Scendendo lungo il conto economico, i costi sono rimasti stabili a 6,34 miliardi, ma la crescita dell'utile netto ( 5,7% a 2,47 miliardi) ha migliorato il cost/ income che è sceso al 50,2%, toccando i minimi a livello europeo. I profitti, peraltro, sono stati compressi per circa 640 milioni dagli oneri riguardanti il sistema bancario come quelli per il fondo di risoluzione o per Atlante. In assenza di questi costi straordinari, l'ultima riga del conto economico avrebbe toccato 3,12 miliardi. Buone notizie vengono anche dalla qualità dell'attivo: il flusso lordo trimestrale di crediti deteriorati da bonis è sceso a 990 milioni, il valore più basso dalla nascita del gruppo, mentre le rettifiche si sono attestate a 646 milioni, contro i 737 milioni del secondo trimestre 2017 e i 917 milioni del terzo trimestre 2016. La schiarita, però, non farà rallentare il processo di derisking gestito dalla Capital Light Bank di Giovanni Gilli: tra il 2017 e il 2019 lo stock di crediti deteriorati lordi sarà ridotto di circa 16 miliardi, di cui 4,5 miliardi sono già stati neutralizzati nel corso di quest'anno. Con questa manovra Intesa, che pure non teme effetti dall'Addendum Bce sulla contabilizzazione dei nuovi flussi, punta a raggiungere un'incidenza dei deteriorati lordi sul totale crediti in linea con i valori pre crisi, ovvero al 10,5% nel 2019 contro l'attuale 12,8%. Finora, comunque, la pulizia dell'attivo non ha penalizzato i requisiti patrimoniali visto che il Cet1 è al 13,4% e l'eccesso di capitale rispetto ai requisiti regolamentari è di 12 miliardi, risultati molto apprezzati dagli analisti finanziari. «II Cet 1 ha sorpreso in positivo e ha battuto le attese», hanno commentato gli esperti di Jefferies all'agenzia MF-Dow Jones. Intesa ha inoltre confermato l'impegno a distribuire 10 miliardi di dividendi cash nell'arco del piano di impresa, un impegno che si traduce in una cedola da 3,4 miliardi sui conti 2017. «Confermiamo come priorità strategica la remunerazione degli azionisti in maniera consistente e sostenibile, con una distribuzione di 10 miliardi di dividendi nei quattro anni del piano in corso», ha dichiarato l'amministratore delegato Carlo Messina. In attesa del nuovo piano atteso per febbraio, resta aperto il cantiere per l'integrazione delle due banche venete, rilevate da Intesa in condizioni molto critiche. Basti pensare che i soli asset in bonis trasferiti sui libri della banca hanno costi al doppio dei ricavi e un risultato corrente lordo su base trimestrale negativo per 100 milioni.

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Mps in assemblea il 18 dicembre Nel trimestre utile per 242 mln - Montepaschi in art assemblea il 18 dicembre

L'assemblea dei soci di Mps si terrà a Siena il prossimo 18 dicembre, in unica convocazione. La decisione è stata assunta nel corso del cda di ieri dell'istituto che ha licenziato i conti dei primi nove mesi d'esercizio e che al termine del vertice ha rassegnato le dimissioni in blocco. Il passo indietro dell'intero consiglio è legato al recente ingresso dello Stato italiano come socio di controllo dell'istituto e alla conseguente esigenza di esprimere un board di proprio gradimento. Per quanto riguarda la trattazione straordinaria, i soci dovranno esprimersi su alcune modifiche statutarie e sulla proposta di riduzione del capitale per perdite. Nella parte ordinaria è prevista la determinazione del numero dei componenti del nuovo cda per gli esercizi 2017-18-19 e del vice presidenti, la nomina del board e del collegio dei sindaci, oltre alla determinazione dei relativi compensi. Intanto, dopo avere contabilizzato rettifiche nette di valore per deterioramento crediti, attività finanziarie e altre operazioni per circa 4,9 miliardi, Mps ha chiuso i nove mesi dell'esercizio riportando una perdita consolidata di 3 miliardi che si confronta con un risultato netto negativo per 849 milioni conseguito nell'analogo periodo dello scorso anno. Nel terzo trimestre, l'istituto guidato da Marco Morelli è tuttavia tomato a vedere l'utile (242 milioni), risultato pur influenzato da alcune componenti straordinarie come gli impatti legati al burden sharing (554 milioni), costi di ristrutturazione per l'uscita di 1.200 dipendenti (-280 milioni) e intervento pro quota a sostegno delle tre casse (-46 milioni). Nei nove mesi, i ricavi sono diminuiti del 5,% a 3,223 miliardi, il margine d'interesse è calato del 9,5% a 1,374 miliardi e le commissioni nette sono scese del 13,5% a 1,213 miliardi. II risultato operativo netto è negativo per 3,572 miliardi (530 milioni nei nove mesi del 2016). Per quanto riguarda la raccolta, quella diretta è scesa di 1,6 miliardi a 103 miliardi e quella indiretta si attesta a 98,2 miliardi, in linea con fine 2016. I crediti verso la clientela si sono ridotti di 15,7 miliardi, a 91 miliardi. Al 30 settembre, l'esposizione netta in termini di crediti deteriorati del guappo si è poi attestata a circa 15,1 miliardi, registrando una flessione di circa 5,2 miliardi da inizio anno. La percentuale di copertura dei crediti deteriorati si è attestata al 66,4%, in aumento di circa 63 punti base rispetto al 30 giugno. Infine, per quanto riguarda i coefficienti patrimoniali, il Ceti Ratio si è attestato al 15,2% (8,2% a fine 2016) e il Total Capital Ratio è risultato pari al 15,4% (10,4%). «I risultati che il gruppo ha raggiunto confermano che adesso saremo in grado di recuperare una posizione solida nel settore del sistema bancario italiano con un approccio molto disciplinato e rigoroso alla gestione dei costi e, una volta che il processo sarà finalizzato, riusciremo a raggiungere una posizione di tutto rispetto», ha commentato Morelli nel corso della conference call. «Al momento abbiamo in corso l'offerta per gli ex obbligazionisti retail; a dicembre con l'assemblea facciamo l'ultimo passo di un percorso piuttosto lungo, forse più delle nostre iniziali previsioni. II punto era il recupero della raccolta e la riconnessione della clientela con il nostro network, oltre che il costo del management. E sulla raccolta (+11 mld, ndr) siamo sui livelli che ci eravamo prefissati per il 2019».

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Terapia d'urto per il Creval Aumento da 700 milioni, più del doppio della art capitalizzazione - Creval, aumento da 700 milioni

I1 Credito Valtellinese sceglie una terapia d'urto per ripulire l'attivo e mettere in sicurezza il patrimonio. Come anticipato da MF Milano Finanza, il gruppo presieduto da Miro Fiordi e guidato dal dg Mauro Selvetti ha approvato una manovra finanziaria in due tappe: cessione di crediti deteriorati per 1,6 miliardi e aumento di capitale da 700 milioni. Un'operazione abbastanza simile per importi e tempi a quella messa in atto a Genova da e tutt'ora in corso. Il piano, battezzato Restart Under New-Normality, è stato approvato ieri dal consiglio di amministrazione insieme ai risultati dei nove mesi e alla convocazione dell' assemblea straordinaria. Già negli anni scorsi il Creval ha messo in atto operazioni volte a ridurre il peso dei crediti deteriorati, ma ora il board ha scelto di chiudere definitivamente la questione. Nei primi mesi del 2018 il gruppo metterà sul mercato uno stock da 1,6 miliardi lordi che sarà deconsolidato attraverso una cartolarizzazione con garanzia pubblica (Gacs). L'operazione consentirà al gruppo di ottenere un prezzo superiore a quello di una cessione tout court, grazie all'effetto leva della tranche senior con rating investment grade. L'effetto patrimoniale dell'operazione sarà tamponato con l'aumento di capitale su cui i soci si esprimeranno nell'assemblea del 19 dicembre. L'offerta in opzione (per cui c'è già la pre-garanzia di Mediobanca) dovrebbe chiudersi entro il primo trimestre, anche se sull'operazione pende qualche incognita. Sommato all'attuale capitalizzazione (scesa ieri del 13,33% a 324 milioni) l'importo proietta un multiplo prezzo/patrimonio netto di 0,75 contro lo 0,40-0,5 delle banche comparabili. Creval rischia insomma di risultare cara: ecco perché l'intera operazione sarà una scommessa sul rilancio industriale. Non a caso l'aumento è stato presentato insieme a un piano industriale che fa leva soprattutto sul taglio degli oneri a sostegno della redditività: Creval intende ridurre i costi operativi di 63 milioni entro il 2019, con la chiusura di 88 filiali e 400 nuovi esuberi da gestire con il fondo di solidarietà della categoria. Con tali iniziative il gruppo vuole portare il cost/income al 57,5% e l'utile atteso a 150 milioni nel 2020. «Il nuovo piano», ha spiegato il dg Selvetti, «presuppone un significativo rafforzamento patrimoniale del gruppo che consenta la realizzazione di ulteriori, incisive azioni di de-risking e il recupero di efficienza operativa, con l'obiettivo di superare definitivamente le eredità del passato e porre le condizioni per un significativo miglioramento della sostenibilità del business model del gruppo nel medio periodo». Al momento l'aumento di capitale è rivolto unicamente agli azionisti e non prevede il ricorso ad azioni di liability management come fatto invece da Carige. «Vogliamo fare un'operazione chiara e trasparente che si appelli alla fiducia dei nostri azionisti», ha spiegato a MF-Milano Finanza il presidente Fiordi. Nel frattempo Creval ha chiuso i nove mesi con una perdita netta di 403 milioni, dovuta principalmente a rettifiche di valore su crediti e altre attività finanziarie per 386 milioni. Alla chiusura del periodo i crediti deteriorati si attestavano a 2,2 miliardi rispetto ai 3,2 miliardi di fine 2016 con un coverage ratio pari al 45,8% (47,7%, inclusi i write off) rispetto al 41,5% di fine 2016.

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Viola: sulle Venete il governo ha fatto il possibile art Su Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca, il governo ha fatto tutto quello doveva. E l'intervento di Atlante è stato utile per evitare che si creassero ulteriori problemi rispetto a quelli che si sono già verificati. Lo ha detto il commissario liquidatore dei due istituti, Fabrizio Viola, nel corso di un'audizione sulla crisi di Bpvi e Veneto Banca davanti alla commissione di inchiesta sul sistema bancario. «La situazione delle due banche venete era oggettivamente molto deteriorata. E i tempi tecnici delle risoluzioni delle crisi in Europa non sono brevissimi», ha proseguito il banchiere. Parlando del progetto di fusione tra Bpvi e Veneto Banca, «dal mio punto di vista era sostenibile», ha precisato il banchiere ricordando come di questo progetto «abbiamo discusso per due mesi e mezzo, tra il 17 marzo e fine maggio. Non c'è stata una bocciatura ex ante, c'è stata una interlocuzione fittissima, con call tutti i giorni su tutti i pezzi del piano». Viola ha quindi sottolineato come «il piano era considerato adeguato per supportare la richiesta di capitale precauzionale con evidentemente rischi di execution per banche che versavano in condizioni non facili». Nel frattempo «i requisiti minimi di capitale rimanevano al di sopra dei minimi regolamentari e per questo la Bce ha dichiarato solvibile la banca. Negli ultimi giorni è successo che la DgComp ha ritenuto di non autorizzare la ricapitalizzazione precauzionale e questo era l'elemento da cui dipendeva la continuità aziendale». Andando nel dettaglio dei numeri delle due banche, Viola ha spiegato che oltre 1'80-85% degli attivi di Popolare di Vicenza era composto da crediti deteriorati e per il resto da partecipazioni in banche e società finanziarie. Il rimborso del passivo, ha precisato, dipenderà in misura significativa dalla recuperabilità dei crediti deteriorati. I commissari liquidatori delle due banche venete stanno lavorando anche per far tornare in bonis i crediti incagliati. Si tratta di 8 miliardi che «non sono ancora in sofferenza ma in deterioramento. Possiamo immaginare quali siano le conseguenze se divenissero in sofferenza». II commissario di Bpvi, Giacinto Di Cecco, ha spiegato che dal 2012 al 2015 sono 1.225 le posizioni aperte su contratti baciati su Bpvi per un importo complessivo di 1,087 miliardi. Su questi la banca vantava crediti nominali deteriorati per 799 milioni, circa 73% del totale credito concesso per sottoscrivere le posizioni. Quanto all'elenco dei principali debitori, «segreto perché ci sono i nomi e non solo i codici», le prime 100 posizioni sono composte da sofferenze per 1,2 miliardi di credito di valore nominale, il 21% del totale delle sofferenze del groppo Bpvi, « un numero significativo», ha sottolineato il commissario. Su queste 100, 21 per un valore di circa la metà, sono oggetto di richieste di risarcimento danni. Parlando del perimetro che resta alle due lca dopo il trasferimento delle attività a Intesa Sanpaolo, Di Cecco ha precisato che la due diligence finirà «entro fine novembre, così avremo la definizione esatta del perimetro restato alla lca sul quale potremo fare la verifica di insinuazione al passivo». I tempi per i rimborsi, ha detto il liquidatore, non saranno brevi, «ci vorrà qualche anno per cominciare a rimborsare i creditori. Riceviamo moltissime sollecitazioni per coloro che sono creditori e non rientrano nel perimetro delle passività cedute a Intesa i tempi di pagamento dipenderanno dai tempi di recupero dei crediti». Inoltre i primi crediti che verranno riscossi per mano della Sga, la spa del Tesoro cui spetta il recupero dei prestiti e la gestione degli asset deteriorati, andranno a rimborsare innanzitutto lo Stato. A proposito della cessione delle sofferenze a Sga, i commissari hanno spiegato di essere ornai giunti alla «terza bozza di contratto, l'interlocuzione è in fase avanzata, speriamo si concluda a breve».

SCENARIO BANCHE 50 Mf 08-nov-2017

Una jv tra 8 banche per il blockchain. C'è Unicredit art A inizio dicembre otto banche europee, con Unicredit unica italiana, capitalizzeranno in joint venture una società di diritto irlandese che si occuperà di gestire le attività di wetrade, il consorzio lanciato lo scorso gennaio con il nome provvisorio di Digital Trade Chain da , Hsbc Kbc, Natixis, Rabobank, Société Générale e appunto Unicredit e a cui si è aggiunta di recente anche Santander. Obiettivo dell'operazione è sviluppare una piattaforma comune basata su tecnologia blockchain per la gestione e il regolamento delle transazioni commerciali, soprattutto cross border, delle piccole e medie imprese, per le quali il ricorso al credito documentario o altre forme di assicurazione dei crediti sarebbe complesso ed economicamente insostenibile. Lo ha detto ieri Emanuele Cicco, del corporate e investment banking di Unicredit, intervenendo al Caffé di BeBeez dedicato alle blockchain, al quale ha partecipato anche Nicola Romani, innovation manager di Sia, all'indomani dell'annuncio della partnership con R3, il più grande consorzio di istituzioni finanziarie globali che collaborano per sviluppare una piattaforma e applicazioni commerciali per Distributed Ledger Technologies, cioè delle tecnologie che permettono di distribuire il controllo di dati tra più soggetti, appunto come le blockchain. Cicco ha detto che «per costituire una simile società non c'è bisogno di alcuna autorizzazione speciale, ma in ogni caso abbiamo preferito fare un passaggio preventivo presso le banche centrali dei Paesi in cui ha sede ciascuna banca che partecipa al progetto. Siamo quindi già andati per esempio in Banca d'Italia e venerdì saremo alla Banca Centrale Europea». Tutte le banche che partecipano al consorzio e che utilizzano wetrade saranno anche azioniste della joint venture, ma in futuro non sarà necessariamente così: sarà possibile per una banca aderire alla piattaforma anche senza essere socia della società che la gestisce e che ne stabilisce le regole di funzionamento. Wetrade è una piattaforma che, oltre a fare sparire la carta, renderà le transazioni simultanee, accorciando drasticamente i tempi di regolamento e abbattendo i rischi commerciali per gli esportatori. E che potrà essere utilizzata anche dai trasportatori e da tutto il sistema della logistica grazie ai normali dispositivi mobili (smartphone e tablet). Wetrade, che ha come partner tecnologico Ibm, con la piattaforma Hyperledger, inizierà i primi test con la clientela il prossimo febbraio e la piena operatività della piattaforma è attesa per il secondo trimestre del prossimo anno. Le banche hanno scelto di convergere su un'unica piattaforma consapevoli del fatto che per avere successo ha bisogno di venire adottata da quante più imprese possibili. Dopo Santander, dunque, l'iniziativa è aperta a tutte le banche che vorranno aderire.

SCENARIO BANCHE 51 Mf 08-nov-2017

Dopo Pioneer Agricole porta a casa anche Banca Leonardo - Agricole conquista art B. Leonardo

Crédit Agricole rileva Banca Leonardo, specializzata in wealth management, in due step. Non è stato reso noto il valore della transazione ma il gruppo francese ha aggiunto poi che l'impatto complessivo dell'operazione sull'indice patrimoniale Cet1 sarà inferiore a cinque punti base. La controllata Indosuez Wealth (Europa) acquisterà in un primo momento il 68% della banca italiana (fondata e presieduta da Gerardo Braggiotti) dai suoi maggiori azionisti e, successivamente, offrirà le stesse condizioni agli azionisti di minoranza per arrivare al 100% delle quote. A cedere ora le azioni sono gli Agnelli con Exor, che detiene il 16,51%, Gbh spa col 9,9% (la holding di Braggiotti), Eurazeo Sa (18,34%), Swilux (18,34%) e la spagnola Torreal Sa (4,59%). Swilux è una società che fa capo al gruppo di partecipazioni di Ginevra Pargesa Holding (858 milioni di euro di asset, fra i titoli in portafoglio anche Total e Adidas), Eurazeo un importante gruppo di private equity quotato all'Euronext di Parigi che ha appena venduto a fine ottobre il 3,34% di Monder. Restano ancora presenti nell' azionariato i manager, che nel complesso hanno il 19,67%, oltre, fra gli altri, a Italmobiliare della famiglia Pesenti con il 2,75%, a Is.Co di Isabella Seragnoli (2,57%), a Edizione srl dei Benetton con in mano 1' 1,83%, ad Allianz col 2,75%. Braggiotti in questo modo fa un deciso passo indietro; del resto in Leonardo ricopre la carica di presidente, mentre il più operativo ad è Claudio Moro. Non è detto che a breve cedano le loro quote anche gli altri azionisti e soprattutto i manager che continuano a lavorare come prima, gestendo i portafogli da oltre 5 milioni di euro a cliente. Nell'ambito dell'operazione, Indosuez Wealth Management è stata assistita per gli aspetti finanziari da Mediobanca, e per gli aspetti legali da BonelliErede; per Banca Leonardo gli aspetti legali sono stati curati dallo studio legale Pedersoli. Leonardo, che al 31 dicembre 2016 contava 260 dipendenti, ha registrato lo scorso anno ricavi netti per 42 milioni con un utile di 6 milioni, ha raccolto 7,81 miliardi di euro registrando un Cet 1 ratio del 25%. Alla fine dello scorso anno il patrimonio netto si attestava a 197 milioni di euro. L' acquisizione aggiungerà, scrive Crédit Agricole, 5,9 miliardi di euro di asset in gestione agli attivi attuali di Indosuez. Il portafoglio di Banca Leonardo comprende per lo più clienti di tipo high net worth. L'operazione è soggetta all'approvazione da parte delle autorità antitrust italiane e Crédit Agricole si aspetta che l'accordo venga chiuso nella prima metà del 2018. Giampiero Maioli, senior country officer di Crédit Agricole in Italia e ceo di Crédit Agricole Italia ha spiegato che «questa operazione costituisce un'altra importante pietra miliare in un anno ricco di eventi per il gruppo in Italia. Con l'acquisizione di Pioneer da parte di Amundi, l'accordo per l'acquisizione di CariCesena, CariRim e CR San Miniato, che dovrebbe essere concluso entro la fine dell'anno, oltre ad ulteriori sviluppi nel settore del Commercial Banking, Crédit Agricole ha ulteriormente dimostrato il proprio impegno nei confronti dell'Italia, suo secondo mercato in termini di dimensioni». Il gruppo francese intende rafforzare nel Paese l'offerta nel settore del wealth management verso la clientela high net worth e di sviluppare le sinergie fra le diverse attività. Con questa operazione Crédit Agricole rincorre il gruppo Intesa Sanpaolo, primo gestore di masse in Italia con 194,6 miliardi di euro di asset under management, mentre i francesi solo con Amundi gestiscono 118,61 miliardi. Secondo Thomson Reuters Lipper, alla data del 30 settembre il primo gestore europeo di fondi è Blackrock (oltre 700 miliardi), mentre Amundi arriva anche in questo caso seconda con poco meno di 400 miliardi di euro.

SCENARIO BANCHE 52 Mf 08-nov-2017

Fineco più forte all'estero art I cantieri per ottenere le necessarie autorizzazioni sono aperti e FinecoBank si prepara a lanciare nel primo semestre 2018 la sua nuova società di gestione di diritto irlandese. Una sgr che si preannuncia leggera (con una ventina di dipendenti) che servirà sostanzialmente a creare fondi di fondi, oltre che ad assemblare prodotti in ottica Mifid II, per rispettare il principio delle product governance. Proprio mentre l'attività in Inghilterra, mercato in cui la banca del gruppo Unicredit ha debuttato lo scorso anno, inizia a prendere forma: «In Uk abbiamo già raggiunto i primi mille clienti senza ancora esserci fatti conoscere con una campagna pubblicitaria, partita solo lo scorso venerdì», spiega a MF-Milano Finanza l'amministratore delegato, Alessandro Foti. «Abbiamo iniziato a offrire conti correnti, in particolare multicurrency, e servizi di brokerage, mentre nei prossimi mesi aggiungeremo anche servizi di investimento». Intanto ieri Fineco Bank ha presentato il bilancio dei nove mesi dell'anno chiuso con ricavi pari a 431 milioni ( 6,3% anno su anno), trainati dall'area investing (+14,2% anno su anno) con commissioni di gestione in aumento del 14,5%, grazie al continuo miglioramento dell'asset mix e della produttività della rete e dall'area banking ( 9,7% anno su anno), supportata anche dalla maggiore incidenza dell'attività di finanziamento. Solida la performance dell'area brokerage, nonostante la volatilità ai minimi dal 2013. L'utile netto rettificato si è attestato a 156,9 milioni (+7,8% anno su anno), dato che include il contributo negativo di 8,3 milioni netti depositati ai Sistemi di Garanzia dei Depositi (Dgs). La raccolta del solo mesi di ottobre è stata di 517 milioni, in crescita del 46% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, composta per la gran parte, 497 milioni, dai cosiddetti guided product, prodotti più strutturati e remunerativi per la banca. La raccolta tramite consulenti finanziari da inizio anno ha così raggiunto 4.313 milioni, in aumento del 25% rispetto allo stesso periodo 2016. «Numeri che dimostrano la validità del nostro modello basato su fondi di profitto diversificate», puntualizza Foti, che per quanto riguarda i dati della raccolta complessiva del 2017, si attende «un novembre più debole, a causa delle tante scadenze fiscali dei nostri clienti che tradizionalmente caratterizzano questo mese ma un dicembre molto ricco, con una forte accelerazione». Intanto prosegue a pieno ritmo il potenziamento dell'offerta di mutui (+38,8% trimestre su trimestre), e prestiti personali ( 58,9% anno su anno), oltre che del volumi dei fidi, +30,5% anno su anno. «Prestiti e mutui che continueranno ad avere una crescita robusta», aggiunge Foti. «Sono a basso rischio perché sono assistiti da asset del cliente e vengono concessi solo a chi conosciamo bene, e mai per acquisire nuova clientela». La società ha ricordato che la produttività dei consulenti finanziari e il miglioramento dell'asset mix è in continua crescita grazie al forte focus su cyborg advisory: il 60% della raccolta netta dei primi nove mesi del 2017 è rappresentato da raccolta gestita e il patrimonio medio per consulente finanziario è stato pari a 21,4 milioni, in crescita del 13,9% anno su anno. Si è confermato anche il forte posizionamento nel segmento private con un patrimonio in crescita a 25,1 miliardi (+20% anno su anno).

SCENARIO BANCHE 53 Mf 08-nov-2017

Unicredit, Bulbank cede npl per 84 milioni lordi art Bulbank, la controllata bulgara di Unicredit, ha ceduto a B2 Kapital, filiale italiana del gruppo B2 Holding quotato in Norvegia, un portafoglio di crediti garantiti/chirografari e in sofferenza da contratti di credito concessi dalla sussidiaria bulgara Unicredit Bulbank a clienti appartenenti al segmento imprese. Il portafoglio ha per oggetto esclusivamente crediti derivanti da contratti di finanziamento regolati dal diritto bulgaro, per un ammontare, al lordo delle rettifiche di valore di circa 84 milioni di euro. Si tratta della terza vendita di npl da parte di Unicredit a B2 Kapital. Nel dicembre 2016 era stato ceduto un portafoglio di crediti erogati da Unicredit Slovenia, per 110 milioni di euro lordi. A gennaio di quest'anno sempre Bulbank aveva ceduto un primo portafoglio di 93 milioni lordi. L'impatto di questa ulteriore cessione verrà recepito da Unicredit nei conti del quarto trimestre di quest'anno. La vendita del portafoglio costituisce parte dell'attuale strategia di Unicredit tesa alla riduzione delle esposizioni deteriorate, ha spiegato l'istituto. «Il portafoglio ceduto rappresenta il 3% dello stock di non performing loan del secondo trimestre di quest'anno di Unicredit» fanno presente in una nota diffusa ieri gli analisti di Mediobanca Securities, che vede con favore l'approccio della banca alla riduzione dei rischi in linea con gli obiettivi fissati nel piano industriale per quanto riguarda la cessione di asset. La banca d'affari ha ribadito il rating outperform e il target price a 22 euro sul titolo Unicredit che ieri in borsa ha ceduto lo 0,43% a 16,23 euro. Oggi il cda analizzerà i conti completi del terzo trimestre 2017 (i dati preliminari sono stati pubblicati lo scorso 24 ottobre) e potrebbe individuare il nuovo presidente. La nomina ufficiale spetterà, comunque, all'assemblea di aprile, dopo la scadenza naturale del mandato dell'attuale presidente, Giuseppe Vita, il quale ha già anticipato che il nuovo presidente sarà italiano. Tra i nomi circolati ci sono quelli di Alberto Cribiore, Giuseppe Castellaneta, Fabrizio Saccomanni e Carlo Salvatori.

SCENARIO BANCHE 54 Mf 08-nov-2017

Cdp e Kfw investono 145 mln nei crediti Alba Leasing art La Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), l'omologa tedesca Kfw e il Fondo Europeo per gli Investimenti (Fei) hanno concluso una cartolarizzazione di crediti per le piccole e medie imprese, originati da Alba Leasing, società specializzata nel leasing alle imprese e partecipata da Banco Bpm (39,19%), Bper (33,5%), Popolare di Sondrio (19,26%) e Credito Valtellinese (8,05%). L'operazione prevede in particolare che Cdp e Kfw investano complessivamente circa 145 milioni di euro in titoli mezzanine, che beneficiano di una garanzia a prima domanda emessa dal Fei. Anche la Bei è intervenuta nell'operazione come investitore nella tranche senior e in una mezzanine a valere su risorse del piano europeo Juncker. La società di leasing guidata da Massimo Mazzega otterrà così liquidità a lungo termine che verrà reimpiegata per erogare nuovo credito alle piccole e medie imprese italiane nell'arco dei prossimi anni. Si tratta della terza operazione realizzata da Cdp e Kfw con Alba Leasing, succedutesi negli ultimi tre anni. A fine ottobre scorso Alba Leasing aveva annunciato una cartolarizzazione di crediti in bonis per un totale di 1,122 miliardi, con la creazione di una società veicolo, Alba 9 Spv. L'intervento di Cdp e Kfw riguarda proprio titoli emessi da Alba 9 e la novità di quest'anno è stato l'intervento della Bei con risorse risalenti al piano Junker. Con le precedenti operazioni, l'intervento di Cdp, Kfw e Fei ha consentito ad Alba di supportare 1.300 piccole e medie imprese italiane: grazie a questa nuova misura le aziende beneficiarie aumenteranno a quota 2.500. L'obiettivo è anche di ripristinare la fiducia degli investitori nelle cartolarizzazioni dei crediti in bonis quale strumento solido e in grado di assicurare alle imprese condizioni di finanziamento più vantaggiose. Operazioni che si collocano nel quadro dell'iniziativa Ensi la piattaforma di cooperazione tra il Fei e gli Istituti Nazionali di Promozione, tra i quali Cdp e Kfw, che persegue l'obiettivo di stimolare l'accesso al credito da parte delle pmi tramite il mercato dei capitali nello spirito del Piano europeo Juncker, che come noto prevede di mobilitare 315 miliardi entro il giugno del 2018 e ora è in fase di potenziamento a 500 miliardi entro il 2020. Il piano ha visto Cassa Depositi e Prestiti conquistarsi un ruolo di leadership in Europa con un impegno diretto di 5 miliardi di euro, che ha consentito di mobilitare un importo stimato in 11 miliardi per l'Italia, a lungo primo Paese europeo nella lista dei beneficiari del piano Juncker, solo di recente superato sul filo di lana dalla Francia.

SCENARIO BANCHE 55 Mf 08-nov-2017

Contrarian - Ancora qualche domanda da porsi sul ruolo della Cdp art Non è il progetto Capricorno emerso qualche mese fa da indiscrezioni (ma subito dopo smentito e uscito dalle notizie di cronaca); tuttavia un tale progetto forse era stato concepito originariamente, ma poi è stato nettamente ridimensionato e ora apparirebbe parzialmente, secondo le cronache, con l'ipotesi della vendita alla Cassa depositi e prestiti, da parte del Tesoro, di metà della partecipazione di quest'ultimo (il 2,15%) in Erti o, in alternativa, di quote di Enel o di Poste; si affiancherebbe alla cessione del controllo di Enav. Strumenti giuridicoistituzionali differenti occorrerebbero per queste operazioni, tutte miranti all'incasso di risorse da parte dello Stato. Vengono considerate privatizzazioni, ma in sostanza si tratterebbe di un mero passaggio di proprietà dalla mano destra del Tesoro a quella sinistra, considerata la quota di maggioranza assoluta che detiene nella Cdp. Si continua, dunque, in un giochetto di ingegneria finanziaria, di volta in volta spostando le partecipazioni del Tesoro, dentro o fuori del perimetro del debito pubblico, tentando di far passare per privatizzazioni operazioni che non sono neppure piene dimissioni e che hanno lo scopo di poter far dire che il Tesoro ha incassato, entro la fine dell'anno, qualche miliardo. Vedremo se effettivamente il governo abbia intenzione di compiere una tale operazione. Ma ciò che stupisce è il susseguirsi, sia oppure a distanza, di interventi della specie, senza che si abbia una visione organica sul ruolo della Cassa; domina la mera sistemazione finanziaria secondo una sorta di mutevole monopoli e resta sconosciuto, o proprio non esiste (e sarebbe peggio ancora), il disegno che si persegue per l'asse strategico e operativo della Cassa. Cosi essa diventa una sorta di porto nel quale si ricoverano imbarcazioni o dal quale queste escono per obbedire alle esigenze del proprietario. La Cdp è uno strumento di politica industriale? Se ne vuole valorizzare la natura creditizia, che ne fa, in effetti, una banca, anche se tale non nel nomen e nell'identità che essa vuole darsi restrittivamente? In quanto ente promotore dello sviluppo economico dell'Italia, come giustamente viene definito, si ritengono con questa mission compatibili acrobazie finanziarie? E anche un mero strumento per un andirivieni di partecipazioni pubbliche? Vi è bisogno di grande chiarezza. In ogni caso non sarebbe questa dello spostamento di partecipazioni pubbliche, la scelta politica più idonea per una strategia di abbattimento del debito pubblico. Fortunatamente, a dettare alcuni elementi di razionalità e dello stare ai patti vi sono le Fondazioni, le quali, pur minoritarie nel capitale della Cdp con circa il 20%, hanno tuttavia una riserva di statuto che consente loro, considerato il carattere determinante dell'assenso che esse sono chiamate a dare per operazioni particolari, di richiamare all'ordine qualora si volessero compiere interventi apertamente in contrasto con lo statuto stesso, come ha ricordato il presidente dell'Acri, Giuseppe Guzzetti nella Giornata del risparmio, esprimendo un caveat innanzitutto per investimenti in aziende in perdita. Ciò vale anche per quelle operazioni che, configurate come la prima versione del progetto Capricorno, avessero come conseguenza di diluire l'interessenza degli enti in questione. La presenza di questi ultimi, del resto, è cruciale per poter mantenere la Cdp fuori dal perimetro del debito pubblico. In ogni caso si arriverà finalmente ad avere un' informativa istituzionale organica sulle decisioni della Cassa o si dovrà continuare con le indiscrezioni e i riferimenti di cronache, non si sa quanto fondati, relativi a imprese di particolare rilevanza e quotate in borsa? Possibile che non si avverta un obbligo di trasparenza, di coerenza e di accountability?

SCENARIO BANCHE 56 Repubblica 08-nov-2017

Intesa Sanpaolo record di profitti dai 1000 miliardi gestiti per i clienti art Mille miliardi di euro sono gli attivi — depositi, masse amministrate, gestioni — che Intesa Sanpaolo custodiva a settembre, «segno concreto della fiducia che la banca è in grado di generare nei clienti», dice l'ad Carlo Messina. La strategia di gestire la ricchezza nazionale impressa dal manager romano al gruppo funziona: oltre metà dell'utile corrente lordo viene da quest'area, e il futuro piano pluriennale vi punterà di più. La trimestrale, scrive , «conferma che il modello si basa meno sul margine d'interesse e sempre più sui servizi». Nel modello finiranno anche i 57 miliardi di attivi presi dalle liquidazioni di Vicenza e Veneto Banca: messi a leva coi punti di forza del gruppo produrranno utili «fin dal 2018», benché nei loro primi tre mesi in Ca' de Sass perdano 104 milioni. «I due conti economici sono in forte squilibrio anche senza crediti deteriorati — spiega Messina — . I costi sono il doppio dei ricavi».

SCENARIO BANCHE 57 Repubblica 08-nov-2017

Dopo la banca Braggiotti vende anche i risparmi dei super ricchi art Un altro pezzo del risparmio degli italiani, di quelli più ricchi, sarà gestito dai francesi. Dopo il caso Amundi Pioneer-Unicredit, questavolta a comprare è il Crédit Agricole: da anni presente in Italia, ha affidato al manager italiano Giampiero Maioli la guida della controllataCariparma, che si è appena fatta carico delle Casse di risparmio di Cesena, Rimini e San Miniato, tutte in difficoltà e tutte ristrutturate a spese del fondo interbancario. A cambiare gestore, sono i 5,9 miliardi di masse amministrate dalla divisione di wealth management della Banca Leonardo di Gerardo Braggiotti, che ha già ceduto la banca d'affari agli americani di Houlihan Lokey. Avendere il 67% del capitale ai francesi sono i soci storici, tra cui la Exor degli Agnelli. Ma a tendere anche Braggiotti cederà le sue quote, percheMaioli punta al 100%. Finisce così, con lo spezzatino, il sogno di Braggiotti -iniziato undici anni fa- di fare della "sua" Leonardo la boutique alternativa a Mediobanca, da cui proveniva.

SCENARIO BANCHE 58 Repubblica 08-nov-2017

Il retroscena - Bond Etruria, il via libera grazie al sì di Vegas art C'è una riunione che ha deciso le sorti dei risparmiatori di Banca Etruria. Una riunione tenutasi il 18 aprile 2013 nella sede della Consob a Roma, risolta a maggioranza grazie al peso del voto del suo presidente. E sulla quale ora la procura di Arezzo vuole vederci chiaro. Quel giorno, attorno al tavolo, si siedono i commissari Consob e Giuseppe Vegas, capo dell'Authority: devono decidere se autorizzare il prospetto informativo che i vecchi amministratori della Popolare hanno preparato per l'emissione di obbligazioni subordinate del valore di 100 milioni di euro, da piazzare sul mercato in due tranche. In quel momento, negli uffici della Popolare, stanno lavorando gli ispettori della Banca d'Italia, tornati per approfondire la solidità finanziaria dell'istituto dopo le criticità emerse da un accertamento di fine 2012. «La riunione alla Consob è stata molto accesa, ha raccontato agli inquirenti di Arezzo una fonte informata dell'episodio. «Due commissari erano contrari, uno era a favore. A quel punto è intervenuto Vegas, che si è pronunciato per il sì. E in caso di parità, il suo voto vale doppio». Dunque il voto di Vegas è stato decisivo non solo quando si è trattato di multare i vecchi amministratori di Etruria ( 2,7 milioni di euro ), ma anche quando fu autorizzata la vendita delle subordinate alla clientela "retail"; quindi non a soggetti istituzionali tipo le banche, ma a piccoli risparmiatori, pensionati, operai che poi, con l'entrata in vigore del sistema del "bail in" nel 2016, si sono ritrovati in mano carta straccia. Nei prossimi giorni i finanzieri delegati dalla procura di Arezzo busseranno alla sede di Consob per acquisire il verbale ( segreto ) di quella riunione everificare il racconto della fonte interna. La circostanza ha una sua rilevanza per l'indagine che ipotizza il reato di falso in prospetto a carico di chi, nel 2013, governava l'Etruria. È il filone nato proprio dalla denuncia di Consob, che sostiene di aver autorizzato quel prospetto solo perché le furono nascoste informazioni fondamentali sullo stato dei conti della Popolare. Di essere stata ingannata, in buona sostanza. E però se davvero la Commissione si spaccò in due, in quel 18 aprile di quattro anni fa ( i tre commissari in carica erano Paolo Troiano, Michele Pezzinga e Vittorio Conti, ma l'orientamento dei voti non è noto ), vorrebbe dire che qualcuno dentro Consob riteneva che non fosse opportuno permettere a Etruria di emettere quei titoli. Perché? Di quali dati disponeva? La Consob ha specificato di non aver ricevuto tre documenti essenziali per valutare adeguatamente il prospetto, ma solo uno di questi — la lettera del presidente Bankitalia Ignazio Visco al cda di Etruria datata 24 luglio 2012 — era precedente alla riunione dell'aprile 2013. Sul punto, però, gli inquirenti aretini nutrono dubbi, perché ritengono la lettera (nella quale Visco segnalava la qualità di impieghi «in progressivo peggioramento», l'«insufficiente redditività» e la «fragile situazione della liquidità» di Etruria) solo una sintesi di accertamenti svolti tra il 2010 e il 2012 e tempestivamente comunicati — stando a quando dichiara Banca d'Italia— alla Consob.

SCENARIO BANCHE 59 Repubblica 08-nov-2017

Mps, a metà dicembre il nuovo cda targato Tesoro art Passa la linea del ricambio a Siena: il cda e i sindaci si sono dimessi, come previsto dalla chiusura della ricapitalizzazione che ha portato il Tesoro al 68% pagando 5,4 miliardi e i vecchi soci a diluirsi sotto il 2%. L'assemblea per le nomine e le modifiche di statuto è convocata il 18 dicembre. Ieri l'ultimo cda ha esaminato i dati del trimestre, tornati in utile per 242 milioni, grazie al crollo di oneri per interessi che la banca pagava a 4,4 miliardi di bond subordinati convertiti in capitale a norma di legge. Altri ricavi come il margine di interesse e le commissioni sono scesi. Tra giugno e settembre Mps però ha raccolto 1,6 miliardi sui depositi portando il saldo positivo da gennaio a 11 miliardi, così da ridurre ancora i costi di raccolta.

SCENARIO BANCHE 60 Repubblica 08-nov-2017

L'europarlamento contro la Bce "Sulle sofferenze decidiamo noi" art Parte la controffensiva contro le nuove regole Bce sui crediti deteriorati in pancia alle banche europee. L'arma segreta che verrà svelata oggi è un parere legale del servizio giuridico dell'Europarlamento. Dovrebbe mettere nero su bianco che la vigilanza di Francoforte guidata da Daniéle Nouy esonda dal suo mandato proponendo il nuovo set di regole che imporrà agli istituti di credito pesanti accantonamenti in bilancio per coprire i crediti inesigibili. Insomma, l'Ssm violerebbe il diritto Ue scrivendo norme generali per tutte le banche della zona euro; diritto che invece spetterebbe al legislatore. La tesi darebbe ragione al presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, che il mese scorso aveva scritto a Mario Draghi reclamando la primazia della politica rispetto ai burocrati Bce. Le proposte di Francoforte imporrebbero alle banche di accantonare dal 2018 il 100% del valore dei crediti deteriorati. Un'arma capace di evitare nuovi crack bancari ma al contempo considerata da diversi governi, a partire da quello italiano, troppo pesante, a rischio di bloccare di nuovo il sistema del credito con danni per l'economia e di favorire i grandi hedge fund che così potrebbero mettere le mani a prezzi stracciati su immensi pacchetti di crediti che le banche si troverebbero costrette a svendere. Il tema è stato al centro della due giorni dei ministri delle Finanze a Bruxelles, con Pier Carlo Padoan che al termine delle riunioni ha spiegato: «La proposta va oltre i limiti legalmente stabiliti, mette un vincolo generalizzato sui crediti deteriorati mentre il ruolo della vigilanza è di agire caso per caso». Inoltre per il titolare del Tesoro includere nei nuovi parametri «i crediti già in stock oltre a quelli nuovi sarebbe preoccupante: è giusto aggredire il problema, ma con tempi e modi che evitino di creare nuove fragilita». D'altra parte i crediti deteriorati delle banche italiane ora sono 65 miliardi e regole troppo stringenti metterebbero in difficoltà un sistema che comunque sta reagendo, con un taglio degli Npl del 25%da inizio anno. Lo scontro tra governi è acceso, tanto che lunedì sera al termine dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem aveva garantito che i ministri avevano benedetto le nuove regole. Tesi ieri smentita pubblicamente da Padoan, che durante i lavori aveva criticato il testo: «Sono stato l'unico a intervenire». Come dire: il presidente dell'Eurogruppo ha dato un resoconto forzato della riunione. Tra l'altro, anche il servizio giuridico del Consiglio europeo di fronte ai ministri avrebbe messo in guardia Francoforte a non andare al di là dei suoi poteri. Pure Bankitalia è tornata a criticare la Bce: affrontare i crediti inesigibili «è opportuno, ma occorre farlo con gradualità per garantire la stabilità del sistema finanziario». Il presidente dell'Eurotower Draghi ha invece sottolineato che serve «uno sforzo congiunto da parte di banche, vigilanza, legislatori e autorità nazionali» sul tema, che «è attualmente il problema più importante da affrontare» perché «le banche con elevati stock di Npl hanno dato meno credito a imprese e famiglie». La pallottola d'argento, si augura l'Italia, dovrebbe arrivare oggi. Se come sembra questa sarà l'opinione del giureconsulto, allora la partita si riaprirà con uno scontro istituzionale tra Parlamento e Bce senza precedenti. Proprio domani si terrà l'attesa audizione di Nouy di fronte alla commissione economica dell'Europarlamento presieduta da Roberto Gualtieri (Pd). «Mi auguro - spiega Gualtieri - che Nouy ascolti i nostri suggerimenti per allineare il testo al diritto comunitario evitando effetti controproducenti». Il punto di caduta potrebbe essere proprio quello di una revisione della proposta che non imponga regole generalizzate, ma che permetta alla Bce di verificare la qualità dei bilanci bancari e poi eventualmente chiedere accantonamenti extra. Se invece Nouy andrà avanti, sarà scontro totale. Tanto che la partita potrebbe finire di fronte alla Corte di giustizia europea.

SCENARIO BANCHE 61 Repubblica Bari 08-nov-2017

"Un fondo per gli azionisti delle Popolari" art UNA mozione a tutela dei risparmiatori pugliesi coinvolti nelle crisi bancarie. Dopo mesi di silenzio la politica regionale batte un colpo su un problema, quello dell'illiquidità delle azioni vendute dagli istituti bancari, che coinvolge quasi 150mila azionisti in tutta la Puglia, a partire dai 70mila soci della , ma senza dimenticare i possessori di titoli delle altre popolari pugliesi, come la Banca Popolare di Puglia e Basilicata e la . La proposta, depositata già due mesi fa, ora è stata ufficialmente presentata dal consigliere regionale di Sinistra Italiana, Cosimo Borraccino: «Con questa iniziativa — ha spiegato — intendiamo tenere alta l'attenzione su una questione molto delicata che tocca da vicino i cittadini pugliesi e in merito alla quale la politica è straordinariamente latitante». Borraccino ne fa anche una questione politica «Non dimentichiamo che sono state le scelte del Governo Renzi a determinare tale situazione, pertanto siamo qui a richiamare il Partito democratico, che vede in Michele Emiliano uno dei suoi maggiori rappresentanti, alle proprie responsabilità. Sappiamo che la Regione non ha prerogative dirette, ma riteniamo che sia necessario avviare al più presto azioni a sostegno dei consumatori». In effetti, fino ad ora, se sulle crisi delle altre banche si è esposto più volte, il governatore Emiliano non ha quasi mai affrontato i problemi dei risparmiatori pugliesi. «La mozione — scrive Borraccino in un documento — impegna il governo regionale ad attivare un tavolo di concertazione con rappresentanti dell 'istituto di credito e le associazioni aderenti all'istituto pugliese del Consumo per approfondire la vicenda, a sollecitare il Governo nazionale ad intervenire con azioni mirate per consentire — ove ne ricorrano i presupposti — ai risparmiatori che hanno subito perdite di ottenere i rimborsi. Si chiede inoltre l'istituzione di un fondo regionale finalizzato a sostenere le spese legali per le azioni giudiziarie a tutela dei risparmi degli azionisti e la promozione di campagne informative per un'informazione corretta sui rischi derivanti da alcune tipologie di investimenti». Come detto, però, il tema non riguarda un solo istituto. Da anni Popolare di Bari, Bppb e Bpp hanno problemi di illiquidità. In pratica è difficile per gli azionisti rivendere i loro titoli. Non a caso sia la Bpb che la Popolare Pugliese da giugno scorso si sono quotate su un mercato secondario, l'Hi-Mtf, nel tentativo di far incontrare con più facilità domanda e offerta (entro fine anno anche la Popolare di Puglia e Basilicata si quoterà su questo mercato). Fino ad ora però i risultati sono stati molto scarsi. Anche se i prezzi di riferimento dei titoli sono rimasti gli stessi, ormai i possessori delle azioni provano a rivendere quegli stessi titoli a prezzi sempre più bassi. Non a caso lo stesso Comitato di tutela degli azionisti della Banca Popolare di Bari, costituito da Adusbef, Codacons, Codici, Adiconsum, Unione nazionale consumatori e Confconsumatori, nei giorni scorsi ha espresso preoccupazione per la difficoltà degli azionisti a rivendere i loro titoli: Stiamo ricevendo— hanno denunciato i rappresentanti del comitato — le proteste di tanti piccoli azionisti».

SCENARIO BANCHE 62 Resto del Carlino Emilia Romagna Marche e Rovigo08-nov-2017

Banca Marche, la carica dei tremila «Vogliamo costituirci parte civile» art URLA e disperazione ieri davanti al tribunale di Ancona per la prima udienza preliminare sul crac di Banca Marche: alcuni risparmiatori intenzionati a costituirsi nel processo, avvisati dai loro avvocati, si sono presentati in corso Mazzini, ma non sono stati fatti entrare a Palazzo di Giustizia e si sono sfogati con gli agenti della Digos, chiamati a blindare l'ingresso. «Abbiamo perso i soldi e anche la pazienza», ha gridato uno dei risparmiatori, Pierino Ghergo, titolare di un supermercato, che ha visto 20mila euro di azioni trasformate in carta straccia. Con lui Carla Scuppa, jesina che ha perso tutti i risparmi, e altri arrivati da tutta la regione. UNO SCENARIO fuori dall'ordinario anche all'interno del Palazzo: alcuni avvocati sono arrivati carichi di valigie piene di documenti per chiedere la costituzione di parte civile dei risparmiatori, circa 3mila in totale. Il procedimento per il crac di Banca Marche vede imputate 16 persone tra ex dirigenti dell'istituto di credito, revisori dei conti, amministratori, accusate di bancarotta fraudolenta, false comunicazioni sociali, falso in prospetto. Il gup Carlo Cimini dovrà decidere se rinviare a giudizio o prosciogliere le persone indicate dai pm Serena Bizzarri, Andrea Laurino e Marco Pucilli. Solo sei gli imputati che si sono presentati in aula, assenti l'ex numero uno di BdM Massimo Bianconi, l'ex presidente del cda Giuseppe Ambrosini e altre figure di vertice dell'istituto marchigiano, inghiottito da un debito di un miliardo di euro. Tra i risparmiatori il gruppo più numeroso, con oltre 2.600 tra azionisti, obbligazionisti subordinati e dipendenti della banca, è quello dell'Unione Nazionale Consumatori, rappresentati dagli avvocati Carlo e Corrado Canafoglia, Elisa Pellegrini e Giulia Montesi. I LEGALI sono arrivati con sette valigie e 30mila documenti, le prove delle perdite subite dai loro assistiti. «Il danno è di 45milioni — spiega l'avvocato Corrado Canafoglia —. Ci sono pensionati, imprenditori, famiglie. Una danneggiata, con una lettera al giudice, racconta di aver perso i risparmi di quando era emigrata, un imprenditore da solo ha perso 6 milioni, mentre i dipendenti con il commissariamento hanno rinunciato a gratifiche per 10-20mila euro l'anno». Adusbef, tramite gli avvocati Paola Formica e Salvatore Ruberti, ha chiesto di costituirsi per l'associazione e per 30 obbligazionisti, così come Adiconsum (avvocati Ezio Gabrielli, Emanuela Fioretti ed Erica Micucci), che chiede i danni morali per un centinaio di associati, mentre ha già avviato azioni civili per i danni materiali. ALTRI 72 sono rappresentati dall'avvocato Esildo Candria, mentre l'avvocato Giovanni Bora, altro risparmiatore beffato, è rappresentato dall'avvocato Raffaele Delle Fave. Chiedono di costituirsi parti civili anche le Fondazioni di Fano, Jesi, Macerata e Pesaro, così come la Banca d'Italia, ma gli avvocati di alcuni risparmiatori hanno chiesto invece che Bankitalia venga riconosciuta responsabile civile, insieme alla società Waterhouse, per i mancati controlli sull'istituto marchigiano. L'udienza è stata aggiornata al 16 gennaio.

SCENARIO BANCHE 63 Resto del Carlino Emilia Romagna Marche e Rovigo08-nov-2017

Carife, si riaccende la speranza dei risparmiatori 'azzerati' art «QUESTA sentenza è una mina contro il 'decreto Salvabanche'». All'indomani del pronunciamento del Tribunale di Ferrara, che ha riconosciuto l'obbligo per Nuova Carife di risarcire un piccolo azionista, le reazioni registrano un misto di ottimismo e di stupore. L'ottimismo è quello di Alan Fabbri, capogruppo della Lega Nord in Regione, secondo cui «viene sblindato il principio della sostanziare irresponsabilità delle banche ponte', aprendo prospettive concrete per i risparmiatori». Moltissimi dei quali si sono costituiti parte civile nel processo, già in corso, a carico degli ex amministratori della banca: «Ora questa linea di tutela potrebbe cambiare — spiega Roberto Zapparoli, presidente provinciale di Federconsumatori —; noi avevamo intrapreso questa strada perché le cause che avevamo intentato, erano state sistematicamente dirottate sul Tribunale delle Imprese di Bologna». Una strada impervia: ma la sentenza spuntata dagli avvocati Stefano Di Brindisi, Giovanni Franchi e Lucia Caccavo spiana invece un'altra rotta. «A questo punto non solo la competenza è territoriale, ma Nuova Carife non può chiamarsi fuori». Nuova Carife, tuttavia, già oggi significa Bper (con la fusione formale i120 novembre prossimo): «E da chiarire se ci sono stati, nell'acquisizione — conclude il legale — accordi con Banca d'Italia, per affrancarsi da eventuali chiamate in causa nei risarcimenti».

SCENARIO BANCHE 64 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Sugli Npl l'Italia attacca la linea della vigilanza Bce - Sugli Npl l'Italia attacca i art vincoli Bce

Continua a creare tensioni la decisione della Banca centrale europea di rivedere in senso restrittivo le regole di vigilanza bancaria, chiedendo nuovi accantonamenti per far fronte a crediti in sofferenza. Sulla questione, il contrasto è istituzionale e politico; si moltiplicano le critiche dall'Italia, che teme ripercussioni economiche. Proprio oggi l'ufficio legale del Parlamento europeo dovrebbe pubblicare un parere sulla legalità dell'iniziativa presa in ottobre dall'istituto monetario. Ai primi di ottobre, la Bce ha presentato nuove regole di vigilanza bancaria che hanno suscitato non poche critiche. Queste prevedono che dal 2018 i crediti non garantiti diventati sofferenze debbano essere coperti da accantonamenti nel giro di due anni. Quanto ai crediti garantiti anch'essi diventati sofferenze, questi devono essere coperti da accantonamenti nel giro di sette anni. La regola vale per tutte i crediti di cattiva qualità dal 2018 in poi, indipendentemente dalla data di inizio del credito. Parlando ieri qui a Bruxelles dopo una due-giorni di riunioni dei ministri delle Finanze europei, il ministro dell'Economia italiano Pier Carlo Padoan ha ribadito le sue critiche, di metodo e di merito. Sul primo aspetto, il ministro si è chiesto se la proposta della Bce, attualmente in discussionealivelloeuropeo,nonvada«oltre il limite» del mandato dell'istituto monetaria Le nuove regole sarebbero un «vincolo generalizzato», imposto a tutte le banche, e quindi una «forzatura legale». La presa di posizione parte dall'assunto secondo il quale l'aspetto normativo riguarda l'Autorità bancaria europea e il Parlamento europeo, mentre alla Bce spettala vigilanza nei suoi aspetti pratici. Da Francoforte si ribatte che le nuove regole verrebbero applicate banca per banca, a seconda della situazione. Si fa notare chela legislazione comunitaria dà poteri in questo senso alla vigilanza bancaria e che gli stessi Ventotto hanno confermato questo potere in una riunione a metà anno. Dello stesso avviso del ministro Padoan è stato anche il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, che ha chiesto all'ufficio legale dell'assemblea parlamentare un parere sulla questione: «Vedremo quale sarà la risposta, ma sono convinto che ci sia un limite oltre cui lavigilanza della Bce non può andare», in quanto «a mio parere non può svolgere attività normative perché quella legislativa spetta al Parlamento europeo, la burocrazia non prende il posto della politica». Il ministro Padoan ha criticato l'iniziativa della Bce anche riguardo il merito, notando il rischio che l'istituto monetario possa affrontare nello stesso modo anche lo stock dei crediti in sofferenza e non solo le nuove sofferenze. «L'Italia-ha detto - è il primo paese a voler ridurre i crediti di cattiva qualità». Ma bisogna farlo «nei tempi e nei modi ragionevoli per evitare di provocare nuove fragilità». Ha poi esortato le banche nazionali ad avere un atteggiamento «pro-attivo» nell'aggredire le sofferenze. Da Milano, il presidente di Confmdustria Vincenzo Boccia, ha lanciato un appello ai regolatori «di fare attenzione agli effetti sull'economia reale di regole restrittive, che in questo momento non hanno a nostro avvis o alcun senso», tenuto conto della ripresa economica in corso e della politica monetaria espansiva. Ha poi aggiunto: «Non mi sembra che solo l'Italia si stia battendo. C'è un documento che abbiamo sottoscritto con la Confindustria tedesca che converge sulla linea italiana». Le nuove regole della Bce rimarranno in consultazione fmo all'8dicembre.IlministroPadoan ha detto di aspettarsi «risultati importanti» dalla consultazione. Gli interventi di ieri sono giunti dopo che lunedì il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem aveva segnalato l'appoggio dei ministri alla mossa della vigilanza. Lo stesso Padoan ha detto di essere stato l'unico a prendere la parola durante la riunione. Silenzio-assenso degli altri ministri all'iniziativa della Bc e? Secondo il ministro, è ancora da capire.

SCENARIO BANCHE 65 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Draghi difende la linea ma chiede sforzo congiunto art Sulla questione dei crediti deteriorati (Npl) delle banche dell'Eurozona, che ha suscitato vivaci polemiche soprattutto in Italia, la Banca centrale europea è aperta al dialogo, ma non arretra. Affrontare gli Npl, ha detto ieri il presidente della Bce, Mario Draghi, è oggi «la questione più importante» per risolvere le residue debolezze del sistemabancario dell'area euro, dopo che il capitale è stato rafforzato e la sua qualità è migliorata. Pur riconoscendo che nella media i livelli degli Npl sono calati per gli istituti più importanti, dal 7,5% all'inizio del 2015 al 5,5% attuale, «il problema non è ancora risolto», ha detto il banchiere centrale a una conferenza sulla vigilanza bancaria organizzata dalla Bce a Francoforte, che ha visto coinvolti i vertici della supervisione e i rappresentanti di alcune grandi banche, fra cui JeanPierre Mustier, amministratore delegato di UniCredit. Draghi ha messo però anche l'accento su due punti: lo smaltimento degli Npl deve avvenire «in modo ordinato» e richiede uno sforzo congiunto non solo delle banche e della vigilanza, ma anche dei regolatori e delle autorità nazionali, «in primo luogo per creare una situazione in cui gli Npl possano essere gestiti in modo efficace e smaltiti con efficienza». Su una linea non molto diversa si era espresso lunedì a Madrid il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, e ieri è intervenuta a Francoforte la vicegovernatrice della Banca centrale portoghese, Elisa Ferreira. «L'obiettivo è condivisibile - ha detto la numero due del Banco de Portugal, che fa parte del Consiglio di vigilanza della Bce - ma una questione da non sottovalutare sono i tempi». II mese scorso, la Bce ha pubblicato un addendumsui nuovi Npl alle sue linee guida del marzo scorso, proponendo accantonamenti al Z00% dopo due anni peri prestiti chirografari e dopo sette per quelli garantiti. Il timore delle banche, dopo che nella stessa nota la Bce ha preannunciato una nuova comunicazione per il primo trimestre 2018, è che un trattamento analogo possa essere esteso alle consistenze dei crediti deteriorati, un problema pesante per il sistema bancario italiano e altri della periferia dell'Eurozona. In un'intervista al Sole 24 Ore del 3 novembre, Ignazio Angeloni, membro del Consiglio di vigilanza nominato dalla Bce, ha affermato che nessuna decisione è stata presa sugli stock di Npl e che la questione viene affrontata caso per caso con le banche ed è oggetto di dialogo. Questa linea è stata ribadita ieri dalla presidente del Consiglio di vigilanza, Danièle Nouy, la quale ha però insistito che i piani delle banche per lo smaltimento dei crediti deteriorati devono essere «ambiziosi, credibili e realistici». In risposta a una domanda se Mps avrebbe dovuto esser liquidata invece di ricevere una ricapitalizzazione precauzionale,lasignorallouy ha risposto di no, ma anche sostenuto che le banche «devono smettere di negare il problema» degli Npl e affrontarlo. Draghi ha ricordato che «tutti sappiamo il danno che alti livelli persistenti di Npl possono creare alla salute delle banche e alla crescita del credito. Analisi interne della Bce mostrano che, in anni recenti, le banche con alti stock di Npl hanno costantemente erogato meno prestiti di quelle con una migliore qualità del credito, fornendo quindi meno sostegno alle imprese e alle famiglie». L'introduzione della vigilanza europea, ha detto il presidente della Bce, è stato lo strumento per costruire un sistema bancario più solido e più resiliente, riducendo i rischi per le singole banche con una supervisione severa e lungimirante, e per far sì che il Paese dove la banca è localizzata sia meno importante per la percezione del rischio di credito, applicando gli stessi alti standard sull'intera area euro. Una vigilanza più forte ha anche facilitato una miglior trasmissione della politica monetaria. All'accusa che invece viene spesso rivolta alla Bce in Germania, sugli effetti collaterali per le banche della politica dei tassi negativi sui depositi, Draghi ha ribattuto che non ci sono segni di bolle immobiliari generate da credito eccessivo, né effetti sulla redditività delle banche o sul loro margine di interesse e che anzi il ritorno sul capitale (Roe) è aumentato dal 4,4% a fine 2015 a1 7,1% all'inizio di quest'anno. Le banche devono preoccuparsi invece, fra l'altro, di ridurre i propri costi operativi, secondo Draghi.

SCENARIO BANCHE 66 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Banche europee: cresce l'incertezza art La Federazione bancaria europea ufficializza la sua posizione sull'Addendum per il trattamento contabile degli Npl posto in consultazione dal Ssm a inizio ottobre. In una lettera inviata ieri a istituzioni e autorità europee (firmata dal Ceo olandese Wim Mjis) si fa presente che il metodo con il quale è stato formulato l'Addendum va «ben oltre quanto previsto dalla regole contabili». Le nuove regole stabiliscono un aumentare degli accantonamenti sui nuovi crediti che diventano Npl, disponendone la totale ammortizzazione in a anni per quelli garantiti, e in 7 anni per quelli che non lo sona L'aspetto importante che emerge dalla lettera è che anche le banche tedesche, francesi e olandesi, che sinora erano su posizioni diverse rispetto a quelle delle banche italiane, si sono compattate contro un approccio -quello di un organo di supervisione che amplia il suo raggio di azione fino a proporsi come fonte del diritto comunitario - che oggi si è espresso sugli Npl, ma domani potrebbe toccare i derivati, che impattano più da vicino gli istituti di credito nordeuropei «E la dimostrazione che il problema di metodo sollevato dall'Addendum non è un problema italiano - commenta Giovanni Sabatini, direttore generale dell'Abi e presidente del comitato esecutivo della Federazione-. Per continuare a supportare la crescita dell'economia europea il settore bancario ha bisogno di un quadro di regole stabile e certo così come gli investitori nel capitale delle banche». Quello che si contesta è il fatto che l'Addendum ponga un obbligo di carattere formale, nella sostanza una misura di Pillari che dovrebbe avere una radice nelle direttive, quando a proporlo è un organismo di supervisione, che avrebbe un ruolo di supervisione e di verifica di applicazionedelle norme. La Fbe, pur riconoscendo la necessità di ridurre «ulteriormente il ratio NO» in Europa, ha posto l'accento «su una questione che preoccupa le banche dell'Ue con riferimento all'aumento dell'incertezza regolamentare insita nell'Addendum». Oltre alla questione di metodo, la Federazione, insiste sull'aspetto chiave della questione e cioè il fatto che «non è chiaro se l'Addendum possa essere in definitiva applicato anche alle esposizioni esistenti, lasciando così non chiara una definizione dell'ambito di applicazione che sarebbe -ed in realtà è già - soggetta a speculazioni da parte degli operatori interessati». E ancora i requisiti più stringenti mettono le banche europee con esposizioni al di fuori dell'Eurozona in una condizione di svantaggio competitivo rispetto alle banche locali. «L'entrata in vigore di tali fondamentali cambiamenti è preannunciata entro un lasso di tempo molto breve si aggiunge-. Tutto questo avverrà senza una preventiva valutazione di impatto, in particolare sul credito alle Pmi e sulla crescita economica negli Stati membri». L'iniziativa della Federazione punta, come soluzione di compromesso, a definire nero su bianco il fatto che le nuove regole per gli accantonamenti programmati sugli Npl non si applicheranno allo stock dei crediti in essere ma solo ai contratti di finanziamento stipulati a partire da una certa data, presumibilmente luglio 2018, per evitare che dal primo gennaio ci sia la sovrapposizione con l'entrata in vigore delle nuove regole contabili sul Ifrs9. II tema del ruolo di legislazione surrogata assunto dal Ssm, dovranno gestirselo invece le istituzioni europee, per evitare che si fossilizzi questo pericoloso precedente.

SCENARIO BANCHE 67 Sole 24 Ore 08-nov-2017

20 banche Uk chiedono licenza per l'Eurozona art Sono circa 50 le banche, attualmente residenti nel Regno Unito, che si sono già messe in contatto con la Banca centrale europea per valutare un potenziale trasferimento delle loro attività da Londra verso un Paese dell'Eurozona. Lo ha detto la responsabile della supervisione bancaria della Bce, Daniele Nouy, secondo quanto riporta l'agenzia Belga. «Alcune banche ci hanno contatto in diverse occasioni per parlare dei loro piani di trasferimento» ha detto Nouy. Una ventina hanno già richiesto una licenza per la zona euro. In base al diritto Ue, una banca che vuole proporre i suoi servizi in Europa deve avere una filiale indipendente nell'Unione europea.

SCENARIO BANCHE 68 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Agricole punta oltre 3 miliardi sull'Italia art Prima il risparmio con Pioneer, poi il retail con le Casse di risparmio di Cesena e dintorni, ora il private banking con Leonardo. Se è vero che «l'Europa, l'Asia egli Stati Uniti» sono le tre aree in cui Crédit Agricole è pronto a cogliere le opportunità di crescita, come ama ripetere il ceo Philippe Brassac, l'Italia per ora è stato il Paese in cui si sono concentrati gli sforzi. E gli investimenti: più di 3 miliardi nel solo zo17, considerato che per il solo deal di Pioneer, acquistato da Amundi, i francesi hanno sborsato 3,45 miliardi. A cui si aggiungono i 130 milioni messi sul tavolo perle Casse di Cesena, Rimini e San Miniato, e l'investimento per Leonardo ufficializzato ieri dopo una trattativa durata mesi che testimonia a suavolta il livello d'interesse del gruppo transalpino per l'Italia. Per la foresta semipietrificata del credito europeo, in cui l'mea stenta soprattutto al capitolo delle operazioni cross- border, il dinamismo della Banque Verte sull'Italia è un fatto rilevante all'esterno per gli equilibri tra i due Paesi e all'interno per il settore. Che, evidentemente, non interessa ai grandi operatori esteri solo per le tonnellate di crediti non performing. Oggi nella Penisola, che all'Agricole considerano «il secondo mercato domestico» del gruppo, al country officer Giampiero Maioli. IL TRACK RECORD La Banque Verte ha dichiarato il suo interesse per Commerzbank ma finora è in Italia che ha chiuso i principali dossier fa capo una p iattaforma aggregata che va dal credito al consumo fino al private per i clienti oltre i 5 milioni di patrimonio, a cui si rivolgerà IndoSuez Leonardo: la fotografia di fine 2016, prima ancora delle tre acquisizioni, parlava di 3,5 milioni clienti e oltre 800 milioni di utile su 132 miliardi di asset tra depositi e risparmio gestito, più 64 miliardi di finanziamenti; e oltre 6o miliardi di BTp in pancia, che fanno dell'Agricole uno dei principali possessori di debito sovrano tricolore. Le strategie future Ora, con il trittico di operazioni del 2017 - il closing delle Casse è previsto entro fine dicembre - l'Agricole Italia diventerà settima banca italiana per numero di filiali retail superando i rivali di Bnl-Bnp Paribas, ed entrerà nella top five dei gruppi finanziari. Finirà qui? Non è detto. Il ritmo, come sembrano suggerire le radici agricole del gruppo, è quello del trattore: lento ma continuo. Così, se è vero che proprio poche settimane fa Brassac ha esplicitato l'interesse per Commerzbank qualora venisse venduta, c'è chi non esclude ulteriori mosse di rafforzamento in Italia. Puntellato il risparmio, allargata la rete degli sportelli, esteso il presidio sul private di fascia alta, è probabile che il prossimo passo sia sul credito al consumo, dove c'è Agos Ducato in coabitazione con Banco Bpm: nei prossimi anni si aprirà il dossier di un eventuale riassetto, per ora da ambo i lati le priorità sono state altre e dunque - secondo quanto risulta a Il Sole 24Ore - ci si sta limitando a ipotizzare un allargamento dell'accordo di distribuzione. Un altro fronte caldo è quello di Fca Bank, joint venture che fmora ha riservato grandi soddisfazioni sia alla banca che ai partner di Fca, in un asse, quello con Exor, che esce rafforzato dall'accordo su Banca Leonardo. E tra gl i addetti ai lavori c'è chi non esclude ulteriori acquisizioni nel retail, visto che una fabbrica prodotti così articolata è in grado (e al tempo stesso ha bisogno) dinutrire reti distributive sempre più ramificate. I segnali per il settore Certo, c'è chi guarda alla campagna d'Italia dei francesi come all'ennesimo tentativo di prendere il controllo di alcuni nodi strategici del nostro sistema finanziario. Visioni superate, forse. Piuttosto, «l'Italia si conferma un mercato interessante in ambito finanziario non solo per i suoi Npl», osserva Massimo Pappone, managing director di Lazard Italia. Che nota alcuni segnali di novità: «Dopo anni in cui abbiamo assistito per lo più a operazioni di salvataggio, o comunque destinate a tamponare situazioni di difficoltà, potrebbe aprirsi una fase nuova, in cui il riassetto sarà ispirato non solo dal bisogno ma dalla volontà di perseguire efficienze ed economie di scala». Una stagione nuova di mea non per necessità ma per scelta, dunque: «Mi aspetto aggregazioni tra banche tradizionali che sono sottodimensionate o non in grado di reggere la pressione competitiva e regolamentare, o veri e propri progetti di crescita in segmenti più vivaci come quello dell'asset management e wealth management, tra i più profittevoli in termini di commissioni». E poi le sofferenze: c'è la grande caccia ai portafogli, ma «ora che il mercato è partito con diverse grosse operazioni è evidente che in Italia ci sono ancora troppo pochi player in grado di offrire soluzioni ampie e articolate», osserva Pappone. In particolare su un segmento, quello delle inadempienze probabili, «che richiede competenze e organizzazione del tutto diverse da un normale servicing».

SCENARIO BANCHE 69 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Banca Leonardo diventa francese Crédit Agricole acquisisce il 67,6% - Banca art Leonardo diventa francese: Crédit Agricole compra il 67,6%

La francese Crédit Agricole rileva Banca Leonardo. Nel dettaglio Indosuez Wealth Management, società del wealth management del gruppo francese, ha siglato un accordo con gli azionisti dell'istituto di credito quali Exor, Gbh, Eurazeo, Swilux e Torreal, che le permettono di salire al 67,67% del capitale della banca fondata da Gerardo Braggiotti. Il gruppo trasalpino offrirà agli altri azionisti di Banca Leonardo di rilevare le loro azioni allo stesso prezzo, in modo da arrivare al 100% della Banca.Con l'operazione, il cui valore secondo indiscrezioni è inferiore ai 200 milioni di euro, Crédit Agricole rafforza ulteriormente la sua presenza in Italia dove possiede Pioneer, Cariparma e le recenti acquisizioni degli istituti di credito Caricesena, CrSan Miniato e Cr Rimini. L'acquisizione di Banca Leonardo, aggiungendo le ulteriori masse in gestione della stessa per 5,9 miliardi (al 3o giugno 2017), consentirà a Indosuez Wealth Management di rafforzare ulteriormente l'offerta sul mercato italiano. Per il country officer di Crédit Agricole Giampiero Maioli l'operazione «permetterà di sviluppare le sinergie fra le diverse attività della banca» e rafforzerà «la già forte posizione in Italia aumentando la gamma di prodotti e servizi offerti a3,5 milioni di clienti». «L'Italia rappresenta un mercato molto importante per noi», ha dichiarato a Il Sole24 Ore Olivier Chatain, Chief Executive Officer di CA Indosuez Wealth (Europe) da ottobre 2015. «L'operazione è in linea con il nostro piano strategico che prevede una crescita organica e per linee esterne. Banca Leonardo rappresenta un marchio di grande prestigio che ci consente di allargare la nostra attività su un mercato ricco di imprenditori e con forti potenzialità di sviluppo». Secondo Chatain, inoltre, il "matrimonio" tra Indosuez Wealth Management e Banca Leonardo «è l'unione di due mondi, quello della flessibilità legata a una boutique finanziaria e quello della solidità di un grande gruppo come, appunto, il Crédit Agricole». L'operazione, che dovrà essere approvatadalle autoritàe che dovrebbe essere perfezionata nel primo semestre del 2018, avrà un impatto sul Ceti ratio di Crédit Agricole e del gruppo Crédit Agricole inferiore a5 puntibase, si legge nella nota diffusa dal gruppo francese. Quanto a Banca Leonardo, il passaggio al gruppo francese rappresenta il completamento di quel percorso di focalizzazione sul wealth management avviato negli ultimi anni dopo un importante piano di dismissioni di asset non strategici. Negli ultimi mesi, diversi gruppi avevano sondato la banca presieduta da Braggiotti. Tant'è che, si racconta, Ubs sarebbe arrivata a un passo dall'acquisizione dell'istituto. Non se ne è fatto nulla e la scelta è ricaduta sul gruppo francese. Banca Leonardo, dunque, volta pagina sul fronte della "proprietà". Una proprietà, quella oramai in uscita, che ha visto interamente ripagato quanto investito nell'istituto: a fronte di un impegno iniziale di 86o milioni effettuato nel 2006, la banca sotto forma di dividendi ne ha restituiti oltre il 100% ai suoi azionisti. «Sono molto soddisfatto per questa operazione che crea le condizioni per consentire a Banca Leonardo di avere un ruolo da protagonista nel consolidamento del settore del wealth management in Italia, con prevedibili benefici sia per i collaboratori che per i clienti», ha dichiarato il presidente Braggiotti.

SCENARIO BANCHE 70 Sole 24 Ore 08-nov-2017

L'analisi - La campagna d'Italia e le ceneri dell'Ambrosiano - La campagna d'Italia art avviata sulle ceneri dellAmbrosiano

La storia del Crédit Agricole in Italia è una tela tessuta negli anni che per lungo tempo si è sviluppata in simbiosi con l'impresa in cui si è cimentato Giovanni Bazoli nel costruire mattone su mattone la prima banca italiana Era la fine degli anni'8o quando ancora si parlava di fmanza laica e fmanza cattolica L'Agricole si prestò a rivestire il ruolo del "cavaliere bianco" nel Nuovo Banco Ambrosiano, chiamato dall'avvocato bresciano diventato banchiere per arginare l'avanzata della Gemina che mirava, sotto la regia di Mediobanca, a portare sotto l'egida della Comit l'istituto rinato dalle ceneri dell'Ambrosiano di Roberto Calvi. Operazione che poi si farà, ma nella direzione opposta di quella immaginata da Enrico Cuccia. L'inizio del lungo sodalizio era stata l'acquisizione da parte del Nuovo Banco della filiale italiana del Crédit Agricole, allora diretta da Christian Merle, che nel 2000, a nozze celebrate con l'istituto di Piazza della Scala, diventerà amministratore delegato insieme a Lino Benassi di quella che già si chiamava Banca Intesa Nel Nuovo Banco Ambrosiano l'Agricole era presto salito fmo a superare il 30%, accompagnando sempre la crescita, nel 1989 quando fu acquisitala Banca Cattolica del Veneto e nove anni dopo quando l'Ambroveneto conquistò Cariplo vincendo la sfida con la fmanza laica rappresentata da Comit, ancora caposaldo dell'azionariato di Mediobanca. Solo con l'acquisizione della Comit il peso del gruppo francese scenderà sotto il 20%. L'alleanza con Intesa si era estesa a società-prodotto, costruite in joint venture, nell'asset management con Nextra, nel credito al consumo con Agos, nel private banking con Indosuez. Joint che si scioglieranno con l'intervento dell'Antitrust che aveva disposto la discesa dei francesi anche nel capitale di Intesa in conseguenza dell'aggregazione con il gruppo SanPaolo-Imi. Una fusione che fu preannunciata nell'agosto del 2006 con una telefonata di Bazoli e dell'ad Corrado Passera ad Ariberto Fassati, l'attuale presidente di Cariparma che nel 2011 ha passato, dopo trent'anni, il testimone di country manager per l'Italia dei francesi a Giampiero Maioli. La notizia creò grande preoccupazione a Parigi perchè l'Agricole, che allora aveva il 18% di Intesa, avrebbe dimezzato il suo peso mentre le Fondazioni, tutte insieme, avrebbero costituito il primo blocco azionario con circa un quarto del capitale. Alla fine l'Agricole decise di non esercitare il diritto di veto che avrebbe bloccato l'operazione, lasciando che Intesa facesse il salto dimensionale finale. Gli L'ESPANSIONE Il sodalizio con Intesa è durato fino alla fusione con Sanpaolo: da allora il gruppo è diventato il primo estero in Italia accordi del "divorzio" furono presi davanti all'allora Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi. I francesi pretesero una dote - Cariparma, Friuladria e 250 sportelli scelti tra quelli che il nuovo colosso bancario avrebbe dovuto cedere - con la quale sono state gettate le basi per dare vita a quella che oggi è diventato il primo gruppo bancario estero nella Penisola Una realtà a tutto tondo che fa dell'Italia di gran lunga il primo mercato di sbocco per la banque verte. Dall'ultimo bilancio consolidato della holding non quotata si evince infatti che le attività italiane dell'Agricole rappresentano circa un decimo dei ricavi del gruppo (che nel 2016 ammontavano a3o,4 miliardi): quasi il triplo rispetto a mercati come Uk e Usa. Con risultati economici che non sono mai mancati e che contribuiscono, con quasi 500 milioni, a circa un decimo degli utili netti consolidati. gruppo Agricole Italia conta umila dipendenti, confermandosi anche sotto questo aspetto la realtà più importante del gruppo dopo il mercato domestico. Secondo i dati di ReS Mediobanca, con oltre 900 sportelli, l'attività bancaria retail- sotto Cariparma- si collocava nel 2016 in decima posizione per totale dell'attivo tangibile con 51 miliardi, prima dell'acquisizione delle Casse di risparmio di Cesena, Rimini e San Miniato. Nel credito al consumo è di gran lunga il primo operatore con AgosDucato (61%Agricole,39% Bpm) con crediti per 12,9 miliardi e una quota di mercato sull'erogato del 9,7%; e con la joint al 50% con Fca (10,2 miliardi nel credito al consumo, 2 nel factoring). Il Crédit Agricole, undicesimo operatore nel leasing, è anche undicesimo nel settore assicurativo con Crédit Agricole Vita e Crédit Agricole assicurazioni (3,2 miliardi di premi lordi e una quota di mercato nel Vita del 2,9%). E il secondo gruppo nell'asset management, coni 21,8 miliardi di patrimonio netto dei soli fondi comuni di diritto italiano di Pioneer (9,3% del sistema) che si sono aggiunti ai 5,7 miliardi di Amundi Sgr (24%). Ora con l'acquisizione di Banca Leonardo da parte di Indosuez Lussemburgo è arrivato anche II rafforzamento nel wealth management.

SCENARIO BANCHE 71 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Il private banking italiano al riassetto art Il private banking italiano procede verso una fase di forte consolidamento. L'operazione di Credit Agricole su Banca Leonardo arriva al termine di tre settimane roventi per il settore: prima con il passaggio di , la vecchia Bim di Veneto Banca, al fondo di private equity Attestor. Poi con l'unione tra lo storico marchio Banca Albertini e la pi emontese Ersel.Infine proprio con il raid dei francesi sull'istituto fondato da Gerardo Braggiotti. Del resto, l'aggregazione nel settore del private banking è un processo ormai in atto da anni, non soltanto in Italia ma a livello internazionale. Di solito, a livello europeo, sono stati i grandi colossi bancari del settore a fare il più alto numero di acquisizioni. In Italia i tre riassetti su Banca Intermobiliare, Banca Albertini e Banc a Leonardo hanno avuto esiti diversi a dimostrazione che il mercato tricolore, dove ancora oggi ci sono troppi operatori, vive anche di caratteristiche proprie. Nel caso di Bim ha avutola meglio un private equity internazionale come Attestor, già esperto del settore a livello europeo. Si tratta di un finale abbastanza prevedibile inquanto su Banca lntermobiliare sarà necessaro fare un turnaround. Lo storico marchio di Veneto Banca era tra le cessioni che i commissari dovevano fare al termine della separazione tra le attivitàdiVeneto Banca fmitealntesa Sanpaolo e quelle confluite nella bad bank. Il prezzo pagato per Bim è stato bass o, data la mole dei crediti malati in capo all'istituto: solo 24 milioni per 70% del capitale, valorizzando l'intera banca 34 milioni. In Borsa il giorno prima dell'annuncio Bim quotava 150 milioni. Il conto è presto fatto. Bim ha cumulato 11 milioni di perdite dal aoi4in poi. Ha un livello elevato di deteriorati, ma ha anche masse gestite per 5 miliardi. Inoltre Attestor il prossimo anno potrebbe riconoscere ai vend itori un «earn out» massimo di 80 milioni. Nel caso di Banca Albertini il discorso è diverso.Il gruppo torinese Ersel è entrato nella comparine azionaria di Banca Albertini e lo fa tramite l'acquisto della quota del 64,3% in mano al gruppo elvetico Syz. La valorizzazione complessiva di Banca Albertini, secondo i rumors, è stata di c irca5omilioni. Lanuovarealtàavrà 7o banker e masse per i8 miliardi: 15 da parte di Ersel e 3 da parte di Banca Albertini . In questo caso l'accordo è stato trovato tra due famiglie italiane (i fondatori sono stati Isidoro Albertini e Renzo Giubergia), presenze storiche di Piazza Affari prima come agenti di cambio e poi come brand nella gestione delle grandi ricchezze. Ancora diverso è stato l'accordo tramite il quale Credit Agricole acquisirà Banca Leonardo (advisor dell'operazione sono stati Mediobanca, Pedersoli e BonelliErede). Si tratta di una nuova mossa francese per avere una dimensione dominante nel mercato italiano del private banking, anche alla luce delle strategie volte a rivitalizzare il marchio storico Indosuez in Europa (e quindi anche in ltalia) con un piano di investimenti importante. « È prevedibile che il settore si troverà di fronte a ulteriori consolidamenti - spiega Alberto Albertini- in quanto la marginalità si sta riducendo, anche a causa dei costi connessi alla implementazione di una regolamentazione sempre più complessa, vedi Mifïda».

SCENARIO BANCHE 72 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Pechino pronta alla svolta sulle banche art Pechino potrebbe essere vicina a una svolta storica nella disciplina degli investimenti esteri in Cina: le Authority coinvolte sarebbero infatti pronte a permettere ai big della finanza mondiale di acquisire fino al 51% delle proprie società del settore. Attualmente, le banche estere possono detenere solo fino al 49% delle joint venture attraverso le quali si muovono sul mercato cinese. Una barriera che potrebbe cadere sotto la spinta dei Paesi e delle lobby occidentali e statunitensi in particolare. Nella sua visita in Cina, il presidente Donald Trump alimenterà questa pressione contro pratiche ritenute discriminatorie. Secondo l'agenzia Reuters, la China Securities Regulatory Commission (Csrc) avrebbe permesso ad alcune banche estere di pianificare le proprie attività in Cina sulla base dell'assunto che il tetto alla partecipazione di capitale possa saltare. Nulla è ancora deciso, tuttavia. La Csrc ha da tempo cominciato a incoraggiare gli investimenti esteri nei listini obbligazionari e azionari cinesi come parte integrante del lungo e lento progetto di liberalizzazione e deregolamentazione dei mercati finanziari, portato avanti da Pechino.

SCENARIO BANCHE 73 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Lettera. La Popolare di Sondrio e il calcio art Con riferimento all'articolo pubblicato sul Sole 24 Ore del 4 novembre, abbiamo cercato di interpretare lo spirito con il quale il giornalista ha steso il pezzo. Se da un lato si può leggere quale divagazione sulle vicende relative a vendite e acquisti che avvengono nel mondo calcistico, dall'altro sipuò intravvedere un focus su un rischio di credito riguardante laBanca Popolare di Sondrio. E quest ultima l'interpretazione che èprevalsa da parte dei lettori, tant'è che abbiamo avuto manifestazioni di preoccupazione, peraltro infondate, circa possibili riflessi negativi sul nostro conto economico. La Popolare di Sondrio è una società quotata e, di conseguenza, vi sono notizie price sensitive che possono influenzare gli investitori e quindi il mercato. Spiace rilevare come il Suo giornale possa pubblicare notizie di questo tipo senza documentarsi preventivamente, perché in tal modo avreste evitato di diffondere informazioni non corrette. Il credito in questione è stato erogato da Factorit, società del Gruppo specializzata proprio nell'acquisto di crediti commerciali e che svolge questa attività da molti anni con profitto, solo a valle di un'attenta analisi della solidità reddituale e bilancistica della controparte, analisi cheèstata condivisa e approvata dal managementin linea con le migliori prassi di mercato e con i regolamenti interni di cui si èdotato il Gruppo Bps. Il regolare rimborso delle rate in corso -ildebito residuo èfra l'altro largamente inferiore a quanto risulta dall'articolo - non può che confermare la solidità della nostra analisi e l'assoluta solvibilità della controparte che non è influenzata dalle performance calcistiche del signor Pogba o del club ingenerale. Direzione generale Banca Popolare di Sondrio La Popolare di Sondrio conferma la notizia pubblicata, scritta in un articolo con tono di fogliettone dove non si insinua alcun rischio. Peraltro la banca, contattata in merito, non aveva avuto alcun commento da fare.

SCENARIO BANCHE 74 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Intesa, utili a 650 milioni e cedola confermata - Intesa conferma la cedola 2017 art «Nessun impatto da regole Bce»

Intesa Sanpaolo tiene il punui sugli Npl. Più dei conti approvati ieri dal cda, che vedono la banca chiudere il terzo trimestre 2017 con un utile netto di 65o milioni ( 3,5% sul 2m6 e meglio delle attese degli analisti), l'attenzione del mercato era sulle sofferenze, e sul possibile impatto delle nuove indicazioni della Vigilanza di Francoforte, che dal 2018 probabilmente chiederà svalutazioni automatiche sui nuovi crediti deteriorati: «Le nostre coperture sono tali da affrontare le nuove richieste», ha tagliato corto Carlo Messina parlando congli analisti. Dunque, ha spiegato il ceo di Intesa, «questa nuova regolamentazione non avrà impatto sulla capacità di distribuire dividendi e sul nostro capitale». Il manager ieri ha preferito tenersi lontano dalle «guerre stellari» (sic) sul famigerato addendum della Bce, ma non ha rinunciato a dire la sua «Siamo fermamente convinti dell'esigenza di accelerare la riduzione dei crediti deteriorati, ma non sono d'accordo sul metodo», cioè sull'azzeramento obbligatorio allo scadere del settimo anno per gli Npl garantiti e al secondo per quelli senza garanzie. Per Messina le svalutazioni non devono essere rigide bensì proporzionate «alle capacità di recupero di ogni singola banca», e va da sè che per I stesa - che in nove mesi ha già smaltito più di un quarto dei 16 miliardi di Npl che punta a ridurre entro fine 2019 - non ci sarebbe alcunbisogno di unaterapia d'urto di quelle prescritte da Daniéle Nouy agli istituti più refrattari a prendere il toro per le coma. «La nostra posizione in termini di capitale ci fa guardare al tema in maniera rilassata», ha detto ieri Messina E in effetti nel 13,4% del Ceti al 30 settembre, 40 punti base in più di fine giugno, c'è stata una delle sorprese di giornata: rispetto alle soglie regolamentari la banca oggi ha u miliardi di capitale in eccesso, che consentono di tranquillizzare il mercato sia sugli Npl che sul dividendo. Per i1 2017 i 34 miliardi di dividendi sono confermati, consentendo di centrare il traguardo dei io miliardi di cedole nei quattro del piano d'impresa che si appresta a concludersi, mentre in quello nuovo in preparazione per febbraio «crediamo di poter continuare a pagare dividendi significativi». Quanto? L'ammontare esatto «naturalmente dipenderà dal livello di utili che riusciremo a generare», ma intanto il ceo ha anticipato che «ci muoveremo in un'ottica di payout ratio».In questi anni ha sfiorato i1 100% dell'utile ricorrente, valore molto più alto della media, e a chi gli chiedeva se in futuro tenderà quindi ad allinearsi a quello dei competitor, Messina ha replicato con decisione: «Non credo di avere lo stesso excess capital dei miei competitor». Quel che è certo, è che nei prossimi quattro anni Intesa Sanpaolo dovrebbe poter contare anche sul contributo delle ex popolari venete entrate nel perimetro a fine giugno. L'integrazione procede più rapidamente del previsto, e ce n'è bisogno: oggi il cost/income degli asset rilevati a fine giugno è pari a1 200% (più del quadruplo della media di gruppo), e nel terzo trimestre la perdita netta generata è stata di 81 milioni: a fine anno l'impatto di bilancio dovrebbe essere neutro, mentre dal prossimo «contribuiranno agli utili». E dunque contribuiranno a un piano industriale che resta da completare ma vedrà senz'altro «confermato quel modello unico che abbiamo individuato in questo piano e che si è rivelato vincente», ha detto ieri Messina. Che ha citato un dato su tutti, i quasi mille miliardi di masse gestite per conto dei clienti, e ha ricordato che resta una priorità «la remunerazione degli azionisti con dividendi sostenibili». Chi dovrà rinunciarne in parte, però, è Fondazione Cariparo, che - così come Compagnia di Sanpaolo - dovrà ridurre ulteriormente la propria partecipazione entro aprile come previsto dal protocollo Acri-Mef: «Potremmo scendere a1 2% e qualcosa, poco più del 2%», ha detto ieri Il presidente Antonio Finotti, notando che «al di là del vincolo del protocollo mi sembra saggio che su un unico asset non ci sia più di un terzo del patrimonio». D'altronde con il titolo a 2,85 euro (ieri +0,28%) c'è spazio per un'ampia plusvalenza per l'ente padovano, che ha le azioni Intesa immobilizzate abilancio a 2,01 euro.

SCENARIO BANCHE 75 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Mps riduce le perdite Partita aperta sul nuovo cda - Mps riduce le perdite, faro art sulla governance

Mentre Mps rivede l'utile nel trimestre, l'ingresso dello Stato nel capitale costringe l'intero consiglio alle dimissioni. Siena registra così i primi effetti dell'intervento del Tesoro nella ricapitalizzazione della banca. Sfumata l'ipotesi di una proroga del board fino a marzo-aprile, ieri tutti i consiglieri e sindaci hanno presentato le loro dimissioni, nel rispetto del nuovo assetto azionario. Il Consiglio ha dunque deliberato di convocare l'Assemblea straordinaria e ordinaria per il i8 dicembre 2017. In quella data, oltre al varo del nuovo statuto, è previsto il battesimo del nuovo board, che inevitabilmente rifletterà inevitabilmente la nuova geografia societaria a trazione Mef. Non a caso, come riportato ieri da Radiocor, il nuovo statuto di Rocca Salimbeni prevede un board con 13 membri, 10 dei quali saranno appannaggio del ministero dell'Economia sulla base del meccanismo del voto di lista In pole position per la posizione di vertice c'è l'attuale ticket formato dal ceo Marco Morelli e dal presidente Alessandro Falciai. L'intesa tra i due non è in discussione, anche alla luce dei segnali vitalità che la banca sta mostrando sotto il profilo della raccolta. Tuttavia, è evidente che la presenza dello Stato al 70% del capitale dovrà trovare adeguata espressione nel Consiglio. Gli altri tre posti potrebbero andare al secondo azionista, cioè Assicurazioni Generali, anche se rimane l'incognita relativa alla presentazione di una terza dei fondi divenuti azionisti con la conversione dei subordinati. Intanto, sotto il profilo economico, come detto la banca si mostra reattiva. Il terzo trimestre si è chiuso inutile per 242 milioni, performance legata però in particolare all'impatto positivo del burden sharing (554 milioni) che ha neutralizzato 280 milioni di costi di ristrutturazione per l'uscita di 1.200 dipendenti e all'impatto negativo, pari a 46 milioni, per il contributo al salvataggio di delle casse di Cesena, Rimini e San Miniato. Nel corso dei 9 mesi i ricavi sono scesi del 5,7%, a3,2 miliardi per effetto sia del calo delle commissioni (-13,5%) che del margine di interesse (-9,5%). E nonostante il risultato positivo, nei primi nove mesi del 2017 il gruppo Mps ha comunque registrato un rosso di 3 miliardi di euro, a fronte di una perdita di 849 milioni registrata nello stesso periodo del 2.316. Ma a dare fiducia sono i segnali che arrivano dalla rete: i «conti correnti e i depositi recuperano - spiega il Ceo Morelli nel corso della conference call- Sono cresciuti di 11 miliardi dall'inizio dell'anno e questo era il target che avevamo fissato per la fine del 2019». Di fatto la banca sta assistendo a un «consolidamento dei flussi in entrata per quel che riguarda i depositi retail». Non sola A confortare è anche il trend dei depositi vincolati e conti correnti da clientela, che è in crescita di 1,6 miliardi di euro rispetto a giugno. «Adesso saremo in grado di recuperare una posizione solida nel sistema bancario italiano», promette Morelli. Nonostante «il processo di stesura del piano di ristrutturazione sia stato lungo» e nonostante «tutte le richieste delle authority, abbiamo dimostrato che il gruppo è solido dal punto di vista commerciale» per avviare una processo di recupero a partire dal prossimo anno. Certo: all'orizzonte c'è pur semprel'addendum Bce sui crediti deteriorati, che potrebbe costringere le banche italiane a dover svalutare i deteriorati garantiti in sette anni e quelli non garantiti in due.11 Cfo Francesco Mele nel corso della presentazione non nasconde le preoccupazioni, peraltro condivise dalla totalità delle banche italiane. Tuttavia il Ceo Morelli conferma l'obiettivo di accelerare nella riduzione dei crediti deteriorati: «Siamo ben equipaggiati per affrontare eventuali modifiche regolamentari sulle inadempienze probabili».

SCENARIO BANCHE 76 Sole 24 Ore 08-nov-2017

UniCredit al rush finale per la presidenza art Potrebbe essere una soluzione al fotofinish quella che si troverà nelcda di UniCredit per la successione di Giuseppe Vita. Uscito dalla rosa dei papabili Alberto Cri biore, ied sera venivano considerate in crescita le "quotazioni"di Fabrizio Saccomanni, ma la partita èancora aperta e si potrebbe decidere solo nelle prossime ore, giusto in tempo per ilcda di oggi.

SCENARIO BANCHE 77 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Creval: aumento fino a 700 milioni art Il Credito Valtellinese mette in cantiere un aumento di capitale fmo a 7oo milioni. Come anticipato -si veda I Sole 24 0re di ieri il Cda della banca lombarda ha aperto il cantiere su quella che si prospetta come una misura shock per l'istituto, vista una capitalizzazione che ieri si attestava attorno a 280 milioni di euro. Una mossa in stile UniCredit, insomma, istituto che ha realizzato u n aumento da 13 miliardi di euro. Il titolo ieri ha risentito delle indiscrezioni, chiudendo in calo del 13%. Ma è certo che l'iniezione di capitale (che scatterà a valle dell'assemblea, fissata per il 19 dicembre) servirà a soddisfare le richieste della Vigilanza, soprattutto in vista dell'addendum sui crediti deteriorati tanto contestato dalle banche italiane. La maxi-ricapitalizzazione si è rivelata superiore alle attese circolate sul mercato, che stimavano un rafforzamento attorno a 500 milioni. Se di decisione «forte» si tratta, insomma, è fatta «una volta e per tutte», spiega il dg Mauro Selvetti, e serve «a riportare la banca in posizioni ottimali». Non a caso l'istituto ha accompagnato ieri l'annuncio dell'iniziativa sul patrimonio con un nuovo piano industriale al 2020 - denominato Project Renaissance - che punta a riportare la banca a una redditività organica «sostenibile nel medio termine» e un profilo di rischio sugli attivi che posizioni la banca tra le «best in dass» in Italia. Tradotto: il target delle coperture sulle sofferenze a12020 è fissato a1 77,7% (rispetto al 61,5% attuale) e del 47% sugli unlikely to pay (37,1%). Uno sforzo che vale rettifiche su crediti fino ad un massimo di 772,5 milioni di euro e che appunto sarà finanziata dall'aumento di capitale varato ieri, che è pre- garantito da Mediobanca e che dovrebbe essere concluso entro il primo trimestre 2018. Nell'ambito del piano industriale sono state messe in cantiere diverse iniziative finalizzate al derisking del portafoglio. A partire dal varo - già operativo, visto il conferimento del mandato a Jp Morgan, Medio banca e Bonelli Erede - di una maxi- cartolarizzazione di sofferenze da 11,6 miliardi. Progetto fotocopia dell'operazione Elrond, chiusa lo scorso luglio, il progetto "Aragorn" contempla il possibile utilizzo della garanzia dello Stato (Gacs) e dovrebbe essere finalizzato nel primo semestre 2018. In pista ci sono anche cessioni di crediti a sofferenza per 500 milioni di euro, da realizzare nel secondo semestre 2018, attraverso una cessione pro-soluto da eseguirsi al termine di un'asta. A valle di questo "pacchetto" di misure straordinarie, l'Npe lordo della banca al 2020 è stimato al di sotto dell'asticella del 10%, al 9,6%, con un coverage ratio sugli Npl a1 59,1%. L'altra gamba del piano industriale è quella relativa all'efficientamento operativo della banca. L'obiettivo, come detto, è quello di migliorare in maniera strutturale la redditività, e per farlo si punta anzitutto a riportare sotto controllo i costi. Da qui, tra le altre cose, la decisione di incorporare il Credito Siciliano, chiudere altre 88 filiali "tradizionali" e liberare circa 400 risorse nell'arco di piano (con 170 uscite finanziate tramite il Fondo esuberi), così da far scendere il rapporto tra costi e ricavi al 57,5% al 2020. Iniziative che appaiono necessarie anche alla luce dei numeri di ieri, relativi ai primi nove mesi dell'anno, durante i quali si è registrato un rosso di 403 milioni, soprattutto per rettifiche su crediti.«Per noi questa è la prima vera giornata da Spa - spiega al Sole 24 0re il presidente Miro Fiordi al Sole 24 0re - Il nuovo piano permette di voltare pagina in maniera definitiva: riportiamo la banca su un sentiero di redditivita sostenibile e di forza patrimoniale che non esclude la possibilità di fusioni, ma che ci permette di guardare alle eventuali op portunità di mercato che si dovessero presentare da una posizione di forza».

SCENARIO BANCHE 78 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Al via il processo su Banca Marche art Si è aperto ieri ad Ancona il processo per la bancarotta di Bnaca Marche. Il primo atto è stato il deposito dell' istanza di parte civile al Gup Carlo Cimini di ben 3mila risparmiatori convolti avario titolo nel crac della banca. I profili dei risparmiatori costituitosi in giudizio sono i più svariati: si va dal proprietario terriero che ha visto azzerare il valore di azioni per 6 milioni di euro; all'emigrato che ha perso i risparmi di una vita con le obbligazioni subordinate fmo ai dipendenti a cui sono stati ridotti gli emolumenti durante la fase del commissariamento. Non solo ma accanto alle istanze di 3 mila risparmiatori assistiti dagli avvocati dell'Unione nazionale consumatori, c'è uno dei grandi soci della vecchia Banca Marche, la Fondazione Carima che ha visto andare in fumo dal falò della banca 191 milioni di euro.La Procura di Ancona ha chiesto il rinvio a giudizio per 16 persone del vecchio vertice dell'istituto, a partire dall'ex direttore generale Massimo Bianconi accusate avario titolo di banca rotta, ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto. Secondo l'accusa, gli imputati, «mediante condotte sia commissive che omissive distraevano, dissipavano e distruggevano il patrimonio della società, o comunque ne cagionavano o concorrevano a cagionare lo stato di dissesto e di insolvenza per effetto di operazioni dolose, consistite in concessioni di finanziamenti, compiute con gli abusi dei poteri e le violazioni dei doveri inerenti alle loro qualità, con l'intento di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto a danno della società e dei creditori, costituito dalla realizzazione fraudolenta di utili». Questo dice l'accusa che parla di una serie di fmanziamenti fatti per favorire «alcuni clienti (prevalentemente legata da rapporti personali, e in alcuni casi anche economici, con il direttore generale Bianconi)». Altro capitolo spinoso erano le garanzie a supporto dei fmanziamenti che o non erano effettive, o presentavano delle criticità, dice l'accusa, «Poiché le garanzie personali erano rilasciate dagli stessi soggetti sulle diverse società e dalle società del gruppo fraloro (i fideiussori erano o società del gruppo, spesso a loro volta già affidate, o soc i delle medesime o parenti dei soci), senza considerare il complessivo indebitamento del gruppo e dei garanti e senza adeguata valutazione della loro capacità patrimoniale, specie rispetto alla complessiva esposizione.

SCENARIO BANCHE 79 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Venete, per i rimborsi serviranno anni - Venete, per i rimborsi servono anni art I commissari liquidatori delle banche venete sono in una «interlocuzione avanzata» con Sga, la società del ministero dell'Economia incaricata del recupero dei crediti deteriorati ed entro fine mese potrebbero chiudere i contratti. Ma gli oltre iomila creditori che, prevedibilmente, presenteranno un'insinuazione al passivo dovranno aspettare anni prima di ottenere un rimborso. I flussi di recupero dei crediti che saranno gestiti dalla Sga dovranno prima soddisfare i 53 miliardi vantati dallo Stato per lo sbilancio di cessione della parte in bonis delle due banche a Intesa Sanpaolo. E quanto è stato spiegato ieri davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta che, in questa fase, resta concentrata sulle crisi di Veneto Banca e BpVi. La struttura degli attivi dei due istituti posti in liquidazione ordinatalo scorso 25giugno comprende per più dell'85% crediti deteriorati, ha spiegato Fabrizio Viola, liquidatore di entrambi gli istituti, aggiungendo che si prevede una possibilità di realizzo de1 57% nel caso di Veneto Bancae attorno al 50% per la Popolare di Vicenza Le liquidazioni dei due istituti, ha aggiunto Viola, hanno in carico anche 8 miliardi di crediti unlikely to pay, gli ex incagli, che andranno gestite con cura per evitare che deteriorino ulteriormente: «Ci possiamo immaginare - ha osservato Viola - quale sarebbe l'impatto se andassero tutti in sofferenza». Per la liquidazione di Popolare di Vicenza sono già stati ceduti titoli azionari quotati per no milioni e«siamo nella fase finale per la cessione della controllata Farbanca». Tra gli asset della Vicenza, è stato ricordato, rientrano anche opere d'arte per un valore di 55 milioni. Per quanto riguarda Veneto Banca, dopo la cessione di Bim i commissari liquidatori si apprestano invece ad avviare la vendita di Claris Leasing e Claris Factor. In apertura dell'incontro il presidente della Commissione, Pier Fardinando Casini, ha confermato che sono stati consegnati gli elenchi dei grandi debitori e che i nominativi rimarranno riservati. Il commissario liquidatore di Popolare Vicenza, Giustino Di Cecco, senza fare nomi ha però rivelato dettagli significativi sulla concentrazione dei vecchi crediti: «le prime too posizioni a sofferenza rappresentano 1,2 miliardi di credito di valore nominale cioè il 21% del totale delle sofferenze del gruppo Bpvi, un numero significativo». Nel corso dell'audizione Fabrizio Viola ha riconosciuto ilvalore dell'operato del governo nella gestione delle due crisi: «ha fatto tutto quello che mi aspettavo facesse». Poi, rispondendo a chi gli domandava che cosa farà in caso di rinvio a giudizio nel procedimento su Monte dei Paschi, ha affermato: «Quando succederà farò le mie valutazioni». Alle domande sulla fattibilità del piano di fusione delle due banche, Viola s'è limiato a osservare che poteva anche essere sostenibile ma che il progetto aveva «rischi di execution tipici di banche in condizioni difficili, ma gestibili». Nel primo semestre 2017, ha poi ricostruito, ci sono state «interlocuzioni molto fitte» ma poi Bruxelles e la Bce hanno ritenuto che il piano nella sua ultima versione di maggio era troppo ambizioso». Per domani è confermato il confronto in Commissione tra Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza di Banca d'Italia, eAngelo Apponi, direttore generale della Consob. La Commissione vuole verificare le versioni dei due dirigenti sugli scambi di informazioni tra le due Autorità relative al prezzo delle azioni delle banche in vista degli aumenti di capitale.

SCENARIO BANCHE 80 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Bond Etruria, Pm al lavoro sullo scontro in Consob art Ancora approfondimenti sull'operato degli organi di vigilanza all'interno dell'indagine sul crack di Banca Etruria. La procura di Arezzo sta studiando l'atto con cui la Consob autorizzò le obbligazioni subordinate del 2o13, per un valore di circa 120 milioni, vendute alla clientela nello stesso anno. Inoltre acquisirà il verbale del dibattito interno alla commissione che dette l'ok all'operazione. Non tutti erano infatti d'accordo, i membri si divisero e a quel punto fu rilevante la posizione del presidente Giuseppe Vegas, il cui voto valeva doppia. La commissione spaccata La commissione era composta da quattro persone. Di queste, due espressero un parere negativo sulle obbligazioni subordinate di Bpel e due positivo. I membri all'epoca erano Paolo Troiano, Michele Pezzinga e Vittorio Conti, a cui si aggiunge lo stesso Vegas, che votà a favore. Fu così che il prospetto venne approvata La pratica insomma non passò liscia in Consob. Il fatto che ci siano state contrarietà all'interno della commissione potrebbe far supporre che alcuni elementi critici fondamentali della banca fossero già noti e discussi all'interno dell'Autorità di vigilanza delle società quotate, e che l'emissione di obbligazioni da vendere sul mercato retail potesse già essere considerata rischiosa già nell'aprile 2013. Consob ha recentemente sanzionato per 2,8 milioni gli ex vertici di Banca Etruria, accusandoli di non aver fornito all'epoca dei fatti la realistica descrizione della situazione in cui versava l'istituto aretina Secondo Consob i problemi finanziari sarebbero stati inoltre più chiari se dalla Banca d'Italia fosse stata messa a disposizione «la nota del 24 luglio 2012, inviata da Banca d'Italia al presidente della Popolare dell'Etruria»; «i rilievi e le osservazioni formulate da Banca dItalia a Bpel in esito alla verificaispettiva condotta nel periodo 18 marzo 2013-6 settembre 2013»; «la nota del3 dicembre inviata da Banca d'Italia al presidente del Cda di Bpeb (relazione Consob con il mercato del 9 maggio 2016). Ma per gli inquirenti la nota del 2012 sarebbe stato solo un riassunto di contenuti di ispezioni già condivisi da Bankitalia e Consob, mentre i rilievi del 2013 sarebbero stati comunque tardivi rispetto alle emissioni di aprile e ottobre 2013. Il faro su Bankitalia. Ulteriore approfondimento da parte della procura. Stavolta relativo alle ultime dichiarazioni di Carmelo Barbagallo, a capo del dipartimento Vigilanza della Banca d'Italia. Il 2 novembre ha dichiarato alla Commissione di inchiesta parlamentare sulle banche che Palazzo Koch non avrebbe autorizzato la fusione tra Etruria e Popolare di Vicenza, e che addirittura dal 2007 al 2011 le criticità della banca vicentina sarebbero già state evidenti. Tuttavia nella «parte riservata» dell'ultima ispezione di Bankitalia nei confronti di Banca Etruria, datata 2 febbraio 2015, emerge che gli ispettori sottolineassero che «al di là della manifestazione di interesse avanzata dalla Banca Popolare di Vicenza, nessun operatore ha prodotto offerte». Pertanto Banca Etruria fu commissariata nel 2015 proprio perché su questo punto continuò «a perseguire una strategia dilatoria per non creare le premesse per un concreto interessamento da parte di eventuali partner». Nei documenti Bankitalia fmora emersi non si parla mai in modo critico della possibile fusione con la Popolare di Vicenza.

SCENARIO BANCHE 81 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Fineco, utili a 151 milioni Cresce la raccolta (+46%) art FinecoBank continua a creare profittie ad aumentare le masse in gestione. Nei primi nove mesi del 2017 la banca diretta multicanale del gruppo UniCredit ha realizzato un utile netto di 151 milioni di euro, che risulta in flessione del 7% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, ma che comprende anche voci non ricorrenti legate alla svalutazione dell'esposizione in titoli di capitale e all'impegno a erogare fondi nei confronti dello Schema Volontario in riferimento al salvataggio di C arim e Carismi (paria 5,9 milioni) al netto delle quali salirebbe a 156,9 milioni (+7,8%). Un dato che deriva dalla costante crescita dei ricavi e del risultato di gestione (rispettivamente 6,3% a 430,9 milioni e 9,3% a 256,2 milioni), dal controllo dei costi operativi (+2,1% a 174,7 milioni per un rapporto cost/income in calo di 1,7 punti percentuali al 40,5%) e che si accompagna a una crescita degli attivi in gestione. Nel mese di ottobre, secondo i dati diffusi sempre ieri, il gruppo ha realizzato una raccolta netta pari a 517 milioni ( 46% rispetto all'anno precedente), portando così a 4,7 miliardi il totale da inizio anno e a 66,3 miliardi il patrimonio totale ( 10% rispetto al dicembre 2016). FinecoBank è stata in grado di migliorare i risultati anche nel terzo trimestre (chiuso con un utile al netto delle poste ricorrenti pari a 52,7 milioni) che si è dimostrato non certo favorevole sotto il profilo delle commissioni, in virtù di un modello di business che punta sulla crescita organica e sulla diversificazione delle fonti di reddito. A questo proposito, l'amministratore delegato Alessandro Foti ha tenuto a ricordare i progressi registrati nel segmento private (dove il patrimonio è cresciuto del 20% in un anno a 25,1 miliardi) e le nuove iniziative nel settore del lending, dove il controvalore dei mutui erogati alla clientela già esistente ha raggiunto i 357 milioni (ed è in linea con l'obiettivo fissato per fine anno attorno ai 600 milioni) e l'ammontare di prestiti personali ha raggiunto i 326 milioni. Procede spedito anche lo sbarco sul territorio britannico, dove le attività di Fineco sono iniziate a fine aprile: «In meno di 6 mesi - ha spiegato Foti a 11 Sole 24 ore - siamo già vicini a festeggiare il cliente numero mille, un traguardo raggiunto sostanzialmente senza alcuna campagna pubblicitaria e puntando non solo sui residenti italiani in Inghilterra ma anche sulla stessa clientela locale, che ammonta a circa il 30% del totale». Così come avanza la fase di costituzione della società di asset management, che «sarà operativa alla fine del primo trimestre del 2018 o comunque entro metà dell'anno prossimo e ci permetterà di guadagnare in efficienza costruendo in casa nostra fondi di fondi e fondi singoli in delega di gestione, offrendo quindi soluzioni migliori ai nostri clienti», sottolinea Foti, che si è soffermato anche sulle prospettive della raccolta: «A questo punto dell'anno possiamo sbilanciarci dicendo che supereremo i 5 miliardi, ma la tendenza alla crescita, guidata da fattori strutturali quali la digitalizzazione e la richiesta di consulenza da parte dei clienti, è destinata a proseguire anche nei mesi successivi».

SCENARIO BANCHE 82 Sole 24 Ore 08-nov-2017

Parterre - L'istituto delle banche popolari vende cinque asset a Milano art Un pacchetto di cinque immobili, di cui tre nel centro di Milano, uno in periferia e uno ad Assago Milanofiori. E la fotografia del portafoglio - soprannominato Marble - che l'advisor Cbre sta vendendo per conto dell'Istituto delle banche popolari italiane. Un portafoglio che vale circa 75 milioni di euro per oltre 25mila metri quadrati di superficie. Un pacchetto che comprende uffici in via Verziere, corso Europa 18, via Broletto, via Zurigo e appunto Milano fiori. Sono proprio gli asset di via Verziere e di corso Europa i più significativi e appetibili. Alcuni edifici oltre agli uffici hanno anche una componente residenziale. Interessati alla competizione sono almeno una quarantina di investitori internazionali e non. I1 portafoglio può fare gola soprattutto a investitori value add, perché al momentogli immobili sono vuoti e devono essere riqualificati prima di riposizionarli sul mercato.

SCENARIO BANCHE 83 Sole 24 Ore 08-nov-2017

«Cattolica resterà cooperativa e punta a raddoppiare i premi» art Mentre l'intero comparto assicurativo in questi giorni si è interrogato sul futuro e in particolare sul digitale, Cattolica ha scommesso su un modello già ampiamente testato: la bancassurance. Una scelta che l'amministratoredelegato della compagnia, Alberto Minali, ha commentato così durante il 19 Annual Assicurazioni tenuto ieri a Milano: «Sono molto contento dell'accordo con Banco Bpm, giovedì mattina firmeremo. Certo è un investimento (850 milioni di euro, ndr)su un modello tradizionale ma questo non esclude il nostro impegno sul fronte dell'altissima tecnologia. Cattolica però deve essere prima di tutto un gruppo fortemente radicato sul territorio e Banco Bpm è tra le più importanti banche d'Italia, tra le più patrimonializzate e forse quella con la migliore presenza sulla nostra area di riferimento». Cattolica dunque hasemplicemente scelto di sfruttare un'opportunità venutasi a creare in tempi recenti: quella di «unirsi» a un primario istituto italiano. Un'occasione che nei piani dell'amministratore delegato, porterà «a raddoppiare i volumi dei premi», complice la rete di 1700 sportelli cui è legata la joint venture che, nelle ambizioni del manager, verrà estesa anche alle filiali Bpm a partire dal 2021, quando scadrà l'accordo con Covéa: «Siamo pronti ad allargare il perimetro se il partner ci riterrà all'altezza». Quanto alle possibili evoluzioni nell'assetto societario, sulle quali il mercato scommette tanto più dopo l'ingresso nel capitale di Warren Buffet, il manager ha sottolineato che la trasformazione in spa «è un'ipotesi ma non è allo studio». Tanto che il nuovo piano industriale non contemplerà «alcuna riforma societaria». Al più potrà essere rivista la governance per «mitigare» alcune peculiarità tipiche del modello cooperativo. L'intesa con Banco Bpm sarà invece un tassello rilevante del business plan che verrà presentato a fine gennaio e che ruoterà attorno ad alcuni «punti fermi», tra i quali superare alcune debolezze della compagnia come «l'eccessiva dipendenza dal business auto». Ragion per cui Minali conta di incrementare l'attività corporate e malattia, allargando quindi il perimetro senza perdere la centralità dellRc Auto. In questo senso, tema chiave sarà anche il welfare: «Oggi facciamo55 milioni di euro di premi l'anno a fronte dei 5oo-600 milioni di altre compagnie che non sono però dieci volte noi. Ecco perché dobbiamo crescere: possiamo arrivare a raddoppiare». E per fare tutto questo «la tecnologia è un asset abilitante». E proprio di digital trasformation ha parlato sempre Minali con Yuri Narozniak, direttore generale Groupama Assicurazioni e Fabio Carniol, amministratore delegato Helvetia Vita e Chiara Assicurazioni sempre durante il 19 Annual Assicurazioni. Narozniak ha sottolineato che gli investimenti sulla digitalizzazione hanno portato efficienza sulla rete e hanno avuto «un impatto sulla produttività significativo». Quanto alla tempistica perché si possano vedere c onc retamente gli effetti dell'innovazione e della tecnologia Minali ha spiegato che per Cattolica l'obiettivo è al 2020, ossia con il nuovo piano. Per Groupama, invece, i prossimi 18 mesi saranno cruciali, così come per Helvetia ma C arniol ha aggiunto che per accelerare davvero forse bisogna anche abbandonare «certi tipi di liturgie» che rallentano i processi.

SCENARIO BANCHE 84 Stampa 08-nov-2017

Il retroscena - Saccomanni ritorna in campo Verso la presidenza di Unicredit art Si bruciano le tappe, in casa Unicredit. Al punto che oggi - salvo intoppi dell'ultim'ora - il consiglio di amministrazione non si limiterà a esaminare i conti degli ultimi nove mesi, peraltro già usciti in via preliminare per un errore interno, ma deciderà anche il nome del candidato del prossimo presidente della banca. Nelle ultime ore il candidato a succedere a Giuseppe Vita e su cui sembra coagularsi il consenso interno risponde al nome di Fabrizio Saccomanni. L'ex ministro dell'Economia (quando a Palazzo Chigi c'era Enrico Letta), una vita in Banca d'Italia da cui è uscito nel 2013 da direttore generale, sarebbe così in pole position, gradito anche e soprattutto all'amministratore delegato Jean Pierre Mustier, il banchiere che - dopo il successo dell'aumento di capitale - ha raccolto una sorta di delega in bianco da parte dei grandi fondi internazionali entrati nel capitale di Piazza Gae Aulenti nell'occasione. Saccomanni non dovrà attendere la nomina assembleare a presidente per entrare in banca, ma già prima - e secondo alcune indiscrezioni già oggi - potrebbe essere cooptato in consiglio. II posto sarà infatti liberato da un consigliere eccellente, Fabrizio Palenzona. Era stato il «camionista» di Novi Ligure - cosi chiamato per via della sua lunga presidenza della Fai, la federazione degli autotrasportatori - del resto il primo a dimettersi dalla vicepresidenza per agevolare la semplificazione della catena di comando voluta da Mustier. E ora sarà ancora una volta Palenzona, conscio di come un ciclo si sia ormai chiuso, a fare un passo indietro anche dal consigno, dove per quasi un ventennio ha fatto il bello e il cattivo tempo. Ma il clima è cambiato, il potere delle fondazioni - di cui è stato sempre espressione da uomo forte della Crt - è andato via via scemando, per diventare pressoché un ricordo dopo l'aumento. In piena sintonia con Mustier, dunque, Palenzona lascerà il cda in vista del suo prossimo impegno alla presidenza di Prelios che si assommerà alle varie presidenze associative come Aiscat (le concessionarie di autostrade) e Assaeroporti. In linea con la prassi anglosassone, tanto cara a Mustier, Saccomanni sarà cooptato nel cda e potrà così fare pratica della banca, conoscerla a fondo e arrivare così preparato all'appuntamento di primavera quando gli organi sociali saranno rinnovati secondo il nuovo statuto che i soci saranno chiamati ad approvare il 4 dicembre. Secondo il nuovo schema sarà il cda uscente a proporre la lista dei nuovi entranti, un'autocooptazione tipica delle società a capitale diffuso e ben vista in Bce. Saccomanni, 75 anni il 22 novembre, risponde agli auspici di chi voleva un presidente italiano, meno - non ce ne voglia - a chi lo voleva anche «giovane». Un desiderio espresso da Vita e fatto proprio dalle fondazioni, che in realtà per un certo periodo avevano puntato le loro fiche su Massimo Tononi. Alla fine la lista corta si è concentrata su pochi nomi, che accanto a Saccomanni, vedeva tra gli altri un illustre ex di Unicredit, Carlo Salvatori e Alberto Cribiore, dopo che già l'ipotesi Lucrezia Reichlin era tramontata.

SCENARIO BANCHE 85 Stampa 08-nov-2017

Mps torna in utile Assemblea il 18/12 art Montepaschi ha infatti chiuso l'ultimo trimestre con un utile da 242 milioni di euro. Da inizio anno, i conti restano comunque in rosso per 3 miliardi. Dopo aver approvato i risultati, il consiglio si è dimesso e ha convocato l'assemblea per il 18 dicembre prossimo, quando sarà nominato il cda targato ministero dell'Economia, destinato a salire al 68% del capitale. Sui conti pesa l'andamento della raccolta, in calo dello 0,7%, ma fa ben sperare la crescita da 11 miliardi dall'inizio dell'anno di conti correnti e depositi. L'ad di Mps, Marco Morelli, si è detto non preoccupato per le nuove norme della Bce in tema di crediti deteriorati.

SCENARIO BANCHE 86 Stampa 08-nov-2017

Banca Leonardo passa sotto l'ala di Crédit Agricole art Crédit Agricole cresce ancora in Italia e compra Banca Leonardo, il salotto finanziario milanese fondato 18 anni fa e guidato dal 2006 da Gerardo Braggiotti, ex Mediobanca ed ex Lazard, specializzato nella gestione dei grandi patrimoni in Italia e in Svizzera. Escono di scena Exor, con il 16,51%, Gbh (9,9%), Eurazeo (18,34%), Swilux (18,34%) e Torreal (4,59%), che vendono complessivamente il 67,67% del capitale di Via Broletto a Indosuez Wealth Management del gruppo Crédit Agricole. Non si conoscono le condizioni dell'accordo, anche se dalla finanziaria della famiglia Agnelli-Elkann fanno sapere che il corrispettivo è «basato sul valore tangibile delle attività (Tnav) incrementato di un percentuale delle masse gestite (Aum)», ed è «in linea con il valore di carico dell'investimento». In questo modo cresce ulteriormente la presenza in Italia dell'Istituto francese, azionista di Intesa fino al 2006 e titolare di Cariparma e Friuladria dal marzo 2007 dopo il divorzio dalla Ca' de Sass, avvenuto a seguito della fusione tra Banca Intesa e Sanpaolo Imi. Alla «Banque Verte» fanno capo anche le Casse di Risparmio di Cesena, San Miniato e Rimini oltre che Pioneer, rilevata nell'estate da Unicredit tramite la controllata Amundi (70% Crédit Agricole). I francesi puntano al 100% di Banca Leonardo ed offrono agli altri soci di minoranza le stesse condizioni di acquisto per raggiungere il 100% del capitale. Tra i potenziali venditori Allianz, Italmobiliare (famiglia Pesenti) e Micheli Associati, tutti con il 2,75%, Is.Co. (2,57%), Edizione (Famiglia Benetton) con l'1,83% e altri soci con meno del 2% per un complessivo 19,67% del capitale. Con la creatura di Bragiotti Crédit Agricole Indosuez Wealth Management si assicura 5,9 miliardi di euro aggiuntivi di masse amministrate. Per il country officer di Crédit Agricole Gianpiero Maioli l'operazione permetterà di «sviluppare le sinergie fra le diverse attività della banca» e rafforzerà «la nostra già forte posizione in Italia aumentando la gamma di prodotti e servizi offerti a 3,5 milioni di clienti».

SCENARIO BANCHE 87 Stampa 08-nov-2017

Creval, aumento da 700 milioni art Il cda di Crevai ha approvato il nuovo piano industriale al 2020 che prevede un aumento di capitale per 700 milioni di euro e nuove operazioni di cessioni di crediti deteriorati per un massimo di 1,6 miliardi. Per tagliare i costi operativi per 63 milioni verranno chiuse altre 88 filiali con un target di 350 unità entro fine 2018. Prevista inoltre un'ulteriore riduzione degli organici - quantificati in 400 - anche attraverso l'utilizzo del fondo di solidarietà per il credito. II Creval, presieduto da Miro Fiordi (foto), ha archiviato i primi 9 mesi con una perdita di 403 milioni di euro. II gruppo valtellinese registra inoltre rettifiche di valore su crediti e altre attività finanziarie per 386 milioni. I crediti deteriorati del Creval sono scesi a 2,2 miliardi rispetto a 3,2 miliardi del 2016. La raccolta diretta è di 19,9 miliardi (-5,7%) mentre quella indiretta è salita a 11,9 miliardi (11,6 miliardi nel 2016). II patrimonio netto è sceso a 1.361 milioni (1.753 milioni nel 2016). II margine di interesse si attesta 295 milioni (-6,7%). I proventi operativi sono in netto calo: 296 milioni contro i 559 milioni del 2016.

SCENARIO BANCHE 88 Stampa 08-nov-2017

L'Italia insiste sui crediti deteriorati I dubbi di Strasburgo sul piano Bce art «È una battaglia tutta italiana» sorride un diplomatico europeo. Con le dita della mano destra conta fino a tre ed elenca altrettanti nomi: «Pier Carlo Padoan, Antonio Tajani e Roberto Gualtieri». Con la sinistra, invece, si ferma al pollice e scandisce: «Mario Draghi». Visto da Bruxelles, lo scontro sulle linee guida della Bce per lo smaltimento dei crediti deteriorati bancari ha i contorni dello Stivale. Eppure all'orizzonte si intravede il rischio di uno scontro istituzionale tra Francoforte e Strasburgo. Un primo segnale in questo senso è atteso proprio per oggi. II servizio legale del Parlamento Ue consegnerà al presidente Tajani un parere sul contestato addendum della Vigilanza Bce, che fissa i criteri per gli accantonamenti per coprire i «Non performing loans». Ai piani alti dell'Eurocamera assicurano di non sapere ancora cosa ci sarà scritto, ma l'impressione è che il parere combacerà con quello del numero uno del Parlamento. «Sono convinto che ci sia un limite oltre il quale la Bce non può andare» ha ribadito ieri Tajani, aggiungendo che «la Vigilanza non può svolgere attività normativa». Il nodo è proprio questo: le regole proposte sono «generali e astratte, con valore vincolante» oppure si tratta di blande lineeguida che si applicheranno soltanto caso per caso? La risposta la darà il parere legale, che l'italiano Tajani consegnerà al connazionale Roberto Gualtieri, presidente della commissione Affari Economici del Parlamento. L'eurodeputato Pd la userà domani per intervenire in commissione Econ durante l'audizione di Danièle Nouy, numero uno della Vigilanza Bce. E questa l'arma «preventiva» con cui il Parlamento spera di fermare il piano di Francoforte. Ma la Nouy lunedì aveva confermato all'Eurogruppo l'intenzione di voler andare avanti e il presidente Jeroen Dijsselbloem aveva assicurato che i ministri dell'eurozona «sono d'accordo» sul sostegno al piano. Padoan la pensa diversamente. Ha precisato di esser stato «l'unico ministro a intervenire» dopo il discorso della Nouy e di considerare «una forzatura» il piano Bce perché «l'addendum va oltre i limiti istituzionalmente definiti». Lo stesso Draghi, però, ieri ha difeso l'azione della Vigilanza, «che ha reso le banche più forti e resistenti». E non si torna indietro perché il problema dei crediti deteriorati «non è ancora risolto».

SCENARIO BANCHE 89 Stampa 08-nov-2017

Messina: "Intesa mantiene la politica dei dividendi" art La nuova regolamentazione sui crediti deteriorati allo studio della Bee «non avrà impatto sulla nostra capacità di distribuire dividendi e sul nostro capitale», assicura l'ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina. II banchiere parla in occasione dei conti al 30 settembre, che si sono chiusi con utili da 2,5 miliardi di euro (al netto del contributo di 3,5 miliardi per l'acquisizione delle banche venete), in crescita del 5,7% rispetto a un anno fa. «Una solida performance pienamente in linea con gli obiettivi di dividendo per il 2017, pari a 3,4 miliardi», la definisce il banchiere che, in tema npl, conferma la sua linea sull'ormai celebre addendum di Francoforte relativo ai crediti dubbi. «Siamo fermamente convinti sull'esigenza di accelerare la riduzione dei crediti deteriorati», dice, ma «non sono d'accordo sul merito e credo che non sia il modo migliore». Anche perché, fa notare Messina, la situazione sta migliorando. In Intesa si registra «il più basso flusso di crediti deteriorati dal 2007». Negli ultimi due anni lo stock di npl è sceso di 11 miliardi ed entro il 2019 ci sarà un ulteriore alleggerimento di 16 miliardi. La banca si presenta con un indice patrimoniale «common equity» al 13,4% con un eccesso di capitale rispetto ai requisiti regolamentari di 12 miliardi. «Sui dividendi il punto è sempre stato legato all'eccesso di capitale. Quindi siccome siamo in ottima forma crediamo che possiamo mantenere questa posizione». Quanto all'assorbimento delle due banche venete (che nel terzo trimestre hanno perso, al lordo, 100 milioni) per quest'anno l'impatto «sarà neutro e per il futuro» da loro arriverà «un contributo positivo nell'utile per azione». Per il resto la banca, in attesa del piano industriale, conferma la vocazione per il wealth management da cui deriva «oltre il 50% dell'utile corrente lordo». [F SP.]

SCENARIO BANCHE 90 MILANOFINANZA.IT 07-nov-2017

Fabi si rinnova a Vicenza e Treviso art Rinnovate le segreterie della Fabi di Vicenza e di quella di Treviso. Al termine dei congressi svoltisi la scorsa settimana, sono stati eletti i componenti delle squadre che guideranno le due strutture territoriali per i prossimi quattro anni. Ecco gli eletti delle nuove segreterie. Per la Fabi di Vicenza: Giuliano Xausa (coordinatore), Delfo Azzolin, Diego Casarin, Stefano Huller, Flavio Toniolo, Ruggero Mocellin, Mauro Turatello, Helga Boscato e Luca Soldà. Per la Fabi di Treviso Massimo Gavagnin (coordinatore), Luisa Scudeler, Sandro Bortoluzzi. Ai due congressi ha partecipato anche il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, che ha parlato dei recenti scandali che hanno sconvolto la regione: quello di Popolare Vicenza e Veneto Banca, ormai acquisite da Intesa Sanpaolo . «I lavoratori in queste due gravi vicende di risparmio tradito sono vittime e non complici», ha ricordato Sileoni. «Chiediamo al gruppo Intesa d’individuare formule innovative per rimborsare tutti i risparmiatori danneggiati».

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