Rassegna del 04/11/2016

FABI 04/11/2016 Eco di Bergamo 14 Trattativa Ubi ora nel vivo ma posizioni ancora distanti ... 1 4.52.00 04/11/2016 Giornale di Vicenza 26 La banca svuota il palazzo - Banca Intesa, in 300 cambiano sede Frison Andrea 2 7.27.00 SCENARIO BANCHE 04/11/2016 Avvenire 27 Bankitalia detta le linee della riforma per le Bcc «Bene anche 2 Fatigante Eugenio 3 0.48.00 gruppi» - Riforma Bcc, Bankitalia detta linea e tempi 04/11/2016 Corriere del Trentino 11 Contento a metà il presidente Azzi «Così non si crea qualcosa di ... 4 4.25.00 nuovo» 04/11/2016 Corriere del Trentino 11 Credito coop, Bankitalia detta le regole - Riforma del credito coop Orfano Enrico 5 4.27.00 Bankitalia fissa i paletti 04/11/2016 Corriere del Veneto 9 Padova Banca di garanzia, tutti a processo Peghin: «Io come Ilaria Munaro Nicola 6 4.39.00 Edizione di Venezia e Capua» Mestre 04/11/2016 Corriere del Veneto 15 Antitrust, ispezione in Veneto Banca - Mutui e prestiti in cambio di Nicoletti Federico 7 4.58.00 Edizione di Venezia e azioni faro Antitrust anche su Veneto Banca Mestre 04/11/2016 Corriere del Veneto 15 Banca Intesa Centro Torri, sit-in contro la chiusura ... 8 4.58.00 Edizione di Venezia e Mestre 04/11/2016 Corriere della Sera 42 Piano Mps, Passera sentito in Consob «Così le regole per Massaro Fabrizio 9 4.12.00 convertire i bond» 04/11/2016 Corriere della Sera 43 Fininvest, congelato il 20% in Mediolanum Chiesa Fausta 10 4.29.00 04/11/2016 Corriere della Sera 45 Sussurri & Grida - si riorganizza, a Canzonieri la f.d.r. 11 4.36.00 guida dell'Italia 04/11/2016 Corriere della Sera 45 Sussurri & Grida - Il riassetto Bcc partirà in anticipo, già nel 2017 ... 12 4.37.00 04/11/2016 Corriere dell'Alto Adige 11 Riforma credito Il gruppo locale entro 18 mesi - Bankitalia vara le Damaggio Marika 13 4.48.00 norme attuative Raiffeisen, entro 18 mesi il gruppo 04/11/2016 Gazzetta del 8 Privatizzazione Poste Loizzo: «Meno servizi» Palese: «Basta ... 14 6.01.00 Mezzogiorno tagli» 04/11/2016 Giornale 20 Bankitalia «accelera» sulle nuove Bcc De Francesco Gian Maria 15 1.03.00 04/11/2016 Giornale 20 Il commento - Passera, Rocca Salimbeni e tre domande al Mazzuca Giancarlo 16 1.04.00 sistema 04/11/2016 Giornale 20 Mina referendum sull'aumento di Mps MR 17 1.07.00 04/11/2016 Il Fatto Quotidiano 3 Mps, la banca sta fallendo "Nuovi capitali solo se vince il Sì" Meletti Giorgio 18 0.53.00 04/11/2016 La Verita' 5 I traffici esteri del Califfo di Veneto Banca Bonazzi Francesco 19 5.41.00 04/11/2016 La Verita' 14 Il disinformatico - La bufala del server fra Trump e le banche russe Attivissimo Paolo 20 6.08.00 04/11/2016 Libero Quotidiano 1 L'Europa vuole buttare Silvio fuori dalla sua Mediolanum - Sunseri Nino 21 1.17.00 Vogliono buttare Silvio fuori dalla sua Mediolanum 04/11/2016 Libero Quotidiano 5 Offensiva tedesca per avere la testa di Draghi Bertone Ugo 22 1.55.00 04/11/2016 Libero Quotidiano 22 Mps se la tira ma non batte chiodo Iacometti Sandro 23 2.32.00 04/11/2016 Messaggero 18 Pioneer, Poste stringe le fila e punta a quotare la newco r. dim. 24 2.52.00 04/11/2016 Mf 3 Visco, cinque anni da governatore nel bel mezzo di una bufera De Mattia Angelo 25 4.14.00 storica 04/11/2016 Mf 4 La Bce armonizza le regole per le banche minori Giuffrè Onofrio 26 4.15.00 04/11/2016 Mf 4 Shadow banking Bruxelles vuole nuovi controlli per tutelare la Ninfole Francesco 27 4.19.00 stabilità finanziaria - Più regole per lo shadow banking 04/11/2016 Mf 7 Visco accelera la riforma Bcc - Bcc, Visco accelera la riforma Messia Anna 28 3.46.00 04/11/2016 Mf 7 Iccrea apre i suoi Pos ai cinesi di UnionPay Pira Andrea 29 3.41.00 04/11/2016 Mf 7 Intervista a Carmelo Barbagallo - Mini-banche, sotto la lente Landau Janina 30 3.43.00 anche il rischio operativo 04/11/2016 Mf 9 Montepaschi, spunta ipotesi di conversione anche dei bond senior Costa Manuel 31 3.48.00 - In conversione anche i bond senior 04/11/2016 Mf 18 Contrarian - Critiche alle banche centrali, ma senza soluzioni ... 32 5.08.00 alternative 04/11/2016 Repubblica 28 Mps: "Bond scambiati in azioni ma tutto dipende dal referendum" Greco Andrea 33 3.13.00 04/11/2016 Sole 24 Ore 5 Per la manifattura è «creditless recovery» D.Col. 34 1.35.00 04/11/2016 Sole 24 Ore 17 Al Credem entrano 120 giovani - Al Credem c'è posto per 120 Casadei Cristina 35 1.07.00 giovani 04/11/2016 Sole 24 Ore 33 Mps, conversione per tutti i bond - Mps valuta la conversione dei Davi Luca - Ferrando 36 1.28.00 bond senior - Mps, ipotesi conversione anche per i bond senior Marco 04/11/2016 Sole 24 Ore 33 Bankitalia apre a due capogruppo per la Bcc - Bankitalia: via libera Colombo Davide 37 1.29.00 alla riforma Bcc 04/11/2016 Sole 24 Ore 35 Passera convocato in Consob R.Fi. 38 1.51.00 04/11/2016 Sole 24 Ore 35 , mini utile di 41 milioni nel trimestre Terlizzi Lino 39 1.58.00 04/11/2016 Stampa 20 Mediolanum. Congelati i voti di Fininvest sul 20,1% F.SP. 40 3.38.00 04/11/2016 Stampa 21 Veneto Banca. Antitrust in campo sui prestiti in cambio di azioni ... 41 3.46.00 04/11/2016 Stampa 21 Bcc. La Banca d'Italia accorcia i tempi "Gruppi al via già dal ... 42 3.46.00 prossimo anno" 04/11/2016 Tempo 15 Bcc Roma, a fine 2016 utili di 20 milioni Leo.Ven. 43 5.52.00 Eco di Bergamo 04-nov-2016

Trattativa Ubi ora nel vivo ma posizioni ancora distanti art Continuano a confrontarsi Ubi e sindacati in quella che sta diventando una vera trattativa-maratona, ma secondo i rappresentanti dei lavoratori, le posizioni restano ancora distanti. Sono entrate nel vivo alcune questioni poste dal sindacato a cui l'azienda ha cominciato a fornire risposte. In primis la questione organizzativa legata ai poli territoriali con la richiesta di contenere la mobilità. C'è poi la partita legata alla tenuta occupazionale nei vari territori (qui ci sarebbero già in merito alcune rassicurazioni di Ubi). È anche in corso di approfondimento tutta la partita relativa agli effetti delle incorporazioni, ai fini retributivi, mentre si dovranno approfondire temi definiti «caldi» quali i permessi, il rinnovo garanzie per i dipendi di Ubiss: al momento non ci sono risposte in tal senso; i premi fedeltà e le varie ricadute legate alla mobilità. Ci sarà poi da capire in che modo attuare eventuali compensazioni per quelle aziende che, a fronte della revisione degli integrativi verranno più penalizzate rispetto ad oggi: un tema su cui il sindacato insiste molto. «L'azienda ha cominciato a rispondere sulle questioni per noi rilevanti ma, per il momento, le posizioni restano distanti», spiegano intanto Andrea Battistini di Fiba-Cisl e Paolo Citterio di Fabi. Prossima settimana 3 incontri, da martedì a giovedì. ***

FABI 1 Giornale di Vicenza 04-nov-2016

La banca svuota il palazzo - Banca Intesa, in 300 cambiano sede art È un pezzo della storia economica vicentina (e del Veneto) che rischia di andarsene. Anzi, i giochi sarebbero già fatti se i sindacati sono scesi in piazza a protestare contro il trasferimento dei dipendenti del gruppo Intesa San Paolo dalla sede di Torri di Quartesolo a quella di Sarmeola, nella periferia di Padova. Ieri mattina, i dipendenti dell'azienda hanno picchettato per due ore l'ingresso, in via Roma, di quella che è stata la sede storica della Banca Cattolica del Veneto, poi diventata Banco Ambrosiano e infine passata nel gruppo Intesa San Paolo. I sindacati e i dipendenti hanno manifestato contro la decisione, da parte dei vertici del gruppo, di chiudere l'azienda entro il 30 giugno 2017 e trasferire i dipendenti. Circa 120 verranno smistati nelle sedi provinciali della banca (alcuni uffici sono collocati a Torri, in zona Piramidi), mentre i rimanenti 200 verranno trasferiti nella sede padovana della banca. Una razionalizzazione, dal punto di vista dell'azienda, che accorperebbe diverse funzioni nella sede dove si trova anche la Fondazione Cariparo, e che permetterebbe di chiudere il contratto di affitto con la società Risanamento Spa, proprietaria dell'edificio di Torri. CONTRARI. Sindacati e dipendenti, però, non sono d'accordo. E in strada, ieri mattina, sono scese in grande spolvero le sigle sindacali del settore: Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca Uil e Unisin. «Noi vogliamo fare all'azienda una proposta alternativa - spiega Giancarlo Pederzolli, First Cisl -. Proponiamo di affittare altri 3 piani della palazzina in zona piramidi, dove attualmente la banca ne possiede 2. A conti fatti, l'operazione avrebbe lo stesso costo, forse sarebbe addirittura vantaggiosa, e permetterebbe a tanti dipendenti, soprattutto i più anziani, di non affrontare il disagio di doversi spostare a Sarmeola». AFFITTO ONEROSO. Attualmente, riferiscono i sindacati, l'azienda spende 2 milioni di euro l'anno di affitto più 1 milione per il mantenimento. «Chiudere la sede è logico, a questi prezzi, ma meno logico è pagare ai dipendenti le indennità per la trasferta. Abbiamo stimato che potrebbe aggirarsi attorno ai 40mila euro al mese, mentre l'affitto di altri locali in zona Piramidi si spenderebbero 30mila euro al mese. Non si tratta di una grossa spesa per un gruppo bancario più sano e florido del nostro Paese». Vero è che molti dipendenti che lavorano a Torri provengono da Padova. «Per questo abbiamo proposto all'azienda di fare uno spacchettamento dei dipendenti - spiega Stefano Garbin, Fisac Cgil -, agevolando il trasferimento per chi vuole andare a Padova e lasciando a Torri chi preferisce rimanere». «Cè da precisare che non ci stiamo scontrando con l'azienda - aggiunge Stefano Veronese, Uilca Uil -. Vogliamo solo proporre una gestione più bilanciata delle spese. Le nostre sono richieste di buon senso». Attualmente nella sede di Torri, si svolgono attività di back office e di gestione amministrativa delle filiali. Vi trovano sede tre aziende del gruppo bancario: la banca per il territorio Cassa di Risparmio del Veneto (sede di riferimento per il Veneto occidentale), Intesa San Paolo Group Services e Intesa San Paolo. • La storia TEMPI D'ORO. Ai"tempi d'oro", la sede di Torri di Quartesolo di quella che fu la Banca Cattolica del Veneto, contava 800 dipendenti. Oggi sono 320, e per loro i prossimi sei mesi si prospettano dedicati a preparare gli scatoloni per il trasloco a Sarmeola. L'edificio, inaugurato nel 1976 e realizzato a spese della Banca Cattolica, è stato successivamente venduto dal gruppo lntesa San Paolo alla società Risanamento Spa, rimanendovi, però, in affitto. E contribuendo pochi anni fa, al restauro dell'edificio. «Siamo stupiti della decisione proprio per i recenti lavori che hanno interessato l'edificio - dichiara Andrea Stimamiglio, assessore alle attività produttive di Torri -. Ci dispiace, perché la chiusura della sede rappresenta sicuramente una perdita: 320 lavoratori in paese hanno un peso per le attività dei bara e dei negozi locali. Ci muoveremo anche noi». A.FR. ***

FABI 2 Avvenire 04-nov-2016

Bankitalia detta le linee della riforma per le Bcc «Bene anche 2 gruppi» - Riforma art Bcc, Bankitalia detta linea e tempi

La riforma delle 335 banche di credito cooperativo fa un altro passo verso il traguardo finale. La Banca d'Italia ha messo da ieri in campo le attese norme "secondarie" (di attuazione della legge approvata ad aprile dal Parlamento) e ora si attende già entro la primavera 2017 la nascita dei nuovi gruppi bancari Spa. Presumibilmente saranno due, dopo il fallimento dei tentativi di tenere tutti assieme e lo "strappo" consumato a metà ottobre dalle Bcc del Nord-Est rispetto a Federcasse, coagulati attorno a Iccrea e alla trentina Cassa Centrale Banca (più il gruppo provinciale di Bolzano), ma Bankitalia fa sapere che «non fa il tifo» per una delle due soluzioni «A noi interessa solo che nascano gruppi molto robusti: chi ha detto che due, ma anche uno, non possano esserlo?», ha detto il capo della Vigilanza, Carmelo Barbagallo. «Certo un unico gruppo può avere sulla carta maggiori sinergie, ma anche la coesione è un elemento essenziale», ha a aggiunto. In ogni caso, si tratterebbe di una soluzione anticipata di un anno circa rispetto alla scadenza disposta dalla riforma per i gruppi Spa, ovvero il 3 maggio 2018. E di «passo avanti» parla il presidente di Federcasse,Alessandro Azzi, pur lamentando che «non è stata recepita appieno la sollecitazione a considerare il Gruppo bancario cooperativo qualcosa di realmente innovativo ed originale rispetto a quelli tradizionali». Si chiudono così mesi di trattative e discussioni che hanno provocato anche tensioni all'interno del mondo cooperativo. Ora resta da vedere se la Cassa Centrale (parte da un patrimonio di base di 234 milioni. ma ha già pronto un aumento di capitale per maggio 2017) che già raggruppa un gruppo di circa 90 istituti trentini, veneti e lombardi (più altri sul territorio nazionale, a esempio in Puglia) riuscirà a mettere assieme almeno 1 miliardo di euro di capitale, necessario per costituireil proprio gruppo che dovrà poi stipulareun "contratto di coesione" con le singole banche. Quindi partirà la fase realizzativa, con la scelta dei componenti del Cda della holding. Arrivi dall'esterno del mondo cooperativo non sono obbligatori, ma nemmeno esclusi. Chiunque andrà, dovrà però avere esperienza internazionale, visto che a vigilare i gruppi sarà la Bce. II gruppo disegnato dalla riforma vedrà così in cima una (o più) capogruppo che, in caso di difficoltà delle banche aderenti, potrà far ricorso rapidamente al mercato dei capitali e aprire l'azionariato fino al 49%, oppure attingere al capitale in eccesso (rispetto ai requisiti prudenziali) delle singole Bcc aderenti. Una misura, questa, che aveva destato altri mugugni. In contropartita la capogruppo avrà poteri di coordinamento e controllo (che possono aumentare in proporzione alla "rischiosità") e dispone di strumenti di early warning (avvertimento). Nemmeno le banche "virtuose" potranno essere autonome e le sub-holding non potranno essere un «centro di potere aggiuntivo». Sono state recepite. infine. le raccomandazioni formulate dalla Bce nel parere del 31 agosto. Sulla vigilanza, comunque, la partita resta aperta. Sul gruppo spetta alla Bce (e all'Srb di Bruxelles la decisione sui salvataggi), ma proprio perla polverizzazione sul territorio delle Bcc è probabile che un ruolo resti a Bankitalia. ** IL LIVELLO DI AUTONOMIA La Banca d'Italia non ha accolto la richiesta, formulata dal sistema del credito cooperativo durante la fase di consultazione, di consentire una completa autonomia delle Bcc più "virtuose" rispetto ai poteri di coordinamento e di direzione assegnati alla nuova capogruppo. La tesi è che una piena indipendenza «è incompatibile» con il concetto stesso di un gruppo bancario. Tuttavia via Nazionale tutela alcuni spazi di autonomia commisurati alla rischiosità del singolo istituto. IL NODO NOMINE Altro punto "caldo" era quello delle nomine. Nella governance della capogruppo aumenta il peso delle banche coop, che volevano innalzare la quota massima (fissata al 50%) degli organi a loro riservata. Ora non c'è più un tetto direttamente nelle norme: sarà stabilito dallo Statuto sulla base di obiettivi di "professionalità e competenza" "adeguatezza di tempo e risorse impiegati nell'incarico" e "non ostacolo all'ingresso di investitori esterni". La capogruppo, poi, darà il gradimento sulle nomine nelle singole Bcc e potrà muovere obiezioni "motivate" sulle designazioni fatte. LA «SOTTOGRUPPO» A metà sono state recepite pure le richieste sulla "sub-holding": può essere costituita per iniziativa delle Bcc del "sottogruppo" territoriale, non solo della capogruppo, e può aderire al "contratto di coesione". Inoltre potrà svolgere anche compiti di controllo interno sui singoli istituti. Bankitalia esige però che possa fungere da supporto o esclusivamente sul piano operativo, senza avere cioè poteri di coordinamento e senza divenire anch'essa un "centro di potere" alternativo rispetto alla capogruppo

SCENARIO BANCHE 3 stessa. ***

SCENARIO BANCHE 4 Corriere del Trentino 04-nov-2016

Contento a metà il presidente Azzi «Così non si crea qualcosa di nuovo» art TRENTO Per il presidente di Federcasse, Alessandro Azzi, la normativa secondaria definitiva di Bankitalia «è un passo avanti», anche se l'autonomia richiesta in favore delle banche non raggiunge il livello sperato. Secondo Azzi, «rispetto alla richiesta di una più compiuta applicazione del principio risk based, sembra di cogliere una maggiore flessibilità per i profili diversi da quelli prudenziali». Ci sarebbero, cioè, «spazi di autonomia imprenditoriale commisurati alla rischiosità della Bcc», ma nella nomina del cda, ad esempio, Azzi non è d'accordo con i paletti. «I diritti dei soci delle Bcc poco o nulla esposte non possono essere compressi oltre una certa misura». Se poi «il meccanismo della cross guarantee impegna le Bcc a mettere a disposizione tutto il proprio patrimonio disponibile», la capogruppo deve fornire «servizi efficienti, competitivi». Secondo Federcasse, al di là della comice normativa restano importanti spazi di autonomia». Ma «non è stata recepita la sollecitazione a considerare il Gruppo bancario cooperativo qualcosa di realmente innovativo rispetto ai gruppi tradizionali». Sulla sfida Iccrea-Ccb Azzi non demorde: «Non realizzare il gruppo unico sarebbe una sconfitta per il sistema». Perciò «concentrerò le mie energie per l'interesse generale e le generazioni future». La partita è aperta. ***

SCENARIO BANCHE 5 Corriere del Trentino 04-nov-2016

Credito coop, Bankitalia detta le regole - Riforma del credito coop Bankitalia fissa art i paletti

TRENTO La Banca d'Italia ha emanato ieri pomeriggio la normativa secondaria relativa alla riforma del credito cooperativo: scattano dunque i 18 mesi entro cui devono essere costituiti i gruppi nazionali. Ma Via Nazionale vorrebbe chiudere la questione prima del 3 maggio 2018, contando di ricevere le istanze di costituzione entro i prossimi 6-12mesi. Non c'è «tifo» per la soluzione a uno o due gruppi — in campo Iccrea e Cassa centrale banca — l'importante è che i soggetti nascano robusti», ha confermato il capo della Vigilanza, Carmelo Barbagallo. Il testo, a una prima lettura, sembra confermare la severità nei confronti delle richieste di autonomia: la capogruppo avrà carta bianca a prescindere dal profilo di rischio del singolo istituto. In particolare, secondo le prime analisi, viene garantita una certa autonomia commerciale, ma non quella prudenziale, condizione per essere adeguati ai principi internazionali Ifrs. Nella sezione terza della normativa, quella dedicata al contratto di coesione, non ci sarebbe traccia del modello «risk based», il famoso «semaforo» previsto da Ccb nel suo modello di gruppo (verde scuro le banche migliori, con massimo di autonomia, verde chiaro quelle buone, giallo quelle in osservazione e rosso quelle più in difficoltà, con un grado minore di autonomia). Sintetizzando «anche le Bcc virtuose che formeranno parte dei gruppi nati dalla riforma non potranno essere autonome rispetto ai poteri di coordinamento e controllo della capogruppo. E così le subholding che si potranno costituire: saranno limitate a supporti operativi e non saranno un centro ulteriore di potere». Il governo societario della capogruppo dovrà essere regolato da uno statuto che assicuri «alta qualità» e «adeguata diversificazione delle competenze e dei profili professionali di cda e organi di controllo». Rispetto agli organi delle banche affiliate la norma è severa: i cda sono nominati dall'assemblea dei soci della Bcc o Cr, «salvo che i soggetti siano ritenuti inadeguati». In tal caso «la capogruppo esercita il potere di nominare o revocare direttamente i componenti degli organi delle banche affiliate fino alla maggioranza degli stessi», per via extra-assembleare. Il potere di revoca di uno o più componenti può essere motivato anche da esigenze di «unitarietà di governane». «Anche quando il contratto di coesione contempli la semplificazione del procedimento di nomina, resta fermo che i poteri di opposizione, nomina e revoca sono esercitabili dalla capogruppo incondizionatamente nei confronti di ogni banca affiliata, indipendentemente dalla sua rischiosità». Il controllo interno viene «svolto in regime di esternalizzazione da parte della capogruppo». Le banche più grandi possono mantenere strutture operative, ma devono comunque riportare al vertice. La capogruppo definisce regole per concessione credito, esposizione, investimenti. Il controllo viene eseguito in base a un sistema di indicatori «early warning», che classificano il livello di rischio e fanno scattare misure di sostegno intra-gruppo. La capogruppo emana disposizioni vincolanti su articolazione territoriale e rete distributiva delle banche. Rispetto alle sanzioni, la capogruppo può disporre la «sospensione dell'assunzione di nuovi rischi, il divieto di nuove operazioni, la restrizione di attività e rete territoriale», fino «all'esclusione dal gruppo». La capogruppo ha il dovere di salvaguardare «le finalità mutualistiche», deve «mantenere lo spirito cooperativo del gruppo», con modelli di business coerenti. Deve «tutelare la stabilità e la sana e prudente gestione delle banche affiliate». Se Cassa centrale banca, dopo la prova di tonicità del meeting di Verona, riuscirà ad arrivare alla meta, secondo il Sole 24 ore si creeranno due gruppi nazionali, (oltre a quello provinciale delle Raiffeisen di Bolzano), terzo e settimo-ottavo in Italia, vigilati dalla Bce. In capogruppo i rappresentanti di Bcc e Cr potranno superare il tetto del 50% degli amministratori (fissato nella prima versione della normativa). La subholding potrà essere costituita anche per iniziativa delle Bcc, non solo della capogruppo: potrà svolgere anche compiti di controllo, oltre all'attività bancaria, ma non potrà avere poteri di direzione e coordinamento, che rimangono in capo alla sola capogruppo. Dalle osservazioni al primo testo emerge che Federcoop denunciava il mantenimento «solo formale» dell'autonomia delle banche, disconoscendo pure il ruolo di Federcasse e Federazioni Locali. Per Geremia Gios (Cr Rovereto), la normativa rendeva le Bcc semplici «filiali di una spa». Enrico Orfano

SCENARIO BANCHE 6 Corriere del Veneto Edizione di Venezia e Mestre04-nov-2016

Padova Banca di garanzia, tutti a processo Peghin: «Io come Ilaria Capua» art PADOVA L'idea secondo cui l'implosione di quella che fu la banca degli imprenditori padovani, la Banca Popolare di Garanzia, fu causata dai suoi ex vertici ha retto la prima prova. Ieri mattina il giudice Margherita Brunello ha rinviato a giudizio i sedici ex amministratori e consiglieri dell'istituto, in sintonia con l'architettura costruita dal pm Roberto D'Angelo che accusa tutti di bancarotta fraudolenta per un buco da 20 milioni di euro. L'ammanco sarebbe alla base del fallimento - datato luglio 2010 - dell'istituto nato dalla trasformazione in cooperativa bancaria di Interconfidi Nordest, il consorzio fidi della Confindustria di Padova, e capace di raccogliere 3 mila soci tra gli industriali della città del Santo. Lungo l'elenco di chi si vedrà aprire le porte dell'aula di un tribunale mercoledì 1 febbraio: l'ex direttore generale dell'Inter Ernesto Paolillo; Francesco Peghin, già presidente e poi vice, di Confindustria Padova; Arturo Romanin Jacur, ex consigliere di Generali e Luca Bonaiti, ex presidente di Confindustria; Francesco Bellotti, consigliere ed ex vice presidente di Confindustria; Francesco Amendola; l'ex consigliere regionale Regina Bertipaglia; Alberto Bonaldo; Annalisa Isoli; Giampaolo Molon, ex ad della banca; Roberto Pavin; Ezio Simonelli, presidente del collegio dei sindaci; Tiziana Scanferla; Francesco Secchieri; il commercialista tributarista Paolo Nicolai e Rosario Bonavoglia. Secondo la procura tra il 2007 e il 2010, avrebbero dilapidato l'intero patrimonio societario in spese personali, aumentandosi gli stipendi, noleggiando macchine con autisti e sperperando le risorse per alcune sedi ad Ancona, Verona, Torino, Milano e Roma, quando in realtà tutto veniva deciso a Padova. Tra le contestazioni anche l'affitto di un appartamento ai Panoli con automobile da rio mila euro a favore di una direttrice della banca e di un ex maggiore della Guardia di Finanza. Non solo, diciotto dipendenti potevano contare su altrettanti veicoli a noleggio senza limiti di percorrenza, con pedaggio e carburante a spese della banca. «Sono sereno con la mia coscienza, ma allo stesso tempo molto amareggiato», si è sfogato ieri Francesco Peghin. Unico, nelle varie udienze preliminari, a rilasciare spontanee dichiarazioni al giudice affermando di essere entrato nel Cda, nel 2oo7 per due anni e solo su invito, come consigliere senza deleghe. «Vivo quell'amarezza profonda che si prova quando ci si ritrova, impotenti, a subire una grande ingiustizia - continua Peghin -. Avevo accettato di entrare nel Cda per puro spirito di servizio nei confronti dell'associazione di categoria che rappresentavo. E oggi, a distanza di 7 anni e mezzo dalla conclusione di quella breve esperienza, mi ritrovo a giudizio con delle accuse ingiuste e infamanti. In questa vicenda casomai sono stato parte lesa e non certo attore o complice di attività irregolari o illecite che non fanno parte della mia storia di imprenditore. Senza averne colpa - chiosa - ho già pagato un prezzo altissimo sia sul piano umano che economico e la mia vicenda è paragonabile a quella di Ilaria Capua e di quegli innocenti costretti a vedere la loro reputazione ingiustamente calpestata per anni, in attesa che la giustizia faccia il suo corso». Nicola Munaro ***

SCENARIO BANCHE 7 Corriere del Veneto Edizione di Venezia e Mestre04-nov-2016

Antitrust, ispezione in Veneto Banca - Mutui e prestiti in cambio di azioni faro art Antitrust anche su Veneto Banca

TREVISO Mutui e prestiti in cambio di acquisto azioni, anche Veneto Banca finisce nel mirino dell'Antitrust. Dopo il precedente di Popolare Vicenza, dove l'inchiesta si era già chiusa con una multa da 4,5 milioni di euro comunicata a settembre, anche Montebelluna finisce nel mirino dell'Authority della concorrenza. L'ennesimo blitz è arrivato ieri, in varie sedi della banca tra cui la centrale di Montebelluna, con funzionari Antitrust e uomini del nucleo Antitrust della Finanza sono giunti per acquisire documenti. L'istruttoria aperta dal Garante vuol verificare l'ipotesi di violazione del Codice del consumo su una presunta pratica commerciale scorretta: aver «nei fatti condizionato - scrive l'Antitrust in una nota di ieri sera - l'erogazione di finanziamenti all'acquisto di proprie azioni». Prestiti personali, aperture di credito in conto corrente e soprattutto mutui casa, i «mutui soci» a condizioni economiche agevolate. L'ipotesi al vaglio dell'Antitrust, secondo la nota, «è che i consumatori non soci sarebbero stati condizionati» ad acquistare pacchetti minimi di azioni per diventare soci e avere i vantaggi dei mutui soci, con il corollario di non poter vendere le azioni comprate per non perdere i benefici. Se così fosse, si tratterebbe di una «pratica commerciale scorretta, in quanto - scrive l'Antitrust - idonea a limitare la libertà di scelta dei consumatori». Il caso è giunto al vaglio dell'Antitrust per vari canali. E l'accusa di esser stati costretti ad acquistare azioni, divenute invendibili e poi azzerate nel valore, era tra le principali, secondo quanto scritto dal prospetto all'aumento di capitale di giugno, sollevate nei reclami dai soci di Veneto Banca (2.457 fino a marzo, con richieste di risarcimento per 157 milioni), che hanno acquistato azioni tra 2010 e 2015. La banca ha commentato ieri sera che de verifiche si riferiscono ad anni precedenti all'attuale gestione», che «collaborerà pienamente» ed «esprime fiducia sul comportamento corretto dei dipendenti». L'inchiesta su Veneto Banca appare gemella di quella già chiusa su Bpvi. Aveva accertato che tra 2013 e 2014, gli anni degli aumenti di capitale, la metà dei mutui casa concessi, tra i tremila e cinquemila, lo erano stati fatti con il mutuo soci. Intanto mentre tra le due banche continua lo studio sulla fusione, con un'ulteriore possibile riunione oggi, Quaestio, la Sgr che gestisce il fondo Atlante proprietario sia di Vicenza che di Montebelluna, è intervenuta ieri sulla vicenda di Marino Breganze, l'ex storico vicepresidente di Bpvi nell'era Zonin, ancora alla guida della controllata siciliana Banca Nuova (al pari della Fondazione Roi, dove il cambio di cda resta nel limbo). Tema sollevato dal Corriere della Sera, rispetto al quale Quaestio nega che Breganze «abbia mai rimesso il proprio mandato ad Atlante». Quaestio richiama che le attività strategiche e operative sono in capo «ai cda». E ribadisce di aver espresso «più volte la ferma convinzione sull'imprescindibilità delle dovute azioni di responsabilità, individuando i singoli profili penali di responsabilità (inclusi gli amministratori delle società controllate)». E che le assemblee per approvare l'azione è già convocata in Veneto Banca e Bpvi «delibererà nei prossimi giorni» (data probabile il 13 dicembre). Decisa presa di distanza dal passato che suona comunque come un richiamo a Bpvi. Anche perché Veneto Banca ha cambiato i cda nelle controllate Bim e Apulia. E proprio sull'azione di responsabilità di Veneto Banca si vedrà contro chi sarà indirizzata. La convocazione dell'assemblea del 16 novembre, alle 11.30 a villa Spineda di Venegazzù, dice nei confronti dell'ex direttore generale, che rimanda a Vincenzo Consoli, e «degli ex componenti del cda e del collegio sindacale». Indicazione, che lascia aperta la domanda se ci si fermerà al 2014, al cda guidato da Flavio Trinca, o se si procederà oltre come può far immaginare la dizione direttore generale. Federico Nicolettl ***

SCENARIO BANCHE 8 Corriere del Veneto Edizione di Venezia e Mestre04-nov-2016

Banca Intesa Centro Torri, sit-in contro la chiusura art VICENZA Manifestazione ieri mattina davanti al centro direzionale Torri di Banca Intesa a Torri di Quartesolo, alle porte di Vicenza. I 320 dipendenti rimasti in quella che fu la sede storica della Banca Cattolica, protestano contro la chiusura e il trasferimento del personale a Padova a metà dell'anno prossimo, per ovviare agli alti costi d'affitto.

SCENARIO BANCHE 9 Corriere della Sera 04-nov-2016

Piano Mps, Passera sentito in Consob «Così le regole per convertire i bond» art MILANO È approdata in Consob il duro braccio di ferro tra Corrado Passera e i vertici di Mps sul piano alternativo di salvataggio dell'istituto senese. Ieri l'ex ministro ed ex ceo di Intesa perla seconda volta in pochi giorni è stato ricevuto nella sede romana della Commissione per spiegare le motivazioni che lo hanno portato a ritirare la sua proposta alternativa per Siena. «Era un bel progetto, ho trovato gente che su progetti seri in Italia è pronta a investire e questo non è scontato», ha dichiarato ieri sera il banchiere all'uscita dall'incontro, durato un'ora e mezza. La proposta prevedeva un investimento da 2 miliardi di private equity (si è detto Atlas, Warburg Pincus, Pc Partners) e un aumento con diritto di opzione da 14,5 miliardi. La Consob vuole capire se ci siano altre ragioni oltre a quelle esposte nella lettera inviata al consiglio lunedì e pubblicata dallo stesso Passera, dopo che la stessa Consob ne era stata messa a conoscenza: Mps, secondo la denuncia dell'ex banchiere, avrebbe impedito di mettere in piedi una «due diligence», in particolare sul portafoglio di crediti in bonis. Dal canto suo Mps ha respinto «all'unanimità» le richieste di Passera in quanto incompatibili con la necessaria riservatezza di un aumento di capitale. Lunedì dovrebbe toccare al ceo di Mps, Marco Morelli, dare la sua versione dei fatti. Intanto dalla relazione all'assemblea Mps del 24 novembre emerge che le banche d'affari del consorzio guidato da Jp Morgan hanno raccolto la «sostanziale indisponibilità degli investitori istituzionali ad assumere importanti decisioni di investimento» prima del referendum del 4 dicembre. La delibera proposta chiede ai soci — oltre che di approvare un'operazione senza diritto di opzione che di fatto li falcidia — di autorizzare il riacquisto dei bond subordinati ma anche di quelli senior (che però a Siena indicano come ipotesi residuale), nonché del miliardo di bond Fresh, che tecnicamente non sono emessi da Mps ma sono convertibili in azioni della banca. I Fresh furono ideati da Jp Morgan nel 2008 per finanziare l'acquisto di Antonveneta. Per metà furono comprati dalla Fondazione Mps. Adesso in gran parte li avrebbe rastrellati il fondo hedge Attestor Capital, che sta trattando con Siena le condizioni di uno swap. Fabrizio Massaro

SCENARIO BANCHE 10 Corriere della Sera 04-nov-2016

Fininvest, congelato il 20% in Mediolanum art Arrivano le prime conseguenze della decisione della Bce di opposizione alla partecipazione rilevante di Fininvest della sua partecipazione qualificata in . I diritti di voto della holding della famiglia Berlusconi sono stati sospesi per la quota eccedente il 9,99 per cento. E' stata la stessa holding a comunicarlo alla Consob il 31 ottobre e la notizia è emersa ieri pomeriggio dal periodico aggiornamento sulle partecipazioni rilevanti. Ii prospetto che Fininvest ha inviato alla Commissione di vigilanza sui mercati conteneva un'altra piccola notizia: la quota detenuta nella banca in cui Fininvest è legata da un patto di sindacato con la famiglia Doris è salita al 30,124%, dal 30,042% risalente all'ultima comunicazione di marzo. Quindi, la quota senza diritti di voto è pari al 20,125%. La Bce lo scorso 25 ottobre ha inviato una lettera a Fininvest in cui si oppone alla partecipazione, che considera una «acquisizione» visto che dopo la fusione del gruppo nella banca il gruppo finanziario Mediolanum è cambiato, e questo a causa del profilo reputazionale di Silvio Berlusconi. Ii Biscione ha già presentato alla Bce il 28 ottobre l'istanza di sospensiva degli effetti del pronunciamento di Francoforte e sta preparando il ricorso alla Corte di giustizia europea. L'Autorità preposta a comunicare a Fininvest il destino della partecipazione in banca Mediolanum è Baankitalia, dalla quale si attende una comunicazione. Fausta Chiesa RIPRODUZIONE RISERVATA ***

SCENARIO BANCHE 11 Corriere della Sera 04-nov-2016

Sussurri & Grida - Mediobanca si riorganizza, a Canzonieri la guida dell'Italia art (f.d.r.) Mediobanca riorganizza la divisione Corporate investment banking e, per la prima volta, istituisce la figura di Global country head per l'Italia, assegnandola a Francesco Canzonieri. Quella varata dal ceo Alberto Nagel è una manovra ampia che verrà presentata al mercato il 17 novembre insieme al piano strategico, con cui viene ridisegnata la geografia della divisione «Cib» con l'obiettivo di rafforzarla. Oltre alla nomina di Canzonieri, Mediobanca ha deciso di promuovere il responsabile di Spagna, Portogallo e America Latina, Francisco Bachiller a co-head Cib, a fianco di Stefano Marsaglia, confermato come executive chairman. Sale anche Borja Prado, chairman of global coverage, che assume la responsabilità dei grandi clienti di Mediobanca a livello mondiale, mentre Stefano Rangone diventa responsabile anche delle attività «equity linked». A Stefano Dava è stato invece assegnato il ruolo di head of capital market solution. Cambia il capo della ricerca: Antonio Guglielmi passa alla guida della nuova struttura «equity market» e il suo posto viene preso da Javier Suarez e Andrea Filtri. Della nuova geografia della divisione corporate investment banking di Piazzetta Cuccia è la creazione della figura di global country head per l'Italia la novità più importante. In questo ruolo Canzonieri, banker trentottenne arrivato in Mediobanca due anni fa da , avrà la responsabilità delle fabbriche e di tutti i prodotti di corporate e investment banking per l'Italia, garantendo così un rapporto più diretto con i clienti e i vertici della banca. ***

SCENARIO BANCHE 12 Corriere della Sera 04-nov-2016

Sussurri & Grida - Il riassetto Bcc partirà in anticipo, già nel 2017 art La partenza della riforma delle Bcc, con la presumibile nascita di due gruppi (Iccrea e Cassa Centrate più il gruppo provinciale di Bolzano) è prevista nel corso del 2017. La Banca d'Italia ha infatti emanato ieri le norme di attuazione della legge di riforma di febbraio e a Via Nazionale ci si attende che già all'inizio del prossimo anno — o anche prima — arrivino le istanze di costituzione per arrivare alla partenza entro sei-dodici mesi, ben prima quindi del termine massimo fissato al maggio 2018. Si punta a far presto anche per sfruttare i vantaggi della riforma. ***

SCENARIO BANCHE 13 Corriere dell'Alto Adige 04-nov-2016

Riforma credito Il gruppo locale entro 18 mesi - Bankitalia vara le norme attuative art Raiffeisen, entro 18 mesi il gruppo

BOLZANO Il conto alla rovescia può partire, formalmente. La Banca d'Italia ha pubblicato ieri la normativa secondaria di attuazione della riforma delle banche di credito cooperativo che fa scattare l'applicazione del testo emanato da Palazzo Chigi. Entro il 3 maggio del 2018 si dovranno presentare i gruppi bancari spa del sistema, con patrimonio netto di almeno un miliardo e poteri di direzione e coordinamento nei confronti delle Bcc aderenti, sulla base di un contratto di coesione. Ma l'obiettivo — di Bankitalia così come del ministro Pier Carlo Padoan — è chiudere molto prima. «Lo stesso vale per noi — commenta Michael Grüner, presidente di Cassa Centrale Raiffeisen — Entro metà 2017 contiamo di chiudere». L'Alto Adige, che costituirà gruppo autonomo, è a buon punto: la bozza del contratto di coesione c'è, così come il piano industriale. «Entrambi li presenteremo nelle prossime settimane a Roma, nella sede della Banca d'Italia», rimarca il presidente. Le disposizioni di ieri disciplinano nel dettaglio i requisiti del gruppo provinciale, in via di costituzione in Alto Adige. La capogruppo provinciale (ossia Cassa centrale Raiffeisen) dovrà avere sede legale e direzione generale «nella provincia di Trento o in quella di Bolzano e non avere succursali fuori da tale provincia». Inoltre, si legge nella parte terza, «deve essere costituita in forma di società per azioni o di banca popolare, fermo restando, in tale ultimo caso, il limite massimo di 8 miliardi di attivo a livello consolidato». Ancora: la capogruppo deve avere un capitale detenuto, per oltre il 50%, dalle banche di credito cooperativo appartenenti al gruppo e avere un patrimonio netto di almeno 250 milioni di euro. Il requisito di patrimonio netto deve essere rispettato al momento della costituzione del gruppo provinciale e mantenuto successivamente, sulla base del bilancio d'esercizio o di una situazione contabile attestata dal soggetto incaricato della revisione dei conti. In caso di discesa del patrimonio netto sotto la soglia di 250 milioni, l'autorità competente assegna un termine — di norma non superiore a 12 mesi — per ripristinare la misura minima. Le disposizioni introducono anche un meccanismo di «early warning», allarme preventivo, da parte della capogruppo nei confronti delle partecipate su parametri osservabili quali il costo del funding, la liquidità e la dotazione patrimoniale. Accogliendo le richieste del settore, le nuove regole permettono ora la costituzione di una subholding per iniziativa delle banche di credito cooperativo di un sottogruppo e non solo su iniziativa della capogruppo bancaria spa. Questa subholding potrà svolgere, oltre all'attività bancaria, anche altri compiti, compresi i controlli interni Ora, chiarito il perimetro, l'Alto Adige si rimbocca le maniche per definire la transizione. «Per quanto riguarda i requisiti patrimoniali — commenta Michael Grüner — Abbiamo tutte le carte in regola e, per quanto riguarda l'adempimento dei presupposti normativi, siamo a buon punto». Nell'attesa delle disposizioni attuative, infatti, le rurali altoatesine hanno definito i dettagli tecnici: «Abbiamo lavorato sodo: la bozza del contratto di coesione è pronta, così come il piano industriale — prosegue — Contiamo di avere un colloquio a Roma, nella sede della Banca d'Italia, nei prossimi dieci giorni». Il percorso è interlocutorio, Bankitalia potrà infatti formulare osservazioni in attesa del via libera definitivo al piano industriale. Di pari passo, anche gli statuti di Cassa centrale e delle rurali andranno modificati. E i tempi? Saranno meno ampi dei 18 mesi previsti dal dispositivo attuativo. «Pensiamo di chiudere già entro la metà del 2017», conclude Grüner. Marika Damaggio

SCENARIO BANCHE 14 Gazzetta del Mezzogiorno 04-nov-2016

Privatizzazione Poste Loizzo: «Meno servizi» Palese: «Basta tagli» art Oggi sciopero dei lavoratori di per protestare contro l'ipotesi di privatizzazione. Mobilitazione anche in Puglia di tutte le sigle sindacali e manifestazione in piazza Libertà, a Bari. Probabili disagi all'utenza che potrebbe trovare gli sportelli sguarniti di personale. A sostegno dei lavoratori, il presidente del Consiglio regionale pugliese, Mario Loizzo, secondo il quale «la decisione governativa che vede l'uscita definitiva del ministero dell'Economia dall'azionariato di Poste Italiane, non può non essere considerata come una svolta preoccupante nei futuri assetti dell'azienda già interessata da ristrutturazioni non sempre corrispondenti alle attese dell'utenza e sempre più orientate ad abbandonare il ruolo sociale che da sempre questa grande azienda italiana ha svolto nel Paese. Tale decisione - continua Loizzo - è stata presa senza un responsabile confronto tra le parti e ciò accresce le preoccupazioni di lavoratori e utenti, che vedranno ridursi l'offerta dei servizi, a partire dal recapito della corrispondenza a giorni alterni edalla riduzione delle sedi periferiche. Per tali ragioni, esprimo la più incondizionata solidarietà ai lavoratori in lotta che rispondono a queste scelte discutibili mettendo in campo una grande prova di unità e di consapevolezza». Piena solidarietà anche da Rocco Palese, vicepresidente della commissione Bilancio della Camera. «Sollecitiamo il Governo -dice- a non dimenticare di essere azionista di maggioranza e di aver ceduto ai privati solo una parte di una società che, peraltro, registra utili notevoli e risulta perciò incomprensibile il motivo per cui una privatizzazione solo parziale si sia di fatto da tempo tradotta in enormi disservizi agli utenti. Non è possibile che solo in Italia privatizzazione debba divenire sinonimo di licenziamenti dei lavoratori e disservizi agli utenti. Chiediamo al governo di intervenire affinchè si recuperi la mission delle Poste, ossia creare una rete capillare di servizi ai cittadini sul territorio garantendo pure ai piccolissimi centri di non essere isolati». ***

SCENARIO BANCHE 15 Giornale 04-nov-2016

Bankitalia «accelera» sulle nuove Bcc art Roma Entro la fine del 2017, secondo le attese di Bankitalia, potrebbero costituirsi i due grandi gruppi del credito cooperativo che attueranno la riforma delle Bcc varata nello scorso febbraio. Ieri, infatti, Via Nazionale ha emanato le norme di attuazione del testo approvato dal Parlamento dando, in pratica, corpo alla tensione dialettica sviluppatasi in questi mesi nel mondo della cooperazione. Le grandi holding, infatti, si apprestano ad essere almeno due: circa 250 Bcc si aggregheranno attorno a Iccrea, la spa di servizi che ruota attorno a Federcasse di cui la principale esponente è la Bcc di Roma (17,1 milioni di utile nei primi 9 mesi e 11,2 miliardi di raccolta), mentre una novantina del Nord Est ha già optato per Cassa Centrale Banca. Il sistema bolzanino delle Raiffeisen sopravvivrà con una sua articolazione provinciale. Tre gruppi hanno optato per la way out trasformandosi in spa: si tratta delle toscane Chianti Banca e Banca di Cambiano e dell'emiliana . La Banca d'Italia «non fa il tifo per la costituzione di un gruppo delle Bcc o di due - ha spiegato il responsabile della Vigilanza Carmelo Barbagallo - ma baderà a che quelli che nasceranno con la riforma arrivino presto, già nel 2017, e siano soprattutto robusti». Nessuna forzatura alla ricomposizione dei dissidi per evitare una paralisi organizzativa pericolosa durante una fase di perdurante incertezza dei mercati finanziari. Ecco perché si spera di chiudere l'iter entro l'anno prossimo anziché alla scadenza naturale del maggio 2018 come prevede la legge. Il panorama bancario italiano si dovrebbe sfoltire da 486 istituti a poco più di 120 tramite le aggregazioni che riguarderanno le circa 355 Bcc. Come funzionerà il processo? All'inizio del prossimo anno dovrebbero essere presentati i contratti coesione con le quali le singole banche di credito cooperative cederanno alla capogruppo (che dovrà avere almeno un miliardo di patrimonio netto) l'indirizzo e il coordinamento. La singolarità è che il comando sarà ceduto a un'entità controllata dalle stesse Bcc. La holding avrà un potere di early warning (cioè di avviso tempestivo) nei confronti delle sue aderenti in caso di carenze patrimoniali: potrà sostituire gli organi amministrativi e imporne la ricapitalizzazione. Come farà? La holding nasce con l'obiettivo di facilitare l'accesso al mercato dei capitali. Potrà essere partecipata fino al 49,9% da investitori terzi mentre la maggioranza sarà sempre in mano alle Bcc che, a loro volta, potranno dotarla di mezzi versando in tutto o in parte il capitale in eccesso (cioè quello non vincolato ai requisiti patrimoniali). Le controllate virtuose saranno comunque soggette alla direzione della holding e non potranno autonomizzarsi. Anche la possibilità di costituire subholding per esternalizzare alcune funzioni non significa che si verranno a creare centri di potere. Il cda della holding sarà composto in base al merito e alla professionalità e non alla «militanza». Le nuove entità bancarie saranno vigilate dalla Bce se supereranno un attivo di 30 miliardi, ma la componente locale potrebbe richiedere la sorveglianza di Bankitalia.

SCENARIO BANCHE 16 Giornale 04-nov-2016

Il commento - Passera, Rocca Salimbeni e tre domande al sistema art Siamo proprio all'anno zero, non solo in politica, ma anche in economia. Basta leggere la relazione del consiglio d'amministrazione del Monte dei Paschi in vista dell'assemblea del 24 novembre a Siena: in sostanza gli investitori interessati alla ricapitalizzazione della banca staranno alla finestra sino al 4 dicembre, il «D-day» del referendum istituzionale. Tutto, in attesa del giorno della verità, è fermo, paralizzato, immobile: anche un istituto di credito che ha cinque secoli e mezzo di storia ed è alle prese con una crisi senza precedenti. Il problema è che i primi ad essere sospesi nel vuoto in attesa dell'ardua sentenza, sono proprio gli amministratori della banca, caparbiamente decisi a non muovere foglia che la politica non voglia, come se da questo aumento di capitale non dipendesse la sopravvivenza stessa dell'istituto di credito toscano. Premessa: non parteggio per nessuna cordata in lizza (in realtà ne è rimasta solo una), ma questa «via crucis» mi sembra assurda. E sufficiente, al riguardo, ripercorrere le tappe degli ultimi tre mesi. Siamo, dunque, ad agosto e JPMorgan e Mediobanca si rendono conto che il progetto di raccogliere 5 miliardi non è in grado di decollare e, dopo l'azzeramento dei vertici, cambiano strada con un progetto di ricapitalizzazione meno ambizioso. A questo punto entra in scena Corrado Passera che, prima del passo falso come ministro dell'Industria del governo Monti, aveva, pur sempre, costruito le due realtà bancarie più forti in Italia ( e BancoPosta). Il 13 ottobre, l'ex olivettiano, che ieri sera è stato sentito dalla Consob, si dichiara pronto a mettere sul tavolo qualcosa come due miliardi di euro raccolti tra investitori internazionali. La Borsa reagisce molto positivamente alla proposta di salvataggio, ma non dimostrano altrettanto entusiasmo gli uomini del Monte che pongono tutta una serie di pali e paletti. Morale della favola: il titolo, che aveva riguadagnato quasi il 100% con il piano alternativo di Passera, ne perderà il 40% dal giorno della presentazione del progetto del nuovo amministratore delegato Morelli. A questo punto, Passera ritira la sua proposta anche se, dopo l'audizione di ieri, potrebbe esserci un ripensamento. Proprio perché il naufragio - tocchiamo ferro dell'istituto di credito senese rischierebbe, poi, di fare affondare (o quasi) il nostro sistema bancario, avrei tre domande da sottopone agli addetti ai lavori. La prima: se il piano di Passera era irricevibile perché non è stato subito bloccato evitando così di illudere il mercato azionario? La seconda: perché, a quanto afferma lo stesso finanziere, non gli sono state fornite tutte le informazioni richieste? La terza: nella situazione in cui versa Mps non è masochistico lasciare perdere simili «avances»? In attesa di qualche risposta, vorrei segnalare un articolo sulla banca toscana di qualche giorno fa del New York Times che ribadiva l'importanza del voto del 4 dicembre: se il «No» dovesse vincere, scriveva, ci sarà instabilità dei mercati e Mps ne pagherà le conseguenze. Lo dicevano anche prima di Brexit: staremo a vedere. ***

SCENARIO BANCHE 17 Giornale 04-nov-2016

Mina referendum sull'aumento di Mps art Il referendum costituzionale di Matteo Renzi si aggira come un fantasma sul maxi-aumento di capitale di Monte Paschi e quindi sullo stesso destino della banca senese. La conferma, sebbene pochi giorni fa il capo azienda Marco Morelli avesse definito «un esercizio inutile» commentare l'impatto della consultazione popolare del 4 dicembre, arriva dagli stessi documenti predisposti dal cda di Mps in vista dell'assemblea dei soci del 24 novembre. Gli investitori istituzionali contattati, in modo preliminare, dal consorzio di garanzia - si legge nella relazione del board - hanno mostrato una «sostanziale indisponibilità ad assumere importanti decisioni di investimento relative a società italiane prima di conoscere l'esito del referendum». In attesa anche gli altri soci, da cui «non sono pervenute» manifestazioni «di disponibilità a sottoscrivere» l'aumento. Ieri Axa, cui fa capo il 3% del Monte, ha definito una «buona cosa» la ricapitalizzazione, rimandando però la decisione a quando saranno note le condizioni. E proprio per definire queste ultime e trovare un anchor investor che copra una larga fetta della ricapitalizzazione, Morelli sta proseguendo il road show: dopo Londra e Qatar, c'è la tappa negli Stati Uniti. Il piano di rilancio include poi la conversione dei bond subordinati ma, è emerso ieri, potrebbe essere allargato alle meno pericolose obbligazioni senior. La relazione del consiglio si poi dilunga sui motivi («vincoli e rigidità, anche temporali») che hanno impedito di offrire il diritto di opzione ai soci. Sempre ieri Consob ha ascoltato Corrado Passera dopo che l'ex ad di Intesa Sanpaolo ed ex ministro del governo Monti ha ritirato la propria offerta su Mps in aperta polemica con il cda. L'Authority vuole chiarimenti: ieri il titolo ha ceduto un altro 0,94%. Ma a Siena si prospetta anche un altro imprevisto. Il Monte potrebbe infatti essere costretto ad accettare il ritorno tra le sue fila di 400 addetti sugli oltre mille trasferiti due anni fa con il ramo del back-office alla società Fruendo (joint venture Bassilichi-Accenture). La banca segnala infatti, nel resoconto intermedio di gestione, che su 600 lavoratori trasferiti che avevano avviato azione giudiziaria davanti ai vari Tribunali italiani (Siena, Roma, Mantova e Lecce) ben 400 sono quelli che a fine ottobre hanno maturato il diritto ad essere riammessi in servizio. Monte Paschi ha comunque già deciso di andare in appello. Intanto la Fondazione Mps, sta valutando assieme a soci rilevanti i diversi profili per il «futuro» della banca. Nella rosa ci sarebbero anche Antonino Turicchi e Alessandro Falciai. ***

SCENARIO BANCHE 18 Il Fatto Quotidiano 04-nov-2016

Mps, la banca sta fallendo "Nuovi capitali solo se vince il Sì" art Il Monte dei Paschi di Siena rischia di fallire perché gli investitori interpellati da Jp Morgan e Mediobanca per l'aumento di capitale da 5 miliardi non si fidano a prendere impegni prima di sapere l'esito del referendum del 4 dicembre. Non si tratta di una maliziosa insinuazione ma di quanto ha scritto il consiglio d'amministrazione di Mps nella relazione illustrativa per l'assemblea degli azionisti che il prossimo 24 novembre saranno chiamati ad approvare l'aumento di capitale. Testualmente: "Sostanziale indisponibilità manifestata dagli investitori istituzionali ad assumere importanti decisioni di investimento relative a società italiane prima di conoscere l'esito del referendum costituzionale". Il cda presieduto dal dimissionario Massimo Tononi fa sapere agli azionisti di Mps che questa informazione proviene da Jp Morgan, incaricata insieme a Mediobanca di curare l'aumento di capitale. Jp Morgan è la stessa banca che tre anni fa pubblicò la sua ricetta per l'Italia, il Paesecheama, con prescrizioni stringenti per le riforme da fare, a cominciare da quella della Costituzione, frutto sorpassato dell'antifascismo e troppo parlarnentarista a discapito del potere dell'esecutivo; per continuare con riforma della giustizia e della burocrazia, del mercato del lavoro e della legge elettorale. Tutto fatto, manca solo il ritocco alla Carta. Jp Morgan è la stessa banca che a fine agosto ha convinto Matteo Renzi che i mercati avrebbero apprezzato il siluramento dell'Ad di Mps Fabrizio Viola e la sua sostituzione con il suo ex capo per l'Italia Marco Morelli. LA MOSSA, prontamente eseguita da palazzo Chigi attraverso l'obbediente ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan (primo azionista di Mps con il 4 per cento del capitale), doveva sbloccare le timidezze degli investitori verso l'aumento di capitale da 5 miliardi su una banca che in Borsa vale meno di 700 milioni. Ma non ha sortito un buon effetto. La nomina di Morelli al posto di Viola è stata seguita da un crollo in Borsa del titolo, da 24 centesimi fino a un minimo di 16. E adesso la stessa Jp Morgan è costretta a dire al suo cliente Mps che i misteriosi investitori che avrebbero chiesto la testa di Viola adesso avrebbero alzato le pretese fino a un livello inverosimile: chiedono la vittoria del Sì per investire sulla banca più antica del mondo. Costringendo l'istituto a programmare un aumento di capitale a tappe forzate tra il 5 e il 31 dicembre da far sottoscrivere, in pochi giorni e per grosse tranche a grandi investitori internazionali. I casi sono due: o è una balla, oppure c'è da chiedersi che cosa questi investitori stiano contrattando con il governo Renzi per non sopportare l'idea che il referendum possa disarcionarlo. Ieri la relazione del cda per l'assemblea è stata accompagnata e aggravata da altre notizie infauste. La prima è che Corrado Passera è andato alla Consob a raccontare quello che sa del suo tentativo - respinto da Morelli e Tononi - di proporre a Rocca Salimbeni per la ricapitalizzazione una soluzione alternativa che, parole dell'ex ministro, "potrebbe essere realizzata con oneri perla Banca inferiori per diverse centinaia di milioni" rispetto alle commissioni stellari pretese da Jp Morgan. LA SECONDA è che ieri mattina Mps ha pubblicato il disastroso bilancio dei primi nove mesi. Non solo c'è una perdita di 850 milioni contro l'utile di 584 realizzato dodici mesi prima da Viola,matutti i barometri segnano burrasca: ricavi in calo del 16,6 per cento, raccolta da clientela -11,6 per cento. La situazione è talmente drammatica che lo stesso Cda nella relazione ha dovuto ammettere che la "continuità aziendale", cioè la sopravvivenza stessa della banca, è in pericolo se non riesce il piano di salvataggio imperniato sull'aumento di capitale. Val la pena d i leggere esattamente la formulazione scelta dal Cda: "La Banca, valutato lo stato di attuazione del progetto sopra delineato, le residue incertezze connesse al manifestarsi delle condizioni per la sua realizzazione nonché ai possibili esiti della sopra menzionata ispezione in corso da parte della Bce, subordinatamente alla concreta attuazione del progetto stesso, ha la ragionevole aspettativa di continuare con la sua esistenza operativa in un futuro prevedibile e ha pertanto redatto la situazione patrimoniale ed economica al 30 settembre 2016 nel presupposto della continuità aziendale". A FAR CAPIRE quanto sia zoppicante la situazione ci ha pensato la società di revisione Ernst Young, che dichiara in calce al bilancio dei primi nove mesi: "Non esprimiamo un giudizio sul bilancio consolidato intermedio". I revisori spiegano di aver svolto una revisione contabile "limitata" che "non ci consente di avere la sicurezza di essere venuti a conoscenza di tutti i fatti significativi che potrebbero essere identificati con lo svolgimento di una revisione contabile completa".

SCENARIO BANCHE 19 La Verita' 04-nov-2016

I traffici esteri del Califfo di Veneto Banca art A suo modo, Vincenzo Consoli era già oltre l'euro. Nei forzieri di Veneto Banca, l'ex Califfo di Montebelluna aveva montagne di leu, kune, lek e franchi. Arrivavano dalle controllate in Romania, Croazia, Albania e Svizzera, costituite nel suo lungo regno, interrotto solo dall'arresto dello scorso 2 agosto per un crac da 5 miliardi. Ma il problema non erano i soldi che entravano. Erano quelli che uscivano. Tanto è vero che il Nucleo valutario della Guardia di finanza, diretto dal generale Giuseppe Bottino, e i pm romani Rodolfo Sabelli e Stefano Pesci, stanno studiando anche il comparto estero dell'istituto per capire se davvero sono state rispettate tutte le normative antiriciclaggio e sul trasferimento dei capitali. Ipotesi di reato non ce ne sono ancora, ma non è un caso se la nuova proprietà semipubblica del fondo Atlante ha messo subito in vendita tutte le controllate straniere di Veneto Banca. Che non erano in Paesi qualsiasi, ma in posti dove i controlli sono generosi. In parallelo, proseguono gli accertamenti sulla gestione del Grande Capitale, autentica mania di Consoli, sempre a caccia di clientela vip da esibire in assemblea all'azionariato popolare. AIR FORCE CALIFFO A parte Giampiero Fiorani, va detto che i magistrati italiani non arrestavano un banchiere dai tempi di Michele Sindona. Il finanziere di Patti si muoveva sempre con un aereo privato e il Califfo di Montebelluna, evidentemente non scaramantico, aveva lo stesso vezzo. L'ex ad di Veneto Banca aveva scelto un sobrio Bombardier Learjet 6oXR da 9 posti, con allestimento business class e interni in pelle, alla modica cifra di 10,8 milioni di euro. Ad amici e sudditi aveva spiegato che era perfettamente comprensibile che la Popolare avesse un gingillo del genere, visto che bisognava anche «vigilare sul comparto estero». Ma sul comparto estero voleva tanto vigilare anche Banca d'Italia. Gli uomini del governatore Ignazio Visco, che è stato decisivo per la caduta del Califfo partito da Matera, non digerivano innanzitutto la controllata Veneto Ireland Financial services, che con quattro dipendenti di numero assicurava regolarmente il secondo miglior flusso di utili alla capogruppo Veneto Banca. Clamoroso il dato del bilancio 2014, quando su 106,9 milioni di dividendi, ben loo sono arrivati da Dublino. Ma il capolavoro era di natura fiscale: solo per rimanere al biennio 2014-2015, la vendita di prodotti di risparmio e investimento made in Ireland ha fruttato go milioni di utile, al netto di appena 13 milioni di tasse (12,6% di carico fiscale). Ma al di là delle questioni tributarie, Via Nazionale non ha mai capito che cosa ci facesse in Irlanda una banca popolare che aveva una massa amministrata inferiore ai 2 miliardi e che non era certo un colosso del risparmio gestito. In compenso, come osserva un ispettore di Via Nazionale, «si trattava di capitali della banca al di fuori del nostro perimetro di controllo». PIÙ SCARPONI PER TUTTI? Montebelluna, si sa, era la capitale dello scarpone da sci e dell'attrezzatura tecnica da montagna. I suoi imprenditori avevano bisogno di esportare e di delocalizzare, anche a costo di suicidarsi rinunciando alla qualità. Per questo non è strano che Veneto Banca avesse una controllata in Romania. Più difficile da comprendere che cosa abbia spinto il Califfo Consoli a sbarcare nella poverissima Moldavia, dove la sua Eximbank, con 400 dipendenti e 20 sportelli, è tornata a un piccolo utile nel 2015 (2,4 milioni), dopo aver perso 30 milioni nei tre anni precedenti. Conti in rosso anche in Croazia, dove Veneto nel 2015 ha fatto registrare 8 milioni di perdite, con una rete di 8 sportelli e 115 dipendenti. Praticamente ogni filiale ha bruciato il suo milioncino. E poi c'è l'Albania che, certamente in virtù dei quattro secoli di dominazione della Serenissima, non poteva mancare alla collezione del Califfo volante. E così nel 2008 Veneto Banca rileva da un imprenditore leccese, Francesco Mariano, la Banca italiana di sviluppo (Bis) di Tirana, e la trasforma in Veneto Banka Albania, che nel corso degli anni cresce fino ad avere 132 dipendenti e 15 sportelli. Proprio il giorno prima dell'arresto, ovvero il 1 agosto scorso, il Califfo si fa beccare dalla Guardia di finanza mentre anticipa al telefono i suoi progetti a un consulente della controllata albanese: «Stavo riprendendo in mano adesso le carte dell'Albania. Vediamo se con l'arrivo del fondo (Atlante, ndr) vogliono vendere o meno... lo intanto parlo con gli amici qua e vediamo se riusciamo a fare qualcosa». Il giorno dopo, quando i militari gli perquisiscono la villa palladiana di Vicenza dove oggi è costretto ad abitare, ovviamente gli trovano un bel dossier. su Veneto Bank Albania, con un sacco di informazioni riservate che farebbero la gioia di ogni scalatore. Ai Pm della capitale, però, Consoli ha poi smentito seccamente di avere qualsiasi interesse per quella controllata. Che cosa ci sia davvero nell'istituto albanese, del resto, è un mezzo mistero. Tra il 2011 e il 2013 i conti ufficiali registrano piccoli utili, nell'ordine del mezzo milione di euro, ma nel 2014 e nel 2015 arrivano a sorpresa le perdite, con un rosso di3,6 milioni il primo

SCENARIO BANCHE 20 anno e di 7,4 nel secondo. Dalla lettura dei bilanci si capisce solo che si sono magicamente moltiplicate le rettifiche sui crediti. Insomma, allo sportello avevano messo Babbo Natale. «Il qualcosa da fare con gli amici» di cui parlava Consoli ha comunque a che fare con un pentolone che sta letteralmente esplodendo. OSSESSIONE «GRANDE CAPITALE. Negli ultimi anni la grandeur del Califfo era cresciuta a dismisura. Un bel colpo, quantomeno dal punto di vista del blasone, era stata l'acquisizione, nel 2011, della banca torinese Bim, storica boutique finanziaria delle famiglie ebree più facoltose. Dopo la brillante operazione, Consoli ripeteva a funzionari e impiegati, e persino ai sindacalisti: «Adesso che abbiamo comprato anche la , dovete dire a tutti i clienti più ricchi che possono utilizzare la nostra controllata Bim Suisse». Per fare che cosa è facile da intuire. Consoli era bravissimo a difendere e lodare, in pubblico, la «specificità del modello popolare» e a ripetere il vecchio mantra della «banca del territorio». Ma era ossessionato dalla smania di portare a Veneto Banca quello che lui chiamava «il Grande Capitale», locuzione che ripeteva continuamente manco fosse un volantino delle Brigate rosse. «Possono farmi fuori, ma poi il Grande Capitale chi lo gestisce a Montebelluna? L'ho portato io, lo conosco io», si sfogava con alcuni soci di rango alla vigilia dell'assemblea di bilancio del 2014. E nei brogliacci delle intercettazioni, dopo un aumento di capitale del 2015 andato male, ecco Consoli che sancisce: «Sono l'unico che pub gestire il Grande Capitale perché sono l'unico che lo conosce» (23 aprile 2015). Ma ha un volto questo Grande Capitale, accorso alla corte del Califfo? Tra i soci-clienti più esposti ci sono ovviamente in prima fila i veneti, con l'industriale Gianfranco Zoppas (oltre io milioni di euro), Enrico Marchi (7,5), Giuseppe Stefanel (5,3), la finanziaria della famiglia Folco (16,3), le Acciaierie Valbruna degli Amenduni (13). Perb i fiori all'occhiello del ragioniere partito da Matera sono i «foresti» come l'ex calciatore della Juventus Roberto Bettega (1,5 milioni), il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi (per lui un modesto «cippino» da milione), il giornalista Bruno Vespa (era esposto per 8 milioni, ma prima del crollo ha venduto titoli per 7), gli americani di Jp Morgan (36 milioni), le Generali (24,9), l'immobiliarista Giuseppe Statuto (16,3), il Salumificio fratelli Beretta (19,3), la famiglia reggiana Ferrarini (23,6), i costruttori romani Claudio e Pierluigi Toti (23). Hanno corn-prato azioni a 35-40 euro e oggi le hanno in carico a io centesimi. UNA FINTA POPOLARE Un altro ordine del Califfo ai suoi manager era: «Ogni azienda affidata deve diventare socio». E a parte i profili penali su cui indaga la magistratura, con Statuto holding Luxembourg e gli ex azionisti della Bim sospettati di aver fatto «porta-ge» milionari di azioni Veneto Banca, colpisce il disegno metodico con il quale Consoli ha trasformato la «sua» banca in una finta Popolare. Se si va a scartabellare il bilancio 2009, i soci sono 37.016 e le persone giuridiche sono talmente poche che non sono neppure indicate. Nel 2011, i soci sono 46.534 e le società rappresentano il 3,8%. Passa un solo anno e si arriva a 62.389 azionisti, con le persone giuridiche al 7,1%. Ma a fine 2014, quando l'era Consoli sta per terminare, i soci balzano a quota 87.989 unità, con le società al livello record del 10,1%. Eccola l'avanzata del Grande Capitale. Che di solito ci vede lungo, ma a volte capita che avanzi nel posto sbagliato.

SCENARIO BANCHE 21 La Verita' 04-nov-2016

Il disinformatico - La bufala del server fra Trump e le banche russe art Slate, la rivista in Rete del Washington Post, ha pubblicato un lungo articolo, a firma di Franklin Foer, nel quale si accusa Donald Trump di avere un server segreto con il quale comunicherebbe con la Russia, specificamente con la Alfa Bank, una delle più grandi banche commerciali del Paese. L'accusa sarebbe avvalorata dalle dichiarazioni di vari esperti informatici, che hanno studiato attentamente il traffico di dati fra questo server e Alfa Bank. Ma la storia, nonostante provenga da una testata solitamente attendibile, sta rapidamente prendendo la forma di una bufala alla quale ha dato corda anche la campagna elettorale di Hillary Clinton. E facile perdersi nei dettagli tecnici della vicenda, in gran parte basata sui log dns (semplificando, i registri dei contatti fra computer effettuati attraverso Inter-net), ma in estrema sintesi l'articolo di Slate si basa soltanto su indizi: «Quello che gli scienziati hanno raccolto non è una pistola fumante. E un insieme di indizi che non preclude in alcun modo delle spiegazioni alternative», come dice l'articolo stesso. Gli esperti informatici consultati e citati dall'articolo di Slate sono quasi tutti anonimi, e se si leggono bene le loro dichiarazioni emerge che nessuno di loro ha confermato esplicitamente l'accusa; tutti hanno solo confermato alcuni aspetti secondari della vicenda. Uno dei pochi esperti citati per nome nell'articolo ha preso seccamente le distanze dalle conclusioni proposte. L'analisi tecnica di Errata Security ha poi smontato pezzo per pezzo il castello di congetture di Slate. Il New York Times ha pubblicato un articolo nel quale risulta che l'Fbi aveva già indagato sul presunto «server segreto» e aveva concluso che il traffico di dati poteva benissimo avere una spiegazione innocua. Il sito anti-bufala Snopes ha pubblicato una bella sintesi della vicenda. E The Intercept ha pubblicato uno dei messaggi inviati da questo presunto «server segreto»: una pubblicità per gli alberghi di Trump. Il server, poi, non è neanche di Trump in senso stretto (o in senso largo): appartiene alla società di marketing Cendyn, usata da Trump dal 2007 per gestire le campagne di seam - pardon, di pubblicata - dei suoi alberghi; e la Cendyn a sua volta subappalta alla Listrak, che ospita materialmente il server in un data center di Philadelphia. Ed è abbastanza difficile credere che Trump e soprattutto i russi scelgano, come nome del server segreto da usare per comunicazioni clandestine, proprio il nome trumpemail.com. ***

SCENARIO BANCHE 22 Libero Quotidiano 04-nov-2016

L'Europa vuole buttare Silvio fuori dalla sua Mediolanum - Vogliono buttare Silvio art fuori dalla sua Mediolanum

La quota di Fininvest in Banca Mediolanum non cambia, ma la holding che fa capo alla famiglia Berlusconi ha meno potere. Secondo quanto emerso dalle comunicazioni Consob, infatti, il Cavaliere detiene ad oggi, attraverso la cassaforte di famiglia una partecipazione nel gruppo fondato trent'anni fa insieme Ennio Doris pari al 30,1%. Tuttavia il 20,1% è privo dei diritti di voto. Restano i diritti economici (...) (...) (il dividendo) ma non più quelli civili legati al voto assembleare. Dal punto di vista dell'azienda non cambia assolutamente nulla: la quota in possesso alla famiglia Doris si avvicina al 40% e garantisce la stabilità della gestione. Diventa, invece, più fragile la sponda del Cavaliere che, per primo, quarant'anni fa aveva dato fiducia all'allora giovane bancario veneto consentendogli di costruire una delle principali istituzioni finanziarie del Paese. L'aggiornamento sul controllo è stato comunicato dalla stessa Fininvest a Consob dopo la decisione della Bce contraria alla presenza di Berlusconi in posizione di rilievo. Secondo i censori di Francoforte se il Cavaliere vuole restare in Mediolanum deve accontentarsi di uno strapuntino. Il provvedimento di Draghi comporta il congelamento della quota eccedente il 9,9%. L'intervento della Banca centrale, cui è stata trasferita la vigilanza sul sistema creditizio dell'Eurozona, era nell'aria. Per questa ragione Fininvest aveva già pronto il ricorso in tutte le sedi competenti, tra cui la Corte di Giustizia Europea. Un nuovo round giudiziario, dunque, dopo quello dell'autunno 2014 che il Cavaliere aveva vinto ricorrendo al Consiglio di Stato contro la Banca d'Italia. La sanzione imposta dagli uomini di Ignazio Visco era ancora più severa della Bce. Via Nazionale, infatti, aveva imposto a Fininvest non il congelamento ma la vendita della quota eccedente il 9,9% di Mediolanum. L'ultimatum era legato alle nuove regole europee sui conglomerati finanziari e alla perdita dei requisiti di onorabilità dello stesso Berlusconi a causa della condanna che l'ha portato ai servizi sociali. Fininvest era riuscita a evitare la vendita che avrebbe avuto effetti disastrosi. Via Nazionale aveva passato la palla alla Bce nel frattempo subentrata nella funzione di Vigilanza. Ieri il nuovo round che toglie il diritto di voto al Cavaliere. A Piazza Affari il titolo Banca Mediolanum scambia a quota 6,11 euro, in rialzo dello 0,91% al termine di una giornata incolore. RIPRODUZIONE RISERVATA ***

SCENARIO BANCHE 23 Libero Quotidiano 04-nov-2016

Offensiva tedesca per avere la testa di Draghi art «Più gli stimoli vanno avanti, meno effetto avranno e più i rischi aumenteranno». Cosi il numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann, ha voluto festeggiare ieri i cinque annidi Mario Draghi alla guida della Bce. Non è un messaggio casuale, perché negli ultimi giorni il fuoco di fila dei falchi tedeschi è aumentato di intensità. Oltre a Weidmann si sono espressi contro la continuazione della politica di Draghi a sostegno dell'economia dell'area euro Sabine Lauterschlaeger, che siede nel consiglio della Bce, ma anche il consiglio dei Cinque Saggi, istituto con un ruolo chiave nelle scelte di politica economica dell'esecutivo, che ieri hanno inoltrato il loro giudizio negativo ad Angela Merkel. Ancor più esplicito il capo economista di , David FolkertsLandau che, libero da vincoli diplomatici, ha in pratica accusato Draghi di oscure trame, oltre che di essere il responsabile della crisi dell'area euro fin dal suo insediamento. «Di fatto - ha scritto - dal 2012 Eurolandia non ha quasi registrato una crescita, mentre ha segnato il peggiore sviluppo del mercato del lavoro rispetto ad altre aree industrializzate, livelli di disoccupazione a due cifre tra cui un tasso di disoccupazione giovanile sopra il 20%». Accuse strampalate ma che si inseriscono in un'offensiva precisa: l'obiettivo è contrastare l'allungamento del programma di acquisti della Bœ da marzo al prossimo settembre. O, quantomeno, imporre a Draghi il cosiddetto tapering, cioè la riduzione progressiva degli acquisti, magari a partire dalla Germania che scoppia di liquidità. UNA MOSSA TEMPESTIVA E' una mossa insidiosa anche perché assai tempestiva. Sui mercati i titoli italiani soffrono, sia per i problemi delle banche sia (soprattutto) per l'incertezza sulle sorti del governo in vista del referendum, che cade 4 giorni prima della riunione della Bce. Non è difficile immaginare quali difficoltà potrebbe incontrare la linea di Draghi nel caso di una sconfitta della politica dell'esecutivo, che pure in questi anni ha potuto contare sul sostegno a tutto campo della banca di Francoforte. Il rischio è che una pioggia di vendite sui titoli italiani possa costringere la Bce a un intervento straordinario (già in corso, secondo alcune indiscrezioni), scatenando cosi la reazione dei tedeschi, decisi a dar comunque battafllia. Tassi di interesse molto bassi, ha sostenuto ieri Weidmann, a lungo andare danneggiano i profitti delle banche e delle compagnie assicurative, accrescono i rischi finanziari e, soprattutto, riducono gli stimoli per i governi dell'Eurozona a mettere in ordine i loro bilanci. Certo, una stretta monetaria vanificherebbe gli sforzi per riportare l'inflazione poco sotto il 2 per cento, come prevede il mandato della banca. Ma, quando conviene a loro (vedi il caso del suplus commerciale) i tedeschi non vanno per il sottile. «Non vedo il pericolo di scivolare in una spirale deflativa di prezzi in calo», ha concluso ieri Weidmann, già in piena campagna elettorale. Nel 2019 potrebbe essere lui a prendere il posto di Draghi. O almeno lui lo spera. Del resto, in caso di fallimento delle politiche fondate sul Quantitative Easing, potrebbe prendere il sopravvento la linea rigida. Il rischio è che cosi facendo l'Eurozona rischia di spezzarsi in due pezzi (o anche più). Ma a forzare la mano di Angela Merkel potrebbe essere il rischio di una sconfitta elettorale in autunno: i tassi bassi danneggiano i risparmi degli anziani, parcheggiati in banca o nelle polizze vita, favorendo la crescita dell'estrema destra. Di qui l'offensiva dei falchi, ispirati dal ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, il primo a schierarsi contro Draghi. LONDRA E WASHINGTON Sembrava una caduta di stile, ma da quel momento, da Londra a Washington, si sono moltiplicati gli attacchi alle banche centrali. Le ragioni? La politica del denaro a basso costo sembra arrivata al capolinea anche in quei Paesi, come l'Italia, in cui la ripresa resta lontana. Altrove, specie in Usa, i tassi zero hanno finito per favorire la speculazione finanziaria, più che gli investimenti. E chi ha i soldi, come la Germania ben si guarda dal metterli a disposizione della ripresa dei partner che fanno il possibile, tra scandali ed inghippi burocratici, per giustificare gli egoismi nazionali. No, non è un buon compleanno per Mario Draghi.

SCENARIO BANCHE 24 Libero Quotidiano 04-nov-2016

Mps se la tira ma non batte chiodo art La parola d'ordine a Siena è che solo le incertezze legate alla consultazione popolare stanno bloccando la pioggia di adesioni al piano di salvataggio di Mps. La tesi è esposta nero su bianco nella relazione che sarà presentata all'assemblea del 24 novembre che dovrà esprimersi sull'aumento da 5 miliardi: «I riscontri ottenuti dalle banche del consorzio di collocamento», si legge, «evidenziano la sostanziale indisponibilità manifestata dagli investitori istituzionali ad assumere importanti decisioni di investimento relative a società italiane prima di conoscere l'esito del referendum costituzionale». Per avvalorare l'alibi è sceso in campo persino il sindaco di Siena, Bruno Valenti- ni, secondo cui «dall'estero si guarda con interesse ad Mps», ma il voto «condizionerà molto nel breve termine le operazione». Ma la realtà è che dopo aver sbattuto la porta in faccia a Corrado Passera, il Monte dei Paschi fatica a trovare interlocutori. L'ad Marco Morelli sta girando mezzo mondo a caccia di investitori. Dopo aver toccato Londra e il Qatar il road show sta proseguendo negli Stati Uniti. La prossima settimana sarà il turno di Londra, poi Parigi. Ad ogni tappa circolano indiscrezioni su potenziali soggetti disposti a farsi avanti. A NewYork sarebbero stati avviati contatti con Rhone Capital, Appaloosa Management e Paulson e Co e Atlas Merchant Capital. Il tour sta andando «molto bene», fanno trapelare fonti vicine al dossier. C'è, però, chi sostiene che, al di là di qualche stretta di mano, Morelli sia riuscito ad ottenere ben poco. Men che meno impegni scritti. Persino lo storico partner Axa ieri ha preso le distanze. «Pensiamo che l'aumento sia una buona cosa», hanno fatto sapere dal colosso bancassicurativo francese, «ma prima di esprimerci bisogna sapere le condizioni, che al momento non sono note». Rumors e dichiarazioni che sono tornati ad alimentare le tensioni in Borsa (ieri il titolo è andato ancora giù, con un calo dello 0,94%) dopo la fiammata provocata dalla discesa in campo dell'ex ministro dello Sviluppo. Un fronte, quest'ultimo, su cui la Consob vuole vederci chiaro. Dopo le pesanti accuse di Passera, che ha denunciato la chiusura totale di Mps ad aprire un confronto sul piano, negando qualsiasi accesso ad informazioni sui conti della banca, l'authority ha deciso di convocare i duellanti. Ieri sera è stato il turno dell'ex manager di Intesa Sanpaolo, che già aveva illustrato nelle scorse settimane alla stessa Consob il progetto di salvataggio da 3,5 miliardi. Lunedì dovrebbe toccare ai rappresentanti di Mps. Nel frattempo, l'istituto senese va avanti per la sua strada che, come ha sottolineato Axa, ancora non è ben delineata. Dalla relazione illustrativa predisposta per l'assemblea dei soci è emerso che, oltre alla conversione volontaria dei bond subordinati Tier 1 e Tier 2, Mps si riserva anche la possibilità di offrire la conversione di strumenti finanziari meno rischiosi come le obbligazioni senior. Si è infatti rilevato che «la situazione dei mercati potrebbe rendere di difficile esecuzione la raccolta di un ammontare pari a quello ipotizzato attraverso semplici offerte di sottoscrizione». Anche sulla base di queste indicazioni, il cda, considerate le attuali condizioni di mercato e al fine di favorire il buon esito dell'aumento, ha valutato la possibilità di combinare un'offerta di sottoscrizione con altre fattispecie. L'operazione passerebbe attraverso «l'eventuale acquisto da parte della banca di strumenti finanziari emessi dalla banca medesima». Sulla mina dei 400 lavoratori (sugli oltre 1.000 trasferiti alla società Fruendo) che hanno vinto le cause in tribunale e si preparano a tornare in Mps, infine, la banca ha annunciato ricorso in Cassazione.

SCENARIO BANCHE 25 Messaggero 04-nov-2016

Pioneer, Poste stringe le fila e punta a quotare la newco art ROMA Nell'operazione-Poste, la newco costituita ad hoc per compiere l'acquisizione di Pioneer assìerne agli alleati, si ritroverebbe quotata in Borsa attraverso la fusione con Anima Holding. Della newco, il gruppo di corrispondenza dovrebbe avere il 60%, Anima Holding il 20% e, per far posto al nuovo arrivato Aberdeen con il 10%, Cdp dovrebbe dimezzare la sua quota originaria al 10%. Prende forma il progetto della cordata italiana fortemente intenzionata ad acquisire il gruppo di asset management da 220 miliardi di mezzi, messo in vendita da che è conteso anche da Amundi e Macquarie, in corsa da soli. Le offerte vincolanti dovrebhero arrivare entro giovedì 10, giorno in cui si riunisce il cda di Piazza Gae Aulenti per approvare la trimestrale. Il venditore è affiancato da JpMorgan, Morgan Stanley e dallo studio Gianni Origoni Grippo Cappelli e partners. A rafforzamento della cordata mediante l'ingresso degli scozzesi di Aberdeen, finora in corsa da soli, fa si che anche il prezzo offerto potrebbe aumentare. Aberdeen è stato coinvolto perchè interessato alle attività Usa e indiane di Pioneer. Poste dovrebbe riunire il suo board mercoledì 9 per stabilire il valore dell'offerta che comunque è Legata a una serie di variabili: durata del contratto commerciale con Unicredit per la distribuzione dei prodotti, clausola di esclusiva a carico del gruppo venditore e le commissioni che gli verranno riconosciute a fronte dellavendita dei fondi. All'inizio de[ processo, Unicredit non era intenzionato a garantire la distribuzione dei prodotti di Pioneer, ma strada facendo si sarebbe ricreduto allo scopo di massimizzare ii guadagno. Pioneer è in carico a un valore attorno a un miliardo eva considerato che Pioneer ha in pancia una cassa di 500 milioni che il venditore potrebbe anche decidere di riprendersi in tutto o in parte sotto forma di dividendo straordinario. Nelle offerte non vincolanti. Amundi avrebbe proposto circa 3,6 miliardi netti, Poste circa 3,4, appena sopra l'offerta di Macquarie e Aberdeen. Va detto che nonostante la riservatezza che circonda i valori, è possibile che Poste e c alzino il prezzo. Il finanziamento bridge to bond a Poste in costruzione da Morgan Stanley e Citi e forse Intesa Sp potrebbe aumentare rispetto ai 2 miliardi iniziali. Così come il prestito ad Anima: 500 milioni sottoscritto a fermo da Bpm e Mps da aprire poi a Intesa Sp e Bnp Paribas, della durata di 5 anni che potrebbe aumentare. r. dim. ***

SCENARIO BANCHE 26 Mf 04-nov-2016

Visco, cinque anni da governatore nel bel mezzo di una bufera storica art Si compiono in questi giorni non solo i cinque anni del mandato di Mario Draghi a Francoforte, ma anche i cinque anni di Ignazio Visco a palazzo Koch. Se quelli del grande, indimenticabile governatore che fu Paolo Baffi furono gli anni di fuoco, questi sono stati (e in parte continuano a essere) gli anni delle bufere. Sono stati gli anni della recessione e della sostanziale deflazione, gli anni delle convulse vicende politico-istituzionali e dell'avvicendamento dei governi mentre i mercati segnalavano gradi di sfiducia con gli spread, dell' Europa concentrata su di una versione talebana (come Visco stesso la definì una volta) dell'austerità, del trasferimento di una parte fondamentale della Vigilanza a Francoforte con i danni che sta arrecando, dei progetti europei che si avviano, quale quello dell'Unione bancaria, e si attuano solo per gli aspetti che piacciono ai tedeschi. La crisi profonda, deflagrata nel 2008, si è riflessa altrettanto profondamente sui debiti sovrani e sui sistemi bancari, passando dagli Usa all'Europa e, poi, concentrandosi in particolare in alcuni Paesi, fra i quali l'Italia. Insomma, i precedenti di difficoltà di tale portata sono rinvenibili, in gradi diversi, solo nella crisi degli anni 30 del Novecento e, per l'Italia, anche in quella degli anni novanta, quando governatore era Antonio Fazio che guidò la moneta e promosse una straordinaria riorganizzazione bancaria. L'aspetto della crisi sfuggiva (e tuttora sfugge) ai più allorché si giudicava, spesso con leggerezza, l'operato della Banca d'Italia mentre infuriava la tempesta perfetta degli anni passati. Per di più, è stata difficile l'opera volta a far conoscere l'esatta dimensione dei poteri e dei limiti di attività qual è innanzitutto la Vigilanza bancaria dalla quale, a volte, si pretenderebbe, nelle critiche che prescindono totalmente dalla realtà, che assommasse le attribuzioni proprie della funzione con quelle della polizia, della polizia giudiziaria, della magistratura e del governo. Visco ha ricevuto dal suo diretto predecessore un'eredità pesante: i casi bancari all'ordine del giorno non sono stati aperti improvvisamente. A cominciare dalla vicenda Mps e dall'acquisto dell'Antonveneta, l'onere oggettivamente ricaduto sul nuovo vertice è stato enorme, a dimostrazione che l'operato delle alte cariche si deve giudicare soprattutto a posteriori in omaggio all'obiettività. E inutile stabilire raffronti con il passato antecedente la gestione Draghi, come qualche funzionario superficialmente ha fatto, dimentico che le complessità sono state presenti, come ricordato, anche in altri momenti della storia bancaria e che senza il passato non si costruisce il futuro. Visco con i suoi collaboratori finora ha fatto tutto quanto poteva per guidare nel modo migliore la nave, spesso sforzandosi di far conoscere le difficoltà obiettive e i limiti giuridico-istituzionali. Nel campo della politica monetaria, molte delle innovazioni adottate dalla Bce recano l'apporto fondamentale, in qualche caso decisivo, della Banca d'Italia; le altre funzioni dell'istituto sono state ulteriormente sviluppate ed è stata altresì promossa una importante revisione organizzativa interna. Via Nazionale è un punto di forza del Sistema europeo di banche centrali e si conferma, come una volta scrisse Carlo Azeglio Ciampi, come un soggetto fondamentale perla democrazia economica. Le risorse umane sono fondamentali per il futuro dell'istituzione; a esse andrà dedicata una cura ancora maggiore. Sulle diverse misure adottate, nei vari campi, è aperta la riflessione, insieme con la possibile dialettica, pure dura, ma rigorosamente rispettosa dei necessari confini, essendo sempre da avere presente l'importanza dell'autonomia e indipendenza dell'istituto, a maggior ragione in un periodo, come l'attuale, di attacchi alle banche centrali. Ma la dialettica non sminuisce l'opera di Visco e, soprattutto, non lede il suo prestigio e la credibilità, anche a livello internazionale. La forza dell'istituto monetario deriva non solo dall'ordinamento - che è di natura costituzionale perché è imperniato nel Trattato Ue che richiama, tra l'altro, le banche centrali dell' Eurosistema ed è discendente dall'art. 47 della nostra Costituzione- ma anche e soprattutto dalla professionalità e competenza degli addetti in quella che è stata considerata l'Ena italiana e dalla capacità di alimentare dall'interno il vertice della stessa istituzione, che dovrebbe drasticamente sconsigliare qualsiasi opaco disegno di innovare in questo campo. (riproduzione riservata) ***

SCENARIO BANCHE 27 Mf 04-nov-2016

La Bce armonizza le regole per le banche minori art La Bce ha lanciato la consultazione sulle regole Ische armonizzano la supervisione per le banche vigilate dalle autorità nazionali che sono denominate «istituzioni meno significative» dal punto di vista sistemico. Si tratta di quelle banche che non sono vigilate direttamente dalla stessa Banca Centrale Europea. Il documento sottoposto a consultazione contiene gli orientamenti e le raccomandazioni della Bce per l'esercizio di opzioni e misure discrezionali disponibili per le banche allo scopo di uniformare il modo in cui gli istituti sono sottoposti a supervisione nazionale. L'obiettivo delle raccomandazioni è armonizzare 43 opzioni e misure discrezionali che non sono di «generale applicazione ma sono valutate caso per caso». Inoltre il documento Bce fornisce indicazione alle autorità nazionali sul modo in cui valutare singolarmente tali opzioni e discrezioni e precisa che per otto di queste è giustificato un approccio comune. Nel 2015 la Bce ha armonizzato l'applicazione di opzioni e discrezionalità sulla vigilanza diretta dei 129 enti creditizi significativi. A tal fine sono stati quindi adottati, nel 2016, un regolamento, una guida sull'esercizio delle opzioni e delle discrezionalità previste dal diritto dell'Unione, un addendum a tale guida e l'approccio della Bce per il riconoscimento dei sistemi di tutela istituzionale (Institutional Protection Schemes, Ips). Una versione consolidata della guida è stata pubblicata ieri nel sito internet della Bce. (riproduzione riservata) ***

SCENARIO BANCHE 28 Mf 04-nov-2016

Shadow banking Bruxelles vuole nuovi controlli per tutelare la stabilità finanziaria art - Più regole per lo shadow banking

Dopo la crisi finanziaria la regolamentazione si è concentrata sui rischi delle banche. Ma in futuro, anche per evitare squilibri e arbitraggi tra istituti di credito e altri soggetti di mercato, i legislatori europei guarderanno maggiormente agli operatori del cosiddetto shadow banking, a cominciare da fondi e società d'investimento che possono fare credito (per esempio sottoscrivendo bond) ma senza essere soggetti alle stesse regole delle banche. Sarà questo un filone importante della regolamentazione dei prossimi anni. La Commissione Ue ha fatto un primo passo, pubblicando nelle scorse settimane una consultazione sulla «revisione del sistema delle politiche macroprudenziali europee». Sulla materia ci sarà un incontro lunedì a Bruxelles tra esponenti delle principali autorità europee. La regolamentazione macro-prudenziale ha l'obiettivo di garantire la stabilità del sistema finanziario nel complesso e non soltanto quella dei singoli operatori (che spetta alla vigilanza microprudenziale). Ma la materia è stata finora trattata in modo frammentato: se ne occupano due testi bancari (Crr e Crd4), il regolamento della Vigilanza Bce e due regolamenti dell'Esrb (l'organo presieduto da Mario Draghi che ha il compito di individuare i rischi sistemici). Percib la consultazione Ue vuole innanzitutto fare chiarezza tra i numerosi strumenti macroprudenziali (tra cui ci sono per esempio i buffer di capitale aggiuntivi) varati dopo l'ultima crisi, a volte senza una regia unitaria. Inoltre si vogliono valutare gli ambiti del sistema finanziaro finora meno considerati dai regolatori, tra cui appunto lo shadow banking. La consultazione della Commissione è la base per future proposte legislative. «C'è una necessità generale di definire un insieme di strumenti macroprudenziali che vadano oltre il settore bancario», ha rilevato nella consultazione l'Esrb. «In particolare, strumenti come i requisiti su margini e gli haircut sui derivati, così come quelli su leva e liquidità dei fondi di investimento, dovrebbero essere ulteriormente approfonditi e, ove appropriato, il regime regolatorio potrebbe essere allargato». In questi ambiti l'Ue valuta di estendere i poteri di controllo dell'Esrb. L'attività dello shadow banking è fondamentale nel sostegno al credito, soprattutto quando le banche sono in difficoltà. Proprio per questo motivo il ruolo del settore sarà ancora più importante con la Capital Markets Union, che si propone di sostituire parte dei finanziamenti bancari attraverso i mercati. Questo scenario tuttavia, come ha ricordato in più occasioni Draghi, presenta anche qualche rischio. Per la stessa attività (il credito) ci potrebbero essere soggetti iper-regolamentati (le banche) e altri invece del tutto privi di vincoli. Così i rischi non uscirebbero dal sistema ma si trasferirebbero soltanto su soggetti diversi, meno trasparenti e poco vigilati su liquidità, capitale, leva e governance. Sarebbe una forma di selezione avversa nella quale viene premiata la possibilità di sfuggire ai controlli. Per esempio, nel project financing le banche potrebbero ridimensionare le esposizioni a causa delle strette di Basilea, lasciando spazio a società non regolamentate. La storia del fondo Ltcm e di altri fondi congelati per illiquidità ha mostrato che le crisi pericolose per il sistema finanziario non sono solo quelle bancarie. In un recente intervento Draghi, riprendendo un'analisi Esrb, ha sottolineato che tra le aree che richiedono «un attento monitoraggio» c'è la liquidità di alcuni fondi obbligazionari aperti: la percentuale di asset non-liquidi rispetto al totale è arrivata al 38% a fine 2015, rispetto al 26% di sei anni prima. Inoltre Draghi ha evidenziato «le significative interconnessioni tra banche e banche ombra, in particolare fondi monetari». Circa due terzi degli asset totali dei fondi monetari sono legati alle banche, soprattutto nella forma di titoli di debito. La revisione delle politiche macroprudenziali va anche oltre la questione dello shadow banking e riguarda per esempio la definizione dei buffer di capitale per le banche, in particolare quando l'economia va male. Oggi la vigilanza micro e quella macroprudenziale hanno gli strumenti per diventare più severe nelle fasi espansive, ma non hanno spazio per dare ossigeno agli istituti nelle fasi di contrazione (non è infatti accaduto negli ultimi anni). In situazioni di crescita bassa o nulla gli obiettivi micro spesso sono contrastanti con quelli macro: una richiesta di più capitale per rafforzare le banche pub ridurre il credito con conseguenze per l'intera economia. Nella consultazione Ue l'associazione bancaria europea (Ebf) ha sottolineato che servirebbe una distinzione più netta tra requisiti di capitale (sempre obbligatori) e buffer (che possano essere ridotti nei periodi di stress). Anche su questi temi autorità europee e governi sono stati chiamati a esprimersi con maggiore chiarezza. (riproduzione riservata) ***

SCENARIO BANCHE 29 Mf 04-nov-2016

Visco accelera la riforma Bcc - Bcc, Visco accelera la riforma art Prende ufficialmente il via la riforma delle banche di credito cooperativo e l'obiettivo è arrivare alla consegna delle istanze di autorizzazione alla Banca d'Italia già a inizio 2017 e alla successiva creazione di due o tre gruppi entro un anno a partire da oggi. Ieri Via Nazionale ha emanato le norme di attuazione della riforma avviata lo scorso 14 febbraio con il decreto legge (numero 18) che è stato poi convertito ad aprile facendo chiarezza sul fatto che anche le Bcc più virtuose che aderiranno ai gruppi che nasceranno dalla riforma non potranno essere autonome rispetto ai poteri di coordinamento e controllo che spetteranno alla capogruppo. Si tratterà di una holding organizzata come società per azioni, che dovrà disporre di un patrimonio netto di almeno 1 miliardo di euro e che avrà il potere di coordinamento sulle banche affiliate, compreso quello di nominare e revocare la maggioranza dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle stesse. Nessuna Bcc potrà quindi uscire dal suo radar, e va ricordato che nel gruppo è stata prevista una garanzia in solido delle obbligazioni della capogruppo e delle banche affiliate. Ma i poteri di direzione e coordinamento «saranno proporzionati alla rischiosità delle banche aderenti», hanno chiarito da Via Nazionale con la creazione di meccanismi di rewarding che premieranno le Bcc meglio gestite e patrimonializzate e potranno riguardare la governance, ma anche la direzione o il controllo che spetteranno alla holding. Strumenti che servono per rispondere alle richieste di quelle Bcc che pretendevano maggiore autonomia come riconoscimento del fatto di aver sempre operato bene ottenendo buoni risultati. Ma non potranno mancare presidi minimi mentre dal punto di vista commerciale l'autonomia potrà essere totale. Secondo Bankitalia, è poi importante che i gruppi siano gestiti da persone con le necessarie competenze professionali. Si tratta di un salto significativo per la categoria, sottolineano da Via Nazionale, e bisogna tenere conto che i gruppi che si andranno a costituire saranno fra i primi dieci nella classifica delle banche italiane e quindi soggetti a vigilanza della Bce. Il quadro regolamentare è quindi definito e la parola passa alle singole banche di credito cooperativo che dovranno decidere a quale holding aderire. E dovranno farlo in fretta visto che l'obiettivo di Via Nazionale è appunto accorciare di molto la scadenza rispetto alla legge che fissa al 3 maggio 2018 il termine massimo per la presentazione delle istanze costitutive dei gruppi. A oggi le possibilità sembrano essere essenzialmente due. oltre a quello provinciale delle Raiffeisen del Sud Tirolo: da una parte quello che si sta costruendo su iniziativa di Feder-casse attorno a Iccrea, dall'altra quello avviato dalla Cassa Centrale Banca, che punta a trasformare l'istituto trentino nella seconda holding. Da parte di Banca d'Italia non sembra esserci alcuna preclusione alla creazione di un unico gruppo oppure alla esistenza di due o tre soggetti: l'importante, hanno fatto capire dall'istituto di controllo guidato da Ignazio Visco, è che si tratti di gruppi solidi. Considerato che non si parla di dieci gruppi ma di uno, due o al massimo tre, non ci sono preclusioni di principio. La nuova capogruppo dovrà essere costituita con una società per azioni, controllata al 51% dalle bcc ad essa legata e potrà reperire risorse sul mercato fino al 49 del capitale. Ma è prevista anche la possibilità che le Bcc scendano sotto il 50%, nel qual caso servirà un'autorizzazione del ministero dell' Economia, sentita la Banca d'Italia. Il riassetto da attuare è rilevante considerando i numeri del credito cooperativo: a giugno scorso le bcc erano 355 su un totale di 486 gruppi bancari, con il 15% degli sportelli (4.385) e il 7,6% di attivi (236 miliardi). A riforma attuata di banche ne resteranno poco più di 120 e le bcc metteranno a fattor comune il loro patrimonio che, messo insieme, è migliore del resto del sistema bancario: il Cet1 ratio delle Bcc è infatti già oggi il 16,7% contro il 12,4% medio del sistema. (riproduzione riservata) ***

SCENARIO BANCHE 30 Mf 04-nov-2016

Iccrea apre i suoi Pos ai cinesi di UnionPay art A partire dal prossimo anno i turisti cinesi in Italia potranno pagare senza problemi usando la propria carta UnionPay nei negozi forniti di Pos Iccrea Banca. L'accordo tra l'Istituto centrale del credito cooperativo e il colosso cinese delle carte di pagamento e di credito è stato siglato ieri. «In tre o quattro mesi inizieremo l'apertura dei nostri terminali», ha spiegato Antonio Galiano, responsabile E-Bank di Iccrea Banca e presidente di Ventis, il market-place digitale del gruppo con il quale sempre dal prossimo anno i cinesi inizieranno una partnership. II credito cooperativo intende intercettare in questo modo il flusso di visitatori d'oltre Muraglia. Sono infatti 1,4 milioni i cinesi che lo scorso anno hanno scelto la penisola come meta di viaggio. L'intesa guarda inoltre alle comunità cinese residente in Italia, essendo UnionPay il circuito più diffuso nella Repubblica popolare. In totale sono più di 5 miliardi le carte del colosso cinese. L'apertura dei terminali sarà graduale, a partire dai centri maggiori e con l'obiettivo di arrivare inizialmente a 70 mila Pos, per giungere in un secondo tempo a servire tutti i 150 mila esercenti che si affidano a Iccrea Banca. Dalla metà del prossimo anno i possessori di Union-Pay potranno inoltre prelevare dai bancomat degli istituti di credito cooperativo. Parallelamente UnionPay ha dimostrato attenzione per Ventis, la piattaforma partecipata da Iccrea per la promozione e la vendita dei prodotti del territorio e del made in Italy. «Puntiamo a non essere soltanto fornitori di credito per le pmi, ma di servizi a valore aggiunto», ha concluso Galiano. (riproduzione riservata) ***

SCENARIO BANCHE 31 Mf 04-nov-2016

Intervista a Carmelo Barbagallo - Mini-banche, sotto la lente anche il rischio art operativo

ßankitalia amplierà la vigilanza nei confronti delle banche più piccole anche al rischio operativo, oltre che a quello di credito. Lo dice Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza di Via Nazionale, in questa intervista rilasciata ieri ai microfoni di Class Cnbc. Domanda. Da un recente studio realizzato da Banca d'Italia emerge che alcune banche minori presentano alcune difficoltà. Secondo lei, questi istituti possono restare in piedi da soli o devono correre ai ripari per non trovarsi con il destino segnato? Risposta. Non è una novità il fatto che controlliamo anche le banche più piccole e che le sottoponiamo a un processo di valutazione annuale, il quale è rigoroso e ovviamente determina interventi quando necessario. Nell'ultimo report da lei citato abbiamo voluto dare evidenza al processo di valutazione di questi intermediari e abbiamo anche risposto al quesito che qualcuno ci ha posto, ossia se effettuiamo degli stress test. La risposta è che sì, li effettuiamo in maniera semplificata tenendo conto delle caratteristiche di queste realtà e inserendo questo risultato nella valutazione complessiva. Gli intermediari che hanno maggiori problemi sono ovviamente seguiti più da vicino e per essi si cerca di trovare le soluzioni più adeguate. D. Si parla di un possibile ampliamento degli stress test di Bankitalia anche alle banche medio-piccole ovvero a quelle con asset sotto i 200-300 milioni di euro. Quali potrebbero essere i vantaggi per il settore? R. Sì, immaginiamo di continuare in questa direzione e di ampliare l'ambito delle valutazioni, oltre che al rischio tradizionale, ovvero il rischio di credito, anche ad altre tipologie, come quello operativo. Questo perché alcune di queste realtà minori sono caratterizzate da un rischio più operativo che di credito. D. II rimbalzo di ottobre del settore bancario sembra ormai alle spalle. Le banche tornano a pagare le tante incertezze, anche di natura politica, come le elezioni Usa e il referendum italiano. Che messaggio si sente di dare ai risparmiatori? R. Un messaggio di fiducia, soprattutto nell'attuale situazione di incertezza. Le vigilanze, quella europea e quella nazionale, sono molto attente a quello che accade nelle banche e vigilano al massimo della loro energia cercando di trovare tutte le soluzioni adeguate per affrontare tempi difficili come quelli che stiamo vivendo. (riproduzione riservata) ***

SCENARIO BANCHE 32 Mf 04-nov-2016

Montepaschi, spunta ipotesi di conversione anche dei bond senior - In art conversione anche i bond senior

Oltre alla conversione dei titoli subordinati Tier 1 e Tier 2, Banca Mps si riserva la possibilità di offrire la conversione di strumenti finanziari senior. E quanto si legge nella relazione illustrativa del consiglio di amministrazione sui punti all'ordine del giorno dell'assemblea straordinaria del prossimo 24 novembre che dovrà approvare la manovra di ricapitalizzazione da 5 miliardi. «Si è rilevato», si legge nella relazione, «che la situazione dei mercati potrebbe rendere di difficile esecuzione la raccolta di un ammontare pari a quello ipotizzato attraverso semplici offerte di sottoscrizione (siano esse rivolte a investitori istituzionali o retail). Anche sulla base di queste indicazioni, il cda, considerate le attuali condizioni di mercato e al fine di favorire il buon esito dell'aumento di capitale e, quindi, dell'intera operazione in cui esso si inserisce, ha quindi valutato la possibilità di combinare» l'aumento con una «potenziale operazione di liability management volta all'eventuale acquisto da parte della banca di strumenti finanziari (subordinati Tier 1/Tier 2 e senior) emessi o garantiti (direttamente o indirettamente) dalla banca, con obbligo dei destinatari che dovessero accettare tale offerta di destinare il corrispettivo così ricevuto alla sottoscrizione di nuove azioni Mps emesse nell'ambito dell'aumento di capitale». Vengono inoltre citati anche «strumenti finanziari emessi da terzi ma convertibili in azioni della banca», per cui ci sarebbe un incentivo per la conversione, da impiegare nella sottoscrizione di nuove azioni, in aggiunta alle azioni che spetterebbero in base ai regolamenti. Nella relazione illustrativa si legge anche che i riscontri preliminari ottenuti dalle banche del consorzio nell'ambito dell'aumento di capitale evidenziano «una sostanziale indisponibilità manifestata dagli investitori istituzionali ad assumere importanti decisioni di investimento relative a società italiane prima di conoscere l'esito del referendum costituzionale» del 4 dicembre. «Preso atto di tale circostanza, il cda ha verificato la possibilità di avviare l'aumento subito dopo tale data, mantenendo al contempo l'obiettivo della società di completare l'operazione entro il corrente anno o comunque nei minori tempi tecnici consentiti». Finora, si legge ancora nella relazione, «non sono pervenute da parte degli azionisti manifestazioni di disponibilità a sottoscrivere le azioni di nuova emissione rivenienti dall'aumento». Da qui consegue la necessità di cercare anchor investor, dal momento che «i vincoli e le rigidità (anche di tempistica) posti da un aumento di capitale in opzione non sono parsi al consiglio compatibili con l'attuale contesto di mercato, che suggerisce al contrario di poter disporre di strumenti il più possibile rapidi e flessibili per intercettare la domanda degli investitori, raccogliere nuovo capitale e conseguire così i fondamentali obiettivi» della banca. Intanto ieri, come anticipato da Class Cnbc, Corrado Passera è stato ascoltato in Consob. Dopo il botta e risposta tra l'ex banchiere e i vertici di Rocca Salimbeni in seguito al ritiro dell'offerta da parte di Passera, i contatti tra la Consob e gli altri protagonisti della vicenda sono stati continui. A indurre la commissione di vigilanza dei mercati alla convocazione delle due parti è stata anche l'alta volatilità del titolo, che è quasi raddoppiato con l'approssimarsi della proposta Passera ed è sceso del 40% dopo la presentazione del piano industriale. Passera ha spiegato la ratio della sua offerta e le ragioni della marcia indietro. «Era un bel progetto, ho trovato gente che su progetti seri in Italia è pronta a investire e questo non è scontato», ha commentato l'ex amministratore delegato di Intesa al termine dell'audizione. Prosegue infine il roadshow dell' amministratore delegato Marco Morelli. Fonti vicine a Mps spiegano che gli interlocutori si stanno mostrando interessati. Dopo Londra e il Qatar, adesso il banchiere è negli Stati Uniti; la settimana prossima tornerà in Inghilterra per poi andare a Parigi, mentre a metà novembre sarà di nuovo a New York e a Boston. Sarà soprattutto in queste seconde tappe che potrà tirare le somme. (riproduzione riservata)

SCENARIO BANCHE 33 Mf 04-nov-2016

Contrarian - Critiche alle banche centrali, ma senza soluzioni alternative art L' autonomia di alcune principali banche centrali - che riguarda l'istituzione in sé o chi sta al vertice di essa - rischia in una fase difficile come l'attuale di essere messa estesamente in discussione. La Federal Reserve continua a essere nel mirino di Donald Trump, accusata di aver mantenuto fermi i tassi rendendo un servigio alla sua antagonista nella campagna per le elezioni presidenziali. Ne vorrebbe l'assoggettamento al Parlamento, ben al di là delle consuete audizioni per giungere a un placet di questo organo su tutte le più importanti decisioni. Nessuna attenzione, invece, da parte del candidato repubblicano, alle motivazioni espresse dal Fomc, il Comitato di politica monetaria, per non aumentare ancora il costo del denaro. Sempre Trump ha dichiarato che, se eletto, smantellerà le diverse leggi regolatrici anche in campo finanziario, a cominciare dalla Dodd-Frank. A Londra il governatore della Banca d'Inghilterra, Mark Carney, proveniente dal Canada, è stato attaccato dal governo conservatore e dal premier Theresa May per essersi pronunciato inizialmente contro la Brexit e per la guida della sterlina negli ultimi tempi. Poi vi è stata una retromarcia e trovato un compromesso: il governatore, il cui mandato scadrebbe nel 2012, resterà in carica fino al 2019, anticipando l'uscita ma rimanendo alla testa della Banca centrale nel periodo più impegnativo per l'attuazione di Brexit. Accanto a elogi abbastanza diffusi, anche per il presidente della Bce, Mario Draghi, iniziano, ora che compie cinque anni alla guida dell'istituto monetario, i giorni delle critiche che in Germania si fanno più aspre, da ultimo con la presa di posizione del consiglio degli esperti economici consulenti del governo di Angela Merkel: la contestazione riguarda la vigenza del Quantitative easing e i tassi negativi ritenuti deleteri perché l'economia ora è in ripresa, mentre queste misure stimolerebbero i governi renitenti a non intraprendere la strada del rigore potendo usufruire della protezione assicurata, con l'acquisto dei titoli del debito sovrano, da parte della Bce. Il tedesco Otmar Issing, autorevole ex membro del Comitato esecutivo Bce, arriva a parlare di rischi perla democrazia che possono derivare da un eccessivo potere della banca centrale. In effetti non sembra che la crescita nell' area dell'euro sia coi come viene presentata, restando ancora molto modesta, mentre l'inflazione è ancora assai bassa, ai confini della deflazione e, comunque, lontanissima dall'obiettivo-vincolo della Bce concernente il livello intorno - ma sotto - il 2%, il cui raggiungimento può far dire che si è ottemperato al mandato sul mantenimento della stabilità dei prezzi. Tutte le critiche rivolte alla politica monetaria trovano il loro punto debolissimo proprio nel non soffermarsi sul mandato, che impone alla Bce di operare perla stabilità monetaria raggiungendo l'obiettivo in una prospettiva di medio termine, mentre secondo le stime della Bce, solo alla fine del 2019 il tasso di inflazione si ragguaglierebbe al 2%. Chi non vuole il ricorso a misure non convenzionali, in sostanza non vuole che sia assolto il mandato: una inottemperanza che sarebbe la violazione del Trattato Ue, con riflessi istituzionali e, forse, anche giuridici. Una cosa è agire con interventi straordinari senza avvicinarsi all'obiettivo, altra è non operare proprio con questa finalità. Semmai i critici dovrebbero indicare con quali altre misure si potrebbe conseguire l'adempimento del mandato. Ma tutta questa parte, che è il cuore del problema, non è presa proprio in considerazione, come se fosse un aspetto secondario. Gli attacchi diversificati per contenuti e intensità alle banche centrali (la stessa Banca del Giappone non vive una fase di tranquillità) costituiscono, quando appunto ne mettono in causa l'autonomia istituzionale o quella funzionale e operativa, una ferita dell'ordinamento. ***

SCENARIO BANCHE 34 Repubblica 04-nov-2016

Mps: "Bond scambiati in azioni ma tutto dipende dal referendum" art MILANO. Mentre l'ad Marco Morelli negli Stati Uniti cerca da una riunione all'altra - per ora senza nessun impegno formale dagli investitori - di vendere il mare di azioni Mps che la banca deve emettere per ripulirsi il bilancio dalle sofferenze, i suoi legali si affidano il "dilemma del prigioniero" per spaventare il giusto i creditori e così convincerli a convertire i loro bond in azioni nell'offerta di fine novembre, e contribuire il più possibile al rafforzamento patrimoniale da 5 miliardi. Nei documenti per l'assemblea che il 24 novembre voterà l'operazione c'è un passaggio conciso e inedito che conferma che anche i titolari di bond "senior" ( cioè a più alta probabilità di rimborso) emessi per 15 miliardi di euro di cui circa 14 nei portafogli al minuto potrebbero diventare soci. Un salto di qualità con effetti potenzialmente drammatici, non dissimili dal "salvataggio interno' (ball in) per la risoluzione ordinata delle banche in crisi, in vigore da gennaio e che chiama - nell'ordine - azioni, bond subordinati, bond senior, conti correnti oltre i 100mila euro a coprire perdite fino all'8% del passivo..La situazione dei mercati potrebbe rendere di difficile esecuzione la raccolta di un ammontare pari a quello ipotizzato, si legge nelle carte Mps, che spiegano le reticenze dei sondaggi di questi mesi anche con .la sostanziale indisponibilità manifestata dagli investitori istituzionali ad assumere importanti decisioni su society italiane prima di conoscere l'esito del referendum» del 4 dicembre. Cosi la banca ha scelto, per attenuare l'emissione, di pagare in contanti gli obbligazionisti a patto che reinvestano in nuove azioni Mps. Non solo i più rischiosi subordinati, come detto il 24 ottobre: l'eventuale acquisto è anche per strumenti subordinati tier 1/tier 2 e senior emessi o garantiti dalla banca, e pari a circa 21 miliardi, come chiedevano fino dall'estate le banche d'affari advisor. A Siena l'ipotesi di estendere realmente l'offerta ai senior è data per imprgbabile, anche alla luce dell'ascolto che negli Usa trovano i dettagli del piano strategico. Ma sui mercati la cosa ha fatto rumore: il senior da un miliardo Mps 2019, l'unico in mano agli istituzionali, ha perso l'1,77%, e ha contagiato i bond delle ex popolari Veneto e Vicenza, che presto dovranno ricapitalizzare e i loro portatori - risparmiati in primavera per l'intervento del fondo Atlante - non vorrebbero doversi immolare stavolta. Per Autonomous .tenersi tutte le opzioni aperte è una scelta prudente» per Mps, e includere i senior .non è un male in sé, anche se la sola menzione fa temere per la capacità del management di trovare i capitali necessari. Tra l'altro molti ritengono che ben pochi senior bond sarebbero scambiati in azioni essendo arduo incentivarli (trattano vicino a 100 e a 100 sarebbero convertiti, diversamente dai subordinati). C'è però anche una lettura secondaria legata alla guerra di strategie per controllare la banca, dove in prima fila premono i fondi organizzati attorno ad Attestor che hanno fatto incetta di subordinati per 1,4 miliardi nominali e chiedono di scambiarli a condizioni favorevoli..Tra i soci, il fondo Atte-stor e gli eventuali nuovi soci futuri ognuno deve capire fino a che punto può spingersi - racconta un banchiere esperto -. Una conversione dei subordinati a prezzi troppo alti terrebbe lontani i futuri investitori perno: e neanche possono penalizzare troppo i soci esistenti e i consiglieri, che devono approvare i dettagli del piano». Pura teoria dei giochi. In Borsa Mps ha perso lo 0,94%, mentre Consob convocava Corrado Passera, per capire meglio i legami fra gli acquisti a razzo di ottobre e la sua proposta informale a investire 2 miliardi nel Monte con alcuni fondi.

SCENARIO BANCHE 35 Sole 24 Ore 04-nov-2016

Per la manifattura è «creditless recovery» art Credito. Prestiti ancora in negativo nei primi 7 mesi Per la manifattura è «creditless recovery» -42 miliardi Lo stock dei prestiti Il volume dei prestiti è inferiore del 17,7% rispetto ai massimi del 2011 — La ripresa moderata ma costante dell'industria italiana prosegue nonostante la riduzione dei prestiti alle imprese; in pratica una situazione da «creditless recovery». È quanto annotano gli analisti del Centro sudi di Confindustria nelle pagine degli Scenari industriali dedicate al credito bancario. La bassa profittabilità delle imprese manifatturiere va di pari passo con l'ancora scarsa disponibilità di credito, visto che nei primi sette mesi dell'anno i prestiti acquisiti dal settore è negativo (-o,8%) dopo il -3,6% annuo registrato tra il 2012 e il 2015. II calo prosegue da cinque anni ed attualmente lo stock dei prestiti nel manifatturiero è inferiore del 17,7% rispetto ai massimi del 2011 (-42 miliardi). Naturalmente la ristrettezza di credito non è uguale in tutti i comparti: in 5 degli u presi in esame le ultime variazioni risultano positive, anche se di modesta portata. La conclusione cui arrivano le analisi, suffragate anche dalle indagini di Istat e Banca d'Italia, e che da ormai quattro o cinque anni la restrizione del credito è dal lato dell'offerta non della domanda, tanto è vero che si registra anche in settori (alimentare, macchinari e attrezzature, trasporti, gomma-plastica) in cui il calo dello stock dei prestiti ha coinciso con una crescita del valore aggiunto nominale. In questo difficile contesto solo le aziende con buona redditività sono riuscite ad autofinanziarsi, quelle con un mark-up (la distanza tra i prezzi di vendita e i costi) più elevato. È il caso dell'alimentare. Mentre all'opposto il settori gommmaplastica e carta-stampata hanno sofferto di più. La conclusione è che purtroppo le politiche di erogazione del credito, che si basano su indicatori di bilancio quali la redditività dell'impresa, tendono a risultati non ottimali. «In fasi di espansione dei prestiti - si legge nel documento - si rischia di dare più credito a chi ne ha meno bisogno. Viceversa, in fasi negative, come quella iniziata nel 2011 e ancora in corso, si rischiadi togliere di più il credito proprio ai settori e alle imprese che ne hanno più bisogno». D.CoL ***

SCENARIO BANCHE 36 Sole 24 Ore 04-nov-2016

Al Credem entrano 120 giovani - Al Credem c'è posto per 120 giovani art Il mercato e la crisi economica in corso non arrestano il Credem dove non si parla di un tema molto discusso e trattato in diverse banche italiane, quello degli esuberi. Al Credem si parla infatti di assunzioni. Giovani soprattutto. Il numero indicato dalla banca è di 120 e la giustificazione che ne viene data è il business. La ricerca è rivolta a diplomati e laureati in discipline economiche, scientifiche e giuridiche. Per l'ambito commerciale, i neoassunti potranno diventare gestori di clientela privata e small business con una successiva crescita manageriale come direttore di filiale. Nella direzione centrale le persone inserite potranno ricoprire ruoli con responsabilità via via crescenti, sulla base di un percorso sviluppato secondo capacità ed attitudini personali. Crescono gli investimenti sulle risorse umane con assunzioni e formazione, crescono i clienti e le quote di mercato per linee interne (sono 59mila i nuovi clienti nel primo semestre 2016), vengono portati avanti sviluppi ed investimenti in innovazione tecnologica e reti di vendita La banca comunica uno sviluppo dei prestiti (con impieghi in aumento del 4,6% anno su anno a fine giugno 2016 contro lo 0,34% anno su anno a sistema) ma anche uno sviluppo nella gestione del risparmio. I nuovi assunti avranno un contratto a tempo determinato di lunga durata,da 18 a 24 mesi, con l'obiettivo però di confermare tutte le posizioni. Quella dei 120 che Credem inizierà a selezionare a breve non è la prima "infornata" di giovani degli ultimi anni. Negli ultimi tre anni ci sono state infatti oltre 600 assunzioni e la media è stata del 95% circa di confermati a tempo indeterminato. Nel dettaglio nel primo semestre del 2016 ci sono state 179 assunzioni, il 60% giovani che hanno portato a una crescita dell'organico del 3% anno su anno, mentre nel 2015 ci sono state 316 assunzioni, il 76% giovani che hanno portato una crescita dell'organico del 2,2. Assunzioni sì, ma anche molta formazione. Come hanno messo in luce i dati del Fondo banche e assicurazioni(sivedaiSole240re di martedì 2 novembre) la formazione è diventata il perno fondamentale attorno al quale le banche stanno concretamente facendo la svolta nuove tecnologie e digitale. Nel 2016 il Credem ha programmato 22800 giornate di formazione, mentre nel 2015 ci sono state 260mila ore di formazione. Questo ha significato una media di circa 4 giornate di formazione per addetto sia tecnico-normativa sia sulle competenze soft, con un focus specifìco per sostenere lo sviluppo personale e professionale, anche concorsi sul coaching e sul self empowerment Molta attenzione anche alla job rotation: negli ultimi quattro anni Il 57% dei neoassunti ha ricoperto un ruolo diverso da quello con cui aveva iniziato il suo percorso professionale in Credem. «Riteniamo che in un'impresa le persone siano la principale chiave di successo», dice Andrea Bassi, responsabile gestione del personale di Credem. «Crediamo che essere un'azienda realmente innovativa nei prossimi anni- prosegue Bassi-significhi saper gestire il cambiamento in corso combinando l'utilizzo della tecnologia con la componente umana per rendere questo connubio un fattore di successo e di fidelizzazione nella gestione dei rapporti con la clientela». ***

SCENARIO BANCHE 37 Sole 24 Ore 04-nov-2016

Mps, conversione per tutti i bond - Mps valuta la conversione dei bond senior - art Mps, ipotesi conversione anche per i bond senior

Oltre ai titolari di bond subordinati, Mps potrebbe eventualmente offrire la conversione anche ai possessori di titoli senior per portare a casa i cinque miliardi che servono: una necessità e non una scelta, visto che le dimensioni rendono l'operazione indigeribile dal mercato come aumento puro. È quanto si legge nelle relazioni preassembleari approvate mercoledì dal consiglio e pubblicate ieri sul sito Internet del-labanca: una descrizione dettagliata (e aggiornata) sia della cartolarizzazione che dell'aumento, tenendo conto di cornee quanto è cambiato il clima sul mercato rispetto a luglio, quando l'operazione era statapensata inizialmente. Tra le righe dei documenti, anche una novità potenzialmente rilevante perché dagli esiti ancora incerti: la banca segnala infatti che a partire da maggio «è in corso un'attività ispettiva da parte della Bce e di Banca d'Italia avente ad oggetto i rischi di credito, di controparte e il sistema dei controlli, la cui conclusione è prevista per la fine del 2oi6»; un check-up, informa la banca, di cui gli impatti per ora sono incerti ma che potrebbe riaprire la partita delle rettifiche. Stadi fatto che nel documento passato mercoledì al board le difficoltà, intrinseche e di contesto, dell'operazione emergono a tutto tondo. Non acaso, spiega la banca, si è reso necessario sottoscrivere un nuovo accordo di pre- underwriting con il consorzio di garanzia guidato da Jp Morgan e Mediobanca: firmato il 24 ottobre, giorno di approvazione del piano industriale e di convocazione dell'assemblea, prevede un impegno a sottoscrivere l'inoptato purché la cartolarizzazione degli Npl «abbia raggiunto un grado di avanzamento tale da essere considerato soddisfacente» e altrettanto soddisfacenti si siano rivelati gli esiti dell'attività di marketing presso gli investitori nonché la conversione dei bond. Condizioni non lontane da quelle di routine, ma che nel caso del Monte assumono un quoziente di rischio superiore: come scritto sempre nei documenti pubblicati ieri, infatti, nei contatti di queste settimane sta emergendo «la sostanziale indisponibilità manifestatadagli investitori istituzionali ad assumere importanti decisioni di investimento relativeasocietàitaliane prima diconoscere l'esito del referendum costituzionale» del dicembre. In pratica, ilvoto rischia diventare una variabile determinante per il buon esito dell'operazione: se gli investitori dovessero mostrare una reazione negativa, cadrebbe anche la garanzia del consorzio sull'aumento. L'incertezza dunque non manca, e così si spiegano i margini di flessibilità che il cda chiede all'assemblea dei soci quanto alle modalità e anche al prezzo di attuazione di aumento e conversione dei bond: oltre ai subordinati, pari a 5,2 miliardi di titoli in circolazione tra Tien e Tier2, si parla anche di un'eventuale proposta di conversione anche per i senior, che presentano un out-standing complessivo di 17 miliardi, per un totale di 22,2 miliardi di titoli potenzialmente coinvolti. Nei margini concessi al cda, anche la possibilità di recuperare in extremis il diritto d'opzione per i soci attuali, che diversamente si vedranno corrispondere un diritto di prelazione, oltre naturalmente ai titoli junior derivanti dalla cartolarizzazione degli Npl. Altro capitolo, i crediti deteriorati. Oltre ai 27,6 miliardi di sofferenze che usciranno dalla banca grazie alla cartolarizzazione, sulle inadempienze probabili e le esposizioni scadute che resteranno dentro la banca punta a incrementare la copertura «fmo al 40%», versione più light di quella adottata in passato, quando si specificava una copertura «pari al 40%». Anche perché l'ultima parola sugli accantonamenti arriverà solo con l'esito dell'ispezione iniziata a maggio. Mentre prosegue il confronto trai soci sul successore di Massimo Tononi alla presidenza del Monte, da Axa ieri è arrivato un primo commento sull'aumento, defmito «una buona cosa» dal direttore fmanziario di gruppo, Gerald Harlin. Tuttavia, «prima di esprimerci bisogna sapere quali sono le condizioni, che al momento non sono ancora note», ha specificato ieri. Infine, tra i fronti caldi se ne potrebbe aggiungere un altro. Così come rilevato ieri da Radio-cor, il Monte potrebbe registrare un ritorno tra le sue fila di 400 lavoratori sugli oltre mille trasferiti due anni fa con il ramo del back-office alla società Fruendo (joint venture Bassilichi-Accenture). La banca segnala, nel resoconto intermedio di gestione, che su 600 lavoratori trasferiti che avevano avviato azione giudiziaria davanti ai vari Tribunali italiani (Siena, Roma, Mantova e Lecce) ben 400 sono quelli che a fine ottobre scorso hanno maturato il diritto ad essere riammessi in servizio in banca. Di fronte alle sentenze sfavorevoli dei vari tribunali il Monte dei Paschi ha intanto promosso appello; i lavoratori Fruendo con diritto di reintegro in banca non hanno per ora messo in esecuzione le sentenze loro favorevoli. A tal proposito, la banca sottolinea, che «da tale

SCENARIO BANCHE 38 complessiva situazione» consegue che «ad oggi e fintanto che la situazione attuale rimanga immutata, non sono previsti impatti economici per la capogruppo». RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO BANCHE 39 Sole 24 Ore 04-nov-2016

Bankitalia apre a due capogruppo per la Bcc - Bankitalia: via libera alla riforma art Bcc

Riassetti. La Vigilanza approve le norme di at•ruarione della sforma delle cooperative - Barbagallo: «A noi interessa che nascano gruppi molto robusti, anche due possono esserlo» Bankitalia apre a due capogruppo per le Bcc Riassetti. Pubblicate le norme di attuazione della Vigilanza - Bene anche due capogruppo Bankitalia: via libera alla riforma Bcc LE NOVITÀ Secondo le nuove regole la capogruppo avrà poteri di direzione e coordinamento, compreso quello di nominare e revocare cda e sindaci Davide Colombo ROMA Entro un anno al massimo la riforma delle banche di credito cooperativo dovrà toccare la sua tappa fmale. E la Banca dgtalia «non farà iltifo», in quel t'ultimo miglio, tra chi sostiene l'ipotesi di costituire un unico gruppo aggregatore o chi invece punta su p iù grupp i. «A noi interessa che nascano gruppi molto robusti, chi ha detto che due gruppi - ma anche uno - non possano esserlo?» ha affermato ieri il Capo della Vigilanza di via Nazionale, Carmelo Barbagallo, in occasione della pubblicazione delle norme di attuazione del decreto n.18 del febbraio scorso. Importante è che si agisca in tempi rapidi, che si chiuda ben prima del 2 maggio 2018, data ultima per la presentazione delle domande di costituzione dei gruppi previsti dalla legge. Gruppi bancari cooperativi Spa, vale ricordarlo, che dovranno debuttare con un patrimonio netto di almeno un miliardo e che saranno controllati per oltre II 50% dalle Bcc ad essi aderenti tramite i contratti di coesione, mentre potranno raccogliere sul mercato risorse fino al 49% del capitale, salvo deroghe concesse dal ministero dell'Economia (sentita Bankitalia) per ragioni di stabilità del gruppo. Uno degli auspici espressi nel cosro della presentazione delle norme attuative è che attorno alla costituzione di queste nuove Spa bancarie si raccolgano «capitali pazienti», con una capacità di impegno di lungo periodo. Nell'ipotesi più probabile di costituzione di due gruppi bancari nazionali, oltre a quello provinciale delle Raiffeisen del Sud Tirolo, potrebbero nascere entità finanziarie di dimensioni tali da collocarsi tra il terzo e il settimo-ottavo gruppo bancario italiano, direttamente vigilati dalla Bce. Quest'ultima farebbe scattare, con ogni probabilità, un'asset quality review sulle nuove realtà che andrebbero sotto il suo controllo in qualità di gruppo "significant", ovvero con attivi superiori ai 3o miliardi. Secondo le nuove regole la capogruppo avrà poteri di "direzione e coordinamento" sulle banche affiliate, compreso il potere di nominare e revocare la maggioranza dei componenti degli organi di amministrazione e controllo. Poteri - ha chiarito la Vigilanza di Bankitalia - che saranno «proporzonati alla rischiosità» della banche aderenti ed esercitati con un sistema di early warning sulle situazioni di perdita di capitale che dovessero manifestarsi. Prevista poi una garanzia in solido delle obbligazioni della capogruppo e delle banche aderenti e la predisposizione di un bilancio consolidato secondo i principi Ifrs. Sul fronte dei criteri di governance, la Banca d'Italia ha eliminato il tetto del 50% pergli esponenti delle Bcc che entreranno negli organi della capogruppo. La quota massima la stabilirà lo statuto tenendo conto di una serie di requisiti tra i quali la professionalità e la competenza e la diversificazione del board. Via Nazionale ha accolto anche una serie di richieste del sistema sui "doveri della capogruppo". Quest'ultima nel contratto di coesione dovrà indicare, ad esempio, i criteri di equilibrata distribuzione dei vantaggi di gruppo. Le Bcc aderenti alla capogruppo potranno poi costituire, nell'ambito del contratto di coesione, "sub-holding" che potranno svolgere attività bancaria e altri compiti, come il controllo interno, ma non con poteri di «coordinamento e direzione» che sono esclusivi della capogruppo. La normativa secondaria prevede anche che sia il contratto di coesione a indicare i criteri di valutazione della rischiosità di ogni singola Bcc che dovranno comunque comprendere la patrimonializzazione, la liquidità e il funding dell'istituto. La Banca d'Italia ha «un'aspettativa molto elevata» su come sarà adottata la riforma e si augura che da parte dei banchieri cooperativi ci sia un'assunzione di consapevolezza sull'importanza della posta in gioco. Secondo i numeri presentati ieri le Bcc sono oggi 355 su un totale di 486 istituti attivi nel nostro Paese (circa il 73%) mentre a riforma attuata il numero complessivo dellebanche scenderebbe a no o poco più. Ieri intanto la Bcc Roma, la più grande banca di credito cooperativo italiana, ha presentato i risultati dei nove mesi: un utile netto di 17,1 milioni, con un margine di interesse di 131,7 milioni ( 4,2%) e un margine di intermediazione pari a 205,6 milioni ( 4,2%). Il margine operativo lordo ammonta a 71,8 milioni ( 2,3%). Dall'inizio dell'anno il perimetro di Bcc Roma s'è allargato dopo l'acquisto della Bcc Padovana

SCENARIO BANCHE 40 a dicembre. Da luglio è stata incorporata la Bcc di Capranica. La banca ha reso nota la guidance per quest'anno: l'utile è atteso a 20 milioni, in crescita dell'8,7% rispetto al 2015. *** LA PAROLA CHIAVE Ceti •Per valutare la solidità patrimoniale delle banche vengono impiegati degli indicatori, chiamati ratio. Quello che da alcuni anni è diventato il parametro più utilizzato per valutare la solidità di una banca da parte delle Autorità di Vigilanza è il Cet 1 (Common equity tier 1) ratio, il rapporto tra Cet 1 (rappresentato principalmente dal capitale ordinario versato) e la attività ponderate per il rischio. ***

SCENARIO BANCHE 41 Sole 24 Ore 04-nov-2016

Passera convocato in Consob art Consob vuole vederci chiaro sulla vicenda Mps. Per questo ieri sera ha convocato l'ex ministro e amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, per ascoltare la sua versione dei fatti sulla proposta avanzata dal manager (e poi ritirata) per II salvataggio e il rilancio della banca «Cominciamo a digerire la decisione che hanno preso, quella di non lasciarci portare avanti questo piano», ha commentato il manager all'uscita, al termine di un incontro durato circaun'orae mezza nellasede della Consob a Roma Riferendosi al piano, Passera ha sottolineato che «era un bel progetto, ho trovato gente che su progetti seri in Italia è pronta a investire e questo non è scontato». Passera aveva fatto un passo indietro in settimana, accusando la banca di tenere un «atteggiamento di totale chiusura» nei suoi confronti suoi e degli investitori che aveva alle spalle, a cui «sono state negate le condizioni minime» per effettuare gli approfondimenti necessari a «rendere definitiva e impegnativa la proposta» presentata il 13 ottobre. In quest'ultimo mese, anche sull'onda dell'euforia legata alla presentazione di un piano B, che si affiancava al piano della banca firmato da JpMorgan e Mediobanca, il titolo Mps aveva guadagnato oltre il 100%. Ora l'Authorty, nel suo ruolo di arbitro, intende ascoltare tutte la parti in causa Da qui la convocazione per l'inizio della prossima settimana di Marco Morelli, amministratore delegato della banca senese, che nel frattempo sta concludendo il suo road show negli Usa Da segnalare infine che, come riportato ieri dall'Ansa, nella sede della Consob ieri sono entrati anchei vertici di Cassa depositi e prestiti, l'amministratore delegato Fabio Gallia e il presidente Claudio Costamagna, che non hanno risposto alle domande dei cronisti sui motivi della loro presenza presso l'Autorità. R. Fi. ***

SCENARIO BANCHE 42 Sole 24 Ore 04-nov-2016

Credit Suisse, mini utile di 41 milioni nel trimestre art Credit Suisse porta a casa un piccolo utile netto nel terzo trimestre 2016. Battendo così le attese di quella parte degli analisti che lo prevedevano in perdita, pur rimanendo a livelli contenuti di redditività. II profitto netto è di 41 milioni di franchi, una cifra che è certamente una buona notizia in sé ma che è molto al di sotto dei 170 milioni del secondo trimestre e dei 779 milioni del terzo trimestre 2015. Nell'intero arco dei primi nove mesi 2016, segnati anche dal rosso del primo trimestre, il colosso bancario svizzero è nel complesso in perdita peri milioni di franchi. Il ceo Tidjane Thiam, che ha preso il timone del gruppo nel luglio dell'anno scorso, ha puntato sulla pulizia radicale dei conti oltre che sulla ristrutturazione e sul taglio dei costi. Alla fme del 2015 Credit Suisse ha quindi registrato un rosso rilevante, sull'onda di svalutazioni, oneri per contenziosi, ristrutturazione appunto. L'utile è stato ritrovato nel secondo trimestre e viene confermato ora, seppur in chiave minore. Il piano di riduzione dei costi è andato avanti speditamente negli ultimi mesi. A fine settembre i risparmi attuati erano pari a 1,5 miliardi di franchi, più degli 1,4 miliardi previsti a questo punto. La banca punta ad avere entro il 2018 una base di costi inferiore ai 18 miliardi, con una riduzione complessiva di 3 miliardi. Gli impieghi soppressi sino all'inizio di questo mese erano 5400, una cifra vicina all'obiettivo di una riduzione di 6mila posti. A Zurigo ieri l'azione Credit Suisse è scesa marcatamente, chiudendo la seduta a 12,32 franchi, il 7% in meno rispetto alla seduta precedente. Il vertice della banca ha parlato di prese di beneficio. D ivisi gli analisti della piazza elvetica: per una parte la discesa del titolo è stata eccessiva, considerando che un seppur contenuto utile trimestrale c'è stato e che la riduzione dei costi procede; un'altra parte sottolinea invece altri elementi, tra cui i guadagni di un'operazione immobiliare che ha influito sull'utile, contenziosi ancora non chiusi,unafflusso di capitali inferiore alle attese. Nel terzo trimestre 2016 l'afflusso netto di fondi è stato di 11,9 miliardi di franchi. I patrimoni gestiti dal gruppo a fme settembre erano pari a 1255 miliardi di franchi ( 3% rispetto a fine giugno). ***

SCENARIO BANCHE 43 Stampa 04-nov-2016

Mediolanum. Congelati i voti di Fininvest sul 20,1% art Mediolanum Congelati i voti di Fininvest sul 20,1 % Sono stati congelati i diritti di voto in capo a Fininvest sulla quota del capitale di Banca Mediolanum che eccede il 9,9%, ovvero sul 20,1%. È questo il primo effetto dell'opposizione della Bce all'«acquisizione» (considerata tale dopo la trasformazione del gruppo in banca) da parte della holding di via Paleocapa di una «partecipazione qualificata» nell'istituto, in considerazione della condanna per frode fiscale del suo patron, Silvio Berlusconi, che ne ha minato i requisiti reputazionali. Per ora non ci sono effetti sul patto con i Doris. Gli avvocati di Fininvest dopo i ricorsi a Tar e Consiglio di Stato contro Bankitalia (che ha istruito il procedimento) hanno presentato a Bce istanza di sospensiva degli effetti della propria decisione. IF.SPI ***

SCENARIO BANCHE 44 Stampa 04-nov-2016

Veneto Banca. Antitrust in campo sui prestiti in cambio di azioni art Nuovo faro sui finanziamenti concessi da Veneto Banca ai suoi soci con il vincolo di acquistare azioni dell'istituto. A muoversi è l'Autorità per la Concorrenza che ha aperto un'istruttoria e ieri ha inviato a Montebelluna e in altre sedi della banca i propri ispettori accompagnati da militari della Guardia di Finanza del Nucleo speciale Antitrust. Dall'autorità guidata da Giovanni Pitruzzella parlano di «pratica commerciale scorretta». In particolare nel caso dei «mutui soci» concessi a condizioni agevolate, i consumatori non soci sarebbero stati condizionati all'acquisto di pacchetti minimi di azioni e a non vendere tali pacchetti. Un procedimento analogo sulla Popolare di Vicenza (con cui Veneto Banca discute per una possibilefusione) aveva portato a una multa da 4, 5 milioni di euro. ***

SCENARIO BANCHE 45 Stampa 04-nov-2016

Bcc. La Banca d'Italia accorcia i tempi "Gruppi al via già dal prossimo anno" art La Banca d'Italia dà un colpo di acceleratore alla riforma delle banche di credito cooperativo, le Bcc, varando le norme di attuazione. E ora si aspetta che già all'inizio del prossimo anno arrivino le richieste per la costituzione dei gruppi per arrivare alla partenza entro 6-12 mesi, prima del termine massimo fissato al maggio 2018. Nonostante i ripetuti appelli di Federcasse per una soluzione unitaria, si va verso la nascita di due gruppi. Oltre al polo intorno a Iccrea anche la trentina Cassa Centrale Banca è pronta a scendere in campo. Bankitalia «non fa il tifo» per una soluzione o per l'altra, ha spiegato il responsabile vigilanza Carmelo Barbagallo, ma baderà a che i gruppi siano soprattutto «robusti». In caso di difficoltà, secondo la riforma, le capogruppo potranno ricorrere al mercato dei capitali. ***

SCENARIO BANCHE 46 Tempo 04-nov-2016

Bcc Roma, a fine 2016 utili di 20 milioni art Bcc di Roma, la prima banca di Credito Cooperativo in Italia, ha registrato nei primi nove mesi dell'anno un aumento degli impieghi per finanziamenti alla clientela del 18,2% rispetto a settembre2015, raggiungendo i 7,0 miliardi di euro. Rettificando i dati per effetto dell'acquisizione della Bcc Padovana e dell'incorporazione della Bcc di Capranica, la crescita è stata del 2,9%a fronte di una variazione annua del sistema bancario nel suo complesso negativa per lo 0,7% (fonteABI). La raccolta allargata ha raggiunto gli 11,2 miliardi di euro, in crescita del 19,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. In particolare, la raccolta diretta è passata a 9,5 miliardi mostrando un incremento del 20,0%. L'utile netto è risultato pari a 17,1 milioni di euro ed è stimato per fine anno a 20 milioni, in crescita dell'8,7% rispetto al 2015. «I risultati del terzo trimestre sono la conferma della solidità dei conti della banca» ha affermato Francesco Liberati, Presidente Bcc di Roma. Leo. Ven.

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