[email protected] Kim Ki-Duk, Un Cinema Di Fantasmi
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_ Anno X N. 90 | Gennaio 2021 | ISSN 2431 - 6739 Kim Ki-duk, un cinema di fantasmi Auguri di buon 2021 Per questo faccio film: tentare di comprendere l’incomprensibile Senza dimenticare tutti quelli che per questa Kim Ki-duk emergenza sanitaria, anche indirettamente, Ora non posso girare film. Quindi riprendo me stesso … ho bisogno di filmare qualcosa per essere felice. hanno perso affetti e lavoro e tutti coloro che Dai dialoghi di Arirang, 2011 sono in deficit alimentare. Il nostro augurio non è un generico buone vi- Ancora una volta il ma- film sembrano avere molti baricentri domina- sioni di bei film, ma quello di un buon svilup- ledetto Covid ha impo- ti essenzialmente dalle passioni e i suoi perso- po di empatia affinchè sia generata felicità che verito il patrimonio cul- naggi, a volte figure allegoriche di parabole non riguardi solo la nostra cerchia più vicina. turale universale, ha morali, abitano quel cinema in cui Kim Ki-duk Il nostro ambizioso contributo, come periodi- sottratto all’arte e alla cul- visitando i generi, come la commedia nera o co di cultura e informazione cinematografica, tura un regista, un autore racconto puramente filosofico, sembra avere è quello di minimizzare il cinema come spet- che aveva fatto della pro- filtrato solo quella parte necessaria e utile per tacolo e rendere sempre più importante il ci- pria libertà espressiva e reinventare, in autonomia, un cinema quasi nema che educa alla resistenza della fragilità del cinema il mezzo e il astratto. I suoi film, pur legati ad una contem- umana, e che sia veramente potente mezzo modo di stare al mondo. poraneità evidente, sembrano non avere una per sviluppare una coscienza critica attraver- Il Covid ci ha per sem- precisa collocazione temporale. La sua filmo- so un pubblico che vuole informarsi e interve- Tonino De Pace pre privato della ge- grafia, che ha sicuramente attinto alla sua cul- nire sulle cose del mondo. Per questo il pub- nialità e dello sguardo di Kim Ki-duk, il regi- tura d’origine, quella orientale tratteggiata blico deve essere capace di ripudiare una TV del sta sud coreano che con il suo eclettismo, nell’impianto generale delle sue storie, si è fat- nulla e dell’isteria con personaggi che fanno la loro libero e perfino gioioso, non ha mai radicaliz- ta contaminare da quella occidentale. I suoi fortuna contando sul qualunquismo e il gusto per zato il suo cinema in un genere, in una sola film così si sono appropriati di uno spazio in- il vuoto imperante. forma, ma ha spaziato dal racconto fantasio- terpretativo maggiore, divenuto davvero pa- Il cinema, come tutte le arti, con la sua funzio- so, alla parabola morale, al cinema intima- trimonio universale. Uno spazio che al mo- ne politico-culturale, non educa alla resa ma a mente politico attraverso una levità formale mento non sembra potersi colmare, non vedendo impadronirsi del proprio quotidiano e pro- che appartiene a certa riflessione filosofica all’orizzonte nessuno come lui legato ad un lin- porre le possibili linee d’azione e d’intervento delle religioni asiatiche. guaggio universale e comprensibile, senza riser- anche in questo tragico periodo storico. Oggi il cinema, è sicuramente più povero, im- ve, ad ogni latitudine. Il cinema è una cosa seria, dobbiamo solo sta- poverito dalla sua assenza. Kim Ki-duk è un Ma è forse l’etica che sapeva riversare nelle sue re attenti all’egocentrismo e narcisismo del autore di cui è molto difficile tratteggiare un parabole uno dei tratti distintivi del suo modo sottobosco culturale di pseudo artisti e orga- ritratto che possa restituire la complessità di approcciarsi al lavoro. Il suo è stato un cine- nizzatori intrallazzatori pseudo volontari ope- della sua opera così eclettica, eterogeneità che ma profondamente morale, legato ad un’etica ratori culturali che potrebbero imperversare diventa la ragione fondante di questa difficol- ferrea dei rapporti e ad un rispetto assolutamente nell’ambiente. E’ una delle nostre battaglie. tà di condensare il senso del suo cinema. I suoi segue a pag. successiva Buon 2021. DdC Kim Ki-duk 11 dicembre 2020. di Pierfrancesco Uva [email protected] n. 90 segue da pag. precedente Ferro 3, insieme a L’isola è forse il film profondo per quella umanità che ha che più ha segnato la prima parte del- messo in scena. Trasferire in racconto la carriera artistica dell’autore, di quel il cinema del regista coreano è quindi periodo in cui la sua febbrile vitalità lavoro che già si annuncia assoluta- artistica lo spingeva a lavorare al film mente parziale, del tutto, comunque successivo quando ancora non poteva sia, insufficiente a dominare il senso dirsi conclusa la chiusura del progetto dei suoi film così diversi eppure dotati in corso. di una solida compattezza complessi- È del 2008 la crisi dopo avere girato va. Kim Ki-duk è stato un autore mo- Dream, film controverso per la sua derno che ha saputo regolare i conti carriera, un’opera che sembra chiude- con una classicità che avrebbe potuto re un primo periodo di attività. Du- sovrastarlo. Nei suoi film ha rotto le rante le riprese una delle sue attrici regole dell’attesa e il suo cinema di vol- ebbe un grave incidente per il quale il ta in volta è divenuto sempre spiaz- regista si senti responsabile. Questo zante, ora profondo e complesso, ora episodio diventò una ferita nella co- didascalico e popolare. Un’opera che “Coccodrillo” (1996) scienza dell’autore, che attese, con pa- diventa panorama variegato e mai zienza, il suo rimarginarsi prima di monotono che ha appassionato le pla- tornare sul set. tee di tutto il mondo e ha conquistato È il personalissimo Arirang del 2011 a le giurie dei principali festival inter- riaprire le porte di una attività artisti- nazionali. ca che sarebbe stata ancora fiorente. È Kim Ki-duk era nato da famiglia umile proprio con questo film documento, e aveva svolto vari mestieri nella vita, con questa lunga e inusuale confes- anche il marinaio e l’operaio. Appas- sione pubblica, che Kim Ki-duk sem- sionato di pittura e di arte figurativa, “Din” (2019) bra volere mettere da parte le incer- venne folgorato dalle esposizioni nei tezze che lo avevano accompagnato musei e nelle gallerie d’arte in Europa, nei primi anni del suo lavoro. Il suo ci- avendo vissuto per alcuni anni a Pari- nema, da questo decisivo passaggio, gi. Il suo filmPietà del 2012 è stato ispi- avrebbe assunto una forma differen- rato dalla Pietà di Michelangelo, di cui te, più popolare, più semplice e a volte non solo porta il titolo, diventando an- quasi didascalica, lontana da ogni in- che lettura profonda delle gerarchie e fluenza, più o meno verificata, di del potere capitalistico che si stempe- qualsiasi teoria filosofica o religiosa. I ra in quell’abbraccio fatto di umana suoi film accentuano il profilo etico pietas tra la madre e il figlio. Aveva del loro contenuto, diventando veri li- esordito nel cinema nel 1996 con Cro- bri aperti per una indagine interiore codile, la storia di un senza tetto che at- che corre su un crinale che divide la tende il suicidio di chi vuole farla fini- critica politica dal rispetto dell’uomo e ta per derubarli. “Dream” (2008) dei suoi diritti primari. Già da subito il suo cinema ondivago Arirang, viene dopo il tormentato Dre- sa muoversi tra la pura narrazione e am. a causa di quei fatti, l’incessante una certa astrattezza da parabola mo- attività di Kim Ki-duk si era trasfor- derna, improntato ad una levità natu- mata in stagnazione, in crisi realizza- rale e in fondo anche lontana da quella tiva con l’incapacità e la paura di af- (vera o presunta) leggerezza orientale. frontare il set. Arirang girato in un Una leggerezza che sembra ritrovare disagevole e povero rifugio in monta- ne L’isola del 2000, il suo approdo defi- gna, dove la sua vita assomiglia a nitivo, un film che vive in quella con- quella di un senza casa con i mezzi di trapposizione vitale che esiste tra bel- fortuna, a volte da egli stesso realizza- lezza formale e durezza narrativa che ti, utili a restituire qualche conforto a quelle immagini contengono. Kim Ki- chi dorme in una tenda e si riscalda duk caratterizza così il suo lavoro di tra la neve con una stufa sulla quale cineasta con un cinema straordinaria- cucina anche il suo cibo. Ma non ri- mente preciso nella forma espressiva e nuncia al cinema in una incessante e nella durezza degli assunti, impronta- “Ferro 3” (2004) lunga confessione che costituisce il ti ad una intima e quasi inespressa senso di questo film, così disadorno, violenza. Un regista che parlando di se precario e lontano da ogni ricercatez- stesso si definiva rozzo e per nulla ver- za formale. Kim Ki-duk si sdoppia, si sato ad una estetica così composta, ci triplica, diventa la cattiva coscienza di ha regalato negli anni sospensioni in- se stesso, diventa lo spietato intervi- ventive di rara bellezza, piccole estasi statore di se stesso, l’anima diabolica visive ricche di verissimo fascino. che mette con le spalle al muro l’osan- Sarà poi Ferro 3 del 2004, il film con cui nato regista di fama internazionale, Kim Ki-duk arriva a farsi conoscere, che oggi cammina sulla neve con un Gran premio della giuria a Venezia. paio di ciabatte e i piedi screpolati dal Film di assenze e di sostitutive presen- freddo. Il film diventa così un lungo flus- ze, di apparizioni invisibili, di fantasmi so di coscienza di parole e per immagini, che aleggiano sulle nostre esistenze.