Beato Angelico
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Beato Angelico Luce divina e ambienti reali Nato a Vicchio nel 1395 Angelico è un frate domenicano di umili origini, con un grande talento per la pittura che mette al servizio della fede, creando immagini per la preghiera e la meditazione. Poco dopo la sua morte, avvenuta a Roma nel 1455, è già conosciuto da tutti come l'Angelico e con il passare dei secoli la gente inizia persino a chiamarlo Beato Angelico, la Chiesa nel 1982 lo proclamerà beato. Attorno alla figura del frate pittore sono nate molte leggende. Si racconta che non dipingesse senza prima aver pregato e non correggesse mai le sue opere, perché era convinto che ogni pennellata avesse un'origine divina. Per tutta la vita dipinge soggetti sacri Beato Angelico, Particolare dalla Pala di Fiesole (1424-1425 circa), Fiesole, Chiesa di San Domenico. L'opera è considerata la prima conosciuta dell'Angelico Quando l'Angelico, che aveva cominciato come miniatore, iniziò a dare prove pubbliche della sua arte, Masaccio era morto, Donatello era a Padova, Gentile da Fabriano a Roma. Nel 1434 giunse a Firenze il papa Eugenio IV. Con lui era Leon Battista Alberti. L'incontro con le forze vive della città scosse profondamente Leon Battista, che scrisse allora il primo trattato teorico sulla pittura, dove nomina : Filippo Brunelleschi, Luca della Robbia, Lorenzo Ghiberti, Maso di Bartolomeo, non nomina Angelico perché ne rispetta i voti di umiltà, era l'Angelico. BEATO ANGELICO Caratteristica delle opere dell'Angelico è il cromatismo delicato e l'uso di una illuminazione piena; nelle sue prime opere aderisce evidentemente all'arte di Masaccio, ma si rapporta anche a Domenico Veneziano per il sapiente uso della luce Raggiunge un equilibrio tra passato e presente Beato Angelico, La Madonna della Stella, ante 1434, tempera su tavola Firenze, Museo di san Marco Beato Angelico, Tabernacolo dei Linaioli, dal 1433, tempera su tavola, Firenze Museo di San Marco Prima della realizzazione degli affreschi del convento di San Marco a Firenze che avvenne tra il 1438-1446, l'Angelico esegue alcune opere considerate suoi capolavori: L'incoronazione che oggi si trova al Louvre, la Deposizione di Santa Trinità e il Trittico di Perugia, questi ultimi oggi al museo di San Marco. Beato Angelico, Incoronazione della Vergine, Firenze, Galleria degli Uffizi Beato Angelico,Incoronazione della Vergine, 1434-35, Firenze,Uffizi L'opera proviene dalla chiesa del convento di san Domenico a Fiesole dove l'Angelico era monaco. Innanzitutto è scomparso il fondo oro in favore di un più realistico cielo azzurro, e la composizione spaziale è molto più ardita, memore della lezione di Masaccio. Il pittore qui costruisce infatti un ricchissimo ciborio con trifore gotiche, impostato su una serie di gradini in marmi policromi (in scorcio vertiginoso), sotto il quale avviene la scena dell’ Incoronazione della Vergine . Il tabernacolo gotico presenta colonnine tortili e degli inconsueti pilastrini sopra i capitelli che, saranno presenti inseguito a Roma nella cappella Niccolina. Gli angeli e i santi disposti a cerchio attorno alla scena, sono collocati in collocazione nello spazio in modo preciso, la novità è nelle figure adoranti di spalle. Beato Angelico, Pala dell’Incoronazione della Vergine, 1434-1435,Parigi, Musée du Louvre Rispetto all'Incoronazione degli Uffizi in quest'opera si registrano dei grandi cambiamenti. Innanzitutto è scomparso il fondo oro in favore di un più realistico cielo azzurro, e la composizione spaziale è molto più ardita, il dipinto accostabile agli esempi di Domenico Veneziano attorno al 1440, tanto da ipotizzarne la collaborazione nelle soluzioni prospettiche del pavimento. Memore della lezione di Masaccio il pittore qui costruisce iun ricchissimo ciborio con trifore gotiche, impostato su una serie di gradini in marmi policromi (in vertiginoso scorcio ), sotto il quale avviene la scena. Il tabernacolo gotico presenta colonnine tortili e degli inconsueti pilastrini sopra i capitelli che, assieme alla triplice faccia, li fanno assomigliare parecchio ai tabernacoli dipinti sopra i Padri della Chiesa negli affreschi della Cappella Niccolina in Vaticano (1446-1448). Beato Angelico,Incoronazione della Vergine, 1434-35, Parigi, Museo del Louvre Tra i santi di destra si riconoscono s.Egidio il primo al centro san Nicola di Bari, san Bernardo di Chiaravalle, san Tommasp d’Aquino Domenico, san Giovanni evangelista san Pietro, ecc. Tra le sante di sinistra si riconoscono per prima Maria Maddalena, col tipico vestito rosso e l'ampolla, poi anta Caterina d'Alessandria, con la ruota, e altre; più in alto si vedono san Lorenzo con la graticola, santo Stefano e san Giacomo Maggiore. La composizione dovette rappresentare un notevole sforzo inventivo per l'Angelico che, nel tentativo di superare i suoi modi tradizionali per essere all'altezza delle innovazioni attorno a lui, rinunciò al semicerchio di santi, usando un sistema prospettico più ardito, con un punto di osservazione più basso, in modo da non dover digradare le figure troppo nettamente sul piano orizzontale, per non mettere troppo in evidenza quelle in primo piano rimpicciolendo quelle più vicine a Gesù e la Vergine, che concettualmente erano più importanti. La soluzione fu un compromesso, dove il punto di convergenza delle linee prospettiche non conduce ad alcun elemento significativo (cade sulla gradinata) e l'unico elemento che cade sulla verticale centrale è il calice degli unguenti della Maddalena Predella Miracoli di san Domenico, al centro la Resurrezione di Cristo, Nella notevole costruzione in prospettiva delle mattonelle del pavimento. I santi, i patriarchi e gli angeli musicanti formano una variopinta moltitudine, disposta gerarchicamente più o meno vicino a Dio. Ciascuno è ritratto individualmente e scolpito volumetricamente dalla luce, che accende anche i colori brillanti delle stoffe, accordandoli in un'orchestrazione di grande sontuosità. L'illuminazione proviene da sinistra, si basa su un uso più ricco di lumeggiature che di ombre illumina coerentemente tutte le figure. Un interesse verso la resa dei fenomeni luminosi portò l'Angelico, nella sua fase matura, ad abbandonare l'illuminazione indistinta e generica in favore di una resa di luci e ombre più attenta a razionale, dove ogni superficie è individuata dal suo "lustro" specifico. Al sognante misticismo dello stuolo di santi, disposti con una simmetria derivata dalle cadenze gotiche, si contrappone il rigore geometrico della prospettiva, che conduce l'occhio dello spettatore fin nella profondità della rappresentazione, dove si svolge l'Incoronazione vera e propria. Le scene della predella, come in altre opere dell'Angelico, mostrano un'arditezza prospettica ancora maggiore e un interesse sperimentale che non si riscontra nelle figurazioni principali delle pale. Gli episodi, ricchissimi di spunti narrativi, si susseguono ordinati dalle cadenze delle architetture, che determinano un magistrale ritmo di pieni e vuoti, di interni ed esterni, di prospettiva spaziale e luminosità . A sinistra si vede il Sogno di A sinistra si vede il Sogno di Innocenzo III con san Domenico che risolleva la Chiesa mentre sullo sfondo una stanza aperta mostra il papa dormiente all’ ombra di una voluminosa costruzione che ricorda Castel S. Angelo segue la scena dell’apparizione dei santi Pietro e Paolo a Domico ambientata in una basilica stupendamente scorciata con punto di fuga laterale e poi la Resurrezione di Napolene Orsini evento ambientato in un portico in prospettiva. Nel Museo di San Marco a Firenze, un singolo dipinto racchiude la testimonianza della più profonda rivoluzione della pittura italiana. È la pala della Deposizione, che Palla Strozzi, ovvero il committente dell'Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano, aveva ordinato a Lorenzo Monaco, alla morte del quale fu affidata all'Angelico. Le cuspidi realizzate da Lorenzo Monaco non distano dieci anni dal mondo messo in scena dall'Angelico eppure sembrano venire da un tempo assai lontano. Raccontano tre episodi successivi alla crocefissione: l'incontro del Risorto con la Maddalena, le Marie al sepolcro, e, al centro, la Resurrezione. Le linee sinuose delle figure si profilano ritagliate sul fondo oro, accompagnate da minimi elementi allusivi a un paesaggio di rocce simili a onde pietrificate. Beato Angelico, Deposizione dalla Croce, tempera su tavola, 176 × 185 cm - Firenze, Museo di San Marco La Deposizione vera e propria, è organizzata secondo con uno schema piramidale al centro, che ha come vertici i due dolenti inginocchiati alla base. L'effetto è quindi di uno sviluppo verticale al centro (evidenziato anche dal braccio destro di Nicodemo che abbassa il corpo e dalla figura eretta di san Giovanni), al quale si contrappone, armonizzando, uno sviluppo orizzontale in profondità dei lati. Su questo schema ortogonale si imprime la figura per lo più diagonale di Cristo (le braccia, la testa reclinata, il corpo obliquo), che spicca con forza. La scena del Cristo deposto dalla croce si svolge tutta in primo piano : l'uso di colori limpidi, luminosi e brillanti, accordati in una delicata armonia tonale, che richiama il concetto dei san Tommaso d'Aquino della luce terrena quale riflesso del " lumen" ordinatore divino. La rappresentazione resta in bilico tra il tono di gravità che si addice alla scena sacra e la vivacità pittoresca nella ricreazione ambientale. Nonostante la salda volumetria delle figure, soprattutto quella del Cristo nudo modellato anatomicamente, manca una rappresentazione convincente del peso e dell'azione, con le figure sulle