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ProfessionistiScuola.it L'ITALIA FASCISTA 1) L'Italia, che soltanto nel decennio precedente la guerra era entrata nella sua fase di decollo econo- mico, aveva potuto sostenere le spese del conflitto solo indebitandosi pesantemente con l'Inghilterra e gli Stati Uniti, della qual cosa la sua valuta non aveva risentito soltanto perché lo stato di belligeranza aveva mantenuto la fissità dei cambi con i paesi alleati, consentendole di acquistare le materie prime ad essa necessarie – grano1, carbone e petrolio – a prezzi abbastanza vantaggiosi. Questa situazione sareb- be tuttavia venuta meno con la fine del conflitto, quando il passaggio del debito pubblico dai 14 miliardi di lire del 1910 ai 95 del 1920 determinò la riduzione della credibilità del paese, e dunque una svaluta- zione della lira del 40% che innescò un pesantissimo processo inflazionistico "che spingeva verso l'alto il costo della vita, penalizzando i ceti disagiati, gli operai e gli impiegati"2: "ci volevano 28 lire per comprare un dollaro, mentre un anno prima ne bastavano solo 13. Per un paese che era costretto a comperare dall'America grano, carbone e petrolio, un cambio così sfavorevole rappresentava un au- tentico disastro economico"3. 2) Fu questo il primo aspetto di una gravissima crisi economica e sociale che avrebbe visto, negli anni del cosiddetto "biennio rosso" (1919-20), la violenta contrapposizione, talvolta palesemente ispirata all'esempio rivoluzionario russo, dei disoccupati, reduci e non, nonché di contadini4 e operai – forte- mente delusi dal "mancato adempimento delle promesse di radicali riforme economiche che si erano largite ai combattenti per incoraggiarli ai supremi sacrifizi"5: 615.000 morti e 450.000 mutilati su 36 milioni di abitanti – ai grandi proprietari di latifondi e agli industriali che, arricchitisi con le commesse di guerra, questa conclusasi, procedevano alla chiusura di fabbriche ormai non remunerative.
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