07-09 Ore 21 Boheme
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Torino Orchestra e Coro Auditorium del Teatro Regio Giovanni Agnelli Gianandrea Noseda direttore Lingotto Claudio Fenoglio maestro del coro Domenica 07.IX.08 ore 21 Puccini La bohème Giacomo Puccini (1858-1924) La bohème Opera in quattro quadri Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica da Scènes de la vie de bohème di Henri Murger Esecuzione in forma di concerto Mimì Irina Lungu, soprano Rodolfo Tomislav Muzˇek, tenore Musetta Serena Gamberoni, soprano Marcello Fabio Capitanucci, baritono Schaunard Massimiliano Gagliardo, baritono Colline Nicola Ulivieri, basso Benoît / Alcindoro Matteo Peirone, basso Parpignol Sabino Gaita, tenore Il sergente dei doganieri Vladimir Jurlin, basso Un doganiere Alessandro Inzillo, basso Gianandrea Noseda, direttore Claudio Fenoglio, maestro del coro e maestro del coro di voci bianche Orchestra e Coro del Teatro Regio Coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino In collaborazione con Settimane Musicali di Stresa e del Lago Maggiore Fondazione Teatro Regio Videoimpaginazione e stampa • la fotocomposizione - Torino Luci e ombre... L’opera della gioventù che si apre alla vita, con le sue prime responsabilità e con i suoi primi dolori. La bohème rappresenta la fine di un periodo della vita fatto di goliardia e di spen- sieratezza e l’inizio di quello della maturità. In qualche modo chiude l’Ottocento (è stata scritta nel 1895) e si apre al Novecento, con le sue speranze, le sue domande e le sue novità. La bohème ci racconta che Mimì muore di tubercolosi tra le braccia di Rodolfo e dei suoi amici, ma che fine faranno Rodolfo, Marcello, Schaunard, Colline e Muset- ta? Ventitre anni più tardi, nel 1918, il secolo già segnato da una sanguinosa guer- ra mondiale, rivelerà che quelle speranze, quelle aspettative erano state deluse. Puc- cini, nel 1918, presenta quel capolavoro che è Il trittico. Nel Tabarro, la prima delle tre opere, l’azione si svolge a Parigi come nella Bohè- me, sulle rive della Senna, e un coro di ragazze cita proprio la canzone di Mimì. Che i personaggi del Tabarro siano gli stessi invecchiati e disillusi della Bohème? Forse è così: in questo caso la “stagion dei fior” vagheggiata da Rodolfo e Mimì nel quartetto del III atto della Bohème non ha mantenuto le promesse, lasciando il posto all’umidità maleodorante e malsana del barcone del Tabarro sulla Senna. Gianandrea Noseda “Nuvole di melodia” per raccontare La vie de bohème Il mondo spirituale di Puccini coincide con i sentimenti e le aspirazioni della bor- ghesia italiana dell’epoca, che attribuisce all’amore non il vigoroso e positivo valo- re verdiano, ma fragilità, rimpianto, struggimento e redenzione. Nella Bohème il musicista si rivela una delle voci più autentiche della nuova società; forse in que- st’opera s’insinua la nostalgia per il suo tempo di bohème, quello vissuto da stu- dente a Milano, e per questo probabilmente il tema che apre l’opera e vi circola come motivo dei quattro amici bohémiens è tratto dal Capriccio sinfonico che aveva composto allora come saggio finale al Conservatorio. Ma al di là di questo, Bohème non è certo autobiografia. Puccini non precursore, ma scegliendo il romanzo di Murger, protagonista di un momento squisitamente novecentesco. La condotta dell’azione ha una vivacità giornalistica: casi e ritratti appaiono e scompaiono senza successione temporale, spesso indipendenti fra loro; le situazioni sono in continua mutazione, così da col- pire lo spettatore, più che seguire uno sviluppo. L’ottica teatrale nervosa, dispersi- va, curiosa del dettaglio è espressa perfettamente nel quartetto alla barriera d’En- fer: due duetti sovrapposti drammaticamente e musicalmente, senza rapporti fra loro. Proprio da ciò nasce l’efficacia della pagina. Puccini in Bohème rivela con grande sicurezza i caratteri del suo mondo poetico, e sceglie senza errori i mezzi di cui servirsi; episodi, personaggi, parole hanno poco in comune con ciò che propongono o hanno proposto finora i soggetti operistici, e Massimo Mila afferma che questa musica somiglia ben poco a ciò che si è ascolta- to fin qui, mentre ogni tanto somiglia ad altre musiche di là da venire. Bohème merita un approccio e una fruizione non contemplativi e museali, ma – ancor più di altre opere – richiede un accostamento che tenga conto che per l’au- tore e i suoi contemporanei è parte di un’esperienza di arte e di vita. Spesso la tra- dizionale prassi interpretativa carica di atteggiamenti veristi l’arte pucciniana, che al contrario respinge concezione – e linguaggio – di quella corrente a favore di una decadente, lirica e patetica, che si concentra sul sentimentalismo borghese quoti- diano e lo rappresenta ricorrendo anche alla durata brevissima dei quattro quadri, alla presenza dell’elemento comico e da operetta, ma soprattutto alla corrispon- denza della musica allo svolgersi dell’azione. Nell’orchestrazione non c’è ampio svi- luppo tematico: la musica non ha tempo di attendere che ciò avvenga; deve inse- guire l’azione e tenere il passo con il dialogo, intensificarne il significato, assecon- dare un’espressione vocale staccata e irregolare che rappresenta la dimensione antieroica, dopo aver abolito ogni forma autonoma tradizionale, passando da momenti ampiamente cantabili a una declamazione spedita; una vocalità frantu- mata sensibile alle inflessioni verbali con un percorso spesso su linee discendenti, che se talvolta svetta verso l’acuto, emerge all’improvviso da un semplice parlato al quale ben presto ritorna; ma questo “parlato” o “quasi parlato” è un’intonazione saldamente ancorata a valori melodici precisi (infatti sono indicate le altezze delle note) estranea alla recitazione naturalistica. Monica Rosolen Il concerto del Sabina International Ensemble alla Venaria Reale, previsto per gio- vedì 11 settembre, è stato posticipato a venerdì 12 settembre, sempre alle ore 19 La bohème QUADRO I Nella loro soffitta il pittore Marcello, il poeta Rodolfo e il filosofo Colline scherzano sulla propria condizione di intellettuali squattrinati. Li raggiunge il musicista Schaunard, seguito da garzoni carichi di provviste. Schaunard propone di spendere quanto resta del denaro, che ha insperatamente guadagnato, festeggiando la vigilia di Natale al Quartiere Latino, quando qualcuno bussa alla porta. È Benoît – il padro- ne di casa – che viene a riscuotere il pagamento dell’affitto. I quattro riescono a liberarsene minacciandolo di rivelare alla moglie una sua scappatella. Rodolfo tuttavia deve terminare di scrivere un articolo, perciò non segue gli amici al Cafè Momus. Si accinge al lavoro, quando una giovane bussa alla porta. Gli si presenta come una vicina di casa, venuta a chiedergli di riaccenderle il lume, ma si sente male e sviene. Rodolfo, incantato dalla sua fragile bellezza, la rianima con un po’ di vino. La ragazza sta per congedarsi, ma uno spiffero torna a spegnerle la can- dela. Rodolfo furtivamente spegne anche la propria per poterla trattenere più a lungo, e con la scusa di aiutarla a cercare a tentoni la chiave caduta sul pavimen- to, le si avvicina e la prende per mano: le parla della propria vita, povera di mezzi, ma ricca di aspirazioni, e le fa capire di essersi innamorato di lei. A sua volta Mimì – così la chiamano gli amici, anche se il suo nome è Lucia – descrive la propria vita di ricamatrice: umile, ma serena perché appagata dalle piccole gioie quotidiane. I tre amici, dalla strada, gridano sollecitando Rodolfo a interrompere il lavoro. Rodolfo e Mimì, riconoscendosi innamorati l’uno dell’altra, escono abbracciati per raggiungerli. QUADRO II Una folla eccitata dal clima festivo anima le vie del Quartiere Latino. Rodolfo ha regalato a Mimì una cuffietta rosa, Schaunard acquista un corno da un rigattiere, Marcello scherza con le ragazze; i più piccoli si affollano intorno al carretto del gio- cattolaio Parpignol. Rodolfo presenta Mimì agli amici e con loro prende posto da Momus. A un tratto appare Musetta: l’ex amante di Marcello, riccamente abbiglia- ta, è accompagnata da Alcindoro, un attempato gentiluomo, che la segue carico di pacchetti. Vedendo Marcello, la ragazza fa di tutto per risuscitare in lui l’antica fiamma: si libera di Alcindoro mandandolo a comprarle un paio di scarpe nuove perché – dice – quelle che indossa le fanno male, e infine si getta tra le braccia del pittore. Quando arriva il conto, i bohémiens si accorgono di aver finito i soldi. Approfittando della confusione creata dal passaggio di una banda militare si confondono tra la folla, e Musetta fa in modo che, al suo ritorno, Alcindoro debba saldare anche il loro conto. QUADRO III Alla barriera d’Enfer, all’alba, i contadini varcano la cinta daziaria per venire in città a vendere i propri prodotti. Musetta e Marcello si sono stabiliti in un’osteria lì vicino: il pittore affresca le pareti del locale e la ragazza intrattiene gli avventori con il canto. Mimì è venuta per chiedere aiuto a Marcello. Quando il pittore la raggiun- ge fuori dall’osteria, gli parla disperata dei continui litigi con Rodolfo. Marcello le confida che Rodolfo si è rifugiato lì da lui, ma la invita a rincasare, anche perché Rodolfo si è appena svegliato e sta per raggiungerlo. Ma Mimì si ferma e, di nasco- sto, ascolta il dialogo tra i due. Rodolfo dapprima finge di essere geloso di Mimì, poi confessa la sua vera preoccupazione: la malattia della ragazza, di cui si sente col- pevole per le misere condizioni in cui è costretto a farla vivere. La tosse di Mimì rivela la sua presenza. Rimasta sola con Rodolfo, gli dà l’addio, ma infine i due deci- dono di restare ancora insieme: non si può restare soli d’inverno – si lasceranno a primavera. Intanto Marcello, che è rientrato nell’osteria perché ha sentito Musetta ridere, si abbandona a una scenata di gelosia. I due giovani si separano scambian- dosi improperi. QUADRO IV Di nuovo soli nella loro soffitta, Rodolfo e Marcello pensano nostalgicamente a Mimì e Musetta.