La “Maggioranza Silenziosa” Nel Decennio '70 Fra Anticomunismo E Antipolitica

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La “Maggioranza Silenziosa” Nel Decennio '70 Fra Anticomunismo E Antipolitica Facoltà di Lettere e Filosofia Dipartimento di Storia, Culture, Religioni Corso di Laurea Magistrale in Scienze storiche. Medioevo, età moderna, età contemporanea. Tesi di Laurea Magistrale in Storia Contemporanea La “maggioranza silenziosa” nel decennio '70 fra anticomunismo e antipolitica Laureando Alberto Libero Pirro Relatore Prof. Giorgio Caredda Correlatore Dott. Emanuele Bernardi Anno Accademico:2013-2014 Matricola Laureando: 1350076 ...qualcuno è andato per età, qualcuno perché già dottore, e insegue una maturità, si è sposato, fa carriera, ed è una morte un po' peggiore... F. Guccini, Canzone delle osterie di fuori porta Indice generale INTRODUZIONE..............................................................................................................................1 CAPITOLO I: I CONCETTI 1)Cosa si intende per “maggioranza silenziosa”?............................................................................4 2)Maggioranza silenziosa, ceto medio, piccola borghesia.............................................................11 3)L'anticomunismo...........................................................................................................................22 4)L'antipolitica..................................................................................................................................28 CAPITOLO II: LE STORIE 1)L'OCI e le altre organizzazioni minori.......................................................................................38 2)I comitati milanesi.........................................................................................................................52 3)I Comitati di Resistenza Democratica di Edgardo Sogno.........................................................73 CAPITOLO III: IDENTITA', FORME DI AZIONE, PROSPETTIVE 1)Partecipazione e profilo degli organizzatori...............................................................................83 2)Simbologia e retoriche..................................................................................................................88 3)La società in crisi e la rappresentazione dei nemici.................................................................105 4)Le forme dell'azione politica e le proposte per il futuro..........................................................127 CAPITOLO IV: CONFRONTI 1)Il qualunquismo...........................................................................................................................140 2)La Rivolta di Reggio Calabria...................................................................................................149 3)La Marcia dei 40.000...................................................................................................................158 APPENDICE: LA MAGGIORANZA SILENZIOSA AL CINEMA..........................................179 BIBLIOGRAFIA............................................................................................................................192 Introduzione L'idea di una maggioranza silenziosa di uomini onesti e laboriosi, ingannata o minacciata da una ristretta minoranza vociante di professionisti del dominio o della sovversione, è un concetto che sotto formule diverse ha attraversato i secoli. Non è quindi facile circoscrivere una ricerca che si ponga l'obiettivo di fare luce su un concetto come quello di “maggioranza silenziosa” che è stato usato con sfumature differenti, ed ha finito per cumulare significati diversi: da massa che si disinteressa della politica a sinonimo puro e semplice di ceto medio. La focalizzazione sugli anni Settanta appare di particolare interesse perché il termine “maggioranza silenziosa” si è affermato in Italia come traduzione giornalistica dell'equivalente americano “silent majority”, diffusosi al tempo grazie all'uso che ne fece il presidente Nixon per indicare l’esistenza di un sostanziale consenso della popolazione –ma di fatto dei ceti medi– alle politiche governative, Guerra del Vietnam soprattutto. Nel nostro paese lo si usò in contrapposizione agli studenti del '68, agli operai del '69 e alla sinistra extraparlamentare bollati come una minoranza rumorosa e violenta che turbava l'ordine e distruggeva i valori del vivere civile, nelle strade come sul lavoro. Guardando, verrebbe da dire, dall'altra parte della barricata non si scorgono soltanto le forze politiche governative o l'estrema destra ma una composita massa di italiani conservatori; quantomeno disinteressati, se non ostili in qualche caso, alla stessa idea di impegno politico che tanto sembra essere stata in voga allora. L'ambizione è quella di poter fare luce su questa area proteiforme spesso evocata nel discorso politico e a volte manifestatasi in forme più o meno organizzate, vivendo il paradosso di dichiararsi “maggioranza silenziosa” uscendo dal proprio silenzio come nel decennio in oggetto. Nel 1971 vi furono una serie di manifestazioni che impressionarono l'opinione pubblica, ma nel volgere di breve tempo quel movimento svanì. Non il termine, che continuò ad essere utilizzato e venne ripescato ogni qual volta i soggetti che erano apparsi sulla scena all'inizio del decennio ricomparvero, ad esempio con la Marcia dei 40.000 di Torino nel 1980. Gli assi portanti del discorso politico della maggioranza silenziosa, al netto delle differenze fra le varie posizioni, sono da individuare nell'anticomunismo e nell'antipolitica. Due discriminanti della storia politica non solo dell'Italia repubblicana, ma dell'intero XX secolo e anche oltre. Guardando questi due aspetti sorgono altri interrogativi: come mai in una scala dei pericoli evocati al primo posto c'era la sinistra parlamentare e non gli extraparlamentari? Quali erano i rapporti con l'antifascismo e con la Resistenza? Cosa spinse ex partigiani a sfilare al fianco di ex fascisti e 1 neofascisti? E ancora: posta l'idea di uno stato di degrado ed emergenza nel quale si riteneva versasse ormai il paese, quanto veniva addebitato ai sovversivi e quanto ai governanti? La tranquillità laboriosa che si agognava passava solo per un ritorno alla formula centrista o per una politica ridotta alla semplice amministrazione, per un progetto tecnocratico, o per il ritorno a valori o uomini integerrimi? Nel lavoro di ricerca svolto si sono potuti individuare alcuni punti fermi per una definizione di questo fenomeno. La “maggioranza silenziosa” è stata una formula politica intesa a dare un'immagine e una coscienza di sé ad un gruppo socialmente eterogeneo ma incentrato su un supposto forte contributo dei ceti medi. Definito in contrapposizione ad una minoranza di politici e rivoluzionari di professione che ne avrebbero oscurato le ragioni con la loro rumorosa partecipazione alla vita sociale. Nel 1971 rappresentò anche il tentativo di concretizzare questa formula in un movimento di massa che però si arenò quasi subito. Il richiamo basilare era quello di opporsi ai disordini e alle violenze che turbavano la vita dei cittadini, i quali non chiedevano altro che uno stato efficiente e la possibilità di lavorare per realizzarsi individualmente. Il più grande pericolo paventato però era l'approdo dei comunisti al governo, con conseguenze tragiche per le stesse libertà individuali e il futuro del Paese. Fu quindi un fenomeno politico segnato da un fortissimo anticomunismo. Questo comune e micidiale nemico, spingeva i gruppi che animarono il tentativo ad organizzarsi in maniera trasversale ai partiti politici, a esaltare questo tipo di struttura. Anche per un certo retaggio culturale l'estraneità ai partiti si trasformò in disprezzo e ostilità per gli stessi. Sotteso ai quali vi era da una parte un disprezzo per la politica in quanto tale, dall'altra una profonda sfiducia e uno sdegno maturati nell'osservare la decadenza della società in cui si viveva e delle sue istituzioni. La maggioranza silenziosa fu quindi profondamente venata di antipolitica, elaborando in alcuni casi proposte di rifondazione dello stato nelle quali le divisioni partitiche e la stessa conflittualità politica fossero estremamente attenuate se non cancellate. Il movimento non riuscì però a prendere vita, soffocato sul nascere dai limiti intrinseci della sua stessa visione antipolitica che ne minavano l'organizzazione. Contribuì anche la natura disomogenea, soprattutto sotto il profilo politico, del ceto medio su cui si faceva tanto affidamento, che non si raccolse in massa dietro le parole d'ordine conservatrici che venivano proposte. In ultimo, il ritorno al centrismo dopo la caduta del governo Colombo, soddisfece le aspirazioni di molti, che non videro più ragioni sufficienti per scendere in piazza. Le fonti principali utilizzate nel condurre la ricerca sono stati i fascicoli intestati ai gruppi e ai comitati presi in oggetto facenti parte della serie “associazioni 1944-1986” del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno, così come numerosi fascicoli presenti nelle serie “fascicoli correnti” del Gabinetto del Ministero medesimo, negli intervalli temporali 1971-1975, 2 1976-1980, e alcuni del 1981-1985. Questi sono serviti per ricostruire alcune attività e iniziative degli organizzatori della maggioranza silenziosa. A tal fine si sono anche consultati periodici delle associazioni coinvolte come Lotta Europea e Il Triangolo del lavoro e delle idee, e alcuni quotidiani di largo consumo e diversa posizione politica per analizzare le giornate più calde della mobilitazione. Preziosi sono stati anche gli apporti di opere di memorialistica di alcuni dei protagonisti. Da ricordare in ultimo l'apporto di fondi
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