Cento Anni Di Edilizia Residenziale Pubblica Nella Provincia Di Massa Carrara
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Cento anni di Edilizia Residenziale Pubblica nella Provincia di Massa Carrara 1 A cura di Gilda Fialdini con introduzioni a cura di Gualtiero Magnani Società di Edilizia Residenziale Pubblica per la Provincia di Massa Carrara Presidente Dott. Luca Panfietti Vice Presidente Arch. Luciano Baldiati Direttore Generale Ing. Giuseppe Lazzerini Consiglio di Amministrazione Sig. Roberto Nani Sig. Franco Bogazzi Sig. Lido Piccini Sindaci Revisori dei conti Dott. Paolo Dello Iacono Rag. Marco Cucurnia Rag. Achille Marini FOTO: archivio fotografico di E.R.P. S.p.A. GRAFCI: Gilda Fialdini Per la disponibilità e la collaborazione dimostrata si ringraziano: Giuseppina Cavalieri, Mario Casotti, Francesco Cricca, Fiorella Negri e Norberto Riccardi. 2 Introduzione Gualtiero Magnani La ricorrenza del centenario dell' "ERP Massa Carrara S.p.A." offre l'occasione di ripercorrere storicamente le vicende di un secolo di attività di una istituzione pubblica che con varie denominazioni ha svolto un ruolo di fondamentale importanza sociale sul territorio provinciale, cercando di soddisfare quella che è da sempre un'esigenza primaria delle fasce più deboli della società civile: il problema della casa. La lettura di queste pagine, tuttavia, dovrebbe servire non solo a ricordare l'imponente lavoro svolto in questi cento anni, ma anche a proporre un momento proficuo di riflessione e di stimolo per l'attività futura della nostra secolare istituzione. Sarebbe questo il modo per fare sì che il centenario dell' "ERP Massa Carrara S.p.A." non sia soltanto un'occasione puramente celebrativa, ma possa costituire un punto di congiunzione tra un passato denso di iniziative, talvolta criticabili, ma sempre volte all'emancipazione dei ceti meno abbienti, ed un futuro aperto a soddisfare le esigenze delle nuove categorie sociali, venute alla ribalta della vita civile in questi ultimi anni. L'imponente sviluppo industriale, che nella seconda metà dell'Ottocento aveva interessato i maggiori paesi europei, modificando la struttura urbanistica di numerose città con la creazione di fabbriche ed opifici nei centri urbani, fu la causa principale dell'ammassamento di popolazione operaia in abitazioni, spesso malsane e fatiscenti, ubicate in quartieri già degradati dal tempo e dall'uso. Le conseguenze di questo fenomeno, aggravate dalle modeste condizioni economiche delle famiglie operaie e dalla precarietà dei posti di lavoro, furono all'origine dei frequenti sommovimenti rivendicativi, spesso soffocati da sanguinose repressioni, che caratterizzarono l'ultimo scorcio del XIX secolo. Tali avvenimenti non potevano non richiamare l'attenzione dei governi dei singoli paesi sulle condizioni di vita degli operai e dei ceti meno abbienti in generale; fu così che la ricerca della soluzione del problema si presentò sempre più impellente e in ogni nazione interessata dal processo di industrializzazione fu posto in primo piano il problema di dare ai lavoratori un'abitazione sana e confacente. In Italia, dopo una serie di risposte repressive alle rivendicazioni operarie da parte dei governi che si succedettero alla guida del Paese nell'ultimo decennio dell'Ottocento, con l'avvento di quella che sarà poi storiograficamente definita “l'età giolittiana”, la nuova classe dirigente si porrà decisamente l'impegno di risolvere il problema dell'emergenza abitativa con un intervento efficace dello Stato. Dopo una serie di inchieste, condotte in varie città italiane, che avevano messo in luce la stretta connessione esistente tra il processo di industrializzazione e il problema abitativo, il governo presieduto da Giuseppe Zanardelli, “individuando nel miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori nelle loro case il requisito fondamentale per lo sviluppo economico della nazione”, provvide a costituire una commissione parlamentare, la presidenza della quale venne assegnata all'on. Luigi Luzzatti, con l'incarico di redigere un progetto di legge attuativo di tale intendimento. La Commissione lavorò alacremente e presentò un progetto di legge alla Camera dei Deputati il 14 maggio del 1902; la discussione in aula fu animata da numerosi interventi e poiché non si riuscì a trovare un accordo il progetto venne ritirato per essere sottoposto ad una nuova elaborazione che 3 tenesse conto dei vari suggerimenti espressi dai deputati intervenuti. L'eco del dibattito parlamentare ebbe larga risonanza nell'opinione pubblica e fu oggetto di una combattiva campagna di stampa che vide la partecipazione dei giornali che si rifacevano alle forze politiche operanti nel paese, rappresentate da liberali, repubblicani, socialisti e cattolici, senza escludere l'intervento energico dei radicali e degli anarchici. Fra l'altro merita di essere sottolineato il fatto che in ambito socialista la discussione ebbe una particolare vivacità manifestatasi attraverso vari articoli pubblicati sull' ”Avanti!” che esprimevano peraltro anche posizioni assai discordanti. Il 21 marzo del 1903 l'on.le Luzzatti illustrò alla Camera il nuovo testo della legge “sull'edilizia popolare” che venne approvata nella seduta del 30 marzo per diventare legge dello Stato il 31 maggio dello stesso anno. Nella seconda metà dell'Ottocento, durante gli anni che precedono l'approvazione della legge Luzzatti (anni animati da un intenso dibattito sulle condizioni di vita delle classi lavoratrici per le quali il problema della casa era tra quelli di primaria importanza), la città di Carrara, dopo una lunga fase di recessione, conosce un periodo di notevole sviluppo economico, dovuto alla crescente richiesta di marmo sui mercati europei e mondiali, e favorito dalle innovazioni tecnologiche nel settore che, apparse all'inizio del secolo, trovarono allora una diffusa applicazione. Naturalmente la migliorata situazione economica ebbe riflessi in campo urbanistico, interessato da un imponente sviluppo edilizio della città, e ovviamente in campo sociale. In questo settore, la diffusione della ricchezza avvenne, ineluttabilmente, in modo diseguale, per cui si acutizzarono i conflitti sociali tanto da sfociare, negli ultimi anni del secolo, come già abbiamo detto, in sanguinosi conati rivoluzionari duramente repressi dalle autorità governative. Dopo la formazione dello Stato unitario, per circa un decennio le amministrazioni pubbliche carraresi furono guidate da rappresentanti delle famiglie aristocratiche; erano cioè membri delle casate nobiliari che da lungo tempo avevano rivestito un importante ruolo politico ed economico nella vita della città. Dal 1870 fu la borghesia a conquistare il favore degli elettori e ad insediare propri componenti alla direzione delle giunte municipali fino al 1921, con la parentesi triennale dell'esperienza socialista rappresentata dall'amministrazione Sarteschi. Non rappresentata politicamente, ma importante per numero e consistenza organizzativa, c'era poi la grande massa della classe operaia, composta prevalentemente dai lavoratori del settore marmifero i quali si sentivano uniti soprattutto dagli ideali anarchici e socialisti. Questa classe, all'inizio del Novecento, portava ancora i segni della dura repressione subita dopo i moti del 1894, ma si preparava comunque, sotto la guida della Camera del Lavoro, alla ripresa della lotta per la libertà e il miglioramento delle condizioni sociali dei lavoratori. Ai margini più bassi della scala sociale della popolazione, parecchie famiglie di disoccupati e di lavoratori occasionali conducevano una vita di stenti e di miseria; questo sottoproletariato urbano era guardato con sospetto dalle autorità e considerato foriero di pericolosità sociale, quindi tenuto a bada con provvedimenti coercitivi; in effetti era bisognoso più che altro di assistenza e di istruzione. Dal punto di vista demografico la popolazione del Comune di Carrara, che al censimento del 1861 risultava formata da 17.182 abitanti, raggiunse nel 1901 il numero di 42.095: in quarant'anni era dunque quasi triplicata. Un aumento così imponente non poteva non richiedere un incremento edilizio assai consistente e, di conseguenza, uno sviluppo urbanistico moderno e razionale. 4 La distribuzione della popolazione carrarese nel territorio cittadino vedeva gli appartenenti ai ceti meno abbienti costretti a vivere nei vecchi quartieri addossati alla sponda destra del fiume Carrione: Baluardo, Cafaggio, Cappelletto, Grazzano. Le condizioni di quelle abitazioni erano assai precarie per la vetustà, sovraffollate e prive per la maggior parte di servizi igienici, con molte famiglie che vivevano in scantinati di ridotta luminosità e aerazione. Più vivibili erano i caseggiati localizzati nella parte antica della città, compresa entro la cerchia urbana delle rinascimentali mura albericiane , con l'eccezione di alcuni edifici nei dintorni del duomo (rione di Piazzetta e dell'Arancio) ove si ripetevano le condizioni d'oltre carrione. Lo sviluppo economico della seconda metà dell'Ottocento favorì l'ingrandimento della città che uscì dalle mura e si espanse in varie direzioni occupando la vasta area ad est e a sud del centro storico, fino ad allora luogo privilegiato per le ville suburbane delle famiglie nobili; imitando la tendenza di queste ultime, gli imprenditori della borghesia cittadina (impersonata al vertice dalla famiglia Fabbricotti, che costituiva una vera e propria potenza economica a livello internazionale) cominciarono a costruire le loro signorili abitazioni in consonanza con lo stile architettonico del tempo. La stessa classe borghese, detentrice in quegli anni sotto varie colorazioni del potere politico, con la fiducia