NUMERO 240 in edizione telematica 10 febbraio 2017 DIRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected]

Professor Locatelli, ma chi glielo ha fatto fare, a 73 anni, di prendere in mano la disastrata atletica italiana? “Detto che, quando uno prova ancora voglia, l’età non conta e che fortunatamente la salute è ottima, il mio ritorno in Fidal è nato in maniera abbastanza inattesa, almeno per me. Da quando infatti ho assunto un incarico al Coni, a Roma vivo all’Acqua Acetosa dove fa base anche Giomi, che negli Anni Novanta era vicepresidente quando Gola mi aveva affidato la direzione tecnica dell’atletica. Così negli ultimi due-tre anni è capitato spesso che ci si ritrovasse per cenare insieme ed ovviamente spesso è capitato che si parlasse del nostro sport e dei problemi che sta vivendo e magari del relativo feeling che poteva esserci tra chi aveva vissuto sempre in maniera maggiore il mondo della strada rispetto a quello della pista. La preoccupazione maggiore di Giomi riguardava la gestione di quegli atleti di alto livello che, proprio perché non sono molti, occorre seguire con tutta una serie di servizi che garantiscano la loro presenza negli appuntamenti di maggiore significato”. Locatelli, così come nella vita, non si risparmia e le parole si susseguono incalzanti. Sprigiona energia e c’è da augurarsi riesca a trasmetterla a quei nostri talenti in qualche caso forse troppo viziati. “Siamo ai primi di dicembre dello scorso anno – prosegue Locatelli – e ancora non so nulla, ma mi giunge qualche voce su un mio possibile ruolo in Fidal. Il 13 mi arriva una mail di Tamberi che mi chiede se davvero sto per rimettermi in gioco, ma solo due giorni dopo mi chiama Carlo Mornati, vice segretario del Coni, con il quale sto operando da quando ho lasciato Montecarlo e la Iaaf per trasferirmi a Roma. Mi spiega che ha parlato con Giomi e che entrambi ritengono utile un mio impiego per curare una sorta di club di élite e sviluppo in seno all’atletica italiana con ad occuparsi del resto e soprattutto di quei giovani che, esaurito l’impegno da juniores, si ritrovano a gareggiare a livelli assoluti e trovano difficoltà per avere posto nei meeting”. Tanti, troppi infortunati nei momenti clou delle stagione: si tira troppo la corda per arrivare al risultato?

SPIRIDON/2

“E’ un problema che ci siamo posti. Può anche dipendere dal fatto che ci troviamo di fronte a generazioni deboli per come si alimentano. Per studiare il fenomeno a fondo abbiamo promosso una squadra di supporto tecnico-scientifico guidata da Andrea Billi, primario di ortopedia a Latina, di cui ovviamente fanno parte i medici per così dire storici della Fidal Ferrari e Combi. Ma serve anche un mental-coach, in grado di supportare i ragazzi laddove lo richieda la situazione familiare. Nulla deve restare intentato”. Prima ha accennato alle difficoltà di trovare gare adeguate per chi passa da Junior ad Assoluto… “In effetti questo è un problema che si sta ponendo anche la stessa Iaaf che, cancellati i Mondiali per Allievi, ha in animo di varare campionati iridati per Under 23, come già d’altronde si fa a livello europeo. Questo tornerebbe utile per garantire maggiore gradualità ed equilibrio nell’entrare a far parte del mondo atletico d’élite”. In questi ultimi anni il decentramento non ha offerto i risultati che si sperava. Forse occorre tornare all’antico, ai raduni… “E’ quello che faremo. Abbiamo Centri di allenamento a Formia, Tirrenia e Roma e li sfrutteremo: tutti quelli interessati al progetto che intendiamo portare avanti dovranno essere presenti almeno una settimana al mese, che diventeranno nove giorni per i velocisti. Chi non è d’accordo, sta fuori. Le regole devono essere chiare e uguali per tutti. L’unica eccezione concessa, nel gruppo di élite che guiderò personalmente, riguarderà quegli atleti che non hanno potuto raggiungere determinati risultati per cause di forza maggiore e sono, per esempio, reduci da lunghi infortuni. Come supporto tecnico sono stati nominati, oltre a Pericoli che lavorerà a strettissimo contatto con me, degli advisor di specialità: Di Mulo (velocità), Ghidini (mezzofondo), La Torre (marcia e lunghe distanze). A loro si aggiungeranno Petrov per i salti, un tedesco che stiamo definendo per i lanci e un cubano per gli ostacoli”. Quali i risultati che si aspetta? “Dico sempre: tre medaglie più Tamberi. Ovviamente a chiudere il cerchio del quadriennio olimpico”. Giorgio Barberis

FOTO D’EPOCA , dalla copertina del libro Infinito Oberweger, anni ‘50, Adolfo Consolini in allenamento allo Stadio delle Terme di Roma sotto l’occhio dello storico direttore tecnico federale.(Archivio Frasca)

SPIRIDON/3

fuori tema

Ci riprovano, tutti insieme. Comitato olimpico, Federazione interessata, forze governative e non solo, faccendieri di varia etnia e definizione. Ci riprovano, come accadde innumerevoli volte, non ultime quelle che caricarono sulle spalle del prossimo nazionale, su sciagurata decisione parlamentare, le spese per "la promozione e l'organizzazione" dei campionati mondiali di nuoto di Roma e dei giochi del Mediterraneo di Pescara, anno di grazia, comune per l'uno e l'altro degli eventi, il 2009, un totale di 105 milioni di euro spalmati come marmellata avariata fino ad un altro anno di grazia, il 2024. Mercoledì otto, il presidente del Senato Pietro Grasso s'è fatto carico dell'indignazione della maggioranza giudicando inammissibile un emendamento a favore della Ryder Cup inserito all'interno del famigerato decreto 'salva banche', a tutto destinato meno che a tutelare i golfisti e gli organizzatori di manifestazioni golfistiche. Il giorno successivo, nove testate su dieci, apriti cielo: non perdiamo questa scommessa, la Ryder 2022 è un'opportunità, rinunciamo ad effetti straordinari sul piano turistico, dire no è un delitto, demenziale perdere un'occasione da 487 milioni. Questi i toni generali ed iniziali, nulla di dissimile da precedenti avventure organizzative, sciorinati a favore di una manifestazione biennale inventata nel 1927 da Samuel Ryder, inglese, durata di sei giorni complessivi, tre di pratica e tre di gare, dodici americani contro dodici europei, da disputare su un campo di proprietà di Laura Biagiotti, quindi privato, completamente da riattare, e con esso un elenco di aggiustamenti e di infrastrutture da riempire un calendario. Ancora, il giorno dopo, le lamentazioni querule di Chimenti Franco, presidente federale autoproclamatosi protagonista dell'assegnazione: abbiamo fatto un lavoro folle, eravamo ultimi, abbiamo rimontato posizione su posizione, ed ora, dovrei lasciarmela scappare così… dimenticando come Roma sia riuscita assegnataria solo a fronte di una disinvolta esposizione organizzativa e finanziaria da protrarre fino al 2026 e di una dissennata corsa al rilancio rispetto alla concorrenza. C'è un'ultima spiaggia per quanti giudicano eccitante l'arrivo a Roma della Coppa: che il finanziamento governativo di 60 milioni e di altri 97 posti a garanzia, auspice lo spettinato ministro dello sport Luca Lotti, trovi ancoraggio o in un provvedimento ad hoc o nell'inserimento nel decreto mille proroghe. Sul fronte di nostra madre atletica, mentre il rientro agonistico di dopo la lunga assenza non fa che dilatare la rabbia per aver perso gli anni migliori di una carriera destinata ad essere definitivamente consacrata come la migliore apparsa nei primi lustri del terzo millennio, mentre l'osservazione, con premesse non rassicuranti, si fa più attenta attorno a quanto accade ai vertici del settore tecnico, mentre viene assicurata l'uscita, dopo un anno abbondante di assenza, della rivista Atletica, desta curiosità l'esoterico messaggio lanciato su facebook, con tratti da mobilitazione bellica, da Marco Sicari, responsabile dell'ufficio stampa, annunciante – a fianco d'una lunga lista di ringraziamenti, e sottolineante l'immanenza "di un lavoro intenso, affascinante e proficuo" – la nascita "di nuovi, entusiasmanti progetti di forte impatto in comunicazione nel mondo dell'atletica leggera, con i primi frutti attesi per la tarda primavera, inizio estate", ma con prospettiva a lungo raggio, quadriennale. Ne siamo contenti. Collateralmente, senza sussulti parlamentari, senza reazioni significative sul fronte Foro Italico, senza assalti a viale Mazzini o Saxa Rubra, negativa per l'atletica come per altre discipline, giunge la conferma della cancellazione di RaiSport2, in contemporanea con l'esposizione degli stipendi giornalistici dell'azienda di Stato: vergogna.

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SPIRIDON/4

Il futuro della maratona

I muri nell’atletica? Fatti ed evocati per essere battuti. Il muro dei 10” nei 100? Sbriciolato da centinaia di prestazioni sotto il limite con un “crono” che ormai è significativo solo per la vecchia Europa. Il muro dei 4’ nel miglio? Dopo Bannister è stata un’alluvione di miglioramenti. E da parte di fondisti che non avevano il metronomo di Bubka (un centimetro di record alla volta, nel loro caso evidentemente un centesimo). Del muro delle due ore nella maratona si parla nell’omonimo libro di Ed Caesar, tradotto in italiano dalla Einaudi, una sorta di viaggio- peregrinazione attorno alla corsa più lunga del programma olimpico. E’ la grande occasione per una rivisitazione storica- antropologica della specialità. Dai primordi ai giorni nostri attraverso la parabola di Geoffrey Mutai e del suo progressivo inserimento nel gotha dei grandi, dei maratoneti da 2H3’. I miglioramenti esponenziali nei 42,195 km fanno apparire come preistoria le performance degli olimpionici italiani Bordin e Baldini distanti minuti (e chilometri) dalle prestazioni attuali dei kenyani ed etiopi. Ma Caesar discute con ragione della possibilità che uno di questi campioni africani possa realmente centrare un tempo sotto le 2H con un’ulteriore razionalizzazione degli allenamenti, i miglioramenti tecnici della scarpa da corsa, la gestione ottimale della tattica e un percorso di maratona ad hoc, veloce, liscio come un biliardo ma in una giornata senza vento. I parziali delle mezze maratone fanno intravedere questa remota possibilità, a disposizione per un fondista che abbia una potenzialità da 26’ e rotti sui 10.000 in pista, che traduca la sua maratona in 4 parziali da 28’ con questa disponibilità, magari ispirato da lepri ad hoc. Si può immaginare come la maratona del futuro non sia più quell’esercizio di sofferenza dove dopo il 3oesimo chilometro può avvenire di tutto ma sia una gara regolata da perfetti ritmi e destinata a concludersi in volata, come irreparabilmente si concludono, spesso tra gomitate e irregolarità, le gare di gran fondo di nuoto in mare aperto dopo ore e ore di competizione. La maratona così perde un po’ del proprio romanticismo ma spalanca le proprie frontiere sull’atletica del futuro. Per cui non sembra più una lontana utopia la possibilità di centrare quel record mitico. Filippide, Mutai, Rodgers, Shorter, Wanjiru sono alcuni dei protagonisti che sfilano nel libro e si fanno testimoni di quel vistoso progresso che portò l’organizzatore della maratona di New York Fred Lebow a promettere un premio di un milione di dollari per chi per primo fosse sceso sotto quella soglia. Sembra fantascienza, ora è un presente che si avvicina a grandi passi. Scrive in sintesi Caesar: “Per correre in meno di due ore 42 chilometri e 195 metri è necessaria una straordinaria combinazione di velocità, forza fisica e resistenza oltre a una spiccata capacità di pianificazione, a grandi risorse tecniche e a molto, molto coraggio”. Per correre contro il cronometro e non contro avversari che possano ostacolare il progetto. Correre da soli contro se stessi. Caesar ci porta a Eldoret nella realtà della vita kenyana di tutti i giorni. Fatta di grandi ricchezze assemblate con la partecipazione alle grandi maratone ma miscelata con la povertà endemica di un intero popolo. Daniele Poto

SPIRIDON/5

(ma la nouvelle vague dello parte da Oristano) di Vanni Lòriga

Quando apprendo che il tempo di Edoardo Scotti (9 maggio 2000) sui 400 metri indoor (campionato italiano allievi di Ancona) è di 47”77 non posso non fare, con la memoria, un salto indietro di circa 78 anni. E’ il 16 luglio 1939, siamo all’Arena di Milano ed un altro giovane atleta (nato a Zara l’11 febbraio 1921 e che pertanto avrebbe festeggiato proprio sabato scorso i 96 anni …) copre la distanza in un tempo praticamente eguale, un 47”8 che gli consente di non sfigurare nei confronti del 46”7 di Harbig e Lanzi, al nuovo primato italiano che sarebbe stato migliorato ventisei anni dopo da nel corso del Trofeo Urigo di Sassari. Parlando di Sassari rimettiamo obbligatoriamente piede in Sardegna e diventa inevitabile citare l’impresa di Lorenzo Patta, la vera rivelazione della rassegna. Proviene da Oristano il giovine velocista allievo di Valentina Piras ed ha debuttato a livello nazionale con l’argento nei 60 metri e con il bronzo nei 200, con primati personali a ripetizione (7.08; 6.96; 6.91 e 22.46). Anche Patta è nato nel 2000 e compirà 17 anni il 23 maggio prossimo. Nel frattempo gioca al calcio nella squadra di Monte Urpinu a Cagliari e si allena al Campo Nurra&Sini (già Sacro Cuore) insieme ai colleghi dell’Atletica Oristano. E’ la Società che da decenni sforna Azzurri e titoli nazionali. Ricordiamo Angotzi, Uccheddu, Marras, Campus. Cadoni, Pessini.. E parlando di Marco Pessini, ostacolista azzurro, lo troviamo attivo come vice-presidente di Saverio Bisogni. Il campo scuola che abbiano appena citato è frequentato da circa 200 praticanti l’atletica. Per gestirli ci vuole un consistente staff tecnico che ovviamente esiste. Lo dirige lo storico Francesco Garau che si avvale di bravi collaboratori: oltre alla già ricordata Valentina Piras, si dedicano alla formazione dei giovani atleti Stefano Mascia, Veronica Musinu, Cristina Sinis (centro di Avviamento) e Carlo Piras, nipote dell’indimenticabile Raffaele, che fu intrepido lunghista ed ispirato poeta. E lavorano bene. A parte i recenti risultati di e di Lorenzo Patta e quelli prestigiosi del recente passato ne abbiamo altri che gratificano gli appassionati oristanesi. Tanto per fare un esempio, nel corso dei campionati sardi allievi, disputati ad Iglesias, gli allievi di Francesco e Valentina hanno occupato i primi quattro posti nell’ ordine d’arrivo dei 60 metri piani. I 4 moschettieri meritano una citazione: 1. Simome Fenu; 2. Leonardo Porcu; 3. Andrea Laconi; 4. Riccardo Melis. Qualcuno dei nostri attenti lettori potrebbe domandarsi come mai ci sia una piccola pista indoor ad Iglesias, mentre ne sono prive grandi metropoli come Roma e Milano. E noi rilanciamo con una contro domanda: come mai a Genova giace nascosta in uno scantinato la gloriosa pista su cui si disputarono anche gli Europei di Torino 2009 ? Chiediamo notizie a Mauro Nasciuti, che di cose liguri ha insuperabile esperienza. Ci conferma che la pista di cui si parla, una delle tre esistenti in Italia, è di proprietà del Comune di Genova. Considerato che per vari motivi non sono più disponibili le aree della Fiera, si sta studiando una soluzione che dovrebbe interessare la città di Chiavari. Speriamo bene anche perché si conta molto sulla dinamicità dei dirigenti dell’ Entella. Ma la domanda di rigore è la seguente: possibile che non esistano soluzioni per utilizzare una pista di così essenziale importanza ? Non potrebbero darsi da fare magari per sistemarla in uno dei capannoni della nuova Fiera di Roma ? E magari nella famosa Torre di Calatrava? O speriamo di utilizzarla , la Vergogna Calatrava, per una futura ricandidatura olimpica di Roma, detta l’’Eterna appunto perché perpetuamente in corsa per ospitare i Giochi. P.S, Quante righe ha dedicato il Corsera all’impresa di Edoardo Scotti ? ZERO.

Si è corsa a Santa Margherita Ligure con grande partecipazione di concorrenti e di pubblico la 12^ edizione della mezza maratona delle Due Perle, gara con in numeri in ripresa dopo le difficoltà del 2016 a causa del maltempo. Vittorie apparentemente facili di Paul Tiongik fra gli uomini in 01:08:02 seguito da Hussein Omar Mohamed (01.12.53)e Enrico Imberciadori (01.15.29) e Talam Pamela Chemurgor fra le donne in 01:18:22 Da segnalare il sesto posto, primo tra gli over 50 in 1h16'20", dell'indimenticabile spagnolo Martin Fiz che nel 1995 vinse il titolo mondiale in01:08:02 maratona a Goteborg.

SPIRIDON/6

Le falcate di Peppino Russo, 'sicilianu sugnu', nella cronofotografia anni '30 Il prodigioso allievo

La ricerca scientifica nell'ambito sportivo si evolve(1).

Negli anni '70 il Presidente Primo Nebiolo e i suoi collaboratori, Augusto Frasca, Gianfranco Carabelli ed altri, diedero la propulsione alla Rivista Atletica Studi che pubblicava gli studi e le sperimentazioni degli autori più quotati a livello nazionale e internazionale. Nel settore della tecnica e didattica del gesto, spazio alle cronofotografie commentate, le sequenze dell'azione motoria finalizzata alla prestazione.

La corsa, una successione di balzi alternati, con la fase di volo, o di non contatto, per arrivare al traguardo nel più breve tempo possibile, è una melodia cinetica che nel dipolo, tensione e distensione, esprime la fatica del vivere.Il movimento umano è stato analizzato con i mezzi della scienza nel 1894 dal fisiologo francese Jules Marey (Le mouvement, Paris 1894), dopo il Trattato di Niccolò Abbondati (1806, Montecorvino Rovello (Salerno), il primo che in Italia studiò la ginnastica e il movimento umano su basi scientifiche. La finalità è l'addestramento del soldato alla marcia, alla corsa, al salto, all'equilbrio, il potenziamento muscolare con l'uso degli attrezzi.

In precedenza, Nicolò Micele (1792 ...) il Saggio di Educazione Fisica, Morale e Scientifica, che precede Ginnastica elementare o sia corso graduato e analitico degli esercizi atti a fortificare il corpo (Eugenio Young, Milano 1825).Negli anni '30 Giuseppe Peppino Russo si presenta con le falcate. Un anno prima della sua morte inviò a Pino Clemente un plico voluminoso: parte delle sue pubblicazioni, i saggi nella rivista del CSI, Stadium, esemplari progressioni di tecnica e didattica, illustrate da disegni e foto e la nitida fotocopia delle cronofotografie che riproduciamo. Nella telefonata mattutina: "Peppino Russu sugnu, hai ricevuto?".

Al termine di un fiume ribollente, di parole, di concetti tecnici, di aneddotica a tratti polemica: "Una mia volontà, la sequenza delle mie falcate a Filippo Di Mulo".

Il capo del Di Mulo Team fu allertato, telefonò al Prof e si realizzava il passaggio del testimone tra l'antico palermitano e il catanese che 'dagli altari' - in nazionale Scuderi, Cavallaro, Di Gregorio, Licciardello, Rao, il record della 4X100, 38"17 - - - , , Barcellona 2010 - alla polvere', estromesso dallo staff della nazionale - è stato riammesso e si farà valere nel quadriennio che culmina nell'Olimpiade di Tokio.

La nostra dedica a Filippo Tortu, allenato dal padre, che, da allievo, dopo 35 anni ha migliorato il record di categoria dei 60 metri indoor di Pier Francesco Pavoni ( ) e il record juniores di (6"69). 6"64 il nuovo record di Filippo che, come precisa Giovannimaria Loriga, nello speciale di Spiridon odierno, ha le sue radici nella Gallura. Continueremo su Tortu domani.

(1) Best technoleges, una start up del PoliH di Milano rivoluziona l’allenamento.L’interpretazione dei dati di forza, potenza, velocità ed esplosività reperiti dai sensori (peso 30 grammi circa) per ogni movimento effettuato dall’atleta. Sono monitorati i progressi dei singoli atleti e della squadra. Si pongono in un grafico le vibrazioni delle fasce muscolari e la stabilità dei movimenti, e si valuta l’affaticamento, prevenendo eventuali infortuni. Il sistema, adottato dalla Federcalcio è stato sperimentato dal Centro Ricerche della Fidal.

L’occhio clinico

Come i medici dei tempi andati, l’allenatore si distingue per la capacità da osservare le minime variabili, anche posturali, dell’allievo. Il suo “occhio” dentro “l’azione” gli offre dati unici che sono ancora più importanti, se l’allenatore non segue l’allievo saltuariamente e la sua presenza nel campo è di rigore. Le immagini da L'Atletica Leggera, 1987, Opera Universitaria, rielaborate da uno studio di Nemassuri e Coll. Si prega di citare la fonte, nell'eventualità di una condivisione o di una utilizzazione per ricerche proprie.

SPIRIDON/7

Un 6 in disegno nella scuola Salesiana crea Carlin Bergoglio

Carlo Bergoglio, noto con lo pseudonimo di Carlin (Torino, 1 aprile 1895 – Torino, 25 aprile 1959), è stato giornalista, scrittore e disegnatore. Il cognome del Pontefice attualmente sul soglio di Pietro? Bergoglio. Le origini dei suoi genitori? Il Piemonte. Legami parentali tra i due? La curiosità è nata ricercando proprio i trascorsi salesiani di Carlo Bergoglio, ma le ricerche non hanno (ancora) dato esito positivo. Le reminiscenze del Carlin in calzoncini corti, scolaro ben dotato e scanzonato, sono ormai sbiadite (cominciò a frequentare nel 1904); ma un ricordo è riaffiorato come punto di riferimento sicuro: «Aveva soltanto un misero sei in disegno, e non già perché disegnasse male (anzi!), ma perché raffigurava gli insegnanti ed i compagni con caricature grottesche ». Ohibo, la scuola allora era una cosa seria... Orfano di padre a sette anni, viene accolto a Cuorgnè da uno zio marmista e lì frequenta la scuola salesiana. Di lui ha scritto: «A volte si appoggiava sulla porta della bottega fumando silenziosamente; attendeva che gli altri morissero per poter vivere». Cuorgnè diviene la sua nuova patria. Temperamento artistico, come spesso succede deve diplomarsi in ragioneria e praticare per qualche tempo quell’attività. A 18 anni vede pubblicata la sua prima caricatura sul Guerin Sportivo. Nella prima Guerra Mondiale ufficiale di fanteria sul Grappa, testimonia: «Sono un eroe nel dire che non sono stato un eroe». Nel 1918 inizia la carriera di giornalista sportivo. Talmente appassionato della professione decide di trascorrere il viaggio di nozze con la moglie Dina Rosa al seguito del Giro d’Italia. Al Guerin, diretto da Giulio Corrado Corradini, viene nominato inviato e poi caporedattore, seguendo soprattutto il ciclismo e il calcio. Come caricaturista fa guizzare la matita in tratti essenziali; quella matita che ha fissato in bozzetti memorabili i grandi avvenimenti di quasi mezzo secolo di sport. È lui ad inventare la “fauna sportiva”, dando ad ogni squadra di calcio sembianze animalesche: così la Juventus è una zebra, l’Inter un biscione, il un diavolo, il Genoa un grifone, il Napoli un ciuccio... Li ritrae nella rubrica L’araldica dei calci, ideando quella simbologia ancor oggi utilizzata da società, giornalisti e tifoserie. Nel 1945 Renato Casalbore fonda Tuttosport e Carlin è al suo fianco come condirettore; gli subentrerà quattro anni più tardi quando Casalbore muore nel tragico rogo di Superga. Quel grande dolore di Superga lo esprime in maniera mirabile proprio dalle colonne di Tuttosport: «Cosa furono gli eroi che non uccisero, che raggiarono salute e letizia, che sacrificarono sé stessi, che sopravvissero vivendo e non morendo e che pure impersonarono l’anima del popolo nelle sue aspirazioni migliori?». «Torino aveva questa gloria e in un attimo l’ha perduta. Cercherà di ricostruirla perché è città salda e tenace. Ma sia il sacrificio, oltre che incitamento, monito per tutti. Solo così non sarà stato vano...». I giudizi sul giornalista Carlin si sprecano: «Autentico talento naturale; personaggio unico nella storia del giornalismo italiano, scrittore e umanista. Piaceva ai ragazzi e ai professori di università». Tifoso bartaliano e juventino, riesce gradito anche agli schieramenti opposti. La moralità intransigente lo porta anche ad esaltare gli aspetti positivi dello sport. Nel 1938, quando Bartali vince il Tour, fa ampi elogi della sua vita esemplare: «Oltre a Gino Bartali è bene che si sappia che vi sono tra gli atleti molti altri giovani timorati di Dio, che non mangiano carne al venerdì e non vogliono udire certe parole volgari. È bene che le persone che apprezzano il valore morale dei sacrifici per vincere se stessi conoscano e apprezzino questi giovani, che tanto faticano per superare in se stessi la bestia. Non soltanto chi dorme non pecca, ma anche chi lavora intensamente, chi va martoriandosi per un ideale sano, quello di vincersi per vincere». Un salesiano che conobbe Carlin, don Prospero Ferrero, tramandandone il ricordo ha scritto: «A me era sempre sembrato che Carlin considerasse lo sport come un mezzo molto prezioso per risanare la nostra gioventù e portarla verso Dio. In questo lo vedo molto d’accordo con Don Bosco, dal quale mi pare abbia appreso tante cose negli anni della sua prima giovinezza, quando frequentava l’Istituto salesiano della sua Courgnè». Proprio studiando dai Salesiani infatti, Carlin perfeziona l’ortografia e crea le prime caricature galeotte, con i professori che si devono mostrare severi moralisti e infierire contro di lui con un misero sei in disegno. Le numerose tavole, le vignette, i ritratti, le caricature, hanno veramente tracciato uno spaccato dello sport italiano dagli anni Venti alla fine degli anni Cinquanta.

PIERLUIGI LAZZARINI

SPIRIDON/8

Animula vagula, blandula... scelti da Frasca

A causa dell'inquinamento dell'aria e dell'acqua, nei primi anni Sessanta sono cominciate a sparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni non c'erano più. Sono ora un ricordo, straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non avere i bei rimpianti di una volta. Pier Paolo Pasolini (Bologna 1922 - Roma 1975), 1975. Quando, coi soli mezzi che la natura ha dato all'uomo, si deve <>, per raggiungere una meta o si vuole percorrere una certa distanza nel minor tempo possibile, si va <>. La corsa è quindi l'azione istintiva che esprime il massimo dinamismo locomotorio umano e le gare di corsa rappresentano l'evoluzione agonistica di questo istinto elementare. Come l'Atletica Leggera è la grande base di tutti gli sport, così la corsa è la vera base dell'Atletica. La corsa non è soltanto l'attività specifica dell'atleta che si dedica alle varie distanze sul piano o con ostacoli, ma costituisce l'esercitazione fondamentale per apprendere la tecnica dei salti e dei lanci, la quale ha importanti analogie col meccanismo e il ritmo della corsa. Da La Corsa di Giorgio Oberweger (Trieste 1913 – Roma 1998), La Fiaccola, Roma, 1954. La morte è una cosa naturale, e averne paura è da fessi. Io, la prima cosa che ho fatto quando ho guadagnato nu poco di soldi, è stato comprarmi una cappella a Napoli: per andarci ad abitare da morto. C'è già la tomba, e sopra c'incisa già la data di nascita e il nome. Il giorno della morte è in bianco. No, non mi importa morire. Mi importa, ecco, invecchiare. Dall'intervista di Oriana Fallaci a Totò (Napoli 15.2.1898 – Roma 15.4.1967), L'Europeo, 6 ottobre 1963. La Scuola ha dato, oltre Manica, allo sport, quelle leggi tecniche e quello spirito <>, audace e cavalleresco, che vale a distinguere le gare dei nostri giorni dalle esibizioni violente e volgari di altri secoli. Il Taine e il de Coubertin in Francia, il Bonghi ed Angelo Mosso tra noi, sono i massimi illustratori di quella che il de Coubertin, con felice definizione, chiama <> inglese. Suo creatore, Tommaso Arnold (1795-1842), headmaster del Collegio di Rugby dal 1828. Uomo di fede e d'azione, l'Arnold non scrisse trattati, ma operò gagliardamente. Chi voglia leggere un'efficace descrizione della giornata dello scolaro di Eton o di Harrow deve ricorrere al Tom Brown's school days di Tommaso Hugues (1857) che, col Tom Brown at Oxford (1878), seguì, poi, il suo scolaro nella celebre Università. Lo sport che mai aveva perduto il suo ruolo di pubblico spettacolo (1780: primo Derby), e che nel 1812, sotto forma di educazione fisica, era già entrato nel Collegio militare di Sandhurst, inizia, in Inghilterra, verso il 1830, le sue travolgenti fortune. E le inizia dal collegio di Rugby, promotore ed auspice l'Arnold. Per alcuni anni l'esempio di Rugby (qui si codificarono le norme del calcio che dal celebre collegio prende nome) rimase isolato. Ma ecco, nel 1840, Eton, Harrow, Shrewsbury e la Reale Accademia di Woolwich fanno larghissima parte, nei loro programmi, allo sport. Arnold ha vinto la sua battaglia, e può anzitempo riposare nella cappella gotica di Rugby, dove le successive generazioni si recheranno in pellegrinaggio a onorare la memoria di colui che volle generosa e forte la nuova Inghilterra. Il primo <> sportivo è organizzato nel 1850 a Oxford, dall'Exeter College. Al 1856 risale la tradizionale regata tra Oxford e Cambridge. E le due celebri Università si incontrano, per la prima contesa atletica, nel 1864. Nel 1894, al Queen's di Londra, si disputa per la prima volta un <> fra studenti inglesi e americani: Oxford, campione del vecchio continente, batte Yale, campione d'America. Da Il libro dello sport di Lando Ferretti (Pontedera 1895 – Roma 1976), Libreria del Littorio, Roma-Milano, 1928. Il Maiocco (industriale torinese) era felice di poter vantare la mia conoscenza davanti a tutti. Io ero giovane e ingenuo, e caddi in questo suo disegno. Tra il 1977 e 1978 fu da me presentato ai settori di Teksid, di Fiat ferrovie e altre branche del gruppo. Fu nel corso del 1978 che mi invitò ad accettare da lui del denaro. Rammento con precisione due versamenti, uno di 50 e un altro di 30 milioni, il primo fu sicuramente effettuato in contanti, la consegna avvenne in un libro vuoto, se ben ricordo di Biagi. Aggiungo che fui convocato dal dottor Romiti e a lui dissi una bugia negando di aver ricevuto denaro. Dalle dichiarazioni di Luca Cordero di Montezemolo (Bologna 1947) ai giudici di Torino, riprese dall'Espresso del 15 febbraio 1987.

SPIRIDON/9

Ai bordi della Storia

A Palermo il 2 febbraio 1578 La corsa delle bagasce

Nel centro storico di Catania circa 200 podisti il 3 febbraio hanno pregato 'con i piedi' nella Festa più cara agli Etnei e Viva 'Sant'Aita', nel derby tra sacro e profano con 'Santa Rusulia'. Nel 1578 a Palermo il vicerè Maracantonio Colonna organizzò La corsa delle bagasce. Rievochiamo l'antico Evento ed esortiamo, ancora una volta, le donne dell'atletica palermitana, dalla più giovane Andrea Lentini, a Maria Tranchina e a Luisa Balsama, per una Corsa annuale che ricorderà la pietosa ClaraStella e comunque sia una riprovazione a Marco Antonio Colonna. La corsa delle "lucciole" al Cassaro e il mistero della Signora Clara Stella Nel Carnevale del 1578 a Palermo "corsiro" le donne che davano piacere a pagamento. La corsa è storicamente documentata. Ma ai cronisti dell'epoca sembra "strana" la partecipazione della Signora Clara Stella. La nostra prima su questa corsa piccante in Cromaki, la rivista dell'Uisp curata da Giuseppe Lo Bianco, entusiasta della rivisitazione, e da Mario Pintagro che ventisei anni fa arrivava alla 43esima Raffaello Sanzio, la Media nel rione Medaglie D'Oro, e pressava perché si era ai limiti della consegna in concomitanza del Vivi Città. Ho continuato a indagare su Chiara Stella. Resta il dilemma: la Signora era tenutaria di bordello o una nobil donna pietosa che condivise il ludibrio della corsa carnevalesca? Uno dei libri più pregnanti sulle buttane è “Duemila Anni a luci rosse” di Lucio Luca, editore Sigma 2006.La prosa è a regola d'arte, un saggio più unico che raro che si fregiò della recensione di Tano Gullo, una delle firme più raffinate del quotidiano della sera, L’ORA dei tempi andati, che curava le pagine storico culturali de la Repubblica Palermo e Isole. Si racconta "delle cortigiane di Malta, belle e slanciate, che sbarcarono a Palermo nel 1580 con i caratteristici zoccoli molto alti, da qui zoccola, e nel 1578 fu organizzata dal viceré licenzioso La corsa delle bagasce. Nel 1578 gli storici ci informano che la singolare competizione venne vinta da Clara Stella, prima tra centinaia" (Tano Gullo ). Di questa corsa narra Luigi Natoli con fantasia e le concorrenti sono sei. Non c'è traccia storica della piè veloce che correva con o senza zoccole. Inoltre le date non coincidono.Abbiamo trovato la traccia romanzesca in USANZA DI MARE, da Trapani a Tunisi a Lampedusa, autunno 1695. La protagonista si chiama Contesta, una delle ragazze più belle che viveva da reclusa nel Collegio trapanese delle Donzelle Disperse, a ridosso del Carcere. Il Collegio diretto dai Gesuiti e "Suor Clara non dimostrava un'età definita ma, per un arcano trambusto ormonale che l'aveva sorpresa da giovane, si faceva notare per la peluria diffusa che fuoriusciva dai polsini..."La suora apprestava le sue cure ad un soldato spagnolo portatore di sifilide e…” troveremo il modo di farvelo salare il vostro baccalaro ( sic! )". Dunque la pietosa che si toglieva il pudico velo .La famiglia Stella ebbe in affidamento dal Re Giovanni nel 1463 la Tonnara di Bonagia, Trapani. Dal 1638 al 1849 la storia della Tonnara coincide con quella della famiglia dei nobili palermitani Stella. Nel 1849 i beni della famiglia Stella, per volere di Donna Giuseppina La Grua, furono trasferiti al Monastero di Santa Chiara a Palermo.Clara e Chiara solo coincidenza? Se c'incontreremo nella Valle di Giosafat, Clara Stella dirà: io son la pia... Si potrebbe trovare il riscontro terreno nel novero dei defunti della famiglia Stella.

L’ “amatrice” Clara Stella Le Chiodate mistiche sono come il buon tempo che, così si sentenzia anche nelle scuole filosofiche tedesche, non dura tutto il tempo. Nel numero scorso iniziammo con il via del Papa alla maratona del millennio, stavolta si corre sul filo della storia antica di Palermo e ci si imbatte in alcune donne che non amavano soltanto per passione come la Boccadirosa di Fabrizio De Andrè. Il responsabile di questo spaccato fra il crudo e il sapido è Giuntini. E stato lui a darmi la spinta, coccolandomi con uno dei suoi regali che immediatamente diventano vostri. E un suo saggio attizza la fantasia sul filone a me gradito delle corse d’epoca. Le corse femminili più lontane nel tempo, delle quali si ritrova traccia nei documenti ufficiali del Senato palermitano, risalgano ad un periodo che va dal 1572 al 1578. Il Palio del 1572 fu dedicato a Maria Maddalena e vide ai nastri, come riporta il Cultrera nella sua “Storia della prostituzione in Sicilia”, quattro categorie di corridori: ragazzi, mezzani che non vuol dire ruffiani, uomini maturi e le così allora denominate bagasce. Nel 1578, in data 2 febbraio, ritroviamo nei “Diari” del Palmerino, Biblioteca Siciliana alla pagina 300, 16° volume in nota: «Si corsiro li Palii della citati per la strata di lu

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Cassaru, e foro bellissimi Palii. E volsi l’eccellenza del Signor Marco Antonio Colonna viceré che corrissiro li bagasci, et il premio fu una faldetta con lo imbusto di raso carmiscino. E ci corsi fra l’altri la Signora Clara Stella. Strana cosa davvero...». Di Marco Antonio Colonna il pettegolezzo ha tramandato alla posterità le sue imprese galanti che furono, ad occhio e croce, più proprie e concludenti di quelle di Bill Clinton. La sua foga d’amore si riversò, piuttosto equamente, sulla moglie Felice e sulla più giovane e appetitosa marchesa di Miserandino. Il vicerè fu il precursore dell’atletica spettacolo ed il promotore fantasioso delle Corse su strada aperte alla Città, allestite - ieri come oggi - con il contributo del pubblico denaro, all’insegna del “mancia du tò mancia...” per i cittadini, che io vicerè mi pappo se non i soldi che sovervchiano, quanto meno gli onori. Marco Antonio non era abile soltanto nell’aprire quelle nascoste porte femminili... compiacenti a disserrarsi ma, sempre più invaghito dell’argomento, ordinò ai suoi architetti la costruzione delle Porte fra le quali decorre il Cassaro: a quella che è prossima alla Marina, sotto il cui arco transitò non più tardi del trascorso 3 ottobre la gara podistica mondiale, impose il nome di Felice, come omaggio coniugale; diede all’altra, contigua al Palazzo Reale, il nome di Nuova, forse allusivo alla novità della sua fresca amica. Si vociferava che il galante uomo, utilizzando i camminamenti sopra la Porta Nuova, si incontrasse furtivamente con la Marchesa. Il vicerè era il pezzo da novanta e come tale era doverosamente chiamato Signore nel documento ufficiale di cui vi ho dato uno stralcio. Ma chi era dunque questa Clara Stella che con il “Signora” fu al Colonna equiparata? Enigmatica donna, fosti bionda normanno spagnolesca, o bruna arabo-siculo? Gentile tanto e onesta altrettanto? Formosa e languida o angolosa e aggressiva? Facevi l’amore per professione o per passione? Se Clara Stella fu come la Boccadirosa di De Andrè, quel Signora non è una esagerazione, infatti nella sua figura c’è la sintesi del sacro, come la Maddalena che espiava i suoi peccati e del profano nella sua militanza di dispensatrice d’amore. Il 22 di luglio, data del Palio del 1572, si commemora Santa Maria Maddalena, la coincidenza ci conferma l’ipotesi di una corsa di purificazione, rituale, affine alle Corse Scarlatte coeve in altri Paesi europei. Scarlatto è il colore opposto al bianco del candore virginale e in queste gara, al color rosso vivo, gareggiavano le prostitute. Per completezza riprendiamo una definizione che risale attorno al 1550 dello storiografo leccese Scipione Ammirato:«Donna val più che Signora, essendo Signora titolo di tutte le nobili indistinte e quei che peggio delle disoneste femmine». Ma noi prospettiamo una interpretazione medita e sconvolgente: la signora Clara Stella (tra le nobili indistinte) che corsi nel Palio era una palermitana, generosa e pietosa, atleticamente dotata che, correndo quel giorno assieme alle bagasce, volle sfidare Marcantonio e le bigotte usanze che le vietavano il rito ed il piacere-dolore della corsa di espiazione. Una donna, chiara come una stella all’alba, chefu solidale con le sventurate nella pubblica esibizione di una corsa su strada. Se così fosse, e la nostra unica prova è quel Signor Marcantonio Colonna e Signora Clara Stella, noi le rendiamo tardivi omaggi! Dal Libro Secondo de Le scarpette Chiodate, febbraio 2000.

Coppa Sant’Agata - Trofeo – Runcard di podismo

L’evento, organizzato dalla Fortitudo Catania, ha visto fondisti di tutte le categorie in gara sui 10 km (10 giri), partenza e arrivo in Via Vittorio Emanuele davanti al Palazzo della Cultura. La gara femminile alla junior di Gela, Clara Tasca, dell’Asd Catania 2000, 39’40”. La gara maschile a Luigi Spinali, di Megara, Atletica Augusta, 32’44”, il bis e il record migliorato. Al traguardo 209 podisti. Nel palco della premiazione il Gotha delle Istituzioni: il presidente del Coni regionale, gli assessori, mancava soltanto il sindaco Enzo Bianco. Il nostro auspicio è che la corsa nel segno di Sant’Agata ritorni ai fasti tecnici del passato. Ci rendiamo conto della crisi economica e della carenza dei campioni siciliani. Ma qualcosa di più e di meglio si deve fare. Ed ecco i risultati: 1° SPINALI Luigi SM A.S. DIL. ATL.AUGUSTA CLUB S. 0:32:44 ; 2 DEGASPERI Alessandro SM35 U.S. MONTE BALDO 0:33:09 ; 3 VIZZINI Alessandro SM A.S.D. MONTI ROSSI NICOLOSI 0:33:11 ; 4 STAGNO Luca SM ETNATLETICA SAN PIETRO CLARENZ 0:34:23 ; 5 LEONE Pietro SM RCF ROMA SUD 0:34:28 ; 6 SCHIAVINO Enrico SM A.S.D. MONTI ROSSI NICOLOSI 0:34:32 ; 7 RECUPERO Antonino SM40 MEGA HOBBY SPORT 0:34:38 8 PRUITI Fabio SM LIBERTAS - MAGMA TEAM 0:34:50 ; 9 RAPISARDA Carmelo SM45 ASD ATLETICA FORTITUDO CATANIA 0:35:29 ; 10 FOTI Sebastiano SM A.S.D. ATL. SCUOLA LENTINI 0:35:41….. E poi: 201° FERLA Paolo SM50 ASD ATLETICA FORTITUDO CATANIA 1:00:48 ; 202 GULISANO Giuseppe SM45 A.S.D. ATLETICA SICILIA 1:02:21 ; 203 FRANCO Ferdinando SM60 ASD EQUILIBRA RUNNING TEAM PA 1:02:44 ; 204 FARO Roberto SM65 G.S. DIL. AMATORI PALERMO 1:05:55 ; 205 TESTA Michelangelo SM55 A.S.D. PODISTICA JONIA GIARRE 1:05:58 ; 206 PECORA Silvestra SF50 ASD ATLETICA FORTITUDO CATANIA 1:07:53 ; 207 SCARCIPINO Francesco SM75 A.S.D. POL. FIAMMA S.GREGORIO 1:11:11 ; 208 VENTURA Giuseppe SM70 A.S.D. POL. FIAMMA S.GREGORIO 1:12:10 ; 209° RISINO Luisa SF50 A.S.D. PACHINO RUNNING 1:33:43 Santo Pazienza

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Il racconto del mese

Il telefono squillava da un po’. Daniela sbuffò mentre si precipitava a rispondere. «Sono Katia, disturbo?». «No, come va?», rispose, anche se la domanda era di troppo, visto che si erano incontrate il giorno precedente nell'edicola- libreria del quartiere. «Ti ho telefonato per invitarti a cena. Sei libera stasera?». «Ma... sì... grazie, siete sempre così carini!». «Addio sushi», pensò tra sé e sé. «Benissimo! Siamo d'accordo allora», rispose l’amica. «Notizie di tuo marito?». «Le solite dal Paese del Sol Levante: lavoro frenetico, clienti troppo esigenti e falsamente cerimoniosi, uffici piccoli e personale insufficiente... Lui tornerà la settimana prossima comunque». «Ma insomma...», tentennò Katia, «È proprio necessaria quella filiale?». «Oh, lascia perdere!». Rispose Daniela e proseguì con disappunto: «Quanto mai ha accettato quell’incarico! Alla sua età poi! Aprire una sede laggiù. Non capisco perché non ci hanno mandato un collega più giovane!» Terminò sospirando e guardando dall’ampia finestra il giardino. Le piante erano ricoperte di foglie dai toni decadenti. Il marrone tenue lasciava ampi spazi al ruggine quasi violetto. Tutto quel fogliame si agitava ininterrottamente per effetto della leggera brezza autunnale e sembrava fluttuare sopra un manto erboso sorprendentemente verde per la stagione. In lontananza, nascosta dalla vegetazione, si intravedeva la sagoma di una villa: l’abitazione di Katia. La voce dell’amica la scosse. Abbandonò la contemplazione sedendosi sul divano e fissando il soffitto. «Be’ lo sai perché!», affermò Katia. «Cosa?», rispose pigramente Daniela. «Ma sì, il motivo dell’incarico... Avranno avuto le loro buone ragioni, non ti pare? Non è che voglia cantare le lodi di qualcuno!». «D'accordo, ma con tutti gli ingegneri giovani che si ritrovano proprio lui?», si lamentò Daniela. «Però quando ti porta a Tokyo... Non dirmi che non ti piace. Anche se si corre il rischio di morire avvelenati per via di tutto quel pesce crudo!», sentenziò Katia non senza una punta d'invidia. Dopo un sospiro riprese: «Le mie vacanze sono sempre uguali, con un marito di mezza età in pensione, che non pensa ad altro se non alla montagna e ai funghi... Uff! Che noia! Anche questa mattina ci è andato e pensa, si è portato nuovamente l’orso Yoghi». «Chi?». «Ma sì», rispose con un tono di voce concitato Katia: «Quella palla di lardo del suo ex collega... Dario, lo conosci no? Figuriamoci! Mi viene da ridere se penso a quel bestione... Li deve schiacciare sotto ai piedi i funghi per vederli, senza contare che quelle poche volte che li trova li raccoglierebbe tutti, buoni e cattivi». Daniela immaginò quell’orso di Dario, che probabilmente non riusciva neppure ad allacciarsi le scarpe, nell’atto di raccogliere funghi. «Speriamo», disse trattenendo una risata: «Che non ne prenda di velenosi allora!». «Figurati! Mio marito lo controlla e pignolo com’è! A proposito, questa sera la cena è proprio a base di ovoli freschi!». «Ehi! Sei sicura? Con quello che raccoglie tutto…». Scherzò Daniela. «Tranquilla, niente scuse, ti aspetto verso le otto!». Concluse Katia. «D'accordo, alle otto». Daniela stava per riagganciare ma riuscì ad aggiungere: «Porterò una bottiglia di Bordeaux». Poi si diresse nella candida cucina, aprì l’enorme frigorifero e osservò la generosa porzione di sushi. Quel giorno sarebbe rimasta dov’era. Nell'atto di voltarsi gettò uno sguardo distratto al calendario e si accorse del Post-it giallo: "A casa di Cristina alle sette in punto!". Daniela sobbalzò. Aveva dimenticato l'impegno serale a casa della figlia! Già, lei ed il marito dovevano uscire con gli amici! Non c'era tempo da perdere, doveva telefonare subito a Katia. «Pronto! Ah... sei tu?», rispose l'amica sorpresa.

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«Questa sera devo andare da mia figlia e badare a mia nipote. Mi sono accorta adesso dell'impegno guardando il calendario. Cristina e mio genero escono a cena» e dopo una breve pausa, «Sapessi come mi spiace rinunciare all’invito!», mentì Daniela. «Figurati! Certo dispiace anche a me... Sarà per un'altra volta, a presto!» e Katia riattaccò.

Daniela, ritornando a casa, passò davanti alla villa dei vicini e si ricordò della cena mancata. Pensò anche alla bella serata passata con la nipotina e a quel sushi delizioso. La mattina seguente, all'alba, fu svegliata improvvisamente da una sirena e si rizzò di scatto nel letto. Dopo aver riacquistato lucidità, si rese conto che un'autoambulanza si era fermata nei pressi. Ci fu di nuovo silenzio poi il mezzo si rimise in moto a sirena spiegata. Daniela si sdraiò nuovamente e si riaddormentò. Si svegliò piuttosto tardi avvertendo la presenza di persone all'esterno. Tutta quella gente doveva essere giù in strada... vicino alla finestra. Si alzò rabbrividendo, indossò la vestaglia, poi aprì le imposte della camera e notò un certo movimento al di là della cancellata. Indossò velocemente l’abito della sera precedente che aveva lasciato su una poltrona, si sistemò in fretta e furia e uscì. Chiese subito cos'era accaduto. Le rispose un uomo che conosceva di vista: «Oh, signora che guaio!». Daniela lo incalzò rudemente: «Insomma, cos'è successo?» «I suoi vicini signora, i coniugi Bianchini! Li hanno portati via d'urgenza... ». A questo punto l’uomo capì, dall’espressione della donna, che non poteva tirare più per le lunghe e disse quasi gridando: «Li hanno portati all'ospedale. Colpa dei funghi, io me ne intendo... c’era senz’altro una tignosa tra quegli ovoli. E pensare che il signor Bianchini me li aveva fatti vedere ieri mattina!». Daniela non lo stette più a sentire, barcollò e sbiancò in modo impressionante. L’uomo fece l’atto di sostenerla ma lei lo respinse e dopo aver salutato brevemente si mise a camminare di buon passo verso l’edicola - libreria all’angolo. Arrivò ansante e disse all’uomo dietro al banco: «Quella!». Accompagnò il tono deciso della voce con l'indicazione imperiosa di un punto preciso tra libri e giornali. Si trattava di un volume sui funghi che aveva notato due giorni prima, quello dell’incontro con Katia. Ricordava pure di averle detto: «Ecco un regalo che farebbe piacere a tuo marito». La donna prese il libro che l’edicolante gli stava porgendo, si girò bruscamente voltandogli le spalle e posò il volume. Poi cercò ansiosamente nell’indice la voce: “FUNGHI VELENOSI”. Sfogliò velocemente le pagine e finalmente lesse: Nome Latino : Amanita phalloides Nome Volgare : Amanita falloide - Tignosa verdognola Commestibilità : “E' il fungo mortale per eccellenza. Una quantità di cinquanta grammi può essere fatale. Le confusioni possono verificarsi quando si crede di aver raccolto un ovolo buono ancora racchiuso nella sua volva, oppure…".

Ermanno Gelati

Per ricordare il settantacinquesimo anniversario della scomparsa di Louis SPIRIDON la zecca greco di Halandri ha coniato 750.000 monete da 2 Euro. Nella parte interna della moneta sono riprodotte la silouhette di Spiridon ed il calice che gli fu assegnato per la vittoria all’ Olimpiade 1896. Sullo sfondo lo Stadio Panathinaiko con nell’arco la scritta "ΕΛΛΗΝΙΚΗ ΔΗΜΟΚΡΑΤΙΑ" (Repubblica greca) e "75 ΧΡΟΝΙΑ ΜΝΗΜΗΣ ΣΠΥΡΟΥ ΛΟΥΗ" (75 anni di memoria di Spiridon louis), con a destra la A iniziale dell’l’Anthemion (un fiore rappresentato in forma stilizzata largamente usata nella civiltà ellenica) ), simbolo della Zecca di Atene; in basso le iniziali dell'autore Georgios Stamatopoulos. Sul bordo esterno 12 stelle a cinque punte rappresentanti l'Unione.