NUMERO 240 in Edizione Telematica 10 Febbraio 2017 DIRETTORE: GIORS ONETO E.Mail: [email protected]
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NUMERO 240 in edizione telematica 10 febbraio 2017 DIRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected] Professor Locatelli, ma chi glielo ha fatto fare, a 73 anni, di prendere in mano la disastrata atletica italiana? “Detto che, quando uno prova ancora voglia, l’età non conta e che fortunatamente la salute è ottima, il mio ritorno in Fidal è nato in maniera abbastanza inattesa, almeno per me. Da quando infatti ho assunto un incarico al Coni, a Roma vivo all’Acqua Acetosa dove fa base anche Giomi, che negli Anni Novanta era vicepresidente quando Gola mi aveva affidato la direzione tecnica dell’atletica. Così negli ultimi due-tre anni è capitato spesso che ci si ritrovasse per cenare insieme ed ovviamente spesso è capitato che si parlasse del nostro sport e dei problemi che sta vivendo e magari del relativo feeling che poteva esserci tra chi aveva vissuto sempre in maniera maggiore il mondo della strada rispetto a quello della pista. La preoccupazione maggiore di Giomi riguardava la gestione di quegli atleti di alto livello che, proprio perché non sono molti, occorre seguire con tutta una serie di servizi che garantiscano la loro presenza negli appuntamenti di maggiore significato”. Locatelli, così come nella vita, non si risparmia e le parole si susseguono incalzanti. Sprigiona energia e c’è da augurarsi riesca a trasmetterla a quei nostri talenti in qualche caso forse troppo viziati. “Siamo ai primi di dicembre dello scorso anno – prosegue Locatelli – e ancora non so nulla, ma mi giunge qualche voce su un mio possibile ruolo in Fidal. Il 13 mi arriva una mail di Tamberi che mi chiede se davvero sto per rimettermi in gioco, ma solo due giorni dopo mi chiama Carlo Mornati, vice segretario del Coni, con il quale sto operando da quando ho lasciato Montecarlo e la Iaaf per trasferirmi a Roma. Mi spiega che ha parlato con Giomi e che entrambi ritengono utile un mio impiego per curare una sorta di club di élite e sviluppo in seno all’atletica italiana con Stefano Baldini ad occuparsi del resto e soprattutto di quei giovani che, esaurito l’impegno da juniores, si ritrovano a gareggiare a livelli assoluti e trovano difficoltà per avere posto nei meeting”. Tanti, troppi infortunati nei momenti clou delle stagione: si tira troppo la corda per arrivare al risultato? SPIRIDON/2 “E’ un problema che ci siamo posti. Può anche dipendere dal fatto che ci troviamo di fronte a generazioni deboli per come si alimentano. Per studiare il fenomeno a fondo abbiamo promosso una squadra di supporto tecnico-scientifico guidata da Andrea Billi, primario di ortopedia a Latina, di cui ovviamente fanno parte i medici per così dire storici della Fidal Ferrari e Combi. Ma serve anche un mental-coach, in grado di supportare i ragazzi laddove lo richieda la situazione familiare. Nulla deve restare intentato”. Prima ha accennato alle difficoltà di trovare gare adeguate per chi passa da Junior ad Assoluto… “In effetti questo è un problema che si sta ponendo anche la stessa Iaaf che, cancellati i Mondiali per Allievi, ha in animo di varare campionati iridati per Under 23, come già d’altronde si fa a livello europeo. Questo tornerebbe utile per garantire maggiore gradualità ed equilibrio nell’entrare a far parte del mondo atletico d’élite”. In questi ultimi anni il decentramento non ha offerto i risultati che si sperava. Forse occorre tornare all’antico, ai raduni… “E’ quello che faremo. Abbiamo Centri di allenamento a Formia, Tirrenia e Roma e li sfrutteremo: tutti quelli interessati al progetto che intendiamo portare avanti dovranno essere presenti almeno una settimana al mese, che diventeranno nove giorni per i velocisti. Chi non è d’accordo, sta fuori. Le regole devono essere chiare e uguali per tutti. L’unica eccezione concessa, nel gruppo di élite che guiderò personalmente, riguarderà quegli atleti che non hanno potuto raggiungere determinati risultati per cause di forza maggiore e sono, per esempio, reduci da lunghi infortuni. Come supporto tecnico sono stati nominati, oltre a Pericoli che lavorerà a strettissimo contatto con me, degli advisor di specialità: Di Mulo (velocità), Ghidini (mezzofondo), La Torre (marcia e lunghe distanze). A loro si aggiungeranno Petrov per i salti, un tedesco che stiamo definendo per i lanci e un cubano per gli ostacoli”. Quali i risultati che si aspetta? “Dico sempre: tre medaglie più Tamberi. Ovviamente a chiudere il cerchio del quadriennio olimpico”. Giorgio Barberis FOTO D’EPOCA , dalla copertina del libro Infinito Oberweger, anni ‘50, Adolfo Consolini in allenamento allo Stadio delle Terme di Roma sotto l’occhio dello storico direttore tecnico federale.(Archivio Frasca) SPIRIDON/3 fuori tema Ci riprovano, tutti insieme. Comitato olimpico, Federazione interessata, forze governative e non solo, faccendieri di varia etnia e definizione. Ci riprovano, come accadde innumerevoli volte, non ultime quelle che caricarono sulle spalle del prossimo nazionale, su sciagurata decisione parlamentare, le spese per "la promozione e l'organizzazione" dei campionati mondiali di nuoto di Roma e dei giochi del Mediterraneo di Pescara, anno di grazia, comune per l'uno e l'altro degli eventi, il 2009, un totale di 105 milioni di euro spalmati come marmellata avariata fino ad un altro anno di grazia, il 2024. Mercoledì otto, il presidente del Senato Pietro Grasso s'è fatto carico dell'indignazione della maggioranza giudicando inammissibile un emendamento a favore della Ryder Cup inserito all'interno del famigerato decreto 'salva banche', a tutto destinato meno che a tutelare i golfisti e gli organizzatori di manifestazioni golfistiche. Il giorno successivo, nove testate su dieci, apriti cielo: non perdiamo questa scommessa, la Ryder 2022 è un'opportunità, rinunciamo ad effetti straordinari sul piano turistico, dire no è un delitto, demenziale perdere un'occasione da 487 milioni. Questi i toni generali ed iniziali, nulla di dissimile da precedenti avventure organizzative, sciorinati a favore di una manifestazione biennale inventata nel 1927 da Samuel Ryder, inglese, durata di sei giorni complessivi, tre di pratica e tre di gare, dodici americani contro dodici europei, da disputare su un campo di proprietà di Laura Biagiotti, quindi privato, completamente da riattare, e con esso un elenco di aggiustamenti e di infrastrutture da riempire un calendario. Ancora, il giorno dopo, le lamentazioni querule di Chimenti Franco, presidente federale autoproclamatosi protagonista dell'assegnazione: abbiamo fatto un lavoro folle, eravamo ultimi, abbiamo rimontato posizione su posizione, ed ora, dovrei lasciarmela scappare così… dimenticando come Roma sia riuscita assegnataria solo a fronte di una disinvolta esposizione organizzativa e finanziaria da protrarre fino al 2026 e di una dissennata corsa al rilancio rispetto alla concorrenza. C'è un'ultima spiaggia per quanti giudicano eccitante l'arrivo a Roma della Coppa: che il finanziamento governativo di 60 milioni e di altri 97 posti a garanzia, auspice lo spettinato ministro dello sport Luca Lotti, trovi ancoraggio o in un provvedimento ad hoc o nell'inserimento nel decreto mille proroghe. Sul fronte di nostra madre atletica, mentre il rientro agonistico di Andrew Howe dopo la lunga assenza non fa che dilatare la rabbia per aver perso gli anni migliori di una carriera destinata ad essere definitivamente consacrata come la migliore apparsa nei primi lustri del terzo millennio, mentre l'osservazione, con premesse non rassicuranti, si fa più attenta attorno a quanto accade ai vertici del settore tecnico, mentre viene assicurata l'uscita, dopo un anno abbondante di assenza, della rivista Atletica, desta curiosità l'esoterico messaggio lanciato su facebook, con tratti da mobilitazione bellica, da Marco Sicari, responsabile dell'ufficio stampa, annunciante – a fianco d'una lunga lista di ringraziamenti, e sottolineante l'immanenza "di un lavoro intenso, affascinante e proficuo" – la nascita "di nuovi, entusiasmanti progetti di forte impatto in comunicazione nel mondo dell'atletica leggera, con i primi frutti attesi per la tarda primavera, inizio estate", ma con prospettiva a lungo raggio, quadriennale. Ne siamo contenti. Collateralmente, senza sussulti parlamentari, senza reazioni significative sul fronte Foro Italico, senza assalti a viale Mazzini o Saxa Rubra, negativa per l'atletica come per altre discipline, giunge la conferma della cancellazione di RaiSport2, in contemporanea con l'esposizione degli stipendi giornalistici dell'azienda di Stato: vergogna. [email protected] SPIRIDON/4 Il futuro della maratona I muri nell’atletica? Fatti ed evocati per essere battuti. Il muro dei 10” nei 100? Sbriciolato da centinaia di prestazioni sotto il limite con un “crono” che ormai è significativo solo per la vecchia Europa. Il muro dei 4’ nel miglio? Dopo Bannister è stata un’alluvione di miglioramenti. E da parte di fondisti che non avevano il metronomo di Bubka (un centimetro di record alla volta, nel loro caso evidentemente un centesimo). Del muro delle due ore nella maratona si parla nell’omonimo libro di Ed Caesar, tradotto in italiano dalla Einaudi, una sorta di viaggio- peregrinazione attorno alla corsa più lunga del programma olimpico. E’ la grande occasione per una rivisitazione storica- antropologica della specialità. Dai primordi ai giorni nostri attraverso la parabola di Geoffrey Mutai e del suo progressivo inserimento nel gotha dei grandi, dei maratoneti da 2H3’. I miglioramenti esponenziali nei 42,195 km fanno apparire come preistoria le performance degli olimpionici italiani Bordin e Baldini