Opere Nobilissime, Mirabili E Preziose
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Opere nobilissime, mirabili e preziose Nelle due edizioni delle Vite di Vasari il duomo di Pisa Oggi sappiamo che la data di fondazione della catte- è ricordato come capostipite di quegli edifici di maniera drale non è il 1016 riportato da Vasari, bensì il 1064. tedesca, che in tempi “vecchi ma non antichi” prolifera- Questo spostamento cronologico è dovuto ad un’erro- vano in tutta Italia. Nonostante permanga nella seconda nea lettura di una delle incisioni di facciata, che lo sto- edizione (1568) una visione prevalentemente negativa, rico aretino per il resto riporta piuttosto correttamente. colpisce l’attestazione della grande novità di questa ar- Anche la seconda inesattezza si può forse imputare a un chitettura: travisamento interpretativo della medesima epigrafe: Va- sari ritiene che Buscheto provenga dalla città greca di Da cotal principio adunque cominciò a crescere a poco Dulichio, poiché nei versi iniziali l’architetto è paragona- a poco in Toscana il disegno et il miglioramento di queste to ad Ulisse, originario proprio di quel centro del Pelo- arti, come si vide l’anno mille e sedici nel dare principio i ponneso. Come molte delle notizie che si trovano nelle Pisani alla fabbrica del Duomo loro, perché in quel tempo Vite, questa informazione ha avuto vasto credito e diffu- fu gran cosa mettere mano a un corpo di chiesa così fatto, di sione tra i successivi esegeti della cattedrale, non ultimo cinque navate e quasi tutto di marmo dentro e fuori. Questo per l’evidente richiamo ai prospetti dei templi greci. tempio, il quale fu fatto con ordine e disegno di Buschet- La rinata chiesa primaziale genera un nuovo linguag- to, greco da Dulicchio, architettore in quell’età rarissimo, gio architettonico, dettando ordini e proporzioni agli fu edificato et ornato dai Pisani d’infinite spoglie condotte per mare [...] come ben mostrano le colonne, base, capitegli, edifici che di lì a poco sarebbero sorti nell’antica area 2 cornicioni et altre pietre d’ogni sorte che vi si veggiono. E arcivescovile . Del resto il momento particolarmente fe- perché tutte queste cose erano alcune piccole, alcune grandi lice per la Repubblica pisana sembrava non aver fine: la et altre mezzane, fu grande il giudizio e la virtù di Buschetto flotta vittoriosa di ritorno dalla battaglia di Al Mahdi- nell’accommodarle e nel fare lo spartimento di tutta quella ya e Zawila (1087) in Tunisia fu accolta da un entusia- fabbrica, dentro e fuori molto bene accommodata1. smo collettivo che portò alla fondazione della chiesa di Taglia di Rainaldo, Formella intarsiata, metà del sec. XII, Pisa, Museo dell’Opera del Duomo Pagina a fronte: Maestranza pisana islamizzante, Lastra intarsiata, metà del sec. XII, Pisa, chiesa di Santa Maria del Carmine (terzo altare di sinistra) 41 Taglia di Guglielmo, Transenna presbiterale (recto), metà del sec. XII, Pisa, Museo dell’Opera del Duomo San Sisto in Cortevecchia, il cui prospetto non risente Già nel matroneo si individuano alcuni capitelli scolpi- ancora, per evidente contiguità cronologica, delle inno- ti a imitazione di quelli classici, che testimoniano la pre- vazioni apportate da Buscheto. Un’altra grande impresa senza di una taglia formatasi nell’atelier di Buscheto per militare fu l’assoggettamento delle Baleari, che si con- proseguirne l’opera6. Stiamo assistendo ad un graduale cluse nel 1115 e segnò la raggiunta egemonia pisana passaggio di consegne tra l’artefice fondatore del duomo sul Mediterraneo. È nuovamente la facciata a celebrare, e alcuni tra i più importanti scultori del nuovo secolo. Il stavolta con gli occhi dei vinti, lo straordinario evento: primo nome lo incontriamo su una delle formelle lavorate su una piccola lastra di marmo è infatti inciso un epitaf- ad intarsio, collocata tra i compassi degli archi dell’ordi- fio per la regina di Maiorca, fatta prigioniera e portata a ne basamentale di facciata: si tratta di Rainaldo, definito Pisa, ove trovò la morte. La defunta sovrana racconta di “accorto artefice e maestro egli stesso” (prudens operator essere stata strappata alla sua terra insieme con il figlio: et ipse magister)7. Un’altra iscrizione evocativa, che cita il “fui preda di guerra. – si legge nel testo – Fu mio il regno Salmo 21 (versetto 22) corre lungo i bordi superiore ed di Majorca. Ora, dopo la fine della mia esistenza, giaccio inferiore di una lastra intarsiata, oggi al Museo dell’Ope- chiusa dentro a questa pietra, che vedi”3. ra del Duomo, ove sono raffigurati due minacciosi uni- Appena tre anni dopo la conquista delle Baleari, si corni che fronteggiano una figura umana che brandisce celebrò la solenne cerimonia di consacrazione della cat- una croce. Alla taglia di scultori che lavorò a fianco di tedrale alla presenza di papa Gelasio II. A questa data, Rainaldo si ascrive unanimemente la decorazione degli quindi, il cantiere doveva essere in fase avanzata, mentre archi ciechi a coronamento dei portali d’ingresso, ma il la decorazione scultorea era prossima all’esecuzione. Bu- suo intervento si può individuare anche all’interno, in al- scheto diresse i lavori certamente fino al 1110, ma non cuni capitelli delle campate aggiunte e del matroneo8. sappiamo se spetti a lui la pianta della chiesa nell’attuale La riflessione sull’arte classica rimane un carattere di lunghezza e di conseguenza l’ideazione dell’odierna fac- fondo che contribuisce a modellare queste pietre, ma Rai- ciata. L’utilizzo di una pietra più chiara rispetto al resto naldo e i suoi collaboratori guardano anche al mondo bi- dell’edificio, ben visibile sulle fiancate in corrispondenza zantino ed islamico da cui attingono motivi ornamentali delle ultime cinque arcate cieche, secondo alcuni studio- e le tecniche con cui realizzarli. Lo dimostrano in primis si corrisponde al progetto di un nuovo capomastro che le tarsie con lo sviluppo di semplici forme geometriche – avrebbe prolungato l’asse longitudinale della chiesa4. In cerchio, esagono e quadrato – in cui spesso fanno la loro assenza di prove documentarie la soluzione di questo comparsa animali reali e fantastici che richiamano plausi- problema resta da chiarire, tuttavia l’attestazione di Bu- bilmente la tradizione islamica. Inoltre, l’uso del trapano scheto a un momento così prossimo alla consacrazione raggiunge livelli di estrema raffinatezza, tanto da rendere dell’edificio lascia supporre che proprio a lui si debba la pietra del tutto simile a un merletto, come mostrano al- ascrivere l’intero progetto architettonico con l’esclusione cune formelle dell’originaria transenna presbiteriale o del di gran parte della decorazione di facciata5. paliotto d’altare, poi smontate e oggi riutilizzate in parte 42 Pietre vecchie ma non antiche. Compendio di scultura medievale pisana fino all’età di Giotto Taglia di Rainaldo, Formella per paliotto d’altare, prima metà del sec. XII, Pisa, Museo dell’Opera del Duomo per l’altare del battistero e in parte conservate al Museo della piazza, di cui è testimonianza un capitello condotto dell’Opera del Duomo9. Entro un disegno geometrica- a Pisa probabilmente come bottino di una delle tante bat- mente armonico, giocato sulla reiterazione e l’intreccio taglie e ricollocato nel transetto settentrionale. La scultura dell’elemento circolare, prendono forma foglie e racemi è firmata da Fath, artefice di analoghi esemplari per la intessuti da una fittissima trama di pieni e vuoti – “opera moschea di Cordova e per quella di Medina Azzara en- nobilissima, così mirabile e preziosa” (opus eximium, tam trambe in Andalusia10. Altra possibile fonte d’ispirazione mirum, tam pretiosum). Anche il Cristo pantocratore al fu la porta lignea, trafugata a Maiorca nel 1115 e adattata centro della formella è risolto con una marcata accentua- al portale laterale sinistro del duomo; l’opera è andata zione lineare, tanto che la sua veste pare una figurazione perduta nell’incendio del 1595, che causò ingenti dan- astratta. Questa cultura d’oltremare non viene solo rievo- ni all’edificio, distruggendo integralmente il tetto e com- cata ma è una presenza quantomai tangibile nel cantiere promettendo seriamente la facciata11. All’indomani del Opere nobilissime, mirabili e preziose 43 Taglia di Rainaldo, Capitello, secondo quarto del sec. XII, Pisa, Museo nazionale di San Matteo rovinoso evento furono promosse imponenti campagne Guglielmo si firmava, alla base del pergamo da lui re- di restauro che hanno portato al rifacimento dei portali alizzato nel 1158-1162 per la cattedrale, dichiarandosi principali; nel XIX secolo si è poi provveduto alla sostitu- “nella sua arte superiore a tutti i contemporanei” (prestan- zione della maggior parte dei marmi, oggi conservati nel- tior arte modernis)15. L’opera marmorea è stata smontata la quasi totalità presso il Museo dell’Opera del Duomo. al momento della realizzazione del pulpito di Giovanni La successione delle diverse taglie di scultori, già così Pisano (1310) e spedita a Cagliari, allora colonia alfea, difficile da decifrare per la temperie culturale che accomu- per essere rimontata in due diverse “cantorie” addossate nava le varie personalità, è resa ancor più ostica proprio alla controfacciata del locale duomo di Santa Maria16. dai massicci interventi conservativi promossi a seguito Nella primigenia collocazione nella cattedrale di Pisa, del drammatico evento. Solo attraverso la lettura delle sfumature si arriva ad ipotizzare l’attività di un maestro o di un gruppo di artisti piuttosto che di altri: si prenda- no ad esempio le semicolonne del portale maggiore ed uno dei rispettivi capitelli, che mostrano una più mar- cata meditazione della figuratività classica, rispetto agli ornati di Rainaldo. L’intreccio dei girali a larghe foglie fittamente trapanate cita in maniera esplicita prototipi romani, così come il capitello corinzio è esso stesso un esemplare classico rilavorato12. L’accentuazione del rife- rimento all’antico è forse indice della supervisione di un diverso capomastro e quindi dell’avvenuto passaggio di consegne di Rainaldo e della sua taglia a nuove persona- lità.