Ou Quando O Cinema Se Faz Poesia E Política De Seu Tempo
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
PASOLINI OU QUANDO O CINEMA SE FAZ POESIA E POLÍTICA DE SEU TEMPO Flavio Kactuz (Organizador) | Edição: Flavio C. P. De Brito (Uns Entre Outros) | Rio de Janeiro | 2014 1 O Banco do Brasil apresenta Pasolini ou quando o cinema se faz poesia e política de seu tempo, mostra e ciclo de debates que exploram o lado político e social do controvertido diretor italiano. Cineasta, poeta e escritor, Pasolini foi um crítico do seu tempo, um homem fascinado pelos temas sociais, atuante na luta pela igualdade de direitos, sempre atento às rebeliões comportamentais. Reunindo títulos inéditos no país, a retrospectiva, exibida em película 35mm, inclui documentários e uma exposição com fotos do seu acervo particular nunca antes exibidas. Em 1969, Pasolini divulgou um texto chamado Notas para um poema sobre o Terceiro Mundo, que fala do Recife, do Rio de Janeiro e da Rocinha. Esse lado pouco conhecido do seu trabalho inspira um debate sobre temas ainda relevantes para países como o Brasil, sobretudo diante do crescimento econômico nas últimas décadas. Ao realizar este projeto, o CCBB reafirma o seu compromisso com uma programação de qualidade, ofer- ecendo ao público a oportunidade de entrar em contato com a obra de um dos mais importantes nomes da cinematografia mundial, contribuindo para um melhor entendimento da expressão audiovisual con- temporânea. Centro Cultural Banco do Brasil 2 3 Já era tempo do Brasil atualizar sua visão sobre a obra cinematográfica de Pier Paolo Pasolini. Apesar de inúmeros estudos acadêmicos dedicados ao poeta italiano, como podemos comprovar no levantamento feito pela Profa. Mariarosaria Fabris, Pasolini ainda permanece, ao grande público, submerso no senso comum, que ainda hoje insiste em dar maior relevância à sua vida pessoal, aproveitando pra expressar seus falsos moralismos, do que se debruçar sobre sua obra poética, teatral, ensaística e cinematográfica, produzida em mais de duas décadas. Um período intenso e febril, de consideráveis transformações políticas, culturais, sociais, artísticas e com- portamentais. Afinal, estamos nos referindo ao imediato pós-guerra até meados dos anos 1970, quando grande parte do mundo ocidental vira-se pelo avesso. E é desse avesso, nem sempre inovador, nem sem- pre compreendido como avanço, nem unicamente transgressor, que Pasolini vê o seu tempo. Vê através de um olhar que se desloca, por entre aldeias e borgatas italianas, por pequenos povoados africanos e distantes cidades asiáticas. Caminha com suas anotações, seus poemas, sua busca por outras peles, cores, corporeidades, outras formas de ver e estar no mundo. Imagina um Brasil no seu projeto sobre o Terceiro mundo, infelizmente, nunca realizado. Um outro mun- do, terceiro, periférico, por vezes submisso e por outras, insubordinado, mas gravemente influenciador da poesia e política que se inscreve e marca definitiva daquilo que cria. Algumas dessas visões, inéditas, podemos entrever na exposição que acompanha a Mostra no Rio de Janeiro, nas fotos africanas produzi- das em suas primeiras viagens à África. Agradeço a todos que colaboraram para esse catálogo, do Brasil, da Itália, França e Portugal, trazendo novas visões sobre a obra pasoliniana, nutrindo alguma esperança de que esse nosso projeto, que irá se estender por Rio de Janeiro, São Paulo e Brasília possa acrescentar algo a mais sobre aquilo que com- preendemos, ou não, sobre seu cinema. Flávio Kactuz (Curador) 4 5 QUANDO O CINEMA SE FAZ POESIA E POLÍTICA DE SEU 6 TEMPO7 poemas dedicados ao Brasil 8 9 “Gerarchia”, da Trasumanar e organizzar (1971) la delicatezza dell’intellettuale e quella dell’operaio (per lo più disoccupato) la scoperta dell’invariabilità della vita Se arrivo in una città ha bisogno di intelligenza e di amore oltre l’oceano Vista dall’hotel di Rua Resende Rio – Molto spesso arrivo in una nuova città, portato dal dubbio. l’ascesi ha bisogno del sesso, del cazzo – Divenuto da un giorno all’altro pellegrino quella finestrella dell’hotel dove si paga la stanzetta – di una fede in cui non credo; si guarda dentro Rio, in un aspetto dell’eternità, rappresentante di una merce da tempo svalutata, la notte di pioggia che non porta il fresco, ma è grande, sempre, una strana speranza – e bagna le strade miserabili e le macerie, Scendo dall’aeroplano col passo del colpevole, e gli ultimi cornicioni del liberty dei portoghesi poveri la coda tra le gambe, e un eterno bisogno di pisciare, sublime miracolo! che mi fa camminare un po’ ripiegato con un sorriso incerto – E dunque Josvé Carrea è il Primo nella Gerarchia, C’è da sbrigare la dogana, e, molto spesso, i fotografi: e con lui Harudo, sceso bambino da Bahia, e Joaquim. comune amministrazione che ognuno cura come un’eccezione. La Favela era come Cafarnao sotto il sole – Poi l’ignoto. Percorsa dai rigagnoli delle fogne Chi passeggia alle quattro del pomeriggio le baracche una sull’altra sulle aiuole piene di alberi ventimila famiglie e i boulevards d’una disperata città dove europei poveri (egli sulla spiaggia chiedendomi la sigaretta come un prostituto) sono venuti a ricreare un mondo a immagine e somiglianza del loro, Non sapevamo che a poco a poco ci saremmo rivelati, spinti dalla povertà a fare di un esilio una vita? prudentemente, una parola dopo l’altra Con un occhio alle mie faccende, ai miei obblighi – detta quasi distrattamente: Poi, nelle ore libere, io sono comunista, e: io sono sovversivo; comincia la mia ricerca, come se anch’essa fosse una colpa – faccio il soldato in un reparto appositamente addestrato La gerarchia però è ben chiara nella mia testa. per lottare contro i sovversivi e torturarli; Non c’è Oceano che tenga. ma loro non lo sanno; Di questa gerarchia gli ultimi sono i vecchi. la gente non si rende conto di nulla; Sì, i vecchi alla cui categoria comincio ad appartenere essi pensano a vivere (non parlo del fotografo Saderman che con la moglie (mi parla del sottoproletariato) già amica della morte mi accoglie sorridendo La Favela, fatalmente, ci attendeva nello studiolo di tutta la loro vita) io gran conoscitor, egli duca – Sì, c’è qualche vecchio intellettuale i suoi genitori ci accolsero, e il fratellino nudo che nella Gerarchia appena uscito di dietro la tela cerata – si pone all’altezza dei più bei marchettari eh sì, invariabilità della vita, la madre i primi che si trovano nei punti subito indovinati mi parlò come Lìmardi Maria, preparandomi la limonata e che come Virgili conducono con popolare delicatezza sacra all’ospite; la madre bianca ma ancor giovane di carne; qualche vecchio è degno dell’Empireo, invecchiata come invecchiano le povere, eppur ragazza; è degno di star accanto al primo ragazzo del popolo la sua gentilezza con quella del suo compagno, che si dà per mille cruzeiros a Copacabana fraterno al figlio che solo per sua volontà ambedue son lo mio duca era ora come un messo della Città – che tenendomi per mano con delicatezza, Ah, sovversivi, ricerco l’amore e trovo voi. 10 11 Ricerco la perdizione e trovo la sete di giustizia. Perché dunque non amarlo se lo fosse stato? Brasile, mia terra, Anche il sicario è al vertice della Gerarchia, terra dei miei veri amici, coi suoi semplici lineamenti appena sbozzati che non si occupano di nulla col suo semplice occhio oppure diventano sovversivi e come santi vengono accecati. senz’altra luce che quella della carne Nel cerchio più basso della Gerarchia di una città Così in cima alla Gerarchia, immagine del mondo che da vecchio si fa nuovo, trovo l’ambiguità, il nodo inestricabile. colloco i vecchi, i vecchi borghesi O Brasile, mia disgraziata patria, ché un vecchio popolano di città resta ragazzo votata senza scelta alla felicità, non ha da difendere niente – (di tutto son padroni il denaro e la carne, va vestito in canottiera e calzonacci come Joaquim il figlio. mentre tu sei così poetico) I vecchi, la mia categoria, dentro ogni tuo abitante mio concittadino, che vogliano o non vogliano – c’è un angelo che non sa nulla, Non si può sfuggire al destino di possedere il Potere, sempre chino sul suo sesso, esso si mette da solo e si muove, vecchio o giovane, lentamente e fatalmente in mano ai vecchi, a prendere le armi e lottare, anche se essi hanno le mani bucate indifferentemente, per il fascismo o la libertà – e sorridono umilmente come martiri satiri – Oh, Brasile, mia terra natale, dove Accuso i vecchi di avere comunque vissuto, le vecchie lotte – bene o male già vinte – accuso i vecchi di avere accettato la vita per noi vecchi riacquistano significato – (e non potevano non accettarla, ma non ci sono rispondendo alla grazia di delinquenti o soldati vittime innocenti)1 alla grazia brutale la vita accumulandosi ha dato ciò che essa voleva – accuso i vecchi di avere fatto la volontà della vita. Torniamo alla Favela dove o non si pensa nulla o si vuole diventare messi della Città “Hierarquia”, de Trasumanar e organizzar (1971)* là dove i vecchi sono filo-americani – Tra i giovani che giocano biechi al pallone di fronte a cucuzzoli fatati sul freddo Oceano, Se chego a uma cidade chi vuole qualcosa e lo sa, è stato scelto a sorte – além do oceano inesperti di imperialismo classico Muita vez chego a uma nova cidade, levado pela dúvida. di ogni delicatezza verso il vecchio Impero da sfruttare Tornado de um dia para outro em peregrino gli Americani dividono tra loro i fratelli superstiziosi de uma fé na qual não creio; sempre scaldati dal loro sesso come banditi da un fuoco di sterpi – representante de mercadoria faz tempo sem valia, È così per puro caso che un brasiliano è fascista e un altro sovversivo; mas é grande, sempre, uma estranha esperança – colui che cava gli occhi Desço do avião com o passo do culpado, può essere scambiato con colui a cui gli occhi sono cavati.