Guerra E Finanza a Venezia (1526-1530)

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Guerra E Finanza a Venezia (1526-1530) Corso di Laurea Magistrale in Amministrazione, finanza e controllo Tesi di Laurea Guerra e finanza a Venezia (1526-1530) Relatore Ch. Prof. Luciano Pezzolo Laureando Valentina Lorenzon Matricola 802817 Anno Accademico 2012 / 2013 INDICE NOTA SUL SISTEMA MONETARIO 6 INTRODUZIONE 7 CAPITOLO 1. QUADRO STORICO 1.1 Da Cambrai alla pace di Noyon 8 1.2 Lo scoppio delle ostilità franco-imperiali 14 1.3 La guerra della lega di Cognac 19 1.3.1 Il periodo italiano: maggio 1526 – giugno 1527 20 1.3.2 Il periodo francese: luglio 1527 – giugno 1529 24 1.3.3 La pace delle due dame 26 CAPITOLO 2. SOCIETA’, ISTITUZIONI ED ECONOMIA 2.1 La società veneziana 29 2.1.1 Il patriziato 30 2.1.2 La cittadinanza 34 2.1.3 La figura di Marin Sanudo 38 2.2 Le istituzioni politiche veneziane 43 2.2.1 Gli organi di governo 45 2.2.2 Politica e corruzione 52 2.2.3 La vendita delle cariche 58 2.3 Le attività economiche 68 CAPITOLO 3. FINANZA E FISCO 3.1 Uno sguardo verso la Terraferma 73 3.1.1 La struttura amministrativa 75 3.1.2 Nobiltà e popolo 80 3.2 La finanza pubblica 85 3.2.1 Il debito pubblico 87 3.2.2 L’apparato militare e la guerra 97 3.3 Il sistema fiscale 105 3.3.1 Le novità (1526-1529) 112 3.3.2 Provvedimenti straordinari: la vendita dei beni comunali 118 3.4 La politica ecclesiastica 120 3.4.1 La fiscalità 123 3.4.2 Gli anni di Cognac 125 CONCLUSIONI 131 BIBLIOGRAFIA 139 INDICE DELLE FIGURE Figura 1: Espansione di Venezia in Terraferma 8 Figura 2: L’impero di Carlo V 15 Figura 3: Il periodo italiano 21 Figura 4: Il periodo francese 24 Figura 5: Schema dei rapporti tra i vari consigli e le magistrature 52 Figura 6: Distribuzione dei reggimenti veneti in Terraferma 76 Figura 7: Prezzi di mercato dei titoli di Stato 92 Figura 8: Dimensione e composizione degli eserciti (1509-1530) 101 Figura 9: Monte salari dell’esercito (1509-1530) 102 INDICE DELLE TABELLE Tabella 1: Ripartizione dettagliata dell’impegno dei collegati 19 Tabella 2: Vendita delle cariche (giugno 1526 – aprile 1527) 63 Tabella 3: Tanse al Monte del Sussidio (1526-1529) 93 Tabella 4: Depositi di oro, argento e denaro in Zecca (1528-1529) 96 Tabella 5: Effettivi dell’esercito veneziano (1400-1650) 99 Tabella 6: Bilancio di Venezia (1500 circa) 107 Tabella 7: Ripartizione del primo prestito in Terraferma (1527) 113 Tabella 8: Ripartizione del sussidio (1529) 115 Tabella 9: Ripartizione del primo prestito al clero (1527) 126 Tabella 10: Fondi impiegati per il pagamento degli interessi sul debito pubblico 134 NOTA SUL SISTEMA MONETARIO1 Il ducato d’oro veneziano era nel Quattrocento la moneta principale del mondo mediterraneo, usata nel grande commercio, per i pagamenti a distanza e privilegiati, per la tesaurizzazione: il metallo era importato dall’Ungheria, dall’Europa Centrale e dai Balcani, in cambio di prodotti tessili, e Venezia rappresentava il fulcro di un grande mercato dell’oro e dell’argento, con un sostenuto movimento di monete ad alto valore unitario necessarie per i traffici di spezie, manifatture e prodotti di lusso. Ducato non era solamente la moneta aurea stessa, coniata con 3,5 grammi di fino, ma anche il valore equivalente di moneta argentea più o meno fine, che nello Stato veneziano assumeva nomi e forme diverse: nella capitale, l’unità di riferimento per la moneta divisionale – utilizzata per salari e transazioni spicciole – era la lira di piccoli, divisibile in 20 soldi e 240 denari. A causa della graduale diminuzione del valore intrinseco della moneta argentea, in parte per il logorio e in parte a causa di una politica di svilimento, si verificò a partire dalla fine del Trecento una costante svalutazione del suo rapporto col ducato, che fu fissato nel 1455 in 124 soldi, cioè 6 lire e 4 soldi. Con un decreto del Senato datato 2 agosto 1455 fu inoltre ordinato che i pagamenti alle casse pubbliche dovessero essere effettuati almeno per metà in oro e il resto in moneta valutata 124 soldi per ducati. Gli acquisti, i salari e i debiti calcolati e registrati in lire di piccoli potevano essere pagati usando i piccoli se la somma non era troppo grande, le monete d’argento che spesso assumevano il nome del Doge che le emetteva (troni, mocenighi, marcelli) oppure le monete d’oro: i veneziani si abituarono quindi a intendere come ducato qualsiasi combinazione di monete equivalente a un ducato, ovvero 124 soldi. A partire dalla seconda metà del XVI secolo circa, le monete buone in circolazione erano principalmente in argento, pertanto la moneta d’oro che era ancora coniata con lo stesso quantitativo di fino assunse il nome di zecchino – dalla Zecca in cui era coniata – e il nome ducato divenne indicativo di una unità di conto; nel 1562 la Zecca iniziò a emettere monete d’argento dette ducati e marcate col numero 124, indicativo del loro valore in soldi di piccoli. 1 Tratto da G. COZZI e M. KNAPTON, La Repubblica di Venezia nell’età moderna. Dalla guerra di Chioggia al 1517, Utet, Torino 1986, p. 347. Sull’argomento si veda inoltre U. TUCCI, “Monete e banche nel secolo del ducato d’oro”, in A. Tenenti e U. Tucci (a cura di), Il Rinascimento: società ed economia, Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima (Vol. V), Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma 1996, pp. 753-773 6 INTRODUZIONE Sul finire del XV secolo, la Repubblica di Venezia raggiunse un incredibile livello di potenza, ricchezza e splendore: “c’est la plus belle cité que j’aye jamais voue1”, scriveva nel 1495 l’ambasciatore francese Philippe de Commynes, esaltando il Canal Grande, i palazzi dalle facciate marmoree, i balconi decorati da mosaici, gli appartamenti traboccanti di beni di lusso. Una città nata dal mare, che aveva esteso il suo dominio a Levante fino alle lontane isole di Candia e Cipro, spingendosi poi nell’entroterra veneto e lombardo costruendo un vasto Stato territoriale. La fine del secolo segnò anche l’inizio di un periodo particolarmente tormentato per l’intera penisola italiana, terreno di conquista e ambito bottino per gli eserciti stranieri che la attraversarono portando desolazione, carestia e pestilenze per circa un trentennio. Obiettivo del lavoro è lo studio delle modalità di finanziamento della guerra della lega di Cognac, che coinvolse Venezia dal 1526 al 1530, attraverso la lettura dei Diarii del patrizio Marin Sanudo, una fonte di valore inestimabile per la storia sociale, politica ed economica della città: attivo uomo politico e aspirante storiografo, Sanudo ha lasciato ai posteri oltre quarantamila pagine in cui sono riportati episodi di vita veneziana, documenti governativi, resoconti di elezioni e dibattiti consiliari, lettere private, cronache di fatti avvenuti all’estero e molto altro ancora, in un’opera che abbraccia trentasette anni di storia. Dopo aver delineato un quadro delle vicende storiche che condussero al conflitto in cui veneziani, francesi e pontifici si allearono contro la minaccia del potente impero spagnolo di Carlo V, si analizzeranno il tessuto sociale e le istituzioni politiche della Serenissima, che celava dietro a una costituzione ammirata dai contemporanei un mondo di corruzione, brogli, pettegolezzi, invidie e rancori personali. Si darà quindi uno sguardo alla realtà della Terraferma, alla sua amministrazione e ai fattori di conflittualità, cercando poi di tracciare gli elementi essenziali di un sistema fiscale vario e diversamente articolato tra capitale e province suddite, senza dimenticare la politica ecclesiastica con tutte le sue implicazioni. Sarà così possibile riscostruire, collocandoli nel contesto politico ed economico dell’epoca, i principali provvedimenti via via adottati dal governo veneziano per fronteggiare la sempre più pressante necessità di denaro connessa alle esigenze belliche. 1 G. GULLINO, Storia della Repubblica Veneta, Editrice La Scuola, Brescia 2010, p. 133 7 CAPITOLO 1. QUADRO STORICO 1.1 Da Cambrai alla pace di Noyon Nel corso del XV secolo la Repubblica di Venezia, all’apice della sua potenza economica e militare, aveva avviato attraverso conquiste militari e dedizioni spontanee il processo di espansione sulla Terraferma, suscitando così notevole preoccupazione e risentimento nei governanti dei diversi Stati della penisola italiana1. Il Leone di San Marco, simbolo dell’autorità veneziana, comparve sulle mura e in municipi dall’Adda all’Isonzo, dalle Prealpi al Po, a testimoniare la stupefacente crescita della potenza e influenza della Repubblica. Venezia non era più rivolta solamente verso il mare: aveva ampliato il proprio orizzonte verso le fertili pianure venete e lombarde, le operose industrie bresciane, padovane e veronesi, nonché alla rete di strade e canali che le collegavano con le ricche città mercantili nel Nord Europa. Figura 1: Espansione di Venezia in Terraferma Fonte: Wikipedia 1 Sull’argomento si vedano: G. COZZI, M. KNAPTON, op. cit., pp. 3-95; F. C. LANE, Storia di Venezia, Einaudi, Torino 1991, pp. 265-282; M. MALLETT, “La conquista della Terraferma”, in A. Tenenti e U. Tucci (a cura di), Il Rinascimento: politica e cultura, Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima (Vol. IV), Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma 1996, pp. 181-244; N. RUBINSTEIN, “Italian reactions to Terraferma expansion in the fiteenth century”, in J. R. HALE (edited by), Renaissance Venice, Faber and Faber, London 1973, pp. 197-217 8 La “reputatione” dei veneziani2, descritta nel 1502 dagli ambasciatori spagnoli e francesi presso l’imperatore Massimiliano, consisteva non solo nell’ingente quantità di denaro a disposizione – strumento utile per piegare al loro volere principi, signori, nemici e alleati – e nella capacità di controllo dei centri e delle vie commerciali del Levante, ma anche nella saggezza insita nella loro forma di governo, nell’accortezza che consentiva di cogliere i punti di forza e debolezza degli avversari e nella tenacia che li spronava a non darsi per vinti neppure nei momenti più bui.
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