Le Poesie Del Trovatore Peire Bremon Ricas Novas
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Università degli Studi di Napoli Federico II Dottorato di ricerca in Filologia moderna Coordinatore: Prof. Costanzo Di Girolamo Tesi di dottorato Ciclo XX Le poesie del trovatore Peire Bremon Ricas Novas Edizione critica Candidato: Dott. Paolo Di Luca Tutore: Prof. Costanzo Di Girolamo Napoli 2007 Università degli Studi di Napoli Federico II Dipartimento di Filologia moderna Dottorato di ricerca in Filologia moderna Ciclo XX (2004-2007) TITOLO DELLA TESI : Le poesie del trovatore Peire Bremon Ricas Novas. Edizione critica CANDIDATO: Dott. Paolo Di Luca ________________________________ COORDINATORE : Prof. Costanzo Di Girolamo ____________________________ - 2 - INDICE INTRODUZIONE 5 I LA VITA E IL CANONE 1.1 La biografia 7 1.2 Un cavalier-joglar ? 14 1.3 Il canone 20 II LE FORME DEL TROBAR 2.1 Versificazione 30 2.2 Lingua e stile 37 III LA TRADIZIONE MANOSCRITTA 3.1 Le fonti 44 3.2 Strategie di trasmissione del corpus 54 3.3 Componimenti apocrifi e di dubbia attribuzione 63 IV CRITERI DI EDIZIONE 67 TAVOLA DI CONCORDANZE 71 POESIE 73 I Ben dey chantar alegramen 74 II Ben deu istar ses gran joi toztemps mais 82 III Ben farai canson plasen 90 IV Be volgra de totz chantadors 98 V Iratz chant e chantan m’irais 107 VI Ja lausengier, si tot si fan gignos 116 VII Pos que tug volon saber 119 VIII Si·m ten Amors 124 IX So don me cudava bordir 133 X Tut van canson demandan 140 XI Un sonet novel fatz 151 XII Us covinenz gentils cors plazentiers 162 - 3 - XIII Pois lo bels temps renovella 169 XIV Rics pres, ferms e sobeirans 178 XV Un vers voill comenzar en lo so de ser Gui 190 XVI …auc sai qez aprenda 201 XVII Pus partit an lo cor En Sordels e ’N Bertrans 203 XVIII Be·m meraveil d’En Sordel e de vos 215 XIX Lo bels terminis m’agenssa 222 XX Tan fort m’agrat del termini novel 233 XXI En la mar major sui d’estiu e d’ivern 243 XXII Ab marrimen angoissos et ab plor 258 BIBLIOGRAFIA 267 - 4 - INTRODUZIONE - 5 - - 6 - I LA VITA 1.1 La biografia Il destino critico di Peire Bremon Ricas Novas è legato a un’omonimia e a un antagonismo. Cominceremo dall’omonimia: nel canone dei trovatori provenzali figurano due Peire Bremon, Peire Bremon lo Tort e il nostro Ricas Novas. Del primo possediamo una breve biografia, che ci informa laconicamente che egli fu «uns paubres cavallier de Vianes» 1. I manoscritti che hanno tramandato il corpus poetico del secondo non conservano, invece, una vida a lui consacrata. Anche le fonti documentarie sono del tutto silenti. Alcuni atti del Delfinato menzio- nano a partire dal 1160 un «Petrus Bremundi», così come un «Peire Bremont», e in un atto del 1209 vengono evocati un «Petrus Bremondi et Bermundus fi- lius eius» 2. Questi personaggi sono chiamati in causa come testimoni di sparti- zioni terriere, e figurano quasi sempre come ultimi negli elenchi stilati, parti- colare che induce Boutière a credere che essi avessero uno status socio- economico modesto. Queste scarne testimonianze, ad ogni modo, non sono ri- conducibili con certezza a uno o all’altro trovatore 3. La fervida fantasia di Jean de Nostredame ha prodotto, tuttavia, una bio- grafia completamente fittizia del nostro Ricas Novas, che egli chiama Ricard de Noves, fa provenire o da Noves o da Barbentane, località situate nelle vici- nanze di Arles, e descrive come un pittoresco saltimbanco al servizio di indi- stinti «princes d’Arragon et comtes de Provence» 4. Non si può accordare, natu- ralmente, nessuna veridicità a questa testimonianza. I processi di mistificazio- ne attuati dallo storico sono, infatti, ben noti, come commentano Chabaneau e Anglade: «ses impostures […] sont cepandant assez grossières pour nous faire apprécier sa mauvaise foi et en même temps sa sottise» 5. L’impostura ai danni di Ricas Novas è evidente a partire dalla storpiatura del nome, funzionale ad inverare la provenienza del trovatore da Noves, in Provenza 6. Uno dei proce- dimenti di falsificazione dei dati biografici nell’opera di Nostredame è, infatti, riscontrabile nella sua volontà di ricondurre forzosamente tutti i trovatori alla sua amata terra natia. 1 Boutière – Schutz 1973, p. 497. 2 Boutière 1930, p. ix. 3 Boutière 1928, p. 427. 4 Chabaneau – Anglade 1913, pp. 79-80, p. 79. 5 Chabaneau – Anglade 1913, p. 87. 6 Già Crescimbeni 1731, vol. II, p.81, notava che l’interpretazione del soprannome da parte di Nostredame è grammaticalmente insostenibile: «bisognerebbe che almeno la prima voce fosse Ricars, per poterla dire scritta regolatamente». Lo studioso tradu- ceva il soprannome come ‘ricche nuove’. - 7 - Nel caso specifico del nostro trovatore, lo storico sarà stato agevolato dal fatto di non aver compreso il significato del suo soprannomme, che da tempo la critica ascrive ad un matrice giullaresca 7. Brunel afferma che Ricas Novas doveva significare «beaux comtes» o «joyeuses nouvelles» 8. Esistono almeno altri due soprannomi attribuiti a giullari simili a questo nelle testimonianze let- terarie medioevali: basti pensare al trovatore Guillem Augier, denominato No- vella, o, ancora, al giullare citato nella Cronica di Ramon Muntaner col nomi- gnolo di Novellet 9. Il soprannome dovrebbe giustificarsi in base alla proverbia- le capacità dei giullari di parlare abbondantemente, di affabulare attraverso la narrazione di storie fantastiche. Se poi intendessimo novas col significato lette- rario di ‘racconti’, il soprannome verrebbe a significare ‘racconti interessanti’, e darebbe adito all’ipotesi che il nostro trovatore fosse anche un noellaire , e che la sua produzione epico-narrativa sia andata perduta 10 . Come che sia, la fortuna di Peire Bremon è strettamente legata al suo so- prannome, col quale viene costantemente menzionato nelle rubriche attributive ai singoli componimenti dei manoscritti che hanno tramandato la sua produ- zione poetica. È grazie al soprannome Ricas Novas che egli viene distinto dai compilatori dei canzonieri dal suo omonimo Peire Bremon lo Tort, guada- gnandosi di conseguenza una riconoscibile personalità autoriale, e permettendo a noi contemporanei di ricostruire il suo corpus lirico. Di fronte al totale silenzio delle fonti documentarie sul suo conto, si è ten- tato di ridisegnare indirettamente la vita di Ricas Novas, attingendo alle sue opere e a quelle dei poeti a lui coevi, con cui ebbe contatti. Si può affermare verosimilmente che egli nacque in Provenza negli ultimi anni del secolo XII. Le sue origini provenzali sono testimoniate da un’affermazione presente nel planh scritto per la morte di Blacatz, Pus partit an lo cor : «nos autri Proensal» (XVII, 25). In un periodo che è impossibile precisare Ricas Novas approndò alla corte di Aix, dove svolse la prima parte della sua attività poetica sotto la protezione di Raimondo Berengario V, conte di Provenza dal 1216 al 1245, ultimo esponente della casata di Barcellona a regnarvi. È ancora a Jean de Nostredame che si deve l’immagine idilliaca della cor- te provenzale sotto il governo di Raimondo Berengario V: lo storico la descri- ve come un illuminato cenacolo letterario dove trovavano ospitalità i più im- 7 È da respingere la tesi di Schultz-Gora 1886, p. 595, che Ricas Novas fosse un patronimico comunemente attestato nella Gallia cristiana, come argomenta convincen- temente Boutière 1930, pp. xi-xii. 8 Brunel 1954, p. 249. 9 Riquer 1964, vol. I, pp. 463-464: «En Novellet, joglar […] dix en parlant set- cents versos rimats que el dit senyor infant havia novellament feits». 10 Si veda Limentani 1977, p. 5 n. 9. - 8 - portanti trovatori del tempo. Del conte, César de Nostredame, nipote di Jean e autore della prima storia della Provenza, tesseva sperticati elogi, descrivendolo come fine uomo di lettere e generoso mecenate. Questo giudizio positivo sul conte e sulla sua corte si è conservato intatto almeno fino al secolo XIX, e non manca, a tutti gli effetti, di un fondamento di verità. Il conte stesso, infatti, pa- re si dedicasse sapientemente all’arte del trobar : gli viene attribuita una tenzo- ne con Bertran d’Alamanon, una fittizia col suo cavallo, e un partimen con Arnaut Catalan 11 . Vero è, inoltre, che alla corte di Aix furono accolti numerosi trovatori durante il suo regno, tra cui, oltre ai due appena menzionati, si anno- verano Sordello, Blacasset e Guilhem de Montanhagol12 . Oltre ad essere un cultore dell’arte poetica, va ricordato, tuttavia, che Raimondo Berengario fu anche un uomo politico di grande carisma. Quasi un «capo di stato» 13 , Rai- mondo volse la sua attività politica al rafforzamento del potere centrale del contado di Provenza a detrimento dell’indipendenza delle piccole corti e di quelle città che avevano raggiunto un’emancipazione in senso comunale dopo anni di lotte. Per raggiungere questo scopo, egli ingaggiò una serie di aspre contese con gli esponenti dell’aristocrazia regionale, primo fra tutti Raimondo VII di Tolosa. Nonostante le tensioni ch’egli provocò nella compagine aristo- cratica, minacciata nella sua libertà, e le critiche che si attirò da più parti per il duro fiscalismo delle sue riforme amministrative, il suo fu sicuramente un go- verno illuminato. Questo è reso evidente anche dall’importanza che ebbe la Provenza del se- condo terzo del XIII secolo nell’assicurare una continuità e un rinsaldamento alla cultura trobadorica. In una fase ormai calante, ma non ancora terminale, dell’esperienza lirica occitana, il contado governato da Raimondo Berengario V fu il cronotopo ove si consumò la rinascenza del trobar dopo i recenti scon- volgimenti causati dalla crociata albigese e, al tempo stesso, si gettarono le ba- si per la sua trasmissione alla posterità. Se altri centri importanti di irradiazio- ne del fenomeno trobadorico languivano, la Provenza di questo particolare pe- riodo divenne terra d’asilo di una nutrita schiera di poeti, i quali, benché di sta- tura minore, furono artefici di un’ingente produzione lirica.