In Summolaco: Continuità O Discontinuità Dell'insediamento

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In Summolaco: Continuità O Discontinuità Dell'insediamento Enrico Cavada 21 IN SUMMOLACO: CONTINUITÀ O DISCONTINUITÀ DELL’INSEDIAMENTO Quanto segue va visto come un tentativo di messa a fuoco dell’insediamento nel territorio alto- gardesano dopo l’età classica, muovendo da quella tardoantica che, nelle linee essenziali, coincide con il declino e la fine di un sistema economico e socia- le che nella villa rustica e nella struttura sparsa ha il termine primo di riferimento 1. L’area ogget- to d’esame è il territorio pianeggiante che segna l’ultima parte della valle del fiume Sarca, vale a dire il distretto ubicato fra gli odierni abitati di Riva e Arco. Complessivamente una decina di chi- lometri quadrati, piuttosto omogenei dal punto di vista morfologico e climatico che nei documenti di età tardolongobarda e carolingia prendono la denominazione di Summolaco, saliente settentrio- nale dei fines Sermionensis 2 Le fonti utilizzate sono quelle archeologiche. Se per i reperti di età posteriore al V secolo, ancora numericamente limitati, si è forzatamente obbliga- ti a tenere conto di tutte le testimonianze, indipen- Fig. 1) Ripartizione cronologica di un campione signifi- cativo di sepolture di età romana (I-V secolo). dentemente dalla tipologia del rinvenimento, per le più numerose e diversificate evidenze di età roma- na l’attenzione si sofferma sulle necropoli voluta- dana, con crisi e recessioni avvertibili anche mente tralasciando le abitazioni, pur beneficianti nell’Altogarda. Ripartendo in un diagramma crono- di svariati nuovi apporti di scavo. Si tratta di una logico un’ottantina di tombe di diversa età rinvenute scelta di opportunità, poiché verificare ed isolare in in più punti del territorio (fig. 1) si può rilevare come, corrispondenza degli edifici dati di settore risulta dopo una flessione nel tardo II/III secolo, si registri difficile, quando non impossibile, per la secolare un sostanziale recupero demografico fino all’età teo- persistenza d’uso che dal momento d’impianto - dosiana. In percentuale, per il IV secolo, il numero negli ultimi decenni del I secolo a. C. - si protrae per della deposizioni risulta sostanzialmente identico a tutta l’età romana, senza apparenti soluzioni di quello riscontrato tra l’età flavia e l’antonina, un continuità. Nei medesimi non meno penalizzante, periodo di florido consolidamento. In termini orga- per ogni tentativo di periodizzazione di dettaglio, nizzativi i luoghi di sepoltura restano polinucleati, risulta la superficialità dei depositi, fortemente verosimilmente ubicati all’interno dei vari f u n d i , erasi dalla riconversione agraria medievale e nella continuità di un’organizzazione che intercala moderna con l’asporto sistematico dei piani oriz- costruzioni rustico/residenziali, più o meno ampie, ad zontali fin sotto le quote di fondazione degli edifici una o più aree cimiteriali poste nelle immediate vici- e, ancor più, di eventuali fenomeni di frequentazio- nanze. Un modello apparentemente univoco, almeno ne altomedievale, di per se stessi labili. per quanto attiene la parte strettamente fondovalli- Come soglia cronologica d’ingresso si assume il va decisamente vocata allo sfruttamento agrario e III secolo, un momento cruciale per l’Italia centropa- per questo oggetto di regolare parcellizzazione 3, 1 Per l’area benacense meridionale vd. BROGIOLO 1991, pp. 151; CASTAGNETTI 1983, p. 76; BROGIOLO 1989, pp. 14 ss. 143-152. 3 TOZZI 1985; MOSCA 1990. 2 Su tale corrispondenza CAPRONI 1959; PASQUALI 1978, p. 22 LA FINE DELLE VILLE Fig. 2) Arco-S.Giorgio (strada provinciale n. 118). Necropoli di età romana: articolazione dei settori A-E (scavo 1984). anche se, nel rispetto di una tradizione consuetudi- mazioni più antiche, della metà/seconda metà del naria per il mondo romano, emerge un asse privile- III secolo, accompagnate da un cospicuo numero di giato in corrispondenza dell’odierna S. P. n. 118 di S. oggetti porta a pochi o a nessun elemento nelle più Giorgio, strada che collega i due centri di Arco e di recenti. In definitiva con il passare del tempo pare Riva d/Garda sulla mediana della piana (fig. 2). Tale di osservare come il rituale risulti soddisfatto asse- direttrice, sottoposta nel corso degli anni Ottanta a gnando a singoli beni/elementi un valore simboli- lavori di ampliamento, risultò tratteggiata da una co, con il duplice risultato di rispettare una tradi- sequenza policentrica di tombe, monumenti e recinti zione e di corrispondere ad una generalizzata ten- che, per tenore, la qualificano non solo come un’anti- denza al risparmio di risorse che, se interrate, rap- ca via cimiteriale, ma forse anche come l’asse portan- presentano pur sempre uno spreco. te dell’intera viabilità della zona. Una realtà ben visi- Confrontando le percentuali di presenza nelle bile in epoca tardoromana, sebbene la scarsa atten- tombe della prima e della tarda età imperiale (per zione per i suoi elementi caratterizzanti si evince comodità distinte in cremazioni ed inumazioni) dalla presenza di tombe non più in linea con le pree- immediato è cogliere in quest’ultime il crollo quasi sistenze e dal reimpiego di elementi di spoglio nelle verticale delle offerte strettamente rituali (fig. 3). realizzazioni più tarde. L’uso della lucerna scompare; la moneta/obolo è Nel territorio esaminato sono altresì presenti presente soltanto nel 13,7% dei corredi, contro un nuclei cimiteriali sparsi di diversa cronologia così valore di oltre il doppio del periodo precedente. come sepolcreti esclusivamente di età tardoantica Scompare anche l’uso dei balsamari, ma in questo che però - a mio parere - difficilmente riflettono un caso è forse l’inumazione stessa a non richiedere più ampliamento delle aree colonizzate, il cui picco un massiccio ricorso a profumi e ad essenze odorose. massimo va posto nel II secolo, quanto una mobilità interna di persone o di gruppi famigliari, fors’anche per fenomeni di riorganizzazione fondiaria dei quali comunque non si dispone di alcuna prova diretta. Le sepolture di età tardoantica sono ad inuma- zione, rito pienamente acquisito dalla società loca- le con il secondo terzo del III secolo. Salvo alcuni sarcofagi a cassone, non sono attestate strutture monumentali mentre differenziata resta la forma dei contenitori interrati. Perdurano le casse in muratura, realizzate con materiali di recupero (pietrame e laterizi legati da malta di calce) e non di rado dotate di nicchie parietali portaoggetti, cui si affiancano per poi diventare predominanti le fosse terragne che, con poche cappuccine, risulta- no essere in assoluto le evidenze più tarde. Le componenti dei corredi si prestano ad alcune considerazioni. Se permane l’usanza di porre Fig. 3) Corredi funebri: schema compositivo (dati in per- accanto al defunto degli oggetti, altrettanto evi- centuale). In alto presenze per classi di materiale; in dente risulta la contrazione quantitativa e qualita- basso struttura del servizio (A = recipiente da portata; B tiva dei beni impiegati; un percorso che dalle inu- = recipiente pre liquidi; C = recipiente potorio). Enrico Cavada 23 Fig. 4) Ceramica invetriata: tipologia delle olpai (scala 1:3 ca.). 1) Riva d/Garda-via Gorizia, t.ba 5; 2) Riva d/Garda- via Brione, t.ba 1; Riva d/Garda-via Maso Belli, t.ba 4A. Fig. 5) Arco-S.Giorgio: tomba 2E (metà IV secolo d.C.). Corredo: 1) elementi di collana (denario serrato, perlina in pasta vitrea, Trilobitenperle); 2-3) olpe e boccale in ceramica grezza. Scala 1:2. Per quanto attiene il tradizionale servizio, Sul piano qualitativo l’unica classe di pregio è rispetto ai corredi della prima età imperiale, nei rappresentata dalla ceramica invetriata, quasi quali non di rado si registra l’inserimento di grup- esclusivamente da olpi a corpo piriforme rialzato e pi complessi con la duplicazione delle forme princi- tondeggiante (fig. 4) che la distribuzione dei con- pali e la presenza di differenziate categorie funzio- fronti più stretti induce a ritenere prodotte e impor- nali (recipienti da mensa, da cucina, da conserva- tate dall’area bresciano-bergamasca. L’assenza di zione), in quelli di età tarda soltanto in due corre- altre categorie di beni, come sigillate e vetri, costi- di, su ventuno dotati di vasi, il servizio base appa- tuisce un’ulteriore conferma della stagnazione delle re completo (brocca, boccale, piatto/scodella), in attività mercantili oppure essere l’indice del volon- altri cinque sono presenti due forme mentre nella tario ripiegamento su prodotti meno impegnativi, maggioranza soltanto una. Non è pertanto solo per lo più in ceramica grezza: boccali monoansati, speculativo ritenere tale variazione un indicatore ollette, piatti e tegami integrati da qualche forma di mutati costumi che portano ad una graduale, originale. È questo il caso di un’olpe a corpo cilindri- ma decisa, semplificazione fin tanto che un solo co con doppia carenatura arrotondata decorata da manufatto diventa sinonimo di una complessità motivi incisi correnti, la cui sintassi indubbiamente della quale si è perso o non si comprende più l’ori- rientra tra i gusti ornamentali delle grezze tar- ginale significato. doantiche e altomedievali alpine (fig. 5 n.2). 24 LA FINE DELLE VILLE Fig. 6) Bracciali tardoantichi: quadro tipologico. 1) Riva d/Garda-S.Giacomo (loc. Roncaglie); 2) Arco-S.Giovanni al Monte (da CIURLETTI-CAVADA 1981, fig. 5); 3) Riva d/Garda-via Gorizia t.ba 9; 4) Riva d/Garda-via Brione t.ba 4; 5) Arco-S.Giorgio: t.ba 8D; 6) Riva d/Garda-via Gorizia t.ba 11. La congiuntura appare meno evidente per altre datanti 6, è una Trilobitenperle 7, una perla di categorie di reperti, indici - pur latenti - di una pasta vitrea nera colata entro stampo inserita in precoce germanizzazione dei costumi, secondo un modesto girocollo alla cui composizione concor- un’ipotesi già avanzata per un’area geografica re anche un denario serrato di C. Mamilius Lime - assai simile: quella comasca 4. t a n u s, riadattato a nuova funzione secondo una Una tendenza di gusto provinciale transalpino prassi ampiamente nota e praticata 8 (fig.
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