Quadri Mentali Cultura E Rapporti Simbolici Nella Società Rurale Del Mezzogiorno Di Piero Bevilacqua

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Quadri Mentali Cultura E Rapporti Simbolici Nella Società Rurale Del Mezzogiorno Di Piero Bevilacqua Quadri mentali cultura e rapporti simbolici nella società rurale del Mezzogiorno di Piero Bevilacqua I luoghi della cultura mutamenti e dunque di storia: Vemigrazione. Buona parte del lavoro della Piselli è volto a II libro di Fortunata Piselli, Parentela ed mostrare, in maniera persuasiva come, alme­ emigrazione costituisce, a mio parere, una no sino al 1950, i grandi flussi migratori ot­ buona base di partenza per un dialogo circo- to-novecenteschi, nonché disgregare, hanno scritto, ma condotto sul concreto, fra storia finito con il rafforzare l’economia e la socie­ e antropologia1. E per più di una ragione. Il tà contadina in esame. La tesi in sé, per la ve­ libro prende in esame — come già da tempo rità, non è nuova. Esiste una consolidata tra­ hanno intrapreso a fare gli antropologi di dizione di studi sul Mezzogiorno che ha ripe­ cultura anglosassone — una comunità rurale tutamente esaminato il nesso — quanto me­ del Mezzogiorno contemporaneo. E l’indagi­ no sotto l’aspetto economico-sociale — fra ne — che si snoda lungo l’arco cronologico emigrazione e potenziamento della piccola che va dalla fine dell’Ottocento sino agli anni proprietà2. Ma nel libro della Piselli la novi­ settanta del nostro — si presenta per ciò stes­ tà, la sfida consiste essenzialmente nel mo­ so come una sorta di storia condotta secondo strare come le strutture elementari della co­ approcci e con strumentazioni antropologici. munità (famiglia, parentela) non solo fagoci­ D’altra parte, anche il reperimento e l’uso tano o adattino a sé ogni elemento di novità del materiale su cui è costruita la ricerca ap­ o cambiamento proveniente dall’esterno, ma paiono segnati dalla presenza commista delle continuano a lungo a costituire il centro mo­ due discipline: l’indagine sul campo e la rico­ tore di ogni strategia sociale degli individui e struzione storica su fonti documentarie (gli dei gruppi sociali. alberi genealogici delle famiglie, le ramifica­ È dunque individuata una dimensione di zioni di parentela ecc.). Per di più, il suo og­ resistenza, un nucleo flessibile di dinamiche getto — una comunità interna dell’alta colli­ di continuità che riesce a tenere inchiodata na calabrese — è esaminata in rapporto a un una comunità ai meccanismi tradizionali del­ fenomeno che per eccellenza è portatore di la sua riproduzione. 1 Fortunata Piselli, Parentela ed emigrazione. Mutamenti e continuità in una comunità calabrese, presentazione di G. Arrighi, Torino, Einaudi, 1981. Nel merito di questo lavoro sono già intervenuto: cfr. Calabria fra antropologia e storia, in “Studi storici”, 1981, n. 3. 2 Mi limito a ricordare, fra una vasta e ben nota bibliografia, i volumi dell’Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle province meridionali e nella Sicilia (1909-1910); le indagini regionali condotte dall’Inea all’indo­ mani della prima guerra mondiale: cfr. Giovanni Lorenzoni, Inchiesta sulla piccola proprietà coltivatrice formatasi nel dopoguerra, XV, Relazione finale, Roma, 1983. Italia contemporanea”, marzo 1984, fase. 154 52 Piero Bevilacqua È questa, a mio avviso, la lezione più rapporti di forza fra proprietari e lavoro sa­ importante che viene allo storico da questo lariato; l’influenza da essa esercitata, ma in contributo. E costituisce al tempo stesso un concomitanza con processi economici più ge­ esempio importante delle lezioni che alla nerali, sullo sviluppo di un paesaggio agrario storia possono venire dalla antropologia. È fondato sulle colture arboree; l’incidenza un invito a guardare alle strutture più pro­ modificatrice sulle psicologie individuali e di fonde della realtà, a stabilire nuovi criteri gruppo, sul regime alimentare, sul compor­ di esame e di valutazione dei processi di tamento politico3. cambiamento. Quest’insieme di fenomeni — non tutti Evidentemente, tale dimensione costitui­ estranei, peraltro, all’interesse antropologico sce solo una faccia del confronto possibile — non modificava nella sostanza la società fra le due discipline. Dal punto di vista della rurale del Mezzogiorno, ma vi introduceva storia — di una storia che ambisce a dialoga­ elementi non irrilevanti di dinamismo. Per re con le scienze sociali e vuole conservare la cui, ad esempio, si può immaginare che la sua specificità — si tratta di un’acquisizione realtà delle famiglie contadine esaminate dal­ che apre un certo numero di problemi, sia di la Piselli fosse negli anni cinquanta notevol­ merito che di metodo. E sono per l’appunto, mente cambiata rispetto agli ultimi decenni i problemi di un dialogo reale fra antropolo­ dell’Ottocento, pur rimanendo sostanzial­ gia e storia. mente immutati i rapporti interni e i mecca­ L’invito a guardare ciò che resiste al cam­ nismi di trasmissione e riproduzione dentro biamento non deve tuttavia far dimenticare i la comunità sociale. L’osservazione non vuo­ fenomeni di mutamento che investono una le avere alcun rilievo critico, né tanto meno società, anche quando questi risultino ineffi­ polemico; ha qui solo lo scopo di richiamare caci nel modificare le sue strutture fonda- un problema di carattere epistemologico. mentali. Se così non fosse — lo si comprende Appare infatti evidente che l’approccio an­ bene — anche lo storico contemporaneo, lo tropologico e quello storico sull’oggetto emi­ studioso delle società capitalistiche, avrebbe grazione hanno, in questo caso, una nozione ben poche novità da raccontare. disomogenea o comunque non collimante, di Ma entriamo nel merito dei problemi. Di ciò che è cambiamento. L’antropologia pone fronte ai processi indotti dall’emigrazione a un livello più profondo ed elementare l’am­ nelle campagne del Mezzogiorno l’approccio bito in cui vengono a prodursi rotture, dif­ antropologico — esemplificato dallo studio formità irreversibili rispetto a equilibri pre­ della Piselli — si trova spiazzato su molti cedenti. Mentre la storia, forse meno seletti­ versanti, tradizionalmente coperti dall’anali­ va, accoglie nel suo seno avvenimenti e pro­ si storica. Mi limito qui a ricordare i muta­ cessi che non sempre né necessariamente pro­ menti prodotti dall’emigrazione sul terreno ducono mutamenti sostanziali al loro appari­ della diffusione e circolazione del denaro (e re. Spesso tuttavia essi preparano, costrui­ non solo fra i ceti contadini); le novità intro­ scono la trama dei cambiamenti futuri. Cre­ dotte nel mercato del lavoro agricolo e nei do che costituisca un errore, da parte dello 3 Si veda, in maniera essenziale per i temi richiamati, Francesco Saverio Nitti, Inchiesta sulle condizioni dei contadi­ ni in Basilicata e in Calabria in Scritti sulla questione meridionale, a cura di P. Villani e A. Massafra, I, Bari, Later­ za, 1968; F. Coletti, Dell’emigrazione italiana in Cinquant’anni di storia italiana, III, Milano, 1911; Francesco Bal­ letta, Il Banco di Napoli e le rimesse degli emigranti (1914-1925), Napoli, Poligrafico Campano, 1972; Piero Bevilac­ qua, Emigrazione transoceanica e mutamenti dell’alimentazione contadina calabrese fra Otto e Novecento, in “Qua­ derni storici”, 1981, n. 47. Quadri mentali nella società rurale del Mezzogiorno 53 storico, rinchiudersi in un modello epistemo­ grazione nelle campagne del Mezzogiorno logico univoco di mutamento. La realtà del non erano sufficienti a modificare le struttu­ cambiamento è multilineare, troppo com­ re della proprietà fondiaria e dunque i rap­ plessa perché la si possa imprigionare in uno porti sociali dominanti. Si aggiunga che tali schema rassicurante. Talora, per alcuni am­ strutture e tali rapporti si incarnavano in un biti, si danno mutamenti repentini, catastro­ assetto degli insediamenti umani, in una de­ fi4 e più spesso il mutamento sembra essere il terminata organizzazione spaziale della co­ risultato di processi cumulativi, oppure il munità, che non era poi senza effetti durevo­ momento terminale di lunghe e lente erosio­ li sulla conservazione stessa della società ru­ ni. E d’altra parte la consapevolezza di que­ rale. L’autoproduzione della comunità non sta pluralità di tempi della trasformazione — avrebbe probabilmente posseduto la stessa che corrisponde a una molteplicità di ambiti forza senza la permanenza degli antichi bor­ che oggi cadono sotto il dominio della storia ghi contadini, che hanno costituito, lungo un — costituisce, per lo storico, la possibilità di arco secolare, la forma dominante degli inse­ fare della propria disciplina lo strumento pri­ diamenti demografici nel territorio meridio­ vilegiato per l’analisi complessa dei processi nale5. È noto che anche i contadini reduci di cambiamento. E vorrei qui produrre una dall’emigrazione in America, dotati di ri­ esemplificazione che mi consente, peraltro, sparmi e di spirito d’iniziativa, non sceglie­ di entrare meglio nel vivo del tema fonda- vano la via dell’insediamento sparso in cam­ mentale. pagna, nel fondo acquistato. Non davano vi­ La continuità che, nel lavoro della Piselli, ta a una unità aziendale in cui la casa potesse domina le dinamiche familiari e parentali — costituire il centro della vita familiare e al al punto che sembrano esser queste a produr­ tempo stesso il nucleo dinamico dell’impresa re la continuità di tutta la vita comunitaria contadina. Anche le ragioni di tale resistenza — ha impulsi e ambiti ben più vasti di quan­ sono largamente note. Gli agglomerati rurali to l’antropologia, da sola, non possa vedere. di piccole e medie dimensioni, posti in cima Se l’emigrazione non scardinava la comunità alle alture e spesso isolati gli uni dagli altri, contadina ciò non accadeva perché il com­ hanno conservato sino a un cinquantennio portamento dei suoi membri valeva a tenerla fa, in molte zone del Mezzogiorno, una fun­ unita. Quest’ultimo assumeva ovviamente zione strategica rispetto alla malattia domi­ un’importanza di rilievo, e tornerò in manie­ nante delle pianure e delle coste: la malaria. ra specifica sul problema. Ma il fatto è che a Ma ciò che qui importa sottolineare è che a favore della sua conservazione operavano tali assetti di lunga durata — frutto della forze potenti, talora invisibili, contro cui an­ particolare storia del Regno meridionale fra che una supposta volontà modificatrice dei il Medioevo e l’Età moderna — si subordina­ ceti popolari poco o nulla avrebbe potuto.
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