Ippolito E Aricia
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Tommaso Traetta Ippolito e Aricia Tragedia per musica in cinque atti Libretto di Carlo Innocenzo Frugoni dal libretto di Simon-Joseph de Pellegrin per Hippolyte et Aricie di Rameau PERSONAGGI Ippollito Soprano Aricia Soprano Fedra Soprano Teseo Tenore Enone Soprano Diana Soprano Plutone Basso Mercurio Soprano Tisifone Soprano Gran Sacerdotessa Soprano Una marinaja Soprano Una cacciatrice Soprano Sacerdotesse, demoni, marinai, cacciatori, pastori. Prima esecuzione: Parma, Teatro Ducale 9 maggio 1759 Traetta: Ippolito e Aricia - atto primo ATTO PRIMO Tempio magnifico di Diana Scena I° A tutti il suo partir. Diversa or vola Fama di lui. V’è chi lo vuol nell’onde Aricia Del Mare absorto, mentre sposo infido ARICIA Rapisce altra beltà; V’è chi lo crede Di tranquilla pace amabil Sede, Con Piritoo disceso a i Regni ignoti Ascolta, o sacro Tempio, i voti miei, Alla luce del giorno, Tempio dell’alma Dea, che di mia fede Senza che possa a noi sperar ritorno. Al giuramento eterno eletto sei. Ma, s’egli qui presente Ah! Se le pene mie pietoso miri, Lo prescrivesse ancor, perché confondi Fa, che da un dolce sventurato amore Col padre il Figlio? Io, Principessa, odiarti? L’agitato mio cor’ in te respiri; Io, che sento per te viva nel core E tu de’ miei sospiri Una pietà, che rassomiglia amore? Cara, e fatal cagion, Prence adorato, Se alla Dea, che tu siegui, io pur mi dono, ARICIA Deh! mel perdona, oh Dio! Che di perdono Intesi? O m’ingannai? Dunque quel fiero, È troppo degno un sacrificio ingrato. Quell’Ippolito altier, solo di selve, Se tutta impressa ancor nel cor mi sede Sol d’agili destrier rigido amante, La bella Immago tua, lo san gli Dei. Quel nemico d’Amor… O di tranquilla pace amabil Sede, Ascolta, o sacro Tempio, i voti miei. IPPOLITO Ah! Troppo dissi; Scena II° Né pentirmene io so. Cara, potevi Intender l’amor mio, se degli affetti, Ippolito, Aricia Nota agli amanti, a te non era ignota IPPOLITO La tacita favella. Io non inteso Sospirai su i tuoi mali. Io sconosciuto Che veggio? E quali, Principessa; oh Dio! In soavi faville Apparati son questi? Arsi al bel foco delle tue pupille. ARICIA ARICIA L’alma Dea delle selve Infelice, che ascolto? Oimè sì per sempre S’adora in questo Tempio. Perdo del cor la pace. Nel consacrarmi a Lei, Crudel, che mai mi sveli? Ah! Solo, o caro, Sieguo le tracce del tuo degno esempio. L’indifferenza tua potea col tempo Rompere i nodi d’un amor tiranno; IPPOLITO Ma l’amor tuo così gli stringe, oh Dio! Come? Così tu puoi Che per sempre è perduta Sacrificarle il fior de’ giorni tuoi? Ogni speranza del riposo mio. ARICIA IPPOLITO Tale è del re la volontà suprema: E sarà vero? Ah! Che quest’alma mia Io costretta l’adempio. E qual consiglio A un tenero trasporto Miglior mi resta? Ah! Che i miei giorni sono Più resister non può. Dunque, mio bene� Ingrati a Teseo, e sono ingrati al Figlio. ARICIA IPPOLITO Prence, ti scordi tu, che il Real cenno Teseo come il prescrisse? Egli da queste Ci divide per sempre? O Ciel! Qual mai Suddite arene s’involò, celando 1 Traetta: Ippolito e Aricia - atto primo Sarà la sorte mia? De’ miei pensieri Qui la sua face: Sarà Ippolito amante il solo oggetto. Tutta piena di lui sarà quest’alma, Qui non si portano E dell’Ara, che adoro, Le sue catene: Volerà sempre accesa al suo tesoro. Qui non si sentono Sospiri e pene. IPPOLITO Solo qui regnano Non temer, Principessa, Io liberarti Genj innocenti: Saprò dall’empia legge. Sol qui si guidano Giorni ridenti. ARICIA Tu ti lusinghi invan. Troppo assoluto (Si danza) È di Fedra il potere Su me sua prigioniera. A che più giova LA GRAN SACERDOTESSA Nudrire un vano ardor? L’inutil fiamma Fuggi Amor, perfido Amore: Copri d’eterno oblio, Che fan qui le tue saette? E ricevi da me l’estremo addio. Non le teme il nostro core. Queste selve al Ciel dilette, IPPOLITO Folle Dio, non puoi turbar. Spietata, e così poco Delle Ninfe Dea felice, Della mia fè, del mio valor ti fidi? Cintia regna in queste selve; Così mi lasci, oh Dio! Così m’uccidi? E qui gode sulle belve Ah! Sospendi per poco, ed a me lascia Faretrata Cacciatrice Della tua libertà la bella cura. I suoi strali esercitar. Volo a disporne i mezzi. A te ragioni Non mancheran di ritardare il voto, Qui la placida Innocenza A cui Fedra ti sforza. In me riposa. Posa all’ombra di ragione: Sia Fedra, quanto sa, possente e fiera: La tranquilla Indifferenza Troppo è ingegnoso Amor. Fidati e spera. I suoi voti, e le corone Qui presenta al casto altar. Se a i vaghi lumi tuoi, cara, m’accese Amore Fuggi Amor, perfido Amore: Chiedi ad Amor, se puoi Che fan qui le tue saette? Tutto sperar da me. Non le teme il nostro core. Queste selve al Ciel dilette, Amor dirà, che fido Folle Dio, non puoi turbar. Difenderti giurai Dal giorno, che imparai (Si danza) A sospirar per te. Se a i vaghi, etc. Scena IV° Ippolito, Aricia, e poi Fedra, Enone, e gli attori pre- (Parte) cedenti. Scena III° IPPOLITO Tutto, o cara, disposi, onde il tuo scampo Aricia, La gran Sacerdotessa di Diana, le Sicuro sia, se per salvarti è d�uopo Sacerdotesse seguaci Armar le destre amiche. Al mio disegno CORO DI SACERDOTESSE Arride il Re lontano. Soggiorno amabile Di bella pace, ARICIA Amor non agita Ah! l’empia Fedra 2 Traetta: Ippolito e Aricia - atto primo Troppo veglia su noi. FEDRA (ad Ippolito) IPPOLITO Prence, e così s’oltraggia Taci!: Ella giunge. Il tuo Padre, il tuo Re? Tu il vedi, e il soffri? FEDRA IPPOLITO (in disparte) So quel, che debbo al Padre, (Giusto Ciel! Con Aricia, So quel che debbo al Re; ma non poss’io Ultimo di Pallante odioso avanzo, La mia fè segnalar, senza che oltraggio Ippolito vegg’io? Voi che sapete Ne riceva una Dea? Di qual fiamma fatale ardo per lui, Assistetemi, o Numi. In costei forse FEDRA Un’incognita a me Rival s’asconde.) Prence, t’intendo. Vane son l’arti tue. So, che talora (Ad Aricia) La virtù serve a mascherar la frode. Principessa, ecco il giorno, Che ti unisca agli Dei con nodo eterno. IPPOLITO Qual frode? ARICIA Ma se il Ciel condannasse FEDRA Quell’omaggio, ch’io porto appie dell’Ara? E tu mel chiedi? Strano a voi forse sembrerà; ma voi, Non so, qual degli due più ti interessi, Real Donna, pensaste, O la Vittima, o l’Ara. Qual sia quel cuor, che comandata io vengo Ad offrire a Diana? IPPOLITO Io so, ch’odio i rigori, FEDRA Che s’inoltrano ingiusti Che favellare è questo? Sino a sforzar la libertà dei cuori. ARICIA FEDRA Io non ascondo E ben: che più si tarda? Il ver. Libera parlo. E come posso, Suoni la fatal tromba, e al cenno mio senza rimorso, senza orror, nel Tempio Destando armi, e guerrieri Offrire un cuore oppresso? Dia l’orribile segno, E con funesto scempio CORO DI SACERDOTESSE Cada alla voce mia l’Altare, e il Tempio Un cuor, che oppresso libertà perdeo, Perfidi, tutti sì tremate. Io seppi No, del Ciel non è degno. Prevedere il delitto. Oppresso pera, Il sacrificio è reo. Pera un vano poter, che mal contende Ai Re l’omaggio, e la lor gloria offende. FEDRA (Strepito di trombe) E che? Così s�offende Il sovrano poter? Così s�obblia LA GRAN SACERDOTESSA E IL CORO Il dover dei vassalli? Del Ciel Numi immortali, Tornate sulla Terra: CORO DI SACERDOTESSE Abbattete i Mortali, Ubbidire agli Dei, Che vi minaccian guerra. Questo è il dover più sacro. (Strepito di tuoni) 3 Traetta: Ippolito e Aricia - atto primo Scena V° Ch’ogni colle, ogni bosco inchina, e teme. Diana, Corteggiata da un coro di Fauni e di Driadi, Se vede rapace e gli attori precedenti. Girare l’artiglio, DIANA Non teme la bella, La candida agnella, (Alle sue sacerdotesse) Se d’ogni periglio Belle seguaci mie, voi, che sì sagge, E tranquille vivete La guarda il Pastor. Sotto le leggi mie, no, non temete. Bell’Alme, sperate: Mio Genitor dall’alto mia cura voi siete: Giove si mostra a voi. Scende, e il mio piede Dal petto fugate L’ultrice fiamma sua pronta precede. L’ingiusto timor. Se vede etc. (A Fedra) Tu, spergiura Reina, (Diana, seguita da Ippolito entra nel Tempio.) Inorridisci, e trema. E che? Tu forse Con l’ingiustizie tue pensi onorarmi? Scena VI° E non sai che Diana Fedra, Aricia, Fauni e Driadi La libertà dell�alma ama, e difende, E sforzati olocausti a sdegno prende? FEDRA E che? Contro me dunque e Terra, e Cielo (Ad Aricia) Congiura armato, e il mio poter contrasta? E tu, Vittima illustre, Aricia, puoi Tu trionfi, o spergiura. Io sul tuo volto Esser a me fedel, senza che il Tempio Leggo il tuo cor, che il mio cordoglio insulta Involuntaria al culto mio t’astringa. Fida mi seguirai nelle foreste ARICIA Libera Cacciatrice, e fra le Ninfe Rispetto il grado tuo. La sicurezza, Mie Compagne guerriere Che mi traspira in viso, Meco farai nei boschi Folle orgoglio non è. Tutta io la debbo Sotto i bei colpi tuoi cader le fere. Alla propizia Dea. Così ti voglio mia. Serena l’alma, e i tuoi mali obblia. FEDRA La Dea nei boschi PPOLITO ED RICIA I A Abbia culto, abbia regno. I Re dal Trono Perdono, o Dea, perdono. Dettin libere leggi.