Ricerca CeMiSS 2008

Prospettive della sicurezza in Europa

Direttore Dottor Andrea Grazioso

I INDICE

Sintesi I Executive Summary IV

Introduzione 1 I Trattati e gli Accordi di limitazione degli armamenti e di disarmo 7 Le formazioni multinazionali euro-atlantiche 22 Scenari di confronto 31 Conclusioni 57

Annessi Evoluzione degli apparati militari 65 Spesa militare 120

II Sintesi

In questo studio si tenta di individuare alcuni dei più probabili elementi di minaccia alla sicurezza dei Paesi del Continente europeo, sulla base dei trend in atto. Per questo esercizio si è necessariamente dovuto restringere il campo dell’analisi, ed in particolare si è deciso di far riferimento ad un concetto di sicurezza “forte”, quella “ hard security ” che viene convenzionalmente associata alla sicurezza “militare”. Si tratta di una scelta consapevolmente “contro-corrente”, giacché da molti anni ormai sembra essere prediletta l’analisi di un più largo spettro di minacce, e quindi un concetto più allargato di sicurezza. Si è invece ritenuto opportuno tornare a ragionare attorno al problema della “ hard security ”, o della “difesa” in senso tradizionale, perché negli ultimi anni si sono sostanzialmente modificate alcune delle condizioni che avevano permesso di “mettere in naftalina” le idee più tradizionali, associate al periodo della Guerra Fredda. La NATO, e parallelamente la dimensione di sicurezza e difesa dell’Unione Europea, sono cambiate sostanzialmente negli ultimi quindici anni, riorientando la loro finalità sempre più verso la proiezione di stabilità al di fuori del Continente europeo, o dell’area euro-atlantica. La postura militare dei Paesi europei è sostanzialmente cambiata, soprattutto attraverso la riduzione degli apparati militari e la costituzione di un crescente numero di Forze multinazionali. Ma con una sostanziale trasformazione della postura di Mosca, relativamente ai rapporti con i Paesi dell’Occidente, in tempi molto brevi sono emersi nuovi fattori di attrito che dovrebbero far riaccendere i riflettori dell’attenzione relativamente ai rischi per la sicurezza dei Paesi europei. In un ristretto lasso temporale, il cui inizio potrebbe essere fatto simbolicamente coincidere con il discorso di Vladimir Putin alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera, nel Febbraio del 2007, la Russia ha adottato una serie di misure che vanno in una direzione diametralmente opposta al cammino di avvicinamento e di integrazione seguito nei quindici anni precedenti. In particolare, la sospensione del rispetto delle clausole del Trattato CFE, il breve ma violento conflitto in Georgia e da ultimo la minaccia di dispiegare missili balistici nell’exclave di Kaliningrad, associata alla minaccia di denuncia del Trattato INF, inducono ad un rapido ripensamento su quella che è l’attuale condizione di sicurezza in Europa, nonché sulla validità delle scelte in materia di approntamento delle Forze fatte dalla NATO e dalla UE in questi anni.

I In questo studio, quindi, si è inteso ripercorrere in maniera sintetica lo sviluppo di quella serie di misure di confidenza e di sicurezza reciproche che a partire dagli anni Settanta, hanno segnato il progresso nel clima di stabilità in Europa, fino a sfociare nei Trattati e negli Accordi di limitazione degli armamenti e di disarmo della fine degli anni Ottanta e dei primi anni Novanta. Si è poi cercato di sintetizzare la natura e le caratteristiche di quelle formazioni militari multinazionali che sono state approntate in questi ultimi anni. Successivamente, si sono passati in rassegna i punti di crisi oggi aperti sul Continente europeo, inclusi quelli solo latenti. Si sono delineati in tal modo gli scenari per un possibile confronto, politico ma anche militare. È in questo nuovo contesto, che tratteggia inaspettatamente molti dei caratteri tipici dello scenario precedente alla fase di disgelo e di disarmo, che i Paesi europei, la NATO e l’Unione Europea, dovranno nuovamente misurare le loro capacità e la loro compattezza. Il secondo punto, quello della “compattezza”, inteso come capacità di elaborare soluzioni condivise e, soprattutto, attuarle, è eminentemente politico. Da questo punto di vista, la situazione in cui versano sia il processo di “approfondimento” del legame europeo, sia il percorso di adeguamento dell’Alleanza Atlantica alla nuova realtà, pongono diversi motivi di preoccupazione. Esiste però anche un problema di capacità, ovvero di adeguatezza degli strumenti militari sviluppati negli ultimi dieci anni rispetto alle necessità attuali e del prevedibile futuro. Le Forze multinazionali di intervento, concepite quali strumenti altamente duttili e reattivi, ma finalizzati essenzialmente all’intervento nella gestione delle crisi, probabilmente non sono lo strumento idoneo a fronteggiare i nuovi rischi, a rispondere alle nuove necessità. Il pesante fardello rappresentato dalla condotta di operazioni complesse e molto prolungate ha infatti imposto una revisione al ribasso delle capacità esprimibili dalla NRF, semplicemente perché i Paesi Membri non dispongono delle capacità per mantenere contemporaneamente un congruo numero di Reparti fuori area, in missioni impegnative, e al tempo stesso Forze di alta qualità in stand -by . In altri termini, la logica alla base delle Forze multinazionali di intervento sembra vacillare, stante la nuova realtà che si sta affermando in Europa. Troppo basso è il consenso in ambito alleato circa le questioni cruciali che si stanno delineando, o che hanno già raggiunto la nostra soglia di casa, e troppo alto il rischio di un confronto militare “vero”, contro uno Stato militarmente organizzato, propenso all’uso della forza militare molto più di quanto non lo sia la maggioranza dei Paesi europei.

II Sembrerebbe allora necessario rimettere in discussione l’attuale organizzazione e struttura della Forze, nell’attesa che anche l’architettura istituzionale ed il processo decisionale dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione Europea si adeguino alle necessità. Una delle possibili soluzioni potrebbe essere rappresentata da uno schieramento avanzato di pacchetti di Forze, fornite da quei Paesi Membri che avessero “sovranamente” deciso di partecipare a quella specifica operazione. Ma questo genere di nuova “mappa degli impegni” confliggerebbe, molto probabilmente, con i già numerosi doveri che i Paesi europei hanno assunto, o ritengono di dover assumere, per la soluzione delle crisi nella altre aree del globo. Sarebbe ad esempio molto difficile reperire le Forze per condurre una difesa avanzata della Regione dell’Artico, degli Stati Baltici, del Mar Nero, ed al tempo stesso mantenere gli attuali impegni in Afghanistan, nei Balcani e potenzialmente in Africa. Delle scelte, quindi, si imporranno, e la prima occasione per verificare l’interesse dei Paesi della Comunità euroatlantica a perseguire nuove strade sarà data dalla revisione del Concetto Strategico della NATO, che partirà verosimilmente nel corso del 2009.

III Executive summary

The purpose of this study is to identify the rising threats to the security of European continent. As for the definition of “security”, in this study the guideline is to assess the so-called “hard security” issues, that is those elements that directly affect the traditional, military-related defence. Although the idea of security has been broadened during the last decade, encompassing today a more comprehensive criteria and including trans-national crime, terrorism and perhaps even the security of our “welfare system”, there is definitely room for the analysis of the traditional concept of military defence. The North Atlantic Treaty Organisation, as well as the defence and security dimension of the , deeply changed their posture over the last decade. After the end of the Cold War, both the Organisation re-oriented their attention towards the “projection of stability”, beyond their own territorial reach. Therefore, the crisis-response operation have become the major commitment of NATO and EU Members, and of the two Organisation as well. However, the unexpected change in Russia’s attitude, as far as the relations with the West are concerned, substantially changed the scenario. Over the last two years, and more specifically after the speech of President Putin in Munich, in February 2007, Russian Federation has made a sort of “U” turn in its path of increased closeness with Western democracies. In few months, Russia suspended its participation to the Conventional Forces in Europe (CFE) Treaty, invaded Georgia and acknowledged the independence of Abkhazia and South Ossetia, and more recently threatened to deploy ballistic missiles in the territory of Kaliningrad, in the middle of European continent. All these changes require a new assessment of the present level of military security for European countries. In this report, those treaties and agreements on force reduction and disarmament signed between the end of the Eighties and the early Nineties have been re-analyzed, in order to assess their importance and enduring relevance. Also, there is a critical review of the very concept of the multi-national military forces, created but seldom employed by NATO’s and EU’s countries during the last fifteen years. After that, the authors have surveyed four scenarios of possible confrontation between Russia and Western states, namely the contentious issue of the anti-ballistic system in

IV Poland and Czech Republic; the Russia- dispute over Crimea and the naval base of Sevastopol; the ongoing confrontation in Southern Caucasus, both for territorial issues and for the increasing relevance of Georgia as a transit for Central Asian energy resources; and finally the potential clash between Russia and several NATO members for the control of natural resources in the Arctic region. The cross analysis between the transformation of NATO and EU’s military branch, on one side, and the growth of military risks on the European continent, on the other side, seems to delineate the inadequacy of the present political and military readiness and posture of European countries. According to the authors of this study, some changes are needed in the near future; the definition of a new NATO’s Strategic Concept could provide the right opportunity to make these changes.

V

Capitolo 1

Introduzione Dott. Andrea Grazioso

L’Europa, e gli Europei, si considerano al centro delle vicende mondiali da molti secoli. Nell’epoca antica le grandi civiltà si svilupparono lungo le sponde del Mare Mediterraneo e lungo i corsi dei grandi fiumi quali il Nilo, l’Eufrate, il Gange, lo Hwang Ho, ma con l’affermazione del dominio di Roma sulla quasi totalità del Continente europeo si assistette per la prima volta ad una unificazione politica di territori e popoli quanto mai eterogenei, unificazione imposta dalle armi e da quella che oggi saremmo portati a chiamare una “superiore qualità della governance ”. I Secoli bui del Medio Evo imposero certamente un pesante tributo allo sviluppo culturale, economico e politico dell’Europa. Altre regioni del Globo vissero nello stesso periodo storico una fase di splendore, di crescita demografica e di sviluppo tecnologico. Se mai i fenomeni di intenso scambio umano e commerciale a cui siamo oggi abituati fossero esistiti anche allora, l’Europa sarebbe stata di certo marginale rispetto a tali flussi, chiusa in se stessa, vittima di integralismi religiosi e totalitarismi sanguinari, in preda ad innumerevoli ed interminabili conflitti di ogni specie. L’Europa del Medio Evo sarebbe stata giudicata alla stregua delle attuali regioni dell’Africa e dell’Asia dove l’assenza di una forte statualità e l’abbondanza di ideologie e contrapposizioni etniche ha reso decisamente poco conveniente la penetrazione commerciale e particolarmente arduo anche il mantenimento di ordinate relazioni politiche e diplomatiche. Con il Rinascimento, l’Europa e la sua civiltà tornarono a splendere e soprattutto a proporsi come modello; spesso ad imporsi, con il Colonialismo e la prima vera fase di globalizzazione dell’economia e delle conoscenze scientifiche. Nell’epoca contemporanea, ancora una volta, è il Continente europeo ad essere al centro dei più profondi, e spesso violenti, mutamenti politici, economici e sociali. Ciò che caratterizza l’Europa e la sua cultura politica, infatti, non è tanto l’ampiezza della sua base demografica – rilevante ma non tale da oscurare quelli che già due secoli orsono erano “i giganti asiatici” – quanto la rapidità delle dinamiche, e la forza delle oscillazioni fra opposte tendenze in campo economico e sociale.

1 Giungiamo così all’epoca moderna dei totalitarismi e delle grandi ideologie. A quel “Secolo breve” che ha inciso drammaticamente non solo sulla carne dei popoli europei – per gli immensi lutti e le distruzioni dei Conflitti Mondiali, caldi e freddi – ma anche, e oggi soprattutto, sulla nostra forma mentis . La “guerra totale” – militare, economica, culturale – che ha coinvolto almeno cinque generazioni di Europei, da quelli chiamati alle armi nel 1914 e mandati al massacro di Verdun ai loro pronipoti, tenuti alla massima prontezza operativa di fronte al Fulda Gap , o magari negli abitacoli dei velivoli dedicati allo strike nucleare, pronti a decollare entro quindici minuti dall’allarme, la guerra totale ha modellato la cultura politica di noi Europei, la nostra psicologia collettiva, la nostra percezione degli eventi e dei rischi relativi alla nostra sicurezza. Il primo ed il secondo conflitto mondiale si sono consumati a breve distanza l’uno dall’altro, quasi ad essere due capitoli di una stessa trama, due facce di una stessa medaglia. La contrapposizione fra Est ed Ovest, la Guerra Fredda, è subentrata prima ancora che si spegnesse l’eco degli ultimi combattimenti della seconda Guerra Mondiale, ed è rapidamente divenuta una “condizione di normalità”, cioè un chiaro, persino elegante contesto politico – strategico entro cui concepire e attuare ogni altra scelta in campo politico ed economico. Questa realtà, nella quale la minaccia di aggressione militare era percepita come imminente, per l’alta prontezza a cui erano mantenute le Forze e la ridottissima distanza che separava il grosso dei due schieramenti, ma anche immanente, perché capace di plasmare sia le dinamiche delle relazioni internazionali, sia le stesse dinamiche politiche interne alla maggior parte degli Stati europei, si è pertanto progressivamente solidificata nell’immaginario collettivo, sicché ogni evento – diplomatico, culturale, economico – che sembrava sfuggire a tale logica veniva comunque ricondotto ad essa. Così, ad esempio, le guerre che portarono alla fine del periodo coloniale furono lette come manifestazioni periferiche del grande conflitto Est-Ovest, o più articolatamente come la naturale manifestazione dell’inconciliabilità fra i mondi capitalista e socialista. Stesso dicasi per i conflitti arabo-israeliani, mentre la superiore necessità di ridurre i pericoli e le tensioni in aree strategiche, a partire dal centro Europa, imponeva di congelare realtà di conflitto – come nei Balcani – o comprimere fattori polemogeni – come le rivalità etniche e religiose. Ma il concetto di “guerra totale” ha avuto una profonda influenza anche sul modo stesso di concepire i conflitti. Per decenni, l’idea stessa di guerra è coincisa con lo scontro fra le

2 componenti militari degli Stati e delle coalizioni di Stati, secondo schemi altamente razionali e lungamente pianificati. La guerra, in altri termini, è stata identificata con quelle forme di conflitto ad alta intensità e con un sempre crescente livello di sofisticazione tecnologica che più hanno caratterizzato la storia europea durante l’epoca contemporanea. Per decenni, “l’arte della guerra”, ovvero la professione militare, sono state intese come l’esercizio razionale e spietato della violenza, con finalità ultime eminentemente politiche, ma ad opera di tecnocrazie – le organizzazioni militari tradizionali – caratterizzate da una forte identità e sicuramente riconoscibili come tali. Non è un caso, quindi, se nel gergo militare si usa parlare di “conflitti convenzionali” proprio in riferimento al combattimento condotto da una organizzazione militare tradizionale, cioè riconducibile ad una entità statuale o comunque sovrana, contro una similare entità con gli stessi caratteri di riconoscibilità e “legalità”. Analogamente, nella dottrina anglosassone si è soliti far riferimento alle forme di impiego dello strumento militare differenti dal combattimento contro Forze armate nemiche, chiaramente identificabili ed identificate come tali, come “operazioni diverse dalla guerra”. In breve, la “guerra totale”, il combattimento ad alta intensità fra Forze armate appartenenti a Stati o coalizioni nemiche, la “guerra di manovra”, sono concetti che hanno plasmato la nostra idea di conflitto – e quindi inciso fortemente sulla valutazione dei rischi e delle minacce che diamo – esattamente come l’elegante semplicità del Mondo bipolare ha plagiato per decenni la nostra idea di sistema delle relazioni internazionali.

Ragionare oggi attorno all’idea di sicurezza, ai rischi e alle minacce a cui è sottoposta la pace per i nostri Paesi e per l’Europa nel suo insieme, non è in tutta evidenza un facile esercizio. In primo luogo, non è facile parlare di minacce alla pace, perché si è affermato un concetto stereotipato, rigidamente convenzionale di guerra. Un concetto che è piuttosto lontano dalla realtà osservata, ad esempio, nei tanti contesti dove esistono condizioni di conflittualità latente o aperta, ma diversa da quella tipica del combattimento fra organizzazioni militari appartenenti a Stati nemici. Una definizione troppo stretta di “guerra” porta inesorabilmente a considerare del tutto remota la possibilità che questa possa scatenarsi e magari coinvolgere l’Europa. D’altra parte, non è facile far riferimento a definizioni quanto mai lasche e soggettive di guerra, molto spesso utilizzate a fini meramente politici, ovvero per mobilitare il consenso elettorale a favore di decisioni che

3 richiedono, comunque, ingenti investimenti di denaro pubblico e magari seri rischi per la vita dei cittadini. Se per il contrasto alla criminalità, alla droga, all’immigrazione clandestina, magari persino alla povertà viene evocato il termine “guerra”, allora diviene ancora più difficile ragionare di rischi o minacce, giacché in diversa misura tutte queste forme di conflitto sono attuali, e non già potenziali o latenti. Più sfumato, ovviamente, è il ragionamento relativo al terrorismo transnazionale, soprattutto quando questo assume dimensioni tali da produrre danni di tipo catastrofico ed un numero di vittime assimilabile a quello dei conflitti minori. D’altra parte, tutti questi fenomeni di violenta contrapposizione generata da interessi politici, culturali, economici, siano essi comunemente considerati leciti oppure no, esistono eccome, ed incidono anche in maniera significativa sulla nostra organizzazione politica. Ci troviamo quindi in una nuova condizione, che non può essere definita di conflitto, perché non ne possiede i caratteri tipicamente associati alla guerra, ma neppure di pace. Né si può tornare con troppa leggerezza a parlare di “nuova Guerra Fredda”, come pure si fa con sempre maggiore frequenza, per stigmatizzare o magari esorcizzare una tendenza ad un rapporto sempre più ostile fra Russia e Paesi della NATO. Si è coniata allora una nuova definizione, suggestiva ed efficace, quella di “pace violenta”, a significare un regime politico, cioè un sistema delle relazioni internazionali che procede di massima secondo i canoni tipici dei periodi di pace, quando la cooperazione e la diplomazia prevalgono largamente sulle altre forme di relazioni. Ma mentre il “sistema” è quello tipico dei periodi di pace, nondimeno si assiste ad episodi di particolare violenza, siano essi da ricondurre al terrorismo – o al macro-terrorismo, se si misurano i suoi effetti, del tutto paragonabili a quelli di un piccolo conflitto convenzionale – oppure a guerre limitate, generate a livello regionale dai più vari fenomeni polemogeni.

Parlare di sicurezza relativamente all’Europa di questo inizio Secolo è pertanto un esercizio piuttosto complesso. Esiste la tentazione di attribuire sempre e comunque all’Europa il ruolo di “laboratorio”, nel quale si collaudano nuove formule politiche e, quindi, nuove architetture di sicurezza. Esiste la tendenza a ricondurre a modelli precedenti i fenomeni che si presentano oggi, secondo una prassi consolidata non solo nell’analisi storica e politica. Ed esiste una oggettiva difficoltà anche a definire il concetto di sicurezza, perché tante sono le accezioni possibili, e perché il concetto di “guerra” è da tempo associato ad una particolare e ritualizzata forma di conflitto che appare di sempre più difficile

4 manifestazione, non già per l’assenza delle cause scatenanti, bensì per il modificarsi delle condizioni al contorno, a partire dagli attori che la guerra la fanno materialmente. In questo studio si tenta di individuare alcuni dei più probabili elementi di minaccia alla sicurezza dei Paesi del Continente europeo, sulla base dei trend in atto. Per questo esercizio si è necessariamente dovuto restringere il campo dell’analisi, ed in particolare si è deciso di far riferimento ad un concetto di sicurezza “forte”, quella “ hard security ” che viene convenzionalmente associata alla sicurezza “militare”. Si tratta di una scelta consapevolmente “contro-corrente”, giacché da molti anni ormai sembra essere prediletta l’analisi di un più largo spettro di minacce, e quindi un concetto più allargato di sicurezza. Si è invece ritenuto opportuno tornare a ragionare attorno al problema della “ hard security ”, o della “difesa” in senso tradizionale, perché negli ultimi anni si sono sostanzialmente modificate alcune delle condizioni che avevano permesso di “mettere in naftalina” le idee più tradizionali, associate al periodo della Guerra Fredda. La NATO, e parallelamente la dimensione di sicurezza e difesa dell’Unione Europea, sono cambiate sostanzialmente negli ultimi quindici anni, riorientando la loro finalità sempre più verso la proiezione di stabilità al di fuori del Continente europeo, o dell’area euro-atlantica. La postura militare dei Paesi europei è sostanzialmente cambiata, soprattutto attraverso la riduzione degli apparati militari e la costituzione di un crescente numero di Forze multinazionali. Ma con una sostanziale trasformazione della postura di Mosca, relativamente ai rapporti con i Paesi dell’Occidente, in tempi molto brevi sono emersi nuovi fattori di attrito che dovrebbero far riaccendere i riflettori dell’attenzione relativamente ai rischi per la sicurezza dei Paesi europei. In un ristretto lasso temporale, il cui inizio potrebbe essere fatto simbolicamente coincidere con il discorso di Vladimir Putin alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera, nel Febbraio del 2007, la Russia ha adottato una serie di misure che vanno in una direzione diametralmente opposta al cammino di avvicinamento e di integrazione seguito nei quindici anni precedenti. In particolare, la sospensione del rispetto delle clausole del Trattato CFE, il breve ma violento conflitto in Georgia e da ultimo la minaccia di dispiegare missili balistici nell’exclave di Kaliningrad, associata alla minaccia di denuncia del Trattato INF, inducono ad un rapido ripensamento su quella che è l’attuale condizione di sicurezza in Europa, nonché sulla validità delle scelte in materia di approntamento delle Forze fatte dalla NATO e dalla UE in questi anni.

5 In questo studio, quindi, si è inteso ripercorrere in maniera sintetica lo sviluppo di quella serie di misure di confidenza e di sicurezza reciproche che a partire dagli anni Settanta, hanno segnato il progresso nel clima di stabilità in Europa, fino a sfociare nei Trattati e negli Accordi di limitazione degli armamenti e di disarmo della fine degli anni Ottanta e dei primi anni Novanta. Si è poi cercato di sintetizzare la natura e le caratteristiche di quelle formazioni militari multinazionali che sono state approntate in questi ultimi anni. Successivamente, si sono passati in rassegna i punti di crisi oggi aperti sul Continente europeo, inclusi quelli solo latenti. Si sono delineati in tal modo gli scenari per un possibile confronto, politico ma anche militare. In conclusione, si è ragionato sulla compatibilità dell’attuale postura e organizzazione militare adottata dai Paesi europei, dalla NATO e dalla UE, in una fase di tramonto dell’epoca della fiducia, e all’alba di una fase di potenziale nuovo confronto con la Russia. Completano lo studio due annessi, in cui sono state riportate le fotografie relative agli apparati militari ed i Bilanci della difesa dei Paesi europei, della Russia, degli Stati Uniti e del Canada, in tre anni presi a simbolo del cambiamento: il 1988, alla vigilia della caduta del Muro di Berlino, il 2000, dopo l’intervento in Kossovo, ed il 2008.

6 Capitolo 2

I Trattati e gli Accordi di limitazione degli armamenti e di disarmo Dott.ssa Valentina Nicolì

LE MISURE MIRANTI A RAFFORZARE LA FIDUCIA E LA SICUREZZA (CSBM)

Il 3 luglio 1973 fu inaugurata a Helsinki la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE), la quale doveva servire da forum multilaterale per il dialogo e il negoziato tra Est ed Ovest. Uno dei processi che hanno caratterizzato la CSCE fin dalla nascita è stato quello delle CSBM, ossia l’elaborazione di misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza nei paesi dell’area CSCE/OSCE. Le prime misure CSBM furono introdotte dall’Atto finale della CSCE, siglato il 1° agosto 1975 a Helsinki da Stati Uniti, Unione Sovietica e altre 33 nazioni aderenti alla Conferenza. Queste misure dovevano contribuire a «ridurre il pericolo di un conflitto armato, evitare malintesi ed erronee valutazioni di attività militari che potrebbero generare apprensione, specie nel caso in cui gli Stati partecipanti non siano in possesso di informazioni chiare e tempestive». A quel tempo le misure erano ancora su base esclusivamente volontaria e comprendevano: la notifica anticipata di almeno 21 giorni delle manovre militari con più di 25.000 soldati; lo scambio di osservatori su base bilaterale in uno spirito di reciprocità e di buona volontà tra gli Stati; la notifica anticipata dei principali movimenti militari e «altre misure di costruzione della fiducia», come lo scambio, su invito, del personale militare, tra cui visite di delegazioni militari. Dal 1980 al 1983 si tenne poi a Madrid il secondo Follow-up Meeting, durante il quale si decise di dare avvio a una specifica Conferenza sulle misure miranti alla costruzione della fiducia e della sicurezza e sul disarmo in Europa (CDE). Le misure previste avrebbero dovuto coinvolgere l’intera Europa e avere rilevanza militare, essere politicamente vincolanti e contemplare forme adeguate di verifica. La CDE si tenne a Stoccolma dal 1984 al 1986 e coinvolse 35 nazioni. A termine della Conferenza, il 19 settembre 1986 fu adottato il Documento di Stoccolma, finalizzato esplicitamente a ridurre il rischio di una guerra in Europa. L’accordo migliorò notevolmente le precedenti CBM, poiché istituì il vincolo politico a rispettare le norme contenute nel documento; abbassò la soglia numerica dei soldati coinvolti in manovre militari oltre la quale bisognava dare notifica anticipata, aumentando al contempo il numero di giorni di anticipo a 42; rese obbligatoria la notifica

7 delle attività militari e l’invito di osservatori; previde l’elaborazione di calendari annuali per attività militari pianificate; istituì “norme vincolanti”, che però al tempo erano previste solo per alcuni casi speciali. Infine, per la prima volta nella storia moderna del controllo degli armamenti, il documento stabiliva la verifica attraverso ispezioni obbligatorie in situ collegate alle attività militari, aprendo così la strada a uno dei principi basilari del Trattato INF tra Usa e Unione Sovietica sulle forze nucleari di media gittata che sarebbe stato siglato un anno dopo e al Trattato sulla Riduzione delle armi strategiche (START) firmato più tardi, sempre da Usa e Urss. Proprio in virtù di tale evoluzione, queste misure furono viste come la «seconda generazione» di CBM. Dal 4 novembre 1986 al 19 gennaio 1989 si tenne il terzo Follow-up Meeting della CSCE, con cui si decise che la CDE avrebbe dovuto continuare i Negoziati sulle misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza (NCSBM): tali negoziati si sarebbero svolti parallelamente a quelli sulle Forze convenzionali in Europa (CFE). Il primo esito di tali negoziati fu il Documento di Vienna del 17 novembre 1990, e poi il Documento di Vienna del 4 marzo 1992. Il documento del 1990 (VD90) estese e perfezionò le misure sulla notifica e lo scambio di informazioni contenute nel Documento di Stoccolma del 1986. In particolare, istituì l’obbligo di uno scambio annuale di informazioni sulle forze armate esistenti (struttura, dispiegamento, forza autorizzata in tempo di pace), sui sistemi d’arma e i budget militari e sull’invito di osservatori alle basi aeree. Oltre a queste misure, il documento prevedeva altresì un nuovo tipo di provvedimenti concernenti la comunicazione e la consultazione, che si potrebbe definire la “terza generazione” di CSBM. Tra questi: una rete di comunicazione in grado di trasmettere informazioni computerizzate, riunioni straordinarie per chiarire attività militari insolite, sia a livello bilaterale che tra tutti i membri OSCE, e l’istituzione, a tale scopo, di un Centro per la prevenzione dei conflitti (Conflict Prevention Centre), incaricato tra l’altro dalla Carta di Parigi del 1990 di contribuire all’applicazione delle nuove CSBM. Con il Documento di Vienna del 1992 (VD92), la CSCE adottò un pacchetto di misure CSBM che confermò quelle del VD90 e ne aggiunse di nuove: un’ulteriore riduzione della soglia numerica di soldati per la quale occorreva la notifica, con il contemporaneo aumento a due anni del periodo di notifica anticipata per le attività militari che coinvolgevano più di 40.000 soldati; l’estensione della zona di applicazione delle CSBM, a includere il territorio degli Stati oltre l’ATTU, ossia l’area che si estende dall’Atlantico agli Urali (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan).

8 Dal 1992 i negoziati sulle nuove CSBM si svolsero in seno al nuovo Foro di Cooperazione per la Sicurezza (FSC), che coniugava i colloqui sulle CSBM con quelli sul CFE e coinvolgeva 52 Stati membri. Quello stesso anno, i membri della CSCE decisero inoltre di «negoziare nuove misure di stabilizzazione, riguardanti le forze militari e nuove CSBM volte a garantire maggiore trasparenza in campo militare».

Il Foro di Cooperazione per la Sicurezza (FSC)

Il 23 novembre 1993 il FSC adottò quattro nuove misure: maggiore apertura nella pianificazione in materia di difesa, che obbligava gli Stati partecipanti a fornire informazioni, tra le altre cose, circa la loro politica e dottrina di difesa, la pianificazione delle forze, il bilancio, ecc.; programma di contatti e cooperazione militari, tra cui esercitazioni ed addestramento congiunti, ecc.; definizione di principi per regolare il trasferimento di armi convenzionali; misure di stabilizzazione per situazioni di crisi localizzate, di natura non obbligatoria. L’anno seguente (28 novembre), il FSC adottò poi il Documento di Vienna del 1994. Il VD94 ampliava le norme previste dai precedenti documenti di Vienna in materia di scambio di informazioni militari, contemplando nuove soglie per la notifica e l’attività di controllo. Integrava inoltre le quattro misure poc’anzi enunciate in merito alla pianificazione della difesa e ai contatti militari. Quello stesso giorno il FSC siglò un documento sullo scambio globale delle informazioni (GEMI, Global Exchange of Militare Information), il quale imponeva agli Stati partecipanti di scambiarsi con cadenza annuale informazioni circa i principali sistemi d’arma e di equipaggiamento e il personale a disposizione delle forze armate convenzionali, come pure sulla struttura di comando delle proprie forze, sul proprio territorio e in tutto il mondo. Questo tipo di informazioni era indipendente dagli altri e non soggetto a limitazioni, obblighi o verifiche. Nel dicembre del 1994, inoltre, il FSC approvò un documento sui principi che governano la non proliferazione, in materia di armi nucleari, chimiche e biologiche e il trasferimento di missili in grado di contenere armi di distruzione di massa, come pure i loro componenti e la tecnologia. Il documento fu poi inglobato nelle Decisioni di Budapest, in base alle quali, tra le altre cose: la CSCE cambiò il nome in OSCE, Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa; si diede avvio al GEMI; si approvarono le CSBM contenute nel Documento di Vienna del 1994.

9 Nel dicembre del 1996, poco prima del Vertice OSCE di Lisbona, la FSC adottò due decisioni che definirono un nuovo orientamento di lavoro: “A Framework for Arms Control” (‘Quadro per il controllo degli armamenti’); “Development of the Agenda of the Forum for Security Co-operation” (‘Elaborazione dell’ordine del giorno del Foro di cooperazione per la sicurezza’). La maggior parte dei documenti, delle misure e degli organismi concernenti la sicurezza in Europa riguardano l’intera area OSCE e tutti gli Stati che vi partecipano. Tuttavia, alcuni documenti di importanza cruciale per la sicurezza militare in Europa sono stati siglati e sono validi solo per una parte degli Stati membri. Questo ad esempio il caso del Trattato sulle Forze armate convenzionali in Europa (CFE) e del Trattato sui Cieli aperti (Open Skies Treaty).

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IL TRATTATO SULLE FORZE ARMATE CONVENZIONALI IN EUROPA (CFE)

Parallelamente al mandato per i Negoziati sulle misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza (NCSBM), il Follow-Up Meeting della CSCE a Vienna del 1986-1989 diede inoltre mandato di negoziare, in seno al processo CSCE, alcune misure che creassero stabilità militare tra le forze armate convenzionali in Europa. Questo tipo di negoziati poggiava sull’esperienza dei MBFR (Mutual Reductions of Forces and Armaments and Associated Measures in Central Europe), i negoziati sulla riduzione reciproca delle forze armate e gli armamenti e le misure correlate nell’Europa centrale avviati a Vienna nel 1973 tra Stati Uniti, Urss e gli altri membri della Nato e del Patto di Varsavia, durati fino al 1989. Differivano però dai precedenti negoziati in quanto non si limitavano alla sola Europa centrale ma coprivano tutta l’area dall’Atlantico agli Urali (ATTU). Si differenziavano inoltre dagli altri forum promossi dalla CSCE in quanto vi partecipavano solo gli allora 22 membri della NATO e l’Organizzazione del Patto di Varsavia. Inoltre, essi erano finalizzati a siglare un Trattato che fosse giuridicamente e non solo politicamente vincolante: l’obiettivo era istituire un equilibrio militare raggiungendo un accordo su un livello più ridotto di armamenti tra il blocco orientale e quello occidentale. Questi negoziati, condotti in seno al processo CSCE/OSCE, diedero vita al Trattato CFE siglato a Parigi dagli Stati partecipanti il 17 novembre 1990 (giuridicamente vincolante). I firmatari originari erano, come si è detto, i 22 membri della NATO e l’Organizzazione del Patto di Varsavia. Dopo il crollo dell’Unione sovietica e la riunificazione della Germania, il numero di Stati membri salì a 30. Il 15 maggio 1992 gli Stati partecipanti firmarono l’Accordo di Tashkent sui Principi e le Procedure per l’implementazione del Trattato CFE. In base all’accordo, l’equipaggiamento e gli obiettivi di forza dell’ex Unione sovietica furono ridistribuiti tra i Paesi firmatari. Il Trattato entrò formalmente in vigore il 9 novembre 1992. L’obiettivo principale del Trattato era quello di rafforzare la stabilità e la sicurezza in Europa creando un equilibrio sicuro e stabile di forze armate convenzionali, riducendo così la possibilità di un attacco armato a sorpresa e l’innescarsi di operazioni offensive su vasta scala in Europa. Tra le norme principali del Trattato CFE vi era l’Articolo IV, che stabiliva eguali limitazioni per i principali armamenti ed equipaggiamenti sia per la NATO che per il Patto di Varsavia: - 20.000 carri armati - 30.000 veicoli da combattimento blindati - 20.000 pezzi di artiglieria - 6.800 velivoli da combattimento

11 - 2.000 elicotteri d’attacco.

Il Trattato CFE stabiliva inoltre che i sistemi d’arma non utilizzati nelle unità attive fossero posti in appositi siti di stoccaggio permanenti. Prevedeva altresì che nessuno Stato parte possedesse più di un terzo degli armamenti entro l’area di applicazione, ossia «l’intero territorio degli Stati parte in Europa dall’Oceano atlantico alle montagne degli Urali, comprese le isole degli Stati parte». Entro questa area generale di applicazione, il Trattato istituiva delle sotto-aree in cui il numero di armamenti consentito era soggetto a limitazioni specifiche. Tali sottozone, dislocate all’estremità settentrionale e meridionale dell’area di applicazione generale, laddove i due blocchi venivano a contatto, erano soggette a specifici limiti sui Fianchi (‘flank limits’), al fine di ridurre la possibilità di manovre di accerchiamento. Come previsto all’articolo VI, il Trattato dava poi vita al Joint Consultative Group (JCG), con sede a Vienna, un organismo composto da tutti gli Stati membri e incaricato di condurre ulteriori consultazioni in materia di rispetto dei termini del Trattato, tra cui la risoluzione delle ambiguità e delle discrepanze di interpretazione del CFE, la riflessione sulle misure per rendere più praticabile ed efficace il Trattato, la risoluzione delle questioni tecniche e la valutazione delle possibili controversie generate dall’applicazione del Trattato. L’articolo VII, inoltre, obbligava ciascuno Stato a dare notifica a tutti gli altri Stati dei livelli massimi dei propri armamenti ed equipaggiamenti. Ogni Stato era autorizzato a cambiare i livelli massimi dandone avviso con 90 giorni di anticipo, posto che il numero totale di armi e di equipaggiamenti assegnati allo stesso gruppo di Stati parte non superasse i limiti stabiliti dal Trattato. Ancora, l’articolo VIII obbligava gli Stati a raggiungere i limiti imposti dal Trattato con una riduzione da effettuarsi in tre fasi ed entro 40 mesi dall’entrata in vigore del Trattato. Esso prevedeva inoltre che i singoli Stati notificassero a tutti gli altri la dislocazione dei siti preposti alla riduzione. Il processo di riduzione comprendeva la distruzione, la riconversione per finalità non militari, lo smantellamento, ecc., ed era soggetto a ispezioni, senza diritto di diniego. Al fine di garantire la verifica del rispetto delle norme del Trattato, l’articolo XIII obbligava gli Stati parte a dare notifica e a scambiare le informazioni in base al Protocollo sullo Scambio delle informazioni, sancendo allo stesso tempo il diritto di condurre ispezioni e obbligando ad accettare tali ispezioni. Ogni Stato doveva ricevere una quota di tali ispezioni, stabilita in percentuale rispetto ai loro Oggetti di verifica (OOV, ‘object of

12 verification’). Le ispezioni si suddividevano in tre categorie: ispezioni passive, ossia quelle che uno Stato parte era obbligato a ricevere presso i siti di ispezione dichiarati entro un determinato periodo di tempo; ispezioni attive, cioè quelle che uno Stato era autorizzato a condurre entro un determinato periodo di tempo; ispezioni passive di prova, ossia le ispezioni condotte in qualsiasi parte del territorio di uno Stato diversa da un sito soggetto a ispezione. Oltre a questo tipo di controlli, l’articolo XV prevedeva che gli Stati fossero autorizzati a usare strumenti tecnici nazionali e multinazionali (NTM e MTM) per la verifica del rispetto delle norme. Nel caso di mancato rispetto, come si è detto, le lamentele potevano essere rivolte al JCG. Quanto alle eventuali modifiche del Trattato, esso stesso prevedeva che ci fosse una conferenza apposita dopo 46 mesi dall’entrata in vigore e poi con cadenza di 5 anni.

Accordo CFE-1A

In base a quanto previsto dallo stesso Trattato CFE, il 6 luglio 1992, in occasione del Vertice CSCE ad Helsinki, gli Stati membri firmarono l’Accordo CFE-1A, ossia l’“Atto conclusivo del Negoziato sul Personale delle Forze armate convenzionali in Europa” (‘Concluding Act of the Negotiation on Personnel Strength of Conventional Armed Forces in Europe’). A differenza del Trattato CFE, l’Accordo CFE-1A non era giuridicamente vincolante, avendo piuttosto natura di impegno politico. Questo accordo stabiliva i limiti del livello di personale militare consentito, ad eccezione delle forze navali con base in mare, le forze di sicurezza interna e le forze sotto il comando ONU. Gli Stati parte erano autorizzati a ridurre o a incrementare il livello nazionale di personale con previa notifica agli altri Stati parte. Nel caso di aumento, lo Stato interessato doveva dare spiegazione di questa modifica, e gli altri Stati erano autorizzati a sollevare obiezioni e richiedere la convocazione di una conferenza straordinaria. Come nel caso del Trattato CFE, gli Stati membri dovevano raggiungere gli obiettivi prefissati entro 40 mesi dall’entrata in vigore dell’Accordo. Anche in questo caso, era previsto lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, la notifica dell’aumento o della riduzione del personale e le ispezioni per verificare il rispetto dei limiti imposti dall’accordo.

Processo di revisione del Trattato CFE e Trattato CFE modificato

Dopo 46 mesi dall’entrata in vigore del Trattato CFE (maggio 1996), i firmatari convocarono la prima Conferenza di Modifica del Trattato CFE, che si tenne a Vienna tra il

13 15 e il 31 maggio 1996. Durante la conferenza, gli Stati partecipanti si accordarono per avviare il processo di adattamento del Trattato al nuovo contesto di sicurezza venutosi a creare in Europa. A margine del vertice OSCE del dicembre del 1996 a Lisbona, inoltre, gli Stati membri, tramite il JCG, approvarono un documento sulla «portata e i parametri» della modifica del Trattato, delineando i termini di riferimento per i negoziati di modifica che si sarebbero aperti nel gennaio del 1997. Durante la prima conferenza di modifica, gli Stati membri adottarono un Documento sui Fianchi (‘Flank Document’) che, tra le altre cose, modificava i limiti di armamenti ed equipaggiamenti per le zone ai fianchi (‘flank zones’) in Russia e in Ucraina. Il Documento restringeva le flank zones, aumentava i limiti ed estendeva il periodo temporale entro il quale applicare quei limiti. Il Flank Document entrò in vigore il 15 maggio 1997. Gli Stati membri decisero inoltre di migliorare l’efficacia del Trattato CFE eliminando le soglie di blocco (‘block ceilings’) e sostituendole con soglie nazionali e territoriali, apportando alcune modifiche nella categoria “Siti di stoccaggio permanenti designati” (DPSS), e introducendo nuove categorie di equipaggiamento. Nel luglio del 1997 i 30 Stati membri approvarono formalmente un documento intitolato “Elementi di base per la Modifica del Trattato”, che doveva fornire le linee guida ulteriori per i negoziati di modifica. Il Joint Consultative Group adottò poi diverse altre decisioni concernenti la modifica del Trattato CFE (30 marzo 1999, 11 novembre 1999).

Il 19 novembre 1999 durante il vertice OSCE di Istanbul, fu infine siglato l’Accordo di Modifica del Trattato CFE. L’Accordo istituiva soglie nazionali e territoriali sugli armamenti e gli equipaggiamenti convenzionali, a sostituzione dei limiti di blocco, e consentiva agli Stati membri di superare temporaneamente i limiti stabiliti in caso di esercitazioni militari e dispiegamenti temporanei (la parola ‘temporaneo’ non veniva definita nello specifico, ma per poter superare la soglia territoriale occorreva comunque la notifica). In base all’accordo, inoltre, vi doveva essere equità tra le soglie territoriali e nazionali, stabilendo tra l’altro che le armi e l’equipaggiamento convenzionale di uno Stato sul proprio territorio dovevano essere più ridotti rispetto alla soglia nazionale qualora quest’ultimo avesse voluto ospitare forze stazionate all’estero. L’accordo esentava però dalla soglia territoriale o sottoterritoriale le armi e l’equipaggiamento convenzionali presenti sul territorio di uno Stato membro nel caso di un’operazione a sostegno della pace condotta in base ad una risoluzione o a una decisione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU o dell’OSCE.

14 Riguardo al meccanismo di verifica, gli Stati membri erano tenuti a consentire le ispezioni sul 20 per cento dei loro OOV (unità militari fino al livello dei reggimenti, siti di stoccaggio, riparazione e riduzione), a presentare rapporti annuali e quadrimestrali sulla dislocazione degli armamenti e dell’equipaggiamento e a dare notifica di eventuali cambiamenti nel livello nazionale di armi ed equipaggiamento.

Tra il 28 maggio e il 1° giugno 2001 si tenne a Vie nna la Seconda Conferenza di modifica del Trattato CFE. I partecipanti riaffermarono il ruolo cruciale del Trattato nella sicurezza europea ed esortarono la Russia a rispettare i termini del Trattato collegati alla flank area, come pure gli impegni assunti con l’accordo finale sul CFE del 1999. Gli Stati membri esaminarono l’operatività del Trattato fino a quel momento, individuarono le aree su cui si sarebbe dovuto lavorare e le difficoltà di implementazione e riaffermarono la validità del Trattato (con le modifiche apportate nel 1999). La Terza Conferenza di modifica del Trattato CFE si tenne a Vienna dal 30 maggio al 2 giugno 2006. In quella sede la Russia presentò un piano per far entrare formalmente in vigore il Trattato entro la fine del 2007. Ma la proposta fu rigettata dai membri della NATO, i quali ribadirono che la Russia doveva interrompere il dispiegamento militare in Georgia e in Moldavia prima della ratifica dell’Accordo di Modifica da parte di tutti gli Stati membri. Mancando il consenso su questa questione, la Conferenza si concluse senza un accordo su documento definitivo.

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IL TRATTATO SULL’ELIMINAZIONE DEI MISSILI A GITTATA CORTA E INTERMEDIA (INF)

Il Trattato sull’Eliminazione dei Missili a Gittata corta e intermedia (INF) siglato tra Stati Uniti e Unione sovietica l’8 dicembre 1987 ed entrato in vigore il 1° giugno 1988 prevedeva l’eliminazione di tutti i missili balistici e cruise lanciati da terra con una gittata tra i 500 e i 5.500 chilometri e le loro infrastrutture. Si tratta del primo accordo sul controllo degli armamenti nucleari a ridurre effettivamente le armi nucleari invece di stabilire delle soglie da non superare. Il Trattato INF, inoltre, conteneva il più vasto sistema di verifica mai contemplato fino ad allora, e istituiva per la prima volta delle operazioni costanti di monitoraggio nei pressi della zona perimetrale dei vecchi impianti di produzione missilistica in ciascun paese, per avere conferma della cessazione della produzione missilistica.

Evoluzione storica

A metà degli anni Settanta, l’Unione sovietica quasi raggiunse la parità strategica con gli Stati Uniti. Agli inizi del 1977, poi, l’Urss cominciò a sostituire i vecchi SS-4 e SS-5 a gittata intermedia, dispiegando nell’Europa orientale i nuovi missili balistici a gittata intermedia (IRBM) SS-20. In questo modo cambiava qualitativamente e quantitativamente il contesto di sicurezza in Europa: l’SS-20 era mobile, accurato e in grado di essere nascosto e riposizionato rapidamente. Conteneva inoltre tre testate indipendenti (MIRV), a differenza delle testate singole dei sistemi missilistici precedenti. I 5.000 chilometri di gittata degli SS-20 consentivano di coprire obiettivi in Europa occidentale, Nord Africa, Medio Oriente e, dalle basi nella zona orientale dell’Unione sovietica, in gran parte dell’Asia, del Sudest asiatico e in Alaska. Così, nel dicembre del 1979, la NATO adottò una decisione “a doppio binario” (‘dual track’): vennero potenziate le forze nucleari a gittata intermedia (INF) nell’Europa occidentale posizionando 464 missili cruise Usa lanciati da terra con testata singola (GLCM) e 108 missili balistici Usa Pershing II a testata singola; contemporaneamente, si cercò di avviare negoziati per il controllo degli armamenti con l’Urss al fine di limitare le INF da entrambe le parti. Dopo un rifiuto iniziale dell’Unione sovietica, nell’ottobre del 1980 furono avviati a Ginevra i colloqui preliminari sulle INF. L’approccio Usa ai negoziati, deciso dopo diverse

16 consultazioni in sede NATO, era che l’accordo sull’INF dovesse: 1) essere uguale sia nelle limitazioni che nei diritti per Usa e Urss; 2) essere rigorosamente bilaterale, quindi escludere i sistemi missilistici britannici e francesi; 3) limitare i sistemi missilistici su base globale; 4) non intaccare la capacità di difesa convenzionale della NATO; 5) essere verificabile in modo efficace. L’accordo per avviare i colloqui formali fu raggiunto il 23 settembre 1981. Il 18 novembre il presidente Reagan annunciò una proposta di negoziato in cui gli Stati Uniti si impegnavano a eliminare i propri Pershing II e GLCM qualora l’Urss avesse smantellato i propri SS-20, SS-4 ed SS-5. Tale proposta divenne nota con il nome di offerta ‘zero-to- zero’. Per i primi due anni di colloqui, terminati con la rinuncia dell’Unione sovietica il 23 novembre 1983, gli Stati Uniti continuarono a ribadire la loro preferenza per l’opzione ‘zero-to-zero’, introducendo però il concetto di un accordo ad interim basato su un numero ridotto ed eguale per entrambe le parti di sistemi INF. Nel gennaio del 1985 il Segretario di Stato Gorge Shultz e il ministro degli Esteri sovietico Andrei Gromyko si accordarono per tenere negoziati separati ma paralleli sulle INF, le armi strategiche (START), e questioni di difesa e spaziali all’interno di un nuovo foro bilaterale: i Colloqui sul Nucleare e lo Spazio (NST). Gli Stati Uniti e l’Unione sovietica convenirono sul fatto che tutte le questioni riguardanti queste tre aree dovessero essere trattate nella loro interrelazione, ma che ci sarebbero stati tre gruppi separati per i negoziati su questi tre temi, con una delegazione per ciascuna delle due parti. Nel novembre del 1985 il presidente Reagan e il Segretario Generale Gorbachev si incontrarono a Ginevra, dove rilasciarono una dichiarazione congiunta in cui si chiedeva un “accordo ad interim sulle forze nucleari a gittata intermedia”. Nella riunione del Consiglio del Nord Atlantico del giugno del 1987, i ministri degli Esteri della NATO annunciarono il proprio appoggio all’eliminazione su scala globale di tutti i sistemi missilistici statunitensi e sovietici di media e corta gittata. Il 22 luglio 1987 il Segretario Generale Gorbachev accettò un Trattato ‘double global zero’ per eliminare i missili a gittata corta e intermedia. Il 26 agosto 1987 il Cancelliere Khol annunciò che la Repubblica federale tedesca avrebbe smantellato i suoi 72 missili Pershing IA e non li avrebbe sostituiti con armi più moderne se gli Stati Uniti e l’Unione sovietica avessero eliminato tutti i propri missili INF. Si trattava di una dichiarazione unilaterale che non rientrava nei negoziati per il Trattato. L’8 dicembre 1987, a Washington, Stati Uniti e Unione sovietica siglarono infine il Trattato INF. Tale trattato comprendeva anche il Memorandum di Intesa (MOU) sui Dati, il

17 Protocollo sull’Eliminazione e il Protocollo sulle Ispezioni, i quali divennero parte integrante del Trattato. Il Trattato obbligava i firmatari a eliminare i missili a gittata intermedia (GLBM e GLCM oltre i 1000 e non oltre i 5.500 chilometri) e corta (GLBM e GLCM tra i 500 e i 1000 chilometri) e i dispositivi di lancio di tali missili, nonché tutte le strutture e l’equipaggiamento di supporto delle categorie previste dal MOU, entro 3 anni dall’entrata in vigore del Trattato per i primi e 18 mesi per i secondi, e di non essere in possesso di tali sistemi neanche in futuro. I missili a gittata intermedia previsti dal Trattato erano: per gli Stati Uniti, Pershing II e BGM-109G; per l’Unione sovietica, SS-20, SS-4 ed SS-5. Quelli a gittata corta: per gli Stati Uniti, Pershing IA; per l’Unione sovietica, SS-12 ed SS-23. I firmatari si impegnavano inoltre, all’entrata in vigore del Trattato, a non produrre o testare nessun missile a gittata corta o intermedia né ad avviare nessuna fase di produzione di tali missili o dei loro dispositivi di lancio. In base a quanto previsto dal Trattato, i firmatari erano tenuti a scambiarsi informazioni e a dare notifica dell’eliminazione di una specifica area di posizionamento, delle basi missilistiche e delle istallazioni di supporto missilistico, oltre che di eventuali modifiche nel numero e nella dislocazione dei siti di eliminazione, della data di inizio dell’eliminazione dei missili, dei loro dispositivi di lancio e delle strutture e l’equipaggiamento di supporto, ecc., attraverso i Centri di riduzione del rischio nucleare (NRRC). Trenta giorni dopo l’entrata in vigore del Trattato cominciarono le ispezioni in situ. Il sistema di controllo comprendeva 5 tipi di ispezione: - ispezioni baseline: da luglio ad agosto 1988 entrambi i firmatari avevano il diritto di condurre questo tipo di ispezioni alle istallazioni della controparte. Esse servivano a verificare i dati forniti sugli oggetti limitati dal Trattato (‘treaty-limited items’, TLI). - ispezioni di chiusura: per verificare che tutte le attività collegate alle INF fossero terminate - ispezioni di eliminazione: per avere la conferma della distruzione di missili, dispositivi di lancio ed equipaggiamento correlato - ispezioni con preavviso breve: i firmatari avevano diritto a una serie di ispezioni con preavviso breve per un periodo di 13 anni dopo l’entrata in vigore del Trattato, per accertare il numero o l’assenza di TLI in un sito. Erano consentite 20 ispezioni ogni anno per i primi tre anni, 15 nei successivi cinque anni e 10 negli ultimi cinque anni - ispezioni di monitoraggio costante all’ingresso (‘continuous portal monitoring inspections’), per consentire agli osservatori dislocati fuori dalle installazioni di fare in

18 modo che non venissero prodotti o trasferiti gli SS-20 o i Pershing II proibiti. Questo tipo di ispezione era consentito solo in due istallazioni: Votkinsk in Russia e Magna, nello Utah.

Il diritto a compiere ispezioni in situ da parte degli Stati firmatari è terminato il 31 maggio 2001, ma continua l’uso di satelliti di sorveglianza per la raccolta dei dati.

L’articolo XIII del Trattato istituiva inoltre la Commissione Speciale di Verifica (SVC), incaricata di dirimere le questioni legate all’implementazione e al rispetto del trattato, a valutare procedure ulteriori e a migliorare l’efficacia del trattato stesso. In base al Trattato stesso, infine, i firmatari, nell’esercizio della propria sovranità nazionale, erano autorizzati a ritirarsi dal Trattato qualora avessero valutato che eventi straordinari legati alla materia oggetto del Trattato avrebbe potuto intaccare i propri interessi.

Nel maggio del 1991, grazie al trattato erano stati eliminati 864 sistemi missilistici INF USA e 1846 sistemi missilistici INF sovietici, tra cui i Pershing II USA e gli SS-20 sovietici, con le relative strutture di supporto. Dopo il crollo dell’Unione sovietica il 25 dicembre 1991, gli Stati Uniti cercarono poi di fare in modo che si continuasse ad applicare il Trattato INF, rendendolo multilaterale e creando accordi bilaterali tra gli Stati Uniti e gli Stati considerati i successori dell’Urss. Il 3 novembre 1996 il Trattato fu multilateralizzato con la Bielorussia, il Kazakistan, la Russia e l’Ucraina, i quali firmarono il documento che ne avrebbe garantito la continuità d’implementazione. Altri due Stati, Turkmenistan e Uzbekistan, pur avendo sul loro territorio un sito di ispezione ed essendo firmatari del Trattato, hanno assunto un ruolo meno attivo. Il 31 maggio 2001 entrò in vigore l’Accordo che poneva fine alle attività di ispezione e monitoraggio. In 13 anni erano stati ispezioni oltre 440 siti negli Stati Uniti e più di 770 nel territorio dell’ex Urss e degli Stati successori. Il 15 febbraio 2007 la Russia ha minacciato per la prima volta di ritirarsi dal Trattato INF. Sebbene una decisione definitiva non sia stata presa, in caso di ritiro le Forze missilistiche strategiche russe avrebbero le risorse e le capacità per avviare rapidamente la produzione di missili balistici a media e corta gittata. Le minacce della Russia sono giunte in risposta alle operazioni degli Stati Uniti per creare il terzo anello di difesa missilistica, al fine di piazzare delle batterie di missili in Polonia. Stando a Washington, esso dovrebbe servire a proteggere da attacchi da parte dell’Iran o della Corea del Nord e non costituirebbe una

19 minaccia per la Russia. Peraltro, il precedente per un ritiro della Russia dal Trattato INF è stato posto, secondo la Russia stessa, dal ritiro degli USA dal Trattato ABM.

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IL TRATTATO SUI CIELI APERTI

Nel corso di un vertice a Ginevra con il premier sovietico Bulganin nel 1955, il presidente USA Eisenhower propose che Stati Uniti e Unione sovietica conducessero voli di ricognizione l’uno sul territorio dell’altro per assicurarsi che nessuno dei due paesi stesse preparando un attacco. Ma i timori e i sospetti della Guerra fredda indussero il Segretario Generale sovietico Nikita Kruscev a rigettare la proposta. Trentaquattro anni dopo il concetto di Cieli Aperti (‘open skies’) fu reintrodotto dal presidente Bush, quale strumento per rafforzare la fiducia e la sicurezza tra la NATO e i paesi del Patto di Varsavia. Nel settembre del 1989 fu inaugurata ad Ottawa, in Canada, una conferenza internazionale sui Cieli aperti che coinvolgeva la NATO e i paesi del Patto di Varsavia. Nei successivi tre anni si tennero poi altri negoziati a Budapest, Vienna ed Helsinki. Il 24 marzo 1992 fu siglato ad Helsinki il Trattato sui Cieli aperti dal Segretario di Stato Baker e dai ministri degli Esteri di altri 23 paesi. Il Trattato è entrato in vigore il 1° gennaio 2002. Il Trattato istituì tra l’altro una Commissione consultiva sui Cieli aperti (OSCC) con sede a Vienna, un organo che rappresentava tutti gli Stati parte, e che era incaricato di tenere ulteriori consultazioni e di proporre eventuali modifiche al Trattato stesso. Obiettivo del Trattato è quello di aumentare la capacità dei paesi firmatari di prevenire i conflitti e gestire le crisi promuovendo una maggiore apertura attraverso voli di osservazione area non armata. Generando fiducia attraverso la trasparenza delle forze e delle attività militari da Vancouver verso est a Vladivostok, il Trattato contribuiva alla sicurezza di tutti i firmatari. In base al Trattato, ciascun paese può effettuare un certo numero di voli con velivoli di osservazione forniti di telecamere, di un sistema a raggi infrarossi e di radar ad apertura sintetica (SAR). I sensori possono fornire informazioni non rilevabili dai satelliti commerciali. E i SAR consentono ai velivoli di osservazione di compiere la loro missione anche di notte e con cattive condizioni atmosferiche. Gli scanner infrarossi, inoltre, permettono ai velivoli di rilevare le differenze di temperatura negli oggetti sul terreno. I dati registrati sono visionabili da tutti i firmatari.

21 Capitolo 3

Le formazioni multinazionali euro-atlantiche Dott. Lorenzo Striuli

Durante l’intera Guerra Fredda la principale architettura di difesa europea è stata data dalla NATO, in quanto l’UEO non è mai arrivata a disporre di forze proprie ma solo di alcuni assetti poltico-istituzionali e, al limite, supportive . È nell’ambito della NATO che dunque si sono sviluppate le prime vaste esperienze di formazioni militari comuni integrate, quali quelle di carattere quick response , come l’Allied Command Europe Mobile Force – Land, oppure essenzialmente territoriale, quali l’Allied Land Forces Schleswig- Holstein and Jutland e varie forze navali congiunte, spesso “specializzate” (soprattutto nel campo delle contromisure mine). I rapporti di difesa bilaterali coltivati fra alcuni Paesi europei, ovvero fra Paesi europei e partners oltre-Atlantico, raramente davano però luogo a formazioni militari comuni propriamente dette. Ha costituito eccezione in tal senso, ad esempio, la - Netherland Landing Force (UKNLAF) e la German-French Brigade, comunque disponibili anche per inquadramenti operativi all’interno della NATO. È dunque con la fine della Guerra Fredda e l’avvento dei tentativi di acquisizione di una dimensione all-European di difesa continentale che si è avuto un proliferare di comandi di formazioni multinazionali militari, la cui caoticità ha espresso bene i ciclici dilemmi intervenuti in questi lustri per una politica comune europea di difesa intesa talora dentro la NATO, talaltra fuori dalla NATO, tal’altra ancora bi- o multi-laterale, etc. Per circa quindici anni sono nati (e spesso anche “morti”, dopo pochi anni di “in-attività”), quindi, vari tipi di formazioni militari, che possiamo suddividere in tali categorie: • ONU-oriented : come nel caso della Stand-By High Readiness Brigade (SHIRBRIG), avvalentesi, tra l’altro, anche di contributi non europei; • UE-oriented : come nel caso dell’European Corps (), dell’Euro Forza Operativa Rapida (EUROFOR), dell’ (EUROMARFOR), o la European Rapid Reaction Force (ERRF); • costituite allo scopo di evitare lo scioglimento di Grandi Unità, come nel caso dei Corpi d’ Armata tedeschi lascito dei tempi della Guerra Fredda, che durante gli anni Novanta furono resi tutti multinazionali congiuntamente a comandi e forze olandesi, polacchi, statunitensi e danesi;

22 • costituite allo scopo di rendere efficaci la partecipazione di piccoli Paesi a missioni di pace, come nel caso delle numerose formazioni inaugurate fra i Paesi baltici o fra Paesi dell’Est europeo; • costituite allo scopo di ottimizzare le risorse fra Paesi “omogenei” dal punto di vista degli equipaggiamenti in servizio ovvero della posizione geografica, come nel caso della Belgian-Netherland-Luxemburg Deployable Air Task Force (BENELUX DATF), della Belgian-Portoguese Deployable Air Task Force (B-P DATF), o della Spanish Italian Amphibous Force (SIAF); • costituite a scopi più politici che operativi, al fine sia di riallacciare i rapporti interrotti dal precedente ordine bipolare, che di azione prodromica all’ingresso di taluni Paesi nell’Alleanza Atlantica, come nel caso del MultiNational Corps-North East MNC-NORTH EAST tedesco-danese-polacco o della Italy-Slovenia-Hungary (MLF IT-SL-HU). Ciò che ha contraddistinto quasi tutte queste esperienze è stato dato dal fatto che per esse non si sono quasi mai inaugurate nuove unità dedicate, e che quindi è venuta a porsi come norma quella che quasi ogni Paese abbia assegnato stesse unità a più formazioni multinazionali di cui ha scelto di far parte. Nè poteva essere diversamente del resto, dato che nessun Paese può concedersi l’assurdità di disporre di due tipi di forze armate, uno orientato alla NATO e l’altro alla UE, o per forze multi-laterali, etc. Ciò però non certo ha innalzato il livello di operatività complessiva della maggior parte dei Paesi europei, se non forse di quelli già Patto di Varsavia. Difatti, sebbene le attività esercitative di tali formazioni hanno consentito nel tempo un maggiore interscambio fra elementi di comando dei vari Paesi NATO e non-NATO (con ottime ricadute in termini di affinamento delle lingue di lavoro internazionali, condivisione di procedure comuni, forme di politica industriale covert per imminenti programmi di procurement etc.), nei fatti rarissimamente esse sono state attivate per operazioni reali (alle quali comunque gli stessi Paesi che le costituivano partecipavano!), e, nel caso, lo sono state con minuscoli elementi rispetto a quello che avrebbe dovuto essere il loro apporto complessivo previsto. Inoltre, i loro costi sono risultati essere non indifferenti, in quanto da una parte la loro natura quasi sempre on-call (e dietro complesse procedure di approvazione dei rispettivi steering committees , nonostante la ricorrente qualifica rapid reaction ) ne ha determinato la già accennata “in-usabilità”, mentre, dall’altra, l’attivazione di rispettivi comandi e stati maggiori permanenti ha richiesto un suo contributo non certo all’insegna dell’economicità, sopratutto in un anni di generale contrazione delle risorse e dei bilanci militari.

23 Questo quadro si è pesantemente modificato negli anni 2000 grazie a due ordini di fattori. Da un lato i Paesi membri sia NATO che UE sono giunti sostanzialmente quasi a coincidere, cagione le quasi sovrapponibili ondate di allargamento delle due organizzazioni internazionali. Dall’altro, le trasformazioni stesse dell’Alleanza in termini di mission (assunzione di un ruolo globale), force structrure (riforma degli organismi di comando), e strumenti militari integrati (nascita della Nato Response Force, o NRF), impresse dal Summit di Praga del 2002 in avanti, hanno comportato una decisa razionalizzazione delle formazioni militari multinazionali continentali. Monte di esse difatti sono state sciolte, altre inglobate nella stessa NRF, altre ancora sono state lasciate “anemizzare” nella sostanza. E non è un caso dunque se è solo a seguito della creazione della NRF che le formazioni multinazionali in essa integrate sono per la prima volta riuscite ad essere attivate nella loro interezza, trovando così davvero nei fatti una loro ragion d’essere (il caso più eclatante in tal senso è quello dell’EUROCORPS, perchè, pur traendo origine dalla famosa French-German Brigade, nata nelle intenzioni come nocciolo duro di un esercito europeo, costituisce oggi una delle principali componenti della NRF. Andiamo dunque ora a riassumere le principali architetture di formazioni militari presenti in Europa, discernendo fra gli strumenti militari della NATO e quelli dell’UE, rammentando ancora una volta che, come illustreremo nei dettagli, comunque entrambe le organizzazioni si avvalgono delle stesse unità militari messe a loro disposizione dai Paesi membri delle due organizzazioni.

La NRF, il braccio operativo della NATO 1

La NATO Force Structure Review (NFSR), approvata nel luglio 2002, ha abbandonato la vecchia suddivisione delle forze dell’Alleanza in Immediate, Rapid Reactions, e Main . Vi sono ora formazioni permanenti che possono essere definite “specializzate”, come la forza single service NATO Airborne Early Warning (NAEWF), e forze ricadenti all’interno del nuovo concetto Graduated Readiness Forces (GRF). Secondo tale concetto le principali formazioni multinazionali dell’Alleanza vengono divise, in base al livello di prontezza, in: High Readiness Forces (HRF), ossia forze strutturate per un impiego immediato, e atte al perseguimento dell’intero spettro delle opzioni operative previste dalla NATO; e Forces of Lower Readiness (FLR), ossia forze strutturate per

1 Per tale paragrafo ci si è avvalsi del lavoro di: Striuli Lorenzo, 2005, “Struttura e organizzazione degli Alti Comandi NATO ed europei ruoli e contributi nazionali”, CeMiSS, paper per uso interno , maggio. 24 esigenze sia di difesa collettiva in senso tradizionale, sia per la rotazione/rincalzo delle HRF in caso di prolungamento/inasprimento delle operazioni nelle quali si trovano impegnate. Tutte i comandi GRF possono attivare impegni di livello di Corpo d’Armata, e la componente HRF è strutturata: • sul NATO Rapid Deployable Corps-Italy (NRDC-IT) di Solbiate Olona; • sull’ACE Rapid Reaction Corps (ARRC) di Rheindahlen, in Germania; • sull’EUROCORPS di Strasburgo, in Francia; • sul 1st German/ Corps (1st GE/NL CORPS) di Münster, in Germania; • sul Nato Rapid Deployable Corps-Spain (NRDC-SP) di Valencia, in Spagna; • sul Turkey 3rd Corps (TU 3rd CORPS) di Istanbul, in Turchia; • sul Rapid Reaction Corps-France di Lille, in Francia. La componente navale delle HRF è invece data: • dal Commander Italian Maritime Forces (denominato HRF(M) HQ – COMITMARFOR) di Taranto; • dal Commander United Kingdom Maritime Forces (HRF(M) HQ – COMUKMARFOR) di Portsmouth, nel Regno Unito; • dal Commander Spanish Maritime Forces (HRF(M) HQ – COMSPMARFOR) di Rota, in Spagna. Le HRF(M), a differenza delle controparti terrestri, non dispongono di forze affiliate permanentemente, dato che queste vengono assegnate solo al momento della missione, ed è in base alla sua natura che vengono “ritagliate”. L’HRF(M) HQ – COMITMARFOR è basata sull’Incrociatore Portaeromobil i “Garibaldi”, l’HRF(M) HQ – COMUKMARFOR è basata sulla Portaerei “Ark Royal”, e l’HRF(M) HQ – COMSPMARFOR sulla Nave da Supporto Logistico “Castilla”. Andando avanti, le FLR sono strutturate: • sul Nato Deployable Corps- (NDC-GR) di Salonicco, in Grecia; • sul Multinational Corps-North-East (MNC-North Est) di Stettino, in Polonia; • sul 2nd Poland Corps (2nd PL CORPS) di Cracovia, in Polonia. È su questa force structure , destinata in futuro ad essere potenziata ulteriormente (soprattutto nelal componente marittima) con il probabile reingresso a pieno titolo della Francia nell’Alleanza Atlantica, che si è innestato il concetto di NRF. Annunciata ufficialmente in occasione del Vertice di Praga del novembre 2002, la NRF venne ufficialmente costituita nell’autunno del 2003 come assetto integrato (globalmente 25 proiettabile e ammontante a circa 21.000 uomini) di forze terrestri, marittime e aeree on call , in grado di garantire la disponibilità: di una componente terrestre della dimensione di una grossa brigata rinforzata; di una Task Force navale completamente autosufficiente; e di assetti necessari per condurre circa 200 missioni aeree giornaliere. Ne è prevista la possibilità di un impiego autonomo fino a 30 giorni, estendibile a periodi maggiori qualora venga opportunamente rinforzata. Le missioni che possono essere intraprese dalla NRF riguardano: Crisis Response Operations (CRO) e Peace Support Operations (PSO); operazioni antiterrorismo; missioni di peace enforcement; operazioni di embargo; Initial Entry Force in Theatre; evacuazione di personale civile da teatri di crisi; rischieramento rapido per fini di deterrenza; consequence management ad eventi di disastro umanitario e Chemical, Biological, Radiological, Nuclear (CBRN). Le HRF terrestri e le tre navali componenti la NRF (organizzate queste sue Standing NRF Maritime Group e su due Standing NRF Mine Countermeasures Group), più le componenti aeree fornite dai Command Component-Air (CC-AIR) di Ramstein e di Smirne e da due Joint Force Air Component Command (JFACC), seguono un processo di attivazione (denominati NRF 1, NRF 2, e così via) secondo periodi semestrali di avvicendamento per le forze terrestri, con concomitanti affiancamenti, sua base annuale, per le forze navali e aeree. Più in dettaglio, durante il rispettivo periodo di attivazione (che viene preceduto da un semestre addestrativo, e seguito da un periodo di recupero delle piene capacità, da intendersi come completo ri-addestramento della forza e come piena prontezza dei suoi assetti logistici), ciascun HRF terrestre mette a disposizione una brigata rinforzata, in massima parte su base nazionale, più varie componenti Combat Support/Combat Service Support (CS/CSS) su base multinazionale. È questo assetto a costituire il core della NRF durante quel semestre. In conclusione, si può dire che la NRF si sta rapidamente imponendo come uno dei più efficaci strumenti militari multinazionali mai creati. Infatti, sebbene non sia stata ancora testata in un’operazione reale in grande stile (sono state cinque le attivazioni operative della NRF, avvenute tutte quando non aveva ancora ricevuto la Full Operational Capability, e ovvero in occasione dei giochi olimpici di Atene del 2004, delle elezioni irachene dello stesso anno, di una missione di soccorso umanitario in Afghanistan nel 2005 e, sempre nel corso dello stesso anno, di un’altra negli Stati Uniti conseguente all’uragano Katrina, più di un’ulteriore della stessa categoria in conseguenza di un terremoto occorso in Pakistan), la quasi totalità delle formazioni che la compongono hanno accumulato una vasta esperienza in fatto di lavoro comune ed esercitazioni complesse. La stessa rapidità dell’implementazione del concetto di NRF (finora tutte le tappe della tabella

26 di marcia sono state rispettate), inoltre, si pone come modello per qualunque altra formazione multinazionale che intenda muoversi su un piano concreto, oltre che su dichiarazioni di intenti o su agreement di carattere poco più che formale.

Lo strumento militare dell’Unione Europea: i Battlegroups 2

Negli anni Novanta era inteso che l’UE si sarebbe dovuta avvalere, in caso di necessità, di formazioni multinazionali di un’altra organizzazione internazionale, ovvero l’UEO. Questa disponeva di forze risultate da accordi bi- o multi-laterali o NATO che vennero per l’appunto dichiarate Forces Ansewerable to WEO (FAWEU). Esse erano l’EUROCORPS, l’EUROMARFOR, l’EUROFOR, il 1st GE/NL CORPS, l’UKNLAF, la SIAF e la Multinational Division – Central della NATO, smantellata poi nel 2002. Con l’inglobamento degli assetti e di gran parte delle funzioni dell’UEO nell’UE nei primi anni 2000, queste forze (oggi tutte certificate e a disposizione dell’NRF) sarebbero dovute andare a costituire la base per di una European Rapid Reaction Force (ERRF), della quale, benchè ne venisse dichiarata la Initial Operational Capability (IOC) nel dicembre del 2001, si è nel tempo deciso di sorvolare discretamente sulla FOC (da raggiungerse durante il semestre di Presidenza italian dell’UE nella seconda metà del 2003), rimandandone al 2010 gli obiettivi di realizzazione, che comunque non verranno raggiunti. Il motivo di questo sostanziale fallimento è da rinvenire nella fumosità del concetto ERRF. Difatti, per essa si intendeva una forza di circa 100.000 uomini a livello di corpo d’armata (per circa 15 brigate), dotata di circa 400 aerei e 100 navi di vario cabotaggio, comprese alcune portaerei, schierabile in un tempo massimo di 60 giorni sino ad un raggio di 4.000 Km da Bruxelles 3 per un anno di operazione, secondo una configurazione on call avvalentesi di contributi di forze nazionali o sopranazionali; il tutto, eventualmente, indipendentemente dall’utilizzo di assetti operativi NATO. Questo wishful thinking si è scontrato immediatamente con la realtà nonché con la contemporanea maggior attenzione prestata all’allora nascente NRF dai Paesi membri sia UE che NATO (e anche quelli solo UE, come dimostra il caso della Francia, che non solo ha accondisceso all’utilizzo dell’EUROCORPS per la NRF ma ne ha anche messo a disposizione un HRF, un JFACC e un comando marittimo basato a Tolone). È probabile dunque che il sopra accennato obiettivo del 2010 per una forza militare europea si traduca

2 Per tale paragrafo ci si è avvalsi del saggio di: Striuli Lorenzo, “Lo stato attuale della Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD)”, in corso di pubblicazione . 3 Per missioni di mantenimento della pace; per quelle a carattere essenzialmente umanitario tale raggio d’azione veniva esteso ai 10.000 Km. 27 alla fine nel ben più modesto concetto dei Battlegroups, affermatosi nel corso dei primi mesi del 2004, non a caso in concomitanza con la presa di coscienza del fallimento della ERRF. Per Battlegroups si intendono unità di manovra on call di medio livello costituite da circa 1.500 soldati, dotate di una propria componente logistica, rischierabili entro 15 giorni dalla loro attivazione per un periodo di 30 giorni (estensibili a 120 tramite meccanismi di avvicendamento), e dal carattere altamente proiettabile, anche in teatri operativi contraddistinti da marcate difficoltà ambientali (montani, desertici, etc.). Si tratta di unità essenzialmente terrestri, con componenti aeree e navali intesi non in maniera integrata ma solo come enablers. Sono strutturati attorno ad una framework nation che ne detiene il comando operativo oltre a contribuirne per le componenti principali (e che può variare nel caso di Battlegroups multinazionali), e ad alcuni di essi partecipano anche Paesi non membri UE (Norvegia e Turchia nella fattispecie; di contro, Danimarca e Malta, Paesi membri UE, non partecipano ad alcun Battlegroup). In operazione possono comunque esservi aggregati contributi di Paesi UE e non UE. Il concetto è stato dichiarato FOC nel gennaio del 2007 ed al momento si avvale dei seguenti 18 Battlegroups, dei quali due sono sempre tenuti, a rotazione semestrale, ad uno status di piena prontezza operativa per eventuali attivazioni per differenti teatri ovvero per lo stesso teatro:

Battlegroup Nazioni contribuenti

French Battlegroup Francia

Italian Battlegroup Italia

Spanish Battlegroup Spagna

British Battlegroup Regno Unito

Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo French-German Battlegroup e Spagna

French-Belgian Battlegroup Francia, Belgio

Battlegroup 107 Germania, Paesi Bassi e Finlandia

German-Czech-Austrian Germania, Repubblica Ceca e Austria Battlegroup

Italian-Hungarian-Slovenian Italia, Ungheria e Slovenia Battlegroup

28 Spanish-Italian Amphibious Italia, Spagna, Grecia e Portogallo Battlegroup

Polonia, Germania, Slovacchia, Lettonia e Polish-led Battlegroup Lituania

Svezia, Finlandia, Estonia, Irlanda e Norvegia

UK-Dutch Battlegroup Regno Unito e Paesi Bassi

Balkan Battlegroup Grecia, , Cipro e

Czech-Slovak Battlegroup Repubblica Ceca e Slovacchia

Spanish-led Battlegroup Spagna, Germania, Francia e Portogallo

Italian-Romanian-Turkish Italia, Romania e Turchia Battlegroup

Swedish Battlegroup Svezia

Il concetto dei Battlegroups è riuscito a mettersi in moto con una certa rapidità non solo per le ridotte dimensioni di tali unità, ma anche e soprattutto perché anche in questo caso la maggior parte di essi vengono tratti da forze multinazionali già da tempo esistenti e certificate. Molte di tali forze sono difatti ravvisabili proprio nelle già accennate FAWEU ovvero in altre formazioni multinazionali già certificate per la NRF oppure dagli accordi multilaterali che le compongono. Così, leggendo smaliziatamene la tabella di cui sopra si può trarre: dall’EUROCORPS, il French-German Battlegroup; dal 1st GE/NL CORPS, almeno parte del Battlegroup 107; dall’UKNLAF, il UK-Dutch Battlegroup; dalla SIAF, lo Spanish-Italian Amphibious Battlegroup, dalla Nordic Brigade, il Nordic Battlegroup; dalla MLF IT-SL-HU, l’Italian- Hungarian-Slovenian Battlegroup; dalla Czech-Slovak-Polish Brigade, almeno parte del Czech-Slovak Battlegroup; dalla SEEBRIG, almeno parte dell’Italian-Romanian-Turkish Battlegroup); e dal LITPOLBAT, almeno parte del Polish-led Battlegroup). Per approvare i Battlegroups è bastato quindi certificarne il concetto, perché certificazioni risultato di addestramenti congiunti, a livello di posti comando, etc. non sono stati necessari in quanto già avvenute per le formazioni multinazionali dalle quali essi sono tratti.

29 Ciononostante, benché dal 2003 l’UE abbia condotto quasi una ventina di missioni di ambito Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD), nessun Battlegroup è mai stato testato in operazione. I motivi di ciò sono i seguenti: • le due missioni militari più importanti e più estese dell’UE (ovvero quelle nei Balcani) hanno visto l’attivazione del concetto Berlin Plus, secondo il quale è regolato l’accesso dell’UE ad assetti NATO per impegni condotti sotto la sua egida. In pratica si è trattato di cambiare la bandierina sui coats of arms delle uniformi dei soldati già schierati in operazione, in quanto le truppe e la stessa catena di comando sono rimaste praticamente le stesse; • le altre missioni militari hanno invece avuto luogo secondo il concetto framework nation , in base al quale una o un numero limitato di nazioni provvedono per il grosso delle truppe e delle funzioni di staff (in pratica è quasi sempre toccato alla Francia), con augmentees forniti dagli altri Paesi partecipanti per talune cellule di comando e/o in termini di più o meno piccole aliquote del contingente; • le rimanenti missioni hanno osservato carattere estremamente limitato e/o hanno assunto una configurazione tutt’al più di polizia quando non proprio dalla connotazione solo civile.

È possibile evidenziare come sia il concetto NRF che quello relativo ai Battlegroups europei costituiscano tentativi di marcata razionalizzazione degli sforzi nazionali di cooperazione militare multinazionale, anche alla luce del fatto che sia l’UE che la NATO si sono gradualmente dirette negli ultimi anni verso una marcata convergenza dei rispettivi sforzi mediante un processo di progressiva coincidenza dei rispettivi comandi e strutture, nonché verso similari concetti di impiego delle forze (rapida attivazione, alta proiettabilità, impiego globale, possibilità preventive, intero spettro sia delle missioni di pace che di quelle di risposta alle crisi, etc.).

30 Capitolo 4

Scenari di confronto Dott. Andrea Grazioso

Scudo antimissile, Kaliningrad, Baltico e Centro Europa

Poche questioni legano strettamente l’evoluzione geostrategica degli ultimi anni e la peculiare condizione di sicurezza del Continente europeo quanto il progetto di difesa da attacchi missilistici portato avanti con risolutezza dell’Amministrazione statunitense. Fin dalla pubblicazione della Quadrennial Defense Review del 2001, e quindi prima ancora degli attacchi terroristici dell’Undici Settembre, si affermò chiaramente la nuova visione strategica della leadership politica e militare statunitense. In particolare, il superamento del confronto Est-Ovest, a parere degli strateghi americani, rendeva obsoleto anche il concetto di sicurezza ancorata alla pura deterrenza, o meglio al sistema di deterrenza reciproca. Il notissimo principio definito MAD – mutual assured destruction – ovvero la virtuale certezza che chiunque avesse iniziato un conflitto nucleare sarebbe a sua volta stato distrutto, aveva dominato per decenni il pensiero strategico. Tanto era forte questo principio, che uno dei più importanti Trattati che contribuirono a ridurre il rischio di conflitto durante la Guerra Fredda prevedeva non già la limitazione delle capacità offensive dei firmatari, bensì la riduzione ai minimi termini delle loro capacità difensive. Negli anni Sessanta, infatti, sia negli Stati Uniti che in Unione Sovietica erano stati condotti studi e sperimentazioni di sistemi missilistici difensivi, destinati a colpire i vettori nemici durante la loro traiettoria verso gli obiettivi, determinandone la distruzione della testata bellica mediante una piccola esplosione nucleare, generata dalla testata del missile intercettore. I sistemi in questione, prossimi alla loro entrata in servizio, furono però congelati dalla decisione di Washington e di Mosca di non dispiegare operativamente i rispettivi “scudi” antimissile. Da un lato, infatti, si temeva – a ragione – che se si fosse affiancata alla corsa agli armamenti offensivi anche una parallela corsa ala realizzazione di scudi difensivi sia l’economia capitalista che quella socialista sarebbero state distrutte. Ma dal punto di vista teorico, o più correttamente dal punto di vista eminentemente strategico, la realizzazione

31 di un sistema anti-balistico da parte delle due superpotenze era percepito come altamente destabilizzante. La reale efficacia di un tale sistema, infatti, poteva solo essere stimata, non essendo ovviamente possibile condurre test reali contro la vera minaccia rappresentata dai vettori nemici. Giacché non si era a conoscenza delle possibili misure di inganno che i vettori offensivi portavano a bordo, per aumentare la loro sopravvivenza, non si poteva desumere il tasso di efficacia degli scudi difensivi. Tuttavia, una leadership non abbastanza prudente, o non correttamente informata, avrebbe potuto ipotizzare di poter sopravvivere ad un conflitto nucleare, proprio grazie alla disponibilità di un sistema di difesa. Ciò avrebbe aumentato a dismisura il rischio di un conflitto improvviso, di un attacco di sorpresa destinato a distruggere al primo colpo la maggior parte dei sistemi offensivi nemici, contando sulle capacità dello scudo difensivo per neutralizzare la pare che fosse sopravvissuta. Stati Uniti e Unione Sovietica si accordarono, quindi, per ridurre i rispettivi scudi difensivi ad un solo sistema per parte, dispiegato attorno alla Capitale. Gli Stati Uniti ritirarono quasi subito il loro sistema, giudicandolo non costo-efficace. L’Unione Sovietica ha invece sempre mantenuto in servizio il proprio apparato, dispiegato attorno a Mosca. Sul finire dello scorso Secolo, come detto, il sostanziale cambiamento degli equilibri internazionali, soprattutto in materia di arsenali militari, fece propendere la leadership statunitense verso un nuovo approccio ai problemi della sicurezza. L’epoca della deterrenza era considerata finita, e la “dottrina MAD” fu ritenuta obsoleta. Di fatti, si riteneva che le nuove, aggressive leadership dei Paesi “banditi” non avrebbero prestato particolare attenzione alla minaccia di un attacco di rappresaglia. Esse erano considerate del tutto “irrazionali” nel loro procedere verso la costruzione di un arsenale offensivo comprendente armi di distruzione di massa e vettori con portate molto superiori a quelle necessarie per i conflitti regionali. Addirittura si ipotizzava il caso di leader coscientemente propensi al “martirio”, proprio e della propria popolazione, quale mezzo necessario per poter portare a termine un attacco devastante contro il nemico. In pratica, si ipotizzò la disponibilità di armi di distruzione di massa e di vettori con gittate intercontinentali – in grado quindi di raggiungere il territorio metropolitano statunitense – in mano a “decisori” con la stessa predisposizione mentale degli shahid , i “martiri” che si facevano esplodere, pur di uccidere anche il nemico. Tutto ciò, come detto, fu teorizzato ben prima dell’Undici Settembre, e gli attentati contro il Pentagono e le Torri gemelle non hanno che rafforzato la percezione di insicurezza strategica degli Stati Uniti.

32 Nella QDR del 2001 si affermò quindi, pubblicamente, l’intenzione di superare il concetto tradizionale di deterrenza, e di affidarsi a nuovi e più articolati strumenti di difesa. Uno di questi era rappresentato da un sistema anti-balistico, capace di intercettare i vettori offensivi lanciati dai Regimi ostili contro gli Stati Uniti, in una fase della loro traiettoria idonea a minimizzare i rischi di dispersione di materiale radioattivo, chimico o biologico sull’area del bersaglio. L’architettura difensiva si caratterizza, in effetti, per l’esistenza di tre tipologie di sistema. La prima tipologia è quella che prevede l’ingaggio dei vettori nemici subito dopo il loro lancio, mentre stanno accelerando per raggiungere la massima quota della loro traiettoria. L’ingaggio nella cosiddetta “ boost phase ” è possibile solo a condizione che si disponga di una capacità praticamente immediata di scoperta dell’avvenuto lancio e di sistemi di intercettazione capaci di reagire in maniera estremamente rapida e posizionati molto vicino alle zone di partenza dei vettori nemici. Tutto ciò è possibile solo nel caso si possa utilizzare con relativa tranquillità lo spazio aereo dello stesso Paese ostile, mantenendo in volo costantemente dei velivoli – abitati oppure no – capaci di colpire con missili o laser i vettori nemici. In alternativa, si deve essere in grado di portare vicino al territorio del Paese ostile un adeguato complesso di scoperta e attacco, con tutte la caratteristiche già descritte. La prima soluzione prevede lo sviluppo della cosiddetta “cannoniera volante ABL” ( airborne laser ); la seconda opzione potrebbe essere perseguita mediante l’impiego del sistema anti-balistico imbarcato SM-3, associato alla versione anti-balistica del sistema di combattimento AEGIS, imbarcato su alcune Unità navali statunitensi e giapponesi. La seconda componente dell’architettura di difesa anti-balistica è rappresentata dai sistemi di intercettazione cosiddetti mid-course , cioè destinati a colpire i vettori nemici durante la loro traiettoria intermedia, fra la fase di accelerazione e quella di rientro. Per ottenere questo genere di intercettazione, oltre ad un adeguato sistema di allarme precoce dell’avvenuto lancio del missile ostile, si deve disporre di radar di inseguimento a grande potenza, capaci di tracciare la traiettoria del missile ostile in volo, nonché di missili intercettori dotati di un’altissima velocità e di un sistema di guida estremamente preciso. Giacché uno degli obiettivi strategici dell’intera architettura anti-balistica statunitense è quello di evitare la detonazione di ordigni nucleari, gli intercettori mid-course non possono essere dotati a loro volta di una testata nucleare. Inoltre, in virtù della elevatissima velocità con cui si incrocerebbero missile attaccante e missile intercettore, l’utilizzo di una testata convenzionale è ritenuto poco efficace.

33 La soluzione prescelta prevede, pertanto, l’impiego di un “veicolo killer” che va a colpire direttamente il missile nemico, distruggendolo grazie alla pura energia cinetica. Questo segmento dell’architettura anti-missile statunitense è in via di realizzazione mediante l’installazione di radar e intercettori in alcuni punti chiave del globo. Giacché si ritengono la penisola coreana ed il Medio Oriente le due aree da cui con la maggiore probabilità partirebbero vettori balistici diretti contro gli Stati Uniti, gli apparati anti-missile “ mid-course ” sono ottimamente posizionati in quelle aree geografiche da cui è tecnicamente più efficace condurre sia l’inseguimento radar del vettore nemico, sia il lancio del missile intercettore. L’Alaska ed il Centro Europa sono, appunto, le due aree geografiche considerate più “utili” a tal fine. Il sistema statunitense è già stato dispiegato, almeno in parte, in Alaska, mentre per la realizzazione del “segmento europeo”, da alcuni anni l’Amministrazione statunitense ha messo in moto tutta la sua capacità negoziale, per ottenere “ospitalità” per il proprio sistema sul territorio di un Paese alleato. Per completezza, esiste anche un terzo elemento nell’architettura anti-balistica, ovvero quello rappresentato dai sistemi di intercettazione nella fase discendente della traiettoria dei sistemi offensivi. Questo genere di intercettazione è quella tecnicamente più semplice, ed infatti esistono già diversi apparati, sia in Occidente, sia in Russia, capaci di fornire un certo livello di capacità anti-balistica, pur con aree di copertura (il cosiddetto footprint ) molto variabile, e in genere limitato a poche decine di chilometri quadrati, nel caso di intercettazione di bersagli molto veloci. Tornando ai sistemi mid-course , già per l’avvio degli studi per una loro messa in opera gli Stati Uniti dovettero disfarsi, come mossa preliminare, dei vincoli rappresentati dal Trattato ABM, che limitava appunto, sin dai primi anni Settanta, lo studio, lo sviluppo e lo spiegamento di tali apparati difensivi, per i loro già descritti effetti “destabilizzanti”. La Russia, Stato successore dell’Unione Sovietica quale controparte nel Trattato ABM, non ha potuto che “incassare” il ritiro unilaterale degli Stati Uniti da tale Trattato. Pur disponendo di una buona tecnologia ai tempi dell’Unione Sovietica, la Russia non era e non è in grado di replicare la scala di investimenti che gli Stati Uniti sono capaci di attuare per una completa architettura di difesa anti-balistica. La reazione di Mosca al progetto ABM statunitense è stata quindi sulle prime relativamente prudente; si è affermato, ad esempio, di avere già a disposizione apparati di questo tipo, e si è anzi tentato di entrare in partnership con gli stessi Stati Uniti per lo

34 sviluppo della nuova generazione di sistemi ABM. La Russia, quindi, ha inizialmente tentato un approccio cooperativo, ma tale posizione non ha sortito alcun effetto reale. Difatti a Washington non c’era alcuna intenzione di condividere con alcun altro Paese un sistema considerato altamente strategico, non solo per il suo potenziale operativo, ma anche per il suo effetto sulla “geopolitica della alleanze”. Su tale ultimo punto, si tornerà a breve; resta qui da sottolineare come in realtà la Russia non aveva, e non ha, alcuna tecnologia o capacità chiave per contribuire fattivamente al sistema statunitense. Il Giappone, al momento, è l’unico Paese con cui gli Stati Uniti stanno condividendo una parte significativa delle loro tecnologie e dei test di collaudo, ma limitatamente al sistema imbarcato AEGIS / SM-3. Con Israele esiste un rapporto sostanzialmente differente, con l’America che ha finanziato gran parte dello sviluppo e del dispiegamento di un sistema, lo Arrow, dalle prestazioni elevate – se paragonate alle dimensioni del territorio da difendere – ma del tutto inadeguate alle necessità statunitensi. Germania ed Italia concorrono al momento allo sviluppo di quello che potrà essere il sistema dalle prestazioni più limitate di tutta l’architettura difensiva anti-missile, ovvero il MEADS. Anche in questo caso, gli Stati Uniti non stanno condividendo nulla di strategico, né in termini di tecnologie, né di capacità operative. La Russia non poteva, quindi, realmente aspirare a giocare un ruolo differente rispetto agli storici alleati degli Stati Uniti. A meno di non far valere un proprio “asserito diritto” di essere coinvolta in ogni decisione di valenza militare-strategica attinente alla regione geografica dove storicamente Mosca ha esercitato una influenza preponderante. Così infatti è stato, e Mosca si è opposta frontalmente al progetto di dispiegare in Centro Europa una delle componenti mid-course del sistema ABM statunitense. Se la denuncia da parte americana del Trattato ABM – nel 2002 – era stata sostanzialmente digerita, se il dispiegamento della prima base operativa del sistema mid- course non ha destato particolari reazioni a Mosca, con l’avvicinarsi della conclusione dell’accordo sulla base in Europa la posizione di Mosca si è irrigidita, fino a divenire apertamente ostile. Quando l’accordo con gli alleati europei sembrava ormai prossimo, Mosca ha giocato una sua ultima carta, cercando di far includere nell’architettura complessiva ABM anche il sistema radar di early warning di Gabala, in Azerbaijan. Tale impianto, realizzato ai tempi dell’Unione Sovietica, continua ad essere affittato dalle Autorità di Baku alla Russia, quale anello della catena di avvistamento e allarme precoce di cui dispone tuttora la Russia per le sue esigenze strategiche.

35 Mosca ha dichiarato che la collocazione geografica e la capacità operativa del radar di Gabala sono tali da poter contribuire efficacemente all’architettura difensiva statunitense. In realtà tutto ciò pare inverosimile, sia perché la tecnologia sovietica degli anni Settanta pare ben difficilmente “integrabile” in un’architettura tecnologica basata sui più recenti standard militari statunitensi, sia perché gli Stati Uniti non necessitano, in realtà, di un apparato per lo early warning, bensì di sistemi per il tracciamento del bersaglio, quindi un tipo di radar differente e soprattutto un suo utilizzo integrato con il sistema di calcolo dell’intercettazione. Se pure il radar di Gabala potesse essere aggiornato e reso interoperabile con gli apparati statunitensi, il suo centro di controllo rimarrebbe comunque a Mosca. Ciò vorrebbe dire che il funzionamento del sistema ABM statunitense, anzi di quella che probabilmente è la sua porzione più strategica, sarebbe subordinato alle decisioni del Cremlino: una condizione ovviamente del tutto inverosimile, se solo si pensa che Washington ha denunciato il Trattato ABM, che la legava a Mosca, proprio per avere mani libere nel settore della difesa anti-balistica. Nel corso del 2008, malgrado la forte opposizione russa, il programma è quindi andato avanti, ed anche in ambito NATO le perplessità di alcuni Membri sono state positivamente superate, anche grazie alla disponibilità statunitense a fornire una maggiore “comprensione” del sistema e delle sue capacità. A tal proposito, è emerso come il sito in Europa sarebbe in grado di coprire da attacchi con missili balistici provenienti dall’Iran non solo il Continente nord americano, ma anche gran parte della stessa Europa, tranne la sua porzione più meridionale. Ciò è del tutto logico, ove si consideri che il sistema da basare in Europa è, come detto, destinato all’intercettazione mid-course , e non potrebbe quindi colpire i missili ostili nella loro traiettoria di rientro. Un lancio dall’Iran verso, ad esempio, la Turchia, non darebbe il tempo necessario al sistema di attivarsi e raggiungere tempestivamente il vettore attaccante, quando questo è prossimo alla sua fase di apogeo. Altro fattore tecnico determinante è dato dalla natura del radar di inseguimento. Questo, per svolgere la sua funzione, non può utilizzare frequenze di funzionamento che permetterebbero di vedere “oltre l’orizzonte”, sfruttando la riflessione delle onde sulla ionosfera. Al contrario, la banda di frequenza utilizzata permette al radar di inseguire i missili solo dopo che questi siano “comparsi all’orizzonte”, il che vuol dire, per la curvatura della Terra, solo dopo che questi abbiano raggiunto una certa quota.

36 Sul piano politico, l’aperta ostilità della Russia al piano statunitense e, soprattutto, il breve conflitto contro la Georgia ad Agosto, hanno indotto i Governi europei interessati a rompere ogni indugio ed accettare definitivamente le richieste statunitensi. Il radar di inseguimento sarà pertanto posizionato nella Repubblica Ceca, mentre i missili intercettori saranno basati in Polonia. Tutte le informazioni finora divulgate parlano di un singolo impianto radar e di soli dieci missili intercettori, da posizionarsi in appositi silos sotterranei. Questo ulteriore dettaglio tecnico pare estremamente importante per valutare la congruità della reazione russa al progetto. Mosca, infatti, fin dal 2007 – ed in particolare in occasione dell’intervento di Vladimir Putin a Monaco, nel Febbraio di quell’anno – sostiene che il sistema anti-balistico statunitense rappresenta una minaccia diretta alla stessa Russia, e non è invece un sistema di difesa nei confronti dei cosiddetti “Stati banditi”. Le caratteristiche del sistema, caratteristiche che peraltro sono state comunicate agli altri Membri della NATO, come già ricordato, lasciano escludere che questo possa avere un impatto sia sulle capacità offensive russe, sia sulla stessa sicurezza di quel Paese. Va considerato, in primo luogo, che il sistema basato in Centro Europa non si trova sulla traiettoria che potrebbero seguire dei vettori balistici diretti dal territorio russo al Continente nord americano. Anche i vettori lanciati dalla parte più occidentale della Federazione russa seguirebbero comunque una rotta che li porterebbe a sorvolare la regione artica, e non già il Centro Europa. Ma la gran parte dei siti di lancio russi si trovano nella Russia profonda, cioè attorno alla regione degli Urali, migliaia di chilometri distanti dalla Polonia e dalla Repubblica Ceca. Non solo, quindi, i sistemi anti-missile basati in Polonia non sarebbero in grado di raggiungere i vettori russi diretti verso gli Stati Uniti, ma gran parte di questi non verrebbero neppure tracciati dal sistema radar basato nella Repubblica Ceca. A ciò si deve aggiungere che una frazione importante della triade strategica russa è basata sui sottomarini lanciamissili e sui bombardieri. I primi operano normalmente dai mari posti alle più elevate latitudini, e ben all’interno del tradizionale “bastione” difensivo rappresentato dai sistemi anti-som russi. Lanci effettuati dal Mare di Barents o dal Mare di Okhotsk non potrebbero essere in alcun modo intercettati dai sistemi in Centro Europa. Quanto ai bombardieri, questi non sono bersagli che possano essere ingaggiati dai missili collocati in Polonia, né lo sono i missili da crociera di cui sono equipaggiati. Il secondo elemento da prendere in considerazione è il semplice dato numerico; solo dieci missili intercettori saranno basati in Polonia, un numero congruo per sventare un attacco condotto da uno “Stato bandito” o un gruppo terroristico, ma del tutto incongruo a

37 fronteggiare un attacco o una rappresaglia condotta dalla Russia, che può lanciare centinaia di vettori in pochi minuti. Anche sommando le capacità massime teoriche di difesa esprimibili dall’impianto in Alaska – che peraltro è molto più vicino alla regione polare e che quindi avrebbe dovuto determinare una razione molto più forte da parte di Mosca – e dall’impianto in Europa, gli Stati Uniti potrebbero comunque intercettare solo una minima frazione dei sistemi offensivi russi, con ci no alterando in maniera apprezzabile l’equilibrio strategico. La durissima reazione di Mosca alla realizzazione dell’impianto ABM in Europa ha, quindi, molto più a che fare con la già citata “geopolitica delle alleanze”, ovvero con il ridisegno delle sfere di influenza. Ospitare un sistema quale l’apparato anti-balistico statunitense, che è destinato a difendere lo stesso continente nord americano da un attacco devastante, contribuisce grandemente a forgiare un meccanismo di alleanza solidissimo fa Washington gli Stati centro-europei coinvolti. Nella fase di allargamento della NATO ai primi Paesi già appartenuti al Patto di Varsavia, l’opposizione di Mosca – che pure fu abbastanza forte – fu superata grazie all’effetto combinato di due fattori. Il primo fu rappresentato dalla promessa di non dispiegare sul territorio dei nuovi Membri orientali dell’Alleanza alcun sistema “offensivo” – in particolare armi nucleari – capace di minacciare Mosca. Il secondo era costituito dalla condizione di estrema debolezza politica della stessa Russia, che lottava in quegli anni contro la sua stessa disgregazione, e che quindi aveva ben poche capacità per reagire alla nuova situazione. Il sistema anti-balistico, come ampiamente evidenziato più sopra, non ha alcun carattere offensivo, né può di per sé minacciare la Russia. È la sua collocazione in Centro Europa a determinare la reazione di Mosca, perché con tale collocazione gli Stati Uniti modellano un sistema di alleanze coi Paesi della regione di altissima valenza per la loro stessa sicurezza. È altamente verosimile, quindi, che gli Stati Uniti si sentiranno direttamente coinvolti nel garantire non solo la sicurezza di questi Paesi, ma anche il loro allineamento politico internazionale, e ciò vuol dire, per ragioni storiche e strategiche, che Washington sosterrà militarmente, economicamente e diplomaticamente leadership in Polonia e in Repubblica Ceca sostanzialmente ostili alla Russia. La reazione del Cremlino, come detto, è apertamente ostile, sicché immediatamente dopo la sigla degli accordi con gli Stati Uniti, sia la Repubblica Ceca, sia la Polonia sono entrate nella “lista nera”, e sono iniziate le prime forme di rappresaglia, di natura commerciale.

38 Il più recente sviluppo determina, però, serissime conseguenze sull’intera architettura di sicurezza del Continente europeo. Il Presidente russo Medvedev ha dichiarato l’intenzione della Russia di dispiegare nell’exclave di Kaliningrad sistemi missilistici terra-terra Iskander, con lo scopo di poter colpire – e quindi rendere inefficace – il sistema anti-balistico statunitense basato in Centro Europa. Anche in questo caso sembra indispensabile procedere con una valutazione accurata del significato, attuale e potenziale, di uno sviluppo militare di tale natura. Il sistema missilistico Iskander è definito dalla NATO come SS-26 Stone. Si tratta di un sistema missilistico a traiettoria quasi-balistica 4, sviluppato negli anni Novanta ed introdotto operativamente da alcuni anni, in sostituzione degli SS-23. Questi ultimi sistemi erano stati ritirati e distrutti, dopo pochi mesi dalla loro entrata in servizio, in ossequio alle disposizioni del Trattato INF, che ha vietato tutti i vettori con portate comprese fra i 500 ed i 5.500 chilometri. Lo SS-26, sistema con rampe di lancio mobili e capace di entrare in azione in pochi minuti dal momento dell’allarme, è ritenuto un sistema piuttosto efficace, soprattutto perché relativamente preciso. Il CEP, ovvero l’errore circolare probabile – il raggio del cerchio entro cui cade il 50% dei colpi – è stimato in meno di 30 metri alla gittata massima. Quanto a quest’ultima, si ritiene che dell’SS-26 esistano due versioni, una da esportazione, il cosiddetto Iskander E , ed una in servizio in Russia. Il primo sistema sarebbe limitato a 280 chilometri di raggio d’azione, mentre il secondo raggiungerebbe circa 400 chilometri di gittata. Il carico utile del missile, cioè la testata esplosiva, avrebbe un peso di circa 480 chilogrammi. Queste caratteristiche, quando opportunamente considerate nel loro insieme, delineano diverse limitazioni al sistema, ma paradossalmente proprio tali limitazioni lasciano ipotizzare uno sviluppo particolarmente preoccupante. Con una gittata inferiore ai 500 chilometri ed una testata convenzionale di meno di 500 chilogrammi, anche un CEP di circa 10 metri – quindi migliore di quello stimato, ed ai limiti teorici di quanto ottenibile con un missile balistico – sarebbe insufficiente per distruggere i silos dentro cui saranno ospitati i missili intercettori basati in Polonia.

4 Per traiettoria quasi-balistica si intende una traiettoria che segue in massima parte le leggi della balistica, ma che è modificata opportunamente mediante l’impiego di appendici aerodinamiche o razzi di orientamento. È in tal modo possibile determinare traiettorie “abbassate”, oppure “rialzate”, cioè con apogeo più basso o più alto di quello standard, oppure è possibile condurre manovre a basso numero di G sul piano orizzontale. Queste traiettorie quasi-balistiche sono studiate per rendere molto più complessa l’eventuale intercettazione da parte di ordigni anti-missile. 39 Tali silos, infatti, saranno molto verosimilmente realizzati con strutture altamente resistenti; solo un centro pieno contro la bocca del silos stesso potrebbe garantire la sua distruzione, se l’attacco viene condotto con testate convenzionali. Gli SS-26 diverrebbero allora una minaccia reale e credibile per l’impianto ABM in Europa solo a condizione che la loro gittata fosse aumentata molto oltre i 500 chilometri. In tal caso, infatti, potrebbe essere preso di mira non già il complesso dei silos in Polonia, bensì il radar posizionato nella Repubblica Ceca. Ma una tale gittata sarebbe vietata dal citato Trattato INF, cosicché la Russia dovrebbe denunciare tale Trattato, che insieme al Trattato CFE – peraltro già “sospeso” – costituisce la chiave di volta dell’architettura di sicurezza in Europa. La seconda alternativa è rappresentata dal mantenimento della gittata attuale, inferiore ai 500 chilometri, e quindi compatibile con la lettera del Trattato INF, ma dall’adozione di una testata nucleare. In tal caso gli Iskander diverrebbero in grado di distruggere i silos rinforzati dentro cui sono basati i missili intercettori. Questa ipotesi appare ancora più destabilizzante della semplice denuncia del Trattato INF. Difatti gli SS-26, per la loro caratteristica di essere missili altamente mobili – quindi virtualmente impossibili da individuare in anticipo – e in grado di entrare in azione in pochi minuti dall’allarme, quando dotati di testate nucleari determinerebbero una condizione di elevatissima incertezza – quindi di minaccia concreta ed imminente – per tutta la regione europea. Anche restando sotto i limiti dei 500 chilometri, infatti, se gli SS-26 “nucleari” fossero basati sul territorio di Kaliningrad finirebbero per minacciare direttamente una vasta regione dell’Europa Centrale e del Baltico, comprese le Capitali di alcuni Paesi Membri della NATO. Tale opzione, certamente “asimmetrica” come più volte annunciato da Vladimir Putin in svariate occasioni, determinerebbe conseguenze a catena estremamente pericolose. Come detto, la mobilità e la rapidità di azione dei sistemi SS-26 determinerebbero una condizione di minaccia nucleare permanente, attivabile senza preavviso. In teoria, quindi, l’unica forma di deterrenza contro questa minaccia sarebbe quella di dispiegare sistemi con le stesse caratteristiche. Si tratterebbe di un ritorno alla condizione antecedente alla sigla del Trattato INF, anche se quest’ultimo, paradossalmente, potrebbe rimanere in vigore. Un eventuale attacco con gli SS-26, inoltre, non sarebbe legato ad un conflitto della Russia contro i Paesi del Centro Europa, Membri della NATO. Mosca, infatti, lega la

40 presenza degli Iskander al sistema ABM statunitense, e quest’ultimo è asseritamente destinato a difendere gli Stati Uniti e l’Europa da attacchi balistici lanciati da “Stati banditi”. In tal modo, Mosca sembrerebbe intenzionata ad aumentare a dismisura il costo dell’allineamento strategico di Varsavia e Praga – ma anche Vilnius, Riga e Tallinn – con Washington, perché renderebbe estremamente concreto il rischio, per questi Paesi, di essere coinvolti in un conflitto devastante semplicemente come conseguenza di un conflitto fa gli Stati Uniti ed un Paese “bandito” dotato di armi balistiche a lungo raggio.

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Ucraina, Crimea ed il destino della base navale di Sebastopoli

La questione della Crimea, penisola storicamente appartenuta alla Russia, trasferita all’Ucraina negli anni Cinquanta per decisione dell’allora leader sovietico Kruschev ma tuttora abitata in larga misura da popolazione di etnia russa, è uno dei lasciti più noti del confuso passaggio storico che portò alla dissoluzione dell’Unione Sovietica. In particolare sin dal 1991, con la separazione politica di Ucraina e Russia, emerse chiaramente la necessità di addivenire ad una soluzione per la grande base navale presso la città di Sebastopoli.

Sebastopoli ha avuto una grande importanza nello sviluppo della strategia marittima della Russia, prima, e dell’Unione Sovietica, poi. La base navale è l’espressione più esplicita di quella “spinta verso i mari caldi”, non solo nel Mar Nero quindi, ma anche e soprattutto nel Mar Mediterraneo ed in Medio Oriente, tratto costante della grande strategia di Mosca. Quale soluzione ad interim , che permettesse di posporre un problema molto complesso, ma certamente non prioritario stante i molteplici gravissimi problemi di natura politica, economica e sociale che accompagnarono lo smembramento dell’Unione Sovietica, dopo un periodo di utilizzo congiunto, nel 1997 fu finalmente siglato anche l’accordo per l’affitto alla Russia della Base e delle altre infrastrutture ad essa collegate, per un periodo di venti anni, cioè fino al 2017. Assieme all’accordo di affitto, Mosca e Kiev siglarono anche il Trattato di Amicizia e Collaborazione fra Russia e Ucraina, che prevedeva il reciproco riconoscimento dei confini “amministrativi” dell’Unione Sovietica quali confini internazionali. Si delineava così, con chiarezza, quanto la questione della Base di Sebastopoli fosse parte integrante della più ampia questione delle future relazioni fra Mosca e Kiev. I due Paesi, infatti, sono fortemente interdipendenti in virtù dei tanti decenni di stretta integrazione economica e militare; in pratica per tutta l’era sovietica non è esistita soluzione di continuità fra le due Repubbliche. Alla prevista scadenza del 2017 era previsto che ciascuna della parti, mediante opportuna notifica da comunicare con dodici mesi di anticipo, potesse terminare l’accordo. In alternativa, l’accordo poteva essere prorogato per periodi di cinque anni, rinnovabili. Apparentemente, quindi, la questione della Base non dovrebbe riaprirsi prima del 2017, e comunque non prima della formale notifica della terminazione dell’accordo in vigore.

42 Come detto, però, la presenza russa a Sebastopoli è una delle più significative espressioni della interdipendenza strategica fra Russia e Ucraina, interdipendenza politica, economica e anche militare. Con le sempre più forti ambizioni di adesione alla NATO, il Governo di Kiev ha manifestato apertamente il desiderio di allontanarsi dall’orbita di Mosca, al punto da considerare la presenza militare russa sul suo territorio come apertamente ostile. All’interno dell’Ucraina, d’altra parte convive oltre che una forte componente di popolazione etnicamente russa, anche una forte opposizione politica ai progetti di integrazione nella NATO. Il Partito delle Regioni di Viktor Yanukovich, che ha coperto anche la carica di Primo Ministro nel recentissimo passato, raccoglie il largo dissenso dei molti Ucraini che non condividono affatto le aperture all’Occidente ed in particolare agli Stati Uniti. Mosca utilizza poi sapientemente la leva economica – in particolare la quasi totale dipendenza dell’Ucraina dalla forniture energetiche russe – per creare insormontabili difficoltà di governance a qualunque esecutivo ucraino che tenti di allontanarsi dalla sua sfera di influenza. Nonostante ciò, o forse proprio per utilizzare a fini di politica interna il contenzioso con Mosca, è del tutto possibile che il Governo di Kiev – inteso in senso lato, ovvero Presidenza della Repubblica, oppure Governo, oppure entrambi – decida di dichiarare ufficialmente il termine della presenza russa a Sebastopoli per la scadenza del 2017, e dichiararlo con largo anticipo rispetto a quanto sarebbe legalmente necessario. Già oggi esiste, in effetti, un disegno di Legge che, se approvato dal Parlamento, definirà il 2017 come termine ultimo della presenza russa a Sebastopoli e negli altri distaccamenti in Crimea. La motivazione ufficiale per tale precoce azione fa riferimento alla necessità di garantire il più largo preavviso, al fine di offrire ogni opportunità ai Russi di ritirarsi ordinatamente, spostando uomini e mezzi in un’altra base, fuori dall’Ucraina. Si vuole quindi evitare che, all’approssimarsi della scadenza del 2017, Mosca “interpreti” tale data come l’inizio del processo di ripiegamento, e non già come il suo termine ultimo. Dal punto di vista tecnico e logistico, infatti, non sarebbe affatto facile per la Russia trovare un’alternativa valida per basare la Flotta del Mar Nero. Il porto di Novorossisk, ovvero il principale porto russo sul Mar Nero, è in effetti un terminal petrolifero, la cui importanza è destinata ad aumentare ulteriormente nei prossimi anni. Sia in termini di spazi a disposizione, sia di risorse disponibili per la costruzione di nuove

43 infrastrutture, lo spostamento della Flotta a Novorossisk andrebbe in diretto conflitto con la priorità strategica di potenziare le capacità di esportazione di greggio. D’altra parte, la stessa Flotta del Mar Nero si è drasticamente ridotta, per consistenza e qualità complessiva delle Unità a disposizione, negli ultimi dieci anni, cioè dalla firma dell’accordo sull’affitto della Base. Cosa ancora più significativa, da anni la Flotta non si arricchisce di nuove Unità militarmente significative, né i piani attuali di costruzione di cui si ha notizia prevedono nei prossimi anni la realizzazione di un congruo gruppo di nuove Unità, capace di rimpiazzare i moltissimi battelli di superficie e subacquei già oggi largamente vetusti, e destinati alla radiazione nel medio termine. Si aggiunga poi che, per esigenze eminentemente strategiche, ovvero per dare consistenza alla Flotta del Nord, che gestisce gran parte dell’arsenale nucleare imbarcato, è molto probabile che nei prossimi dieci anni la Flotta del Mar Nero non riceverà sostanziali potenziamenti, ed anzi subirà un ulteriore calo di consistenza numerica e di capacità operative. In breve, al 2017 potrebbe non esserci bisognosi una grande base navale, perché non esisterebbe alcuna Flotta da ospitare. Come detto, però, la questione di Sebastopoli racchiude in se aspetti di natura squisitamente storico-culturale, e quindi eminentemente politica; gli aspetti tecnici relativi alla consistenza e alla capacità operativa della Flotta sono, per certi versi, secondari. Così come in Ucraina, per motivi di politica interna, è possibile che si arrivi ad una precoce “denuncia” – o meglio alla prevista notifica della decadenza dell’accordo con Mosca, ma con largo anticipo rispetto a quanto previsto – in Russia, anche qui per esigenze di politica interna, potrebbero esserci ragioni per far precipitare il contenzioso con Kiev, verso un vero e proprio conflitto. Non è quindi un caso se il Sindaco di Mosca, Yuri Luzhkov, nel corso del mese di maggio ha apertamente richiesto il “ritorno” della Crimea alla Russia, mentre il Vice Primo Ministro Ivanov ha ricordato come il 92% della popolazione di Sebastopoli sia di etnia russa. Il Presidente Medvedev non si è per ora spinto tanto avanti, ma nel discorso pronunciato in occasione del 225° anniversario della fondazione della città, lo scorso 14 giugno, ha ripercorso le vicende storiche – e l’eroismo – della città e della Flotta. In altri termini, esiste un larghissimo consenso, in Russia, per procedere verso una risoluta azione volta a preservare la propria posizione strategica in Mar Nero. E difatti il 4 giugno la Duma ha votato a larga maggioranza una risoluzione in cui si chiede al Governo di esaminare la possibilità di denunciare il Trattato con l’Ucraina – quindi il riconoscimento

44 degli attuali confini – qualora Kiev insista nella richiesta di entrare nella NATO e di espellere la Flotta da Sebastopoli. La questione ha avuto un picco di criticità durante il mese di Agosto, in concomitanza con il breve conflitto russo – georgiano. Il Presidente ucraino Yushchenko ha pubblicamente preso le parti della Georgia, ed ha intimato alla Russia di non utilizzare la Flotta basata a Sebastopoli per le operazioni offensive contro la Georgia. In caso contrario, alla stessa Flotta sarebbe stato negato il permesso a rientrare a Sebastopoli, al termine delle operazioni. Le Unità della Flotta hanno in effetti concorso in maniera non marginale alle operazioni, ed hanno poi potuto far rientro alla loro Base. In Ucraina, come prevedibile, la questione è infatti divenuta immediatamente un catalizzatore dei forti contrasti politici interni, con il Primo Ministro, Yulia Timoshenko, che si è apertamente dissociata dalla posizione assunta dal Presidente Yushchenko. A tale posizione della Timoshenko – che ha evidentemente favorito i Russi, dimostrando l’aleatorietà delle prese di posizione dell’Ucraina sul piano internazionale – sono il risultato della rivalità fra Presidente e Primo Ministro, tutti e due candidati alla prossima elezione presidenziale, prevista per la fine del 2009 o l’inizio del 2010. Nondimeno, come è apparso evidente, il contenzioso Russia – Ucraina sulla Base di Sebastopoli, sulla Crimea nel suo complesso e sull’intera questione dei rapporti fra i due Paesi, è largamente suscettibile di degenerare in confronto e potenzialmente in conflitto militare.

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Georgia e sicurezza energetica

La Russia e la Georgia attuali sono entrambe frutto dello smembramento dell’Unione Sovietica. Tuttavia i due Paesi hanno vissuto lo stesso processo in modo diametralmente opposto, giacché per Mosca si è trattato di una sorta di rottura di un “ordine naturale”, quello della unificazione sotto l’autorità del Cremlino di una lunga serie di Paesi disposti attorno alla stessa Russia, sedimentatosi nel corso dei secoli e poi definitivamente affermatosi in epoca sovietica. Nel caso di Tbilisi, invece, l’indipendenza del 1991 è vissuta e ricordata come il ritorno alla libertà, dopo un lungo periodo di oppressione. Le origini del conflitto fra Russia e Georgia dell’agosto del 2008 possono essere ricondotte direttamente a quella storica fase di ridisegno delle mappe politiche. In effetti prima ancora che l’Unione Sovietica andasse in frantumi, i nazionalisti georgiani tentarono a varie riprese di riportare sotto il controllo di Tbilisi quelle regioni che godevano di vari livelli di indipendenza anche in epoca sovietica, ma che appartenevano storicamente alla Georgia, almeno agli occhi dei nazionalisti. Per contro, Mosca non ha mai nascosto il proprio desiderio di ricostruire – magari sotto forme nuove – quella costellazione di satelliti attorno al suo “nucleo duro”, che potrebbe in linea di massima essere identificato con l’attuale territorio della Federazione Russa. In questo caso, oltre a considerazioni di natura storica e culturale, valgono importanti ragioni di natura eminentemente strategica. Con la prospettiva di uno sfruttamento intensivo delle risorse energetiche presenti nell’area trans-caspica ed in Centro Asia, la Georgia è divenuta un Paese geopoliticamente molto importante. Attraverso la Georgia passano infatti i flussi energetici che possono raggiungere i mercati internazionali senza attraversare la Russia, e quindi fuori dal controllo di quest’ultima. L’interesse di Mosca è quindi quello di mantenere un sostanziale controllo, sia in termini economici, sia propriamente politici su Tbilisi, per non perdere il proprio monopolio geopolitico, rappresentato appunto dalla capacità di controllare la totalità dei flussi di prodotti energetici diretti verso Occidente. Mosca ha quindi perseguito una strategia di costante indebolimento delle istituzioni e della coesione nazionale della Georgia, in maniera del tutto simile a quanto attuato anche in altre Repubbliche ex-sovietiche ed in particolare in Moldova, con la Transnistria, in Azerbaijan con il Nagorno-Karabak, e in maniera meno incisiva nelle Repubbliche baltiche, mediante il sapiente sfruttamento delle comunità russofone. Il fine è quello di impedirne un

46 consolidamento politico e quindi un elevato grado di autonomia, anche in termini di orientamento internazionale. In Georgia tale strategia si materializzò fin dai primi anni di indipendenza, mediante l’abile sfruttamento – o più probabilmente la vera e propria istigazione – della conflittualità interetnica esistente nel Paese. Nei conflitti fra le Autorità di Tbilisi e le Comunità che aspiravano all’indipendenza dalla Georgia, Mosca sostenne queste ultime, anche se spesso ricorse alla bandiera della neonata Comunità di Stati Indipendenti per garantire al proprio contingente militare lì operante una parvenza di legittimità internazionale. Va infatti ricordato come, in quegli stessi anni, si aprivano numerose crisi dovute alla conflittualità etnica e politica, in diverse regioni del mondo, a partire dai Balcani. Per affrontare tali crisi, la Comunità internazionale non esitò a rompere i tradizionali schemi del diritto internazionale e, soprattutto, di quell’ “Ordine westfaliano” che imponeva da secoli la non ingerenza negli affari interni degli altri Stati sovrani. Mosca quindi adottò una formula di intervento – il peacekeeping di un Contingente multinazionale – il più possibile simile a quello adottato anche dai Paesi occidentali; d’altra parte questi ultimi sembrarono ben lieti di lasciare a Mosca la responsabilità e l’onere di stabilizzare i territori ex sovietici, che non offrivano al momento altra prospettiva che quella di un estenuante coinvolgimento in un conflitto a bassa intensità. Per i primi anni di vita, la Georgia ha sofferto quindi di una profonda instabilità interna, aggravata certamente dalla perdita del controllo di queste tre regioni indipendentiste, ovvero l’Abkhazia, l’Ossezia meridionale e l’Adjaria, l’ultima delle quali particolarmente importante in termini economici, per la presenza della città portuale di Batumi. Per l’effetto combinato del disinteresse dell’Occidente e per la speculare debolezza dei contendenti – Russia e Georgia – che non avevano le risorse per imporre una soluzione stabile e definitiva alla contesa, la situazione in Georgia è quindi rimasta congelata per circa quindici anni. A seguito della sua trionfale elezione, seguita a quella che è passata alla storia come la “rivoluzione delle rose”, il Presidente georgiano Saakashvili ha potuto godere di un importante sostegno economico e politico da parte dell’Amministrazione statunitense, per attuare le sue ambiziose prospettive di ripresa economica, militare e politica. Fin dalle prime battute, Saakashvili ha saputo riportare sotto il controllo di Tbilisi la regione dell’Adjaria, costringendo alla fuga in Russia Aslan Abashidze, il “signore” locale. Poi ha tentato di replicare quanto fatto in Adjaria anche in Ossezia meridionale ed in Abkhazia, ma qui la reazione di Mosca è stata decisamente meno accondiscendente, e le ancora debolissime forze militari georgiane hanno quindi dovuto desistere.

47 Si è pertanto avviata una fase di potenziamento delle capacità, economiche e militari, sia in Georgia che in Russia. La Georgia ha ricostruito – con il sostanziale supporto tecnico statunitense – le sue forze armate, mentre ha rafforzato l’economia mediante la realizzazione di quegli oleodotti e gasdotti ora al centro dell’attenzione internazionale. La Russia, negli stessi anni, è riuscita a riportare sotto il controllo – ancorché non completo – le zone ribelli della sua stessa Federazione, a cominciare dalla Cecenia. Ha accumulato un’enorme quantità di valuta; ha potenziato le sue forze armate. Cosa più importante, ha stretto accordi sempre più vincolanti con molti dei Paesi occidentali, soprattutto per la fornitura di energia, garantendosi quindi – se non il consenso – quantomeno la benigna disattenzione di molte capitali europee verso i suoi sempre più chiari disegni neo-imperiali. La crescita economica e politica della Georgia, significativa in termini percentuali, non avrebbe comunque mai potuto sopperire alla macroscopica inferiorità di Tbilisi rispetto a Mosca, a meno che la prima non fosse riuscita ad accedere a quelle Organizzazioni euro- atlantiche – NATO e magari Unione Europea – che ne potessero garantire la piena autonomia rispetto al gigante ai suoi confini. La partita per l’accesso della Georgia nella NATO è divenuta quindi la chiave di volta per interpretare le opposte strategie messe in atto dalla Georgia e dalla Russia. Alle spalle di questo, tuttavia, gioca un ruolo chiave la già citata “questione energetica”, che se per l’Occidente si traduce nel ben noto concetto di “sicurezza energetica”, per Mosca si può tradurre come “sicurezza del mantenimento della propria posizione dominante”, relativamente all’esportazione dei prodotti energetici dai territori ex sovietici, mentre, infine, per Tbilisi si può declinare come “sicurezza della sostenibilità della propria indipendenza”, giacché l’afflusso di risorse economiche generato dalle royalties sul trasporto di gas e petrolio rappresenta una vitale componente del Bilancio dello Stato e, con esso, della esistenza stessa di una politica estera relativamente indipendente dal volere di Mosca. Va per altro ricordato come la posizione strategica della Georgia sia di grande interesse anche per le esigenze commerciali dei Paesi dell’ex Unione Sovietica che non intendono sottostare al regime di monopolio della Russia. Sempre più spesso, quindi, in Georgia si avvia la realizzazione di infrastrutture strategiche, mediante l’investimento diretto di risorse di altri Paesi della regione. Il 16 Maggio, ad esempio, la compagnia petrolifera di Stato dell’Azerbaijan ha inaugurato il nuovo terminal petrolifero costruito nei pressi di Poti, sulla costa georgiana del Mar Nero.

48 Il terminal potrà esportare fino a 10 milioni di tonnellate di petrolio ogni anno, a partire dal 2010. Lo scorso Febbraio, invece, la compagnia di Stato del Kazakhstan aveva rilevato il terminal di Batumi, la principale città georgiana sul Mar Nero. Questa struttura è in grado di esportare 15 milioni di tonnellate di greggio ogni anno. L’interesse del Kazakhstan nelle potenzialità della Georgia quale via di transito per le proprie esportazioni sono dovute alla progressiva crescita delle capacità di estrazione di idrocarburi nello stesso Kazakhstan. Il giacimento “gigante” di Tengiz, con riserve valutate a 8,5 miliardi di barili, sta progressivamente aumentando la sua produzione, che passerà dai circa 550.000 barili al giorno attuali a circa 1 milione di barili al giorno. Al tempo stesso, sempre in Kazakhstan procedono i lavori per la messa in produzione del secondo giacimento “gigante”, quello di Kashgan, le cui riserve commerciali sono stimate essere pari a 9 miliardi di barili. Progressivamente, e già dai prossimi anni, dal Kazakhstan si genererà un flusso di idrocarburi realmente importante per le economie dei Paesi occidentali, ed una parte di tale flusso transiterà di certo attraverso la Georgia, grazie all’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyan ed al quasi parallelo gasdotto Baku-Tbilisi-Erzurum. A ciò si deve senz’altro aggiungere il grande valore strategico che potrà giocare il nuovo collegamento ferroviario, in via di realizzazione, destinato a connettere la rete ferroviaria turca e quella georgiana. Ai tempi dell’Unione Sovietica i treni raggiungevano la Turchia, ma non attraverso la Repubblica Socialista Sovietica di Georgia, bensì attraverso la vicina Armenia. Con la chiusura della frontiera fa quest’ultimo Paese e la Turchia i collegamenti ferroviari non sono stati più possibili. Ecco quindi che l’iniziativa di realizzare ex-novo un collegamento fra Turchia e Georgia determinerà prospettive di traffico estremamente interessanti. Attraverso la Georgia, infatti, si metteranno in collegamento le reti turca ed azera, nonché potenzialmente anche quella iraniana. Ciò per tacere della persistente valenza della rete georgiana per collegare la Russia all’Armenia, e garantire quindi a questo Paese l’indispensabile collegamento con il suo potente alleato. Ovviamente quest’ultimo collegamento non può più considerarsi assicurato, in particolare per il transito dei rifornimenti alla base militare russa in Armenia. Ma ciò non toglie che per l’Armenia la disponibilità della rete di trasporti georgiana rappresenta una condizione imprescindibile, pena l’isolamento quasi assoluto del Paese.

49 A seguito del breve conflitto di Agosto, la situazione in Georgia e nelle due regioni separatiste si è ulteriormente aggravata. La Russia ha definitivamente rimosso ogni ostacolo di natura politica all’impiego dello strumento militare per affermare i suoi interessi in Georgia. Con il riconoscimento dell’indipendenza delle due regioni separatiste, e con lo stanziamento di diverse migliaia di uomini nelle stesse, Mosca ha praticamente mano libera per replicare, in qualunque momento, una incursione militare in Georgia. Se ancora prima dell’intervento di Agosto la particolare orografia della regione induceva a ritenere possibile un’azione militare su vasta scala solo durante il periodo primaverile ed estivo, con la disponibilità di basi e depositi in Abkhazia e Ossezia meridionale, quindi oltre i rilievi della catena del Caucaso, l’intervento militare russo può essere ripetuto in qualunque momento. Relativamente al dispiegamento della missione di monitoraggio decisa dall’Unione Europea, i circa 200 Osservatori sul terreno – altri sono impiegati nella catena di comando e sostegno – non sarebbero in grado che di prender atto di una nuova operazione militare, non rappresentando in alcun modo un deterrente. Una nuova crisi può quindi accendersi, anche per motivi apparentemente insignificanti. In realtà, l’obiettivo strategico della Russia, ovvero il ritorno della Georgia sotto la sua sfera di influenza, potrà essere raggiunto solo dopo un radicale cambio di leadership alla testa del Governo di Tbilisi. L’impiego dello strumento militare potrà quindi essere calibrato da Mosca prefiggendosi questo specifico fine.

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Artico e controllo delle risorse naturale nell’estremo nord

La regione dell’estremo nord, che può essere esemplificativamente fatta coincidere con la zona a nord del 70° grado di latitudine, da sempre racchiude grandi misteri ed altrettanto grandi aspettative, intrappolati entrambi dal ghiaccio che per la maggior parte dell’anno rende impossibile la navigazione e particolarmente difficile la sopravvivenza di ogni forma di vita umana. Una della più straordinarie novità di questi ultimi anni è rappresentata certamente dalla rapidità con cui si manifesta un cambiamento climatico che, a parere di molti esperti, sarebbe il frutto avvelenato di un modello di sviluppo particolarmente intensivo e per nulla attento alle capacità dell’ecosistema di riequilibrare naturalmente ciò che l’attività umana corrompe. Il riscaldamento globale è quindi percepito – ormai anche in moltissime dichiarazioni ufficiali a livello delle Nazioni Unite – come un pericolo diretto per la sopravvivenza di molte forme di vita, nonché come causa prima di fenomeni climatici devastanti. C’è però anche chi individua nel cambiamento climatico delle opportunità straordinarie, e questo vale senz’altro anche per i Paesi che si affacciano sulla citata regione dell’estremo nord. Nel corso del 2007 si sarebbe registrato il più marcato assottigliamento dei ghiacci della calotta artica, da quando si ripetono in maniera scientifica delle osservazioni a tal proposito. Secondo alcune stime, negli ultimi trenta anni la superficie ghiacciata durante i mesi estivi si sarebbe ridotta di almeno il 15%; stime pessimistiche delineano addirittura uno scenario nel quale, nel 2040, l’intera calotta artica si sarà sciolta, ed il polo nord sarà raggiungibile via mare. Non esiste consenso sulla verosimiglianza di tali scenari, e soprattutto non esiste consenso sulla rapidità con cui lo scioglimento dei ghiacci artici potrà avvenire. Esiste però una sostanziale condivisione dell’idea secondo cui, nei prossimi decenni, la regione dell’estremo nord diverrà molto più accessibile di quanto non lo sia stato fino ad ora, e quindi molto più “utile”. Due sono i fattori di potenziale, grande interesse che la regione dell’estremo nord presenta.

51 Il primo è rappresentato dalla possibilità di utilizzare le rotte settentrionali, a nord dei continenti eurasiatico e americano, per collegare più rapidamente i grandi poli del commercio mondiale. Se, ad esempio, si potesse navigare a nord del continente eurasiatico, la rotta fra Rotterdam e Shanghai risulterebbe più breve del 23% rispetto a quella seguita attualmente, cioè attraverso il canale di Suez. Fra Rotterdam e Yokohama si risparmierebbe il 34% del percorso, mentre l’utilizzo del mitico “passaggio a nord-ovest”, quindi a nord del continente americano, accorcerebbe la rotta fra Rotterdam e Vancouver del 22%. Questi dati rendono immediatamente evidente come il transito attraverso queste acque, se libere dai ghiacci comporterebbe straordinari risparmi. Il potenziale più interessante, relativamente alla regione dell’estremo nord, non è però rappresentato dalla possibilità di navigazione, almeno per alcuni mesi all’anno. Sono le risorse naturali, sia di minerali, sia di idrocarburi, ad attirare i maggiori interessi. Secondo una valutazione completata nel 2000 dal Servizio Geologico degli Stati Uniti d’America, relativamente alle riserve petrolifere mondiali, l’Oceano artico celerebbe almeno il 25% di tutte le riserve mondiali di gas naturale e petrolio ancora non scoperte. In termini nominali si tratterebbe di oltre 350 miliardi di barili di petrolio, ovvero circa il 50% più delle riserve stimate dell’Arabia Saudita 5. È quindi del tutto logico che la regione dell’estremo nord cominci ad attirare un grande interesse, e la Russia e alcuni Paesi della NATO sono i protagonisti di quella che comincia a profilarsi come una aperta contesa per il controllo di questa regione. La Russia, in particolare, sembra al momento essere il Paese che sta mettendo in essere le misure più concrete per affermare il suo controllo – se non il vero e proprio possesso o addirittura la sovranità – sulla regione dell’estremo nord. Fin dagli anni Venti, infatti, l’allora Unione Sovietica rivendicò la propria sovranità u tutte le terre, note ed ancora ignote, comprese nella regione a nord del proprio territorio, fino al polo nord. Nel corso dei decenni l’Unione Sovietica continuò blandamente a rivendicare dei diritti sulla regione, e soprattutto procedette con numerose missioni esplorative, anche in virtù della rilevanza militare della stessa. Con l’adesione alla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto nel mare (UNCLOS), avvenuta nel 1997, la Federazione Russa, Stato successore dell’Unione Sovietica, di fatto

5 La stima è riportata in “Russia and the Arctic: the new great game”, Mark A Smith, paper per l’ARAG, settembre 2007 52 rinunciò ad ogni rivendicazione di diritti differenti da quelli riconosciuti nella stessa Convenzione. Attualmente la regione artica è internazionalmente riconosciuta come territorio internazionale, ma secondo quanto previsto dalla citata Convenzione ogni Paese può rivendicare dei diritti sul fondo del mare – quindi sui giacimenti ivi celati – fino a 150 chilometri dalla fine della cosiddetta scarpata continentale. Fin dal 2001 la Russia rivendica allora la sovranità su una catena montuosa sottomarina, la Catena di Lomonosov, che attraversa la regione artica. Tale rivendicazione si basa sul presunto collegamento fra la stessa catena sottomarina ed il Continente eurasiatico, quindi con la terra emersa sotto sovranità russa. A livello internazionale la rivendicazione russa fu rigettata nel 2002, proprio per l’insufficienza delle prove addotte, sicché nel 2005 e poi nuovamente nel 2007 la Russia ha intrapreso nuove spedizioni scientifiche volte a dimostrare proprio il collegamento fra la Catena di Lomonosov ed il Continente. All’interno di questo quadro si inserisce anche il gesto altamente simbolico rappresentato dall’avere piantato sul fondo dell’Oceano artico, in corrispondenza del Polo Nord, una bandiera russa, il 2 agosto 2007. Gli stessi Rappresentanti ufficiali della Russia riconoscono che il gesto simbolico in questione non costituisce di per sé un atto significativo ai fini del riconoscimento dei diritti; nondimeno esso ha suscitato un grande clamore, e reazioni particolarmente ostili da parte degli altri Paesi che, a loro volta, rivendicano dei diritti sulla regione. Il Canada, soprattutto, fin dagli anni Quaranta rivendica la sovranità su una larga parte della regione artica, e dagli inizi del Secolo ha anche ripreso a svolgere esercitazioni militari nei territori alle più alte latitudini. In più occasioni, negli ultimi anni, i leader canadesi si sono espressi in maniera non equivoca circa la ferma intenzione del Canada di esercitare la propria sovranità sulla “propria” parte di Artico, ed hanno anche annunciato la volontà di costruire una classe di nuovi Pattugliatori off-shore, nonché la realizzazione di una nuova base militare presso Resolute Bay. Il Canada intende poi considerare il tratto di mare costituente il famoso “passaggio a nord ovest” come mare interno, e non già come via d’acqua internazionale. Altri tre Paesi sono direttamente coinvolti nella disputa, tutti appartenenti alla NATO. La Danimarca, in virtù della sovranità della Corona danese sulla Groenlandia, possiede una percentuale molto rilevante delle terre emerse della regione, e può conseguentemente rivendicare anche una frazione significativa dei diritti sulle risorse marittime e sui fondali.

53 Congiuntamente con il Canada, la Danimarca sta conducendo ricerche geologiche per appurare la conformazione dei fondali, con il fine di dimostrare che la Catena di Lomonosov è in verità collegata con la Groenlandia, e non già con la Russia. La Norvegia ha la sovranità sull’arcipelago delle isole Svalbard, poste a circa 80° di latitudine nord. Fra queste isole c’è Spitsbergen, nella quale, in virtù di un Trattato risalente al 1920, alcuni Paesi hanno diritto ad esercitare attività estrattive. Solo la Norvegia e la Russia esercitano in effetti tale diritto, e questa situazione potrebbe sostanzialmente modificarsi qualora il Trattato in questione fosse messo in discussione, come lasciato ipotizzare da alcune dichiarazioni russe. Infine, ma non certo per importanza, gli Stati Uniti grazie ai propri territori dell’Alaska potrebbero potenzialmente reclamare dei diritti su una consistente porzione della regione, ma tali ambizioni sono frenate proprio dalla mancata ratifica della già citata Convenzione sul diritto nel mare. Nondimeno, sia le Autorità politiche, sia i vertici militari hanno già affermato di non essere ovviamente disposti ad assistere con indifferenza ad eventuali azioni di parte che dovessero portare ad una alterazione dello status quo. Esiste, in sostanza, un notevole numero di attori direttamente coinvolti in quello che potrebbe in breve svilupparsi come un vero e proprio contenzioso internazionale. L’Alleanza Atlantica verrebbe quasi certamente coinvolta in un eventuale sviluppo militare di tale contenzioso, per almeno due motivi. In primo luogo, come visto, quattro dei cinque Paesi direttamente coinvolti sono Membri dell’Alleanza; se gli Stati Uniti avrebbero ampie capacità di tutelare autonomamente i loro interessi, ciò non può dirsi vero per la Norvegia, la Danimarca e in una certa misura anche per il Canada. In secondo luogo, la NATO è già oggi direttamente coinvolta nella difesa della regione artica e sub artica, e non solo in virtù del disposto dell’Articolo 5 del Trattato del nord Atlantico, ma anche quale attività di routine. Da alcuni mesi, infatti, quale misura di reazione ai sempre più frequenti voli di velivoli a lungo raggio russi, che costeggiano gli spazi aerei dei Paesi della NATO, alcuni Paesi Membri dislocano a rotazione propri assetti aerei in Islanda, dove fino ai primi anni Novanta era permanentemente dislocato uno squadrone di velivoli da caccia dell’Aviazione degli Stati Uniti. La Francia ed il Regno Unito hanno già svolto, o stano conducendo, questo genere di dispiegamenti, ed è probabile che anche altri Paesi, non appartenenti alla regione settentrionale, assegneranno in futuro le loro risorse per tale missione, sulla falsariga di quanto avviene per la difesa dei Paesi baltici.

54 Si profila pertanto un crescente coinvolgimento dell’Alleanza Atlantica nella predisposizione di una difesa militare della regione artica, il ché, ovviamente, viene immediatamente letto a Mosca come un ulteriore forma di ingerenza, se non di vera e propria aggressione, portata avanti dall’Occidente attraverso la NATO. Alcuni elementi oggettivi, uniti ad altri meno razionali ma altrettanto cogenti, contribuiscono a questa percezione di “vulnerabilità” della Russia. Si stima da più parti che la capacità Russa di produrre petrolio e gas naturale tenderà a ridursi già nel medio periodo. Questo è dovuto all’effetto combinato del prolungato, intenso e non ottimale sfruttamento dei giacimenti esistenti, nonché dell’obsolescenza complessiva delle infrastrutture di downstream . La Russia, per onorare i tanti contratti di fornitura di idrocarburi e gas già sottoscritti con i clienti europei ed asiatici fa ricorso ampiamente alle riserve localizzate nei Paesi del Centro Asia, e poi commercializzate attraverso la rete russa. Ma il decadimento della capacità di produzione dei propri giacimenti porterà probabilmente ad un significativo calo anche degli introiti derivanti dall’esportazione. Già nei prossimi anni – secondo alcune stime già nel 2011 la produzione russa inizierà a calare – Mosca dovrà necessariamente individuare nuove significative riserve, ed avviarne lo sfruttamento. Ciò sarà indispensabile proprio per mantenere quel percorso di crescita dell’economia e di consolidamento dell’apparato statale, a cominciare dalle Forze armate. Ecco perché la questione del possesso e dello sfruttamento delle riserve di idrocarburi sotto l’artico rappresenta per Mosca un elemento vitale della propria sopravvivenza. E diverrà particolarmente critico già a partire dai prossimi anni, quando si registrerà contemporaneamente un’ulteriore crescita dei consumi mondiali ed un assottigliarsi delle riserve oggi accertate. C’è poi, come detto, la questione – meno razionale ma altrettanto cogente – della percezione di subire dalla fine dell’Unione Sovietica ad oggi una costante erosione della propria sovranità, intesa non tanto nell’accezione tradizionale di esercizio delle prerogative statali all’interno dei propri confini, quanto in un significato “imperiale”, cioè di esercizio di una sfera di influenza all’interno di una regione di prevalente interesse storico, il cosiddetto “estero vicino”. Sotto questa ottica, le “perdite” che la Russia ha subito nella regione occidentale, perdite rappresentate dallo sganciamento dei Paesi dell’Europa Centrale dalla sua orbita e dall’adesione alla NATO, dovrebbero essere “giustamente” compensate dall’acquisizione del controllo sulla regione artica e, soprattutto, sulle sue risorse.

55 Ecco quindi perché l’attivismo della NATO nella regione artica, per quanto ai più bassi livelli, sia percepito in maniera estremamente negativa da parte della Russia.

56 Capitolo 5

Conclusioni Dott. Andrea Grazioso

La percezione di sicurezza di cui i Paesi europei godono, da almeno quindici anni a questa parte, è il risultato combinato di due fattori. Da un lato esiste una diffusa percezione di un venir meno delle cause storiche, economiche e politiche che hanno generato i due Conflitti Mondiali e poi il lungo confronto della Guerra Fredda. Già con l’avvento di Mikail Gorbachev alla guida dell’Unione Sovietica, in Occidente si iniziò a respirare un clima nuovo, in cui il sentimento di fiducia risultava largamente prevalente sulla sensazione di pericolo proveniente dal mondo comunista. A partire dalla fine degli anni Ottanta, quindi, giunsero finalmente a maturazione – cioè iniziarono a produrre effetti realmente determinanti – quella serie di misure tecniche e politiche intese a rafforzare la confidenza reciproca, misure imbastite e poi attuate fin dagli anni Settanta. Con il collasso dell’Unione Sovietica, prima, ed il definitivo superamento della divisione del Continente europeo in due blocchi militarmente contrapposti, poi, il clima di fiducia - almeno in campo occidentale – divenne largamente prevalente su ogni altra considerazione più squisitamente strategico-militare. Il secondo fattore che ha permesso l’affermarsi di questa percezione di sostanziale sicurezza non ha natura psicologica o morale. Ha al contrario un solido fondamento materiale, ed è rappresentato dal complesso dei Trattati, degli Accordi e dei meccanismi di verifica degli stessi, elaborati e adottati in un lasso temporale relativamente ristretto, fra la seconda metà degli anni Ottanta ed i primi anni Novanta. In particolare il Trattato sulle Forze Convenzionali in Europa (CFE) può considerarsi la chiave di volta per la drastica riduzione della contrapposizione militare convenzionale sul Continente europeo, sia in virtù della sostanziale diminuzione del numero di “pezzi”, cioè di equipaggiamenti militari idonei alla condotta di una guerra convenzionale, sia grazie alla determinazione di quote per i singoli Paesi e per le singole aree geografiche in cui si può concettualmente dividere l’Europa. Il Trattato CFE deve buona parte della sua efficacia al meccanismo di verifiche e di ispezioni, anche di natura “intrusiva”, che hanno permesso in primo luogo di accertare l’effettivo smantellamento dei sistemi d’arma oggetto della riduzione, secondo procedure

57 tali da impedire un futuro reimpiego degli stessi, e che hanno poi garantito a tutti i Paesi una elevata visibilità sugli arsenali degli altri Stati parte. Simmetricamente, il Trattato INF può essere considerato la chiave di volta per la drastica riduzione del pericolo di guerra nucleare in Europa, perché ha portato all’abolizione di due intere categorie di armi, i missili (da crociera e balistici) a corto e a medio raggio, bandendo quindi tutti i vettori con gittate comprese fra 500 e 5500 chilometri. Questi sistemi, ed in particolare quelli a medio raggio, chiamati familiarmente “euromissili” o, più tecnicamente, “armi di Teatro”, erano considerate altamente destabilizzanti, perché consentivano di portare in tempi brevi, o estremamente brevi, come nel caso dei sistemi balistici, l’offesa nucleare ben dentro il territorio nemico, con ciò causando un clima di particolare sospetto e timore reciproco. Va detto anche che, secondo alcuni analisti, gli “euromissili” furono in verità uno strumento politico, ben più che militare, che generò una forte stabilità strategica, proprio perché determinava una “instabilità politica”. In presenza dei soli sistemi tattici (da impiegare sul campo di battaglia) e di sistemi strategici, saldamente sotto il controllo delle superpotenze, l’ipotesi di un conflitto militare nucleare limitato alla sola Europa poteva dirsi plausibile. Esisteva, infatti, una soluzione di continuità fra le due categorie di armamenti, e le superpotenze avrebbero realisticamente evitato di condurre alle estreme conseguenze la escalation, cioè lo scambio atomico sui rispettivi territori, se un conflitto in Europa avesse visto l’impiego di armi nucleari tattiche. Con i missili di Teatro la escalation da tattica a strategica diveniva molto più plausibile, proprio per l’esistenza di un gradino intermedio che avrebbe reso più probabile l’innalzamento del livello dello scontro. Lo spiegamento degli “euromissili” fu quindi “stabilizzante” in termini militari, perché legava strettamente la sopravvivenza dell’Europa a quella degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, ma destabilizzante in termini politici, soprattutto per Washington e Mosca, perché riduceva le opzioni delle due superpotenze. Non deve destare meraviglia, quindi, se proprio i leader statunitense e sovietico siglarono in poco tempo l’accordo INF, “passando sopra la testa” dei Governi europei, che pure avevano pagato un prezzo altissimo con le rispettive pubbliche opinioni, pur di giungere allo schieramento di tali missili. Ma l’euforia per il “disarmo atomico” era tale per cui nessun Paese sollevò obiezioni, ed anzi alcuni di questi, come la Germania e la Francia, rinunciarono unilateralmente – cioè al di fuori di un accordo vincolante – ai propri missili rientranti in questa categoria. Il Trattato Cieli Aperti contribuì a suggellare il clima di fiducia reciproca, perché forniva nuovi strumenti per quel regime di ispezioni intrusive già descritto.

58 Il complesso di queste misure, oltre a ridurre la capacità materiale di condurre un conflitto, ha anche drasticamente ridotto i rischi derivanti da attacchi di sorpresa. Da un lato, infatti, il regime di ispezioni e di notifica delle esercitazioni maggiori ha reso virtualmente impossibile la predisposizione occulta delle Forze necessarie alla condotta di una offensiva di vasta portata. Dall’altro, la definizione di limiti territoriali per la distribuzione delle Forze ha anche allontanato dalle zone più critiche la maggior parte degli armamenti. Dai primi anni Novanta in poi la trasformazione del quadro geo-strategico ha largamente sopravanzato ogni evoluzione del quadro di sicurezza determinato dalla esistenza dei citati Trattati. Lo scioglimento del Patto di Varsavia, lo smembramento dell’Unione Sovietica, i successivi round di allargamento della NATO e dell’Unione Europea hanno prodotto una mappa dell’Europa totalmente differente, in termini strategici, da quella esistente fra il 1945 ed il 1989. Si è arrivati ad una situazione sul terreno per la quale la sicurezza militare, la cosiddetta “hard security” , per distinguerla dalla sicurezza “allargata”, cioè comprendente anche la stabilità politica, la libertà dal grande crimine organizzato e, magari, persino la certezza del proprio modello di welfare , è scesa sostanzialmente nell’elenco delle preoccupazioni delle leadership politiche europee, ed è virtualmente scomparsa dal dibattito politico interno, non attraendo alcun interesse per la pubblica opinione. Ciò, con una non trascurabile eccezione, rappresentata da quei Paesi, già sotto il tallone sovietico, che hanno temuto fin dall’inizio della loro ritrovata libertà di essere in futuro nuovamente oggetto di un’aggressione da parte di Mosca. Le successive fasi di allargamento della NATO si sono svolte, quindi, con relativa semplicità, soprattutto perché i Membri storici dell’Alleanza non hanno intravisto nessuna seria controindicazione alla estensione della protezione offerta dalla NATO ai nuovi Membri orientali, stante l’assenza di minaccia. Progressivamente, i livelli di Forza sono scesi ampiamente al di sotto di quelli previsti dai Trattati e dagli Accordi dei primi anni Novanta, sicché questi ultimi sono stati progressivamente percepiti come obsoleti, perché superati da una realtà di distensione e di disarmo che era ormai andata molto oltre ogni più rosea aspettativa. Nel corso degli anni Novanta, e più ancora nel corso di questo decennio, la NATO ha poi subito un processo di trasformazione sostanziale, tanto che si è correttamente parlato di “doppio allargamento” dell’Alleanza, ad intendere sia la sua dimensione territoriale, sia quella funzionale.

59 Il “fuori area” è assurto prima a necessaria opzione per mantenere in vita la NATO, in un contesto di assenza di minaccia; si parlava allora di “ out of area, or out of business” . Poi le operazioni di stabilizzazione sono cresciute ancora nella loro rilevanza, tanto che l’impegno della NATO in Afghanistan, o meglio il “successo” della stessa Alleanza è divenuto fattore indispensabile per decretare la sopravvivenza della stessa. Mai, prima di allora, fra gli Alleati della NATO si erano sollevati così frequentemente i problemi relativi all’ineguale impegno che i vari Membri dedicavano alla causa comune. Persino durante gli anni più cupi della Guerra Fredda si era mantenuto saldo il principio della sovranità di tutti i Membri nelle scelte di politica militare, quale principio cardine di un’Alleanza che faceva proprio di questo rispetto un suo punto di forza. Così avvenne, ad esempio, nella già citata questione degli “euromissili”, quando non si arrivò mai ad accusare singoli Paesi o “schieramenti di riottosi” di non volersi assumere la propria quota di responsabilità e di rischio. Tutto ciò è invece avvenuto nella seconda metà di questo decennio; il dibattito fra Alleati si è più volte caratterizzato da un’aperta tensione, fino a mettere in discussione persino il principio di “solidarietà atlantica”, cioè il presupposto morale su cui si poggiano le previsioni della difesa collettiva. E questo è avvenuto non già quando uno o più Alleati sono stati minacciati militarmente da una potenza ostile, bensì relativamente al grado di “aggressività” ed “incisività” con cui condurre le operazioni in Afghanistan. Questo apparente paradosso è indicativo del cambiamento straordinario avvenuto negli ultimi anni. In assenza di una percezione di qualsivoglia minaccia, prima il Concetto Strategico, poi i periodici summit dell’Alleanza Atlantica hanno progressivamente abbracciato un concetto di “difesa collettiva” sempre più distante da quello originariamente concepito a sancito nel Trattato del Nord Atlantico, Trattato che non è però mai stato modificato, neppure in parte. Oltre alla “prassi”, ovvero all’interpretazione della funzione politica, militare e strategica della NATO, in questi ultimi dieci anni è mutata profondamente anche la struttura delle Forze a disposizione. La grande novità è stata rappresentata dalla crescita progressiva – e probabilmente eccessiva – delle formazioni multinazionali, che hanno soppiantato i solidi ma “vecchi” schieramenti eminentemente nazionali. Al termine di una breve ma intensa evoluzione, la NATO Response Force si è infine imposta prima come “motore della trasformazione”, poi come essenza stessa della nuova NATO.

60 Un processo del tutto simile si è registrato in ambito Unione Europea, dove la crescita di ambizione della Politica Estera e di Sicurezza Comune ha generato infine una modesta, ma nondimeno onerosa “capacità” di intervento, ovvero i battlegroups . Oggi l’Europa si trova in una nuova fase, i cui contorni non sono ancora chiari, mentre sono emersi con prepotenza alcuni elementi assolutamente degni di attenzione. In primo luogo, l’architettura di sicurezza rappresentata dal complesso di Trattati ed Accordi – già ampiamente descritti in precedenza – è stata pesantemente messa in discussione. La “sospensione” del rispetto delle clausole del Trattato CFE da parte della Russia è giunta dopo un lungo periodo di aperto dissenso fra Mosca ed i Paesi della NATO circa gli obblighi morali e politici derivanti dall’accettazione di un ordine europeo in cui nessun Paese poteva mantenere proprie truppe sul territorio di altri Paesi senza il consenso di questi ultimi. La sospensione – che equivale nei fatti ad una denuncia dello stesso Trattato – è quindi il frutto di una profonda degenerazione di quel clima politico, maturato lentamente negli anni Settanta e poi affermatosi negli anni Ottanta, che aveva portato al prevalere della confidenza sulla diffidenza. Ma con il Trattato CFE scompare anche quel sistema di verifiche e di ispezioni intrusive che avevano un valore non solo politico e psicologico, ma anche materiale. Anzi, per l’esattezza proprio il rifiuto di Mosca ad accettare le ispezioni della OSCE in Abkhazia, da dove la Russia avrebbe dovuto ritirare le sue truppe fin dal 2001, ha rappresentato il primo inequivocabile segnale del cambiamento. Al momento della stesura di questo studio, il Trattato INF resiste al vento del cambiamento, ma anch’esso sembra realmente prossimo alla sua denuncia. Dalla Russia provengono segnali inequivocabili di profonda insoddisfazione per gli sviluppi strategici e militari in Centro Europa. In particolare la questione della componente europea del sistema di difesa anti missile statunitense potrà determinare, già nel breve periodo, la decisione russa di schierare sistemi offensivi nella enclave di Kaliningrad, o magari in Bielorussia. Se questi sistemi dovranno avere una credibilità militare, allora dovranno necessariamente violare le previsioni del Trattato INF. Allo stato attuale, comunque, appare evidente come i presupposti per quella diffusa e pervasiva percezione di sicurezza, che ha caratterizzato l’Europa negli ultimi quindici anni, siano venuti meno. Non solo. Negli ultimi anni sono emersi con prepotenza nuovi elementi di attrito, nuovi contenziosi, frutto anche della rapidità degli eventi dei tardi anni Ottanta, che “lasciarono indietro” la risoluzione di questioni territoriali preesistenti alla stessa Guerra Fredda.

61 Questi contenziosi non sono semplicemente degli “scheletri nell’armadio” del processo di ridisegno geostrategico del Continente europeo. Sono questioni rimaste aperte, ben vive, anche se per lungo tempo il loro grado di priorità è stato talmente basso da farli virtualmente scomparire dal ragionamento strategico. Ad essi si aggiungono poi nuovi contenziosi frutto dell’emergere di nuove pressanti priorità, quali ad esempio l’accesso alle fonti di energia. Se in quella che era conosciuta come la “regione centrale” del confronto est-ovest, centrale in termini geografici e di rilevanza, si assiste a dei contenziosi emblematicamente militari – è evidentemente il caso del sistema anti-missile, ma anche della base di Sebastopoli – nelle regioni dei “fianchi”, sempre per utilizzare una terminologia oggi quasi dimenticata, il problema principale sembra essere proprio il controllo delle fonti di energia, o quantomeno delle vie di trasporto degli idrocarburi. Questioni estremamente concrete, quindi, che hanno un impatto diretto proprio su quella “hard security ” che sembrava ormai non più minacciata, né minacciabile. È in questo nuovo contesto, che tratteggia inaspettatamente molti dei caratteri tipici dello scenario precedente alla fase di disgelo e di disarmo, che i Paesi europei, la NATO e l’Unione Europea, dovranno nuovamente misurare le loro capacità e la loro compattezza. Il secondo punto, quello della “compattezza”, inteso come capacità di elaborare soluzioni condivise e, soprattutto, attuarle, è eminentemente politico. Da questo punto di vista, la situazione in cui versano sia il processo di “approfondimento” del legame europeo, sia il percorso di adeguamento dell’Alleanza Atlantica alla nuova realtà, pongono diversi motivi di preoccupazione. È un fatto incontrovertibile che l’Unione Europea fatichi moltissimo a trovare una sua efficiente architettura, capace di armonizzare la necessità di tutelare gli interessi dei Paesi Membri con le necessità derivanti dal dover agire in maniera congiunta ed efficace in uno scenario – sia esso strategico militare, oppure economico e finanziario – molto complesso. Quanto alla NATO, i già citati “profondi dissapori” che sono emersi fra gli Alleati, a causa della diseguale distribuzione dei rischi e degli oneri derivanti dalle missioni in atto – a cominciare ovviamente da quella in Afghanistan – ha determinato un crescente scetticismo circa la effettiva funzionalità di una NATO che comprende ormai 28 Paesi, dei quali solo un ristretto numero sembra seriamente impegnato a dotarsi di uno strumento militare efficace, mentre la grande maggioranza sembra propensa ad usufruire della sicurezza generata dagli altri, senza partecipare significativamente allo sforzo collettivo. Esiste però anche un problema di capacità, ovvero di adeguatezza degli strumenti militari sviluppati negli ultimi dieci anni rispetto alle necessità attuali e del prevedibile futuro.

62 Le Forze multinazionali di intervento, concepite quali strumenti altamente duttili e reattivi, ma finalizzati essenzialmente all’intervento nella gestione delle crisi, probabilmente non sono lo strumento idoneo a fronteggiare i nuovi rischi, a rispondere alle nuove necessità. In linea teorica una Forza quale la NRF dovrebbe disporre di capacità di “ forcible entry ” anche in contesti non permissivi e di autonomia operativa tale da garantire il successo in scenari di piccola e media complessità; in alternativa dovrebbe operare come forza iniziale di “entrata” in un Teatro, in attesa di un intervento molto più robusto. Nella pratica, però, il pesante fardello rappresentato dalla condotta di operazioni complesse e molto prolungate – e di nuovo l’Afghanistan è il caso di riferimento – ha imposto una revisione al ribasso delle capacità esprimibili dalla NRF, semplicemente perché i Paesi Membri non dispongono delle capacità per mantenere contemporaneamente un congruo numero di Reparti fuori area, in missioni impegnative, e al tempo stesso Forze di alta qualità in stand -by . Resta poi da appurare la reale impiegabilità di uno strumento quale la NRF – ma il ragionamento relativo ai Battlegroups è del tutto analogo – in assenza di quella solida convergenza di intenti già segnalata. A rigor di logica, il conflitto in Georgia dell’Agosto 2008 avrebbe rappresentato il contesto perfetto per l’impiego – magari con funzioni dissuasive – della NRF. La Georgia è un Paese Partner dell’Alleanza da molti anni, ha seguito un lungo percorso di avvicinamento mediante la fase del cosiddetto “dialogo intensificato”, infine è stata valutata per la piena membership, valutazione che ha trovato l’atteggiamento favorevole di alcuni, sfavorevole di altri, sicché la questione di un ingresso del Paese nella NATO è stata posposta di alcuni mesi. Non si può dubitare, quindi, del fatto che la Georgia fosse, e sia un Paese molto vicino all’Alleanza, non solo in termini geografici, ma soprattutto politici. E lo scopo strategico della NRF è proprio quello di tutelare gli interessi di sicurezza dell’Alleanza Atlantica, siano essi compresi nelle previsioni dell’Articolo 5 oppure no. Ma è altrettanto fuori di dubbio che molto difficilmente i Paesi “di turno”, cioè quelli a cui spetta l’onere di mettere a disposizione le Forze per la NRF, o per il Battlegroups, siano disposti ad impegnarsi in una operazione “ combat ” per la tutela di un interesse si strategico, ma sul quale non esiste affatto convergenza in ambito alleato, ed il tutto reagendo in pochi giorni. In altri termini, la logica alla base delle Forze multinazionali di intervento sembra vacillare, stante la nuova realtà che si sta affermando in Europa.

63 Troppo basso è il consenso in ambito alleato circa le questioni cruciali che si stanno delineando, o che hanno già raggiunto la nostra soglia di casa, e troppo alto il rischio di un confronto militare “vero”, contro uno Stato militarmente organizzato, propenso all’uso della forza militare molto più di quanto non lo sia la maggioranza dei Paesi europei. Sembrerebbe allora necessario rimettere in discussione l’attuale organizzazione e struttura della Forze, nell’attesa che anche l’architettura istituzionale ed il processo decisionale dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione Europea si adeguino alle necessità. Una delle possibili soluzioni potrebbe essere rappresentata da uno schieramento avanzato di pacchetti di Forze, fornite da quei Paesi Membri che avessero “sovranamente” deciso di partecipare a quella specifica operazione. Similmente a quanto avvenuto con le operazioni sulla ex-Iugoslavia, proseguite per molti anni dopo le operazioni del 1995 e del 1999, anche in altri Paesi dell’Alleanza potrebbero essere dispiegate Forze combinate, sotto un Comando operativo facente capo direttamente al Vertice politico e militare della NATO o dell’Unione Europea, e dotato di uno specifico “mandato”, cioè di un obiettivo strategico da perseguire. Come già citato, in Islanda, Paese NATO che non dispone di proprie capacità militari, alcuni Membri della NATO stanno da alcuni mesi ruotando assetti aerei, destinati a esercitare il controllo delle sortite dei velivoli a lungo raggio russi. Del tutto simile è quanto avviene ormai da anni per la difesa aerea dei Paesi baltici. Questo genere di operazioni potrebbero crescere per numero e per consistenza, portando quindi al già ipotizzato “schieramento avanzato” di pacchetti di capacità, credibili sul piano militare e compatibili con gli obiettivi politici prefissati. La “solidarietà fra Alleati” non sarebbe messa costantemente alla prova, perché solo quei Paesi realmente disposti a tutelare specifici interessi metterebbero a disposizione le proprie Forze, trasferendone l’Autorità alla struttura di Comando alleata, nei limiti specifici del mandato. Ma questo genere di nuova “mappa degli impegni” confliggerebbe, molto probabilmente, con i già numerosi doveri che i Paesi europei hanno assunto, o ritengono di dover assumere, per la soluzione delle crisi nella altre aree del globo. Sarebbe ad esempio molto difficile reperire le Forze per condurre una difesa avanzata della Regione dell’Artico, degli Stati Baltici, del Mar Nero, ed al tempo stesso mantenere gli attuali impegni in Afghanistan, nei Balcani e potenzialmente in Africa. Delle scelte, quindi, si imporranno, e la prima occasione per verificare l’interesse dei Paesi della Comunità euroatlantica a perseguire nuove strade sarà data dalla revisione del Concetto Strategico della NATO, che partirà verosimilmente nel corso del 2009.

64 ANNESSO 1

Evoluzione degli apparati militari

Fonti: International Institute for Strategic Studies, 1989, The Military Balance 1989-1990 , London, Brassey; International Institute for Strategic Studies, 2001, The Military Balance 2001-2002 , Oxford, Oxford University Press; International Institute for Strategic Studies, 2008, The Military Balance 2008 , London, Routledge.

N.B. Gli equipaggiamenti elencati sono stati raggruppati tenendo conto esclusivamente del loro ambiente d’impiego (terrestre, aereo, marittimo), e non della branch of service presso la quale risultano effettivamente in servizio. Laddove necessario, inoltre, sono stati tenuti da conto anche gli equipaggiamenti in uso presso forze armate ausiliarie (guardie nazionali, guardie costiere, unità della riserva, corpi di polizia ad ordinamento militare, etc., con l’eccezione delle forze di polizia espressamente rispondenti ai ministeri degli interni), sebbene i paragrafi “totale della forza attiva in armi” e “totale delle riserve mobilitabili” si riferiscano alle sole tre tradizionali branch of service (in questo caso, difatti, i corpi di polizia militarizzati non sono stati tenuti da conto). Il paragrafo “Forze nucleari strategiche” si riferisce ai materiali d’impiego strategico, e non ad eventuali testate o ordigni di caduta disponibili per impiego tattico. La voce “Carri Armati” comprende anche i carri leggeri. La voce “Veicoli Corazzati per la Fanteria” comprende i veicoli da trasporto truppe, gli eventuali veicoli specializzati derivati (tranne quelli anticarro, inclusi nella voce “Missili Anticarro”, la quale non comprende, di converso, i missili destinati ad impiego elicotteristico), e i veicoli eminentemente da ricognizione. La voce “Missili Balistici Tattici” si riferisce ai lanciatori e non ai singoli ordigni. La voce “Missili Contraerei” si riferisce ai lanciatori e non ei singoli missili o alle batterie. La voce “Artiglieri Contraerea” comprende anche quella semovente. La voce “Missili Antimissili” fa riferimento ai soli intercettori land- based . Il paragrafo “Equipaggiamenti navali” comprende, quando appropriato, anche eventuali materiali in riserva presso le cosiddette flotte inattive. La voce “Sottomarini Strategici” indica i sottomarini equipaggiati con ordigni nucleari, mentre la voce “Sottomarini Tattici” indica i sottomarini a propulsione convenzionale (non necessariamente d’impiego costiero o d’incursione) o nucleare non dotati di armamento nucleare. La voce “Portaerei” comprende anche le portaelicotteri. La voce “Naviglio Costiero” può comprendere anche il naviglio riconducibile alla categoria “patron offshore”,

65 ma mai alla categoria “inshore patron craft”. La voce “Naviglio di Supporto” può comprendere anche naviglio d’uso fluviale ovvero lacustre. La voce “Aerei da Combattimento” si riferisce a tutti quei velivoli impiegabili per azioni espressamente offensive sia aria-aria che aria-terra, compresi anche quelli normalmente disponibili per l’addestramento ma comunque dotati di tali capacità. La voce “Elicotteri” comprende solo i mezzi ad ala rotante espressamente dotati di armamento (anche quelli pur magari non catalogabili sotto l’espressione di “elicotteri d’attacco”, quali l’Apache, il Mangusta, il Cobra etc.), e non quindi quelli appositamente attrezzati per ruoli SAR, utility , collegamento, etc.

66 PAESE Paesi Membri della NATO

Anno Belgio 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 92.400 39.420 39.690 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 411.500 100.500 2.040 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 467 Carri Armati: 132 Carri Armati: 40 Veicoli da Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 520 Fanteria: 274 Fanteria: 95 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 1.424 Fanteria: 610 Fanteria: 224 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 22 Posizione: 14 Posizione: 12 Artiglieria semovente: Artiglieria Semove nte: Artiglieria Semovente: 176 108 24 Mortai: 429 Mortai: 268 Mortai: 66 Missili Balistici Tattici: Missili Anticarro: 420 Missili Anticarro: 122 5 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Missili Anticarro: 463 Cannoni Senza Cannoni Senza Cannoni Anticarro Rinculo: ? Rinculo: ? Tra inati e Semoventi: Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: 80 51 ? Artiglieria Contraerea: Missili Contraerei: 142 Missili Contraerei: 60 190 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Missili Contraerei: 75 navali navali Equipaggiamenti Fregate: 3 Fregate: 2 navali Posamine e Naviglio Costiero: 1 Fregate: 4 Dragamine: 11 Posamine e

67 Posamine e Naviglio di Supporto: Dragamine: 6 Dragamine: 27 11 Naviglio di Supporto: 8 Naviglio di Supporto: 3 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti aerei aerei aerei Aerei da Aerei da Aerei da Combattimento (non Combattimento (non Combattimento (non strategici): 135 strategici): 71 strategici): 126 Elicotteri: 28 UAV: 18 Elicotteri: ? UAV: 3

68 Bulgaria 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 117.500 77.260 40.747 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 472.500 303.000 303.000 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 2.200 Carri Armati: 1.475 Carri Armati: 1.474 Veicoli da Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 280 Fanteria: 214 Fanteria: 214 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 1.520 Fanteria: 3.078 Fanteria: 1.427 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 690 Posizione: 627 Posizione: 397 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: 140 692 692 Lanciarazzi Multipli: Lanciarazzi Multipli: Lanciarazzi Multipli: 250 222 222 Mortai: 450 Mortai: ? Mortai: 359 Missili Balistici Tattici: Missili Balistici Tattici: Missili Anticarro: 436 72 72 Lanciarazzi Anticarro e Missili Anticarro: 360 Missili Anticarro: 200 Cannoni Senza Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Rinculo: ? Cannoni Senza Cannoni Senza Cannoni Anticarro Rinculo: ? Rinculo: ? Trainati e Semoventi: Cannoni Anticarro Cannoni Anticarro 276 Trainati e Semoventi: Trainati e Semoventi: Artiglieria Contraerea: 300 418 400 Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: Missili Contraerei: 134 400 400 Equipaggiamenti Missili Contraerei: 330 Missili Contraerei: 67 navali Equipaggiamenti Equipaggiamenti Sottomarini Tattici: 1

69 navali navali Fregate: 2 Sottomarini Tattici: 4 Sottomarini Tattici: 1 Naviglio Costiero: 19 Fregate: 3 Fregate: 1 Posamine e Naviglio Costiero: 21 Naviglio Costiero: 23 Dragamine: 15 Posamine e Posamine e Naviglio da Sbarco: 8 Dragamine: 33 Dragamine: 20 Naviglio di Supporto: Naviglio da Sbarco: 2 Naviglio da Sbarco: 2 14 Naviglio di Supporto: 6 Naviglio di Supporto: Equipaggiamenti Equipaggiamenti 16 aerei aerei Equipaggiamenti Aerei da Aerei da aerei Combattimento (non Combattimento (non Aerei da strategici): 80

strategici): 193 Combattimento (non Elicotteri: 24 strategici): 181 Elicotteri: 68 UAV: ? Elicotteri: 52 Canada 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 89.000 56.800 64.000 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 26.100 35.400 65.773 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 114 Carri Armati: 114 Carri Armati: 86 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 1.574 Fanteria: 2.296 Fanteria: 1.524 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 248 Posizione: 213 Posizione: 10.065 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: 76 76 225 Mortai: 150 Mortai: 167 Lanciarazzi Multipli: 76 Missili Anticarro: 215 Missili Anticarro: 575 Mortai: 130 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Missili Anticarro: 554

70 Cannoni Senza Cannoni Senza Lanciarazzi Anticarro e Rinculo: ? Rinculo: 1.151 Cannoni Senza Artiglieria Contraerea: Artiglieria Co ntraerea: Rinculo: 987 77 91 Missili Contraerei: 34 Missili Contraerei: 111 Missili Contraerei: 118 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti navali navali navali Sottomarini Tattici: 4 Sottomarini Tattici: 3 Sottomarini Tattici: 1 Cacciatorpediniere: 3 Fregate: 19 Cacciatorpediniere: 4 Fregate: 12 Naviglio Costiero: 12 Fregate: 12 Naviglio Costiero: 12 Posamine e Naviglio Costiero: 14 Naviglio di Supporto: Dragamine: 2 Naviglio di Supporto: 6 16 Naviglio di Supporto: 7 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti aerei aerei aerei Aerei da Aerei da Aerei da Combattimento (non Combattimento (non Combattimento (non strategici): 140 strategici): 107 strategici): 177 Elicotteri: 29 Elicotteri: 28 Elicotteri: 141 UAV: 19

71 Danimarca 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 31.600 21.400 29.960 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 74.700 64.900 53.700 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 262 Carri Armati: 238 Carri Armati: 231 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 530 Fanteria: 590 Fanteria: 517 Artig lieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 314 Posizione: 231 Posizione: 157 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Artiglieria Se movente: 76 76 24 Mortai: 452 Lanciarazzi Multipli: 8 Lanciarazzi Multipli: 12 Missili Anticarro: 140 Mortai: 498 Mortai: 615 Lanciarazzi Anticarro e Missili Anticarro: 140 Missili Anticarro: 76 Cannoni Senza Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Rinculo: 144 Cannoni Senza Cannoni Senza Cannoni Anticarro Rinculo: 1.151 Rinculo: 4.549 Trainati e Semoventi: Artiglieria Contraerea: Missili Contraerei: 36 126 ? Equipaggiamenti Artiglieria Contraerea: Missili Contraerei: ? navali 36 Equipaggiamenti Naviglio Costiero: 52 Missili Contraerei: ? navali Posamine e Equipaggiamenti Sottomarini Tattici: 4 Dragamine: 14 navali Fregate: 3 Naviglio da Sbarco: 25 Sottomarini Tattici: 3 Naviglio Costiero: 30 Naviglio di Supp orto: Fregate: 3 Posamine e 17 Naviglio Costiero: 40 Dragamine: 7 Equipaggiamenti Posamine e Naviglio di Supporto: aerei Dragamine: 9 13 Aerei da Naviglio di Supporto: 7 Equipaggiamenti Combattimento (non

72 Equipaggiamenti aerei strategici): 48

aerei Aerei da Elicotteri: 35 Aerei da Combattimento (non UAV: 12 Combattimento (non strategici): 68

strategici): 89 Elicotteri: 12 Elicotteri: 32 Estonia 2000 2007 Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi 4.450 4.100 Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili 14.000 16.000 Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 39 Fanteria: 50 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 19 1988 Posizione: 62 Mortai: 58 Non Applicabile Mortai: 231 Missili Anticarro: 13 Missili Anticarro: ? Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Senza Cannoni Senza Rinculo: 439 Rinculo: 160 Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: 100 ? Missili Contraerei: ? Missili Contraerei: ? Equipaggiamenti Equipaggiamenti navali navali Naviglio Costiero: 6 Naviglio Costiero: 1 Posamine e Posamine e Dragamine: 3 Dragamine: 6 Naviglio di Supporto: 1 Francia 1988 2000 2007

73 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 466.300 273.740 254.895 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 353.000 419.000 25.350 Forze nucleari Forze nucleari Forze nucleari strategiche strategiche strategiche 96 SLBM – 18 IRBM – 64 SLBM – 60 64 SLBM - 60 18 Bombardieri Bombardieri Bombardieri

Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 1.570 Carri Armati: 809 Carri Armati: 968 Veicoli da Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 960 Fanteria: 599 Fanteria: 601 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 4.719 Fanteria: 5.631 Fanteria: 6.056 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 556 Posizione: 97 Posizione: 105 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: 208 273 266 Mortai: 1.178 Lanciarazzi Multipli: 61 Lanciarazzi Multipli: 55 Missili Balistici Tattici: Mortai: 1.144 Mortai: ? 32 Missili Anticarro: 2.183 Missili Anticarro: 1.442 Missili Anticarro: 1.688 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Senza Cannoni Senza Cannoni Senza Rinculo: 19.540 Rinculo: ? Rinculo: 11.575 Artiglieria Contraerea: Artigli eria Contraerea: Artiglieria Contraerea: 328 ? 1.305 Missili Contraerei: 455 Missili Contraerei: 445 Missili Contraerei: 320 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti navali navali navali Sottomarini Strategici: Sottomarini Strategici:

74 Sottomarini Strategici: 4 4 6 Sottomarini Tattici: 6 Sottomarini Tattici: 6 Sottomarini Tattici: 15 Portaerei: 1 Portaerei: 2 Portaerei: 2 Incrociatori: 1 Cacciatorpediniere: 13 Incrociatori: 2 Cacciatorpediniere: 3 Fregate: 20 Cacciatorpediniere: 4 Fregate: 30 Naviglio Costiero: 25 Fregate: 36 Naviglio Costiero: 39 Posamine e Naviglio Costiero: 24 Posamine e Dragamine: 21 Posamine e Dragamine: 21 Naviglio da Sbarco: 8 Dragamine: 24 Naviglio da Sbarco: 9 Naviglio di Supporto: Naviglio da Sbarco: 8 Naviglio di Supporto: 43 Naviglio di Supporto: 30 Equipaggiamenti 38 Equipaggiamenti aerei Equipaggiamenti aerei Aerei da aerei Aerei da Combattimento (non Aerei da Combattimento (non strategici): 316

Combattimento (non strategici): 552 Elicotteri: 77 strategici): 772 Elicotteri: 309 UAV: 102 Elicotteri: 258 UAV: 12

75 Germania 1988 2000 2007 come Repubblica Totale della forza Totale della forza Democratica Tedesca attiva in armi attiva in armi Totale della forza 308.400 245.702 attiva in armi Totale delle riserve Totale delle riserve 173.100 mobilitabili mobilitabili Totale delle riserve 363.500 161.812 mobilitabili Equipaggiamenti Equipaggiamenti 323.500 terrestri terrestri Equipaggiamenti Carri Armati: 2.521 Carri Armati: 2.035 terrestri Veicoli da Veicoli da Carri Armati: 3.140 Combattimento per la Combattimento per la Veicoli da Fanteria: 2.243 Fanteria: 2.218 Combattimento per la Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 1.000 Fanteria: 3.189 Fanteria: 2.794 Veicoli Corazzati per la Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Fanteria: 5.400 Posizione: 350 Posizione: 165 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Posizione: 870 605 679 Artiglieria semovente: Lanciarazzi Multipli: Lanciarazzi Multipli: 390 229 129 Lanciarazzi Multipli: Mortai: 889 Mortai: ? 220 Missili Anticarro: 1.963 Missili Anticarro: 1.277 Mortai: 650 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Missili Balistici Tattici: Cannoni Senza Cannoni Senza 80 Rinculo: ? Rinculo: ? Missili Anticarro: 620 Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: Lanciarazzi Anticarro e 1.525 1.288 Cannoni Senza Missili Contraerei: ? Missili Contraerei: ? Rinculo: ? Equipaggiamenti Equipaggiamenti Cannoni Anticarro navali navali Trainati e Semoventi: Sottomarini Tattici: 14 Sottomarini Tattici: 12 300 Cacciatorpediniere: 2 Fregate: 17 Artiglieria Contraerea: Fregate: 12 Naviglio Costiero: 10 300 Naviglio Costiero: 28 Posamine e

76 Missili Contraerei: 505 Posamine e Dragamine: 38 Equipaggiamenti Dragamine: 28 Naviglio da Sbarco: 3 navali Naviglio di Supporto: Naviglio di Supporto: Fregate: 19 43 31 Naviglio Costiero: 38 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Posamine e aerei aerei Dragamine: 42 Aerei da Aerei da Naviglio da Sbarco: 12 Combattimento (non Combattimento (non Naviglio di Supporto: strategici): 441 strategici): 316

15 Elicotteri: 244 Elicotteri: 214 Equipaggiamenti UAV: ? UAV: 368 aerei Aerei da Combattimento (non strategici): 360

Elicotteri: 47

come Repubblica Federale Tedesca Totale della forza attiva in armi 494.300 Totale delle riserve mobilitabili 852.000 Equipaggiamenti terrestri Carri Armati: 5.005 Veicoli da Combattimento per la Fanteria: 2.136 Veicoli Corazzati per la Fanteria: 4.186 Artiglieria Trainata e di

77 Posizione: 460 Artiglieria Semovente: 812 Lanciarazzi Multipli: 215 Mortai: 1.006 Missili Balistici Tattici: 26 MRBM: 72 Missili Anticarro: 2.658 Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Senza Rinculo: 99 Cannoni Anticarro Trainati e Semoventi: 120 Artiglieria Contraerea: 2.396 Missili Contraerei: 1.051 Equipaggiamenti navali Sottomarini Tattici: 24 Cacciatorpediniere: 7 Fregate: 7 Naviglio Costiero: 54 Posamine e Dragamine: 56 Naviglio di Supporto: 99 Equipaggiamenti aerei Aerei da Combattimento (non

78 strategici): 616

Elicotteri: 229

79 Grecia 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 208.500 159.170 156.600 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 406.000 291.000 251.000 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 2.219 Carri Armati: 1.733 Carri Armati: 1.514 Veicoli da Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 180 Fanteria: 500 Fanteria: 377 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 2.508 Fanteria: 2.152 Fanteria: 2.347 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 1.050 Posizione: 729 Posizione: 412 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: 334 413 348 Mortai: ? Lanciarazzi Multipli: Lanciarazzi Multipli: Missili Anticarro: 220 134 151 Lanciarazzi Anticarro e Mortai: 3.424 Mortai: 2.252 Cannoni Senza Missili Anticarro: 888 Missili Balistici Tattici: Rinculo: 3.052 Lanciarazzi Anticarro e ? Artiglieria Contraerea: Cannoni Senza Missili Anticarro: 1.108 995 Rinculo: 33.825 Lanciarazzi Anticarro e Missili Contraerei: 155 Artiglieria Contraerea: Cannoni Senza Equipaggiamenti 506 Rinculo: 4.290 navali Missili Contraerei: Artiglieria Contraerea: Sottomarini Tattici: 10 1.187 658 Cacciatorpediniere: 14 Equipaggiamenti Missili Contraerei: Fregate: 7 navali 1.783 Naviglio Costiero: 35 Sottomarini Tattici: 8 Equipaggiamenti Posamine e Cacciatorpediniere: 4 navali Dragamine: 16 Fregate: 12 Sottomarini Tattici: 9

80 Naviglio da Sbarco: 13 Naviglio Costiero: 40 Fregate: 17 Naviglio di Supporto: 5 Posamine e Naviglio Costiero: 40 Equipaggiamenti Dragamine: 14 Posamine e aerei Naviglio da Sbarco: 7 Dragamine: 8 Aerei da Naviglio di Supporto: Naviglio da Sbarco: 5 Combattimento (non 20 Navi glio di Supporto: strategici): 330 Equipaggiamenti 21

Elicotteri: 25 aerei Equipaggiamenti Aerei da aerei Combattimento (non Aerei da strategici): 458 Combattimento (non strategici): 363 Elicotteri: 38 Elicotteri: 43

81 Islanda 2007 1988 2000 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 130 150 120 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili ? ? ? Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti navali navali navali Naviglio Costiero: 3 Naviglio Costiero: 4 Naviglio Costiero: 4 Naviglio di Supporto: 1 Italia 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 390.000 230.350 186.049 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 584.000 65.200 41.867 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 1.747 Carri Armati: 1.349 Carri Armati: 620 Veicoli Corazzati per la Veicoli da Veicoli da Fanteria: 5.196 Combattimento per la Combattimento per la Artiglieria Trainata e di Fanteria: 26 Fanteria: 200 Posizione: 970 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Artiglieria Semovente: Fanteria: 2.899 Fanteria: 1.814 278 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Lanciarazzi Multipli: 9 Posizione: 325 Posizione: 164 Mortai: 3.171 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Missili Balistici Tattici: 269 266 6 Lanciarazzi Multipli: 22 Lanciarazzi Multipli: 22 Missili Anticarro: 1.708 Mortai: 1.982 Mortai: 1.096 Lanciarazzi Anticarro e Missili Anticarro: 1.616 Missili Anticarro: 1.452 Cannoni Senza Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Rinculo: 1.308 Cannoni Senza Cannoni Senza

82 Artiglieria Contraerea: Rinculo: 2.302 Rinculo: 2.482 287 Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: Missili Contraerei: 372 208 64 Equipaggiamenti Missili Contraerei: 213 Missili Contraerei: ? navali Equipaggiamenti Equipaggiamenti Sottomarini Tattici: 10 navali navali Portaerei: 1 Sottomarini Tattici: 7 Sottomarini Tattici: 7 Incrociatori: 3 Portaerei: 1 Portaerei: 1 Cacciatorpediniere: 4 Incrociatori: 1 Cacciatorpediniere: 3 Fregate: 22 Cacciatorpediniere: 4 Fregate: 12 Naviglio Costiero: 13 Fregate: 16 Naviglio Costiero: 22 Posamine e Naviglio Costiero: 15 Posamine e Dragamine: 15 Posamine e Dragamine: 12 Naviglio da Sbarco: 2 Dragamine: 13 Naviglio da Sbarco: 3 Naviglio di Supporto: Naviglio da Sbarco: 3 Naviglio di Supporto: 24 Naviglio di Supporto: 96 Equipaggiamenti 29 Equipaggiamenti aerei Equipaggiamenti aerei Aerei da aerei Aerei da Combattimento (non Aerei da Combattimento (non strategici): 390 Combattimento (non strategici): 467 strategici): 423 Elicotteri: 236 Elicotteri: 101 Elicotteri: 220 UAV: 4 UAV: 5

83 Lettonia 2007 Totale della forza 2000 attiva in armi Totale della forza 5.696 attiva in armi Totale delle riserve 6.500 mobilitabili Totale delle riserve 11.204 mobilitabili Equipaggiamenti 14.400 terrestri Equipaggiamenti Carri Armati: 3 terrestri Veicoli Corazzati per la Carri Armati: 3 Fanteria: 2 Veicoli Corazzati per la Artiglieria Trainata e di Fanteria: 15 Posizione: 26 1988 Artiglieria Trainata e di Mortai: 95 Non Applicabile Posizione: 26 Lanciarazzi Anticarro e Mortai: 37 Cannoni Senza Lanciarazzi Anticarro e Rinculo: ? Cannoni Senza Cannoni Anticarro Rinculo: ? Trainati e Semoventi: Artiglieria Contraerea: 143 30 Artiglieria Contraerea: Equipaggiamenti 52 navali Missili Contraerei: 5 Naviglio Costiero: 4 Equipaggiamenti Posamine e navali Dragamine: 3 Naviglio Costiero: 4 Naviglio di Supporto: 3 Posamine e Dragamine: 3 Naviglio di Supporto: 3 Lituania 2000 2007 Totale della forza Totale della forza 1988 attiva in armi attiva in armi Non Applicabile 12.190 13.850 Totale delle riserve Totale delle riserve

84 mobilitabili mobilitabili 336.000 6.700 Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 91 Fanteria: 200 Mortai: 42 Artiglieria Trainata e di Lanciarazzi Anticarro e Posizione: 72 Cannoni Senza Mortai: 61 Rinculo: 289 Missili Anticarro: 28 Artiglie ria Contraerea: Lanciarazzi Anticarro e 18 Cannoni Senza Equipaggiamenti Rinculo: 273 navali Cannoni Anticarro Naviglio Costiero: 5 Trainati e Semoventi: Posamine e 526 Dragamine: 2 Missili Contraerei: 18 Naviglio di Supporto: 1 Equipaggiamenti navali Fregate: 2 Naviglio Costiero: 3 Posamine e Dragamine: 2 Naviglio di Supporto: 1 Lussemburgo 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 800 900 900 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili ? ? ? Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Veicoli Corazzati per la Mortai: 6 Mortai: 6 Fanteria: 5 Missili Anticarro: 6 Missili Anticarro: 6

85 Missili Anticarro: 6 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Senza Cannoni Senza Cannoni Senza Rinculo: ? Rinculo: ? Rinculo: ?

86 Norvegia 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 34.100 26.700 15.800 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 285.000 222.000 180.300 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 187 Carri Armati: 170 Carri Armati: 165 Veicoli da Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 100 Fanteria: 157 Fanteria: 157 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 150 Fanteria: 189 Fanteria: 189 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Artiglieria Semovente: Posizione: 275 Posizione: 60 126 Artiglieria Semovente: Ar tiglieria Semovente: Lanciarazzi Multipli: 12 130 126 Mortai: 296 Mortai: 117 Lanciarazzi Multipli: 12 Missili Anticarro: 841 Missili Anticarro: ? Mortai: 450 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Missili Anticarro: 744 Cannoni Senza Cannoni Senza Lanciarazzi Anticarro e Rinculo: 2.517 Rinculo: ? Cannoni Senza Artiglieria C ontraerea: Artiglie ria Contraerea: Rinculo: 2.517 252 168 Artiglieria Contraerea: Missili Contraerei: 300 Missili Contraerei: 236 252 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Missili Contraerei: 300 navali navali Equipaggiamenti Sottomarini Tattici: 6 Sottomarini Tattici: 12 navali Fregate: 5 Fregate: 5 Sottomarini Tattici: 6 Naviglio Costiero: 23 Naviglio Costiero: 51 Fregate: 3 Posamine e Posamine e Naviglio Costiero: 25 Dragamine: 6 Dragamine: 10 Posamine e Naviglio di Supporto: Naviglio di Supporto: 2 Dragamine: 12 18

87 Equipaggiamenti Naviglio di Supporto: 6 Equipaggiamenti aerei Equipaggiamenti aerei Aerei da aerei Aerei da Combattimento (non Aerei da Combattimento (non strategici): 87 Combattimento (non strategici): 52 strategici): 61 Elicotteri: 6 Elicotteri: 6 Elicotteri: 6 Paesi Bassi 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 103.600 50.430 45.608 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 158.400 32.200 32.200 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 913 Carri Armati: 320 Carri Armati: 170 Veicoli da Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 973 Fanteria: 361 Fanteria: 569 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 1.916 Fanteria: 960 Fanteria: 435 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 182 Posizione: 120 Posizione: 113 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: 298 123 177 Mortai: 339 Lanciarazzi Multipli: 22 Mortai: 184 Missili Balistici Tattici: Mortai: 184 Missili Anticarro: 883 7 Missili Anticarro: 753 Lanciarazzi Anticarro e Missili Anticarro: 753 Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Senza Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Senza Rinculo: ? Cannoni Senza Rinculo: ? Artiglieria Contraerea: Rinculo: 185 Artiglieria Contraerea: 60 Artiglieria Contraerea: 212 Missili Contraerei: 646

88 301 Missili Contraerei: 465 Equipaggiamenti Missili Contraerei: 648 Equipaggiamenti navali Equipaggiamenti navali Sottomarini Tattici: 4 navali Sottomarini Tattici: 4 Cacciatorpediniere: 4 Sottomarini Tattici: 4 Cacciatorpediniere: 2 Fregate: 4 Cacciatorpediniere: 4 Fregate: 10 Posamine e Fregate: 11 Posamine e Dragamine: 10 Posamine e Dragamine: 12 Naviglio da Sbarco: 2 Dragamine: 26 Naviglio da Sbarco: 1 Naviglio di Supporto: Naviglio di Supporto: Naviglio di Supporto: 8 15 23 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti aerei aerei aerei Aerei da Aerei da Aerei da Combattimento (non Combattimento (non Combattimento (non strategici): 167 strategici): 105 strategici): 202 Elicotteri: 40 Elicotteri: 41 Elicotteri: 17 UAV: 45

89 Polonia 2000 2007 1988 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 206.045 127.266 412.000 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 406.000 234.000 505.000 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 1.677 Carri Armati: 946 Carri Armati: 3.400 Veicoli da Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 1.404 Fanteria: 1.402 Fanteria: 1.250 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 1.191 Fanteria: 1.405 Fanteria: 3.600 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Semovente: Artiglieria Trainata e di Posizione: 440 231 Posizione: 1.625 Artiglieria Semovente: Lanciarazzi Multipli: Artiglieria semoven te: 652 225 465 Lanciarazzi Multipli: Mortai: 200 Lanciarazzi Multipli: 258 Missili Balistici Tattici: 260 Mortai: 230 4 Mortai: 550 Missili Balistici Tattici: Missili Anticarro: 318 Missili Balistici Tattici: 32 Lanciarazzi Anticarro e 82 Missili Anticarro: 403 Cannoni Senza Missili Anticarro: 435 Lanciarazzi Anticarro e Rinculo: ? Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Senza Artiglieria Contraerea: Cannoni Senza Rinculo: ? 450 Rinculo: ? Cannoni Anticarro Missili Contraerei: Cannoni Anticarro Trainati e Semoventi: 1.069 Trainati e Semoventi: 723 Equipaggiamenti 375 Artiglieria Contraerea: navali Artiglieria Contraerea: 686 Sottomarini Tattici: 5 1.000 Missili Contraerei: Fregate: 3 1.040 Naviglio Costiero: 24

90 Missili Contraerei: 700 Equipaggiamenti Posamine e navali Dragamine: 20 Equipaggiamenti Naviglio da Sbarco: 5 navali Sottomarini Tattici: 3 Sottomarini Tattici: 4 Cacciatorpediniere: 1 Naviglio di Supporto: Cacciatorpediniere: 1 Fregate: 2 31 Fregate: 1 Naviglio Costiero: 23 Equipaggiamenti Naviglio Costiero: 25 Posamine e aerei Posamine e Dragamine: 22 Aerei da Dragamine: 32 Naviglio da Sbarco: 5 Combattimento (non strategici): 103 Naviglio di Supporto: Naviglio di Supporto: 10 18 Elicotteri: 68 Equipaggiamenti Equipaggiamenti UAV: 2 aerei aerei Aerei da Aerei da Combattimento (non Combattimento (non strategici): 565 strategici): 238

Elicotteri: 91 Elicotteri: 54

91 Portogallo 2000 2007 1988 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 43.600 42.910 75.300 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 210.930 210.900 190.000 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 187 Carri Armati: 224 Carri Armati: 86 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 410 Fanteria: 393 Fanteria: 350 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 156 Posizione: 176 Posizione: 168 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: 6 20 6 Mortai: 235 Mortai: 189 Mortai: 136 Missili Anticarro: 214 Missili Anticarro: 118 Missili Anticarro: 122 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Senza Cannoni Senza Cannoni Senza Rinculo: 402 Rinculo: 402 Rinculo: 240 Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: 95 93 386 Missili Contraerei: 52 Missili Contraerei: 52 Missili Contraerei: 57 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti navali navali navali Sottomarini Tattici: 2 Sottomarini Tattici: 1 Sottomarini Tattici: 3 Fregate: 6 Fregate: 12 Fregate: 14 Naviglio Costiero: 31 Naviglio Costiero: 24 Naviglio Costiero: 21 Naviglio di Supporto: Naviglio di Supporto: Naviglio di Supporto: 5 13 10 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti aerei aerei aerei Aerei da Aerei da Aerei da Combattimento (non Combattimento (non Combattimento (non

92 strategici): 99 strategici): 66 strategici): 25

Elicotteri: ? Elicotteri: ? Elicotteri: ? UAV: 34

93 Regno Unito 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 311.650 211.430 180.527 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 325.000 247.100 199.280 Forze nucleari Forze nucleari Forze nucleari strategiche strategiche strategiche 64 SLBM 58 SLBM 48 SLBM

Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 1.597 Carri Armati: 637 Carri Armati: 386 Veicoli da Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 200 Fanteria: 1.018 Fanteria: 575 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 4.517 Fanteria: 2.875 Fanteria: 5.018 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 229 Posizione: 233 Posizione: 166 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: 321 179 178 Lanciarazzi Multipli: 4 Lanciarazzi Multipli: 63 Lanciarazzi Multipli: 63 Mortai: 500 Mortai: 543 Mortai: 470 Missili Balistici Tattici: Missili Anticarro: 936 Missili Anticarro: 800 14 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Missili Anticarro: 1.148 Cannoni Senza Cannoni Senza Artiglieria Contraerea: Rinculo: ? Rinculo: ? 12 Missili Contraerei: 689 Missili Contraerei: 339 Missili Contraerei: 268 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti navali navali navali Sottomarini Strategici: Sottomarini Strategici: Sottomarini Strategici: 4 4 4 Sottomarini Tattici: 12 Sottomarini Tattici: 9

94 Sottomarini Tattici: 27 Portaerei: 3 Portaerei: 3 Portaerei: 2 Cacciatorpediniere: 11 Cacciatorpediniere: 9 Cacciatorpediniere: 13 Fregate: 20 Fregate: 17 Fregate: 34 Naviglio Costiero: 23 Naviglio Costiero: 24 Naviglio Costiero: 44 Posamine e Posamine e Posamine e Dragamine: 23 Dragamine: 16 Dragamine: 38 Naviglio da Sbarco: 6 Naviglio da Sbarco: 8 Naviglio da Sbarco: 7 Naviglio di Supporto: Naviglio di Supporto: Naviglio di Supporto: 20 24 38 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti aerei aerei aerei Aerei da Aerei da Aerei da Combattimento (non Combattimento (non Combattimento (non strategici): 603 strategici): 354 strategici): 865 Elicotteri: 378 Elicotteri: 318 Elicotteri: 344 UAV: ? UAV: 197

95 Repubblica 1988 2000 Ceca come Cecoslovacchia Totale della forza Totale della forza attiva in armi 2007 attiva in armi 53.600 Totale della forza 199.700 Totale delle riserve attiva in armi Totale delle riserve mobilitabili 23.092 mobilitabili ? Totale delle riserve 295.000 Equipaggiamenti mobilitabili Equipaggiamenti terrestri ? terrestri Carri Armati: 652 Equipaggiamenti Carri Armati: 4.585 Veicoli da terrestri Veicoli da Combattimento per la Carri Armati: 181 Combattimento per la Fanteria: 801 Veicoli da Fanteria: 1.150 Veicoli Corazzati per la Combattimento per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 1.157 Fanteria: 436 Fanteria: 3.750 Artiglieria Trainata e di Veicoli Corazzati per la Artiglieria Trainata e di Posizione: 124 Fanteria: 72 Posizione: 1.600 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: 322 168 500 Lanciarazzi Multipli: Lanciarazzi Multipli: 60 Lanciarazzi Multipli: 109 Mortai: 138 500 Mortai: 93 Missili Anticarro: 671 Mortai: 72 Missili Balistici Tattici: Lanciarazzi Anticarro e Missili Balistici Tattici: ? Cannoni Senza 74 Missili Anticarro: 742 Rinculo: ? Missili Anticarro: 540 Lanciarazzi Anticarro e Missili Contraerei: ? Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Senza Equipaggiamenti Cannoni Senza Rinculo: ? aerei Rinculo: ? Artiglieria Contraerea: Aerei da Cannoni Anticarro ? Combattimento (non Trainati e Semoventi: Missili Contraerei: 140 strategici): 50 250 Equipaggiamenti Elicotteri: 38 Artiglieria Contraerea: aerei UAV: 2 575 Aerei da Missili Contraerei: 460 Combattimento (non

96 Equipaggiamenti strategici): 75 aerei Elicotteri: 34 Aerei da Combattimento (non strategici): 377

Elicotteri: 50 Romania 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 171.000 103.000 74.267 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 203.000 470.000 45.000 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 3.200 Carri Armati: 1.493 Carri Armati: 366 Veicoli Corazzati per la Veicoli da Veicoli da Fanteria: 4.150 Combattimento per la Combattimento per la Artiglieria Trainata e di Fanteria: 177 Fanteria: 95 Posizione: 980 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Artiglieria semovente: Fanteria: 1.645 Fanteria: 1.593 250 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Lanciarazzi Multipli: Posizione: 910 Posizione: 385 325 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Mortai: 365 48 24 Missili Balistici Tattici: Lanciarazzi Multipli: Lanciarazzi Multipli: 50 189 150 Missili Anticarro: 400 Mortai: 404 Mortai: 274 Cannoni Anticarro Missili Balistici Tattici: Missili Anticarro: 138 Trainati e Semoventi: 9 Lanciarazzi Anticarro e 570 Missili Anticarro: 228 Cannoni Senza Artiglieria Contraerea: Lanciarazzi Anticarro e Rinculo: ? 400 Cannoni Senza Cannoni Anticarro Missili Contraerei: 295 Rinculo: ? Trainati e Semoventi:

97 Equipaggiamenti Cannoni Anticarro 259 navali Trainati e Semoventi: Artiglieria Contraerea: Sottomarini Tattici: 1 716 60 Cacciatorpediniere: 1 Artiglieria Contraerea: Missili Contraerei: ? Fregate: 4 384 Equipaggiamenti Naviglio Costiero: 83 Missili Contraerei: 182 navali Posamine e Equipaggiamenti Fregate: 3 Dragamine: 42 navali Naviglio Costiero: 27 Naviglio di Supporto: Sottomarini Tattici: 1 Posamine e 10 Cacciatorpediniere: 1 Dragamine: 5 Equipaggiamenti Fregate: 6 Naviglio di Supporto: aerei Naviglio Costiero: 61 13 Aerei da Posamine e Equipaggiamenti Combattimento (non Dragamine: 17 aerei strategici): 295 Naviglio di Supporto: Aerei da

Elicotteri: ? 11 Combattimento (non Equipaggiamenti strategici): 74 aerei Elicotteri: ? Aerei da UAV: 65 Combattimento (non strategici): 307

Elicotteri: 25 UAV: 6 Slovacchia 2000 2007 Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi 33.000 17.129 1988 Totale delle riserve Totale delle riserve vedasi sopra la voce mobilitabili mobilitabili relativa alla 20.000 20.000 Repubblica Ceca Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri Carri Armati: 272 Carri Armati: 245 Veicoli da Veicoli da

98 Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 476 Fanteria: 387 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 466 Fanteria: 134 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 75 Posizione: 52 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: 211 193 Lanciarazzi Multipli: 90 Lanciarazzi Multipli: 84 Mortai: 14 Mortai: 12 Missili Balistici Tattici: Missili Anticarro: 466 9 Lanciarazzi Anticarro e Missili Anticarro: 538 Cannoni Senza Lanciarazzi Anticarro e Rinculo: ? Cannoni Senza Artiglieria Contraerea: Rinculo: ? ? Artiglieria Contraerea: Missili Contraerei: 48 200 Equipaggiamenti Missili Contraerei: 48 aerei Equipaggiamenti Aerei da aerei Combattimento (non Aerei da strategici): 46

Combattimento (non Elicotteri: 16 strategici): 56

Elicotteri: 19

99 Slovenia 2000 Totale della forza 2007 attiva in armi Totale della forza 7.600 attiva in armi Totale delle riserve 5.973 mobilitabili Totale delle riserve 61.000 mobilitabili Equipaggiamenti 20.000 terrestri Equipaggiamenti Carri Armati: 76 terrestri Veicoli da Carri Armati: 70 Combattimento per la Veicoli da Fanteria: 52 Combattimento per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 26 Fanteria: 45 1988 Veicoli Corazzati per la Artiglieria Trainata e di Non Applicabile Fanteria: 72 Posizione: 36 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Semovente: Posizione: 24 8 Mortai: 116 Lanciarazzi Multipli: 52 Missili Anticarro: 24 Mortai: 116 Lanciarazzi Anticarro e Missili Anticarro: ? Cannoni Senza Lanciarazzi Anticarro e Rinculo: ? Cannoni Senza Artiglieria Contraerea: Rinculo: ? 24 Artiglieria Contraerea: Missili Contraerei: 138 39 Equipaggiamenti Missili Contraerei: 9 navali Equipaggiamenti Naviglio Costiero: 1 aerei Elicotteri: 8 Spagna 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 285.000 143.450 149.150

100 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 2.400.000 328.500 319.000 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 909 Carri Armati: 704 Carri Armati: 381 Veicoli Corazzati per la Veicoli da Veicoli da Fanteria: 2.722 Combattimento per la Combattimento per la Artiglieria Trainata e di Fanteria: 58 Fanteria: 144 Posizione: 854 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Artiglieria Semoven te: Fanteria: 2.398 Fanteria: 2.313 194 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Lanciarazzi Multipli: 12 Posizione: 375 Posizione: 352 Mortai: 1.600 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Missili Anticarro: 506 200 176 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Multipli: 18 Lanciarazzi Multipli: 14 Cannoni Senza Mortai: 1.723 Mortai: 1.489 Rinculo: ? Missili Anticarro: 712 Missili Anticarro: 632 Artiglieria Contraerea: Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e 731 Cannoni Senza Cannoni Senza Missili Contraerei: 44 Rinculo: ? Rinculo: ? Equipaggiamenti Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: navali 735 267 Sottomarini Tattici: 8 Missili Contraerei: 175 Missili Contraerei: 261 Portaerei: 1 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Cacciatorpediniere: 4 navali navali Fregate: 14 Sottomarini Tattici: 8 Sottomarini Tattici: 4 Naviglio Costiero: 59 Portaerei: 1 Portaerei: 1 Posamine e Fregate: 15 Fregate: 11 Dragamine: 12 Naviglio Costiero: 37 Naviglio Costiero: 108 Naviglio da Sbarco: 5 Posamine e Posamine e Naviglio di Supporto: Dragamine: 11 Dragamine: 38 19 Naviglio da Sbarco: 4 Naviglio da Sbarco: 3 Equipaggiamenti Naviglio di Supporto: Naviglio di Supporto: aerei 27 29

101 Aerei da Equipaggiamenti Equipaggiamenti Combattimento (non aerei aerei strategici): 217 Aerei da Aerei da

Elicotteri: 86 Combattimento (non Combattimento (non strategici): 228 strategici): 197

Elicotteri: 82 Elicotteri: 50

102 Turchia 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 650.900 515.000 510.600 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 951.000 378.700 378.700 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 3.841 Carri Armati: 4.205 Carri Armati: 4.205 Veicoli Corazzati per la Veicoli da Veicoli da Fanteria: 3.300 Combattimento per la Combattimento per la Artiglieria Trainata e di Fanteria: 650 Fanteria: 650 Posizione: 1.428 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Artiglieria Semovente: Fanteria: 4.178 Fanteria: 4.453 759 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Lanciarazzi Multipli: 12 Posizione: 697 Posizione: 685 Mortai: ? Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Missili Anticarro: 247 868 868 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Multipli: 84 Lanciarazzi Multipli: 84 Cannoni Senza Mortai: 5.813 Mortai: 5.813 Rinculo: 2.600 Missili Anticarro: 943 Missili Balistici Tattici: Artiglieria Contraerea: Lanciarazzi Anticarro e ? 1.125 Cannoni Senza Missili Anticarro: 1.283 Missili Contraerei: 953 Rinculo: 3.869 Lanciarazzi Anticarro e Equipaggiamenti Artiglieria Contraerea: Cannoni Senza navali 1.664 Rinculo: 3.869 Sottomarini Tattici: 15 Missili Contraerei: Artiglieria Contraerea: Cacciatorpediniere: 12 1.075 1.664 Fregate: 10 Equipaggiamenti Missili Contraerei: Naviglio Costiero: 48 navali 1.133 Posamine e Sottomarini Tattici: 13 Equipaggiamenti Dragamine: 39 Fregate: 23 navali Naviglio da Sbarco: 7 Naviglio Costiero: 49 Sottomarini Tattici: 13 Naviglio di Supporto: Posamine e Fregate: 24

103 17 Dragamine: 24 Naviglio Costiero: 42 Equipaggiamenti Naviglio da Sbarco: 8 Posamine e aerei Naviglio di Supporto: Dragamine: 22 Aerei da 27 Naviglio da Sbarco: 5 Combattimento (non Equipaggiamenti Navig lio di Supporto: strategici): 498 aerei 49

Elicotteri: ? Aerei da Equipaggiamenti Combattimento (non aerei strategici): 505 Aerei da

Elicotteri: 53 Combattimento (non UAV: ? strategici): 435 Elicotteri: 47 UAV: 243

104 Ungheria 2000 1988 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 33.810 91.000 32.300 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 90.300 168.000 44.000 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 753 Carri Armati: 1.435 Carri Armati: 238 Veicoli da Veicoli da Veicoli Corazzati per la Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 638 Fanteria: 680 Fanteria: 490 Artiglieria Trainata e di Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Posizione: 308 Fanteria: 1.281 Fanteria: 1.120 Artiglieria Semovente: Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di 153 Posizione: 532 Lanciarazzi Multipli: 62 Posizione: 590 Artiglieria Semovente: Artiglieria semovente: Mortai: 50 151 Missili Anticarro: 110 276 Lanciarazzi Multipli: 56 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Multipli: 60 Mortai: 100 Cannoni Senza Mortai: 820 Missili Anticarro: 369 Rinculo: ? Missili Balistici Tattici: Lanciarazzi Anticarro e 27 Artiglieria Contraerea: Cannoni Senza ? Missili Anticarro: 270 Rinculo: ? Missili Contraerei: 125 Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Anticarro Equipaggiamenti Cannoni Senza Trainati e Semoventi: Rinculo: ? navali 268 Cannoni Anticarro Naviglio di Supporto: 3 Artiglieria Contraerea: Trainati e Semoventi: Equipaggiamenti 186 170 aerei Missili Contraerei: 446 Artiglieria Contraerea: Aerei da Equipaggiamenti 203 Combattimento (non navali Missili Contraerei: 395 strategici): 28 Naviglio di Supporto: 6 Equipaggiamenti Elicotteri: 12 Equipaggiamenti

105 navali aerei Naviglio di Supporto: Aerei da 10 Combattimento (non Equipaggiamenti strategici): 46

aerei Elicotteri: 51 Aerei da Combattimento (non strategici): 101

Elicotteri: 40 USA 1988 2000 2007 Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 2.124.900 1.367.700 1.498.157 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 1.868.900 1.175.000 1.082.718 Forze nucleari Forze nucleari Forze nucleari strategiche strategiche strategiche 609 SLBM – 1.000 432 SLBM – 550 ICBM 336 SLBM – 500 ICBM ICBM – 372 – 213 Bombardieri – 179 Bombardieri Bombardieri Equipaggiamenti Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri terrestri Carri Armati: 8.023 Carri Armati: 8.023 Carri Armati: 16.708 Veicoli da Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 6.710 Fanteria: 6.719 Fanteria: 5.305 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 17.420 Fanteria: 21.590 Fanteria: 27.285 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 2.474 Posizione: 2.651 Posizione: 2.739 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: 2.476 2.087 3.703 Lanciarazzi Multipli: Lanciarazzi Mul tipli: Lanciarazzi Multipli: 881 830

106 416 Mortai: 2.142 Mortai: 2.066 Mortai: 3.070 Missili Anticarro: Missili Balistici Tattici: Missili Balistici Tattici: 30.964 ? 174 Lanciarazzi Anticarro e Missili Anticarro: Missili Anticarro: Cannoni Senza 24.250 21.267 Rinculo: ? Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Artiglieria Contraerea: Cannoni Senza Cannoni Senza ? Rinculo: ? Rinculo: ? Missili Contraerei: Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: 3.561 ? 1.100 Equipaggiamenti Missili Contraerei: Missili Contraerei: navali 1.281 1.234 Sottomarini Strategici: Missili Antimissili: 24 Equipaggiamenti 18 Equipaggiamenti navali Sottomarini Tattici: 56 navali Sottomarini Strategici: Portaerei: 16 Sottomarini Strategici: 35 Corazzate: 2 14 Sottomarini Tattici: 96 Incrociatori: 27 Sottomarini Tattici: 57 Portaerei: 14 Cacciatorpediniere: 54 Portaerei: 15 Corazzate: 4 Fregate: 43 Corazzate: 1 Incrociatori: 41 Naviglio Costiero: 173 Incrociatori: 33 Cacciatorpediniere: 68 Posamine e Cacciatorpediniere: 64 Fregate: 102 Dragamine: 45 Fregate: 22 Naviglio Costiero: 188 Naviglio da Sba rco: Naviglio Costiero: 157 Posamine e 101 Posamine e Dragamine: 29 Naviglio di Supporto: Dragamine: 23 Naviglio da Sbarco: 81 296 Naviglio da Sbarco: Naviglio di Supporto: Equipaggiamenti 158 165 aerei Naviglio di Supporto: Equipaggiamenti Aerei da 231 aerei Combattimento (non Equipaggiamenti Aerei da strategici): 5.800 aerei

Combattimento (non Elicotteri: 1.392 Aerei da strategici): 5.478 UAV: 16 Combattimento (non

107 Elicotteri: 3.016 strategici): 4.163

Elicotteri: 1.632 UAV: 1.818

108 PAESE Paesi non appartenenti alla NATO Anno Armenia 2000 2007 Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi 42.060 42.080 Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili 210.000 ? Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri Carri Armati: 110 Carri Armati: 110 Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 202 Fanteria: 202 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 183 Fanteria: 183 Artiglieria Trainata e di 1988 Artiglieria Trainata e di Posizione: 121 Non Applicabile Posizione: 121 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: 38 38 Lanciarazzi Multipli: 51 Lanciarazzi Multipli: 51 Mortai: 19 Mortai: 19 Missili Anticarro: 22 Missili Anticarro: 22 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Senza Cannoni Senza Rinculo: ? Rinculo: ? Cannoni Anticarro Artiglieria Contraerea: Trainati e Semoventi: ? 35 Missili Contraerei: ? Artiglieria Contraerea: Equipaggiamenti ? aerei Missili Contraerei: 87 Aerei da Equipaggiamenti Combattimento (non aerei

109 Aerei da strategici): 16

Combattimento (non Elicotteri: 8 strategici): 8

Elicotteri: 12

110 Azerbaijan 2000 2007 Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi 72.100 66.740 Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili 575.700 300.000 Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri Carri Armati: 262 Carri Armati: 220 Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 421 Fanteria: 127 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 407 Fanteria: 468 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 153 Posizione: 132 1988 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Non Applicabile 42 38 Lanciarazzi Multipli: 56 Lanciarazzi Multipli: 53 Mortai: 52 Mortai: 47 Missili Anticarro: 250 Missili Anticarro: 250 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Senza Cannoni Senza Rinculo: ? Rinculo: ? Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: ? ? Missili Contraerei: 140 Missili Contraerei: 10 Equipaggiamenti Equipaggiamenti navali navali Naviglio Costiero: 6 Naviglio Costiero: 5 Posamine e Posamine e Dragamine: 5 Dragamine: 2 Naviglio da Sbarco: 2 Naviglio da Sbarco: 5 Naviglio di Supporto: 3 Naviglio di Supporto: 1

111 Equipaggiamenti Equipaggiamenti aerei aerei Aerei da Aerei da Combattimento (non Combattimento (non strategici): 65 strategici): 47

Elicotteri: 15 Elicotteri: 15 Bielorussia 2000 2007 Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi 82.900 72.940 Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili 289.500 289.500 Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri Carri Armati: 1.683 Carri Armati: 1.586 Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 1.577 Fanteria: 1.588 1988 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Non Applicabile Fanteria: 919 Fanteria: 916 Artiglieria Trainata e di Artiglieri a Trainata e di Posizione: 428 Posizione: 452 Artiglieria Semov ente: Artiglieria Semovente: 624 632 Lanciarazzi Multipli: Lanciarazzi Multipli: 344 338 Mortai: 77 Mortai: 77 Missili Balistici Tattici: Missili Balistici Tattici: 96 96 Missili Anticarro: 480 Missili Anticarro: 480 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Senza Cannoni Senza Rinculo: ? Rinculo: ?

112 Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: ? ? Missili Contraerei: 525 Missili Contraerei: 525 Equipaggiamenti Equipaggiamenti aerei aerei Aerei da Aerei da Combattimento (non Combattimento (non strategici): 177 strategici): 2175

Elicotteri: 58 Elicotteri: 50

113 Federazione 1988 2000 2007 Russa come URSS Totale della forza Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi attiva in armi 977.100 1.027.000 4.258.000 Totale delle riserve Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili mobilitabili 20.000.000 20.000.000 5.560.000 Forze nucleari Forze nucleari Forze nucleari strategiche strategiche strategiche 436 SLBM – 740 ICBM 253 SLBM – 508 ICBM 960 SLBM – 1.451 – 214 Bombardieri – 99 Bombardieri

ICBM – 383 Equipaggiamenti Equipaggiamenti IRBM/MRBM – 630 terrestri terrestri Bombardieri Carri Armati: 21.970 Carri Armati: 23.150 Equipaggiamenti Veicoli da Veicoli da terrestri Combattimento per la Combattimento per la Carri Armati: 61.630 Fanteria: 14.700 Fanteria: 15.140 Veicoli da Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Combattimento per la Fanteria: 14.425 Fanteria: 11.900 Fanteria: 28.500 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Veicoli Corazzati per la Posizione: 10.065 Posizione: 12.765 Fanteria: 39.075 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: Artiglieria Trainata e di 5.525 6.830 Posizione: 22.500 Lanciarazzi Multipli: Lanciarazzi Multipli: Artiglieria Semovente: 2.606 3.976 9.090 Mortai: 2.550 Mortai: 2.550 Lanciarazzi Multipli: Missili Balistici Tattici: Missili Balistici Tattici: 7.250 200 200 Mortai: 11.025 Missili Anticarro: ? Missili Anticarro: ? Missili Balistici Tattici: Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e 1.636 Cannoni Senza Cannoni Senza Missili Anticarro: ? Rinculo: ? Rinculo: ? Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Anticarro Cannoni Anticarro Cannoni Senza Trainati e Semoventi: Trainati e Semoventi:

114 Rinculo: ? 526 526 Cannoni Anticarro Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: Trainati e Semoventi: ? ? 8.000 Missili Contraerei: Missili Contraerei: Artiglieria Contraerea: 4.200 3.365 12.060 Missili Antimissili: 100 Missili Antimissili: 100 Missili Contraerei: Equipaggiamenti Equipaggiamenti 13.450 navali navali Missili Antimissili: 100 Sottomarini Strategici: Sottomarini Strategici: Equipaggiamenti 27 15 navali Sottomarini Tattici: 39 Sottomarini Tattici: 52 Sottomarini Strategici: Portaerei: 1 Portaerei: 1 128 Incrociatori: 7 Incrociatori: 5 Sottomarini Tattici: 295 Cacciatorpediniere: 17 Cacciatorpediniere: 16 Portaerei: 4 Fregate: 10 Fregate: 14 Incrociatori: 37 Naviglio Costiero: 108 Naviglio Costiero: 100 Cacciatorpediniere: 52 Posamine e Posamine e Fregate: 222 Dragamine: 71 Dragamine: 45 Naviglio Costiero: 613 Naviglio da Sbarco: 25 Naviglio da Sbarco: 45 Posamine e Naviglio di Supporto: Naviglio di Supporto: Dragamine: 374 436 370 Naviglio da Sbarco: 76 Equipaggiamenti Equipaggiamenti Naviglio di Supporto: aerei aerei 718 Aerei da Aerei da Equipaggiamenti Combattimento (non Combattimento (non aerei strategici): 2.853 strategici): 1.981

Aerei da Elicotteri: 788 Elicotteri: 831 Combattimento (non UAV: ? UAV: ? strategici): 5.894

Elicotteri: 2.010

115 Georgia 2007 2000 Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi 21.150 16.790 Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili ? 250.000 Forze nucleari Equipaggiamenti strategiche terrestri 436 SLBM – 740 ICBM Carri Armati: 90 – 214 Bombardieri Veicoli da Equipaggiamenti Combattimento per la terrestri Fanteria: 92 Carri Armati: 128 Veicoli Corazzati per la Veicoli da Fanteria: 93 Combattimento per la Artiglieria Trainata e di Fanteria: 91 Posizione: 73 Veicoli Corazzati per la Artiglieria Semovente: Fanteria: 44 3 Artiglieria Trainata e di 1988 Lanciarazzi Multipli: 16 Posizione: 111 Non Applicabile Mortai: 17 Artiglieria Semovente: Missili Anticarro: 10 39 Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Multipli: 21 Cannoni Senza Mortai: 65 Rinculo: ? Missili Anticarro: 50 Cannoni Anticarro Lanciarazzi Anticarro e Trainati e Semoventi: Cannoni Senza 40 Rinculo: ? Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: ? ? Missili Contraerei: 75 Missili Contraerei: 75 Equipaggiamenti Equipaggiamenti navali navali Naviglio Costiero: 11 Naviglio Costiero: 6 Equipaggiamenti Equipaggiamenti aerei116 aerei Aerei da Aerei da Combattimento (non Moldavia 2007 2000 Totale della forza Totale della forza attiva in armi attiva in armi 6.750 8.220 Totale delle riserve Totale delle riserve mobilitabili mobilitabili 66.000 66.000 Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 44 Fanteria: 53 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 315 1988 Fanteria: 305 Artiglieria Trainata e di Non Applicabile Artiglieria Trainata e di Posizione: 69 Posizione: 80 Artiglieria Semovente: Lanciarazzi Multipli: 11 9 Mortai: 104 Lanciarazzi Multipli: 11 Missili Anticarro: 116 Mortai: 59 Lanciarazzi Anticarro e Missili Anticarro: 117 Cannoni Senza Lanciarazzi Anticarro e Rinculo: ? Cannoni Senza Cannoni Anticarro Rinculo: 138 Trainati e Semoventi: Cannoni Anticarro 36 Trainati e Semoventi: Artiglieria Contraerea: 36 42 Artiglieria Contraerea: Missili Contraerei: 25 37 Missili Contraerei: 12 Ucraina 2000 2007 Totale della forza Totale della forza 1988 attiva in armi attiva in armi Non Applicabile 303.800 129.000 Totale delle riserve Totale delle riserve

117 mobilitabili mobilitabili 1.000.000 1.000.000 Equipaggiamenti Equipaggiamenti terrestri terrestri Carri Armati: 3.997 Carri Armati: 2.984 Veicoli da Veicoli da Combattimento per la Combattimento per la Fanteria: 3.078 Fanteria: 2.818 Veicoli Corazzati per la Veicoli Corazzati per la Fanteria: 9.880 Fanteria: 2.032 Artiglieria Trainata e di Artiglieria Trainata e di Posizione: 1.130 Posizione: 1.065 Artiglieria Semovente: Artiglieria Semovente: 1.365 1.293 Lanciarazzi Multipli: Lanciarazzi Multipli: 603 554 Mortai: 604 Mortai: 439 Missili Balistici Tattici: Missili Balistici Tattici: 212 212 Missili Anticarro: ? Missili Anticarro: ? Lanciarazzi Anticarro e Lanciarazzi Anticarro e Cannoni Senza Cannoni Senza Rinculo: ? Rinculo: ? Cannoni Anticarro Cannoni Anticarro Trainati e Semoventi: Trainati e Semoventi: 500 500 Artiglieria Contraerea: Artiglieria Contraerea: 470 470 Missili Contraerei: Missili Contraerei: 1.260 1.245 Equipaggiamenti Equipaggiamenti navali navali Sottomarini Tattici: 1 Sottomarini Tattici: 1 Incrociatori: 1 Fregate: 1 Fregate: 2 Naviglio Costiero: 54

118 Naviglio Costiero: 42 Posamine e Posamine e Dragamine: 4 Dragamine: 5 Naviglio da Sbarco: 2 Naviglio da Sbarco: 7 Naviglio di Supporto: Naviglio di Supporto: 9 36 Equipaggiamenti Equipaggiamenti aerei aerei Aerei da Aerei da Combattimento (non Combattimento (non strategici): 543 strategici): 221

Elicotteri: 272 Elicotteri: 211

119 Annesso 2

Spesa militare

PAESE Paesi NATO Anno Valore calcolato su US$ m al 2005 Belgio 1988 2000 2007 6,740 4,783 4,398 Bulgaria 1988 2000 2007 .. 559 631 Canada 1988 2000 2007 15,097 11,412 15,155 Danimarca 1988 2000 2007 3,815 3,555 3,666 Estonia 1988 2000 2007 .. 126 329 Francia 1988 2000 2007 56,897 50,205 53,579 Germania 1988 2000 2007 55,627 41,147 36,929 Grecia 1988 2000 2007 6,754 8,701 [9,346] Islanda 1988 2000 2008 0 0 0 Italia 1988 2000 2007 30,137 34,102 33,086 Lettonia 1988 2000 2007 .. 91.6 390 Lituania 1988 2000 2007 .. [242] 372

120 Lussemburgo 1988 2000 2007 145 194 [319] Norvegia 1988 2000 2007 4,382 4,358 4,920 Paesi Bassi 1988 2000 2007 11,365 9,116 9,853 Polonia 1988 2000 2007 [6,719] 4,913 6,973 Portogallo 1988 2000 2007 2,884 3,479 [3,343] Regno Unito 1988 2000 2007 62,982 47,778 59,705 Repubblica 1988 2000 2007 Ceca .. 2,082 2,144 Romania 1988 2000 2007 [3,474] 1,614 2,303 Slovacchia 1988 2000 2007 .. 676 925 Slovenia 1988 2000 2007 .. 336 602 Spagna 1988 2000 2007 12,205 11,074 14,628 Turchia 1988 2000 2007 7,245 15,885 11,066 Ungheria 1988 2000 2007 [3,424] 1,507 1,255 USA 1988 2000 2007 483,994 342,172 546,786

121 PAESE Paesi non NATO Anno Valore calcolato su US$ m al 2005 Armenia 1988 2000 2007 .. 36.7 94.8 Azerbaijan 1988 2000 2007 .. [141] 667 Biellorussia 1988 2000 2007 .. [220] 631 Federazione 1988 2000 2007 Russa [218,436] [19,141] [35,369] come URSS Georgia 1988 2000 2007 .. [27.2] 592 Moldavia 1988 2000 2007 .. 8.3 14.4 Ucraina 1988 2000 2007 .. 1,772 [3,321]

Fonti: http://milexdata.sipri.org/result.php4

Legenda: US$ m. = Milioni di dollari USA; . . = Dati non disponibili o inapplicabili, ( ) = Infomazione incerta, [ ] = Stima SIPRI.

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