Eclogae, Pur Discostandoci Da Alcune Scelte, Come Segnalato Nel Commento, Che Riguardano Essenzialmente Interventi Sul Testo Che Non Ci Sentiamo Di Condividere
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Introduzione Il testo L’edizione a cui ci riconduciamo per tutta l’opera ausoniana è quella del Green, The Works of Ausonius, Oxford 1991. L’edizione del Green, che costituisce ad oggi un riferimento imprescindibile per gli studi su Ausonio, e che ha il merito non da poco di aver portato chiarezza nella confusione che regnava nelle citazioni dell’opera del poeta bordolese1, si segnala anche per i progressi nella questione testuale, per l’attenzione nella valutazione dei codici e per la serietà della sezione critica, e i suoi molti meriti non sono offuscati da alcune perplessità che lascia a proposito dei numerosi emendamenti, non sempre giustificati dalla necessità2. In questo lavoro ci rifacciamo ad essa per il testo e per l’ordinamento delle eclogae, pur discostandoci da alcune scelte, come segnalato nel commento, che riguardano essenzialmente interventi sul testo che non ci sentiamo di condividere. Inoltre Green espunge dal corpus delle eclogae la dedica a Drepanio, che apre il gruppo 19-25 nei codici, ritenendo che essa non fosse destinata ad accompagnare il Liber3, e su questo punto ci troviamo a dissentire. Se ne discuterà nel commento, ma accennare già adesso alla questione ci sembra necessario, poiché gli argomenti che ci persuadono hanno una certa rilevanza che si riflette sull’interpretazione dell’opera4. 1 Cfr. L. Mondin, Dieci anni di critica ausoniana, «BSL» 24, 1994, p. 200: «Una più razionale ridistribuzione dell’eterogeneo corpus ausoniano secondo lucidi criteri di genere e di affinità contenutistica rende complessivamente più fruibile l’edizione e risolve in buona parte il problema delle citazioni, finora oscillanti tra la numerazione progressiva dei componimenti secondo l’ed. Bipontina del 1785 e le soluzioni, non poco difformi tra loro, degli editori successivi». Sull’opera di Green, cfr. E. J. Kenney, Ausonius restitutus, rec. Di R. P. H. Green, The Works of Ausonius, «Classical Review» 42, 1992, pp. 310-314. 2 Cfr. L. Mondin, In margine alla nuova edizione di Ausonio, «Prometheus» 20, 1994, pp. 151 ss. 3 Cfr. Green, op. cit., p. 242. 4 Green esclude che la Praefatio possa essere destinata alle eclogae «because its author is so disparaging (4-5, 7)» (ibi.), ma in realtà la svalutazione dell’opera è retorica, tesa ad accenturare per contrasto l’adulazione nei confronti del dedicatario, e soprattutto è chiaramente un’imitazione di Catullo, già per questo tutt’altro che autodenigratoria (cfr. commento al carme). Nemmeno troviamo ragione di credere che Ausonio prendesse eccessivamente sul serio questi componimenti, o che sia impensabile l’uso del termine nugae per definire le eclogae, come pure Green ritiene 2 La storia della trasmissione testuale in Ausonio è notoriamente controversa5 e non è questo il luogo per fornirne una ricostruzione6, ma è necessario tracciare il quadro nel quale si colloca la tradizione delle Eclogae. Per i codici delle opere di Ausonio si identificano comunemente almeno tre famiglie7: la prima e più importante è quella del codice V (Leiden, Voss. Lat. F. III), scoperto nel XVI secolo, fondamentale per il numero e la qualità dei testi; la seconda famiglia raccoglie i codici «Veronesi8», che fanno capo al perduto codice di Bobbio catalogato nel X secolo, e di questa tradizione fanno parte anche P (Paris Lat. 8500) e H (London, Brit. Lib. Harl. 2613), e alla stessa sono legati gli excerpta. La terza famiglia è quella dei codici umanistici, gli ‘italiani’ risalenti ai secoli XIV-XV, generalmente indicata con Z9. Il testo delle Eclogae non risente sostanzialmente della irrisolta questione delle varianti, nella quale non ci addentriamo, poiché l’opera è presente quasi per intero in V e le attestazioni negli altri codici, dove per altro non si trovano sostanziali discrepanze, riguardano solo alcuni carmi. Puntualizziamo brevemente: V riporta le eclogae 1-18 (tranne Ecl. 11, che è testimoniata in Z e in E, ma non è presente in V), (ibi.), ma al contrario l’analisi ci induce a pensare che esse fossero per l’autore non molto più di un esercizio, pur racchiudendo allusioni a temi che per Ausonio dovevano rivestire un particolare interesse. 5 Cfr. Mondin, Dieci anni... cit., p. 206. 6 Oltre che naturalmente nelle pagine introduttive dell’edizione del Green (op. cit., pp. xli ss.), sintesi recenti si possono trovare in M. D. Reeve, Ausonius, in Text and Trasmission. A Survey of Latin Classics, Oxford 1983, pp. 26-28; P. L. Schmidt, D. Magnus Ausonis, Überlieferungsgeschichte, in Handlbuch der lateinischen Literatur der Antike, Heraugegeben von R. Herzog und P. L. Schmidt, Fünfter Band, Restauration und Erneuerung, 284-374, Heraugegeben von R. Herzog, München 1989, pp. 270-277. Si veda inoltre L. Mondin, Dieci anni.... cit., pp. 206-212. 7 Con alcune sostanziali differenze, le famiglie sono tre per Reeve (una che include P e V, una per gli ‘italiani’, una per gli excerpta; loc. cit.) e Schmidt (una risalente a V, una che comprende P ed excerpta, una per gli ‘italiani’; loc. cit.), ma quattro per Pastorino (una per gli ‘italiani’, una per V, una per P, un’ultima per gli excerpta; op. cit., pp. 145 ss.); Mondin riconduce la tradizione essenzialmente a due filoni: uno costituito da V, P e H ed excerpta, l’altro rappresentanto da Z (Storia e critica del testo di Ausonio. A proposito di una recente edizione, «BSL» 23, 1993, pp. 59 ss.). Green (op. cit., p. xli-xlix) rileva errori congiuntivi in V e Z, e parla di «archetype of epic dimension» (op. cit., p. xlvii). 8 Cfr. F. Della Corte, Storia (e preistoria) del testo ausoniano, Suppl. 10 «Boll. Class.», Accad. Lincei, 1991, pp. 67-70. 9 Nell’edizione del Green, che seguiamo, Z è costituito dai codici CKMT (CKT, CKLT) (op. cit., p. xli; per le sigle vedi Nota al testo), secondo le indicazioni di M. D. Reeve, The Tilianus of Ausonius, «Rhein. Mus.» 121, 1978, pp. 150-166. Connesso a Z è comunque il codice Paris, Lat. 18275, del tredicesimo secolo, che indichiamo con E, sempre seguendo il Green; cfr. Green, op. cit., p. xli-xlii; Reeve, op. cit., p. 27. 3 che seguono Ephemeris, con l’intestazione incipit eclogarum (Green nota: «for which the omission of liber is a more likely explanation than corruption of eclogarium [Scaliger]», op. cit., p. 420); in Z e in E si trova anche Ecl. 17; in PaH abbiamo il testo completo di Ecl. 19, (che in V manca dei vv. 18-23); il secondo gruppo di eclogae, da 19 a 25, in V è preceduto da Praef. 4, la dedica a Drepanio, e segue gli Epitaphia; in GWIJ abbiamo il testo di Ecl. 22 ma non di Ecl. 23, presente solo in V, che lo riporta di seguito a Ecl. 22, riunendo le due eclogae come un unico componimento10. Nella maggior parte dei casi il testo delle eclogae non presenta eccessive difficoltà, ma restano alcune incertezze: in Ecl. 7, 3 la lacuna non ha trovato una convincente soluzione da parte degli editori; in Ecl. 10 non si può evitare di conservare due ampie lacune dopo v. 3 e dopo v. 5 come nel testo del Green; un’altra certa lacuna resta a Ecl. 20 dopo v. 4. Si può anche avere ragionevole certezza della perdita di alcuni componimenti che dovevano far parte del Liber, sia perché sembra suggerirlo qualche salto logico in una raccolta che invece pare sostenuta da una certa consequenzialità, sia per la notizia di Giovanni Mansionario11, che ci dice che Ausonio compose: item libellum de nominibus mensium hebreorum et athensium. C’è da supporre che il libello a cui si allude facesse parte della stessa raccolta nella quale il poeta parla dei nomi dei mesi, appunto il nostro Liber Eclogarum12. Le eclogae hanno poi subito diversi trattamenti nelle edizioni critiche. Schenkl mantiene divisi i due gruppi, inserendo i carmi 1-16 e 18 dopo Ephemeris, con l’intestazione Liber Eglogarum, mentre colloca le eclogae 19-25 tra il Cento Nuptialis e le Epistulae, inserendo in questo gruppo anche Ecl. 17, tra Ecl. 23 ed Ecl. 24 (cfr. K. Schenkl, D. Magni Ausonii Opuscula, rec. C: Schenkl, Berolini, Weidmann, 1883 [Mon. Germ. Hist., auct. ant. V 2], p. 9 ss.; p. 147 ss.). L’edizione del Peiper raccoglie invece tutte le eclogae sotto la denominazione di Eclogarum Liber, e così fanno Prete e Pastorino, e in tutte e tre le edizioni si antepone il gruppo 19-25 (cfr. Decimi Magni Ausonii Burdigalensis Opuscula, recensuit R. Peiper, Lipsiae 1886; Decimi Magni 10 Le sigle dei codici mantengono le scelte del Green, vedi Nota al testo. 11 La lista dei lavori di Ausonio ritrovata al margine di una copia di Giovanni Mansionario della Historia Imperialis. Sulla glossa cfr. R. Weiss, Ausonius in the fourteenth century, in Classical Influences on European Culture AD 500-1500, edited by R. R. Bolgar, Cambridge 1971, p. 68 e p. 71. 12 Green nota come la uguale estensione dei due gruppi sia probabilmente fortuita, considerate le lacune e il verisimile smarrimento dei carmi sui mesi degli Ebrei e degli Ateniesi, cfr. op. cit., pp. 420-421. 4 Ausonii Burdigalensis Opuscula, edidit S. Prete, Leipzig 1978, p. 91 ss.; Opere di Decimo Magno Ausonio, a cura di A. Pastorino, Torino 1971, pp. 276 ss.). Struttura e argomenti del Liber quelle che riuniamo sotto il nome di Liber Eclogarum sono, come abbiamo visto, in realtà due diverse raccolte di componimenti, che ci sono state trasmesse separatamente dai codici. Le stesse edizioni delle opere di Ausonio non risultano del tutto concordi nella collocazione, per quanto soltanto lo Shenkl, tra gli editori moderni, riporti separatamente i due gruppi. Si tratta di diversi carmi, dall’estensione generalmente breve e in prevalenza in esametri, di argomento vario.