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Iconografia Prebizantina Bizantina e Postbizantina

Pasqua 2009

In copertina: Icona copta XIII° sec. Monastero di Santa Caterina Sinai Iconografia bizantina e postbizantina

INDICE INDICE ...... 3 Introduzione...... 7 Come era percepita l’immagine nell’antichità ...... 10 Breve storia della contesa iconoclasta ...... 11 Conseguenze della contesa iconoclasta sull’arte bizantina ...... 15 Ingresso della fede ortodossa nel mondo slavo ...... 16 IL VOLTO DI CRISTO ...... 19 Introduzione ...... 21 Le contese cristologiche dei primi secoli ...... 22 Le prime immagini preiconoclaste...... 23 Le immagini posticonoclaste ...... 35 L’immagine di Cristo detto ‘Pantocrator’ ...... 36 L’immagine di Cristo detta ‘Acheropoieta’ o ‘Non Dipinta da Mano Umana’ 44 L’immagine di Cristo in ‘Gloria’ o ‘Salvatore in Trono tra le Potenze’ ...... 49 Altre immagini di cristo ...... 54 IL VOLTO DELLA MADRE DI DIO...... 61 Introduzione ...... 63 Le immagini preiconoclaste ...... 65 La fine dell’iconoclastia ed il formarsi delle varie tipologie dell’immagine della Madre di Dio ...... 73 Caratteristiche iconografiche comuni alle varie tipologie dell’immagine della Madre di Dio ...... 76 L’immagine della Madre di Dio detta Panaghia o ‘Orante’ ...... 78 L’immagine della Madre di Dio detta Platytera o ‘Del Segno’ ...... 79 L’immagine della Madre di Dio detta Aghiosortissa o ‘della Deesis’ ...... 81 L’immagine della Madre di Dio detta Hodigitria o ‘Che Indica la Via’ ...... 83 L’Hodigitria detta ‘Madre di Dio di Smolensk’ ...... 86 L’Hodigitria detta ‘Madre di Dio di Tichvin’ ...... 88 L’Hodigitria detta ‘Madre di Dio di Kazan’ ...... 90 L’Hodigitria detta ‘Madre di Dio delle Tre Mani o Tricherusa ...... 93 L’Hodigitria detta ‘Madre di Dio di Iveron o Portaitissa ...... 96 L’Hodigitria detta ‘Madre di Dio della Passione o Amolyntos ...... 98 L’immagine della Madre di Dio detta Eleusa o ‘Misericordiosa’ ...... 101 L’Eleusa detta ‘Madre di Dio di Vladimir’ o Vladimirskaya ...... 103 L’Eleusa detta ‘Madre di Dio di Korsun’ ...... 106 L’Eleusa detta ‘Madre di Dio di Pochaev’...... 109 l’Eleusa detta ‘Madre di Dio di Kykkos’...... 112 l’Eleusa detta ‘Madre di Dio Axion Esti’ ...... 115 l’Eleusa detta ‘Madre di Dio del Tolga’ ...... 117 l’Eleusa detta ‘Madre di Dio di Teodoro o Fedorovskaia’ ...... 119

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L’immagine della madre di dio detta lactans o ‘galactotrophousa’ ...... 121 l’immagine della Madre di Dio detta del Roveto Ardente’ ...... 124 l’immagine della Madre di Dio detta ‘Gioia degli Afflitti’ ...... 127 l’immagine della Madre di Dio detta di ‘Bogoljubovo’ ...... 130 l’immagine della Madre di Dio detta ‘Gioia Inaspettata’ ...... 134 Conclusione ...... 136 ICONOGRAFIA DELLE GRANDI FESTE LITURGICHE ...... 137 Introduzione ...... 139 Natività della Madre di Dio ...... 140 Presentazione di Maria al Tempio ...... 143 Annunciazione a Maria ...... 146 Natività di Cristo ...... 150 Presentazione di Cristo al Tempio ...... 154 Battesimo di Cristo o Teofania ...... 157 Trasfigurazione di Cristo ...... 161 Ingresso di Cristo in Gerusalemme ...... 166 Discesa agli Inferi (Pasqua di Resurrezione)...... 170 Ascensione ...... 174 Dormizione della Vergine ...... 178 Pentecoste ...... 184 Esaltazione della Croce ...... 187 LE ALTRE FESTE DELLA CHIESA ORTODOSSA ...... 190 Trinità del vecchio Testamento o Ospitalità di Abramo ...... 190 Resurrezione di Lazzaro ...... 195 Le Mirofore al Sepolcro...... 199 Protezione della Madre di Dio o di Pokrov...... 205 IL CICLO DELLA PASSIONE ...... 211 Introduzione ...... 213 Lavanda dei piedi ...... 214 Ultima Cena ...... 217 La Comunione degli Apostoli ...... 221 Tradimento di Giuda ...... 225 Il Processo di Cristo ...... 228 Crocifissione di Cristo ...... 234 EVANGELISTI APOSTOLI ANGELI E SANTI ...... 245 Gli Evangelisti ...... 247 Gli Apostoli ...... 255 Gli Angeli...... 260 I Santi ...... 268 S.Nicola di Myra: ...... 268 S. Elia sul carro di fuoco: ...... 269 S. Giorgio:...... 270

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S. Floro e Lauro: ...... 271 Giovanni Battista angelo del Deserto: ...... 272 San Demetrio: ...... Error! Bookmark not defined.

Appendici A. L’Iconostasi A-1 B. Come è fatta un’icona B-1 C. Alfabeto liturgico slavo C-1 D. Numerazione liturgica slava D-1 E. Gli imperatori bizantini E-1 F. I papi di Roma F-1 G. Breve storia della Russia e Cronologia G-1 H. Glossario H-1

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Introduzione

La parola ‘Icona’ e ‘Iconografia’ derivano, come è noto, dalla parola greca ‘eikon’ che significa genericamente ‘immagine’, ma nel linguaggio corrente la parola ’icona’ ha assunto, nel tempo, il significato specifico di immagine sacra ortodossa e ‘iconografia’ quello dello studio delle forme di espressione di questa’arte1. La tradizione vuole che la prima immagine e quindi la prima icona fosse stata dipinta (si dovrebbe dire scritta) da San Luca sul tavolo di cipresso del desco familiare di Nazareth e rappresentasse la Madonna col Bambino in braccio. In realtà di icone che vantano questa primogenitura, se ne contano a decine sparse nel mondo cristiano, ma nessuna ha superato la prova di una seria datazione. Le prime immagini cristiane che ci sono rimaste risalgono al terzo secolo e provengono in prevalenza dai dipinti catacombali di Roma. Prima di questa data, vi sono soltanto simboli (pesce, agnello, ancora) o monogrammi (IC-XP) a testimoniare la presenza dei cristiani. E’ opinione diffusa che ciò sia dovuto all’ambiente giudaico in cui si stava sviluppando la nuova religione e pertanto il secondo comandamento: Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. (Esodo 20,4) fosse presente e prevalente nelle loro menti. Solo più tardi, quando la presenza dei giudei nelle primitive comunità cristiane si diluì nelle altre etnie dell’impero, si pose con forza la necessità di istruire i nuovi proseliti, in maggioranza analfabeti, e prevalse l’abitudine di rappresentare i personaggi e gli episodi salienti del nuovo credo. Con l’editto del 313, Costantino rese legale la fede cristiana, ma, a causa della mancanza di una tradizione consolidata, furono adottate per l’iconografia raffigurazioni pagane, così il pastore divenne il ‘Buon Pastore’, la rappresentazione del filosofo seduto divenne il ‘Buon Maestro’, e Orfeo ‘Cristo il novello Orfeo’. Nei tre secoli successivi all’editto di Costantino ci si trovò nella necessità di riempire i nuovi luoghi di culto, oramai divenuti legali, con rappresentazioni di fatti memorabili del nuovo e vecchio testamento da servire di insegnamento e memoria ai nuovi convertiti, per lo più analfabeti, che accorrevano a frotte alla nuova fede. Inoltre, il viaggio di Costantino e S.Elena in terra santa e il recupero della Vera Croce, provocarono un grande desiderio di testimoniare la nuova fede andando a vedere i luoghi che videro la vita e morte di Cristo in Palestina o dei martiri a Roma. Nel ritorno a casa essi dovevano portare, a ricordo del fatto memorabile, se non delle reliquie, almeno dei ‘brandea’ ossia oggetti o immagini che, venuti a contatto con le vere reliquie, ne assorbissero l’identità. Vi sono poi i racconti come quello di un pellegrino (Antoninus Placentinus c.a. 570) che afferma di aver visto in Gerusalemme un ritratto di Cristo dipinto durante la Sua vita, ed a Menfi un ‘mandilion’, cioè un drappo con un’immagine di Cristo non dipinta da mano umana, altri narrarono di una immagine di Maria dipinta dall’evangelista S.Luca. Tutto questo portò, in quei secoli, a generare una iconografia cristiana diversa da quella pagana e a rafforzare l’idea di identità tra icona e prototipo; S.Basilio, vescovo di Cesarea nel IV° secolo, dice al riguardo: ‘Gli onori tributati ad una icona sono tributati al suo prototipo’. Nel VIII° e IX° secolo un cambiamento epocale senza precedenti si rovesciò sul

1 Il suffisso ‘grafia’ deriva dal fatto che per lunga tradizione antica, invece di dire ‘dipingere’ si dice ‘scrivere’ l’icona. 7

For.D. mondo romanizzato; la bomba dell’Islam! In pochi decenni, bande di ex predoni, pastori e mercanti si trasformarono in un possente esercito, che occupando la sponda sud del Mediterraneo, ruppero quella unità economica che il traffico marittimo aveva generato. L’economia da ‘globale’ ante litteram divenne curiale e il baricentro della civiltà occidentale si spostò verso nord. Peirenne, il famoso storico belga, nella sua teoria sull’evoluzione del mondo romano, pone in questo momento la fine dell’impero d’occidente e l’inizio del medioevo. Infatti, egli afferma, i barbari nordici non volevano distruggere l’impero, ma goderne i benefici; avevano pressoché la stessa religione, le stesse leggi e la stessa lingua; nessuno di loro, fino a Carlo Magno, osò assumere il titolo di imperatore. L’Islam invece era portatore di una nuova religione, di una diversa lingua, di un diverso alfabeto e di un nuovo corpo di leggi e quindi voleva sostituirsi alla civiltà romana! Si è trattato di uno scontro di civiltà senza precedenti nella storia. Al seguito dei vincitori arrivarono anche le loro idee2; la civiltà semita di cui anche gli arabi sono figli, non accetta le immagini. Nel frattempo il culto delle immagini aveva di gran lunga superato i confini della superstizione; a scopo terapeutico si beveva l’acqua con cui era lavata una icona ritenuta miracolosa o mangiate alcune scaglie del dipinto Sia per il primo motivo o per porre fine al secondo o anche per più sottili motivi teologici3, si sviluppò a Costantinopoli, specialmente nei ceti alti, una ostilità verso le icone, affermando che non si poteva rendere visibile ciò che per sua natura è invisibile o finito ciò che è infinito; pertanto tutte le rappresentazioni sacre erano false e quindi idolatriche ed andavano immediatamente distrutte. Nel 726 l’imperatore Leone III° rese l’iconoclastia legge dello stato e negli anni che seguirono praticamente tutte le immagini raggiungibili dagli iconoclasti furono distrutte. Si trattò di una specie di rivoluzione culturale cinese, solo che quella durò pochi anni mentre questa in 120 anni portò alla scomparsa di quasi tutte le immagini preiconoclaste. Si salvarono solo quelle poche che non erano raggiungibili, come quelle del monastero di S.Caterina sul monte Sinai, ormai in mani islamiche o quelle che erano state portate nel mondo occidentale . Fu grazie alle argomentazioni di S.Giovanni Damasceno, nel secondo concilio di Nicea (787), che le icone tornarono alla venerazione dei fedeli e nell’ 843 rientrarono nella legalità. Egli rispose alle argomentazioni degli iconoclasti dicendo: “Dio stesso incarnandosi, ci ha dato l’immagine visibile dell’invisibile, l’immagine finita dell’ infinito; Cristo è stato pertanto la prima icona! Il concilio di Nicea, per rassicurare gli avversari delle icone, fissò delle norme rigide per la rappresentazione delle immagini, norme che influenzeranno la pittura bizantina dei secoli futuri. Le più significative per gli sviluppi dell’iconografia furono: -mantenere la rassomiglianza con l’archetipo, -identificare ogni figura col nome del soggetto rappresentato, -non rappresentare cose o scene non viste da occhio umano. Ovviamente il povero pittore di qualche sperduto posto, non poteva fare ricerche

2 Il califfo Yazid II (720-724) prima dell’editto iconoclasta di Leone III, emanò un editto con gli stessi contenuti. 3 Il quarto concilio di Calcedonia (451) definì che nell’unica persona di Cristo vi fossero due nature: l’umana e la divina senza confusione e senza separazione. Le immagini sono semplicemente materiali e quindi separano le due nature portando il fedele verso eresie quali il Nestorianesimo (due persone separate l’umana e la divina), o l’eresia Monofisita (Cristo aveva solo natura divina) 8

Iconografia bizantina e postbizantina iconografiche per risalire alle vere sembianze del soggetto rappresentato e pertanto si limitava a copiarne i tratti da quelle più antiche e venerate sicuro così di non poter essere accusato di idolatria. Questo è il motivo della strana somiglianza mantenuta dalle icone di periodi e posti diversi La proibizione di rappresentare cose o episodi non visti da occhi umani ha limitato i soggetti a quelli raccontati dalle sacre scritture, dalle vite dei santi o da leggende accreditate. Per esempio l’immagine di Cristo risorto vittorioso con lo stendardo che si libra sul sepolcro scoperchiato, tanto comune nell’iconografia occidentale, non è possibile nella vera iconografia bizantina; Cristo non è stato visto dalle pie donne che accorrevano al sepolcro. In realtà questa proibizione nei secoli si è allentata molto, principalmente per l’influenza della pittura occidentale, ed è possibile vedere dal XVII° sec. icone russe che mostrano la figura di Dio benedicente che si affaccia da un’aureola nella parte superiore dell’icona o addirittura la rappresentazione della Trinità del nuovo testamento in forme antropomorfe! Nel X° sec. una nuova minaccia, oltre a quella islamica, si era abbattuta sull’impero di Oriente, i Bulgari. L’imperatore Basilio II° chiese pertanto aiuto a Vladimir principe di Kiev, segnando per sempre la storia futura della Russia. L’accordo fu suggellato col matrimonio di Vladimir con la sorella di Basilio, Anna e con la conseguente conversione e battesimo (989) del principe russo. Nonostante nel seguito Vladimir sia stato fatto santo dalla chiesa ortodossa, il suo battesimo e conversione fu probabilmente solo un atto politico, ma portò la Russia a diventare una provincia ecclesiastica del patriarcato di Bisanzio. Schiere di missionari partirono alla cristianizzazione di quelle terre, gli strumenti erano i testi sacri già scritti nel nuovo alfabeto che i santi fratelli Cirillo e Metodio avevano inventato per l’evangelizzazione della Moravia circa un secolo prima e che permetteva di scrivere i suoni slavi in caratteri pseudo greci. Al seguito dei missionari arrivò naturalmente anche l’arte liturgica delle icone, che prima fedelmente bizantina, piano piano si sviluppò, per altri mille anni, con sue caratteristiche specifiche fino agli inizi del XX° secolo quando la rivoluzione russa la travolse. A Bisanzio, nel XIII° secolo arrivarono le crociate, che depredarono la città, provocandone l’impoverimento e una diaspora di artisti verso i lidi di Macedonia, Cipro, Creta e Italia; poi l’arte bizantina finì definitivamente nel 1453 con la caduta di Costantinopoli nelle mani dell’Islam. In Italia l’arte bizantina finì nel XIV° sec. con la rivoluzione di Giotto, che abbandonò per primo il simbolismo bizantino per uno stile pittorico più naturale.

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Come era percepita l’immagine nell’antichità

Per comprendere appieno il significato che ebbero (e ancora in parte hanno nel mondo ortodosso) le immagini sacre o icone, è necessario riportarsi a quello che significarono le immagini nell’antichità per i greco - romani ed in generale per i popoli medio - orientali. La percezione popolare di un simulacro sacro, non era quella di una semplice rappresentazione simbolica della divinità, ma di una vera e propria identificazione della divinità con la sua immagine. Basta ricordare che dopo una guerra vittoriosa i simulacri degli dei del popolo vinto erano distrutti o portati nei templi del vincitore come se fossero esseri viventi che dovessero essere uccisi o diventare schiavi delle divinità vittoriose. Anche la Bibbia è piena di esempi di questa concezione animista delle immagini, basti per tutti l’esempio tratto dal Levitico: Devasterò le vostre alture di culto, distruggerò i vostri altari per l’incenso, butterò i vostri cadaveri sui cadaveri dei vostri idoli (Lev 26,30) Anche i filosofi antichi hanno teorizzato sull’argomento; per Aristotele ogni individuo è l’unione di due elementi che chiama materia (hyle) e forma (eidos, morphé). La materia è ciò di cui una cosa è fatta, ciò di cui è composta (ad es. un uomo è fatto di carne ed ossa). La forma è invece la "natura" propria di una cosa, è ciò che la rende quella che è e la distingue dalle altre. Nella forma, l’eidos è il suo carattere generale, mentre la morphé è quello del particolare individuo4. Per esempio l’Imperatore Costantino ha la materia di un uomo, l’eidos di imperatore e la morphé di Costantino. Un esempio classico è quello dell’immagine dell’imperatore che era inviata in ogni angolo dell’impero romano. Davanti ad essa erano fatti i giuramenti, pronunciate le sentenze ed offerti i sacrifici come davanti all’imperatore in persona. In quella immagine c’era l’idea (eidos) e l’aspetto specifico (morphe) dell’imperatore; cosicché chi vedeva l’immagine riconosceva l’imperatore e chi guardava l’imperatore lo riconosceva come la persona ritratta nell’immagine. Si poteva quindi dire che l’immagine e l’imperatore erano la stessa cosa; lui era nella immagine e l’immagine era in lui; qualunque cosa si trovasse in lui si sarebbe vista anche nell’immagine. In questo spirito chiunque venerasse una icona venerava in ugual misura il suo prototipo poiché l’immagine rappresentava fedelmente l’idea e l’aspetto del prototipo. Non per nulla i primi martiri cristiani preferirono la morte pur di non sacrificare davanti all’immagine dell’imperatore; essi non la consideravano un pezzo di marmo, legno o gesso, ma l’imperatore in persona. La sacralità delle immagini e la loro identificazione con il prototipo che esse rappresentano si è mantenuta in tutto il mondo che fu sotto l’influenza bizantina (Balcani, Romania, Serbia, Macedonia, Russia) fino ai giorni nostri; e questo è vero, in forma minore, anche nel mondo occidentale; una vecchia e logora immagine sacra non la si butta via, ma la si brucia. In fine si può dire che per il mondo occidentale l’immagine fu un simbolo del prototipo, per il mondo bizantino fu una identificazione.

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4 http://en.wikipedia.org/wiki/Potentiality_and_actuality_(Aristotle)

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Breve storia della contesa iconoclasta5

La parola icona deriva dalla parola greca che significa ‘immagine’ e quindi iconoclasta significa ‘distruttore di immagini’. All’inizio della cristianità, Cristo era rappresentato in modo simbolico o come pesce o come agnello o sotto forma dei simboli pagani come Orfeo, Mitra, filosofo, re delle genti etc. Fu dopo l’editto di Costantino del 313 che l’arte cristiana divenne meno simbolica e più naturalistica. Nel 692, il concilio detto ‘del Trullo’6 sconsigliò l’uso simbolico della figura di Cristo dichiarando: “La figura umana di Cristo nostro Dio, l’Agnello che ha preso su di sé i peccati del mondo, deve prevalere anche nelle immagini sull’antica raffigurazione dell’agnello. Poiché attraverso questa umana figura noi comprendiamo quanto grande è stata l’umiliazione del Verbo di Dio e siamo portati a ricordare la Sua vita carnale, le Sue sofferenze e la Sua salvifica morte e la susseguente redenzione per il mondo”. Le icone nel VI° e VII° secolo guadagnarono una grande popolarità nel mondo bizantino finché nel 726 l’imperatore Leone III° emise un decreto 1 Iconoclasta distrugge una immagine. che stabiliva che le icone avevano Salterio di Cludov 850 circa cessato di essere uno strumento per onorare la divinità, ma erano diventate oggetti di adorazione esse stesse, quindi idoli; pertanto ordinò che tutte le immagini di Cristo, Maria e dei santi fossero distrutte. Come è noto, la dottrina islamica è iconoclasta, e Leone III° nato a Germanicea, odierna Maras (Cilicia, Turchia) in territorio confinante con l’Islam, forse assorbì quei principi fin dalla fanciullezza. La gente si divise: gli iconoclasti, favorevoli all’abolizione delle icone perseguitarono gli iconoduli che, aiutati da papa Gregorio, invece le sostenevano.

5http://www.fray.ca/pedantry/icon.html per saperne di più http://www.porphyra.it/Porphyra6.pdf 6 Tenuto da Giustiniano II° in un luogo del palazzo imperiale di Costantinopoli fornito di cupola detto Trullum. In realtà non si è trattato di un vero concilio, ma di una fase legislativa per mettere sotto forma di canoni le decisioni del V° e VI° concilio. Per questa ragione non è conosciuto come il VII° concilio, ma il Quinisesto poiché implementa il V° ed il VI°. 11

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Durante il regno di Leone III° l’Isaurico intorno al 726 e fino al regno di Irene ed al II° Concilio di Nicea (787), Bisanzio e tutto l’Impero d’Oriente fu percorso dalla furia iconoclasta. L’Islam, notoriamente contrario alle immagini, con i suoi successi militari, probabilmente contribuì a creare anche nel mondo cristiano una notevole ostilità verso le immagini. Già nel 695, quando Giustiniano II° coniò monete auree con al verso una immagine di Cristo (invece della solita Croce), si generò una notevole turbolenza in molte città dell’impero, tanto che il Patriarca Germano scrisse ‘ora intere città e moltitudini di gente sono in considerevole agitazione a causa di questo fatto’ e anche 2 Moneta di Giustiniano II° con immagine di Cristo il Califfo Abd al-Malik, che aveva adottato, fino allora, la moneta bizantina, iniziò la coniazione di una moneta islamica senza immagini, ma solo con scritte. Tutto iniziò in un anno imprecisato tra il 726 ed il 730 quando l’imperatore Leone III° ordinò la rimozione di una immagine di Cristo posta sopra la porta di ingresso del Palazzo di Costantinopoli e la sua sostituzione con una Croce. Le tesi dell’iconoclastia sono chiaramente dichiarate nella epitome della Definizione del Conciliabolo iconoclastico del VII° Sinodo Ecumenico tenuto a Costantinopoli nel 754 di cui riportiamo alcuni stralci significativi7:

…abbiamo trovato che l’ignobile arte di dipingere creature viventi è una bestemmia contro la dottrina fondamentale della nostra salvezza, cioè l’incarnazione di Cristo, e contraddice i sei precedenti santi sinodi. Questi condannarono Nestorio, poiché divideva l’unità del Figlio e del Logos in due figli, d’altro canto, Ario, Dioscuro, Eutichio e Severo poiché essi fecero un miscuglio delle due nature di un unico Cristo. …respingiamo con forza l’errore di quelli che fabbricano e venerano queste (immagini), poiché è unanime la dottrina di tutti i Santi Padri dei precedenti sei sinodi ecumenici che nessuno possa immaginare ogni sorta di separazione o miscuglio in opposizione all’incercabile, indicibile e incomprensibile unione delle due nature in una ipostasi o persona. Quale malignità, quale follia in quel pittore, che da un amore peccaminoso per il guadagno, dipinge ciò che non è dipingibile, cioè con le sue mani contaminate cerca di rappresentare ciò che si dovrebbe solo credere nel cuore e dire con la bocca? Egli fa un’immagine e la chiama Cristo. Il nome Cristo significa Dio ed uomo. Conseguentemente è una immagine di Dio e conseguentemente egli nella sua folle mente, nella sua immagine di carne creata, dipinge Dio che non può essere rappresentato e pertanto mischia ciò che non può essere mischiato. …la sola ammissibile rappresentazione dell’umanità e divinità di Cristo è il pane ed il vino della sacra Cena. Non vi è altra forma, non vi è altra possibilità di rappresentare l’incarnazione.

7http://www.tparents.org/Library/Religion/Christian/Fathers/NPNF2-14/Npnf2-14-3.htm#TopOfPage 12

Iconografia bizantina e postbizantina

…qualcuno dice che ciò può essere vero per l’immagine di Cristo, ma non si applica alle immagini della sempre gloriosa e senza peccato Madre di Dio, dei profeti, degli apostoli e dei martiri che furono veri uomini; noi possiamo rispondere, prima di tutto: la Cristianità ha respinto l’intero paganesimo, e pertanto non solo i sacrifici pagani, ma anche l’usanza pagana della venerazione delle immagini. I Santi vivono in eternità con Dio, benché essi siano morti. Se qualcuno pensa di richiamarli ancora in vita con un’arte morta, scoperta dai pagani, egli è colpevole di blasfemia. Chi osa dipingere con arti pagane la Madre di Dio, che è esaltata al di sopra di tutti i Cieli ed i Santi? Non è permesso ai cristiani, che hanno la speranza della resurrezione, di imitare gli adoratori di demoni, e di insultare i Santi, che risplendono in tale grande gloria con volgare e morta materia. Pertanto confortati dalle Sacre Scritture e dai Padri, noi dichiariamo unanimemente, in nome della Santa Trinità, che deve essere rigettata e rimossa e maledetta ogni somiglianza che sia fatta di ogni materiale e colore dalla maligna arte dei pittori. Chiunque osi in futuro di fare queste cose (immagini), o di venerarle, o di esporle in chiesa o in una casa privata, o di possederle in segreto, se vescovo o presbitero sia deposto, se monaco o laico sia anatemizzato e sia soggetto alle leggi secolari come avversario di Dio e nemico delle dottrine tramandate dai Padri.…

La controversia non si fermò alle parole, ma ne seguì una sistematica distruzione di ogni immagine raggiungibile dagli iconoclasti sul territorio dell’impero con persecuzioni feroci verso chi non la pensasse allo stesso modo. Molti si rifugiarono nel mondo latino o in territori fuori del controllo dell’impero, portando con sé le immagini più sacre e trasportabili. Crebbe pertanto anche il numero degli artisti bizantini che vennero in occidente a cercare protezione e lavoro. Il risultato di tutto ciò fu la totale scomparsa in quello che fu il territorio dell’impero d’oriente di ogni opera figurativa, e il fiorire dell’arte bizantina (mosaici, icone) nell’Italia e nelle isole del Mediterraneo.

A Leone III° succedette nel 741 il figlio Costantino V° che, alla ricerca di una conferma dottrinale dell’iconoclasma, convocò nel 754 un concilio dei vescovi iconoclasti a Hieria (località vicino a Costantinopoli), fu concepita una definizione della dottrina chiamata ‘Horos’. La persecuzione agli iconoduli si inasprì e chiunque fosse stato scoperto con un’icona era sfigurato o accecato. Nel 775 salì al trono Leone IV° che continuò la politica iconoclasta, ma alla sua morte (780), come tutrice del figlio Costantino VI°, la madre imperatrice Irene, su richiesta di papa Adriano I°, convocò a Nicea, nel 787 un nuovo concilio, che tra altre questioni riguardanti dispute cristologiche, nella sua sesta sessione rifiutò ogni punto della dottrina Horos. Si svolse con la partecipazione di 367 padri (tra cui anche Giovanni Damasceno e Teodoro Studita), quando a Bisanzio era patriarca Tarasio. Giovanni (Ιωάννης Δαμασκήνος)., nacque e visse a Damasco da una famiglia cristiana, ma sotto il dominio mussulmano; il padre era un importante funzionario alla corte del califfo e Giovanni, giunto alla maggiore età, gli succedette nella carica di protosymbullus (capo dei giureconsulti). Egli era quindi fuori dalla giurisdizione bizantina e quindi poté scrivere impunemente contro gli editti di corte, come i tre “Trattati apologetici contro quelli che condannano le immagini” che gli procurarono grande notorietà. La sua tesi principale era che non avesse senso proclamare l’impossibilità di rappresentare la divinità poiché Cristo stesso, che è Dio, si è incarnato e reso quindi rappresentabile. Alla fine, il secondo Concilio di Nicea nel 787, accolse questa tesi proclamando 13

For.D. la liceità del culto delle immagini:

“Il sacro Sinodo gridò:’Cosi noi tutti crediamo, noi tutti così pensiamo, noi tutti diamo il nostro consenso ed abbiamo firmato. Questa è la fede degli Apostoli, questa è la fede degli ortodossi, questa è la fede confermata da tutto il mondo. Credendo in un solo Dio, celebrato in Trinità, noi onoriamo le sacre immagini! Su quelli che non la pensano così, sia anatema. Quelli che non la pensano a questo modo, siano cacciati lontano dalla Chiesa. Poiché noi seguiamo le leggi antiche della Chiesa cattolica. Noi manteniamo le leggi dei nostri Padri. Poniamo anatema su quelli che vogliono levare o aggiungere qualcosa alla legge cattolica.”.8

La vittoria degli iconoduli durò poco; Irene a seguito di rovesci militari, fu detronizzata nell’802. Nei successivi dieci anni si susseguirono tre imperatori (Niceforo, Stauracio e Michele I°) . Dopo circa trenta anni di tregua, l’iconoclastia riprese vigore quando l’imperatore Michele I° (811-813) fu sconfitto dai bulgari; i suoi soldati lo deposero eleggendo al suo posto un generale armeno che prese il nome di Leone V° detto l’Armeno (813-20). Uno dei suoi ufficiali Theodotus Cassiteras e l’abate Giovanni Grammaticus, lo persuasero che il motivo delle sconfitte era la punizione di Dio per il peccato di idolatria. Leone V° indisse un nuovo concilio iconoclasta a Santa Sofia. Tutto quello stabilito dal concilio di Nicea fu di nuovo negato e riaffermata la dottrina iconoclasta di Costantino V° Tutto ricominciò di nuovo e l’immagine di Cristo posta sopra i cancelli del palazzo imperiale, distrutta da Leone I°, restaurata da Irene, fu di nuovo demolita; il patriarca Nicephorus I° (806-15) fu deposto e sostituito con lo stesso Thedotus Cassiteras ; questa volta il ruolo di difensore delle immagini venne assunto da Theodorus Studita, così chiamato perché igumeno del monastero di Studium in Costantinopoli. Nel giorno di Natale dell’820 Leone V° fu assassinato da uno dei suoi generali: Michele II° (820-29), a cui succedette il figlio Theophilus (829-42). Alla sua morte però, la moglie Theodora, reggente per il figlio Michele III°, indisse a Costantinopoli un nuovo Sinodo che confermò i risultati del Concilio di Nicea restaurando definitivamente il culto delle immagini. Il giorno 19 Febbraio 842, prima Domenica di Quaresima, le icone furono riportate, con solenni processioni, nelle chiese. Questo giorno è ancora oggi celebrato in tutta la chiesa ortodossa come Festa dell’Ortodossia. E’ bene sottolineare che la contesa iconoclasta generò una frattura nel percorso dell’iconografia cristiana: da allora esisterà un tempo prima e un tempo dopo l’iconoclasmo. 

8 Labbe and Cossart, Concilia. Tom. VII., col. 576 http://www.fordham.edu/halsall/source/nicea2-dec.html 14

Iconografia bizantina e postbizantina

Conseguenze della contesa iconoclasta sull’arte bizantina

La contesa iconoclasta lasciò un indelebile segno sull’arte cristiana e nella chiesa ortodossa; stabilendo che la forma e la composizione delle immagini sacre non può essere lasciata all’invenzione del pittore, ma deve seguire la tradizione approvata dalla chiesa9, con il conseguente risultato, che le strette prescrizioni, portarono gli artisti a non avere scelta nei soggetti, a mancanza di iniziativa e a ripetizioni e monotonie. I colori, i vestiti, i personaggi sono definiti da regole e tradizioni minutamente descritte in manuali; ciò, unito al concetto antico che un’immagine condivide il potere del prototipo se condivide con esso l’idea (eidos) e la forma (morphe), costrinse l’artista a copiare le antiche e più venerabili immagini. Tutto ciò portò ad una schematizzazione che, partendo dai modelli classici, si sviluppò in modelli iconografici abbastanza rigidi. Lo stile naturalistico della pittura classica (greco-romana), si perde dopo il VIII° secolo per far posto ad uno stile simbolico. Scopo dell’iconografo non era quello di descrivere delle belle scene tratte dai testi sacri o dalle vite dei santi, come fu costume in Italia da Giotto in poi, ma quella di trasmettere emozioni edificanti. L’icona è ‘una finestra sull’infinito’ e pertanto deve trasmettere al fedele che vi si affaccia, guardandola, la sensazione della grandezza che vi è al di là e della piccolezza del mondo terreno al di qua. Tutte le linee pertanto convergono verso l’osservatore invece di convergere verso il fondo in una prospettiva invertita In una icona non vi sono sorgenti di luce e quindi non vi sono ombre, tutta la luce sembra provenire dai volti delle immagini sacre, vere fonti di luce secondo la liturgia. Questo dà loro il caratteristico senso di incorporeo e bidimensionale. La dimensione dei personaggi, non è in funzione della posizione nella scena, ma della importanza nella liturgia, pertanto il Cristo, Maria, i santi sono più grandi dei donatori o di altri personaggi, anche se questi ultimi appaiono in primo piano. Nell’iconografia bizantina, non esistono quei Gesù bambino belli e riccioluti che compaiono nell’iconografia occidentale, ma la Madonna o Cristo bambini appaiono nelle icone con fattezze adulte, poiché fin da piccoli erano consapevoli della missione a loro affidata; solo le loro dimensioni sono pertanto quelle di un bambino, non il loro aspetto! Tutte le scene sono immaginate all’aperto, al cospetto del mondo; per dare l’idea del chiuso, sono introdotti dei drappi di copertura o sono rappresentati degli elementi architettonici. Moltissime altre sono le rappresentazioni simboliche nelle icone; nessun segno è dettato da intendimenti artistici o estetici, ma solo allo scopo di richiamare alla mente di chi guarda qualche brano delle sacre scritture o qualche passo dei salmi.

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9 Synod Nicaea" II, Actio VI, 331, 832 http://www.newadvent.org/cathen/11395a.htm 15

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Ingresso della fede ortodossa nel mondo slavo La storia dell’antica Rus iniziò con i Vareghi (popolazione di origine scandinava) che guidati da Rurik invasero il nord della Russia e fecero capitale la città di Novgorod; nell’879 gli succedette Oleg che regnò come reggente di Igor il figlio minorenne di Rurik. Con continue guerre Oleg portò la capitale a Kiev e alla sua morte nel 912 gli succedette finalmente Igor10 che sposò la cristiana ed energica Olga (santa Olga) che, alla morte di Igor nel 945, divenne reggente per il figlio Sviatoslav pagano nonostante la madre, come tutto il popolo. Essi adoravano un dio scita di nome Perun che controllava il tempo e i fulmini. Alla sua morte nel 972 nacque una guerra di successione tra i tre figli di Sviatoslav, ma nel 980 prevalse Vladimir11 (san Vladimiro). Alla fine egli accettò il cristianesimo o per sposare Anna Porfirogenita, sorella dell’imperatore di Bisanzio Basilio II°, o per altri motivi politici12. La conversione di Vladimir portò la conversione ed il battesimo in massa delle popolazioni della Rus, Kiev fu posta sotto il Patriarcato di Costantinopoli da dove partirono missionari a evangelizzare le nuove terre portando con loro la cultura e l’iconografia della patria di origine.

10 Dopo due attacchi russi a Costantinopoli, nell’860 e nel 907, con la morte del principe Oleg di Kiev nel 912 e la successione del figlio Igor cominciò un lungo periodo di pace e buoni rapporti tra Bisanzio e i Rus’, regolamentati da tre trattati russo-bizantini (datati 907, 912 e 944). Entrambe le parti beneficiarono della situazione venutasi a creare. I Bizantini si considerarono al sicuro da nuovi attacchi, e i russi avevano libere le rotte del commercio lungo il Dnieper tra il mar Nero e il nord. 11 Sviatoslav divise i suoi territori tra i suoi figli legittimi Yaropolk e Oleg, e l’illegittimo Vladimir avuto da una cortigiana di nome Malousha a cui toccò la città di Novgorod.. Sviatoslav morì in battaglia nel 972. Alla morte del padre, Yaropolk uccise il fratello Oleg e si impadronì di Novgorod. Vladimir fu costretto a fuggire in Scandinavia, dove chiese aiuto allo zio Haakon Sigurdsson, per sconfiggere il fratello Yaropolk. L’anno successivo mentre si recava a Kiev inviò ambasciatori a Rogvolod, principe di Polotsk, per chiedere la mano di Rogneda. Essa rifiutò di sposare il figlio di una cortigiana, ma Vladimir attaccò Polotsk, uccise Rogvolod, e prese Rogneda con la forza. Polotsk era una fortezza chiave sulla via per Kiev, e la cattura di Polotsk e Smolensk facilitarono la conquista di Kiev (980), dove uccise Yaropolk e fu proclamato re di tutta la Rus. Vladimir continuo ad espandere i suoi territori. Nel 981 conquistò Cherven, la moderna Galicia; nel 983 soggiogò Yatvyags, i cui territori erano tra la Lituania e la Polonia; nel 985 con una flotta sui fiumi della Russia centrale conquistò i Bulgari di Kama. Nonostante che il cristianesimo avesse conquistato molti favori fin dalla reggenza della nonna Olga, Vladimir rimase essenzialmente pagano con numerose mogli e, pare, ottocento concubine. Costruì numerosi tempi e statue e stabilì, come dio supremo, l’antico dio slavo del tuono Perun.. La ‘Primary Chronicle’ o Cronaca del Monaco Nestore (1113) riporta che nell’anno 987, Vladimir mandò degli inviati per studiare le varie religioni dei popoli. Gli inviati riferirono che i mussulmani bulgari del Volga non avevano gioia tra loro, ma solo sofferenza e gran puzza (sic.) e che la loro religione proibiva l’alcool e la carne di maiale (al che Vladimir esclamò: ‘bere è la gioia della Rus’). Anche l’ebraismo fu rigettato perché Vladimir osservò che se avevano perso Gerusalemme voleva dire che erano stati abbandonati dal loro Dio. Alla fine Vladimir scelse il cristianesimo, ma poiché agli emissari sembrò che lo splendore dei riti di Costantinopoli superasse quello nelle chiese della Germania, fu scelto di seguire la liturgia di quel patriarcato. Nel 988, presa la città di Chersonesos in Crimea, chiese la mano di Anna Porphirogenita, sorella dell’imperatore Basilio II°. Per poterla sposare, Vladimir fu battezzato a Chersonesos, e quindi seguì il matrimonio con Anna. Ritornò a Kiev in trionfo, distrusse i monumenti pagani che egli stesso aveva edificato pochi anni prima ed edificò splendide chiese e monasteri. 12 Altre sorgenti presentano una differente storia della conversione di Vladimir: nel 987, Bardas Sclerus e Bardas Phocas si ribellarono all’imperatore Basilio II° e Bardas Phocas si proclamò imperatore. Basilio II° chiese l’aiuto della Rus e Vladimir accettò, in cambio di un legame nuziale; egli accettò anche di divenire cristiano e di portare il suo popolo alla nuova fede. Vladimir inviò quindi 6,000 uomini che aiutarono Basilio a sedare la rivolta. Dopo la morte di Anna, si risposò nuovamente con una nipote di Ottone il Grande. Morì a Berestovo, vicino Kiev; il suo corpo smembrato fu diviso fra le molte chiese e monasteri da lui fondati e venerate come reliquie. 16

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In realtà la cristianizzazione delle genti slave iniziò circa 150 anni prima in Moravia per opera dei due fratelli Metodio e Cirillo13. Nell'anno 862 , il principe Rastislav della Grande Moravia (quella che oggi è la Slovacchia e la repubblica Ceca) richiese all'imperatore di Bisanzio l'invio di missionari per rafforzare l'autonomia del proprio stato, sottraendolo così alla dipendenza dal clero germanico. Cirillo, con l'aiuto del fratello Metodio, creò un sistema di scrittura originale sulla base del dialetto slavo meridionale parlato nella sua terra di origine, i dintorni di Salonicco . Questo alfabeto (chiamato glagolitico) fu usato in Moravia tra gli anni 863 e 885 a scopi religiosi e statali. I missionari fondarono l'Accademia della Grande Moravia (Veľkomoravské učilište), dove furono istruiti i loro seguaci. Nel 886 il vescovo di Nitra, di provenienza franco-orientale, proibì questo alfabeto ed imprigionò i seguaci di San Cirillo e San Metodio (per lo più studenti dell'accademia originale). Essi furono dispersi o, secondo alcune fonti, venduti come schiavi. Tre di loro, comunque, raggiunsero la Bulgaria e Boris I°14 di Bulgaria commissionò loro l'insegnamento e l'istruzione del futuro clero dello stato nella lingua slava. In seguito viaggiarono verso le altre terre slave, nelle quali diffusero l'uso del loro alfabeto. Alcuni si diressero in Croazia e Dalmazia , dove si sviluppò la variante quadrata e dove l'alfabeto rimase a lungo in uso. Alla fine del IX° secolo, uno degli studenti di Metodio che si era stabilito a Preslav (Bulgaria) creò l'alfabeto cirillico, che rimpiazzò quasi completamente l'alfabeto glagolitico durante il Medioevo. L'alfabeto cirillico è derivato dall'alfabeto greco, con circa dieci lettere peculiari delle lingue slave, derivate dall'alfabeto glagolitico.

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13 http://diwi.pl/it/Alfabeto%20glagolitico 14 Dallo 865, epoca della cristianizzazione della Bulgaria, le cerimonie religiose venivano svolte in greco ed in greco erano i testi sacri. Boris I°, volendo diminuire l’influenza di Costantinopoli, favorì il formarsi in Bulgaria di un alfabeto e di una cultura slava, diversa dal greco. 17

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Il Volto di Cristo

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In copertina: Andrej Rublev Cristo Pantocratore XV° sec. Museo Tretiakov Mosca

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Introduzione Le icone di Cristo occupano il posto principale sia nel tempio ortodosso, ove sono situate nella prima di ogni iconostasi15, sia nella casa d'ogni credente. Non si conosce con certezza l'aspetto fisico di Gesù. Né i Vangeli, né gli altri scritti del Nuovo Testamento, né altri documenti d'epoca lo descrivono, neppure sommariamente. Solo nella lettera di Publio Lentulo16 (supposto predecessore di Ponzio Pilato) vi è una descrizione del suo profilo fisico, ma tale lettera è ritenuta un falso medievale.

Ho inteso, o Cesare, che desideri sapere quanto ora ti narro: essendo qui un uomo, il quale vive di grandi virtù chiamato Gesù Cristo, dalla gente è detto profeta ed i suoi discepoli lo tengono per divino e dicono, che egli è figlio di Dio Creatore del cielo e della terra, e di tutte le cose che in essa si trovano e sono fatte. In verità, o Cesare, ogni giorno si sentono cose meravigliose di questo Cristo: risuscita i morti, e sana gli infermi con una sola parola. Uomo di giusta statura, è molto bello di aspetto; ed ha maestà nel Volto, e quelli che lo mirano sono forzati ad amarlo e temerlo. Ha i capelli color della nocciola ben matura, sono distesi sino alle orecchie e dalle orecchie sino alle spalle sono di color della terra, ma più risplendenti. Ha nel mezzo della fronte in testa il crin spartito ad usanza dei Nazareni, il Volto senza ruga, o macchia, accompagnato da un colore modesto. Le narici e le labbra non possono da alcuno essere riprese con ragione: la barba è spessa ed ha simiglianza dei capelli, non molto lunga, ma spartita per mezzo….

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15 Vedi Appendice: L’Iconostasi 16 http://www.totustuus.biz/showthread.php?t=97 21

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Le contese cristologiche dei primi secoli17 La figura del Cristo come parte della Trinità e la Sua natura sono state oggetto di infiniti dibattiti, scismi, discipline e concili dal secondo al sesto secolo. Qui saranno brevemente riassunte a grandi linee le dottrine principali per conoscerne i nomi e i significati. Si possono distinguere i seguenti gruppi:18

Eresie che negano la divinità di Cristo: Adozionismo: sorse verso la fine del II° secolo; Cristo è nato umano e adottato poi da Dio. Ebionismo: sorse dal I° al IV° secolo; è un revival della legge giudaica rivista alla luce degli insegnamenti del Vangelo. Gesù non è divino, ma è il Messia che farà risorgere Israele. Arianesimo: sorse alla fine del III° secolo; solo Dio è increato; Cristo è stato creato da Dio prima dell’inizio dei tempi, e attraverso Lui è stato creato lo Spirito Santo. Esiste un solo vero Dio, il Padre. Nestorianismo: Il Logos, come seconda persona della Trinità, preesisteva alla sua nascita terrena. Maria ha dato alla luce solo la parte umana di Cristo.

Eresie che negano l’umanità di Cristo: Gnosticismo: Gli uomini sono spiriti creati da un Dio inconoscibile e intrappolati in un mondo materiale creato dal Demiurgo (uno spirito imperfetto identificabile con il Dio di Abramo). Solo la Gnosis (γνωσις, conoscenza) può liberarli. Cristo è identificabile come una personificazione del Dio supremo venuto per portare la Gnosis all’uomo e quindi liberarlo dal mondo materiale. Docetismo: Il corpo di Cristo è una illusione, come la sua crocefissione e morte; in realtà è solo sembrato (Docetismo da δοκέω sembrare) che Cristo avesse un corpo, in realtà Cristo è un puro spirito incorporeo che non può morire. Monophisitismo: L’umanità di Cristo è annullata dalla sua natura divina, dissolta ‘come una goccia di miele nel mare’.

Di tutto questo fervore di idee, nulla è rimasto nell’iconografia del tempo, tutto spazzato via in oriente dalle grandi distruzioni del periodo iconoclasta dell’ottavo e nono secolo. L’unica eccezione riguarda l’arianesimo portato in occidente dal vescovo missionario Ulfila, che convertì le popolazioni germaniche e influenzò l’arte del V° e VI° secolo.

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17 Il primo Concilio di Nicea (325) definì che la natura di Cristo era pienamente divina ed umana, ma non chiarì come una persona potesse essere allo stesso tempo divina e umana né come le due nature si relazionassero nella stessa persona. Il concilio di Calcedonia del 451 promosse la dottrina chiamata dell’unione ipostatica. Questa dottrina stabilisce che due nature, una divina e una umana, sono unite nell’unica persona di Cristo e che ognuna delle due nature è completa e distinta. 18 http://en.wikipedia.org/wiki/Christology 22

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Le prime immagini preiconoclaste Nei primi secoli del cristianesimo non si hanno rappresentazioni dirette di Gesù, ma piuttosto simboli o immagini allegoriche, come il pesce (il cui nome greco ichthys è l'acronimo delle parole: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore), l’ancora, il Buon Pastore con al collo una pecorella, il Basileus, il Maestro o lo stesso Orfeo derivato dalla tradizione classica Le prime immagini di Cristo che ci sono rimaste sono quelle catacombali. Al rifiuto iniziale, tipicamente giudaico, all’uso delle immagini, è seguito un adattamento in veste cristiana di temi pagani: il filosofo diviene Cristo, le scene di apoteosi si trasformano in rappresentazione dell’Ascensione; Orfeo diviene Cristo il novello Orfeo e dall’iconografia pastorale ha origine la figura del Buon Pastore.19

Il Buon Pastore, situato in una ambientazione naturalistica, tiene saldamente con la sinistra una pecorella sulle spalle, mentre altre due sono ai suoi piedi. Nella mano destra ha il bastone e un canestro

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. (Salmo 22) 3 Catacombe di S.Callisto Roma Cristo Buon Pastore

Di impianto romano è anche il sarcofago detto del ‘Buon Pastore” proveniente dalle catacombe di Pretestato a Roma.

19 http://www.culturacattolica.it/detail.asp?c=1&p=1&id=222&key=0 23

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4 Sarcofago del Buon Pastore IV°sec. Catacombe di Pretestato

Sullo sfondo di una scena di vendemmia, un romanissimo Cristo con un canestro e il vincastro porta sulle spalle la pecorella smarrita. Nelle raffigurazioni di Cristo come novello Orfeo, si vuol significare che come Orfeo ammansiva le fiere col suo canto, così Cristo col racconto della ‘Buona Novella’.

5 Cristo Nuovo Orfeo Catacombe di Domitilla Roma IV°sec.

Gesù fu raffigurato inizialmente come giovane imberbe; dal IV° secolo appare il Gesù barbuto. Le due rappresentazioni coesistono fino al VI° secolo (ad es. miniature dell'Evangeliario siriaco di Rabula, mosaici di S. Apollinare Nuovo a Ravenna, monete di Giustiniano II°).

Successivamente il Gesù imberbe scompare dall'oriente mentre appare ancora talvolta nell'arte carolingia e romanica.

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6 Cristo barbuto Catacombe di Commodilla IV° sec. Roma

Da allora in poi Gesù adulto viene costantemente raffigurato con i capelli lunghi e la barba (un'eccezione degna di nota è il Giudizio universale di Michelangelo nella Cappella Sistina).

L'affermarsi dell'immagine barbuta fu influenzata dalla scoperta nel 544, murata sopra una delle porte della città di Edessa20, di un telo con sopra impressa una immagine di Cristo. La cosa fece molto rumore poiché si ritenne l’immagine acherotipa (non dipinta da mano umana). Ne furono fatte numerose copie; una ne è giunta fino a noi21, conservata in una straordinaria icona risalente al VI°/VII° secolo, dipinta con la tecnica ad encausto (cere fuse), del monastero di Santa Caterina nel Sinai22.

20 http://www.shroudofturin4journalists.com/pantocrator.htm 21 Da “Trasformation of the Edessa portrait” del prof Sebastian Brock Oxford University: Probably not long after its arrival in Constantinople, the mandylion was portrayed on an that is still preserved in the Monastery of St Catherine, Mount Sinai. http://jaas.org/edocs/v18n1/Sebastian%20Brock-mandili-Final.pdf 22 Il Monastero di Santa Caterina nel Sinai è l’unico posto nell’oriente che si è salvato dalle distruzioni iconoclaste, poiché era già sotto il dominio arabo e al sicuro grazie ad un trattato di protezione, accordato, pare, al Monastero dallo stesso Maometto. 25

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7 Cristo VII° sec. Monastero di S.Caterina Sinai

Il telo con l’immagine trovata ad Edessa fu trasportato nel 955 a Costantinopoli e scomparve a seguito del sacco della città ad opera dei crociati nel 1204. Ma ad un anno dal sacco di Costantinopoli, Theodoro Ducas Anglelos23, in una lettera a papa Innocenzo III° scrive: "I veneziani hanno diviso il tesoro d’oro, argento ed avorio, mentre I francesi hanno fatto lo stesso con le reliquie dei santi e con la più sacra di tutte: il lino nel quale nostro Signore è stato avvolto dopo la sua morte…" Nel 1356, Goffredo de Charny24, un francese discendente da un cavaliere della IV° crociata, mostrò un sudario che affermò essere quello di Cristo. Quel sudario è oggi la Sacra Sindone di Torino25. Ci si può credere o no, ma l’icona di Santa Caterina ha delle straordinarie somiglianze con la Sindone o quello che dovrebbe essere il telo di Edessa.26

23 http://www.shroudofturin4journalists.com/history.htm 24 Un Goffredo de Charmy cavaliere Templare fu bruciato nel 1307 insieme al Gran Maestro dell’ordine Jacques de Molay quando Filippo IV° decise di sciogliere l’ordine. Tra le accuse rivolte all’ordine vi era anche quella di adorare un telo con l’effige di un uomo barbuto chiamato poi per spregio ‘baffonetto’. Questo fatto ha portato molti a credere che la Sindone sia stata portata in occidente dai Templari 25 Per saperne di più sulla Sindone: http://theshroudofturin.blogspot.com/ e http://theshroudofturin.blogspot.com/ e http://www.shroud.com/pdfs/n56part5.pdf e http://incaelistsuaire.ton- hebergement-gratuit.com/ss_1_0_sommaire_abbe_de_nantes.htm 26 Per saperne di più vedi anche: http://it.wikipedia.org/wiki/Mandylion_e_Sindone 26

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8 sovrapposizione della Sindone e dell’icona del Monastero di S.Caterina

 I capelli alla destra di chi guarda, cadono sulla spalla e si curvano all’infuori, quelli a sinistra sono più corti.  Gli occhi sono molto grandi.  Il sopraciglio di destra è più alto.  Vi è uno spazio tra la peluria sotto il labbro inferiore e la barba.  Il collo è molto lungo.

Sia come sia, la icona conservata nel Monastero di Santa Caterina sembra aver influenzato in modo rilevante l’iconografia del volto di Cristo. Specialmente significative sono le somiglianze con i famosi mosaici siciliani di Cefalù, Monreale e Palermo, il Pantocratore di Dafni in Grecia e molti altri; capelli che cadono asimmetricamente sulle spalle, barba a due punte, baffi, peluria sotto il labbro inferiore, collo lungo e occhi grandi sono le caratteristiche che caratterizzeranno il volto di Cristo per i secoli a venire. Va precisato che sulle origini del telo di Edessa vi è la leggenda narrata da Eusebio di Cesarea (325) nella sua Storia Ecclesiastica: Agbar V Ukama (il nero), re di Edessa (oggi Urfa in Turchia) lebbroso, inviò presso Cristo il suo archivista Hannan con una lettera, nella quale supplicava Cristo di venire a Edessa e di guarirlo. Hannan era pittore e, nel caso che Cristo avesse rifiutato di venire, Abgar gli raccomandò di farne un ritratto e di portarglielo. Hannan trovò Cristo attorniato da una grande folla; allora salì su un masso, da dove poteva vederlo meglio. Tentò di farne il ritratto, ma non vi riuscì "a causa della gloria indicibile del suo Volto". Vedendo che Hannan tentava inutilmente di fare il suo ritratto, Cristo chiese dell'acqua, si lavò, si asciugò il viso con un panno. E su quel panno rimasero impressi i suoi lineamenti. Consegnò il panno ad Hannan affinché lo portasse al re Abgar, e gli promise che, una volta terminata la sua missione, gli avrebbe inviato uno dei suoi discepoli. Quand'ebbe ricevuto il ritratto, Abgar guarì quasi completamente dalla sua malattia, ma gliene rimasero alcuni focolai sul viso. Dopo la Pentecoste, l'Apostolo San Taddeo, uno dei 70, venne a Edessa, completò la guarigione del re e lo convertì27. Abgar fece subito rimuovere un idolo che si trovava sopra una delle porte della città, e vi pose la Santa Immagine. Ma il suo

27 È interessante notare che il regno di Edessa fu il primo stato del mondo a divenire cristiano, tra il 170 e il 214. 27

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pronipote ritornò al paganesimo e volle distruggerla. Il vescovo della città la fece allora murare, dopo avervi posto dinanzi, all'interno della nicchia, una lampada accesa. Col tempo, il nascondiglio fu dimenticato. Fu riscoperto nel periodo in cui il re dei Persiani, Chosroe, assediava la città (544 o 545): la leggenda dice che la lampada era sempre accesa, e non soltanto l'immagine era intatta, ma si era pure impressa sul lato interno della tegola che la schermava. In ricordo di tale evento noi abbiamo ora due tipi di icona del Santo Volto: uno in cui il Volto è rappresentato su un panno (Mandylion), l'altro con il Volto impresso sulla tegola messa a protezione (Keramion). Tutto ciò che si sa di quest'icona sulla tegola è che si trovava a Ierapoli (Mabbough) in Siria. L'imperatore Niceforo Foca (963- 969) l'avrebbe trasportata a Costantinopoli. Quanto agli autori antichi, fino al V° secolo, non fanno alcuna allusione all'immagine del Santo Volto, probabilmente perché era ancora murata e se ne era dimenticata l'esistenza. Abbiamo già detto che molti suppongono che la Sindone di Torino altro non sia che il Mandylion di Edessa28; questa tesi ha preso maggior forza dopo la scoperta di un manoscritto del X° secolo 29 che riportando un testo del VIII° secolo dice che re Agbar ricevette un panno in cui [non tantum] faciei figuram sed totius corporis figuram cernere poteris30. Poiché le copie antiche del Mandylion mostrano solo il volto e non tutto il corpo, è stato suggerito che il Mandylion/Sindone fosse originariamente tenuto ripiegato in modo da mostrare il solo volto di Gesù:. Secondo gli studi di Wilson, i segni di queste piegature sono visibili nelle fotografie della Sindone ai raggi X. Inoltre gli Atti di Taddeo, un testo del VI° secolo che riferisce la leggenda secondo cui il Mandylion sarebbe stato usato da Gesù per asciugarsi il volto, si riferisce ad esso con la singolare espressione ràkos tetràdiplon, cioè "piegato doppio per quattro volte"31.

Oltre la straordinaria icona del monastero di Santa Caterina nel Sinai, di cui abbiamo già parlato e riprodotta in figura 7, vi sono altre icone, di datazione più incerta, ma probabilmente preiconoclaste o immediatamente successive, che si rifanno al Mandylion: la prima è conservata nella Chiesa di San Bartolomeo degli Armeni a Genova, è stata regalata nel XIV° secolo al doge Leonardo Montaldo dall’imperatore bizantino Giovanni V° Paleologo. In quella occasione fu dotata da una preziosa cornice sbalzata. Studi recenti indicano però che l’icona, consistente in un telo dipinto e incollato su tavola, è molto più antica della preziosa cornice paleologa che la contiene. Alcuni studiosi ipotizzano addirittura che il dipinto, in origine, fosse il pannello centrale di un trittico le cui ali, tuttora conservate nel monastero di Santa Caterina furono dipinte a tempera nel 945 in occasione della traslazione del Mandylion a Costantinopoli, raffigurano scene di re Agbar, 9 Cristo Acheropita Chiesa di S.Bartolomeo Genova

28 http://en.wikipedia.org/wiki/Image_of_Edessa 29 Codex 5696, p. 35 Biblioteca Vaticana) e Codex Vossianus Latinus Q 69 (Università di Leiden Olanda) 30 Si poteva vedere non solo il volto, ma tutto il corpo 31 http://it.wikipedia.org/wiki/Mandylion_e_Sindone 28

Iconografia bizantina e postbizantina nelle sembianze di Costantino VII° Porfirogenito, che riceve il sacro telo32. L’attribuzione si basa sul fatto che le dimensioni delle ali sono esattamente corrispondenti a quelle della tavola di Genova ed ad altre corrispondenze stilistiche. Vi è anche un altro dipinto33, conservato oggi in Vaticano nella cappella papale di Santa Matilde, ma che fino al 1517 era conservato nella chiesa romana di San Silvestro, ed è ritenuto il più antico ritratto conosciuto di Cristo essendo attribuito al IV° secolo; si tratterebbe di un dipinto a tempera su lino di origine siriana; purtroppo però non sono reperibili gli studi al riguardo, né sono disponibili fotografie dettagliate34. Quello che si sa è che il reliquario in cui è custodito è del 1623 dono di suor Dionora Chiarucci.

10 Volto della Cappella Matilde Altra misteriosa icona è quella chiamata ‘Santo Volto di Manoppello’35. Si tratta di un volto d’uomo impresso su ambo i lati di una tela quasi trasparente — come in una diapositiva. Il dipinto è custodito nella piccola chiesa dedicata a San Michele Arcangelo a Manoppello, piccolo paese della Maiella. Esiste una Relazione historica scritta nel 1640 che narra: Un giorno del 1506 il dottor Giacomo Antonio Leonelli se ne stava a conversare con altri signori dinnanzi alla chiesa di San Nicola di Manoppello quando gli si avvicina un pellegrino "d’aspetto Religioso et molto venerando", che lo invita in chiesa e ivi gli consegna un involto, raccomandandogli di tenerlo molto caro. Dall involto, subito srotolato, appare il Volto Santo, 11 Volto di Manoppello ’ ma il misterioso pellegrino era già scomparso. Così il Velo diviene un bene della famiglia Leonelli e circa cento anni dopo costituisce la dote di una Marzia Leonelli, andata sposa a "un soldato ed uomo d’armi". In seguito, nel 1618, Marzia, per riscattare il marito in prigione a Chieti, cede per quattro scudi il Velo al dottor Donato Antonio de Fabritiis, che dopo il 1620 ne fa dono ai padri cappuccini di Manoppello. Il dipinto è stato studiato da padre Pfeifer gesuita tedesco, docente di Storia dell’Arte nella Pontificia Università Gregoriana. Padre Pfeifer giunge alla singolare conclusione che l’immagine di Manoppello altro non sia che il Velo della Veronica36 custodito in San Pietro, e secondo alcuni trafugato durante il periodo

32 http://www.diocesi.genova.it/museodiocesano/mandylion.php 33 http://www.astori.it/religione/BONORA/ilvoltod.pdf 34 http://www.azcentral.com/arizonarepublic/arizonaliving/articles/1224jesuslook1224.html 35 http://www.alleanzacattolica.org/indici/articoli/barbesinof311.htm 36 La leggenda della Veronica (la donna che deterse il viso di Gesù e ne ottenne una immagine) nasce in epoca medievale in occidente. Sembra che il telo conservato in Vaticano con questo nome sia in realtà l’immagine di Kamulia (forse il velo che si metteva sul volto del cadavere prima di coprirlo con il sudario). ritenuta anch'essa 29

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intercorso dall’abbattimento dell’antica basilica Costantiniana e la costruzione della nuova basilica di San Pietro.37 A prima vista il Volto della Sindone e quello di Manoppello sembrano escludersi vicendevolmente; a un’immagine dai contorni sfumati se ne contrappone una quasi fotografica. Il volto maestoso, solenne anche nella morte, si trasforma in un comune viso. Tuttavia, Suor Slommer, una suora trappista iconografa boema, sovrapponendo il negativo della Sindone, e la parte anteriore del Velo ha individuato ben dieci punti di congruenza38.

Vale la pena di parlare anche di un’altra immagine 12 Cristo del Sancta Sanctorum di Cristo, che la tradizione vuole dipinta da San Luca. Si tratta del Cristo conservato nella Cappella del Sancta Sanctorum oggi nell’edificio della Scala Santa a San Giovanni in Laterano. Si tratta di un dipinto che dovrebbe essere del VI°-VII* secolo, ma dipinto e ridipinto molte volte39. Il volto risulta anche coperto con panni dipinti, Innocenzo III° (1198- 1216) la fece ricoprire con lamine d’argento che lasciano libero solo il volto40. Secondo padre Pfeifer (quello dell’immagine di Manoppello) proprio sul volto del Cristo del Sancta Sanctorum sarebbe stata custodita l’immagine di Manoppello (o la Veronica) durante il periodo dal suo arrivo da Costantinopoli (al tempo di Papa Gregorio II°) a Papa Innocenzo III° quando divenne la Veronica e fu trasferita a San Pietro.

Il Monastero di Santa Caterina conserva anche altri tesori dell’arte preiconoclasta; in particolare due icone dipinte ad encausto (con l’uso di cere colorate fuse) il cui soggetto è il volto di Cristo.

La prima è una piccola icona molto danneggiata; manca il nimbo e le iscrizioni

acheropita, originaria della piccola città di Kamulia, o Kamuliane, in Cappadocia, traslata dalla capitale, Cesarea, a Costantinopoli nel 574,divenendo l'icona protettrice della città. Le vicende di questa Immagine la vedono in Africa nella battaglia di Costantina, del 581, in quella sul fiume Arzaman, del 586, e in molti altri episodi bellici e ancora nel 622 si trovava sullo stendardo impugnato dall’imperatore Eraclio (575-641) in partenza per una campagna in Persia. Pare che anche durante l’assedio di Costantinopoli da parte degli Avari, la santa immagine venne esposta sulle mura a difesa della città (626). Dopodiché scompare dalle cronache. Potrebbe essere che l'Immagine fosse stata portata a Roma per salvarla dagli iconoclasti, con il patto che un giorno venisse restituita."La gente a Costantinopoli raccontava che il Patriarca Germano avrebbe affidato l’immagine di Cristo alle onde del mare (leggi la mandò a Roma) agli inizi dell’iconoclastia ed essa sarebbe giunta a Roma nel tempo del Papa Gregorio II (718- 731). Della 'Veronica' non si sentì parlare, difatti, fino al XII secolo, quando Costantinopoli cadde, allora anche ogni 'patto di restituzione' probabilmente si sciolse. Di certo, storicamente la Veronica è attestata a Roma sotto Papa Innocenzo III (1198-1216) che ne promuove in particolare il culto, istituisce una processione annuale e concede indulgenze a quanti piamente vi partecipino. http://www.duepassinelmistero.com/Volto%20Santo%20Manoppello.htm 37 Prima di tale data la Veronica veniva esposta ai pellegrini ad ogni anno santo. Dopo non è stata più .esposta. Lo studioso tedesco Joseph Wilpert, a cui fu permesso di esaminarla nel 1907 riferì che l’immagine sul telo era completamente sparita. In realtà però il Vaticano non ha mai ammesso né denunciato nessun furto o sparizione, anche se nessuna fotografia è resa disponibile e la cappella della Veronica è off-limits per i comuni mortali. 38 http://www.alleanzacattolica.org/indici/articoli/barbesinof311.htm 39 http://www.italycyberguide.com/Geography/cities/rome2000/L15.htm 40 http://www.biologie.de/biowiki/Lateran

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Iconografia bizantina e postbizantina caratteristiche del soggetto talché alcuni dubitano che vi sia rappresentato il volto di Cristo.

La forma del volto e l’acconciatura dei capelli, sono totalmente diverse da quanto visto in precedenza; più simili, forse a quella delle monete di Giustiniano II° (ma qui Cristo è imberbe).

14 Cristo; moneta di Giustiniano II° VII°sec.

13 Cristo VI°sec. Monastero di S.Caterina Sinai La seconda, del VI° sec. rappresenta Cristo in gloria, un soggetto derivato dai modelli classici dell’apoteosi che genererà in epoca posticonoclasta numerosi filoni iconografici. Particolare curioso di questa icona è il colore dei capelli e della barba: bianco come quello che in seguito sarà usato nelle 41 rappresentazioni dell’Antico dei Giorni . La sua iconografia è molto particolare; benedice con la mano destra secondo la posa del Pantocrator, mentre la sinistra regge il Vangelo aperto alle pagine del passo di Giovanni (7,12): «lo sono la luce del mondo». Il volto di Cristo però non corrisponde alla tipologia del Pantocrator, ma ha i tratti di anziano con barba e capelli bianchi, secondo l`aspetto dell`Antico dei Giorni descritto dal profeta Daniele (7,7 e 22); inoltre, sul fondo blu fra le stelle dorate è inserita l`iscrizione EMMANOUVHL, termine che si riferisce a Cristo giovane, con capelli corti e senza barba. 15 Cristo in Gloria VI°sec. Monastero di S.Caterina Sinai 41 Antico dei Giorni: vedi Glossario. Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; (Daniele 7,9)

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For.D.

L`immagine vuole dunque sintetizzare tré diverse e indipendenti immagini di Cristo Pantocrator (Governatore del Mondo), Antico dei Giorni (Colui che regna dall`Eternità) ed Emmanuel (Logos Incarnato). La commistione di queste tipologie non ricorre solo in quest`icona, ma è presente anche in altre opere bizantine ed è giustificata dal fatto che a Bisanzio la questione delle diverse nature di Cristo è un tema particolarmente sentito e dibattuto.

Anche nelle rappresentazioni musive, le testimonianze di quest’epoca e di questo soggetto sono rimaste in Italia e precisamente a Roma e a Ravenna. Molte sono le rappresentazioni musive sul tema del Buon Pastore di cui forse la più famosa è quella della tomba di Galla Placidia a Ravenna. Il mosaico pur essendo del periodo bizantino, manifesta decisi rapporti con la tradizione naturalistica dell`arte antica: la raffigurazione, infatti, è disposta su più piani (dimensione spaziale), l`ambientazione è chiaramente definita, sia le pecore sia il

16 Buon Pastore Tomba di Galla Placidia VI°sec. Ravenna pastore sono resi in maniera plastica, in atteggiamenti variati ed espressivi.

17 Cristo tra gli Apostoli (Traditio Legis) VI°sec. Cappella di S.Aquilino Basilica di S.Lorenzo Milano 32

Iconografia bizantina e postbizantina

Tra i tanti mosaici preiconoclasti che mostrano Cristo in Trono e che sono in Italia, di grande interesse è quello detto della ‘Traditio Legis’ (VI° sec.) che rappresenta Cristo (imberbe) con iconografia romana42, ma su sfondo d’oro (tipicamenye bizantino). Si trova nella conca dell’abside della cappella di S.Aquilino nella basilica di San Lorenzo a Milano. Altro particolare interessante è la

18 Cristo in gloria VI°sec. Basilica di S.Vitale Ravenna caratterizzazione degli apostoli Pietro e Paolo (ai fianchi del Cristo) perfettamente riconoscibili per la forma dell’acconciatura dei capelli e della barba, forma che conserveranno per tutti i secoli futuri. Dello stesso periodo è il Cristo in gloria nella Basilica di San Vitale a Ravenna (VI° sec.). Qui viene mimata l’iconografia romana dell’apoteosi, ma ancora lo sfondo d’oro è tipicamente bizantino. Cristo cosmocratore siede sulla sfera dell’universo. I santi, Vitale ed Ecclesio entrano nel giardino del Paradiso circondato da quattro fiumi. Il Paradiso è rappresentato in maniera naturalistica con una vegetazione fiorita e nuvole rosa e blu, come vuole lo stile romano, ma anche simbolicamente con lo sfondo d’oro come vuole lo stile bizantino. Questa ambivalenza stilistica è presente anche nel disegno delle figure che sono insieme trascendenti e frontali, ma con i panneggi delle vesti che sottintendono un solido corpo. La construzione di San Vitale iniziò sotto l’arcivescovo Ecclesio (521-534), ma non finì prima del 547, i mosaici furono completati sotto Giustiniano, avendo Belisario preso la città nel 540. E’ probabile quindi che artisti di Costantinopoli contribuirono a creare i mosaici favorendo la miscelazione degli stili.43

Di stile più prettamente bizantino è il mosaico absidale della chiesa di Santa Prassede a Roma. Il mosaico è stato eseguito sotto il pontificato di papa Pasquale I° tra gli anni 817 e 824 quando ormai l’iconoclastia era alla fine, durante il restauro di una più antica chiesa del IV° secolo ormai in rovina.

42 Col nome di ‘Traditio Legis’ l’iconografia romana mostra l’imperatore che dà dei rotoli, le leggi, ai dignitari attorno a lui 43 http://www.hp.uab.edu/image_archive/ulj/uljc.html 33

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Sotto uno sfondo blu cobalto Pasquale, con il nimbo quadrato dei viventi. offre la chiesa a un Cristo barbuto, con i segni iconografici caratteristici derivati dal prototipo del Sinai, sulle rive del fiume Giordano simbolicamente disegnato come un nastro azzurro nel giallo del deserto. Ai suoi fianchi San Pietro a destra e San Paolo a sinistra (facilmente riconoscibili dalla forma della barba e dell’acconciatura dei capelli) presentano i santi titolari della chiesa. Su una palma molto realistica vi è la fenice, simbolo di Cristo e che quindi ha il nimbo! Tutti i personaggi sono in posizione frontale, incorporei, bidimensionali come 19 Cristo tra S.Pietro e S.Paolo Chiesa di S.ta Prassede IX° sec. Roma vuole l’iconografia bizantina. Per finire, nella figura seguente, vi è uno dei pochissimi mosaici preiconoclasti rimasti al di fuori dall’Italia. Qui Cristo assiso sull’arcobaleno, in apoteosi, è circondato dai quattro simboli degli Evangelisti. La chiesa di Tessalonica fu costruita verso la fine del V° secolo o l’inizio del successivo, sopra un edificio romano più antico. Divenne il catholicon (chiesa principale) del monastero di Latomos. Il mosaico che orna l’abside si salvò dalle distruzioni iconoclaste forse a causa della situazione politica di Tessalonica, sempre sotto attacco dagli slavi (VII° secolo), poi conquistata dai Bulgari nel 904 e infine dai saraceni di Creta. La città ritornò bizantina nel secolo successivo .e godette di una 20 Cristo in Trono V°sec. Monastero di Latomos Chiesa di Osios David Tessalonica relativa tranquillità, ma nel 1430, fu occupata dai turchi che trasformarono la chiesa in moschea nascondendo il mosaico e gli affreschi di cui era ornata sotto uno strato di intonaco. Il famoso mosaico fu riscoperto quando, nel 1921 la moschea ritornò al culto cristiano.

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Iconografia bizantina e postbizantina

Le immagini posticonoclaste Fu il secondo concilio di Nicea a dover deliberare sul culto delle immagini. La controversia, come detto, era centrata sulle sante icone, le pitture di Cristo, della Madonna e dei santi, che erano custodite e venerate sia nelle chiese che nelle case private. La lotta non era un mero conflitto tra due concezioni di arte cristiana. Erano coinvolte questioni più profonde: il carattere della natura umana di Cristo, l'attitudine cristiana verso la materia, il vero significato della redenzione cristiana. L'effetto complessivo dell'iconoclastia fu duplice: da un lato, il danneggiamento e la distruzione di quasi la totalità delle raffigurazioni sacre in oriente, dall’altra la fuga in occidente di artisti e di opere d’arte trasportabili come icone e codici miniati. Alla fine del periodo iconoclasta, il modo di rappresentare le immagini sacre è profondamente cambiato; il naturalismo della pittura antica è sparito, soppiantato da un simbolismo spinto all’eccesso; le immagini diventano incorporee, frontali, bidimensionali; gli sfondi sono monocolori, oro (luce increata), rosso (colore che esprime regalità). verde (obbedienza). La composizione dell’immagine è tesa ad esaltare le figure dei santi e la pochezza dell’osservatore facendo convergere le linee del disegno verso il davanti invece che verso lo sfondo (prospettiva invertita) come sarebbe naturale. Anche alcuni soggetti spariscono dal repertorio iconografico, come Cristo buon Pastore, Novello Orfeo.

Alla fine del periodo iconoclasta l’iconografia del Cristo è fondamentalmente divisa in tre tipologie:44

- Cristo Pantocrator - Cristo Acheropoieta - Cristo in Gloria

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44 http://www.geocities.com/iconeicons/tipologie_canoniche.htm

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For.D.

L’immagine di Cristo detto ‘Pantocrator’

La parola Pantocrator deriva dalle due parole greche παντο e κρατος equivalente all’italiano onnipotente; il Rex Mundi. Cristo è rappresentato a mezzo busto, con la mano destra benedicente. il pollice e l'anulare si uniscono lasciando l'indice diritto, formando il monogramma di Gesù Cristo, XC IC, inoltre le due dita che si toccano indicano le due nature in Cristo, quella umana e di quella divina. La mano destra regge il libro dei Vangeli, alcune volte chiuso e altre volte aperto come simbolo della sua legge

I colori delle vesti del Cristo hanno sempre un significato simbolico: il rosso della tunica (il colore degli imperatori) esprime la signoria di Cristo sul mondo e indica la regalità della natura divina, mentre il manto blu indica l’umanità di cui Cristo si riveste nell’Incarnazione. Lo sfondo, generalmente dorato, rappresenta la luce increata di Dio, in cui Cristo-Uomo è immerso. Il capo è circonfuso di un nimbo, anch’esso d’oro. Generalmente si distinguono i profili della croce e le lettere greche O Ω N che significano “Colui che è” (Es 3,14)45, il nome sacro di Dio in forma contratta.

L’icona mostra Cristo come Sovrano e Giudice celeste. Il libro nella sua mano sinistra è la Nuova Legge donata agli uomini (il Vangelo). Molto spesso sul libro tra le mani del Cristo (quando aperto) è scritto;

“Venite a Me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi riceverete in eredità il Regno” (Mt 11,28)

Oppure:

“Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”(Gv 6,12)

Oppure:

“Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio ”(Gv 7,24)

L’iconografia del Cristo Pantocrator è l’iconografia monumentale per eccellenza; decora con mosaici e affreschi le cupole o la conca dell’abside delle chiese bizantine, ma non manca mai anche nella prima fila delle iconostasi, quella delle icone dispotiche. In tutte le epoche è stata anche usata per la devozione dei singoli ed innumerevoli sono le icone per uso privato.

45 Exodus 3, 14 per: καὶ εἶπεν ὁ θεὸς πρὸς Μωυσῆν Ἐγώ εἰµι ὁ ὤν· καὶ εἶπεν Οὕτως ἐρεῖς τοῖς υἱοῖς Ισραηλ Ὁ ὢν ἀπέσταλκέν µε πρὸς ὑµᾶς. (Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono! ”. Poi disse: “Dirai agli Israeliti: Io- Sono mi ha mandato a voi) Da http://www.icon-art.info/book_contents.php?lng=de&book_id=30 36

Iconografia bizantina e postbizantina

Tra i più bei esempi di Cristo Pantocratore usato per scopi monumentali, sono i magnifici mosaici siciliani di Monreale, Cefalù e Palermo (Cappella Palatina e Martorana) costruiti in epoca normanna da maestranze probabilmente greche. Tutti

21 Cristo Pantocratore XII° sec. Duomo di Cefalù seguono l’iconografia dell’ icona del monastero di Santa Caterina (fig.7) e quindi del Mandylion di Edessa o anche della Santa Sindone. Il Cristo del catino absidale del Duomo di Cefalù, su uno sfondo sfolgorante d’oro (la luce increata del paradiso) ha una tunica purpurea intessuta d’oro, come si conviene ad un sovrano, ma ha un mantello azzurro, simbolo della sua natura terrena. Tutta la decorazione è giocata su questi due colori, il rosso porpora, simbolo della regalità divina e l’azzurro della sua umanità; anche il distico che orna l’abside è sullo stesso tema:

FACTUS HOMO FACTOR HOMINIS FACTIQUE REDEMPTOR + IUDICO CORPOREUS CORPORA CORDA DEUS46

Il Vangelo aperto porta la frase del Vangelo di Giovanni “Io sono la luce del mondo…” Nella Cappella Palatina di Palermo, la conca dell’abside ha un mosaico molto simile a quello di Cefalù, anche il Vangelo aperto riporta la stessa frase; invece la sommità della cupola è ornata con il magnifico mosaico mostrato a fianco, ma qui il Vangelo è chiuso.

Cappella Palatina Palermo

46 Fattomi uomo Io il Creatore dell’uomo e Redentore della Mia creatura + Giudico da uomo i corpi, come Dio i cuori 37

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Anche al di fuori dell’Italia vi sono numerosi e meravigliosi esempi di arte musiva sul tema del Pantocratore:

22 Pantocrator XI°sec. Monastero di Hosios Lucas Grecia

Una delle più belle rappresentazioni del Pantocratore (fig.22) è nelle decorazioni musive del Monastero di Hosios Lucas nella Focide in Grecia. La figura a mezzo busto troneggia nel timpano sopra la porta di ingresso del naos. La fronte è alta, gli occhi grandi sono il punto focale per chi guarda. La forma del naso, della bocca e della barba seguono il modello dell’icona del monastero di Santa Caterina (fig.7). La figura del Cristo Pantocratore, i lineamenti e i colori sono simili a quelli del Cristo di Cefalù e Monreale .47 Nel Monastero di Dafni nell’Attica (fig.23), il Cristo è raffigurato al centro della cupola, dentro un cerchio colorato dai colori dell’arcobaleno. Veste una tunica di porpora e un mantello color blu-verde. Ha la barba e spessi baffi spioventi che inquadrano la bocca fine e minuta. Dalla toga sporge la mano destra benedicente. La sinistra stringe al petto il Vangelo; la posizione delle dita costituisce un simbolo della trinità e delle due nature di Cristo. In questa luce anche la destra sembra più minacciare che benedire. Siamo certamente di fronte a una complessità di significati teologici: il Cristo Verbo, Creatore, Salvatore e Giudice, è qui soprattutto il Giudice terribile pronto a pronunciare la 23 Pantocratore XII° Monastero di Dafni sentenza contenuta nel libro sigillato che tiene Grecia stretto al petto.

47 http://anistor.co.hol.gr/english/enback/o052.htm 38

Iconografia bizantina e postbizantina

Un altro mosaico, miracolosamente salvatosi sotto l’intonaco quando Santa Sofia a Costantinopoli divenne moschea, rappresenta il Pantocrator, questa volta in trono tra Costantino IX° Monomaco e la moglie Zoe.

24 Pantocratore XI° sec. Santa Sofia Istambul

Anche qui il volto di Cristo è inconfondibilmente quello che ormai abbiamo imparato a conoscere. Stranamente la toga di questo Cristo non è purpurea (simbolo di regalità), ma azzurra come il mantello. Ci si potrebbe chiedere da dove viene il ricciolo nero che è presente sulla fronte di Cristo Pantocratore in tutte le immagini viste finora, ma manca nel prototipo del Cristo di Santa Caterina nel Sinai. Secondo alcuni deriva da una cattiva interpretazione della macchia di sangue presente sulla fronte del Cristo della Sindone; ammesso che la Sindone sia veramente, come supposto, il Mandylion in quell’epoca esposto a Costantinopoli. 48

48 Nel 944 il generale bizantino Giovanni Curcuas lo portò da Edessa a Costantinopoli. Qui fu collocato da Costantino Porfirogenito nella chiesa della Vergine di Pharos.. http://it.wikipedia.org/wiki/Mandylion 39

For.D.

Anche nel mondo slavo l’immagine del Cristo greco/siciliano è presente con opere di grande bellezza. L’immagine presente nella cupola della chiesa di Santa Sofia a Kiev ricorda molto, nella forma degli occhi, degli orecchi e del ricciolo in mezzo alla fronte le immagini greche e siciliane. Naturalmente le raffigurazioni in mosaico, al di fuori di Costantinopoli e delle maggiori cittè, sono rare; prevalgono gli affreschi che ornano quasi tutte le absidi e le cupole delle 25 Cristo Pantocrator XI° Chiesa di S.Sofia Kiev Ucraina chiese del mondo ortodosso come l’abside della chiesa della Trasfigurazione del Monastero di Miroza (vicino a Pskov, Russia vedi fig.26), o la remota e antichissima chiesa di San Pietro a Novi Pazar,

26 Pantocratore Monastero di Miroza (Pskov, Russia) Affresco XII°sec. Serbia.49

49 La chiesa di San Pietro è una delle più antiche della chiesa ortodossa serba. Qui fu battezzato Stefano Nemania che creò, nell’XI° secolo, il primo stato serbo; più tardi si ritirò a vita monastica, col nome di Simeone, nella penisola del Monte Athos. Suo figlio fu San Sava, primo arcivescovo serbo. Stefano Nemania fu fatto santo col 40

Iconografia bizantina e postbizantina

27 Pantocratore S.Pietro (Novi Pazar, Serbia) affresco XI°sec.

nome di San Simeone Mirroforo poiché si vuole che il suo corpo rimanesse incorruttibile e profumasse di mirra. Sotto le sue volte si sono svolti numerosi sinodi della chiesa serba. La chiesa sorge nelle vicinanze di Novi Pazar e vicino al monastero di Sopocani e alla antica città di Ras, prima capitale dello stato serbo. http://www.srpskoblago.org/Archives/StPetersChurch/index.html 41

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28 Pantocratore Mosaico XII°Sec. Bisanzio Staatliche Museum Berlino Ogni chiesa ortodossa ha nella prima fila dell’iconostasi, ove sono poste le icone dispotiche (icone dedicatorie della chiesa), una icona che raffigura Cristo Pantocratore. Tra le più antiche e più preziose (è realizzata in micro mosaico) ricordiamo quella di provenienza costantinopolitana oggi conservata allo Staatliche Museum di Berlino. È una delle poche icone a mosaico pervenuteci., L’immagine di Cristo posta su fondo oro è inquadrata da una sottile cornice ricavata sullo stesso legno che serve da supporto. Un grande nimbo incornicia il capo di Cristo che è raffigurato secondo la tipologia tradizionale del Pantocrator (onnipotente), a mezza figura, in posizione frontale, con i grandi occhi fissi sull’osservatore. Veste un chiton (tunica) rosso coperto di oro, e un imation (mantello) blu. La mano sinistra, come al solito, stringe al petto un grosso libro (la parola di Dio) chiuso da due fermagli e riccamente ornato. Il volto di Cristo è ricoperto da una folta chioma di capelli che lasciano vedere la punta delle orecchie; è privo di apparente emotività e spira impassibilità per mettere l’accento sulla divinità del Verbo incarnato. Tale aspetto è però mitigato dall’aggiunta della scritta eleimòn (misericordioso, Mt 11,28-30).

Certamente la più famosa icona di Cristo Pantocratore è quella dipinta da Andreij 42

Iconografia bizantina e postbizantina

Rublev nel 1420 per la Deesis della chiesa di Zvenigorod. Come nel suo stile Rublev ha eliminato dalla composizione ogni elemento accessorio per concentrarsi sul personaggio principale: il Cristo. Sono’ spariti sia il Vangelo che le mani benedicenti; gli occhi sembrano guardare intensamente l’osservatore, il viso è molto allungato per esprimere spiritualità.

29 Pantocratore XV°sec. A. Rublev Museo Tretiakov Mosca 

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For.D.

L’immagine di Cristo detta ‘Acheropoieta’ o ‘Non dipinta da mano umana’

La parola acheiropoieta deriva dalle tre parole greche ἀ privativo, "χείρ" (mano) e "ποιείν" (creare), è una parola di origine greca, il cui significato è "non fatto da mano umana. Vi sono molte immagini che la tradizione vuole acheropoiete, ma tre hanno una storia e citazioni più antiche.  La cosiddetta immagine di Edessa detta Mandylion e che molti identificano con la Sindone di Torino.  L’immagine detta Keramion che si sarebbe formata miracolosamente sulle tegole di protezione del Mandylion quando fu nascosto, murandolo, sopra una porta della città di Edessa.  L’immagine di Kamulia, che molti identificano con il sudario che si usava mettere sulla faccia del defunto prima di avvolgerlo nel telo funebre (sindone). Questo telo, portato da Costantinopoli a Roma al tempo delle persecuzioni iconoclaste, sarebbe divenuta l’immagine della Veronica (vera icona) della tradizione occidentale. Le storie e i riferimenti storici della immagine di Edessa, del Keramion e di Kamulia sono riportate ampiamente nel paragrafo dove si parla delle immagini preiconoclaste. Qui ne vedremo le implicazioni iconografiche che sono scaturite nei secoli seguenti.

30 Agbar riceve il Mandylion X°sec. Monastero di S.Caterina Sinai

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Iconografia bizantina e postbizantina

Una icona del X° secolo conservata nel Monastero di Santa Caterina nel Sinai commemora Re Abgar50 che riceve ad Edessa il Mandylion con l’immagine di Cristo. E’ interessante poiché mostra che l’immagine riempie solo la parte centrale del telo spiegando il termine ràkos tetràdiplon, cioè "piegato doppio per quattro volte" con cui negli ‘Atti di Taddeo’51 ci si riferisce al Mandylion. Del resto anche Gregorius Referendarius, nella sua omelia52 tenuta a Costantinopoli nel 944 in occasione della traslazione del Mandylion da Odessa dice che sul Mandylion si vedeva il colpo di lancia sul costato (e quindi sul Mandilyon vi era rappresentato tutto il corpo e non il solo viso), inoltre per cercare di conciliare la leggenda di Re Abgar (che dice di aver ricevuto il telo da Gesù mentre era in vita) con la presenza di macchie di sangue, dice che queste sono il sudore del 31 Mandylion XIV°sec. Andreij Rublev Mosca Getzemani ed il sangue dal costato un abbellimento pittorico.

L’iconografia del Mandylion è diffusissima nei territori slavi, molto più che nei paesi di lingua greca, forse perché nel X° secolo, quando il Mandylion fu trasferito da Edessa a Costantinopoli e l’immagine acquistò grande popolarità, vi erano molti contatti commerciali con la Rus’ e iniziò la cristianizzazione delle regioni slave. La faccia di Cristo campeggia su un grande nimbo crociato che occupa tutto lo spazio disponibile. Sullo sfondo il telo del Mandylion che scende con larghi drappeggi, spesso sostenuto da due angeli e riccamente ornato. I capelli scendono a grandi ciocche, spesso due a sinistra (la doppia natura di Cristo) e tre a destra (le persone della Trinità). Assunse una grande diffusione dopo il XII° secolo; gli era attribuito un potere taumaturgico e si collocava sulle porte delle città e sulle insegne militari. Secondo le antiche cronache, il principe Dimitrij Donskoj lo fece issare come vessillo prima di affrontare i tartari sul campo di Kulikovo (1380), nella storica battaglia che segnò l`inizio della liberazione dal giogo mongolo. Come si rileva dagli antichi inventari degli arredi delle chiese russe, nel XVII° secolo l`icona del «Mandylion» molto spesso era collocata centralmente sopra l`iconostasi, quasi a coronarne la composizione. Talvolta però questa raffigurazione compariva al centro della Deesis

50 Racconto riportato da Eusebio di Cesarea (III°sec.) nella sua ‘Storia Ecclesiastica’ 51 Apocrifo del IV secolo 52 http://www.shroud.com/pdfs/guscin3.pdf riporta la traduzione in inglese dell’omelia di Gregorius Referendarius 45

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E’ stato dipinto dai principali iconografi russi, da Andreij Rublev, (fig 31) a Simon Ushakov (fig 32)

32 Mandylion XVII°sec. Simon Ushakov Museo Tretiakov Mosca

Spesso l’immagine del Mandylion è anche usata in molti affreschi per onamento o al centro della Deesis.

33 Mandylion Attresco XVII°sec.Monastero di Dionisio Athos Grecia

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Iconografia bizantina e postbizantina

Il secondo tipo di immagine di Cristo Acheropoieta è quella chiamato Keramion poiché la leggenda vuole che sia rimasta impressa sulle tegole messe a protezione del Mandylion quando questi fu murato per proteggerlo da possibili danneggiamenti per le persecuzioni contro i cristiani. Secondo la tradizione, il telo dimenticato fu poi

34 Keramion Kiev o Novgorod XII° sec. Museo Tretiakov Mosca rinvenuto probabilmente durante i lavori di ricostruzione seguiti alla catastrofica inondazione del Daisan, il corso d'acqua che attraversa Edessa, avvenuta nel 525. L’iconografia è uguale a quella del Mandylion, soltanto manca il drappeggio del telo che fa da sfondo all’immagine e spesso le due iconografie si confondono. Nell’immagine di Laon53 (fig.35) infatti l’iscrizione in serbo dice: “La faccia del Signore sul Mandylion”.

35 Keramion XIII°sec Serbia Cattedrale di Laon Francia

53 L’immagine fu regalata nel 1249 da papa Urbano IV° (Jacques Pantaleon de Troyes) a sua sorella Sybille abbatessa del convento di Montreuil-en-Thierache e poi nel XVII° sec. trasferita a Laon. 47

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La terza rappresentazione del Cristo acheropoieta è quella derivata dall’immagine di Kamulia. Questa immagine, ritenuta forse il velo che si metteva sul volto del cadavere prima di coprirlo con il sudario è ritenuta anch’essa acheropoieta. E’

36 Veronica Albrecht Durer XVI° sec. originaria della piccola città di Kamulia, o Kamuliane, in Cappadocia, traslata dalla capitale, Cesarea, a Costantinopoli nel 574, divenne l'icona protettrice della città. Le vicende di questa Immagine la vedono in Africa nella battaglia di Costantina, del 581, in quella sul fiume Arzaman, del 586, e in molti altri episodi bellici e ancora nel 622 si trovava sullo stendardo impugnato dall’imperatore Eraclio (575-641) in partenza per una campagna in Persia. Pare che anche durante l’assedio di Costantinopoli da parte degli Avari, la santa immagine fu esposta sulle mura a difesa della città (626). Dopodiché scompare dalle cronache. La tradizione narra che il patriarca di Costantinopoli Germano, per salvarla dalle distruzioni iconoclaste, la imbarcò per Roma col patto che fosse restituita quando il pericolo fosse passato. Papa Gregorio II (718-731), secondo padre Pfeifer (vedi il paragrafo ‘Immagini preiconoclaste’), la mise in Laterano nella cappella del Sancta Sanctorum. Qui rimase nascosta fino a Innocenzo III° (1198-1216) quando compare in Vaticano l’immagine della Veronica. La leggenda della Veronica (la donna che deterse il viso di Gesù e ne ottenne una immagine) nasce in epoca medievale in occidente. Sembra che il telo conservato in Vaticano con questo nome sia in realtà l’immagine di Kamulia, poi, secondo padre Pfeifer, trafugata nel XVI° secolo e ricomparsa come immagine di Monoppello. Va detto però che l’iconografia occidentale della Veronica è diversa da quella orientale del Mandylion, infatti nella Veronica la testa di Cristo è cinta dalla corona di spine (Cristo si avvia al Calvario), mentre nel Mandylion la corona di spine non appare mai.

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Iconografia bizantina e postbizantina

L’immagine di Cristo in ‘Gloria’ o ‘Salvatore in trono tra le Potenze’

Questa iconografia,tramandata dalla classicità ove era conosciuta come ‘Apoteosi’54 (l’imperatore è assunto nell’Olimpo tra gli dei) o ‘Maestà’55 (l’imperatore è rappresentato tra i dignitari della sua corte mentre legifera o giudica) riprende la tipologia del Pantocratore con la figura completa del Cristo assisa sul trono e con la destra in atto di benedire mentre nella sinistra tiene il Vangelo. La figura è inserita in una dimensione cosmica e manifesta il Cristo come “il Signore del Cosmo e della Storia”. Non si vuole rappresentare il Cristo fatto uomo, ma piuttosto la seconda persona della Trinità che ritorna sulla terra, nella Sua seconda venuta, a giudicare gli uomini. Sottolineava anche il potere e la gloria dell`imperatore, l`autorità dell`eletto di Dio sulla terra: per questo, l`effigie compariva assai frequentemente tra gli attributi dell`impero, divenendone con il passar del tempo addirittura una sorta di simbolo - ornava ad esempio le monete auree degli imperatori bizantini, e una raffigurazione musiva di Cristo in trono era collocata sopra il trono dell`imperatore nell`abside est del Chrisotriklinion, la sala delle udienze ufficiali. Assiso sul suo sontuoso trono, l`imperatore echeggiava le vesti e la posa di Cristo raffigurato sopra di lui, sottolineando così la sua investitura divina. Per questo motivo questa tipologia è molto spesso inserita nello schema iconografico della Deesis o ‘Intercessione’ ove la figura di Cristo, assiso sul trono del

37 Deesis mosaico XII° sec. Chiesa di S.Sofia Istambul giudice, ha a fianco la Vergine e San Giovanni Battista (in rappresentanza del genere

54 Vedi fig. 18 55 Vedi fig. 17 49

For.D. umano del nuovo e vecchio testamento) che implorano misericordia per gli uomini.

Anche l’iconografia occidentale è piena di magnifici esempi, da Fra Angelico, a Giotto, a Duccio; ma volendo restare in oriente conviene ricordare la placca smaltata conservata nel convento di Santa Caterina nel Sinai che si ispira al brano di Matteo: Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.(Matteo 26,31) Cristo è vestito di luce (le venature d’oro dell’abito indicano appunto la luce) ed è

38 Cristo in Gloria Smalto XIII° sec. Monastero di S.Caterinai Sinai

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Iconografia bizantina e postbizantina seduto in trono. Ai quattro lati del trono sono raffigurati i simboli dei quattro evangelisti come descritto nelle visioni di Ezechiele (Ez. 1,4) e nell’Apocalisse di Giovanni (Ap 4,6). Questa iconografia si svilupperà in maniera più compiuta in Russia dal XIV° secolo, dando origine al tipo iconografico detto del ‘Salvatore in trono tra le Potenze’ ma passeranno circa due secoli prima che divenga noto nella Russia settentrionale e sostituisca, in alcuni casi, il «Salvatore in trono» al centro della Deesis. Il più antico degli esempi giunti fino a noi è quello che fa parte della Deesis

39 Salvatore tra le Potenze XIV°sec. Cattedrale dell'Annunciazione Cremlino Mosca dell`iconostasi della Cattedrale dell`Annunciazione nel Cremlino di Mosca. Intorno a Cristo in trono è rappresentata un`aura luminosa a forma dì un rombo rosso, un ovale blu e un altro rombo rosso sovrapposti uno sull`altro, fitti di raffigurazioni di serafini e cherubini. Secondo la tradizione, Cristo e assiso in trono, al centro dei due rombi rossi, il più esterno dei quali presenta agli angoli i simboli degli evangelisti (sta infatti a indicare la terra, dove I`annuncio cristiano si diffonde sino agli estremi confini), e del cerchio blu che allude al firmamento ripieno degli esseri angelici.

Ai piedi del trono sono rappresentati i cosiddetti «troni», ruote di fuoco con occhi e ali (Ez 1,15-21).

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Tra quegli esseri si vedevano come carboni ardenti simili a torce che si muovevano in mezzo a loro. Il fuoco risplendeva e dal fuoco si sprigionavano bagliori. Gli esseri andavano e venivano come un baleno. Io guardavo quegli esseri ed ecco sul terreno una ruota al loro fianco, di tutti e quattro. Le ruote avevano l’aspetto e la struttura come di topazio e tutt’e quattro la medesima forma, il loro aspetto e la loro struttura era come di ruota in mezzo a un’altra ruota. (Ez 1,13) Secondo la gerarchia celeste attribuita a Dionigi Areopagita56, serafini, cherubini e troni rappresentavano gli ordini angelici supremi, ammessi al cospetto del trono dei Pantocratore. Agli angoli del quadrato troviamo le raffigurazioni dei quattro esseri viventi dell`Apocalisse (Ez 1,4-14; Ap 4,6-9), l`angelo, il Ieone, il bue e l`aquila, simbolo dei quattro evangelisti. Ed ecco, c’era un trono nel cielo, e sul trono uno stava seduto. Colui che stava seduto era simile nell’aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il trono...... In mezzo al trono e intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d’occhi davanti e di dietro. Il

40 Salvatore tra le Potenze XV° sec. Rublev Museo primo vivente era simile a un leone, il Tretyakov Mosca secondo essere vivente aveva l’aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l’aspetto d’uomo, il quarto vivente era simile a un’aquila mentre vola. I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi;(Ap 4,3) In questa complessa costruzione campeggia la figura di Cristo, ieratico e splendente, dispensatore di vita ed eterno vincitore della morte.

Il tema del ‘Salvatore tra le potenze’ è stato interpretato da tutti i maggiori iconografi del periodo a cominciare da Rublev e Dionisij. Le due interpretazioni, entrambe oggi al museo Tretyakov di Mosca si somigliano in maniera sorprendente tanto da sembrare il secondo copia del primo. Simile la forma del viso, il drappeggio delle vesti, la forma e le tonalità dei due rombi rossastri e l’ovale verde-azzurrino ove si intravedono gli spiriti angelici ed un

56 Lo pseudo Dionigi Aeropagita è l’autore del ‘De coelesti Hierarchia’ scritto agli inizi del VI° secolo. Il nome deriva dal fatto che l’autore si identifica con Dionigi, giudice dell’Aeropago di Atene, che si convertì (nel I°sec.) a seguito del discorso lì tenuto da san Paolo tra l’ilarità di tutti gli altri ateniesi. Nella Bibbia non si parla esplicitamente in nessun punto del numero delle categorie angeliche, le quali si possono ricavare soltanto dalla collazione di singoli passi del Vecchio e del Nuovo Testamento: cosi, i Serafini compaiono in Isaia (6,2), i Cherubini in Ezechiele (1,14-24; 10,4-22), mentre Troni, Dominazioni, Principati, Potestà e Virtù appaiono in due passi paolini della Lettera ai Colossesi (1,16) e della Lettera agli Efesini (1,21), Arcangeli e Angeli sono citati in diversi luoghi di entrambi i Testamenti. I tre ranghi più elevati, Serafini, Cherubini e Troni, servono Dio, loro Creatore e Signore; ai tre ranghi intermedi, Dominazioni, Principati e Potestà, compete il governo del mondo angelico, mentre i tre ranghi inferiori, Virtù, Arcangeli e Angeli, si prendono cura dell’umanità. http://www.enec.it/AliDio/06_LEGERARCHIEDEGLIANGELINELMEDIOEVO.pdf 52

Iconografia bizantina e postbizantina trono, appena accennato su cui è assiso Cristo. I piedi poggiano su due cerchi alati, figure simboliche dell’ordine angelico dei ‘Troni’.

41 Salvatore tra le Potenze XVI°sec. Dionisj Museo Tretyakov Mosca 

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Altre immagini di Cristo

Oltre a quelli visti prima, vi sono altri modelli iconografici, meno diffusi e meno antichi, ma di cui restano interessanti esemplari.

Cristo Beato Silenzio Il titolo di questo tipo di icona si chiama in greco "Hagia Hesychia" (Santo Silenzio). E’ una iconografia che compare in Russia verso il XIV° secolo quando divennero popolari le teorie di San Gregorio Palamas57 (1296 - 1359) o dell’Esicasmo che si prefiggeva lo scopo di raggiungere l’unione con Dio mediante una incessante preghiera interiore. In solitudine, ritiro e silenzio l’esicasta ripete, non con la bocca, ma col cuore quella che nel mondo ortodosso è chiamata la preghiera di Gesù: "Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore". Cristo è rappresentato come un giovinetto imberbe dall’aspetto femmineo (la ‘Sofia divina’, nelle scritture ebraiche è femminile) munito di ali simbolo di energia che dà vita al cosmo. Le mani incrociate sul petto (cosi gli ortodossi ricevono la comunione) indicano il silenzio e l`invito alla preghiera interiore modellata sull’invocazione di Davide "Poni un sigillo alla mia bocca, un freno all`aprirsi delle mie labbra" (Sal 141,3).

42 Beato Silenzio XIII° sec. Russia

57 Gregorio Palamas si pone la domanda di come sia possibile per un uomo conoscere Dio che è trascendente e quindi inconoscibile; e arriva alla conclusione che è impossibile conoscerlo nella sua essenza (greco ousia), ma è possibile conoscerlo nelle sue azioni (greco energeiai), cioè come Lui stesso si rivela alla umanità. Gregorio affermava infatti che Pietro, Giacomo e Giovanni che testimoniarono la trasfigurazione di Cristo, in realtà non videro Dio, ma la sua luce increata. La stessa luce che può essere vista anche da altri con l’aiuto di disciplina spirituale e preghiera contemplativa come avvenne per gli eremiti dei primi secoli. L’uso della preghiera mentale (o preghiera del cuore) richiede solitudine, quiete e silenzio ed è chiamata ‘Esicasmo’ dal greco "hesychia" che significa proprio calma, silenzio, e quelli che la praticano sono chiamati esicasti.

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Iconografia bizantina e postbizantina

Il nimbo, invece della solita croce, ha due rombi incrociati dai colori rosso e blu (regalità divina e umanità), gli attributi di Cristo. Le otto punte indicano, come sempre, i sei giorni della creazione, il giorno del riposo divino e il giorno della seconda venuta.

43 Divino Silenzio Russia XVIII°sec. Temple Gallery Londra

Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, (Isaia 24,1)

Cristo Emmanuele

Da sempre la profezia di Isaia:

Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. (Isaia 7,14)

è stata vista come una prefigurazione della venuta di Cristo; lo stesso Evangelista Matteo, riprende la profezia per applicarla a Gesù:

Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 55

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Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi.(Matteo 1,22)

L’attributo di ‘Emmanuele’ è stato applicato a Cristo fin dai primi secoli, sia su icone sia sulla monetazione bizantina, l’iconografia, in questa prima fase, è sempre quella classica del Cristo adulto barbuto (vedi fig.44).

45 Moneta di Giovanni III° Ducas 44 Moneta di Basilio II°(X°sec.) con (XIII°sec) con iscrizione iscrizione 'EMMANUEL' Cristo è 'EMMANUEL'. Cristo è adolescente e adulto e barbuto imberbe Dal XIII° l’attributo ‘Emmanuel’ inizia a indicare non più il Cristo storico, ma piuttosto la seconda persona della Trinità, il Logos nell’aspetto di un fanciullo fuori dal tempo (vedi fig. 45). Dal XIV° secolo si cominciano a trovare rappresentazioni dell’Emmanuel Logos in sostituzione del Cristo Pantocratore nelle Deesis o addirittura al centro delle cupole o conche absidali.

46 Emmanuele XIV°sec. conca absidale Monastero di Gracanica Serbia

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Iconografia bizantina e postbizantina

Dopo questo periodo non sono rare le icone di Cristo Emmanuele, anche scritte da iconografi famosi come Simon Ushakov.

48 Cristo Emmanuele 1697 Simon Ushakov Monastero di Novodevichy Mosca

47 Emmanuele da una Deesis nel Palazzo Kolomneskoe 1670 Mosca

Cristo Anapeson o ‘Occhio che Veglia’

E’ un’altra rappresentazione di Cristo Emmanuele; l’iconografia lo vede in veste di giovinetto che giace disteso in un giardino che prefigura il Paradiso con a fianco la Vergine in atteggiamento orante o ancora più spesso un angelo che mostra gli strumenti della passione. La composizione iconografica si ispira a due passi delle sacre scritture; la prima presa dai Salmi:

Non si addormenterà, non prenderà sonno, il custode d’Israele. ………., Il Signore veglierà su di te, quando esci e quando entri, da ora e per sempre.(Salmo 121,4)

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la seconda ricorda la benedizione di Giacobbe nella Genesi:

Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi oserà farlo alzare? (Genesi 49,9)

48 Anapeson XIII°sec. Monastero S.Caterina Sinai

La prima raffigurazione conosciuta è quella del XIII° secolo conservata nel Monastero di Santa Caterina nel Sinai. Qui Cristo Emmanuele giace tra le braccia della Vergine, Dal XIV° secolo il modello iconografico si sposta nei monasteri dell’Athos in Grecia ove assume un carattere e una connotazione diversa. Al primitivo significato di Dio (Logos-Emmanuele) che veglia sul suo popolo, se ne sovrappone uno nuovo: Cristo presagisce la Sua futura passione. Ecco apparire al suo fianco un angelo con gli strumenti della passione e la Vergine quasi a vegliarlo:

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49 Anapeson Theophane di Creta XVII° sec Monastero di Stavronikita Athos

Dall’Athos il soggetto è adottato dagli iconografi Russi nel XVI° secolo. Qui il tema è viepiù visto come una raffigurazione simbolica della morte di Cristo: per esempio, nella figura a fianco, a Cristo adagiato su un giaciglio nei sembianti di Emmanuele, si appressano la Vergine e un angelo con un ripidion58, mentre un secondo angelo gli porge gli strumenti della passione. L`«occhio che veglia » di Cristo vede (già nel paradiso, richiamato qui dalla vegetazione e dalla presenza dei cigni) il sacrificio della crocifissione. I due rotoli esprimono il colloquio tra la Madre e il Figlio. Dice la Vergine: «Signore Onnipotente, Figlio mio e Dio mio, porgi l`orecchio, ascolta la preghiera della Madre tua, che prega il tuo santo nome...». E Cristo: «Perché, o Madre, hai timore, vedendomi adagiato nel talamo, crocefisso e deposto nel sepolcro?...Risorgerò nella gloria…».

50 Anapeson XVI° sec. Museo di Pskov Russia

58 Ripidion: Ventaglio liturgico 59

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Il Volto della Madre di Dio

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In copertina: Madonna di Vladimir XII° sec. Museo Tretiacov Mosca

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Introduzione

Nei Vangeli Canonici, la figura di Maria rimane piuttosto in ombra; è citata da Matteo negli episodi dell’Annunciazione e Nascita di Gesù; Luca aggiunge a questi gli episodi della Visita ad Elisabetta e della Presentazione al Tempio; Giovanni la cita solo in occasione del Miracolo di Cana e quando, ai piedi della Croce, Gesù gliela affida. Marco la ignora quasi completamente. Nei secoli immediatamente successivi, cresce nei primi cristiani l’interesse di saperne di più, nascono pertanto racconti, preghiere, omelie che la riguardano.

Il più antico testo è il Protovangelo di Giacomo del II° sec.; inizia con il racconto della nascita miracolosa di Maria dalla sterile Anna e dal vecchio Gioacchino, continua con le storie della giovinezza trascorsa a servire nel Tempio, al matrimonio con Giuseppe, all’Annunciazione per finire con la storia della nascita di Cristo e dei Magi che evitano di ripassare da Erode.

La più antica preghiera dedicata alla Vergine giunta fino a noi è un papiro copto del III° sec. che tradotto in latino suona così: Sub praesidium Misericordiarum tuarum confugimus, o Dei Genitrix. Nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus, sed in perdizione salva nos, o (tu) que sola (es) benedicta. E’ interessante notare che alla Vergine viene dato il titolo di Dei Genitrix traduzione del greco (θεός "Dio" e τόκος "partorito"). Il titolo di Mater Dei (in greco Μήτηρ Θεού), faceva storcere il naso a quegli antichi pensatori cristiani pieni di filosofia greca e capaci di spaccare un capello in quattro; infatti, come vi può essere una madre di chi è il principio di tutte le cose? Il Concilio di Efeso del 431, condannò Nestorio (Maria ha dato alla luce solo il Cristo umano e non il Logos divino che preesisteva prima di tutti i tempi), e dichiarando che Gesù è una unica persona, vero Dio e vero Uomo, decise che il titolo giusto per Maria fosse Theotokos, colei che ha partorito Dio. Infatti, sia il titolo di Christotokos (come voleva Nestorio) o di Μήτηρ Θεού sembrano dare più evidenza all’una o all’altra delle due persone Uomo o Dio, mentre Theotokos unisce l’umano partorire con la divina persona. Nonostante ciò il titolo di Μήτηρ Θεού (Mater Dei) continuò ad essere usato, specialmente nel mondo latino, ma anche nel mondo ortodosso, anzi in tutte le icone Maria è identificata con

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la sigla “ΜΡ ΘΥ" forma abbreviata di Μήτηρ Θεού.

Nulla ci è stato tramandato dell’aspetto fisico di Maria, infatti le descrizioni dell’alto medioevo sembrano più l’enunciazione di un canone di bellezza classico che la raccolta di notizie più antiche sul suo aspetto. Scrive Epifanio, monaco di Costantinopoli nel IX°sec.: Di carnagione color del grano, 51 Madonna che allatta II°sec. Catacombe di aveva i capelli biondi, begli Priscilla occhi dal color nocciola dorato, le sopraciglia nere, un naso ben profilato, mani, dita e faccia allungate; era tutta grazia e bellezza, senza superbia, semplice, laboriosa e sommamente umile. (Discorso sulla vita della SS.Madre di Dio) ma Sant’Agostino nel V° sec scrive: ‘Non abbiamo conosciuto il volto della Vergine Maria…Si può pertanto dire nell’ambito della fede: forse ella aveva quell’aspetto, o forse uno diverso.’(De Trinitate 8,5,7) Le prime immagini giunte fino a noi sono affreschi catacombali del II° e III° sec, principalmente dal Cimitero di Priscilla. La più antica è quella della Madonna che allatta il Bambino col profeta Balaam che indica una stella; allusione al passo biblico:

Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, (Numeri 24,17) Della prima metà del terzo secolo è invece l’immagine dell’Orante dipinta nella cosiddetta camera della vestizione delle stesse catacombe di Priscilla. Come si vede, l’iconografia 51 Madonna Orante III°sec. Catacombe di Priscilla Roma non si è ancora consolidata e gli atteggiamenti, le pose e le vesti sono mutuati da modelli classici; anche se (come vedremo nel seguito) i temi saranno ripresi più tardi con forme e stile bizantino. 

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Le immagini preiconoclaste

Come già detto, durante il regno di Leone III° l’Isaurico intorno al 726 e fino al regno di Irene ed al II° Concilio di Nicea (787), Costantinopoli e tutto l’Impero d’Oriente fu percorso dalla furia iconoclasta che portò alla distruzione di tutte le opere presenti sul territorio dell’impero. Una delle più famose opere preiconoclaste, salvate dal disastro, è l’immagine della Madonna con Bambino riscoperta nella sacrestia della chiesa di Santa Francesca Romana a Roma nel 1950. Fu salvata dall`incendio che distrusse il tetto della basilica al tempo di Onorio III° (1216-1275); la sua venerazione crebbe nel tempo sicché ai suoi piedi il 15 agosto 1425, Santa Francesca Romana insieme alle prime compagne fece la sua oblazione. Nel `800 la tavola fu completamente 52 Madonna con Bambino V°sec. S.Maria Nova Roma ridipinta da Pietro Tedeschi, restauro che fu completamente rimosso nel 1950 scoprendo così il frammento dell`Imago Antiqua, salvata dall`incendio al tempo di Onorio e trasferita in S.Maria Nova dalla potente famiglia Frangipane. Altra icona sopravvissuta a quel periodo, è una Madonna con Bambino conservata nel Convento di Santa Caterina nel Sinai. Questo monastero fondato da Giustiniano nel VI° sec., affrontò una pericolosa situazione nel VII° sec. a seguito della conquista degli arabi. Secondo la tradizione, i padri del monastero chiesero protezione allo stesso Maometto che, considerando i cristiani fratelli nella fede, accolse la richiesta favorevolmente, accordando un trattato di protezione valido

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anche per i sui successori, salvando così dalla distruzione iconoclasta ed islamica un patrimonio di inestimabile valore. L’icona è giunta a noi divisa in due pezzi attaccati maldestramente insieme con del filo metallico. Rappresenta la Vergine in trono col Bambino sulle ginocchia, fiancheggiata da due santi martiri guerrieri: il barbuto è S.Teodoro Stratelate, l’altro è S.Giorgio. Due Arcangeli, alle spalle guardano, con grandi occhi spalancati, alla mano di Dio che scende per benedire. La composizione rigorosamente frontale, con la figura di Maria 53 Madonna con Bambino VI°sec. leggermente più grande degli Monastero di S.Caterina Sinai altri personaggi anticipa quelli che saranno i canoni della pittura bizantina, ma mancano ancora alcune delle caratteristiche dell’iconografia successiva come le tre stelle sul manto della Vergine e i colori complementari delle vesti della Madre e del Fanciullo. La composizione è dominata dalla severità formale e dal carattere ieratico dell’arte monumentale del tempo di Giustiniano e pertanto ricorda molto i mosaici della Corte di Giustiniano e della Corte di Teodora a Ravenna. L’icona è dipinta con la tecnica dell’encausto, cioè con cere colorate fuse, secondo una procedura largamente usata in Egitto in epoca romana.

Altra icona salvata dal disastro iconoclasta trovando rifugio a Roma è la così detta

54 Salus Populi Romani VII°Sec. S.Maria Maggiore Roma 66 Iconografia bizantina e postbizantina

‘Salus Populi Romani’ attribuita addirittura a San Luca Evangelista e conservata nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. La tradizione vuole che fosse portata a Roma, dalla terra santa, da Sant’ Elena e dall’imperatore Costantino, ma l’icona è stimata essere del VII°-VIII° secolo e quindi di almeno duecento anni posteriore (alcuni la datano addirittura al XII° sec.). Nel 1348, durante la terribile pestilenza che desolò l'Italia, l'immagine fu portata processionalmente fino alla basilica Vaticana per evitare il flagello: la Vergine accolse la preghiera implorante dei suoi figli e Roma fu liberata dalla peste, e per questo episodio fu incoronata ‘Salus populi romani’. Sono già presenti alcune caratteristiche iconografiche che saranno consolidate poi, come le stelle della verginità sul velo di Maria, i colori complementari degli abiti di Maria e del Bambino (il blu per il manto della Vergine, colore dell’obbedienza ed il rosso, colore regale per quello di Cristo).

Tra le tante immagini attribuite a San Luca (sono più di 60), spicca la famosa icona costantinopolitana della Madonna N.S. di Czestochowa, finita, dopo varie peripezie in Polonia. Ha una importante e miracolosa storia che vale la pena di raccontare. Si narra che fu dipinta da San Luca sulla tavola di cipresso della casa della Sacra Famiglia. E’ una delle tante cosiddette ‘Madonne nere’, il colore della pelle è in parte dovuto agli effetti del fumo delle candele e in parte allo stile. La leggenda vuole che l’icona fosse portata da Gerusalemme dall’imperatrice Elena, madre di Costantino e finì nelle mani dei principi della Rutenia (Ucraina), fu poi portata in Polonia dal Principe Ladislao che la conservò nella 55 Madonna N.S. di Czestochowa cappella del castello di Belz. Quando i saraceni attaccarono il castello, una delle loro frecce colpì alla gola l’immagine. Il principe pregò la Madonna di dirgli ove La potesse

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custodire in sicurezza ed essa, apparsagli in sogno, gli disse di portarLa a Jasna Gora presso Czestochowa. Qui costruì un monastero che fu affidato ai monaci Paolini con l’incarico di custodirLa. Nel 1430, gli Hussiti, (movimento iconoclasta che seguiva gli insegnamenti di Jan Huss circa 1369–1415), attaccarono il monastero e cercarono di rubarla, ma la leggenda racconta che i cavalli si rifiutarono di portarla via, e quando un soldato la ruppe in tre parti e la colpì tre volte sulla guancia, morì e i danni dei colpi di spada non poterono più essere riparati e ancora oggi si possono osservare sulla sua guancia destra. Nel 1655 gli svedesi attaccarono il monastero in 12000, ma i 300 religiosi, chiesta la protezione dell’immagine, riuscirono a resistere; per gratitudine, il re Giovanni Casimiro dichiarò la Madonna regina di Polonia.

Il perché del colore scuro della pelle, ed in generale quello di tutte le ‘Madonne nere’ medioevali, non è a oggi chiaro; si pensa che possa essere dovuto a modificazioni chimiche dei colori di qualche prototipo antico poi ricopiato ripetutamente o modificazioni dovute al fumo delle candele o più probabilmente essere riferito al versetto biblico “nigra sed pulcra” del Cantico dei Cantici 1,5 Bruna sono ma bella, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come i padiglioni di Salma

56 Madonna in Trono VI°sec. Abside Basilica Eufrasiana di Parenzo (Parec) Istria Anche nel campo musivo ciò che è rimasto, è localizzato principalmente in occidente: Una delle più antiche è quella del bacino absidale, di epoca giustinianea, della Basilica Eufrasiana di Parenzo (antica Parentium della

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provincia romana di Histria), qui per la prima volta, la Vergine appare in posizione centrale nell’abside. L’attuale chiesa fu costruita nella metà del VI° sec per ordine del vescovo, Euphrasius. Nell’epigrafe dedicatoria ai piedi del mosaico absidale, Euphrasius dice di aver ornato e restaurato una più antica chiesa preesistente.

57 Madonna in Trono (Basilissa) IX°sec.S.taMaria in Domnica Roma Nel programma decorativo delle chiese bizantine, la figura della Vergine appare spesso, come a Parenzo, nel catino absidale, mentre il Cristo Pantocratore adorna la cupola che sovrasta il transetto; in questa posizione, la Vergine è rappresentata come Basilissa o regina dei cieli circondata dalla corte celeste con in grembo il bambino benedicente. Di epoca posteriore è il mosaico di uguale soggetto che adorna l’abside della chiesa romana di Santa Maria in Domnica (fig.57). I mosaici di questa chiesa si devono a papa Pasquale I° che è rappresentato inginocchiato ai piedi della Vergine con il nimbo quadrato che identifica i viventi. Le figure sono molto più approssimative e rozze di quelle di 58 Madonna in trono (Basilissa) VI°sec S.Apollinare Nuovo Ravenna Parenzo. Da notare la gerarchia definita dalle altezze delle figure (che sarà un canone dell’iconografia bizantina): la Madonna è la più

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grande, seguita dagli angeli un po’ più piccoli ed infine il papa ancora più piccolo. Anche la prospettiva è tipicamente bizantina con tutte le linee che convergono verso chi guarda. Da questo schema iconografico deriveranno innumerevoli immagini in tutte le parti del mondo cristiano tra cui la più famosa è La Maestà di Duccio da Buoninsegna. Un’iconografia simile, ma molto meno ricca di personaggi, era già stata eseguita a Ravenna nella chiesa di S.Apollinare Nuovo nel VI° secolo in forme più stilizzate e ieratiche; la forma del trono è tanto simile da far pensare che il mosaico di Roma abbia copiato Ravenna, ma la pedana di quello di Ravenna presenta una prospettiva invertita molto più pronunciata, i bordi laterali convergono vistosamente verso l’osservatore.

Di uguale soggetto è l’icona conservata nella basilica romana di Santa Maria in Trastevere e chiamata ‘Madonna della Clemenza’. L`icona, dipinta a encausto su tela di lino fissata su legno di cipresso, ha subito le ingiurie del tempo, aggravate anche da un incendio. L`immagine, ritenuta "acherotipa", ossia un`opera eseguita per intervento divino, fu onorata dalla cerimonia dell`incoronazione, con corona d`oro, dal Capitolo di S.Pietro in Vaticano il 2 novembre del 1659, per aver salvato Roma dalla carestia. Si racconta, infatti, che durante una rovinosa siccità che aveva provocato una gran penuria di 59Madonna della Clemenza VI° sec viveri, fu ordinata una Basilica di S:Maria in Trastevere Roma processione con l`icona per le vie della città e che, appena essa tornò nella basilica, il cielo si ricoprì di nuvole riversando una benefica pioggia. La tavola rappresenta la Madonna in trono, con due angeli ai lati in posizione arretrata, che mostra il bambino seduto sul suo grembo, mentre, ai piedi del trono, è una figura di pontefice orante. Così recita, infatti, la scritta in latino, lacunosa in alcuni punti, che si legge partendo dal bordo superiore destro: "Poiché Dio stesso si fece dal tuo ventre...I principi degli angeli ristanno e stupiscono di Tè che porti in grembo il Nato...". In relazione all`identità del papa orante, si può pensare a Giovanni III (561-574) o a Benedetto I (575-579), se si data l`opera alla fine del VI

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secolo.

Ancora a Roma, la Cappella di S.Zeno, all’interno della Basilica di S.ta Prassede, contiene un esempio di quello che dovevano essere le decorazioni di quel tempo. Per quanto riguarda il nostro tema, tra le decorazioni della cappella vi è una splendida Madonna con Bambino; le mani della Vergine tengono Cristo come uno scudo. Potrebbe forse essere una copia della famosa Madonna Nikopeia che gli imperatori bizantini portavano in battaglia come protezione. La posizione allargata delle mani del bambino, non corrisponde con quella nell’abside della chiesa della Dormizione di Nicea (Iznik, 60 Madonna in trono con Bambino VIII°sec. Turchia) oggi distrutta (fig. 61), S.ta Prassede Roma che per tradizione, si sa esserne stata una copia del VII°sec. Esiste anche un’altra antica immagine musiva copia della stessa Madonna Nikopeia, salvata miracolosamente, perché fu coperta da intonaci, forse in epoca iconoclasta; ritrovata poi durante i restauri in un braccio della Basilica di S.ta Sophia ad Istambul nel 1935 (fig.62). Il mosaico è del IX° secolo, ma la posizione delle mani della Vergine e del fanciullo sono identiche all’esempio precedente. Quando il Doge Enrico Dandolo ritornò dalla IV° crociata nel 1204, portò con se un grande bottino. Tra le altre cose, i famosi cavalli di San Marco e la Madonna Nikopeia.

61 Madonna Nikopeia VII° sec Nicea/Iznir

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Questa icona, come dice il suo nome, era ritenuta Portatrice di Vittoria ed era portata in battaglia alla testa delle truppe imperiali; la Madonna tiene il Figlio come uno scudo a protezione dei suoi fedeli. I veneziani venerarono la Madonna Nikopeia come protettrice della loro città, conservata in San Marco in fondo alla navata sinistra, nelle occasioni solenni era posta sull’altare maggiore.

Non si sa se anche questa icona è l’originale Nikopeia o una copia preziosa, come afferma qualche studioso che la data intorno al X°sec. L’icona è certamente di origine imperiale 62 Madonna Nikopeia IX°sec S.ta Sophia Istambul poiché fu presa ad Alessio V° Ducas detto Marzuflo (dalle folte sopraciglia), quando fu ucciso in combattimento dai Crociati. La cornice e il bordo superiore sono pieni di pietre preziose e figure smaltate

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63 Madonna Nikopeia Tesoro di S.Marco Venezia

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La fine dell’Iconoclastia ed il formarsi delle varie tipologie dell’immagine della Madre di Dio

La controversia iconoclasta durò dal 726, quando l’imperatore Leone III° (717-741) iniziò la lotta all’uso delle immagini, fino al 842, quando l’imperatrice Teodora permise la loro reintegrazione. La contesa iconoclasta lasciò un indelebile segno sull’arte cristiana e nella chiesa ortodossa; stabilendo che la forma e la composizione delle immagini sacre non può essere lasciata all’invenzione del pittore, ma deve seguire la tradizione approvata dalla chiesa59, con il conseguente risultato, che le strette prescrizioni, portarono gli artisti a non avere scelta nei soggetti, a mancanza di iniziativa e a ripetizioni e monotonie. I colori, i vestiti, i personaggi sono definiti da regole e tradizioni minutamente descritti in manuali; ciò, unito al concetto antico che un’immagine condivide il potere del prototipo se condivide con esso l’idea (eidos) e la forma (morphe), costrinse l’artista a copiare le antiche e più venerabili immagini. Tutto ciò portò ad una schematizzazione che, partendo dai modelli classici, si sviluppò in modelli iconografici abbastanza rigidi. Qui vedremo quelli che si riferiscono alla Madre di Dio: Nome Descrizione Varianti Panaghia (tutta Madonna con le Platytera (più santa) o Vergine braccia alzate in ampia dei orante preghiera, cieli) poiché generalmente in essa vi è raffigurata nel Dio, detta catino anche dell’abside. Madonna del Segno; come la Panaghia ma nel suo seno si intravede Cristo Emmanuele da cui il nome Grande Panaghia: Madonna del Segno a figura intera

59 Synod Nicaea" II, Actio VI, 331, 832 http://www.newadvent.org/cathen/11395a.htm

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Aghiosortissa Fa parte di una Può essere a (Arca santa) o composizione mezzo busto o Madonna più vasta, in cui a figura intera dell’intercessione al centro vi è il Cristo in trono e ai lati la Vergine e S.Giovanni Battista in atteggiamento implorante. Hodigitria Colei La Madonna Madonna di che indica le giusta indica con la Smolensk via mano il Cristo Madonna di Bambino: La Tichvin Vergine ed il Madonna di bambino in Kazan posizione Madonna frontale delle Tre guardano il Mani fedele. Madonna della Passione Eleusa o della La Madonna Madonna di Tenerezza in piega la testa Vladimir, Russo Umilenie Il verso il Madonna del bambino è tenuto Bambino ed il Tolga sul braccio destro e Bambino verso Madonna di per questo è detta la Madre; le due Fedorov Dexiocratousa (ha teste si toccano Madonna del la potenza a destra) e i loro sguardi Don si incontrano

Pantanassa regina Madonna del di tutte le cose tipo Hodigitria, ma seduta in trono

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Pelagonitissa dal E’ una variante Altri esempi a nome di Pelagonia, della della Veroia, regione della precedente in Hilandar, Macedonia dove è cui il Bambino Decani, nato questo tipo mostra la Priuzren e nel nel IX° sec. schiena al monastero di all’epoca della l’osservatore. S.Caterina al predicazione di Spesso alle Sinai Cirillo e Metodio. spalle vi sono due angeli con gli strumenti della passione. Il movimento del fanciullo può essere quindi interpretato, non come un gioco, ma come paura alla loro vista. Galactotrophousa La vergine o Maria Lactans porge il seno al Bambino; notare la posizione innaturale del seno della vergine.

Il concilio di Nicea stabilì anche, con sottili distinzioni difficilmente traducibili, il grado di onore che dovevano ricevere le sacre immagini: latreia, tradotto in latino con adoratio, era dovuto solo a Dio; proskynesis, tradotto con veneratio era dovuto a ogni persona grande e venerabile come l’imperatore, i patriarchi e, a fortiori ai santi che sono al cospetto di Dio; douleia tradotto con cultus; aspazomai con salve.

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Caratteristiche iconografiche comuni alle varie tipologie dell’immagine della Madre di Dio

Abbiamo visto che l’iconografia della Madre di Dio, partita da modelli classici, dopo l’iconoclastia, si è andato cristallizzando intorno ad alcuni modelli di cui, nel seguito, vedremo i modi e l’origine. Tuttavia, vi sono delle caratteristiche che sono comuni a tutti i tipi.

. Vestiti: L'abbigliamento della Vergine, costituito dalla tunica, dal mantello (maphorion) e dalla cintura (zone), è quello tipico siro-palestinese. La tunica, lunga fino alle caviglie è fornita di tre fessure, una per la testa e le altre due per le braccia, veniva stretta sui fianchi da una cintura fatta di stoffa. Sopra ad essa è posta la sopraveste, o mantello, detto "maphorion", che ha solitamente forma quadrata con ai bordi ricami d’oro. . Iscrizioni e Nimbi: L’iscrizione della Madonna ha di solito le iniziali delle parole greche Μήτηρ Θεού (Madre di Dio)

L’iscrizione per il Bambino è sempre IC XC iniziali di Ιησούς Χριστός Il nimbo del Bambino ha sempre una croce inscritta con le tre lettere greche Ο Ω Η iniziali delle parole greche ὁ ὤν 60“Io sono Colui che sono”; dalla risposta data da Dio a Mosè sul Sinai (Esodo 3,14) . Colori: Nelle icone della Madre di Dio il maphorion può assumere le diverse gradazioni della porpora, ove prevalga il rosso o l`azzurro. La porpora deriva infatti dall`unione dei due colori fondamentali opposti: il rosso (caldo) e il blu (freddo), ottenuti in pittura con il cinabro (fuoco) e il lapislazzulo (acqua). Da ciò il carattere regale di questo colore. La porpora antica, ottenuta dal mollusco estinto Murex Trunculus, come Plinio ci descrive, è una sostanza che disseccata si separa in due: una azzurra e una rossa. Ciò spiega il famoso effetto cangiante dei tessuti tinti con essa che presentavano infatti riflessi dal rosso all`azzurro. Il

60 Exodus 3, 14 per: καὶ εἶπεν ὁ θεὸς πρὸς Μωυσῆν Ἐγώ εἰµι ὁ ὤν· καὶ εἶπεν Οὕτως ἐρεῖς τοῖς υἱοῖς Ισραηλ Ὁ ὢν ἀπέσταλκέν µε πρὸς ὑµᾶς. (Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono! ”. Poi disse: “Dirai agli Israeliti: Io- Sono mi ha mandato a voi) Da http://www.icon-art.info/book_contents.php?lng=de&book_id=30

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valore simbolico è pertanto intuibile come misteriosa unione degli opposti in una unica totalità. E’ stato fatto notare61, che quando Maria rappresenta la Maternità, il suo maphorion tende al rosso porpora come segno di regalità, mentre quando si vuol mettere in risalto la sua Verginità, il maphorion tende all’azzurro come segno di purezza. La tunica, in contrasto, ha un colore complementare rispetto al maphorion. La tradizione bizantina rappresenta, di norma, la veste di Cristo Emmanuele (Bambino), il nuovo Adamo, con il colore di un`argilla rossastra, richiamando in ciò anche il significato etimologico della parola adamo ( = uomo terroso, rosso). Con la crisografia (inserimento di raggi dorati) il colore della terra è compenetrato dalla luce divina di cui l`oro è simbolo. . Stelle siriache:L’antico abito nuziale delle principesse siriane aveva sul mantello tre stelle a simboleggiare la verginità della sposa; una su ogni spalla e una sul capo. In epoca antica, certamente prima dell’iconoclastia, questo simbolo è stato mutuato dal maphorion delle immagini della Madre di Dio che sempre ha ricamate tre stelle a significare la triplice verginità di Maria; prima, durante e dopo il parto. . Posizione e aspetto del Bambino: Il Bambino è generalmente portato sul braccio sinistro, ma esistono molte varianti con il Bambino portato sul braccio destro, in questo caso si dice che l’immagine è dexiokratousa (che regge il bambino con la mano destra). Il Bambino, come avviene nella maggior parte delle raffigurazioni fissate nei tipi iconografici che andremo ad analizzare, è adulto nei lineamenti e nell'intensità dello sguardo; solo nelle opere più recenti, sotto l’influenza della pittura occidentale, il suo aspetto è divenuto più fanciullesco, ma conservando sempre un aspetto severo. . Cristogramma: La mano destra del Bambino può assumere tre posizioni distinte: o in contatto con la Madre (attorno al collo, o stringendo la mano materna) o mostrando un rotolo di pergamena a significare che Egli è il Maestro o, più spesso, in un segno di benedizione. Questo è un gesto chiamato cristogramma ed è considerato il segno originale della Croce. Le dita sono posizionate a formare le lettere greche IC-XC, un’abbreviazione del nome greco di Cristo: IHCOYC XRICTOC. Il cristogramma è usato ancora oggi come gesto di benedizione nel mondo della Chiesa Ortodossa 

61 P. Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, Rusconi, Milano, 1974, pp. 634-638. http://www.riccardobrunetti.it/Madonna%20del%20Pileri3.htm

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L’immagine della Madre di Dio detta Panaghia o ‘Orante’ Il titolo di Panaghia significa ‘Tutta santa’ ed è una delle immagini più antiche della Madre di Dio; è diffusa già nelle Catacombe (fig.51). E’ rappresentata, di norma a figura intera o a mezzo busto in posizione frontale, con le braccia sollevate e con i gomiti piegati. E’ mutuata dalla classicità dove personaggi con le braccia alzate erano usate diffusamente per indicare preghiera od offerta di sacrifici alla divinità. Nella cristianità bizantina è usata principalmente nella decorazione 65 Panaghia (affresco) XV°sec. Monastero di S.Caterina Sinai delle chiese ove di norma occupa il catino absidale, ma sono anche diffuse immagini sotto forma di icone per l’addobbo di iconostasi. In questo caso generalmente occupa il primo posto della prima fila a destra, dove sono poste le immagini dedicatorie della chiesa. Il prototipo pare fosse una miracolosa icona conservata nella chiesa delle Blacherne62 a Costantinopoli, tale icona andò distrutta nei torbidi iconoclastici del 754, in seguito fu ripristinata e alla fine perì nell’incendio della chiesa nel 1433. Questo tipo iconografico è, per 64 Panaghia (mosaico) XI°sec Chiesa di questo motivo, S,Sophia Kiev spesso chiamato Blachernitissa (Βλαχερνίτισσα). La sua memoria si conserva in numerose coniazioni bizantine dove appare nel verso, alcune volte a mezzo busto, altre a figura intera.  66 Costantino IX (1042-55)

62La chiesa Panaghia alle Blacherne fu edificata al posto di una più antica costruita dall’imperatrice Pulcheria tra il 450 e 453 (anno della sua morte), e da suo marito, l’imperatore Marciano. La chiesa fu poi ingrandita e abbellita da Leone I che costruirà la fontana dell’acqua santa (Hagiasma) e il bagno sacro (Hagion Lousma).

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L’immagine della Madre di Dio detta Platytera o ‘Del Segno’

Fin dai tempi dei dipinti catacombali l’immagine della Panaghia orante è stata arricchita spesso di un simbolo molto pregnante; nel suo petto si intravede, a mo’ di medaglione, la figura del Bambino.

67 Platytera IV°sec. Catacombe del Cimitero Maggiore Roma

Nel corso dell'XI° secolo compare anche in Oriente questo nuovo tipo iconografico di Orante, detta Platytera (più vasta dei cieli, poiché ha in essa Dio), con le braccia in atteggiamento di preghiera e sul petto porta il Cristo al centro di un disco. (La raffigurazione della Madre di Dio, a figura intera con un analogo medaglione, è denominata Grande Panaghia). L'immagine della Platytera è finita poi anche su monete, sigilli e sul medaglione portato sul petto, ancora oggi, dai vescovi ortodossi. Questo tipo iconografico ebbe una grande diffusione in tutto il mondo orientale e se ne trovano molti esempi sia a Costantinopoli

68 Sigillo di Andronikos Philokales XI° sec. Museo Ashmolean Oxford 79

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che nelle province sotto il suo controllo. In questa tipologia la Vergine rappresenta la chiesa che accoglie in se il Verbo incarnato e lo rivela all’umanità, il medaglione sul petto rappresenta Gesù-Emmanuele, non il Gesù 69 Platytera Mosaico XIV°sec. Monastero di Chora dei Vangeli, ma il logos incarnato. Instambul L’iconografia della Platytera ebbe, a partire dal XII°-XIII° secolo, grande diffusione anche nei territori della Rus’ ove assunse il nome di Madre di Dio del Segno. Il nome deriva dalla profezia del profeta Isaia, che da sempre è ritenuta una prefigurazione della venuta di Cristo: ’Il Signore vi darà un segno. Ecco la Vergine darà alla luce un figlio e gli porrà il nome di Emmanuele’(Is 7,14). Altri attribuiscono il nome ad un episodio avvenuto durante l’assedio posto alla città di Novgorod dal principe Andrea Bugolubov di Suzdal. Il 27 Novembre del 1165; i cittadini della città assediata, portarono sulle mura l’icona, ma una freccia la colpì; l’immagine girò il volto verso la città e si riempì di lacrime che caddero sul vestito del vescovo di Novgorod Giovanni che esclamò: ‘O miracolo dei miracoli! Lacrime escono da un legno secco! O regina dei cieli! Tu vuoi darci un segno della Tua potenza…’; il popolo ispirato dal miracoloso evento, riuscì a respingere l’attacco. La più famosa e antica icona con questa iconografia, in Russia, è la Grande Panaghia; una icona che molti ritengono di fattura russa (Kiev). E’ detta anche Oranta Jaroslavskaya poiché fu conservata nel chiostro Spasskiy a Jaroslavl; ora è a Mosca nel museo Tretjakov. Si ipotizza, addirittura, che sia l’opera del famoso e leggendario pittore russo Alimpij. La Vergine è raffigurata come Regina Celeste, infatti è avvolta in un maphorion porpora, portatrice della luce celeste (ha la tunica blu). L'icona è molto ricca di raggi dorati e ampie campiture d'oro sulle vesti, fenomeno senza pari nell'iconografia. I due arcangeli ai lati superiori che guardano in alto, simboleggiano la celebrazione dell'eucaristia. Cristo è raffigurato come Emmanuele, rivestito del sakkos episcopale e benedice come i vescovi con entrambe le mani.

70 Grande Panaghia XIII° Kiev

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 L’immagine della Madre di Dio detta Aghiosortissa o ‘Della Deesis’

Il termine Deesis tradotto dal greco significa `supplica` ed è riferito ad una composizione che vede Cristo al centro con la Vergine, chiamata per questo ‘Aghiosortissa’, e san Giovanni Battista in preghiera ai suoi lati. A questo nucleo centrale possono essere aggiunte altre figure, generalmente gli arcangeli. Il nome di Aghiosortissa (urna santa) deriva probabilmente dal fatto che il primo prototipo di questa iconografia era custodito nella chiesa delle Blacherne, a Costantinopoli, dove erano custodite anche alcune fra le più venerate reliquie della Vergine, come il suo velo (Maphorion) e la sua cintola (zone), La Deesis rappresenta la 71 Agiororitissa XIII°sec. Chiesa di preghiera di intercessione che tutti i S.Sophia Ohrid Macedonia santi indirizzeranno a Cristo Giudice per il perdono dei peccati degli uomini nel momento della Seconda Venuta o Parusia. Il secondo avvento, insieme alla salvezza del genere umano, rappresenta dunque il significato principale della Deesis. Il piano simbolico della Deesis mette in rilievo la funzione di Cristo come giudice e riflette la convinzione della Chiesa di vedere nei personaggi che lo affiancano i più potenti intercessori.

La presenza della Vergine nella Deesis, sembra naturale nel contesto del suo culto. La menzione della sua avvocatura risale al II° secolo e il suo culto ricevette un impulso straordinario dal Concilio di Efeso (431), quando fu proclamata la sua maternità divina. Il motivo della 72 Deesis XI°sec. Mosaico chiesa di Chora Istambul

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presenza della figura del Battista che fa pendant a quella della Vergine lo si può individuare nel fatto che la Madre di Dio è legata a Cristo secondo la nascita, Giovanni invece secondo il Battesimo. La Madre di Dio e il Precursore presentano l`immagine di un`umanità unificata dinanzi al trono di Dio. L`immagine della Deesis è stata creata forse nel V° – VI° secolo a Bisanzio, in un`epoca in cui ci si rifaceva ampiamente all`iconografia imperiale per costituire nuovi soggetti cristiani. La composizione, infatti, sembra attingere alle cerimonie auliche, nel corso delle quali alti funzionari presentavano le suppliche all`imperatore. Il più antico esempio della Deesis orientale è databile al IX° secolo. L`iconografia della Deesis ha avuto una sua evoluzione nel corso del tempo, conoscendo una larga diffusione nell`arte bizantina e in quella russa antica a partire dai secoli X°-XI°.

73 Deesis XVII°sec. Skete S.Anna Athos Grecia Nel primo periodo la Deesis di solito non comprendeva che tre personaggi principali raffigurati in piedi. A partire dal XIII° secolo iniziano a comparire le composizioni con le figure a mezzo busto con un gran numero di angeli e santi della corte celeste. La Deesis viene posta al centro del templon. A quell`epoca non esisteva ancora l`iconostasi vera e propria, ma un basso parapetto chiamato templon, uno schermo architettonico che separava la navata dal santuario. L`iconostasi, infatti, prenderà la sua forma classica non prima del XIV° secolo. Da quel periodo la Deesis diventerà il nucleo centrale dell`iconostasi. L’iconografia della Deesis comprende sempre le tre figure della Vergine, Cristo e Giovanni Battista quasi sempre in una unica composizione, ma qualche volta anche separate, come medaglioni o come singole icone da disporre vicine. Le figure sono a tutta altezza o anche a mezzo busto, con la Vergine alla destra di Cristo con le mani in atteggiamento supplice. La Deesis non è molto comune nell’iconografia 74 Deesis Cattedrale di Burgos Spagna occidentale, se ne conosce un esemplare nel timpano e in un capitello della cattedrale di Burgos in Spagna. 

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L’immagine della Madre di Dio detta Hodigitria o ‘Che indica la Via’

L’iconografia della Madonna Hodigitria è fra le più diffuse e viene fatta risalire, come al solito, a San Luca. Mancano documenti storici che narrino di questo modello iconografico, ma una lunga tradizione che risale al V° secolo vuole che la prima icona fosse quadrata di sei palmi e portasse sul retro anche una immagine della crocifissione. La stessa tradizione vuole che fosse Theophilo63, governatore di Antiochia, quello del vangelo (Lc 1,1), a richiederla a S.Luca. Da Antiochia fu trasferita a Gerusalemme e da qui, verso la metà del V° secolo, l’imperatrice Eudosia, moglie dell’imperatore Arcadio la trasferì a 75 Solidus Pulcheria Costantinopoli 450 d.c. Costantinopoli dove la regalò a sua cognata Pulcheria, che la mise nella chiesa delle Blacherne. La Madonna ed il Bambino sono in posizione rigidamente frontale, ambedue hanno lo sguardo che si perde oltre gli astanti; la mano della Madonna indica il Bambino a ricordare il passo dei Vangeli che dice:

Io sono la via, la verità e la vita.(Gv 14,6)

Michele III° (842-867) costruì un santuario (Theotokos ton Hodegon) su una terrazza sovrastante il mare vicina al palazzo imperiale nella parte est di Costantinopoli a fianco di una fonte sacra a due livelli (Hagiasma) e qui sistemò l’icona..

76 Hodigitria VI° sec. Costantinopoli

63 …ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo… (Lc 1,1)

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La leggenda narra che la Madonna apparve a due cechi e prendendoli per mano, li guidò fino al santuario ove ridiede loro la vista. Il santuario fu chiamato ‘Chiesa delle guide’ (Hodegon), poiché vi andavano a pregare i comandanti militari prima di partire per le loro campagne militari. Fin d’allora, il santuario era visitato da coloro che avevano problemi con gli occhi che, si dice, dopo una immersione nell’Hagiasma venivano risanati; anche da questo, forse, deriva il nome Hodigitria che letteralmente vuol dire ‘Colei che mostra la via’. Successivamente, come 77 Hodigitria XI° sec. Monastero Teothokos Kaftoun Libano racconta un pellegrino medioevale, proveniente dalla città russa di Novgorod, si usava portare ogni martedì in processione l’icona intorno alla chiesa e al monastero; tutta la città partecipava alla processione con musica e canti e venivano distribuiti fiocchi di cotone imbevuti di olio benedetto dall’icona. Il baldacchino con l’icona era portato da uomini di una speciale confraternita (tutti della stessa famiglia); portavano un cappuccio di lino rosso che impediva loro di vedere e l’icona li guidava miracolosamente nel loro percorso intorno alla chiesa e al monastero.64 Durante il regno dei Commeni65, l’icona veniva portata ogni venerdì, presso il monastero del Pantocratore, 78 Hodigitria Mosaico XII°sec. nel centro della città, dove fu costruita Monastero Chilandari Athos

64 http://www.pallasweb.com/ikons/theotokos.html 65 Vedi Glossario

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una chiesa a Lei dedicata. L’icona si salvò dal sacco di Costantinopoli durante la IV° crociata nel 1204, finita poi nelle mani dei Veneziani, fu posta definitivamente nel monastero del Pantocratore trasformato in chiesa cattolica. Essa veniva trasportata nel palazzo imperiale ogni venerdì prima della domenica delle Palme e vi rimaneva fino al lunedì successivo alla Pasqua. Nei momenti pericolosi per la città l’icona veniva portata in processione intorno alle mura e rimaneva nella chiesa di Chora che si trovava infatti lì vicino. Qui si trovava, quando i turchi espugnarono la città, fu spogliata di tutti i suoi ornamenti e fatta a pezzi; così scomparve una immagine vecchia più di un millennio, ma la sua memoria si è conservata in innumerevoli copie successive. Una delle più antiche è la Madonna di fig. 76. Essa era ospitata nella chiesa delle Blacherne (VI° sec.) a Costantinopoli, e per questo è chiamata Blachernitissa. E’ realizzata con la tecnica dell’encausto, cioè con cere colorate fuse; fu ritenuta straordinariamente miracolosa, poiché nella sua realizzazione furono adoperate anche cenere di santi martiri, fu ritenuta la salvatrice della città durante l’attacco dei persiani nel 626. Dopo la presa di Costantinopoli, venne trasferita nella cattedrale della Dormizione in Russia e ora si trova nel Museo Tretiakov a Mosca.66

79 Hodigitria Affresco XIV°sec. Patriarcato di Pec Serbia

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66 http://www.answers.com/topic/blachernitissa

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L’Hodigitria detta ‘Madre di Dio di Smolensk’ (festa 28 Luglio) Come detto nel paragrafo precedente, l’immagine dell’Hodigitria ebbe una enorme diffusione in tutto il mondo cristiano ed ebbe un numero incredibile di copie, chiese e monasteri ad Essa dedicati. Naturalmente fu, quindi, una delle prime immagini ad arrivare in terra di Russia. Secondo la tradizione, una copia dell’icona conservata nell’Hodegon fu portata in Russia dalla principessa greca Maria Theodora, figlia dell’imperatore Costantino IX° Monomachos (1042-55) quando diventò la moglie del principe Vsevolod Yaroslavich nipote di Vladimir I°. Il loro figlio, Vladimir Monomach (Vladimir II°), principe di Smolensk, Kiev e Pereyaslav ereditò l’icona che fu posta nel 80 Hodigitria Smolenskaia XI°sec. 1101 nella cattedrale della Perduta durante la II° Guerra mondiale Dormizione di Smolensk dove fu chiamata Hodigitria di Smolensk. Nel XIV° secolo Smolensk cadde sotto il dominio dei principi di Lituania. La figlia del principe Vitovtus, Sophia, andò in sposa al Gran Principe Basil Dimitrievich di Mosca (1398-1425) e nel 1398 la portò a Mosca. La sacra immagine fu posta nella Cattedrale dell’Assunzione nel Kremlino a destra della Porta santa dell’Iconostasi. Nel 1456, su richiesta degli abitanti di Smolensk, con alla testa il vescovo Mishael, l’icona ritornò in processione a Smolensk; Ne furono fatte due copie che rimasero a Mosca, una per la Cattedrale dell’Annunciazione e l’altra, nel 1524, per 81 Hodigitria Smolenskaia XV° sec. Museo Rublev Mosca

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il monastero di Novodevichy. Il 5 Agosto 1812, quando le truppe russe lasciarono Smolensk davanti all’avanzata di Napoleone, portarono con se l’icona. Il giorno prima della battaglia di Borodino, fu portata in giro per l’accampamento russo per rincuorare le truppe. Il giorno stesso della battaglia fu portata in processione per le vie di Mosca, insieme ad altre antiche e miracolose icone, e, dopo la vittoria su Napoleone, fu portata di nuovo trionfalmente a Smolensk.67 L’icona si perse per sempre durante la II° guerra mondiale quando la città di Smolensk fu distrutta al 93% durante la controffensiva sovietica nell’Agosto 1941 Divenne il modello delle Hodigitrie di Russia col nome di Smolenskaia. Tra queste icone, è interessante la storia di quella riprodotta a fianco. Il rivestimento argenteo (Riza o Thringion) è del XIII°sec. mentre la tavola è del XV° secolo68. Sulla Riza, studi recenti, hanno identificato i donatori dell’icona antica nel gran logotheta Costantino Akropolites e sua moglie Maria Komnena Tornikina; essa è quindi di origine costantinopolitana. La nuova tavola fu dipinta in modo da aderire perfettamente alla vecchia cornice, forse in 82 Hodigitria Smolenskaja XIV°sec.Dionisij? Mosca Museo Tretiakov sostituzione della vecchia icona andata distrutta e, da studi stilistici, viene attribuita al famoso pittore Dionisij (ultimo quarto del XV° secolo).

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67 http://www.huuto.net/fi/showitem.php3?itemid=54032334 68 http://www.metmuseum.org/special/Byzantium/gallery_1.asp

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L’Hodigitria detta ‘Madre di Dio di Tichvin’ (festa 26 Giugno) Il modello iconografico della Madre di Dio di Tichvin nasce in Russia agli inizi del XV° secolo o poco prima. E’ basicamente quello dell’Hodigitria, ma la testa del Bambino, invece di essere frontale, volge leggermente a sinistra verso la madre, inoltre, con le gambe accavallate, mostra la pianta del piedino. Costantinopoli sta per cedere ai Turchi e sta per spegnersi il faro dell’ortodossia cristiana; in Russia cresce il sentimento di ritenersi la Terza Roma e di essere l’erede naturale della guida del cristianesimo. In questo clima nascono leggende che descrivono il trasporto miracoloso in terra di Russia di reliquie, come lo straordinario viaggio di Sant’Antonio su una roccia, da Roma a Novgorod e la leggenda della Madonna di Tichvin69.

83 Hodigitria di Tichvin XIV° sec.

Secondo questa storia, l’icona, prototipo della Madre di Dio di Tichvin, sarebbe quella dell’Hodigitria dipinta da San Luca e conservata nell’Hodegon di Costantinopoli. Nel 1383 alcuni pescatori del lago Ladoga, testimoniarono di aver visto l’icona librarsi in volo sopra le acque e riapparire in una regione quasi disabitata sul fiume Tichvinka, nei territori di Novgorod, Qui venne costruita una chiesa, per custodirla, dedicata alla Dormizione e nel 1560, lo zar Ivan il Terribile costruì un monastero. 84 Hodigitria di Tichvin XIV sec. Cattedrale Nel 1613-1614, l’armata della Trinità Serghiev Posad Russia svedese, dopo la presa di Novgorod, tentò di espugnare il

69 http://members.tripod.com/~shtyetz_john/tikhvin-icon.html

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monastero dove ere conservata, ma con l’aiuto soprannaturale dell’icona il monastero si salvò. Si narra che all’avvicinarsi delle truppe svedesi, molti monaci volevano fuggire portando in salvo l’icona, ma non riuscirono, nonostante gli sforzi, a spostarla. Il miracolo fermò i monaci ed essi rimasero a difendere il monastero, ormai fiduciosi nell’aiuto della icona miracolosa. Pur in numero molto inferiore riuscirono a respingere gli attacchi 85 Hodigitria di Tichvin con S.Giorgio e S.Teodoro XVII° finchè un buon sec. numero di soccorsi Museo Montanari Vicenza provenienti da Mosca riuscì definitivamente a respingere gli attaccanti. Dopo la miracolosa vittoria sugli svedesi, a Stolbovo, villaggio a 50 verste (circa 50 km) da Tichvin, il 10 febbraio 1617, fu conclusa la pace. Fatta una copia dell’icona, fu portata a Mosca nella Cattedrale della Dormizione, ma a richiesta degli abitanti di Novgorod, fu portata in questa città e posta solennemente nella Cattedrale di Santa Sophia. L’icona, durante l’occupazione tedesca, fu portata a Riga e da qui negli USA a Chicago e nascosta in un posto segreto. Nel 2004 è stata riportata in Russia.70 Nell’icona a lato (fig.85), la Vergine di Tichvin è venerata da due santi martiri guerrieri; San Teodoro (barbuto) e San Giorgio. In alto, ai lati della Trinità veterotestamentaria, sono raffigurate la Natività di Cristo (l`ingresso nel mondo del Salvatore per mezzo della Madre di Dio) e la Discesa agli Inferi (la salvezza di quanti languono nell`Inferno). In basso sono visibili le figure di tre vescovi e Padri della Chiesa, tra i quali a sinistra, a giudicare dall`aspetto esteriore, san Basilio il Grande, autore del testo della divina Liturgia. 

70 http://www.sptimes.ru/index.php?action_id=1&i_number=913

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L’Hodigitria detta ‘Madre di Dio di Kazan’ (festa 8 Giugno, giorno del ritrovamento; 22 Ottobre, giorno della cacciata dei polacchi da Mosca)

L’iconografia della Madre di Dio di Kazan, si può considerare un’altra variante della Hodigitria. La Madre ed il Bambino sono rigidamente frontali, ma sono rappresentati in maniera ravvicinata, come in primo piano. Il Bambino è ritto in piedi con la destra benedicente e la sinistra celata sotto le vesti. L’icona è tradizionalmente piccola, come il prototipo (27 x 25 86 Madre di Dio di Kazan XVII° sec. cm). Cattedrale Madre di Dio di Kazan Mosca Nel 1579, durante il regno dello zar Ivan il Terribile, che aveva strappato al Kan dei Tatari la capitale Kazan; la casa di un soldato bruciò, e quando egli decise di costruirne una nuova al posto di quella bruciata, la Madonna apparve in sogno alla figlia di nove anni Matrona. Ella le confidò che la sua immagine era sepolta nel giardino della casa bruciata e le ordinò di andarlo a dire all’arcivescovo per effettuere gli scavi. Le sue istruzioni non furono seguite. Nuovamente la Vergine apparve a Matrona in una nube di fuoco e con voce possente le ordinò di andare dall’Arcivescovo. Matrona si confidò con la madre che la accompagnò dalle autorità, ma ancora non furono credute. Questa volta le due donne, tornate a casa, cominciarono a scavare nel posto

87 Madre di Dio di Kazan XVIII°sec. Museo 90 Recklinghausen Germania Iconografia bizantina e postbizantina

indicato dal sogno ed estrassero un’icona avvolta in un panno rosso, l’immagine era lucente e non danneggiata dalla sua permanenza nel terreno. Appena si sparse in città la notizia del miracoloso ritrovamento, l’arcivescovo Geremia ed il governatore accorsero in lacrime sul posto invocando perdono per non aver creduto.71 Con grandi onori l’icona fu portata nella chiesa di san Nicola a Kazan e poi, con una processione, trasferita nella Cattedrale dell’Annunciazione nel Kremlino di Kazan. Per strada, durante la processione, due ciechi di nome Joseph e Nikita furono risanati, il che rese famosa l’icona per tutta la Russia. Una copia dell’icona fu inviata a Mosca e lo Zar Ivan comandò che fosse costruita una chiesa, ove conservare l’icona, nel luogo dell’apparizione e un monastero femminile ove sia Matrona che la madre presero i voti.72 Più tardi, durante l’epoca dei torbidi cioè nel periodo successivo alla morte del figlio di Ivan il Terribile, Teodoro (1584- 1598), l’icona partecipò alla liberazione di Mosca dall’invasore polacco. All’appello del patriarca Hermogene (prete della chiesa di San Nicola a Kazan) l’icona fu mandata a Mosca al principe Dimitry 88 Madonna di Kazan XVIII° sec. Pozhharsky. Tutta la Collezione Bordorenko Mosca popolazione, a remissione dei peccati, fece tre giorni di digiuno e preghiere. Le preghiere furono così intense che furono udite dal vescovo Arsenio (futuro vescovo di Suzdal) che era prigioniero dei polacchi il quale affermò che in una visione la Madre di Dio gli aveva assicurato sostegno. Rincuorati dalla notizia, che subito si sparse, l’armata russa, il 22 Ottobre 1612 liberò Mosca dall’invasore polacco e anche il 22 Ottobre venne dedicato a questa Madonna. Per celebrare quella vittoria, nel 1630 Le venne dedicata una chiesa nella piazza Rossa di Mosca.

71 http://www.icon.lt/list/kazan.htm 72 http://www.stots.edu/article.php?id=34

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Nei giorni della sua festa (8 Giugno e 22 Ottobre) venivano celebrate solenni processioni con l’icona dalla cattedrale della Dormizione nel Kremlino fino alla cattedrale della Madre di Dio di Kazan nella Piazza Rossa; e come per l’icona dell’Hodegitria a Costantinopoli, veniva portata intorno alle mura della città come protettrice di Mosca. All’inizio del XIX° secolo sorse, a San Pietroburgo, un’altra Cattedrale in Suo onore sulla Nevsky Prospect dove il Maresciallo Kutuzov donò i trofei d’argento presi a Napoleone nel 1812. Anche nella IIa guerra mondiale, nonostante il regime comunista, una copia dell’icona fu portata in processione lungo le fortificazioni di Leningrado. Ambedue le icone, quella di Kazan e quella di Mosca scomparvero agli inizi del 1900. L’icona di Kazan fu rubata nel 1904, ne furono trovati frammenti e si arrivò alla conclusione che fu distrutta dai ladri; l’icona di Mosca sparì durante la rivoluzione bolscevica quando distrussero la chiesa a lei dedicata sulla Piazza Rossa7374. Nessuno sa se e come la preziosa immagine sfuggì al disastro, ma una preziosa icona simile all’originale, coperta da una riza piena di smeraldi e diamanti comparve, dopo la Ia guerra mondiale, ad un’asta, in Polonia. Fu comprata da un ricco 89 Madonna di Kazan Icona restituita da Paolo II° al nobile inglese e, alla sua morte, Patriarca Aleksy (forse una delle due icone primitive) per pagare le tasse di successione, fu venduta ad una associazione mariana americana, la Blue Army of Our Lady in Washington, New Jersey, che la offrì al Papa Giovanni Paolo II° per favorire la riconciliazione fra le due chiese e da questi restituita al Patriarca Aleksy di Mosca. La Madonna di Kazan non mancava in nessuna casa russa poiché era considerata la protettrice e patrona del focolare domestico e dell’unità familiare; era anche generalmente rivestita di rize preziose, una sorta di ex voto per impetrare grazia e benedizione. 

73 http://www.users.qwest.net/~slrorer/FatimaVisions.htm 74 http://www.seattlearch.org/FormationAndEducation/Progress/052003/

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L’Hodigitria detta ‘Madre di Dio delle Tre Mani o Tricherusa (Παναγία Τριχερούσα) (festa 28 Giugno, 11-12-25 Luglio L’iconografia è ancora quella dell’Hodigitria, ma vi è aggiunta una mano d’argento appesa al collo della Vergine o, più usualmente, la mano d’argento si vede spuntare nel lato basso dell’icona. E’ legata strettamente ad un episodio della vita di San Giovanni Damasceno ed è considerata il primo esempio di ex-voto. Giovanni75 nacque a Damasco nel VIII° secolo da una ricca famiglia cristiana quando la città era sotto il dominio del califfo Abd al Malik della dinastia degli Omayyadi; fu educato da uno schiavo cristiano di nome Cosma 90 Madre di Dio Tricherusa che gli insegnò musica, Monastero di Hilandari Athos astronomia, algebra e geometria. Il padre, nonostante fosse cristiano, era un alto funzionario alla corte del califfo e, alla sua morte, Giovanni ereditò la carica di protosymbullus (Gran Consigliere) della città di Damasco. Erano gli anni della contesa iconoclasta e Giovanni prese vigorosamente le parti degli iconoduli con numerosi scritti a favore dei sostenitori del culto delle immagini. Il suo primo scritto ‘Trattato apologetico contro i detrattori delle Sacre Immagini’ gli diede una grande fama. Egli non solo attaccò l’imperatore Leone III°, ma con uno stile letterario semplice, rese comprensibile ai più i termini della contesa e le ragioni della difesa delle immagini. La sua posizione di dignitario del califfo lo sottraeva alla vendetta dell’imperatore che, impotente di agire apertamente, comprò un documento firmato da Giovanni, lo falsificò sotto forma di una lettera all’imperatore dove Giovanni si offriva di tradire

91 Madre di Dio Tricherusa XIX° sec. 75 http://en.wikipedia.org/wiki/John_of_Damascus Coll. privata

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il Califfo per far cadere Damasco. Nonostante le sue proteste di innocenza, il Califfo lo esautorò dalle sue cariche e per punizione gli fece tagliare la mano destra. Secondo un biografo del X° secolo, la sua mano ritornò a posto miracolosamente dopo le ferventi preghiere di Giovanni davanti a una icona della Vergine. Giovanni fece fare una mano d’argento e l’appese all’icona; da qui nacque l’iconografia ‘delle tre mani76. Giovanni si ritirò, portando con se l’icona, nel convento di San Saba a Gerusalemme dove continuò a scrivere scritti apologetici, inni e commentari finchè morì centenario. E’ suo il famoso inno mariano ‘In Te si rallegra ogni creatura’77: In te si rallegra, o Piena di grazia, ogni creatura, l’assemblea degli angeli e il genere umano; o Tempio santificato, Paradiso spirituale, Gloria verginale: da Te ha preso carne e si è fatto bambino Colui che è il nostro Dio da prima dei secoli. Del tuo seno Egli ha fatto il suo trono e l’ha reso più vasto dei cieli. In te si rallegra, o Piena di grazia, ogni creatura. Gloria a te! In seguito l’icona fu trasferita in Serbia78 dall’arcivescovo san Sava (†1237). Quando i turchi invasero la Serbia, per portare in salvo l’icona, fu messa su un asino e l’affidarono alla Madonna stessa che, senza nessuna guida, la condusse al monastero di Hilandari nella penisola dell’Athos. I monaci la portarono nella cattedrale del monastero (katholikon) ove ancora oggi rappresenta il tesoro più prezioso. Durante un periodo di discordie per la scelta dell’igumeno (abate del monastero), la Madonna stessa divenne il capo del monastero e, da 92 Madre di Dio Tricherusa XVIII sec. coll. priv. Parigi 76 Alcuni iconografi, per ignoranza hanno dipinto la Madre di Dio delle tre mani anche con tre braccia! 77 http://www.letteraturaalfemminile.it/laverginedelletremani.htm 78 http://www.oca.org/FStheotokos.asp?SID=4&Month=July http://www.icon.lt/list/threehanded.htm http://www.skete.com/index.cfm/fuseaction/product.display/product_id/167/index.cfm

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quel momento, occupa il posto dell’igumeno in chiesa, riceve il voto di obbedienza e il monastero è diretto solo da un vicario. Il 28 luglio1663 il patriarca di Mosca, Nikon, chiese al monastero di Hilandari una copia dell'icona, il cui culto cominciò così a diffondersi anche in Russia. Fondata su un ricordo storico, la terza mano, che evoca la mano votiva fatta aggiungere da Giovanni Damasceno, riceve, dunque, un’interpretazione allegorica: è la mano soccorritrice della Madre di Dio, che sempre aiuta il fedele, così come miracolosamente aiutò Giovanni. 

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L’Hodigitria detta ‘Madre di Dio di Iveron o Portaitissa (festa 13 Ottobre (arrivo dell’icona a Mosca), 12 Febbraio

Il prototipo di questa icona è conservato nel Monastero di Iveron sul Monte Athos; la sua iconografia è quella dell’Hodigitria, solo più tardi, a ricordo di un episodio della sua storia, è stato aggiunto un segno sanguinante sulla sua guancia destra. La tradizione che ha tramandato il suo arrivo sulle sponde greche della penisola calcidica del Monte Athos la fa risalire al momento della contesa iconoclasta del IX° secolo79 ai tempi dell’imperatore Theophilo Eikonomachos (l’iconoclasta 829-842 ). L’icona apparteneva ad una ricca e pia vedova di Nicea che la nascondeva nella sua casa per salvarla dalla distruzione. Gli inviati dell’imperatore tentarono di ricattarla per estorcerle del denaro, ma essa, presa l’icona, dopo ferventi preghiere, la affidò al mare. L’icona prese decisamente il largo sulle onde verso Ovest. Anche il figlio della vedova, per sfuggire alle persecuzioni, si allontanò verso Ovest. Approdò sulle coste del Monte Athos presso il monastero di S.Clemente, si fece monaco e raccontò la storia dell’icona abbandonata sulle acque da sua madre. 93 Madonna di Iveron IX°sec. Una sera, nella seconda Monastero di Iveron Athos metà del X° secolo, i monaci provenienti dalla Georgia (Iberia, da cui il monastero prese il nome di Iveron) che abitavano in quel tempo il monastero, osservarono uno strano fenomeno che si protrasse per svariati giorni; una colonna di fuoco si levava dal mare. I monaci si affollarono sulle rive e videro una icona che galleggiava ritta sul mare e mandava raggi di luce. Ispirato dalla stessa

79 http://www.stots.edu/article.php?id=34 http://www.mountathos.gr/active.aspx?mode=en{828ba46d-0b3d-426c-9b39- 8a766505906d}View

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Madonna, un pio eremita di Iveron, Gabriel, si lanciò sulle acque per accogliere l’icona tra le sue braccia e portarla nel monastero ove fu collocata sull’altare. Durante la notte, essa però si spostò dalla chiesa ad un posto sopra i cancelli del monastero e così continuò ogni qualvolta la si riportava in chiesa. Alla fine Essa rivelò allo stesso monaco Gabriel che voleva rimanere sopra il cancello a guardia e protezione del Monastero. I monaci, per accontentarla, costruirono una cappella vicino al cancello interno del monastero e da quel momento l’icona prese il titolo di Portaitissa o custode della porta. Un giorno un bandito, durante una rapina, le sferrò un colpo di spada che le segnò la guancia destra; del sangue sgorgò dalla ferita e il bandito, alla presenza del miracolo si convertì e divenne un asceta. Da quel momento , molte copie della icona portano sulla guancia destra della Madonna il segno sanguinante del miracolo. L’iconografia della Madonna di Iveron fu portata in Russia dai pellegrini in visita al Monte Atos; nel XVII° secolo; il Patriarca Nicon fece fare due copie, una nel 1648 per il palazzo dello Zar (posta nella cappella Iberian della porta della Resurrezione) e l’altra nel 1656 per il Monastero del Santo Lago. La copia posta nella cappella Iberian insieme alla Madonna di Smolensk e a quella di Vladimir furono portate in processione a Mosca nel 1812 94 Madonna di Iveron col segno XX° sec per celebrare la vittoria delle armate russe sopra Napoleone.

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L’Hodigitria detta ‘Madre di Dio della Passione o Amolyntos (festa 13 Agosto (arrivo dell’icona a Mosca) , VIa domenica dopo Pasqua (primo prodigio)

La variante iconografica della Madre di Dio della Passione o Amolyntos (letteralmente l’Immacolata) è quella che più si allontana dal prototipo dell’Hodigitria in quanto sia il Bambino che la Madre perdono quella staticità e monumentalità proprie di questo modello. Nella parte alta dell’icona, sono rappresentati due angeli. La denominazione deriva dalla raffigurazione degli strumenti della Passione nelle mani degli angeli: la lancia che trapassò il costato di Cristo è mostrata dall`Angelo di sinistra, e una croce e una pisside colma del 95 Vergine Amolyntos XVII° sec. Emmanuel Tzanes sangue di Gesù, è portata dall’ Museo Bizantino Zacinto Grecia angelo di destra. Il Bambino, raffigurato in braccio alla Madre, volta la testa, sembra spaventato alla vista dei segni della sua futura morte. Posa le mani in quelle della Madre. La Vergine china leggermente la testa verso il Bambino e, cercando di tranquillizzarlo, accoglie le mani del Figlio. La più antica immagine giunta a noi della "Vergine della Passione" è un affresco del 1192 che si trova a Cipro, nel Monastero di Arakos a Lagudera. L`evoluzione posteriore del tipo avvenne nel XV° secolo, negli ambienti della scuola cretese, legata alla cultura veneta.. Al pennello di Emmanuel Tzanes e Andrea Ritzos, tra i maggiori esponenti della pittura cretese, appartengono le icone più straordinarie della "Madre di Dio

98 96 Vergine Amolyntos XII° sec. Monastero Arakos Lagudera Cipro Iconografia bizantina e postbizantina

della Passione"; una delle quali si trova a Fiesole (Firenze) ed un’altra nella Basilica di San Nicola a Bari.

97 Vergine Amolyntos tra S.Nicola e S.Giovanni XV° sec. Andrea Ritzos Basilica di S.Nicola Bari Il culto dell`immagine si diffonde in Italia tra i secoli XV-XVII.° All`epoca era venerata anche a Roma, con il nome di "Nostra Signora del Perpetuo Soccorso", presso i religiosi agostiniani, culto che più tardi fu ripreso dai Redentoristi. Si venera nella chiesa di Sant`Alfonso Maria de Liguori sulla via Merulana, a Roma. Nell`iconografia russa le icone della "Madre di Dio della Passione", detta Strastnàja, cominciano a diffondersi dal XVII° secolo, epoca in cui si intensificano i legami della Russia con la Grecia, e in particolar modo, con i monasteri del Monte Athos da dove, probabilmente, arrivarono le prime icone della "Vergine della Passione". L`immagine diventa celebre in seguito ai miracoli operati. La storia dell`icona è narrata nel Racconto sull`icona di Pàlets - così si chiamava il villaggio dove avvennero i primi prodigi. Secondo la tradizione, l`icona venne ritrovata da una donna che soffriva di una grave malattia: mentre pregava la Madre di Dio di soccorrerla, la Vergine rivelò alla donna il luogo in cui sarebbe

98 Vergine Amolyntos XVII° sec. Yaroslav apparsa l`icona. Russia Collezione privata All`inizio l`icona si trovava a Niznij Novgorod (Russia centrale), nel 1641 venne trasferita, su ordine dello zar Michail Fedorovic, il primo della dinastia Romanov, a Mosca, dove fu eseguita una copia (l`icona originale fu restituita alla città di Niznij Novgorod). Questa replica dell`immagine fu posta nella chiesa della

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Vergine Hodighitria che, nel 1654, entrò a far parte del monastero femminile dal nome Strastnoj. L`icona si trovava in tale monastero fino alla sua chiusura nel 1937 ed era venerata come miracolosa. La Chiesa stabilì la sesta domenica dopo la Pasqua (in memoria del primo prodigio) e il 13 agosto (data dell`arrivo dell`icona miracolosa a Mosca) come giorni della sua memoria. Già nel XVII° secolo si svolgevano le processioni in occasione della festa dell`icona con la partecipazione degli zar. 

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L’immagine della Madre di Dio detta Eleusa o ‘Misericordiosa’

Il modello della Madre di Dio Eleusa (fatto risalire, come al solito, a San Luca) 80 è certamente il più diffuso sia in oriente che in occidente. La monumentalità antica dell’Hodigitria fa posto ad una 99 Madre di Dio Eleusa affresco XIV sec. Monastero di Chora iconografia che Istambul esprime più da vicino i sentimenti che intercorrono tra la Madre e il Bambino. I loro sguardi a volte si incontrano, la guancia del Bambino si appoggia al volto della Madre; alcune volte la abbraccia e, in alcune varianti come la Glicophilousa (dolce bacio), addirittura la bacia. Nel IX° secolo, dopo la crisi iconoclasta che proibiva le immagini, si diffuse l’immagine umanizzata di Maria, il tipo dell’Eleusa, la Misericordiosa, espressione di sentimenti e valori umani più vicini all’esperienza sensibile. La fama dell’Eleusa e l’accoglienza fatta in occidente a questa icona a partire dal XII° secolo, provano che essa rispondeva alle aspirazioni spirituali di un’epoca che in Dio cercava prima di tutto la misericordia e l’amore. In occidente questa iconografia è stata portata dopo la persecuzione iconoclasta e sono innumerevoli gli esempi di fattura costantinopolitana o bizantino- italiana che affollano le chiese italiane. 100 Eleusa mosaico XIV° sec. Sinai Coll. Privata 80 http://www.lablaa.org/blaavirtual/todaslasartes/iconosrusos/virgeneleusa.htm

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La famosa Madonna detta ‘La Bruna’ nella chiesa del Carmine a Napoli (probabilmente di origine palestinese) o la Madonna detta ‘delle Grazie’ nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Curtatone, ambedue del XIII° sec. o la Madonna dell’Abazia di San Nilo a Grottaferrata o quella di Santa Maria Maggiore a Siponto insieme a innumerevoli altre, sono la prova di quanto questa iconografia penetrò in Italia influenzando, sia pure con forme più italiane, il Rinascimento. In Russia, l’iconografia dell’Eleusa è stata portata all’inizio del XII° secolo dalla famosa icona chiamata Vladimirskaja (ne parleremo nel prossimo paragrafo). Il nome russo per questo modello è Oumileinye che ha un 101 Eleusa detta la Bruna XIII°sec. Palestina significato simile, ma non identico Chiesa del Carmine Napoli a quello greco; infatti vuol dire tenerezza. 

102 Eleusa detta delle Grazie XIII°sec. Chiesa di S.Maria delle Grazie Curtatone

102 Iconografia bizantina e postbizantina

L’Eleusa detta ‘Madre di Dio di Vladimir’ o Vladimirskaya festa 23 Giugno (giorno della ritirata dei Tatari); 26 Agosto (gli abitanti di Mosca vanno incontro all’icona alla vigilia della battaglia con il Tamerlano); 21 Maggio (La Madre di Dio appare all’armata tatara che abbandona l’assedio di Mosca);

La variante iconografica della Madre di Dio di Vladimir o Vladimirskaya è quella più conosciuta e una delle più famose. Da un punto di vista iconografico, essa non si discosta per nulla dal modello dell’Eleusa. Le due figure abbracciate esprimono il sentimento di tenerezza tra la Madre e il Bambino da cui deriva il nome russo di Oumileinye (che, per l’appunto, vuol dire tenerezza) Essa, da sempre, è stata il palladio della nazione russa. Per capirne il motivo bisogna seguirne la storia attraverso i secoli, tra tradizione e leggenda. Il prototipo iconografico 103 Vladimirskaya XII° sec. Costantinopoli viene da Costantinopoli. Nel MuseoTretijakov Mosca 1131 l’icona fu regalata dal patriarca Luca Crisoberto e mandata in Russia da Constantinopoli al Principe Mstislav (+1132) 81 e da questi posta nel Monastero di Devichy a Vyshgorod. Nel 1155, Andrei Bogoliubsky82, figlio di Yuri Dolgoruky, portò l’icona a Vladimir; si dice che giunti in un posto vicino a Vladimir, i cavalli si fermarono rifiutandosi di proseguire, indicando la volontà della Madonna di rimanere in quel posto. Costruita li la cattedrale della Dormizione, il 28 Settembre del 1164 vi fu posta e vi rimase per 230 anni e qui ricevette il nome di Vladimirskaya.

81 http://www.stots.edu/article.php?id=34 Mstilav I Vladimirovich era figlio di Vladimir II Monomach figlio di Vsevolod (quello che sposando Maria Theodora (figlia dell’imperatore Costantino IX° portò in Russia la Madonna di Smolensk) e trisnipote del grande Vladimir il fondatore della dinastia dei principi di Kiev 82 Andrei Bogoliubski Principe di Vladimir-Suzdal, assediò e conquistò Kiev nel 1169

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Nel 1395 la Russia era minacciata dal terribile conquistatore, il Tamerlano. A quel punto il Gran Principe Vasily, figlio del vincitore dei mongoli sul fiume Don, Dimitri Donskoy83 mise insieme un esercito, di gran lunga inferiore in numero ai nemici, per bloccare i tatari sul fiume Oka vicino a Kolomna. Per mettere al sicuro la preziosa icona, essa fu trasportata con una solenne processione da Vladimir a Mosca. La tradizione narra che il 26 agosto, mentre gli abitanti di Mosca si stavano recando in lacrime incontro all’icona, Tamerlano ebbe il sogno di una donna regale che in un alone luminoso gli ordinò di uscire dai confini russi. Informato dai suoi consiglieri che quella donna era la Madre di Dio, protettrice dei cristiani, 104 Vladimirskaija XIV° sec. Andreij Tamerlano si ritirò dai confini della Rublev Museo del Kremlino Mosca Russia. In memoria di quell’evento ed in onore della miracolosa icona, fu costruito sul luogo ove gli abitanti di Mosca incontrarono l’icona (a Kuchkovo), il Monastero della Presentazione di Nostro Signore. Nel 1480, il Khan Achmet con l’Orda d’Oro invase la Russia ed incontrò l’esercito dello Zar Ivan III° sulle rive del fiume Ugra (chiamate da allora le fascie della Madre di Dio). L’esercito dei Tatari e quello russo si confrontarono dalle due sponde del fiume mentre gli abitanti di Mosca pregavano la Madonna di Vladimir per la salvezza della capitale. Inaspettatamente il Khan si ritirò, abbandonando i confini della Russia. In ringraziamento per la liberazione, anche il 23 Giugno, giorno della ritirata dei Tatari, fu dichiarata festa in onore diella Madre di Dio di Vladimir. Nel 1521, l’aiuto della icona miracolosa salvò Mosca dall’esercito di Mahmet-Girei, Khan dei Tatari di Crimea, che unito ai Tatari di Kazan e ai lituani assediarono la città. Lo zar Vasily radunò un esercito da opporre ai Tatari, mentre gli abitanti, guidati dal metropolita Barlaam, pregarono l’icona per la liberazione dalla distruzione della città. A quel tempo, un certo uomo pio di nome , che era cieco, ebbe la visione che dalla porta Spassky del Cremlino lasciassero Mosca i tre santi Gerarchi84 con l’icona della Madonna di Vladimir a causa della prossima punizione della città per i peccati dei suoi abitanti. Alla porta vi

83 All’inizio del 1300, i tatari dominavano la Russia meridionale e il patriarcato ortodosso si trasferì nella più sicura Mosca, rendendola di fatto capitale spirituale della Russia. Il principe moscovita Dimitri Donskoy radunò un esercito per fermarli 84 San Basilio Magno, San Giovanni Crisostomo e San Gregorio. Vedi Glossario Gerarchi

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erano anche i santi (russi) Sergio di Radonezh e Barlaam di Khutinsk che li pregavano in lacrime di non abbandonare Mosca. I tre santi Gerarchi cedettero alle preghiere e riportarono dentro la città l’icona. Un sogno simile lo ebbe anche il santo moscovita Basilio a cui fu rivelato che, per le preghiere dei santi e l’intercessione della Madre di Dio, Mosca sarebbe stata salvata. Anche il Kan dei Tatari ebbe la visione della Madre di Dio circondata da una armata, pronta a lanciarsi contro le sue truppe, e spaventato si ritirò. Per questa ragione, anche il 21 Maggio, la chiesa russa commemora 105 Vladimirskaya XV°sec. Mosca ancora la Madonna di Vladimir. Museo Tretijakov Mosca Nel Dicembre 1941, mentre I tedeschi si avvicinavano a Mosca, Stalin ordinò che l’icona fosse prelevata dal museo e, caricata su un aeroplano, fosse portata intorno alla capitale assediata. Alcuni giorni dopo, l’armata tedesca iniziò la ritirata. Quest'icona è stata ridipinta quattro volte85: nella prima metà del XII° secolo, all'inizio del XV°, nel 1514 e nel 1896. Alla più antica pittura bizantina del XII° secolo appartengono soltanto i visi della Vergine e del Bambino con il palmo della sua mano sinistra. Tutto il resto è dipinto dagli iconografi russi. Si suppone che il pittore, che ha restaurato quest'icona all'inizio del XV° secolo, sia stato Andrej Rublëv. In tal modo, quest'icona può essere chiamata di diritto bizantino-russa. Un gran numero di copie della Vladimirskaya furono fatte in Russia nel XV° e XVI° secolo e, anche successivamente, fino ai nostri giorni, spesso con piccole varianti sia nella direzione dello sguardo della Vergine, che a volte sembra guardare gli astanti e a volte il Bambino, sia nella tonalità dei colori; ma nella sostanza la composizione iconografica è rimasta inalterata.

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85 http://www.orthodoxworld.ru/italiano/icona/6/index.htm

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L’Eleusa detta ‘Madre di Dio di Korsun’ festa 9 Ottobre

Il tipo della Madre di Dio di Korsun (la città greca di Chersonesos, nell’odierna Crimea) si ricollega al canone iconografico della Eleusa o Glicophilousa per l’abbraccio che caratterizza la Madre e il Bambino, intenti in un muto ed eloquente colloquio, nel corso del quale, secondo la tradizione, Cristo rivela alla Madre il mistero della passione, morte e resurrezione. Rispetto alle altre icone della Tenerezza, il tipo della Madre di Dio di Korsun, è caratterizzato dall’accento posto sui volti, che occupano l’intera composizione; l’abbraccio e appena accennato dalla posizione delle mani, vicinissime al volto. Vi sono due diverse leggende circa la provenienza del prototipo di questa icona86. 106 Madonna di Korsun XVII°sec Museo Reckinghausen Germania La prima narra che nel XII° sec. la Principessa Eufrosia di Polozk ricevette dall’imperatore Manuel I Commeno e dal patriarca di Costantinopoli Chrisobergo il prototipo di questa icona come dono per la chiesa del Salvatore da lei costruita. Nel 1239 quando il granduca Alexander Nevsky sposò la figlia del principe Polozk la icona fece parte della dote e fu messa nella cattedrale di Totpez vicino a Pskov e fu chiamata Madonna di Korsun dalla città di Chersonesos nella Crimea vicino a Sebastopoli da dove, si diceva, proveniva. Successivamente l’icona fu trasferita a Novgorod e poi a Mosca, nella cattedrale della Dormizione nel Cremlino, dove la sua memoria ricorre il 9 ottobre. Icone taumaturgiche della Madre di Dio di Cherson erano venerate nell’omonimo monastero macedone presso Filippi, dal X° secolo, e nella città di Polock (XIII° secolo).

86 http://sacredartgallery.com/catalog/icons69_70.htm

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La seconda leggenda vuole che questa icona (come molte altre) provenisse da Efeso e fosse stata dipinta dall’evangelista Luca e che fosse stata collocata appunto nella località di Cherson e che con essa fosse stato benedetto nel 988 il battesimo del principe Vladimir di Kiev.87 Nella ‘Storia dell’antica Rus’ attribuita al monaco Nestorio88 dal 850 al 1110 scritta a Kiev nel 1113; il racconto del battesimo del principe

87 http://en.wikipedia.org/wiki/Vladimir_I_of_Kiev http://www.mathematical.com/kievsvyatoslav1.html Vladimir (San Vladimir) viene considerato colui che portò la Rus verso il cristianesimo. Il padre Sviatoslav I, principe di Kiev (c.945 - 972), trasferì la capitale a Pereyaslavets nel 969. Fino alla sua morte nel 972 Sviatoslav rifiutò il cristianesimo accettato invece da sua madre Olga (santa Olga) che fu reggente fino al 963 quando Sviatoslav raggiunse la maggior età. Durante il suo regno, con continue guerre creò un impero che andava dal Volga al Danubio. Nel 965 sconfisse i bulgari del Volga e i Khazari, portando sotto il controllo di Kiev l’intera area del Volga. Come alleato dell’impero bizantino, Sviatoslav sconfisse i bulgari sul Danubio (968) ed estese il controllo di Kiev sui Balcani. Divise i suoi territori tra i suoi figli legittimi Yaropolk e Oleg, e l’illegittimo Vladimir avuto da una cortigiana di nome Malousha a cui toccò la città di Novgorod.. Sviatoslav morì in battaglia nel 972. Alla morte del padre, Yaropolk uccise il fratello Oleg e si impadronì di Novgorod. Vladimir fu costretto a fuggire in Scandinavia, dove chiese aiuto allo zio Haakon Sigurdsson, per sconfiggere il fratello Yaropolk. L’anno successivo mentre si recava a Kiev inviò ambasciatori a Rogvolod, principe di Polotsk, per chiedere la mano di Rogneda. Essa rifiutò di sposare il figlio di una cortigiana, ma Vladimir attaccò Polotsk, uccise Rogvolod, e prese Rogneda con la forza. Polotsk era una fortezza chiave sulla via per Kiev, e la cattura di Polotsk e Smolensk facilitarono la conquista di Kiev (980), dove uccise Yaropolk e fu proclamato re di tutta la Rus. Vladimir continuo ad espandere i suoi territori. Nel 981 conquistò Cherven, la moderna Galicia; nel 983 soggiogò Yatvyags, i cui territori erano tra la Lituania e la Polonia; nel 985 con una flotta sui fiumi della Russia centrale conquistò i Bulgari di Kama. Nonostante che il cristianesimo avesse conquistato molti favori fin dalla reggenza della nonna Olga, Vladimir rimase essenzialmente pagano con numerose mogli e, pare, ottocento concubine. Costruì numerosi tempi e statue e stabilì, come dio supremo, l’antico dio slavo del tuono Perun.. La ‘Primary Chronicle’ o Cronaca del Monaco Nestore (1113) riporta che nell’anno 987, Vladimir mandò degli inviati per studiare le varie religioni dei popoli. Gli inviati riferirono che i mussulmani bulgari del Volga non avevano gioia tra loro, ma solo sofferenza e gran puzza (sic.) e che la loro religione proibiva l’alcool e la carne di maiale (al che Vladimir esclamò: ‘bere è la gioia della Rus’). Anche l’ebraismo fu rigettato perché Vladimir osservò che se avevano perso Gerusalemme voleva dire che erano stati abbandonati dal loro Dio. Alla fine Vladimir scelse il cristianesimo, ma poiché agli emissari sembrò che lo splendore dei riti di Costantinopoli superasse quello nelle chiese della Germania, fu scelto di seguire la liturgia di quel patriarcato. Nel 988, presa la città di Chersonesos in Crimea, chiese la mano di Anna Porphirogenita, sorella dell’imperatore Basilio II°. Per poterla sposare, Vladimir fu battezzato a Chersonesos, e quindi seguì il matrimonio con Anna. Ritornò a Kiev in trionfo, distrusse i monumenti pagani che egli stesso aveva edificato pochi anni prima ed edificò splendide chiese e monasteri. Altre sorgenti presentano una differente storia della conversione di Vladimir: nel 987, Bardas Sclerus e Bardas Phocas si ribellarono all’imperatore Basilio II° e Bardas Phocas si proclamò imperatore. Basilio II° chiese l’aiuto della Rus e Vladimir accettò, in cambio di un legame nuziale; egli accettò anche di divenire cristiano e di portare il suo popolo alla nuova fede. Vladimir inviò quindi 6,000 uomini che aiutarono Basilio a sedare la rivolta. Dopo la morte di Anna, si risposò nuovamente con una nipote di Ottone il Grande. Morì a Berestovo, vicino Kiev; il suo corpo smembrato fu diviso fra le molte chiese e monasteri da lui fondati e venerate come reliquie. 88 http://www.devichnick.ru/03enlove.htm

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Vladimir è preceduto dalla così detta ‘Leggenda di Korsun’: Vladimir voleva sposare la figlia del principe di Korsun (Chersonesos) in Crimea, ma essa lo rifiutò. Vladimir assediò e prese Chersonesos con l’aiuto di un traditore, disonorò la principessa di fronte ai genitori e poi la diede in sposa al traditore. Nel 988 Vladimir si sposò di nuovo89; in ricompensa per l’evacuazione di Chersonesos, Vladimir chiese la mano di Anna Porphyrogenita sorella dell’imperatore Basilio II° e del coregente Costantino VIII° minacciando di ripetere, in caso di rifiuto, quello che aveva già fatto alla figlia del principe di Chersonesos. Anna non voleva accettare, considerando quel matrimonio peggiore della morte, ma alla fine cedette alle preghiere dei fratelli. La leggenda vuole che Vladimir si ammalò e perse la vista. Quando Anna arrivò a Chersonesos, gli disse che per avere la guarigione doveva essere battezzato appena possibile. Vladimir fu battezzato col nome di Basilio (Vasilij) e riacquistò la vista appena il prete 107 Madonna di Korsun XVIII°sec posò la mano su di lui; subito dopo Museo Reckinghausen Germania seguì il matrimonio con Anna. 

89 Le storie matrimoniali del principe Vladimir (san Vladimiro) sono molto complesse e non completamente conosciute; si dice che avesse avuto più di 20 mogli e 800 concubine. La prima moglie conosciuta è Rogneda, figlia del principe Rogvol’ di Polotsk, ma essa rifiutò la richiesta di matrimonio non volendo essere moglie di un figlio di una schiava (la madre di Vladimir è stata infatti Malousha, una cortigiana del padre), Vladimir uccise il padre di Rogneda, due suoi fratelli e la sposò con la forza avendo da lei il figlio Izyaslav, presto la mandò via a vivere vicino a Kiev. Durante una delle visite di Vladimir, mentre dormiva, Rogneda tentò di ucciderlo con un coltello per vendicare l’assassinio dei suoi parenti, ma Vladimir si svegliò, e ordinò a Rogneda di indossare il suo vestito nuziale poiché l’avrebbe uccisa. Poi, per la presenza del figlio che avrebbe testimoniato contro di lui, la perdonò, anzi ebbe con lei altri tre figli (Mstislav, Vsevolod and Yaroslav). Oltre a Rogneda (sposata nel 977) e Anna Porphyrogenita (988) di cui abbiamo parlato, si conoscono anche Adlaga (Kiev, 976), Olava (Kiev, 977), Predislava (Kiev, 980), Milolika (Bulgaria, 982), Malfrede (Boemia, 983), Olophy (dalla Scandinavia), Adel’ (Ceca), Manfreda (Bulgaria), Julia (Greca, moglie di Yaropolk suo fratello). Vladimir catturò Julia quando essa era incinta del figlio. Dopo il matrimonio con Anna e il battesimo, Vladimir lasciò libere le altre mogli di andare e di sposare chi avessero voluto. Alla morte di Anna, Vladimir sposò Kunodotter (998), nipote di Ottone il Grande. http://www.devichnick.ru/03enlove.htm

108 Iconografia bizantina e postbizantina

L’Eleusa detta ‘Madre di Dio di Pochaev’ festa 23 Luglio e 8 Settembre

L’iconografia della Madonna detta di Pochaev segue fedelmente quella della ‘Madre di Dio Eleusa’. Vi sono due tipologie di questa icona, una chiamata ‘Madre di Dio di Pochaev’ in cui la mano di Lei tiene un lembo del maphorion e un’altra chiamata ‘Madre di Dio di Pochaev con l’impronta’ in cui nella parte bassa è anche rappresentata una roccia con l’impronta di un piede. L’iconografia segue la storia leggendaria della fondazione del Monastero di Pochaev e dell’origine di questa 90 108 Madonna di Pochaev XVI°sec. Monastero di Pochaev icona. Nel 1340 due monaci si stabilirono sulla collina dove sorge oggi il Monastero di Pochaev (nella regione di Volhynia, al confine dell’attuale Ucraina con la Polonia); uno dei monaci, dopo aver pregato, salì sulla cima e improvvisamente gli apparve la Madonna circondata da una colonna di fuoco. Subito chiamò l’altro compagno per ammirare la meraviglia insieme a un terzo, il pastore Johann Bosoj. La Madonna lasciò sulla pietra su cui apparve, l’impronta del suo piede sinistro e dalla pietra sgorgò una sorgente di acqua miracolosa. A questo primo evento ne seguirono molti altri che portarono tutta

90 http://campus.udayton.edu/mary/questions/yq2/yq373.html http://www.stots.edu/article.php?id=34 http://www.oca.org/FStheotokos.asp?SID=4&Month=July http://www.oca.org/FStheotokos.asp?SID=4&Month=September http://www.trueorthodoxy.info/los_icon_pochaev.shtml

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la regione ad essere particolarmente devota alla Madonna. Nel 1559 il metropolita di Costantinopoli Neophytus, visitando la regione fu ospite della nobildonna Anna Goiskava che abitava a Orlya non molto distante da Pochaev lasciandole in regalo un’icona della Madonna che aveva portato da Costantinopoli, nel 1597, il fratello di Anna, Philip, fu guarito pregando l’icona. Anna donò la miracolosa icona ai monaci che vivevano sulla collina di Pochaev, fu costruita, con il suo aiuto, una chiesa dedicata alla ‘Dormizione della Vergine’. Più tardi, Anna donò la somma necessaria alla costruzione del Monastero di Pochaev dove l’icona venne definitivamente conservata nella chiesa della Trinità. Alla sua morte la proprietà della zona passò al nipote Andrea Firley, un luterano che aveva in odio il rito ortodosso, egli portò l’icona a casa sua ove rimase per 20 anni. Un giorno obbligò la moglie a vestire gli abiti di un prete ortodosso e, davanti ad alcuni invitati, a bestemmiare il calice e l’icona. Subito venne punita poiché rimase indemoniata finché l’icona non fu restituita, nel 1644, al monastero. Nel 1675 durante la guerra con i turchi, condotta dal re polacco Jan Sobesski (1674-1696), i regimenti composti dai tatari sotto il comando del khan Nurredin Vishnevets assediarono Pochaev, il monastero aveva tutti gli edifici costruiti in legno e lasciava poche speranze di resistenza 109 Madonna di Pochaev con impronta XIX° sec. ai suoi difensori che si affidarono alla Monastero di Pochaev miracolosa icona. L’Igumeno Iosif Dobromirsky invitò i monaci in lacrime a intonare il famoso inno alla Madonna detto akatistos91 ed immediatamente Essa apparve sopra la chiesa stendendo il suo manto (maphorion) sopra il monastero a protezione, circondata da moltitudini di schiere celesti. I turchi lanciarono le loro frecce contro di Lei, ma esse tornarono indietro. I turchi si ritirarono in disordine, e i difensori di Pochaev, usciti dal monastero presero molti prigionieri. I miracoli continuarono a verificarsi anche quando il monastero fu nelle mani degli Uniati92 dal 1720 al 1831; gli annali del monastero, in

91 Vedi Glossario 92 Chiesa Uniate è la denominazione comunemente usata per indicare le chiese che riconoscono l'autorità papale, i dogmi e il catechismo cattolico ma conservano la liturgia bizantina, molto

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questo periodo; ne riportano ben 539. Nel 1850 l’imperatore Alessandro II°, a ricordo della sua visita, donò la riza a forma di stella che incornicia oggi l’icona. All’ingresso della cattedrale della Dormizione nel Monastero di Pochaev, sotto una grata di ferro, si conserva ‘L’impronta del piede della Madre di Dio’ che l’apparizione lasciò nel 1340. Nella stessa cattedrale è conservata anche un’altra icona chiamata di ‘Pochaev con l’impronta del piede’ messa dagli abitanti di Kiev a ringraziamento dopo il colera del 1848, anche essa ritenuta molto miracolosa. 

simile a quella praticata dalla chiesa ortodossa, secondo una formula già indicata dal Concilio di Firenze

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L’Eleusa detta ‘Madre di Dio di Kykkos’ festa 12 Novembre, 26 Dicembre e 15 Gennaio

L’iconografia della Madonna di Kykkos è del tipo della ‘Madre di Dio Eleusa’ poiché i volti della Madre e del Fanciullo si toccano e la postura non è frontale. Tuttavia il Bambino non guarda la Madre ed il suo corpo sembra agitarsi come nel tipo della Madonna della Passione. Maria è vestita, come di solito, di chiton (tonaca) e maphorion (mantello), si china con affetto sul Bambino che si contorce appoggiato contro la spalla destra; con la mano sinistra regge il Bambino, mentre con la mano destra leggermente 110 Kykkiotissa XVII° sec. Simon Ushakov sollevata mantiene la mano Museo Tretiakov Mosca destra del Bambino, come per aiutarlo a sollevare il rotolo aperto. Le iscrizioni ai lati del capo nimbato sono abitualmente due: i due diagrammi MP ΘY, per Madre di Dio, e il nome aggiunto PANAGIA TOY KYKKOY, ossia "La Tuttasanta di Kykko". Il Bambino, fasciato e vestito93 di abiti coperti di assist (striature in oro), che lasciano i piedi scoperti fino alle ginocchia, sembra disinteressarsi della Madre e guarda verso lo spettatore; con la mano destra sollevata tiene un rotolo di carta. Questi non è come al solito chiuso e arrotolato, ma svolto e aperto, e vi si legge la seguente scritta: "Lo spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio" (Lc 4,18). L'icona di Kikkos della Madre di Dio Eleusa è considerata la reliquia principale di Cipro, dove essa apparve nell'epoca del regno

93 Vale la pena di notare che i colori degli abiti di Cristo adulto sono blu (o verde) e rosso per indicare la doppia natura terrena e divina, mentre per Gesù bambino si usa generalmente il bianco ed i rosa.

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dell'imperatore bizantino Alessio I° Komneno (1081-1118). La leggenda bizantina94 narra che l'icona è collegata con l'evangelista Luca. L’eremita Esaias viveva in una grotta sulla montagna di Kykkos nell’isola di Cipro; un giorno, per la caccia, di li passò il governatore bizantino di Cipro Doux Manuel Voutoumites che aveva perso la strada; chiese informazioni all’eremita che, essendo in meditazione, non si curò di lui. Il governatore, inviperito lo coprì di insulti e addirittura lo maltrattò. Tornato a Nicosia, Doux si ammalò gravemente, ricordandosi di come aveva trattato l’eremita, pregò Dio di guarirlo per potergli chiedere perdono. Dio stesso apparve all’eremita Esaias e gli spiegò che quanto ere avvenuto era la Sua stessa volontà, lo incaricò di andare dal Governatore e chiedergli di portare a Cipro l’icona della Vergine dipinta da San Luca che si trovava a Costantinopoli nel Palazzo imperiale. Quando Doux sentì la richiesta, considerò la cosa impossibile e respinse ancora una volta l’eremita, ma poi considerando che era la volontà divina, insieme a Esaias, partì per Costantinopoli. Nella capitale, non riusciva a trovare il momento opportuno per avanzare la richiesta all’imperatore e pertanto rimandò a Cipro l’eremita con molte altre icone. Un giorno, la figlia dell’imperatore si ammalò della sua stessa malattia, Doux si presentò a Alessio, gli raccontò quanto gli era accaduto e lo assicurò che la figlia sarebbe guarita non appena avesse accettato la richiesta dell’eremita. L’Imperatore, non avendo altra scelta, accettò e la figlia guarì istantaneamente. Dopo, però, non volendosi separare dall’icona, ne fece dipingere una copia con l’intenzione di mandare questa a Cipro. Nella notte gli apparve in sogno la stessa Madre di Dio 111 Madonna della Vittoria che gli comandò di tenere per se la copia e Piazza Armerina di mandare a Cipro l’originale. Così fu fatto, il battello reale portò a Cipro l’icona che fu accolta dall’eremita Esaias e portata in processione fino al monte Troodos. Al Suo passaggio, si narra, gli alberi si inchinarono in atto di rispetto. Con il contributo dell’imperatore fu costruita la chiesa ed il monastero che diventò il principale dell'isola di Cipro e ricevette lo status di "monastero dell'imperatore". L'icona della Madre di Dio fu venerata per i molti miracoli, non solo dai cristiani ma anche dai musulmani turchi i

94 http://www.ancillae-domini.it/maria_kikkotissa.htm http://en.wikipedia.org/wiki/Kykkos_Monastery http://www.mariadinazareth.it/Europa%20Cristiana/Luoghi%20di%20culto/Santuario%20di%20 Kykkos.htm

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quali non prendevano le tasse dal monastero solo perché lì si trovava l'icona. Secondo un’altra leggenda, ancora viva oggi presso la gente dell’isola, vi era un uccello che cantava con voce umana: Collina di Kykkos, collina di Kykkos Un monastero riempirà questo posto Una ragazza d’oro vi entrerà E non andrà mai via. La ‘ragazza d’oro’ è senza dubbio l’icona della Vergine ed il Monastero è quello di Kykkos che ha la ha custodita per novecento anni. Da due secoli nessuno è mai riuscito a vedere l’icona, coperta da una custodia in oro e argento che risale al 1776; e la fantasia popolare è fortemente impressionata da racconti di castighi inflitti a profanatori o ad audaci curiosi. Ancora oggi nella mano bronzea visibile a destra dell'icona (un ex voto) è indicato, dalla tradizione, il castigo di un turco che, per aver osato accendere una sigaretta alla lampada votiva, ebbe disseccata la mano. È possibile farsene un’idea dalle numerose repliche esistenti nell'Isola, risalenti al secolo XIV° e XVI°. Da Cipro il tipo della Panaghía Kykkiotissa si è diffuso in tutto il mondo ortodosso: Sinai, Monte Athos, Bulgaria, i Balcani, Russia, ecc. Esso si ritrova anche in non poche icone occidentali, specie in Italia. Fra queste ultime, la Madonna detta "delle Vergini", e anche "delle Monache nere": risale ai primi del secolo XIV° e si conserva nella Pinacoteca Provinciale di Bari. Lo stesso tipo si ritrova, fra l'altro, nella "Madonna" di Velletri, nel Museo Civico di Viterbo, e nella "Madonna della Vittoria" di Piazza Armerina.

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L’Eleusa detta ‘Madre di Dio Axion Esti’ festa 11 Giugno

L’iconografia della Madonna Axion Esti è del tipo Eleusa ed in particolare è del tutto uguale a quella del tipo precedente (Madonna di Kykkos) specialmente nella strana postura del Bambino. Unica differenza è il rotolo che, nella Madonna di Kikkos è aperto e in quella Axion Esti è chiuso. La tradizione fa originare questa iconografia nelle penisola calcidica del monte Athos, regione che era, ed ancora oggi è, una repubblica religiosa particolarmente devota al culto della Vergine, che, una leggenda, fa addirittura sbarcare qui insieme a San Giovanni Evangelista.95 Questa è una delle tante icone così dette innografiche, poiché legata ad un inno in onore della Vergine. In questo caso si tratta dell’inno scritto nel VIII° secolo da San Cosma, famoso innografo della chiesa, che iniziava con le parole ‘Tu che sei più degna di onore dei cherubini..’ (Τήν τιμιωτέραν των 112 Madonna Axion Esti XX° sec. Χερουβίμ). La leggenda narra96 che l’11 giugno 980 un gruppo di monaci che erano in veglia intorno all’icona della Vergine, notarono un monaco sconosciuto posto alla destra dell’icona. Lo sconosciuto cominciò a cantare l’inno di San Cosma, ma invece di usare le parole tradizionali che danno inizio al canto: Τήν τιμιωτέραν των Χερουβίμ usò le parole:97

'Αξιον εστίν ως αληθώς, μακαρίζειν σε την E’ veramente giusto benedirti, o Theotokos, Θεοτόκον, την αειμακάριστον και sempre benedetta, purissima e madre del

95http://www.inathos.gr/athos/en/AthosHistory.html Secondo la tradizione, la Vergine Maria con San Giovanni Evangelista, intrapresero un viaggio per andare a visitare Lazzaro a Cipro. Incontrarono una tempesta che li costrinse a fermarsi in un porto dell’Athos ove ora vi è il Monastero di Ivira. La Vergine Maria ammirò la bellezza selvaggia del posto e chiese a Dio di regalarLe la montagna. La voce di Dio disse: "Sia questo il Tuo giardino ed il Tuo paradiso, così come sia la salvezza ed il porto per quelli che la cercano". Da allora il monte Athos è considerato "il giardino della Vergine Maria". 96 http://home.it.net.au/~jgrapsas/pages/axion_esti.htm . http://www.mountathos.gr/active.aspx?mode=en%7B2aee45f1-c81e-4f0c-9cf9- c2efe471cfd1%7DView http://www.skete.com/index.cfm/fuseaction/product.display/product_id/141/index.cfm 97 http://www.axionestin.org/whyaxion-en.php

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παναμώμητον, και μητέρα του Θεού ημών. nostro Dio.

Τήν τιμιωτέραν των Χερουβίμ, και Tu che sei più degna di onore dei Cherubini, ενδοξοτέραν ασυγκρίτως των Σεραφίμ, την e senza paragone più gloriosa dei Serafini, αδιαφθόρως Θεόν Λόγον τεκούσαν, την Tu hai generato senza corruzione il Dio del όντως Θεοτόκον σε μεγαλύνομεν mondo. Noi ti glorifichiamo come la vera Theotokos.

Il monaco sconosciuto spiegò poi di essere l’arcangelo Gabriele e che le parole da lui usate (Axion Estin os Alethos Makarizin) dovevano essere aggiunte all’inno di San Cosma. I monaci, affascinati dal bel canto, lo pregarono di scriverlo, ed esso, col dito, lo incise nella pietra come fosse cera. A quel punto l’Arcangelo scomparve dalla vista degli altri monaci, ma da quel giorno l’inno di San Cosma è stato sempre cantato con il verso aggiunto miracolosamente dall’arcangelo Gabriele. L’icona, che ancora si conserva nel Katolikon della Dormizione a Karyes 113 Madonna Axion Esti XI°sec Monastero della Dormizione Karye Athos ha preso il nome dalle prime parole dell’inno Axion esti e la sua festa è stata fissata all’11 Giugno, giorno dell’apparizione dell’arcangelo Gabriele.

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116 Iconografia bizantina e postbizantina

L’Eleusa detta ‘Madre di Dio del Tolga’ festa 8 Agosto , e 18 Luglio

La Madre di Dio è raffigurata nell`atteggiamento della Eleusa (Tenerezza). Caratteristica della Vergine del Tolga è la posa del Bambino che sembra muovere un passo, come se stesse cercando di salire in alto su una scala, un`evidente allusione ai testi liturgici che paragonano la Madre di Dio alla scala celeste attraverso la quale il Signore scende sulla terra e l`umanità sale nei cieli. Gesù si stringe e si protende verso la Madre, abbracciando il suo collo. Tale composizione è probabilmente una replica russa di un modello bizantino non conservatesi fino ai nostri giorni. Si nota per esempio, l`affinità con un rilievo di marmo conservato a Venezia nella cappella Zen 114 Madre di Dio del Tolga XIV°sec. della cattedrale di San Marco Museo Comprensorio di Jaroslavl che raffigura la Vergine in trono con l`identico atteggiamento del Bambino. Questo rilievo ha un`iscrizione greca: "Anikitos", cioè "Invincibile". L`icona è l`immagine taumaturgica che prese il nome dal fiume Tolga dove operò il suo primo miracolo. La tavola apparve l`8 agosto 131498 al vescovo Prochor di Rostov` sulle rive del fiume. La leggenda racconta che durante una visita alla sua diocesi, il vescovo venne svegliato a mezzanotte, da un gran chiarore emanato da una colonna di fuoco dall`altra parte del fiume. Il vescovo prese il bastone e attraversò il fiume su un ponte di luce apparso prodigiosamente sulle acque. Avvicinandosi alla colonna di fuoco vide sopra di essa un`icona della Vergine col Bambino. Egli restò a lungo in preghiera davanti a questa visione poi rientrò, dimenticando il bastone. Il mattino seguente, accorgendosi che mancava il bastone, mandò alcuni uomini a cercarlo

98 http://www.oca.org/FStheotokos.asp?SID=4&Month=July

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sull`altra parte del fiume. Essi tornarono e raccontarono che avevano visto nel bosco l`icona della Vergine e, vicino ad essa, il bastone del vescovo. Si decise quindi di costruire sul luogo una chiesa di legno e un monastero per custodire la santa reliquia. Da quell`epoca sono avvenuti numerosi miracoli, guarigioni e soccorsi per l`intervento dell`icona prodigiosa. Un incremento del culto dell`icona si osserva nel XVIII°-XIX° secolo, soprattutto dopo il 1766, quando l`immagine intervenne durante una terribile siccità. Nella città di JaroslavI` fu istituita una festa speciale dell`icona (questo spiega il gran numero di icone della Madre di Dio di Tolga che comparvero proprio in quest`epoca). Durante gli ultimi 680 anni il monastero e la miracolosa icona sono stati un riferimanto spirituale per la Russia. L’icona era conservata nel Museo comprensorio di Jaroslavl’, ma dal 1993, dopo lunghe trattative tra patriarcato e città di Jaroslavl, l’icona è tornata nel monastero.

115 Madre di Dio del Tolga in trono XIII°sec. Museo Tretiakof Mosca 

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L’Eleusa detta ‘Madre di Dio di Teodoro o Fedorovskaia’ festa 16 Agosto , e 14 Marzo

L`icona raffigura un`effigie miracolosa della Vergine legata alla storia della città di Kostromà (Russia centrale). Secondo la tradizione l`icona apparve al principe Vasilij di Kostromà, fratello di Alessandro Nevskij, il 16 agosto 1239 in un bosco nei dintorni della città, su un albero: una formula che ricorre spesso nelle leggende delle apparizioni di icone della Vergine e che deriva dal racconto biblico del roveto ardente, visto come prefigurazione della stessa Madre di Dio. Per esempio, si notano molte affinità con il racconto dell`apparizione dell`icona della Madre di Dio di Tichvin. Tuttavia l`icona 116 Madre di Dio Fedorovscaia XIII°sec. prende il nome "di Teodoro" Monastero di San Ipazio Kostroma (in russo Fedorovskaja) in seguito ad un altro prodigio: dopo la traslazione dell`icona nella cattedrale della città, essa apparve agli abitanti portata in processione da un guerriero somigliante a san Teodoro Stratelate, patrono di una chiesa cittadina. In memoria di quest`evento l`icona fu denominata "di Teodoro" e divenne il palladio della città. La sua iconografia che risale al XIII° secolo, costituisce una delle varianti della Madre di Dio della Tenerezza o Eleusa. Il tratto distintivo di questo tipo iconografico è l`atteggiamento del Bambino che abbraccia la Madre, poggia teneramente la sua guancia contro quella della Vergine La più famosa immagine di questo genere è la celebre icona della Madre di Dio di Vladimir, ma la Madre di Dio di Teodoro si differenzia per la posizione singolare del Bambino che non sembra seduto, ma sollevato sul suo braccio. Questo motivo avvicina la "Madre di Dio di Teodoro" al tipo

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iconografico della "Madre di Dio del Tolga", anch`esso conosciuto nella Rus` a partire dal XIII° secolo, tuttavia nella "Madre di Dio di Tolga" Cristo poggia sul braccio sinistro della Madre. In queste icone Gesù sembra quasi fare un passo verso l`alto, come se salisse un gradino. Si tratta di un`allusione alla strofa dell`inno Acathistos in cui la Vergine viene paragonata a una scala che unisce cielo e terra, attraverso cui il Signore è disceso sulla terra, e a un ponte che conduce dalla terra verso il cielo (ikos 2) inoltre la gambina sinistra è scoperta. La tavola acquistò una particolare fama nella seconda metà del XIII° secolo, quando i principi di Kostroma la portarono come labaro in battaglia contro i tatari, affinchè propiziasse la vittoria dell`esercito russo.

Un riaccendersi del culto della Madre di Dio di Teodoro si ha nel XVII° secolo. Nel 1613 un`ambasceria di Mosca si recò a Kostroma per supplicare il giovane Michele Romanov ad accettare la corona imperiale, fondando l`omonima dinastia. La madre del futuro zar in quest`occasione pregò davanti all`icona miracolosa della Madre di Dio di Teodoro. Da quel momento si moltiplicarono copie e repliche e ottenne grande diffusione il Racconto delle sue apparizioni e dei suoi miracoli tra cui il suo salvataggio miracoloso dalle 117 Madre di Dio Fedorovscaia XIX° sec. fiamme dell’incendio della chiesa in cui era custodita e il suo intervento durante la battaglia contro i tatari (durante la battaglia gli arcieri tatari colpirono l`icona, e dall`icona si sviluppò una fiammata che atterrì i tatari e li volse in fuga).

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L’immagine della Madre di Dio detta Lactans o ‘Galactotrophousa’

L’origine della tipologia della Vergine che allatta non è ancora chiaramente definita; la maggioranza degli studiosi ritiene che queste immagini della Vergine allattante siano derivate dalle rappresentazioni di Iside che allatta il piccolo Horus99. L’immagine della dea allattante, debitamente cristianizzata, avrebbe fornito lo spunto per una rappresentazione della Madre del Cristo più tenera e materna della Theotókos che domina l’arte paleocristiana fino al VI° secolo. 118 Iside allatta Horus IV° sec. Egitto. Staatliche Il Museum Berlino trasferimento di significato sarebbe avvenuto in Egitto, perché in nessun altro luogo esistevano condizioni altrettanto favorevoli alla diffusione di un simile tema. In seguito il culto e le 119 Galactotrophousa VII°sec. Monastero Syrin di Wadi Natrun Egitto

immagini di Maria lactans si sarebbero diffuse nel resto della cristianità, prima nel mondo bizantino, poi in Occidente al seguito delle imprese crociate. Altri propendono per una origine costantinopolitana100 poiché, a 120. Multiplo aureo L'imperatrice partire dai sec. XI°-XII°, compaiono Fausta-Pietas allatta il figlio Costante. immagini soprattutto nei codici miniati. 324 Bisanzio KunstHistorisches Museum Vienna 99 http://www.lemonnier.it/lmu/lmu/pdf/STUMarcone/12%20Marcone%20181-209.pdf 100 http://me.unipr.it/torricelliana/pasi48.pdf

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Un’altra ipotesi è quella della cristianizzazione del soggetto romano dalla ‘Pietas’. Tale origine è rafforzata da numerose steli funerarie e sarcofagi romani che rappresentano la madre che allatta il bambino defunto. Tale ipotesi sarebbe rafforzata anche da monete romane; ad esempio il Multiplo aureo di Costantino (fig.120) che rappresenta la moglie Fausta nelle vesti della 121 Galactotrophousa XIII°sec. ‘Pietas’ mentre allatta il Monastero di S.Caterina Sinai figlio Costante. Una origine simile potrebbero avere gli affreschi catacombali di ugual soggetto a Roma (vedi fig.51). Sembrano invece rafforzare l’ipotesi di una origine dal mito di Iside gli affreschi copti preiconoclasti del VII° secolo (fig. 119), tesi a voler affermare l’umanità di Cristo nelle dispute cristologiche dei primi secoli del cristianesimo,. Fu comunque nelle province orientali, greche e occidentali che il tema ebbe maggior fortuna. L’Occidente fu particolarmente pronto a recepire questa tipologia, in cui fra Madre e Bambino si avverte un rapporto umano ed affettivo più diretto ed in cui la maternità della Vergine viene sottolineata al massimo grado; concetti questi assai confacenti alle esigenze di una maggiore umanizzazione della Divinità tipiche della mentalità 122 Galactotrophousa XIX sec. occidentale. Museo Nazionale Bucarest Vi è comunque una grande differenza tra le rappresentazioni occidentali e quelle di origine orientale; si nota un grande imbarazzo in queste ultime a rappresentare il seno della Vergine che spesso sembra un palloncino minuscolo o è posto

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in posizioni anatomiche innaturali come la sommità di una spalla. Gli autori infatti, vogliono enfatizzare i valori spirituali e rifuggono dalle emozioni naturali e dai dettagli fisici. Molto diverso è invece l’atteggiamento occidentale, che spesso, specialmente dopo Giotto, ricerca il bello e tenta di rappresentare la scena il più realisticamente possibile. A titolo di esempio la figura 123 mostra lo stesso soggetto visto da un pittore occidentale del XV° secolo. Da notare, in contrapposizione alle immagini precedenti, la ricerca del bello e la assoluta mancanza di imbarazzo nel rappresentare con perfezione anatomica il seno della Vergine. Vi è anche un altro modello iconografico della Madre di Dio Galactotrophousa, in cui la Vergine è seduta in trono e tiene in grembo il Bambino mentre lo allatta (il seno è un minuscolo palloncino).

123 Madonna Lactans XV°sec. Maestro Bartolomè Museo del Prado Madrid

124 Galactotrophousa in Trono XVIII°sec. Monastero di Simonopetra Athos Grecia

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L’immagine della Madre di Dio detta del Roveto Ardente’

La tipologia detta ‘del Roveto ardente’ prende il nome dal noto episodio biblico della visione del profeta Mosè. Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: “Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia? ” [Es 3, 1-4].). Il monte Oreb, di cui parla la Bibbia non è stato individuato con certezza, ma una lunga tradizione lo identifica con il monte sulla penisola del Sinai. Fin dai primi secoli, in quel posto ritenuto sacro per l’apparizione di Dio, si radunarono comunità di monaci, tanto che Giustiniano, per proteggerli dagli attacchi dei predoni del deserto, costruì un grande convento fortificato, che fino al X° secolo era dedicato alla ‘Madre di Dio’ (‘Theotokos του βάτου’ Madonna del Roveto) e poi a Santa Caterina. Nel 125 Monastero di S.Caterina nel convento fu trapiantato, per proteggerlo Sinai 'Il Roveto' dai pellegrini affamati di reliquie, il roveto101 102 che qui e soltanto qui ancora vive a ridosso della cappella detta appunto ‘del Roveto Ardente’. Da sempre, l’apparizione del Roveto Ardente a Mosè, è stata interpretata dai Padri della Chiesa come una prefigurazione della incarnazione di Gesù per mezzo della Vergine Maria che generando Cristo conservò intatta la verginità. Dice Eutichio di Gerusalemme (450): "A te, o Vergine, i Profeti dispensarono lodi; ed ognuno ti ha chiamato Portatrice di Dio. Uno ti disse Verga di Jesse; un altro ti paragonò al Roveto che arde e non si consuma, alludendo in tal modo alla carne dell'Unigenito ed alla Vergine Madre di Dio: bruciava ma non si consumava,

101 Il roveto è una specie autoctona del Sina, ‘rubus sanctus’ che pare non sia stato possibile ambientare in nessun luogo. 102 http://www.metmuseum.org/explore/byzantium_III/monastery_3.html

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poiché partorì, ma non aprì il grembo; concepì ma non contaminò il seno; diede alla luce il bimbo, ma lasciò sigillato l'utero; somministrò il latte, e conservò intatte le mammelle; portava il fanciullo, ma non divenne sposa; crebbe il figlio, ma non v'era padre..."103. In Oriente si possono distinguere due tipi iconografici principali: greco il primo, russo e slavo il secondo. Il tema greco riflette più da vicino il racconto dell'Esodo. Vi figura sempre Mosè che su ordine dell'Angelo si toglie i sandali; di fronte a lui è raffigurato il Roveto che brucia; in mezzo, o alla sommità, si vede Maria in busto o a pieno corpo con il Bambino in grembo:104.

Il tema iconografico è così descritto da Dionisio da Furnà nel suo manuale di pittura:

126 Madonna del Roveto Ardente "Mosè che porta al pascolo le pecore vede il XIII°sec. Monastero di Granica Serbia Roveto ardente. Mosè che scioglie i sandali, ci sono pecore intorno e davanti a lui un Roveto che arde; in corrispondenza del centro di esso, su nel cielo, la Madonna col Bambino, ed al suo fianco un Angelo che guarda verso Mosè; dall'altro lato del Roveto, di nuovo Mosè ritto, che ha la mano tesa e con l'altra tiene un bastone". Lo stesso tema con la stessa iconografia è stato adottato anche nelle icone veneto-bizantine come quella di Michail Damaskinos riportata a fianco. Qui la scena è più complessa; oltre a Mosè rappresentato in due momenti consecutivi (Mosè si avvicina per osservare il roveto e Mosè che si leva i 127 Damaskinos XVI°sec Heraklion sandali) vi è la Madonna di tipo Hodigitria Creta assisa nel Roveto ardente, l’angelo che parla a Mosè, e Dio Padre, in una gloria di angeli, che osserva la scena

103 http://www.mariadinazareth.it/www2005/Santuari%20mariani%20nel%20mondo/Santa%20Cater ina.htm 104 http://www.mariadinazareth.it/www2005/Santuari%20mariani%20nel%20mondo/Santa%20Cater ina.htm

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dall’alto.

Diversa e molto più complessa è l’iconografia russa. che istituisce un nesso assai ricco e complesso tra il Nuovo Testamento e le profezie veterotestamentarie che annunciano l`avvento della salvezza attraverso la figura di Maria. Questo soggetto iconografico ha origine in Russia verso la metà del XVI° secolo, nel periodo delle riforme dell`arte sacra promosse dal metropolita Macario di Mosca allo scopo di interpretare nel modo più esauriente e completo possibile i fondamenti dogmatici dell`ortodossia. L`iconografia del "roveto ardente" ricevette la massima diffusione nell`arte dei secoli XVII° 128 Madonna del Roveto Ardente e XVIII°, restando quasi immutata e XVII°sec. differenziandosi solo per le dimensioni e Russia Museo Montanari Vicenza ricchezza dei particolari. La Madre di Dio campeggia al centro dell`icona sulla stella a otto punte105, che indica la presenza di Dio Sabaoth, l`Antico dei Giorni (vedi Glossario), e allude al roveto (i quattro raggi blu) ardente nel fuoco dell`energia divina (i raggi rossi). L`accento viene posto sulla regalità della Vergine, regina celeste circondata dalle schiere angeliche, dai simboli degli Evangelisti (nei raggi rossi) e dagli elementi naturali che obbediscono al suo volere. Secondo le visioni dell`Apocalisse, i gradi angelici sono rappresentati con gli attributi propri (stelle, nubi, folgori, fiaccole, spade), come dispensatori degli elementi naturali (il gelo, il ghiaccio e la rugiada, le nubi, il sole, la luna e le stelle, il tuono, il maltempo e la tempesta; la folgore e i venti; il fuoco e la pioggia). Ai quattro angoli della tavola sono raffigurati Mosè davanti al roveto ardente con la Vergine del Segno e l`Emmanuele; in basso a sinistra Ezechiele davanti alla porta chiusa del santuario; in alto a destra l`albero di lesse (Is 11,1-10); infine, a destra in basso la lotta di Giacobbe con l’angelo (Gn 32,23-33). Anche la raffigurazione centrale della Madre di Dio ha un contenuto profetico: sono spesso visibili il simboli della scala (che dopo l`incarnazione riunisce cielo e terra); le nubi che intessono il manto della Vergine, Regina celeste. 

105 http://orthodoxwiki.org/Theotokos_the_Unburnt_Bush_icon

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L’immagine della Madre di Dio detta ‘Gioia degli Afflitti’ Festa 24 Ottobre Questa tipologia di icona è stata molto venerata nella tradizione russa a partire dal XVII° secolo. Appartiene al tipo di icone chiamate innografiche poiché sono ispirate agli inni in onore della Madonna; in particolare all’Akathist, inno mariano, del V° secolo, che celebra la Vergine con appellativi estremamente poetici La Vergine è rappresentata a figura intera con in braccio Cristo bambino benedicente; ambedue racchiusi in una mandorla. ed è circondata da da schiere di persone sofferenti e di angeli. Sulla sinistra, a metà dell'icona sono raffigurati gli ignudi, in basso gli ammalati. Gli afflitti reggono rotoli su cui sono scritte le suppliche da loro dirette alla Madre di Dio: "Santissima Signora, Madre di Dio, superiore agli Angeli e agli Arcangeli, più onorabile di tutte le creature, tu sei l'aiuto di chi è ferito, la speranza di chi è debole, l'intercessione di chi è povero, la consolazione di chi è triste, la nutrice di chi ha fame, colei che veste chi è nudo, la guaritrice di chi è ammalato, la salvezza dei peccatori, l'aiuto e la difesa di tutti i cristiani 129 Madre di Dio Gioia degli Afflitti XVIII°sec. Sopra ai sofferenti è Museo Tretiakov Mosca dipinta una schiera di Santi, che possono variare a seconda del committente dell'icona. L’iconografia appena descritta è propria dell’area di Mosca; spesso la Vergine , al posto di Cristo bambino, ha in mano un fiore o un cartiglio con una supplica: "Oh Figlio clementissimo, volgi lo sguardo alla madre tua e ascolta la

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preghiera dei tuoi servi" La celebrità dell’icona si ebbe a seguito di un miracolo avvenuto nel 1688 a Mosca. Eufemia, sorella del patriarca del tempo Joachin (1674-1690) soffriva da lungo tempo di una grave e incurabile infermità. Un giorno, il 24 Ottobre 1688, mentre pregava, sentì una voce che le ordinava: “Eufemia! Vai alla chiesa della trasfigurazione di mio Figlio; li troverai una icona chiamata ‘Gioia degli afflitti’, fai celebrare un ‘Molieben’106 con la benedizione dell’acqua santa e tu sarai risanata”107 Per celebrare l’evento, fu fissata in quel giorno (24 Ottobre) la festa dell’icona. La vecchia icona seicentesca protagonista del miracolo fu scritta nella chiesa della Trasfigurazione (Preobragenskaja) dopo la sua ricostruzione nel 1685. Il destino dell'icona non è chiaro. Secondo una delle versioni, l'immagine fu portata a San Pietroburgo nel 1711 e a Mosca rimase solamente una copia. L'icona di Mosca e di San Pietroburgo sono però molto diverse nella loro iconografia. Nel XVIII° secolo l'iconografia della Madre di Dio "La gioia di tutti gli afflitti" conosce molte varianti influenzate da più elementi iconografici cattolici. La 130 Madre di Dio Gioia degli Afflitti XVII° sec. caratteristica comune di tutte le varianti è l'immagine degli afflitti che rivolgono le loro preghiere verso la Madre di Dio, loro protettrice e patrona. Nel centro della composizione c'è sempre la Santa Vergine coronata, spesso è posta sulla luna e nella mano sinistra tiene il Bambino coronato. L'immagine è circondata di luce, tutti segni presi dal libro dell'Apocalisse:

106 Molieben, nella liturgia slava, è una preghiera di supplica a Cristo, la Vergine o anche santi, celebrata da un Prete. 107 http://ocafs.oca.org/FeastSaintsViewer.asp?FSID=103052 http://www.iconsexplained.com/iec/02115_1.htm

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"una donna vestita nel sole con la luna sotto i suoi piedi." (Ap. 12:1). A volte il popolo che invoca la Madre di Dio è diviso in sei gruppi: gli staretz108, gli ignudi, i malati, gli afflitti, gli affamati e i pellegrini; tutti sono consolati dagli angeli mandati dalla Madre di Dio.109

Una variante all’iconografia descritta precedentemente fu generata nel 1888 quando, il 23 Luglio, un fumine colpì la cappella del villaggio di Klochka vicino S.Pietroburgo. Tutto andò distrutto divorato dal fuoco; solo l’icona ‘Madre di Dio Gioia di tutti gli Afflitti’ si salvò, anzi da annerita che era, fu trovata ripulita e splendente e dodici copechi di rame, che erano nel cassetto delle elemosine, furono ritrovati fusi e impressi sull’icona che prese il nome di ‘Madre di Dio Gioia di tutti gli Afflitti con Monete’

131 Madre di Dio Gioia degli afflitti 'con monete'

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108 Starez è una guida spirituale a cui rivolgersi per consigli 109 http://www.orthodoxworld.ru/italiano/miracleicon/25/index.htm

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L’immagine della Madre di Dio detta di ‘Bogoljubovo’ Festa 18 Giugno La composizione prende il nome dal principe Andrej Bogoljubskij figlio del fondatore di Mosca Giorgio Dolgorukij. Il principe, nei pressi della città di Vladimir nel 1156 ebbe la visione della Vergine che intercedeva presso Cristo; pertanto ordinò di dipingere un’icona della Vergine cosi come gli era apparsa: in piedi e con una pergamena nella mano sinistra, inoltre fece erigere un monastero sul luogo dell’apparizione che venne chiamato Bogoljubovo dove fece costruire la sua residenza di campagna e due chiese, una dedicata alla Natività della 132 Madonna di Bogoljubovo XVI°sec Madre di Dio e .Cimitero Rogozskoe Mosca l`altra, del 1165, sul fiume Neri`, dedicata alla Protezione. La festa dell’icona viene celebrata il 18 giugno, giorno dell’apparizione. La composizione assunse in seguito anche la denominazione di «Supplica per il popolo di Dio», perchè il numero degli oranti ai piedi della Madre di Dio andò progressivamente ampliandosi. Nel XVI-XVII° secolo si osserva infatti un intensificarsi del culto dell`icona della "Madre di Dio di Bogoijubovo" e una rielaborazione dello schema iconografico: ai piedi della Madre di Dio viene rappresentata una folla di oranti anonimi, che simboleggiano il genere umano, e nel XVII° secolo particolarmente popolare diventa una variante di icona in cui gli oranti vengono sostituiti

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dalle figure dei santi russi in ginocchio. In tal modo, emerge in primo piano l`idea che la terra russa ottiene la salvezza attraverso l`intercessione della Madre di Dio e le preghiere dei santi russi, e la composizione si differenzia notevolmente dall`iconografia caratteristica del XII° secolo. L`icona miracolosa è attualmente conservata nella cattedrale della Dormizione nel monastero delle Principesse a Vladimir. Lo schema iconografico della "Madre di Dio di Bogoijubovo" nasce a Bisanzio e rende con straordinaria chiarezza il ruolo d`intercessore della Madre di Dio presso il Cristo in favore dei committenti, degli oranti e di tutto il genere umano. La Vergine viene raffigurata a figura intera, di tre quarti, rivolta a Cristo che si affaccia dai cieli. Essa tende una mano verso il Salvatore in gesto di supplica e nell`altra regge un rotolo svolto con il testo della sua preghiera. Uno degli esempi più suggestivi di questa iconografia, nell`arte bizantina, è il mosaico della chiesa di Santa Maria dell`Ammiraglio a Palermo (La Martorana) (1143), con la raffigurazione della Madre di Dio, di Cristo e dell`ammiraglio Giorgio di Antiochia, committente dell`opera. 133 Santa Maria dell'Ammiraglio XII°sec.Palermo Nell`icona miracolosa del XII° secolo, prototipo dell’iconografia russa, davanti alla Vergine è raffigurato il principe Andrea Bogoijubskij. L`interesse per la tavola della Madre di Dio di Bogoijubovo si riaccende di quando in quando nelle diverse epoche della storia russa. Nel XVI° secolo Mosca, preoccupata di consolidare il proprio ruolo di capitale della Rus`, divenne particolarmente attenta ai tesori sacri delle antiche città russe, si occupò di farli restaurare e di trasferire entro i propri confini originali e copie. Nel 1518 il metropolita di Mosca Varlaam fece traslare l`icona miracolosa del 1158 della Madre di Dio di Bogoijubovo a Mosca, la restaurò personalmente e nel 1520 la rimandò a Vladimir. Da questo momento la popolarità di tale iconografia crebbe, vennero dipinte varianti di questa composizione, come quella con la raffigurazione del monastero delle Solovki, dei suoi fondatori Zosima e

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Sawatij e dei suoi monaci (ne è un esempio l`icona del 1545 conservata nella cattedrale della Dormizione nel Cremlino di Mosca). A Mosca nella seconda metà del XVII° secolo furono sistematicamente eseguite copie di icone miracolose e venerate, sia russe sia di altri paesi del mondo ortodosso, rifacendosi alle concezioni del patriarca Nikon, promotore, verso la metà del secolo, di riforme ecclesiastiche che avrebbero condotto allo scisma dei cosiddetti Vecchi credenti. Le nuove copie dovevano richiamare la grandezza della santità russa e l`importanza della Chiesa. Molte di queste copie furono eseguite da Simone Ushakov, che era capo degli iconografi moscoviti operanti presso la corte imperiale, nel cosiddetto Palazzo delle Armi. L`icona a fronte è una copia di ridotte dimensioni dell`icona miracolosa (che misura 185 x 105 cm). Come nell`originale, sul bordo superiore è raffigurata la Deesis con le figure del Salvatore, della Madre di Dio, di Giovanni Battista e di due arcangeli, ma al posto del principe Andrea Bogoijubskij sono presenti due dei più celebri monaci che incarnano la storia e la gloria del monachesimo russo: san Sergio di Radonez, fondatore del monastero della Trinità presso Mosca (1392), e Varlaam di Chutyn`, fondatore del monastero del Salvatore a Chutyn` presso Novgorod (fine del XII° secolo). San Sergio è raffigurato, come di consueto, con un`ampia barba rotonda, mentre Varlaam ha una barba più stretta e appuntita e porta il cappuccio monastico (kukol`}. Sopra la sua figura si è conservata l`iscrizione del suo nome: "Varlaam". Sul rotolo della Vergine è vergato in oro il testo della preghiera con cui essa si rivolge al Signore impetrando la sua misericordia sugli 135Madonna di Bogoliubovo sec.XVII° Simon Ushakov Museo Montanari Vicenza uomini: "Sovrano Pantocratore, forza inattingibile dell`essere ipostatico, che dai la luce e sei luce, forza inaccessibile al pensiero. Padre e fonte dello Spirito che è pari forza con te; onnibenedetto Re dei re. Figlio e Signore mio, ascolta e salva chiunque si appelli a Te, poiché Tu sei più che misericordioso, e per la tua grande benevolenza e ineffabile bontà ti curi

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dell`essere umano travolto da una moltitudine di peccati, perché Tu sei buono e...". Nella pittura dell`icona si rispecchia il tentativo degli artisti moscoviti della seconda metà del XVII° secolo, operanti sotto la guida di Simone Usakov, di riformare .l`iconografia russa, di abbandonare l`arte eccessivamente ricca di particolari della prima metà del secolo per conferirle monumentalità, attingendo alle tecniche della pittura occidentale (soprattutto della Germania settentrionale e dell`Olanda). Per richiamare l`unità fra la Chiesa russa e quella greca, che nella sua attività il patriarca Nikon sottolineava costantemente, gli artisti della seconda metà del XVII° secolo scrivevano sovente termini russi usando i caratteri greci. In questa icona il monogramma di Cristo accanto alla sua figura tra le nubi è tracciato con caratteri greci, con la "sigma" invece della lettera "esse" (C) dell`alfabeto slavo. 

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L’immagine della Madre di Dio detta ‘Gioia Inaspettata’

Questa icona è tipicamente russa, non esiste questa iconografia nel resto del mondo ortodosso; si rifà a una delle narrazioni in cui vengono descritti i miracoli operati da icone mariane, contenute nella raccolta di San Demetrio di Rostov, ‘Vello di preghiera, ovvero il racconto dei miracoli dell`icona della Madre di Dio di sant`Elia a Cernigov (1680)’110. La prima icona di questo soggetto che conosciamo risale al 1832, ma la Madre di Dio «Gioia inaspettata» cominciò a godere di ampia venerazione soprattutto dopo il 1838, quando fu consacrata dalla Chiesa come miracolosa. Come si può vedere, si tratta di un’«icona nell’icona», e la tipologia figurativa della Vergine è l’Hodighitria, caratterizzata dalla particolarità del Bambino con le ferite della Crocifissione. Il racconto, illustrato dalla tavola, è trascritto (qualche volta solamente in modo parziale) sul pannello sotto l`immagine della Vergine, mentre le parole scambiate tra la Vergine e il peccatore sono scritte, a mo’ di fumetto, sulla linea che congiunge i due volti. Vi si narra dell`intercessione della Vergine presso il Figlio, in favore di un peccatore che aveva l`abitudine di pregare davanti alla sua icona: "Un uomo improbo aveva l`abitudine di pregare ogni giorno la santissima Vergine, ripetendo spesso le parole del saluto angelico: `Ave, o piena di grazia`. Un giorno, meditando di compiere un`azione iniqua, si rivolse all`icona della santissima Vergine per recitare la consueta preghiera e poi andare a compiere l`azione malvagia che aveva ideato. Mentre egli secondo il solito pregava, fu preso da timore, e pieno di terrore vide che l`effigie si muoveva, ed ecco apparirgli dinnanzi la Madre di Dio in persona con il Figlio suo tra le braccia, e si aprirono al Bambino ferite sulle mani e sui piedi e sul costato, e il sangue grondava a rivoli come dalla croce". Vedendo ciò, egli cadde a terra colmo di terrore e gridò: `O Signora, chi ha fatto ciò?`. La Madre di Dio rispose: "Tu e gli altri peccatori, che cento volte crocifiggete il Figlio mio come hanno fatto i giudei`, e allora il peccatore scoppiò in pianto, e disse: `Abbi pietà di me, Madre misericordiosa`; ma Essa gli rispose: `Mi chiamate misericordiosa,

110 http://www.oca.org/FStheotokos.asp?SID=4&Month=May

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e mi colmate di afflizione e di amarezza con le vostre opere`. E disse il peccatore: `No, Sovrana, la mia malvagità non può essere più grande della tua bontà, giacché indicibili sono i tuoi benefici e la tua misericordia, e tu sei per tutti i peccatori l`unica speranza e rifugio; volgiti a compassione. Madre benedetta, prega per me il Figlio tuo e mio Creatore`. La Madre più che benedetta cominciò a pregare il Figlio, dicendo: `Figlio benedetto del mio seno, per amor mio perdona questo peccatore`. Rispose il Figlio: `Non adirarti, Madre mia, se non ti ascolto, infatti anch`io ho pregato il Padre che passasse da me il calice della morte, ed Egli non mi ha risparmiato`. Rispose la madre: `Ricorda, Figlio, le mammelle con cui ti ho allattato, e perdona a questo [peccatore]`. Rispose il Figlio: `Una seconda volta ho pregato il Padre, ed Egli non mi ha ascoltato`. Di nuovo la Madre riprese: `Ricorda le sofferenze che ho patito con tè, quando hanno inchiodato il tuo corpo sulla croce, e sotto la croce io ho sentito nel seno la spada che trapassava la mia anima`. Rispose il Figlio: `Una terza volta ho pregato il Padre che passasse da me il calice della morte, ed Egli ha disposto che la mia supplica non fosse accolta`. Allora la Madre si levò in piedi, depose a terra il Bambino e si dispose a gettarsi in ginocchio davanti a Lui. Esclamò il Figlio: `Che hai intenzione di fare. Madre?`, ed Essa rispose: `Resterò in ginocchio davanti a tè insieme a questo peccatore, fin quando tu non gli avrai perdonato i peccati`. Allora il Figlio disse: ‘La legge vuole che il figlio onori la madre, e la verità vuole che chi ha dettato la legge rispetti questa legge. Io sono tuo figlio, e tu sei mia madre, e devo onorarti. Accolgo la tua preghiera, e sia come tu vuoi. Perdono il peccatore per amor tuo, e in segno di perdono egli bacerà le mie piaghe`". Da quel momento, perdonato da Dio grazie all’intercessione della Vergine, il peccatore si ravvide e provò cosi la "gioia inaspettata" dell’amore divino e della grazia. La maggior parte delle varianti note di questa iconografia presentano nella parte sinistra della composizione degli elementi di interno realisticamente tratteggiati mentre la pittura delle figure e dei volti è eseguita nelle tradizioni dell`antica maniera propria dell`icona. 

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Conclusione

La descrizione dei tipi iconografici mariani descritti nei paragrafi precedenti non è in nessun modo esaustiva; infatti si può dire che ogni paese della Russia e del mondo slavo-ortodosso, ogni convento o chiesa ha le sue rappresentazioni iconografiche della Madre di Dio che si sono formate nel corso degli anni e a cui la popolazione credente è affezionata. Si dice che la sola Russia ha più di duecento tipologie mariane; è quindi impresa improba descriverle tutte. Qui sono state riportate solo quelle più antiche, più diffuse e più storiche. 

138 Le Madonne Miracolose di Russia XIX°sec .Museo Montanari Vicenza

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Iconografia delle grandi feste liturgiche

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In copertina: Theofane di Creta Annunciazione XVI° sec. Monastero di Stavronikita Athos

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Introduzione

Le grandi feste che celebrano gli avvenimenti di Cristo, della Vergine e dei principali protagonisti della fede cristiana sono state oggetto di immagini fin dai primi tempi del cristianesimo.

138 Feste (XVI°sec.) Monastero Pantocrator Athos Grecia La Chiesa orientale scandisce il cammino liturgico in dodici grandi festività che ripercorrendo la vita terrena della Madre di Dio e di Cristo, rappresentano per la Chiesa la storia della salvezza per l`umanità; e sono gerarchicamente subordinate alla “festa delle feste”, la Pasqua.

o Natività della Madre di Dio (8 Settembre) o Presentazione di Maria al Tempio (12 Novembre) o Annunciazione a Maria (25 Marzo) o Natività di Cristo (25 Dicembre) o Presentazione di Cristo al Tempio (2 Febbraio) o Battesimo di Cristo o Teofania (6 Gennaio) o Trasfigurazione di Cristo (6 Agosto) o Ingresso di Cristo in Gerusalemme (7 giorni prima di Pasqua) o Discesa agli Inferi (Pasqua di resurrezione) o Ascensione (quaranta giorni dopo Pasqua) o Dormizione della Vergine (15 Agosto) o Pentecoste (cinquanta giorni dopo Pasqua) o Esaltazione della Croce (14 Settembre)

In tutti i secoli dopo l’iconoclastia, le dodici feste sono state l’oggetto di innumerevoli cicli di affreschi e mosaici sia in occidente che nella chiesa d’oriente, e nelle chiese ortodosse hanno formato le grandi icone per il terzo registro dell’iconostasi (vedi Appendice A).

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La Natività della Madre di Dio Grec.“Gennesis tis Theotokon”; Rus. “Rozhdyestvo Bogoroditsa”

La festa nasce nel V° secolo a Gerusalemme dove, secondo la tradizione, vicino alla piscina probatica, presso l`attuale basilica crociata di Sant`Anna, si trovava la casa dove nacque Maria. La festa coincide con l`inizio dell`anno liturgico bizantino (8 Settembre), ed è considerata la radice di tutte le feste: con la nascita della Vergine, infatti, inizia a compiersi la storia della salvezza. Il numero otto rappresenta anche la pienezza dell`ottavo giorno della Resurrezione che segue i sei giorni della Creazione e il settimo del riposo sabbatico; otto sono anche i lati del fonte battesimale (e dello stesso edificio-battistero) in cui il catecumeno rinasce a nuova vita. Nella Rus` questa festa godeva di particolare devozione, perché l`8 settembre coincideva con l`anniversario della battaglia di Kulikovo (1380), che segnò la liberazione del paese dal giogo tataro Nonostante l`importanza dell`evento i Vangeli e gli Atti degli Apostoli forniscono solo pochi dati sulla vita della Madre di Dio. La storia della sua vita è narrata con maggiore ricchezza di particolari nelle leggende e negli apocrifi, tra cui un posto importante spetta al Protoevangelo di Giacomo111 del II° secolo. Qui apprendiamo i nomi e le vicende dei genitori di Maria. In esso si racconta la vicenda di Gioacchino, ricco e pio 140 Natività di Maria, (XII°sec.) mosaico del Monastero di israelita, che vede Dafni Grecia rifiutata la sua offerta al Tempio, in quanto è giunto in tarda età senza discendenza. Sua moglie Anna non è più in età feconda e Gioacchino, triste e sconsolato, si ritira nel deserto per digiunare e pregare; la moglie intanto, rimasta sola,

111 Vedi in Glossario: “Protovangelo di Giacomo”

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piange la sua sterilità. Entrambi poi, visitati da un angelo, ritornano a vivere insieme e concepiscono Maria: la Madre di Gesù, perché “nulla è impossibile a Dio”. La figura di Anna si ricollega ad analoghi esempi di donne sterili dell`Antico Testamento: Sara, l`anziana moglie di Abramo, che nella vecchiaia concepisce Isacco; Anna, madre di Samuele; infine Elisabetta, moglie di Zaccaria, cugina di Maria e madre di Giovanni Battista. Gioacchino e Anna sono della stirpe di Davide e per questo miracoloso intervento consacrarono Maria al Tempio dove rimase fino all`età di dodici anni. Sulla base di questo testo a Bisanzio in epoca successiva all`iconoclastia si formò l`iconografia della festa della Natività della Madre di Dio, che intorno all`XI°-XII° secolo comprendeva già le parti principali:

1. la raffigurazione di Anna seduta o adagiata sul giaciglio, 2. il corteo di vergini con doni, 3. il bagno della neonata (dal XII-XIII° secolo),

Questi primi tre elementi sono presi da modelli dell’arte antica per raffigurare la natività di divinità o eroi; molti sono i cicli che illustrano l`infanzia di Dioniso e raffigurano il bagno del neonato davanti al letto della madre che si riposa dopo il parto. Nel ciclo più antico della vita di Alessandro Magno la scena della natività è rappresentata nello stesso modo. Il motivo del bagno del bambino davanti al letto di sua madre era una formula iconografica costante dell`arte ellenistica e fu adottata dagli artisti cristiani. 4. Nell`epoca dei Paleologi (inizio del XIV° secolo), nella composizione fu inserita la figura di Gioacchino (spesso mentre osserva la scena da una finestra), e l`interno si 141 Natività di Maria (XVIII°sec.) Russia arricchì di elementi Museo Montanari Vicenza architettonici e con i doni offerti alla puerpera.

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5. Dal XVI° secolo spesso fu inserita la scena delle tenerezze dei genitori che traduce in immagini le parole del Sermone di Giovanni Damasceno (VIII° secolo) per la festa della Natività della Madre di Dio: “Beate le braccia che ti hanno portato, e le labbra che si sono deliziate dei tuoi baci purissimi, labbra dei tuoi genitori soltanto, perché tu sei rimasta sempre e sotto ogni aspetto Vergine”. A partire dal XV° secolo le icone della Natività della Madre di Dio cominciano ad essere inserite nell`ordine festivo dell`iconostasi. Le caratteristiche iconografiche descritte in precedenza sono mostrate nelle illustrazioni: La prima (fig.140) è un mosaico (XII° sec.) del braccio nord del Monastero di Dafni in Grecia; e presenta in maniera mirabile i tre elementi iconografici principali. Anna sul letto; le ancelle che portano doni e il bagno della neonata. La seconda (fig.141) è un icona del XVIII° secolo della Russia centrale (Museo Leoni-Montanari Vicenza), e incrementa l’iconografia precedente con la figura di San Gioacchino. Qui Gioacchino guarda la scena da una finestra, quasi a sottolineare la sua marginalità nell’evento (Gioacchino alla finestra è una caratteristica delle icone di questo soggetto dipinte a Novgorod). E’ interessante notare che le donne che portano i doni, presentano ad Anna proprio la figlia Maria; il dono più prezioso. La terza icona (fig.142) del museo Kolomenskoe di Mosca rappresenta l`interno della ricca casa di Anna, in cui sono descritte varie situazioni: - Anna medita, trepida e quasi turbata, il mistero che si è compiuto in lei; - tre ancelle recano ad Anna una coppa, un ventaglio colorato e delle uova, simboli di fecondità e di vita; - la levatrice, aiutata da una serva, fa il bagno rituale a Maria, così come nell`antichità si faceva alla nascita di un personaggio importante; - Gioacchino e Anna coccolano Maria. 142 Natività di Maria (XVII°sec.) Museo Kolomenskoe Mosca

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142 Iconografia bizantina e postbizantina

Presentazione di Maria al Tempio Gr.”Eisodos tis Theotokon”, Rus. Vvedenye vo Khram

L’iconografia di questa festa è basata sul racconto del Protovangelo di Giacomo112 (II° secolo), che che così descrive l’evento: “Allorchè la bambina compì i tre anni, disse Gioacchino: «Chiamate le figlie degli Ebrei, quelle senza macchia, e prendano ciascuna una fiaccola, e stiano ritte con la fiaccola accesa affinché la bambina non si volga indietro e non venga attratto il suo cuore fuori dal Tempio del Signore». Così esse fecero, finché giunsero al Tempio del Signore. E qui l’accolse il sacerdote, il quale, baciata, la benedisse 143 Presentazione di Maria (XII°sec.) dicendo: «Il Signore ha monastero di Dafni Grecia glorificato il tuo nome per tutte le generazioni; in te alla fine dei tempi il Signore manifesterà la sua redenzione per i figli di Israele». Poi la pose sopra il terzo gradino dell’altare e il Signore Iddio fece scendere su di lei la sua grazia ed ella danzò coi suoi piedi, e tutta la casa d’Israele si compiacque di lei. I suoi genitori se ne andarono pieni di ammirazione, ringraziando il Signore Iddio perché la bambina non si era voltata indietro. Così Maria restò nel Tempio, allevata come una colomba e riceveva il cibo dalla mano di un angelo”

La festa è celebrata l’11 Novembre; nell’anniversario della 144 Presentazione al Tempio (XVI°sec.) Monastero di Chilandari Athos 112 Vedi in Glossario: “Protovangelo di Giacomo”

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consacrazione della chiesa fatta costruire a Gerusalemme da Giustiniano nel 543 e distrutta durante la conquista degli arabi del califfo ‘Omar Ibn al- Khattab’ nel 638. L’iconografia segue molto da vicino la rappresentazione descritta nel Proto-vangelo di Giacomo: nella scena vengono rappresentati i Santi Anna e Gioacchino, il sacerdote che accoglie la bambina, le vergini che accompagnano il corteo e, nella parte superiore di alcune rappresentazioni, si vede l’angelo che porta il cibo a Maria. La tradizione identifica il sacerdote che accoglie Maria con Zaccaria che, come Gioacchino, in tarda età e da una sposa ritenuta ormai sterile (Elisabetta), diverrà padre di Giovanni il Battista. Altre considerazioni sull’iconografia: - l’aspetto di Maria è quella di una adulta di dimensioni ridotte; questo è tipico per significare che sia Maria bambina sia Cristo bambino erano consapevoli del loro ruolo sin dalla tenera età. - La scena dell’angelo che porta il cibo a Maria (presente in molte icone di questo soggetto) deriva dal Vangelo detto ‘Pseudo Matteo’113, così chiamato perché l’ignoto compilatore del testo attribuisce la paternità del proprio lavoro all’evangelista Matteo, che narra: “… si dedicava poi anche ai lavori con la lana, e tutte quelle cose che le donne anziane non erano capaci di fare, essa, che si trovava in tenera età, le eseguiva facilmente. Si era imposta questa regola: dalla mattina fino all’ora terza attendeva con costanza alle preghiere, poi, dall’ora terza fino alla nona, si occupava dei lavori di tessitura, dopo l’ora nona, di nuovo, non smetteva dalla preghiera finché non le appariva un angelo del Signore, dalla cui mano riceveva il cibo. E sempre di meglio in meglio progrediva nel culto di Dio. - La processione delle vergini (che può anche mancare) nel periodo dei Commeni (1080-1185) segue le figure di Gioacchino e Anna, mentre in periodo dei Paleologi (1260-1453) precede. - La prima illustrazione (fig.143) è un mosaico (XII° sec.) del Monastero di Dafni in Grecia. Gioacchino e Anna consegnano al sacerdote Zaccaria la piccola Maria, seguono le sette vergini con le candele accese; in alto a sinistra, sopra il ciborio, un angelo porta il

113Vedi in Glossario: “Pseudo Matteo” 145 Presentazione al Tempio (XIX°sec.)

144 Iconografia bizantina e postbizantina

cibo a Maria secondo il racconto del pseudo Matteo.

La seconda illustrazione (fig.144) è un’icona del XVI° secolo del Monastero di Chilandari (monastero di tradizione serba) del Monte Athos in Grecia, rappresenta quasi esattamente la stessa scena, ma qui le vergini sono otto invece che sette.

La terza è una icona ottocentesca proveniente dalla Russia centrale; qui il racconto è semplificato, manca la parte derivata dal racconto del pseudo Matteo e le vergini sono ridotte a tre; in compenso ha grande risalto il disegno barocco del tempio. 

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Annunciazione a Maria (Gr. “Evangelismos”; Rus. “Blagovyeshchenie “)

La festa dell`Annunciazione esalta la divina maternità di Maria (concilio di Efeso del 431). La data della festa, il 25 marzo, cade nove mesi esatti prima della Natività (25 dicembre) e sei mesi dopo il concepimento di Giovanni Battista (23 settembre): Maria infatti riceve da Gabriele la notizia che anche Elisabetta, sua cugina, futura madre del Battista, è al sesto mese di gravidanza (Lc 1,36-37). Attraverso l`assenso di Maria nell`Incarnazione l`uomo ritrova il legame filiale con Dio smarrito da Adamo; il parallelo fra il vecchio e il nuovo Adamo è suggerito dalla data stessa del 25 marzo, equinozio di primavera e, secondo la tradizione, giorno della creazione del mondo. Canta un inno di Andrea di Creta: “la terra si unisce al ciclo, Adamo è rinnovato; Eva è liberata dalla prima tristezza e la tenda della natura fatta a nostra somiglianza, per la deificazione di Maria Assunta si trasforma in tempio di Dio”.

Le prime raffigurazioni dell`episodio (narrato nel Vangelo di Luca 1, 26-28) si trovano nelle catacombe romane a partire dal tardo II° secolo. L`Annunciazione in seguito diviene una delle immagini cristiane più diffuse quando in conseguenza alle prime controversie cristologiche l`evento si focalizza come inizio della storia della salvezza, che comprende la concezione del Cristo e la glorificazione di Maria come Madre di Dio

Celebrata in Oriente e in Occidente il 25 marzo, l`Annunciazione è sempre stata annoverata tra le dodici grandi feste del calendario ortodosso. 146 Annunciazione di Ustjug (XII°sec.) Tuttavia a Bisanzio Museo Tretiakov Mosca l’Annunciazione si commemorava in una festa mariana che faceva parte delle celebrazioni natalizie (prima o seconda

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domenica prima del Natale) e fu trasferita al 25 marzo al tempo dell`imperatore Giustiniano, o prima ancora del VI° secolo. L’iconografia si basa fondamentalmente sul Vangelo di Luca: Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata…. L’arcangelo Gabriele è rappresentato nell’atto dell’annuncio con il braccio destro sollevato nell’allocutio e con nella mano sinistra una verga (simbolo del messaggero greco antico) e spesso anche un globo con le iniziali XC di Cristo. La sua postura è alcune volte frontale a Maria (come nell’Annunciazione di Ustjug fig. 146) oppure nell`attimo dell`arrivo, con l`ala posteriore ancora sollevata (come in molte rappresentazioni anche occidentali). La Vergine lo ascolta con il capo leggermente reclinato come per assentire talvolta in piedi e talvolta assisa in un trono. Spesso, seguendo il racconto del 147 Annunciazione (XIV°sec.) Ohrid Macedonia protovangelo di Giacomo114, ha tra le mani un fuso e fila lana color porpora: Ora : ci fu un consiglio dei sacerdoti, i quali dissero: «Facciamo un velo per il tempio del Signore». Il sacerdote soggiunse: «Chiamatemi le vergini senza macchia della tribù di Davide». Se n’andarono i ministri e, dopo aver cercato, trovarono sette vergini. Il sacerdote si ricordò che la fanciulla 148 Annunciazione (Tessuto VII°sec. Bisanzio) Musei Vaticani 114 Vedi in Glossario la voce: ‘Antico dei Giorni’

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Maria era della tribù di Davide ed era immacolata per Dio. I ministri andarono e la condussero..Le introdussero nel tempio del Signore. Il sacerdote parlò così: «Fatemi sapere con la sorte chi debba filare l’oro, l’amianto, il lino, la seta, la porpora violetta, lo scarlatto e la vera porpora». A Maria toccò la vera porpora e lo scarlatto. Li prese e se n’andò a casa sua…Maria intanto, preso lo scarlatto, lo filava. Spesso alla rappresentazione principale se ne aggiunge un’altra secondaria che simboleggia l’intervento divino e trinitario all’evento. Il simbolismo può andare da un semplice raggio tripartito proveniente dall’alto fino ad una completa scena dell’Antico dei Giorni che incarica l’arcangelo del messaggio. L’importanza dell’evento dell’Annunciazione e della Incarnazione è così pregnante per la chiesa, che la sua rappresentazione è presente generalmente anche nei due battenti della ‘Porta Santa’ dell’iconostasi. E’ chiaro il significato simbolico: solo per l’incarnazione di Cristo e mediante la rivelazione delle 149 Annunciazione (XVII°sec.) Museo Montanari Vicenza sacre scritture si può entrare in cielo.

Una tra le più famose icone della Galleria Tretiakov di Mosca; è la cosiddetta ‘Annunciazione di Ustjug’ riportata come esempio in questo paragrafo (fig,146). L’icona fu portata a Mosca per ordine di Ivan il Terribile dal Monastero Yur`yev in Novgorod. Fu dipinta probabilmente per la consacrazione della Chiesa (1130 – 1140), o qualche tempo dopo. L’icona presenta una versione iconografica dell’Annunciazione col Bambino che discende nel corpo della Vergine

150 Annunciazione (XV°sec.) Porta Santa iconostasi del Monastero di 148 Simonopetra Athos Iconografia bizantina e postbizantina

sotto gli occhi dell’Antico dei Giorni’115 che guarda nella parte superiore a significare che la “Immacolata concezione”è avvenuta per volere di Dio.

Un altro splendido esempio è l’Annunciazione del XIV° sec. proveniente dalla chiesa della Madre di Dio Peribleptos (San Clement) a Ohrid in Macedonia (fig.147); la volontà di Dio si rivela tramite tre raggi provenienti dall’alto, mentre la Vergine è intenta a filare il velo porpora del tempio

Il terzo esempio è un prezioso tessuto bizantino del VII° secolo conservato nei Musei Vaticani di Roma (fig.148).

La quarta immagine del XVII° secolo, esposta al museo di Palazzo Leoni Montanari di Vicenza, ha nella parte alta il ‘Signore di Sabaoth’116 che incarica l’arcangelo Gabriele della sua Missione (fig 149).

La quinta immagine è la Porta Santa di una iconostasi del XV° secolo di scuola cretese che rappresenta una Annunciazione con l’angelo su un battente e la Vergine sull’altro (fig.150).

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115 Vedi significato dell’Antico dei Giorni’ nel Glossario 116 Vedi significato del ‘Signore di Sabaoth’ nel Glossario

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Natività di Cristo (Gr. “Gennisis”; Rus. “Rozhdyestvo”)

I passi dei Vangeli canonici che parlano della nascita di Cristo sono: Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. (Lc 2, 6-20) e ; Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo” (Mt 2, 1-12). I testi evangelici quindi sono estremamente concisi; molto più descrittivo è il testo del Protovangelo di Giacomo (II°sec.) che scrive: “Giunti a metà del cammino, Maria gli disse: - Fammi scendere dall’asina, perché quello che è in me mi forza per venire alla luce. Egli la fece scendere dall’asina e le disse: - Dove ti condurrò per nascondere questa tua sconvenienza? Qui il luogo è deserto. Ma trovò là una grotta e ve la condusse dentro, lasciando presso di lei i suoi figli, ed egli uscì a cercare una levatrice ebrea nel paese di Betlemme.” La tradizione che Gesù sia nato in una «grotta» è già attestata in oriente verso la metà del II° secolo; in occidente, proprio per l’influsso degli apocrifi, la grotta, anche nelle arti figurative, compare solo dopo il IV° secolo. E’, inoltre, da notare che il Protovangelo detto di Giacomo (il “minore”, uno dei dodici, indicato come “il fratello” di Gesù anche dai Vangeli canonici) attribuisce al vedovo Giuseppe dei figli, nati da un matrimonio precedente. Interessante poi la lunga descrizione della nascita di Gesù che viene riportata dal Vangelo dello Pseudo-Matteo117 e la considerazione che fa una delle due levatrici ebree che visitano Maria, che aveva già partorito in solitudine: “ - … nessuna perdita di sangue si è avuta nel neonato, nessun dolore nella puerpera. Vergine ha concepito, vergine ha partorito, vergine è rimasta”. Tale affermazione riporta alle tre stelle che nell’iconografia sempre appaiono sul manto della Madre di Dio; è poi da sottolineare il tentativo che fa l’anonimo autore di conciliare la tradizione orientale della «grotta» con quella occidentale della «stalla». Dice infatti (14,1):

117 Vedi Glossario: Pseudo Matteo

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“Il terzo giorno dopo la nascita del Signore, Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla; mise il bambino nella mangiatoia e il bue e l’asino lo adorarono.” Fino al VI° secolo la festa della nascita di Gesù si festeggiava a gennaio insieme con l`Adorazione dei Magi (piccola Teofania) e il Battesimo (grande Teofania), in seguito, per sottolineare la natura umana di Cristo, fu istituita la festa del Natale, il 25 dicembre. L`iconografia più antica della Natività si trova sul coperchio di un sarcofago (320 D.C.), dove si vede il Bambino in fasce in una bassa mangiatoia con il 151 Natività (IV°sec.) Coperchio di sepolcro musei Vaticani bue e l`asinello: Maria è seduta con il Bambino sulle ginocchia, a indicare che il suo parto è stato indolore, verginale. Dopo il concilio di Efeso, che stabilì il dogma della divina maternità, si iniziò a rappresentare la. Vergine distesa, com`è naturale per chi ha appena partorito. Dal IV° secolo si aggiunge anche l`adorazione dei Magi; Nel V° secolo la Madre di Dio diventa il centro compositivo dell`icona, campeggia adagiata davanti alla grotta, simbolo del mistero divino e dell`abisso di male in cui l`umanità è caduta, e in cui Cristo discende (allusione alla Discesa agli inferi) per salvarla: La festa del Natale di Cristo risale al Cristianesimo delle origini. Da allora ha prodotto una precisa iconografia. Nella tradizione orientale la struttura della scena ha una costruzione rigorosamente gerarchica e vivacemente narrativa: al centro è Maria, per sottolineare il ruolo fondamentale della Vergine nell’Incarnazione. Accanto a lei, il Bambino, fasciato di bende come Lazzaro, il morto risorto, è posto in una mangiatoia-sepolcro: Gesù nasce annunciando la sua morte e la 152 Natività (VII°sec.) Monastero S.Caterina sua resurrezione. Sinai Attorno si raggruppano le scene

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aggiuntive, che non seguono un ordine cronologico e sono intercambiabili. Di norma l’azione si sviluppa sullo sfondo di una grotta scavata in una montagna, una voragine nera che raffigura simbolicamente gli Inferi. Al suo esterno, soprattutto in epoca antica, Maria è per lo più adagiata su un giaciglio rosso (in riposo dopo la nascita del Bambino, per affermare l’umanità di Cristo), è avvolta da un ampio mantello che la ricopre dalla testa ai piedi, decorato con tre stelle dorate, una in mezzo alla fronte e due sulle spalle: simboleggiano la triplice verginità di Maria, prima, durante e dopo il parto. Sono inoltre raffigurati i Magi e i pastori, a significare che Cristo è venuto a salvare il mondo intero, i gentili come i giudei; lo stesso concetto è ribadito dalla presenza del bue e dell’asino, che rimandano altresì a una delle profezie di Isaia sul Salvatore; appaiono inoltre le donne che provvedono al primo bagno del Bambino, una chiara prefigurazione del Battesimo, ma anche ulteriore sottolineatura della vera e non solo apparente umanità di Cristo, bisognoso di cure come tutti i neonati; gli angeli, che indicano la stella che annuncia la nascita del Messia, e infine Giuseppe, lo sposo di Maria, spesso collocato in una posizione marginale, che rappresenta l’uomo di fronte al mistero e vuole sottolineare la sua estraneità all’evento. Di fronte a lui, un vecchio misterioso, spesso 153 Natività (XV°sec.) Museo Tretiakov Mosca interpretato come il diavolo tentatore che vuole insinuargli il dubbio. Provengono dal racconto del protovangelo di Giacomo anche le due levatrici (di cui una di nome Salomè) che presiedono al bagno del neonato: Poi la levatrice uscì dalla spelonca e Salome s’imbatté con lei. Ella disse: «Salome, Salome, devo raccontarti uno spettacolo nuovo: una vergine ha dato alla luce, cosa che la sua natura non permette». Salome rispose: Vive il Signore, mio Dio: se non pongo il mio dito e non scruto la sua natura, non crederò che una vergine abbia dato alla luce».

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La levatrice entrò e disse a Maria: «Mettiti in posizione: non lieve contrasto si presenta a tuo riguardo!». Salome mise il suo dito nella natura di lei. Allora gettò un grido: «Guai al mio peccato e alla mia incredulità! Ho tentato il Dio vivo: perciò la mia mano mi si stacca, consumata dal fuoco», allora piegò le sue ginocchia innanzi all’Onnipotente e pregò: «Dio dei miei padri, ricordati che io sono discendenza d’Abramo, Isacco e Giacobbe. Non fare di me esempio pubblico per i figli di Israele, ma restituiscimi ai poveri. Tu sai difatti, o Onnipotente, che per amor del tuo nome prodigavo le mie cure e ricevevo la mia mercede da tè». Ed ecco, un angelo del Signore le si presentò e le disse: «Salome, Salome: il Signore t’ha esaudita. Accosta la tua mano al bambino; prendilo su e sarà per tè salvezza e gioia»

Interessante è anche l’iconografia del bue e dell’asino che accompagna sempre la rappresentazione del bambino nella mangiatoia fin dalle origini; questa raffigurazione si spiega con la profezia di Isaia (Is 1,3): il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende”. Il bue e l`asino prefigurano gli ebrei e i gentili;

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Presentazione di Cristo al Tempio (Gr. “Hypapante”; Rus. “Sretenie Gospodne”)

La festa è celebrata il 14 Febbraio; è celebrata fin dai tempi antichi (almeno IV° secolo). L’episodio all’origine della festività è narrato da S. Luca (Lc 2,22- 38): “Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore” Secondo le prescrizioni stabilite dalla legge ebraica il primogenito, da una parte, e la donna che aveva partorito, dall’altra, dovevano presentarsi al Tempio. “Il Signore disse a Mosè: «Consacrami ogni primogenito, il primo parto di ogni madre tra gli Israeliti, di uomini o di animali: esso appartiene a me»” (Es 13, 1-2), poi in Numeri (18,16) il Signore disse ad Aronne: «… quanto al riscatto, li farai riscattare dall`età di un mese, secondo la stima di cinque sicli d’argento …» e in Levitico tutto il . 12 è dedicato alle prescrizioni per la “Purificazione dopo il parto”: dopo 40 giorni se il nato è maschio e dopo 80 giorni se femmina, la puerpera si deve presentare al Tempio per essere purificata del suo sangue, 154 Presentazione di Cristo (XI°sec.) mosaico portando due Monastero Hosios Lucas Grecia tortore o due colombi, uno per l’olocausto e l’altro per il sacrificio espiatorio. La cerimonia della purificazione si svolgeva così: giunta la donna al tempio presso la porta di Nicanore, il sacerdote di turno l’aspergeva con sangue

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e recitava su di essa alcune preghiere; quindi seguiva l’offerta stabilita per la purificazione e il pagamento dei cinque sicli per il riscatto del primogenito. Nella Chiesa Orientale la festa, che sembra risalire al IV° secolo, mette al centro dell’attenzione l’incontro del Bambino con il vecchio Simeone: così prende il nome di “Incontro” (in greco “Hypapanti”, in russo “Sretenie”). Nell’incontro la Chiesa vede la transizione tra il vecchio mondo ed il nuovo, che comincia con il Cristo, tra la Vecchia Alleanza e la nuova era della Chiesa Universale. La Chiesa Romana ha introdotto la festività alla fine del VII° secolo e la liturgia occidentale, del racconto evangelico, ha inizialmente focalizzato soprattutto la purificazione di Maria con il titolo “Purificatio Sanctae Mariae”; nella solennità, una processione, che si svolgeva di notte, illuminava la strada con le candele (candelora) e andava dal Foro Romano a Santa Maria Maggiore. L’iconografia (tranne rare eccezioni) è molto consolidata e stabile (IX° secolo): sullo sfondo sono rappresentate costruzioni ricche di elementi dai significati simbolici. Molte volte, nella parte superiore, è raffigurato un baldacchino che rappresenta il recinto sacro; il velo rosso, che lo copre, congiungendosi al tetto della Chiesa, è il velo della Misericordia di Dio che sovrasta ogni cosa e che unisce il Tempio e la Chiesa, emblemi della Vecchia e Nuova Alleanza. Le figure rappresentate non si discostano dai personaggi del racconto dell’evangelista Luca: il Bambino, Maria, Giuseppe, il vecchio Simeone e la profetessa Anna. La differenza più rilevante è la posizione 155 Presentazione di Cristo (XVI°sec.) del Bambino, che a volte è ancora tra 1546 Theophanes di Creta le braccia di Maria, altre è tenuto da Monastero di Stavronica Athos Simeone; altra differenza è sulla Il cartiglio dela profetessa Anna dice: ‘Questo bambino ha creato il cielo e la terra’ posizione di Anna, che può essere rappresentata dietro a Simeone o davanti a Giuseppe. Sembra tuttavia che queste diversità non abbiano alcun riferimento simbolico. Simeone (in slavo antico chiamato “Bogoprimyets” colui che ricevette Dio) era un sant’uomo che spese molto tempo a studiare le scritture riguardanti le profezie della venuta del Messia. Il Vangelo di Luca afferma

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che il Signore gli promise che non sarebbe morto finché non avesse visto il Messia. Dopo che Simeone vide il Bambino, lo prese fra le braccia, lo benedì e disse: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”. E così parlò a Maria: Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima”.

C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno 156 Presentazione di Cristo (XV°sec.) Novgorod con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme

Compiuto il rito, la famiglia tornò a Nazaret. 

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Battesimo di Cristo o Teofania La festa del Battesimo di Gesù (6 Gennaio) è anche conosciuta con il termine di Teofania perchè, come dice Giovanni Crisostomo nella sua Omelia 36 sul Battesimo, «Non è il giorno nel quale Cristo è nato che si può chiamare teofania, ma il giorno in cui Egli fu battezzato. Non è con la Sua nascita che si è manifestato a tutti, ma con il Suo battesimo. Prima del giorno del Suo battesimo, Egli non era conosciuto dalla gente.» Fonti letterarie di questo soggetto sono, oltre ai Vangeli, alcuni apocrifi (in particolare il Vangelo degli Ebioniti), i Padri della Chiesa e i testi liturgici della festa. In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me? ”. Ma Gesù gli disse: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia”. Allora Giovanni acconsentì. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”(Mt 3,13) 157 Battesimo (III°sec.) S.Maria Antiqua Roma In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto” (Marco I,9). Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: “Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto”(Lu III,20) L’evangelista Giovanni è il più lontano dalla rappresentazione iconografica, perchè non racconta il battesimo di Gesù, ma lo presuppone soltanto, quando riferisce la testimonianza del Battista su Gesù:

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«Giovanni rese testimonianza dicendo: “Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma Chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: ‘L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo’. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio».(Gv 1,32-34) Uno dei primi documenti figurativi è un sarcofago del III° secolo nel!a chiesa di S.Maria Antiqua a Roma, raffigurante un battezzatore che amministra il battesimo. Il battezzatore può essere identificato inequivocabilmen 158 Battesimo (VI°sec.) Battistero degli Ariani Ravenna te con Giovanni per la caratteristica veste di pelo di cammello, la barba e i capelli lunghi, mentre Cristo continua ad essere rappresentato come un bambino o un giovinetto. Nel IV° secolo questo schema iconografico viene ampliato; la colomba viene inserita nel raggio luminoso della divinità, spesso il dio fiume Giordano viene rappresentato personificato ai piedi di Cristo e quest`ultimo e raffigurato nella sua maturità, ritto in piedi nell acqua. I Padri della Chiesa spiegano l’apparire dello Spirito Santo in forma di colomba per analogia con il diluvio: così come il mondo fu purificato dalla sua iniquità con le acque del diluvio e la colomba riportò un ramoscello d’ulivo con l’annuncio che il diluvio era finito e che la pace era ritornata sulla terra, così anche lo Spirito Santo scende in forma di colomba ad annunciare la remissione dei peccati e la misericordia di Dio al mondo (San Giovanni Damasceno Esposizione della fede ortodossa – 3,16). Dal VI° secolo accanto a Cristo appaiono gli angeli con le mani 159 Battesimo (XVII°sec.) Museo Russo S.Pietroburgo

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coperte in atteggiamento di venerazione, e ancora successivamente farà comparsa la sfera celeste (o la mano divina) che raggiunge il Cristo con un raggio tripartito a simboleggiare la voce divina e la presenza trinitaria. La raffigurazione del Battesimo non celebra l`avvenimento storico quanto l`evento cosmico della manifestazione divina per la salvezza del mondo; la Grazia scorre attraverso il corpo di Cristo per irradiarsi nell`abisso di male del mondo (il Giordano assume le sembianze di un pozzo in cui si scorgono le forze del male); il Battista e gli angeli ne sono i testimoni. Nelle acque del fiume spesso si vedono i pesci e due fìgurette, personificazioni del Mare e del fiume Giordano, che vengono menzionate durante la liturgia. La loro presenza trova una spiegazione nel Salmo 114,3: «II mare vide e si ritrasse, il Giordano si volse indietro». Queste figure hanno un`antica tradizione, che risale al V° secolo. Una particolarità iconografica è la raffigurazione di Dio Sabaoth118 fra le nuvole, in vesti bianche, assiso in trono e circondato dai serafini. Anche questa figura si basa su un testo dell`Antico Testamento: «…quand`ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana» (Dn 7,9). Dalle labbra di Dio Sabaoth esce un raggio in cui appare una colomba, simbolo dello Spirito Santo che discende su Cristo. 160 Battesimo (XIV°sec.) Museo di Ohrid Macedonia Questa raffigurazione corrisponde al testo del tropario della Teofania:

118Vedi significato del ‘Signore di Sabaoth’ nel Glossario

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«Mentre eri battezzato nel Giordano, o Signore, venne resa manifesta l`adorazione della Trinità. La voce del Padre Ti rendeva testimonianza chiamandoti figlio diletto e lo Spirito sotto forma di colomba confermava la verità dell`affermazione». Spesso dal lato di Giovanni Battista, vi è un alberello con rappresentata una scure a memoria delle parole di Giovanni citate da Matteo(3,10) Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Se al contrario non è raffigurata la scure, il riferimento è fatto a Isaia 11,1-2: “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore”.

Dalle figure riportate per illustrare l’iconografia è interessante notare nel mosaico del VI° secolo del Battistero degli Ariani a Ravenna (fig.158) che Cristo è ancora rappresentato come un giovinetto nudo immerso nel Giordano a forma di pozzo, con a fianco S.Giovanni nelle vesti tipiche dell’eremita del deserto (pelle di cammello) e all’altro lato la personificazione del fiume Giordano che gli rende omaggio. La colomba scende dall’alto a portare le parole di Dio. Nell’icona russa del XVII° secolo (fig.159) della scuola degli Stroganov, conservata nel Museo russo di S.Pietroburgo,. Cristo, rappresentato in età matura, non è più nudo, ma si avvolge in una corta tunica; è in piedi nelle acque del Giordano, e Giovanni Battista si china verso di lui. Sull`altra riva sono visibili quattro angeli. I veli che hanno in mano ricordano la tradizione di asciugare i battezzati quando uscivano dal fonte. Le mani velate inoltre sono sempre il segno di una profondissima venerazione. Nelle acque del fiume si vedono i pesci e due fìgurette, personificazioni del Mare e del fiume Giordano, che vengono menzionate durante la liturgia della festa della Teofania. Nell’icona macedone del XIV° secolo (fig.160) che proviene dalla chiesa di S.Clemente a Ohrid (oggi al museo delle icone di Ohrid), l’intervento di Dio è rappresentato da un semplice raggio che scende da una nuvola a più punte, mentre ai piedi del Battista vi è un’ascia a ricordare le sue parole “…la scure è già posta al piede dell’albero…”.

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160 Iconografia bizantina e postbizantina

Trasfigurazione di Cristo (Gr. “Metamorphosis” Rus. “Preobrazheniye”)

La festa della Trasfigurazione (celebrata il 6 Agosto) in Oriente ha origini antichissime; sant`Elena nel 326 avrebbe ordinato di erigere una chiesa sul monte Tabor (come confermano gli scavi archeologici e ove la tradizione antica ritiene sia avvenuta la Trasfigurazione 119); la festa fu istituita a Costantinopoli probabilmente prima del VI° secolo, come lasciano pensare 161 Trasfigurazione (VI °sec.) S.Apollinare in Classe Ravenna i Mosaici di Ravenna e del Monastero di S.Caterina nel Sinai; in Occidente venne introdotta solo nel 1475. Il racconto iconografico è basato sui seguenti passi dei Vangeli sinottici (Giovanni ignora l’evento): Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.(Matteo 17,1) Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in 162 Trasfigurazione (VI°sec.) S.Caterina Sinai

119 Oggi si pensa invece al Monte Hermon, più alto e più vicino al luogo in cui si trovava Cristo.

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un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù.(Marco 9,1) Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.(Luca 9,27) L’evento dei tre apostoli testimoni dell’apparizione di Cristo con gli attributi della sua divinità non ha mai cessato di attirare l’attenzione dei grandi teologi della cristianità.. Fin dal IV° secolo, forse il periodo più ricco di spiritualità, troviamo i nomi di S.Giovanni Crisostomo, S.Cirillo di Alessandria e S.Andrea di Creta (VII° secolo) scrivere omelie e sermoni sull’evento. E’ una delle grandi feste della chiesa ortodossa, seconda solo alla Pasqua e al Natale. A parte il mosaico di Ravenna, (vedi figura 161) che rappresenta la scena in maniera simbolica (Elia e Mosè sono rappresentati a mezzo busto, Cristo è una croce splendente e Pietro, Giacomo e Giovanni sono tre pecorelle), il formato iconografico della scena è sempre diviso in due parti; la zona inferiore della scena è sempre 163 Trasfigurazione XV°sec. (Theofanes il Greco) occupata dagli apostoli riversi a terra, impauriti, senza più forze nel contemplare il fulgore del Signore. La

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contrapposizione fra le due zone (quella superiore, celeste, e quella inferiore, terrena), o al contrario il loro accostamento serviva a sottolineare di volta in volta l`uno o l`altro aspetto del significato della scena. Allo stesso modo si spiegano le diversità nelle pose e nei gesti dei profeti e degli apostoli, nella forma della mandorla e nel tipo di raggi luminosi, nel colore delle vesti di Cristo. A differenza degli apostoli, che non hanno ancora raggiunto la perfezione e quindi non possono partecipare pienamente all`energia divina di Cristo, i due profeti dell`Antico Testamento avevano già goduto della Visione di Dio: Elia sull`Oreb aveva riconosciuto Dio nel mormorio di un «vento leggero»: Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello…(1 Re 19,3-16), Mosè nella nube della «Gloria del Signore» che aveva ricoperto il monte Sinai: La Gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube. La Gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna. Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti. (Es 24,17- 18) e per questo nell`icona essi sono raffigurati sopra le rispettive cime. I profeti sono talvolta raffigurati accanto alla mandorla di Cristo o anche al suo interno, a sottolineare la loro partecipazione alla grazia divina, oppure al contrario, un po` discosti, a ricordare la loro natura terrena. Mosè 164 Trasfigurazione (Andrei Rublev) XV° sec.

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rappresenta inoltre tutti i defunti, mentre Elia, asceso al cielo sul carro di fuoco mentre era in vita, appare qui il rappresentante dei viventi. I Padri interpretavano la Trasfigurazione di Cristo in chiave escatologica, ravvisando in Lui il Signore dei vivi e dei morti che preannunciava la sua «Seconda venuta». La laconicità del testo evangelico e la mancanza di altre fonti letterarie fecero sì che lo schema compositivo della festa rimanesse fondamentalmente invariato; anche le posizioni sono fissate con Giovanni al centro, Pietro quasi sempre a sinistra e Giacomo a destra. A partire dal XII° secolo, la staticità delle composizioni precedenti cede il passo a una crescente dinamicità, che culmina nel periodo paleologo con gli apostoli scaraventati sul fianco della montagna dal contatto con i potenti raggi luminosi. Vengono introdotti episodi secondari, quali la salita e la discesa dal Tabor e, infine, l`arrivo sulla scena di Elia e Mosè, il primo che cala giù dal paradiso, l`altro che risale dalla sua tomba sulla terra. Inoltre, tra la figura di Cristo e l`alone dietro di lui si inserisce una figura geometrica con raggi simili a lame, in numero di cinque, sei od otto; il primo è il numero pitagorico della perfezione umana, il secondo il numero patristico della creazione e della duplice natura di Cristo, il terzo il numero patristico della seconda creazione, ovvero il regno escatologico di Cristo. I nuovi elementi dinamici che distinguono l`icona della Trasfigurazione del periodo paleologo120 vanno posti in relazione alla elaborazione delle dottrine della “luce increata” associate a san Gregorio Palamas e all`esicasmo121 del XIV°secolo: la luce trasfigurante del monte Tabor è il fulgore dell`energia divina, che i Padri greci interpretano come l`aspetto immanente della divinità; la Trasfigurazione è la principale manifestazione della luce anticipando la resurrezione e la seconda venuta.

Illustrazioni: La prima (fig.161) rappresenta il mosaico absidale di S.Apollinare in Classe a Ravenna di periodo giustinianeo (VI° secolo). Il soggetto è rappresentato in maniera simbolica dalla croce trionfante (Cristo) in un cerchio blu; Elia a sinistra e Mosè a destra sono a mezzo busto e i tre apostoli sono rappresentati da tre pecorelle.

La seconda immagine (fig.162) è, una delle prime di questo soggetto e dello stesso periodo della precedente, è un mosaico absidale del Monastero di S.Caterina nel Sinai. In questo caso i personaggi sono quelli previsti, ma lo sfondo è semplificato a una mandorla azzurrastra emanante raggi di luce che colpiscono i personaggi; manca del tutto la rappresentazione montuosa.

120 Vedi voce Dinastia dei Paleologi nel Glossario 121 Vedi voce Esicasmo nel Glossario

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La terza immagine è una famosa icona (fig.163) di cui si conosce il nome dell’iconografo (Theophanes il greco 1330-1410), che lavorò a Mosca e Novgorod, ed è in questa città che l’icona fu dipinta. Oggi è conservata nel museo Tretiakov di Mosca. Lo sguardo è catturato da Gesù trasfigurato e dai tre discepoli impauriti dallo splendore della Sua gloria; raggi si irradiano da Cristo sugli apostoli sottostanti formando una composizione triangolare. Alla destra di Gesù vi è Elia e alla sinistra Mosè che porta in mano le Tavole della legge. Cristo stesso porta in mano un rotolo che forse è il simbolo della sua parola viva. Le Sue vesti risplendono di una vivida luce biancastra i cui riflessi si vedono sulle rocce e sui vestiti dei Profeti e degli Apostoli. In alto a destra e a sinistra vi sono due piccole scene che rappresentano angeli che accompagnano Elia e Mosè all’incontro; mentre più in basso vi sono due piccole grotte in cui appaiono Gesù e i tre apostoli che arrivano e partono dal monte Tabor e sono un esempio della multipla temporalità che può esistere nelle icone. Questa icona è un eccellente esempio dello stile paleologo sempre molto descrittivo e pieno di personaggi.

La quarta immagine (fig.164) è un’altra famosissima icona dipinta da Andrei Rublov (1370-1430) per l’iconostasi della Cattedrale dell’Annunciazione del Cremlino di Mosca nel 1405. Come è suo costume, Rublev ha scartato ogni dettaglio o figura ausiliaria, lasciando solo i sei personaggi principali composti in due gruppi di tre connessi soltanto dai raggi che emana la mandorla di Cristo. I corpi inchinati di Elia e Mosè sembrano avvolgere la figura centrale di Cristo.

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Ingresso di Cristo in Gerusalemme (Gr. “Kyriki ton Baion”; “vkhod vo Ierusalem”)

II soggetto dell`icona si basa sui testi del Vangelo che narrano l`ingresso di Cristo in Gerusalemme come Messia del nuovo Regno, per subirvi di li a una settimana la passione e la morte.

165 Ingresso in Gerusalemme Mosaico (XII°sec.) Monreale Palermo

…condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla numerosissima stese i suoi mantelli sulla strada mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla via. (Matteo 21) Essi condussero l’asinello da Gesù, e vi gettarono sopra i loro mantelli, ed egli vi montò sopra. E molti stendevano i propri mantelli sulla strada e altri delle fronde, che avevano tagliate dai campi. Quelli poi che andavano innanzi, e quelli che venivano dietro gridavano: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!(Marco 11)

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…e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: “Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli ”(Luca 19,35).

Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele! Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto sopra un puledro d’asina(Giovanni 12,12)

Anche il Vangelo apocrifo di Nicodemo (detto anche ‘Atti di Pilato’), riferisce dell’episodio durante l’interrogatorio di Gesù: «Signor governatore, quando tu mi mandasti a Gerusalemme da Alessandro, ho visto Gesù seduto su un asino, mentre i bambini degli ebrei tenevano in mano rami e gridavano ed altri stendevano al suolo i loro vestiti e dicevan: Salva dunque, tu che abiti nei luoghi altissimi! Benedetto chi viene nel nome del Signore!». L’iconografia 166 Ingresso in Gerusalemme (XVI°sec.) Monastero di Stavronikita Athos della festa risale al IV° secolo e nel VI° secolo prende la

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forma definitiva del gruppo degli Apostoli che seguono Cristo che cavalca l’asina verso il gruppo di ebrei che escono da Gerusalemme mentre dei fanciulli tagliano rami da un albero al centro della composizione ed altri che stendono drappi sotto la cavalcatura. Nell’iconografia più antica Cristo, che precede il gruppo degli Apostoli, è rappresentato seduto sull’asina mentre guarda in avanti verso Gerusalemme, a ricordare il passo del vangelo di Luca (19,41)

Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di 167 Ingresso in Gerusalemme (XVII°sec.) Russia trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”.

Nell’iconografia delle epoche successive alla paleologa122 Cristo è rappresentato rivolto all’indietro verso i discepoli che seguono l’asina in un gruppo compatto. II gruppo di abitanti che va incontro a Cristo e raffigurato come un`immagine collettiva dell’esultanza del popolo fedele, in cui sono rappresentate tutte le età, dai vecchi fino ai bambini. Va osservato che i loro volti, in contrapposizione alla drammatica tensione degli apostoli, sono luminosi e colmi di gioia, come annunciavano le antiche profezie che in questo giorno si compiono:

122 Vedi voce Dinastia dei Paleologi nel Glossario

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«Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli e giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d`asina» (Zc 9,9). I due gruppi equivalenti dei discepoli e degli ebrei ricordano il concetto di Giovanni Crisostomo circa il popolo che si innalza nello spirito, divenendo eguale agli apostoli. Cristo entra dunque a Gerusalemme come il vero agnello; inoltre, i drappi rosso cinabro che i bambini stendono per terra al passaggio di Cristo, ricordano i veli sacri liturgici su cui vengono appoggiati i Sacri Doni.

Illustrazioni:

La prima (fig.165) rappresenta il mosaico del braccio destro del transetto della cattedrale di Monreale in Sicilia (XII° secolo). Cristo, seguito dagli Apostoli guarda verso Gerusalemme accolto dagli abitanti mentre i fanciulli raccolgono rami di palma dall’albero e stendono drappi al suo passaggio. Solo sei apostoli fanno parte del seguito (tra cui si nota Pietro); da notare che l’albero è una vera palma (segno che l’autore lo conosceva bene)

La seconda immagine (fig.166) è una icona del monastero di Stavronikita Athos dipinta da Theophane di Creta nel XVII° secolo; Cristo è rivolto verso gli Apostoli; il primo dei quali è sicuramente Pietro. Qui l’albero sembra più un ulivo che una palma.

La terza icona (fig.167) del XVII° sec. è di Novgorod, Russia ed è conservato al Museo delle icone di Recklinghausen in Germania. L’iconografia è la solita; ma l’albero è indefinibile (l’autore non conosceva le palme?).

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Discesa agli Inferi (Pasqua di resurrezione) (Gr. “Anastasis”; Rus. “Bogoyavlenie I Voskreseniye”)

La rappresentazione della Resurrezione di Cristo non fa parte dell’iconostasi, ed è rappresentata molto raramente nelle icone se non come imitazione di immagini occidentali; infatti nessun mortale ha testimoniato all’evento ed è stato in grado quindi di descriverne le forme ed i colori e quindi, secondo i canoni del concilio di Nicea, non è rappresentabile. La chiesa orientale e le sue espressioni artistiche si sono indirizzate quindi sulla discesa di Cristo agli Inferi e la conseguente resurrezione dei morti: I Vangeli sono molto parchi sull’argomento; solo Matteo cita genericamente: i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.(Matteo 27,52)

168 Discesa agli Inferi (XII°sec.) Monastero di Hosios Lucas Grecia

Anche nella prima lettera di Pietro si cita genericamente:

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Anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito. E in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione (nell’Ade); (Pietro I 3,18) In realtà tutta l’iconografia dell’evento è presa dal Vangelo apocrifo di Nicodemo (II°sec.) che, sull’argomento, si dilunga per molti capitoli, egli narra che due dei resuscitati vengono interrogati dal sinedrio e testimoniano quello che hanno visto alla discesa di Cristo nell’Ade: Di nuovo risuonò una voce: «Togliete le porte!». L’Ade, udendo quel grido per la seconda volta, rispose a mo’ di ignorante: «Chi è questo re della gloria?». Gli angeli del Signore risposero: «II Signore potente e forte, il Signore potente in battaglia». E subito, a quella parola, le porte bronzee si frantumarono e le sbarre di ferro furono infrante. Tutti i morti legati furono sciolti dalle catene e noi insieme a loro. Il re della gloria entrò come un uomo. I luoghi bui tutti dell’ade s’illuminarono.(Nicodemo XXII,1) E ancora ecco come descrive la liberazione di Adamo e dei giusti del Vecchio Testamento:

… il re della gloria, porgendo la sua destra, prese e sollevò il progenitore Adamo. Quindi, volgendosi agli altri, disse: «Orsù, venite con me voi tutti che subiste la morte per il legno che costui ha toccato. Ecco che vi faccio risorgere tutti per mezzo del legno della croce».(NicodemoXXIV, 1)

Ecco l’episodio dell’entrata in paradiso del buon ladrone che non manca quasi mai nelle icone più tarde della discesa agli Inferi:

169 Discesa agli inferi (XVI°sec) Monastero di Feropont Russia

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Mentre parlavan così, giunse un altro, un pover’uomo. Portava pure sulle spalle una croce. I santi padri gli chiesero: «Chi sei tu, che hai l’apparenza di un brigante e che cos’è questa croce che porti sulle spalle?». Quegli rispose: «Io, come voi dite, sono stato un brigante e un ladro nel mondo. Perciò i giudei mi presero e mi fecero morire con la morte di croce insieme con il Signore nostro Gesù Cristo. Mentre però egli era appeso in croce, considerando i prodigi accaduti, credetti in lui. E lo supplicai dicendo: Signore, quando prenderai il regno, non ti scordare di me. Egli mi rispose subito: In verità, in verità, oggi – ti dico – sarai con me in paradiso.(Nicodemo XXVI,1)

La più antica rappresentazione dell’evento è un mosaico del VI° secolo (?) nella basilica di S.Marco a Venezia, mostra Cristo vittorioso che, sulle porte spezzate a forma di croce degli inferi, fa risorgere Adamo ed Eva alla presenza di San Giovanni Battista. Dalla fine del XIV° -XV° secolo si fa strada una iconografia più ampia della «Discesa agli inferi» con la raffigurazione simbolica della lotta fra virtù e vizi (“passioni”). Le virtù sono impersonate dagli angeli raffigurati nella mandorla luminosa di Cristo. Con lance acuminate essi trafiggono i demoni nell`inferno, che impersonano i vizi (fig.169). Questa variante iconografica relativamente rara si formò probabilmente sotto l`influsso della dottrina della patristica ascetica bizantina per il perfezionamento spirituale dell`uomo attraverso il superamento progressivo delle passioni

Dopo quest’epoca (XVII°secolo) si fa strada una 170 Discesa agli inferi (XVIII°sec.) collezione privata. rappresentazione iconografica ancora più complessa che include anche una rappresentazione della resurrezione, evidentemente mutuata dall’occidente. La scena si svolge in due tempi; in basso la discesa agli inferi con la liberazione di Adamo ed Eva; sono presenti generalmente Davide e Salomone che si distinguono per la corona, Mosè con le tavole, S.Giovanni Battista e altri giusti dell’antico Testamento. Nella parte

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superiore, in una mandorla gloriosa, Cristo risorto e trionfante presiede una processione di giusti che sale verso le porte del paradiso. Il primo della fila è il buon ladrone che si distingue per la croce sulle spalle come descritto dal Vangelo di Nicodemo.

Illustrazioni:

La prima (fig.168) rappresenta un mosaico del monastero di Hosios Lukas in Grecia (XII° secolo). Cristo, in piedi sulle porte infrante degli inferi, trae a sé Adamo ed Eva (in rappresentanza del genere umano); Re Davide e Salomone con le corone in capo guardano la scena. L’Ade è rappresentata da una caverna nera in cui si intravedono dei chiavistelli e degli strumenti di tortura.

La seconda (fig.169) è una icona moscovita del XVI°secolo (oggi conservata nel Museo Statale Russo di S.Pietroburgo); è più complessa con aggiunta la raffigurazione simbolica della lotta fra virtù e vizi. Le virtù sono impersonate dagli angeli raffigurati nella mandorla luminosa di Cristo. Con lance acuminate essi trafiggono i demoni nell`inferno, che impersonano i vizi. Accanto ad angeli e demoni sono scritti i nomi delle virtù e dei vizi. Si sono conservate le seguenti coppie di iscrizioni: rivolta – arrendevolezza, vita – morte, amore – odio, grettezza – ardore, … – corruzione, sapienza – disperazione, umiltà – vanagloria, ragione – irragionevolezza, purezza – oscenità, gioia – afflizione, … – stortura. Oltre ai diavoli, nella zona inferiore dell`icona sono raffigurati gli angeli che legano satana, e i giusti in bianche vesti che attendono la salvezza.

La terza icona (fig.170), è un esempio dell’iconografia più tarda (XVIII° sec.) a cui è stato aggiunta, nella parte superiore, Cristo che risorge dal sepolcro e la teoria di giusti che sale verso il paradiso con in testa il buon ladrone con la croce.

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Ascensione (Gr.”Analepsis”; Rus. “Vosneseniye Gospodne”)

L’episodio dell’ascensione, che la chiesa pone quaranta giorni dopo Pasqua è ricordato dal Vangelo di Luca (24,50):

Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

E molto brevemente da quello di 171 Ascensione (XII°sec.) Duomo di Monreale Sicilia Marco (16,19):

Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano.

Gli Atti degli Apostoli riportano la narrazione più completa (Atti 1,6):

Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: “Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele? ”. Ma egli rispose: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra”. Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n’andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.

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La tradizione vuole che il luogo ove Cristo si staccò da terra e ascese al cielo sotto gli occhi stupiti degli apostoli sia nel punto più alto del monte degli Ulivi, nel luogo chiamato Imbobon, (cioè “altura”) ove si trova l’edificio dell’Ascensione. La festa (che il Vangelo pone quaranta giorni dopo la Resurrezione) alle origini veniva celebrata lo stesso giorno di Pasqua, poi insieme alla Pentecoste e, tra il V° e il VI° secolo, in forma autonoma. La celebrazione della festa sembra sia stata originata ad Antiochia intorno al 380. La presente iconografia si originò nel VI° secolo ed entrò in uso comune in tutta la cristianità prima del IX° secolo, dopo di che non è più cambiata Lo schema iconografico presenta gli Apostoli in piedi intorno alla Madre di Dio che, anche se non è esplicitamente citata presente dai Vangeli, qui rappresenta la chiesa in terra. Maria è al centro della composizione, tra due angeli in vesti bianche che sembrano rimproverare gli apostoli agitati: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”; la Vergine è l’asse che collega la terra al cielo, dove in trono Cristo è assunto tra le potenze angeliche. Spesso sulla sommità del monte è dipinta una pietra rotonda dove la tradizione vuole che Cristo abbia lasciato le sue impronte al momento di elevarsi al cielo. Nelle icone Cristo è 172 Ascensione (XV°sec.) Museo Tretiakov Mosca mostrato ascendere in una gloria di luce dorata, portato su dagli angeli.

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La composizione deriva probabilmente dalle immagini precristiane dell’apoteosi degli imperatori deificati che erano rappresentati rapiti da aquile nel regno degli dei. L`iconografia della festa della Ascensione ha una forte valenza escatologica. La scena non è semplicemente la illustrazione di un episodio storico: gli apostoli radunati intorno alla Vergine Maria simboleggiano la Chiesa che si accomiata da Cristo che ascende al cielo, e ne attende la Seconda Venuta. Il suo simbolo visibile nell`icona è la Madre di Dio, raffigurata nell`atteggiamento della Orante con le mani levate in un antichissimo gesto di preghiera, intercessione e protezione sul mondo. Essa appare 173 Ascensione (XVI°sec.) Museo di Novgorod Russia la protagonista della composizione, sebbene né i vangeli né gli Atti degli apostoli menzionino la presenza della Madre di Dio in questo episodio.

Illustrazioni: La prima (fig.171) rappresenta un mosaico del Duomo di Monreale Sicilia (XII° secolo). Cristo, nel registro superiore è portato in cielo da due angeli. Nel registro inferiore, la Madre di Dio in posizione di orante con le mani levate in preghiera, è affiancata da due angeli in vesti bianche che si rivolgono agli Apostolo (sei per parte) che guardano Cristo ascendere in cielo. E’ da notare, nel gruppo di sinistra, la presenza (insieme a Pietro) anche di Paolo, proprio a identificare nel gruppo la chiesa militante rimasta sulla terra.

176 Iconografia bizantina e postbizantina

La seconda (fig.172) è una icona moscovita del XV°secolo (oggi conservata nel Museo Tretiakov di Mosca). L’iconografia ed il significato escatologico dell’immagine è uguale alla precedente, ma le peculiari caratteristiche, le soluzioni coloristiche e pittorico-plastiche permettono di annoverare l`icona della Ascensione fra le migliori opere della pittura russa dell`inizio del XV°. Anche qui, nonostante il racconto evangelico non li preveda, sono presenti la Vergine e San Paolo a rappresentare la chiesa universale.

La terza icona (fig.173), del XVI° secolo. proviene da Novgorod ed è conservata nel Museo di Novgorod. L’iconografia e i significati simbolici sono gli stessi delle due precedenti icone; qui è stato introdotto però un altro elemento: sulla sommità del monte, sotto i piedi di Cristo che ascende, si vede la pietra tondeggiante dove, secondo la tradizione, Cristo ha lasciato le sue impronte..

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Dormizione della Vergine (Gr.”Koimesis”; Rus. “Ouspenye”)

174 Dormizione (XIII°sec.) Affresco Chiesa di San Kliment Ohrid Macedonia

Già presente nelle prime comunità giudaico-cristiane, la convinzione che il corpo di Maria fosse stato assunto in cielo, era viva a Gerusalemme, dove si indicava nel Getsemani il luogo della sua temporanea deposizione. Qui, in una chiesa fatta erigere alla fine del IV° secolo dall`imperatore Teodosio, attorno all`anno 450, il 15 agosto, si inizia a celebrare un ufficio, che tuttavia non accenna all`Assunzione. Solo all’inizio del VII° secolo un decreto imperiale istituisce al 15 agosto la festa della Dormizione, diffondendola in tutto l`Oriente cristiano. Sotto l`influenza degli apocrifi, ben presto oggetto principale della celebrazione diventa l`ingresso del corpo di Maria nella gloria. In tal senso, la festa dell`Assunzione è introdotta a Roma verso il 650. La Chiesa ortodossa, pur riconoscendo l`Assunzione, non l`elevò mai a dogma, recependo sempre la festività come dormitio. L’unico episodio storico legato alla vicenda è la richiesta, dell’imperatore Marciano (450) successore di Teodosio II° e marito di Santa Pulcheria, a San Giovenale (vescovo di Gerusalemme) della sacra reliquia del corpo della Vergine. Questi rispose che la sua tomba, aperta a suo tempo, era risultata vuota.

178 Iconografia bizantina e postbizantina

I Vangeli canonici non parlano della morte di Maria; che invece è trattata diffusamente in molti scritti apocrifi, che sono quindi la base di tutta l’iconografia che si è sviluppata sull’argomento. Gli studiosi sono concordi nel pensare che i più antichi scritti siano la ‘Dormizione della Beata S.V.Maria di Giovanni il Teologo (Pseudo-San Giovanni Evangelista)’ del IV° secolo e quello dello ‘Pseudo Giuseppe di Arimatea’, posteriore al precedente e che ne differisce per qualche dettaglio.

In tutti e due gli scritti, gli eventi si sviluppano in quattro scene simili: . Annuncio a Maria della prossima morte da parte dell’arcangelo Gabriele: …e mentre pregava accadde che si aprirono i cieli e l’arcangelo Gabriele scese presso di lei e le disse: Ave, o genitrice di Cristo, nostro Dio. La tua preghiera, giunta nei cieli, è stata accolta da Colui che è nato da tè, e tra poco, secondo la tua richiesta, tu lascerai il mondo e andrai nei cieli presso tuo figlio, nella vita autentica, che non ne ha un’altra dopo di sé.(Giovanni T. 3) - . Arrivo miracoloso di tutti gli apostoli, dai loro posti di predicazione al letto della morente trasportati dagli angeli.

E lo Spirito Santo disse agli apostoli: - Salite tutti insieme su delle nubi e dai confini del mondo radunatevi immediatamente nella santa Betlemme per la madre del nostro Signore Gesù Cristo: Pietro da Roma, Paolo da Tiberia, Tommaso dal centro dell’India, 175 Dormizione (XV°sec) Russia Museo Rublev Mosca Giacomo da

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Gerusalemme. ….Andrea, il fratello di Pietro, e Filippo, Luca e Simone il Cananeo e Taddeo, che erano già nel sonno della morte, furono risvegliati dai loro sepolcri dallo Spirito Santo.(Giovanni T. 12,13)

. Affronto dei Giudei al catafalco e miracolo delle mani tagliate:

Ed ecco che, mentre la trasportavano, un ebreo di nome Gefonia (Ruben in Pseudo-Giuseppe), robusto di corpo, si lanciò in avanti, afferrando con le mani il feretro che gli apostoli portavano. Ma ecco un angelo del Signore, con forza invisibile, per mezzo di una spada di fuoco gli tagliò dalle braccia le due mani, e le lasciò pendere per aria ai lati del feretro(Giovanni T. 46).

. Discesa di Cristo e assunzione della Vergine

…E ad un tratto li avvolse una luce dal cielo e, mentre cadevano a terra, il santo corpo fu assunto in cielo dagli angeli. (Pseudo-Giuseppe 16)

Non sempre tutti gli episodi sono inseriti nelle rappresentazioni; anzi l’annuncio di Gabriele a Maria della sua prossima morte è rarissimo e si confonde con l’Annunciazione; l’episodio dell’empio giudeo (Gefonia o Rubens) e dell’angelo che gli taglia le mani, è molto frequente, specialmente dopo il XV°sec., ma qualche volta manca, come qualche volta manca l’episodio degli Apostoli trasportati in 176 Dormizione (XVI°sec.) Monastero Pantocrator Athos volo dagli angeli. Grecia

180 Iconografia bizantina e postbizantina

Qualche volta è inserito un episodio narrato dal Pseudo-Giuseppe d’Arimatea: San Tommaso arriva tardi all’appuntamento, e mentre è trasportato dagli angeli sulle nubi, incrocia Maria che sta già salendo in cielo e che gli lascia la sua cintura; ecco come racconta l’episodio:

Allora il beato Tommaso si mise a raccontare loro che egli stava cantando messa in India (infatti era ancora rivestito degli abiti sacerdotali) quando, senza sapere che era volontà di Dio, venne trasportato sul monte degli Ulivi e vide ascendere in cielo il santissimo corpo della beata Maria e la pregò di dargli la sua benedizione, ed essa esaudì la sua preghiera e gli gettò la fascia, da cui era cinta. E mostrò a tutti quella fascia. (Pseudo- Giuseppe 20)

Questo episodio influenzerà anche la pittura italiana generando la ‘Madonna della Cintola’.

Illustrazioni: La prima immagine (fig.174) rappresenta un affresco parietale del XIII°sec. della Chiesa di St.Kliment a Ohrid in Macedonia. Vi sono gli angeli che trasportano gli Apostoli in volo, gli Apostoli che si stringono intorno al catafalco con Pietro e Paolo alle due estremità (questa posizione rimane immutata in quasi tutte le rappresentazioni). La moltitudine di angeli rappresenta bene il racconto del Pseudo- Giseppe (11) Venuta la domenica, all’ora terza, come lo Spirito Santo discese sopra gli apostoli in una nube, discese pure Cristo con una moltitudine di angeli e accolse l’anima della sua diletta madre. E fu tanto lo splendore di luce e il soave profumo, mentre gli angeli cantavano il Cantico dei Cantici al punto in cui il Signore dice: «Come un giglio tra le spine, tale è la mia amata tra le fanciulle» che tutti quelli che erano là presenti caddero sulla loro faccia come caddero gli apostoli quando Cristo si trasfigurò alla loro presenza sul monte Tabor, e per una intera ora e mezza nessuno fu in grado di alzarsi. In un angolo a destra si vede l’angelo con la spada sguainata che taglia le mani a Gefonia.

La seconda icona (fig.175) del XV°secolo, conservata al Museo Rublev di Mosca proviene dalla cattedrale della Dormizione a Dmitrov, di cui era l`icona patronale. L`edificio in pietra della cattedrale, venne costruito fra il 1509 e il 1533, durante il regno di Jurìj loannovic, fratello di Vasilìj III°. L`icona però venne dipinta probabilmente qualche tempo prima, in relazione alla costruzione o al restauro dell`edificio precedente, la cui data esatta di costruzione ci è ignota.

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L`icona presenta una variante iconografica ricca di particolari: oltre alla Madre di Dio sul letto funebre, circondata dagli apostoli che la piangono e a Cristo che scende dal cielo per accogliere l`anima della Vergine, è raffigurato anche il viaggio degli apostoli sulle nubi fino alla casa di Giovanni. Nella parte superiore della composizione è raffigurata anche l`Assunzione al cielo della Madre di Dio. Al di sopra della Vergine è visibile una semisfera celeste con delle porte socchiuse, e nella parte inferiore dell`icona è rappresentato l`episodio dell`empio Gefonia, cui vengono mozzate le mani per aver tentato di rovesciare il letto funebre della Vergine. Non è escluso che il prototipo dell`icona di Dmitrov, come anche di altre icone patronali russe con questa variante iconografica estesa, fosse l`icona patronale della cattedrale della Dormizione nel Cremlino di Mosca. A differenza della maggior parte delle altre icone, in questa, la Madre di Dio assunta nella gloria, è raffigurata in bianche vesti, assisa su un arcobaleno (e non in trono). Questo raro elemento iconografico ripete l`icona patronale (non conservatasi, ma nota attraverso copie) della cattedrale della Dormizione nel monastero di San Iosif di Volokolamsk, eseguita da Dìonisij intorno al 1484-85. Probabilmente essa risale al Racconto della Dormizione della Vergine (attribuito a Giovanni il Teologo), in cui si menziona più volte la «luce ineffabile» irradiata dalla Madre di Dio assunta in ciclo.

La terza icona (fig.176) è del XVI°sec. ed appartiene al Monastero del Pantocrator dell’Athos in Grecia. Il racconto del Pseudo-Giuseppe è seguito in più punti: La Vergine giace senza vita sul letto funebre, dietro è Cristo circondato da angeli che tiene in mano l’anima di Maria. Sui due lati della Vergine Pietro e Paolo seguiti dagli altri Apostoli e con pie donne e prelati. Di fronte al letto Gefonia cerca di rovesciare il catafalco. In alto San Tommaso riceve la cintura dalla Madonna che ascende al cielo mentre due angeli svolgono una scritta con i versi del Cantico dei Cantici (Ct 2,13): Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!

La quarta icona (fig.177) è un trittico del XIX°secolo che porta sulle ali esterne la scena di Gabriele che fa l’annunzio (della prossima morte o della prossima natività?) e nella parte centrale la Dormizione nella forma iconografica più semplice, è raccontato solo l’episodio principale di Cristo che raccoglie l’anima della Madre con Pietro e Paolo ai capi del letto e gli altri apostoli intorno. Le ali del trittico potrebbero illustrare il passo del Pseudo-Giovanni dove dice:

…e mentre pregava accadde che si aprirono i cieli e l’arcangelo Gabriele scese presso di lei e le disse:….. tu lascerai il mondo e andrai nei cieli presso tuo figlio

182 Iconografia bizantina e postbizantina

177 Annuncio e Dormizione (XIX°sec:) Russia

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Pentecoste (Gr. “Pentekosti”; Rus. “Soshestvie Svyatogo Dukha”)

178 Pentecoste mosaico (XII°sec.) Duomo di Monreale Sicilia

La festa della Pentecoste (dal greco ‘cinquantesimo’), è celebrata cinquanta giorni dopo Pasqua ed è ricordata così dagli Atti degli Apostoli (2,1):

Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi.

La festa della Pentecoste era ed è una importante festa ebraica (Shavuot):

Conterai sette settimane; da quando si metterà la falce nella messe comincerai a contare sette settimane; poi celebrerai la festa delle settimane per il Signore tuo Dio, offrendo nella misura della tua generosità e in ragione di ciò in cui il Signore tuo Dio ti avrà benedetto. (Lv 16,9)

184 Iconografia bizantina e postbizantina

Dopo cinquanta giorni (7 settimane), si svolgeva quindi un importante pellegrinaggio per portare al Tempio le offerte del primo raccolto e questo spiega la presenza a Gerusalemme di tante persone di provenienza e lingue diverse; a cui lo Spirito Santo, attraverso gli Apostoli, permise di intendere, ognuno nel proprio idioma, la Buona Novella.

Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. (Att. 2,5):

179 Pentecoste (XVI°sec.) Monastero di Stravonikita Athos Grecia Raffigurazioni di questo soggetto come simbolo della Chiesa apostolica sono note fin dall`epoca bizantina più antica. Verso il IX° secolo si forma una tipologia iconografica, con gli apostoli seduti a semicerchio su triclini con libri o rotoli fra le mani. Spesso, sotto la raffigurazione degli Apostoli seduti in semicerchio, è presente una prigione sotterranea con un personaggio (‘Cosmos’) vestito in maniera regale: rappresenta l’umanità, il mondo intero che vive nel buio e nel peccato e che tuttavia beneficia del dono dello Spirito Santo. Egli porta, nelle sue braccia, un panno che contiene dei rotoli di pergamena rappresentanti l’insegnamento degli Apostoli. E’ la personificazione del mondo terreno prigioniero in attesa di essere liberato dalla ‘Buona Novella’. A partire dal XVI-XVII° secolo si comincia a raffigurare tra gli apostoli, secondo il modello occidentale, anche la Vergine come simbolo della Chiesa rimasta in terra

Illustrazioni:

La prima (fig.178) rappresenta un mosaico parietale del XII°sec.nel braccio sinistro del transetto del Duomo di Monreale in Sicilia. Gli Apostoli

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sono seduti tutti in semicerchio, mentre lo Spirito Santo come una fontana che zampilla dall’alto, li irradia. Ognuno ha stretto tra le mani un rotolo di pergamena con il messaggio della Buona Novella che dovrà portare per il mondo..

La seconda (fig.179) è una icona del XVI° secolo del Monastero di Stavronikita nell’Athos in Grecia ed è attribuita a Theophanes di Creta (1546). Gli Apostoli sono seduti nel cenacolo in due gruppi di sei per parte con San Pietro e San Paolo al centro. Ogni apostolo ha il suo rotolo di pergamena; solo i quattro Evangelisti e San Paolo hanno tra le mani il libro dei loro scritti. Lo Spirito Santo scende dall’alto sotto forma di lingue di fuoco. Nella caverna sotto i piedi degli Apostoli si vede ‘Cosmos’ (il mondo ancora all’oscuro) che riceve nel drappo i rotoli della Buona Novella. La raffigurazione non è storicamente corretta, poiché comprende nel gruppo del cenacolo anche San Paolo e gli evangelisti Luca e Marco che certamente non potevano essere presenti; ma qui non si vuole rappresentare un evento storico, bensì la nascita della chiesa e la missione che le ha assegnato lo Spirito Santo.

La terza immagine (fig.180) è un’icona russa del XVII° secolo conservata nel Museo di Palazzo Leoni_Montanari a Vicenza. Qui nel cenacolo è rappresentata 180 Pentecoste (XVII°sec.) Russia anche la Vergine orante in Museo di Palazzo Montanari Vicenza rappresentanza della chiesa terrena. Il valore simbolico della figura centrale – la Madre di Dio assisa in trono, simbolo della Chiesa terrena – è accentuato dal fatto che la sua figura rigorosamente frontale, un po` ingrandita, è proiettata in primo piano. Le tradizionali lingue di fuoco della discesa dello Spirito Santo sono sostituite dalla raffigurazione della Trinità neotestamentaria in una semisfera luminosa, circondata di nubi. Il miracolo della discesa dello Spirito Santo è reso dal concitato gesticolare degli apostoli trasfigurati, dalla profusione di luce dorata che si concentra nelle zone superiori dell`icona e fa risaltare i nimbi. 

186 Iconografia bizantina e postbizantina

Esaltazione della Croce (Grec. “Hypsosis”; Rus. “Vozdvizenie Kresta”)

Ricorre il 14 settembre e fa memoria di vari avvenimenti riferiti alla storia della croce di Cristo: l`apparizione della croce all`imperatore Costantino prima della battaglia sul ponte Milvio nel 312 (e quindi la fine delle persecuzioni e la vittoria del cristianesimo), il rinvenimento della croce storica da parte di Elena, madre di Costantino, a Gerusalemme. Al tempo di Costantino vi era sul Golgota un tempio dedicato a Venere fatto costruire dall’imperatore Adriano. Il vescovo di Gerusalemme Macario aveva chiesto all’imperatore Costantino di radere al suolo il tempietto per cercare il sepolcro di Cristo. Dirigeva gli scavi Elena, madre di Costantino, che aveva dato libertà di culto ai cristiani. Nel 326 Elena trovò il Santo Sepolcro e, a poca distanza, i resti dei tre patiboli, chiodi e la scritta della Crocifissione. Per conoscere quale delle tre croci fosse quella di Cristo, il patriarca Macario le fece toccare da una anziana donna morente e, quella che la risanò, fu scelta come la vera Croce. Sul luogo sorse la basilica della Resurrezione (o del Santo Sepolcro), 181 Esaltazione della Croce (XVI°sec) Russia consacrata il 13 settembre Collezione privata del 335. Il giorno seguente venne istituita la festa dell’Esaltazione della Croce, una delle dodici grandi feste del calendario ortodosso.

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182 Esaltazione della Croce (XIX°sec.) Russia Collezione privata L’iconografia dell’Esaltazione della Croce rappresenta il momento in cui il patriarca Macario si porta al centro della chiesa e, aiutato da due diaconi, innalza un centinaio di volte la reliquia della Croce in direzione dei quattro punti cardinali mentre i fedeli ogni volta rispondono “Signore pietà” (Kyrie eleison). In alcune icone sono i santi Costantino ed Elena (che la chiesa bizantina celebra il 21 maggio), a innalzare la Croce. La chiesa costantiniana fu distrutta tre secoli dopo dai persiani del re Cosroe durante una delle tante incursioni contro l’impero. Quando Eraclio divenne imperatore nel 610 dopo aver rovesciato Foca, tutte le provincie intorno a Costantinopoli erano governate dagli avari, persiani e slavi; egli quindi iniziò una serie di campagne contro di essi, ma i persiani nel 613 attaccarono Damasco e l’anno successivo presero Gerusalemme uccidendo 90000 abitanti e lasciando in vita solo gli ebrei che li avevano aiutati a prendere la città. Catturarono il patriarca Zaccaria e portarono in Persia il reliquario della Croce. Questo fatto venne considerato un disastro di grandi proporzioni, poiché la reliquia della ‘Vera Croce’ era considerato il palladio dell’impero.

188 Iconografia bizantina e postbizantina

Per i successivi otto anni Eraclio fu preso dalle campagne contro gli Avari e soltanto nel 622 potè rivolgersi contro i persiani. La guerra durò fino al 626 quando Eraclio sconfisse Consroe liberando il Patriarca Zaccaria e riportando la sacra reliquia prima a Gerusalemme e poi nella più sicura Costantinopoli.. La liturgia della festa da quel momento ha conservato un sapore patriottico con preghiere per i governanti e la patria; infatti il Troparion della festa dice: O Signore, salva il tuo popolo e benedici la tua eredità Dai vittoria sui barbari ai nostri governanti E con la tua Croce proteggi la Tua stessa nazione

Illustrazioni:

La prima icona del XVI° secolo (fig.181) appartiene ad una collezione privata: In alto si vede la Basilica della Resurrezione o del Santo Sepolcro di Gerusalemme; a sinistra l`imperatore Costantino con la madre Santa Elena assistono all’evento del vescovo Macario, che aiutato da due diaconi innalza la Croce ai quattro punti cardinali rappresentati dai quattro gruppi di persone. Classica interpretazione del soggetto dove la basilica "in cui si svolge l`evento è rappresentata sia internamente che esternamente (secondo la prospettiva globale tipica delle icone), dove anche la raffigurazione dei personaggi si mantiene fedele alla maniera caratteristica dell`icone. La seconda (fig. 182) è russa del XIX° secolo e rappresenta la stessa scena della precedente. In basso al centro vi è una scena aggiuntiva che mostra la scoperta delle tre croci.

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Le altre feste della chiesa ortodossa

Oltre alle dodici grandi feste, ve ne sono altre che o sostituiscono o complementano quelle principali.

Trinità del vecchio Testamento o Ospitalità di Abramo (Gr. “Philogenia”; Rus. “Svyetaya Troitsa”)

La festa della Trinità si celebra contemporaneamente alla Pentecoste, e spesso la sostituisce nelle rappresentazioni dei cicli delle festività. L’iconografia deriva dall’episodio narrato nella Genesi dell’apparizione al patriarca Abramo, capostipite del popolo eletto, e a sua moglie Sara presso la loro tenda (casa) nel querceto di Mamre di tre misteriosi personaggi (in seguito chiamati angeli) a predire la nascita del figlio Isacco.

Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: “Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a 183 Ospitalità di Abramo (V°sec.) S.Maria Maggiore prendere un pò di acqua, lavatevi i piedi eRoma accomodatevi sotto l’albero. Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo”.

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Quelli dissero: “Fa pure come hai detto”. Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: “Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce”. All’armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese latte acido e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr’egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.(Genesi 18)

Secondo le interpretazioni tradizionali, nella figura dei tre angeli Abramo ricevette la rivelazione del Dio consustanziale e trino: “Abramo infatti vide con gli occhi del corpo gli angeli e conversò con il Salvatore, ma con gli occhi dello spirito vide la Trinità santissima e consustanziale”, dice san Gregorio Palamas (1296). Il dogma trinitario divenne il fondamento della dottrina cristiana dopo la sua approvazione da parte del secondo Concilio ecumenico (381). Su queste interpretazioni si basa l’iconografia simbolica della Trinità nei sembianti dell’Ospitalità di Abramo, che appare nell’arte paleocristiana fin dal III°-IV° secolo (la troviamo già nelle catacombe di Roma) e prende forma compiuta nell’arte bizantina e russa tra la fine del XIV° e l’inizio del XV° secolo. Nell’iconografia più arcaica, i tre personaggi sono raffigurati di altezza uguale ed allineati, Unificando le dimensioni delle tre figure, e conferendo loro una fisionomia somigliante 184 Ospitalità di Abramo (XV°sec.) Andeij Rubev (talvolta addirittura anche Museo Tretiakov Mosca pose uguali), si accentuava l`aspetto della loro consustanzialità (vedi affreschi catacombali e mosaico di S.Maria Maggiore a Roma); nelle rappresentazioni più tarde invece vengono rappresentati in forma piramidale con il Padre a destra e al centro il Figlio (vedi icona di Rublev). La composizione iconografica principale è composta dai tre personaggi con il bastone dei messaggeri e dei pellegrini, intorno al tavolo dell’ospitalità con nello sfondo la quercia di Mamre, la casa di Abramo ed

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un monte. A questo nucleo iconografico si sommano spesso anche le figure di Abramo e Sara che servono gli ospiti e qualche volta anche le immagini dei servitori che preparano il cibo. L’iconografia dell’Ospitalità di Abramo è carica anche di altri significati simbolici: La tavola a cui siedono gli angeli è una prefigurazione della mensa eucaristica per cui spesso sopra vi sono rappresentati calici e piatti a ricordare il pane e il vino. La casa di Abramo rappresenta la casa del Padre, la 185 Ospitalità di Abramo (XVI°sec.) Russia quercia Pskov Museo Tretiakov Mosca rappresenta il legno della Croce del Figlio e il monte che spesso si vede nello sfondo, rappresenta lo Spirito. L`edificio è segno della Sapienza, dell`economia provvidenziale divina, la quercia è anche l`albero della Vita, simbolo della passione e resurrezione di Cristo. Secondo antiche usanze ebraiche, proprio ai piedi delle querce, ritenute alberi sacri, venivano seppelliti i morti (Gen 35,8) e venivano celebrati sacrifici rituali (Os 4,13). Il monte è un antichissimo simbolo delle altezze, una metafora dell`«elevazione dello spirito», e fa da sfondo ai principali avvenimenti dell`Antico e del Nuovo Testamento. Nella coscienza dell`uomo russo antico l`idea della Trinità era al centro della fede e della vita quotidiana. In nessun altro luogo, né a Bisanzio, né negli altri paesi dell`Oriente cristiano, né in Occidente l`adorazione della Trinità ebbe un carattere così intenso come nella Rus`.

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Fin dall`epoca di Sergio di Radonez la Trinità era concepita come ispiratrice di pace e di amore, dell`unità spirituale del popolo, e nel giorno della sua festa si sospendeva ogni ostilità e si commemoravano i morti, celebrando la fede nella resurrezione universale.

Illustrazioni:

La prima immagine (fig.183) è un mosaico della parete della navata centrale di Santa Maria Maggiore a Roma risalente al V° secolo e fa parte del ciclo di scene dal vecchio Testamento che l’adorna. Il mosaico è diviso in due parti, nella superiore Abramo accoglie i tre pellegrini; in quella inferiore ordina alla moglie di preparare il pranzo e li serve a tavola. La composizione mostra i tre pellegrini assolutamente uguali in dimensione e atteggiamento, come voleva l’iconografia del tempo per marcare l’uguaglianza delle tre persone della Trinità. Solo nella parte superiore una mandorla distingue il Figlio dalle altre due Persone. Nel mosaico non è rispettata la regola aristotelica dell’unità di tempo e luogo, infatti Abramo è mostrato contemporaneamente mentre ordina il pranzo a Sara e mentre serve i divini commensali; da notare lo stile prettamente romano dell’abbigliamento e inoltre la mancanza delle ali, non ancora entrate a far parte del corredo iconografico occidentale. Solo più tardi la caratteristica di rappresentare gli spiriti alati, che è prettamente ebraico- mesopotamica123, entrerà anche nell’iconografia occidentale.

La seconda illustrazione (fig.184) è la famosissima icona dell’Ospitalità di Abramo dipinta da Andreij Rublev per il Monastero della Trinità di Zagorsk (a nord di Mosca) nel 1411 e ora conservata al Museo Tretiakov di Mosca. L`asse della composizione è costituito dal calice che i due Angeli al centro e a sinistra benedicono. I loro gesti permettono di comprendere il complesso simbolismo del quadro. L`Angelo centrale rappresenta il Cristo: in atteggiamento pensoso, con il capo chinato verso sinistra, benedice il calice. Dio Padre è l`Angelo di sinistra. L`Angelo di destra rappresenta la potenza dello Spirito Santo. Gli Angeli, snelli e leggeri, quasi senza peso, sono disposti attorno al tavolo in modo da iscriversi facilmente in un cerchio. Pur restando perfettamente centrato ed equilibrato per quanto riguarda i volumi, il dipinto trae ricchezza e complessità di ritmi dalle molteplici variazioni sul tema del cerchio. Benché i due Angeli laterali siano seduti davanti alla tavola e l`Angelo di mezzo dietro di essa, i tre Angeli sembrano disposti sullo stesso piano- Lo spazio ha una profondità estremamente ridotta e questa profondità è in stretta correlazione con l`altezza e la larghezza del

123 La parola cherubino deriva dalla parola babilonese kerub spirito alato posto a guardia delle porte

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pannello. L`armonia fra le tre dimensioni è completa e rende l`icona di Rublev un`opera d`arte perfetta. E` proprio escludendo il rilievo ed impiegando come soli mezzi espressivi il disegno ed i colori che Rublev riesce a realizzare quel ritmo compositivo bidimensionale, che ha sempre attirato i pittori russi e che conferisce alle loro cornposizioni una cosi ammirevole leggerezza. L`arte di Rublev è caratterizzata da un`assenza quasi totale di ombre. Se il pittore introduce nel suo quadro una macchia scura o un colore più denso, è unicamente per far risaltare la luminosità del colore vicino. A Mosca, al concilio dei Cento Capitoli, nel 1551, la chiesa ortodossa dichiara la Trinità di Rublev modello unico e insuperabile a cui ogni pittore deve fare riferimento per rappresentare il mistero trinitario.

La terza icona (fig.185) del XVII° secolo proveniente dalla città di Pskov è conservata nel museo Tretiakov di Mosca, si rifà allo stile più arcaico: i tre angeli sono tutti uguali ed allineati in pose simili dietro la mensa allestita con tre calici, coltelli e cucchiai; Abramo e Sara, dall’altra parte del tavolo e di dimensioni ridotte, offrono loro da bere. Lo stesso Abramo è rappresentato mentre uccide il vitello grasso per il pranzo. 

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Resurrezione di Lazzaro (Grec. “Anastasis toy Lazaroy”; Rus. “Voskresenie Lazarevo “)

La festa della resurrezione di Lazzaro viene celebrata il sabato precedente la domenica delle Palme. La tomba ove fu sepolto Lazzaro prima di essere resuscitato da Cristo, si trova a Betania, presso l’attuale villaggio arabo di El-‘Azariye, sulle pendici orientali del monte degli Ulivi, a circa tre chilometri da Gerusalemme. La prima 186 Resurrezione di Lazzaro (III°sec.) Catacombe di rappresentazione conosciuta Via Latina Roma della resurrezione di Lazzaro si trova a Roma nelle Catacombe della via Latina e risale al III° secolo. Già nel IV° secolo la pellegrina Egeria racconta la processione che, per la festa della Resurrezione di Lazzaro, il vescovo di Gerusalemme, con i monaci e i fedeli, compiva da Betania alla chiesa della Resurrezione di Gerusalemme. L’iconografia della festa è basata sul passo del Vangelo di Giovanni, unico tra i canonici a ricordare, con dovizia di particolari, l’evento:

Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: “Signore, ecco, il tuo amico è malato”. ….. Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà”. Gesù le disse: “Tuo fratello risusciterà”. Gli rispose Marta: “So che risusciterà nell’ultimo giorno”. Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo? ”Gli rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”. ….

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Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. Disse Gesù: “Togliete la pietra! ”. Gli rispose Marta, la sorella del morto: “Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni”. Le disse Gesù: “Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio? ” Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: “Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato”. E, detto questo, gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori! ” Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: “Scioglietelo e lasciatelo andare”.

I personaggi sono quindi Cristo e gli Apostoli, le sorelle di Lazzaro (Marta e Maria) prostrate ai suoi piedi e il popolo dei giudei che testimoniano del miracoloso evento. La dinamica dell’icona nasce dal gesto imperioso di Cristo che ordina: “Lazzaro vieni fuori”; la mano destra di Cristo è tesa nel richiamare Lazzaro dalla morte, la sinistra impugna il rotolo con l’elenco dei 187 Resurrezione di Lazzaro XII°sec. S,Caterina Sinai debiti dei morti (chirografo), come dice S.Paolo nella Lettera ai Colonnesi

Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l’incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati, annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. (Col 2,14)

Spesso ai personaggi principali se ne aggiungono altri secondari che danno movimento e vivezza alla scena; chi si tura il naso per non sentire l’odore della morte, chi aiuta a aprire la tomba, chi libera Lazzaro 188 Res. Di Lazzaro (XIV°sec.) Monastero di Ipapantis Meteore Grecia 196 Iconografia bizantina e postbizantina

dalle bende. Va notato che Lazzaro è sempre rappresentato con il nimbo dei santi, benché dal Vangelo nulla si sappia della sua vita. Probabilmente questo deriva dal gran numero di leggende che fiorirono nel medioevo su Lazzaro (vedi p. es. la Leggenda Aurea) in cui Lazzaro, fuggito a Cipro, divenne vescovo di Kittim, nominato direttamente dagli apostoli Paolo e Barnaba. Questa presunta derivazione apostolica portò la chiesa di Kittim nel 325 a proclamarsi autocefala da Gerusalemme. Altre leggende medievali (che però non sembra abbiano lasciato traccia nell’iconografia) spediscono Maria, Marta, e Lazzaro in Francia e la tradizione provenzale ritiene Lazzaro essere il primo vescovo di Marsiglia; la cattedrale di Autun, poco distante, è dedicata a Lazaire. Più probabilmente la santità di Lazzaro proviene dalla confusione tra i due personaggi chiamati ambedue Lazzaro; quello resuscitato da Cristo, citato dal vangelo di Giovanni e quello citato da Luca (Lu 16,19)

Un giorno il povero(Lazzaro) morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui……

Ma i due personaggi, a parte il nome, non hanno nulla in comune.

Illustrazioni:

La prima (fig.186) è un affresco del III° secolo proveniente dalle catacombe della via Latina a Roma; si può notare che l’iconografia è già formata; Cristo, è senza barba, vestito della toga romana e giovanissimo.

La seconda (fig.187) è una icona del XII° secolo conservata nel Convento di Santa Caterina nel Sinai; faceva parte del ciclo delle feste di una iconostasi. Anche qui Cristo è nell’atto di dire “Lazzaro vieni fuori”, mentre Marta e Maria, di dimensioni notevolmente minori (a significare la loro piccolezza comparata a Cristo), si prostrano ai suoi piedi. Lazzaro ancora avvolto 189 Res. di Lazzaro (XVII°sec.) scuola Strogonov Museo Russo S.Pietroburgo

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nelle bende e nel sepolcro, ha il nimbo dei santi.

La terza (fig.188) è un affresco del XIV° secolo del monastero di Ipapantis nelle Meteore in Grecia. Cristo con in mano il ‘Chirografo’124 e ai piedi Marta e Maria imploranti, ordina a Lazzaro di uscire. Particolarmente vive sono le scene dei popolani che aiutano a liberare Lazzaro dalle bende mortuarie e si turano il naso.

La quarta immagine (fig.189) è un’icona dipinta nel XVII° secolo dal maestro Michail della scuola degli Stroganov e ora conservata nel Museo Russo di S.Pietroburgo. Nell`icona l`artista congiunge quattro scene legate all`episodio evangelico principale. La composizione sembra svolgersi su diversi piani. La scena culminante, il momento in cui Cristo risuscita l`amico e discepolo morto, Lazzaro, ha dimensioni più grandi delle altre, ed è posta in primo piano. Gli avvenimenti precedenti, l`incontro di Cristo e dei Discepoli dapprima con Marta, poi con entrambe le sorelle, sono raffigurati tra le balze delle rocce e in dimensioni minori, creando cosi un`illusione di profondità spaziale e di lontananza. Il significato di queste scene viene rivelato dalle parole del Salvatore, pronunciate durante l`incontro con Marta: «Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà» (Gv 11,25). Vengono ripetute due volte anche le raffigurazioni dei giudei di Betania, che accompagnano Marta e Maria e assistono al miracolo della resurrezione del morto («perché vedano la forza e la potenza di Dio»). L`inserimento nella composizione di episodi aggiuntivi sviluppa e chiarisce l`idea della resurrezione del morti, presente nella scena fondamentale. Lo sfondo architettonico delle icone di Michail nell`insieme è quello caratteristico della maggior parte degli artisti degli Stroganov. In lui l`architettura raggiunge una particolare levità, mediante un sistema di particolari procedimenti. Gli edifici sono resi con marcata piattezza, le loro coperture si tendono verso l`alto, coronate da torrette o da tetti appuntiti. La levità delle costruzioni è sottolineata dagli innumerevoli vani di porte e finestre, disegnati da contorni neri, allungati in verticale oppure rotondi. I colori sono luminosi, le costruzioni presentano un carattere fiabesco. La casa di Marta e Maria ha una configurazione assolutamente convenzionale, è in primo piano sullo sfondo. Tra le rocce «in secondo piano» appaiono alcune forme architettoniche piccolissime, poco proporzionate alle figure umane.

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124 Chirografo:libro dei debiti dei morti; vedi Glossario

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Le Mirofore al Sepolcro (Grec. “Ai Miroforai”; Rus. “”)

Il soggetto dell’icona si collega all’avvenimento centrale del Vangelo: la Resurrezione di Cristo. Conformemente ai canoni ortodossi, poiché nessun essere umano fu presente all’evento, questo poteva essere raffigurato solo simbolicamente o sotto forma di testimonianza,

190 Mirofore (XII°sec.) Duomo di Monreale Sicilia tanto più che nel Nuovo Testamento non esiste una descrizione diretta della Resurrezione. Spesso nei cicli pittorici che descrivono la Passione di Cristo e le grandi feste della chiesa, le ‘Mirofore al Sepolcro’ sostituiscono la ‘Discesa di Cristo agli Inferi’ per rappresentare la Resurrezione e la Pasqua. I Vangeli narrano estesamente di come, le pie donne (Mirofore o portatrici di Mirra) che si erano recate al Sepolcro per ungerne il corpo secondo la tradizione giudaica, seppero della Resurrezione di Cristo. I racconti dei vangeli canonici sono simili, ma differiscono tra loro in qualche dettaglio; per esempio, mentre in Giovanni vi è solo Maria di Magdala, in Matteo le pie donne sono due (Maria di Magdala e Maria di Giacomo), in Luca sono più di tre (le due precedenti più Giovanna più altre non identificate) e in Marco Giovanna è sostituita da Salomè. L’angelo in bianche vesti, che seduto sulla pietra rotolata dà l’annuncio della resurrezione (Matteo e Marco), è sostituito nel racconto di Luca da due uomini in vesti sfolgoranti e in Giovanni da due angeli in bianche vesti.. Dice Matteo: Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare il sepolcro.

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Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite. Ma l’angelo disse alle donne: “Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto”. Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annunzio ai suoi discepoli. Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: “Salute a voi”. Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono. Allora 191 Mirofore (XIV°sec) Codice Miniato Monastero di Tatev Gesù disse loro: Armenia “Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno” (Mt 28,1-7). Dice Giovanni: Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto! ”. Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per

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primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa. Maria invece stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi? ”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù (Gv 20,1) Racconta Marco: Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salomè comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: “Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro? ”. Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande. Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”. Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura. Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demòni. Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere. (Mc 16,1- 10) Racconto di Luca: Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno”. Ed esse si ricordarono delle sue parole. E, tornate dal sepolcro,

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annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli. Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse. Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l’accaduto.(Lc 24,1-10)

192 Mirofore (XVI°sec.) Theophanes di Creta Monastero di Stavronikita Athos

L’iconografia mutuata dai passi evangelici è quindi composta dal gruppo delle mirofore (in numero variabile), dal sepolcro vuoto con al suo interno il sudario, da uno o due angeli, generalmente in vesti bianche, seduti in prossimità della tomba; qualche volta sono anche rappresentati i soldati di guardia addormentati “Ed essi (i sommi sacerdoti) andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia”(Mt 27,66). Spesso, vicino alla scena delle mirofore, è anche rappresentato Cristo che si rivela a Maria Maddalena e Maria di Giacomo come raccontato nel Vangelo di Matteo: “Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: “Salute a voi”. Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono” Le raffigurazioni del lieto annuncio dell’angelo alle mirofore erano già largamente diffuse nell’arte paleocristiana. Nel XI-XII° secolo, man mano che si formava un ciclo dettagliato della Passione, questo soggetto acquistò uno schema iconografico stabile. A partire dal XV° secolo il soggetto dell’Apparizione dell’angelo alle mirofore entra a far parte

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dell’ordine festivo dell’iconostasi (l’esempio più antico e dato dall’iconostasi della cattedrale della Trinità nel monastero della Trinità di San Sergio, del 1425-1427).

Illustrazioni: La prima (fig.190) è un mosaico del XII° secolo del braccio destro del transetto del Duomo di Monreale in Sicilia. Il racconto non segue un vangelo specifico poiché la prima scena mostra tre donne (Maria di Magdala, Maria di Giacomo e probabilmente la Salomè del vangelo di Marco) che vengono ricevute da un angelo in bianche vesti seduto accanto al sepolcro vuoto curiosamente posto in verticale per far vedere nell’interno il sudario. Ai suoi piedi i soldati sono addormentati. La scena seguente mostra Cristo che si rivela a Maria di Magdala e Maria di Giacomo come descritto nel vangelo di Matteo: “Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: “Salute a voi”. Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono”.(Mt 28,9) La seconda illustrazione (fig.191) è una pagina di un evangelario miniato armeno del XIV°secolo conservato nel monastero di Tatev; anche in questo caso l’iconografia non segue un vangelo specifico; infatti le donne sono due e si vedono i soldati addormentati sotto il sepolcro come nel vangelo di Matteo, ma gli angeli sono due come nel vangelo di Giovanni e Marco.

La terza (fig.192) mostra due famose icone del registro delle feste dell’iconostasi del monastero di Stavronikita nell’Athos. Esse furono dipinte da Theophanes di Creta nel 1546. Qui l’iconografia è strettamente legata al racconto evangelico di Matteo. L’angelo, vestito di bianco, siede sulla pesante pietra che sigillava la tomba e indica il sarcofago vuoto con il sudario. A sinistra sono due donne con i 193 Mirofore (XIX°sec.) Russia Museo Montanari Vicenza

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contenitori della mirra, che ora allarmate dalla vista dell’angelo si stringono l’un l’altra. L’immagine successiva mostra l’imponente figura del Cristo su una collina verde mentre stende le braccia nella benedizione. I segni dei chiodi sono visibili sulle mani e sui piedi e il suo petto è segnato dal colpo di lancia. E’ fiancheggiato dalle stesse due donne dell’icona precedente. Le iscrizioni indicano nella donna di sinistra la Vergine, invece che Maria di Giacomo come nel Vangelo, e in quella di destra, Maria di Magdala.

La quarta (fig.193) è un’icona russa del XIX° secolo conservata nel museo di Palazzo Montanari a Vicenza. Un elemento iconografico insolito è la raffigurazione di un gran numero di donne mirofore, tra cui anche la Madre del Signore, ritta proprio accanto al sepolcro senza il vaso di unguento, con le mani atteggiate in un gesto di preghiera come nella Deesis. La sua presenza non è menzionata da alcuno degli Evangelisti. Bisogna quindi concludere che l`iconografo utilizza contemporaneamente più fonti evangeliche, da cui trae gli elementi per esprimere in modo più sostanziale il proprio intento. L`angelo è seduto sulla pietra rotolata via dal sepolcro e indica con la mano il sudario abbandonato. Indossa vesti bianche, sfolgoranti, le ali sollevate testimoniano la subitaneità della sua apparizione, i contorni del sarcofago di marmo sono disposto in diagonale. È interessante che l`angelo non abbia tra le mani la tradizionale verga da pellegrino, ma una grande croce color cinabro, che ricorda la crocifissione. Una peculiarità iconografica dell`icona è data anche dall`assenza dei soldati addormentati, che custodiscono l`ingresso al sepolcro. In secondo piano è raffigurata l`apparizione di Cristo risorto a Maria di Magdala, che, secondo il Vangelo di Marco, fu la prima testimone del miracolo (Mc 16, 9). Questa scena viene inserita nella composizione delle Donne mirofore a partire dal XVI° secolo. Tra gli elementi rari va citata la raffigurazione di Dio Sabaoth benedicente, circonfuso da un soffice alone di nubi, da collegare probabilmente all`epoca barocca. Lo spirito barocco dell’epoca è reso dagli elementi architettonici del sarcofago di marmo, dalla pietra del sepolcro, su cui siede l’angelo, insolitamente legata e marcata con i sigilli.

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Protezione della Madre di Dio o di Pokrov (Grec. “”; Rus. “Pokrov”)

La raffigurazione della “Protezione della Madre di Dio o Pokrov”, molto diffusa nell`arte russa, unisce in sé il tema dell`intercessione della Vergine in favore dei credenti e quello della forza taumaturgica del manto (maphorion), cioè del velo che la ricopre. La parola russa «Pokrov» con cui viene chiamata la festa ha infatti il doppio significato di «mantello o sudario» e di «intercessione o protezione» ed è una delle festività più sentite in Russia. In occasione di questa festa (14 Ottobre secondo il calendario gregoriano o 1 ottobre secondo quello giuliano) i Russi esprimono la propria fiducia nella protezione della Vergine. Le fonti letterarie della festa e dell`iconografia si trovano nei Minei (libri contenenti i testi per ogni giorno del mese). L’iconografia si rifà alla Vita di Adrea “folle per Cristo” (databile fra il IX° e il X° secolo): mentre Costantinopoli era stretta d`assedio dai saraceni, durante la funzione del mattutino (verso le 4 del mattino) a sant`Andrea e al 194 Pokrov (XV°sec.) Museo di Suzdal Russia suo discepolo Epifanio apparve la Madre di Dio, che usciva dalle Porte regali, seguita da un corteo di santi in bianche vesti. Giunta all`ambone, la Regina celeste si inginocchiò e, in lacrime, pregò per il popolo lì riunito; quindi si tolse il “velo sfolgorante similmente alla folgore, grande e tremendo”, e lo stese sugli astanti. Sulla creazione di tale composizione iconografica influì probabilmente un rito che si compiva quotidianamente nella chiesa delle Blacherne a Costantinopoli, durante il quale si alzava la cortina che copriva l`icona della Madre di Dio. Questo rito era noto ai pellegrini russi già nel XII° secolo. Nonostante l`origine bizantina di questo soggetto, la festa della Protezione non è nota alla chiesa greca. Nella Rus` la festa della

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Protezione venne fissata verso il 1160, ai tempi del principe di Vladimir, Andrej Bogoljubskij. Benché Romano il Melode sia vissuto molto prima della visione di Andrea il Folle, la sua raffigurazione viene spesso inclusa nell`icona della Protezione della Vergine, in quanto questa festa e la commemorazione di Romano cadono lo stesso giorno (1 ottobre). Romano nacque a Emesa in Siria e si trasferì a Costantinopoli ai tempi dell’imperatore Anastasio I° (491-518) dove ufficiò come diacono nella chiesa delle Blacherne. La legenda vuole che fosse stonato e che volendo cantare per onorare la Vergine, la pregasse intensamente. Una notte essa gli apparve in sogno ordinandogli di ingoiare un papiro che Essa stessa gli diede. Al risveglio (era Natale), salì sul pulpito della chiesa e compose e cantò con voce melodiosa (da qui il titolo di Melode), un famoso inno sulla natività. Nella sua vita compose più di 8000 inni o kontakia tra cui il famosissimo Akathistos (da cantarsi in piedi) dedicato alla Vergine. Le più antiche raffigurazioni della Protezione conservatesi risalgono al XIII° secolo, sulle formelle del portale della cattedrale 195 Pokrov (XV°sec. Novgorod) Museo Montanari di Suzdal` (1230-1233 circa). Nella Vicenza seconda metà del XIV° secolo si formano diverse varianti di questa iconografia. Il tipo cosiddetto “di Suzdal`” si differenzia poiché è la Madre di Dio stessa a stendere il velo, secondo la descrizione della visione di Andrea “folle per Cristo”, mentre nella variante “di Novgorod” sono due angeli. La scena è divisa in due parti, quella celeste in alto mostra, sullo sfondo di una grande chiesa (le Blacherne), la Madonna con il corteo di santi mentre stende il velo protettore sulla città. In basso la scena terrestre; al centro appare Romano sull’ambone che svolge un rotolo con un suo canto (generalmente l’Akathistos), con alla sua destra l’imperatore Leone il saggio con l’imperatrice Santa Teofania o la seconda moglie Zoe e il patriarca Tarasio (tutti personaggi del VI°sec.); alla sua sinistra Andrea il folle mentre mostra al suo discepolo Epifanio la visione. Spesso in basso a sinistra, in una immagine secondaria, la Vergine appare in sogno a Romano.

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La “Protezione” e raffigurazioni analoghe ricordano il Paradiso, la beatitudine futura dei credenti che si realizzerà con la Seconda venuta: si collegano quindi ai sentimenti escatologici che si intensificano in modo straordinario nella Rus` con l`approssimarsi del 1492, l`anno 6000 dalla creazione del mondo secondo il calendario ortodosso. L`idea della protezione della Madre di Dio sulla Russia divenne di particolare attualità nella seconda metà del XVI° secolo quando lo zar Ivan IV° intraprese varie 196 Pokrov (XVI°sec. Carelia) campagne militari Museo Etnografico della Carelia Russia volte ad ampliare i confini della Rus` Moscovita. Dopo la campagna contro Kazan`, sulla piazza Rossa di Mosca fu costruita una chiesa in onore della Protezione della Madre di Dio, più nota come chiesa di San Basilio. In tal modo, questo concetto così «sentito» della Protezione della Vergine trovò anche una traduzione pittorica e architettonica. In Russia la festa di Pokrov è anche piena di significati popolari: prima di questo giorno tutti i lavori agricoli devono essere completati. Vi è un proverbio russo che dice: «Autunno al mattino e Inverno la sera» e ancora «A Pokrov prima del pranzo è Autunno e dopo pranzo è Inverno» . A Pokrov, la gente comincia a preparare la casa per l’inverno; una credenza popolare dice che se si brucia un albero di melo a Pokrov, la casa rimarrà calda tutto l’inverno. La gente guarda attentamente il tempo durante la festa di Pokrov; se è freddo e nevica, si crede che tutto l’inverno sarà rigido; se il vento soffia da sud, sarà invece caldo e se soffia da ovest, sarà nevoso. La festa di Pokrov è anche ricca di tradizioni riguardanti il

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matrimonio: la mattina della festa le ragazze corrono in chiesa ad accendere una candela di fronte all’icona della Madonna dell’Intercessione poiché si crede che chi accende la candela prima, si sposerà prima.

Illustrazioni:

La prima (fig.194) è una icona del XV° secolo proveniente da! Monastero della Protezione della Vergine a Suzdal` in Russia. Alle spalle della Vergine, che stende il suo velo protettore, c`è uno sfondo architettonico che dà una rappresentazione stilizzata della chiesa delle Blacheme (a forma di basilica con una torre), e del palazzo imperiale. Ai lati della Madre di Dio sono raffigurati due gruppi di angeli (nel gruppo di destra ci sono anche Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, che secondo la tradizione erano apparsi alle Blacheme insieme alla Vergine). In basso al centro, sull`ambone, è rappresentato il celebre innografo bizantino del VI° secolo, Romano il Melode, con un rotolo svolto. Il culto di Romano il Melode, autore di innumerevoli inni in onore della 197 Pokrov (XVIII°sec. Russia) Madre di Dio, era strettamente Museo Montanari Vicenza legato al culto mariano, e la sua memoria nel calendario liturgico ricorreva nello stesso giorno della festa della Protezione, il 1° ottobre. Sul rotolo di Romano è riportato il testo del suo celebre kontakion «Oggi la Vergine genera Colui che è al di sopra. Di ogni essenza…». Dietro l`ambone nella parte inferiore dell`icona sono raffigurati gli oranti. A destra sono rappresentati i testimoni del miracolo, Andrea «folle per Cristo» e il discepolo Epifanio, a sinistra le figure stilizzate dell`imperatore, vescovi, un diacono e un monaco. La seconda (fig.195) è un’icona dello stesso periodo della precedente, ma dipinta nella regione di Novgorod in Russia. Secondo l’iconografia caratteristica di questa regione, il manto è steso da due angeli al disopra della Vergine. In questa icona gli oranti nella chiesa delle Blacherne sono disposti su due file. In alto, nel medesimo registro della Vergine, vediamo gli apostoli, Giovanni Battista (sul suo rotolo appare il testo: “Pentitevi,

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poiché è vicino il Regno dei Cieli”) e all`estrema sinistra san Nicola di Myra. In basso al centro, sull`ambone, è raffigurato l`arcidiacono Romano l`Innografo (detto il “Melode”), come fosse il diacono durante la liturgia. Sul suo rotolo è riportato il testo del kontakion, inno liturgico di sua composizione: “La Vergine ora è presente in chiesa con le schiere dei santi”. Al suo fianco, oltre ai personaggi tradizionalmente presenti al miracolo della “Protezione” (il patriarca, l`imperatore e a destra Andrea “folle per Cristo”, che indica il miracolo a Epifanio), sono collocati martiri (tra cui si intravedono le figure di san Demetrio, Giorgio, Teodoro, e forse Eustachio) e santi monaci. È interessante notare che le figure hanno dimensioni un po` diverse e che Romano è molto più grande, ad esempio, dei santi monaci, motivo per cui sembra più vicino.

La terza illustrazione (fig.196) è un’icona del XVI° secolo proveniente dal Nord della Russia, la Carelia e segue l’iconografia di Novgorod con gli angeli che stendono il manto. Proveniente dalla chiesa della Protezione della Madre di Dio nel villaggio di Kizi, di cui era l`icona patronale, l`opera è stata acquisita dal Museo Etnografico Statale della Carelia nel 1963. Al centro del registro inferiore dell`icona è raffigurato Romano il Melode, e alla sua sinistra l`imperatore Leone con la corte e il patriarca Tarasio. La Vergine è separata dagli altri personaggi mediante una cesura spaziale che conferisce particolare rilievo alla sua figura. Un ruolo importantissimo è attribuito al tempio coronato da numerose cupole e decorato da elaborate coperture policrome. Evidentemente, qui l`effigie del tempio riveste un particolare valore simbolico: è la personificazione del popolo ortodosso di cui la Vergine giunge in difesa. Si noti che qui è rappresentata proprio una cattedrale ortodossa russa, e nella folla dei cortigiani vediamo personaggi nelle vesti nazionali russe, cioè avvolti in pellicce con maniche lunghe fino quasi a toccare terra. La quarta icona (fig.197) segue l’iconografia di Suzdal con la Vergine che stende il “velo sfolgorante similmente alla folgore, grande e tremendo”, sugli astanti. Secondo la descrizione della visione di Andrea “folle per Cristo”. Nella zona inferiore della composizione, sull`ambone, viene raffigurato Romano il Melode, che presta servizio presso la Grande Chiesa di Costantinopoli, circondato da monaci, diaconi e cantori. Un elemento iconografico raro è il rotolo in mano alla Madre di Dio, con il testo della sua preghiera di intercessione a favore del genere umano: “Re celeste, accogli ogni uomo che Ti da lode e invoca il Tuo nome, e in ogni luogo e ovunque è desta la memoria del Tuo nome… benedici codesto luogo…”. Il testo è la chiave di comprensione dell`icona: l`idea della benedizione della Madre di Dio, abitata dal Logos, si estende alla chiesa, “luogo in cui è desta la memoria del nome” del Signore. Raffigurata nella zona superiore, la Trinità neotestamentaria risponde alla preghiera della Madre di Dio con il gesto di Cristo, nei sembianti

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dell`”Antico dei Giorni”125, e dell`Emmanuele, che impartiscono la benedizione episcopale a due braccia.. Ai lati della Madre di Dio, su quattro registri, sono rappresentate le schiere degli arcangeli, dei martiri e delle vergini, dei profeti, dei monaci, dei vescovi e degli apostoli, guidati da san Giovanni Battista e dall`apostolo Paolo. In basso, centralmente, sullo sfondo delle Porte regali, è raffigurato Romano il Melode sull`ambone che tiene in mano un rotolo, nel cui testo è racchiuso il significato dell`evento: “Oggi la Madre di Dio è presente nella chiesa e le schiere dei santi invisibilmente per noi pregano Iddio, gli angeli e i santi si prostrano”. Tutti sono intenti ad ascoltare Romano: il patriarca, l`imperatore e l`imperatrice (sul bordo sinistro dell`icona accanto alle figure sono leggibili i loro nomi “Imperatore Leone” e “Imperatrice Teofane”) e tutto il clero. A destra sono raffigurati Andrea “folle per Cristo”, che indica a Epifanio il prodigio delle Blacherne, e la scena della Madre di Dio che appare in sogno a Romano e gli concede il dono del canto. 

125 Vedi glossario: Antico dei Giorni

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Il Ciclo della Passione

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In copertina: Cristo condotto alla Croce XVI° sec. affresco Monastero di San Nicola Anapafsa Meteore Grecia

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Introduzione

Il ciclo della Passione comprende gli avvenimenti relativi alla Settimana Santa. Con questo ciclo sono state realizzate decorazioni ad affresco o a mosaico di chiese in Italia, nei Balcani e in Russia. Si conoscono anche icone che raffigurano singoli episodi o multipartite con più episodi dello stesso ciclo. Generalmente il “Ciclo della Passione” comprende: “Lavanda dei piedi”, “Ultima Cena”, “Agonia nell’orto degli ulivi”, “Tradimento di Giuda”, “Giudizio di Pilato”, “Cristo Deriso nel pretorio”, “Salita al Calvario”, “Crocifissione”, “Deposizione dalla Croce” ed era posto in cima all’Iconostasi in un posto chiamato “Golgota” intorno alla grande Croce bizantina, mentre l’Ultima Cena era posta di norma sopra la Porta Santa. A parte la Crocifissione, che ha una iconografia abbastanza consolidata, le altre sono ispirate liberamente ai racconti evangelici. Anche la scelta degli episodi rappresentati, non sempre sono tutti quelli citati, ma spesso la loro scelta dipende dall’artista e dal gusto del committente. Questo forse è causato dal fatto che la liturgia ortodossa non prevede una “Via Crucis” consolidata in 14 stazioni come nella chiesa occidentale.

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Lavanda dei piedi (Gr. “ho nipter”; Rus. “Umovenie Nog”)

In molti passi la Bibbia mostra che la lavanda dei piedi era il primo atto che si faceva entrando nella tenda o in casa di qualcuno dopo un viaggio. Gli orientali calzavano solo sandali e questo lavaggio era sia rinfrescante che necessario per la pulizia. Generalmente l’ospite forniva solo l’acqua e il visitatore si lavava i propri piedi, ma nelle case più ricche il lavaggio era fatto da uno schiavo ed era considerato il più basso dei servizi. “Ecco, la tua schiava sarà come una schiava per lavare i piedi ai servi del mio signore” (1 Samuele 25:41).

L’episodio di Cristo che lava i piedi agli Apostoli è raccontato solo dal Vangelo di Giovanni, ma ha avuto un impatto emotivo enorme nell’arte sacra non solo dell’Oriente ma anche dell’Occidente, basta ricordare Giotto, Duccio, 198 Lavanda dei Piedi (XI°sec.) Mosaico Monastero Hosios Lukas Grecia Tintoretto e molti altri.

Gesù… si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: “Signore, tu lavi i piedi a me? ”Rispose Gesù: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo”. Gli disse Simon Pietro: “Non mi laverai mai i piedi! (Giovanni 13,1)

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La lavanda dei piedi appare, con qualche dettaglio di differenza, sia nei grandi cicli musivi che negli affreschi e manoscritti di periodo bizantino. Cristo è mostrato nell’atto di asciugare i piedi di Pietro, ma vi sono esempi in cui Cristo è mostrato mentre parla e Pietro ha uno o due piedi nell’acqua. I primi esempi risalgono alla seconda metà del VI°secolo con la scena solita di Cristo che ammaestra Pietro con i piedi nella bacinella (come nell’Evangelario di Rossano). L’evento evangelico è ricordato dalla chiesa nel Giovedì prima di Pasqua.

Illustrazioni: 199 Lavanda dei Piedi (XVI°sec.) Monastero di Dionisio Athos La prima immagine Grecia (fig.198) è un mosaico del XI° secolo proveniente da! Nartece del monastero di Hosios Lukas in Grecia. La iconografia segue fedelmente il vangelo di Giovanni e ritrae Cristo, circondato dagli Apostoli, che si accinge ad asciugare i piedi di Pietro. Pietro indica la testa per ricordare il passo:

Cristo disse:“Se non ti laverò, non avrai parte con me”. Gli disse Simon Pietro: “Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo! ”(Giovanni 13,9).

Gli Apostoli rappresentati sono dodici e quindi anche Giuda che però non si distingue dagli altri.

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La seconda illustrazione (fig.199) è un affresco del XVI° secolo del Monastero di Dionisio nell’Athos in Grecia. La scena si riferisce ad un istante prima del precedente episodio; Cristo, prima di asciugare i piedi a Pietro, lo ammonisce che se non sarà mondo non potrà avere parte con lui e Pietro risponde con la frase …”non solo i piedi ma anche le mani e il capo”. Qui Giuda è chiaramente identificato mentre conversa con un diavolo.

200 Lavanda dei Piedi (XV°sec.) Tempera La terza Museo statale di S.Pietroburgo illustrazione (fig.200) è una icona del museo statale di San Pietroburgo e ritrae la stessa scena, allo stesso istante della prima illustrazione. Nella parte in basso una fila di Apostoli si sta preparando al lavaggio dei piedi, nella parte sinistra Cristo asciuga i piedi di Pietro che indica la sua testa. Nella parte alta quattro Apostoli discutono tra loro dell’avvenimento. Giuda è quello a destra con la faccia girata come se non volesse assistere all’evento.

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216 Iconografia bizantina e postbizantina

Ultima Cena (Gr. “Mystikos Deipnos”; Rus. “Tainaja Vecera”

L`Ultima cena di Cristo con i discepoli, narrata da tutti i Vangeli, viene commemorata alla vigilia della Pasqua, durante la liturgia del Giovedì santo. Dice Matteo: Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici. Mentre mangiavano disse: “In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà”. Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: “Sono forse io, Signore? ”(Matteo 26,20). Dice Marco: Venuta la sera, egli giunse con i Dodici. Ora, mentre erano a mensa e mangiavano, Gesù disse: “In verità vi dico, uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà”. Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l’altro: “Sono forse io? ”.(Marco 14,20) Dice Luca: Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio”. (Luca 22,14) Dice Giovanni: Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: “In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà”. I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: “Dì, chi è colui a cui si riferisce? ”. Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: “Signore, chi è? ”.(Giovanni 13,21)

201 Ultima Cena (III°Sec.) Affresco Catacombe di San Pietro e Marcellino Roma

217

For.D

Raffigurazioni dell`Ultima cena sono già note nell`arte paleocristiana ed in quella bizantina, infatti, ebbero una ampia diffusione nel periodo post iconoclastico. Il numero delle icone con questo soggetto nell`arte russa antica crebbe notevolmente a partire dal XV° secolo, quando l`iconostasi prese la sua forma definitiva e le immagini delle feste, che prima trovavano posto solamente negli affreschi, vennero inserite nell`ordine festivo dell`iconostasi e l’icona dell’Ultima Cena trovò il suo posto al di sopra della “Porta Santa”.

202 Ultima Cena (VI°sec.) Mosaico S.Apollinare Nuovo Ravenna

L’iconografia, nelle rappresentazioni paleocristiane, era simbolica; l’evento era ricordato sotto forma di Agape eucaristica con al centro Cristo sotto forma di pesce. Nulla si è conservato di questa primitiva iconografia simbolica nelle successive raffigurazioni dell`”Ultima Cena” di cui conosciamo due tipologie principali: una simmetrica che presenta Cristo al centro della composizione, una asimmetrica in cui Gesù è seduto a un`estremità della tavola. La tipologia più antica è quella asimmetrica (mosaico di Sant`Apollinare Nuovo, miniatura dell’Evangelario di Rossano, ecc.). La tipologia simmetrica, si diffuse nell`arte bizantina e slava meridionale alla fine del XIII° secolo ed è ampiamente documentata negli affreschi di Bulgaria, Serbia. Macedonia della prima metà del XIV° secolo. Cristo è raffigurato al centro della composizione; l`artista lo evidenzia non solo con le dimensioni lievemente maggiori ma anche con il nimbo crocifero con le lettere greche “OΏN” inscritte sulle braccia della croce. La scena raffigura il momento drammatico del racconto evangelico, quando Gesù annuncia il tradimento di uno dei discepoli:

218 Iconografia bizantina e postbizantina

203 Ultima Cena (XIII°sec.) Affresco S.Clemente Ohrid Macedonia

…egli rispose: “Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell`uomo se ne va, com`è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell`uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell`uomo se non fosse mai nato! “. Giuda, il traditore, disse: “Rabbì, sono forse io? “. Gli rispose: “Tu l`hai detto”.

L`iconografia è fedele al testo. Gesù protende la mano verso il piatto con il pane, lo stesso gesto fa anche Giuda raffigurato senza un`aureola e spesso con un sacchetto contenente i trenta denari stretto nel pugno. Gli apostoli sono disposti intorno alla tavola, seduti sulle panche, alzano la mano in gesto di stupore e si guardano increduli. Lo sfondo architettonico dell`icona indica il luogo dove si svolge la scena, il cenacolo di Gerusalemme. Tra le opere russe conservate, la più antica raffigurazione di questo tipo è costituita da una delle scene dell`icona ‘Vita terrena di Cristo’ (Scene evangeliche) della prima metà del XV° secolo, custodita nel Museo di Novgorod o anche l’icona dello stesso periodo conservata al Museo di Kiev in 204 Ultima Cena (XV°sec.) Tempera Museo di Kiev Ucraina 219

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Ucraina.

Illustrazioni:

La prima (fig.201) è un affresco del III° secolo proveniente da!la Cripta di Gaudenzio delle Catacombe di San Pietro e Marcellino a Roma e descrive l’evento in maniera simbolica con Cristo nelle sembianze di un pesce nel piatto al centro di una Agape eucaristica. Questa iconografia è abbastanza frequente nelle catacombe romane (Catacombe di Callisto, Priscilla, San Pietro e Marcellino etc.): Il motivo del Cristo rappresentato in maniera simbolica (fig.202) come un pesce è presente anche nel mosaico di San Apollinare Nuovo a Ravenna del VI° secolo, ma qui Cristo è anche presente come persona fisica al capo sinistro del tavolo con gli Apostoli allineati dietro e San Pietro che sembra chiedere a Gesù chi sia il traditore. La terza illustrazione (fig.203) rappresenta un affresco del XIII° secolo della Chiesa di San Clemente a Ohrid in Macedonia. Qui la iconografia è ormai completamente formata; Cristo è in posizione simmetrica rispetto agli Apostoli e la rappresentazione si è spostata dal momento in cui egli dice “uno di voi mi tradirà” al momento in cui il traditore si rivela: “Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà”. Dal tavolo è sparito ogni riferimento simbolico e sono rimasti i pani e i calici di vino del racconto evangelico. San Giovanni poggia la testa sul petto di Cristo, mentre Giuda, senza nimbo, si protende verso il piatto al centro del tavolo. La quarta (fig.204) è una icona, considerata una delle più antiche rimasta di questo soggetto, proveniente dal nord della Russia e oggi conservata al museo di Arte russa di Kiev in Ucraina. La scena è iconograficamente simile alla precedente. I personaggi sono estremamente stilizzati, i gesti sobri, i movimenti lenti; le colline e gli edifici dei paesaggi sono indicati come semplici volumi.

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220 Iconografia bizantina e postbizantina

La Comunione degli Apostoli (Gr.; Rus.”Eucharistija””

205 Comunione degli Apostoli (XIII°sec.) Chiesa di SanClemente Ohrid Macedonia L`altro tema importante legato al racconto evangelico e alla liturgia del Giovedì santo è quello della fondazione del sacerdozio cristiano e dell`istituzione dell`eucaristia. Durante l`Ultima Cena, quando Cristo diede agli Apostoli il pane e il vino, Egli istituì il sacramento dell’Eucarestia. Scrive Matteo (26, 26-29):

“Ora, mentre essi mangiavano. Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo”. Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell`alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati. Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”.

206 Comunione degli Apostoli (VI°sec.) Pisside Bisanzio

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San Luca: Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi”.(Luca 22,19)

San Marco: Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti.(Marco 14,22)

207 Comunione degli Apostoli (XIV°sec.) Monastero di Chilandari Athos Grecia

Come spesso accade nelle rappresentazioni dell’antichità, i due momenti di un evento vengono spesso rappresentati insieme come due fotogrammi successivi. Così l’iconografia della Comunione degli Apostoli è sempre rappresentata, fin dall’origine, come due scene successive; nella prima Cristo rivolto verso sinistra distribuisce il pane a un gruppo di sei Apostoli capitanati da Pietro e nella successiva, rivolto verso destra dà il vino ad un altro gruppo di sei guidato da Giovanni. Solo in qualche raro

222 Iconografia bizantina e postbizantina

esempio Cristo è rappresentato mentre distribuisce ai due gruppi di Apostoli il pane con la mano destra e il vino con la sinistra. Tra le altre piccole varianti all’iconografia fin qui presentata, vi è qualche volta la presenza, accanto a Cristo, di due angeli, uno per parte, con un ventaglio liturgico in mano; spesso il ciborio che ospita le due figure di Cristo è unico e di forma triangolare, altre volte è doppio. La Comunione degli Apostoli, non è molto comune nelle icone; spesso si trova divisa in due tavole, con Cristo che distribuisce il pane in una e Cristo che distribuisce il vino nell’altra. Spesso queste icone ornavano le due lunette della porta santa dell’iconostasi.

Illustrazioni:

La prima illustrazione (fig.205) è un affresco del XIII° secolo della chiesa di San Clemente a Ohrid in Macedonia. L’affresco, dipinto nel 1295 segna l’abbandono dello stile idealizzato del periodo della dinastia dei Commeni126 per l’arte più realistica della Dinastia dei Paleologi. L’iconografia è quella classica; sotto un ciborio triangolare, le due figure di Cristo distribuiscono il pane e il vino ai due gruppi di Apostoli mentre due angeli, con ventagli liturgici assistono alla cerimonia. L’opera è stata dipinta da Mihail e Eutihije nel più vigoroso stile del rinascimento paleologo.

La seconda illustrazione (fig.206) è una pisside in argento del VI° secolo proveniente da Costantinopoli ed è uno dei più antichi esempi di questa iconografia che ci 208 Comunione degli Apostoli (XV°sec.) Mosca sia rimasto. Russia

La terza (fig.207) è un arredo liturgico ricamato in oro del XIV° secolo proveniente dal Monastero di Chilandari dell’Athos in Grecia;. Cristo, in posizione frontale, sotto il ciborio, con le sue mani stese, offre il pane e il vino ai due gruppi di Apostoli. Dietro due angeli reggono i due ventagli liturgici. L’altare è coperto da una tovaglia ricamata con delle croci. Qui i due gruppi di Apostoli sono guidati da Pietro e Paolo, si genuflettono per ricevere il pane nelle palme delle loro mani incrociate.

126 Vedi Glossario Dinastia dei Commeni e Dinastia dei Paleologi

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Paolo, come spesso accade nelle icone, è considerato a tutti gli effetti un apostolo, anche se storicamente non partecipò all’evento.

La quarta illustrazione (fig.208) è un icona del XV° secolo della Cattedrale della Trinità di Mosca ed è attribuita a Serghiev Posad della Bottega di Rublev (1425 1427). L`altare apparecchiato con un drappo rosso, riproduce esattamente quello in uso nella liturgia, inoltre, come nelle chiese più antiche, è sormontato da un ciborio che, a volte, durante la consacrazione era chiuso da tende (come si intuisce dal riquadro più scuro dipinto dietro). Quello rappresentato è il gruppo guidato da San Pietro; doveva esistere evidentemente l’icona gemella con il secondo gruppo di Apostoli.

La quinta illustrazione (fig.209) è una icona del XVI° secolo di proprietà privata; l’iconografia è la medesima della precedente; il primo a ricevere da Cristo la comunione è Pietro, seguito da Andrea, Simone, Luca, Giovanni e Filippo. Il tavolo drappeggiato di rosso e gli altri elementi architettonici indicano che la scena si svolge al chiuso. 209 Comunione (XVI°sec.) Russia del nord-Collezione privata

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224 Iconografia bizantina e postbizantina

3.4 Tradimento di Giuda (Gr. “”; Rus. “”

210 Cristo tradito da Giuda (XI°sec.) Monastero di Dafni Grecia

Il primo esempio conosciuto è un sarcofago del IV° sec. in cui la scena è configurata in maniera molto semplice con Giuda che avvicina il capo a quello di Cristo, poi per tutto il medioevo la scena del bacio e del tradimento è stata rappresentata molte volte specialmente negli evangelari L’iconografia del tradimento di Giuda127 e della cattura di Cristo non è fissa, ma segue liberamente il racconto dei vangeli che concordano sui fatti principali; essi raccontano che il traditore venne con una moltitudine di soldati e gente comune e li portò al luogo dove sapeva che si trovava Gesù con gli altri Apostoli e per indicarlo ai soldati lo baciò: ..ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: “Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!”. E subito si avvicinò a Gesù e disse: “Salve, Rabbì! ”. E lo baciò. E Gesù gli disse: “Amico, per questo sei qui! ”(Matteo 26,47) …arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Chi lo tradiva aveva dato loro questo segno: “Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e

127 Giuda Iscariota: vedi Glossario per l’origine del nome

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conducetelo via sotto buona scorta”. Allora gli si accostò dicendo: “Rabbì” e lo baciò. Essi gli misero addosso le mani e lo arrestarono.(Marco 14.43) …ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: “Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo? ”(Luca 22,47) Giovanni è l’unico Evangelista che non menziona il bacio del tradimento: Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Cèdron, dove c’era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli. Giuda dunque, preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi. Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: “Chi cercate? ”. Gli risposero: “Gesù, il Nazareno”. Disse loro Gesù: “Sono io! ”. Vi era là con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse “Sono io”, indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: “Chi cercate? ”. Risposero: “Gesù, il Nazareno”. Gesù replicò: “Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, 211 Bacio di Giuda (Affresco XIII°sec.) lasciate che questi se ne vadano”. S.Clemente Ohrid Macedonia Perché s’adempisse la parola che egli aveva detto: “ Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato ”(Giovanni 18,3). L’altro elemento sempre riportato nelle immagini è la reazione dei seguaci di Cristo e del taglio dell’orecchio: Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio.(Matteo 26,51) Uno dei presenti, estratta la spada, colpì il servo del sommo sacerdote e gli recise l’orecchio (Marco 14,47)

226 Iconografia bizantina e postbizantina

Allora quelli che eran con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: “Signore, dobbiamo colpire con la spada? ”E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. (Luca 22,47) Giovanni aggiunge il dettaglio dei nomi dei protagonisti: San Pietro e Malco: Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco.(Giovanni 16,10) Come detto prima, i tre elementi fondamentali dell’iconografia sono.: o Il gruppo di soldati che accorre per arrestare Cristo, o Giuda che segnala Cristo ai soldati, o Il taglio dell’orecchio.

Illustrazioni:

La prima illustrazione (fig.210) è un mosaico del XII° secolo del Monastero di Dafni in Grecia. Sembra seguire una iconografia derivata dal vangelo di Giovanni poiché Giuda non bacia Cristo, ma sembra indicarlo ai soldati. All’estrema destra si vede Pietro, caratterizzato dalla barba e dai capelli, che taglia l’orecchio a Malco, il servo del sommo sacerdote. La seconda illustrazione (fig.211) è un affresco del XIII° secolo proveniente dal ciclo della passione della chiesa di S.Clemente in Ohrid (Macedonia). Qui Giuda bacia Cristo, come descritto dai vangeli sinottici, ma a destra S.Pietro (riconoscibile dai 212 Bacio di Giuda (Icona XVI°sec.) capelli e dalla barba) taglia Panagia Katoliki Pelendri Cipro l’orecchio a Malco come descritto nel vangelo di Giovanni. La terza (fig.212) è un’icona del XVI° secolo della chiesa Panaria Katoloki Pelendri di Cipro. L’iconografia è la stessa della precedente interpretata con i costumi e lo stile del sedicesimo secolo. Da notare il nimbo nero intorno alla testa di Giuda.

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Il Processo di Cristo (Gr. “”; Rus. “”)

Le scene riguardanti il processo di Cristo non sono fissate in una iconografia cristallizzata, ma si ispirano liberamente ai racconti evangelici. Forse questo è dovuto al fatto che nei riti della chiesa ortodossa non vi è qualcosa di simile alla codificazione degli episodi delle quattordici stazioni della ‘Via Crucis’ della chiesa occidentale. Il processo di Gesù è raccontato ampiamente dai quattro vangeli e, con molte aggiunte fantastiche, dagli scritti apocrifi (Vangelo di Pietro, Vangelo di Nicodemo, Atti di Pilato). Questi ultimi, data l’importanza che essi attribuiscono all’evento, 213 Cristo davanti al Sinedrio (XII°sec.) aggiungono a quanto narrato dai Monastero di Miroza Pskov Russia canonici, notizie circa scambi di lettere tra Pilato128, Tiberio, Erode e altri potentati romani. Del resto questi scritti apocrifi non hanno lasciato traccia nell’iconografia dell’evento. I Vangeli raccontano che, subito dopo l’arresto, Gesù fu portato nel Sinedrio e, interrogato dai sacerdoti Hanna e Caifa, ritenuto colpevole di

214 Cristo davanti a Pilato (VI°sec.) Vangelo di Rossano Tesoro Cattedrale di Rossano Calabria 128 Per la parte storica riguardante Pilato vedere la voce Pilato nel glossario.

228 Iconografia bizantina e postbizantina

blasfemia e quindi, secondo la legge ebraica, da condannare a morte.

I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte; ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni….Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: “Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”.“Tu l’hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo ”. Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: “Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare? ”. E quelli risposero: “È reo di morte! ” (Matteo 26,59) Come si vede il Sinedrio è costretto a cercare altre prove della colpevolezza poiché la testimonianza di Giuda, non può essere usata contro Gesù poiché la legge rabbinica non ammette le prove 215 Pilato si lava le mani (VII°sec.) Mosaico S.Apollinare Nuovo Ravenna portate da un complice dell’accusato. Poiché la condanna a morte doveva essere ratificata dal governatore romano (Ponzio Pilato), Gesù fu portato presso la sua residenza a Gerusalemme. Storicamente il processo a Gesù sembra essere avvenuto nel palazzo-fortezza che Erode il Grande costruì a Gerusalemme prima della sua morte nel 4 A..C. e adottata come residenza ufficiale dei procuratori romani durante la loro 216 Pilato si lava le mani XIV°sec. Chiesa degli Apostoli Pec Serbia 229

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permanenza in città (generalmente risiedevano a Cesarea e venivano a Gerusalemme durante le festività importanti come la Pasqua). Questo palazzo conteneva una grande sala in cui venivano svolti i processi romani. Questa dovrebbe essere il ‘pretorio’ di cui parla Marco (15,16), Matteo (27,27), Giovanni (18,28) e dove fu custodito anche Paolo dopo la sua cattura a Gerusalemme: ‘E diede ordine di custodirlo nel pretorio di Erode’ (Atti 23,35) In realtà il processo si svolse fuori dalle porte, poiché, essendo la vigilia della Pasqua, gli ebrei non potevano contaminarsi entrando in un edificio impuro. All’interrogatorio di Pilato Cristo risulta innocente, ma alle proteste degli ebrei e specialmente alla minaccia di un ricorso a Roma, egli, come noto, se ne lava le mani, lo fa flagellare nel pretorio e lo consegna a loro per la crocifissione. Su questo racconto concordano tutti i vangeli canonici salvo Luca, secondo il quale il processo si svolse in due sessioni davanti a Pilato (Matteo 27,2 e 15)),(Marco 15,1,5), (Luca 23,1,13) e (Giovanni 18,28,36) 217 Flagellazione XIV°sec.Germania intramezzata da una sessione da Erode Antipa (Luca 23,13).

La scena della flagellazione di Cristo non è comune nell’iconografia orientale, mentre non vi è 218 Flagellazione Monast.Vatopeti Evangelario, Salterio o ‘Libro delle Ore’ occidentale Athos che non la riporti.

Poco comuni sono anche le scene che riportano gli eventi della Passione che avvennero nel pretorio ad opera dei soldati, come ‘Cristo deriso dai soldati’, ‘Cristo incoronato di spine’ ecc.

Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: “Salve, re dei Giudei! ”. E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.(Matteo 27,27)

230 Iconografia bizantina e postbizantina

Comuni sono anche le icone, che divise in più parti, raccontano tutto il ciclo della passione come quelle famose del monastero di Iviron nell’Athos: o quella proveniente della regione di Novgorod in Russia:

219 Cristo deriso Chiesa di S,Giorgio XIV°sec.Store Nagoricane Illustrazioni: Macedonia

La prima (fig.213) è un affresco del XII° secolo e proviene dalla Cattedrale della Trasfigurazione del Monastero di Miroza (Pskov) al confine tra Russia e Lituania e rappresenta Cristo durante l’interrogazione al Sinedrio di Gerusalemme. La scena sembra quella descritta da Matteo(26.64): “Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”. Tu l’hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo ”

La seconda (fig.214) rappresenta due fogli dell’Evangelario di Rossano del VI° secolo: il primo illustra l’offerta di Pilato di liberare Cristo o Barabba (Matteo 26,64): Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta. Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba. Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: “Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo? ” Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Il secondo illustra Cristo accusato dal Sommo Sacerdote davanti a Pilato e nella parte inferiore la restituzione dei 30 denari e il suicidio di

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Giuda (Matteo 27,3).

220 Passione di Cristo XVI°sec. Monastero di Iviron Athos

Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d’argento ai sommi sacerdoti e agli anziani dicendo: “Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente”. Ma quelli dissero: “Che ci riguarda? Veditela tu! ”. Ed egli, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.

La terza illustrazione (fig.215) fa parte del ciclo musivo del VII° secolo della Vita di Cristo in Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna. La chiesa era all’epoca di rito ariano e quindi esalta gli aspetti umani di Cristo a scapito della sua natura divina (p.es ignora la crocifissione). Mostra Pilato che si lava le mani; da notare la perfetta ed equilibrata prospettiva invertita che permea l’immagine (tutte le linee convergono 221 Passione di Cristo XV°sec. Novgorod verso l’osservatore). Russia

232 Iconografia bizantina e postbizantina

La quarta illustrazione (fig.216) mostra ancora la scena di Pilato che si lava le mani. Fa parte di un ciclo di affreschi del XIV° sec. della Chiesa degli Apostoli del Patriarcato di Pec in Serbia; la scena è più ricca di personaggi della precedente; a sinistra si riconosce l’episodio di Pietro che prima rinnega Cristo (con il gallo che canta) e poi si pente; a destra l’ancella che gli porta il messaggio della moglie e altri personaggi non facilmente identificabili. Da notare la prospettiva inversa un po’ pasticciata e lo sfondo blu caratteristico di Pec.

La quinta illustrazione (fig.218) proviene dal Monastero di Vatopeti (di cultura serba, ma situato nell’Athos). La scena, di flagellazione piuttosto rara nell’iconografia ortodossa, è stata dipinta nel 1310 nel Katholikon del convento; la si può comparare con un’immagine (fig.217) di ugual epoca e soggetto, ma proveniente da un ‘Libro delle ore’ occidentale (Germania).

L’illustrazione seguente (fig.219) mostra una delle rare immagini di Cristo deriso nel Pretorio; proviene da un ciclo di affreschi nella Chiesa di San Giorgio a Staro Nagoricane (vicino Kumanovo) in Macedonia e dipinto nel 1328 dai pittori Michael e Euthycius. In realtà questo soggetto è dipinto quasi esclusivamente nei cicli di affreschi riguardanti la passione (p.es. Chiesa di San Nicola sulle acque e Chiesa dell’Epifania di Yaroslavl; tutte e due del XVII° sec.), ed è raro nelle iconostasi.

Ovviamente non mancano icone pluripartite (fig.220) che descrivono gli episodi salienti della passione quali le due di origine cretese appartenenti al Monastero di Iviron nell’Athos e quella quadripartita del XV° sec. di Novgorod oggi esposta al museo di Storia e Architettura di Novgorod Russia Le due icone appartenenti al Monastero di Iviron, dipinte da Theophane il cretese nel XIV° sec. splendide e piene di colori, rappresentano sei episodi della passione e cioè ‘L’Ultima cena’, ‘Cristo lava i piedi a Pietro’, ‘Cristo e gli Apostoli nel Getzemani’, ‘Bacio di Giuda’; ‘Cristo davanti al Sinedrio’, ‘Pietro rinnega Cristo’. L’icona quadripartita proveniente dalla Cattedrale di Santa Sofia a Novgorod, è della fine del XV° o inizio XVI° sec e rappresenta ‘La flagellazione di Cristo’, ‘Cristo deriso nel pretorio’, ‘La via al Calvario’, e ‘La salita sulla Croce’.

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Crocifissione di Cristo (Gr. “”; Rus. “”) L’iconografia della Crocifissione di Cristo si divide in quattro momenti:

. Salita alla Croce, . Crocifissione, . Discesa dalla Croce, . Deposizione nel sepolcro e compianto.

222 Ciclo della Crocefissione XII°sec. Duomo di Monreale Questi quattro momenti sono stati dipinti innumerevoli volte in cicli musivi, affreschi e icone. A titolo di esempio si possono citare il famoso ciclo del duomo di Monreale a Palermo: o quello pittorico del Monastero di Vatopedi nell’Athos in Grecia

Naturalmente i quattro momenti sono anche rappresentati separatamente.

L’iconografia della ‘Salita di Cristo in Croce’ non è fissa, ma varia con l’epoca, il luogo e la sensibilità del pittore. Cristo può essere raffigurato accanto alla Croce, in attesa, come nell’esempio cipriota della ‘Chiesa della Santa Croce’ a Pelendri o nell’affresco 223 Ciclo della Crocifissione XII° sec. Monastero di Vatopedi Athos Grecia del Monastero di Vatopedi nell’Athos oppure che si issa da solo con una scala come nell’affresco di Staro Nagoricane in Macedonia.o nell’affresco della ‘Chiesa di San Nicola sull’acqua’ di Yaroslav’l in Russia.

234 Iconografia bizantina e postbizantina

Molto più consolidata è l’iconografia della Crocifissione di Cristo. L’iconografia più antica è limitata a Cristo in Croce con ai piedi a destra la Madonna e a sinistra San Giovanni evangelista a ricordare il Vangelo di Giovanni (19,26) Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio! ”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre! ”.

Il corpo di Cristo descrive una ‘S’ ed il suo vestito è limitato a un perizoma cinto in vita (solo nelle immagini di origine siriana, la veste è un lungo camicione); San Giovanni si porta le mani al volto in segno di dolore, ma in epoca più tarda le stringe al petto. 225 Salita alla Croce XIV°sec. Staro La Croce è sempre infissa Nagoricane Macedonia su una specie di cavità in cui si intravedono un cranio e delle ossa; esse ricordano il nome del Golgota (in ebraico:‘luogo del teschio’) o del Calvario (in latino: stesso significato).

226 Crocefissione XI°sec. Mosaico del Monastero di Hosios Lucas235 Grecia For.D

Una leggenda medievale identifica il Golgota con la tomba di Adamo e questo dà anche un significato simbolico alla scena poiché dalla morte di Cristo viene la redenzione dell’umanità dal peccato di Adamo. Spesso al di sopra del braccio della Croce vi sono o due angeli piangenti o i simboli del sole e della luna a rappresentare la partecipazione all’evento di tutto l’universo. Nelle icone più tarde la scena si popola di altri personaggi, a illustrazione dei vangeli che ricordano il nome delle pie donne ai piedi della Croce: C’erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per 227 Crocefissione XIII°sec. servirlo. Tra costoro Maria di Miniatura del Messale di Perugia Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.(Matteo 27,55) C’erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.(Marco 15,40) Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala (Giovanni 19,25) Spesso al fianco di San Giovanni vi è il centurione romano che lo colpì al costato e poi riconobbe l’origine divina di Cristo: Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande 228 Crocifissione XVI° sec. Monastero di Stavronikita Athos

236 Iconografia bizantina e postbizantina

timore e dicevano: “Davvero costui era Figlio di Dio! ”(Matteo 27,54). Il vangelo apocrifo di Nicodemo (II° - IV° sec.) dà al centurione il nome di ‘Longino’, evidentemente derivato dal greco lancia (λόγχη), poi nel medioevo trasformato in San Longino. “…l’abbiamo visto ricevere schiaffi e sputi in faccia, e che i soldati gli hanno messo una corona di spine, che fu flagellato e ricevette sentenza da Pilato,e fu crocifisso sul Calvario, e due ladroni con lui, che gli fu dato da bere aceto con fiele, e che il soldato Longino trafisse il suo costato con una lancia….”(Nicodemo XVI,7) In epoca più tarda (dopo il XVII°sec.) nascono opere ancora più complesse, molto cerebrali, con intenti didascalici ed edificanti che hanno però perso tutto il pathos delle prime rappresentazioni, il titolo è ‘I frutti della Passione’. Cristo in Croce è rappresentato come un albero fecondo di frutti per l’umanità. Vi sono anche rappresentazioni della Crocifissione che includono i due ladroni; anche questi identificati nel Vangelo di Nicodemo con i nomi di Gesta e Disma. Disma è il ladrone buono. “…Il tuo popolo ti ha condannato come re; perciò io ho decretato: prima di tutto che tu sia flagellato, secondo gli ordinamenti dei miei pii imperatori, poi che tu venga appeso in croce nell’orto in cui sei stato arrestato. Disma e Gesta, i due malfattori, saranno crocifissi con te, (Nicodemo IX,5). L’iconografia della ‘Discesa dalla Croce è dominata dalla figura di Giuseppe di Arimatea che, su una scala, cala giù il corpo di Cristo:

L’episodio è narrato da tutti i Vangeli con un racconto simile:

C’era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. Non aveva aderito alla decisione e 229 I frutti della Passione XVII°sec. Museo di Arti figurative di Arkangelesk Russia 237

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all’operato degli altri. Egli era di Arimatèa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio. Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia..(Luca 23,50) Anche il Vangelo di Nicodemo concorda: “Ma ecco un uomo di nome Giuseppe, un consigliere, della città di Arimatea, il quale aspettava il regno di Dio, recatosi da Pilato, richiese il corpo di Gesù. E trattolo dalla Croce lo involse in un lenzuolo lindo…”(Nicode mo XI,3) 230 Crocefissione VI°sec. Miniatura del Vangelo di Rabula (Siria) I personaggi Biblioteca medicea Firenze della scena sono le tre pie donne citate dai Vangeli con la Madonna, San Giovanni evangelista e, oltre a Giuseppe di Arimatea che cala Gesù dalla Croce, vi è anche un’altra figura, munita di nimbo, che lo aiuta, levando con le tenaglie i chiodi dai piedi. Si suppone che sia lo stesso Nicodemo che, nel vangelo che porta il suo nome (ma anche in Giovanni 19,34), narra di aver aiutato Giuseppe a calare Gesù e a seppellirlo. “Egli (Giuseppe) si recò pertanto da Nicodemo, perché era anch’egli pio e amava Gesù, e gli riferì tutto ciò che era avvenuto con Pilato. Allora, comperate cento libbre di mirra e aloe e una pietra sepolcrale nuova, insieme con la Madre di Dio, con Maria Maddalena, Salomè e Giovanni e le altre donne, lo composero in un bianco lenzuolo, come era l’usanza, e lo adagiarono 231 Discesa dalla Croce XVI°sec. Novgorod Russia

238 Iconografia bizantina e postbizantina

nella tomba” (Nicodemo XI,4) Solo l’apocrifo chiamato ‘Vangelo di Pietro’ differisce nel racconto, in quanto narra che furono i Giudei a calare Gesù dalla Croce e poi a consegnarlo a Giuseppe per la sepoltura. Il vangelo ritrovato nel XIX° sec. non ha avuto nessun impatto sull’iconografia.

L’iconografia della ‘Deposizione nel Sepolcro’ segue due varianti principali: la prima segue fedelmente il brano del Vangelo di Nicodemo riportato precedentemente, e una seconda, detta del ‘Compianto’ è vicina ai modelli occidentali detti della ‘Pietà’.

A conclusione di quanto detto è interessante notare che le più antiche immagini della Crocifissione che ci siano rimaste risalgono a dopo il V° secolo, quando ormai si è perso l’orrore per quel supplizio terribile. Durante i primi secoli, quando le crocifissioni erano sotto gli occhi di tutti, non doveva sembrare conveniente mostrare Cristo come un criminale; egli è rappresentato 232 Discesa dalla Croce XIV°sec. Affresco idealizzato come ‘novello Orfeo’ o ‘buon Pastore’. A partire dal VI° secolo le rappresentazioni della crocifissione sono più comuni, ma ormai si è perfino persa la memoria della croce formata dal ‘patibulum’ e dallo ‘stipes’129 e la croce è rappresentata come due pezzi di legno o due tronchi inchiodati incrociati.

Illustrazioni: La prima (fig.222) è il ciclo musivo dedicato alla 233 Deposizione XII°sec. Nerezi Macedonia

129 Vedi patibulum e stipes nel glossario

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crocefissione posto nel braccio sinistro del transetto del Duomo di Monreale, costruito da Guglielmo II nel XII° secolo,: L’iconografia non si discosta da quella canonica, con la croce piantata sul Golgota, due angeli volano sul braccio superiore della Croce, mentre ai suoi piedi le consuete figure della Madonna e di San Giovanni accompagnate dalle pie donne e da Longino. La discesa dalla Croce è effettuata da Giuseppe di Arimatea issato sulla scala, mentre Nicodemo con una grossa tenaglia estrae i chiodi dai piedi. Segue la deposizione nel sepolcro del corpo di Cristo fasciato con bianche bende.

La seconda (fig.223) è un’icona a epistilio del XII° secolo conservata nel Monastero di Vatopedi nella penisola dell’Athos in Grecia. Il soggetto principale dell’epistilio è una Deesis che occupa cinque lunette, le altre otto rappresentano scene della vita della Vergine e della Passione di Cristo. Le due lunette riportate nell’illustrazione si riferiscono alla Crocifissione e alla Deposizione. Nella Crocefissione, San Giovanni porta la mano destra al volto, in segno di dolore; nelle immagini posteriori, lo stesso sentimento è espresso stringendo le mani al petto. Nella Deposizione, l’artista pone unusualmente la Vergine alla destra mentre riceve nelle sue braccia il corpo da Giuseppe di Arimatea. Nicodemo, come usuale, leva con le tenaglie gli ultimi chiodi dai piedi.

La terza (fig.224) è una icona del XIII° secolo di origine cipriota, conservata nella Chiesa della Santa Croce di Pelendri a Cipro. Qui Cristo, con ancora la sua tunica indosso, attende ai piedi della Croce che un addetto, diretto da un sacerdote(?) finisca di infiggere la Croce nel terreno. A destra, in disparte, Maria e Giovanni osservano la scena esprimendo dolore. Cristo in attesa vicino alla Croce non è una immagine usuale, un altro esempio è dato dall’affresco del Monastero di Vatopedi 234 Deposizione XV°sec. Cattedrale dell’Annunciazione Mosca

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nell’Athos che però è posteriore di cento anni.

Molto suggestivo è l’affresco (fig.225) di Staro Nagoricane in Macedonia (XVI° secolo), in cui l’iconografo per esprimere la volontarietà del sacrificio, fa salire sulla croce Cristo, senza aiuto, per mezzo di una scala, mentre il solito inserviente, diretto da un sacerdote(?) finisce di infiggere la croce al suolo. (La Madonna e San Giovanni guardano la scena, da lontano dietro un monte):

Il mosaico del monastero di Hosios Lucas (fig.226) dell’XI° secolo e il foglio del messale di Perugia (fig.227) del XIII° secolo sono due illustrazioni stupende dell’iconografia canonica della Crocifissione di Cristo. Il corpo di Cristo appeso alla Croce forma una leggera S, il suo sangue fluisce sul sottostante teschio di Adamo a significare la redenzione dal peccato originale; ai lati vi sono le figure dolenti di Maria e San Giovanni che mostra il suo dolore portando la destra al volto; Cristo ha appena pronunciato le parole ‘Donna ecco il tuo figlio’. Tutto l’universo terrestre e sovrannaturale partecipa all’evento: sopra il braccio della Croce del mosaico sono rappresentati il sole e la luna, mentre sopra il foglio del messale volano due angeli dolenti.

Col passare del tempo, la rappresentazione della Crocefissone diventa più complessa e più affollata di personaggi. Nella icona dipinta da Theophane di Creta nel 1546 per il Monastero di Stavronikita nell’Athos (fig.228) compare, a fianco di Giovanni, la figura del centurione Longino che deve il suo nome all’apocrifo vangelo di Nicodemo e accanto a Maria il gruppo delle tre pie donne citate dai vangeli. Il centro dell’icona è occupata da Cristo affisso senza vita alla croce conficcata nelle rocce del Calvario. La testa ripiegata sulla spalla destra col corpo a formare la doppia curva di una ‘S’ rovesciata. La Croce è fiancheggiata dai due gruppi; a sinistra il gruppo delle pie donne sembra dare sostegno a 235 Deposizione XVI°sec. Museo Bizantino Atene

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Maria esausta dalla pena e dal pianto; alla destra Giovanni e dietro di lui il centurione che sembra dire le parole di Marco ‘Veramente costui è il figlio di Dio’.

Nelle icone chiamate ‘Il frutto della Passione’ (fig.229) l’affollamento dell’icona raggiunge i livelli dell’Horror vacui’. Quella mostrata qui proviene dalla Cappella di San Giorgio nel villaggio di Kirillovo, nella regione di Archangel`sk in Russia. Cristo è crocifisso su una croce a sei terminazioni. La croce è fiorita, da essa si dipartono in varie direzioni rami con foglie, fiori e frutti. Sopra la croce appaiono otto angeli, ognuno dei quali regge una sfera con gli strumenti della passione. Il ramo che spunta dall`estremità superiore forma un bocciolo, da cui fuoriesce a sua volta una mano con la chiave delle porte del paradiso. In alto, dalle nubi si affaccia Dio Sabaoth, circondato da angeli. Sotto di lui si aprono le porte del paradiso, ai lati appaiono il Sole e la Luna. In basso a sinistra vediamo un tempio a cinque, cupole, e fra le sue colonne sono raffigurati i quattro evangelisti. La mano che fuoriesce dalla traversa mediana della croce posa una corona sul tempio. A destra, dai rami della stessa traversa, spunta una mano che trafigge con la spada la morte, a cavallo. La mano che fuoriesce dalla traversa inferiore della croce, impugna un martello e colpisce il diavolo, incatenato al piede della croce. La scritta nell`angolo destro in basso testimonia che l`icona fu dipinta nel monastero delle Solovki alla fine del 1689.

L’illustrazione successiva (fig.230) è un foglio dell’evangelo del VI° sec.detto di ‘Rabula’ di origine siriana conservato a Firenze nella biblioteca Medicea. E’ interessante per alcune varianti iconografiche: Cristo non ha il solito perizoma, ma è vestito da una lunga tunica come vuole la tradizione siriana, le pie donne, in numero di tre, sono sulla destra e non confortano Maria, ma sembrano osservare la scena; Maria e Giovanni sono sulla sinistra. Ai piedi della croce i soldati si giocano la veste, mentre altri due in piedi colpiscono Gesù con la lancia e gli danno da bere con la spugna. Anche i due ladroni sono inchiodati alle loro croci. 236 Deposizione XVIII°sec. Chiesa dell’Annunciazione Yaroslavl La illustrazione

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successiva (fig.231) è un vigoroso affresco in puro stile paleologo130 del 1312 dal Katholicon del Monastero di Vatopedi nell’Athos: Giuseppe d’Arimatea, su una scala, porge il corpo di Cristo fra le braccia di Maria e Giovanni. Nicodemo con una grossa e strana tenaglia, leva gli ultimi chiodi dai piedi.

La successiva illustrazione (fig.232) affronta lo stesso soggetto e presenta la stessa iconografia e gli stessi personaggi, ma lo stile e i colori sono quelli di Novgorod. Una piccola variante iconografica è che qui Giovanni aiuta Nicodemo a levare i chiodi, mentre il corpo di Cristo è preso dalla Vergine e da una, non identificata, delle tre donne.

La illustrazione successiva (fig.233) è una ‘Deposizione nel Sepolcro’ vicina alle cosiddette Pietà di tipo occidentale. In oriente questo tipo di iconografia si chiama anche ‘Compianto’. Cristo è ancora ai piedi della Croce, non ancora rivestito delle bende. Questo affresco si trova nella piccola chiesa di Nerezi nei pressi di Skoplje; fu eseguito nel 1164 per iniziativa di un membro della famiglia regnante a Bisanzio, dei Comneni, e in questo caso vi sono buone ragioni per credere che l`artista 237 Non Piangere XVI°sec. venisse da Costantinopoli. Monastero di Iviron Athos Anche le due figure seguenti (fig.234-5) sono dello stesso tipo iconografico del ‘Compianto’ ma eseguite in altri contesti artistici e in altre epoche. Una è una icona eseguita a Mosca nel XV° secolo e appartiene alla Cattedrale dell’Annunciazione del Cremino di Mosca. L’altra è greca del XVI° secolo e si trova ad Atene nel Museo Bizantino.

La successiva illustrazione (fig.236) mostra un affresco del XVIII° secolo della Chiesa dell’Annunciazione a Yaroslavl in Russia dipinta agli inizi del 1700 da Fyodor Ignatiev. Cristo avvolto nel sudario è posto nel sepolcro da Giovanni, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, mentre un folto gruppo di donne (al centro si distingue la Vergine) assiste dolente. Da

130 Vedi Glossario Dinastia dei Paleologi

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notare la prospettiva invertita della composizione che converge verso l’osservatore e la mancanza dei nimbi per i personaggi maschili (ad eccezione di Cristo) e delle iscrizioni identificative.

Per completare il quadro iconografico della Deposizione di Cristo, non va dimenticata la composizione chiamata : ‘Non piangere su di Me o Madre’ in voga dopo il XV°- XVI° secolo. Il soggetto molto seguito anche nella pittura occidentale è una traduzione pittorica delle parole della 9° ode del canone del Sabato santo: «Non piangere su di me, Madre, vedendo nel sepolcro il Figlio che senza seme hai concepito nel tuo seno. Risorgerò, infatti, e sarò glorificato e innalzerò nella gloria incessantemente coloro che ti esaltano e con fede e amore ti celebrano, perché io sono Dio!». Le prime parole del canone trovano eco nella figura del Salvatore nel sepolcro, raffigurato sullo sfondo della croce. La prima illustrazione di questo 238 Non Piangere XVII°sec. Museo Russo tipo (fig.237) è conservata nel S.Pietroburgo Monastero di Iviron nella penisola dell’Athos ed è di provenienza cretese, la seconda (fig.238) è conservata nel Museo Statale di S.Pietroburgo ed è della scuola degli Strogonov. Al di sopra della composizione principale, due angeli dispiegano il lenzuolo di lino col volto di Cristo, il Mandylion.

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Evangelisti Apostoli Angeli e Santi

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In copertina: I Quattro Evangelisti dal Vangelo di Trebisonda XI° sec. miniatura Biblioteca Mekita S.Lazzaro Venezia

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Gli Evangelisti

Col nome Evangelisti si identificano:i quattro redattori dei Vangeli detti canonici. Fin dal II° sec. Essi erano identificati con Marco, Luca, Matteo e Giovanni. Infatti Ireneo Vescovo di Lione (170 d,c,), prima fonte che li cita, dice: « Cosi Matteo scrisse nella lingua degli Ebrei il primo vangelo, al tempo in cui Pietro e Paolo evangelizzavano Roma e vi fondarono la Chiesa. Dopo la partenza di questi ultimi, Marco, discepolo e interprete di Pietro, mise per scritto quello che Pietro predicava. Dal canto suo Luca, il compagno di Paolo, consegnava in un libro il vangelo che il suo maestro predicava. Poi Giovanni, il discepolo del Signore, quello che si era addormentato sul suo petto, pubblicò anche lui un vangelo quando si trovava a Efeso in Asia » (Adversus Haereses III Preliminare) I Vangeli di Marco, Matteo e Luca sono detti Sinottici poiché larga parte di essi può essere letta a fronte degli altri due, e, in uno sguardo d’insieme (sinossi), si notano molte somiglianze nella narrazione. La critica moderna è concorde nel ritenere il Vangelo di Marco come il più antico (70 d.c)131 esso è stato scritto prima degli altri due Vangeli sinottici, dal momento che essi lo hanno usato come loro fonte. Tutti e tre, secondo questi studi, avrebbero preso il Logos (l’insegnamento) anche da

131 Altra possibile datazione Data http://www.giovannidesio.it/esistenza%20di%20gesu/fonti_cristiane.htm 50 lettera di Giacomo 51 lettere I e I!I ai Tessalonicesi (di Paolo) 52 evangelo di Matteo 54 lettera ai Galati {Paolo) 56 lettera I ai Corinzi (id. ) 57 lettera II ai Corinzi (id.) 58 lettera ai Romani {id.) 60 evangelo di Marco 62 evangelo di Luca 63 lettere ai Colossesi, agli Efesini, a Filemo.ne, ai Filippesi (Paolo) 63 Atti degli :Apostoli 64-65 lettera agli Ebrei {Paolo) 66-67 lettera I a Timoteo, 65 lettera a Tito, lettera II a Timoteo (Paolo) 66-67 lettera II di Pietro 94 Apocalisse 100 evangelo e lettere I, II e III di Giovanni.

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una seconda fonte, forse a tradizione orale o non pervenutaci132 Nell'iconografia cristiana primitiva i quattro evangelisti sono raffigurati come creature alate e con protomi animali. La fonte relativa all'origine di queste rappresentazioni è il profeta Ezechiele, che descrive una visione di quattro strani esseri: Quanto alle loro fattezze, ognuno dei quattro aveva fattezze d’uomo; poi fattezze di leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze d’aquila Le loro ali erano spiegate verso l’alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo.(Ez. 1,10)

239 Simboli dei quattro Evangelisti V°sec. Santa Maria Maggiore Roma Da queste creature derivano quelle analoghe che si incontrano nell'Apocalisse intorno al trono di Dio, che già in tempi remoti vennero accostate agli evangelisti. 133 Fu San Girolamo, alla fine del IV° secolo, che prevalse ad associare gli animali agli autori dei Vangeli e a dare a tale accostamento una giustificazione: Matteo è rappresentato da un angelo perché il suo Vangelo inizia con l’annunciazione; Marco è un leone perché esordisce con la figura del Battista che "grida nel deserto" con voce potente e solitaria come quella del leone; il simbolo di Giovanni è l'aquila, l'uccello che vola più in alto nel 240 Simboli Evangelisti Evangelario di Kells cielo, perché la sua visione di Dio IX° sec. College Dublino è la più diretta; infine a Luca è

132http://it.wikipedia.org/wiki/Fonte_Q 133 http://www.chiantimusei.it/cgi-bin/pub_det_ico.cgi?id=3

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riservato il toro, animale sacrificale, perché il suo Vangelo inizia con il sacrificio del sacerdote Zaccaria.134 Le prime rappresentazioni degli Evangelisti in forma simbolica che sono giunte fino a noi sono quelle della conca absidale della Chiesa di Santa Pudenziana a Roma (IV°sec.) e quella dell’arco trionfale (V°sec.) della basilica di Santa Maria Maggiore (fig.239) a Roma. Qui i simboli degli Evangelisti sembrano affacciarsi da un muretto dietro gli Apostoli Pietro e Paolo. Negli ultimi secoli del primo millennio appaiono le rappresentazioni degli Evangelisti in forma antropomorfa. Le caratteristiche iconografiche sono di due tipi: Nel primo tipo iconografico essi appaiono seduti ai loro scranni intenti a scrivere. Il volume aperto posto sulle ginocchia o su un leggio, frequentemente porta le prime parole del loro Vangelo. Generalmente guardano in alto alla ricerca dell’ispirazione dove, il loro animale simbolico, o addirittura Cristo, detta il testo. Sulla 242 Quattro Evangelisti Evangelario XI°sec. Erevan, Matenadaran Armenia

134 Non tutti gli autori hanno concordato sull’associazione Evangelista- simbolo Autore Angelo Leone Toro Aquila S.Ireneo di Lione (120-202 D,C,) Matteo Giovanni Luca Marco S.Agostino (354-430 D.C.) Marco Matteo Luca Giovanni Pseudo-Athanasius (297-373 D.C.) Matteo Luca Marco Giovanni S. Girolamo (347-420 D.C.) Matteo Marco Luca Giovanni Alla fine prevalse l’interpretazione di S.Girolamo,

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scrivania compaiono penne, calamai e raschietti. Questa iconografia è chiaramente mutuata da modelli classici; così infatti erano rappresentati i retori e i filosofi. Nel secondo tipo iconografico essi sono in piedi, a figura intera (fig.242) e mostrano il loro Vangelo aperto o chiuso. Anche in questo caso spesso a ogni Evangelista è associata la rappresentazione del suo animale simbolico. L’immagine dell’evangelista seduto intento a scrivere è molto usata nei Vangeli miniati durante tutto il medioevo; essa era posta come prima pagina all’inizio del relativo Vangelo, Ve ne sono bellissimi esempi come quello del Vangelo di San Agostino di Canterbury135(fig.243) del VI° secolo dove l’Evangelista è 243 San Luca Evangelario di S.Agostino VI°sec. rappresentato (come un senatore romano) frontalmente, seduto sullo scranno, col suo Vangelo sulle ginocchia. Sopra, in un arco, il suo simbolo (il toro alato). Ai due fianchi scene tratte dal suo Vangelo difficili da decifrare (La prima in alto a sinistra è l’Annunciazione): Un altro famoso esempio è lo stesso soggetto visto dal famoso

245 Evangelista Marco Mosaico Santa 244 S.Luca Evangelista A.Rublev Sofia Kiev XI°sec Evangelario di Kotrovo XVI°sec. 135 Si suppone regalato a San Agostino di Canterbury da papa Gregorio I° e portato in Inghilterra nel 587.

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iconografo russo Andrej Rublev per l’Evangelario di Khitrovo nel XVI° secolo. Sono passati dieci secoli dal primo esempio e dalla pittura naturalistica romana si è passati al rigido simbolismo bizantino: la prospettiva è invertita (le linee convergono verso l’osservatore) per significare la piccolezza di chi guarda rispetto al personaggio sacro; l’immagine è piatta, in due dimensioni, per esaltare la sua spiritualità; la scena è ambientata all’aperto, al cospetto di Dio, ma il drappo rosso posto sugli elementi architettonici, indica che in realtà si svolge al chiuso.

L’iconografia dell’evangelista che scrive seduto non è limitata ai codici miniati, ma vi sono importanti esempi di immagini di questo tipo che ornano le pareti di chiese. Per i mosaici vale la pena di citare il ciclo (XI° sec.) della basilica di Santa Sofia a Kiev in Ucraina (fig.245). Sono molto numerosi anche gli affreschi con iconografia degli Evangelisti di questo tipo, specialmente a ornare i pennacchi delle cupole delle chiese dei monasteri. Esempi sono i cicli dei monasteri serbi di Sopocani (XIII° secolo fig.247), di Decani e Granica (fig.248) del 246 San Luca Museo Rechlinghausen XIV° secolo. XVII°sec

247 San Marco Monastero di Sopocani 248 San Matteo Monastero di Decani Serbia Serbia XIII°sec XVI°sec Sono numerose anche le icone propriamente dette (dipinti a tempera su tavola); a mo’ di esempio nell’illustrazione di fig.246 è

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riportata una icona seicentesca, che risentendo gli influssi della pittura occidentale, interpreta l’iconografia bizantina con spunti barocchi.

Quanto detto per il tipo iconografico dell’evangelista seduto ed intento a scrivere il suo Vangelo si può ripetere per il secondo tipo dell’evangelista in piedi.

Nella figura a fronte (fig.249), a mo’ di esempio, è riportato il foglio del Codex Theodosianus che raffigura l’evangelista Matteo, vestito di una toga romana mentre presenta il suo Vangelo. Da notare lo sfondo costituito da una lamina d’oro che rappresenta, nella simbologia bizantina, la luce divina increata e cioè la luce paradisiaca. Nel campo dei mosaici potremmo ricordare i mosaici del X° secolo che 249 San Matteo Codex Theodosianus X°sec rappresentano gli apostoli nella chiesa di Santa Prassede a Roma (fig.250); anche qui la postura è simile a quella del Codex Theodosianus e lo sfondo è la solita luce increata che rappresenta il paradiso. Tra i tanti affreschi di questo tipo, principalmente nei monasteri serbi, quello qui a fianco (fig.251) rappresenta San Luca, mentre l’icona (fig.252) è di San Giovanni Evangelista.

250 San Giovanni Evangelista S,Prassede Roma X°sec

251 San Luca Affresco Monastero di Zica Serbia XIV°sec

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Va notato che, specialmente per le icone su tavola, l’iconografia dell’evangelista in piedi era usata largamente per fiancheggiare le immagini di Cristo tra Maria e San Giovanni Battista nel registro della Deesis136 delle iconostasi delle chiese russe. Questo è il motivo per cui l’evangelista è leggermente incurvato, in segno di rispetto, verso il lato in cui si trovavano le tre figure principali. Nella chiesa ortodossa la Porta Santa137 è l’accesso principale, attraverso l’iconostasi, che mette in comunicazione lo spazio della chiesa dove sono i fedeli con quello retrostante dedicato ai sacerdoti. Esse 252 San Giovanni Icona rappresentano le Cattedrale della Trinità porte del Paradiso Sergiev Posad Russia XVI°sec A partire dal XIV° secolo assume una forma particolare con due pannelli superiori conformati a duomo ed una parte inferiore a quattro o due pannelli. La decorazione della Porta Santa deve rinforzare e ricordare il suo significato 253 Porta Santa sec.XV° Museo Tretiakov Mosca simbolico di Porta del paradiso. Pertanto, i due pannelli superiori rappresentano obbligatoriamente l’Annunciazione poiché è attraverso l’Incarnazione che si è resa possibile la salvezza dell’uomo. I quattro pannelli inferiori molto spesso rappresentano i Quattro Evangelisti poiché con la loro opera hanno divulgato nel mondo il messaggio evangelico138 e resa possibile la salvezza. Per finire va detto che le fattezze fisiche dei Quattro Evangelisti non sono stabili nelle varie epoche e luoghi, pertanto la loro identificazione è difficile in mancanza delle scritte dedicatorie o di altri

136 Vedi Appendice A: L’Iconostasi 137 Vedi Appendice A. 138 Qualche volta i quattro Evangelisti sono sostituiti dalle immagini dei due massimi Padri della Chiesa: San Giovanni Crisostomo e San Basilio il Grande con lo stesso significato simbolico.

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elementi contestestuali. In via generale Marco139 è quasi sempre raffigurato giovane con barba e capelli riccioluti e neri. Giovanni140 è quasi sempre rappresentato come un uomo anziano con capelli e barba bianca mentre detta il suo vangelo al discepolo Procoro. La tradizione infatti vuole che lo scrisse molto anziano, esiliato nell’isola di Patmos. Va notato che Giovanni, negli altri episodi evangelici è sempre rappresentato come un giovane 254 San Giovanni Evangelista imberbe. Biblioteca Statale Mosca XV°sec Luca141 e Matteo142 sono i più difficili da identificare sulla base delle loro fattezze fisiche. Luca rassomiglia a Marco poiché spesso è rappresentato giovane e scuro di capelli. Matteo a volte ha la barba nera e a volte bianca, 255 San Marco Affresco Monastero di Vatopedi Athos 

139 Marco non fu uno dei dodici apostoli. Nato e cresciuto a Gerusalemme, si ritiene che abbia conosciuto Gesù durante la sua predicazione e che sia stato battezzato da Pietro. Si recò a predicare il Vangelo in Panfilia, a Cipro e poi ad Alessandria, dove fondò la prima chiesa cristiana, divenendo vescovo; e proprio ad Alessandria avrebbe subito il suo martirio, legato e trascinato per le vie della città. Le sue presunte reliquie furono trasferite a Venezia nel secolo IX e la loro vicenda è narrata nei mosaici all'interno della basilica eretta in suo onore.Il suo Vangelo, il più antico dei quattro, è stato scritto a Roma intorno al 60 d.C., sulla base delle testimonianze dirette di Pietro e dei ricordi personali. 140 Giovanni, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo, fu uno dei primi discepoli chiamati da Cristo; secondo la tradizione era il suo prediletto. La tradizione dice che fu esiliato a Patmos, dopo essere scampato alla morte per immersione in una pentola di olio bollente, e che su quest'isola scrisse l'Apocalisse, il libro con cui si conclude la Bibbia. Morì probabilmente ad Efeso, dove aveva stabilito la sua dimora, in età molto avanzata, all'epoca dell'imperatore Traiano. 141 Luca era un siro che, convertitosi al cristianesimo, divenne discepolo dell'apostolo Paolo e lo accompagnò in numerosi viaggi lasciando la professione di medico che esercitava ad Antiochia. E' l'autore degli Atti degli Apostoli e del Vangelo che porta il suo nome, dove è data molta attenzione agli episodi della nascita e dell'infanzia di Gesù, una scelta che la tradizione spiega con il fatto che avrebbe conosciuto direttamente Maria. Sempre secondo questa tradizione leggendaria l'evangelista, in qualità di pittore, avrebbe realizzato il primo ritratto della Vergine, determinando il modello iconografico dell’Hodigitria. La sua morte avvenne probabilmente per cause naturali, ma alcune fonti attestano che fu crocifisso insieme a Sant'Andrea. 142 Matteo era un ebreo che lavorava per i romani come esattore delle tasse a Cafarnao; un giorno, mentre era seduto alla gabella, fu chiamato da Cristo perché lo seguisse. Scrisse il suo libro nella seconda metà del I secolo probabilmente in Siria, dove si era recato per evangelizzare. Non abbiamo notizie certe sul suo martirio; morì probabilmente decapitato presso un altare

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Gli Apostoli

La parola Apostolo viene dal greco ὰπόστολος e significa inviato o messaggero. Nella comune accezione la parola è riferita ai dodici scelti da Gesù come sua cerchia più ristretta, forse con riferimento alle dodici tribù di Israele. I tre Vangeli sinottici sono abbastanza concordi nel definirne i nomi:

Marco Matteo Luca Simone, detto Pietro Simone, detto Pietro Simone, detto Pietro Andrea, Andrea, fratello di Simone Andrea, fratello di Simone Giacomo di Zebedeo Giacomo di Zebedeo Giacomo Giovanni fratello di Giovanni fratello di Giovanni Giacomo Giacomo Filippo Filippo Filippo Bartolomeo Bartolomeo Bartolomeo Matteo Matteo, il pubblicano Matteo Tommaso Tommaso Tommaso Giacomo di Alfeo Giacomo di Alfeo Giacomo di Alfeo Taddeo Taddeo Giuda di Giacomo Simone, il cananeo Simone, il cananeo Simone, lo zelota Giuda l'Iscariota Giuda l'Iscariota Giuda l'Iscariota Il Vangelo di Giovanni non fa un elenco dei discepoli, ma li nomina man mano che essi compaiono nel racconto; alcuni mancano e alcuni si chiamano differentemente; vediamo come:143 Sinottici Giovanni Iconografia Simone, detto Pietro Simone, detto Pietro Pietro Andrea, Andrea, fratello di Simone Andrea Giacomo di Zebedeo Giacomo di Zebedeo Giacomo Giovanni fratello di Giacomo Il discepolo che Gesù amava (?) Giovanni Filippo Filippo Filippo Bartolomeo Bartolomeo Matteo Matteo Tommaso Tommaso detto Didimo Tommaso Giacomo di Alfeo Taddeo o Giuda Giuda Simone, il cananeo o zelota Simone Giuda l'Iscariota Giuda l'Iscariota Natanaele di Cana Paolo Marco Luca Non è qui il posto per discutere queste discrepanze o se l’apostolo

143 http://www.etanali.it/mar_morto/files/quarto_vangelo.htm

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Giovanni si identifichi o no con l’Evangelista Giovanni o ancora chi sia l’Apostolo chiamato il ‘discepolo che Gesù amava’. Quello che qui interessa è capire quale influsso abbiano avuto i vari racconti evangelici sull’iconografia degli Apostoli. Per quanto possa sembrare strano: nessuno! Come si può vedere dall’ultima colonna della tabella precedente, gli Apostoli delle immagini non corrispondono in pieno a quelli evangelici, ma includono Paolo, Luca e Marco ed escludono (oltre a Giuda Iscariota) un paio di Apostoli meno noti per far tornare il fatidico numero di dodici. Il motivo di tutto ciò è abbastanza chiaro; gli Apostoli, quando dipinti in gruppo, rappresentano il simbolo della chiesa e come si 256 Ascensione XIX° sec. Russia può rappresentare la chiesa senza Paolo e i Quattro Evangelisti? Questo significato simbolico degli Apostoli è chiaramente espresso in tutte quelle rappresentazioni delle feste in cui compaiono gli Apostoli come gruppo. Per esempio nella icona dell’Ascensione qui sopra (fig.256), in prima fila a sinistra si riconoscono Pietro e Paolo, san Marco è l’ultimo in alto a sinistra e san Luca è l’ultimo in alto a destra. La stessa presenza della Vergine, che secondo i testi non fu presente all’evento, rafforza il simbolismo citato prima. 257 Sinassi dei dodici Apostoli XVI° sec. Novgorod Russia 256 Iconografia bizantina e postbizantina

Lo stesso avviene nelle rappresentazioni della Pentecoste e della Dormizione della Vergine.144 Solo nella iconografia dell’Ultima Cena questa simbologia è rotta dalla presenza nel gruppo di Giuda. Del resto era inevitabile. Inoltre vi sono anche molte icone che rappresentano gli Apostoli come gruppo indipendentemente da qualsiasi episodio evangelico: questo tipo di icona si chiama solitamente ‘Sinassi dei dodici Apostoli’. Nell’esempio a 258 Sinassi degli Apostoli XIV° sec. Bisanzio Museo Puskin fianco (fig.257), sotto una Mosca Deesis, uniti da tralci di vite, sono rappresentati i Dodici Apostoli: Sotto Cristo vi sono Pietro e Paolo; a fianco di Pietro vi è Giovanni e sotto Andrea. Nell`ultima fila a destra e sinistra Tommaso (giovane e senza barba) e Filippo; sopra Tommaso e Filippo vi è Marco e Matteo, Luca è sopra Matteo e Bartolomeo e Simone Zelota sono nella ultima riga al centro

In quest’altra icona (fig.258) conservata al Museo Puskin di Mosca, le iscrizioni dicono: H CYNAΞIC TΩN ΔΩΔEKA AΠOΣTOΛΩN (Assemblea dei dodici Apostoli); ΠETPOC, ANΔPEAC, IAKΩBOC (Pietro, Andrea, Giacomo); IΩ(ANNHC), ΦlΛІΠΠOC, BAPΘOΛOMAIOC, ΘΩMAC, MATΘAIOC, IAKΩBOC 0 TOY AΛΦAIOY, ΘAΔΔAIOC, CIMΩN (Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Tommaso, Matteo, Giacomo il figlio di Alpheo, Taddeo, Simone); MATΘIAC) (Mattia). Qui si segue dunque la tradizione dei vangeli sinottici e Giuda Iscariota è sostituito da Mattia, l’Apostolo scelto dagli altri undici dopo la morte di Cristo Gettarono quindi le sorti su di loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli. (atti 1,24)

144 Vedi paragrafi nella sezione: Iconografia delle grandi Feste Liturgiche

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259 Salterio di Teodoro X°sec. Costantinopoli British Library London Nell’illustrazione qui sopra (fig.259), tratta dal Salterio di Teodoro del X°secolo, miniato dal monaco Theodoros nel Monastero di Studios in Costantinopoli e ora conservato alla British Library di Londra, si vedono i dodici che impartiscono i loro insegnamenti a gruppi vestiti in diverse fogge a rappresentare i diversi popoli della predicazione. Qui si ritorna alla tradizione iconografica di rappresentare Paolo, Marco e Luca insieme agli Apostoli. Nel primo foglio, dalle iscrizioni si riconoscono Pietro, Paolo, Giovanni, Matteo, Marco e Luca; nel secondo Simone, Andrea, Giacomo, Bartolomeo, Tommaso e Filippo. Le sembianze fisiche dei singoli apostoli sono abbastanza consolidate; almeno per quelli più importanti: Pietro ha barba e capelli bianchi e riccioluti: Paolo è calvo con un ciuffo di capelli al centro della testa, barba e capelli neri.

260 San Paolo e San Pietro Monastero di Chora XIV° sec. Istambul

Andrea ha i capelli e la barba biancha come Pietro, ma lisci. Filippo ha l’aspetto di un giovinetto imberbe. Gli altri apostoli sono scarsamente identificabili dalle loro fattezze fisiche.

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261 Apostoli Simone Bartolomeo e Filippo XVII°sec.

262Apostoli Paolo, Andrea e Pietro XIV°sec. 

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Gli Angeli 2. In ebraico è "Malakh", in cuneiforme mesopotamico è "Malaku", in arabo è "Malak", in greco è "Anghelos"…

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Da un punto di vista storico, sembra accertato che gli angeli siano arrivati nella religione giudaica attraverso le religioni iraniche e babilonesi come spiriti mediatori tra le divinità e l’uomo come attestano anche le radici comuni della parola stessa Angelo (Malakhin ebraico e malaku nelle lingue mesopotamiche). Nell’iconografia di quei popoli sono rappresentati come esseri alati (la stessa parola cherubino deriva da ‘caribu’ geni alati babilonesi, mezzi uomini e mezzi animali, posti a guardia delle porte146).

263 Ospitalità di Abramo V°sec. Mosaico S.Maria Maggiore (gli angeli non hanno ali) Forse di uguale origine persiana sono i geni, le ninfe, i demoni (ogni uomo ha il suo demone) che popolano il mondo greco-latino, ma questi, a parte le nike, non sono generalmente alati. Con questa iconografia essi sono penetrati nelle immagini cristiane dei primi secoli tant’è che fino al V° secolo essi sono rappresentati senza nimbo e senza ali, poi appaiono i nimbi ed in 264 Serafino Chiesa della Trasfigurazione Novgorod Russia (Theofane il Greco 1378)

145 http://www.angelologia.it/index.htm 146 A guardia delle porte del Paradiso terrestre viene messo appunto un cherubino

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epoca più tarda l’iconografia si accosta ai racconti biblici ed appaiono le ali.

265 Sarcofago V°sec. Museo Archeologico di Istambul (prima immagine di Angeli con le ali) Sono molti i passi del vecchio testamento in cui si parla di angeli, sia come falangi di un esercito celeste, sia come messaggeri della volontà divina, ma nulla è detto nella Genesi sulla loro origine ed aspetto, anzi essi sembrano essere del tutto simili ad uomini normali e si confondono con essi, hanno però la facoltà di apparire e sparire improvvisamente. Essi sono dotati di libero arbitrio, ché, creati buoni, alcuni decisero di ribellarsi e, peccando di superbia, furono dannati147. Escludendo gli scritti apocalittici, solo dalle visioni profetiche di Isaia si ha una descrizione di angeli chiamati Serafini come esseri con sei ali e da quelle di Ezechiele di altri angeli chiamati Cherubini come esseri con quattro ali e quattro teste. Anche i racconti della costruzione del tempio di Salomone riportano che vi furono messi degli angeli alati costruiti in legno di olivo, ma senza altri dettagli, salvo le dimensioni. Nel periodo più antico dello sviluppo teologico del cristianesimo la presenza degli angeli ha generato infinite discussioni in sinodi, concili e scritti sulla loro natura, sesso, aspetto e funzioni. Sono spiriti, ma non deità, la Genesi tace148 su quando e se sono stati creati, ma certamente non possono essere parte di una Trinità allargata, cosa sono dunque?

147 A titolo di curiosità riportiamo dalla Bibbia di Enoch (uno scritto nel II° sec. prima di Cristo e ritenuto apocrifo dagli ebrei) un passo che attribuisce ai desideri carnali degli angeli e non al peccato di superbia il motivo della loro caduta! http://www.angelologia.it/apocrifi.htm Ed ecco accadde, da che aumentarono i figli degli uomini, che in quei tempi nacquero ad essi ragazze belle di aspetto. E gli Angeli, figli del cielo, le videro, se ne innamorarono, e dissero fra loro "Venite, scegliamoci delle donne fra i figli degli uomini e generiamoci dei figli". E disse loro Semeyaza, che era il loro capo: "Io temo che può darsi che voi non vogliate che ciò sia fatto e che io solo pagherò il fio di questo grande peccato". E tutti gli risposero e gli dissero: "Giuriamo, tutti noi, e ci impegniamo che non recederemo da questo proposito e che lo porremo in essere". Allora tutti insieme giurarono e tutti quanti si impegnarono vicendevolmente ed erano, in tutto, duecento. (…) E si presero, per loro, le mogli e ognuno se ne scelse una e cominciarono a recarsi da loro. E si unirono con loro… 148 Questa mancanza dell’antico testamento è stata colmata dal Libro dei Giubilei, uno scritto apocrifo ebraico scritto 105 anni prima di Cristo: Nel primo giorno Egli creò i cieli che sono sopra e la terra e le acque e gli spiriti che servono avanti a Lui… (http://www.intratext.com/IXT/ITA0410/__P2.HTM)

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Nel VI° secolo finalmente Dionigi l’Aeropagita non solo trovò la risposta (subtilitas graecorum) affermando che essi sono il riflesso delle qualità di Dio (alcuni sono il riflesso della Sua bellezza, altri della Sua sapienza, altri ancora della Sua potenza ecc.) e questi riflessi, come trasmessi da specchi, scendono giù attraverso una gerarchia organizzata per ordini che ancora si studiano nel catechismo (Serafini, Cherubini,Troni, Dominazioni, Virtù, Potenze, Principati, Arcangeli e Angeli) e definendone le funzioni. Per quanto riguarda l’iconografia degli angeli nelle icone, si può dire che essi appaiono sempre alati e con il nimbo. Nelle immagini più antiche i loro vestiti sono di foggia romana, poi, specialmente gli Arcangeli, ebbero la porpora imperiale come nei mosaici siciliani o in quelli del Giudizio Universale di Torcello. Come caratteristica della loro dignità e ufficio, gli Arcangeli comunemente portano il bastone come simbolo della loro qualifica di messaggeri di Dio insieme a un globo o disco con il monogramma di Cristo o la croce,

qualche volta, come per esempio nel caso del mosaico dell’Arcangelo Michele nella chiesa di S.Apollinare a Ravenna, innalzano un labaro col trishagion149 o, in relazione alle funzioni liturgiche rappresentate, sono 267 Angelo riavvolge il firmamento nel giorno del accanto a Cristo con dei Giudizio ripidion150 per assisterlo XIV°sec. Monastero di Chora Istambul durante la ‘Comunione degli Apostoli’

149 Trishagion: tre volte santo è la scritta o l’esclamazione: Santo santo santo o Agios agios agios 150 Ripidion sono dei lunghi ventagli liturgici o flabelli

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Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, sono moltissimi i temi iconografici che includono angeli tra i personaggi minori. Gli angeli volano sulla scena della ‘Natività’, angeli trasportano gli Apostoli nella ‘Dormizione della Vergine’; angeli raccolgono il sangue dalle ferite del ‘Cristo Crocefisso’, angeli mostrano gli strumenti della passione nella ‘Madre di Dio della Passione’; angeli fiancheggiano la Vergine nell’Ascensione di Cristo’ ed altri Lo elevano al cielo; un angelo siede sulla pietra del sepolcro nelle ‘Pie Donne al Sepolcro’; angeli, nella ‘Creazione’ svolgono la coperta del firmamento ed altri angeli nel ‘Giudizio Universale’ la riavvolgono ed infine, ma non ultimo, l’angelo della ‘Annunciazione’.

Nella figura a fianco, (fig.268) è mostrato un particolare da un affresco del Monastero di Milesovo in Serbia rappresentante ‘Le Pie Donne al Sepolcro’ L’angelo, di sfolgorante bellezza, seduto sulla pietra accanto al sepolcro vuoto è conosciuto come l’Angelo Bianco.

268 Angelo (part. ‘Pie Donne al Sepolcro’) XIII°sec. Monastero di Milesevo Serbia

Non sempre nelle icone gli angeli giocano un ruolo secondario; spesso essi sono il personaggio principale ed unico.

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Particolarmente bella è la famosa icona del XIII° secolo, probabilmente originaria di Novgorod, conosciuta col nome di ‘Angelo dai capelli d’oro’ (fig.269) di puro stile dei Paleologhi151. Sembra che sia stata portata a Mosca ai tempi di Ivan il Terribile ed ora è conservata al Museo Statale di S.Pietroburgo.

Gli unici angeli che hanno un nome sono gli Arcangeli. Secondo la Bibbia essi sono sette e stanno innanzi a Dio in attesa dei suoi incarichi: Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad 269 Angelo dai Capelli d’Oro Novgorod entrare alla presenza della maestà XIII°sec. del Signore”. (Tobia 12,15) Gli altri nomi citati nell’Antico Testamento, oltre a Raffaele (Dio guarisce) sono Gabriele (Potenza di Dio) e Michele (Chi è come Dio), mentre il nome di Uriel (Fuoco di Dio) è citato nell’apocrifo biblico Libro di Enoch. Questi quattro figurano anche negli antichi mosaici di Santa Maria Maggiore a Roma e in quelli siciliani. I nomi degli altri tre arcangeli compaiono solo nelle icone russe a partire dal XVIII° secolo e sono Salafael, Jehudiel e Barachiel152, ma qualche volta cambiano153.

Tra gli arcangeli, quello che di gran lunga riscuote più devozione è certamente Michele, il principe delle coorti celesti, il vincitore su Lucifero: Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo(Apocalisse 12,7).

151 Vedi Appendice Glossario 152 Orler Messaggeri di luce; Gli Angeli nelle icone russe. Pag. 160 153 I più antichi riferimenti al sistema dei sette arcangeli, compare nel Libro di Enoch (l'Etiope Enoch), dove vengono associati a Michele, Gabriele, Raffaele, Uriel, Raguel, Zerachiel e Remiel. Secoli dopo, Pseudo-Dionigi li associa a Michele, Gabriele, Raffaele, Uriel, Camael, Jophiel e Zadkiel (o Hesediel). Papa Gregorio I° li identifica come Michele, Gabriele, Raffaele, Uriel, Simiel, Orifiel, e Zachariel. http://it.wikipedia.org/wiki/Sette_Arcangeli

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Michele è spesso rappresentato con attributi militari, a volte è a cavallo armato di tutto punto, mentre sconfigge il drago, a volte brandisce la spada, a volte è vestito di una splendente armatura. Nella figura a fianco (fig.270), la figura di Michele è rossa per rappresentare la natura ignea degli angeli, colpisce Satana con la sua lancia, suona la tromba e regge un turibolo come l’angelo dell’Apocalisse (cap. 8). La scritta sulla sua testa dice: «del Sovrano celeste forte intrepido e terribile condottiero». Non si contano, sia in oriente sia in occidente i siti dedicati a lui fin dai primi secoli; da Monte Saint Michel in Francia a Monte San Michele nel 270 Arcangelo Michele XVIII°sec Museo Etnografico della Carelia Gargano e ai tantissimi monasteri e chiese a lui dedicati in quello che fu l’impero bizantino. La lotta e la sua vittoria nella guerra contro le forze del male ha provocato il trasferimento su di lui di antiche deità precristiane da cui ha ereditato i luoghi di culto e gli attributi. Così in Egitto diventò il protettore delle piene del Nilo, in altri santuari (Colossae, Chonai, Cherotopa) in precedenza dedicati ad Esculapio, curava i malati che, per guarire, vi passavano la notte; spesso ha in mano una bilancia a ricordare che è lui che peserà l’anima al momento della morte per deciderne il destino (sostituendo Anubis del panteon egiziano ed Ermes-Mercurio in quello greco-romano). Anche il Nuovo Testamento gli dà un ruolo di psicopompo (conduttore di anime), lo spunto è offerto dall’allusione a una disputa tra Michele e Satana sul corpo di Mosè (Giuda 1,9), che poneva l’Arcangelo nella posizione di difensore e guida delle anime dei defunti.

L’iconografia dell’arcangelo Gabriele è legata ai temi dell’Annunciazione ed è descritta ampiamente nella sezione dedicata alle Grandi Feste liturgiche ortodosse. L’iconografia dell’arcangelo Raffaele è invece legata a quella dell’Angelo Custode, tema molto diffuso in Russia. Raffaele è il prototipo dell’Angelo Custode a causa del racconto biblico di Tobia che parte verso

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Ecbatana, dove lo attenderanno le nozze, accompagnato da un giovane di nome Azaria. Egli ignora che, sotto le spoglie di questa persona, si cela un angelo di nome Raffaele che libererà la promessa sposa di Tobia, dal malefico influsso del demonio e farà recuperare la vista a suo padre. Nel Salmo 90 (91) è descritto il ministero dell'angelo custode: Egli ti libererà dal laccio del cacciatore, dalla peste che distrugge. 271 Arcangelo Michele Museo Copto Cairo Ti coprirà con le sue penne sotto le sue ali troverai rifugio. La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza; non temerai i terrori della notte né la freccia che vola di giorno, la peste che vaga nelle tenebre, lo sterminio che devasta a mezzogiorno… Mille cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra; ma nulla ti potrà colpire… non ti potrà colpire la sventura, nessun colpo cadrà sulla tua tenda. Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede. Camminerai su aspidi e vipere, schiaccerai leoni e draghi. Nell'angelo custode del cristianesimo, gli elementi della cultura ebraica si fondono con quelli dell'esperienza religiosa pagana. La fìgura del genio pagano cesserà ufficialmente con l'editto di Teodosio del 392, ma la sua irresistibile forza sopravvivrà nell'immagine cristiana dell'angelo custode.

266272 Angelo Custode XVII°sec Russia Iconografia bizantina e postbizantina

Spesso icone rappresentanti i singoli arcangeli sono state dipinte per l’ordine della Deesis della Iconostasi154. Esse si distinguono poiché, l’arcangelo, generalmente a figura intera, invece di essere rappresentato frontalmente, è leggermente inclinato verso la parte del Cristo della Deesis, quindi Gabriele guarda verso sinistra e Michele verso destra. In questi casi l’abbigliamento di Michele e Gabriele è simile e i due brandiscono solo il bastone, simbolo del messaggero divino.

274 Arcangelo Michele XV° sec. Andrej Rublev 273 I Sette Arcangeli XVIII°sec. Dall’Iconostasi della Cattedrale Museo Nazionale Belgrado dell’Assunzione Vladimir Russia 

154 Vedi Appendice Iconostasi

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I Santi

Come si può immaginare l’iconografia dei santi è ricchissima, non vi è un mestiere o un evento della vita che non abbia il suo santo rappresentante e protettore. Qui ne descriveremo solo le più comuni.

S.Nicola di Myra: E’ l’icona più frequente nelle case russe e greche poiché il santo ha fama di accorrere in aiuto di chi lo invoca nelle emergenze. Non sono chiari i motivi di questa grande popolarità sia nel mondo greco sia in quello slavo, forse la rinomanza fra le comunità slave (albanesi) e greche nell’Italia meridionale per la traslazione a Bari (1087) del suo corpo favorirono l’ingresso delle leggende in quei mondi. S. Nicola fu vescovo di Myra nella Lycia forse nel IV° sec., della sua vita non si sa nulla, salvo i miracoli descritti nelle varie leggende e molto spesso rappresentati nelle 274 S.Nicola e storie della sua vita XVIII°sec. Coll. privata icone a lui dedicate. Seguendo l’iconografia dell’icona qui presentata (fig.274), nella prima fila vi è la nascita, il battesimo ed il primo miracolo (guarigione della mano paralizzata di una donna), quindi il suo primo giorno di scuola accompagnato dal padre Epifanio. Nella seconda fila l’ordinazione episcopale e a diacono (?), nella terza fila Nicola appare in sogno all’imperatore Costantino e la liberazione dei tre generali ingiustamente condannati (Nepotiano, Ursus e Apillo erano tre generali di Costantino ingiustamente accusati da false testimonianze, i tre pregarono Nicola che apparve in sogno all’imperatore svelandogli la tresca). In quarta fila il miracolo delle tre fanciulle senza dote (S.Nicola nascose un rotolo di monete d’oro nella stanza da letto delle tre fanciulle per impedire

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la loro vendita e permettere il loro matrimonio), il salvataggio dal naufragio (un ragazzo annegò nel Dnjeper, le preghiere dei genitori a S.Nicola furono ascoltate e il ragazzo fu trovato sulle scale di S.Sofia), la riconsegna del figlio rapito dai saraceni (un fanciullo, fu rapito dai saraceni, i genitori molto devoti a S.Nicola costruirono una cappella in suo onore e, mentre lo pregavano per il ritorno del figlio, il bambino che stava servendo una coppa di vino al nuovo padrone, scomparve ricomparendo nella cappella con ancora la coppa d’oro in mano), ed infine la morte di S.Nicola.

S. Elia sul carro di fuoco: Il santo profeta Elia, che volando sul carro di fuoco aveva dimostrato il suo potere sugli elementi, era considerato in Russia il patrono degli agenti atmosferici e quindi molto venerato dalla popolazione contadina. La sua festa ricorre il 20 luglio e si dice che abbia sostituito il culto del dio slavo Perun. Nella tradizione cristiana orientale, Elia non è ritenuto morto, ma custodito nei cieli da dove tornerà per dare a Cristo l’ultima testimonianza il giorno del giudizio (nell’Apocalisse Elia e Mosè sono chiamati i due ultimi testimoni). Nel centro della raffigurazione il profeta è nella sua grotta sul monte Carmelo mentre un corvo gli porta un pane (prefigurazione del pane celeste dell’Eucarestia). A destra Elia divide le acque del Giordano percuotendolo col suo mantello e lo attraversa col discepolo Eliseo; a sinistra in basso Elia 275 Profeta Elia e il carro di fuoco XVIII°sec. Coll. privata sopraffatto dall’amarezza vuole morire, ma un angelo gli appare in sogno e gli dice, indicandogli del cibo e

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una brocca d’acqua, ‘Alzati e mangia, poiché è lungo il tuo cammino’, in alto Elia in un turbine di fuoco su un piccolo carro mentre è trasportato in cielo, lascia cadere il suo mantello ad Eliseo investendolo della missione profetica. L’altra versione iconografica, più comune nei paesi non slavi, si limita alla rappresentazione di Elia nella grotta sul Carmelo nutrito dai corvi: un episodio commentato dai padri della chiesa che vi ravvisarono un archetipo dell’Eucarestia.

276 Profeta Elia nutrito dal corvo XVIII°sec. Coll. privata

S. Giorgio: Il culto di S.Giorgio è molto antico. Secondo la tradizione il santo guerriero, nato in Cappadocia, subì il martirio sotto Daciano, imperatore dei persiani, convocato da costui per decidere le misure contro i cristiani, si professò cristiano egli stesso e fu decapitato (a Nicodemia nel 303) dopo innumerevoli tormenti. La leggenda della fanciulla liberata dal drago

277 S.Giorgio e il drago XVIII°sec. Coll. privata

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sorse poi e divenne tra i soggetti iconografici più diffusi. S.Giorgio al centro trafigge il drago, mentre la principessa, ormai libera, gli viene incontro; dalle mura assistono i sovrani, genitori della principessa. In alto, dalla sfera celeste, Cristo si affaccia benedicente, simbolo della grazia divina che assiste chi combatte contro il male. S.Giorgio è patrono di molte città, tra cui Mosca, è invocato contro gli assalti dei nemici, contro le malattie del bestiame (in particolare i cavalli) e la sua festa si celebra il 23 aprile in coincidenza con i riti di primavera che celebrano la vita dopo la morte dell’inverno.

S. Floro e Lauro: Secondo il testo greco della vita dei santi Floro e Lauro tradotto in russo nel XV sec. i due fratelli erano tagliapietre nell’Illirico nel II° sec. e lavorarono per il re Licinio per costruire un tempio ad Ercole. Convertirono molti altri operai donando ai poveri la loro paga e facendo prodigi. Prima dell’inaugurazione del tempio, i due fratelli vi fecero irruzione e distrussero gli idoli. Licinio li fece sottoporre a orribili torture e buttare poi in un pozzo. Secondo la leggenda, gli abitanti 278 SS.Floro e Lauro con Arcangelo Michele XVII°sec. Coll. del luogo vedendo i privata cavalli abbeverarsi al pozzo, raccolsero i resti dei santi che furono trasportati a Costantinopoli. L’arcangelo Michele, anche lui protettore del bestiame, consegna due cavalli ai santi fratelli, mentre in basso Speusippo, Eleusippo, e Melesippo (altri fratelli) portano i cavalli all’abbeveraggio.

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I due santi sono considerati i protettori dei cavalli e l’acqua, benedetta in loro nome, li protegge dalla moria.

Giovanni Battista angelo del Deserto: Molto comune la rappresentazione del Battista come angelo del deserto. Ha la caratteristica iconografia degli anacoreti: la barba e capelli lunghi e incolti, figura scavata da digiuni e penitenze, vesti di pelo. Le sembianze angeliche (ha le ali) alludono sia alla sua vita ascetica e soprattutto alla sua testimonianza al Cristo (angelo significa messaggero). Oltre al tema della penitenza e dell’attesa, vi è anche 279 S.Giovanni Battista Angelo del deserto XVIII°sec. Coll. in Giovanni il tema privata del compiersi della salvezza ed a questo allude il neonato nella coppa che egli indica con la mano destra. Sul cartiglio è scritto generalmente ‘Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino’ La figura del Battista rappresenta il Vecchio Testamento che incontra il Messia, per questo appare sempre nella discesa di Cristo agli inferi dove indica il Cristo ai Giusti dell’antico Testamento.

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APPENDICI

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APPENDICE A L’Iconostasi L’iconostasi rappresenta nella chiesa ortodossa, la linea di confine tra il popolo di Dio e il luogo riservato al divino. Nella chiesa occidentale essa era rappresentata dalla balaustra. Alla semplice balaustra, in epoca antica e nella chiesa orientale (ma anche in qualche chiesa occidentale), fu aggiunta in alto una trave da cui pendeva la Croce. Pian piano lo spazio tra trave e balaustra si riempì di immagini sacre dando inizio alla iconostasi vera e propria. La posizione delle immagini nella Iconostasi non è casuale, ma esse seguono un percorso ben definito.

Al centro vi è la ‘Porta santa o Reale o dello Zar’, una porta a due battenti da cui solo l’officiante può passare. Ogni battente è diviso in tre

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pannelli; in quello superiore a forma di quadrante di cerchio, a sinistra è rappresento l’angelo annunciante e in quello di destra Maria che accoglie l’annunzio. Nei quattro pannelli sottostanti, due per battente, sono rappresentati i quattro Evangelisti. E’ chiaro il significato simbolico: solo per l’incarnazione di Cristo e mediante la rivelazione dei vangeli si può entrare in cielo. Sopra la porta vi è la rappresentazione dell’Ultima Cena ed ancora una fila di immagini che rappresenta le dodici feste liturgiche più importanti della chiesa ortodossa. Sopra la fila delle feste scorre la Deesis, che significa ‘supplica’ e ha una iconografia molto antica: rappresenta la Madonna e S:Giovanni ai lati del Cristo in atteggiamento supplice, spesso si aggiungono gli Arcangeli Gabriele e Michele e schiere di santi. Sopra la ‘Deesis’ scorrono, secondo l’importanza e dell’altezza dell’iconostasi, due o tre file di icone, che rappresentano i Padri della Chiesa, i Profeti, i Progenitori etc. A sinistra della ‘Porta Santa’ è posta generalmente una icona della Madre di Dio e a destra una icona di Cristo o del santo titolare della chiesa.

A titolo di esempio nella figura in fondo a questo paragrafo è mostrata una icona di un`iconostasi russa con la sua scansione in registri: quello inferiore detto locale, accanto alle porte che danno accesso al presbiterio; il registro dedicato alle feste; quello dedicato alla Deesis e i due registri superiori, con i profeti e i progenitori. Inoltre nella parte superiore, chiamato Golgota, si notano sette lunette con raffigurazioni di santi e scene della Passione. Le sette lunette sono coronate da una piccola cupola d`oro, dominata dalla croce bizantina. La cosiddetta "fila locale" (quella più bassa), è scandita da tre porte: quella centrale, detta "Porta Santa" o "Porta dello zar" o "Porta regale", nelle vere iconostasi conduce al presbiterio; quella a sinistra conduce alla prothesis e quella a destra nel diakonikon, due spazi di servizio per la liturgia. Sui due battenti delle Porte regali riconosciamo le raffigurazioni tipiche in Russia: l`Annunciazione nel settore superiore della porta e, nei campi inferiori, i quattro evangelisti nell`atto di redigere i propri scritti. Sopra la porta, appare la cosiddetta palatka, l`Ultima Cena, che rimanda all`istituzione del sacramento eucaristico. Le porte laterali, che conducono alle stanze accessibili solo ai diaconi, sono dedicate ai santi arcidiaconi Stefano (a sinistra) e Lorenzo (a destra). Sopra la porta di sinistra si trova una piccola icona della Deesis, che evidentemente presenta san Nicola al posto del Battista, e su quella di destra si vede una rappresentazione del Mandylion. Le Porte regali sono affiancate dalle icone del Cristo Pantocrator in trono (a destra) e

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della Madre di Dio di Vladimir (a sinistra). Seguono poi due altre icone legate alla Madre di Dio: alla sinistra della "Vladimirskaja" è raffigurata la Dormizione della Vergine e alla destra dell`immagine cristologica, l`icona del Pokrov (Protezione della Madre di Dio). All`estrema sinistra si trova la Sinassi dell`arcangelo Michele e all`estrema destra san Nicola. Il registro superiore a quello "locale, mostra le icone delle principali feste religiose, e più precisamente, partendo da sinistra verso destra: la Nascita della Madre di Dio, la Presentazione di Maria al tempio, l`Annunciazione, la Nascita del Cristo, il Battesimo del Cristo, la Presentazione di Cristo bambino al tempio. Quindi segue come immagine centrale, in qualità di principale festa religiosa della Chiesa ortodossa l`immagine della Pasqua (Discesa del Cristo al Limbo), poi la Trasfigurazione sul monte Tabor, l`Entrata di Cristo a Gerusalemme, l`Ascensione, la Trinità (Pentecoste), la Crocifissione e infine la decollazione di Giovanni Battista. La più importante festa dedicata alla Madre di Dio, la Dormizione della Vergine, non compare in questa iconostasi, presumibilmente perché nella "fila locale" aveva un ruolo di grande importanza. Il registro della Deesis ricorda il ruolo d`intercessori a favore dell`umanità della Madre di Dio e di san Giovanni Battista, degli arcangeli e degli apostoli presso il Cristo. Ma per motivi di spazio sono presenti solo otto apostoli. Da sinistra a destra, riconosciamo: Filippo, Matteo, Giovanni, Pietro; al centro l`arcangelo Michele, la Madre di Dio, il Cristo, san Giovanni Battista e l`arcangelo Gabriele, cui seguono gli apostoli Paolo, Andrea, Marco e Tommaso. Il Cristo seduto in trono è circonfuso da un`aureola di luce, dietro alla quale spuntano gli angoli di un quadrato centinato, in cui si trovano i simboli dei quattro evangelisti.

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Si tratta dell`icona denominata II Salvatore tra le potenze celesti, che divenne immagine abituale della Deesis nelle iconostasi della regione di Mosca a partire dal XV° secolo. Le parole nel Vangelo tenuto aperto dal Cristo ("Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi") citano alla lettera il passo di Matteo 11, 28. Nella fila successiva, i profeti dell`Antico Testamento si rivolgono alla

Iconostasi XIX°sec. Russia Vergine assisa in trono, con Gesù Bambino in grembo, che mostra i rotoli svolti con testi in cui avevano predetto la nascita del Messia. Poiché la

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Madre di Dio ha ai suoi lati i monaci Antonio e Teodosio, fondatori del monastero di Pecerskaja, a Kiev, questo modello di icona viene comunemente definito Pecerskaja. I profeti raffigurati sono i seguenti, da sinistra a destra: Mosè, Naum, Zaccaria, Daniele, Elia, Davide-Salomone, Ezechiele, Aronne, Eliseo, Sofonia e Abacuc. Il registro superiore è dedicato, seguendo la tradizione più diffusa, ai progenitori, rivolti verso la Trinità posta al centro e resi nella cosiddetta tipologia della paternitas: Dio assiso in trono come "Antico dei Giorni" tiene Cristo in grembo, mentre la colomba dello Spirito Santo è assente, come nella maggior parte delle rappresentazioni di iconostasi di questa tipologia. Da sinistra, i seguenti progenitori sono rivolti alla Trinità: Assiro, Areli, Giobbe, Isacco. Abramo, Adamo; alla destra dell`immagine centrale si trova Giacobbe, all`estrema sinistra Beniamino, mentre i nomi degli altri progenitori sono ormai illeggibili.

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Iconografia bizantina e postbizantina

APPENDICE B Come è fatta una icona

Nella preparazione di una icona, nessun particolare può essere trascurato, perché è proprio la cura dei dettagli che assicura il legame con il trascendente. Estrema attenzione era dedicata alla scelta del legno che doveva essere compatto, poco resinoso, privo di nodi e stagionato. L’essenza del legno dipendeva dalla regione dove l’icona era prodotta; poteva essere di cipresso o di cedro per le regioni greche (M.Athos, Cipro, Grecia) o di betulla, faggio, quercia dove questi alberi erano comuni. Se le tavole su cui si sarebbe dovuto eseguire la pittura erano più di una, esse furono munite di incastri e tenute insieme da zeppe inserite in incavi trasversali alla venatura del legno. Nel XVII° secolo furono anche inserite delle sottili assicelle nello spessore del legno alle estremità superiore e inferiore della tavola. La superficie su cui sarà dipinta l’immagine era quella rivolta verso il centro dell’albero; la tavola era scavata per qualche millimetro (culla), spesso lasciando in rilievo solo la cornice. Su questa superficie era praticata una griglia di solchi diagonali su cui era spalmata una colla animale (storione o coniglio) che si chiamava ‘appretto’ su cui era incollata una tela di lino o cotone chiamata ‘tarlatana’ per impedire che il legno, fessurandosi, provocasse il danneggiamento del dipinto. La superficie era poi completata dando sulla tarlatana mani successive di ‘levkas’ cioè gesso mischiato a polvere di alabastro e bollito con grasso animale. Il levkas, perfettamente asciugato, era accuratamente lisciato con un ferro o pietra pomice inumidita. Con l’applicazione del levkas e la sua lisciatura la fase preparatoria poteva considerarsi conclusa.

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Anticamente l’artista disegnava sul levkas il contorno del disegno per separare le varie campiture, completandolo con una incisione a punta secca, ‘graphia’ che rimaneva visibile anche dopo la stesura della doratura e del successivo colore. Nelle icone dopo il XVI secolo il disegno era fatto su un pezzo di carta e ricalcato con una punta sul levkas per ottenere la graphia. Questo rendeva più agevole il lavoro per ottenere più copie della stessa raffigurazione. Le zone del levkas destinate a ricevere la doratura erano preparate con una speciale tinta rossa (bolo) che serviva per fissare i sottilissimi fogli d’oro. I colori usati erano tutti di origine minerale o animale (bianco di piombo, verderame, lapislazzulo, giallo di fiele, nerofumo etc.) mischiati a tuorlo d’uovo e aceto. Solo nel XIX secolo sono usati colori prodotti in Europa ottenendo tonalità più brillanti ed una tavolozza più varia. Dapprima sono date le tonalità di fondo più scure, poi si passa alla elaborazione delle altre parti della composizione; l’ultimo elemento era l’incarnato che era reso con una speciale miscela di terre e pigmenti dalla tonalità bruno-verdastra. Per ottenere l’effetto della illuminazione dall’interno, i colori di contorno erano schiariti con quantità di bianco sempre maggiore andando verso l’esterno fino a raggiungere dei punti di bianco puro. In alcuni punti, la tinta era graffiata per riportare in superficie l’oro e rendere l’effetto di raggi o striature e ricami dorati delle vesti.

B-2 Manuale di Iconografia bizantina e postbizantina

APPENDICE C L’alfabeto liturgico slavo

[fa ther] [b ook] [v an] [g o] [d o] [e cho] [treas ure] [z oo] [z oo]

[f[saee ther] ] [[sb ook]ee ] [v an][k ey] [[gl ove] o] [m[d an] o] [e cho][n o] [trea[os ure] r] [z[ oo]p op] [bu[z oo]rr ito]

[f[sa end] ther] [[bt op] ook] [[zv an]oo ] [[gf un] o] [lo[dch o] ] [[eo cho] r] [trea[custs ure] ] [[chz oo] op] [sh[z oo] ow]

[fresh[fa ther]ch eese] [b ook][n/a] [v an][see ] [[n/a]g o] [e[d cho] o] [e cho][]you [trea[yas ure] hoo] [z[ oo]ya hoo] [ya[z oo] hoo]

[ro[vcks an] ] [[ligps o] ] [f un][d o] [see[e cho]v an]

Nell'anno 862 , il principe Rastislav della Grande Moravia (quella che oggi è la Slovacchia e la repubblica Ceca) richiese all'imperatore di Bisanzio l'invio di missionari per rafforzare l'autonomia del proprio stato, sottraendolo così alla dipendenza dal clero germanico. Cirillo, con l'aiuto del fratello Metodio, creò un sistema di scrittura originale sulla base del dialetto slavo meridionale parlato nella sua terra di origine, i dintorni di Salonicco . Questo alfabeto (chiamato glagolitico) fu usato in Moravia tra gli anni 863 e 885 a scopi religiosi e statali. I missionari fondarono l'Accademia della Grande Moravia (Veľkomoravské učilište), dove furono istruiti i loro seguaci. Nell' 886 il vescovo di Nitra, di

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provenienza franco-orientale, proibì questo alfabeto ed imprigionò i seguaci di San Cirillo e San Metodio (per lo più studenti dell'accademia originale). Essi furono dispersi o, secondo alcune fonti, venduti come schiavi.155 Tre di loro, comunque, raggiunsero la Bulgaria e Boris I°156 di Bulgaria commissionò loro l'insegnamento e l'istruzione del futuro clero dello stato nella lingua slava. Successivamente viaggiarono verso le altre terre slave, nelle quali diffusero l'uso del loro alfabeto. Alcuni si diressero in Croazia e Dalmazia , dove si sviluppò la variante quadrata e dove l'alfabeto rimase a lungo in uso. Alla fine del IX secolo, uno degli studenti di Metodio che si era stabilito a Preslav (Bulgaria) creò l' alfabeto cirillico, che rimpiazzò quasi completamente l'alfabeto glagolitico durante il Medioevo . L'alfabeto cirillico è derivato dall'alfabeto greco, con circa dieci lettere peculiari delle lingue slave, derivate dall'alfabeto glagolitico.

155 http://www.omniglot.com/writing/ocslavonic.htm 156 Dallo 865, epoca della cristianizzazione della Bulgaria, le cerimonie religiose venivano svolte in greco ed in greco erano i testi sacri. Boris I°, volendo diminuire l’influenza di Costantinopoli, favorì il formarsi in Bulgaria di un alfabeto e di una cultura slava, diversa dal greco.

C-2 Manuale di Iconografia bizantina e postbizantina

APPENDICE D Numerazione liturgica slava157 Nella chiesa slava i numeri sono formati usando i caratteri dell’alfabeto liturgico; ogni carattere corrisponde ad un valore numerico basato sull’ordine dei caratteri greci,. I numeri sono formati scrivendo i corrispondenti segni alfabetici da sinistra a destra. Un titlo (segno diacritico) è posto sul secondo digit (o sul primo se ve ne è uno solo); per esempio il numero 326 è scritto:

I numeri 11-19 sono una eccezione poichè il numerale unità è scritto prima del digit decina. Per esempio 18 è scritto:

I numeri più grandi di 1000 usano le lettere 1-9 per rappresentare le migliaia e sono preceduti da una croce. (Per le date aggiungere 5508 data di creazione del mondo). Per esempio, 1508 si scrive::

† Num. Value Cardinal Num. Value Cardinal Num. Value Cardinal

1 edin" 10 desjat' 100 sto

2 dva 20 dvadesjat' 200 dvjestje

3 trie 30 tridesjat' 300 trista

chetyredes 4 chetyre 40 400 chetyresta jat'

5 pjat' 50 pjat'desjat' 500 pjat'swt"

shest'desja 6 shest' 60 600 shest'swt" t'

sedm'desja 7 sed'm' 70 700 sedm'swt" t'

157157 http://justin.zamora.com/slavonic/numerals.html

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8 osm' 80 osm'desjat' 800 osm'swt"

devjat'desj devjat'swt 9 devjat' 90 900 at' "

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APPENDICE E Gli imperatori bizantini

Costantino - 337 Fonda Costantinopoli nel 330 seguee reazione pagana con Giuliano Dinastia Teodosiana Teodosio I 379 - 395 Alla sua morte Onorio in Occidente e Arcadio in Oriente Arcadio 395 - 408 Allontanò I Goti dalla Tracia e li spinge verso occidente Teodosio II 408 - 450 Costruì le mura di Costantinopoli - Alarico prende Roma Marciano 450 - 547 Respinge i barbari Dinastia Trace Leone I il 457 - 474 Respinse gli Alani-fallisce la missione contro Genserico Grande Leone II 474 Zenone 474 - 491 476 fine impero d’Occidente -Gli Ostrogoti ( re Teodorico) conquistano i Balcani Zenone spinge Teodorico verso l’Italia- Zenone muore bruciato vivo Anastasio I 491 - 518 I Bulgari invadono i Balcani- Anastasio appoggia i monofisiti Dinastia Giustinianea Giustino I 519 - 527 Ristabilisce l’unità religiosa con Roma- Ostilità con i Persiani Giustiniano I 527 - 565 Riorganizza lo stato e riconquista l’occidente con Belisario e Narsete- Santa Sofia Giustino II 565 - 578 I Longobardi invadono l’Italia;Gli sforzi di Bisanzio si rivolgono invece verso oriente per impedire che gli Slavi invadano La Tracia, la Macedonia e la Grecia Tiberio I 578 - 582 Maurizio 582 - 602 Ferma i Persiani in Siria, in Illiria e Armenia-Gli Slavi nei Balcani- Morto decapitato Foca 602 - 610 Una rivolta militare lo porta al potere, ma è incapace di mantenere le posizioni conquistate dai suoi predecessori.Deposto da un’altra rivolta militare-Morto smembrato Dinastia Eracliana Eraclio 610 - 641 I Persiani conquistano Gerusalemme trafugando preziose reliquie nel 627 sgominò i persiani. Si scatena l’offensiva araba in Siria e Egitto-morto mutilato Costantino II 641 L’impero si difende dagli arabi lungo il Tauro e quindi difendendo l’europa orientale, ma abbandona l’Africa- Morto avvelenato Costante II 642- 668 Combatte gli slavi in MacedoniaGli arabi occupano Cirenaica e Tripolitania-La flotta bizantina sconfitta dagli arabi nella LiciaUcciso a bastonate Costantino IV 668 -685 Pogonato Cerca di fermare i Bulgari che superato il Danubio si

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sono stanziati in Mesia Giustiniano II 685 -711 Rinotmeto Guerre contro I Bulgari,deposto da congiura militare;perde il naso decapitato Leonzio 695 - 698 Usurpatore-gli arabi a Cartagine- impiccato da GiustinianoII alla ripresa del potere Tiberio II 698 - 705 Usurpatore- impiccato da GiustinianoII alla ripresa del potere Filippico 711 - 713 Con un complotto depone Giustiniano II e lo decapita -accecato da AnastasioiII Anastasio II 713 - 716 Teodosio III 716 -717 Deposto da LeoneIII Dinastia Isaurica Leone III 717 - 740 Respinge l’assedio degli arabi contro Costantinopoli-Inizia la lotta alle immagini Nel 732 gli arabi sono fermati a Poitiers dai Franchi Costantino V 740 - 775 Copronimo-inasprì la lotta alle immagini anche con persecuzioni- molto odiato soprannominato Sterco-Ravenna in mano ai Longobardi- Leone IV 775 - 780 Costantino VI 780 - 797 La tutrice la madre Irene ammorbidisce la politica iconoclasta e il figlio che si opponeva fu accecato e detronizzato. Irene prende il potere. Irene 797 - 802 Gli iconoduli presero il potere, Convocò il II° concilio di Nicea (787) finchè un complotto la detronizzò e esiliò all’isola di Lesbo. Niceforo I 802 - 811 Accetto un iconodulo come patriarca, ma impose tasse sui beni ecclesiatici Stauracio 811 Michele I 811 - 813 Rangabe-Bisanzio riconosce l’autorità di Carlo Magno in Occidente Leone V 813 - 820 Armeno -nuovo sinodo iconoclasta a Santa Sofia-pugnalato e decapitato Dinastia Frigia Michele II 820 - 829 Arabi occupano Creta Teofilo 829 - 842 Gli arabi in Sicilia Michele III 842 - 867 La basilissa Teodora tutrice di Michele restaurò il culto nel 843 - Morto pugnalato Nel 864 lo zar Boris di Bulgaria si converte. Cirillo e Metodio partono per la Moravia Dinastia Macedone (armena) Basilio I 867 - 886 ilMacedone- assassina il suo padre adottivo Michele.-Rottura tra papato e Bisanzio Leone VI 886 - 912 Il Filosofo-I bizantini sono sconfitti dagli arabi a Milazzo Costantino VII 912 - 959 Porfirogenito- Alessandro reggente(912-913) Romano I Lecapeno Coreggente(919-944) morto avvelenato Romano II 959 -963 Morto avvelenato Basilio II 963 - Bulgaroctono Conversione (989) del popolo della Rus’ col principe 1025 Vladimir Costantino VIII 1025- Niceforo Foca coreggente (969-972)- Creta e Siria liberate dagli

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1028 arabi Giovanni 969 - 976 Usurpatore, uccide Foca in una congiura di palazzo Zimisce Zoe 1028- Associa al trono RomanoIII Argyros 1° marito(1028-1034) e 1050 Michele IV II° marito(1034-1041) Michele V 1041- Calafate figlio adottivo morto accecato 1042 Costantino IX 1042- Monomaco 3° marito 1054 Teodora 1054- Sorella di Zoe-(1054) Scisma tra la chiesa di oriente e occidente 1056 Michele VI 1056- Designato da Teodora 1057 Isacco I 1057- Comneno 1059 Costantino X 1059- Ducas 1067 Romano IV 1067- Diogene morto avvelenato e accecato 1071 Michele VII 1071- I Selgiuchidi sconfiggonoibizantini a Mantzikert e conquistano 1078 l’Asia minore. Niceforo III 1078- Botoniate 1081 Dinastia dei Comneni Alessio I 1081- Angelo- I Crociati conquistano Gerusalemme 1118 Giovanni II 1118- 1143 Manuele I 1143- 1180 Alessio II 1180- Morto strangolatoe decapitato 1183 Andronico I 1183- Mutilato e torturato 1185 Dinastia degli Angeli Isacco II 1185- Angelo- accecato 1195 Alessio III 1195- Angelo 1203 Alessio IV 1203- Con Isacco II per la 2° volta- morto strangolato 1204 Alessio V 1204 Marzuflo Antiimperatore -accecato e mutilato Imperatori Latini di Costantinopoli Baldovino 1204- Presa di Costantinopoli -fondazione dell’impero latino d’oriente (Fiandra) 1205

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Enrico (Fiandra) 1205- 1216 Pietro 1216- Con Iolanda di Fiandra (Courtenay) 1219 Roberto(Courte 1221- nay) 1228 Baldovino II 1228- Con Giovanni di Brienne (1229- 1237) 1261 Imperatori di Nicea Teodoro I 1206- Lascaris 1222 Giovanni III 1222- Vatatze 1254 Teodoro II 1254- Lascaris 1258 Giovanni IV 1258- Lascaris-accecato 1259 Michele VIII 1259- Paleologo Usurpatore 1261 Dinastia dei Paleologi Michele VIII 1261- Paleologo 1282 Andronico II 1282- 1328 Andronico III 1328- 1341 Giovanni V 1341- Giovanni VI Cantacuzeno coreggente(1341-1355) 1376 Andronico IV 126-1379 accecato Giovanni V 1379- Per la 2° volta 1391 Giovanni VII 1390 Paleologo Anti Imperatore- accecato Manuele II 1391- Gli Ottomani nel nord dei Balcani e conquista della Bulgaria 1425 Giovanni VIII 1425- 1430 i Turchi prendono Tessalonica 1448 Costantino XI 1448- 1453 I Turchi espugnano Costantinopoli 1453

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APPENDICE F I Papi di Roma

1 Pietro Morto crocefisso tra il 64 e il 67 2 Lino (santo 67-76) Sotto il suo pontificato gli evangelisti Marco e Luca vennero martirizzati 3 Anacleto I santo 77 -88 martire dopo aver fatto edificare la tomba di San Pietro 4 Clemente I (santo 89 – 97) fu gettato in mare con un'ancora legata al collo 5 Evaristo (santo 97 -105) istituì delle parrocchie e divise la città in diaconie 6 Alessandro I primo eletto in base ad una scelta fatta tra i vescovi presenti a Roma 7 Sisto I (santo 115 – 125) Di origine romana combattè l'eresia gnostica 8 Telesforo (santo 125 – 136) Compose l'inno Gloria in excelsis Deo, 9 Igino (santo 136 – 140) . Il Liber Pontificalis gli attribuisce il regolamento del clero, 10 Pio I (santo 144 – 155) gli si attribuisce la scelta, della data di celebrazione della Pasqua, che ritenne far coincidere con la prima domenica successiva al plenilunio di Marzo 11 Aniceto 157 – 158 Concentrò i suoi sforzi contro le eresie 12 Sotero 168 -188 Il primo Papa della carità universale 13 Eleuterio 177 - 185 Coinvolse la diplomazia nella lotta contro le eresie 14 Vittore I 186 – 197 Introdusse la Pasqua di Domenica 15 Zefirino 198 – 217 Nominò per la prima volta un vicario 16 Callisto I 218 - 222 Il suo progressismo sociale provocò il primo scisma 17 Urbano I 222 – 230 Incrementò i beni temporali della chiesa 18 Ponziano 230 – 235 Come San Clemente fu costretto ad abdicare 19 Antero 235 – 236 Curò una raccolta di atti dei Martiri 20 Fabiano 236 – 250 Costituì i quadri della Roma cristiana 21 Cornelio 251 – 253 Convocò un concilio per evitare un nuovo scisma 22 Lucio I 253 – 254 Emanò un decreto sugli accompagnatori dei Vescovi 23 Stefano I 254 – 257 Tese ad affermare la supremazia della chiesa di Roma sulle altre 24 Sisto II 257 – 258 Rasserenò le relazioni con la chiesa di Cartagine 25 Dionisio 259 – 268 Aiutò le chiese orientali Colpite dai barbari 26 Felice I 269 – 274 Cercò di ristabilire il dogma della Trinità 27 Eutichiano 275 – 283 Istituì l’offertorio durante la messa 28 Caio 283 – 296 Negli anni del suo pontificato si moltiplicarono le eresie 29 Marcellino 296 – 304 Visse la stagione delle terribili persecuzioni di Diocleziano 30 Marcello I 308 – 309 Riorganizzò la chiesa dopo le persecuzioni 31 Eusebio 309 – 310 Fu Papa solo per 4 mesi, poi fu esiliato da Massenzio 32 Milziade 311 – 314 Organizzò il primo concilio d’accordo con l’imperatore 33 Silvestro I 314 – 335 Fu il primo Papa riconosciuto dallo stato 34 Marco 336 Affidò al vescovo di Ostia la consacrazione del Papa 35 Giulio I 337 – 352 Ristabilì l’autorità della chiesa di Roma 36 Liberio 352 -366 Per tornare a Roma si piegò alla dottrina eretica ariana 37 Damaso I 366 – 383 Fu il primo Papa mecenate della storia 38 Siricio 384 – 399 Affermò l’assoluto primato del vescovo di Roma 39 Anastasio I 399 – 401 Obbligò i sacerdoti ad ascoltare in piedi il Vangelo

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40 Innocenzo I 401 – 417 Sotto il suo pontificato vi fu il sacco di Roma di Alarico 41 Zosimo 417 – 418 Combattè contro l’eresia pelagiana 42 Bonifacio I 418 – 422 Rischiò lo scisma con la chiesa d’Africa 43 Celestino I 422 – 432 Ristabilì il dogma “Maria Madre di Dio 44 Sisto III 432 – 440 Incrementò le chiese di Roma 45 Leone I Magno 440 – 461 Costrinse Attila a ritirarsi, salvando Roma 46 Ilario 461 – 468 Sperperò i beni della chiesa in opere architettoniche 47 Simplicio santo 468 – 483 Decise il decentramento dei poteri del clero 48 Felice III 483 – 492 Cercò di sanare i dissidi con la chiesa d’oriente 49 Gelasio I 492 – 496 Si operò per la distinzione fra politica e religione 50 Anastasio II 496 – 498 Fu conciliante con gli eretici monofisiti 51 Simmaco 498 – 514 Diede le prime disposizioni per l’elezione del Papa 52 Ormisida 514 – 523 Ebbe un figlio che divenne Papa a sua volta 53 Giovanni I 523 – 526 Fu il primo Papa ad andare a Costantinopoli 54 Felice IV 526 – 530 Ottenne il diritto di giudicare le contese fra laici e religiosi 55 Bonifacio II 530 – 532 Fu il primo Papa a non essere dichiarato santo 56 Giovanni II 533 – 535 Fu il primo Papa a cambiare nome dopo la sua elezione 57 Agapito I 535 -536 Tentò di non far invadere l’Italia da Giustiniano 58 Silverio 536 -537 Affrontò gli inizi della guerra Bisanzio –Goti 59 Vigilio 537 – 555 Restaurò catacombe e luoghi di culto 60 Pelagio I 556 -561 Con lui si aprì lo scisma con Milano e Acquilea 61 Giovanni III 561 – 574 I Longobardi si impadronirono dell’Italia 62 Benedetto I 575 -579 Dall’imperatore ricevette la croce d’oro di San Pietro 63 Pelagio II 579 -590 Nel suo pontificato Roma visse l’incubo della peste 64 Gregorio I Magno 590 -604 Elaborò un sacramentarlo che porta il suo nome 65 Sabiniano 604 -606 Durante una grave carestia fece pagare il grano 66 Bonifacio III 607 Eletto dopo contrasti fu papa per soli 6 mesi 67 Bonifacio IV 608 – 615 Ottenne dall’imperatore Foca il Pantheon 68 Adeodato I 615 618 Con lui i documenti papali divennero ‘Bolle’ 69 Bonifacio V 619 – 825 Promosse l’evangelizzazione dell’Europa settentrionale 70 Onorio I 625 – 638 Fu uno dei più grandi costruttori di chiese 71 Severino 640 Fu papa solo per due mesi 72 Giovanni II 640 – 642 Combattè l’eresia monotelitica 73 Teodoro I 642 – 649 Condannò diversieretici monoteliti 74 Martino I 649 – 655 Nemico delle eresie, fu incarcerato ed esiliato 75 Eugenio 654 – 657 Affrontò le eresie della chiesa di Costantinopoli 76 Vitaliano 657 -672 Riuscì a ridare slancio alla cristianità britannica 77 Adeodato II 672 – 676 Confermò ai veneziani il diritto di eleggersi il Doge 78 Dono 676 – 678 Con lui si compose lo scisma della chiesa ravennate 79 Agatone 678 – 681 Si distinse per la profondità della dottrina e per lo spirito caricatevole 80 Leone II 682 - 683 Istituì l’aspersione dell’acqua santa sul popolo

F-2 Manuale di Iconografia bizantina e postbizantina

81 Benedetto II 684 – 685 Svincolò la chiesa di Roma dall’ingerenza dello stato 82 Giovanni V 685 – 686 Rimise ordine nelle diocesi di Sardegna e Corsica 83 Conone 686 – 687 Gravemente malato, passò le sue giornate a letto 84 Sergio I 687 – 701 Introdusse nella liturgia la preghiera dello =Agnus Dei” 85 Giovanni VI 701 – 705 Difese la chiesa contro l’imperatore d’oriente 86 Giovanni VII 705 – 707 Depose il sudario della Veronica in San Pietro 87 Sisinnio 708 Volle restaurare le mura di Roma. Morì dopo 20 giorni 88 Costantino 708 – 715 Inaugurò il bacio al “Santo piede” di Pietro 89 Gregorio II 715 – 731 Promosse l’evangelizzazione della Germania 90 Gregorio III 731 – 741 Istituì l’obolo di San Pietro 91 Zaccaria 741 – 752 Fu il primo Papa a consacrare un sovrano 92 Stefano II 752 – 757 Alla sua elezione si vide la prima sedia gestatoria 93 Paolo I 757 - 767 Considerato il salvatore di molte reliquie di martiri 94 Stefano III 768 – 772 Cercò di sanare i disordini provocati dagli antipapa 95 Adriano I 772 – 795 Instaurò la prima forma di nepotismo 96 Leone III 795 – 816 Incoronò Carlo Magno in San Pietro la notte di Natale del 800 97 Stefano IV 816 – 817 Cercò di sottomettere l’autorità imperiale 98 Pasquale I 817 – 824 A lui si devono i primi interventi sociali 99 Eugenio II 824 – 827 Gli si attribuisce l’istituzione dei seminari 100 Valentino 827 Uomo molto pio; fu papa solo per 40 giorni 101 Gregorio IV 828 – 844 Istituì la festa di Tutti i Santi 102 Sergio II 844 – 847 Con lui San Pietro e San Paolo furono saccheggiate 103 Leone II 847 – 855 Edificò la ‘Città Leonina’ intorno al Vaticano 104 Benedetto III 855 – 858 Molto legato alla santità dei sacramenti 105 Niccolò I Magno 858 – 867 Fissò la festa dell’Assunzione il 15 Agosto 106 Adriano II 867 – 872 Migliorò il rapporto della chiesa romana con l’oriente 107 Giovanni VIII 872 – 882 Riuscì a salvare Roma dall’attacco dei saraceni 108 Marino I 882 – 884 Ebbe buone relazioni col re d’Inghilterra 109 Adriano III 884 – 885 Svincolò l’elezione del Papa dalla volontà imperiale 110 Stefano V 885 – 891 Proibisce la prova dell’acqua e del fuoco nei giudizi 111 Formoso 891 – 896 Convertì i popoli Bulgari 112 Bonifacio VI 896 Fu il secondo pontificato più breve 113 Stefano VI 896 – 897 Il suo regno fu segnato dall’anarchia 114 Romano 897 Fu deposto tre mesi dopo l’elezione 115 Teodoro II 898 Il suo pontificato è il quarto per brevità: 20 giorni 116 Giovanni IX 898 -900 Ristabilì la volontà imperiale sull’elezione papale 117 Benedetto IV 900 -903 Con il suo pontificato inizia l’era ‘tenebrosa’ 118 Leone V 903 Deposto dopo un mese dall’antipapa Cristoforo 119 Sergio III 904 – 911 Sulle sue monete è ritratta per la prima volta la tiara 120 Anastasio III 911 – 913 Con lui i Normanni si convertirono al cristianesimo 121 Landone 913 – 914 Si adeguò alla aristocrazia laica romana

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122 Giovanni X 914 – 928 Sconfisse i Saraceni che minacciavano l’Italia 123 Leone IV 928 – 929 Fece rifiorire le arti, i commerci e le industrie 124 Stefano VII 929 -931 Fu scelto dalla potente patrizia romana Marozia 125 Giovanni XI 931 – 936 Figlio di Marozia, che lo fece eleggere Papa 126 Leone VII 936 -939 Riformò e riedificò il monachesimo 127 Stefano VIII 939 -941 Continuò l’opera di riforma monastica 128 Marino II 942 – 946 Seguì la strada di Stefano VIII per i monasteri 129 Agapito II 946 – 955 Si rifiutò di incoronare l’imperatore Ottone I 130 Giovanni XII 955 – 964 Riportò la chiesa sotto la tutela dell’imperatore 131 Leone VIII 963 – 965 Semplice laico, fu scelto dall’imperatore Ottone I 132 Benedetto V 965 Fu deposto dopo un mese dall’imperatore Ottone I 133 Giovanni XIII 965 – 972 Introdusse l’uso di benedire e dare un nome alle campane 134 Benedetto VI 973 – 974 Fu rinchiuso dai ribelli in Castel Sant’Angelo 135 Benedetto VII 974 – 983 Condannò l’antipapa Bonifacio VII 136 Giovanni XIV 983 – 984 Fu rinchiuso in Castel Sant’Angelo dall’anti Papa Bonifacio VII 137 Giovanni XV 985 – 996 Fu il primo ad iniziare la canonizzazione dei santi 138 Gregorio V 996 – 999 Istituì la commemorazione dei defunti 139 Silvestro II 999 – 1003 Lanciò il primo appello per liberare il Santo Sepolcro 140 Giovanni XVII 1003 Il nome Giovanni XVI fu preso da un antipapa 141 Giovanni XVIII 1004 – 1009 Favorì l’opera missionaria fra gli Slavi 142 Sergio I 1009 – 1012 Salvò il Santo Sepolcro dalla distruzione 143 Benedetto VIII 1012 – 1024 Stabilì che i clerici non si sposassero 144 Giovanni XIX 1024 – 1032 Protesse Guido d’Arezzo inventore delle note musicali 145 Benedetto IX 1032 – 1044 Fu eletto a 12 anni e fu Papa tre volte 146 Silvestro III 1045 Fu deposto dal suo predecessore dopo 22 Giorni 147 Benedetto IX 1045 Come disse Voltaire ‘Comprò e vendette il pontificato’ 148 Gregorio VI 1045 – 1046 Gli si attribuisce la creazione dell’esercito pontificio 149 Clemente II 1046 – 1047 Scomunicò la simonia negli ordini ecclesiastici 150 Benedetto IX 1047 – 1048 Ritornò sul trono pontificio lasciandolo dopo 8 mes 151 Damaso II 1048 Morì dopo 23 giorni di pontificato, forse avvelenato 152 Leone IX 1049 – 1054 Combatté la simonia e lo scisma della chiesa greca 153 Vittore II 1055 – 1057 Continuò la lotta contro la simonia 154 Stefano IX 1057 – 1058 Contrastò la corruzione e il malcostume ecclesiastici 155 Niccolò II 1058 – 1061 Stabilì che il pontefice fosse eletto dai soli cardinali 156 Alessandro II 1061 – 1073 Approvò l’opposizione al massacro degli Ebrei 157 Gregorio VII 1073 – 1085 Con lui ebbe inizio la “Lotta per le Investiture” 158 Vittore III 1086 – 1087 Esitò 19 mesi prima di accettare l’elezione 159 Urbano II 1088 – 1099 Lanciò la I° Crociata per riconquistare Gerusalemme 160 Pasquale II 1099 – 1118 Fu costretto dalle fazioni antipapali a lasciare Roma 161 Gelasio II 1118 – 1119 Si rifugiò in Francia e morì nel monastero di Cluny

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162 Callisto II 1119 – 1124 Pose fine allo scisma dell’antipapa Gregorio VIII 163 Onorio II 1124 -1130 Fu eletto fra i tumulti della fazione dei Frangipane 164 Innocenzo II 1130 – 1143 Il suo fu un pontificato di rivolte e antipapi 165 Celestino II 1143 -1144 Tolse la scomunica alla Francia e a Luigi VII 166 Lucio II 1144 – 1145 Fu ucciso durante una insurrezione popolare 167 Eugenio III 1145 – 1153 Diede il via alla II° crociata ed istituì l’ordine di Malta 168 Anastasio IV 1153 -1154 Ricordato per la carità durante una carestia 169 Adriano IV 1154 -1159 Unico papa inglese; condannò a morte Arnaldo da Brescia 170 Alessandro III 1159 – 1181 Scomunicò il Barbarossa; condannò i Valdesi 171 Lucio III 1181 -1185 Al Concilio di Verona pose le basi dell’Inquisizione 172 Urbano III 1185 -1187 Eletto a Verona, non raggiunse mai Roma 173 Gregorio VIII 1187 Eletto a Ferrara, morì a Pisa nel viaggio verso Roma 174 Clemente III 1187 – 1191 Avviò la III° Crociata con Riccardo Cuor di Leone 175 Celestino III 1191 – 1198 Approvò l’ordine dei Cavalieri Teutonici 176 Innocenzo III 1198 – 1216 Diede il via alla IV° Crociata 177 Onorio III 1216 – 1227 Con il “Liber Censorium” definì i diritti dei Papi 178 Gregorio IX 1227 – 1241 Scomunicò Federico II e canonizzò San Francesco 179 Celestino IV 1241 Il Senato chiuse i cardinali a chiave “Cum Clave” 180 Innocenzo IV 1243 -1254 Con Luigi IX di Francia intraprese la VII crociata 181 Alessandro IV 1254 – 1261 Canonizzò Santa Chiara e condannò i ‘Flaggellanti’ 182 Urbano IV 1261 – 1264 Arrivato in conclave per caso, fu eletto a sorpresa 183 Clemente IV 1265 – 1268 Scomunicò Corradino di Svezia 184 Gregorio X 1271? – 1276 Fu eletto dopo quasi 3 anni di sede vacante 185 Innocenzo V 1276 Il conclave che lo elesse osservò la clausura totale 186 Adriano V 1276 Morì dopo 36 giorni senza essere consacrato 187 Giovanni XXI 1276 – 1277 Per un errore fu saltato Giovanni XX 188 Niccolò III 1277 – 1280 Fu il primo Papa a risiedere stabilmente in Vaticano 189 Martino IV 1281 – 1285 Sotto il suo papato scoppiò la guerra dei Vespri Siciliani 190 Onorio IV 1285 – 1287 Tentò di riavvicinare la chiesa Greca e l’Islam 191 Niccolò IV 1288 – 1292 Fu il primo pontefice francescano 192 Celestino V 1294 Colui che per viltade fece il gran rifiuto (Dante) 193 Bonifacio VIII 1294 – 1303 Nel 1300 celebrò il primo Anno Santo della storia 194 Benedetto XI 1303 – 1304 Il nome di Benedetto X fu preso da un antipapa 195 Clemente V 1305 – 1314 Trasferì la sede ad Avignone e soppresse i Templari 196 Giovanni XXII 1316 – 1334 Istituì il tribunale della Sacra Rota 197 Benedetto XII 1334 – 1342 Riformò i benedettini, francescani e domenicani 198 Clemente VI 1342 – 1352 Prescrisse di celebrare l’Anno Santo ogni 50 anni 199 Innocenzo VI 1352 – 1362 Ordinò lo stato pontificio con lo spagnolo Albornoz 200 Urbano V 1362 – 1370 Cercò invano di riportare la sede papale a Roma 201 Gregorio XI 1370 – 1378 Riuscì a riportare la sede apostolica a Roma

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202 Urbano VI 1378 – 1389 Nel suo pontificato ci fu il “Grande scisma di Occidente” 203 Bonifacio IX 1389 – 1404 Celebrò il giubileo del 1400 (antipapa ad Avignone) 204 Innocenzo VII 1404 -1406 Il papato fu segnato da tumulti; si rifugiò a Viterbo 205 Gregorio XII 1406 -1415 Cercò invano di porre fine al ‘Grande scisma 206 Martino V 1417 -1431 Fu eletto durante il concilio di Costanza 207 Eugenio IV 1431 -1447 Assistette a uno scisma con elezione di un antipapa 208 Niccolò V 1447 -1455 E’ considerato il fondatore della biblioteca Vaticana 209 Callisto III 1455 -1458 Cercò di formare una lega cristiana contro i Turchi 210 Pio II 1458 – 1464 Si appellò ai cristiani per la lotta contro i Turchi 211 Paolo II 1464 -1471 Stabilì che l’anno santo fosse celebrato ogni 25 anni 212 Sisto IV 1471 -1484 Papa secolare Diede il nome alla cappella Sistina 213 Innocenzo VIII 1484 – 1492 Fu il Papa della lotta contro le streghe 214 Alessandro VI 1492 – 1503 Intrighi e dissolutezze con i figli Cesare e Lucrezia Borgia 215 Pio III 1503 Morì pochi giorni dopo l’elezione 216 Giulio II 1503 – 1513 Si circondò di grandi artisti come Michelangelo, Raffaello e Bramante 217 Leone X 1513 – 1521 Con lui iniziò la protesta di Martin Lutero 218 Adriano VI 1522 – 1523 Combattè la riforma protestante 219 Clemente VII 1523 – 1534 Subì lo scisma d’Inghilterra e la diffusione del luteranesimo 220 Paolo III 1534 – 1549 Riformò la Chiesa; aprì il concilio di Trento 221 Giulio III 1550 – 1555 Riaprì il concilio di Trento dopo due anni di sospensione 222 Marcello II 1555 Morì nel Ventesimo giorno del suo pontificato 223 Paolo IV 1555 - 1559 Lottò contro le eresie e riformò la chiesa 224 Pio IV 1559 – 1565 Riuscì a concludere il Concilio di Trento 225 Pio V 1566 – 1572 Riformò la chiesa sulla linea del Concilio di Trento 226 Gregorio XIII 1572 - 1585 Lavorò alla formazione del clero 227 Sisto V 1585 – 1590 Papa delle riforme. Ristrutturò la Curia romana 228 Urbano VII 1590 Mori tredici giorni dopo l’elezione 229 Gregorio XIV 1590 – 1591 Lottò contro la peste, la carestia e il banditismo 230 Innocenzo IX 1591 Fu ammalato per tutto il pontificato 231 Clemente VIII 1592 – 1605 Si concentrò sullo scontro fra cattolici e ugonotti 232 Leone XI 1605 Morì dopo soli 17 giorni di pontificato 233 Paolo V 1605 – 1621 Fu il Pontefice delle contese con Venezia e la Francia 234 Gregorio XV 1621 – 1623 Stabilì che al conclave la votazione fosse segreta 235 Urbano VIII 1623 – 1644 E’ il mecenate della stagione del barocco romano 236 Innocenzo X 1644 – 1655 Durante il suo pontificato si diffuse l’eresia del giansenismo 237 Alessandro VII 1655 – 1557 Fu in balia delle prepotenze del re di Francia Luigi XIV 238 Clemente IX 1667 -1669 Assicurò tranquillità nelle discussioni sul ‘Giansenismo’

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239 Clemente X 1670 – 1676 Papa a 80 anni, lasciò al nipote il governo della chiesa 240 Innocenzo XI 1676 – 1689 Incominciò una grande opera di moralizzazione 241 Alessandro VIII 1689 – 1691 Usò i beni della chiesa per arricchire i parenti 242 Innocenzo XII 1691 -1700 Chiuse la questione delle libertà gallicane 243 Clemente XI 1700 – 1721 Fu decisivo nella condanna del Giansenismo 244 Innocenzo XIII 1721 -1724 Ricompose i conflitti con gli stati cattolici 245 Benedetto XIII 1724 – 1730 Domenicano, condusse una vita ascetica 246 Clemente XII 1730 – 1740 Promosse l’avvicinamento dei protestanti ai cattolici 247 Benedetto XIV 1740 – 1758 Fu eletto dopo 254 scrutini. Stimato dai protestanti e illuministi 248 Clemente XIII 1758 – 1769 Durante il suo pontificato iniziò l’espulsione dei Gesuiti 249 Clemente XIV 1769 – 1774 Decretò la soppressione della compagnia di Gesù 250 Pio VI 1775 – 1799 Fu arrestato durante la rivoluzione Francese 251 Pio VII 1800 – 1823 Scomunicò Napoleone che incorporò gli Stati Pontifici 252 Leone XII 1823 – 1829 Lottò contro il brigantaggio negli stati Pontifici 253 Pio VIII 1829 - 1831Si rifiutò di approvare l’interventismo di Metternich 254 Gregorio XVI 1831 – 1846 Governò la Chiesa verso il Risorgimento 255 Pio IX 1846 – 1878 Definì il Dogma della “Immacolata Concezione” 256 Leone XIII 1878 – 1903 Con la “Rerum Novarun” affrontò la questione sociale 257 Pio X 1903 -1914 Suo il catechismo rimasto in uso fino al Concilio Vaticano II 258 Benedetto XV 1914 – 1922 Condannò la I° Guerra mondiale definendola una inutile strage 259 Pio XI 1922 – 1939 Negoziò i patti Lateranensi; nasce lo Stato del Vaticano 260 Pio XII 1939 – 1958 Il Papa della II° guerra mondiale 261 Giovanni XXIII 1958 – 1963 Avviò il concilio Vaticano II°

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APPENDICE G Breve storia della Russia e Cronologia La Russia primitiva non era propriamente una nazione, ma un insieme di città slave nella parte orientale e sud orientale d’Europa. Secondo la tradizione, nella prima parte del IX° secolo alcune popolazioni scandinave chiamate Varenghi, attraversarono il mar Baltico e si insediarono nei territori dell’Europa orientale. Il capo dei Varenghi era il semi leggendario guerriero Rurjk che condusse, nel 862, il suo popolo nella città di Novgorod sulle rive del fiume Volkhov. Non è chiaro se Rurjk prese la città con la forza o fu invece invitato, ma certamente egli e il suo popolo vi si insediarono. A Rurjk successe Oleg che espanse il suo potere verso Sud e nel 882 occupò Kiev, una città slava che era sorta nel V° secolo sulle rive del Dnieper. Oleg, con la conquista di Kiev, formò il primo stato stato dinastico unificato della regione e Kiev divenne un centro commerciale sulla via che univa la Scandinavia a Costantinopoli. Nel 989 il nipote Vladimir I divenne il capo di un regno che si estendeva fino al Mar Nero, alla catena del Caucaso e alle rive del Volga. Avendo deciso di creare una religione di stato, Vladimir esaminò attentamente le varie possibilità e alla fine decise per la fede Greco- Ortodossa. Alleandosi quindi con Bisanzio e l’Occidente. A lui successe Yaroslavl il Saggio il cui regno segnò l’apogeo della Russia kieviana; furono codificate le leggi, strette alleanze, incoraggiate le arti, ma malauguratamente alla fine decise di dividere il suo regno tra i suoi figli. Poche decadi dopo la sua morte (1054) la Russia kieviana si era spezzata in piccoli centri di potere regionali. Le divisioni interne favorirono l’invasione dei Cumans158 (Meglio conosciti come Kipchaks). In queste condizioni, la Russia kieviana entrò nel XIII° secolo, quando fu di nuovo distrutta dall’arrivo di un nuovo invasore, i Mongoli. Nel 1237, Batu Kan, nipote del famoso Gengis Kan invase la Russia kieviana e nei successivi tre anni i mongoli, o tatari, distrussero tutte le maggiori città ad eccezione di Novgorod e Pskov. I principi regionali non furono deposti dai mongoli, ma obbligati a pagare un tributo allo stato Tataro-Mongolo conosciuto come l’Orda d’Oro. Altre invasioni arrivarono da occidente, nel 1240 dagli svedesi e nel 1242 dai Cavalieri Livoniani, una branca dei Cavalieri Teutonici. Sia gli svedesi che i Cavalieri Livoniani furono sconfitti e respinti dal grande Alessandro Nevsky, principe di Novgorod, che prese il nome dalla vittoria sugli svedesi presso il fiume Neva.

158 Popolazione nomade di origine turca che abitava la parte sud orientale della Siberia e del Kazakistan

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Mentre i Tatari controllavano fermamente la parte sud-occidentale, le città nord-orientali guadagnavano sempre più influenza. Queste città furono prima Tver, poi intorno al XIV° secolo, Mosca. Come segno dell’importanza che la città aveva assunto, vi fu trasferito il patriarcato della chiesa ortodossa, facendone di fatto la capitale spirituale della Russia. Nell’ultima parte del secolo, Mosca divenne sufficientemente potente da minacciare i tatari e nel 1380 il principe moscovita Dmitri Donskoy li sconfisse a Kulikovo, ma i Tatari, due anni dopo, ripresero il controllo della città. Il giogo tataro su Mosca durò altri cento anni finché nel 1480 il Gran Duca Ivan III il Grande strappò il trattato che lo obbligava al tributo prendendo di fatto il controllo della regione, Ma soltanto, sotto il nipote Ivan IV il Terribile la Russia divenne di nuovo uno stato unificato. Il famoso Ivan IV il Terribile succedette al padre Vasily III come Gran Duca di Mosca nel 1533 all’età di tre anni. La madre fece la reggente finché Ivan compì otto anni, poi, per altri otto anni, furono reggenti vari boiardi e membri della nobiltà finchè nel 1547 prese il titolo di Zar, si impegnò nel ridurre il potere dei boiardi, a riorganizzare l’esercito e a prepararsi per cacciare definitivamente i Tatari. Nel 1552 conquistò Kazan e nel 1556 l’Astrakan distruggendo quindi il lungo potere dell’Orda d’Oro. Le campagne militari di Ivan contro i Tatari aprirono nuove aree all’espansione russa. Fu sotto Ivan IV che iniziò la colonizzazione della Siberia. A Ivan, morto nel 1584, succedette il figlio Fyodor che non aveva la pasta del padre e lasciò il gonerno della cosa pubblica al cognato Boris Godunov, che iniziò presto intrighi per assicurare la successione a se stesso. Nel 1591 assassinò Dmitri, il giovane fratello di Fyodor, nel posto ove ora sorge la chiesa di San Demetrio nel sangue a Uglik. Quando Fyodor morì nel 1598, fu nominato Zar, ma la sua elezione non fu considerata legittima da molti e presto in Polonia sorse un pretendente che affermava di essere Dmitri e nel 1604 invase la Russia. Godunov morì l’anno dopo e per la Russia iniziò quello che è conosciuto come il “Tempo dei Disordini”. Per i successivi otto anni due falsi Dmitri si contesero il trono, ambedue aiutati da invasioni polacche. Finalmente nel 1613 i polacchi furono cacciati da Mosca e i boiardi elessero Michail Romanov; la dinastia Romanov governò la Russia per i successivi 304 anni. I successivi Zar della dinastia Romanov mantennero lo status quo, mentre nel resto dell’Europa avvenivano grandi cambiamenti sociali e tecnologici. La situazione cambiò radicalmente con l’avvento al trono di Pietro il Grande nel 1689. Spese due anni in un lungo viaggio in Europa, spesso in incognito, ammassando una notevole conoscenza tecnica e amministrativa. Nei giorni che seguirono il suo ritorno in Russia fu chiaro il suo programma di modernizzazione tagliando personalmente la barba ai nobili. Il suo ritorno colpì la Russia come un uragano; bandì gli abiti

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Manuale di Iconografia bizantina e postbizantina

tradizionali, indisse il servizio militare obbligatorio, istituì le scuole tecniche, abolì il patriarca rimpiazzandolo con un sinodo, semplificò l’alfabeto, cambiò il calendario, cambiò il suo titolo da Zar a imperatore. Nel 1703 iniziò la più gigantesca delle sue imprese: costruire una nuova capitale, San Pietroburgo, nel golfo di Finlandia e abbandonare Mosca. Dopo la morte di Pietro nel 1725, molte sue riforme non misero radici in Russia e solo con l’avvento al trono di Caterina II la Grande, la Russia cominciò a influenzare la politica europea. Continuò la politica di Pietro il Grande e, essendo una grande appassionata di arte, fondò l’Hermitage, costruì palazzi, librerie ed accademie su tutto il territorio della Russia. Caterina morì nel 1796 e gli successe il figlio Paolo che regnò solo cinque anni, seguito dal figlio Alessandro I, ricordato come oppositore di Napoleone nella campagna di Russia del Giugno 1812 Nel XIX secolo la Russia si ingrandì notevolmente verso oriente, raggiungendo i confini della Cina e l’oceano Pacifico tanto che fu necessario costruire la Transiberiana (1891-1905). Nel 1894 salì al trono Nicola II. Nel 1905 i giapponesi si sentirono minacciati dalla politica espansionista verso oriente della Russia e iniziarono la guerra infliggendo forti sconfitte all’esercito russo. Il governo reazionario di Nicola II portò le masse proletarie dell’ormai industrializzate città sull’orlo della rivoluzione, che scoppiò definitivamente nel Novembre del 1917.

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Cronologia159 860 Askold e Dir, inviati di Rurik guerriero variago, liberano il Dnepr e attaccano Constantinopoli

LA DINASTIA RURIKOV 862-1613

862 Ascesa di Rurik a Novgorod 862-879? RURIK 879-913 OLEG 907 Spedizione del Principe Oleg contro Costantinopoli 911 Trattato con l'impero di Bisanzio 913-945 IGOR 941 Spedizione di Igor contro Costantinopoli 945 Trattato con l'impero di Bisanzio 945-962 OLGA 957 Olga battezzata a Constantinopoli 962-972 SVJATOSLAV 965-967 Sviatoslav conquista le città Kazare di Sarkel e Itil 980-1015 SAN VLADIMIR 988 Battesimo di Vladimir e conversione della Russia alla Cristianità (le confessioni pagane restano a livello rurale) 11th century Primo documento su corteccia di betulla Le strade di Novgorod vengono pavimentate (a Parigi solo nel 1184) A Novgorod realizzato acquedotto con tubi di legno 1016 L'alleanza russo-bizantina distrugge la Khazaria di Georgius Tzul 1019-1054 JAROSLAV IL SAGGIO 1037 Si incomincia la costruzione della Cattedrale di Santa Sofia a Kiev 1045-1057 Si incomincia la costruzione di Santa Sofia a Novgorod 1051 Il Monastero delle Grotte di Kiev, Peshchersk Lavra, fondato da Antonio di Chernigov 1054 Scisma della Chiesa Cattolica con la Chiesa d'Oriente 1054-1073 Prima versione della Russkaia Pravda, primo Codice di leggi scritte della Russia 1092?-1125 VLADIMIRO MONOMACO 1095 Prima elezione del Principe a Novgorod 1116 Viene scritta la ‘Primary Chronicle’ 1125-1157 YURI DOLGORUKI (fondatore di Mosca) 1147 Mosca viene fondata da Yuri Dolgoruki 1156 Il primo Cremlino costruito a Mosca 1157-1176 ANDREI BOGOLJUBSKIJ 1169 Sacco della città di Kiev da parte di Andrei Bogoljubskij, Principe di Vladimir-Suzdal 1176-1212 VSEVOLOD III "BALSCIOE GNEZDO" 1204 Quarta crociata, caduta di Costantinopoli; l'Impero Romano d'Oriente continua fino al 1261 1212-1237 YURI II 1223 Prima invasione mongola; Russi sconfitti sulla Kalka 1227 Morte di Genghis Khan 1237-1242 I Mongoli conquistano la Russia

159 http://www.cozy-corner.com/history_eng/chronology.htm

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Manuale di Iconografia bizantina e postbizantina

1237-1246 JAROSLAV II

1240 Vittoria di Alexander Nevsky sugli Svedesi presso il fiume Neva 1242 Battaglia del ghiaccio: Vittoria di Nevsky sui Cavalieri Teutonici presso il lago Peipus 1294 Prima icona russa datata e firmata di cui si ha notizia (Novgorod) 1300 Il Metropolita di Kiev si stabilisce a Vladimir 1326 Il Metropolita si stabilisce definitivamente a Mosca 1337 Fondazione del Monastero della Trinità a Sergiev Posad 1328-1340 IVAN I KALITA 1340-1353 SIMEONE IL PRUDENTE 1348 Pskov si stacca da Novgorod Il re svedese Magnus marcia contro Novgorod 1353-1359 IVAN II L'UMILE 1359-1389 DMITRI DONSKOI 1360 Nasce Andrei Rublev (data incerta) 1362 Kiev conquistata dal Granduca di Lituania, Olgerd 1378 Teofane il greco dipienge i primi affreschi a Novgorod 1380 Vittoria di Dmitri Donskoi sui Tartari a Kulikovo 1382 Mosca incendiata da Tokhtamysh 1389-1425 VASSILY I 1390-1430 Vita attiva del pittore di icone Andrei Rublev 1395 Disfatta dell'Orda d'Oro ad opera di Tamerlano 1425-1462 VASSILY II LO SCURO 1436 Fondazione del Monastero di Solovetsky 1439 Concilio ecumenico di Firenze per la riunione delle due chiese d'occidente e oriente 1441 Il Metropolita Isidore deposto dal Concilio di Firenze 1448 La chiesa russa viene dichiarata autonoma 1453 I Turchi Ottomani prendono Costantinopoli 1462-1505 IVAN III IL GRANDE 1471 Campagna di Ivan III contro Novgorod 1472 Matrimonio di Ivan III con Zoe (Sofia), nipote dell'ultimo imperatore bizantino 1480 FINE DELLA DIPENDENZA DI MOSCA DAI MONGOLI 1481-1502 Carriera attiva del pittore di icone Dionysius 1485 Cattedrale dell'Annunciazione costruita dagli scalpellini di Pskov 1485-1516 Costruzione del nuovo Cremlino a Mosca 1505-1533 VASSILY III 1505-1509 Cattedrale di San Michele Arcangelo costruita da Alevisio Nuovi da Milano 1510 Pskov entra a far parte del Granducato di Moscovia 1533-1538 REGGENZA DI ELENA GLINSKAYA 1533-1538 1538-1547 PERIODO DELLA REGGENZA CONTESA (BELSKYS E SHUISKYS) 1547-1584 IVAN IV (IL TERRIBILE) 1550-1555 Costruzione della Cattedrale di San Basilio per celebrare la caduta di Astrakan (1556) 1552 Caduta di Kazan 1558-1583 Guerra contro la Polonia e la Svezia per il possesso del Baltico 1570 Massacro ad oper di Ivan il Terrible a Novgorod 1571 I Tartari di Crimea bruciano Mosca 1584-1598 FEDOR I 1585 Fondazione di Arcangelo 1598-1605 BORIS GODUNOV Lord Protettore 1591 Lo zarievich Dimitri assassinato a Uglich 1613 Elezione di Michele Romanov come Zar da Zemskii Sobor

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1613-1645 MICHELE FEDOROVICH ROMANOV 1645-1676 ALESSIO MIKHAILOVICH ROMANOV 1654 Il consiglio della chiesa adotta le riforme di Nikon 1654 INIZIO DELLO SCISMA (Raskol) Unione dell'Ucraina con la Moscovia 1666 Il consiglio della chiesa destituisce il Patriarca Nikon 1676-1682 FEDOR III ROMANOV 1682 Pietro sale sul trono con Sofia come reggente 1684 Sofia per decreto da inizio alle persecuzioni religiose

Il Periodo imperiale, 1689-1917

1689-1725 PietroI, Il Grande 1697 Conquista di Kamchatka 1700-1721 Grande Guerra Nordica con la Svezia 1703 Fondazione di St. Petersburg 1713 Transferimento della capital a St. Petersburg 1725-1727 CATHERINA I SKAVRONSKA 1727-1730 PIETRO II ROMANOV 1730 Lotta per la successione 1730-1740 ANNA ROMANOVA 1740-1741 IVAN VI ROMANOV 1741-1762 ELIZABETH 1761-1762 PIETRO III ROMANOV 1762 Pietro III emette il Manifesto sui diritti della nobiltà Pietro III ucciso 1762-1796 CATHERINA II LA GRANDE VON ANHALT-ZERBST 1781-1786 Assorbimento della Ukraina nell’impero russo 1793 Seconda spartizione della Polonia 1795 Terza spartizione della Polonia 1796-1801 PAOLO I ROMANOV 1801-1825 ALESSANDRO I ROMANOV 1809 Annessione della Finlandia Aug 26 Battaglia di Borodino Sept 14 Napoleone entra a Mosca 1825-1855 NICHOLAS I ROMANOV 1825 Rivolta dei Decembristi 1830-1831 Rivolta polacca 1853-1856 Guerra di Crimea 1855 Morte di Nicholas I 1855-1881 ALEXANDER II ROMANOV 1867 March 30 Alaska venduta a United States of America 1870April 22 Nasce Vladimir Ilyich Ulyanov (Lenin) 1874 Boris Godunov 1877-1878 Guerra con la Turchia 1881-1894 ALEXANDER III ROMANOV 1891-1893 Alleanza Franco-Russia 1892 Tret'iakov dona la sua collezione alla città di Mosca 1894-1917 NICHOLAS II ROMANOV 1904-1905 Guerra Russo-Giapponese 1914 Inizio I°Guerra mondiale, St. Petersburg rinominata 'Petrograd' 1916 Assassinio diRasputin da FelixYusupov et al. 1917 1991 PERIODO SOVIETICO 1917 Rivoluzioni (February 23/March 8

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Manuale di Iconografia bizantina e postbizantina

APPENDICE H Glossario

o Acheiropoieta: “non .fatta da mano d’uomo”, immagine rivelata. o Akathistos: “non seduto”, inno alla Madre di Dio che si canta in piedi il sabato della quinta settimana di Quaresima; composto da Romano il Melode nel IV secolo, è un acrostico di ventiquattro strofe (ikos) corrispondenti alle ventiquattro lettere dell’alfabeto greco. Nell’anno 626 fu aggiunta una. Venticinquesima strofa. o Amnos: “agnello”, indica la frazione quadrata con inciso il monogramma di Cristo che il sacerdote ricava dal pane eucaristico. o Ampolle: contenitori in metallo o terracotta utilizzati per l’olio o l’acqua dei luoghi santi; portano immagini incise, prototipi delle prime icone. o Anacoreta: dal greco anachorein (“ritirarsi”), ha come sinonimo il termine “eremita”, da eremos (“deserto” o “luogo solitario”). o Analogion: pulpito o leggio sul quale viene esposta l’icona. o Anastasis: “Resurrezione”. E l’icona della Discesa di Cristo agli inferi.. o Antico dei Giorni: ossia il Logos della visione del profeta Daniele (7, 9); Vedi anche Signore di Sabaoth. Sostituisce Dio Padre non rappresentabile (vedi anche Signore di Sabaoth) Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. o Apoftegmi: fatti e detti dei Padri del deserto egiziano, raccolti oralmente e poi trascritti in greco, in ordine alfabetico. o Archimandrita: il superiore di uno o più monasteri- o Artoforion: dal greco “portatore del pane”, piccolo tabernacolo in cui si conserva l’Eucarestia. o Artos: pane eucaristico. o Askitis: asceta. o Atamano (dal polacco betman. Russo ataman, tedesco Hauptman ) : in origine fu il titolo del comandante in capo dell’esercito polacco; in seguito, nell’impero russo, indicava i comandante capo dei cosacchi. o Assist: sottili colpi di luce, striature d’oro o di colore molto luminoso, che irradiano dal volto, dalle vesti, dagli oggetti; indicano santità, illuminazione, deificazione della carne. o Basma:Copertura metallica dell’icona, la più diffusa fino al XVII sec. : si tratta di una striscia lavorata a sbalzo la cui funzione è quella di incorniciare l’icona lasciando scoperta l’immagine. o Berna: santuario, la parte più sacra del tempio dietro all’iconostasi dove si trova l’altare. o Benedizione greca: il pollice e l’anulare della mano destra si uniscono lasciando l’indice diritto, formando così l’anagramma di Cristo: IC XC;le due dita unite indicano anche l’ipostasi (unione) in Cristo delle due nature, l’umana e la divina. o Bolus: composto liquido di terra rossa, sego e colla organica, che viene steso sul levkas e su cui viene successivamente applicato l’oro zecchino in fogli durante il processo di doratura. o Cenobiti: monaci di un cenobio, dove si fa vita comune. o Cherubino: creatura angelica dalle molte ali, il nome deriva da Kerub, parola babilonese che indicava i geni alati, dalla testa di toro, posti a guardia delle porte. o Chirografo: l’elenco dei debiti dei morti come dice S.Paolo nella lettera ai Colonnesi: “Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l’incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati, annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli”. (Col 2,14) o Chitone: sottoveste o veste da casa dei greci, ornata da una fascia colorata (stìchos o clavus). o Clamide: manto leggero dei cavalieri e dignitari bizantini.

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o Clavio (in greco stìchos, in latino clavus): larga fascia ornamentale laterale sulla manica della tunica (chitone) di Cristo e degli apostoli. • o Climax: Opera ascetica di Giovanni Climaco, Igumeno del Monastero di Santa Caterina sul Sinai (VI, VII sec). Il termine greco si traduce con ‘Scala celeste’ perché indica i gradi delle virtù monastiche salendo i quali il monaco si avvicina alla virtù e alla grazia. o Cremlino (fortezza) : in generale qualsiasi fortezza con solide mura, torri e porte. In particolare indica il quartiere centrale di Mosca, di pianta quasi rettangolare e racchiuso fra potenti mura, già residenza degli zar di Russia- o Crepie : tegole o piastrelle in terracotta usate per rifinire i muri ma anche per affrescare le superfici delle chiese. o Culla: parte centrale della tavola dell’icona, ribassata al centro. o Decabristi (dal russo dekabr. ‘dicembre’ partecipanti all’insurrezione del dicembre 1825 a Pietroburgo e membri delle varie associazioni segrete che prepararono il moto subito soffocato- o Deesis: o DEISIS : Parola greca che significa ‘supplica’ e consiste in una composizione iconografica bizantina che rappresenta al centro il Cristo, con la Madre di Dio a sinistra e il Battista a destra. Quest’ultimo simbolegga la supplica (deesis) della chiesa vetero testamentaria mentre la Madre di Dio quella della chiesa neotestamentaria, o Diacono: serve la liturgia, vestito con stikarion e orarion. o Diakonikon: piccola sacrestia dietro l’iconostasi, a destra dell’altare. o Dinastia dei Commeni: imperatori bizantini dal 1081 al 1185 o Dinastia degli Angeli. Imperatori bizantini dal 1185 al 1204 o Dinastia dei Paleologi: imperatori bizantini dal 1261 al 1453 o Discos: patena dove si dispone il pane eucaristico (artos} in piccole frazioni (melismos). o Dodekaorton (in russo prazon-ki): dodici grandi feste dell’anno liturgico bizantino. Le feste despotìke, cioè di prima classe, sono precedute da un giorno di vigilia (preortia), sette di dopofesta (meteortia) e un ottavo giorno di congedo (apodosis). o Druzina ; il seguito del principe; Il gruppo di valorosi che combatte con lui in guerra e nelle incursioni e con lui trascorre la vita di corte nei periodi di pace. o Eisodos: dal greco “ingresso”. Sono le icone della Presentazione di Gesù (o di Maria) al Tempio e dell’Ingresso a Gerusalemme. o Emmanuele: Cristo bambino o giovane imberbe. o Encausto: Tecnica pittorica diffusa nel periodo classico greco e romano e trasmessa poi all’icona cristiana dei primi secoli; letteralmente la parola significa ‘colore sciolto nella cera fusa’ ; la tecnica veniva eseguita diluendo i colori in cera fusa e spalmandoli a caldo sulla superficie pittorica. o Epigonation: stoffa ricamata e inamidata, a forma di rombo, che pende dal fianco destro del celebrante. o Epitaphion: velo con l’immagine di Cristo morto, si usa in processione il venerdì (Pàrasceve} e il sabato santo.. o Epitrachelion: stola sacerdotale con scene evangeliche. o Escatologia: tutto ciò che concerne gli avvenimenti ultimi. o Esicasmo: dal greco esychia (“refrigerio”), indica quiete, silenzio, libertà dalle passioni; Corrente spirituale di Gregorio Palamas, distingue l’essenza di Dio, che è inconoscibile, dall'energia divina che si rivela come luce; è caratterizzata dalla ripetizione della preghiera di Gesù. o Etimasia: “preparazione del trono” per il Giudizio finale. o Etmano: vedi Atamano o Felon: da phelonion, antico manto liturgico vescovile senza apertura, corto davanti e lungo dietro, in seguito sostituito dal sakkos. o Filocalia: raccolta di detti e fatti dei Padri del deserto (apoftegmi). o Filoxenia: “accoglienza degli stranieri”, riferita all’ospitalità che Abramo offrì ai tre angeli- pellegrini. o Giuda Iscariota: Discepolo che tradì Cristo; il suo nome deriva dal greco Ioudas (in ebraico Judah –apprezzato, onorato), un nome proprio frequentemente usato nel nuovo e vecchio Testamento. Il soprannome di Iscariota deriva dalla città di origine “ Kerioth” o Carioth, città della Giudea. o Gerarchi, Tre santi gerarchi: San Basilio Magno, San Giovanni Crisostomo, San Gregorio. Sia nella Chiesa Orientale, che in quella Occidentale, i tre Santi vengono

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annoverati fra i "Padri della Chiesa": in Oriente l`appellativo con cui più frequentemente sono chiamati è quello di "Gerarchi". Ai santi Basilio e Giovanni si attribuiscono le due versioni della liturgia eucaristica più in uso nel mondo ortodosso; san Gregorio è invece considerato il maestro di dottrina trinitaria e per secoli è stato l`autore più letto in area bizantina. o Himation: dal greco “mantello”, è la toga dei romani, che Cristo porta sopra la tunica. o Horologion: libro liturgico bizantino simile al Libro delle Ore latino. o Hypapante: dal greco “incontro”, Gesù tra le braccia del vecchio Simeone. o IC XC; digramma di .”Gesù Cristo”. o Icona: dal greco eikon, immagine sacra a uso liturgico o per devozione privata. o Iconoclastia: “distruzione delle immagini”, movimento che perseguitò l’uso delle immagini sacre tra il 626 e 1’842. o Iconofili: amanti delle immagini. o Iconostasi: “luogo delle icone”, è il tramezzo ricoperto di immagini sacre che divide il naos dal bema, cioè la navata dal presbiterio. Si sviluppaparticolarmente in Russia tra il XIV e il XV sec., ampliando la precedente struttura del Templon. o leromonaco: monaco che ha ricevuto l’ordine sacerdotale. o Ieronda:: anziano, saggio del monastero ortodosso (corrisponde allo ei par russo). o Igumeno: superiore di un monastero cenobitico russo. In Russia, nei tempi antichi, il termine igumeno indicava il capo di ogni monastero mentre l’archimandrita era il capo di un monastero dell’eparchia. o Ipostasi: unità in Cristo della natura umana e divina. o JHWH: tetragramma di Jahvè che significa “Io sono Colui che sono”; il nome di Dio è impronunciabile per gli ebrei. o Katholikon: chiesa principale di un monastero greco-ortodosso. o Kenosis: spoliazione, abbassamento, annullamento, rinuncia, sacrificio; riferita all’icona del Battesimo di Gesù, della Crocifissione, della Discesa agli inferi. o Klobuc: copricapo semisferico usato dai metropoliti con fasce laterali, ornato di croci e cherubini. o Kokosniki («diadema») : il termine che fa allusione all’acconciatura contadina di cui ricorda la forma; indica gli archi decorativi ciechi che servono da transizione tra l’edificio cubico e la base cilindrica del tamburo o che assicurano il passaggio tra la base ottagonale e il tetto piramidale. Possono essere disposti su uno o più ordini, venir incorporati al colmo delle facciate oppure disposti sulle falde del tetto fino alla base del tamburo. Comparsi alla fine del XII secolo, conoscono una gran diffusione nei secoli XVI e XVII. Tanto nelle chiesa piramidali quanto in quelle a cupola, delle quali costituiscono uno dei principali elementi decorativi. o Kontakion: inni liturgici che si concludono con acclamazioni. o Koukoulion: cappuccio che copre testa e spalle del monaco che indossa il grande skema. o Koveeg: Incavo eseguito con appositi scalpelli nella faccia dell’icona da dipingere, lasciando tutto intorno un bordo in rilievo. Il termine russo (che significa ‘arca’)determina lo spazio sacro da dipinger, in riferimento al tema veterotestamentario dell’arca dell’alleanza. o Kvas: bevanda ottenuta dalla fermentazione di farina di cereali (orzo, avena, segale) in infusione con sostanze zuccherine e spezie; ha sapore acidulo ed è largamente usata dai contadini russi. o Lavra: dal greco “via”, strada su cui si affacciano le piccole capanne (kellia) degli eremiti greci. Monastero bizantino, ossia complesso di celle monastiche con in comune la chiesa, il forno, la foresteria e i magazzini. In Oriente e in Russia portavano di solito l’attributo di lavra i monasteri che disponevano di un ceno numero di edifici e di una comunità monastica numerosa, o Levkas: dal greco “bianco”, preparazione del fondo dell’icona con colla, gesso, polvere di alabastro o di ‘bianco di Meudon’, fra loro miscelati in proporzioni ben precise, che viene steso a caldo e poi levigato. o Lik: sguardo, volto, intéso non in senso fisico ma spirituale. o Loros: solenne omophorion usato dall’imperatore e dagli arcangeli Michele e Gabriele. o Mandylion: dall’arabo “asciugamano”, è il lino o sudario sul quale Cristo, secondo la leggenda, lasciò impresso il suo Volto per inviarlo al re di ei pa, Abgar. o Manuali di pittura: raccolta di modelli di icone; i più famosi sono quello di Dionigi di Furna, Ermeneutica della pittura (secolo XVII) e, più recente, quello di Fori Kontoglou, Ekphrasis (“Trattato di iconografia ortodossa”).

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o Maphorion: manto rosso porpora che avvolge la Madre di Dio; indica la sua dignità regale. o Melismos: frazione del pane eucaristico. o Menologio: raccolta di vite di santi del calendario liturgico. o Metamorfosi: dal greco “trasfigurazione”, rappresenta il momento in cui Gesù rivela la sua immagine divina agli apostoli sul monte Tabor. o Metania: inchino profondo (piccola metania) oppure con la faccia a terra (grande metania). o Metanoia: rovesciamento dell’intelligenza ,e del cuore, conversione. o Mirofore: donne portatrici di myron (unguento profumato) per la sepoltura di Cristo; o Mitra: copricapo vescovile. o Murza : principe tataro a capo di un principato minore. o Naos: navata e nucleo della chiesa bizantina a pianta centrale. o Niello: Ornamentazione ottenuta tramite riempitura di intagli incisi preventivamente con un amalgama composto di argento, rame e piombo e annerita con zolfo. o Nimbo: aureola d’oro intorno al capo di Cristo (nimbo crociato), di Maria e dei santi. o O Ω N: trigramma di “Colui che è” inserito nel nimbo crociato di Cristo. o Odighitria o Odigitria (dal greco odos ‘via’ atributo della Madre di Dio che la definisce come “Colei che indica la via”: viene rappresentata con la mano destra che indica il Bambino seduto in grembo. o Oklad: Ricco rivestimento metallico dell’icona, che nasconde il dipinto estendendosi sul fondo e sui nimbi. o Olifa: Vernice protettiva della pittura, che viene data alla pittura una volta finita. E’ una antica ricetta conservata nei monasteri dell’Athos a base di olio di linocotto con aggiunta di resine e Sali minerali. o Omophorion: lunga stola ornata di croci; termina con tre linee che indicano l’ordine sacerdotale e vescovile; incrociata sul petto ricade sul braccio sinistro; deriva dal loros imperiale. o Opricnina: istituzione creata dallo zar Ivan il Terribile dopo la sua lettera al metropolita Afanasij. Ponendo sotto la propria diretta ed assoluta autorità una regione costituita da terre espropriate ai boiari, con capitale ad Aleksandrovskaja Sloboda o Orarion: lunga fascia che il diacono porta sulla spalla sinistra sopra lo stikarion e, durante la preghiera, tiene alzata con la mano destra; oggi l’orarion è bianco come lo stikarion, ma nelle icone antiche può anche essere rosso o nero. o Pantokrator: dal greco pan (“tutto”) e kratos (“potere”), indica Colui che regge l’universo. o Parusia: la seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi. o Paterik o Paterikon: raccolte di vite di santi, monaci e Padri del deserto della letteratura bizantina, raccolta che contiene racconti brevi sugli anacoreti di un monastero o le loro morali- il più antico paterik nei manoscritti slavo-russi è quello del Sinai, cosiddetto Limonar- del XII-XIII secolo o Patibulum: braccio orizzontale della Croce sulla quale sono inchiodate le mani del condannato prima di essere innalzato sul palo verticale (stipes).: o Pilato Ponzio Lucio: era uno spagnolo nato a Siviglia .Il nome Pontius fu probabilmente dovuto a combattimenti nel Ponto (Mar Nero), mentre Pilato può derivare da ‘pilatus’ (giavellotto) onorificenza data ai vincitori. Ci è tramandato che il padre, Marcus Pontius vinse il pilium per il suo eroico servizio militare ed il titolo si trasferì alla famiglia. Lucio combattè con Germanico; al suo ritorno a Roma sposò Claudia, figlia illegittima di Giulia figlia di Augusto e moglie di Tiberio e ottenne il governatorato della Giudea. La storia è raccontata da due scrittori del primo secolo Giuseppe e Philo Giudeo (De Legatione ad Caium) o Plav: Tecnica pittorica del volto dell’icona, consistente nella stesura di un incarnato di base (sankir’) cui si sovrappongono mani di ocre sempre più chiare, a modellare i volti e a creare l’effetto di una luminosità che scaturisca dall’interno. o Pluristaurica: da polystaurion, “con molte croci”. Sono le vesti liturgiche (felon, sakkos) tessute o ricamate con croci. o Podklet : nell’architettura sacrale come in quella civile, il piano inferiore, non abitato, di un edificio- Contrariamente al sotterraneo esso emerge sopra il livello del suolo, se è basso serve unicamente ad isolare l’edificio, se è più alto può essere uno spazio di deposito, anche sotto una chiesa. Nei refettori dei monasteri vi si trovano le cucine mentre il podklet di una chiesa importante può anche venir trasformato in chiesa invernale o in cappella della famiglia del commendatario. Comincia ad affermarsi

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nell’architettura sacra già alla fine del XIV secolo o Podlinnik: “testi autentici”; manuali slavi di pittura, modello per gli iconografi. o Pogost : nel nord della Russia, nel medioevo, indica la suddivisione amministrativa, che coincide all’incirca con i limiti della parrocchia, a volte anche molto estesi. Più tardi il termine si specializza ed indica lo spazio parrocchiale recintato: all’interno del recinto (ograda) si trovavano una chiesa in legno, a volte due chiese, una estiva e una invernale, separate da un campanile, il cimitero e le celle o appartamenti del clero. o Polos: sfera trasparente con croce e monogramma di Cristo; indica il cielo ed è simbolo di potere. o Porte diaconali: a destra e sinistra delle porte regali introducono rispettivamente nel diakonikon e nel proskomidion. o Porte regali: porte centrali dell’iconostasi da cui il sacerdote accede durante la liturgia. o Preghiera di Gesù: ripetizione continua della giaculatoria “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”. o Prosfora: i pani per la consacrazione. Originariamente indicava doni o contributi dei cristiani, una parte dei quali serviva per l’eucarestia e il resto per l’agape che seguiva la liturgia: dopo la separazione dei due momenti, la denominazione fu riservala unicamente per il pane usato per l’eucaristia. Originariamente la prosfora aveva la forma di un disco schiacciato sulla cui parte superiore era impressa una croce; in seguito comparve anche la scritta IS.HS.NI.KA, simile a quella dello stendardo di Costantino il Grande. o Proskomidion: sacrestia per la preparazione del pane sul discos (o patena). o Proskynesis: venerazione delll’icona o della croce con inchino profondo. o Proskynetarion: leggio o piccola edicola in cui l’icona viene posta per ricevere gli atti di devozione. o Prothesis: l’abside di sinistra dove si celebra il rito della preparazione dei pani (proskomidia). o Protovangelo di Giacomo: L’originale del Protovangelo di Giacomo fu scritto in greco. L’autore si presenta come Giacomo, il fratello di Gesù, un figlio che Giuseppe avrebbe avuto dalla prima moglie. L’opera però presuppone la conoscenza dei racconti dell’infanzia dei vangeli canonici, ragione per cui non può essere stata composta prima del 150. Verosimilmente si è anche servito della tradizione orale.L’opera è concepita come una glorificazione di Maria. Le vicende sono per lo più raccontate con molto tatto e discrezione (con l’eccezione della storia della levatrice). Viene già trattata la maggior parte dei temi della mariologia. Per quanto riguarda la nascita di Gesù dalla Vergine si valorizza il fatto che Maria resti intatta. La «concezione verginale» della madre di Dio non è ancora nota, ma si parla già di una nascita miracolosa. o Pseudo Matteo: Le leggende dell’infanzia in occidente erano molto lette e amate. Ma ciò non era ben visto dalle gerarchie ecclesiastiche. Già Gerolamo aveva respinto tutte queste opere. I papi (Damaso, Innocenze I, Gelasio) le condannarono. Ma poiché la gente continuava imperterrita a leggerle, si cercò una diversa soluzione redigendone una nuova raccolta (VIII – IX secolo). Nel cosiddetto Pseudo Matteo si tralasciarono quei miracoli che si allontanavano troppo dalla prospettiva ufficiale. L’opera così sorta pose in luce specialmente la vergine Maria e servì alla sua glorificazione. Non c’è da meravigliarsi se suscitò un’immensa risonanza, esercitando un incalcolabile influsso sulle arti figurative e sulla letteratura. In esso si trovava ancora la notizia del primo matrimonio di Giuseppe, che nel frattempo era stata considerata come un insegnamento falso. In seguito quindi si tralasciò anche questo errore e altri particolari urtanti, ma la «storia del parto di Maria» restò. Jacobo da Voragine l’accolse nella sua Legenda Aurea, cosicché trovò un’accoglienza definitiva nell’intero mondo cristiano. Il Pseudo Matteo contengono anche il primo riferimento al bue e all’asino. Notoriamente di tali animali non c’è traccia nel Nuovo Testamento. o Raskol o Raskolniki: («scismatici»): termine usato con intento polemico dagli avversari per designare quei seguaci della chiesa russa (che si definivano starovercy, «vecchi credenti»), che nel XVII secolo si separarono dalla chiesa ufficiale (dopo il concilio di Mosca del 1666) perché contrari alle riforme liturgiche introdotte dal patriarca Nikon. Duramente perseguitati e indotti ad atroci suicidi collettivi, praticavano un estremo rigorismo morale. o Regola studita: (Regola in greco tipikon) è il tipikon redatto da san Teodoro Studita (759-826), capo del monastero costantinopolitano di Studion. Nella chiesa russa la regola appare nel XII secolo ed esiste fino al XIV, anche se in certi monasteri la sua validità si è conservata fino ai tempi moderni.

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o Ripidion: ventaglio liturgico rotondo, di metallo, con inciso un cherubino o un serafino, usato dai diaconi. o Riza (basma): rivestimento metallico in rame o argento nato per proteggere le icone e poi arricchito con incisioni, smalti e pietre preziose; lascia scoperto i volti e le mani. o Rosario: di lana intrecciata o cuoio, ha due pendagli triangolari di cuoio con incise preghiere o immagini sacre; viene usato dal monaco per recitare la “preghiera di Gesù”. o Sakkos: tunica di derivazione imperiale usata dal vescovo, aperta sui lati e chiusa da bottoni, sostituisce l’antico felon. o Safena: antica misura di lunghezza, corrispondente a 6-piedi e a 2,134 metri. o Semantron: asse di legno appeso nei monasteri, che viene battuto come una campana per chiamare alla preghiera. o Sankir’: Colore di base dell’incarnato, che può avere varie sfumature e ricette a seconda di epoche e tradizioni, ma generalmente ha una tonalità scura ed è composta di ocre e terre verdastre. o Serafini: dall’ebraico serafim (il verbo saraf significa “bruciare”), creature angeliche con sei ali di fuoco. o Schima: chi entrava in monastero trascorreva un periodo di noviziato di tre anni, solo al termine del quale poteva vestire il «piccolo schima» (i primi voti); il grado successivo era il «grande schima». o Skema: in greco “veste”, è una stola monastica (analabos) con la parte anteriore coperta di croci e iscrizioni; il monaco ordinario indossa il micron skema (“piccolo abito”) mentre il monaco di stretta osservanza il ei par skema. (“grande abito”). o Skit: insediamento monastico minore collocato in posizione isolata e spesso caratterizzato da una vita più severa di quella del monastero da cui dipende; in alcuni casi tale insediamento può essere anche indipendente. o Skopcy («castrati»): uomini che, interpretando in modo erroneo le parole del Cristo sulla castità, sceglievano di astenersi completamente dalla vita sessuale. Per il suo carattere radicale la pratica è caratteristica di sette fanatiche; i comportamenti estremi furono condannati dalla chiesa orientale. o Signore di Sabaoth: ossia il Logos della visione del profeta Isaia (6, 5); sostituisce Dio Padre non rappresentabile (vedi anche Antico dei Giorni) Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all’altro: “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria”. o Sinassi: assemblea liturgica con angeli e santi. o Sinodik : lettera scritta a un vescovo assente in nome del sinodo. o Sinaxaryon: vite di santi e feste liturgiche mobili inserite nel calendario. o Skiti: deriva da askiti (asceta), insieme di piccoli eremi di singoli o piccole fraternità chiamate kalivi (capanna). Si chiama invece kellion la cella eremitica o la comunità di asceti più grande della kalivi ma inferiore a una skiti. o Spas: in russo “Salvatóre”. o Starec (ei pa in greco): “vecchio pieno di bellezza” (kalogeros), uomo spirituale, illuminato dalla grazia, dotato del discernimento, intorno a cui si raduna una piccola comunità di discepoli. o Starcestvo : l’azione spirituale di uno starec, La traduzione in slavo antico della Filocalia, la raccolta di testi monastici, da parte dello starec Paisij Velickovskij (1722- 94) ha contribuito al risveglio dello starcestvo. o Stauroteca: reliquiario con reliquia della croce; icona in cui è inserita una croce di metallo. o Stichos: in greco “fascia”, generalmente dorata, sul braccio destro della tunica di Cristo; corrisponde al latino clavus. o Stikarion: veste semplice indossata da coloro che durante la liturgia svolgono un compito di servizio: i cantori, i lettori, chi prepara l’incenso o porta il cero. o Stilita: anacoreta che per voto vive su una colonna da cui predica, guarisce; celebra l’Eucarestia. o Stipes: palo verticale della croce già infisso nel terreno, al quale veniva aggiunto il patibulum che il condannato porta sulle spalle. o Stjazateli : nel dibattito che lacerò il monachesimo russo all’inizio del XVI secolo,

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Manuale di Iconografia bizantina e postbizantina

erano così definiti i sostenitori dell’opportunità che i monasteri possedessero terre e villaggi,. Ad essi si opponevano i nestj’azateli, i quali sostenevano che i monaci dovevano vivere in solitudine e guadagnarsi la vita con il lavoro delle proprie mani, esercitando l’ascesi e la contemplazione e la perfezione spirituale. o Stola (epitrakelion): fascia ornamentale intera o in due pezzi, a volte chiusa con bottoni, portata dal sacerdote; in versione più sontuosa, è I’omophorion vescovile. o Strelizzi o Strelcy («arcieri»): guardia del corpo degli zar, istituita,da Ivan il Terribile nel XVI secolo e-sciolta da Pietro il Grande. o Suppedaneum: “sotto i piedi”, traversa inchiodata allo stipes della croce su cui poggia i piedi il condannato. o Synthronon : “trono condiviso “, trono comune alle tre persone della Trinità o ai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe. o Templon: transenna marmorea con pilastri e architrave che separa navata e presbiterio. o Teofania: manifestazione della divinità. o Torbidi, epoca dei : nella storia russa è così chiamato il periodo successivo alla morte del figlio di Ivan il Terribile, Teodoro (1584-1598), caratterizzato da ripetuti tentativi da parte dei boiari di appropriarsi del potere e quindi da violenze e grande instabilità politica. Si chiuse con l’ascesa al trono di Michele, capostipite della dinastia dei Romanov (1613-1645). o Trichinas: chi porta il cilicio. o Tropario: inno breve della liturgia ortodossa collegato a una festa. o Tshin: fila, ordine, .registro del-l’iconostasi. o Tzata: Pettorale a forma di mezzaluna applicato direttamente sull’icona o sulla Riza. Si tratta di raffinati oggetti di oreficeria. o Ubrus: velo o fazzoletto. o Vece : l’assemblea dei cittadini, depositarla della sovranità; a Novgorod si riuniva al suono della campana per discutere gli affari della città. o Velum: cuffia pieghettata. o Veronica: icona del Santo Volto che prende il nome dalla donna che sul Calvario ha ricevute l’impronta del volto sofferente di Cristo. o Vladimir I° il Grande (san Vladimiro): Viene considerato colui che portò la Rus verso il cristianesimo. Il padre Sviatoslav I, principe di Kiev (c.945 - 972), trasferì la capitale a Pereyaslavets nel 969. Fino alla sua morte nel 972 Sviatoslav rifiutò il cristianesimo accettato invece da sua madre Olga (santa Olga) che fu reggente fino al 963 quando Sviatoslav raggiunse la maggior età. Durante il suo regno, con continue guerre creò un impero che andava dal Volga al Danubio. Nel 965 sconfisse i bulgari del Volga e i Khazari, portando sotto il controllo di Kiev l’intera area del Volga. Come alleato dell’impero bizantino, Sviatoslav sconfisse I bulgari sul Danubio (968) ed estese il controllo di Kiev sui Balcani. Divise i suoi territori tra i suoi figli legittimi Yaropolk e Oleg, e l’illegittimo Vladimir avuto da una cortigiana di nome Malousha a cui toccò la città di Novgorod.. Sviatoslav morì in battaglia nel 972. Alla morte del padre, Yaropolk uccise il fratello Oleg e si impadronì di Novgorod. Vladimir fu costretto a fuggire in Scandinavia, dove chiese aiuto allo zio Haakon Sigurdsson, per sconfiggere il fratello Yaropolk. L’anno successivo mentre si recava a Kiev inviò ambasciatori a Rogvolod, principe di Polotsk, per chiedere la mano di Rogneda. Essa rifiutò di sposare il figlio di una cortigiana, ma Vladimir attaccò Polotsk, uccise Rogvolod, e prese Rogneda con la forza. Polotsk era una fortezza chiave sulla via per Kiev, e la cattura di Polotsk e Smolensk facilitarono la conquista di Kiev (980), dove uccise Yaropolk e fu proclamato re di tutta la Rus. Vladimir continuo ad espandere I suoi territori. Nel 981 conquistò Cherven, la moderna Galicia,; nel 983 soggiogò Yatvyags, i cui territori erano tra la Lituania e la Polonia; nel 985 con una flotta sui fiumi della Russia centrale conquistò i Bulgari di Kama. Nonostante che il cristianesimo avesse conquistato molti favori fin dalla reggenza della nonna Olga, Vladimir rimase essenzialmente pagano con numerose mogli e, pare, ottocento concubine. Costruì numerosi tempi e statue e stabilì, come dio supremo, l’antico dio slavo del tuono Perun.. La ‘Primary Chronicle’ o Cronaca del Monaco Nestore (1113) riporta che nell’anno 987, Vladimir mando degli inviati per studiare le varie religioni dei popoli. Gli inviati riferirono che i mussulmani bulgari del Volga non avevano gioia tra loro, ma solo sofferenza e gran puzza (sic.) e che la loro religione proibiva l’alcool e la carne di maiale (al che Vladimir esclamò: ‘bere è la gioia della Rus’). Anche l’ebraismo fu rigettato perché Vladimir osservò che se

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avevano perso Gerusalemme voleva dire che erano stati abbandonati dal loro Dio. Alla fine Vladimir scelse il cristianesimo, ma poiché agli emissari sembrò che lo splendore dei riti di Costantinopoli superasse quello nelle chiese della Germania, fu scelto di seguire la liturgia di quel patriarcato. Nel 988, presa la città di Chersonesos in Crimea, chiese la mano di Anna Porphirogenita, sorella dell’imperatore Basilio II°. Per poterla sposare, Vladimir fu battezzato a Chersonesos, e quindi seguì il matrimonio con Anna. Ritornò a Kiev in trionfo, distrusse I monumenti pagani che egli stesso aveva edificato pochi anni prima ed edificò splendide chiese e monasteri. Altre sorgenti presentano una differente storia della conversione di Vladimir: nel 987, Bardas Sclerus e Bardas Phocas si ribellarono all’imperatore Basilio II° e Bardas Phocas si proclamò imperatore. Basilio II° chiese l’aiuto della Rus e Vladimir accettò, in cambio di un legame nuziale; egli accettò anche di divenire cristiano e di portare il suo popolo alla nuova fede. Vladimir inviò quindi 6,000 uomini che aiutarono Basilio a sedare la rivolta. Dopo la morte di Anna, si risposò nuovamente con una nipote di Ottone il Grande. Morì a Berestovo, vicino Kiev; il suo corpo smembrato fu diviso fra le molte chiese e monastery da lui fondati e venerate come reliquie. o Voevoda o Voivoda : termine diffuso in tutti i paesi slavi, indica il governatore, di una provincia o Votcina : in Russia, fino al XVIII secolo, indica la terra la cui proprietà poteva venir trasmessa in via ereditaria. o Vima: nell’edifìcio religioso bizantino indica lo spazio riservato ai presbiteri, compreso tra l’iconostasi e l’abside. o Zakomary (dal vecchio russo ei pa, «volta») archi a botte e, più tardi, a carena di nave, disegnati sul sommo delle facciate della chiesa quando il tetto appoggia direttamente sulla superficie esterna delle volte. Contrariamente agli archi detti kokosniki, che sono sempre decorativi, gli zakomary riflettono la struttura reale della volta. o Zarevic e Zarevna : principe e principessa imperiali, figli dello zar di Russia. o Zolotnik: Termine (derivante dalla parola russa zoloto che significa oro) che indica il titolo dell’argento nei rivestimenti delle icone. Lo zolotnik è la novantesima parte della libra russa; ognuna di queste parti è uguale a millesimi 10,4175. Per le rize il titolo più usato era quello di 84 zolotniki (875/1000) o Zoografi: dal greco “scrittori della vita”, gli iconografi che “scrivono” le icone di Cristo, di Maria e dei santi. Madre di DIO o Blachernitissa: Vergine col Bambino del santuario delle Blacherne a Costantinopoli (Madre di Dio del Segno). o Deipara: “Colei che ha partorito Dio”, titolo della Madre di Dio. o Eleousa: “della Misericordia”. o Episkepsis: “Protettrice”. o Galaktotrofousa (o Lactans): “Colei che allatta”. o Glikofilousa: “del Dolce bacio”. o Haghiosoritissa: Vergine Orante. o Katafyghé: “del Rifugio”. o Korsunskaja: Eleousa, enfatizza l’abbraccio tra Madre e Bambino (con taglio stretto dei volti). o Odighitria: dal greco odigos, “strada”; dunque “Colei che indica la via”. o Panaghia: “Tuttasanta”, o Pantanassa: “Regina del mondo”. o Platytera: “Più ampia dei cieli”, perché contiene nel grembo il Creatore dell’universo; Orante con o senza il Bambino. o Pokrov: velo della Vergine che protegge. o Psychosostria: “Colei, che salva le anime”. o Theotokos: “Colei che ha generato Dio”, la Madre di Dio (Meter Theou). o Tichvinskaja: icona attribuita a san Luca, a metà tra Odighitria e: Eleousa. o Umilenie: Eleousa in russo. o Znamenie: in russo “del Segno”, Orante con il .Bambino sul petto.

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