TOP NEWS FINANZA LOCALE

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26/08/2011 Corriere della Sera - NAZIONALE 4 «È poco credibile» I difetti della manovra secondo Confindustria

26/08/2011 Il Sole 24 Ore 6 SULLE NUOVE ENTRATE PARTITA DA 30 MILIARDI

26/08/2011 Il Sole 24 Ore 10 Le case rurali senza certezze

26/08/2011 Il Sole 24 Ore 11 Vincolo dei cinque anni da superare

26/08/2011 Il Sole 24 Ore 12 Case rurali al cambio catastale

26/08/2011 Il Sole 24 Ore 14 Imu potenziata e anticipata al 2012

26/08/2011 Il Sole 24 Ore 15 Calderoli-Alemanno, lite sui debiti di Roma

26/08/2011 - Bologna 16 "Noi sindaci in trincea contro questa manovra iniqua e insostenibile"

26/08/2011 La Repubblica - Torino 18 I sindaci dei piccoli Comuni bocciano la proposta Calderoli

26/08/2011 La Repubblica - Nazionale 19 Berlusconi e la tentazione del video-appello "Ma prima un compromesso con Umberto"

26/08/2011 La Stampa - NAZIONALE 21 I mini-Comuni attaccano Tremonti

26/08/2011 Il Messaggero - Nazionale 22 Aumento dell'Iva, no di Tremonti primo stop al taglio delle Province

26/08/2011 Il Messaggero - Nazionale 23 Un tesoretto da 160 milioni a favore dei Comuni del Nord a disposizione di Brancher

26/08/2011 Avvenire - Nazionale 24 IMMOBILI P.A. 26/08/2011 Avvenire - Nazionale 25 «Evasione, basta schizofrenie»

26/08/2011 Libero - Nazionale 28 Il Pdl tenta il Cav: tagliamo del 25% i dipendenti pubblici

26/08/2011 ItaliaOggi 30 Bilanci senza più proroghe

26/08/2011 ItaliaOggi 31 Sponsor, enti più liberi

26/08/2011 ItaliaOggi 32 Spese in chiaro, un circolo vizioso

26/08/2011 ItaliaOggi 33 Rinviate le fasce di merito, non la valutazione

26/08/2011 ItaliaOggi 34 Mini-enti, i tagli prendono tempo

26/08/2011 ItaliaOggi 35 Addizionale, ritorno all'antico

26/08/2011 ItaliaOggi 36 Liberalizzazioni, il potere è locale

26/08/2011 L Unita - Nazionale 37 «Ritorno al passato Così si vìola la Carta e la giurisprudenza»

26/08/2011 L Unita - Nazionale 38 Privatizzazione dei beni comuni

26/08/2011 Il Piccolo di Trieste - Nazionale 40 Fassino all'offensiva: la Carta va rivista per salvare i Comuni

26/08/2011 La Padania 41 L'Italia del magna magna non vuole accettare la certezza sui conti

26/08/2011 La Padania 42 LA SFIDA DEL FEDERALISMO

26/08/2011 L'Espresso 43 Brancher s'è fatto UN TESORETTO

26/08/2011 L'Espresso 46 Alemanno sogna l'Anci

26/08/2011 L'Espresso 47 LA SANTA EVASIONE

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31 articoli 26/08/2011 Corriere della Sera - Ed. Nazionale Pag. 13 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Le parti sociali I sindacati chiedono azioni sui costi della politica «È poco credibile» I difetti della manovra secondo Confindustria Sui tagli alla politica la manovra improvvisa alcuni passi senza certezze su tempi e risparmi Raffaele Bonanni, segretario Cisl Le Regioni: ricorreremo alla Consulta Proposte Le proposte degli industriali poggiano su Iva, lotta all'evasione e revisione delle pensioni Melania Di Giacomo

ROMA - «Se i mercati credessero al pareggio nel 2013 o 2014» lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi «sarebbe a 100» invece che «attorno ai 290 punti»: siamo ancora «pazzescamente a rischio». «Occorre agire rapidamente», dice il direttore generale di Confindustria Giampaolo Galli davanti alla commissione Bilancio del Senato, che sta esaminando la manovra di Ferragosto. Le proposte degli industriali «per rendere la manovra più credibile» poggiano sull'Iva, la lotta all'evasione e la rimodulazione della spesa pensionistica: «con risparmi a regime superiori ai 15 miliardi». Un aumento di un punto percentuale sull'aliquota Iva al 20%, calcola Confindustria, darebbe un «gettito aggiuntivo di 3,7 miliardi all'anno». Ipotesi che sul fronte del «no», trova la Cgil, oltre alle organizzazioni del commercio che temono un aumento dei prezzi e sottostimano il gettito aggiuntivo, poiché l'adeguamento potrebbe portare un calo dei consumi. Tra le misure nel mirino di Confindustria, «interventi spot» come il contributo di solidarietà e soprattutto la Robin Tax sul settore energetico. Si chiede poi di rafforzare la lotta all'evasione, attuare un «grande piano» di privatizzazioni e liberalizzazioni, agire «con maggiore determinazione su costi della politica e degli apparati amministrativi». Un punto quest'ultimo a favore del quale si schierano compatti i sindacati, come ribadito in audizione dai segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl e Rete Imprese Italia. Su questo terreno «la manovra improvvisa alcuni passi senza certezze su tempi e risparmi», ha detto il segretario della Cisl Raffaele Bonanni. «Tre segnali», ha chiesto sull'argomento la leader Cgil, Susanna Camusso: stop ai vitalizi parlamentari, alle società inutili e alle nomine politiche per la sanità. La spaccatura più evidente sul fronte delle parti sociali rimane quella sull'articolo 8 del decreto, la norma sulla flessibilità del mercato del lavoro, che la Cgil chiede di ritirare. Mentre Bonanni appoggia l'intervento: «Quello che non è stato capito è che Confindustria ha fatto pressioni per abolire l'articolo 18» dello Statuto dei lavoratori, sul reintegro dei licenziati senza giusta causa e che sono stati quindi i sindacati a ottenere le norme sulla contrattazione di prossimità che rappresentano «una tutela», impongono «accordi tra le parti sociali fatti in maniera responsabile». Potrebbe essere stralciata e messa in un disegno di legge costituzionale la riforma dell'architettura istituzionale delle autonomie. Su questo punto il segretario del Pdl incontrerà oggi i rappresentanti delle Regioni che chiedono di cassare «le norme contenute negli articoli 14, 15 e 16». Se ciò non sarà fatto, ha detto la governatrice del Lazio Renata Polverini «siamo pronti a ricorrere alla Corte costituzionale», posizione ribadita anche da Anci e Upi. Parlando dei tagli ai trasferimenti Polverini ha poi aggiunto: «Di fatto tutte le voci non ci sono più. Da oggi ci dovremo occupare solo di sanità», è come se «qualcuno di avesse ritirato le deleghe». Con le audizioni di ieri si è concluso il «primo round» dei lavori del Senato, la commissione Bilancio si riunirà di nuovo martedì per chiudere il ciclo ascoltando gli enti istituzionali. RIPRODUZIONE RISERVATA Il vertice degli enti locali Foto: I presidenti di Regione, Renata Polverini (Lazio) e Stefano Caldoro (Campania) hanno criticato i provvedimenti decisi ad agosto Le posizioni

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 4 26/08/2011 Corriere della Sera - Ed. Nazionale Pag. 13 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Foto: Regioni La Conferenza minaccia di ricorrere alla Consulta se non si tolgono le norme sulle autonomie Foto: Province L'Unione giudica «inaccettabili e dannosi» i 2,1 miliardi di tagli alle Province Foto: Comuni L'Anci considera «iniqua» la manovra e chiede la revisione del Patto di stabilità

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 5 26/08/2011 Il Sole 24 Ore Pag. 15 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato LA MANOVRA DI FERRAGOSTO SULLE NUOVE ENTRATE PARTITA DA 30 MILIARDI Confermate le perplessità sul gettito legato al contributo di solidarietà Incertezza sugli effetti della revisione dell'aliquota sulle rendite finanziarie

I saldi della manovra di Ferragosto sono immutabili, circa 30 miliardi di nuove entrate, mentre le voci interne si possono aggiustare. Queste le indicaizoni che sono venute dal Governo nei giorni scorsi. Cosa succede, però, se i criteri per quantificare il gettito delle misure della manovra sono discutibili? Il Servizio Bilancio dello Stato del Senato ha avanzato, come segnalato nei giorni scorsi, pesanti obiezioni sulla relazione tecnica. E prima ancora «Il Sole 24 Ore» di domenica 20 agosto aveva già sollevato dubbi sulle quantificazioni relative al contributo di solidarietà. Nella relazione tecnica e nel documento dei tecnici del Senato che a essa fanno le pulci, non è indicata nessuna quantificazione per quanto riguarda il via libera dato ai comuni e alle regioni (nonché alle province con l'Ipt). In un documento pubblicato ieri sul sito dell'Anci il gettito dell'aumento dell'addizionale Irpef per i comuni viene stimato tra 1,4 e 1,9 miliardi. A partire da questo dato, collocandoci nella parte "bassa" di questa stima, e ipotizzando una misura analoga per l'addizionale regionale, si stima che ai cittadini l'aumento costerà almeno 3 milardi. DIZIONARIO A CURA DI Antonio Criscione ALTA MEDIA XX stima alternativa X LE STIME DEL GOVERNO dati in mld di euro Per le singole voci di entrata della manovra di Ferragosto è stato preso il gettito fissato per ciascuna misura da parte della relazione tecnica preparata dall'Esecutivo. Normalmente si è preso il gettito complessivo e non per singolo anno collegato alla misura GRADO DI ATTENDIBILITÀ Nel giudizio di fattibilità si è cercato di riassumere in un'espressione sintetica le valutazioni che la nota del Servizio Bilancio del Senato ha dato per le stime presentate nella misuura tecnica. Nel caso del contributo di solidarietà è indicata anche la stima alternativa del Servizio Bilancio LEGENDA CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ La supertassa colpisce solo chi dichiara di più Il contributo di solidarietà - 3,8 miliardi di gettito stimato - probabilmente sarà declinato in una modalità completamente diversa rispetto a quanto indicato dal Dl 138. Con una revisione, quindi, del gettito al ribasso rispetto a quanto indicato nella relazione tecnica. Sul punto, però, già il servizio bilancio dello Stato al Senato ha espresso una serie di critiche piuttosto penetranti su questo punto (e in parte anticipate sul Sole 24 Ore del 20 agosto): per esempio sulla difficoltà di capire come il gettito sia stato quantificato. Inoltre indica una serie di fattori che potrebbero ridurre il gettito (senza contare il calo del Pil e la riduzione già in atto dei redditi più alti): per esempio la contrattazione aziendale potrebbe portare a trasformare parte di stipendio in fringe benefit (comportamento che viene impropriamente chiamato dai tecnici del Senato "elusivo"). Oppure alcuni contribuenti potrebbero decidere di produrre meno (o occultare) reddito LE STIME DEL GOVERNO dati in mld di euro 3,8

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 6 26/08/2011 Il Sole 24 Ore Pag. 15 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

GRADO DI ATTENDIBILITÀ 2,1 8Il servizio bilancio, senza contare l'opzione per la tassazione al 48%, stima il gettito a 2,14 mld 8Il Governo non sembra valutare riduzioni del Pil e dei redditi più alti 8I contribuenti potrebbero mettere in atto manovre per dichiarare un imponibile minore GIOCHI E SIGARETTE Quando il denaro viene dal fumo Il direttore dei Monopoli potrà, a decorrere dal 2012, introdurre nuovi giochi, variare l'assegnazione della percentuale della posta di gioco nonché la misura del prelievo erariale unico e la percentuale del compenso per le attività di gestione ovvero per quella dei punti vendita. Inoltre, sempre il direttore dei Monopoli può proporre al ministro dell'Economia, entro il 31 dicembre 2011, l'aumento dell'aliquota di base dell'imposta di consumo sulle sigarette. La relazione tecnica non effettua una stima di come queste entrate (1,5 miliardi l'anno) saranno assicurate all'Erario, ma la norma stabilisce che a questo obiettivo si deve arrivare. La norma, secondo il servizio Bilancio al Senato, «appare configurata come la generica enunciazione di un obiettivo in termini finanziari, senza definire in modo specifico gli interventi necessari per realizzarlo». Per l'aumento delle sigarette vengono paventati anche fenomeni elusivi, come un aumento del contrabbando 4,5 LE STIME DEL GOVERNO dati in mld di euro GRADO DI ATTENDIBILITÀ 8«La relazione tecnica - per il Servizio bilancio - non fornisce alcun elemento che permetta di verificare la concreta realizzabilità del maggior gettito» 8Un aumento oltre certe soglie delle sigarette può dare luogo a manovre elusive, come l'aumento del contrabbando RENDITE FINANZIARIE Il prelievo uniformato a quota 20 per cento Una delle misure che da tempo venivano invocate da più parti è l'unificazione del prelievo sulle rendite finanziarie. La misura è stata realizzata dalla manovra di Ferragosto portando il prelievo al 20% ed eliminando il prelievo del 27 e del 12,5% (anche se quest'ultima aliquota resta in vigore per alcuni valori, come i titoli di Stato, i piani di risparmio a lungo termine e la previdenza complementare). Per il periodo 2012- 2014, la relazione stima un gettito di 4,87 miliardi di euro. Su questa che è una delle grandi voci di entrata della manovra, il servizio Bilancio al Senato presenta molte obiezioni. Quella principale è che i dati sono stimati sui numeri "attuali", nonostante alcune correzioni di ordine prudenziale; per esempio si obietta che l'aliquota applicata non è irrilevante e potrebbe portare a composizioni del portafoglio che potrebbero ridurre le entrate pubbliche LE STIME DEL GOVERNO dati in mld di euro 4,9 8 La relazione tecnica non stima l'effetto di una diversa composizione del portafoglio che i risparmiatori sceglieranno con nuove aliquote 8 La quantificazione si basa su stime per ogni categoria di strumenti finanziari che non vengono dettagliate GRADO DI ATTENDIBILITÀ RIDUZIONE DETRAZIONI E DEDUZIONE Rischio di taglio degli sconti fiscali dal 2013 Un piatto forte della manovra è una misura che viene indicata come solo eventuale. Si tratta del taglio "lineare" di tutte le agevolazioni fiscali. Secondo la relazione al Dl questa misura viene anticipata in modo da comportare un aumento delle entrate per il 2012 di 4 miliardi, per il 2013 di 12 miliardi, nessuna indicazione è

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 7 26/08/2011 Il Sole 24 Ore Pag. 15 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

data poi per gli anni dal 2014. La norma però prevede che in alternativa a questo taglio possa essere disposta, con un Dpcm, la rimodulazione delle aliquote delle imposte indirette, inclusa l'accisa. Una possibilità, quella della rimodulazione della misura delle imposte sulla base di un atto amministrativo, che viene vista a dubbio di tenuta costituzionale da parte dei tecnici del Senato, i quali ricordano la riserva di legge per le imposte. Inoltre, l'aumento dell'aliquota sulle rendite finanziarie mette fuori gioco una delle voci sulle quali con maggiore verosimiglianza si sarebbe potuto intervenire LE STIME DEL GOVERNO dati in mld di euro 16 GRADO DI ATTENDIBILITÀ 8 Il decreto legge rimanda l'attuazione del taglio degli sconti fiscali a un Dpcm, una misura che per i tecnici del Senato potrebbe prestarsi a dubbi di Costituzionalità oltre ad essere poco "trasparente" sul piano del controllo delle quantificazioni effettuate ROBIN TAX Sui produttori di energia manovra a tenaglia La cosiddetta Robin Tax - 3,6 miliardi di gettito stimato - ridefinisce l'addizionale Ires (che passa dal 6,5 al 10% per tre anni) a carico delle società del settore energetico. L'addizionale sarà pagata da tutte le società con ricavi superiori a 10 milioni di euro, sarà estesa anche a soggetti che esercitano attività legate alla produzione dell'energia, e infine vengono tolte le esenzioni per i produttori di energia elettrica attraverso l'impiego prevalente di biomasse e di fonte solare-fotovoltaica o eolica. Il servizio Bilancio al Senato individua un'incongruenza nella formulazione della misura, per quanto riguarda il meccanismo degli acconti, che potrebbe portare ad effetti finanziari differenti da quelli previsti. Vengono rvvisate lacune anche per quanto riguarda gli effetti della compresenza di misure temporanee e di misure destinate a restare a regime. Inoltre il gettito costante probabilmente non tiene conto di variazioni di reddito delle imprese colpite LE STIME DEL GOVERNO dati in mld di euro 3,6 GRADO DI ATTENDIBILITÀ 8La relazione tecnica al Dl non precisa gli effetti differenti che sono destinate ad avere misure di carattere permanente o temporaneo 8Il gettito è ipotizzato a quote costanti nel tempo: la circostanza fa sospettare che non si siano considerate variazioni di reddito delle imprese STUDI DI SETTORE Più caro il conto con la doppia congruità La misura sugli studi di settore, per quanto riguarda le Entrate si classifica sicuramente come una delle più limitate: 592,5 milioni di euro in tre anni. La regola "lima" la protezione dagli accertamenti per i soggetti che sono in regola con gli studi di settore. Si tratta non degli accertamenti da Gerico (ovvero quelli basati direttamente sulle stime che derivano dall'applicazione degli studi di settore), ma di quelli analitico-induttivi. In questo caso le riserve del servizio Bilancio sono di fondo: «La quantificazione indicata, in via generale, si basa su elementi di forte soggettività che non risultano agevolmente verificabili, in quanto non vengono palesati i processi e le modalità di analisi che inducono a scegliere i valori delle variabili individuate». Tra l'altro non vengono considerati i soggetti che non applicano l'Iva, mentre vengono tralasciate le ricadute di ordine contributivo LE STIME DEL GOVERNO dati in mld di euro 0,6

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 8 26/08/2011 Il Sole 24 Ore Pag. 15 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

8Difficile comprendere le scelte effettuate dalla relazione tecnica e per quale motivo le ipotesi in essa presentate dovrebbero rispecchiare i comportamenti dei contribuenti e gli effetti sul gettito dell'ennesimo intervento di aggiustamento sugli studi di settore GRADO DI ATTENDIBILITÀ TRIBUTI LOCALI Aumento delle addizionali a effetto variabile La relazione tecnica al Dl 138 non prende in considerazione gli effetti della possibilità concessa ai comuni e alle regioni di effettuare variazioni sulle addizionali Irpef, oltre che della possibilità per le province di sbloccare le addizionali Irpef. Si tratta, infatti, di una regola che non ha effetti sui conti dello Stato, in quanto si tratta di un'entrata delle autonomie locali. Anche lo studio del Servizio bilancio al Senato prende atto di questa circostanza e chiude il discorsa. Siccome si tratta di un prelievo che incide sui redditi dei cittadini, Il Sole 24 Ore prova a fare un calcolo. Non sarà più arbitrario dei tanti della relazione tecnica. Secondo una stima diffusa ieri sul sito dell'Anci, l'aumento delle aliquote per i comuni potrebbe arrivare fino a un massimo di 1,9 miliardi. Se l'aumento, invece, è minore (entro lo 0,8%) sino alla copertura dei tagli 2012, si arriva a 1,4 miliardi. Calcolando un importo analogo (ed è una stima al ribasso per le addizionali regionali), si arriva intorno ai 3 miliardi LE STIME SULLE INDICAZIONI ANCI dati in mld di euro 3,1 GRADO DI ATTENDIBILITÀ 8Il gettito delle addizionali regionali e comunali all'Irpef non è stimato dalla relazione tecnica, in quanto non ha conseguenze dirette per le casse dello Stato 8Un documento dell'Anci valuta tra 1,4 e 1,9 miliardi l'aumento dell'addizionale comunale

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 9 26/08/2011 Il Sole 24 Ore Pag. 24 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato NUOVO CATASTO Le case rurali senza certezze

Manca poco più di un mese al 30 settembre, la scadenza entro la quale i proprietari di case rurali possono presentare al territorio la domanda per cambiare la categoria catastale del proprio immobile, così da "guadagnare" - in presenza dei requisiti - la categoria «A6» e quindi l'esenzione fiscale. Ancora però, non c'è traccia del decreto del ministero dell'Economia che deve stabilire le modalità applicative e la documentazione necessaria per procedere alla riclassificazione. Un'operazione, questa, divenuta necessaria in seguito alla frattura che si è creata, negli ultimi anni, fra Cassazione e amministrazione finanziaria sul riconoscimento della "ruralità". A questo problema ha cercato di porre riparo il decreto legge sviluppo, che ha introdotto la possibilità, per i titolari degli immobili, di autocertificare al Territorio il possesso dei requisiti di ruralità, fin dal 2006. Sebbene, dunque, al ministero dell'Economia non manchino altre questioni da affrontare, sarebbe opportuno che i contribuenti ottenessero presto certezze, e che l'amministrazione finanziaria fornisse i chiarimenti necessari per questo nuovo adempimento, per evitare di entrare nella consueta saga delle proroghe.

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 10 26/08/2011 Il Sole 24 Ore Pag. 33 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Le questioni aperte. In categoria D10 anche gli impianti fotovoltaici Vincolo dei cinque anni da superare

La domanda di variazione catastale per i fabbricati rurali pone almeno cinque questioni controverse che richiederebbero un chiarimento ufficiale. eI fabbricati che recentemente non hanno subito variazioni di proprietà o consistenza, sono ancora legittimamente iscritti nel catasto terreni, sprovvisti di rendita. L'articolo 7, comma 2-bis del Dl 70/2011, dispone che la classificazione nelle categorie A6 e D10 ha effetto per il riconoscimento di ruralità. Questo non dovrebbe riguardare le costruzioni iscritte nel catasto terreni che essendo sprovviste di rendita non necessitano di un riconoscimento (la loro natura rurale è stabilita dall'articolo 9, Dl 557/1993). rLa classificazione nelle categorie A6 e D10, deve prescindere dalla caratteristica costruttiva e di destinazione del fabbricato in quanto diversamente esso non potrebbe accedere nella maxicategoria dei fabbricati rurali. Quindi un ufficio aziendale, una stalla o un ricovero attrezzi, che avrebbero tre categorie catastali diverse, confluiranno nella D10. Così pure le abitazioni (escluse quelle di lusso e delle categorie A1 e A8), verranno tutte iscritte nella categoria A6 siano esse villette o abitazioni comprese in costruzioni complesse. tLa norma dispone che la domanda di variazione va corredata da un'autocertificazione nella quale va precisato che le caratteristiche di ruralità decorrono in via continuativa dal quinto anno antecedente al 2011. Ma se il fabbricato è stato costruito recentemente (si pensi agli impianti fotovoltaici) o comunque ha acquisito la natura di fabbricato rurale da meno di cinque anni, perché non deve essere possibile iscriverlo nelle due specifiche categorie catastali e quindi ripararlo da inutili accertamenti ai fini Ici? Sarebbe sufficiente specificare nell'autocertificazione la data da cui il fabbricato ha acquisito i requisiti di ruralità ma non dovrebbe essere inibita la variazione catastale. uLa produzione di energia elettrica da risorse agroforestali o fotovoltaiche è attività connessa a quella agricola e rientra nel reddito agrario. Costruzioni e impianti relativi hanno natura di fabbricato rurale. Infatti, l'articolo 9, comma 3 bis del Dl 557/93, dispone che le costruzioni destinate all'attività di manipolazione e trasformazione di prodotti agricoli ottenuti prevalentemente dal fondo, sono rurali; si tratta della medesima situazione degli impianti per la produzione di energia elettrica. Pertanto ancorché l'agenzia del Territorio abbia precisato che gli impianti fotovoltaici debbano essere iscritti nella categoria catastale D1, se utilizzati nel contesto di un'attività agricola dovrebbero essere iscritti nella categoria D 10. iAndrebbe anche risolto il problema dei fabbricati situati in zone agricole e inutilizzati. Si tratta di un problema interpretativo dell'articolo 9 del Dl 557/93. Se il fabbricato è inutilizzabile per effetto delle precarie condizioni di manutenzione può essere classificato come "collabente" e perde la natura di costruzione. Ma nelle campagne molte costruzioni sono semplicemente inutilizzate; non avendo una destinazione diversa da quella rurale non dovrebbero perdere i requisiti, ma una diversa interpretazione porta a concludere che non essendo destinati ad abitazione per l'agricoltore o non avendo una funzione strumentale per l'attività agricola, non possono usufruire della classificazione rurale. G. P. T. © RIPRODUZIONE RISERVATA

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 11 26/08/2011 Il Sole 24 Ore Pag. 33 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Immobili. Il decreto legge Sviluppo prevede il riordino definitivo dei fabbricati iscritti al registro urbano Case rurali al cambio catastale Entro il 30 settembre tutte le abitazioni dovranno essere iscritte in A6 IL PROBLEMA I contribuenti interessati sono ancora in attesa del decreto dell'Economia su modalità applicative e documentazione

Gian Paolo Tosoni Si avvicina il termine del 30 settembre 2011 entro il quale i proprietari o i titolari di diritti reali su fabbricati rurali hanno l'opportunità di presentare all'agenzia del Territorio domanda di variazione della categoria catastale, per l'attribuzione all'immobile della categoria A6 per le abitazioni e D10 per le costruzioni strumentali alle attività agricole. Per la verità, i soggetti interessati sono in attesa del decreto dell'Economia con il quale dovranno essere stabilite le modalità applicative e la documentazione necessaria per procedere alla riclassificazione catastale degli immobili rurali (articolo 7, comma 2-quater, del Dl 70/2011). Non è un obbligo ma un'opportunità, che risolve i problemi fiscali che si incontrano quando i fabbricati rurali sono iscritti nel catasto fabbricati in categorie diverse da quelle indicate nell'articolo 7, comma 2-bis, del Dl 70/2011, in particolare ai fini dell'esclusione dall'Ici. Ciò per effetto delle numerose sentenze della Corte di cassazione che pretendono le suddette categorie catastali. L'adempimento riguarda quindi i soggetti proprietari o titolari di diritti reali su costruzioni rurali iscritte nel Catasto fabbricati in una categoria diversa da A6 per le abitazioni e D10 per i fabbricati strumentali. Quindi, per esempio, tutte le costruzioni strumentali già iscritte nella categoria D10 sono a posto e nulla deve essere fatto dai proprietari. Invece, per tutte le abitazioni rurali iscritte nel Catasto fabbricati si dovrà procedere alla domanda di variazione catastale in quanto nessuna è iscritta nella categoria A6, ormai in disuso presso l'agenzia del Territorio fin dal 1993 e comunque non relativa alle case rurali ma bensì alle «abitazioni urbane di tipo rurale». Nessun adempimento, da ultimo, deve essere eseguito per i fabbricati rurali tuttora e legittimamente iscritti nel Catasto terreni (si veda l'articolo qui sotto). I soggetti interessati sono tutti coloro che possiedono fabbricati rurali iscritti nel Catasto fabbricati, indipendentemente dalla natura giuridica (persone fisiche o società) e dall'esercizio o meno dell'attività agricola. Quindi, per esempio, anche il proprietario con beni affittati ha interesse a regolarizzare la posizione dei propri immobili in quanto è tenuto al pagamento delle imposte, compresa l'Ici; se invece il fabbricato è rurale in quanto utilizzato dall'affittuario, il proprietario non è tenuto al pagamento dell'imposta comunale. La domanda di variazione catastale deve essere accompagnata dall'autocertificazione ai sensi del Dpr 445/2000, nella quale il richiedente dichiara che l'immobile possiede, in via continuativa, a decorrere dal quinto anno antecedente alla presentazione della domanda (quindi dal 1º gennaio 2006) i requisiti di ruralità di cui all'articolo 9 del Dl 557/1993. Questo è l'aspetto centrale della questione: infatti la natura di fabbricato rurale discende esclusivamente dal rispetto dei requisiti, che sono principalmente legati alla destinazione e all'effettivo utilizzo delle costruzioni agricole (si veda il Sole 24 Ore del 27 luglio 2011). Il requisito temporale del quinquennio di rispetto della ruralità è probabilmente legato al periodo di accertamento fiscale e consente di evitare una inutile attività di accertamento da parte dei Comuni e dell'amministrazione finanziaria. L'autocertificazione dovrà essere valutata attentamente dai proprietari con terreni affittati i quali possono anche non conoscere l'esatto utilizzo del fabbricato rurale. Per esempio, se l'abitazione è utilizzata anche dal figlio dell'affittuario non a carico e che lavora all'esterno dell'azienda agricola, la casa non è rurale. Una volta presentata la domanda di classificazione dei fabbricati rurali, corredata dall'autocertificazione corretta, il proprietario non deve fare nulla e non assolve alcuna imposta sui fabbricati medesimi.

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 12 26/08/2011 Il Sole 24 Ore Pag. 33 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Sarà il Territorio a effettuare i relativi controlli ma nel frattempo il fabbricato assume la categoria catastale richiesta con i conseguenti benefici fiscali. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCHEDA: Le regole base SOGGETTI INTERESSATI Proprietari (persone fisiche o giuridiche) o titolari di diritti reali su costruzioni rurali iscritte nel catasto fabbricati GLI EFFETTI Solo le costruzioni rurali che siano state iscritte al catasto fabbrcati con categoria A6 o D10 potranno beneficiare dell'esenzione dall'Ici LE COSTRUZIONI Solo le costruzioni rurali che siano state iscritte al catasto fabbrcati con categoria A6 o D10 potranno beneficiare dell'esenzione dall'Ici DA REGOLARIZZARE Tutte le costruzioni rurali iscritte in catasto in una categoria diversa da A6 per le abitazioni e D10 per i fabbricati strumentali DA NON REGOLARIZZARE Nessun adempimento per i fabbricati rurali tuttora e legittimamente iscritti nel catasto terreni I REQUISITI PER LE ABITAZIONI A ' sata sata ' 1/4 S delle cui bitazione del proprietario del fondo o titolare di altro diritto reale (iscritti nel Registro imprese) per esigenze connesse all attività agricola svolta Abitazione u dal conduttore (iscritto nel Registro imprese) del terreno a cui l'immobile è asservito Abitazione u anche dai familiari conviventi a carico, o dai coadiuvanti iscritti come tali ai fini previdenziali Abitazione dei lavoratori dipendenti dell'azienda agricola conduttrice del fondo Abitazione di pensionati agricoli (anche se il terreno è condotto da terzi) Abitazione dei soci di società di persone o degli amministratori per quelle di capitali Il volume d'affari dell attività agricola deve essere superiore alla metà ( per i territori montani) del reddito complessivo, pensioni escluse, del soggetto che conduce il fondo Terreno cui il fabbricato è asservito con superficie minima uguale o superiore a 10mila mq, ridotta a 3mila per le coltivazioni in serra e per i territori montani. ono escluse dalla ruralità le abitazioni categorie A1 e A8 per non opera il declassamento ad A6 e quelle con caratteristiche del lusso PER I FABBRICATI STRUMENTALI Costruzioni destinate alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli Costruzioni destinate al ricovero di attrezzi, alla custodia delle macchine agricole e delle scorte occorrenti per la coltivazione e l'allevamento Costruzioni destinate all'allevamento e al ricovero degli animali Costruzioni destinate all'agriturismo Costruzioni destinate a ufficio dell'azienda agricola Costruzioni destinate ad attività agricole connesse Sono compresi gli impianti per la produzione di energia elettrica da risorse agroforestali, cantine, macelli, laboratori, eccetera Questi fabbricati sono rurali anche se posseduti da cooperative agricole che operano prevalentemente con i soci (caseifici, cantine, oleifici sociali)

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 13 26/08/2011 Il Sole 24 Ore Pag. 10 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Le correzioni a beneficio degli enti locali. Autonomie sul piede di guerra: il Governo punta allo sblocco dei residui passivi per i virtuosi Imu potenziata e anticipata al 2012 IMPOSTA MUNICIPALE A settembre il decreto correttivo con la nuova tassa comunale sugli immobili che sostituirà l'Ici e ingloberà anche Tarsu e Tia sui rifiuti

ROMA Da subito lo sblocco dei residui passivi per i "virtuosi" e da gennaio una nuova Imu irrobustita da Tarsu e Tia. È la strategia in due tempi che la Lega ha in mente per alleggerire la manovra sulle autonomie e che potrebbe essere condivisa dal resto della maggioranza, più che mai concorde nell'andare incontro a Regioni ed enti locali tuttora sul piede di guerra. Conviene partire da qui. Governatori, sindaci e presidenti di Provincia non perdono occasione di sottolineare tutti i limiti del doppio intervento contenuto nel Dl 98: da un lato, la stretta sul patto di stabilità da 6 miliardi nel 2012 e 3,2 nel 2013; dall'altro, la soppressione dei Comuni fino a 1.000 abitanti e delle Province con più di 300mila cittadini. Contro queste misure anche ieri hanno tuonato Anci, Upi e Conferenza delle Regioni. In ogni sede. Nell'audizione davanti alle commissioni Finanze di Camera e Senato, il coordinatore degli assessori al Bilancio, il lombardo Romano Colozzi, ha chiesto: «La necessità di rimodulare i pesantissimi tagli alle Regioni (60 miliardi complessivi in 4 anni) che penalizzano soprattutto i cittadini, la revisione del Patto di stabilità interno per differenziare spese per politiche attive e investimenti da quelle improduttive». Analoghe critiche ha sollevato il direttivo dei sindaci che ha bocciato una manovra «iniqua e penalizzante per il Paese» e ha invocato «l'immediato ritiro» delle norme su Piccoli comuni, organizzazione degli enti locali e gestione dei servizi pubblici, confermando la mobilitazione di lunedì 29 a Milano. Critiche che si sommano ai dubbi di costituzionalità sul taglio delle Province avanzati dal presidente dell'Upi, Giuseppe Castiglione. Un primo effetto la comune levata di scudi l'ha ottenuto. Sia il segretario pidiellino Angelino Alfano sia il ministro leghista hanno assicurato che i tagli verranno rivisti e che Province e piccoli Comuni saranno tutelati. Su quest'ultimo punto - dopo che i primi cittadini hanno bocciato le modifiche proposte dal ministro della Semplificazione (nei municipi fino a 1.000 abitanti sopravvivono il sindaco e 4 consiglieri e la Giunta diventa quella dell'unione municipale da 5mila abitanti) - si va verso lo stralcio. E la stessa sorte dovrebbe riguardare le amministrazioni provinciali con meno di 300mila cittadini visto che si torna a parlare di un Ddl costituzionale. Novità sono attese anche sul patto di stabilità. La soluzione a cui sta pensando Calderoli sarebbe quella di un "premio" per gli enti giudicati virtuosi in base ai parametri previsti dalla manovra di metà luglio, sotto forma di sblocco dei residui passivi. Non del 10% auspicato dall'Anci (che varrebbe 4,3 miliardi), bensì del 5-6% così da liberare 2-2,5 miliardi già presenti nel bilancio degli enti e "congelati" per non violare il patto e incorrere in sanzioni. La contropartita più ghiotta per i Comuni dovrebbe arrivare però da un ulteriore anticipo del federalismo. A settembre sarà presentato il decreto correttivo del Dlgs sul fisco municipale che sposterà l'arrivo dell'Imu dal 2014 al 2012. In una veste però rinnovata e potenziata visto che somiglierà molto alla «service tax» di calderoliana memoria e ingloberà Tarsu e Tia: l'Imu-bis vedrà salire l'aliquota di partenza (che oggi è allo 0,76%) e mutare la propria base imponibile. E, seppur in minima parte, colpirà la prima casa. Sull'abitazione principale non si pagherà la quota relativa a Ici e Irpef sui redditi fondiari ma quella collegata allo smaltimento dei rifiuti sì. Eu. B. © RIPRODUZIONE RISERVATA

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 14 26/08/2011 Il Sole 24 Ore Pag. 10 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Al Meeting. Il ministro invece loda Fassino Calderoli-Alemanno, lite sui debiti di Roma

Giuseppe Chiellino RIMINI. Dal nostro inviato Nessuno si aspettava baci e abbracci tra il sindaco di Roma, Gianni Alemanno (Pdl) e il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli (Lega), ma almeno toni cortesi sì, davanti a una platea come quella del Meeting di Cl, tanto più che c'era un testimone dell'opposizione come Piero Fassino. Invece il dibattito sul federalismo fiscale non solo finisce in un battibecco tra il sindaco di Roma e il ministro ma - quello che non ti aspetti - Calderoli teme addirittura di «essere diventato comunista», tanto comprende le osservazioni di Fassino sulla manovra e sul federalismo fiscale. Che il clima tra i Pdl e Lega non sia disteso si capisce subito quando Calderoli afferma che «un paese non si governa con i sondaggi, come qualcuno fa sempre» con esplicito riferimento a Berlusconi. La prova arriva poco dopo va in onda il botta e risposta. Alemanno, che già aveva già criticato la manovra del Governo - «fatta dentro i palazzi» - e aveva richiamato la Lega alla coerenza sul federalismo, chiede «qualche attenzione in più» per i «13 miliardi di debito ereditati dal passato». «13 miliardi che diventano 20» lo interrompe Calderoli che se la prende anche con il Lazio: «L'unica Regione che ha accollato il debito allo Stato». E in bergamasco «Adess' basta». Reazione aspra di Alemanno: «Dovete smetterla con questa demagogia contro Roma. Dovete capirlo: il federalismo ha futuro solo se rispetta l'unità». Controreplica di Calderoli: «I 20 miliardi non li devono pagare gli italiani, ognuno si deve far carico delle proprie responsabilità». Chiude Alemanno: «Lo facciamo ma voi non ammazzate il federalismo nella culla, voi che lo avete ideato». Tanto per chiarire che non si stava scherzando, lo scontro ha una coda su Radio Vaticana. «Abbiamo detto ai leghisti che la devono fare finita. Chiediamo rispetto per Roma. Chi attacca Roma attacca l'Italia. E poi a nome dei sindaci dell'Anci: «Se la manovra non sarà modificata saremo costretti a restituire le fasce tricolori». Il tutto mentre Fassino, che pure non aveva risparmiato critiche al Governo, si godeva i ripetuti applausi dei ciellini e raccoglieva il consenso del ministro sulla proposta di affidare alle Regioni il compito di decidere come articolare le Province, o sull'anticipo dell'Imu al 2012 e la tassa sui servizi ipotizzata e poi scartata dalla riforma. © RIPRODUZIONE RISERVATA

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 15 26/08/2011 La Repubblica - Bologna Pag. 5 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

LA KERMESSE AL PARCO NORD CRONACA L'intervista Parla Piero Fassino, oggi al dibattito al Parco Nord "Noi sindaci in trincea contro questa manovra iniqua e insostenibile" Giusto che la Chiesa paghi l'Ici solo sugli immobili commerciali. È tutto stabilito dal Concordato SILVIA BIGNAMI

DALLA lotta comune contro la manovra alla collaborazione con Bologna su cultura, università e società di servizi come Hera e Iren. Il sindaco di Torino Piero Fassino, Pd, arriva stasera alla sala centrale della Festa dell'Unità del Parco Nord per sancire il patto con Virginio Merola. In cantiere resta l'asse del Nord tra i sindaci di centrosinistra, ma sul piatto c'è la protesta contro la manovra e le proposte per cambiarla. «Presenteremo le nostre idee con i sindaci dell'Anci - spiega Fassino - a partire dalla maggiore flessibilità delle addizionali e dall'anticipazione dell'Imu al 2012. E sono d'accordo con il sindaco di Bologna sul fatto che la Chiesa continui a pagare l'Ici sulle sue proprietà commerciali. Mentre è giusto che siano esentati gli immobili dedicati ad attività religiose, solidaristiche o sociali. Del resto questa è materia "normata" dal Concordato, quindi gli enti locali non possono intervenire». Sindaco Fassino, i Comuni che possono fare per cambiare la manovra? «È significativo che a protestare non siano soltanto i Comuni di centrosinistra, ma anche quelli della maggioranza, da Flavio Tosi della Lega Norda Veronaa Gianni Alemanno del Pdl a Roma. Questa manovra è insostenibile perché rende impossibile garantire i servizi essenziali dei cittadini. Noi a Torino abbiamo tra i 100 e i 120 milioni di euro di tagli sul 2012, cui si sommano i 90 milioni del 2011. È iniqua perché sono 10 anni che si fanno manovre che gravano sempre sugli enti locali, invece che andarea ridurre la spesa corrente dello Stato. Edè iniqua anche perché si chiede un contributo di solidarietà ai cittadini che pagano le tasse e che già in questi anni hanno pagato sempre, e non si chiede invece a chi le tasse le paga meno, o non le paga. Infine è una manovra recessiva, perché non contiene una strategia efficace per la crescita, e non dà un euro per il sostegno dell'economia». Lei parla di ridurre le spese dello Stato. I vitalizi della Regione Emilia Romagna verranno abrogati dal 2015, ma intanto alcuni resistono sotto forma di pensioni di reversibilità. Non crede che si possa intervenire ancora sui costi della politica? «È giusto intervenire sui costi della politica, ma è demagogico pensare che è riducendo i vitalizi dei parlamentari o dei consiglieri regionali che si riduce il debito pubblico. Tra l'altro bisogna guardare anche al rovescio della medaglia: nonè civile che il sindaco di una città di 100mila abitanti percepisca 2.200 euro di indennità netta. Si intervenga piuttosto sulla spesa corrente dei ministeri o delle società a partecipazione statale. Lì sì si possono raccogliere cifre in grado di incidere sulla riduzione del debito pubblico. Quanto poi ai piccoli Comuni, la soluzione più ragionevole non è quella di sopprimerli, ma di favorire Unioni, come voi in Emilia Romagna fate già da anni. Le Province andrebbero infine trasformate in organi regionali, invece che statali, in modo che ogni Regione decida quali sopprimere e quali conservare». Lei ha già incontrato Merola a giugno, per definire un asse del Nord dei sindaci di centrosinistra. «Ci incontreremo il 6 settembre a Venezia, insieme a tutti i sindaci dei capoluoghi di Regione del Nord, e poi faremo un summit con le rispettive giunte. L'asse del Nord va visto ovviamente in chiave diversa dalla . La soluzione non è cioè separarsi dall'Italia, ma usare la forza del Nord a vantaggio del Paese». Quali sono le collaborazioni possibili tra Bologna e Torino? «Si parte dalla Cultura, con scambio di cartelloni e di eventi. Poi c'è l'università, perché entrambe le città hanno atenei prestigiosi. E infine i servizi. A Bologna avete Hera, noi a Torino abbiamo Iren: sarebbe positivo costruire collaborazioni tra le due società per dare servizi migliori ai cittadini». Intanto farete iniziative congiunte contro la manovra? «Prima di tutto ci sono le iniziative promosse dall'Anci. Stiamo lavorando per dare voce e corpo alla protesta, facendo però anche delle proposte. Chiediamo di rendere più flessibili le addizionali, di anticipare l'Imu dal 2014 al 2012, di introdurre una tassa patrimoniale equa, di consentire ai Comuni di mettere tasse di scopo con determinate finalità, e

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 16 26/08/2011 La Repubblica - Bologna Pag. 5 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

che venga abrogata dal Milleproroghe la norma che ci impedisce di accendere nuovi mutui, perché blocca gli investimenti». © RIPRODUZIONE RISERVATA @ PER SAPERNE DI PIÙ http://festaunita.pdbologna.org www.comune.torino.it Foto: I big Pd in prima fila Foto: Il sindaco Virginio Merola insieme all'ex segretario Pd Andrea De Maria e alla presidente della Provincia Beatrice Draghetti, ieri all'inaugurazione della Festa dell'Unità Foto: EX SEGRETARIO Il sindaco di Torino Piero Fassino, ex segretario Ds

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 17 26/08/2011 La Repubblica - Torino Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Il caso I sindaci dei piccoli Comuni bocciano la proposta Calderoli (d. lon.)

«TUTTIa Milano». Le modifiche proposte dal ministro Calderoli sulla norma taglia Municipi arrivate sul tavolo di Anci e Uncem non convincono Lido Riba, il presidente dell'Uncem del Piemonte, la regione più colpita dalla sforbiciata. «Sì dà la possibilità di eleggere nei Comuni sotto i mille abitanti quattro consiglieri, senza giunta, prevedendo la completa eliminazione del Comune, costretto a fondersi nelle "unioni". I sindaci sarebbero ridotti a ufficiali di stato civile senza alcun potere decisionale e capacità di gestione. Tutto questo senza garantire alcun risparmio per la spesa pubblica. Ci aspettavamo un cambiamento radicale della norma rispetto alla mobilitazione che c'è stata». E Riba invita a non mollare. Oggi alle 14 manifestazione a Roma, davanti a Montecitorio, e lunedì «tutti a Milano in piazza Della Scala».

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 18 26/08/2011 La Repubblica - Ed. Nazionale Pag. 17 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Il retroscena Berlusconi e la tentazione del video-appello "Ma prima un compromesso con Umberto" Il Cavaliere studia poche proposte forti. Alfano non convince Calderoli Dismissioni, liberalizzazioni, aumento dell'Iva e previdenza per una rivoluzione liberale Ieri il capo del governo non è riuscito a parlare col Senatur, lunedì il vertice CARMELO LOPAPA

ROMA - Va a rotoli il faccia a faccia Calderoli-Alfano, che nei piani del Cavaliere avrebbe dovuto spianare la strada al vertice di Arcore con Bossi. L'appuntamento è ancora in calendario per lunedì, anche se l'incidente occorso al Senatur diventa un altro ostacolo sul cammino già problematico della manovra e della difficile intesa tra Pdl e Lega. Tutto questo accade mentre a sorpresa precipita la borsa di Francoforte e alla vigilia della delicata asta per i titoli di Stato italiani. Poco tempo da perdere, bisogna fare in fretta, Berlusconi lo va ripetendo in queste ore. Ieri mattina ha chiamato il leader del Carroccio per accertarsi delle sue condizioni dopo le dimissioni dall'ospedale di Cittiglio, ma si è dovuto accontentare di parlare col figlio Renzo: il padre stava riposando, è stata la risposta del "Trota". Pessimo segnale. Tra le due sponde della maggioranza i rapporti restano tesi. Anche se il presidente del Consiglio resta convinto che alla fine il Senatur «dovrà accettare un compromesso, se si vorrà approvare il decreto e portare avanti la legislatura». Tuttavia sul nodo più spinoso, quello delle pensioni, il ministro Calderoli sembra abbia chiuso ogni spiraglio di trattativa (sebbene avesse aperto in mattinata su invalidità e reversibilità), nell'incontro di due ore avuto nel tardo pomeriggio nella sede Pdl di via dell'Umiltà. Per uscire dall'impasse, il premier è tentato da un "predellino in video". Un appello, forse in tv, forse via web, da lanciare nel fine settimana. Sono i falchi del partito a suggerire una sortita «alla Berlusconi», sotto forma di messaggio agli italiani di ritorno dalle vacanze. Per spiegare quanto sia grave la crisi, ma come la si possa trasformare in un'occasione unica per realizzare «la grande rivoluzione liberale». Quella promessa in questi 17 anni ma mai realizzata. Due giorni fa, al direttivo Pdl, è stato lo stesso Angelino Alfano ad annunciare ai parlamentari un pacchetto di misure che il premier avrebbe comunicato nel fine settimana. Ed è proprio con il segretario del partito che Berlusconi da Arcore sta mettendo a punto i 4-5 punti «forti» sui quali vorrebbe puntare. A frenarlo - racconta un ministro che gli ha parlato ieri - il timore che l'operazione venga percepita come uno strappo dal Carroccio. Allo stato,i punti messia fuoco sarebbero un ampio piano di dismissioni del patrimonio dello Stato (vale 350 miliardi), di liberalizzazioni delle attività imprenditoriali e delle professioni, privatizzazioni di società pubbliche. Ma anche l'incremento di un punto Iva e un innalzamento dell'età pensionabile: comunque su base volontaria e incentivato economicamente. Ieri il Cavaliere è stato tutto il giorno in contatto telefonico con Alfano, per essere aggiornato passo passo degli incontri con i vertici dell'Anci (Osvaldo Napoli), dell'Upi (Giuseppe Castiglione) e infine del faccia a faccia col ministro Calderoli. Resta la preoccupazione di fondo. Il partito brancola nel caos, tra frondisti che con Crosetto tornano all'attacco del Carroccio e altri che attaccano Tremonti, mentre i comuni pressano per una revisione dei tagli. Le Province diventano un gran pasticcio: Alfano incontra il presidente Castiglione che le rappresenta e nega di aver mai parlato della loro cancellazione, come invece risulta abbia fatto la sera prima parlando ai parlamentari del gruppo e dando ragione a Cicchitto («Vanno eliminate tutte»). La Lega resta contraria alla cancellazione e in commissione al Senato il Pdl vota lo stralcio del punto dal decreto. È un tira e molla quotidiano. Gaetano Quagliariello resta fiducioso: «I contatti con gli alleati continuano serrati e il vertice di lunedì potrà essere risolutivo». Ma il tempo stringe e fuori dal Parlamento, oltre ai sindacati, adesso anche Confindustria incalza e chiede che la manovra cambi volto.

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 19 26/08/2011 La Repubblica - Ed. Nazionale Pag. 17 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Foto: SULL'ESPRESSO "Dopo di me il diluvio". L'Espresso dedica un articolo al ministro dell'Economia : "Se cado io cade anche Berlusconi"

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 20 26/08/2011 La Stampa - Ed. Nazionale Pag. 19 (diffusione:309253, tiratura:418328) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

I mini-Comuni attaccano Tremonti FRANCESCA SCHIANCHI ROMA

Il silenzio di Tremonti è tremendo: siamo tutti alla ricerca di una soluzione tranne lui. Perché non viene a confrontarsi?", chiede Osvaldo Napoli, il presidente facente funzioni dell'Anci, al termine di una lunga giornata di incontri. Manca solo il ministro dell'Economia nel tourbillon di riunioni che vedono protagonisti in questi giorni gli enti locali, ieri in Audizione al Senato, impegnati nel tentativo di ridimensionare i tagli della manovra e più ancora di stralciare le norme che prevedono l'accorpamento dei Comuni sotto i mille abitanti e l'abolizione di 29 province (stralcio su cui ieri ha dato parere favorevole la commissione Bicamerale per le questioni regionali). Dall'appuntamento con la Lega a quello con il segretario Pdl Alfano di ieri, fino al rendez- vous del 1 settembre con il leader del Pd Bersani. Nel borsino delle probabilità, salgono quelle di rivedere la norma sui piccoli Comuni. "E' quasi certo che verrà modificata", secondo Napoli, "ne ho parlato con Berlusconi: anche lui desidera che i piccoli Comuni restino in vita". E' possibile che non si toccheranno i consigli comunali, mentre resterà l'obbligo di accorpare le funzioni (del resto già previsto, per Comuni sotto i 5000 abitanti, da una legge del 2010). "C'è una possibilità che la norma cambi", ammette anche Mauro Guerra, coordinatore dei piccoli Comuni dell'Anci, "molto dipende dalla manifestazione di lunedì 29 a Milano", a cui parteciperanno, tra gli altri, i sindaci Pisapia, Fassino, Alemanno, ma anche governatori come Formigoni ed Errani. Ieri l'Anci ha riunito il direttivo, da cui è uscito un giudizio lapidario sulla manovra: "Inaccettabile". I rappresentanti dei Comuni hanno anche ricevuto una bozza a firma Calderoli di revisione dell'articolo che li riguarda: prevede che resti il consiglio comunale, composto da 4 persone. "Ma è un testo che non risponde ai problemi", lo boccia Guerra. Oggi l'Anpci chiama alla piazza alle 14 davanti a Palazzo Chigi. Ma la volontà di andare incontro alle richieste dei Comuni c'è nel Pdl e anche nella Lega: "Comuni e Province hanno dato già troppo, se si taglia ancora si finisce con il compromettere i servizi ai cittadini. Un po' di 'ciccia', però, c'è ancora a livello regionale", valuta il ministro Calderoli. Non sono d'accordo le Regioni, ieri riunite in un incontro politico prima dell'Audizione al Senato, che calcolano di aver subito un taglio di 60 miliardi in 4 anni: "Con questa manovra non c'è più nessuna possibilità di attuare il federalismo", lamenta il presidente campano Caldoro. Sperano di salvarsi le province, che, a decreto invariato, sparirebbero nel caso di popolazione sotto i 300mila abitanti e 3mila km quadrati di superficie. Ieri anche l'Upi ha incontrato Angelino Alfano: "Nel Pdl non c'è assolutamente la volontà di abolire le province", si dice sicuro il presidente Giuseppe Castiglione. Eppure nell'incontro del direttivo del partito se n'è parlato. "Ma no - minimizza Castiglione - il capogruppo Cicchitto ha fatto solo una battuta". La battaglia per cambiare il decreto continua. Foto: Osvaldo Napoli Foto: Il presidente dell'Anci contesta i tagli previsti da Tremonti per i Consigli comunali

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 21 26/08/2011 Il Messaggero - Ed. Nazionale Pag. 6 (diffusione:210842, tiratura:295190) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato La commissione sugli Affari regionali vota per lo stralcio della riduzione degli enti locali LE MISURE Aumento dell'Iva, no di Tremonti primo stop al taglio delle Province Stallo sulle pensioni, rispunta la patrimoniale sugli immobili di lusso Nuove voci di condono Confindustria contro Robin Tax e contributo di solidarietà LUCA CIFONI

ROMA K Nell'ampio fronte dei favorevoli ad un ritocco dell'Iva spicca l'assenza di colui che più degli altri, nel governo, dovrebbe occuparsi di aliquote fiscali: ossia Giulio Tremonti. Così mentre girano cifre e simulazioni anche discordanti, il ministro d e l l ' E c o n o m i a per ora non ha modificato la propria posizione sul tema, ispirata ad una doppia prudenza. Da una parte la preoccupazione per i possibili effetti inflazionistici, dall'altra l'idea di riservare l'intervento sull'imposta sul valore aggiunto alla successiva fase della delega, sia per concorrere agli obiettivi di risparmio (in tema di assistenza) sia per finanziare l'eventuale calo delle aliquote delle imposte dirette. Dunque toccherà al premier, eventualmente, insistere per un intervento immediato, che al momento non appare agevole; tra l'altro se si volesse limitare l'incremento ai beni di lusso resterebbe il problema di far passare questa impostazione in sede europea, visto che l'Iva è un tributo comunitario. La situazione è sostanzialmente di stallo anche sulle pensioni; la proposta leghista di intervenire su quelle di reversibilità non darebbe grandissimi risparmi e sarebbe potenzialmente esplosiva da un punto di vista sociale; considerazioni simili valgono per l'eventuale introduzione di un limite di reddito per usufruire dell'indennità di accompagnamento per l'invalidità. C'è invece un consenso abbastanza ampio sulla revisione degli interventi di carattere istituzionale relativi agli enti locali: dunque da una parte l'unione forzata dei Comuni sotto i mille abitanti (che dovrebbe essere trasformata in messa in comune dei servizi) dall'altra la soppressione delle Province al di sotto dei 300 mila abitanti. Su entrambi i punti ieri è arrivato un parere parlamentare contrario: quello della commissione bicamerale per gli Affari regionali. Per lo stralcio si è espresso il Pdl, a quanto pare con l'accordo del centro-sinistra che però sul parere non ha votato insieme alla maggioranza. È possibile che a questo punto le relative norme siano accantonate, magari in attesa di un provvedimento più strutturale. Mentre nonostante le smentite resistono le voci di un condono eventualmente collegato alla delega fiscale, e mentre sul contributo di solidarietà qualcuno ha anche ipotizzato una soglia differenziata e più bassa per i politici, si guarda con attenzione anche al capitolo evasione fiscale. Al di là della proposta della Lega, che di fatto potrebbe tradursi in un meccanismo di incrocio tra redditi e patrimoni, è forte la pressione sindacale per qualche ulteriore misura. Si valuta ad esempio una qualche forma di prelievo patrimoniale sugli immobili di lusso, nell'ambito della nuova imposta municipale che la riforma federalista assegna ai Comuni. Favorevole a una qualche forma di tassazione del patrimonio immobiliare, in alternativa al contributo di solidarietà, si è anche detta Confindustria nel corso dell'audizione di ieri in commissione Bilancio. Il direttore generale Giampaolo Galli ha sostenuto che la manovra andrebbe migliorata (ad esempio con la cancellazione della Robin tax) visto che sui mercati persistono rischi per il nostro Paese. Dagli enti locali è invece arrivata la richiesta forte di un'attenuazione dei tagli che, ha fatto notare ad esempio l'assessore lombardo Romano Colozzi, rischia di azzerare il federalismo fiscale visto che alle Regioni sono stati sottratti 60 miliardi in quattro anni. Chi dovrebbe pagare il contributo di solidarietà 0,28% 0,35% 0,26% 0,17% 0,17% Fascia 1,23% 117.207 145.014 105.945 71.379 71.989 511.534 Contribuenti oltre 200.001 ANSA-CENTIMETRI Totale contribuenti In base al decreto 41.523.054 da 100.001 a 120.000 da 120.001 a 150.000 da 90.000 a 100.000 da 150.001 a 200.00 In base alla nuova proposta Fonte: Ministero delle Finanze, Dichiarazioni 2010 - Anno d'imposta 2009 Foto: A destra, Angelino Alfano con Foto: I documenti allo studio della commissione Bilancio

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 22 26/08/2011 Il Messaggero - Ed. Nazionale Pag. 6 (diffusione:210842, tiratura:295190) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Un tesoretto da 160 milioni a favore dei Comuni del Nord a disposizione di Brancher

ROMA - Mentre divampa la polemica sui tagli agli enti locali contenuti nella manovra lacrime e sangue di ferragosto, spunta un tesoretto da 160 milioni di euro destinato a un nuovo ente presieduto e diretto da Aldo Brancher, ovvero «il deputato berlusconiano fresco di condanna definitiva per i reati di ricettazione e appropriazione indebita». A scovarlo, «alla faccia dei tagli», è stato L'Espresso che dedica un articolo alle nuove attività dell'ex ministro. «Il neonato ente parastatale - scrive il settimanale - si chiama Odi (Organismo di indirizzo) ed è stato istituito il 14 gennaio 2011 con un apposito decreto firmato nientemeno che da e Giulio Tremonti. Richiamandosi a un codicillo semi-nascosto nella legge finanziaria 2010 (articolo 2, comma 107, lettera h), il presidente del Consiglio e il ministro dell'Economia autorizzano la spartizione di 160 milioni tondi entro la fine di quest'anno. I soldi sono destinati ai soli comuni veneti e lombardi delle fasce di confine con Trento e Bolzano», per frenare «la mini-secessione dei centri di montagna che progettavano di abbandonare le regioni padane per entrare nelle ricche province a statuto speciale». Non solo. Nonostante i precedenti penali e nuove accuse recentissime (caso Di Lernia), prosegue l'Espresso, «il decreto Berlusconi-Tremonti ha nominato Brancher presidente non solo dell'Odi, cioè dell'organismo che fissa gli indirizzi per distribuire i soldi ai Comuni, ma anche della Commissione di approvazione dei progetti». Foto: Aldo Brancher

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 23 26/08/2011 Avvenire - Ed. Nazionale Pag. 12 (diffusione:105812, tiratura:151233) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

IMMOBILI P.A.

UN PATRIMONIO DA CIRCA 500 MILIARDI QUASI LA METÀ, IN TEORIA, ALIENABILE La pubblica amministrazione ha immobili per circa 500 miliardi ma, dismettendo solo fari e caserme, si potrebbe ricavare fino a 1 miliardo di euro subito. La stima è del ministero della Difesa che sta mettendo a punto un emendamento alla manovra in discussione al Senato, per cercare di ammorbidire i tagli al dicastero. Di questo patrimonio, in più, sarebbe «potenzialmente disponibile», secondo non recentissime stime del Tesoro, oltre il 40%. Dentro questa percentuale stanno circa un migliaio di caserme, di cui 400 già trasferite al Demanio, e in molti casi aree edificabili, quindi con un elevato valore di mercato. L'ipotesi «spezzatino» per gli immobili della P.A. era già circolata nei giorni scorsi tra le probabili modifiche da introdurre alla manovra, e si era parlato anche di Fintecna come possibile veicolo per fare queste operazioni, cui potrebbe essere trasferita una quota degli immobili in cambio di liquidità immediata. Dalle ultime vendite immobiliari pubbliche, nel 2002 e nel 2005, sono arrivati nella casse statali 15 miliardi di euro.

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 24 26/08/2011 Avvenire - Ed. Nazionale Pag. 13 (diffusione:105812, tiratura:151233) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

l'intervista «Non accuso la politica di avere abbandonato l'Agenzia. Ma ho molto apprezzato le parole del cardinal Bagnasco e di Napolitano. In Italia quella contro cui ci si sdegna è sempre l'evasione altrui Ma senza di noi, una manovra ancora più pesante per tutti» MANOVRA E FISCO «Evasione, basta schizofrenie» Il direttore delle Entrate, Befera: «Chiedo scusa per i singoli eccessi Ma chi ci critica non aiuta, sulle tasse rimane un problema culturale» «Nel 2011 siamo in linea: ad agosto già incassati 6,5 miliardi E le somme recuperate si stanno trasformando in base imponibile: la differenza fra l'Iva potenziale e quella versata si è ridotta a 37 miliardi nel 2009, il 2010 conferma la tendenza» «A ottobre partiranno le prime lettere ai contribuenti con spese anomale, superiori ai redditi dichiarati Faremo più cont EUGENIO FATIGANTE

uomo delle tasse chiede scusa. Lo fa per i singoli «casi di eccessi» che ci sono stati verso alcuni contribuenti (comunque «poca cosa», precisa subito, rispetto ai numeri enormi dell'attività svolta), ma allo stesso tempo denuncia l'«atteggiamento schizofrenico» di quanti ora lamentano vessazioni delle strutture fiscali, ora chiedono una maggior forza nella lotta all'evasione, riconosciuta come un'arma fondamentale per un risanamento dei conti all'insegna dell'equità. Attilio Befera si sta ritemprando nel suo Abruzzo dopo un'estate travagliata per gli organismi che guida (è direttore dell'Agenzia delle Entrate e presidente di Equitalia). Ora interrompe il silenzio (oggi sarà al Meeting di Rimini), partendo dall'apprezzamento per le parole sull'evasione pronunciate di recente dal presidente Napolitano e dal cardinale Bagnasco, presidente della Cei. Gli ultimi sono stati mesi poco sereni per lei? Vista la crisi generale, c'è una serenità di fondo che ci viene dalla considerazione che, dopo alcuni "sbandamenti", il problema dell'evasione sta tornando a essere considerato centrale nella percezione generale, così come il fatto che con i risultati ottenuti stiamo dando un contributo notevole alla tenuta dei conti pubblici, in assenza del quale la manovra sarebbe ancora più ingente. Per questo sono grato al cardinale Bagnasco, come ad altri massimi esponenti della Chiesa, nonché al presidente Napolitano e a quanti sono intervenuti in modo autorevole e non schizofrenico. Le loro parole, che sono anche di conforto per il personale dell'Agenzia, centrano il problema: lo sviluppo di una coscienza civica che faccia capire che i beni pubblici non sono qualcosa che esiste per vita propria. Hanno un prezzo, e questo prezzo lo si paga con le imposte. La stessa fruizione dei nostri beni privati dipende dai beni pubblici. Allora chiediamo semplicemente questo supporto culturale, che ancora manca nella società. Siete accusati però di aver perpetrato autentiche vessazioni, in taluni casi. Si sente di dover chiedere scusa agli italiani? Dobbiamo intenderci. Indubbiamente qualche situazione di eccesso c'è stata. Ai singoli contribuenti chiedo scusa, come responsabile. Però ricordo che l'Agenzia gestisce 43 milioni di dichiarazioni ed Equitalia 16 milioni di cartelle: i casi di eccesso sono limitatissimi, in proporzione. E non si può per questo presentare il non pagare le tasse come un possibile volano per la ripresa dell'economia. In Italia abbiamo sull'evasione un profondo problema culturale: infatti quella contro cui si leva lo sdegno sembra essere, per lo più, solo l'evasione altrui. In questi mesi si è sentito abbandonato dalla politica? Noi siamo un organo tecnico, non posso dire se la politica mi ha abbandonato o meno. Constato che negli ultimi 2-3 anni sono state approvate da governo e Parlamento numerose norme che ci hanno consentito di migliorare i risultati. E come sta andando il 2011? Siamo in linea. I dati di agosto ce lo confermano: siamo sui 6-6,5 miliardi per l'Agenzia. Quindi sicuramente raggiungiamo gli 11 miliardi a fine anno. Le somme recuperate sono salite negli anni. Ma si può parlare di un reale recupero di base imponibile? Per rispondere bisogna confrontare l'andamento di quanto viene dichiarato spontaneamente con i dati della contabilità nazionale. L'Agenzia ha sviluppato una metodologia in tal senso per l'Iva. Ne è emerso che il gap dell'imposta, cioè la differenza fra l'Iva potenziale e quella versata, si è ridotta da circa 43 miliardi nel 2008 a 37 nel 2009. E i primi dati 2010 confermano questo miglioramento. Torniamo indietro: le polemiche furono alimentate anche da una circolare che lei inviò ai primi di maggio ai suoi dipendenti. La rifarebbe? Quella circolare da alcuni è stata mal interpretata: non aveva una natura sanzionatoria, ma preventiva. Serviva a sottolineare che casi limitati mettono a repentaglio il buon lavoro fatto dalla maggior parte dei dipendenti. Ho sempre affermato che la nostra attività di dissuasione e

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 25 26/08/2011 Avvenire - Ed. Nazionale Pag. 13 (diffusione:105812, tiratura:151233) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

recupero deve essere ispirata da comportamenti improntati a equilibrio, misura e ragionevolezza. Perché noi dobbiamo accrescere la fiducia nei confronti dell'Agenzia e favorire l'adempimento spontaneo che è alla base del nostro sistema fiscale, la tax compliance . Con il decreto sviluppo sono stati rivisti i limiti per le ipoteche e le ganasce fiscali. Avete altro allo studio per non gravare troppo sui contribuenti? Molto spesso si fa carico a Equitalia di problemi che sono a monte, creati o dal legislatore o da alcuni enti impositori. Per quanto riguarda le Entrate, abbiamo già ridotto il numero dei controlli su Pmi e persone fisiche - mantenendo però l'obiettivo di risultato -, proprio per evitare controlli inutili ai contribuenti. E per Equitalia stiamo studiando una serie di provvedimenti per ampliare i controlli preventivi: entreranno in vigore in autunno, per limitare e meglio mirare gli interventi di fermo amministrativo e di ipoteca. Fra le cause dello scarto fra evasione accertata e incassata c'è anche il contenzioso tributario. Cosa si sta facendo? Novità significative sono state già apportate, sia in termini di riduzione dei tempi sia di accrescimento della qualità del contenzioso. Abbiamo creato poi una direzione ad hoc ed è stata introdotta la mediazione per gli importi inferiori a 20mila euro, che dovrebbe decongestionare questo problema. A maggio è stata anche ritrasferita ai Comuni la riscossione su multe e tributi di loro competenza. Una mossa giusta? La riscossione per alcuni Comuni ha creato grandi problemi a Equitalia, per la difficoltà di aggiornamento delle loro banche-dati. Ora devono assumersi questa attività, magari con forme di coordinamento fra di loro. Spero sia di stimolo perché diventino più efficienti. Quali sono state negli anni le più efficaci misure anti-evasione? Il contrasto alle compensazioni indebite, le norme contro le frodi Iva, il rafforzamento delle misure cautelari, lo spesometro, e così via. Il nuovo redditometro quando sarà pronto? Ci stiamo lavorando. Questo strumento parte dalle dichiarazioni presentate nel 2010, ma siccome è davvero molto delicato preferiamo ritardarne l'uscita per perfezionarlo al massimo. Di sicuro uscirà entro fine anno. Ed entro ottobre invieremo ai contribuenti le prime lettere di segnalazione sulle dichiarazioni confrontate con le spese da loro sostenute. Si continuano però a notare comportamenti eclatanti, come ristoranti o professionisti nel pieno centro delle città che non rilasciano ricevuta. Godono di una sorta di impunità fiscale? Assolutamente no. Anche a me di recente è stato segnalato che in una nota località di villeggiatura è vietato, in pratica, chiedere la ricevuta fiscale. Ritengo però che l'uso coordinato degli studi di settore da un lato e del redditometro dall'altro ci dia la possibilità di ridurre sensibilmente questo tipo di evasione. Ciò detto, resta il problema culturale: in qualunque Paese, il Fisco funziona pienamente solo se è sostenuto da salde convinzioni culturali, ben radicate nella società, che sappiano coniugare lo sviluppo civico con quello delle singole persone. I NUMERI DEL NERO 270-300 MILIARDI I REDDITI EVASI OGNI ANNO 120 MILIARDI IL MANCATO GETTITO PER LO STATO 60 MILIARDI IL MANCATO GETTITO IVA 3% GLI ITALIANI CHE DICHIARANO PIÙ DI 150MILA EURO 52% LE SOCIETÀ DI CAPITALI CON REDDITI NEGATIVI 25,4 MILIARDI LE SOMME RECUPERATE NEL 2010 CHI È Il super-tecnico con la passione del tennis Attilio Befera, laureato con lode in Economia, ha 65 anni e da giugno 2008 è il direttore dell'Agenzia delle Entrate. Abruzzese di Luco de' Marsi (dove ama rifugiarsi), ha due figli e anche due cani: un alano di nome Rosa e un bassotto, Piccola. Gran fumatore di sigaro Toscano, si dedica sempre meno a due sue grandi passioni: la montagna e il tennis. Inizia la carriera nel 1965 in Efibanca. Nel 1995 viene nominato ispettore centrale del Secit. Due anni dopo diventa direttore centrale per

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 26 26/08/2011 Avvenire - Ed. Nazionale Pag. 13 (diffusione:105812, tiratura:151233) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

la riscossione del Dipartimento delle entrate del ministero delle Finanze, realizzando la riforma del servizio nazionale dei concessionari della riscossione. Dal 2001, con la creazione dell'Agenzia delle Entrate, viene nominato direttore centrale. Nel 2005 nasce Riscossione Spa (ora Equitalia), la società unica di riscossione pubblica, e lui ne assume la guida come amministratore delegato, fino al 1° ottobre 2008 quando ne diventa il presidente. LA DENUNCIA L'ESPRESSO: TOGLIERE LA «SORDINA» AL 117 Un'arma per combattere l'evasione, «l'Italia ce l'ha, è il 117, il numero della Guardia di Finanza per segnalare - anche in forma anonima - comportamenti scorretti». A ricordarlo è "L'Espresso" in edicola oggi che denuncia, però, come il centralino, che esiste da quindici anni, sia «colpevolmente» utilizzato «col silenziatore». Il numero sarebbe invece, continua il periodico, «una discreta arma contundente». Dopo l'avvio trionfale con 12mila chiamate in 10 giorni nel 1996, infatti, «in tutto l'anno scorso le chiamate sono state 28mila». Foto: Attilio Befera, direttore dell'Agenzia delle Entrate e presidente di Equitalia

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 27 26/08/2011 Libero - Ed. Nazionale Pag. 8 (diffusione:125215, tiratura:224026) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Il Pdl tenta il Cav: tagliamo del 25% i dipendenti pubblici Berlusconi pensa di eliminare tutte le province e salvare i piccoli comuni facendo ulteriori ritocchi sulle regioni. I frondisti: razionalizziamo gli organici amministrativi BRUNELLA BOLLOLI ROMA

Silvio Berlusconi cerca per chiedergli come sta il suo gomito, ma risponde Renzo. E il mancato colloquio tra i due amici-alleati sembra l'ennesi ma prova del rapporto freddo di questi giorni. Colpa della manovra della discordia. Solo lunedì ci sarà l'atteso faccia a faccia tra Cavaliere e Senatùr. Per ora la quadra non c'è, restano i nodi. Via tutte le province, aumento dell'Iva dell'1% o 2%, rimodulazione della super tassa, salvi i piccoli comuni, piuttosto altri ritocchi sulle Regioni. E i frondisti aggiungono: taglio del 25% degli organici della pubblica amministrazione. Quindi personale, strutture e uffici pubblici (ministeri) dovranno essere seriamente ridimensionati. Sono queste le proposte di modifica del Pdl al decreto sulla manovra finanziaria che il premier intende sottoporre al leader leghista all'inizio della prossima settimana. Le tensioni con gli alleati, però, non accennano a diminuire. «La Lega dovrà cedere». Nervi tesi, in particolare, tra presidente del Consiglio e ministro dell'Economia Tremonti. Raccontano di una telefonata dura, ieri, tra Cavaliere e ministro, in cui il secondo avrebbe "boccia to" le proposte del primo. Si tratta a oltranza, consapevoli che «la tenuta della coalizione non deve essere messa in discussione». Questo il Cavaliere l'ha ribadito più volte. I bene informati, come il ministro delle Infrastrutture, , assicurano che «l'intesa si troverà. Da anni si parla di di una rottura tra Pdl e Lega e poi il rapporto si consolida di più. Altre fonti governative, però, narrano di un premier furioso con i padani, soprattutto dopo i discorsi da Rimini di Roberto Calderoli. Il ministro della Semplificazione, sebbene abbia aperto uno spiraglio sul sistema previdenziale, ha però specificato: «Le pensioni di chi ha lavorato non si toccano, si può vedere su accompagni e reversibilità». Niente da fare, invece, sull'abolizione delle province: «È una castroneria». Non a caso Calderoli, appena rientrato a Roma, è stato convocato dal segretario del Pdl, Angelino Alfano, nella sede del Pdl a via dell'Umiltà. Vertice lungo due ore, bocche cucite, ufficialmente tutto si è svolto in armonia per mettere sul tavolo i punti all'ordine del giorno di lunedì. L'ex Guardasigilli ha voluto conoscere i margini di trattativa con i lumbard e capire l'idea di Calderoli di una tassa patrimoniale sull'evasione fiscale. Allo stato restano le distanze. Gli ambasciatori dovranno quindi preparare il terreno per il summit di lunedì. Un vertice dove comunque il capo del governo è deciso a presentarsi con un progetto di manovra «ribaltata» rispetto al testo approvato il 13 agosto, forte anche dei suggerimenti chiesti da frondisti, scajoliani, Pri e altri. Insomma, la finanziaria bis di Tremonti rischia di avere vita breve: stravolta pur mantenendo invariati i saldi. Anche in Senato, dove in questi giorni si sono riunite le commissioni tecniche per elaborare le modifiche al decreto, la discussione è rimandata a martedì. Il primo round dei lavori si è chiuso ieri con l'audizione degli enti locali. La commissione Bilancio ha sentito anche Confindustria, Rete Imprese Italia, e sindacati, tutti critici sul testo tremontiano. Furibondi anche alcuni amministratori locali, tra cui il governatore del Lazio Renata Polverini, che oggi vedrà Alfano. Da martedì poi si entrerà nel vivo. Quasi certo l'aumento di un punto dell'aliquota ordinaria dell'Iva (dal 20 al 21 o 22%), lasciando invariate quelle del 4% e del 10%. Quanto alla supertassa, si va verso un unico prelievo del 5% per i redditi sopra i 200mila euro. «È evidente che una manovra economica così importante va gestita in modo collegiale dalla maggioranza nel confronto dialettico con l'opposizione», ha detto Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera. Il problema è che se per Alfano «la manovra di Tremonti non è il Vangelo», la parte sulle pensioni per la Lega è come la Bibbia: non si tocca. Però, «avanti con i veti il Paese rischia di affondare», nota Osvaldo Napoli, presidente dell'Anci e vicepresidente dei deputati pidiellini. Napoli ha assicurato sulla salvaguardia dei piccoli comuni: «Ho sentito Berlusconi e non c'è dubbio che lui desideri che rimangano tutti». Per , ministro per l'Attuazione del Programma, le priorità sono altre: «L'intro duzione del fattore famiglia nel calcolo dei doveri fiscali eccezionali, e poi l'iniziativa mia e del presidente Formigoni di dimezzare le regioni per farle diventare solo otto». Popolo e

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 28 26/08/2011 Libero - Ed. Nazionale Pag. 8 (diffusione:125215, tiratura:224026) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Territorio, terza gamba del governo, chiede un vertice di maggioranza anti-Lega.

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 29 26/08/2011 ItaliaOggi Pag. 34 (diffusione:88538, tiratura:156000) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato La prassi ormai consolidata di far slittare il termine danneggia i comuni Bilanci senza più proroghe Solo il varo a dicembre migliora la gestione

Il bilancio di previsione di un ente pubblico per essere efficace deve essere approvato entro il 31 dicembre dell'anno precedente quello cui si riferisce. Si tratta di un principio fondamentale che assume un significato evidente sia per la natura autorizzatoria del bilancio stesso, sia per poter organizzare in maniera razionale ed efficiente le operazioni di gestione. Mentre nello stato si assiste negli ultimi anni all'approvazione del bilancio e della relativa legge finanziaria entro il suddetto termine, per i comuni e per le province è avvenuto il contrario. La possibilità di differimento del termine ammessa con atto amministrativo (decreto del ministro dell'interno) dall'articolo 151 del Testo unico 267/2000, anziché costituire un'eccezione, è divenuta ormai una regola consolidata attraverso provvedimenti ripetuti che spostano il termine sempre più avanti. In passato, il termine veniva di solito differito al 31 marzo dell'anno successivo; poi nel 2004, in seguito al blitz notturno della Guardia di finanza nel comune di Milano sui verbali in bianco della commissione bilancio, il termine è stato prorogato per la prima volta al 31 maggio con decreto-legge anche allo scopo di evitare lo scioglimento del consiglio. Quest'anno si è battuto il record attraverso tre decreti di differimento che hanno fissato il termine ultimo per l'approvazione del bilancio 2011 niente di meno che al 31/8/2011. Le principali motivazioni che sono alla base di queste proroghe sono sempre le stesse: incertezza sulla previsione delle entrate e mutevolezza delle regole sul patto di stabilità interno. Ma a parte queste motivazioni, indubbiamente valide, alcune riflessioni sul punto si manifestano necessarie. In primo luogo, la concezione del bilancio ancora largamente diffusa è quella di uno strumento contabile a margine delle decisioni politiche che frena l'azione amministrativa, anziché favorirla. Il bilancio viene in tal modo elaborato secondo la logica dell'adempimento, in maniera approssimativa e spesso in fretta per evitare lo scioglimento del consiglio. In secondo luogo, la competenza ad approvare il bilancio attribuita dalla legge ai consigli non ha un valore soltanto formale, bensì riflette o dovrebbe riflettere il potere di stabilire, nell'ambito della funzione di indirizzo politico-amministrativo, gli obiettivi strategici cui orientare l'azione della giunta. La mancata approvazione del bilancio costituisce pertanto una grave inadempienza in quanto viene meno un atto fondamentale di riferimento della politica dell'ente. In terzo luogo, la vigente disciplina contabile configura un sistema di strumenti di bilancio strettamente collegati ai documenti di programmazione e di gestione. In particolare, l'articolo 169 del medesimo testo unico stabilisce che, sulla base del bilancio deliberato dal consiglio e prima dell'inizio dell'esercizio, la giunta definisce il Peg con il quale vengono assegnati ai dirigenti, o ai responsabili dei servizi, obiettivi e risorse destinate alla loro realizzazione. Ancora, il decreto 150/2009 (decreto Brunetta) prevede l'applicazione anche negli enti locali delle disposizioni relative al «Ciclo di gestione della performance» e del collegamento delle relative operazioni al ciclo della programmazione finanziaria e di bilancio. In sostanza, la vigente normativa in materia configura il bilancio come strumento di decisioni a livello di consiglio e un bilancio come strumento di direzione e di gestione a livello di esecutivo. L'intero processo ha senso tuttavia se il punto di avvio è tempestivo (mese di gennaio) altrimenti il ritardo nell'approvazione del bilancio determina un effetto a cascata che rende inutili o impossibili i successivi sviluppi in termini di razionalità nel governo dell'ente. Ne consegue che la gestione viene a svolgersi in maniera frammentaria e alla giornata in un clima di incertezza e di confusione in cui tutto è possibile, con buona pace dei provvedimenti di riforma. Immaginate quest'anno un bilancio 2011 approvato il 31/8 e un Peg definito dalla giunta in settembre-ottobre e poi assegnato ai dirigenti quando la gestione è prossima alla fine? La questione non è di poco conto.*esperto Legautonomie

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 30 26/08/2011 ItaliaOggi Pag. 30 (diffusione:88538, tiratura:156000) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Il caso Sponsor, enti più liberi

Il divieto sulla contribuzione a qualsiasi forma di sponsorizzazione da parte degli enti locali, imposto dalla manovra correttiva del 2010, deve intendersi rivolto a quelle spese che intendono sostenere eventi che non siano diretta espressione dei compiti istituzionali dello stesso ente. Infatti, ammettere che il divieto posto possa estendersi a qualunque forma di contribuzione concessa dall'amministrazione locale, significherebbe un'esplicita violazione, da parte del legislatore nazionale, dell'autonomia costituzionalmente riconosciuta agli enti locali. È quanto ha messo nero su bianco la sezione regionale di controllo della Corte dei conti Liguria, nel testo del parere n. 28/2011, con cui è stata fatta chiarezza sulla portata della disposizione contenuta all'articolo 6, comma 9 del dl n. 78/2010, ove si sancisce che, dal 2011, le amministrazioni pubbliche non possono effettuare spese per sponsorizzazioni.Sul punto, il comune di Ospedaletti richiedeva un parere alla Corte per sapere se fosse legittima la concessione di un contributo alle associazioni sportive locali per lo svolgimento delle attività sia ordinarie che straordinarie. Secondo il collegio della magistratura contabile ligure, la ratio imposta dal legislatore è quella di limitare, nell'ottica di un generale contenimento della spesa pubblica, tutte quelle spese (ovvero le contribuzioni) che l'ente sostiene per eventi che non siano diretta espressione dei suoi compiti istituzionali. Sotto questo profilo, pertanto, sono ammesse le contribuzioni a soggetti terzi relative ad iniziative culturali, sportive ed artistiche che mirano a realizzare gli interessi della collettività amministrata, ovvero le finalità istituzionali demandate all'ente locale. È pacifico, ha ammesso la Corte, che tali iniziative, incardinate nel principio di sussidiarietà orizzontale, rappresentano una «modalità alternativa della realizzazione del fine pubblico, rispetto alla scelta dell'amministrazione di erogare direttamente un servizio di utilità per la collettività».Se si volesse intendere la disposizione del citato articolo 6 come un divieto generalizzato a tutte le forme di contribuzione concesse dall'ente locale, ci si troverebbe di fronte ad una palese violazione, da parte del legislatore nazionale, dell'autonomia costituzionalmente riconosciuta agli enti locali nell'esplicazione delle proprie funzioni fondamentali. Quindi la norma mira a realizzare il taglio dei costi amministrativi senza incidere sulle funzioni e sui compiti degli enti locali. Antonio G. Paladino

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 31 26/08/2011 ItaliaOggi Pag. 30 (diffusione:88538, tiratura:156000) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato L'operazione trasparenza rischia di diventare un adempimento burocratico fine a se stesso Spese in chiaro, un circolo vizioso Costi di rappresentanza ai raggi X. Ma nessuno li ha definiti

La manovra finanziaria impone agli enti locali di evidenziare le spese di rappresentanza, ma nessuna norma le ha mai definite.Rischia di divenire un adempimento burocratico fine a se stesso la previsione contenuta nell'articolo 16, comma 12, del dl 138/2011, ai sensi del quale «le spese di rappresentanza sostenute dagli organi di governo degli enti locali sono elencate, per ciascun anno, in apposito prospetto allegato al rendiconto di cui all'articolo 227 del Testo unico degli enti locali di cui al 18 agosto 2000, n. 267. Tale prospetto è trasmesso alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti ed è pubblicato, entro dieci giorni dall'approvazione del rendiconto, sul sito internet dell'ente locale».Insomma, si richiede la massima trasparenza, tanto da attivare un possibile intervento della magistratura contabile, proprio per un istituto che più opaco e indefinito non potrebbe essere.Per le aziende private ha provato a definire le spese di rappresentanza la circolare dell'Agenzia delle entrate 113 luglio 2009, n. 34/E e il decreto del ministero dell'economia e delle finanze del 19 novembre 2008, senza, per altro, troppo successo. Le spese sono definite in modo estremamente aleatorio e considerate come deducibili dal reddito di impresa «se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto del ministro dell'economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell'attività caratteristica dell'impresa e dell'attività internazionale dell'impresa».Ancora più fumosa è la disciplina delle spese di rappresentanza nelle amministrazioni locali, anche perché il legislatore non le ha mai qualificate. Insomma, si sa che esistono, è noto che debbono essere ridotte dell'80% rispetto al 2009 ai sensi della manovra economica del 2010, occorre, adesso, renderle pubbliche, ma sfugge del tutto in cosa consistano. Ha provato la giurisprudenza contabile a cercare di definire meglio l'istituto. Il più recente intervento è quello della sentenza della Corte dei conti, sezione giurisdizionale Friuli Venezia Giulia 16 febbraio 2011, n. 12. Secondo la pronuncia, in primo luogo le spese di rappresentanza devono essere previste nel bilancio dell'ente, ma questo non è di per sé requisito sufficiente. Infatti, occorrono, per attivarle, provvedimenti specifici che ne autorizzino l'erogazione, i quali debbono necessariamente indicare nel dettaglio le motivazioni alla base, fondate su «criteri di ragionevolezza, buon senso ed equilibrio, nel rispetto dei principi costituzionali di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.)». Per uscire un po' dalla fumosità anche di questa indicazione, la sentenza aggiunge che occorre evidenziare la stretta corrispondenza con i fini istituzionali dell'ente nell'ambito di relazioni con altri soggetti pubblici o privati, precisando che «il soggetto destinatario finale della spesa di rappresentanza deve essere un soggetto estraneo all'amministrazione o alla società pubblica e deve rivestire un ruolo apicale e rappresentativo nel proprio ente di appartenenza». Dunque, no a rimborsi spese per cene, pranzi, regali agli stessi dipendenti o amministratori dell'ente. Spiega la Corte: «Le spese di rappresentanza devono essere finalizzate a promuovere o a incrementare l'immagine dell'ente pubblico all'esterno e non devono corrispondere a finalità o a soddisfazioni personali degli amministratori o dei dipendenti pubblici dell'ente erogante».La sentenza prova anche a indicare in positivo in cosa possono consistere le spese di rappresentanza, identificabili in esborsi finalizzati a «ospitare personalità o delegazioni di enti pubblici o privati»: oppure per offrire omaggi, ma in occasioni di «manifestazioni particolari»; o, ancora, per organizzare «convegni di studio, manifestazioni, cerimonie o ricorrenze, colazioni di lavoro», purché sempre in occasione di tali eventi particolari; infine sono considerabili spese di rappresentanza «inserzioni su quotidiani o spese postali per l'invio di auguri e partecipazioni».Per uscire, tuttavia, da equivoci e fumosità, sarebbe necessario quanto meno un regolamento di disciplina, ma quanto mai opportuna appare una disposizione normativa che almeno identifichi le spese non giustificabili come di rappresentanza.

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 32 26/08/2011 ItaliaOggi Pag. 29 (diffusione:88538, tiratura:156000) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato In gazzetta ufficiale il decreto correttivo della riforma brunetta Rinviate le fasce di merito, non la valutazione

Il rinvio dell'entrata in vigore delle fasce di merito non esonera gli enti locali dall'obbligo di adottare il sistema di valutazione, il ciclo di gestione delle performance ed i documenti di programmazione per come previsto dalla legge Brunetta. Anzi, questa esigenza è ulteriormente rafforzata dalla scelta per cui la salvaguardia dei contratti decentrati sottoscritti prima del novembre 2009 non si applica a questa materia, in quanto è rimessa al potere regolamentare Possono essere così riassunte le principali disposizioni contenute nel dlgs n. 141/2011, cd correttivo del dlgs n. 150/2009, che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 194 di lunedì 22 agosto, a circa un mese dalla approvazione da parte del consiglio dei ministri. Il provvedimento aumenta al 18% il numero dei dirigenti a tempo determinato che gli enti locali cosiddetti virtuosi possono assumere per coprire posti vacanti in dotazione organica, mentre la legge Brunetta aveva stabilito che il tetto massimo era fissato allo 8%, sia per lo stato che per tutte le altre p.a.L'obbligo di istituire le fasce di merito, recependo le indicazioni dettate per le sole amministrazioni statali dall'accordo governo-sindacati (tranne la Cgil) dello scorso febbraio, viene rinviato all'entrata in vigore dei nuovi contratti nazionali, cioè ad oggi ad un termine indefinito. Peraltro questo rinvio non si applica in toto perché, per potere ripartire tra il personale fino alla metà dei risparmi che le amministrazioni conseguono sfruttando la possibilità offerta dall'articolo 16 del dl n. 98/2011, occorre utilizzare le fasce di merito. Altra importante novità è costituita dall'ampliamento del numero di p.a. che sono esentate dalla istituzione delle fasce: sulla base del testo del dlgs n. 150/2009 esso era fissato in quelle con un numero di dirigenti non inferiori a 5 e/o con un numero di dipendenti non inferiore a 8; sulla base del nuovo testo viene portata ad un numero non inferiore a 15 dipendenti, cioè il vincolo scatta dal sedicesimo in poi. Ma la stessa disposizione impegna comunque le amministrazioni escluse a differenziare il trattamento accessorio collegato alla performance, riservandone comunque la parte prevalente ad una quota limitata. Cioè rimane l'obbligo della differenziazione, ma le piccole amministrazioni lo applicheranno in modo flessibile.Il rinvio delle fasce non determina analoghi effetti sulle disposizioni che impongono alle amministrazioni di darsi una nuova metodologia di valutazione, di utilizzare il ciclo di gestione delle performance, di assegnare obiettivi in linea con le caratteristiche dettate dalla disposizione e di adottare documenti di programmazione coerenti con le finalità perseguite dalla legge Brunetta. Anzi, questi vincoli sono rafforzati dal chiarimento contenuto nel decreto correttivo, che limita fortemente i rinvii ai nuovi contratti nazionali (che valgono solo per le nuove regole dettate per la contrattazione collettiva) e che assegna ai regolamenti degli enti la competenza a decidere sulla valutazione, competenza che per esplicita indicazione del decreto correttivo prevale sulle eventuali norma contrarie dettate dai contratti decentrati.L'ampliamento del tetto dei dirigenti a tempo determinato e negli enti che ne sono sprovvisti dei responsabili che gli enti possono assumere per la copertura di posti vacanti in dotazione organica, cioè l'articolo 110 comma 1 del dlgs n. 267/2000, viene limitato ai comuni ed alle province virtuosi e non viene allargato alle regioni. La scelta legislativa solleva un problema applicativo fino al prossimo anno, in quanto le tabelle per la individuazione delle amministrazioni virtuose non saranno pronte prima di tale data, visto che il dl n. 138/2011 ne ha anticipato l'entrata in vigore che, in precedenza, era invece fissata al 2013. Il problema è in parte risolto dalla sanatoria contenuta nel dlgs 141 delle illegittimità commesse finora dalle amministrazioni locali che hanno assunto un numero di dirigenti a tempo determinato maggiore dello 8%.Giuseppe Rambaudi

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 33 26/08/2011 ItaliaOggi Pag. 29 (diffusione:88538, tiratura:156000) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato MANOVRA BIS Tutte le proposte di modifica all'art. 16. Unioni anche tra comuni non confinanti Mini-enti, i tagli prendono tempo Si parte tra un anno. Via le giunte, più poteri alle regioni

L'accorpamento dei piccoli comuni prende tempo. Scatterà infatti non subito, ma solo a partire dalle prime elezioni successive al 13 agosto 2012 (e cioè un anno esatto dall'entrata in vigore della manovra di Ferragosto) il timing che porterà gli enti fino a 1.000 abitanti ad associare le funzioni amministrative e non solo. Perché attraverso le unioni municipali (il nuovo organismo creato ad hoc dal dl 138 e sulla cui istituzione il governo non ha, dunque, fatto alcun passo indietro) i mini-enti dovranno obbligatoriamente gestire anche tutti i servizi pubblici di spettanza comunale (trasporti, acqua, asili nido ecc.). Le unioni dovranno avere almeno 5.000 abitanti (3.000 se i comuni sono montani) e non dovranno essere formate necessariamente da comuni confinanti. L'avverbio «preferibilmente», inserito nel pacchetto di emendamenti governativi all'art. 16 che saranno presentati in senato la prossima settimana, toglie così ai sindaci dei piccoli comuni molti grattacapi. E semplifica l'individuazione dei partner con cui avviare la gestione associata. Così come richiesto dalle regioni, anche i governatori saranno coinvolti nel procedimento di costituzione delle unioni. Potranno individuare soglie demografiche diverse e spetterà a loro deliberare ufficialmente l'istituzione dei nuovi organismi. Sostituendosi ai comuni in caso di inerzia di quest'ultimi. E se è vero che per completare il processo di aggregazione ci sarà tempo fino alle elezioni successivi al 13/8/2012, è altrettanto vero che la macchina organizzativa dovrà mettersi in moto subito. Entro sei mesi da quando la manovra bis sarà convertita in legge, i comuni dovranno formulare alle regioni di appartenenza la propria proposta di aggregazione. Nei municipi che man mano andranno al voto, a partire da agosto dell'anno prossimo, le giunte decadranno di diritto. Gli organi dell'ente saranno solo il sindaco e il consiglio comunale a cui spetteranno esclusivamente poteri di indirizzo nei confronti del consiglio municipale (l'assemblea dei sindaci dell'unione in cui siederanno, altra novità dell'ultim'ora, anche due consiglieri per ogni comune interessato). Queste le principali modifiche in materia di piccoli comuni contenute nel nutrito pacchetto di emendamenti messo a punto dai tecnici del ministro Roberto Calderoli. Correzioni che però non convincono l'Anci, secondo cui si tratterebbe di «toppe peggiori del buco» (sono parole del vicepresidente Enrico Borghi). Ragion per cui l'Associazione dei comuni continua a insistere per uno stralcio in toto delle norme. «I piccoli comuni non possono essere cancellati improvvisando una norma in un decreto legge», ha sbottato Mauro Guerra, coordinatore nazionale dei piccoli comuni dell'Anci, al termine dell'incontro dei vertici Anci con il segretario del Pdl Angelino Alfano. «Le nuove riformulazioni rischiano di provocare ulteriori danni. Non ci sono allo stato attuale le condizioni per una seria riforma istituzionale».Le modifiche nel nuovo art. 16, ampiamente riscritto rispetto alla versione del dl 138, non riguardano solo l'assetto istituzionale dell'ente, ma anche l'aspetto finanziario e contabile. I comuni che formano un'unione avranno un unico bilancio di previsione e dovranno deliberare ogni anno entro il 30 novembre un documento programmatico. Organi di governo dell'unione. Sarà l'assemblea dei sindaci (consiglio municipale) ad eleggere il presidente dell'unione. Al presidente spetteranno le competenze previste dall'art. 50 del Tuel, mentre i sindaci dei singoli comuni conserveranno quelle di cui all'art. 54 (ufficiali di governo). Il presidente nominerà, tra i sindaci che compongono il consiglio municipale, un numero di assessori non superiore a quello previsto per i comuni coinvolti nel procedimento di aggregazione. Composizione dei consigli. Cambia anche la composizione dei consigli in base alla popolazione degli enti. Nei comuni fino a 1.000 abitanti il consiglio sarà composto dal sindaco e da quattro consiglieri. Negli enti tra 1.000 e 3.000 i consiglieri passeranno da 5 a 4 e le giunte potranno essere formate al massimo da due assessori. Nei municipi da 3.000 a 5.000 abitanti il consiglio sarà composto da 6 membri (prima erano 7) e gli assessori saranno 3. Infine, nei centri da 5.000 a 10.000 abitanti i consiglieri saranno 8 e gli assessori 4.

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 34 26/08/2011 ItaliaOggi Pag. 31 (diffusione:88538, tiratura:156000) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Il dl 138 ha chiuso in anticipo la finestra aperta dal federalismo. Aumenti fino al tetto dello 0,8% Addizionale, ritorno all'antico Per i sindaci libertà totale sulle aliquote, ma solo dal 2012

L'addizionale comunale all'Irpef torna pienamente manovrabile, ma solo dal prossimo anno e sulla base della vecchia normativa.Dopo che già l'art. 5 del dlgs 23/2011 era recentemente intervenuto in materia, la manovra bis cambia nuovamente le carte in tavola.Il decreto sul federalismo fiscale municipale aveva tratteggiato un percorso di graduale superamento del blocco introdotto dall'art. 1, comma 7, del dl 93/2008 e confermato, da ultimo, dall'art. 1, comma 123, della legge 220/2010, rimettendone lo sviluppo a un regolamento del governo che avrebbe dovuto essere adottato entro lo scorso 6 giugno, ma che non ha mai visto la luce. In mancanza di tale provvedimento, l'addizionale Irpef era tornata manovrabile da parte dei comuni che non l'avessero ancora istituita, ovvero che applicassero un'aliquota inferiore allo 0,4%. Tale livello rappresentava il tetto massimo per i primi due anni, mentre gli aumenti annui non potevano essere superiori allo 0,2%. L'art. 1, comma 11, del dl 138/2011 ha abrogato tale disciplina, facendo peraltro salve le deliberazioni adottate dei comuni durante la sua (breve) vigenza. Si è così (prematuramente) chiusa la «finestra» apertasi il 7 giugno e che avrebbe consentito una parziale manovrabilità del tributo comunale sui redditi personali fino alla scadenza del termine per l'approvazione dei bilanci di previsione, ovvero fino al 31 agosto.La stessa disposizione del decreto di Ferragosto ha «scongelato», con decorrenza dal 2012, la disciplina dell'addizionale Irpef dettata dal dlgs 360/1998, così come novellata dall'art. 1, comma 142, della legge 296/2006 (legge finanziaria statale 2007). In base a essa, il limite massimo dell'aliquota torna a collocarsi allo 0,8% e viene meno qualsiasi limite annuale all'entità delle variazioni in aumento. I comuni, inoltre, recuperano per intero il potere di stabilire una soglia di esenzione in ragione del possesso di specifici requisiti reddituali. Si tratta di una previsione che, in passato, aveva sollevato non pochi dubbi interpretativi, non essendo chiaro se i comuni potessero solo individuare una fascia di esenzione «secca» dal tributo, ovvero anche prevedere un sua applicazione «progressiva» (attraverso la definizione di più scaglioni e altrettante aliquote corrispondenti a diversi livelli di reddito) e/o differenziata per le diverse categorie di contribuenti. Finora è prevalsa un'interpretazione restrittiva che oggi, nel nuovo contesto federale, potrebbe forse essere rivista. Più in generale, in una simile contesto, occorrerebbe forse procedere ad un restyling profondo di un'imposta che, negli anni precedenti il «blocco», ha evidenziato non poche criticità. Come non ricordare il pasticcio che si creò allorché la stessa legge finanziaria statale 2007 sopra citata abolì le deduzioni Irpef per carichi familiari, sostituendole con meccanismi di detrazione. Poiché le detrazioni (a differenza delle deduzioni) non riducono la base imponibile rilevante ai fini dell'applicazione dell'addizionale comunale, si verificarono aumenti del relativo onere anche in mancanza di incrementi dell'aliquota decisi dai comuni. Per di più, gli aumenti colpirono soprattutto i contribuenti con famiglia (numerosa) a carico, con inevitabili polemiche e scambi di accuse fra governo e sindaci.Si trattava di un tipico fenomeno di «interferenza» fra le decisioni in materia di politica fiscale adottate da due diversi livelli di governo (nella fattispecie stato e comuni), che aveva ingenerato problemi anche sul piano dell'equità del prelievo.Simili criticità potrebbero riproporsi anche oggi, contraddicendo così uno dei principi cardine del federalismo fiscale, non a caso ribadito anche dalla legge 42/2009 (art. 1, comma 2, lett. t).Negli scorsi mesi, si è parlato più volte di una completa riforma dell'addizionale comunale all'Irpef, nel quadro della più generale revisione del quadro della fiscalità locale. In tal senso, come si è visto, era orientato (sia pure timidamente) anche il decreto sul federalismo fiscale municipale. Forse sarebbe il caso di riprendere e portare seriamente avanti quel progetto, anziché continuare a procedere a strappi. A tal fine, potrebbe essere utile riconsiderare la proposta a suo tempo formulata dalla commissione Vitaletti, che aveva suggerito di sostituire l'attuale addizionale con una sovrimposta. Ciò, infatti, consentirebbe di risolvere molti dei problemi che l'attuale disciplina del tributo pone.

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 35 26/08/2011 ItaliaOggi Pag. 22 (diffusione:88538, tiratura:156000) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Il decreto legge 138/2011 affida a una delibera quadro dell'ente la scelta delle attività interessate Liberalizzazioni, il potere è locale Tocca ai comuni decidere quali servizi pubblici dare ai privati

Liberalizzazione dei servizi pubblici locali nelle mani degli enti locali. Dovranno individuare quali servizi affidare al libero mercato e quali, invece, mantenere in regime di esclusiva. Le imprese dovranno attendere che l'amministrazione approvi la delibera quadro sui servizi liberalizzati. Ma vediamo di illustrare il quadro prefigurato dall'articolo 4 del decreto legge 138/2011, per vedere quali spazi concreti si aprano al libero mercato. In prima battuta, dunque, l'ente locale deve decidere che cosa lasciare alla libera iniziativa economica e che cosa attribuire in esclusiva a un gestore. In quest'ultimo caso il gestore deve essere scelto con una gara pubblica o con una procedura pubblica ristretta. L' affidamento del servizio può avvenire anche con una gara a doppio oggetto: cessione di quote societarie (almeno il 40%) e affidamento di compiti operativi.Se il valore economico del servizio è pari o inferiore a 900 mila euro l'ente locale può costituire una propria società cui affidare direttamente (senza gara) il servizio. In quest'ultimo caso si parla di società in house, sotto il controllo dell'ente locale, controllo analogo a quello esercitato dall'ente sui propri uffici.Nel caso di servizi liberalizzati si aprono le porte interamente alla gestione di imprenditori in concorrenza tra loro e, vista dal punto di vista delle imprese, si aprono spazi di mercato.L'ampiezza della liberalizzazione del mercato dei servizi pubblici locali dipende dalla valutazione circa l'inadeguatezza del libero mercato di garantire i bisogni della comunità locale.La valutazione verrà fatta con una apposita deliberazione quadro, che deve motivare le ragioni delle esclusive.Una impostazione di questo tipo risente del fatto che la nozione di servizio pubblico locale è lasciata alla discrezionalità dell'ente locale stesso. Certo vi sono linee di fondo tracciate dalla legge e in particolare dall'articolo 112 del Testo unico degli enti locali (dlgs 267/2000), che prevede che sono gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, a provvedere alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali. La genericità della norma è stata spiegata con la circostanza che gli enti locali, e il comune in particolare, sono enti a fini generali dotati di autonomia organizzativa, amministrativa e finanziaria, nel senso che essi hanno la facoltà di determinare da sé i propri scopi e, in particolare, di decidere quali attività di produzione di beni e attività, se rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile della comunità locale di riferimento, assumere come doverose. Si tratta di elementi discrezionali (finalità sociali e promozione della comunità locale): gli stessi elementi che potranno essere tenuti in considerazione nella approvazione della deliberazione quadro. L'ente deciderà cosa può essere lasciato al privato. Per fare una panoramica su cosa potrà essere affidato al libero mercato si può fare riferimento alle attività inserite nella prassi nella nozione di servizio pubblico locale.Vi rientra e quindi potrà essere oggetto di liberalizzazione il servizio di raccolta rifiuti e di igiene ambientale e di illuminazione pubblica, la gestione dei servizi cimiteriali e delle lampade votive, la gestione delle affissioni pubblicitarie e dei segnali indicatori, gestione del trasporto pubblico locale, la gestione di servizi come la mensa scolastica, biblioteche. In giurisprudenza sono stati qualificati tra i servizi pubblici locali anche tutti i servizi riguardanti la nautica da diporto.I tribunali hanno invece escluso che possa configurarsi un servizio pubblico locale per la costruzione e l'esercizio di impianti per l'energia eolica. Sempre dal punto di vista delle imprese, va sottolineato che allo stato non possono fare altro che attendere la delibera quadro, la quale è prevista entro un anno e cioè entro il 13 agosto 2012 e comunque prima del conferimento e del rinnovo della gestione dei servizi. A questo proposito si dovrà tenere conto del regime transitorio previsto per gli affidamenti attualmente in essere e in contrasto con la nuova disciplina: si va dal marzo 2012 fino alla scadenze dei contratti di servizio attualmente stipulati (comma 32 dell'articolo 4 del decreto 138/2011).

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 36 26/08/2011 L Unita - Ed. Nazionale Pag. 3 (diffusione:54625, tiratura:359000) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

I movimenti referendari sul piede di guerra. Rilievi anche dalla commissione Affari costituzionali La manovra affossa i referendum Intervista a Alberto Lucarelli «Ritorno al passato Così si vìola la Carta e la giurisprudenza» Il docente e assessore «I Comuni costretti a cedere anche pezzi del welfare municipale» MASSIMILIANO AMATO

[email protected] Lei vuole sapere da me se si tratta di uno scippo alla sovranità popolare? Sì, il termine esatto è proprio scippo: le norme contenute nella manovra di ferragosto sulla privatizzazione dei servizi pubblici locali, acqua a parte, ci fanno tornare indietro, alla situazione pre referendum di giugno». In questi giorni Alberto Lucarelli, ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico all'Università di Napoli Federico II e assessore ai Beni comuni della Giunta de Magistris, tra gli estensori di due dei quattro quesiti referendari plebiscitati dagli elettori, è impegnato nella redazione di una serie di appelli. Il primo, firmato tra gli altri da Ugo Mattei, Luca Nivarra, Livio Pepino, Alex Zanotelli, Giorgio Airaudo, ha raccolto nel giro di poche ore 5000 adesioni; un altro, scritto a quattro mani con Gianfranco Bettin, assessore a Venezia, vedrà la luce nei prossimi giorni, e sarà rivolto a tutti i Comuni d'Italia. Che cosa succederebbe se passasse l'attuale impianto del decreto? «Le norme contenute nella manovra prevedono l'obbligo di una privatizzazione a tappe forzate dei servizi pubblici locali. Un primo step è fissato al 30 giugno 2012, ma già entro il 31 marzo cesseranno gli affidamenti diretti, e successivamente, entro il 31 dicembre, scomparirebbero le società miste. Ma non è tutto: per i Comuni che, tra il 2013 e il 2014, cederanno ai privati i loro servizi sono previsti una serie di incentivi». E questo taglia la testa al toro sulla vera volontà di procedere a privatizzazioni a tappeto. È così? «Infatti. La norma prevede un premio per quegli enti che, dalle privatizzazioni dei servizi, avranno ricavato il denaro necessario per la realizzazione di infrastrutture». Banalmente: più strade e meno asili pubblici? «Ma anche meno ospedali pubblici, e altri servizi sociali, come l'assistenza agli anziani e alle categorie deboli. Non bastasse, per i privati che subentrano ai Comuni sono previste una serie di compensazioni economiche. Ci troviamo di fronte ad un ritorno effettivo all'abrogato decreto Ronchi, che puntava al superamento delle tre modalità tradizionali di gestione dei servizi: pubblica, mista e affidamento in house. Ora quest'ultima modalità è l'unica ad essere tenuta in vita, ma per gli affidamenti saranno privilegiate le SpA, e non le aziende pubbliche. Di fronte a questo quadro, i profili di illegittimità sono molteplici». Li può elencare? «Cominciamo dalle violazioni della Costituzione: sotto attacco sono gli articoli 1, 5, 75, 77, 114, 117 e 118. Senza contare la giurisprudenza costituzionale in materia di referendum, che vieta la riproponibilità di norme già abrogate con consultazione referendaria. Oltre alla Carta, viene violato il Diritto comunitario, in particolare i principi di libera definizione delle scelte di gestione da parte degli enti locali e della sussidarietà verticale. Viene inficiato gravemente il principio della neutralità dello Stato rispetto alle scelte delle autonomie locali» . Il decreto, però, fa salvi i beni pubblici indisponibili, come l'acqua. «È vero. Però l'insidia si nasconde in un piccolo comma: quello che reintroduce la distinzione tra la proprietà e la gestione del servizio idrico. E su questo punto, mi pare, che non ci sia alcun dubbio che la volontà referendaria è tradita in pieno». Dal quadro che lei dipinge è facile prevedere una valanga di ricorsi. «Ma non è questo il punto più importante della battaglia che abbiamo intrapreso. Intanto, vediamo come va a finire in Parlamento, dove si gioca la partita decisiva. I gruppi di opposizione potranno recitare un ruolo importante proponendo modifiche che limitino l'impatto devastante sui Comuni. In una fase successiva, potranno scendere in campo le Regioni, le quali hanno facoltà di rivolgersi direttamente alla Corte Costituzionale. In ultimo, la palla passerà ai Comuni, che hanno l'accesso indiretto alla Consulta. Il cammino, come vede, è abbastanza lungo».

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 37 26/08/2011 L Unita - Ed. Nazionale Pag. 2 (diffusione:54625, tiratura:359000) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato p Articolo 4 Nel decreto di Ferragosto introdotte norme che contrastano con il voto di giugno Privatizzazione dei beni comuni Non solo acqua Il primo quesito parlava di «servizi pubblici locali di rilevanza economica» FRANCESCO CUNDARI

Il contrasto tra le disposizioni della manovra e l'esito dei referendum di giugno è stato segnalato dalla stessa maggioranza in commissione. E suscita ora proteste e appelli alla mobilitazione dai movimenti promotori. Il tentativo di affossare il risultato dei referendum sui beni comuni del 12 e 13 giugno non potrebbe essere più esplicito. Approfittando dell'emergenza finanziaria, il governo ha inserito nella manovra norme che sono in palese contrasto con il risultato plebiscitario di appena due mesi fa. Un tentativo dichiarato di forzare ovunque possibile la privatizzazione dei servizi pubblici locali, come se niente fosse, che suscita naturalmente la protesta e la mobilitazione di tutti i movimenti che per i quesiti referendari si sono battuti. A segnalare la violazione della volontà popolare che si è espressa nei referendum di giugno non sono però soltanto i movimenti che li hanno promossi, ma parte significativa dello stesso Pdl. Nel merito, infatti, la commissione Affari costituzionali ha parlato mercoledì con cristallina chiarezza. Il parere «non ostativo» della commissione sulla manovra del governo è «condizionato» alla riformulazione di una lunga serie di disposizioni contenute nel decreto di ferragosto, a cominciare dall'articolo 4, che «introduce disposizioni volte a liberalizzare i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di creare le condizioni per l'apertura al mercato». I RILIEVI DELLA COMMISSIONE In proposito, i rilievi della commissione sono molto precisi: «Appare necessaria, al fine di evitare possibili censure di incostituzionalità e perché sia assicurato il pieno rispetto della volontà popolare, un'attenta verifica della compatibilità di tale nuova disciplina con gli effetti abrogativi prodotti dall'esito di due dei quattro referendum popolari del 12 e 13 giugno 2011 relativi, rispettivamente, alle modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e alla determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito». Dunque, come ricorda il parere autorevolissimo elaborato dalla commissione Affari costituzionali (e al suo interno proprio dai membri del Popolo della libertà), il primo quesito referendario non riguardava semplicemente l'acqua, ma tutti i «servizi pubblici locali di rilevanza economica». LA LETTERA DEL FORUM PER L'ACQUA Non può stupire pertanto la protesta che viene dai promotori dei referendum di giugno. Il Forum italiano dei movimenti per l'acqua ha indirizzato una lettera aperta al presidente della Repubblica e a tutte le forze politiche. «Il governo non solo non ha ancora attuato le indicazioni referendarie - si legge nel testo - ma, con la manovra economica in fase di discussione parlamentare... ha riproposto in altra forma la sostanza delle norme abrogate con volontà popolare». Il Forum contesta poi il fatto che «nell'articolo 5 si arrivi a dare un premio in denaro agli enti locali pur di convincerli a lasciare al mercato delle privatizzazioni i propri servizi essenziali per le comunità: un premio che dovrebbe servire per fantomatici investimenti infrastrutturali quando invece ai Comuni vengono sottratti trasferimenti essenziali per le loro funzioni». Tutto questo, prosegue la lettera, costituisce «una chiara violazione della Costituzione poiché il popolo italiano si è pronunciato con referendum contro l'affidamento al mercato di tutti i servizi pubblici locali previsti dal Decreto Ronchi, e tale decisione è vincolante per almeno cinque anni (come affermato dalla giurisprudenza costante della Corte Costituzionale)». L'APPELLO DEI GIURISTI L'appello dei giuristi estensori dei quesiti sui beni comuni, sottoscritto tra gli altri anche da Alex Zanotelli, da Giorgio Airaudo della Fiom e dall'ex magistrato Livio Pepino e dal direttore editoriale del Manifesto Gabriele Polo, ha raccolto in poche ore cinquemila adesioni. «La lettura della manovra di ferragosto e del dibattito politico che ne ha accompagnato la presentaz i o n e - s c r i v o n o g l i e s t e n s o r i dell'appello - produce una sensazione di profonda preoccupazione in chi ha a cuore la democrazia e i beni comuni». LA DENUNCIA DEL CODACONS Dalla parte dei difensori del risultato dei referendum del 12 e 13 giugno si schiera anche il Codacons. «Appare incredibile - scrive in una nota - che il governo, approfittando dell'importanza di una manovra urgente, cerchi di intrufolare una norma palesemente illegale». L'associazione dei consumatori si dice pronta a ricorrere alla Consulta. E ribadisce:

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 38 26/08/2011 L Unita - Ed. Nazionale Pag. 2 (diffusione:54625, tiratura:359000) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

«L'articolo sottoposto mesi fa a referendum, il 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008 numero 112 riguardava tutti i servizi pubblici di rilevanza economica, non solo quello idrico». Foto: Il Comitato «2 si per l'acqua bene comune». Era lo scorso giugno

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 39 26/08/2011 Il Piccolo di Trieste - Ed. Nazionale Pag. 6 (diffusione:44247, tiratura:212000) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Fassino all'offensiva: la Carta va rivista per salvare i Comuni Il sindaco di Torino contesta i tagli e propone le alternative «Le Province passino sotto la responsabilità delle Regioni» - TREMONTI E I FICHI SECCHI Il decreto è profondamente iniquo perché colpisce sempre e solo i municipi Così non si farà mai la riforma delle autonomie

di Gianpaolo Sarti wRIMINI «Basta tagliare sempre e solo sui Comuni. Da dieci anni tutte le manovre correttive dei conti pubblici di rientro si sono basate sulla riduzione delle loro risorse. Ma i municipi sono pronti ad assumersi le proprie responsabilità. Definiamo allora le competenze e proviamo a tracciare una nuova geografia amministrativa per gli enti locali». E le Province? «Diventino organismi regionali». L'affondo federalista, stavolta, è targato Pd. E porta la firma di Piero Fassino. Il neo-sindaco di Torino parla alla platea di Rimini, durante il meeting di Comunione e liberazione, e subito dopo rilancia: «Con questa manovra ci stiamo rendendo conto che è arrivato il momento di formulare un primo bilancio e capire cosa non va. E cominciare a correggere, mettendo mano alla Costituzione». Sindaco, cosa vuol dire mettere mano alla Costituzione? Siamo arrivati a un punto tale di criticità, in termini di tagli e attribuzioni di competenze, per cui è necessario meditare su come sta andando il federalismo ed esprimere una valutazione. E qual è la sua valutazione? Così non va, la manovra lo dimostra. Bisogna rendere più chiare le responsabilità e i compiti di ciascun ente locale. Ci sono troppe sovrapposizioni tra Stato, Regioni, Province e Comuni: ciò provoca sprechi, ritardi, inefficienze. È il caso di ridefinire le competenze disegnando una nuova geografia a favore del federalismo. Non crede che i Comuni siano troppi? E infatti noi spingiamo sulle Unioni dei Comuni: aggreghiamo, non aboliamo, perché così facendo le singole realtà non perdono la propria storia, le proprie specificità. Teniamo in considerazione che abbiamo ottomila comuni che rappresentano una frammentazione eccessiva, tenuto conto che cinquemila hanno meno di tremila abitanti. Con le Unioni si raggiungerebbe la dimensione di scala adeguata a gestire i servizi che i cittadini chiedono. E per le Province? Si approvi al più presto una modifica costituzionale per far sì che le Province diventino articolazioni delle Regioni, e non dello Stato. L'obiettivo? In un quadro normativo del genere sarebbero le Regioni a decidere e a organizzare le competenze perché sono loro che comprendono i problemi di ciascun territorio. Dobbiamo affidare a ogni Regione la responsabilità di definire quali, quante, e con quali confini ci devono essere Province in ciascuna regione. Qual è il suo giudizio sulla "manovra bis"? Assolutamente negativo. Non si può pensare di fare le nozze con i fichi secchi e nemmeno il federalismo con i fichi secchi. Intendo dire che Comuni, Province e Regioni hanno bisogno di risorse e non si può continuare soltanto a tagliare e tagliare. Io sono nettamente contrario a una politica di questo tipo. Sono invece favorevole a rivolgermi ai cittadini. E dovrebbero essere i Comuni, eventualmente, ad occuparsi della tassazione. Non lo Stato che non ha idea di cosa ha bisogno il territorio. Quali le sue proposte? Io ho lanciato la proposta di avere maggiori margini nella addizionali, l'anticipo dal 2014 al 2012 dell'imposta municipale sul patrimonio e la sperimentazione della Tax service che unifichi i tanti tributi locali che oggi i cittadini pagano. A fronte di questo impegno dei sindaci a chiedere ai propri cittadini un maggiore tassazione ci aspettiamo dal governo la rinuncia ai tagli che ci sono stati imposti. Quindi richiediamo allo Stato che non ci sia una riduzione delle risorse e allo stesso tempo domandiamo alla gente di fare uno sforzo di solidarietà per portare il Paese fuori dalla crisi. La manovra, intanto, divide la maggioranza. Anche all'interno dello stesso Pdl. È vero. Ed è la testimonianza che questa manovra del governo, così com'è, non funziona. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 40 26/08/2011 La Padania Pag. 8 (tiratura:70000) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

L'Italia del magna magna non vuole accettare la certezza sui conti NOSTRO INVIATO Paola Pellai

- Il Nord è stufo di andare a Roma con il cappello in mano. Ma è pure stanco di fare elargizioni a quella lupa sanguisuga. E così se i sacrifici ci devono essere che lo siano per tutti. Lo ribadisce al Meeting il ministro Roberto Calderoli scatenando le ire di Gianni Alemanno, primo cittadino di Roma. «Tutti i sindaci - ha spiegato il ministro della Semplificazione legislativa - quando hanno bisogno di qualcosa vengono da me». «Peccato - gli ha fatto eco Alemanno - che poi tu dici sempre di no». «Io dico sempre di sì - ha ribattuto Calderoli ma quando vengono a cercarmi altri soldi su Roma, allora no». Il sindaco esplode: «Se continui con la demagogia contro Roma, fai demagogia contro l'Italia. Voi dovete capirlo in quest'anno che è quello dei 150 anni dell'Unità d'Italia». E poi Alemanno fa un po' di confusione coi numeri: «Abbiamo ereditato 13 miliardi di debito - dice il numero uno del Comune di Roma - qualche attenzione ce la dovete dare». In realtà i miliardi «sono 20 risponde Calderoli - e il Lazio è l'unica regione che ha accollato il debito allo Stato. Adesso basta, non dovete fare più danni. I 20 miliardi non li devono pagare gli italiani, con il Federalismo ognuno si deve far carico delle proprie responsabilità». E ha sottolineato: «la parità di diritti e di doveri deve valere per tutto il territorio nazionale e questa si realizza con il Federalismo fiscale». Alemanno alza il tassa di acidità: «Basta attacchetti sottobanco. Noi non ci siamo mai sottratti da questo punto di vista, ma voi assumetevi la responsabilità di non ammazzare il Federalismo sul nascere. Perché se continuate su questa strada non Roma, ma tutti i Comuni, li ammazzate». Calderoli respinge: «La cosa più importante è la certezza sui conti. Vale per Roma come per Milano». Ed è questo che l'Italia del magna magna continua a non voler accettare. Del resto è difficile voltare pagina quando da troppe legislature si è stati abituati a prendere senza dare. Foto: Da sinistra: Piero Fassino, Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione e Gianni Alemanno ieri al meeting di Rimini

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 41 26/08/2011 La Padania Pag. 8 (tiratura:70000) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

LA SFIDA DEL FEDERALISMO Dibattito con Alemanno e Fassino: punti di contatto con entrambi per portare a termine la riforma NOSTRO INVIATO PAOLA PELLAI

ÉMIN - La riforma del Federalismo fiscale. Il titolo è secco, senza fronzoli. «Al Meeting di Rimini - spiega Luca Antonini, moderatore dell'incontro e vicepresidente della Fondazione per la Sussidarietà - non vale la retorica. Questa è la sede più adeguata per raccogliere la sfida di questa riforma parlando il linguaggio della verità. E a maggiore ragione bisogna farlo visto che toccherà la nostra pelle». Occorre fare chiarezza in «quella che è una vera e propria Babele». E così se Piero Fassino, sindaco di Torino, e Gianni Alemanno, primo cittadino di Roma, saranno le voci del contraddittorio, toccherà a Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione normativa, togliere dubbi, allontanare la demagogia e trasformare le chiacchiere in fatti. «Questa riforma - sottolinea bene Antonini - ha impegnato il Parlamento negli ultimi tre anni, ha fatto passare 8 decreti legislativi con approvazione bipartisan, ricevendo il più largo consenso negli ultimi 10 anni, eppure, per certi versi, resta qualcosa che delude il Nord e terrorizza il Sud». Va all'attacco subito Alemanno: «Il Federalismo ha futuro se non si schiacciano le autonomie locali e se si capisce che è uno strumento di sussidarietà. È necessario avvicinare le scelte di sviluppo al territorio e per farlo occorre che prevalga sussidiarietà orizzontale, lo spazio per le famiglie, i giovani, le piccole e medie imprese e le associazioni». La vera contraddizione - fa capire - è che questo Federalismo «si schiaccia su una manovra che ammazza in maniera intollerabile in particolare i Comuni. Il prossimo anno ci saranno 2 miliardi e 700 milioni di di euro di tagli a nostro carico. Dimenticandosi che i Comuni sono i principali erogatori di servizi ai cittadini». E spiega: «Non si tratta d'intervenire sul numero dei cittadini, ma sulla spesa sociale. Io non credo allo statalismo. Il Federalismo fiscale rompe quella logica comunista di livellare gli spazi e le risorse perché vuol dire riuscire a dare a chi produce di più, sapendo quanto si deve spendere. E questo è un calcolo che si da sulla base di costi reali. Ma per riuscirci non si può partire da una manovra che si fa solo dentro i palazzi o nei ministeri». E lancia proposte concrete a differenza - dice - di quanto «ha fatto finora l'opposizione». «Penso non sia uno scandalo - dice il sindaco romano - chiedere alle persone di lavorare qualche anno in più per creare risorse maggiori». E sulla patrimoniale riferisce che «è giusto pagare di più da parte di chi possiede di più. Dobbiamo mettere a disposizione più risorse alle imprese per ridimensionare il debito pubblico e dobbiamo dare la possibilità alle famiglie numerose di elevare il proprio reddito perché è l'unica strada possibile se si ha veramente l'intenzione di parlare con schiettezza di quoziente familiare». «Il Federalismo ha un senso se è finalizzato alla sussidarietà e se dà più spazio al territorio perché lo sviluppo non parte dai programmi ma dalle speranze e dal guardare la realtà». Sorprende Piero Fassino, il sindaco di Torino, che sponsorizza il Federalismo perché porta le decisioni più vicine alle persone a cui sono rivolte. «Il Paese - insiste non può essere governato da chi decide a Roma. Ma l'attuale Federalismo ha incoerenze e contraddizioni che ne frenano lo sviluppo. Occorre una riforma costituzionale del titolo V che attribuisca con chiarezza le competenze alle diverse istituzioni. Occorre una ridefinizione dei ruoli e una riorganizzazione geografica delle istituzioni, razionalizzando Province e Comuni». Non ne è necessaria l'abolizione, ma piuttosto serve «costruire l'unione dei Comini». E dice la sua anche sulla soppressione delle Province che dovrebbe essere affidata alle singole Regioni, assumendosi la responsabilità di rispondere in prima persona se sono utili o no, altrimenti - dice - è «come parlare di caciocavalli appesi al muro». Fassino fa le pulci alla manovra finanziaria che «fa ta-

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 42 26/08/2011 L'Espresso - N.35 - 1 Settembre 2011 Pag. 58 (diffusione:369755, tiratura:500452) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato POLITICA E AFFARI Brancher s'è fatto UN TESORETTO Un fondo da 160 milioni. Per finanziare Comuni di confine al Nord. Ecco l'ente creato ad hoc da Berlusconi e affidato all'ex ministro. Condannato per ricettazione Dl PAOLO BIONDANI

Per distribuire preziosi pacchi di soldi pubblici mentre l'Italia rischia la bancarotta, cosa c'è di meglio di un bel comitato politico, presieduto da un onorevole marchiato dalla giustizia come ladrone? Spesso in Italia, come insegnava Ennio Flaiano, la situazione è grave, ma non seria: a riconfermarlo è un atto del governo che affida un tesoretto di 160 milioni di euro a un nuovo ente presieduto e diretto da Aldo Brancher. Sì, proprio lui, il deputato berlusconiano fresco di condanna definitiva per i reati di ricettazione e appropriazione indebita. Il neonato ente parastatale si chiama "Odi" ("Organismodi indirizzo") edè stato istituito il 14 gennaio 2011 con un apposito decreto firmato nientemeno che da Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. Richiamandosi a un codicillo semi-nascosto nella legge finanziaria 2010 ( "articolo 2, comma 107, lettera h" ), il presidente del Consiglio e il ministro dell'Economia autorizzano la spartizione di 160 milioni tondi entro la fine di quest'anno. I soldi sono destinati ai soli comuni veneri e lombardi delle fasce di confine con Trento e Bolzano. L'idea era stata lanciata già nel 2008 per frenare la mini-secessione dei centri di montagna, che progettavano di abbandonare le regioni padane per entrare nelle ricche province a statuto speciale. Allora però era previsto uno stanziamento di soli 20 milioni. Adesso il fondo è quadruplicato: 80 milioni all'anno. E la prima spartizione riguarda il biennio 2010-2011, per cui la cifra in gioco raddoppia. Il nuovo ente ha pieni poteri sulla distribuzione dei soldi. Mentre i costi sono a carico delle due province autonome, che non sono amministrate dal centrodestra. Oltre a nominare gli otto componenti dell'Odi (quattro per il governo, quattro per gli enti locali), è lo stesso decreto Berlusconi-Tremonti a regalare a Brancher la poltronissima di «presidente, in rappresentanza del ministero dell'Economia, per i prossimi cinque anni». L'atto governativo, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 22 marzo, è entrato in vigore d'urgenza la mattina successiva. Appena tre settimane prima, l'onorevole ex dirigente Fininvest si era visto confermare dalla Corte d'appello la condanna a due anni di reclusione, graziati dall'indulto, con l'accusa di aver intascato fondi neri per 827 mila euro. In parte attraverso contratti di comodo intestati a sua moglie Luana; in parte ritirati di persona, in contanti, in luoghi indimenticabili come il parcheggio dell'autogrill di San Giuliano Milanese. Soldi sporchi, perché sottratti alle casse di una banca, la Popolare di Lodi, tra il 2001 e il 2005, quando a guidarla era Gianpiero Fiorani, che dopo l'arresto confessò anche quelle mazzette versate «in cambio dell'appoggio del politico». In luglio la Cassazione ha riconfermato la colpevolezza del deputato, denunciando pure un suo tentativo di far saltare l'udienza finale, inventandosi un domicilio fittizio, nella speranza di salvarsi con la prescrizione, come era riuscito a fare già due volte, ai tempi di Tangentopoli. Tra un processo e l'altro, nel 2001 Brancher è diventato parlamentare, sottosegretario del premier Berlusconi e nel 2010 ministro per 17 giorni, giusto il tempo di avvalersi della legge sul legittimo impedimento, poi dichiarata incostituzionale. Ora è un onorevole pregiudicato. Per reati che dovrebbero sconsigliare di affidargli denaro pubblico: tecnicamente l'appropriazione indebita equivale a un furto aggravato, mentre l'accusa di ricettazione colpisce chi incassa un bottino rubato da altri ladri. CORSA ALL'ORO Nonostante questi precedenti penali e nuove accuse recentissime (caso Di Lernia ), il decreto Berlusconi-Tremonti ha nominato Brancher presidente non solo dell'Odi, cioè dell'organismo che «fissa gli indirizzi» per distribuire i soldi ai Comuni, ma anche della "Commissione di approvazione dei progetti" (in sigla "Cap"), che valuta concretamente quali giunte beneficiare e con quanto denaro. La "Cap" ha solo quattro membri, per metà scelti a rotazione, ma in modo che il centrodestra abbia sempre una maggioranza di tre a uno. Della cabina di regia fanno parte almeno altri due amici di Brancher. L'immedesimazione tra il nuovo ente e l'onorevole condannato è tanto forte che decine di sindaci veneri e lombardi parlano direttamente di "fondo Brancher", come se i 160 milioni da distribuire fossero suoi. E in tempi di crisi sempre più nera e tagli rovinosi per i Comuni, il tesoretto dell'Odi

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 43 26/08/2011 L'Espresso - N.35 - 1 Settembre 2011 Pag. 58 (diffusione:369755, tiratura:500452) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

sta scatenando scene da assalto alla diligenza. Il termine per presentare i progetti di «sviluppo dei territori» scadeva il 30 giugno. Con buona pace delle promesse di evitare una pioggia clientelare di micro- finanziamenti, nella sede dell'Odi risultano «pervenute» almeno 179 buste chiuse, ognuna delle quali può contenere più progetti: 68 da Belluno, 60 da Brescia, 33 da Vicenza, altre 18 da Verona e Sondrio. I dati sono ufficiosi, perché l'Odi per ora non pubblicizza neanche i progetti in gara. Le domande, secondo le prime indiscrezioni, sono le più disparate: centraline energetiche, piste ciclabili, sistemazioni dei sentieri, funivie, strutture ruristiche, incentivi all'agricoltura, opere idrauliche... Nel timore di perdere il treno targato Brancher, decine di piccoli comuni, anziché spedire le richieste per raccomandata o per e-mail certificata, hanno preferito la consegna a mano: camion e furgoni stipati di documenti che scendono dalle montagne strombazzando il clacson per arrivare in tempo a Verona, in Lungadige Capuleti 11, negli uffici che ospitano l'Odi e i suoi 15 dipendenti in prestito dal ministero dell'Economia. DATANGENTOPOUALGARDA La scelta della sede non è casuale: Verona è la provincia che da più di un decennio ha l'onore di ospitare l'onorevole berlusconiano. Vita avventurosa, la sua. Nato nel 1943 a Trichiana, un paesino bellunese, Brancher si fa prete ed entra nella pubblicità con le edizioni Paoline. A Milano, negli anni '80, passa alla Fininvest, dove diventa il cassiere delle tangenti. Quando scoppia , sembra travolto da due inchieste: a Napoli lo accusano di aver pagato l'allora ministro De Lorenzo (Pii) per dirottare spot anri-Aids sulle tv Fininvest; a Milano lo indagano per un giro di tangenti al Psi di Craxi, mascherate con carissime sponsorizzazioni di statue a forma di totem. Nell'estate '93 passa tre mesi a San Vittore: i giudici lo accusano di coprire i vertici della Fininvest, ma lui ribatte, senza essere creduto, di a ver gestito le mazzette da solo. Quindi risarcisce 150 mila euro e conquista la prescrizione per i soldi ai partiti. A Milano viene condannato anche in appello per falso in bilancio, ma poi il governo Berlusconi depenalizza il reato. Con quel curriculum, nel 2001 diventa un parlamentare cruciale: è lui a ricucire l'alleanza con la Lega di Bossi, per vie rimaste segrete. Ma proprio allora ricade nel vizio: indebitatosi con una ditta d'imballaggi, la Plastecopaclc srl, comincia ad accettare i soldi dal banchiere Fiorani. Ai magistrati che lo condannano, non dice nulla: ancora una volta il suo silenzio protegge altri big con cui divideva le buste di denaro. Con i risparmi di una vita di onesto lavoro, intanto, Brancher compra una meravigliosa tenuta tra vigne e olivi sulle colline di Bardolino del Garda. Dove costruisce (con qualche polemica urbanistica) una grande villa panoramica. Qui inizia ad allevare una corte di politici locali, che si segnalano per il convinto appoggio a mostruose speculazioni edilizie che rischiano di rovinare un paesaggio che richiama 20 milioni di presenze turistiche all'anno. Anche per questo, Brancher non è amato a Verona. Nel 2010 il suo delfino, Davide Bendinelli, politico e immobiliarista con una mezza dozzina di società, ottiene una valanga di voti alle regionali, ma solo grazie all'appoggio di personaggi più radicati come l'ex onorevole socialista Angelo Cresco, ricambiato con la nomina al vertice della società di depurazione del Garda. Segni particolari: anche lui ha patteggiato due condanne per la Tangentopoli veronese. Il club degli amici comprende anche pregiudicati ex democristiani. Dietro questa cerchia Brancher si costruisce una fama di ras degli affari politici. E ora la sua villa sul Garda, in queste settimane di decisioni riservate sui 160 milioni del decreto salva-comuni, è meta di un via-vai di sindaci dei centri più poveri o più indebitati. Primi cittadini del laborioso Nordest, costretti a mettersi in fila con il cappello in mano davanti a un pregiudicato. IL CONSULENTE PIROTECNICO Tra i pochi politici che hanno il coraggio di contestare apertamente Brancher, c'è Sergio Reolon, consigliere regionale del Pd ed ex presidente dal 2004 al 2009 della Provincia di Belluno. «Oltre alla scelta di nominare presidente un condannato, a lasciare sconcertati decine di sindaci, anche di centrodestra, è l'estrema genericità dei criteri di valutazione dei progetti. Il precedente fondo Letta, che era molto più modesto, veniva suddiviso in base a dati statistici certificati dall'Istat, come lo spopolamento o il numero di anziani e di bambini. In pratica serviva ad evitare l'estinzione dei piccoli Comuni. Ora l'Odi può addirittura assegnare una base di punteggio discrezionale. E farsi assistere da consulenti privati». I 160 milioni, in particolare, potranno finire non solo ai comuni «confinanti» con Trento o Bolzano, i ma anche a tutti quelli «contigui» (cioè vicini ai confinanti), purché «associati» ai primi. Quanto ai consulenti privati, l'esordio è memorabile. Appena insediato, Brancher si

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 44 26/08/2011 L'Espresso - N.35 - 1 Settembre 2011 Pag. 58 (diffusione:369755, tiratura:500452) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

presenta a Belluno con «un personaggio accompagnato da due ragazze appariscenti, che i prometteva l'assistenza necessaria a vincere i bandi vantando esperienze con i fondi europei», testimonia Reolon. Ai sindaci che gli chiedevano chi l'avesse nominato, l'amico di Brancher si è qualificato come «rappresentante della società Po.la.re.», che sta per Polytechnic Laboratory of Research, ma è una cooperativa privata fondata nel 2008 a San Dona del Piave. Il titolare, Stefano Bonet, si esibisce sul sito mentre sale su una Porsche nera. Nel 2010 è sfortunatamente fallita un'impresa di cui era amministratore unico. Ma la Po.la.re. punta in alto. Tra gli «eventi» che dichiara di aver realizzato, spiccano tutte le manifestazioni organizzate dall'associazione "Lago di Garda tutto l'anno": gare di cavalli e cene di gala con lo sceicco di Dubai, tuffi acrobatici dal castello di Malcesine e, il 13 agosto, «la grande notte dei fuochi d'artificio» in 23 comuni. Con due navi pubbliche che solcano il lago con cantanti famosi, trasmessi in diretta su Radio 101. Ma chi presiede questa «associazione tra Comuni», nata quattro giorni dopo il decreto Berlusconi-Tremonti? Aldo Brancher, naturalmente. La «sede operativa» è ad Affi, di fronte al casello dell'Autobrennero. Sul cartello d'ingresso, però, c'è una targa politica: "Amici casa delle libertà". Per verificare che la sede dell'associazione coincide con l'ufficio dell'onorevole, basta salire le scale, dove rimbomba il vocione di Brancher mentre invita gli amici sui battelli della Navigarda: «Dai, venite anche voi. È il più grande spettacolo pirotecnico della storia ». Nel sito dell'associazione, accanto a sponsor privati, compaiono i simboli di due regioni, una provincia e tre ministeri: Turismo, Agricoltura e Sviluppo economico. Ora resta da capire chi pagherà i costi delle feste turistiche dell'onorevole: lo statuto annuncia il primo rendiconto ufficiale dopo la fine del 2011. Per ora l'unica certezza è che, mentre l'Italia rischia di affondare come il Titanic, a timonare la barca del Nordest ci pensa il pirotecnico Brancher. • Foto: i CON QUEI SOLDI SI FINANZIANO OPERE E SI PAGANO INCENTIVI. SENZA ALCUN CONTROLLO. EI SINDACI SI METTONO IN CODA PER OTTENERLI ALDO BRANCHER. A SINISTRA: UNO SPETTACOLO PIROTECNICO Foto: L'EX BANCA POPOLARE DI LODI C'È UN CONSULENTE CHE SPIEGA COME PRENDERE I QUATTRINI. E UN'ASSOCIAZIONE GESI1TA DAL DEPUTATO CHE RIUNISCE I PAESI

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 45 26/08/2011 L'Espresso - N.35 - 1 Settembre 2011 Pag. 22 (diffusione:369755, tiratura:500452) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Riservato Alemanno sogna l'Anci P. Fa.

Un fitto giro di telefonate bipartisan per spingere la propria candidatura in vista del congresso di ottobre, quando l'Anci dovrà eleggere il suo nuovo presidente. Le sta facendo in questi giorni, approfittando della pausa estiva, il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Duro con la manovra bis («inaccettabile», «insostenibile») ma aperto al confronto col governo («auspico che la partita non sia ancora finita»), Alemanno cerca sponda anche a sinistra. In tempi di tagli, ecco il ragionamento fatto con chi l'ha sentito, meglio un presidente di centrodestra a trattare col premier. Anche per riequilibrare la Conferenza delle Regioni, in mano all'emiliano Vasco Errani. A sponsorizzare l'operazione, lo stesso Berlusconi. Con il placet di Roberto Formigoni e .

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 46 26/08/2011 L'Espresso - N.35 - 1 Settembre 2011 Pag. 38 (diffusione:369755, tiratura:500452) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Inchiesta FISCO / LA LEGGE NON È UGUALE PER TUTTI LA SANTA EVASIONE Un patrimonio immobiliare sterminato. E tutto senza tasse. Più sovvenzioni, sconti, esenzioni. Cosà lo Stato privilegia il tesoro del Vaticano. E rinuncia a entrate milionarie STEFANO LIVADIOTTI

Un patrimonio immobiliare sterminato. E tutto senza tasse. Più sovvenzioni, sconti, esenzioni. Cosà lo Stato privilegia il tesoro del Vaticano. E rinuncia a entrate milionarie Ci sono gli aspirantati, i commissariati, le case sante, le pie società, le arcidiocesi, le curie generalizie, le arciconfraternite e i capitoli. Poi: i seminari pontifici, i pellegrinaggi, i vescovadi, gli stabilimenti, i sodalizi e le postulazioni generali. E ancora: i segretariati, gli asili, le confraternite, le nunziature e le segnature apostoliche... È accuratamente nascosto dietro una babele di migliaia di sigle spesso imperscrutabili il patrimonio immobiliare italiano della Chiesa, il più grande del mondo intero, che alcuni arrivano a stimare nell'iperbolica cifra di un miliardo di metri quadrati. Un tesoro comunque immenso, ormai circondato dalla leggenda e che costituisce uno dei segreti meglio custoditi del Paese. Da sempre. E più che mai oggi, nel momento in cui intorno a questa montagna di mattoni, e alla Santa Evasione, legalizzata sotto forma di elusione, infuria una polemica politica al calor bianco. E che potrebbe presto trasferirsi clamorosamente nelle aule del Parlamento. UN'ICI RADICALE. «Quante divisioni ha il Papa ? », chiedeva Joseph Stalin a chi gli riportava le accuse del Vaticano. Si vedrà quando il Parlamento sarà chiamato a votare la maxi manovra balneare da 45 miliardi abborracciata dal governo per tentare di far fronte alla crisi economica. I radicali hanno infatti presentato un emendamento che farebbe cadere l'esenzione dall'Ici, l'imposta comunale sul mattone, per tutti gli immobili della Chiesa non utilizzati per finalità di culto (quelli cioè in cui si svolgono attività turistiche, assistenziali, didattiche, sportive e sanitarie, spesso in concorrenza con privati che al fisco non possono opporre scudi di sorta). Una partita decisiva per la Santa Casta della Chiesa e per il suo vertice, una pletorica nomenklatura autoreferenziale e interamente formata per cooptazione che, secondo tutti i sondaggi più recenti, rischia di strappare alla partitocrazia la palma dell'impopolarità nazionale. • Dopo averle già scippato il primato in termini di costo per la collettività. L'ALTRA CASTA. Anni di trattative con la politica, spesso sfociati in accordi di favore ai confini con la legalità, hanno infatti assicurato alla Chiesa un pacchetto di privilegi che, tra sovvenzioni statali dirette e indirette (quelle garantite attraverso gli enti locali) ed esenzioni fiscali vale - secondo i calcoli di Curzio Maltese ("La Questua") - quattro miliardi e mezzo l'anno, 500 milioni in più rispetto all'apparato politico (ma in un altro libro Piergiorgio Odifreddi arriva addirittura a una cifra doppia). Una parte consistente di questa ricchissima torta deriva proprio dall'esenzione sull'Ici. Un privilegio che una prudentissima analisi dei Comuni ha valutato in un mancato gettito fiscale compreso tra i 400 e i 700 milioni di euro l'anno (ma secondo Odifreddi le esenzioni fiscali immobiliari del Vaticano valgono invece dieci volte di più: 6 miliardi) e per il quale Roma rischia una salata condanna a Bruxelles per aiuti di Stato. Se il bonus venisse abrogato, allora anche tutto il resto potrebbe essere messo in discussione. In Vaticano è dunque allarme rosso. Anche perché la crociata lanciata dai radicali sta guadagnando consensi. Nei giorni scorsi l'incauta sortita contro l'evasione fiscale del capo dei vescovi, Angelo Bagnasco, ha suscitato una reazione forte in un Paese chiamato al sacrificio per fronteggiare la crisi. Nel giro di poche ore, su Internet decine di migliaia di firme (120 mila solo su Facebook) sono comparse in calce alla proposta di presentare al Vaticano il conto della manovra. Così ora anche il vertice dei Pd propone di dare una sforbiciata ai bonus della Santa Sede. Che ha spedito i suoi al contrattacco: «Vogliono tassare la beneficenza», s'è lamentato il direttore di "Avvenire", Marco Tarquinio, facendo balenare la prospettiva di una chiusura della Caritas. QUANTI SANTI IN PARLAMENTO. I nemici sono forse più agguerriti di sempre. Ma la Chiesa è tutt'altro che disarmata: nei palazzi del potere romano il Vaticano dispone da sempre di una lobby formidabile, trasversale all'intero schieramento partitico e pronta a scattare al primo cenno di comando. Quella che lesta è entrata in azione, nell'autunno 2007, con il governo di Romano Prodi, per spazzare via con 240 voti contrari (contro appena 12 a favore) un emendamento della

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 47 26/08/2011 L'Espresso - N.35 - 1 Settembre 2011 Pag. 38 (diffusione:369755, tiratura:500452) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

stessa maggioranza che avrebbe costretto gli enti ecclesiastici a pagare l'odiata lei. La stessa che pochi mesi prima, stavolta a Montecitorio, era riuscita a mobilitare 435 voti intorno agli interessi fiscali della Chiesa. E che all'inizio di quest'anno ha strappato la conferma dello sconto milionario, inizialmente soppresso, anche nell'Imu, la nuova imposta destinata a sostituire l'Ici dal 2014. «Oggi c'è più attenzione mediatica rispetto al passato, ma alla fine non se ne farà nulla», dice sconsolato il deputato radicale Maurizio Turco, uno degli alfieri della battaglia contro i privilegi del Vaticano. GRAZIE ALL'OTTO PER MILLE. Il pessimismo dei radicali è più che giustificato se si guarda alla storia dell'altro grande privilegio strappato dalla gerarchia ecclesiastica allo Stato e quindi in ultima analisi ai cittadini. Quello dell'otto per mille, messo a punto nel 1985 (con la consulenza di Giulio Tremonti) in sostituzione della cosiddetta congrua, e cioè dello stipendio di Stato ai sacerdoti. Un marchingegno furbetto: in teoria ogni contribuente può destinare la sua percentuale a una delle confessioni che hanno firmato l'intesa con lo Stato; in pratica funziona come un gigantesco sondaggio d'opinione, al termine del quale si contano le scelte effettuate, si calcolano le percentuali ottenute da ogni soggetto e in base a queste si ripartiscono tutti i fondi, compresi quelli di chi non ha espresso alcuna preferenza. Così, se coloro che mettono una croce sono solo una minoranza rispetto al totale, nel 2007 la Chiesa (attraverso la Conferenza episcopale) s'è vista assegnare 1*85,01 per cento del montepremi. Non solo: ogni tre anni, secondo la legge, una commissione avrebbe dovuto valutare la congruità del gettito ed eventualmente rivedere la percentuale destinata alla Chiesa. Dell'organismo s'è subito persa ogni traccia. Eppure i numeri dicono che tra il 1990 e il 2008 l'in- • casso della Cei è salito di cinque volte (da 210 a 1003 milioni), mentre la spesa dei vescovi per il sostentamento dei preti è poco più che raddoppiata (da 145 a 373 milioni). La Chiesa dunque ci guadagna, eccome. Ma nessuno pensa di chiedere ai suoi dignitari di tirare la cinghia, come tocca fare ai comuni mortali. MATTONE NASCOSTO. Logico dunque attendersi che la rete protettiva della Chiesa avvolga anche la partita lei. Del resto, sono passati più di trent'anni da quando Gianluigi Melega è stato congedato dalla direzione de "L'Europeo" dopo la pubblicazione, alla fine del 1977, dell'inchiesta sugli immobili della Chiesa a Roma intitolata "Vaticano spa". Ma da allora nulla o quasi è cambiato. Appartamenti, uffici, negozi, capannoni e garage di proprietà della Chiesa sono sempre irrintracciabili. Tuttora una mappa del tesoro non esiste: un emendamento del radicale Turco alla Finanziaria 2008, che prevedeva un censimento del mattone vaticano, è stato considerato neanche meritevole di voto. Amen. In barba a ogni esigenza di trasparenza, di fatto la Chiesa, proprio come i sindacati, non si sogna neanche di predisporre un bilancio consolidato. In quello della Santa Sede, per esempio, non sono compresi i numeri del governatorato della Città del Vaticano, né quelli dello Ior, delle conferenze episcopali e degli ordini religiosi. Così, chi si cimenta nel seguire le tracce delle singole sigle si ritrova davanti a un groviglio che avrebbe disorientato anche il mago Houdini. Quanto alle poche cifre ufficiali, compulsarle è davvero tempo perso: farebbero alzare il sopracciglio anche a un bambino. Per farsi un'idea basta provare a spulciare i conti dell'Amministrazione del patrimonio della sede apostolica: si legge di un portafoglio immobiliare di 430 milioni (dati 2006), capace di produrre un reddito di 36 milioni, a fronte di 18 di spese. Decisamente, i conti non tornano: vorrebbe dire infatti che l'Apsa è in grado di spremere dai suoi palazzi un rendimento dell'8,4 per cento, più di quattro volte superiore a quello che, in media, portano a casa gli enti previdenziali italiani. E dato che nessuno è così fesso da gonfiare artificialmente le proprie entrate, si deve supporre che sia il valore iscritto in bilancio a essere sottostimato di almeno tre quarti. UN MILIARDO DI METRI QUADRATI. In mancanza di dati certificati, bisogna affidarsi alle valutazioni, più o meno spannometriche che siano. Quelle del gruppo Re (Religiosi ecclesiastici), da sempre vicino alla gerarchla vaticana nel business del mattone, attribuiscono alla Chiesa il 20-22 per cento dell'intero patrimonio immobiliare italiano, che è pari a 4,7 miliardi di metri quadrati. Se fosse vero («La stima mi pare comunque esagerata», è la pallida smentita del presidente delPApsa, Domenico Calcagno) si arriverebbe appunto intorno a un miliardo di metri quadrati, per un valore appossimativo di 1.200 miliardi di euro. Per altri immobiliaristi non si va invece oltre i 100 milioni di metri quadrati: che tradotti in euro varrebbero comunque tre volte la manovra economica di quest'estate. Le inchieste condotte sul campo danno in ogni caso l'idea di un patrimonio davvero sconfinato. Secondo i dati

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 48 26/08/2011 L'Espresso - N.35 - 1 Settembre 2011 Pag. 38 (diffusione:369755, tiratura:500452) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

raccolti dal solito Turco, che ha passato due anni a setacciare il catasto, solo a Roma la Chiesa avrebbe in portafoglio 23 mila immobili. E le sue proprietà sarebbero in continua crescita, dato che nel 2008 ha beneficiato di qualcosa come 8 mila donazioni (esentasse, ca va sans dire). Così, nel 2010, Propaganda Fide (una sorta di ministero degli Esteri vaticano, accreditato di immobili per complessivi 9 miliardi di euro) risulta intestataria a Roma di 2.211 vani e 325 terreni. Alla fine, comunque, tutte le indagini si sono arenate davanti ai depistaggi messi in campo dalla gerarchia vaticana. Non solo, per esempio, a Roma le proprietà sono suddivise tra una miriade di soggetti (circa duemila, tra cui 325 ordini femminili e 87 maschili). Di più: anche quelle che fanno capo a una stessa sigla risultano ben mimetizzate. È il caso dei possedimenti di Propaganda Fide, che usa come schermo alle sue proprietà 48 denominazioni sociali diverse, sia pure sempre con lo stesso codice fiscale. DESTRA E SINISTRA PARI SONO. Quello sull'Ici e il Vaticano (che in base al concordato non paga tasse sugli edifici di culto come le chiese) è un tormentone che va avanti da anni. Esattamente dal 2004, quando a mettere provvisoriamente fine alla diatriba tra comuni e Chiesa è intervenuta una sentenza della Cassazione, che ha dato ragione ai primi. A ribaltare il verdetto, a fine 2005, ci ha pensato il governo di Silvio Berlusconi, che, pressato dai vescovi, ha ribadito l'esenzione. L'anno dopo è toccata a Prodi, autore di un capolavoro di ambiguità all'italiana, in base al quale lo sconto vale solo per gli immobili in cui non si esercita un'attività esclusivamente commerciale. Basta dunque che una qualunque struttura, per esempio turistica, abbia una piccola cappella incorporata et voila: il gioco è fatto (secondo i comuni, oggi infatti la Chiesa paga solo nel 10 per cento dei casi in cui dovrebbe). Tutto regolare, ha stabilito all'epoca una commissione istituita dall'allora ministro dell'Economia, Tommaso PadoaSchioppa. L'Unione europea, però, non l'ha bevuta. MA BRUXELLES INDAGA. A quel punto, su iniziativa dei soliti radicali, la partita s'è dunque trasferita a Bruxelles. Che, dopo aver costretto la Spagna ad abolire l'esenzione Iva per la Chiesa, ha invece archiviato per due volte la pratica italiana. Ma è stata poi costretta a riaprirla quando gli autori della denuncia si sono rivolti alla Corte di giustizia. Nel mirino della commissione Uè (per la quale alcuni parlamentari italiani hanno invocato tutti seri la scomunica) ci sono, oltre all'esenzione lei, lo sconto del 50 per cento sull'Ires concesso agli enti della Chiesa che operano nella sanità e nell'istruzione (valore: circa 500 milioni l'anno) e l'articolo 149 del Testo unico delle imposte sui redditi, che, in base a una logica stringente, conferisce a vita agli enti ecclesiastici la qualifica (e i relativi benefici fiscali) di enti non commerciali, indipendentemente dalla loro reale attività. Turco spera in Bruxelles più che in Roma: «A livello tecnico», dice, «i funzionari si sono già espressi, con un pollice verso alla normativa italiana». Resta il fatto che la Santa Casta della Chiesa sta giocando la sua partita con un mazzo di carte truccate. «Amministrare i beni della Chiesa», si legge in un solenne documento sottoscritto dai vescovi e datato 4 ottobre 2008, «esige chiarezza... su questo fronte, tuttavia, dobbiamo ancora crescere». Sante parole, davvero. • Mattone, che passione Alcuni tra I maggiori Enti religiosi proprietarl di Immobili a Roma e provincia n. proprietà: 102 Abbazia di Subiaco 77 Amm. del patrimonio della sede apostolica (A.P.S.A) 350 Arcipretura di S. Maria Maggiore in Valmontone 97 Arcipretura di S. Giovanni Evangelista in Valleptetra 164 Beneficio parrocchiale del Capitolo di S. Pietro In Vaticano 575 Capitolo Cattedrale di S. Scolastica in Subiaco Capitolo dei Canonici di Albano Laziale 165 Capitolo di Massa Antica 518 Capitolo dei Canonici di Ariccia 201 Capitolo di S. Pietro in Vaticano 114 Capitolo di S. Pietro in Vaticano amm. da Hoemer Arturo 70 Caritas Italiana 230 Curia vescovile di Tivoli 950 Fondaz. Ecclesiastica Istituto Marchesi Teresa Gerlno e Uppo Gerinl 364 Istituto Diocesano per il sostentamento del clero 631 Istituto saleslano per le missioni con sede In Torino 683 Pontificia Opera per la preservazione della fede 1.139 Propaganda Fide e suoi istituti di riferimento 137 Prebenda Parrocchiale Prima cura di S. Salvatore In Rolate 178 Santa Sede Città del Vaticano 171 Santa Sede amm. Patrimonio Sede Apostolica 7 Università Cattolica del Sacro Cuore Una valutazione del patrimonio immobiliare di enti religiosi nella provincia di Roma, in base alle ricerche svolte dai radicali e a inchieste giornalistiche Dall'acqua gratis allo sconto del canone Nel carnevale di prebende rastrellate nel tempo dalla Chiesa non mancano neanche le curiosità. UN CANONE RAI MOLTO SPECIALE. È quello che si applica (in base a un

TOP NEWS FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 26/08/2011 - 26/08/2011 49 26/08/2011 L'Espresso - N.35 - 1 Settembre 2011 Pag. 38 (diffusione:369755, tiratura:500452) La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

decreto del ministero dello Sviluppo economico sui televisori installati fuori dagli appartamenti) agli apparecchi degli istituti religiosi: 185 euro e 10 centesimi per il 2009, meno della metà rispetto ai 370 euro e 17 centesimi richiesti ad affittacamere e campeggi a una o due stelle L'ACQUA DI PANTALONE. I giardini del Vaticano sono da sempre molto rigogliosi. Grazie anche a un'innaffiatura abbondante. I preti non iesinano di certo. Tanto non pagano. La bolletta, e vai a capire perché, tocca infatti allo Stato (articolo 6 dei Patti Lateranensi), che negli anni scorsi s'è anche fatto carico di arretrati per oltre 50 milioni di euro. IL LASCIAPASSARE SCONTATO. Nel 2006 il Comune di Roma ha ceduto alle pressioni e ha concesso alle auto del Vaticano il pass per il centro al prezzo politico di 55 euro. Ai comuni mortali costa esattamente dieci volte di più. «Usare la parola privilegio è totalmente sbagliato», ha detto il 29 agosto il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, Regalie fa meno casta? E lo Stato paga UN'IRES SU MISURA. Sono 998 le Opere pie e società di mutuo soccorso che hanno beneficiato della riduzione dell'aliquota Ires (dal 33 al 16,5 per cento) per il 2006. Tutte insieme hanno risparmiato 12 milioni e 929 mila euro. 1133 ospedali hanno Invece evitato di mettere mano al portafògli per 16 milioni e 899 euro. UNA REDAZIONE IN PARROCCHIA. Nove milioni, 781 mila, 901 euro e 78 centesimi. È il totale dei contributi all'editoria incassati per il 2006 dai giornali che fanno capo alla Chiesa. Al primo posto nella classifica si piazza "Avvenire" (6.300.774 euro), seguito da "Famiglia Cristiana" e "II Giornallno" (entrambi della Periodici San Paolo e a quota 312 mila euro). Ma nell'elenco ci sono anche "La voce isontina" (Arcidiocesi di Gorizia: 31.840 euro), "L'Aurora della Lomellina" (Diocesi di Vigevano: 45.197 euro), "L'Appennlno Camerte" (Arcidiocesi di Camerino: 40.780 euro) e "Porziuncola Assisi" (8.995 euro). Foto: AL CENTRO: I CARDINALI TARCISIO BERTONE, SEGRETARIO DI STATO VATICANO, E ANGELO BAGNASCO, PRESIDENTE DELLA CEI Foto: PIAZZA SAN PIETRO E IL VATICANO. SOTTO: FRANCO GARELLI Foto: LA CASA DEL PIO SODALIZIO DEI PICENI IN CUI ABITAVA GIULIO TREMONTI E. A FIANCO, UN PALAZZO DI PROPAGANDA FIDE IN PIAZZA DI SPAGNA. A CENTRO PAGINA: IL GIUBILEO DEL 2000

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