PIANO INTERRATO

Sala 2

Pannello prima esedra

I SAVOIA: UNA STORIA MILLENARIA La visita della Reggia di Venaria si apre lungo il suggestivo Piano Seminterrato e qui si sviluppa in tre atti: la storia dei Savoia nel corso di dieci secoli (“La Dinastia”), l’evoluzione dei dominii da Contea a Regno (“L’espansione dello Stato”) e l’architettura come espressione di potere e sfoggio di grandezza (“L’architettura”).

LA DINASTIA Opere artistiche, testimonianze storiche e allestimenti multimediali contribuiscono in queste sale alla rievocazione di una vicenda millenaria: quella dei Savoia, della loro abilità diplomatica, della loro tradizione militare, della loro attenta politica sociale e di riforme. Grazie a queste molteplici capacità i Savoia, partendo da un territorio periferico, riuscirono a inserirsi nel gioco dei grandi stati europei.

 Conti nel Medioevo, duchi dal ‘400 e re dal ‘700: i Savoia sono una delle dinastie più longeve della storia. Quasi un millennio, infatti, trascorre da Umberto I Biancamano, intorno all’anno Mille, a Umberto II, ultimo re d’Italia nel 1946.  I Savoia si consideravano tedeschi e come tali si rappresentarono a partire dal ‘400 quali discendenti dei Wettin, casa sassone che aveva espresso diversi imperatori del Sacro Romano Impero e che ancora oggi siede sui troni di Belgio e Gran Bretagna.  I Savoia erano gli unici vicari in Italia del Sacro Romano Impero, con il diritto di creare nobili e, dal 1451, quello di nominare i vescovi e gli abati dei loro Stati. Due anni dopo i Savoia divennero proprietari della Sindone. Il possesso della reliquia e la beatificazione di ben cinque membri della famiglia vennero interpretati come segni di una dinastia chiamata a governare per “volontà divina”.

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LA GALLERIA DEI RITRATTI Questa sala ospita una galleria di ritratti dei principali sovrani sabaudi, da Umberto I Biancamano a Carlo Felice. Le opere sono state realizzate da diversi pittori, attivi presso la corte sabauda tra il Seicento e l’Ottocento e provengono dal Castello di Racconigi, dove furono raccolte da Umberto II, ultimo re d’Italia.

 La tradizione di raccontare la propria storia in volumi illustrati e opere d’arte – cicli di affreschi, sculture o, come in questo caso, ritratti – venne coltivata dai Savoia in tutti i loro palazzi: come per gli altri casati dell’epoca, infatti, il passato rivestiva il valore di legittimazione politica.  Nel piano nobile della Reggia di Venaria, due sale del percorso cerimoniale ospitavano ritratti dei conti e dei duchi di Savoia. Gallerie e affreschi erano presenti anche nel Castello di Rivoli, in quello di Moncalieri e nella .  A Palazzo Reale, invece, il Salone degli Svizzeri era dedicato a illustrare le origini tedesche della Dinastia mentre, in una galleria oggi distrutta, erano raffigurati i sovrani e le loro imprese più importanti.

Pannello esedra finale

I Savoia: la Dinastia DAI SAVOIA AI CARIGNANO

Nel 1831 Carlo Felice morì senza eredi. Si estinse così la linea diretta dei Savoia e il trono sabaudo passò a Carlo Alberto, un lontano cugino, appartenente al ramo dei principi di Carignano. Tutti i re d'Italia discendono quindi dal ramo Savoia-Carignano.

 Il ramo dei Savoia-Carignano era iniziato con il principe Tomaso (1596-1656) e aveva avuto un ruolo centrale nel corso del Seicento, quando sia Emanuele Filiberto Amedeo (1628-1709) sia Vittorio Amedeo (1690-1741), secondo e terzo principe di Carignano, erano stati più volte eredi al trono.  Nel corso del Settecento il ramo aveva perso importanza, fino ad assumere un ruolo marginale nella vita dello Stato.  Solo la morte senza eredi maschi dei cinque figli di Vittorio Amedeo III portò i Carignano sul trono. Ebbe inizio allora una nuova pagina della storia sabauda, quella più nota agli italiani, che va dal Risorgimento al Fascismo fino alla caduta della monarchia.  Chi desidera approfondire questa storia può visitare il Museo del Risorgimento, che inizia il suo racconto là dove noi interrompiamo il nostro. Due luoghi per due storie — unite, ma divise — del Piemonte e dell’Italia.

2 SALA 3

(Sala 3 - Pannello 1) I Savoia: la Dinastia L’ESERCITO La popolazione dello Stato sabaudo non era sufficiente a organizzare un esercito in grado di sconfiggere le armate delle grandi monarchie. Il territorio dei Savoia, tuttavia, possedeva caratteristiche particolarmente adatte alla difesa. Su questa base si innestò una macchina amministrativa e formativa che diede vita a un esercito abile e preparato, le cui capacità tecniche e organizzative ebbero non poca influenza anche sulla società civile.

 La conformazione dello Stato sabaudo costringeva i nemici a impiegare forze ingenti per contrastarlo. Inoltre, per la casata, vincere non significava sconfiggere il nemico in battaglia, ma tenerlo impegnato il più a lungo possibile. Tra il 1690 e il 1696, per esempio, durante il primo conflitto contro Luigi XIV,Vittorio Amedeo II perse quasi tutte le battaglie principali. Eppure, Luigi XIV riconobbe vincitore il Duca.  Nel Settecento, l’esercito fu il punto di partenza di importanti riforme. Attorno a esso si sviluppò una macchina amministrativa che garantì a lungo la formazione di ufficiali e soldati di ottimo livello. Se l’Accademia Reale di Torino formava nobili destinati in gran parte a divenire ufficiali di cavalleria e fanteria, le Reali Scuole d’artiglieria e genio di Torino, istituite nel 1739, ponevano lo Stato sabaudo all’avanguardia in Europa per la formazione degli ufficiali delle armi dotte.  Il risultato più importante di questo connubio fu la nascita della Reale Accademia delle Scienze di Torino, nel 1783. L’applicazione in campo civile delle innovazioni militari si può certamente porre tra le basi del successo dell’economia piemontese.  Nella sala, l’armatura di Emanuele Filiberto ci ricorda il carattere guerriero della Dinastia, mentre due dipinti rappresentano le battaglie vittoriose di Torino e Guastalla, tra le principali combattute dai Savoia.

3 SALA 4

I Savoia: la Dinastia NOBILI E CAVALIERI La stabilità dello Stato sabaudo venne favorita, oltre che dalla vocazione militare, da un’altra capacità caratteristica dei Savoia: quella di saper disciplinare le diverse nobiltà presenti sui loro territori sotto un unico dominio. In questa sala, i quattro ritratti di nobili illustrano altrettante tipologie di servizio alla Corona: il cortigiano, il militare, il ministro e il senatore.

 Negli Stati sabaudi esistevano vari tipi di nobiltà. La principale era certo la nobiltà feudale, una piccola parte della quale poteva vantare origini antiche quanto quelle dei Savoia. In alcune città vi erano poi dei patriziati: gruppi di famiglie che monopolizzavano l’accesso al governo urbano. I Savoia impegnarono queste nobiltà al loro servizio e, nello stesso tempo, elevarono nuove famiglie, vendendo titoli e feudi.  Nel Settecento, Carlo Emanuele III riconobbe nobili anche i laureati. Le diverse componenti aristocratiche trovarono, così, nel servizio al Sovrano la propria unica fonte di legittimazione, determinando un’etica del servizio, estesasi anche alla borghesia, che divenne tipica dei ceti dirigenti sabaudi.  Dal Cinquecento, la corte sabauda fu una delle più importanti d’Europa; gli stessi Francesi la paragonarono alla propria per classe ed eleganza. Alla corte era legata anche l’Accademia Reale: un istituto di formazione che nel Settecento attirò nobili di tutt’Europa, soprattutto inglesi, tedeschi e russi, che vennero a impararvi il mestiere del cortigiano.

(Pannello all’interno della vetrina) I Savoia: la Dinastia GLI ORDINI CAVALLERESCHI: IL PREMIO DELLA FEDELTÀ La creazione di ordini cavallereschi, istituiti come ricompensa al merito di un servizio, fu per i Savoia un modo per garantirsi la lealtà dei nobili alla propria causa, vincolandoli contemporaneamente a un voto di obbedienza e fedeltà.

 I primi ordini cavallereschi «di collare» furono fondati nel Trecento. Con essi i principi intendevano legare a sé i nobili: da ciò l’uso del collare d’oro come simbolo di fedeltà.  I collari venivano conferiti anche a nobili di altri stati, per stabilire alleanze. Fra i primi ordini ad essere creati vi furono quello inglese della Giarrettiera (1348) e quello sabaudo dell’Annunziata (1364). I cavalieri giuravano al sovrano e ai suoi successori di essere fedeli, di difenderli e, se possibile, di ascoltare quotidianamente la messa.

4  Nel 1573 i Savoia istituirono l’Ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, unendo l’Ordine di S. Maurizio, santo protettore dei Savoia, con l’Ordine gerosolimitano di S. Lazzaro, un ordine di monaci guerrieri fondato durante le crociate. L’Ordine mauriziano ebbe una funzione sia militare, impegnando diverse galere nel Mediterraneo contro i Turchi, sia ospitaliera, testimoniata dall’ospedale mauriziano di Torino.

SALA 6

I Savoia: l’espansione dello Stato UN PROCESSO LENTO MA COSTANTE La costruzione dello Stato sabaudo fu un processo lento ma costante, che si dispiegò lungo un arco plurisecolare. Il periodo fra il 1504 e il 1815 vide i Savoia unire sotto il loro dominio l’intera Italia nordoccidentale. Fu allora che il concetto di Piemonte venne utilizzato per indicare complessivamente i dominii sabaudi in Italia, passando poi a definire l’attuale regione. Le carte in questa sala mostrano le fasi salienti di questo processo.

 Fu Vittorio Amedeo II, pare, a pronunciare per primo la celebre frase «l’Italia è un carciofo da mangiare foglia a foglia».  In effetti, si trattava di esportare nella penisola la stessa politica attuata in Piemonte. Asti nel 1531, Saluzzo nel 1601, Alba e Trino nel 1631, Alessandria, Casale, Val Sesia e Bardonecchia nel 1713, Novara e Tortona nel 1738, Domodossola nel 1748 sono solo alcune delle tappe che portarono lo Stato sabaudo a estendersi fino al Ticino e, dal 1814, al Tirreno.

I Savoia: l’espansione dello Stato DA EMANUELE FILIBERTO A VITTORIO AMEDEO I Tra la metà del XVI secolo e la metà del XVII il predominio territoriale dei Savoia lascia la Francia per l’Italia dove continua a espandersi, come testimonia l’evoluzione degli stemmi araldici dei sovrani, che si arricchiscono di nuove conquiste e annessioni.

1580 Alla morte di Emanuele Filiberto (1528-1580) lo Stato sabaudo è più francese che italiano: i confini occidentali lambiscono Lione e Ginevra. Torino diviene sede della corte nel 1563. Oneglia è acquistata nel 1576.

1637 Nel 1601 Carlo Emanuele I (1562-1630) cede Bresse, Bugey e Gex alla Francia, in cambio del Marchesato di Saluzzo. È la definitiva scelta italiana. Nel 1631 Vittorio Amedeo I (1587-1637) deve lasciare alla Francia Pinerolo, ma annette Alba e Trino.

5 Lo stemma di Emanuele Filiberto “Inquartato: al 1° e 4° partito di Westfalia e Sassonia, innestato in base d’Angria; al 2° di Chiablese: al 3° di Aosta. Sul tutto uno scudetto di Savoia moderna.”

Lo stemma di Vittorio Amedeo I “Inquartato: al 1° gran quarto, inquartato di Gerusalemme, Lusignano (Cipro), Armenia e Lussemburgo; al 2° gran quarto, partito di Westfalia e Sassonia, cappato d’Angria; al 3° gran quarto, partito di Chiablese e d’Aosta. Al 4° gran quarto, partito di Genevese e di Monferrato. Sul tutto uno scudetto di Savoia moderna.”

I Savoia: l’espansione dello Stato DA VITTORIO AMEDEO II AL CONGRESSO DI VIENNA Tra la metà del XVII secolo e l’inizio del XIX, quando il Congresso di Vienna riordina l’Europa dopo la tempesa napoleonica, lo Stato sabaudo raggiunge la sua massima estensione fino a quel momento.

1748 Tra il 1696 e il 1713 Vittorio Amedeo II (1666-1732) annette Monferrato, Alessandria e Val Sesia. Dal 1713 è re di Sicilia, poi scambiata (1720) con la Sardegna. Tra il 1733 e il 1748 (Trattato di Aquisgrana) Carlo Emanuele III (1701-1773) porta i confini orientali al Ticino.

1815 Il Congresso di Vienna restaura i Savoia sul trono e li premia unendo al loro Stato l’antica Repubblica di Genova. Lo Stato sabaudo occupa ora, oltre alla Sardegna, tutta l’Italia nord-occidentale.

Lo stemma di Vittorio Amedeo II / Carlo Emanuele III “Inquartato: al 1° gran quarto, inquartato di Gerusalemme, Lusignano, Armenia e Lussemburgo; al 2° gran quarto, partito di Westfalia e Sassonia, cappato d’Angria; al 3° gran quarto, partito di Chiablese e d’Aosta; al 4° gran quarto, inquartato di Piemonte, Monferrato, Genevese e Saluzzo. Cappato in base di Nizza. Sul tutto uno scudetto di Savoia antica caricato in cuore da uno scudetto di Savoia moderna. Nel punto d’onore uno scudetto di Sardegna.”

Lo stemma di Vittorio Emanuele I “Inquartato: al 1° gran quarto, inquartato di Gerusalemme, Lusignano, Armenia e Lussemburgo; al 2° gran quarto, partito di Westfalia e Sassonia, cappato d’Angria; al 3° gran quarto, inquartato di Chiablese, Aosta, Genova e Nizza; al 4° gran quarto, inquartato di Piemonte, Monferrato, Genevese e Saluzzo. Sul tutto uno scudetto di Savoia antica caricato in cuore da uno scudetto di Savoia moderna. Nel punto d’onore uno scudetto di Sardegna.” I territori governati

6 SALA 7

(Sala 7 – pannello 1)

I SAVOIA: L’ARCHITETTURA La posizione dei Savoia nello scacchiere europeo venne acquisita anche grazie alla passione per l’architettura, intesa come scenografia per la vita di corte – come quello che state visitando – ma soprattutto simbolo della magnificenza e del potere del casato e dello Stato.

I Savoia: l’architettura POTERE E MAGNIFICENZA ARCHITETTONICA Nel 1563 Torino viene eletta capitale del Ducato. Emanuele Filiberto inaugura il processo di costruzione dell’immagine dello Stato sabaudo attraverso l’architettura. Tutti i successori al trono seguiranno il suo programma.

 A differenza delle più importanti dinastie europee, rinomate per le grandi collezioni d’arte raccolte nei secoli, i Savoia si conquistarono una riconoscibilità in Europa grazie alle opere di ingegneri e architetti.  Nel corso di due secoli e mezzo furono realizzati fortezze, santuari, residenze di corte, ville di delizia e di caccia, giardini, impianti urbanistici e territoriali di grande respiro. I progettisti più originali, come , diventarono famosi e vennero richiesti al servizio di altre corti europee.  Queste architetture, pubblicizzate in Europa tra Seicento e Settecento attraverso vedute e descrizioni, consolidarono l’immagine dello Stato sabaudo, costituendo una eredità preziosa che anima ancora oggi l’identità della regione.

(Sala 7 –Prima nicchia)

I Savoia: l’architettura TORINO CAPITALE Tra la fine del XVII secolo e l’inizio del XVIII, Torino, vero e proprio Monumento della Dinastia, viene abbellita e ampliata. La capitale diventa il simbolo del potere sabaudo e gli stranieri in visita la guardano con ammirazione: la città diventa una delle più eleganti capitali europee.

 Le opere, l’urbanistica e l’organizzazione del territorio sono i punti di forza di una grande politica d’immagine: la città cresce sulla base di un complesso programma architettonico, differenziato nei due secoli.  Nel Seicento si susseguono gli ampliamenti della città e della cinta fortificata.  Nel Settecento il tessuto romano e medievale viene riqualificato attraverso la rettificazione delle strade principali. Torino, grazie all’intervento di grandi architetti, assume un profilo regale nella cosiddetta “zona di comando”, ovvero l’insieme dei palazzi del potere sabaudo costruiti nel secolo precedente intorno alla piazza del Castello.

7 La città del Seicento Le vedute del Theatrum Sabaudiae, pubblicato ad Amsterdam nel 1682, documentano con precisione il volto di una città pianificata dal punto di vista urbanistico e architettonico per mano degli architetti e degli ingegneri di corte: Francesco Paciotto, Ascanio Vitozzi, Ercole Negro di Sanfront, Carlo e Amedeo di Castellamonte, Maurizio Valperga. Compaiono così la Cittadella e i primi due ampliamenti a sud e a est, così come le porte urbane, le piazze, le chiese e i luoghi del potere comunale e ducale. Quest’ultimo, in particolare, si manifesta articolandosi in strutture emblematiche e riconoscibili, quali il Castello e il Palazzo sorto a partire dal 1584. Dal 1673 il complesso dei palazzi di corte poté espandersi a est, secondo i disegni di Amedeo di Castellamonte che prevedevano una monumentale galleria per le collezioni d’arte, un teatro, l’Accademia Reale, le scuderie, il maneggio, la Zecca e la Dogana.

(Sala 7 –Seconda nicchia)

I Savoia: l’architettura TORINO CAPITALE

La città del Settecento Con l’intervento di Filippo Juvarra il volto della città-capitale settecentesca si completa e viene mostrato in tutta Europa attraverso le vedute realizzate in occasione dei tre successivi matrimoni di Carlo Emanuele III. Nel 1722 Juvarra progetta e realizza gli allestimenti per le prime nozze con Cristina di Baviera, mentre nel 1737 un altro architetto di fama, Bernardo Vittone, è tra gli ideatori dei festeggiamenti per la seconda unione, quella con Elisabetta di Lorena. Le illuminazioni festive enfatizzano l’urbanistica e l’architettura uniforme e ordinata della città, divenendo occasione per completare temporaneamente edifici rimasti incompiuti. Lo documenta, per esempio, la facciata posticcia eretta sul fronte orientale del Palazzo Madama, rivolto a via Po. La cornice architettonica è invece arricchita da aspetti di vita quotidiana (i mercati, il passeggio pubblico ecc.) nelle vedute incise nel 1775 da Ignazio Sclopis di Borgostura.

SALA 8

I Savoia: l’architettura UNA CITTÀ BELLA, ORDINATA E REGOLARE Il progetto “invenzione della capitale, inaugurato da Emanuele Filiberto, trova terreno fertile nei suoi successori e si completa nell’arco di due secoli. Grazie agli interventi degli architetti di corte, Torino diventa regale, ordinata e regolare.

 Nel 1619, dopo aver definito la piazza del Castello come centro del Potere, Carlo Emanuele I promuove l’ampliamento a sud, lungo l’asse dell’attuale via Roma, con al centro piazza San Carlo.  Nel 1673, Carlo Emanuele II dà vita all’espansione orientale, realizzando una via porticata diretta al ponte sul fiume (via Po) e una piazza (detta “Carlina”).  Nel 1702 Vittorio Amedeo II determina l’ampliamento a ovest, con fulcro nell’attuale piazza Savoia.  Durante il dominio francese (1798-1814) vengono demoliti i bastioni e si riprogetta la forma della città (1809) con la definizione di numerosi viali di circonvallazione (gli attuali corsi Vittorio Emanuele, Inghilterra, Principe Eugenio, Regina Margherita e San Maurizio).  Al ritorno dei Savoia, nel 1814, il progetto napoleonico viene sostanzialmente mantenuto e integrato con nuovi elementi: Piazza Vittorio (1825) e la chiesa della Gran Madre di Dio (1818).

8 SALA 8

(Sala 8 - Pannello 2 NUOVO)

I Savoia: l’architettura IMPRESSIONI DI VIAGGIATORI FAMOSI

Viaggiatori di professione, artisti di passaggio, diaristi, scrittori, filosofi e poeti: tutti i personaggi di rilievo che sostarono a Torino, anche per un brevissimo periodo, tra il Seicento e la fine dell’Ottocento, non mancarono di rilevare le sue particolari caratteristiche architettoniche, il senso di bellezza, ordine e armonia che la città trasmetteva.

“Arrivai a Torino il 23 aprile 1728. Torino è una città ridente, piccola, anche se ingrandita dal padre del Re, e dal Re stesso dopo l’assedio. Le parti aggiunte alla Città sembrano veramente tirate con la squadra”. (Montesquieu, 1728)

“La città è di per sé molto bella; le strade sono tutte perfettamente allineate e le case edificate con grande regolarità”. (Elisabeth Vigée le Brun, 1789)

“Vi scrivo dalla capitale del Re di Sardegna, che non cede alle altre in magnificenza. È famosa per la simmetria delle sue vie, il decoro, la regolarità e la pulizia delle sue case”. (Nikolaj Vasil’evič Gogol’, 1837)

“I marciapiedi sono larghi quasi quanto le vie ordinarie in Europa, e sono coperti da un doppio portico retto da colonne e grossi pilastri in pietra”. (Mark Twain, 1867)

“Una terra classica per gli occhi e per i piedi grazie ad una pavimentazione magnifica (...) È una città dignitosa e severa!” (Friedrich Nietzsche, 1888)

9 SALA 8 (Sala 8 – Pannello 3)

I Savoia: l’architettura UNA CORONA DI DELIZIE PER LA CAPITALE L’intenso programma architettonico dei Savoia si concretizzò nella realizzazione di una serie di residenze atte a ospitare la famiglia reale e la corte, durante l’esercizio del potere oppure per la villeggiatura e le battute venatorie: regge, castelli, ville e palazzi di caccia. Questo complesso di opere prese il nome di Corona di Delizie.

 Parallelamente alla costruzione della capitale, il duca Emanuele Filiberto acquista dei terreni intorno a Torino, destinati alla realizzazione di una “corona” di residenze di caccia e di svago. Si crea in questo modo un demanio della Corona che tra Seicento e Settecento vedrà la nascita di ville e palazzi.  La definizione Corona di Delizie è utilizzata per la prima volta da Amedeo di Castellamonte nel 1679 in un’opera che illustra il complesso di Venaria Reale (La Venaria Reale Palazzo di Piacere e di caccia), come parte del circuito anulare di ville e palazzi intorno alla capitale.  Le prime costruzioni sono più vicine alla città e si collocano in aree fluviali (Castello di Mirafiori, Regio Parco, ) o collinari (Villa della Regina, Vigna di Madama Reale).  Vengono altresì riprogettati antichi siti medievali (Castelli di Rivoli e di Moncalieri) e nascono strutture destinate alla caccia (Venaria Reale e Stupinigi).  Ulteriori dimore vengono realizzate sulle proprietà terriere di rami collaterali della famiglia (Castello di Racconigi) o di figli cadetti (Castelli di Agliè e Govone).

I protagonisti André Le Nôtre (Parigi 1613 – 1700). Il più grande progettista di giardini francesi al tempo del Re Sole è l’artefice dei complessi di Vaux-Le-Vicomte, Versailles, Les Tuileries e Chantilly. È un riferimento anche per il Piemonte di Vittorio Amedeo II: nel 1670 invia il progetto per il parco di Racconigi e nel 1697 quello per i giardini del Palazzo Reale di Torino, entrambi realizzati.

Guarino Guarini (Modena 1624 – Milano 1683). Giunge a Torino nel 1666 e in breve tempo diviene il portavoce del Barocco nella capitale sabauda. La chiesa di San Lorenzo e la cappella della SS. Sindone irrompono così nel panorama della città, caratterizzandone il profilo; il palazzo per i principi di Carignano scuote con il suo fronte concavo-convesso la regolarità severa dei fronti degli isolati urbani.

Filippo Juvarra (Messina 1678 — Madrid 1736). Formatosi a Roma, diviene nel 1714 Primo Architetto di Vittorio Amedeo II. Con il capolavoro costituito dalla Palazzina di caccia di Stupinigi e con il grande progetto a scala territoriale che lega visivamente il castello di Rivoli e la Reale Chiesa di Superga, entrambe sue opere, si guadagna una fama internazionale che lo porterà, su richiesta di Filippo V, a progettare il nuovo Palazzo Reale di Madrid (1735).

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SALA 11

I Savoia: l’architettura LE DIMORE IN UN LIBRO: IL THEATRUM SABAUDIAE Il Theatrum Sabaudiae è un progetto editoriale senza precedenti in Italia. Fu voluto fortemente dal duca Carlo Emanuele II, nella metà del Seicento, e portato a compimento dalla duchessa reggente Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours. Ci vollero vent’anni per completare l’opera, che fu stampata ad Amsterdam nel 1682 dalla tipografia Blaeu, la più famosa dell’epoca.

 Il Duca Carlo Emanuele II concepisce il piano editoriale del Theatrum Statuum Regiae Celsitudinis Sabaudiae Ducis Pedemontii Principis Cypri Regis con il preciso intento di presentare le città e i territori sabaudi alle altre Corti europee. L’obiettivo politico dell’opera era dimostrare all’Europa che il territorio sabaudo costituiva un vero e proprio stato, meritevole di diventare Regno.  Si tratta di una vera e propria guida architettonica e artistica in due volumi, impreziosita da 145 incisioni e illustrazioni.  All’interno dei due volumi trovano spazio i principali territori del Ducato: la Savoia, Torino e il Piemonte, il Nizzardo e la Valle d’Aosta. Sono rappresentati con vedute, carte geografiche, ritratti, edifici civili e religiosi, ville e castelli, piazze e strutture di difesa dello Stato.

11 SALA 12

(pannello A1) I Savoia: l’architettura LA COSTRUZIONE DI UN CAPOLAVORO La storia architettonica della Venaria è il risultato di una serie di progetti grandiosi e complessi, che solo in parte videro la luce. Il primo cantiere si apre nella metà del Seicento, l’ultimo si chiude alla fine del Settecento. Cinque architetti, i migliori talenti al servizio dei Savoia, si alterneranno alla conduzione di lavori, ricostruzioni e revisioni, fino a raggiungere l’imponenza attuale: Amedeo di Castellamonte, Michelangelo Garove e Filippo Juvarra, e infine Benedetto Alfieri e Giuseppe Battista Piacenza, con Carlo Randoni.

(Pannello A2) I Savoia: l’architettura VENARIA REALE. UNA RESIDENZA DI CACCIA PER IL SEICENTO Il primo progetto, promosso dal Duca Carlo Emanuele II e realizzato da Amedeo di Castellamonte a partire dal 1659, si sviluppa su un asse rettilineo in direzione delle Alpi: su questo vennero disegnati la piazza centrale e quella dell’esedra, il lungo viale principale dei giardini e il corpo centrale (detto “Reggia di Diana”). L’incanto perfetto di questi giardini durò poco più di vent’anni: nel corso del Settecento, gran parte di ciò che era stato edificato (comprese la “Fontana di Ercole” e il “Tempio di Diana”) venne demolito per dare corso a nuovi progetti monumentali, il sogno di altri sovrani e altri architetti.

 Il complesso fu edificato per offrire la cornice aulica alle imponenti battute di caccia al cervo. La stessa etimologia del nome Venaria è legata alla voce latina venatio, cioè caccia.  La caccia era momento fondamentale di svago ma anche di educazione alla guerra in tempo di pace, e faceva parte dell’elaborato cerimoniale di feste, spettacoli e intrattenimenti della Corte.  Venaria Reale replicava in Piemonte e in una cornice barocca le ville tardocinquecentesche di Roma e Frascati.  Il parco, ricco di 400 sculture, costituiva nel XVII secolo uno dei più importanti giardini all’italiana della penisola, apprezzato anche da Le Nôtre nel suo viaggio in Italia del 1678.  Il complesso venne celebrato in un volume pubblicato nel 1679 dallo stesso Castellamonte, La Venaria Reale Palazzo di Piacere e di Caccia, le cui incisioni non mostravano solo progetti ma i risultati concreti di un enorme cantiere.

(Pannello B) La Fontana d’Ercole La Fontana d’Ercole, realizzata a partire dal 1670, consentiva il passaggio dal Parco alto a quello basso grazie alle grandi scalinate a collo d’oca. Affreschi, statue, busti, bassorilievi mettevano in scena temi legati all’acqua e a Ercole. Le sculture, per la maggior parte opera di Bernardo Falconi (1630 ca.–1697 ca.) e della sua bottega, sono andate distrutte o disperse nei giardini di ville piemontesi dopo la demolizione della fontana, nel 1751. Le più importanti si trovano oggi presso il castello di Govone (CN).

Il Tempio di Diana Il Tempio di Diana, realizzato a partire dal 1673, costituiva il termine del lungo viale principale dei giardini. Venne demolito in due riprese, tra il 1700 e il 1719, in quanto — come la Fontana d’Ercole — ostacolo alla vista lungo la prospettiva dei nuovi giardini alla francese, ottenuta prolungando il precedente viale per un’estensione totale di quasi tre chilometri.

12 DIDASCALIA DEL PLASTICO I Savoia: l’architettura VENARIA REALE. UNA RESIDENZA DI CACCIA PER IL SEICENTO

Il primo progetto, promosso dal Duca Carlo Emanuele II e realizzato da Amedeo di Castellamonte a partire dal 1659, si sviluppa su un asse rettilineo che taglia borgo e palazzo in direzione delle Alpi: su questo vennero disegnati la piazza centrale e quella dell’esedra, il lungo viale principale dei giardini e il corpo centrale (detto “Reggia di Diana”). L’incanto perfetto di questo luogo durò poco più di vent’anni: nel corso del Settecento, gran parte di ciò che era stato edificato (comprese la “Fontana di Ercole” e il “Tempio di Diana”) venne demolito per dare corso a nuovi progetti momumentali, il sogno di altri sovrani e altri architetti.

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SALA 13

(Pannello 1)

I Savoia: l’architettura IL PALAZZO DEI RE. LA VENARIA DEL SETTECENTO

Il grandioso progetto di rinnovamento della Venaria e dei suoi Giardini, previsto da Michelangelo Garove su modelli francesi, a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo, è qui rappresentato per intero. Ma il “sogno” di Garove non venne mai completato. La fase successiva, nel Settecento, si sviluppò con gli interventi architettonici di Filippo Juvarra e poi di Benedetto Alfieri, che resero la Reggia una delle opere più significative del barocco europeo, estendendola alla straordinaria superficie di 45.000 metri quadrati. Nel 1788, infine, gli architetti Piacenza e Randoni realizzarono il nuovo scalone, ultimo architettonico presso la residenza.

(Pannello 2)

Michelangelo Garove Un palazzo alla francese: 1700-1713

Gli ambiziosi progetti politico-dinastici di Vittorio Amedeo II si riflettono in nuove esigenze funzionali e “di immagine”, a cui la Reggia di Diana seicentesca non fornisce risposte adeguate. Queste esigenze trovano invece espressione nel grande progetto di Michelangelo Garove, che scardina l’impianto seicentesco del palazzo pur mantenendo l’asse principale del complesso come riferimento. Si colloca qui il salto di scala di Venaria Reale, con una nuova concezione (uno château alla francese, con giardini alla francese) che condizionerà ogni intervento successivo.

 In quegli anni è modello indiscusso il palazzo di Versailles con i suoi giardini, espressione del Potere assoluto non solo come architettura, ma anche come disegno del territorio e creazione di un nuovo paesaggio.  I disegni del nuovo palazzo, che prevedono scuderie per 200 cavalli e 50 cani, padiglioni e gallerie, finestre e tetti alla francese — una espressa richiesta del Duca — sono rivisti nel 1702 a Parigi dagli architetti del Re Sole Jules Hardouin Mansart e Robert de Cotte.  In parallelo si trasformano i giardini, secondo il nuovo gusto rispecchiato nelle grandi realizzazioni di André Le Nôtre in Francia: tutte le strutture del giardino seicentesco sono distrutte, per fare spazio a una concezione in cui domina la natura, sia pure rigidamente regolata in forme architettoniche.  Elemento monumentale del nuovo giardino è il viale in asse al palazzo, portato a una lunghezza di quasi tre chilometri oltrepasando il torrente Ceronda.  Boschetti, portici e teatri di verzura, parterres de broderie (ovvero “a ricamo”, con decori in siepi di bosso) sono realizzati secondo un progetto definito a Parigi e messo in opera da Henri Duparc, Intendente ai Giardini, anche sulla base di disegni di Antoine de Marne, un collaboratore di André Le Nôtre attivo a Torino.

14 Filippo Juvarra La luce del potere: 1714-1730

Nel 1714 Vittorio Amedeo II volta le spalle alla Francia e si rivolge a Filippo Juvarra. Il celebre architetto mette mano al cantiere interrotto, ne completa alcune parti (il padiglione sud-est), ne trasforma altre (la galleria); altre ancora vengono trascurate (il corpo centrale e l’ala nord, mai più costruita); altre, infine, vengono concepite ex novo, ricercando una particolare monumentalità anche negli edifici di servizio (le scuderie e la citroniera).

 L’impianto juvarriano si estende nel territorio grazie alla prosecuzione dei viali del parco nella campagna ed è caratterizzato da capolavori quali la Cappella di Sant’Uberto e il complesso di Grande Scuderia e Citroniera, posto a fondale del più importante viale dei giardini.  La Galleria Grande garoviana, nella nuova visione di Juvarra, diviene un teatro di luce: l’ampio ambiente viene riprogettato come lo spazio più importante del palazzo.  Nel giardino, sempre su progetto juvarriano, si realizza il Gran Parterre ed il Padiglione del Labirinto.

(Pannello 3)

Benedetto Alfieri Una reggia raffinata e abitabile: 1739-1767

Nel 1739 Carlo Emanuele III incarica Benedetto Alfieri di dare unità al complesso con un sistema di gallerie di comunicazione e ambienti di servizio. Nascono in questa fase la manica e la torre di raccordo tra la Cappella di Sant’Uberto e i corpi garoviani, la manica di collegamento alla Citroniera, le nuove scuderie e il maneggio coperto, rimasti scollegati nel progetto juvarriano.

 Il progetto dell’Alfieri prevede un enorme complesso equestre, formato dal blocco per le rimesse delle carrozze, dal maneggio e da quattro nuove scuderie (di cui solo due costruite).  Emblema della fase alfieriana è la manica che collega – attraverso la Galleria Piccola – il padiglione garoviano alla Cappella di Sant’Uberto.  Al vertice della manica, il Torrione del Belvedere segna con un rondò al piano terreno lo snodo del percorso interno del palazzo, dal quale è possibile ammirare tutta l’infinita sequela di sale e stanze della Reggia, con un incredibile veduta a “cannocchiale”.

Giuseppe Battista Piacenza e Carlo Randoni Il Neoclassicismo al tempo della Rivoluzione: 1788-1789

Nell’ultimo quarto del XVIII secolo, viene allestito l’appartamento nuziale dei duchi d’Aosta, Vittorio Emanuele di Savoia e Maria Teresa d’Asburgo-Este. L’appartamento, primo grande intervento in senso neoclassico nel palazzo, viene realizzato al primo piano, imponendo quindi la creazione di uno scalone di rappresentanza addossato alle anticamere poste fra la Reggia di Diana e il padiglione garoviano. Il tutto è progettato dagli architetti Piacenza e Randoni. È un epilogo: dopo dieci anni, nel 1798, le truppe francesi giungono in Piemonte.

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NB > DIDASCALIA DEL PLASTICO I Savoia: l’architettura UN PALAZZO ALLA FRANCESE Il grandioso progetto di rinnovamento della Venaria e dei suoi Giardini, previsto da Michelangelo Garove su modelli francesi, a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo, è qui rappresentato per intero. Garove, chiamato nel 1699 da Vittorio Amedeo II per dare un volto regale al complesso, progettò di trasformare la Reggia di Diana del Castellamonte nel corpo centrale di un nuovo grande palazzo costituito da quattro padiglioni e due gallerie. Ma il “sogno” di Garove venne completato solo in parte (il lato di levante) perché i lavori furono fermati dalla morte dell’architetto e da nuove e diverse esigenze di Vittorio Amedeo II.

16 SALA 14

(Pannello 1)

LA MAGNIFICENZA DI UNA CORTE EUROPEA Nata come residenza di caccia e dimora per la villeggiatura della corte, Venaria Reale fu abitata più o meno continuativamente da quattro generazioni di Savoia. Considerata come la residenza di corte più imponente del Piemonte, nell’arco di un secolo e mezzo fu ampliata da alcuni dei più celebri architetti dell’epoca.

La magnificenza di una corte europea IL PIANO NOBILE: IL CUORE DELLA VENARIA REALE Il Piano Nobile ci introduce negli appartamenti e nelle sale di rappresentanza della Reggia offrendo la possibilità di cogliere nello stesso edificio due età storiche vicine, ma fortemente distinte, due volti diversi del potere, due cerimoniali che si riflettono in due architetture di gusto differente.

 In questa sala, a compimento del racconto iniziato al piano interrato, è rappresentata la Venaria attuale. Un video ne ripercorre le fasi costruttive.  Nella sala successiva veniamo accolti dai sovrani che hanno sognato e realizzato la Reggia, come introduzione alle magnificenze di cui si compone il percorso di visita.  La Venaria del Seicento rispondeva alle esigenze di una residenza di caccia per i Duchi di Savoia. Una volta visitata la Sala di Diana ed entrati nella Sala dei Valletti si passa, invece, al grande Palazzo in grado di ospitare i cerimoniali ed esibire la gloria della Corte del Re di Sicilia e poi di Sardegna: la Venaria del Settecento.  Diversa è quindi la magnificenza: l’impianto seicentesco, con il quale ha inizio questo percorso, è fortemente incentrato sulla meraviglia della fusione delle arti (architettura, pittura, poesia), che celebra Carlo Emanuele II e Maria Giovanna Battista identificandoli come l’Apollo e Diana dei miti classici.  Il palazzo settecentesco, invece, con le prospettive all’infinito e le architetture come teatro di luce, diviene esibizione tangibile delle aspirazioni regali e dei successi di Vittorio Amedeo II e di suo figlio Carlo Emanuele III.  Una chiave di lettura semplice per distinguere il Palazzo dei duchi dalla Reggia è nella vista esterna. Dal Giardino a Fiori, di fronte alla Sala di Diana, è infatti possibile ammirare la facciata: l’intonaco bianco risale alla metà del Seicento mentre il mattone a vista rosso è d’epoca settecentesca.

(Sala 14 - PLASTICO)

17 PRIMA DEL CORRIDOIO

(NUOVO pannello la cui posizione è da definire, prima del corridoio)

Emanuele Tesauro. Il poeta della Reggia di Venaria

Lungo il corridoio che conduce alla Sala di Diana si possono ammirare una serie di motti che illustrano il pensiero del Tesauro. Furono detttati dall’autore per il programma iconografico della Reggia.

 Autore del celebre Il Cannocchiale Aristotelico, Emanuele Tesauro (Torino 1592 – 1675) fu un’importante figura culturale dell’Europa barocca. Scrisse tragedie e trattati morali e, ai suoi tempi, era considerato il primo letterato d’Europa.  Alla corte sabauda fu il retore di Carlo Emanuele II e fece da precettore ai principi di Carignano e a Vittorio Amedeo II.  Ebbe anche il compito di rilanciare l’immagine dei Savoia in Europa, curando, tra l’altro, la disposizione di dipinti e decorazioni del Palazzo Civico di Torino, dei castelli di Rivoli e di Racconigi.

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Piano nobile

Si indicano SOLO i pannelli delle sale modificate

Sala 15 : CAMERA DI UDIENZA DEL DUCA DEL CHIABLESE In questa sala siete accolti dai sovrani che hanno voluto e realizzato la Reggia di Venaria. Il doppio ritratto equestre, attribuito al pittore francese Charles Dauphin, celebra il duca Carlo Emanuele II, fondatore di Venaria Reale, con il figlio Vittorio Amedeo (II), che nel 1713 diventerà il primo re della dinastia sabauda. Negli altri grandi dipinti, opera della celebre ritrattista di corte La Clementina, sono raffigurati sempre a cavallo Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III, entrambi con armatura, collare dell’Annunziata e bastone del comando. Questa camera e la precedente, realizzate nel primo decennio del Settecento, costituivano nella seconda metà del secolo l’appartamento del duca del Chiablese Benedetto Maurizio, figlio di Carlo Emanuele III ed Elisabetta di Lorena.

Decorazione della sala: Maestranza luganese stucchi del cornicione, delle porte e angolari, inizio sec. XVIII

Opere presenti nella sala:

Charles Dauphin (1625-28 ca - 1678) Ritratto equestre di Carlo Emanuele II duca di Savoia con il figlio Vittorio Amedeo (II) principe di Piemonte, 1675 ca, olio su tela Racconigi (CN), Castello

Giovanna Maria Battista Clementi detta la Clementina (1690 - 1761) Ritratto equestre di Vittorio Amedeo II, 1728 circa olio su tela Biella – Centro Studi Generazioni e Luoghi Archivio Alberti La Marmora

L'opera è stata concessa in prestito in occasione del progetto “Percorsi sabaudi tra la Reggia della Venaria e Palazzo La Marmora”

Giovanna Maria Battista Clementi detta la Clementina (1690 - 1761) Ritratto equestre di Carlo Emanuele III, quarto decennio del sec. XVIII olio su tela Regione Piemonte, in affidamento

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Sala 23 : SALA DEI TEMPLI DI DIANA La sala è decorata da un fregio raffigurante i più famosi templi dedicati a Diana, ripartito in dodici riquadri, incorniciati da figure virili e femminili che tendono drappi come di un sipario. Nelle pareti est e sud è narrata l’origine del Tempio di Efeso, considerato una delle sette meraviglie del mondo. Nella parete nord si conserva solo la scena che raffigura la ninfa Britomarte che, sciolta da Diana dalle reti nelle quali era inciampata, dedica un tempio alla sua Liberatrice. Il mito di Diana, dea delle cacce a cui è intitolata la Reggia, è celebrato anche nelle opere esposte nella sala: i due arazzi seicenteschi di manifattura fiamminga, il dipinto raffigurante Diana con in

19 testa la falce di luna e il cane da caccia al fianco, i busti di marmo raffiguranti Carlo Emanuele II e Maria Giovanna Battista nelle sembianze di Adone/Apollo e Venere/Diana, tra gli esempi più importanti della scultura seicentesca alla corte sabauda. Nel Seicento la sala svolgeva funzioni di parata, mentre nel Settecento era destinata a funzioni secondarie e utilizzata dai Gentiluomini di Bocca e dal Maggiordomo

Decorazione della sala Giacomo e Andrea Casella affreschi del fregio e pitture di sguinci e lambriggio, 1660-1663

Opere presenti nella sala:

Bernardo Falconi (notizie dal 1657 al 1696) Carlo Emanuele II in sembianza di Adone (Apollo) Maria Giovanna Battista in sembianze di Venere (Diana) 1669 Marmo bianco Rivoli (TO), Castello – Museo d’Arte Contemporanea

Pietro Ricchi (1606-1675) (attribuito) Diana cacciatrice, ultimo quarto del sec. XVII Olio su tela Valcasotto, Garessio (CN), Castello di Casotto

Manifattura di Bruxelles Diana a cavallo Apollo con l’arco La caccia di Diana 1660-1680 Arazzo in lana e seta Collezione Intesa Sanpaolo, in comodato

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SALA 24 : SALA DELLE CACCE INFERNALI Bellissimi stucchi incorniciano gli affreschi rappresentanti il dominio di Diana sui mostri infernali. Commento [t1]: Nella scena centrale della volta è raffigurata la dea, seduta su un carro tirato da cervi neri, Commento [t2R1]: accompagnata da due ninfe cacciatrici; intorno quattro riquadri con Proserpina, Orione, Ercole e l’ombra di Achille. Nel fregio, con draghi e mostri tricefali a stucco, le pitture simboleggiano le cacce notturne. Ad evocare i 4.000 quadri che Castellamonte conta nella Reggia, molti dei quali “di mano Pittori di primo grido, antichi, e moderni, e di prezzo inestimabile”, sono qui riuniti i dipinti con le Muse di Antiveduto Grammatica e del figlio Imperiale, vertice della pittura caravaggesca in Piemonte, già in antico presenti in due serie nelle collezioni sabaude: la prima registrata nel 1631 nel Castello di Torino e in seguito nel Palazzo ducale, la seconda attestata nel 1644 nel Castello del Valentino. Era la Camera di ricevimento dell’appartamento destinato nel Seicento alla principessa Ludovica, sorella del duca Carlo Emanuele II e vedova dal 1657 del principe cardinale Maurizio di Savoia. Nel Settecento faceva parte del cosiddetto “Appartamento giallo”, così chiamato per via del colore delle tappezzerie di damasco.

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Decorazione della sala Giovanni Paolo e Giovanni Antonio Recchi affreschi della volta e pitture di sguinci e lambriggio, 1660-1663 frescoes on the ceiling and paintings of wainscot and ceiling corners, 1660-1663 Maestranza luganese stucchi, 1660-1663 stuccoes, 1660-1663

Opere presenti nella sala:

Antiveduto Gramatica (1569-1626) La musa Euterpe La musa Polimnia 1620 ca. Olio su tela Torino, Palazzo Reale (in deposito presso Torino, Palazzo Chiablese)

Antiveduto Gramatica (1569-1626) La musa Urania, 1620 ca. Olio su tela Valcasotto, Garessio (CN), Castello di Casotto

Antiveduto Gramatica (1569-1626) (e Imperiale Gramatica?) La musa Euterpe La musa Polimnia La musa Calliope 1624 ca. Olio su tela/ oil on canvas Torino, Palazzo Reale (in deposito presso Torino, Circolo Ufficiali di Presidio)

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SALA 25 : SALA DELLE FIERE FEROCI Nel soffitto di legno a cassettoni compaiono il giglio di Francia e le iniziali intrecciate CEFV, quelle di Carlo Emanuele e Francesca di Valois, sua prima moglie. Gli affreschi raffigurano bestie feroci rese mansuete dall’ingegno umano; i dieci episodi sono legati da una cornice a finto stucco arricchita da ghirlande di frutti e sorretta da telamoni a monocromo. In questa stanza che era la camera da letto della principessa Ludovica, sorella di Carlo Emanuele II, “sagace e indefessa cacciatrice” (Castellamonte), si celebra la sovranità al femminile: insieme al ritratto del duca sono infatti riuniti quelli della madre Cristina di Francia, la prima madama reale, da giovane e in abito vedovile e delle sue due mogli, Francesca di Valois e Maria Giovanna Battista, la seconda madama reale.

Tra XIX e XX secolo la sala fu compromessa dall’uso che ne fecero i militari, che costruirono un soppalco aprendo due aperture verso la corte.

Decorazione della sala: Giovanni Paolo e Giovanni Antonio Recchi, affreschi del fregio, 1661- 1663; Domenico Adamo, pitture di sguinci e lambriggio, 1671 Decorations of the room: Giovanni Paolo and Giovanni Antonio Recchi, frescoes of the frieze, 1661-1663; Domenico Adamo, painting on ceiling corners and wainscot, 1671 21

Opere presenti nella sala

Pittore piemontese Carlo Emanuele II, metà sec. XVII Olio su tela/ oil on canvas Racconigi (CN), Castello

Pittore piemontese Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, ultimo quarto sec. XVII Olio su tela/ oil on canvas Valcasotto, Garessio (CN), Castello di Casotto

Pittore piemontese Francesca di Valois (?), metà sec. XVII Olio su tela/ oil on canvas Valcasotto, Garessio (CN), Castello di Casotto

Pittore piemontese Cristina di Francia, metà sec. XVII Olio su tela/ oil on canvas Valcasotto, Garessio (CN), Castello di Casotto

Narciso (Filibert Torret) Ritratto di Cristina di Francia in abiti vedovili, 1638-1640 Olio su tela/ oil on canvas Collezione Intesa Sanpaolo,in comodato

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SALA 26 : GABINETTO DI TOELETTA Lo zoccolo e l’interno della finestra, riportati alla luce dai recenti restauri, raffigurano amorini che recano fiori.

Decorazione della sala: Giovanni Battista Muttoni, stucchi della volta, 1671; Domenico Adamo, pitture di lambriggio e sguincio di finestra, 1671

Opere presenti nella sala

Charles Dauphin (1625/28 ca. – 1678) Il carro di Cerere, 1660-1670 ca. Olio su tela Regione Piemonte, in affidamento

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SALA 27 : ANTICAMERA DEI VALLETTI A PIEDI La sala segna il passaggio simbolico dal palazzo seicentesco ai nuovi ambienti di inizio Settecento. Questa camera, con telamoni angolari, celebra la gloria della dinastia dopo la battaglia di Torino del 1706, in seguito alla quale i Savoia assunsero il titolo regio. I trofei militari e le iniziali intrecciate

22 con sopra la corona ne sottolineano il ruolo di anticamera dell’appartamento reale destinato a Vittorio Amedeo II, il quale affidò a Michelangelo Garove il compito di trasformare secondo i canoni dell’architettura francese la raffinata ma piccola Reggia di Diana, inadeguata a soddisfare le nuove esigenze cerimoniali della corte. La sala, usata anche per i balli e il gioco del biliardo, era destinata ai valletti a piedi.

Decorazione della sala: Carlo Tantardini e maestranze luganesi, stucchi del cornicione, della volta e delle pareti, primo- terzo decennio del sec. XVIII

Opere presenti nella sala

Manifattura di Murano Lampadario, sec. XIX Cristallo, legno Torino, Palazzo Madama – Museo Civico d'Arte Antica, in comodato

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SALA 31 CAMERA DI UDIENZA DELLA REGINA E’ la sala più luminosa del padiglione garoviano, con una magnifica vista sui giardini. Alle pareti il bellissimo ritratto di Vittorio Amedeo II in maestà, con manto regale, collare dell’Annunziata, scettro e corona, dipinto nel 1728 dal celebre pittore svedese Martin van Meytens e quello di Polissena d’Assia, seconda moglie di Carlo Emanuele III, con il futuro sovrano Vittorio Amedeo III: è un capolavoro della Clementina, la più grande pittrice attiva alla corte sabauda. Il prezioso salotto piemontese del Settecento e l’arpa evocano l’uso della sala per il Circolo della Regina e per l’intrattenimento. Detta anche “camera di cantone”, nel 1711 era arredata da una tappezzeria in damasco cremisi a fiori verdi, dodici sgabelli, due consoles, un grande orologio e sovrapporte dipinte.

Decorazione della sala: Équipe di Pietro Somasso, stucchi del cornicione e della volta, 1703-1704

Opere presenti nella sala:

Martin Van Meytens il giovane (1695-1770) Vittorio Amedeo II, 1728 Olio su tela Regione Piemonte

Giovanna Maria Battista Clementi detta la Clementina (1690-1761) Polissena d'Assia Rheinfels con i figli Vittorio Amedeo ed Eleonora Maria Teresa, 1728 ca. Olio su tela Nichelino (TO), Palazzina di Caccia di Stupinigi – Fondazione Ordine Mauriziano

Intagliatore piemontese Divano e quattro poltrone, prima metà sec. XVIII Legno, tessuto Collezione Benappi - La Bottega di San Luca Pietro Piffetti (1701-1777) (attribuito) Tavolino per il gioco del Labirinto, 1750 ca. Legno di noce, violetto, avorio, madreperla Regione Piemonte, in affidamento

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Scultore genovese? Console con allegorie delle Quattro parti del mondo, secondo quarto sec. XVIII Legno, alabastro, bronzo Torino, Collezione della Compagnia di San Paolo, in comodato

Intagliatore piemontese Specchiera, metà sec. XVIII Legno, specchio Collezione privata

Anatolia occidentale Tappeto Ushak, seconda metà sec. XVII Lana Collezione privata

Jean Henri Naderman, Parigi Arpa a pedali a movimento semplice, 1785 ca. Legno di tiglio e abete, avorio Piasco (CN), Museo dell'Arpa Victor Salvi

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SALA 32 : CAMERA DA LETTO DELLA REGINA E PREGADIO L’appartamento reale, allestito prima per Vittorio Amedeo II e poi per Carlo Emanuele III, comprendeva oltre alle auliche sale di rappresentanza le stanze private del re e della regina: ognuno dei due aveva a disposizione una camera da letto, con annesso pregadio e guardaroba e un gabinetto di toeletta. L’esposizione favorevole verso sud e l’affaccio sul giardino sono indice di una ricerca del piacere dell’abitare. Nella stanza, ornata da uno dei più bei soffitti a stucco della Reggia, l’inventario del 1711 descrive un letto rivestito di broccato d’oro a fiori con due tendine di velluto cremesi. Nel 1741 vi morì la regina Elisabetta di Lorena, moglie di Carlo Emanuele III, dando alla luce Benedetto Maurizio duca del Chiablese.

Decorazione della sala: Équipe di Pietro Somasso, stucchi della volta, 1708

Opere presenti nella sala:

Pittore piemontese Polissena d'Assia Rheinfels, 1725 ca. olio su tela Racconigi (CN), Castello

Ignazio Nepote Alessandro Magno rende omaggio a Rossana, 1737 ca. olio su tela Torino, Palazzo Madama – Museo Civico d'Arte Antica, in comodato

Bottega piemontese Due di quattro sedie a bracciolo, metà sec. XVIII Legno, tessuto con filato metallico e inserti a piccolo punto

24 Torino, Collezione della Compagnia di San Paolo, in comodato

Intagliatore piemontese Specchiera, secondo quarto sec. XVIII Legno, specchio Collezione privata

Camino, sec. XIX Marmo Alba (CN), Collezione Toppino

Giovanni Battista Crespi detto il Cerano Madonna di San Celso Terracotta Regione Piemonte, in affidamento

PANNELLO : Cerimoniale di corte (1731-1732) Attraverso il Cerimoniale di Corte, l’insieme delle regole che scandivano i momenti della giornata a corte, è possibile ripercorrere in ogni dettaglio il rituale del Lever dei sovrani. Qui avveniva il risveglio della regina: la Prima Dama d’Onore apriva le cortine del letto, le porgeva la veste da camera e le offriva brodo, cioccolato o altro, secondo i suoi desideri. Il Lever proseguiva poi con la Dama d’Atour che le metteva le calze e una cameriera che le metteva le scarpe.

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SALA 33 : GABINETTO DI TOELETTA DELLA REGINA Nelle volte di questo gabinetto e del successivo, ricavate da un ambiente più grande, l’impresa di Pietro Somasso dispiega un vasto repertorio di motivi decorativi leggeri e scherzosi, con accenni ai temi dell’amore e cartocci e conchiglie di raffinata esecuzione. Dopo i lavori del 1703, un repentino cambiamento di gusto rese necessario un riallestimento decorativo degli stessi ambienti. Il cedimento di parte della seconda volta realizzata nel 1708, dai raffinati motivi arcadici, rende ora possibile la visione di quella sottostante precedente di pochi anni.

Decorazione della sala: Équipe di Pietro Somasso, stucchi della volta, 1703 e 1708

Opere presenti nella sala:

Pittore piemontese Anna Maria d'Orléans regina di Sardegna, primo quarto sec. XVIII Olio su tela Racconigi (CN), Castello

Michele Antonio Rapous (1733-1819) Natura morta con ghirlande di fiori e frutta Natura morta con ghirlanda di fiori intorno a un’urna seconda metà sec. XVIII Olio su tela/ oil on canvas Regione Piemonte, in affidamento

Michele Antonio Rapous (bottega) (1733-1819)

25 Natura morta di fiori in un giardino con colonne sullo sfondo Natura morta con vaso di fiori in un giardino seconda metà del sec. XVIII Olio su rame Collezione Intesa Sanpaolo, in comodato

Pietro Piffetti (1701-1777) (attribuito) Cassettone a ribalta con scansia, secondo quarto del sec. XVIII Legno di noce e altri legni, avorio Nichelino (TO), Palazzina di Caccia di Stupinigi – Fondazione Ordine Mauriziano

Bottega piemontese Due di quattro sedie a bracciolo, metà sec. XVIII Legno, tessuto con filato metallico e inserti a piccolo punto Torino, Collezione della Compagnia di San Paolo, in comodato/in free loan

Andrea Boucheron (Torino 1701-1761) Paiola con vassoio (tazza da puerpera), 1750-1760 Argento dorato (vermeil)

Argentiere piemontese Caffettiera, 1770 ca. Zuccheriera con coperchio, 1760 ca. Zuccheriera con coperchio, 1760 ca. Zuccheriera con coperchio, 1760 ca Coppia di candelieri, 1770 Coppia di candelieri, 1770 Gabriel Marcello Giuliano (notizie dal 1760 al 1793), Coppia di saliere, 1785 ca. Argento Regione Piemonte, in affidamento

PANNELLO : Cerimoniale di corte (1731-1732) Una volta uscita dal letto la regina si recava nel gabinetto di toeletta, più piccolo e più facile da riscaldare: qui avveniva la vestizione. Le dame di corte, ognuna con propri ruoli e prerogative, si avvicendavano intorno alla figura della regina, cadenzando gesti e azioni che quotidianamente si ripetevano identici. La Prima Dama riceve dall’aiutante di camera gli strumenti per lavare i denti e le mani, e li porge alla regina; la Dama d’Atour, colei che custodisce i gioielli e il guardaroba della sovrana, le mette la mantellina sulle spalle, la pettina e poi le fa indossare la collana di perle; la Prima Dama d’Onore le porge la camicia; infine la Dama d’Atour le porge la gonna, la cintura e la cuffia.

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26 SALA 34 : GABINETTO DI TOELETTA DEL RE

L’inventario del 1711 documenta nella camere dell’appartamento privato tappezzerie in damasco verde, sovrapporte, camini, poltrone, sgabelli, orologi e vari arredi, oggi evocati dai preziosi mobili intarsiati di Luigi Prinotto e di Pietro Piffetti, esempi straordinari dell’ebanisteria piemontese. Il gabinetto di toeletta era dedicato alla vestizione e al trucco, a cui alludono la cassetta da toeletta con la raffigurazione di amorini intenti a fabbricare le frecce nella fucina di Vulcano e la specchiera di Piffetti.

Decorazione della sala: Équipe di Pietro Somasso, stucchi della volta, 1703 e 1708 Opere presenti nella sala:

Pittore piemontese Allegoria di Carlo Emanuele III, metà sec. XVIII Olio su tela Torino, Palazzo Madama – Museo Civico d'Arte Antica, in comodato

Pittore piemontese Allegoria delle virtù sabaude, secondo quarto del sec. XVIII Olio su tela Rivoli (TO), Municipio (dal Castello – Museo d’Arte Contemporanea)

Luigi Prinotto (attivo dal 1712 al 1780 ca.) su disegno di Pietro Domenico Olivero? (1679-1755) Scrivania "mazzarina", 1730-1740 ca. Legno di pioppo, ebano, noce d’India, palissandro, avorio Regione Piemonte, in affidamento

Bottega torinese Serie di due poltrone, primo quarto sec. XVIII Legno di noce, tessuto a piccolo e grande punto Torino, Collezione della Compagnia di San Paolo, in comodato

Pietro Piffetti (1701-1777), Cassetta da toeletta, 1738 Legno violetto, bosso, avorio, ottone Regione Piemonte

Pietro Piffetti (1701-1777), Specchiera, 1735-1740 Legno violetto, bosso, avorio, ottone Torino, Palazzo Madama – Museo Civico d'Arte Antica, in comodato

PANNELLO : Cerimoniale di corte (1731-1732) Il re, uscito dal letto, si portava subito in questo piccolo ambiente, dove trovava il camino già acceso. La vestizione avveniva con un rituale riservato: solo il Gran Ciambellano poteva rapportarsi direttamente con il sovrano, porgendogli indumenti e accessori. Il Garzone di Camera assaggia l’acqua e poi porge il bacile per il lavaggio delle mani, la caraffa e la salvietta all’Aiutante di Camera; l’Aiutante di Camera passa la caraffa e la salvietta al Gentiluomo di Camera , che versa l’acqua; il re si lava le mani mentre il Primo Paggio gli tiene le maniche della camicia e il Gentiluomo di Camera gli porge al re la salvietta per asciugarsi. L’Aiutante di Camera porge la camicia al Gran Ciambellano che la porge al re con il vestito e il cinturone; un paggio presenta su un vassoio d’argento il collare dell’Annunziata; il Gran Ciambellano porge il collare al re; il Baigneur, esperto in tutti i segreti della toilette, mette al re la parrucca

27 SALA 38 : CAMERA DA LETTO DEL RE La camera si apre sul Gran Parterre: il tema del giardino è ripreso nel soffitto a stucchi che simula un treillage con rampicanti, fiori e volatili. Era un tempo affiancata da un pregadio: un piccolo ambiente per le devozioni quotidiane ora non visitabile. Il gusto raffinato e la magnificenza della corte sabauda durante i regni di Vittorio Amedeo II e di Carlo Emanuele III raggiunsero un livello d’eccellenza nei mestieri preziosi grazie al lavoro degli artisti piemontesi.

Decorazione della sala: Équipe di Pietro Somasso, stucchi della volta, 1708

Opere presenti nella sala:

Intagliatore e pittore piemontesi Specchiera con ritratto di Carlo Emanuele III, quarto decennio del sec. XVIII Legno, specchio; olio su tela Torino, Collezione Ometto

Intagliatore piemontese Console, secondo quarto sec. XVIII Legno, marmo Racconigi (CN), Castello

Robert - Parigi Orologio da muro, 1740 ca. Legno, tartaruga, ottone Torino, Palazzo Madama – Museo Civico d'Arte Antica, in comodato

Intagliatore piemontese Serie di quattro ventole, secondo quarto sec. XVIII Legno, specchio Diano d’Alba, Giordano Art Collections e Collezione privata

Intagliatore piemontese Poltrona, prima metà del sec. XVIII Legno, tessuto Diano d’Alba, Collezione Giordano

Intagliatore piemontese, Coppia di sgabelli, 1740-1750 ca Legno, tessuto Collezione privata

Pannello: Cerimoniale di corte (1731-1732) La camera da letto maschile dell’appartamento probabilmente non venne mai usata come tale da Vittorio Amedeo II che, in base all’inventario del 1711, contrariamente alle regole vigenti, sembrava condividere la Stanza per Dormire con la moglie Anna d’Orleans. A sua volta anni dopo Carlo Emanuele III, a causa dello stato vedovile dal 1741, elesse a sua camera da letto quella della regina defunta Elisabetta di Lorena, portando ad un totale cambiamento della destinazione di questo ambiente, utilizzato quindi per le piccole udienze a carattere privato.

28 SALA 42 : CAMERA DI PARATA DELLA DUCHESSA La camera di parata della duchessa costituiva l’ultima sala essenzialmente pubblica dell’appartamento dei duchi di Savoia e comunicava con la gemella camera di parata del duca. Della decorazione originaria si conserva la decorazione a stucco della cornice al di sotto della volta.

Decorazione della sala: Recattino, Bellotto, Sala, stucchi del cornicione, 1720-1721

Opere presenti nella sala:

Manifattura torinese Bandiera d’ordinanza attribuita alla Legione degli Accampamenti, 1791 Bandiera d’ordinanza del Reggimento di Casale, fine del sec. XVIII Seta Regione Piemonte, in affidamento

Manifattura torinese Bandiera colonnella del Reggimento di Fanteria Piemonte 1775 Seta Torino, Museo Storico Nazionale d’Artiglieria

VETRINA TABACCHIERE E OROLOGI

La collezione di tabacchiere e orologi di Giorgio Accornero Nelle due vetrine è esposta la collezione di tabacchiere e orologi antichi raccolta nell’arco di vent’anni di acquisti sul mercato antiquario europeo da Giorgio Accornero, che già in vita aveva pensato, insieme alla moglie Kica, di lasciare come donazione. Gli eredi hanno generosamente scelto nel 2011 il Consorzio di Valorizzazione Culturale “La Venaria Reale” come beneficiario di tale donazione. La collezione di tabacchiere e scatole consta di 24 pezzi, quasi tutti databili dal pieno al tardo XVIII secolo, metà di fabbricazione francese e metà tedesca. La raccolta documenta la varietà della produzione europea delle tabacchiere, di gran moda nel Settecento e collezionate sia dai privati, ad esempio la contessa di Verrua, amante di Vittorio Amedeo II, sia dai sovrani, come Filippo d’Orléans e Federico il Grande di Prussia. L’uso di farne oggetto di doni reali è documentato anche presso la corte sabauda: Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III regalarono infatti una tabacchiera d’oro rispettivamente ai pittori Francesco Solimena e Francesco De Mura. La collezione di orologi da tasca è composta da 26 esemplari per lo più inglesi e francesi del pieno Settecento: quelli più importanti hanno la chậtelaine e la cassa doppia o tripla. Ciò che accomuna la maggior parte delle tabacchiere e degli orologi della raccolta è la decorazione dipinta a smalti, realizzata presso le medesime botteghe di smaltatori.

Didascalie Tabacchiere

1) Germania, Daniel Baudesson di Berlino?, Tabacchiera in oro e madreperla, 1760 ca. 2) Francia, Tabacchiera con scena galante in oro e smalti, metà del sec. XVIII 3) Francia, Tabacchiera in oro, lapislazzuli, miniatura, ultimo quarto del sec. XVIII 4) Germania ?, Tabacchiera in oro e madreperla, 1730 ca. 5) Parigi, Tabacchiera raffigurante l’imperatore Giuseppe I in oro, smalto, miniatura, 1775 ca 6) Hanau, Tabacchiera in oro, brillanti e miniature, ultimo quarto del sec. XVIII 7) Germania, Tabacchiera con scene di barche in oro e smalti, 1780-1785

29 8) Francia, Tabacchiera raffigurante Cornelia madre dei Gracchi in oro, smalti, perle, miniatura, sec. XVIII

9) Francia, Tabacchiera con dama che balla in oro e smalti, sec. XVIII 10) Hanau, Tabacchiera con scene di putti in oro, 1765 ca 11) Germania, Bomboniera a forma di scarpetta in ametista, oro, pietre con astuccio in pelle, fine sec. XVIII 12) Martial Bernard, Parigi, Tabacchiera raffigurante Luigi Filippo d’Orleans con moglie e figlio in oro, smalto, miniatura, 1819-1838 13) Germania, Portacipria con dama che suona la lira in oro e miniatura, 1795 ca 14) Parigi, Astuccio portaceralacca con sigillo in oro, 1768 15) Léger-Fortuné-Alexandre Ricart, Parigi, Tabacchiera in oro e lapislazzuli, primo quarto del sec. XVIII 16) Germania, Tabacchiera in quarzo, ametista, oro, fine del sec. XVIII 17) Hanau, Tabacchiera con scena di pescatori in smalto, 1780 ca 18) Hanau, Porta aghi in oro e smalto, fine del sec. XVIII 19) Pierre-André Montauban; Joseph-Marie Bouton (miniatura), Parigi, Tabacchiera con ritratto maschile in tartaruga e miniatura, 1809-1819 20) Henri Clavel, Parigi, Souvenir con ritratto di donna in oro, smalti, miniatura, ultimo quarto del sec. XVIII 21) Ginevra, Tabacchiera in oro, 1795 ca 22) Germania, Tabacchiera con soggetto cinese in oro e madreperla, sec. XVIII 23) Inghilterra, Tabacchiera raffigurante Atena in oro e tartaruga, 1820 ca 24) Gabriel Gallois ?, Francia, Tabacchiera raffigurante Luigi XIV (da H. Rigaud) in oro, smalti, pietre dure, miniatura, secondo quarto del sec. XVIII

Didascalie Orologi

1) Francis Gregg, Londra, Orologio da tasca con chatelaine in oro, 1740 ca 2) Hugh Gordon, Madras – Londra, Orologio da tasca con chatelaine in oro, smalti, perle, inizio sel sec. XIX 3) Le Febvre, Francia, Orologio da tasca con chatelaine in oro, 1765 ca 4) Ginevra, Orologio da tasca da donna in oro, smalto e diamanti, 1790-1810 5) Julien Le Roy , Parigi, Orologio da tasca in oro,1740 6) William Gib, Rotterdam; Daniel Cochin, Svizzera, Orologio da tasca in oro e pelle di squalo, 1740-1750 ca 7) John Curtis, Londra, Orologio da tasca in oro, pelle di squalo, bronzo, 1750-1760 8) John Ewer, Londra, Orologio da tasca con chatelaine in oro, 1711 9) Joseph Repoux, Parigi, Orologio da tasca in oro, 1780 ca 10) Henry Sanderson, Londra, Orologio da tasca in oro, 1780 ca 11) Breguet, Parigi, Orologio da tasca in oro, smalti, brillantini, 1780 ca 12) Breguet, Parigi, Orologio da tasca in oro e smalti, 1780-1790 13) Francia, Orologio da tasca in oro e smalto, 1790-1800 14) Jean Antoine Lepine, Parigi, Orologio da tasca con chatelaine in oro, smalto, perle, 1800 ca 15) Duchene, Orologio da tasca con chatelaine in oro, smalti e perline 16) Peretti, Torino, Orologio da tasca in oroe smalti 17) Orologio da tasca in oro e perle 18) Gaudin, Parigi, Orologio da tasca in oro 19) Bartholomy, Parigi, Orologio da tasca in oro 20) Orologio da tasca in oro e perle 21) Charles Francois Bouvier, Orologio da tasca in oro, smalti e perle, 1760 ca.

30 22) Orologio da tasca in oro

23) Orologio raffigurante mandolino in oro e smalti 24) J. Wilson, Londra, Orologio da tasca, inizio del sec. XIX 25) Orologio da polso 26) Orologio rappresentante scarabeo, sec. XX

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