Dal Rinascimento al Barocco

Veduta di Chieri, dal Theatrum Statuum Sabaudiae Ducis – Incisione anonima su disegno di Giovanni Tommaso Borgonio (1666). L’opera fu stampata ad Amsterdam nel 1682 – Collez. privata

Nella seconda metà del secolo XVII Chieri conosce una sorprendente vitalità artistica sostenuta dalla Corte sabauda (le chiese e i conventi della Pace e di Sant’Antonio, la chiesa dell’Annunziata) e in misura minore dagli Ordini religiosi (le chiese di Santa Margherita e di San Filippo, il convento di Santa Chiara) o dalle Confraternite San( Bernardino).

Importanti lavori di rifacimento avvengono per molte cappelle della Collegiata e nelle chiese deiFrancescani e dei Domenicani.

La maggior parte delle famiglie aristocratiche si limita ad aggiornare le proprie case, trasformandone in chiave barocca le facciate, gli ingressi, gli scaloni. Poche sono quelle che costruiscono nuovi palazzi (palazzi Robbio e Robbio di San Raffaele).

1. Gli architetti, le chiese e i conventi nel Seicento

Testi tratti da MIGNOZZETTI A., Chieri. I monumenti, gli artisti, Chieri, 2016 torna all'inizio

1.1. Antonio Bettino

“Le migrazioni degli antichi comacini, che prima del Mille alimentarono, con flusso ininterrotto, il romanico nascente, si protrassero poi nei secoli, quasi comacinità prolungata e feconda. Discesero da questo vasto filone non solo i campionesi, ma dinastie di muratori, di pittori, di scultori, di stuccatori, di scalpellini, di falegnami, che, dalle alte valli lombarde, specialmente luganesi, riversarono numerosi mastri e falangi di uomini del mestiere…”

Così Nino Carboneri sintetizza il fenomeno dei maestri luganesi (alcuni diventati famosi, altri rimasti sconosciuti o quasi) che per secoli affollarono i cantieri di mezza Italia, Piemonte compreso, fino al punto che nel Sei-Settecento costituivano il sessanta-settanta per cento delle maestranze impiegate nei cantieri sabaudi. Avevano anche fondato una loro Corporazione con sede in una cappella della chiesa torinese di San Francesco.

L’architetto Antonio Bettino era uno di essi. Nato a Vezia, nei pressi del lago di Lugano, è difficile farne un profilo artistico attendibile poiché non conosciamo né la data di nascita né le tappe della formazione e sono scarse anche le opere note.

Dal settembre 1657 risulta impegnato nella cappella della Sindone a Torino come “serviente” alle dipendenze dell’architetto Amedeo di Castellamonte. Gliene derivò una notorietà che convinse i Filippini di Chieri ad affidargli la costruzione della loro chiesa (1664-1681). Opera, questa, che è la più importante fra quelle pervenuteci.

Probabilmente fu essa che, a sua volta, gli procurò l’incarico per la progettazione e la costruzione della chiesa omonima di Torino, con gli annessi oratorio e convento, opere nelle quali risulta impegnato a partire dal 1675. Nel 1679, però, il suo progetto venne abbandonato e sostituito da uno di . “Evidentemente… i religiosi, ancorati in primo tempo a moduli tradizionali, furono conquistati dalle idee del teatino (specie dalla cupola di San Lorenzo che si profilava vibrante nel cielo torinese) ricorrendo ad esso per un più grandioso e audace progetto”.

Questo per quanto riguarda la chiesa. Sembra, invece, che l’oratorio e il convento siano stati realizzati sulla base dei suoi disegni. I lavori erano in fase molto avanzata quando, il 26 ottobre 1714, l’arditissima cupola crollò compromettendo anche larghi settori dell’edificio. L’opera fu conclusa qualche tempo dopo da .

Nel 1678 risulta all’opera a Lugano dove progetta il coro e l’altar maggiore di Santa Maria dell’Ospedale e nel 1682 esegue il disegno della chiesa di San Salvatore. Nella stessa città gli viene attribuita la chiesa di Santa Maria Incoronata.

Tra il 1679 e il 1699 a Torino, in via Milano, quasi all’angolo con l’odierna piazza della Repubblica, sul sito di una precedente chiesa dedicata a San Paolo, realizzò per la confraternita della Santa Croce la chiesa che dopo il 1728, ceduta per iniziativa di Vittorio Amedeo II all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, prese il nome di Basilica Mauriziana. Gli è attribuito anche l’altare della Natività nella chiesa guariniana di San Lorenzo (1677-78).

La Chiesa di San Filippo

La chiesa di San Filippo in Chieri e la basilica Mauriziana a Torino sono le uniche due chiese certamente progettate ex novo dal Bettino giunte fino a noi. Luciano Tamburini si avventura in un confronto fra le due, nel tentativo di evidenziare qualche tratto caratteristico dell’arte del Bettino:

“La personalità che se ne desume (dalla chiesa mauriziana, n.d.r.) è piuttosto eclettica, e più orientata su moduli tradizionali (sia pure riformati, come il Lanfranchi) che non sulle audacie guariniane. E in San Filippo a Chieri… la sua fisionomia è ancora diversa per la pianta a nave unica con volta a botte, quattro cappelle laterali e vasto presbiterio a parete piana. Semicolonne lisce su alti stilobati animano col loro fluire le pareti cui s’appoggiano. Capitelli e trabeazione sono assai simili a quelli della basilica (Mauriziana, ndr)”. Il presbiterio della chiesa di San Filippo, con pala d’altare di Daniele Seyter

A Chieri, oltre alla chiesa di San Filippo, il nome di Antonio Bettino è legato ad una seconda opera: nel 1675 la Confraternita del SS. Nome di Gesù, desiderosa di lasciare la cappella del convento di San Francesco, dove era stata provvisoriamente ospitata, gli affidò la costruzione di una cappella in fondo alla piazza del Piano (l’odierna piazza Cavour). Cappella che esiste tuttora, inglobata, con la funzione di coro, nella chiesa di San Bernardino che circa dieci anni dopo fu costruita da Bernardino Quadri e da Bernardo Vittone.

L’ultima notizia che ci è pervenuta di Antonio Bettino lo dice ancora attivo a Torino nel 1699.

Per saperne di più sulla chiesa di San Filippo

BASSIGNANA E., La chiesa di San Filippo, un gioiello barocco, Chieri, 2002 BOSIO A., Memorie storico-religiose e di belle arti del Duomo e delle altre chiese di Chieri, Torino, 1878, p. 273 CANAVESIO W., Documenti per gli altari della chiesa di San Filippo a Chieri, in Studi Piemontesi, dic. 2005, vol. XXXIV fasc. 2, pp. 355-365 MIGNOZZETTI A., Chieri. I monumenti, gli artisti, Chieri, 2016, pp. 111-184 TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di a. cottino, s.d. ma 1999 VALIMBERTI B., Spunti storico-religiosi sopra la città di Chieri. Chiesa di San Filippo Neri, in La Beata Vergine delle Grazie (bollettino della parrocchia del Duomo di Chieri), gennaio-maggio 1920 VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994, pp. 69-72 torna all'inizio

1.2. Andrea Costaguta

Nato a Chiavari, in Liguria, si vantava di appartenere alla nobile famiglia dei marchesi Costaguti, che in quel tempo annoverava fra i suoi esponenti un Vincenzo, cardinale, da papa Urbano VIII nominato prima segretario della Camera Apostolica poi suo ambasciatore ad Urbino. La sua data di nascita è ignota. Apparteneva all’Ordine dei Carmelitani Scalzi, ma non sappiamo nulla né della sua formazione, né dei suoi studi, né del suo ingresso in quell’Ordine, dove aveva assunto il nome di Andrea di San Gregorio. Sue notizie certe iniziano soltanto a partire del 1641, quando fu a Torino per la costruzione della chiesa di Santa Teresa, e vi rimase fino al 1652, ospite del convento omonimo.

Ebbe l’incarico di teologo di corte e fu ripetutamente attivo nel ruolo di architetto di fiducia di Madama Reale Cristina di Francia, sebbene non si conosca l’iter attraverso il quale abbia maturato le sue competenze in quel campo. Era stata la stessa Madama Cristina a chiamarlo a Torino, scrivendo anche lettere al cardinale di Lione e al legato di Avignone perché sollecitassero il permesso dei superiori dei Carmelitani Scalzi. Probabilmente la Reggente era in cerca di forze nuove, da affiancare (o forse in alternativa) ad Amedeo di Castellamonte, per dare nuovo slancio all’attività edilizia dopo la stasi dovuta agli anni di guerra civile.

Il Santuario dell’Annunziata

Alcune opere gli vengono attribuite tradizionalmente, anche se non sono supportate da adeguata documentazione, come ad esempio la chiesa di San Francesco da Paola di Torino, iniziata per volere di Madama Cristina del 1633. È certamente suo, invece, il progetto della chiesa e del convento di Santa Teresa dell’Ordine Carmelitano, al quale apparteneva. Infatti nelle patenti del 3 aprile 1642, con le quali Madama Cristina concedeva l’autorizzazione alla costruzione della chiesa e del convento, egli ne è espressamente indicato come l’artefice. La costruzione andò per le lunghe, e il Costaguta non poté portarla a termine in prima persona. Ma sembra che il suo progetto sia stato rispettato fedelmente.

Dal 1645 al 1650, per incarico della reggente, seguì lavori al castello di Moncalieri (dove proseguì l’opera di , lasciando a sua volta il posto ad Amedeo di Castellamonte) e al Valentino: è lui stesso a parlarne in una lettera del 1647.

Ma l’opera alla quale è maggiormente legata la sua fama, e alla quale attese dal 1648 al 1653, è la Villa della Vigna di Madama Cristina (l’odierna Villa Abegg), sulla collina torinese, per lungo tempo residenza preferita di Madama Reale.

Certo è anche suo il ruolo diprogettista del Santuario dell’Annunziata di Chieri, ed è strano che nessun libro di storia dell’arte, Alessandro Baudi di Vesme compreso, la inserisca fra le sue opere sicure, essendo ciò attestato in modo inequivocabile da vari documenti, come l’Ordinato del Consiglio comunale del 24 gennaio 1652, laddove i consiglieri dichiarano di accettare la proposta del Capitolo dei Canonici di cedere al Comune alcune case attigue alla Collegiata a condizione che vengano demolite e i materiali recuperati vengano utilizzati “… nella construtione della fabbrica dessignata dal M. Rev. Padre Costaguti…”

Santuario dell’Annunziata - Fu costruito nel 1651 su progetto del carmelitano scalzo Andrea Costaguta, architetto di fiducia di Madama Reale Cristina di Francia. Lo stile della facciata evidenzia ancora legami con la tradizione rinascimentale

Per saperne di più sulla chiesa dell’Annunziata

MIGNOZZETTI A., Chieri. I monumenti, gli artisti, Chieri, 2016, pp. 73-110 con ampia bibliografia TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di a. cottino, s.d. ma 1999 VALIMBERTI B., Spunti storico-religiosi sopra la città di Chieri. Santuario della SS. Annunziata, in: La Beata Vergine delle Grazie, Luglio 1913-Settembre 1013 VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994, p. 79 https://www.100torri.it/newsite/?page_id=24615

Il Santuario dell’Annunziata a inizio Novecento – Cartolina della Collez. Piovano Santuario dell’Annunziata - Disegno acquerellato di Modesto Paroletti (1825)

Altre opere: la Chiesa della Pace

Qualcuno (C. Brayda) attribuisce al Costaguta anche la chiesa di San Carlo a Torino, la villa Lovera a San Vito e il progetto della chiesa dell’Annunziata e di Sant’Andrea Corsini a Pino Torinese.

A Chieri c’è un’altra chiesa la cui origine e il cui aspetto sono molto simili a quelle del santuario dell’Annunziata, ed è la chiesa di Santa Maria della Pace, essa pure voluta da Madama Cristina. Non se ne conosce l’autore, ma non ci sarebbe da meravigliarsi se da qualche archivio sbucasse fuori un documento che lo indichi nel carmelitano scalzo Andrea Costaguta. Quanto allo stile, con il Carboneri si può affermare che, pur operando in piena epoca barocca, il Costaguta rappresenti “un aspetto singolare del Seicento, ancorato per lo più a temi di derivazione rinascimentale”, come si vede chiaramente, ad esempio, anche nella facciata della chiesa di San Francesco da Paola. Ma come emerge anche nella chiesa dell’Annunziata di Chieri, la cui facciata tripartita da lesene, sormontata da un semplice timpano, l’ingresso incorniciato da due colonne con austero frontone, sembra indifferente agli schemi dell’imperante barocco. Semplicità che si riscontra anche nel lineare interno ad unica navata e due sole cappelle laterali, e che nel presbiterio viene meno a causa di una fastosa struttura neobarocca ottocentesca che incornicia il dipinto dell’Annunciazione.

Nel progettare le chiese, il Costaguta preferisce le piante allungate (come nel Santuario dell’Annunziata di Chieri), a differenza di Francesco Lanfranchi suo contemporaneo (1600-1669) che preferisce la pianta centrale (preferenza che si riscontra anche nella chiesa di Santa Margherita dell’ex convento delle Domenicane di Chieri).

Il Convento della Pace

Chiesa di Santa Maria della Pace - Con il contributo di Madama Cristina di Francia, la costruzione della chiesa e del convento dei Frati Minori Riformati Francescani iniziò nel 1642 e terminò nel 1664. Il convento fu ampliato nei primi anni del ‘700 Per saperne di più su chiesa e convento di Santa Maria della Pace

BOSIO A., Memorie storico-religiose e di belle arti del Duomo e delle altre chiese di Chieri…, Torino, 1878, pp. 328-334 MIGNOZZETTI A., Chieri. I monumenti, gli artisti, Chieri, 2016. Pp. 299-325 con bibliografia TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di A. COTTINO, s.d. ma 1999 VALIMBERTI B., Convento e Chiesa di Santa Maria della Pace, Bollettino La Vergine delle Grazie, gennaio – dicembre 1917 VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994

Padre Costaguta: l’uomo

Padre Andrea Costaguta: un personaggio pittoresco e alquanto “chiacchierato”, che suscita interesse e curiosità per i suoi meriti artistici ma anche per una vita alquanto movimentata, tant’è vero che Alessandro Baudi di Vesme lo definisce “Architetto e specialmente intrigante”. Carattere molto difficile, negli anni passati a Torino visse in rapporti per lo più burrascosi con i suoi confratelli Carmelitani.

Ambiziosissimo, coltivò per tutta la vita il sogno di diventare vescovo, senza mai riuscirci sebbene fosse ricorso più volte ai buoni uffici di Madama Cristina di Francia presso il Vaticano.

Era un gran millantatore. Si vantava platealmente di possedere chissà quali entrature presso la corte e di chissà quali meriti nei suoi confronti. Lo riferisce a Madama Reale il marchese Giannettino Giustiniani, ministro di Savoia a Genova: “Egli si vanta … di possedere un gran capitale nella buona grazia di V. A. R. la quale gli ha promesso di farlo fare vescovo di Genova, per lo che li converrà facilmente di andare a Roma; poi dice che per qualche gravissimo negozio potrà essere che vada a Milano; poi, che deve ritornare in Piemonte, essendovi troppo necessaria la sua persona… e per ultimo, che sarà costretto di fare un viaggio per queste Riviere e far compra di muli per inviar a Torino…”. “Alcuni dei suoi Padri poi mi dicono che habbi pensiero d’andare a Milano, vantandosi d’esser cercato da’ Spagnoli; ad altri ha detto che il servitio della repubblica di Venetia non li può mancare…”. “Mi stomacò in guisa quelli due giorni che stette meco, et appresi essere un huomo sì leggiero, sì vano e presontuoso, che non poteva dare se non in qualche sinistro. Sarà fortunato, se terminerà nella carcere il suo fallo…”. Il 26 gennaio 1653 il Giustiniani scriveva alla duchessa: “Sarei del parere che non lo lasciasse per molt’anni uscire dal Piemonte, havendolo conosciuto. A confessargli, era schiettamente molto vano e, quel che più importa, troppo lubrico nel parlare, anche con qualche imprudenza, e troppo informato di codesta Corte”. Mons. Alessandro Crescenzi, nunzio pontificio presso la corte di Savoia, lo accusò di essere “…scandaloso contro tutti i voti essenziali della religione, cioè di proprietà continua, di disonestà e si tiene che abbia anche figli ecc., di disobbedienza, di falsificazione di lettere e sottoscrizioni di Madama Reale in quantità, e d’altre furfanterie”.

In una lettera scritta il 14 ottobre 1657 egli si vanta di aver avuto accesso alla corte fin dal 1638, ma il primo documento conosciuto che parla di lui, datato 22 novembre 1641, è la patente di nomina a teologo e consigliere di Madama Cristina. Il titolo di teologo era puramente onorifico: gli consentiva di frequentare la corte e di ricevere uno stipendio. In realtà egli di Madama Reale fu uomo di fiducia e, sebbene non avesse mai ricevuto nomine né incarichi ufficiali in tal senso, anche architetto. Si conoscono diverse missioni segrete in Francia ed altrove da lei affidategli, la prima il 9 dicembre 1641, le altre negli anni 1642, 1643, 1644, 1645. Su di loro giravano molti pettegolezzi. Lui stesso si vantava dell’amicizia e confidenza che aveva con lei. Anche lo storico Gaudenzio Claretta sottolinea la grande familiarità che traspare da molte delle lettere da lui inviate alla Madama Reale e lo stesso marchese Giannettino Giustiniani racconta che nel marzo del 1653 il Costaguta, trattenuto in prigione a Genova, tempestava di lettere la Duchessa la quale, viste la situazione e le chiacchiere che circolavano, cercava di tenerlo a distanza senza tuttavia privarlo di qualche consolazione. “Pianse di tenerezza – attesta il marchese Giannettini – quando gli fu recapitata una lettera di Madama Cristina”.

Nel dicembre del 1652, mentre si trovava per un periodo di riposo a Chiavari, fu investito da una inaspettata tempesta. In seguito alla denuncia di certi suoi comportamenti scandalosi da parte di mons. Alessandro Crescenzi, nunzio pontificio presso la corte di Savoia, fu imprigionato nelle carceri dell’Inquisizione di Genova. Cercò disperatamente di mantenere i contatti con Madama Reale, la quale, però, da questo momento in poi lo tenne a distanza. Per evitare che riuscisse a farsi liberare, mons. Crescenzi lo fece tradurre a Roma, dove fu condannato e spedito nella prigione di Sassoferrato, restandovi rinchiuso fino al 1655. Liberato, continuò a scrivere alla Duchessa e dopo la di lei morte, avvenuta nel 1663, a Carlo Emanuele II. Ma non poté più tornare in Piemonte. In una lettera dell’11 febbraio 1669 informava il Duca che per le false accuse dei suoi nemici era finito in carcere una seconda volta per sei anni. Finì confinato nel convento dei Carmelitani Scalzi di Concesa, vicino a Milano, dove morì nel 1670. torna all'inizio 1.3. I Garove

Garove, Garui, Garuo, Garulli sono le diverse grafie, che si riscontrano nei documenti di archivio, del cognome di questa famiglia di artisti originari di Campione d’Italia, presso Lugano.

Francesco Garove: il Bastione della Mina e il Collegio dei Gesuiti

Francesco nacque a Campione d’Italia il 29 novembre 1615 da mastro Giovanni Giacomo Garove e da Benedetta. Era una famiglia legata all’attività edilizia, come molte altre in quella zona che per secoli fornì una folla di artigiani ed artisti ai cantieri del nord Italia e del sud dell’Europa. Cresciuto professionalmente alla scuola del padre, attorno al 1645 Francesco si trasferì nel ducato sabaudo, stabilendosi a Chieri dove sembra abbia abitato in una casa non di sua proprietà situata nei pressi della Collegiata di Santa Maria della Scala.

Negli anni Cinquanta e Sessanta lo troviamo attivo contemporaneamente in più cantieri sia di Chieri sia dei dintorni. Nel 1650 ebbe una parte nella costruzione nella condotta dell’acqua dal pozzo del Bastione della Mina all’orto dei Gesuiti.

Al centro del bastione: il pozzo della Mina (partic. del Theatrum Sabaudiae) Dal 1651 al 1661 risulta impegnato nella cappella del Corpus Domini della Collegiata in collaborazione con Tommaso Carlone e con Luca Corbellini. Nello stesso periodo sistemò il portale del santuario dell’Annunziata e diresse il cantiere per la costruzione del Collegio dei Gesuiti. Ma l’incarico più prestigioso come capomastro fu la costruzione, a Villanova d’Asti, della chiesa di Sant’Elena progettata da Amedeo di Castellamonte.

È possibile che verso la fine della vita, grazie all’esperienza accumulata e a studi da autodidatta, abbia voluto anche progettare degli edifici. In un documento del 3 aprile 1680, infatti, il figlio Michelangelo attesta di aver ricevuto dal padre “una libraria di numero cento trenta e più libri…” consistente in trattati di architettura civile e militare, fortificazioni, matematica, geometria, prospettiva, astronomia: una biblioteca non usuale in casa di un semplice capomastro.

Morì a Torino il primo settembre 1683. Fu sepolto nella chiesa di Sant’Eusebio, l’attuale chiesa di San Filippo Neri. Dalla moglie Margherita aveva avuto tre figli: Giacomo Vittorio, Michelangelo e Giovanni Battista, anche loro dediti all’attività edilizia.

Chiostro del Noviziato dei Gesuiti - Il Chiostro del Noviziato dei Gesuiti - noviziato, attiguo alla chiesa di Particolare Sant’Antonio Abate, fu costruito in più fasi dal 1627 al 1700 per volontà del cardinale Maurizio di Savoia, titolare della commenda di Sant’Antonio

Per saperne di più sul Noviziato-Collegio dei Gesuiti (Sant’Antonio)

CAVALLARI MURAT A., Antologia monumentale di Chieri, Torino 1969, pp. 159 sgg. MIGNOZZETTI A., Chieri. I monumenti, gli artisti, Chieri, 2016, pp. 11-72 POMMER R., Appendice X. Sant’Antonio a Chieri, in: pommer richard, L’architettura del Settecento in Piemonte, Torino, 2003, pp. 174-178 SANTILLO F., Il Noviziato di Chieri e la chiesa di Sant’Antonio: lo sviluppo architettonico, in BRUNO SIGNORELLI – PIETRO USCELLO (a cura di) La Compagnia di Gesù nella Provincia di Torino, dagli anni di Emanuele Filiberto a quelli di Carlo Alberto. Società piemontese di Archeologia e Belle Arti, Torino, 1998 TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di A. COTTINO, s.d. ma 1999 VALIMBERTI B., Spunti storico-religiosi sopra la Città di Chieri, Casa e Chiesa di Sant’Antonio, in La Beata Vergine delle Grazie, Chieri, 1918 VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994, pp. 65-68

Michelangelo Garove: il Noviziato dei Gesuiti, la chiesa di San Guglielmo e la sacrestia dell’Annunziata

Michelangelo fu il più famoso dei tre Garove. Nato a Chieri il 29 settembre 1648 da Francesco e da Caterina Porra, risulta battezzato presso la Collegiata della Madonna della Scala il 13 giugno 1653. Crebbe professionalmente alla scuola del padre per poi diventare ingegnere militare, idraulico e civile e lavorare alle dirette dipendenze del Duca di Savoia. Nel 1688 fu nominato priore della Compagnia di S. Luca. Fu architetto e ingegnere militare e civile.

Come ingegnere militare i documenti lo descrivono attivo tra il 1682 e il 1683 nelle fortificazioni di Villanova, Carmagnola, Chivasso, Fossano, Cherasco; fra il 1684 4 il 1694 in quelle di Carrù, Mondovì, Cuneo, Saluzzo, Moncalieri, Carignano, Villafranca, Pancalieri, Cherasco, Pinerolo. Nel 1694 fu ferito durante l’assedio di quest’ultima piazzaforte. Il 20 aprile 1702 firmò l’istruzione per gli impresari che dovevano costruire le fortificazioni del nuovo ampliamento occidentale di Torino, attorno a “Porta Susina”. Ampliamento poi definito “juvarriano”. Nel 1702 lavorò anche alle fortificazioni di Cuneo e Demonte, e negli anni 1703 e 1704 a quelle di Vercelli e Ivrea. In quest’ultima città collaborò con Antonio Bertola per approntare le difese contro l’imminente assedio dei Francesi.

Come ingegnere e architetto civile nel 1684 progettò a Torino il palazzo Asinari di San Marzano. Nel 1683 iniziò la progettazione della cappella del beato Amedeo di Savoia nel duomo di Vercelli, per la quale operò sino al 1700; nel 1684 fu la volta della chiesa parrocchiale di S. Martino a La Morra (Casalis), nel 1685 del santuario della Madonna di S. Giovanni a Sommariva del Bosco (Colombero), nel 1693 del Collegio dei Gesuiti di Mondovì. A Cuneo, nel 1697, progettò la cappella del Beato Angelo nella chiesa della Madonna degli Angeli. In quello stesso anno a Torino eseguì l’altar altare maggiore della chiesa di S. Filippo Neri e il 19 dicembre venne nominato ingegnere di Emanuele Filiberto, principe di Carignano.

Negli ultimi mesi di attività Michelangelo Garove firmò i progetti per l’ampliamento del convento di S. Antonio Abate in via Po a Torino e quelli per il nuovo edificio dell’Università. Operò inoltre a Venaria, dove aveva una camera a sua disposizione, e al castello di Rivoli.

A Chieri gli devono essere attribuite almeno tre opere: oltre alla costruzione dell’ala ovest del Noviziato dei Gesuiti, la trasformazione della chiesa di San Guglielmo (1691) e la progettazione del settore del Santuario dell’Annunziata situato alle spalle dell’altare, comprendente la sacrestia, il sovrastante coro e il piccolo, grazioso campanile triangolare (1698).

Morì a Torino il 22 settembre 1713.

Il campanile dell’Annunziata

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1.4. Bernardino Quadro (Quadri) Le origini e l’esperienza romana

“Scultore di marmi, plasticatore ed architetto. Era di Balerna, piccola terra presso Mendrisio, nella Svizzera Italiana”: così Alessandro Baudi di Vesme presenta Bernardino Quadri nelle sue schede, sottolineandone soprattutto le molteplici capacità, che vanno dall’architettura alla scultura passando per l’arte dello stucco.

Poco si conosce delle sue origini e della sua vita giovanile. I primi documenti che parlano di lui sono degli anni quaranta del Seicento, e lo indicano attivo a Roma, prima come stuccatore nella basilica di San Pietro alle dipendenze del Bernini e del Borromini poi, a partire dal 1646, in San Giovanni in Laterano dove è impegnato nei lavori di trasformazione della chiesa in vista del Giubileo del 1650. In disaccordo con il Borromini, abbandonò la città eterna e si trasferì a Torino, dove nel 1649 Carlo Emanuele II, che era alla ricerca di valenti artisti per i suoi numerosi cantieri in Torino e dintorni, lo nominò scultore ducale riconoscendogli una pensione annua di lire 2000 d’argento.

Le opere da ingegnere

Dal 1653 al 1656 è impegnato nella chiesa di San Carlo dove, in collaborazione con Gregorio Gioannini, costruisce l’altar maggiore su disegno di Amedeo di Castellamonte, ed esegue gli stucchi del presbiterio, lavoro che gli viene pagato 5.250 lire.

Molto stimato presso gli ambienti di corte, riceve numerosi incarichi per macchine ed apparati effimeri in occasione di importanti feste e ricorrenze. Ma nel 1658 è l’“inginiero” al quale il duca Carlo Emanuele II affida la costruzione della cappella della Sindone. Il suo progetto di un edificio a pianta circolare fu preferito a quello di Carlo di Castellamonte che aveva optato per una cappella a sviluppo longitudinale che si inoltrava nel cortile del Palazzo Reale. Ma, iniziati i lavori, allorché la costruzione giunse al livello del cornicione dell’ordine principale, il Quadro dovette passare la mano a Guarino Guarini, il quale aveva presentato un nuovo progetto che evidentemente aveva entusiasmato il Duca. Tuttavia, l’architetto teatino non poté non tener conto del progetto del Quadro, in base al quale l’opera era stata impostata.

La chiesa di San Bernardino

A Chieri gli vengono attribuite due opere. Nel 1694, in piazza del Piano (l’odierna piazza Cavour), progettò la chiesa di San Bernardino per la Confraternita del SS. Nome di Gesù: una costruzione a croce greca, sormontata da cupola e dotata di un profondo coro (ottenuto utilizzando la preesistente cappella costruita non molti anni prima da Antonio Bettino). La morte gli impedì di concludere l’opera, che venne portata a termine qualche anno dopo. Essa, tuttavia, non è giunta a noi come lui l’aveva progettata. La cupola fu realizzata dal mastro da muro Bernardino Leone solo nel 1740. Crollata appena terminata, fu ricostruita verso il 1744 su disegno di Bernardo Antonio Vittone. La facciata fu rifatta nel 1791-92 da Mario Ludovico Quarini.

Per saperne di più sulla chiesa di San Bernardino

AA.VV., La chiesa dei SS. Bernardino e Rocco di Chieri, Chieri, 2001 CAVALLARI MURAT A.¸ Antologia monumentale di Chieri, Torino, 1969, p. 162 sgg. e passim CASELLE S., La Confraternita del SS. Nome di Gesù, Chieri, 1991 TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di A. COTTINO, s.d. ma 1999, p. 50 VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994, p. 75 Il convento dei Filippini

La seconda opera chierese che gli viene attribuita è la costruzione, realizzata fra il 1715 e il 1726, delprimo nucleo del convento dei Filippini, ma abbiamo già esposto le ragioni di carattere cronologico che rendono molto dubbia una tale attribuzione. Bernardino Quadro, infatti, è morto nel 1695, venti anni prima che venisse costruito il convento. Se l’“ingegner Quadro” del quale parla il capitolato degli impresari fosse lui, vorrebbe dire che quel progetto egli lo eseguì prima di morire ma per qualche motivo fu realizzato solo venti anni dopo. Sembra più verosimile che si tratti di un’altra persona, magari di suo figlio Carlo Giulio, anche lui ingegnere.

Convento dei Filippini – Prospetto su via San Filippo (inizio Settecento)

Lo scultore

Come scultore, tra il 1664 e il 1666 progettava, e in collaborazione con il fonditore e scultore Bernardo Falconi e con l’intagliatore Quirico Castelli dava inizio, ad un grandioso monumento funebre voluto da Carlo Emanuele II per la duchessa Francesca d’Orléans. “E’ possibile farsi un’idea dello straordinario monumento, che non avrebbe avuto pari nella Torino del Seicento, ma del quale si è persa ogni traccia, attraverso la lettura dei conti presentati dal Quadri per la fattura del modello e del Falconi per la fusione delle figure. Lo componevano tre grandi statue, della Madonna, del duca e della sua sposa, con undici putti e un serafino grande, tutte di bronzo, disposte su di un piedistallo assieme alle due urne di marmo nero di Frabosa e sormontate da un ricco padiglione … Il fastoso monumento scompare nel nulla… senza che restino tracce di una sua collocazione nella cappella della Sindone, che in quell’anno passava di mano da Bernardino Quadri a Guarino Guarini…”.

Lo stuccatore: la cappella del Crocifisso

In questi stessi anni risultano pagamenti a suo favore per busti e statue in stucco e in marmo per il Palazzo Reale (interni e rondò del Bastion Verde), per la facciata del e per la Venaria Reale (interni e giardini). In questa reggia sono suoi gli stucchi del salone di Diana.

Giuseppe Dardanello gli attribuisce un ruolo di primaria importanza nella decorazione plastica dellacappella del Crocifisso del Duomo di Chieri: “Nella cappella del Crocifisso di Santa Maria della Scala a Chieri, che ospita la monumentale macchina d’altare in legno intagliato, con la Crocifissione dipinta nel 1662 da Charles Dauphin per la committenza Giovanni Battista Balbo Bertone di Sambuy, nel 1669-1671 Quadri fu chiamato a modellare il teatro di santi che sulle mensole a sporto delle pareti fanno da guardia ai quattro grandi teleri sui temi della Passione; e insieme a ornare l’intera volta di angeli, in atto di mostrare i simboli del martirio…” . Secondo il medesimo Dardanello potrebbe aver dipinto anche le scene dell’Antico Testamento affrescate nelle cornici in stucco della volta.

Nel 1662 il poliedrico artista era priore della compagnia di San Luca. Morì nel 1695 a Candiolo (o, secondo alcuni, a Candelo), in provincia di Torino. Cappella del Crocifisso, della famiglia Bertone. Fu costruita fra il 1668 e il 1670 da maestranze luganesi (fra cui Bernardino Quadri) su commissione di Giovanni Battista Bertone, già Grande Ammiraglio della flotta del Cavalieri di Malta

Per saperne di più sulla cappella del Crocifisso

MIGNOZZETTI A., Il Duomo di Chieri (2012), p. 145 sgg. TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di A. COTTINO, s.d. ma 1999. torna all'inizio

1.5. Altre chiese e altre cappelle Santa Margherita

Chiesa domenicana di Santa Margherita

L’edificio ha pianta a croce greca. La facciata, a forma concava, delimita un piccolo sagrato. Terminata nel 1671, è attribuita all’architetto torinese, di origini chieresi, Francesco Lanfranchi.

Per saperne di più sulla chiesa di Santa Margherita

BERRUTO A. C., La chiesa di Santa Margherita a Chieri, Tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia, a. a. 2007-2008, Relatore prof. Giuseppe Dardanello, Torino, 2007-2008. BRAYDA C., La seicentesca chiesa di Santa Margherita in Chieri, in Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, 1947 MIGNOZZETTI A., Il monastero e la chiesa di Santa Margherita, Chieri, 2016 TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di A. COTTINO, s.d. ma 1999, p. 46 VALIMBERTI B., La chiesa di Santa Margherita, in “Madonna delle Grazie”, Bollettino mensile della parrocchia del Duomo di Chieri”, gennaio 1923-dicembre 1923 VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994, p. 73 https://www.100torri.it/newsite/?page_id=25462 sulla chiesa, la decorazione, i quadri

Cappella della Beata Vergine del Suffragio

Cappella della Beata Vergine del Suffragio (Duomo)

Gioiello d’arte barocca, la cappella fu commissionata nel 1652 a maestranze luganesi da Giorgio Turinetti, banchiere di corte e Presidente delle Finanze. La pala è attribuita ai milanesi Carlo Francesco e Giuseppe Nuvolone.

Per saperne di più sulla cappella del Suffragio

MIGNOZZETTI A., Il Duomo di Chieri. Note storico- religiose, Chieri, 2012, p. 173 sgg. TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di A. COTTINO, s.d. ma 1999, p. 48

Cappella della Madonna del Carmine

Cappella della Madonna del Carmine (Duomo)

È una delle poche cappelle del Duomo che hanno mantenuto la decorazione barocca. L’ancona lignea con scene della vita dei santi Giuliano e Basilissa, è attribuita a Michele Enaten (artista astigiano di origine fiamminga, 1643 circa). La pala d’altare (1644) è di scuola genovese. La cappella fu fatta costruire attorno al 1632 da Flaminio Balbiano.

Per saperne di più sulla cappella della Madonna del Carmine

MIGNOZZETTI A., Il Duomo di Chieri. Note storico- religiose, Chieri, 2012, p. 177 sgg. TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento (1999), p. 48 torna all'inizio

2. I palazzi e le ville

Da TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento (1999), p. 41 sgg.

Parte delle fortune delle famiglie abbienti furono impiegate in lavori di adeguamento delle loro residenze chieresi alle nuove condizioni di vita, perseguendo obbiettivi funzionali ed estetici insieme. Anzitutto l’apertura di androni carrozzabili determinò la creazione di portali su strada, rappresentativi e talvolta segnati dallo stemma del casato, orgogliosa affermazione di un ambito traguardo sociale. Probabilmente queste trasformazioni causarono la perdita dei pochi tratti porticati della via Maestra. In città, le dimore signorili si abbellirono soprattutto negli arredi fissi dei saloni, con fasce dipinte nella parte superiore delle pareti, come nel palazzo Tana o a Palazzo Bruni. Inoltre, si realizzarono solenni porte intagliate, spesso completate da sovraporte dipinte, di cui restano numerosi esempi, ad onta degli interventi successivi (…).

L’autore segnala due preziosi documenti d’archivio che riguardano i palazzi dei conti Vittorio Quarini e Carlo Luigi Biscaretti; gli edifici ai numeri 38, 42, 52. 67 della via Maestra (ora Vittorio Emanuele II) e la casa al numero 3 di via Palazzo di Città.

Sui dipinti di Palazzo Bruni si veda, nel medesimo volume, l’articolo di Cecilia Ghibaudi, a pag.55

Sulle pitture, le decorazioni in terracotta e sulle le vicende costruttive di Palazzo Tana si veda Il palazzo dei Tana a Chieri, Riva presso Chieri, 2002.

Palazzo Robbio di San Raffaele Si affaccia su via Vittorio Emanuele II, n. 8. Palazzo Robbio - via Vittorio Emanuele II, Appartenne ad un ramo collaterale della n. 39 famiglia Robbio Cartolina di inizio Novecento, collez. Giuseppe Piovano

Ex Monastero di Santa Chiara, ora sede del Museo del Tessile

Per saperne di più sul monastero di Santa Chiara

BOSIO A., Monastero e chiesa di S. Catterina dell’Ordine Francescano detto di Santa Clara o delle Clarisse, in: Memorie storico-religiose e di belle arti del Duomo e delle altre chiese di Chieri, Torino, 188778, pp. 238-242 DE GROSSI F., FALCONE I., FEROGGIO M., Il progetto di conservazione e riuso dell’ex monastero di Santa Clara in Chieri, Torino. Tesi di specializzazione, Politecnico di Milano, Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti, Anno Accadem. 2008-2009, vol. I. GHIRARDI F., MERCURI P, Il monastero di Santa Chiara nella città di Chieri, Chieri, 1995.

Villa Moglia

Villa Moglia

Per saperne di più su Villa Moglia

NAVIRE M., La villa Moglia in Chieri, in Chieri e il Tessile. Vicende storiche e di lavoro dal XIII al XX secolo, Chieri, 2007, pp. 153-165. torna all'inizio 3. Bibliografia

BASSIGNANA E. (a cura di), La chiesa di San Filippo, un gioiello barocco, Chieri, 2002 BERRUTO A. C., La chiesa di Santa Margherita a Chieri, Tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia, a. a. 2007-2008, Relatore prof. Giuseppe Dardanello, Torino, 2007-2008 BOSIO A., Memorie storico-religiose e di belle arti del Duomo e delle altre chiese di Chieri…, Torino, 1878, pp. 328-334 BOSIO A., Monastero e chiesa di S. Catterina dell’Ordine Francescano detto di Santa Clara o delle Clarisse, in Memorie storico-religiose e di belle arti del Duomo e delle altre chiese di Chieri, Torino, 1878, pp. 238-242 BRAYDA C., La seicentesca chiesa di Santa Margherita in Chieri, in Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, 1947 CANAVESIO W., Documenti per gli altari della chiesa di San Filippo a Chieri, in Studi Piemontesi, dic. 2005, vol. XXXIV fasc. 2, pp. 355-365 CAVALLARI MURAT A., Antologia monumentale di Chieri, Torino 1969, pp. 159 sgg. DE GROSSI F., FALCONE I., FEROGGIO M., Il progetto di conservazione e riuso dell’ex monastero di Santa Clara in Chieri, Torino. Tesi di specializzazione, Politecnico di Milano, Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti, Anno Accadem. 2008-2009, vol. I GHIRARDI F., MERCURI P, Il monastero di Santa Chiara nella città di Chieri, Chieri, 1995 MERLASSIMO C., voce Lanfranchi Francesco, in: Dizionario biografico dei Chieresi Illustri, Andezeno, 2010, pp. 130-131 MIGNOZZETTI A., Chieri. I monumenti, gli artisti, Chieri, 2016 MIGNOZZETTI A., Il Duomo di Chieri. Note storico- religiose, Chieri, 2012 MONETTI F., CIFANI A., Un altare di Francesco Lanfranchi al Corpus Domini e un’aggiunta per il palazzo civico di Torino, in Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, n. s., xxxv-xxxvii (1981-83), pp. 63-68 POMMER R., Appendice X. Sant’Antonio a Chieri, in pommer richard, L’architettura del Settecento in Piemonte, Torino, 2003, pp. 174-178 SANTILLO F., Il Noviziato di Chieri e la chiesa di Sant’Antonio: lo sviluppo architettonico, in: BRUNO SIGNORELLI – PIETRO USCELLO (a cura di) La Compagnia di Gesù nella Provincia di Torino, dagli anni di Emanuele Filiberto a quelli di Carlo Alberto. Società piemontese di Archeologia e Belle Arti, Torino, 1998 SIGNORELLI B., voce Lanfranchi, Francesco, in Dizionario biografico degli italiani, vol.63, pp. 549-551, Roma, 2004 TEDESCO V., L’architettura a Chieri nel Seicento, in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri, a cura di a. cottino, s.d. ma 1999 VALIMBERTI B., Spunti storico-religiosi sopra la città di Chieri. Chiesa di San Filippo Neri, in La Beata Vergine delle Grazie (bollettino della parrocchia del Duomo di Chieri), gennaio-maggio 1920 VALIMBERTI B., La chiesa di Santa Margherita, in: “Madonna delle Grazie”, Bollettino mensile della parrocchia del Duomo di Chieri”, gennaio 1923-dicembre 1923 VALIMBERTI B., Spunti storico-religiosi sopra la città di Chieri. Santuario della SS. Annunziata, in La Beata Vergine delle Grazie, Luglio 1913-Settembre 1013 VALIMBERTI B., Spunti storico-religiosi sopra la Città di Chieri, Casa e Chiesa di Sant’Antonio, in La Beata Vergine delle Grazie, Chieri, 191 VALIMBERTI B., e Chiesa di Santa Maria della Pace, Bollettino La Vergine delle Grazie, gennaio – dicembre 1917 VANETTI G., Cronologia degli interventi eseguiti in San Domenico tra la fine del XVI e la metà del XVII secolo, in Una chiesa, la sua storia. Momenti storici e sviluppo artistico di San Domenico a Chieri, Chieri, 1990, pp. 51-54 VANETTI G., Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Chieri, 1994 torna all'inizio

Il Seicento a Chieri

Veduta di Chieri nei primi anni del Seicento A causa del protagonismo del duca Carlo Emanuele I la prima metà del Seicento è un periodo di continua mobilitazione militare e di grave crisi economica, accompagnate dalla carestia e dalla peste. Nella seconda metà del secolo l’economia chierese stenta a decollare a causa del crollo demografico seguito alla peste e della concorrenza straniera. Resiste grazie alle misure protezionistiche confermate dal Governo ducale.

L’immagine in testa è un particolare da Incoronazione della Vergine tra i santi Giorgio, Guglielmo, Rocco e Sebastiano di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo presente nella Chiesa di San Bernardino.

1. Carlo Emanuele I

Carlo Emanuele I Dalle pagine web dei Musei di Torino.

Carlo Emanuele I (1562-1630) salì al trono nel 1580 e trascorse in guerra buona parte dei suoi cinquanta anni di governo, tentando d’allearsi alternativamente con Francia e Spagna.

Nel 1582 attaccò in modo fallimentare Ginevra; dal 1588 al 1601 combatté con la Francia per Saluzzo (che infine ebbe in cambio di alcune province savoiarde), respinse un attacco in Savoia, calò in Provenza e subì un’invasione francese in Piemonte.

Per avvicinarsi alla Spagna, sposò Caterina d’Asburgo, figlia di Filippo II, stringendo poi ulteriori legami matrimoniali con i Gonzaga e gli Estensi.

Nel 1613 occupò parte del marchesato del Monferrato, suscitando la reazione spagnola e avviando un conflitto chiusosi solo nel 1618. Durante la Guerra dei trent’anni entrò nella lega antispagnola, con l’intento di conquistare Genova, ma fallito questo progetto, nel 1625, si riappacificò con la Spagna, suscitando la reazione dei Francesi, che invasero il Piemonte nel 1629. Nel 1630 fu sconfitto ad Avigliana e morì pochi giorni dopo a Savigliano.

La sua politica bellica fu origine di numerosi esborsi per la città, che dovette provvedere denaro per le truppe.

Nonostante i suoi impegni militari, ideò l’ampliamento della capitale verso sud, fu collezionista di primo piano e letterato egli stesso.

1.1. A Chieri Iscrizione sull’Arco di Piazza, lato Piazza Umberto I

La municipalità di Chieri aveva fatto innalzare l’Arco di Piazza nel 1586 per festeggiare l’arrivo in città del duca Carlo Emanuele I e di sua moglie Caterina figlia del re di Spagna. 47 gentiluomini della nobiltà chierese si presentarono davanti alle Loro Altezze seguendo un ordine gerarchico “con il qual sempre con gratia del Signor Iddio si è mantenuta quella terra in pace et unione… Preceda il più vechio in età, e fra le donne che precedino prima le figliuole da marito, poi le spose durante un anno, poi le vedove secondo l’età de mariti, e poi le maritate secondo l’età de mariti”.

(da FERRUA F., Il Murè, 2009) torna all'inizio

2. Vittorio Amedeo I, Duca di Savoia Vittorio Amedeo I, Duca di Savoia

Dalle pagine web dell’Enciclopedia Italiana Treccani.

Nato a Torino l’8 maggio 1587 da Carlo Emanuele I e da Caterina di Spagna, morto il 7 ottobre 1637. Dopo la morte della duchessa, Carlo Emanuele I che nutriva ancora speranze sull’eredità spagnola decise d’inviare alla corte di Madrid il primogenito Filippo Emanuele, Vittorio Amedeo ed Emanuele Filiberto, perché vi completassero la loro educazione (1603). Li accompagnava l’abate G. Botero. Nel gennaio del 1605 i tre principi si ammalarono di vaiolo; Filippo Emanuele morì e Vittorio Amedeo, ormai principe ereditario, fu richiamato a Torino insieme col fratello minore, tanto più che proprio in quegli anni era nato l’erede del trono di Spagna. (…). Alla consuetudine della lotta politica si aggiunse l’educazione guerresca: nella difesa della Savoia contro il duca di Nemours (1616) e nella conquista di Masserano (1617) il giovane principe mostrò di possedere doti di coraggio e capacità di comando. Ma, nei confronti del padre, appariva più prudente, meno incline ai grandi progetti, alle imprese rischiose, ai rapidi mutamenti d’alleanza. Questi ultimi ritardarono per qualche tempo il matrimonio di Vittorio Amedeo. Respinte le proposte spagnole, distrutta la possibilità delle nozze con Elisabetta di Francia per l’improvvisa morte di Enrico IV, sfumati i progetti matrimoniali con una principessa inglese, finalmente, mediatore Francesco di Sales, sposò nel 1619 la sorella di Luigi XIII, Cristina. La politica dello stato sabaudo si orientava così in senso francofilo (…).

Nella politica interna V. A. I si mostrò, secondo il giudizio del Richelieu, “buon principe verso i suoi popoli”. Durante la peste (1630) e la carestia alleviò le miserie dei sudditi, e fu pronto a reprimere le tristi conseguenze morali (violenza e brigantaggio) di quegli anni difficili. Nel settore economico e commerciale fece poche innovazioni, ma riordinò e ristabilì consuetudini che la guerra e la pestilenza avevano ostacolate o distrutte. Per sopperire alle esigenze finanziarie procedette alla vendita di molti titoli nobiliari. La povertà dei mezzi gll’impedì di attuare un vasto programma di lavori pubblici, ma un notevole impulso ebbero i restauri del Valentino. Sul terreno giurisdizionale lottò contro i nunzî, sia in difesa delle prerogative statali, sia per evitare un aumento delle immunità ecclesiastiche nel quadro della proprietà terriera. Molte cure furono rivolte all’esercito e alla difesa del territorio: V. A. I fece fortificare Torino e soprattutto le piazze di confine, come Mommeliano; riordinò le artiglierie e istituì le caserme, vietando l’alloggio dei soldati nelle case private. In sostanza, V. A. I rivelò ottime direttive e propositi eccellenti, ma dovette operare con mezzi scarsi e in circostanze sfavorevoli. Pure, anche nei momenti più aspri, conservò forte il senso della dignità e dell’alto prestigio dello stato, cercando di accrescerli, come si vide nel 1630, quando assunse il titolo, per altro non riconosciuto, di re di Cipro.

Vittorio Amedeo I morì, probabilmente di febbri malariche, lasciando due fanciulli (Francesco Giacinto e Carlo Emanuele). Fu quindi proclamata reggente la duchessa Cristina, sostenuta dalla Francia.

2.1. A Chieri

Santuario dell'Annunziata

1629 – Maria Cristina di Francia visita Chieri

1630 – Con il suo contributo si inizia la costruzione della chiesa dell’Annunziata

1630-1631 – Epidemia di peste

1632 – Pace di Cherasco: Chieri si separa da Torino e diventa Provincia con un suo governatore in rappresentanza del duca, un prefetto e un intendente torna all'inizio

3. La reggenza di Maria Cristina Maria Cristina di Francia

1637 – Alla morte di Vittorio Amedeo I. la moglie,Maria Cristina, assume il governo in nome del primogenito che aveva solo cinque anni. La reggenza durerà fino al 1662.

Scrive G. VANETTI in Appunti di Storia del Piemonte. 4. Il Seicento, Chieri, 2014, p, 17 sg:

In un rapporto ambiguo di fraterna inimicizia contro di lei si mossero i cognati Maurizio e Tommaso, appoggiati, nella capitale, da padre gesuita Pierre Monod, filospagnolo (…). Sia la cittadinanza di Torino, che la municipalità e la stessa corte si divisero allora in due opposte fazioni, i “madamisti”, filofrancesi, vicini a Maria Cristina, tra i quali emerse la figura di Filippo d’Agliè, e i “principisti”, che mal vedevano lo strapoptere francese in Piemonte ed auspicavano il rientro del cardinal Maurizio e di Tommaso di Carignano (…). Una lunga e fratricida guerra tra la reggente e i due cognati, appoggiati rispettivamente dalla Francia e dalla Spagna, si protrasse fino al 1642. 1638-1642 – Guerra dei Principi

3.1. Per saperne di più

VANETTI G., Appunti di Storia del Piemonte. 4. Il Seicento, Chieri, 2014: cap. 1 L’età di Carlo Emanuele I (1580-1630) e Vittorio Amedeo I (1630-1637; cap. 2 L’età delle reggenti (1637-1684); cap. 3 Il ducato di Vittorio Amedeo II. http://www.treccani.it/enciclopedia/cristina-di-francia- duchessa-di-savoia_%28Dizionario-Biografico%29/ con fonti e ampia bibliografia https://www.lacivettaditorino.it/madama-reale-maria-cris tina-di-francia/ https://www.youtube.com/watch?v=ZzHScIFWkK0

3.2. A Chieri

1639-40 – La città di Chieri è coinvolta nella Guerra dei Principi. Il cardinale Maurizio di Savoia ne cerca invano l’appoggio: in città entrano 7000 fanti e 2000 cavalieri.

Da VANETTI G., Chieri. Appunti di storia, Chieri, 1996, p. 67:

Per riprendere la città accorsero da Poirino gli Spagnoli e da Moncalieri le truppe del principe Tommaso che assediarono Chieri. Dopo alcuni inutili tentativi per rifornire gli assediati di vettovaglie, il conte d’Harcourt e il marchese Villa di Villastellone, decisero una sortita nel tentativo di riportare il loro esercito a Carignano. Nella notte del 20 novembre i Francesi uscirono da Chieri e si diressero verso sud, ma, giunti al ponte della Rotta, tra Santena e Villastellone, furono intercettati dagli Spagnoli che, in una sanguinosa battaglia, li decimarono

1642 – Sollecitato da Cristina di Francia, viene fondato il Convento della Pace Convento della Pace - Disegno di Clemente Rovere (sec. XIX)

1650 – Nuova visita a Chieri di Cristina di Francia

1662 – Roberto Biscaretti pubblica laCheriensis Urbis Descriptio, come citato in Delle storie di Chieri di Luigi Cibrario, disponibile in versione digitale cliccando qui.

Cheriensis urbis descriptio, Aug. Taur., 1662, in ASTo, Paesi AB, Raccolta Biscaretti, m. 56 n. 39 Testo e traduzione in CHIRI PIGNOCCHINO E., Chieri città ducale tra Torino e l’Europa, Chieri, 2013, pp. 41-57

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4. Carlo Emanuele II

Carlo Emanuele II di Savoia

Dalle pagine web dei Musei di Torino.

Carlo Emanuele II (1634-75) prese effettivamente il potere nel 1663, alla morte della madre Cristina, quando aveva quasi 30 anni, trovando uno Stato quasi dipendente dalla Francia, economicamente provato e diviso tra le fazioni filofrancese e filospagnola. In politica estera cercò di riprendere le iniziative espansionistiche, ma al tentativo di impadronirsi di Ginevra s’oppose Parigi e nel 1672 fallì la conquista di Genova.

Maggiori successi ebbe in politica interna,rafforzando il potere ducale e rilanciando l’economia, i commerci e le manifatture. Riformò l’esercito, plasmò una nuova classe di funzionari, scegliendoli fra gli imprenditori emergenti cui concesse, venalmente, titoli nobiliari, limitando così l’importanza delle antiche famiglie aristocratiche.

La sua volontà d’affermare il proprio potere rese talora difficili i rapporti con il Municipio, ma i suoi interventi in città lasciarono tracce profonde, sia in ambito organizzativo/legislativo sia urbanistico, con la decisione d’ampliare Torino verso Po, iniziando a darle la forma di «mandorla» che l’avrebbe contraddistinta sino al XIX sec., e per l’impulso dato alla realizzazione delle residenze extraurbane della «corona di delizie». torna all'inizio

5. la Città di Chieri nel Theatrum Sabaudiae

Da VANETTI G., Appunti di storia del Piemonte. 4. Il Seicento, Chieri, 2014, pp. 32

In un Piemonte desolato dalla carestia e dalla peste, affamato dalle continue guerre, i Savoia vollero creare un “palcoscenico” sul quale cantare i fasti della loro potenza (…) e progettarono il “Theatrum Sabaudiae”, una raccolta in due tomi, di 145 tavole a stampa, raffiguranti gli edifici più significativi di Torino e la visione prospettica o a volo d’uccello della capitale e delle altre città più importanti del ducato. 1662 – Il Comune di Chieri assegna ai fratelli Antonio e Giovanni Francesco Fea-Cerutto, pittori chieresi alla corte sabauda e residenti a Torino, l’incarico di disegnare una veduta prospettica della città: dell’originale, ora in una “collezione privata” non identificata, possediamo una riproduzione pubblicata in VANETTI G., Chieri, Appunti di storia, Chieri, 1996.

1666 – La veduta di Chieri del 1662, non gradita dalla corte, è rifatta da Giovanni Tommaso Borgonio. La relazione storia che l’accompagna, richiesta dal Duca già nel 1661, è nel vol I del Theatrum Sabaudiae, a cura di L. FIRPO, Torino, 1995, p. 174 sgg.

1682 – Pubblicazione del Theatrum Sabaudiae – Una tavola è dedicata alla città di Chieri: la Cherium Civitas.

La StArt Gallery ne espone una riproduzione autorizzata dall’Archivio Storico della Città di Torino detentore dei diritti di pubblicazione. Sul monitor touch screen il visitatore può accedere a dettagli grafici a forte ingrandimento.

La rappresentazione di Chieri del Theatrum Sabaudiae del 1682. CHIERI. Veduta. Incisione (mm 481 x600) anonima su disegno del 1666 di Giovanni Tommaso Borgonio. La Cherium Civitas del Theatrum Sabaudiae Stemma del duca di Savoia, incisione acquerellata di Jan Luykendal Theatrum Sabaudiae, 1682 - Archivio Storico della Città di Torino

La Cherium Civitas del Theatrum Sabaudiae in bianco e nero

Una copia del Theatrum Sabaudiae può essere acquistata tramite il negozio online dell’Archivio Storico Città di Torino cliccando qui. Una versione digitale del testo può esseresfogliata cliccando qui o scaricata in formato pdf cliccando qui. torna all'inizio

6. Chieri all’epoca di Vittorio Amedeo II

1691 – La città di Chieri paga un riscatto per salvarsi dalla distruzione minacciata dal generale francese Feuquieres

1692 – Vittorio Amedeo II e la madre, Maria Giovanna Battista, soggiornano brevemente in città nelle case dei Robbio

Palazzo Robbio ospitò Vittorio Amedeo II nel 1692

1697 – Nasce l’Accademia degli Irrequieti

Ulteriori approfondimenti sul regno di Vittorio Amedeo II sono disponibili qui https://italiasabauda.it/il-lungo-regno-di-vittorio-amedeo -ii-di-savoia-primo-re-di-sardegna/ torna all'inizio

Cinquanta anni di guerre

La prima metà del Cinquecento fu uno dei periodi più bui nella storia dello Stato Sabaudo.

Chieri si trovò più volte direttamente coinvolta nelle vicende belliche.

Occupata prima dai Francesi poi dalle forze imperiali, nel settembre del 1551 fu di nuovo espugnata a cannonate dalle truppe del generale francese Brissac il quale, rinforzate le mura, i bastioni e la Rocchetta del Gialdo, la trasformò in una piazzaforte a servizio dei Francesi che infatti vi rimasero per undici anni, ben oltre la pace di Cateau Cambrésis (1559).

1. La discesa di Carlo VIII

Nel 1492, con la morte di Lorenzo De Medici, era crollata la Lega Italica che aveva assicurato la pace nella penisola per 50 anni. La fragilità politica e militare dell’Italia, le sue divisioni interne, la frammentazione dei suoi stati scatenarono le ambizioni espansionistiche dei sovrani europei attratti dalle ricchezze del territorio.

Carlo VIII di Valois, l’Affabile, re di Francia (1483-1498) Nel 1494 Carlo VIII di Francia calò in Italia per andare ad occupare il Regno di Napoli sulla base di una rivendicazione dinastica. Il 5 settembre entrò in Torino dove rimase per oltre un mese. Sconfitto a Fornovo (1495) fu costretto ad abbandonare i territori occupati.

Per approfondire ulteriormente si segnalano i seguenti collegamenti.

Carlo VIII in Italia (Passato e Presente, Stagione 2017/18, Rai3; disponibile dopo aver eseguito l’accesso gratuito a RaiPlay)

https://www.raiplay.it/video/2017/10/Passato-e-presente—Carlo- VIII-in-Italia-4f4ff57d-8c7b-4b0d-8372-d8c59289fe5e.html

La Guerra d’Italia del 1494 e la discesa di Carlo VIII (dal canale YouTube Scazzoni di )

Nel viaggio di andata il sovrano francese era venuto più volte a Chieri per accordarsi con i banchieri locali e raccogliere fondi per sostenere le spese militari. In città era stato accolto dai versi di Leonetta Tana

O re cristianissimo, risorta gloria di Carlomagno, noi supplichiamo la potenza divina…

[vedi G. CAMPORESE, 1982, p. 228 e C. ROVERE consultabile qui]

Palazzo Tana, Via Principe Amedeo, Chieri

Nel viaggio di ritorno Carlo VIII soggiornò nuovamente a Chieri ospite della famiglia Solaro, evento che è ricordato in una lapide affissa sulla facciata della casa di via Vittorio Emanuele II all’angolo con via della Pace. La casa dei Solaro. Disegno di Clemente Rovere (1843)

Stemma: scudo d’azzurro con tre gigli di Francia d’oro. Sotto lo stemma è possibile leggere

Cy herbergea Charles preu Roy des Gaulx… [Qui ha dimorato Carlo, prode re dei Galli…]

Per la trascrizione e l’interpretazione vedi G. CAMPORESE, 1982, pp. 227-228 ed anche http://www.brunacci.it/indovinello-della-lapide-di-chieri-del- 1494.html

“La conseguenza dell’avventura del Re francese fu, per il Piemonte, forzatamente alleato, un duro colpo economico che stremò le finanze già esauste dei tre stati piemontesi e determinò la bancarotta delle casane chieresi e astigiane”.

(G. VANETTI, 2013, pag. 102) torna all'inizio

2. Un secolo in tono minore: il Cinquecento

2.1. Le Guerre d’Italia

“Per il Piemonte, preso nell’ingranaggio delle lotte con le quali per quasi quarant’anni Francia e Spagna si contendono il predominio in Europa, i primi decenni del XVI secolo sono un periodo di grave crisi.

La sua posizione geografica di “regione delle vie di Francia”, che in passato è stata la sua fortuna, diventa la sua condanna, poiché la rende passaggio obbligato degli eserciti sia francesi che imperiali, con conseguenze sul piano economico, politico e sociale che è facile immaginare.

Alla difficile congiuntura europea si aggiunge l’incapacità del duca Carlo III, che ha la ventura di governare in un periodo che richiederebbe ben altre doti di intelligenza ed energia.

Risultato inevitabile è che il ducato sabaudo, fagocitato dalla Francia e ridotto a pochi brandelli di territorio, sembra destinato a scomparire dalla carta geografica dell’Europa.

La situazione cambia decisamente a partire dal 1559: Emanuele Filiberto, il vincitore di S. Quintino, aCateau Cambrésis riottiene i territori perduti e procede ad una profonda riorganizzazione di tutti i settori dello Stato.”

(A. MIGNOZZETTI) torna all'inizio

2.2. Guerre e calamità

Eventi drammatici ed incredibili sventure colpirono la città di Chieri: guerre, pestilenze, inondazioni, carestia. Nel giro di pochi anni da attiva e prosperosa, diventò – come si legge in una cronaca dell’epoca e si comprende dal registro della taglia del 1523 – poverissima e desolata (vedi F. FERRUA, 2009, p. 73 sg.). Cronaca Martinetti (1596) Fondo Bosio, Biblioteca Civica Centrale, Torino, Paesi, Chieri, m. 23, n. 103

1514 – Fu la peste grande in Chieri, che morse più milliara di persone

Estate 1515 – Il Piemonte è occupato dai lanzichenecchi svizzeri. Guidati da Mattia Shinner, attraversano il Chierese per andare a bloccare a Cuneo l’esercito francese. Allorché si presentano alle porte di Chieri, il Comune assolda dei soldati e rafforza la vigilanza alle porte. I costi furono ripianati l’anno successivo da una pesante tassazione. Taglia del 1516

Liber taxe facte de anno 1516 ad causam Lanzechinetorum, ASCC, Taglie, vol. 88

1516 – Cascò la volta di santo Augustino il primo giorno di Pascha, che ivi dentro si predicava … e morse più persone

1517 – Venne una pioga che durò un mese di continuo, che si aveva pagura del diluvio

1521 – Fu altra peste grande, che in Chieri morsero circa 8000 persone et medemo anno di settembre fu fatto diluvio d’acqua per pioga

1524 – Fu tempesta tanto grande che non lasciò cosa alcuna. Il grano vale fiorini 28 il sacco

1528 – Cascarono predre dal cielo machiaferrate, delle quali furono predre che pesavano più di libre trenta luna [pietre che pesavano ciascuna più di 10 kg.] 1536 – Nella campagne imperversa il brigantaggio:Antonio Torresano, con una squadra di poche decine di mercenari penetra di notte attraverso la porta del Vairo, apertagli dall’interno. I Chieresi abbandonano la città che va in mano ai Francesi.

1537– La città è rioccupata dagli Spagnoli. Migliaia di soldati la presidiano.

1541 – Gran carestia. Il grano valeva fiorini 39,40 il sacco. Eran costreti andarvi a comprarne in le Langhe

1542 – “Locuste grosse come il dito piccolo, di diversi colori oscuravano il cielo, devastavano alberi, meliche, meglia, vite: cosa in questi paesi mai più veduta” (Cronaca Martinetti, Paesi. m. 23, n. 103, in Fondo Bosio) torna all'inizio

3. L’occupazione francese e il ritorno dei Savoia

1551 – Il generale Charles de Cossé, conte di Brissac, riconquista la piazzaforte di Chieri che rimarrà a servizio dei Francesi per 11 anni, ben oltre la pace di Cateau Cambrésis.

Un’analisi ben documentata delle vicende che portarono alla resa della città è in G. CAMPORESE, 1982, pp. 241-252 (vedi anche B. DE MONLUC, 1630 e BOYVIN DU VILLARS, 1610 e la Cronaca Martinetti, 1596). Ritratto di Carlo di Cossé nel 1550, della scuola di Jean Clouet. Fonte: wikipedia, Carlo I di Cossé

1553 – Il re di Francia Enrico II emana un decreto di annessione dei piccoli ospedali di Chieri (San Lorenzo, Annunziata, S. Cristoforo, Sant’Antonio, Santa Croce), delle confraternite e dei “luoghi pii” all’Ospedale di Santa Maria della Scala che prende il nome diOspedale Maggiore di Chieri (per ulteriori approfondimenti vedi Assistenza“ e beneficenza“)

“La dominazione francese era durata poco più di un decennio, un periodo in cui la città era rifiorita, mostrando di non risentire troppo delle dolorose conseguenze dell’occupazione. Essa semmai era parsa beneficiare dei suoi effetti. In quegli anni, infatti, Chieri riuscì a ricostituire le proprie strutture demografiche, un indizio di indubbia vitalità dopo la tremenda congiuntura degli anni ’20-‘30” Da ALLEGRA L, 1987, p. 163

1557 – Cuneo è assediata, senza successo, dai Francesi (vedi G.VANETTI, 2013, pp. 15-16)

1559 – Trattato di Cateau Cambrésis.

Come si legge sulla pagina wikipedia Guerre d’Italia del XVI secolo

Le Guerre d’Italia si conclusero con lapace di Cateau- Cambrésis (1559). Con questi accordi vennero regolati gli equilibri europei fino alla pace di Vestfalia del 1648, con la Spagna quale principale arbitro della politica continentale. Gran parte della penisola italiana fu posta sotto la sua dominazione diretta (Ducato di Milano, Regno di Napoli, Regno di Sicilia, Regno di Sardegna, Stato dei Presidi) o indiretta; gli unici stati italiani che seppero mantenere una certa autonomia furono ilDucato di Savoia (legato alla Francia) e la Repubblica di Venezia, mentre il Papato, pur autonomo, risultava perlopiù legato alla Spagna dalla comune politica di far prevalere in Europa la Controriforma cattolica. http://www.treccani.it/enciclopedia/pace-di-cateau-cambresis/

Bassorilievo in bronzo, Caval `d brons (Torino, Piazza San Carlo) Il monumento a Emanuele Filiberto di Savoia è descritto nella pagina dedicata del Comune di Torino.

Il duca Emanuele Filiberto mentre legge i preliminari di pace per il trattato di Cateau-Cambrésis

Monumento equestre a Emanuele Filiberto. Opera dello scultore Carlo Marochetti, collocata a Torino in piazza San Carlo nel 1838, denominata “Il cavallo di bronzo”. Il basamento in granito è ornato su ogni lato dallo stemma sabaudo con la corona ducale e da due bassorilievi in bronzo.

Iscrizione: Fronte: stemma sabaudo con corona ducale. Lato sinistro: EMANUELE FILIBERTO/CAROLI III F/ALLOBROGUM DUCI/REX CAROLUS ALBERTUS/PRIMUS NEPOTUM/ATAVO FORTISSIMO/VENDICI ET STATORI/GENTIS SUAE/AN. MDCCXXXVIII, stemma sabaudo con corona ducale, bassorilievo che rappresenta il Duca che fa prigioniero il Montmorency, Gran Connestabile di Francia. Retro: stemma sabaudo con corona ducale. Lato destro: VICTOR AD AVG. VEROMANDUOR/SUBALP. REGIONE/IN VIRTUTIS PRETIUM RECEPTA/URBEM INGREDITUR/IURE VETERIS PRINCIPATUS/ET CIVIUM STUDIO SUAM/POPULIS PACEM/REDDITURUS/XIX KAL IAN. AN. M D LXII, stemma sabaudo con corona ducale, bassorilievo del Duca che legge i preliminari di pace per il trattato di Cateau- Cambrésis.

Sul monumento a Emanuele Filiberto di Savoia si segnala il video

Confini del Regno di Francia dopo Cateau Cambrésis (da wikimedia)

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4. Le fortificazioni di Chieri

“A difesa del suo abitato, Chieri aveva all’inizio del Cinquecento una cinta muraria che risaliva, in massima parte, al medioevo: le mura, dotate di camminamenti e di torrette quadrangolari per la sorveglianza, erano robuste – sufficienti quindi ad impedirne lo sfondamento – ed alte (raggiungibili con molta difficoltà a mezzo di scale); le porte della città (Vairo, Nuova, Arene, Rio inferiore, Gialdo, Albussano e Moretto) erano solide e sempre presidiate, mantenute chiuse di notte e quando c’era pericolo di attacchi nemici o notizia di malattie (vedi immagine successiva). La collina di Turriglie a nord ovest e i rii Pasano ad est e Tepice a ovest e a sud garantivano quanto meno di frenare eventuali attacchi nemici.

Custodia pro sanitate morbi ad portam Albuzani et Moreti, anno 1516 (ASCC)

Ma con la diffusione delle armi da fuoco si impose la necessità di rinforzare e di adattare le mura: furono capitozzate le torri di vedetta, facile bersaglio del nemico, e gli spigoli furono dotati di robusti bastioni colmi di terra che al loro interno potevano ospitare i cannoni.

Una Pianta delle fortificazioni di Chieri, Ing. Gian Maria Olgiati, Archivio di Stato di Torino (metà sec. XVI) è, in proposito, assai eloquente (clicca sull’immagine per ingrandire).

Pianta delle Fortificazioni di Chieri (metà del XVI secolo) Una versione ad alta definizione è consultabile presso i locali della StArt Gallery di Chieri.

Dalla pianta si possono vedere:

le mura medievali (in colore bruno scuro) con le molte torrette quadrate; alcuni bastioni con terrapieno in colore ocra negli spigoli della cinta muraria (tra porta Nuova e porta Arene e tra le porte Gialdo e Moretto) e di fronte alle Porte Vairo e Nuova (all’interno c’è ancora la torretta) il rivellini ottagonali già costruiti delle porte del Moretto (Morè) e del Gialdo (porta Gianni) già dotata di rivellino ottagonale e affiancata dalla Rocchetta).

All’esterno delle mura medievali sono appena delineati, perché non ancora realizzati, i rivellini poligonali alle porte Vairo e Arene, il grande bastione della Mina a nord ovest che sarà edificato nel 1555 e una controscarpa esterna che doveva servire a rallentare il nemico.

All’interno, a ridosso delle abitazioni, era prevista una cortina in terra battuta parallela alle mura particolarmente solida a nord ovest in prossimità della chiesa di Sant’Agostino e del convento benedettino di San Giacomo.

Al centro la rocca di San Giorgio con una veduta della chiesa quattrocentesca e della torre già sormontata dal caratteristico pinnacolo ad ospitare le campane.

Le mura con fortificazioni realizzate nel Cinquecento sono disegnate dal Borgonio nel Theatrum Sabaudiae (1682), nella Carta delle Mura dell’arch. Vay (1775, in ASCC) e nella Plante del la Ville che Chieri (j. Crivelli, 1809, Archivio Storico Citta di Torino) e in disegni ottocenteschi del Burzio (ASCC). Un “excursus” sulle mura di Chieri a cura di Vincenzo Tedesco è in Archeologia a Chieri (2010), p. 101 sgg. Delle mura, abbattute a metà dell’Ottocento, rimangono molte tracce ed il Bastione della Mina.”

(F. FERRUA)

4.1. Porte, mura e fortificazioni a partire da A. Maso Gilli

Il video che segue ripercorre la storia urbanistica dell’area occidentale di Chieri partendo da un dipinto ottocentesco di A. Maso Gilli.

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5. Bibliografia ragionata

ALLEGRA L., La città verticale. Usurai, mercanti e tessitori nella Chieri del Cinquecento, Milano, 1987. ALLEGRA L., Chieri fra Cinque e Settecento, Chieri, 1985 (il ciclostilato di 74 pp. è stato realizzato su incarico dell’l’Assessorato per l’Istruzione di Chieri nell’ambito del Progetto “Per conoscere la città” di cui costituisce il terzo vol.) BONARDI C., Architettura militare, in DAVICO VIGLINO M., Fortezze “alla moderna” e ingegneri militari del ducato sabaudo, Torino, 2005, vol. I, Chieri, Pianta delle fortificazioni BOYVIN DU VILLARS, Mémoires sur les guerres en PIémont et duché de Milan de 1550 à 1559 (1610), pag. 47 sgg. Alcuni passi sono tradotti in G. CAMPORESE) (consultabile sul web) CAMPORESE G., Storia dei Chieresi, Chieri, 1982, p. 227 sgg. Manuale indispensabile per conoscere la storia locale dalle origini fino al Seicento. Bibliografia sul Cinquecento a p. 294 CIBRARIO L., Delle storie di Chieri. Libri quattro, Torino, 1831. Il volume è anche sul web (v. oltre). A p. 351 sgg. estratto delle cronache di Giambernardo Miolo di Lombriasco e di Bartolomeo Martinetti sui drammatici eventi che colpirono Chieri nella prima metà del XVI secolo. FERRUA F., La crisi e le lacrime dei Chieresi, in Il Murè. Storia e storie di un quartiere di Chieri, Riva presso Chieri, 2009, p. 68 sgg. A pag. 74 la trascrizione del documento da cui Bartolomeo Martinetti estrasse la sua cronaca (Archivio Storico Comune Chieri, Taglie, art. 134, par. 6, a. 1523, f. 2 sgg.). MIGNOZZETTI A., La vita dei Chieresi nel XVI secolo, in Chieri e il tessile. Vicende storiche e di lavoro dal XIII al XX secolo,Chieri, 2007, p. 91 sgg. Presentazione sintetica e lineare della storia di Chieri nel Cinquecento. MONLUC (DE) B, Commentaires et lettres , trad. ital. in Comentari del signor Biagio di Monluc (1630) p. 140 sgg. (consultabile sul web) NAVIRE M., La situazione del Piemonte nella prima metà del sec. XVI, in Il cinquecentesco Arco di Piazza, Chieri, 2002, p. 29 sg.. Sui rapporti tra Chieri e i Savoia si veda p. 38. OLIVA G., Una decadenza durata cent’anni. Emanuele Filiberto e la restaurazione del dominio sabaudo, in I Savoia, 1998, pp. 147-228. ROVERE C., Il ghetto di Chieri, in Museo scientifico, letterario ed artistico ovvero scelta raccolta di utili e svariate nozioni, anno V, Torino, 1843 (consultabile sul web) TEDESCO V., Le cinte murarie di Chieri. Un excursus, in Archeologia a Chieri, a cura G. Pantò, Torino, 2010, pp. 101-107. VALIMBERTI B., Chieri al tempo di Emanuele Filiberto, celebrandosi il IV centenario della nascita del Duca, Torino, 1928 (estratto dal vol. CVI, BSSB) VANETTI G., Appunti di storia del Piemonte. 3. Il Cinquecento, Chieri, 2013. Narrazione degli eventi del Cinquecento. Ai testi si affiancano immagini grafiche e fotografiche di personaggi e ambienti, nonché schede di approfondimento e schemi. Cap. 1: La prima metà del Cinquecento, pp. 2-40. VANETTI G., Chieri. Appunti di storia, Chieri, 1996, p. 55 sgg.. Agile e documentata guida sulla storia di Chieri. Il testo fa parte di una collana edita da Il Corriere di Chieri. VANETTI G., Convento di San Domenico a Chieri. Una chiesa, la sua storia, Chieri, 1990, pp. 39-41

MONLUC (DE) B, Commentaires et lettres , trad. ital. in Comentari del signor Biagio di Monluc (1630)

BOYVIN DU VILLARS, Mémoires sur les guerres en PIémont et duché de Milan de 1550 à 1559 (1610)

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