Quick viewing(Text Mode)

My Fair Lady: L’Ideale Possibile

My Fair Lady: L’Ideale Possibile

SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI (Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003)

Via P. S. Mancini, 2 – 00196 - Roma

TESI DI DIPLOMA DI MEDIATORE LINGUISTICO

(Curriculum Interprete e Traduttore)

Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla classe delle

LAUREE UNIVERSITARIE IN SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA

My Fair Lady: L’ideale possibile

RELATORI: CORRELATORI: prof.ssa Adriana Bisirri prof.ssa Claudia Piemonte prof. Paul Farrell prof. Wolfram Kraus

CANDIDATA:

Sara Tinti

ANNO ACCADEMICO 2015/2016

1

My Fair Lady:

L’ ideale possibile

2

Alle mie nonne Anna Maria e Rossana.

Vi voglio bene.

3 Indice

Introduzione...... 9

1. L’OPERA ...... 12

1.1 Il Musical...... 12

1.2 Trama...... 13

1.3 Adattamento ...... 15

1.4 Il dialetto Cockney ...... 15

2. DA OVIDIO A GEORGE CUKOR ...... 21

2.1 Il mito di Pigmalione e ...... 21

2.2 di ...... 23

2.2.1 Trama ...... 24

2.2.2 Personaggi ...... 26

3. LA PEDAGOGIA NEI SECOLI ...... 28

3.1 L’educazione ...... 28

3.2 L’educazione femminile ...... 31

3.3 L’educatore ...... 33

3.4 L’effetto Pigmalione ...... 34

3.5 L’Emilio di Rousseau ...... 39

3.6 John Dewey e il concetto di esperienza ...... 47

3.7 Maria Montessori ...... 51

4. L’ESPERIENZA LINGUISTICO-CULTURALE ...... 53

4.1 L’apprendimento linguistico ...... 53

4 4.2 Franz Boas ...... 54

4.2.1 Acculturazione ...... 56

4.2.2 Relativismo sociale o culturale ...... 59

4.2.3 Lo shock culturale ...... 62

4.3 L’analisi nell’esperienza ...... 64

Conclusioni ...... 69

Versione inglese ...... 71

Versione tedesca ...... 109

Sitografia...... 132

Bibliografia ...... 135

Ringraziamenti ...... 136

5 English Version Index

Introduction...... 72

1. THE WORK...... 75

1.1 The Musical ...... 75

1.2 The Plot ...... 76

1.3 Cockney ...... 77

2. FROM TO GEORGE CUKOR ...... 80

2.1 The Greek myth of Pygmalion and Galatea ...... 81

2.2 The myth of Pygmalion and Galatea in arts...... 81

2.3 Pygmalion by George Bernard Shaw ...... 82

3. THE EDUCATION OVER THE TIME ...... 87

3.1 Education ...... 87

3.2 Female Education ...... 88

3.3 The Educator ...... 90

3.4 ...... 90

3.5 Emile or On Education ...... 93

3.6 John Dewey and the experience ...... 96

4. THE LANGUAGE CULTURAL EXPERIENCE ...... 98

4.1 The language acquisition ...... 98

4.2 Franz Boas ...... 99

4.2.1 Acculturation ...... 100

4.2.2 Socio-cultural relativism ...... 102

4.2.3 Culture shock ...... 103

6 4.3 The analysis into the experience ...... 104

Conclusion...... 107

7 Deutscher Abschnitt Inhaltsverzeichnis

Einleitung ...... 110

1. DAS WERK ...... 112

1.1 Das Musical ...... 112

1.2 Die Handlung ...... 113

1.3 Cockney ...... 114

2. VON OVID BIS GEORGE CUKOR ...... 116

2.1 Der griechische Mythos von Pygmalion und Galatea ...... 116

2.2 Pygmalion von George Bernard Shaw...... 117

3. DIE ERZIEHUNGWISSENSCHAFT IM LAUFE DER JAHRHUNDERTE . .118

3.1 Die Erziehung ...... 118

3.2 Der Erzieher ...... 119

3.3 Pygmalion-Effekt ...... 119

3.5 Èmile oder Über die Erziehung...... 121

3.6 John Dewey und die Erfahrung...... 122

4. DIE SOZIO-KULTURELLE ERFAHRUNG ...... 124

4.1 Spracherwerb ...... 124

4.2 Franz Boas ...... 124

4.2.1 Die Akkulturation ...... 125

4.2.2 Sozio- Kulturrelativismus...... 127 4.3 Die Analyse in der Erfahrung ...... 128 Fazit ...... 130

8 Introduzione

Quando mi sono chiesta quale argomento scegliere per la mia tesi di laurea volevo che fosse un argomento che mi appassionasse e di cui avrei potuto parlare per pagine e pagine, ma anche che fosse attinente ai miei studi. Proprio durante una lezione all’università sono venuta a conoscenza di questo musical che mi è piaciuto dal primo momento nella storia e nell’adattamento dei testi musicali nelle varie lingue e in particolare in Italiano. Il musical in questione è My

Fair Lady del 1964 diretto da George Cukor. Questo film, inspirato all’opera

Pigmalione di George Bernard Shaw, si apre con una scommessa: far diventare una dama di classe, quindi una “Lady”, una semplice fioraia entro sei mesi insegnandole i fonemi della lingua inglese.

Mi ha colpito molto da subito il tema di questo film che tratta proprio dello studio delle lingue e in particolare dei fonemi. Nell’opera viene sottolineato ed enfatizzato questo legame tra la lingua e l’estrazione sociale come se fossero appunto parti integranti dell’individuo e . Il tema centrale è la glottodidattica che

è la disciplina che analizza i diversi metodi e approcci dell’insegnamento delle lingue (sia di quella madre che di quelle straniere).

Tra i diversi oggetti di ricerca della glottodidattica abbiamo la cosiddetta

“competenza comunicativa” che nel film è quella che il professor Higgins cerca di far apprendere ad Eliza attraverso esercizi di fonetica e portamento.

9 La competenza comunicativa non riguarda soltanto il linguaggio ma è un vero e proprio stato mentale e riguarda la capacità di parlare in contesti comunicativi socialmente connotati. Possiamo dire quindi che l’uso della lingua è un’azione socialmente rilevante in quanto la competenza comunicativa è composta da una competenza linguistica che riguarda la conoscenza della fonologia, della sintassi, della semantica di una lingua ma anche della gestualità, del vestiario, della distanza fisica tra i due interlocutori e delle competenze contestuali.

Tutto ciò significa che un individuo che utilizza un determinato linguaggio non comunica soltanto attraverso le parole ma entra in gioco tutto il suo bagaglio culturale che viene usato diversamente a seconda del contesto. Nel film vediamo come una semplice fioraia semianalfabeta diventa una vera e propria “lady” in sei mesi apprendendo queste regole di fonetica e di portamento. Mi ha colpito la figura di Eliza perché è una metafora di quello che ognuno di noi è di fronte a qualcosa di totalmente nuovo e sconosciuto come possono essere per me le lingue che ho scelto di studiare.

Così mi sono chiesta : è davvero così? Nell’apprendimento delle lingue è la fonetica ciò che conta davvero? Imparando le regole grammaticali di una lingua si può dire di saperla parlare? E soprattutto, sono sufficienti sei mesi?

In questa tesi andrò ad approfondire e analizzare questo argomento per rispondere a queste domande basandomi anche sulla mia esperienza di studentessa di lingue e culture straniere.

10 Nel primo capitolo andrò ad analizzare l’opera di George Cukor parlando anche dell’adattamento in italiano, che è risultato uno dei più complicati nella storia del cinema.

Metterò a confronto l’opera di George Cukor facendo un excursus letterario, partendo dal mito greco di Ovidio Pigmalione e Galatea evidenziando le analogie e le differenze con l’opera teatrale Pygmalion di Bernard Shaw, fino ad arrivare al musical.

Nel capitolo successivo verranno analizzati gli elementi chiave del musical, ossia l’emancipazione femminile e ovviamente il nostro campo d’indagine : l’educazione.

Metterò a confronto la metodologia di diversi pedagogisti, vedendo come l’educazione non sia qualcosa di puramente teorico, ma una questione che ancora oggi è il centro di numerosi dibattiti e di cui l’uomo si è sempre interessato, dal mondo ellenico, al Settecento per arrivare fino a noi.

Il terzo capitolo verterà sull’apprendimento linguistico e sul concetto di lingua come parte della cultura di un popolo, citando anche qui le tesi di diversi linguisti del 900 per avvalorare questa tesi.

Infine parlerò anche della mia esperienza a contatto con una cultura e una lingua straniera, avvalorando la tesi che non è sufficiente solo una conoscenza teorica.

11 Capitolo I. L’Opera

I.1 Il Musical

Il musical è una rappresentazione teatrale o cinematografica che è nata e si è sviluppata tra l’800 e il 900 negli Stati Uniti d’America in particolare a New York e

Broadway. Nel musical troviamo tre fattori fondamentali che lo contraddistinguono: musica, canto e danza oltre che ovviamente alla recitazione.

La musica è l’elemento centrale, infatti la bravura degli attori oltre che nel recitare sta nel fatto che devono sapere anche cantare e ballare. Nel musical nulla è lasciato al caso, ogni particolare è importante per la riuscita dello spettacolo, dalla regia, alla scenografia alle coreografie accompagnate dalla musica. Tutto è curato nei minimi dettagli.

Il musical ha un origine popolare ed era rivolto ad un pubblico vario anche perché grazie all’insieme di queste arti il risultato è uno spettacolo capace di affascinare e appassionare chiunque. Ed è per questo che da New York il musical inizia ad espandersi anche nelle altre città statunitensi e successivamente anche in Europa. Questa espansione è stata sicuramente agevolata anche dalle versioni cinematografiche di Hollywood che ne hanno permesso una maggiore conoscenza. Ovviamente il musical è cambiato con il passare degli anni a seconda dei diversi momenti storici. Ad esempio negli anni della grande depressione americana il musical rappresentava perlopiù uno svago quindi le storie erano per la maggior parte storie “leggere” a lieto fine con una presenza spiccata di

12 comicità talvolta anche esagerata. Durante la seconda guerra mondiale invece le storie erano principalmente patriottiche.

Ma possiamo affermare che gli anni d’oro del musical furono gli anni Cinquanta e

Sessanta ai quali risalgono appunto le produzioni più famose tra cui Cabaret

(1966), Jesus Christ Superstar (1970) e naturalmente My Fair Lady (1956).

Il musical My Fair Lady debutta a New York la sera del 15 Marzo 1956 al Merk

Hellinger theatre ottenendo un gran successo e prolungandosi per ben 2717 rappresentazioni, un vero e proprio record per Broadway. Dagli Stati Uniti poi si spostò a Londra nel 1958 con lo stesso cast di Broadway dove fecero 2281 repliche. Poi fu la volta di Vienna nel 1963 fino ad arrivare in Italia l’anno successivo.

I.2 Trama

La storia inizia in una serata londinese nel famoso mercato all’aperto di Covent

Garden all’uscita di un teatro. La protagonista interpretata dalla famosissima si guadagna da vivere vendendo i fiori al mercato.

L’atmosfera elegante data dalle carrozze trainate da cavalli e dai vestiti eleganti dei nobili viene improvvisamente spezzata dal linguaggio dialettale Cokney di

Eliza che cerca di vendere la sua merce, e dal suo vestiario che stona con quello aristocratico delle persone attorno a lei. È qui che il glottologo britannico di fama internazionale Henry Higgins (interpretato da ) la sente parlare per la prima volta e lancia al suo amico, il colonnello Hugh Pickering (Wilfrid Hyde-

White) questa scommessa: riuscire a trasformare una povera fioraia come lei in

13 una dama di alta classe entro sei mesi insegnandole le regole della fonetica inglese così da farla parlare in maniera corretta.

La ragazza accetta e si trasferisce a casa del professor Higgins dove viene sottoposta ad esercizi di diverso tipo. Le lezioni erano incentrate sulla fonetica inglese, come ad esempio il tipico suono della H aspirata e avrebbero dovuto far perdere alla ragazza le sue inflessioni dialettali. Dopo alcuni primi tentativi fallimentari Eliza viene presentata in società e riscuote un gran successo all’annuale ballo dell’ambasciata e ottenendo l’ammirazione di tutta l’alta società. Il professore può ritenersi soddisfatto del suo lavoro e considerare il suo esperimento ben riuscito.

Ora Eliza non solo ha un altro modo di parlare ma ha anche una nuova personalità, non è più la fioraia che era sempre stata. Questa sua nuova personalità non le permette di tornare indietro alla sua vecchia vita e a quel contesto sociale che ormai non le appartiene più, per questo decide di restare a casa del professor Higgins per il quale lei prova un profondo affetto.

Quest’ultimo la rifiuta e così lei sentendosi incompresa fugge lasciando la casa del professore. A quel punto lui si rende conto di quanta importanza abbia Eliza nella sua vita e la va a cercare per farla tornare da lui e poter stare finalmente insieme.

14

I.3 Adattamento

Il film è del 1964 ed è stato diretto dal regista George Cukor. È tratto dal musical del 1956 che riscosse un gran successo a Broadway grazie alla talentuosa Julie

Andrews nei panni di Eliza Doolittle. Ma la storia è ispirata a sua volta all’opera teatrale di George Bernard Shaw Pygmalion.

Nel 1998 l’ American Film Institute l’ha posizionato al novantunesimo posto nella classifica dei cento migliori film americani di tutti i tempi. Il musical riscosse un enorme successo a Broadway, ma nonostante questo nella versione cinematografica Julie Andrews venne sostituita da Audrey Hepburn che però fu doppiata durante tutte le parti cantate da Marni Nixon perché non era ritenuta adatta. Anche le parti cantate di Jeremy Brett furono doppiate da Bill Shirley.

I.4 Il dialetto Cockney

Il doppiaggio nelle varie lingue è stata una vera e propria sfida e ancora oggi è il centro di molti dibattiti data la sua complessità. La traduzione, in particolare in

Italiano, ha richiesto uno studio accurato poiché il dialetto con cui si esprime

Eliza, il Cockney, è un dialetto tipico Londinese quindi difficile da rendere in

Italiano senza evidenziare enormemente il contrasto con l’ambientazione tipica inglese.

Il termine Cockney appare nel quattordicesimo secolo, e deriva dal termine inglese “cock” in italiano “gallo” e dal termine “ey” in inglese “egg”, “uovo”

15 quindi letteralmente uovo di gallo. Inizialmente era utilizzato dai braccianti provenienti dalla campagna per indicare gli abitanti della città con una connotazione dispregiativa. In particolare è originario della parte Est della città che si estende attorno alla chiesa di St. Mary-Le-Bow, infatti un vero cockney è colui che può sentire dalla propria casa il suono delle campane di questa chiesa.

Sembra che successivamente il dialetto si sia diffuso tra gli abitanti di Londra come linguaggio in codice per confondere la polizia. Una caratteristica di questo dialetto è l’unione di due parole sostitutive come codice per indicarne una terza e solitamente la seconda fa rima con la parola intesa. Ecco alcuni esempi:

Adam and Eve è l’espressione cockney usata per dire “believe” cioè “credere”

“Would you Adam and Eve it”: “ci crederesti?”

Bread and Honey è invece l’espressione per dire Money.

“I’m making real good bread”: “Sto facendo molti soldi”

China Plate è usata per dire “mate” e cioè compagno o amico

“Alright me old china?”: “Tutto bene mio vecchio amico?”

Inoltre questo dialetto è caratterizzato anche da colpi di glottide soprattutto nella pronuncia della T, doppie negazioni, pronuncia errata delle vocali, caduta dell’H e della R e da una pronuncia molto nasale.

Se si parla di dialetto Cockney l’idea a cui rimanda è quella di una classe proletaria, povera, quindi povera anche nel linguaggio e nel modo di esprimersi

16 proprio come quello di Eliza. Nel film la lingua dei personaggi è utilizzata anche per evidenziare il divario sociale tra il professor Higgins di classe aristocratica ed

Eliza, una povera fioraia. Il professor Higgins si esprime in un inglese perfetto nella grammatica e nella fonetica ed Eliza parla in modo sguaiato e incorretto.

Per diversi anni infatti il Cockney è stato ritenuto inferiore ad altri dialetti. Solo nel 1950 è stato accettato come forma alternativa alla lingua inglese anche grazie alla BBC che lo ha utilizzato in una sua soap opera sulla TV nazionale.

Per questo motivo la traduzione dei dialoghi e l’adattamento dei testi musicali in

Italiano sono risultati davvero problematici creando un enorme problema traduttivo. Forse uno dei più complicati adattamenti di film stranieri in Italiano.

La difficoltà stava proprio nel rendere in Italiano un dialetto tipico londinese e riuscire ad adattarlo in modo da evidenziarne il divario con la lingua standard.

Quale dialetto italiano si avvicina di più a quello Cockney? Si può tradurre letteralmente ogni battuta senza modificarne il senso? Ovviamente nel caso di questo film l’adattamento doveva includere necessariamente una profonda conoscenza della lingua di partenza e di arrivo.

La soluzione del film tuttavia di discosta da quella del libro. Nel libro la traduzione utilizzata è un misto dei dialetti del nord tra cui ligure, piemontese e veneto ma con degli elementi tipici di quello milanese. Il traduttore ha giustificato la scelta di questi dialetti del nord affermando che proprio come il

Cockney sono di origine Celtica. Tuttavia questo mix di dialetti può funzionare solo per un pubblico ristretto, necessariamente del nord Italia in quanto familiare

17 con queste sottigliezze dialettali che non possono essere comprese da un italiano del centro-sud.

Nella trasposizione cinematografica il dialetto utilizzato, una mistione di dialetti e accenti del centro e sud Italia, è riconosciuto più facilmente da tutto il pubblico italiano come un dialetto molto divergente dalla pronuncia standard. Ed è per questo motivo che nel film Eliza si esprime con un accento approssimativo pugliese, napoletano e ciociaro mescolati tra loro che si addicono molto anche all’idea di partenza del suo personaggio. La scelta di utilizzare sonorità del sud è più adeguata anche a livello fonetico, poiché il dialetto Cockney si basa su una pronuncia errata delle vocali proprio come succede in quello pugliese ad esempio molte battute ruotano attorno alla pronuncia della A come una E aperta.

Un’altra sfida per quanto riguarda la traduzione sono gli esercizi del professor

Higgins che sono incentrati sulla pronuncia delle parole e sulla fonetica come ad esempio scioglilingua e giochi di parole. L’adattamento doveva avere senso in italiano, ma anche restare fedele all’originale. Per quanto riguarda ad esempio l’esercizio dell’H aspirata non è stato possibile trovare un’alternativa in italiano, in quanto questo suono che in inglese troviamo in molte parole, nella lingua italiana non esiste.

Poiché My Fair Lady è un musical, è stato necessario adattare anche le canzoni presenti nel film. La canzone infatti è parte integrante di un musical ed ha la stessa importanza di un dialogo, talvolta aggiunge anche particolari alla storia.

18 Secondo il professore svedese Johan Franzon una soluzione al problema traduttivo delle parti cantate potrebbe essere lasciarle nella lingua originale e tradurre soltanto i dialoghi. In questo modo però soltanto un pubblico ristretto capirebbe il racconto, e non avrebbe molte possibilità di diffusione. Per questo anche le parti cantate devono essere tradotte.

La traduzione di un testo cantato presuppone uno studio non solo della lingua ma anche della musica, infatti ci sono molte regole che il traduttore deve rispettare oltre a quelle grammaticali. La traduzione deve essere fedele alla versione di partenza ma deve attenersi anche alle “regole” musicali. Chi decide di tradurre un testo cantato deve conoscere la lingua di partenza e quella di arrivo ma anche avere un buon orecchio e conoscere la musica per adattare al meglio il contenuto della canzone alla melodia.

L’adattamento è “un processo attraverso il quale una parola straniera si adatta a un sistema linguistico diverso da quello di provenienza.”1

Il traduttore deve rendere nella lingua di arrivo tutti i riferimenti culturali della lingua di partenza scegliendo parole che rendano l’idea originale del testo.

Questo processo è chiamato cultural equivalent e cioè equivalente culturale.

Nella canzone però oltre il contenuto c’è una metrica e degli accenti da rispettare ed proprio per questo che il lavoro di adattamento si complica.

1 http://dizionari.repubblica.it/Italiano/A/adattamento.php

19 Nel caso di My Fair Lady, il lavoro di adattamento è risultato ancora più difficile per la canzone che ha come ritornello uno degli scioglilingua utilizzato dal professor Higgins e che con il tempo è diventato l’emblema di questo film:

“The rain in Spain stays mainly in the plain”

Questo gioco di parole serve al professore per far esercitare Eliza sul dittongo

“ai” che in inglese troviamo in molte parole. Letteralmente può essere traducibile come : “La pioggia in Spagna si trova principalmente in pianura”.

Ovviamente questa traduzione nella versione italiana non poteva funzionare, ed era anche impossibile riportare questo scioglilingua con lo stesso tipo di suono.

Gli adattatori italiani quindi hanno deciso di stravolgere il senso della frase cambiando la vocalizzazione sul quale verte questo gioco di parole facendolo diventare:

“La rana in Spagna gracida in campagna”

Utilizzando questa frase naturalmente si è sacrificato il significato di partenza, ma si adatta perfettamente alla metrica della canzone e rispecchia le problematiche linguistiche e fonetiche rendendo l’idea iniziale della pronuncia scorretta della vocale.

Nonostante tutte le problematiche legate alla traduzione e i limiti dati anche da culture molto diverse tra loro, i traduttori italiani sono riusciti a rendere al meglio la traduzione dei dialoghi e delle canzoni.

20 Capitolo II. Da Ovidio a George Cukor

Come accennato nel capitolo precedente My Fair Lady è ispirato all’opera

Pygmalion di George Bernard Shaw, una commedia teatrale che a sua volta è ispirata al mito di Pigmalione e Galatea narrato nelle Metamorfosi di Ovidio.

II.1 Il mito di Pigmalione e Galatea

“Pigmalione aveva visto le Propetidi vivere questa loro vita colpevole e, indignato dei difetti di cui la natura aveva abbondantemente dotato la donna, aveva rinunciato a sposarsi e passava la sua vita da celibe, dormendo da solo nel suo letto. Grazie però alla felice ispirazione dettatagli dal suo talento artistico, scolpì in candido avorio una figura femminile di bellezza superiore a quella di qualsiasi donna vivente e si innamorò della sua opera.”2

Il mito di Pigmalione è giunto fino a noi dalle Metamorfosi di Ovidio.

Questo mito narra della storia di Pigmalione il giovane re di Cipro famoso per le sue doti di abile scultore. Era così dedito all’arte da dedicarle tutto il suo tempo e la sua vita, rinunciando anche al matrimonio. Il giovane viveva in solitudine, non trovando una donna che secondo lui fosse degna del suo amore. Allora scolpì una statua di avorio con le fattezze di una donna più bella di tutte le altre e se ne innamorò. Il suo nome era Galatea che significa “bianca come il latte”.

Questa statua era così perfetta che sembrava vera, tanto da suscitare in

Pigmalione il desiderio che si muovesse.

2 Ovidio, Le Metamorfosi, libro X

21 Lo scultore desiderava così tanto che fosse vera che la contemplava innamorato, spesso baciandola e toccandola per accertarsi che fosse fatta di avorio e non di carne e ossa. Le parlava e la stringeva a sé in un abbraccio. Le faceva dei regali come ad esempio conchiglie, fiori, sassi levigati ecc. e la vestiva e ornandola di gioielli.

Il giorno della festa di Afrodite tutti gli abitanti di Cipro dovevano recarsi al tempio per offrire olocausti alla dea. Così anche Pigmalione andò al tempio per portare il suo dono agli altari e si fermò sussurrando:

"O dèi, se è vero che voi potete concedere tutto, io ho un desiderio: vorrei che fosse mia sposa una donna simile a quella d'avorio!".3

La dea Afrodite ascoltò la sua preghiera e colpita dal profondo amore di

Pigmalione decise di esaudirlo, così la fiamma sull’altare (simbolo della benevolenza della dea) si accese tre volte.

Pigmalione corse a casa dalla sua amata e si sdraio accanto a lei, la abbracciò e la baciò ed ecco che il freddo e rigido avorio si sciolse sotto il calore delle sue mani prendendo vita. Afrodite celebrò il matrimonio tra i due amanti e dal loro amore nacque Pafo che diede il nome all’omonima città dell’isola dove oggi possiamo trovare il tempio dedicato ad Afrodite.

3 Ovidio, Le Metamorfosi p. 275

22 Questo mito nel corso dei secoli ha ispirato molti artisti e letterati proprio per l’importanza dei temi trattati. Infatti già nel 40 a.C. l’uomo riteneva importante la figura di una “guida” , il compito di educatore.

Pigmalione infatti è innamorato di Galatea, ma trova la sua piena soddisfazione nel formarla pienamente in un essere umano che metaforicamente trasformerà la pietra in carne. Questa trasformazione è una chiara metafora della trasformazione di un essere umano “diseducato” simile a una statua, a un uomo compiuto e quindi “educato”. Per Ovidio questa trasformazione era a tal punto vitale e cruciale per la realizzazione di un vero uomo che viene paragonata ad una nuova creazione e infatti Pigmalione nel mito chiede aiuto a una divinità.

L’intervento della dea Afrodite sta proprio a simboleggiare la difficoltà che c’è nell’educare una persona, quasi come se fosse una impresa impossibile che richiede appunto l’intervento di una divinità.

II.2 Pygmalion di George Bernard Shaw

George Bernard Shaw riprende questo mito e lo trasforma in un opera teatrale nel 1913. Stravolge completamente la trama, ma il concetto principale rimane comunque lo stesso tramandato da Ovidio. Infatti nel mito Pigmalione si prende cura della sua statua, la crea con le sue mani, la plasma e la trasforma da un pezzo inanimato di avorio in una persona in carne ed ossa. Bernard Shaw riprende proprio questo concetto del creare qualcosa dal nulla, attraverso la cura e l’educazione facendone un opera teatrale.

23 Inoltre nella sua opera Shaw pone l’accento non solo sull’educazione, ma affronta anche altri temi a lui molto cari come ad esempio la disparità tra le classi sociali (che lui lega anche ad un fattore linguistico), l’emancipazione femminile e la manipolazione degli individui.

II.2.1 Trama

La trama della commedia teatrale è quella che è stata poi ripresa nel musical My

Fair Lady .

Atto 1 La scena si apre in una serata londinese nel famoso mercato di Covent Garden.

Delle persone apparentemente aristocratiche escono da un teatro e aspettano sotto la pioggia i loro taxi. Un fioraia ambulante cerca di vendere i suoi fiori ai passanti. Un uomo prende appunti su quello che dice e conversando con un suo amico afferma di poter capire dall’accento di una persona la sua provenienza geografica e sociale. E sentendo il suo accento particolarmente provinciale dice di poter insegnarle a parlare un inglese perfetto.

Atto 2 La ragazza di nome Eliza accetta e va a casa del professore per prendere la sua prima lezione. L’insegnate è il professor Higgins e il suo amico della sera precedente, il colonnello Pickering. La scommessa consiste nel trasformarla in una vera signora e per prima cosa le fanno fare un bagno. Nel frattempo entra in scena il padre di Eliza, il sg.

Alfred Doolittle. Il suo intento è quello di ottenere denaro per permettere a sua figlia di vivere con loro.

Atto 3 Sono passati pochi mesi dall’inizio della trasformazione di Eliza, e Higgins sta preparando una prova per lei : deve andare dalla signora Higgins (madre del professore) per incontrare alcune persone e conversare con loro. Gli ospiti sono la signora Eynsford

24 Hill e i suoi due figli Clara e Freddy. Clara da subito rimane affascinata dal modo di parlare di Eliza, e Freddy subito se ne innamora. Eliza infine rivela le sue origini suscitando un generale stupore.

Sei mesi dopo il professor Higgins le fa fare il suo debutto al ballo dell’ambasciata dove tutti la ammirano e la scambiano per una principessa.

Atto 4 La scena si apre a casa del professor Higgins che conversando con il colonnello

Pickering parla del suo successo badando poco ai sentimenti di Eliza che ne rimane ferita. Decide quindi di lasciare la casa del professore e incontra il giovane Freddy che le confessa il suo amore e vanno via insieme.

Il professor Higgins capisce quanto lei sia importante per lui e va a cercarla a casa di sua madre. Eliza è lì. A quel punto torna in scena Alfred Doolittle, il padre di Eliza, che si era arricchito grazie a un milionario deceduto.

Eliza si ritrova a dover scegliere tra il professor Higgins e Freddy. Pur essendo innamorata di Higgins Eliza sceglie Freddy e diventa la proprietaria di un negozio di fiori.

Soltanto nel finale la commedia teatrale si discosta dal musical perché nell’opera di Shaw nonostante il legame che si crea tra Eliza e Henry Higgins , lei decide di partire e sposare il giovane Freddy Eynsford-Hill. Ma questo finale non lasciava pienamente soddisfatti gli spettatori che si aspettavano un lieto fine romantico che includesse il matrimonio tra Eliza e il professor Higgins. Attori e direttori cercavano una reinterpretazione della conclusione,così in seguito Shaw scrisse un saggio da aggiungere nelle edizioni successive nel quale spiegava i motivi per cui fosse impossibile concludere la storia con un matrimonio tra i due.

25 Probabilmente Shaw stesso esclude questo matrimonio tra Eliza e Higgins proprio per sottolineare questo divario culturale e sociale che c’è tra di loro che non può essere colmato, infatti Eliza sceglie di sposare Freddy Eynsford-Hill che è un giovane di buone maniere, ma povero.

II.2.2 Personaggi

Eliza Doolittle è una povera fioraia che parla un inglese scorretto e sgrammaticato. Shaw utilizza il suo personaggio per evidenziare i difetti della società vittoriana come ad esempio le condizioni disagiate dei poveri, il divario tra classe proletaria e medio alta e la condizione delle donne. Eliza è determinata, accetta la sfida e si impegna per migliorare la sua condizione.

Diventa una donna indipendente che ha il coraggio di scegliere o meno quello che è meglio per sé e infatti alla fine della commedia decide di non sposare il professor Higgins.

Il professor Higgins incarna la figura di Pigmalione. È molto abile nella sua professione ma come tutti ha dei limiti che nel suo caso è il suo modo di fare un po’ infantile, la sua vanità e il suo sfruttare le altre persone. Shaw attraverso il suo personaggio fa una critica alla classe medio alta dell’epoca.

Alfred Doolittle è il padre di Eliza. È un uomo maleducato e irresponsabile che non ha cura di sua figlia, infatti è pronto a venderla per un po’ di soldi.

Nonostante ciò si sente felice quando è povero e miserabile quando è ricco.

26 Freddy Eynsford Hill è un giovane di buone maniere anche se povero e dimostra un vero e profondo affetto per Eliza. Il suo carattere non è altezzoso come quello di Mr. Higgins e anche per questo sa apprezzarla da subito, non la reputa inferiore a lui.

Il colonnello Pickering è anche lui un appassionato di fonetica come il suo amico

Higgins, esperto soprattutto nei dialetti indiani. È più umano e mostra più simpatia del suo migliore amico.

Sebbene l’opera è stata scritta in lingua inglese e pensata per un pubblico britannico, la prima teatrale ebbe luogo nel teatro Hofburg di Vienna in lingua tedesca il 16 ottobre del 1913 a causa di un incidente stradale in cui venne coinvolta la protagonista Mrs Patrick Campbell. Questo adattamento in tedesco fu scritto dallo stesso Shaw e ottenne un gran successo. Fu l’anno successivo

(1914) che lo spettacolo fu presentato per la prima volta in lingua inglese presso l’His Majesty’s Theatre di Londra.

Ma perché quest’opera riscuote così tanto successo?

Possiamo dire che Shaw fa una vera e propria satira, affrontando temi molto importanti come quello della differenza tra classi sociali, l’emancipazione femminile e la manipolazione degli individui da parte delle classi superiori, ma il tema centrale è proprio quello dell’educazione.

27 Come nel mito greco Pigmalione plasma la sua statua, che rappresenta il suo stereotipo di donna perfetta, così nell’opera teatrale il professor Higgins trasforma una fioraia in una Signora.

Così l’impossibile diventa possibile.

La commedia è stata paragonata anche alla fiaba di Cenerentola, in quanto il professor Higgins fa da fata madrina ad Eliza trasformandola in una duchessa, proprio come accade a Cenerentola.

La trasformazione nell’opera e nel musical dura sei mesi ed avviene grazie allo studio della fonetica e delle buone maniere. Eliza in questo tempo è come se apprendesse una nuova lingua e abbandona le sue radici per acquisire una nuova identità. Una nuova creazione, che nasce dal nulla.

Ma cos’è l’educazione e a che cosa serve?

Bastano sei mesi per educare una persona?

È la fonetica che conta?

28 Capitolo 3 : La pedagogia nei secoli

III.1 L’educazione

“L’educazione Il processo attraverso il quale vengono trasmessi ai bambini, o comunque a persone in via di crescita o suscettibili di modifiche nei comportamenti intellettuali e pratici, gli abiti culturali di un gruppo più o meno ampio della società.”4

La questione dell’educazione è antica quanto l’uomo. L’uomo infatti ha bisogno di educazione, in quanto al momento della nascita possiede un bagaglio di informazioni genetiche, sociali, psicologiche e culturali che nel corso degli anni deve sviluppare in modo da creare un adattamento armonioso all’ambiente che lo circonda e alla storia.

L’educazione è un’attività che volge allo sviluppo di conoscenze e facoltà mentali, sociali e comportamentali di un individuo.

Il termine educazione deriva dal verbo latino educere che significa tirar fuori, perché infatti l’educazione tende a sviluppare ciò che nell’uomo è già costituito.

Lo scrittore irlandese William Bulter Yeats scrive infatti che:

“Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco”

“L’educazione è una funzione della società il cui scopo è assicurare la continuità dell’adattamento alla vita attraverso il passaggio dalle generazioni precedenti a

4 http://www.treccani.it/enciclopedia/educazione/

29 quelle successive del patrimonio delle competenze acquisite […] nella specie umana tale processo è particolarmente lungo e complesso”5

In questo processo la famiglia svolge un ruolo chiave, infatti è nella famiglia che avvengono le pratiche educative fondamentali, come appunto l’apprendimento del linguaggio.

“Il processo dell’educazione ha inizio con la nascita, con il soddisfacimento dei primi bisogni, con lo stabilirsi delle prime relazioni con l’ambiente umano e fisico.

Successivamente si aprono due possibilità: che l’apprendimento continui a essere il risultato di esperienze informali oppure che risulti da esperienze esplicitamente organizzate a questo fine.”6

Se pensiamo al termine italiano educato ci viene in mente una persona che ha una buona condotta sociale, che sa come comportarsi, gentile e di buone maniere. Viceversa se pensiamo a una persona maleducata ci viene in mente un individuo che non rispetta le regole sociali e che ha un cattivo comportamento.

Ciò che però consideriamo educato o meno varia a seconda del cotesto sociale, infatti l’educazione è strettamente legata alla cultura di un popolo.

Spesso attribuiamo al termine educazione diverse accezioni ambigue anche a causa della diffusione in italiano del termine inglese education che però riguarda più l’istruzione e in generale la pedagogia.

5 Vertecchi Benedetto,Parole per la scuola pag.24, 2012 by Franco Angeli s.r.l. Milano, Italy 6 Ivi, pag.26

30 Ovviamente l’educazione è qualcosa di più profondo e radicato, che riguarda sicuramente il comportamento dell’individuo e non si ferma soltanto alle buone o alle cattive maniere.

In quanto tale l’educazione deve tendere a sviluppare le potenzialità innate dell’uomo adattandole a modelli socio-culturali dell’ambiente sociale in cui vive.

Tutto ciò suppone delle trasformazioni o innovazioni che avvengono nell’educando in ordine allo sviluppo della personalità.

Questo termine è uno dei più utilizzati nella psicologia contemporanea e ha subito molte variazioni. Ciò che rappresenta la personalità è l’unità integrativa dell’uomo, e cioè il complesso delle sue caratteristiche differenziali permanenti ( carattere,intelligenza, costituzione ecc.) e le sue modalità peculiari di comportamento.

La personalità è il risultato di molti fattori che influenzano l’individuo e che lo forgiano, ad esempio fattori cognitivi, affettivi, fisiologici ecc. Infatti è il risultato di un’interazione complessa di esperienze tra cui la vita in famiglia, l’esposizione ai mezzi di comunicazione e ovviamente la scuola.

Un’azione educativa deve comprendere i diversi aspetti della personalità che sono complementari tra loro e che caratterizzano l’educando. È proprio per questo motivo che non c’è un modello di educazione unico che vale per tutti.

Ogni individuo è unico e diverso da tutti gli altri e perciò partendo da una conoscenza dell’educando e delle sue inclinazioni, l’educatore troverà il metodo più adeguato a lui e che porterà a un risultato più positivo.

31 III.2 L’educazione femminile

Nell’opera George Bernard Shaw tratta temi molto importanti e uno di questi è l’emancipazione delle donne e l’educazione femminile. Infatti non a caso il personaggio da educare è stato pensato per essere donna.

Fino al Settecento la visione della donna era quella di una persona che doveva svolgere un preciso ruolo normativo, con un destino sommesso, la cui funzione era unicamente quella di prendersi cura della famiglia e della casa, soddisfacendo i bisogni del marito. L’educazione delle bambine quindi partiva da questo principio ed era in funzione di questo fine. Si doveva plasmare la bambina come futura madre, custode della moralità e della religiosità. Doveva essere docile e debole, questi due tratti erano quelli da favorire e da inculcare nella loro educazione.

Infatti la cultura patriarcale negava alla donna la disponibilità dell’utilizzo della mente e del proprio corpo, soffocando così ogni suo desiderio. Questo, secondo questo tipo di mentalità teneva al sicuro la famiglia. La bambina inoltre era anche educata ai valori religiosi della famiglia così da poter tener lontana la secolarizzazione e la sua emancipazione. 7

Tra Settecento e Ottocento questa visione inizia a cambiare. Un ruolo fondamentale riguardo l’importanza della figura femminile nei rapporti familiari e sociali lo ha avuto sicuramente il pensiero di Rousseau. Nella sua opera Emilio o dell’educazione (1762) c’è una rivalutazione della figura femminile e materna.

7 Carmela Covato, Idoli di bontà, pag. 42 Edizioni Unicopli 2014 Milano, Italy

32 Infatti Rousseau fa una forte critica alle donne aristocratiche che affidavano i loro bambini alle massaie perché troppo “assorbite” dalla vita mondana da salotto, in una società in cui secondo lui si badava troppo alle apparenze.

Così la madre, ha un ruolo centrale non solo per la vita del bambino, ma anche per la sua educazione. Si sottolinea l’importanza dell’allattamento materno e quindi una conseguente valorizzazione della naturalità.

Sofia, che come vedremo in seguito è la futura sposa di Emilio, (protagonista dell’opera) viene educata dai suoi genitori alla vita familiare e viene descritta con i tratti distintivi della donna dell’epoca: docile, debole, intellettualmente inferiore. Ma Rousseau sottolinea che nonostante la sua docilità, è lei e non i suoi genitori a scegliere il suo futuro marito. In questo periodo nasce una nuova idea di matrimonio, e cioè un contratto liberamente voluto da entrambi le parti ma che non sono alla pari. Infatti si pensava che per avere un matrimonio duraturo nel tempo una delle due parti doveva essere superiore all’altra ed è quasi scontato sottolineare che era il marito ad essere superiore alla moglie.

Le bambine inoltre erano educate alla fedeltà come ad un dovere. Infatti come scrive Rousseau:

“L’infedeltà coniugale distrugge i fondamenti della società, e cioè anche quelli della famiglia: l’infedeltà della donna non permette al marito di sapere se i figli

33 sono suoi. Ora come sarebbe possibile essere capo-famiglia, se non si fosse certi di avere il diritto di maternità-paternità sui propri figli?”8

Sofia, nell’Emilio viene infatti educata a questi valori in vista di un preciso destino matrimoniale.

“Coltivare nelle donne alcune qualità da uomo trascurando quelle che sono le proprie significa dunque con ogni evidenza lavorare per danneggiarle […] esse devono imparare molte cose ma solo quelle che è opportuno che sappiano”9

Un altro aspetto di cui parla Rousseau è quello della docilità. Secondo lui l’eccessivo trasporto va frenato fin da bambine anche durante il gioco. E l’allegria deve essere mitigata.

“Dall’abitudine alla costrizione deriva una docilità di cui le donne hanno bisogno per tutta la vita, visto che sono continuamente assoggettate ad un uomo o al giudizio degli uomini e che non si consente mai loro di mettersi al di sopra di questi giudizi”.

Sofia incarna perfettamente tutte queste qualità, è inferiore sia economicamente che intellettualmente ad Emilio ma decide volontariamente di sposarlo e questo rispecchia perfettamente il paradigma di matrimonio a partire dal Settecento: un contratto volontario tra due parti diseguali.

Anche nel musical troviamo questa disparità tra il professor Higgins ed Eliza.

Infatti Eliza è una povera fioraia incolta, mentre il professor Higgins è un

8 Jean-Jacques Rousseau, Emilio o dell’educazione pag.440 9 Ivi, pag 446,449

34 aristocratico. Questa disuguaglianza è palese sin dall’inizio del film, infatti il professor Higgins lancia questa scommessa al suo amico sentendosi superiore ad

Eliza e non badando a lei,ma soltanto al suo scopo iniziale.

Le buone maniere e i comportamenti che si convengono a una signora le vengono insegnati ricordando molto il tipo di educazione di cui parla Rousseau.

Il musical si conclude inoltre con l’unione tra il professor Higgins ed Eliza.

Potremmo pensare che questa unione rispecchi pienamente il concetto illuminista di matrimonio di cui si parlava in precedenza. In un certo senso questa affermazione è corretta. Dopo aver raggiunto il suo obiettivo ed aver trasformato

Eliza in una vera duchessa, il professor Higgins si ritiene soddisfatto. Eliza capisce di essere stata per lui soltanto una cavia e così se ne va da casa sua. Il professore capisce quanto lei sia importante per la sua vita e la va a cercare.

Questo gesto di grande indipendenza che compie Eliza fa capire allo spettatore che lei non è come le donne descritte da Rousseau, schiave di un’etichetta e assoggettate agli uomini, ma tutto il contrario. Anche se economicamente e socialmente inferiore al professor Higgins, Eliza dimostra una grande indipendenza e soprattutto la sua superiorità.

Shaw inoltre nella sua versione teatrale esclude a priori il matrimonio tra i due, proprio per sottolineare questa emancipazione di Eliza e in generale di tutte le donne. Nella trascrizione cinematografica si è scelto di dare alla storia un finale più romantico, senza però negare questa indipendenza della ragazza. Dunque certamente si può parlare di questa unione tra i due come di un’unione

35 volontaria tra parti diseguali, ma a differenza di Sofia e Emilio qui è la donna ad essere moralmente superiore all’uomo.

III. 3 L’educatore

Fondamentale per il processo dell’educazione ovviamente è il compito dell’educatore.

Louis Evely, uno scrittore belga, scrive nel suo libro Educare Educandosi (1968) che ” L’educazione è un’arte: ciò che essa richiede di più è previdenza e tatto.

Dimenticando le proprie ambizioni, i pregiudizi personali, l’ educatore si mette appassionatamente al servizio di colui che vuole educare”

L’educatore è colui che realizza un’azione educativa e cioè che contribuisce alla crescita umana di un individuo. Quest’azione può essere esercitata attraverso rapporti spontanei (come quelli familiari) oppure attraverso interventi legati a funzioni professionali (come insegnati, pedagogisti, istruttori ecc.). L’educatore è quindi una sorta di guida che coordina con la volontà dell’educando di auto perfezionamento, ne tira fuori le capacità guidandolo verso l’autonomia, ne sviluppa le potenzialità individuali e incrementa i rapporti dell’educando con l’ambiente che lo circonda.

Per fare ciò, l’educatore deve stare a stretto contatto con l’educando condividendo molte ore della giornata e momenti importanti. Soltanto così può effettuare un’osservazione approfondita delle sue attitudini, dei suoi interessi e

36 delle sue inclinazioni naturali. Infatti come dicevamo in precedenza, ogni individuo ha bisogno di un percorso educativo proprio.

L’educatore è chiamato ad essere un esempio compiuto di ciò che insegna all’educando, infatti ha una funzione di testimonianza. In questo modo l’educatore suscita in colui che educa un comportamento motivato a voler arrivare al suo stesso livello.

Ci sono alcuni atteggiamenti che invece non stimolano l’educando e non favoriscono la costruzione della sua personalità.

Ecco alcuni esempi:

1. L’educatore identificatore ad esempio non tiene conto dell’unicità

dell’individuo e della sua personalità, in questo modo non lo stimola a

migliorare, ma a conformarsi in modo passivo e accondiscendente al

volere dell’educatore. L’educando non avrà sicuramente alcun tipo di

giudizio o discernimento.

2. L’educatore iperesigente pretende dall’educando la perfezione astratta

che nemmeno lui riesce a raggiungere. Questo atteggiamento crea

nell’educando sensazioni di ansia, insicurezza, complessi d’ inferiorità dati

dal fatto che non riesce mai ad arrivare all’obiettivo prefissato

dall’educatore e ad essere all’altezza. In alcuni casi l’educando, deluso

dal suo costante insuccesso si sente costretto a capitolare.

3. L’educatore antagonista non crea complicità e non accoglie l’educando,

ma al contrario lo respinge, non fisicamente ma con trucchi psicologici di

37 scherno, derisione e diniego. Questo genera una sensazione di

abbandono e ha come conseguenza aggressività.

4. L’educatore iperindulgente tende ad essere sempre accondiscendente e

permissivo ad ogni richiesta dell’educando e soddisfa tutte le sue

richieste. In questo modo l’educando non trova mai ostacoli davanti a sé

e non sa cosa sia un sacrificio, inevitabilmente non progredisce e non si

forma una personalità.

5. L’educatore svalutatore svaluta continuamente l’educando, non gli dà i

meriti che si spetta e sminuisce ogni risultato ottenuto. Questo

atteggiamento non lo stimola a fare meglio ma crea nell’educando la

convinzione che non riuscirà mai a fare nulla di buono e creerà in lui una

forte disistima.10

III.4 L’effetto Pigmalione

Tra i vari offuscamenti di giudizio che possono avere gli educatori nei

confronti degli educandi troviamo l’effetto Pigmalione. È l’effetto della

profezia che si autoverifica. Quando l’educatore crea un giudizio su

l’educando, anche a livello inconscio questo giudizio influenzerà il suo

comportamento nei sui confronti. Ma non è solo l’educatore a comportarsi di

conseguenza, ma anche l’educando stesso che interiorizzerà questo giudizio.

Questa suggestione psicologica fa sì che le persona tendono a conformarsi

all’immagine che gli altri hanno di loro, sia in positivo che in negativo.

10 http://www.donboscoland.it/articoli/articolo.php?id=4336

38 Lo psicologo tedesco Robert Rosenthal per dimostrare fino a che punto il

giudizio di un insegnante può essere influenzato e può influenzare condusse

un esperimento.

Insieme alla sua equipe sottopose un test d’intelligenza a bambini della

scuola elementare. Senza badare all’esito effettivo del test, selezionò

casualmente alcuni bambini e disse agli insegnanti che si trattava dei più

intelligenti.

Un anno dopo tornò nella stessa scuola e verificò che quegli stessi alunni,

seppure scelti casualmente, avevano migliorato il proprio rendimento

diventando i migliori della classe. Questo grazie all’influenza positiva degli

insegnanti, inconsapevoli del fatto che fosse solo una suggestione.

III. 5 L’Emile di Rousseau

Jean-Jacques Rousseau è stato uno scrittore, filosofo e musicista svizzero.

Uno dei suoi elaborati più famosi è proprio L’Emilio o dell’educazione (Émile ou de l'éducation) in cui parla dell’ educazione già a metà del Settecento. È un romanzo pedagogico pubblicato nel 1762 e che ottenne un gran successo.

Rousseau nel suo trattato fa una forte critica alla società di quel periodo e propone un nuovo modello di educazione. Infatti sostiene che per migliorare la società bisogna partire proprio dall’educazione, per creare nuovi uomini.

39 Nell’opera troviamo dei veri e proprio esempi pratici e consigli concreti che sono attuali ancora oggi.

Il trattato è diviso in cinque parti che corrispondono alle fasi principali della vita del giovane Emilio. Il suo percorso di formazione dura venticinque anni durante i quali Rousseau stesso incarna il ruolo del maestro e inventa scenari concreti nei quali l’allievo ha modo di fare delle scoperte e di cavarsela con le sue conoscenze. Lo scopo è appunto quello di raggiungere una maturità e un’educazione che gli permetta di vivere e interagire al meglio col mondo che lo circonda.

L’educazione che ci viene presentata però è un’educazione negativa. L’educatore non interviene direttamente nella vita dell’educando ma lascia che viva da solo le sue esperienze di vita e che capisca da solo le sue potenzialità e i suoi limiti.

Ovviamente il tipo di educazione cambia col crescere del ragazzo che ha bisogni ed esigenze diverse a seconda della sua età. Nel periodo critico dell’adolescenza ad esempio l’educatore dovrà dare all’educando lezioni sull’educazione religiosa, sessuale e culturale.

Primo Libro

Il primo libro riguarda la prima parte della vita del bambino e cioè l’età infantile.

Rousseau crede che la crescita del bambino dipenda dalla sua educazione e che l’educazione viene trasmessa attraverso “tre maestri”: la natura, gli uomini e le cose. La natura si occupa del nostro sviluppo interno e dei nostri organi, gli uomini dell’uso che ne facciamo e le cose del conseguimento dell’esperienza e

40 degli oggetti. Questi tre maestri devo agire in modo equo e senza contraddirsi per far sì che l’alunno venga educato correttamente.

Rousseau successivamente elenca in questo libro gli errori comuni dell’educazione tradizionale come ad esempio le cure e le precauzioni eccessive e le adulazioni che non permettono all’allievo di progredire.

Inoltre viene anche criticata la figura della balia, che oggi è la figura della babysitter, in quanto non fa l’interesse del bambino ma il proprio interesse e non può sostituire la figura materna che secondo Rousseau è fondamentale per la crescita del bambino, soprattutto durante i primi anni di vita poiché gli dà l’affetto e il nutrimento di cui ha bisogno.

Il bambino deve crescere in mezzo la natura che nutre il corpo e l’anima lontano dalla società che invece è corruttrice, facendo ad esempio molte lunghe camminate all’aperto.

Un altro tema centrale del primo libro è quello dell’apprendimento del linguaggio. Questo tipo di sviluppo in particolare non deve essere forzato, ma l’educatore deve rispettare i tempi dell’educando che all’inizio comunica attraverso gesti e parole non pronunciate perfettamente. Infatti questo apprendimento è graduale e progredisce col progredire dello sviluppo. Il compito dell’educatore è quello di fornire poche parole per volta e che corrispondano ad oggetti che l’educando può fisicamente vedere e toccare. Le correzioni inoltre non sono necessarie poiché il bambino si auto corregge sentendo parlare correttamente l’educatore.

41 Secondo Libro

Il secondo libro corrisponde alla puerizia e cioè la seconda età evolutiva dai 3 ai

12 anni. Questo libro è chiamato anche “l’educazione dei sensi”.

Emilio imparerà in questa fase soprattutto a parlare e a muoversi, ad avere dei ricordi e quindi ad avere coscienza di sé. Tutto ciò comprende anche saper distinguere le emozioni di piacere e dolore e quindi in base a questo discernimento organizzare la sua educazione. L’allievo è libero di agire e di muoversi all’aria aperta praticando esercizio fisico, prima attraverso il gioco e poi attraverso dei piccoli lavoretti manuali. Anche le cadute lo aiuteranno a riconoscere il dolore, a dominarlo e anche ad evitare quelle situazioni che sa gli recheranno dolore. La sua educazione quindi in questa fase è basata sui sensi e sulla percezione della realtà attraverso il corpo. Questa percezione poi parte dalla curiosità e dall’interesse dell’allievo di esplorare e conoscere. Solo così

Emilio potrà conoscere autonomamente le sue capacità e i suoi limiti.

L’educatore non deve intervenire direttamente ma lasciare che Emilio faccia le sue esperienze e impari da solo a cavarsela. Il suo unico compito è quello di eliminare o limitare le cattive influenze. Inoltre non deve essere accondiscendete ad ogni richiesta dell’allievo, ma esaudirlo solo quando è necessario e le sue richieste corrispondono ad un effettivo bisogno.

Terzo libro

Secondo Rousseau questa fascia d’età è quella più importante e delicata e che quindi richiede una maggiore attenzione per quanto riguarda l’educazione. La

42 chiama l’età dell’utile e dell’istruzione e va dai 12 ai 15 anni, quindi è molto breve. In questo periodo Emilio inizia a voler conoscere l’ambiente che lo circonda non essendo solo concentrato sul corpo ed è spinto dalla curiosità che l’educatore deve saper indirizzare bene. L’errore non verrà corretto dall’adulto ma da Emilio stesso, che conoscerà il mondo non tramite insegnamenti teorici ma tramite l’esperienza. Proprio per questo motivo la lettura non viene consigliata se non quella del libro Robinson Crusoe di Daniel Defoe che è la storia di un uomo che riesce a cavarsela da solo superando tutte le difficoltà della vita.

In questo periodo Emilio inizia a lavorare. Secondo Rousseau il lavoro dell’artigiano infatti rende libero l’uomo perché non dipende da nessuno, ma trae beneficio dal lavoro delle sue stesse mani. Inoltre secondo lui il lavoro insegna molto di più di qualsiasi spiegazione teorica, quindi Emilio lavorando deve anche comprendere il valore del lavoro che svolge.

Libro Quarto

Questo periodo va dai 15 ai 20 anni.

In questa fase Emilio inizierà a ragionare anche in modo astratto. Il precettore dovrà indirizzare le sue insorgenti passioni incontrollate attraverso un educazione sessuale che favorisce una conoscenza del corpo umano. Le spiegazioni dovranno essere semplici ed esaustive così da non far sorgere in

Emilio il desiderio di sperimentare per vedere se c’è dell'altro. Inoltre in questa fase l’educatore spiega che le religioni non sono altro che delle variazioni del

43 Credo fondamentale e che quindi Emilio è libero di scegliere il culto che preferisce senza condizionamenti.

Libro Quinto

In quest’ultima fase Rousseau si concentra sull’educazione femminile. Infatti subentra la figura di Sofia futura moglie di Emilio. Vengono anche evidenziate le differenze tra l’educazione maschile e quella femminile. La donna infatti viene indirizzata al matrimonio e alla procreazione. Il suo compito è quello di soddisfare le esigenze del marito. Lo scrittore attribuisce alla donna molti meriti come ad esempio il pudore, l’intelligenza, lo spirito religioso, la cura della casa e del nucleo familiare. Emilio e Sofia dovranno compiere diversi viaggi insieme e imparare l’importanza della fedeltà. Inoltre in quest’ultima fase Emilio svilupperà anche il suo pensiero politico che secondo Rousseau deve essere di stampo democratico.

A questo punto il ruolo dell’educatore non è più necessario in quanto Emilio ormai è un uomo e adesso è lui stesso che diventerà educatore dei suoi figli.

Con quest’opera Rousseau tratta l’arte di formare gli uomini ponendo le basi della pedagogia, che a quel tempo non esisteva come scienza a sé.

Quello che contraddistingue il metodo di Rousseau è questo approccio indiretto dell’educatore nei confronti di Emilio. Infatti apparentemente esso non interviene nella vita dell’educando, è come se muovesse dei fili invisibili, così da non accelerare lo sviluppo, ma lasciare che faccia il suo corso naturale.

44 “La prima educazione deve essere puramente negativa. Essa consiste non già nell’insegnare la virtù e la verità, ma nel garantire il cuore dal vizio e la mente dall’errore. Se voi poteste non fare nulla e non lasciar far nulla; se poteste condurre il vostro allievo sano e robusto all’età di dodici anni […] senza pregiudizi, senza abitudini […] ben presto diverrebbe tra le vostre mani il più saggio degli uomini; e, cominciando col non far nulla, voi avreste fatto un prodigio di educazione”11.

Secondo Rousseau l’uomo nasce naturalmente buono, ma poi viene contaminato dalla società. Per questo l’individuo deve crescere a contatto con la natura, lontano (almeno per i primi anni) dalla società, portandolo alla sua condizione umana autentica. Un’educazione corretta richiede la valorizzazione della natura e l’eliminazione dell’influsso umano.

“Mantenete il fanciullo nella sola dipendenza delle cose ed avrete seguito l’ordine della natura nel progresso della sua educazione […] fate in modo che, fino a tanto ch’egli non è colpito che dalle cose sensibili, tutte le sue idee si fermino alle sensazioni […]12. Nessun altro libro che il mondo, nessun’altra istruzione che i fatti

[…]. Rendete il vostro allievo attento ai fenomeni della natura, e lo renderete ben presto curioso; ma per alimentare la sua curiosità non vi affrettate mai a soddisfarla”13.

11 Jean- Jacques Rousseau, L’Emilio o dell’educazione, libro III 12 Ivi, libro II 13 Ivi, libro III

45 Un altro elemento importante nel metodo di Rousseau è il tempo. Infatti l’educazione dura fino quasi all’età adulta(25 anni). Questo ne sottolinea l’importanza. Spesso si pensa all’educazione come a un qualcosa che riguarda solo l’età infantile, invece non ha una scadenza e il tempo varia a seconda dell’individuo. Inoltre l’educazione, dice Rousseau, non si acquisisce con delle nozioni o delle spiegazioni, ma è qualcosa che si impara vivendo e sbagliando.

46 III. 6 John Dewey e il concetto di esperienza

Facendo un salto in avanti nella storia contemporanea, il più importante pedagogista del Novecento è stato sicuramente lo statunitense John Dewey.

“Dewey è stato il più grande pedagogista del Novecento: il teorico più organico di un nuovo modello di pedagogia, nutrito dalle diverse scienze dell’educazione; lo sperimentatore più critico dell’educazione nuova, che ne ha delineato anche le insufficienze e le deviazioni; l’intellettuale più sensibile al ruolo politico della pedagogia e dell’educazione, viste come chiavi-di-volta di una società democratica. Inoltre, il pensiero pedagogico di Dewey si è diffuso in tutto il mondo e ovunque ha operato una profonda trasformazione, alimentato dibattiti e sperimentazioni e un rilancio della pedagogia al centro dello sviluppo culturale contemporaneo nei vari paesi”14

Il suo pensiero è basato sulla “teoria dell’esperienza”, che secondo lui, è uno scambio attivo tra l’uomo e la natura che trasforma entrambi le parti e rimane costantemente aperto. Questo scambio però crea uno squilibrio che viene ricostruito per mezzo del pensiero che a sua volta richiede la ricerca di un ulteriore equilibrio.

“ Così è all’uomo e alla sua intelligenza creativa che è affidato lo sviluppo e il controllo dell’esperienza, attraverso l’uso della logica, definita come “teoria dell’indagine” e caratterizzata dal metodo scientifico e dai suoi principi della sperimentazione, della generalizzazione e dell’ipotesi della verifica; metodo che

14 Franco Cambi,Manuale di storia della Pedagogia, pag. 301, Gius Laterza&Figli Spa 2003

47 deve divenire il criterio di comportamento intellettuale in ogni ambito dell’esperienza.”15

L’esperienza ha quindi un ruolo chiave per l’educazione perché l’uomo non è uno spettatore passivo, ma interagisce con l’ambiente che lo circonda. Il pensiero dell’uomo quindi si forma con l’esperienza, e l’educazione ha il compito di aprire la via a nuove esperienze e al potenziamento di tutte le opportunità di ulteriori sviluppi.

L’esperienza educativa deve partire secondo Dewey dalla quotidianità in cui vive l’individuo.

La parola “esperienza” viene da latino experiri che significa passare attraverso. È un tipo di conoscenza che non viene appresa tramite la mente ma tramite i sensi.

Può confermare o confutare l’opinione che abbiamo di una certa cosa e ci rivela la verità, per questo è così importante. È una conoscenza pratica e mai statica, ci mette di fronte ad una prova e ci costringe talvolta ad abbandonare ogni convinzione. Fare un’esperienza può significare anche capovolgere la coscienza e non essere più come prima perché si raggiunge una nuova verità.

Perciò l’esperienza non è mai fine a se stessa, ma ha intrinseco un fine educativo.

Non rimane circoscritta in un determinato momento, ma si sviluppa in un percorso educativo della personalità e delle nostre potenzialità. Dewey infatti nei suoi scritti dice:

15 Ivi, pag. 302

48 “C’è un’intima e necessaria relazione fra il processo dell’esperienza effettiva e l’educazione”

Questo significa, come dicevamo in precedenza che c’è un rapporto di causa- effetto tra l’esperienza e l’educazione.

Il problema però è che non tutte le esperienze hanno un fine educativo, ma talvolta possono essere diseducative. Infatti aggiunge Dewey:

“Il problema centrale di un’educazione basata sull’esperienza è quello di scegliere il tipo di esperienze presenti che vivranno fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno”

La pedagogia ritiene che un’esperienza sia educativa quando permette l’assimilazione di nuove esperienze e viceversa è diseducativa quando le ostacola.

L’esperienza inoltre secondo Dewey è basata su tre fattori:

1) La continuità. La continuità deve essere garantita quando si vive

un’esperienza educativa e deve anche permettere di viverne delle altre di

qualità maggiore. Dice lo stesso Dewey: “ogni esperienza fatta e subita

modifica chi agisce e subisce, e al tempo stesso questa modificazione

influenza, lo vogliamo o no, la qualità delle esperienze seguenti […] Il

principio di continuità dell'esperienza significa che ogni esperienza riceve

qualcosa da quelle che l'hanno preceduta e modifica in qualche modo la

qualità di quelle che seguiranno” . Inoltre la continuità è un elemento

49 fondamentale perché l’educando attraverso l’esperienza acquisisce

determinate abitudini e comportamenti che lo aiutano ad interagire col

mondo.

2) La crescita. L’educazione è possibile quando la sua continuità produce

nell’educando una crescita che a sua volta avviene tramite l’esperienza.

La crescita avviene quando l’educando fa delle esperienze che ampliano il

suo bagaglio culturale che gli permettono di aprirsi a nuove esperienze.

Ad esempio, quando l’educando impara a leggere e a scrivere inizia a fare

nuove esperienze nel mondo che prima non gli erano possibili e si apre

alla possibilità di nuovi apprendimenti, quindi di nuove esperienze. È qui

che inizia il percorso di crescita. Quest’ultima però può bloccarsi quando

la continuità non permette nuove esperienze a causa di abitudini

diseducative. L’educatore deve fare in modo che questo non accada. Al

contrario di Rousseau, Dewey crede che l’educatore debba programmare

le esperienze dell’educando facendo in modo che la sua educazione

proceda senza blocchi. Infatti egli stesso dice che “all’insegnante spetta la

responsabilità di creare le condizioni per un genere di esperienza presente

che abbia un effetto favorevole sul futuro”.

Secondo Dewey inoltre, è necessario che le esperienze siano trasmesse

dalle generazioni passate per favorire l’educazione. Infatti è

fondamentale che l’educatore trasmetta la conoscenza del passato

attraverso esperienze del presente per iniziare a proiettare l’educando

nel futuro.

50 3) L’interazione è una condizione essenziale. L’educatore ha un bagaglio

interiore di esperienze di cui deve tenere conto nel momento in cui

educa. Deve conoscere le sue potenzialità sia positive che negative e

sapere che interagiscono inevitabilmente con quelle dell’educando senza

però entrare in conflitto. Quando entrano in conflitto tra di loro

l’esperienza non è più educativa16.

III. 7 Maria Montessori

Maria Montessori è stata una pedagogista, educatrice, filosofa, medico e scienziata italiana vissuta tra l’800 e il 900. È famosa in tutto il mondo per il suo metodo educativo che prende il suo nome e che è stato adottato da migliaia di scuole. Questo metodo si basa sulla cosiddetta “liberazione del fanciullo” ,poiché solo la libertà permette l’espressione della creatività, e sulla concezione della sua mente come una “mente assorbente”.

Anche per Maria Montessori l’esperienza ha un ruolo fondamentale nell’educazione. Infatti è importante educare i sensi e educare attraverso i sensi, perché gli stimoli necessari alla crescita sono già nell’ambiente esterno, quindi il compito dell’educando è quello di interagire con essi e il compito dell’educatore

è quello di favorire questa interazione.

16 http://www.robertorossolini.it/public/documenti/lezione.pdf

51 Il bambino quindi può apprendere attraverso l’azione scoprendo le sue potenzialità. È come se la mano fosse una prosecuzione della mente. Senza esperienza non c’è educazione.

52 Capitolo 4: L’esperienza linguistico- culturale

IV. 1 L’apprendimento linguistico

Così appare chiaro come l’esperienza sia una condizione necessaria per l’educazione. Oggi questa affermazione può sembrare quasi scontata e banale, ma ai tempi di Dewey a della Montessori era un’innovazione. Infatti prima si pensava che l’educazione fosse semplicemente un trasferimento di informazioni che avveniva da un individuo (l’educatore) all’altro (l’educando).

Proprio come accade nel musical. L’educazione e l’apprendimento linguistico da parte di Eliza non avviene attraverso un’esperienza ma attraverso l’acquisizione della fonetica corretta in un arco di tempo ristretto. Ma se l’esperienza è necessaria per l’educazione in generale, lo stesso discorso vale per l’educazione linguistica.

La fonetica, e cioè il suono, è solo uno degli elementi che compongono una lingua. Infatti c’è un aspetto culturale che non deve essere sottovalutato.

Imparare una lingua, non significa solo studiarne la grammatica, ma anche imparare la cultura del paese dove la lingua stessa viene parlata.

Il binomio lingua-cultura è un binomio imprescindibile poiché la lingua fa parte della cultura di un determinato paese e una lingua non può essere appresa veramente se non si conosce la cultura del popolo che la parla. Quindi quando parliamo di apprendimento linguistico non possiamo parlare soltanto di regole

53 grammaticali o fonetiche, in quanto è solo una parte della lingua che non può essere appresa pienamente soltanto su un livello teorico.

Quando si inizia a studiare una lingua, che poi potrà essere usata come strumento di comunicazione, l’individuo deve saperla contestualizzare, cioè porla all’interno di un determinato contesto.

La lingua utilizzata da un popolo, caratterizza quel popolo. Dietro una semplice forma di saluto c’è nascosta tutta la cultura di quel popolo. Non possiamo dunque parlare di cultura senza parlare della lingua e viceversa. Il binomio lingua-cultura come abbiamo detto quindi, non solo è un binomio inscindibile ma i due fattori si influenzano a vicenda tra di loro.

Tutto ciò avviene perché la lingua non è stata creata in modo artificiale, ma si è formata con il tempo ed ha avuto un’evoluzione ed è per questo che è strettamente legata alla cultura.

IV. 2 Franz Boas

L’antropologo tedesco Franz Boas (1958-1942) dopo una lunga serie di studi negli Stati Uniti elaborò la sua teoria sulla cultura. La definisce come la “totalità delle relazioni e delle attività intellettuali e fisiche che caratterizzano il comportamento degli individui che compongono un gruppo sociale –considerati sia collettivamente sia singolarmente- in relazione al loro ambiente naturale , ad altri gruppi, ai membri del gruppo stesso, nonché quello di ogni individuo rispetto a se stesso». La cultura, continua Boas, «comprende anche i prodotti di queste

54 attività» e soprattutto «i suoi elementi non sono indipendenti ma possiedono una struttura». 17

Questa definizione ci fa capire inoltre che secondo Boas l’individuo non è passivo, ma è capace di “reazioni” e “attività”.

Egli effettuò una serie di studi sulle diverse culture per capire proprio l’influenza della cultura sulla vita dell’uomo e sul popolo. Questi studi arrivarono alla conclusione che la cultura può influenzare persino le percezioni sensoriali.

Secondo lui la cultura è il risultato di una serie infinita di percorsi che riguardano i riti di un popolo, le usanze, la lingua, le strutture sociali ecc. che la rendono unica e irripetibile altrove.

Nel suo articolo On Alternating Sounds (1889) egli sollevò una questione della diversità dei suoni chiedendosi: Le persone descrivono un suono in modi diversi perché non percepiscono la differenza, o c’è qualche altro motivo?

Con questo quesito Boas già anticipa la distinzione tra fonemi e fonetica.

Egli mette sullo stesso livello chi descrive lo stesso suono in modi diversi e chi descrive suoni differenti allo stesso modo. Infatti si può pronunciare una stessa parola in modi diversi e capire che si sta utilizzando sempre quella parola.

Secondo i ricercatori questo potrebbe dipendere dai diversi dialetti che variano di zona in zona, Boas invece sostiene che la differenza non è nel modo in cui una parola viene pronunciata,ma nel modo in cui quella parola viene percepita. Nello

17 Franz Boas,L’uomo primitivo, a cura di MJ Herskvits, Roma-Bari, Laterza 1995

55 specifico egli afferma che il sistema fonetico della lingua inglese non può accogliere la sensazione sonora delle parole eschimesi (dove effettuò i suoi studi), poiché le parole utilizzate sono adattate all’ambiente.

Boas sosteneva che anche la scelta e l’utilizzo dei vocaboli sono influenzati dalla cultura. Per dimostrare questa sue teoria si avvalse del famoso esempio della parola neve in eschimese. Nella lingua eschimese infatti troviamo un vocabolo per ogni forma della neve che in altre lingue viene descritta con una o più parole.

Aput significa neve sul terreno , qana significa neve che cade, piqsirpoq vuol dire neve a vento e quimuqsuq viene usata per indicare una valanga di neve.

Con questo esempio è chiaro come la loro cultura, di cui fa parte anche il clima, abbia influenzato la lingua, infatti ad un determinato fenomeno culturale corrisponde una varietà linguistica ed è chiaro che ogni paese ha le sue peculiarità, che quindi si rispecchiano nella lingua.

Ognuno di noi è influenzato dalla propria cultura sin dai primi anni di vita, ed è qualcosa che ci portiamo dietro per tutta la vita. È un meccanismo inconscio poiché fa parte dell’essere stesso. Agiamo e ci comportiamo influenzati inconsciamente dalla cultura in cui cresciamo ,che plasma anche il nostro modo di agire.

IV.2.1 Acculturazione

È quindi necessario durante l’apprendimento di una lingua entrare a contatto anche con la cultura del paese in cui è parlata la lingua. In questo caso parliamo

56 di acculturazione, cioè quel processo attraverso il quale ci si appropria di una cultura e di una lingua che non è quella madre.

Ovviamente l’acculturazione dipende da vari fattori, ad esempio quello della differenza culturale: più due culture sono diverse tra loro e più risulterà difficile l’acculturazione. Di conseguenza questa difficoltà comprenderà anche l’apprendimento delle lingua. Più due culture sono vicine tra loro,più sarà facile imparare una seconda lingua, se invece la distanza sociale è maggiore sarà più difficile apprenderla.

La tesi di Boas viene poi confermata e approfondita dal suo allievo Edward Sapir che scrive in un articolo nel 1929:

“È proprio un errore di valutazione immaginare che una persona si adatti alla realtà essenzialmente senza l’uso della lingua e che la lingua sia solo un mezzo accidentale di risolvere specifici problemi di comunicazione o di pensiero.

L’essenza della questione è che il modo reale viene costruito, in gran parte inconsciamente, sulle abitudini linguistiche del gruppo. Non esistono due lingue che siano sufficientemente simili da essere considerate come rappresentanti della stessa realtà sociale. I mondi in cui vivono differenti società, sono mondi distinti, non sono semplicemente lo stesso mondo con etichette differenti.”

Come emerge da questo scritto, non importa quanto due lingue siano simili tra di loro saranno sempre due mondi ben distinti e questo grazie alla componente sociale e culturale che caratterizza una lingua.

57 Ogni lingua infatti si esprime “non in una diversità di suoni e di segni, ma in una diversità di visioni del mondo"18

Nel momento dell’apprendimento quindi, informazioni generali sulla cultura del paese in cui la lingua viene parlata è molto utile per un approccio iniziale.

L’attenzione viene posta sugli elementi che la diversificano di più dalla cultura di chi l’apprende. È essenziale che le informazioni date siano corrette non ricorrendo ai soliti stereotipi, ma ponendo l’attenzione su tutti gli aspetti non verbali della lingua che variano a seconda della cultura. Ad esempio la gestualità, il tono della voce, il linguaggio del corpo, il vestiario ecc.

La cultura inoltre, non è statica ma dinamica, influenza ed è influenzata dalla società. È in un continuo cambiamento che dipende dal cambiare della società, della natura, del cambiamento climatico e dall’influenza anche di altre culture.

Ci si accorge di quanto la cultura sia intrinseca nel proprio essere quando si viene a contatto con una cultura diversa dalla nostra. Infatti è un meccanismo incontrollato e del tutto inconscio. Ciò che a noi sembra normale e scontato è perché fa parte della nostra cultura e magari può risultare fuori da normale se si cambia contesto socio-geografico.

18 Willhelm von Humboldt, ϋber das vergleichende Sprachstudium , pag XLI, Di Cesare

1991

58

IV.2.2 Relativismo sociale o culturale

Questo fenomeno viene chiamato relativismo sociale o culturale:

Il relativismo culturale è una modalità di confronto con la variabilità e la molteplicità di costumi, culture, lingue, società. Di fronte alla molteplicità l'atteggiamento relativistico è incline a riconoscerne le ragioni, ad affermarne non solo l'esistenza, ma anche l'incidenza e la significatività.

L'atteggiamento relativistico è quello per il quale perde senso la questione di quale sia il costume 'migliore' […] il giudizio su ciò che è 'migliore' viene infatti già espresso dagli individui che adottano i costumi della propria cultura; e non è pensabile un'istanza superiore alle singole società.

Alla base del relativismo vi è una profonda diffidenza nei confronti dell'universalità di strutture psichiche o mentali - di ordine naturale - che accomunerebbero tutti gli uomini. Il relativismo non nega che esistano strutture di tal genere; ritiene tuttavia che esse rappresentino una componente per così dire minoritaria nell'organizzazione umana: più importante appare invece la dimensione culturale, con la sua inevitabile variabilità, per cui ciò che contraddistingue l'uomo nella sua vera essenza sarebbe proprio questa variabilità, anziché l'uniformità di leggi o strutture naturali. "Le leggi della coscienza, che noi diciamo nascere dalla natura - sosteneva Michel de Montaigne nella seconda metà del Cinquecento - nascono dalla consuetudine (coustume)",

59 aggiungendo che "le idee comuni che vediamo aver credito attorno a noi" assumono ai nostri occhi la sembianza di leggi "generali e naturali" (v.

Montaigne, 1580; tr. it., p. 150).19

Non esiste quindi una cultura migliore dell’altra, ma ognuna è la “migliore” per il popolo che rappresenta.

Possiamo anche affermare che quindi non esiste una lingua più difficile di un’altra, ma la difficoltà si trova nella divergenza culturale.

Ad esempio per un italiano sarà più semplice imparare una lingua come il francese o lo spagnolo, grazie alla radice neolatina che accomuna queste tre lingue, ma anche grazie alla loro vicinanza geografica e culturale. Invece se si parla di lingue come l’arabo o il giapponese, l’apprendimento sicuramente richiederà più tempo e sarà più complicato.

Questa difficoltà è generata dal fatto che per un occidentale le culture asiatiche sono molto distanti sia geograficamente che socialmente, quindi questo gap culturale crea delle difficoltà non da poco nel momento dello studio della lingua.

Viceversa per un palestinese, o un giapponese imparare una lingua come il francese sarà molto più difficile che imparare il cinese, o l’iraniano.

Apprendere una nuova lingua dunque richiede anche un’apertura e un atteggiamento predisposto alla conoscenza di nuove realtà. Bisogna imparare a guardare ciò che è diverso da noi con altri occhi, senza rimanere radicati nelle

19 http://www.treccani.it/enciclopedia/relativismo-culturale_(Enciclopedia-delle-scienze-sociali)/

60 proprie convinzioni e nei propri pregiudizi. Soltanto un atteggiamento predisposto e propositivo può permettere di arrivare a una vera padronanza della lingua che si vuole studiare.

A questo punto viene da chiedersi: come si può arrivare ad una acculturazione tale che permetta l’apprendimento della lingua in modo efficace?

La risposta è molto semplice e ci riporta direttamente alla teoria di Dewey già citata in precedenza, ossia con l’esperienza. Non possiamo immaginare di conoscere una cultura o studiare una lingua senza vivere in prima persona un’esperienza che riguardi questi due fattori. Studiare la grammatica, la fonetica e tutto ciò che riguarda la parte teorica della lingua è essenziale per un primo approccio, poiché senza uno studio propedeutico non c’è possibilità di comunicazione. Ma bisogna fare molta attenzione e non fermarsi solo a questo primo stadio.

Ogni lingua come abbiamo visto ha dietro una cultura e una storia che sono inscindibili. L’unico modo per capire davvero una lingua è fare un’ esperienza di essa. Ovviamente non è sempre così facile venire a contatto con altre culture, specialmente se la motivazione non è così forte.

Lo studioso olandese di organizzazioni culturali Geert Hofstede ci offre un grafico che mostra nel corso del tempo i cambiamenti dell’atteggiamento del singolo nei confronti della nuova cultura e in generale della sua esperienza all’estero.

61

Si può notare come nel primo periodo l’emozione preponderante sia l’euforia, data dalla novità di una nuova esperienza. Tutto all’inizio è una sorpresa e ogni differenza con la propria cultura è entusiasmante e affascinante. Questa fase però è solo iniziale e dura molto poco, seguita da un periodo di shock culturale.

IV.2.3 Lo shock culturale

Lo shock culturale è un sentimento di smarrimento e disorientamento che ognuno prova con il trasferimento in un paese straniero a contatto con nuove abitudini e culture. In questa fase sparisce tutto l’eccitamento per la novità lasciando spazio a rabbia, frustrazione, noia, forte nostalgia e desiderio di tornare nel proprio paese. Inoltre talvolta si può manifestare anche un rifiuto di imparare la lingua del posto. La differenza con la propria cultura inoltre può portare all’isolamento o al contatto esclusivo con persone dello stesso paese. In questa fase, a differenza di quella precedente, l’individuo non interagisce con la

62 diversità culturale, ma al contrario giudica le diversità in modo rigidamente soggettivo così da alimentare gli stereotipi.

Questo comportamento può attivare il processo inverso, ossia la cultura del posto sentendo questa distanza culturale involontariamente esclude lo

“straniero”.

Nella fase di acculturazione l’individuo familiarizza con la nuova cultura, inizia ad integrarsi con gli autoctoni, imparando la loro lingua e inizia anche ad assumere comportamenti conformi alla nuova cultura.

Nell’ultima fase si ha appunto una stabilità emotiva, ossia l’individuo si trova a suo agio con gli usi e i costumi del paese ospitante e inizierà a godere la sua permanenza con più tranquillità e più consapevolezza rispetto al primo stadio.

Diminuiscono le sensazioni spiacevoli e generalmente una volta lasciato il paese l’individuo proverà nostalgia.

I tempi sono molto soggettivi, poiché variano da un individuo all’altro.20

20 http://venus.unive.it/filim/materiali/accesso_gratuito/Filim_didattica_it_prospettiva.pdf

63 IV.3 L’analisi nell’esperienza

Alla luce di quanto analizzato fin’ora si può notare come l’educazione non sia una cosa che nasce dal nulla, ma è un lavoro costante e continuo, e come l’apprendimento della lingua non si basi solo sull’apprendimento della fonetica.

Quindi ciò che accade nel film, il centro di questo studio, è un’ideale possibile, ma pure sempre un ideale che non può essere reale.

L’apprendimento della lingua non può avvenire su un piano puramente teorico poiché una lingua come abbiamo visto è sempre legata ad una cultura in divenire, che non è mai statica ma subisce dei continui cambiamenti.

Inoltre la lingua per sua natura è comunicazione, trova la sua ragione d’essere nel rapporto tra individui, infatti quando si studia una lingua è sempre per il desiderio di comunicare e quindi di creare un legame con qualcuno.

Perciò è necessario che lo studio teorico (della grammatica, della fonetica, del lessico ecc.) sia plasmato dell’esperienza.

Non si può studiare una lingua senza praticarla. Va sempre contestualizzata per capirla e impararla a fondo.

Studiare una lingua sui libri, imparando ogni regola grammaticale comprese le eccezioni, la fonetica, il lessico, la morfologia purtroppo è solo una piccola parte del lavoro che deve essere svolto.

64 È come se un aspirante pasticcere, per imparare a cucinare studiasse a memoria tutte le ricette e imparasse tutte le reazioni chimiche degli elementi, i dosaggi, la cottura di ogni dolce senza avvicinarsi mai ai fornelli.

Sicuramente la teoria è fondamentale poiché è alla base di ogni apprendimento, ma non ci si può fermare a solo a questa.

Possiamo applicare il concetto di Dewey dell’esperienza anche all’apprendimento linguistico. Ognuno ha bisogno di vivere una propria esperienza a contatto con la lingua non solo per consolidarla, ma per impararla realmente. Infatti il detto “sbagliando si impara” vale anche nel campo linguistico: un concetto rimane impresso nella mente quando è associato a un’emozione, come ad esempio una brutta figura. Quando sbagliando un vocabolo, diciamo una cosa piuttosto che un’altra e veniamo corretti quel vocabolo rimarrà sempre impresso nella nostra mente.

Metaforicamente parlando, l’esperienza è quel valore vitale che può trasformare una statua di marmo in una donna viva, come nel mito di Ovidio.

Possiamo paragonare infatti la conoscenza teorica alla statua di Galatea, una struttura solida ma che necessita di essere animata per poter essere trasformata in qualcosa di vivente.

A livello linguistico solo l’inserimento nella vitalità della cultura di una lingua può permettere questa trasformazione.

65 Nel musical, Eliza, una fioraia sgrammaticata apprende l’inglese in sei mesi partendo da zero. Abbiamo visto come il dialetto Cockney sia estremamente diverso dalla lingua inglese sia nella pronuncia che nella grammatica, Eliza quindi parte ancora più svantaggiata di un parlante non nativo che vuole apprendere l’inglese. Infatti la mente di un allievo (adulto o bambino che sia) che vuole apprendere una nuova lingua da zero è come una tabula rasa, che pian piano come una spugna assorbe ogni informazione e la rielabora facendola propria. Chi invece parte da una conoscenza sbagliata della lingua, farà un doppio lavoro, ossia quello di “dimenticare” ed eliminare gli errori che vengono commessi parlando e imparare un nuovo lessico, una nuova pronuncia, una nuova grammatica ecc., a livello pratico l’allievo fa un doppio lavoro.

Ma Eliza non deve soltanto, imparare una nuova lingua, ma acquisire tutti quegli usi e costumi propri di una duchessa, quindi deve essere educata.

L’arte dell’educazione (perché si tratta di una vera e propria arte) è stata influenzata nel corso del tempo dalle diverse culture, e dai periodi storici ma la troviamo già nella mitologia greca con il mito ovidiano di Pigmalione e Galatea che ci mostra quanto è difficile trasformare metaforicamente un pezzo di marmo in una donna in carne ed ossa, e quindi educare (nel vero senso del termine: tirare fuori) una persona.

Rousseau ritiene che l’educazione sia talmente importante da dover durare per tutta la vita. Infatti il tempo è un elemento fondamentale. Lui stesso afferma

66 che “L’educazione dei fanciulli è un mestiere in cui bisogna saper perdere tempo per guadagnarne”21 (Emilio, Libro II).

L’educazione trasforma una bambina in una donna, un bambino in un uomo ed

è per questo che richiede costanza e tempo.

Ormai siamo tutti immersi in questa cultura dove tutto corre: la cultura dei fast food. Nulla viene realmente gustato, ma l’importante è arrivare al traguardo il prima possibile.

Un docente dell’università del Colorado, Maurice Holt, afferma che:

“Non v’è ragione per cui l’espressione «slow school» non debba acquisire il prestigio associato a «slow food». In molti aspetti della vita, il fare le cose lentamente è associato ad un profondo piacere. Prendere il sole velocemente non è considerato una cosa particolarmente piacevole. Se vogliamo cogliere una eccezionale presa di baseball, la rivediamo al rallentatore. Perché cerchiamo di assorbire i tesori di Firenze in un breve tour guidato, se possiamo impiegare un mese ad apprezzarli?”22

L’educazione necessita di un ritmo più lento e quindi di un tempo più dilatato perché non è un qualcosa che si impara una volta per tutte, ma cambia e si adatta all’età ( e quindi alle necessità) dell’educando.

L’educazione inoltre è il punto di partenza per un cambiamento che riguarda non solo l’individuo, ma tutta la società.

21 Jean-Jacques Rousseau, Emilio o dell’ educazione, libro II pag. 224 22 Holt Maurice, It’s Time to Start the Slow School Movement, pp. 264-272, in Phi Delta Kappan 2002.

67 Questo processo nel musical avviene nel corso di sei mesi, ma come affermato anche dagli autori sopraelencati è un tempo davvero minimo e non sufficiente per il pieno raggiungimento degli obiettivi prefissati.

68 Conclusioni

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di analizzare le principali tematiche del musical che mi ha molto affascinato a livello tematico e a livello linguistico.

Ho visto il film durante una lezione di Literary Adaptation e da subito mi ha incuriosito l’adattamento in italiano dei testi musicali, intuendo fin da subito il grande problema traduttivo. Ma il tema centrale che ho in seguito deciso di analizzare è l’apprendimento linguistico e da subito mi sono chiesta: è la fonetica che conta davvero in una lingua?

Ovviamente da studentessa di lingue straniere la mia risposta è stata subito negativa, poiché credo che non basti un’intera vita per imparare davvero una lingua e soprattutto c’è bisogno di molta esperienza. Ho potuto constatarlo durante il mio soggiorno a Vienna, capitale dell’Austria.

Avendo studiato il tedesco a Roma per sei anni, volevo praticarlo e constatare quanto effettivamente rimane dello studio teorico fatto in classe. Durante questi due mesi ho incontrato molte difficoltà proprio a causa della mia appartenenza culturale completamente diversa da quella austriaca.

All’inizio infatti mi sono ritrovata con un vero shock culturale, che ho citato in precedenza, ma una volta superato ho capito quanto davvero la lingua sia legata alla cultura del posto.

A partire dalle forme di saluto ad esempio si differenziano dai tedeschi.

69 In Austria per salutarsi è molto comune la formula “Grϋβ Gott” che letteralmente significa “che Dio ti possa salutare” piuttosto che il semplice

“Guten Tag” (buongiorno) utilizzato in Germania. Questo perché, come mi è stato spiegato da loro stessi, in Austria la religione, e in particolare in cattolicesimo, è più radicata che in Germania.

Questo è solo uno dei tanti esempi che si possono fare per mostrare quanto effettivamente la lingua sia impregnata della cultura del popolo che la parla e il solo modo per capirlo pienamente è viaggiare e vivere questo tipo di esperienze in prima persona.

Ed è per questo che in My Fair Lady l’ideale diventa possibile, ma rimane pur sempre un ideale.

70

ENGLISH SECTION

My fair Lady:

The possible ideal

71 Introduction

I choose this topic for my thesis because I wanted to talk about something I love but also that was in line with my studies.

I watched this musical at the university during a lesson of Literary Adaptation and I liked it from the very first time because of its plot and its musical adaptation in Italian.

The musical I am talking about is My Fair Lady by George Cukor 1964. This film is based on the stage play Pygmalion by George Bernard Shaw. It begins with a challenge: turning a florist into a lady, by teaching her all the English phonemes.

I am keen on the main topic of the film: languages study and phonemes. This play highlights the link between the language and the social background showing how they’re parts of the person.

The main topic is the language education which refers to the process and practice of acquiring a second or foreign language. It primarily is a branch of applied linguistics, however can be considered an interdisciplinary field.

The language education includes also the communicative competence which refers to a language user's grammatical knowledge of syntax, morphology, phonology and the like, as well as social knowledge about how and when to use utterances appropriately.

72 This means that when a person speaks with another doesn’t communicate just through the words but also his cultural baggage plays a key role and it changes according to the context.

In the musical a poor and semiliterate florist becomes a real lady over six months studying the phonetics and learning how a duchess has to behave.

The character of Eliza could be anyone who is facing something new, like foreign languages.

So I asked myself: Could it be possible? Is the phonetics the most important to study if I want to speak a language fluently? If I study the grammar of a foreign language, can I say that I can speak that language? And, above all, are six months enough to study a language?

In this thesis I am going to analyse these topics in order to answer to these questions, also starting from my experience as a foreign languages and cultures student.

In the first chapter I’m going to analyse the play by George Cukor, talking about the adaptation in Italian, that was one of the most difficult in the history of cinema.

I will compare the musical by George Cukor to the Greek myth of Pygmalion and

Galathea analysing the differences and the analogies with the stage play

Pygmalion by Bernard Shaw and the musical.

In the following chapter the key elements of the musical will be analysed:

73 The women’s empowerment and obviously the education.

I am going to compare the methods of different pedagogues showing how the education is not just something theoretical but even today is the centre of lively debates, and something about men are always being interested in.

The third chapter will be focused on the second-language acquisition and on the idea of the language as a complementing part of a culture.

Finally, I will talk about my experience in touch with a foreign language and culture explaining why a theoretical knowledge is not enough to speak fluently a language.

74 Chapter I: The Work

I.1 The Musical

Musical theatre is a form of theatrical or cinematographic performance that combines music, acting and dance.

It was born in the USA, between the ‘800 and the ‘900 and it developed between

New York and Broadway. Music plays a key role, in fact the actors can act but also sing and dance well.

Furthermore, music is important as much as dialogues, movement and all the other elements.

Musicals were very popular, and they were written for all kind of people. The great success was also due to the catchy songs that get stuck in the head, the scenic design and choreography.

In addition to New York the musical was presented also in other cities of the USA and all over Europe thanks to the cinematographic versions which supported its spread.

During the years musical has changed according to the different historic moments: for example during the Great Depression, it was a moment to escape from reality, so there were funny plots and happy endings.

During the Second World War instead the stories were mainly patriotic, for example The Sound Of Music, The King and I.

75 The golden ages for musicals were the 50s and the 60s, in fact during this period shows like My Fair Lady(1956) and Cabaret(1966) were staged.

My Fair Lady staged for the first time at Merk Hellinger theatre on 15th March

1956 and it was a great success. It set a record for the longest run of any major musical theatre production in history and it was also called “the perfect musical”

It had many revivals and also a film version by George Cukor, with the stunning

Audrey Hepburn interpreting the protagonist Eliza Doolittle.

I.2 The Plot

The story begins in London, in Covent Garden on evening in front of a theatre.

The atmosphere is very refined due to the carriages and the fancy clothes of the aristocrats.

The protagonist Eliza Doolittle, a flower seller, shows up out of the blue trying to sell her flowers to the people all around her, speaking with a sharp Cockney accent. Professor Henry Higgins, phonetics expert, believes that a person’s prospects in society can be determined from his accent and tone and he bets with a friend of him, Colonel Hugh Pickering that he could teach Eliza how to speak in a way she could pass as a duchess at the embassy ball six months later.

She accepts and the following morning and goes at Higgins’ home to have her first lesson. All lessons are about English phonetics, for example the sound of the

H, and the aim is to make her Cockney accent disappear.

76 After some failures, she makes progresses and she finally starts with a impeccable upper class accent.

Eliza poses as a princess at the embassy ball and she’s believed to be of royal blood thanks to her way of speaking.

Now Eliza has a different language but also a different personality and she can’t go back to her life as ignorant flowers seller because that life doesn’t belong to her anymore. She decides to stay at Higgins’ home because she understand how much she loves him but the latter refuses her and so she leaves his home.

It is only then that he realised that he loves her so he goes and search for her. He finds her and asks her to come back to him. First Eliza refuses but then she crawls back to him.

I.3 Cockney

The adaptation of the musical in the other languages was a real challenge and even nowadays it is the centre of many debates. The translation, especially in

Italian, required a deep study because Eliza speaks with a Cockney accent that is an English typical dialect. In addition, every Italian dialect would have clashed with the typical English atmosphere.

The term “Cockney” was used by the rural Englishmen to define the London dwellers generally until the 19th century and then became restricted to the working class. Nowadays it is used to describe the East Londoners.

77 The region where the Cockney was spoken is not clearly defined, but generally speaking a real Cockney was the one who could hear the bells of Saint Mary-le-

Bow from his place. But today elements of Cockney English are declining in usage in the East End of London and the accent has migrated to Outer London.

Cockney dialect has some distinctive accents and features for example:

 Use of “me” instead of “my”

 Use of ain’t

 Use of double negatives

 Final –er pronounced [Ə]

Cockney accent has always been considered inferior by many. This visual changed when in 1909 it received an official recognition by the London County

Council. Since then it has been accepted as an alternative form of the English language.

The Italian adaptation was not so easy because obviously there is not an equivalent dialect in Italian language.

The solution of the book is different from the film’s one. In the book the translator chose a mixture of northern dialects such as the Venetian one,

Milanese and Piedmontese because as the Cockney they have a Celtic origin.

In the film instead Eliza speaks a mixture of southern dialects that fits her better and phonetically speaking it is also more appropriate, given that, as in the

Cockney, there is a wrong pronunciation of the vowels.

78 Since My Fair Lady is a musical, the songs must be translated too besides. The songs in a musical, in fact, are important as well as the dialogues and sometimes they integrate the story itself.

The songs are always very difficult to translate and to adapt because there are many musical “rules” to follow, as the melody and the rhythm.

In this case the work was even more difficult because of the song with the tongue-twister that over the time has become the symbol of the musical:

“The rain in Spain stays mainly in the plain”

The exact Italian translation of this sentence couldn’t work, so the translators chose to alter the meaning changing the words but maintaining the same original idea of the wrong pronunciation of the vowel.

Despite all the problems of translations and culture, the Italian translators did their best and succeeded.

79 Chapter II. From Ovid to George Cukor

My fair Lady is based on the stage play Pygmalion by George Bernard Shaw, which is based on the Greek myth by Ovid Pygmalion and Galatea narrated in the

Metamorphoses.

II.1 The Greek myth of Pygmalion and Galatea

Pygmalion was a Greek talented sculpture from . He repulsed all the women in Cyprus because he saw women as flawed creatures. He dedicated all his life to his passion: sculptures. He created Galatea, a sculpture alike a real woman but more beautiful than any other woman that had ever lived on earth.

It was so perfect he fell deeply in love with her. He would always bring it gifts such as precious stones, seashells, beads and so on. He kissed it, he talked to it and he took care of it every day, as if it was alive. He also would dress it, adorning it with necklaces, rings and earrings.

Aphrodite’s festival day came and Pygmalion went to her altar to make offerings.

While he was praying her he asked for a bride who would be “the living likeness of my ivory girl”.

The goddess gave him a sign, and the flames shot up three times.

When he went home he ran to his sculpture and he embraced it, and kissed it and he felt its lips warm and soft like the ones of a person made of flesh and blood.

80 granted all his wishes and she gave life to Galatea.

He was unbelieving and his mind oscillated from doubt to joy, so he kept kissing and touching her. But it wasn’t a misunderstanding, it was true.

The Goddess Aphrodite listened to his prayers and his desire and soon they were wed and they never forgot to thank her for the gift.

Pygmalion and Galatea also had a daughter named , who gave the name to the city of Paphos in Cyprus, where nowadays there’s the Aphrodite’s temple.

II.2 The myth of Pygmalion and Galatea in Arts

Over the centuries the myth has been inspired many artists such as Goethe,

Bernard Shaw and Jean-Philippe Rameau.

Pygmalion felt in love with Galatea, but the satisfaction come from the fact he could turn it into a real woman, and in metaphor he could transform the ivory into flesh.

This transformation is a clear metaphor of the transformation from an

“uneducated” human being ( that is like an ivory sculpture) into an educated man.

Ovid compared the realisation of a real human being to a new creation. That’s why Pygmalion ask for the help of a Goddess to do it.

81 The Aphrodite’s intervention in the myth represent the difficulty and the complexity required from the education: something almost impossible which needs the intervention of a Goddess.

II.3 Pygmalion by George Bernard Shaw

George Bernard Shaw was inspired by the Greek myth by Ovid and he converted it in a play stage changing completely the plot but maintaining the main idea: bring someone to life.

The plot is the same of the musical My Fair Lady.

Act 1 It’s evening and group of persons are sheltering from the rein waiting for their cab, out of a theatre in Covent Garden, London. They seem aristocrats because of their fancy clothing. Eliza, a flowers seller, is trying to sell her flowers with a strange accent, to Freddy Eynsford-Hills, a young man. They are joined by a gentleman, the colonel Pickering. While she’s trying to sell her flowers another man writes down every single word she says. She is worried because she thinks he’s a police officer, instead he’s Henry Higgins, a professor of phonetics and a friend of the colonel. He introduce himself and he says to the colonel he can understand the origin of a person from the tone and the accent. Then he says also he can teach Eliza to speak in a way she could pass as fair lady. She accepts because she’s willing to work in a flower shop but she can’t if she talk like this.

Act 2 They are at Higgins’ home and Eliza joins them to have her first lesson.

Pickering makes a bet with him on his claim, and says that he will pay for her

82 lessons if Higgins succeeds. Eliza's father, Alfred Doolittle, appears in the scene while Eliza is taking a bath. with the purpose of getting money out of Higgins. He has no paternal interest in his daughter's welfare.

He has an eccentric view of life. He is aggressive and he also tries to hit her, but is prevented by Pickering. The scene ends with Higgins telling Pickering that they really have got a difficult job on their hands, because they understand Eliza’s bad position.

Act 3 A few months have passed since Eliza has arrived at Higgins’s home. They go to his mother’s house because she has visitors and Higgins is willing to prove

Eliza accent and want her talking with them. The visitors are Mrs. Eynsford Hill and her sons Clara and Fraddy. Clare is immediately impressed by Eliza and

Freddy falls in love with her. Finally Eliza reveals her origin and she creates a great common astonishment, but Higgins’ mother believes that she’s not presentable.

Six months later there’s the ball at the embassy where Eliza is presented in public and she passes as a princess.

Act 4 Professor Higgins, Colonel Pickering and Eliza are coming back home from the ball. Pickering congratulates Higgins for winning the bet. The latter thanks

God it’s over because he couldn’t stand the situation anymore and he says he has been sick over the last months. He hurts the feelings of Eliza because he says that she’s ready to find a husband and get married, so she interprets this as he want to sell herself like a prostitute. So she returns her jewellery to Higgins,

83 including the ring he gave to her and she leaves his home. She meets the young

Freddy who declares his feelings for her and so they go away together.

At this point he realise how much important she is in his life and he goes looking for her.

Act 5 Higgins finds her at his mother’s home. She is there, but she doesn’t want meet him. After firsts refusals they see each other and she say that she has completely left behind the flower girl she was, and that she couldn't utter any of her old sounds if she tried. Higgins asks Eliza if she wants to come back to him, but she refuses. Eliza says that she just wants a little kindness, and that since he will never stop to show her this, she will not come back, but will marry Freddy.

Higgins laughs to himself at the idea of Eliza marrying Freddy as the play ends.

This finale didn’t satisfy the audience, because they wanted a romantic finale including the marriage between Eliza and Professor Higgins. That’s why it was changed in the cinematographic version.

During the 1914 run, to Shaw's exasperation but not to his surprise, Tree (the actor who interprets Professor Higgins) sought to sweeten Shaw's ending to please himself and his record houses. Shaw returned for the 100th performance and watched Higgins, standing at the window, toss a bouquet down to Eliza. "My ending makes money; you ought to be grateful," protested Tree, to which Shaw replied "Your ending is damnable; you ought to be shot."

84 George Bernard Shaw, a bit irritated added a postscript later essay “What

Happens Afterwards”, in which he explained precisely why it was impossible for the story to end with Higgins and Eliza getting married.

He continued to protect what he saw as the play's and Eliza's integrity by protecting the last scene. For at least some performances during the 1920 revival, Shaw adjusted the ending in a way that underscored the Shavian message. He wrote,

“ When Eliza emancipates herself – when Galatea comes to life – she must not relapse. She must retain her pride and triumph to the end. When Higgins takes your arm on 'consort battleship' you must instantly throw him off with implacable pride; and this is the note until the final 'Buy them yourself.' He will go out on the balcony to watch your departure; come back triumphantly into the room; exclaim

'Galatea!' (meaning that the statue has come to life at last); and – curtain. Thus he gets the last word; and you get it too.”23

Shaw wrote the play in early 1912. It was though and written for an English audience, but a mild nervous breakdown of the protagonist Patrick Campbell contributed to the delay of a London production. That’s why

Pygmalion premiered at the Hofburg Theatre in Vienna on 16 October 1913, in a

German translation by Shaw's Viennese literary agent. It obtained a great success.

23 The Instinct of An Artist: Shaw and the Theatre. Catalog for “An Exhibition from the Bernard F. Burgunder Collection” 1997 Cornell University Library.

85 The following year it opened in London on 11 April, at His Majesty’s Theatre running for 118 performances.24

Why was this play so much successful?

The play is a sharp lampoon of the rigid British class system and a commentary on women’s independence. It also deals with topics such as the manipulation by upper social class, but the core of the play is the education.

Pygmalion in the Greek myth creates his sculpture which is his stereotype of perfect woman, as well as Professor Higgins in the play stage turns a flower sellers into a Lady.

But what is the education and which is its role?

Are six months enough to educate a person?

Is the phonetics what really counts?

24 https://en.wikipedia.org/wiki/Pygmalion_(play)

86 Chapter 3: Pedagogy over the time

III.1 Education

“ The education is the act or process of imparting or acquiring general knowledge, developing the powers of reasoning and judgment, and generally of preparing oneself or others intellectually for mature life.” 25

The education was born with the human being, everyone needs to be educated because when we come into the world we have genetic, social, psychological and cultural information, which over the years we have to develop in order to adapt ourselves in the best way with the environment and the story.

The word “education” derives from the Latin verb “educere” which means take out. In fact the role of the education is to take out something that already exists in the individual.

Education can take place in formal or informal settings and any experience that has a formative effect on the way one thinks, feels, or acts may be considered educational.

The Irish writer William Bulter Yeats affirms:

“ Education is not the filling of a pail, but the lighting of a fire”

Family plays a key role during this process because within the family the foundations are laid. Such as the language acquisition.

25 http://www.dictionary.com/browse/education

87 Furthermore education should increase the innate potentialities of the individual conforming him to socio-cultural model of the environment where he lives. This includes transformations and innovations which lead to the achievement of the personality.

Personality is a common term in contemporary psychology. It is a set of individual differences that are affected by the development of an individual: values, attitudes, personal memories, social relationships, habits, and skills.

It is determined also by a variety of external impulses which influence the individual. Personality in fact is the result of a complex interaction of all kind of experiences which concern family, communications medium and obviously the school.

There is not a unique model of education which can be used for everybody.

Everyone is unique and different from all the others, so each educators should find the best way to educate his scholar according to the latter’s needs and inclinations.

III.2 Female Education

George Bernard Shaw’s play treats very important topics such as women’s liberation and the female education, in fact the character who needs to be educated is a women not by chance.

88 Until ‘700 women has been seeing as someone who just had to carry out her duties which were take care of her home and family, looking after their children and satisfy her husband’s needs.

Little girls education was based on these principles and it had this aim. A little girl had to be educated in order to be a perfect future mother. She had to be docile and weak. These two traits were essential and through the education they had to be inculcated in the girl’s mind.

Moreover the patriarchal culture of that time denied to the women any use of their mind and body, repressing every desires.

Between ‘700 and ‘800 this conception started to change. Rousseau thoughts had a very important role for the women vision. In his play Emile, or On

Education, (Èmile, ou de l’education) there is a new vision of the woman and of the mother.

Rousseau sharply criticizes the aristocratic women which gave their children to the housewives because they were too much involved in the society life.

The role of the mother is essential for the child and for his education.

Sofia is the wife of Emile (protagonist of the treatise), and she’s educated from her family to be a weak, docile wife and intellectually inferior than her husband.

Although her docility she chose to marry Emile, and not her parents. In this period in fact there’s a new idea of the marriage: a voluntary contract between

89 two persons who are not equal. To have a long-lasting marriage the husband had to be superior than the wife.

Also in the musical there is this disparity between Eliza and Professor Higgins which is clear since the beginning.

In addition Eliza learns the behaviour and the manners of a real lady exactly as

Rousseau wrote in it play.

But there many differences between Sofia and Eliza. In fact when the latter, at the end of the story understands that Higgins has just used her for his purposes, she finds the courage to go away from him. This decision reveals us her great independence. She’s not (like Sofia) subjugated to her husband, but she’s free and independent.

III.3 The Educator

The educator is fundamental for the education. He achieves the education and contributes to the human growth of an individual.

The educator is a guide which operates together with the scholar’s will of self- improvement. He takes the abilities of the scholar out and he develops his potentialities increasing his relations with the surrounding environment. He also have to spend much time with the scholar sharing all the important moments to understand better which are his attitudes and his interests in order to find the best way to educate him. As we have already said, each scholar needs his own way which is different from all the others.

90 The educator must be a model that the scholar is willing to reach.

III.4 Pygmalion effect

The Pygmalion effect, or Rosenthal effect, is the phenomenon whereby higher expectations lead to an increase in performance.

A corollary of the Pygmalion effect is the golem effect, in which low expectations lead to a decrease in performance; both effects are forms of self-fulfilling prophecy. By the Pygmalion effect, people internalize their positive labels, and those with positive labels succeed accordingly. The idea behind the Pygmalion effect is that increasing the leader's expectation of the follower's performance will result in better follower performance.

Studies of the Pygmalion effect have been difficult to conduct. Results show a positive correlation between leader expectation and follower performance, but it is argued that the studies are done in an unnatural, manipulated setting.

Scientists argue that the perceptions a leader has of a follower cause the

Pygmalion effect. The leader's expectations are influenced by their perception of the situation or the followers themselves. Perception and expectation may possibly be found in a similar part in the brain.

The German philosopher Robert Rosenthal did a study to show that if teachers are led to expect better performances from children then children’s performances are enhanced.

This study supported the hypothesis that reality can be positively or negatively influenced by the expectations of others, called the observer-expectancy effect.

91 All students in a single California elementary school were given a disguised IQ test at the beginning of the study. These scores were not disclosed to teachers.

Teachers were told that some of their students (chosen at random) could be expected to be "intellectual bloomers" that year, doing better than expected in comparison to their classmates. The bloomers' names were made known to the teachers. At the end of the study, all students were again tested with the same

IQ-test used at the beginning of the study. All six grades in both experimental and control groups showed a mean gain in IQ from before the test to after the test. However, First and Second Graders showed statistically significant gains favouring the experimental group of "intellectual bloomers". This led to the conclusion that teacher expectations, particularly for the youngest children, can influence student achievement. Rosenthal believed that even attitude or mood could positively affect the students when the teacher was made aware of the

"bloomers". The teacher may pay closer attention to and even treat the child differently in times of difficulty.26

26 https://en.wikipedia.org/wiki/Pygmalion_effect

92 III.5 Emile, or On Education

Emile, or On Education is one of the best and most important writings of the

French writer and philosopher Jean-Jacques Rousseau. It is about education and the nature of the men. During the French revolution it was an inspiration for a new national system of education.

The book is divided into five parts which are the five parts of the human life.

Book I

It concerns the first part of the life: childhood.

Rousseau believes that the growth depends on the education and that the education is transmitted by three elements: nature, men, things.

He endorses John Locke's program of "hardening children's bodies against the intemperance of season, climates, elements; against hunger, thirst, fatigue". He also emphasizes the perils of swaddling and the benefits of mothers nursing their own infants. Rousseau's enthusiasm for breastfeeding led to him to argue: " But let mothers deign to nurse their children, morals will reform themselves, nature's sentiments will be awakened in every heart, the state will be re-peopled"

Another important topic of the first book is the language acquisition. This process must not be forced, it happens gradually and the educator have to respect the times of the child.

Book II

93 The second book goes from 3 to 12 years and it concerns the firsts interactions of the child with the world through the sensations.

In this period Emile learns how to walk and have memories and he also starts to raise awareness of himself. In this phase the education has to come from the world and not from books. Reading books is not recommended except from

Robinson Crusoe by Daniel Defoe. He develops his senses during this period learning to discern good and bad.

Book III

According to Rousseau this is the most important phase in life and it deserves more attention. It goes from 12 to 15 years. In this period Emile is very curious and he’s willing to know and experience the world around him. He gets in touch with the world not through theoretical teaching but through his own experience.

Book IV

This period goes from 15 to 20 years.

Once Emile is physically strong and learns to carefully observe the world around him, he is ready for the last part of his education — sentiment: "We have made an active and thinking being. It remains for us, in order to complete the man, only to make a loving and feeling being — that is to say, to perfect reason by sentiment". Emile is a teenager at this point and it is only now that Rousseau believes he is capable of understanding complex human emotions, particularly sympathy. Rousseau argues that the child cannot put himself in the place of

94 others but once adolescence has been reached and he is able do so, Emile can finally be brought into the world and socialized.

In addition to introducing a newly passionate Emile to society during his adolescent years, the tutor also introduces him to religion. According to

Rousseau, children cannot understand abstract concepts such as the soul before the age of about fifteen or sixteen, so to introduce religion to them is dangerous.

He writes: "It is a lesser evil to be unaware of the divinity than to offend it".[Moreover, because children are incapable of understanding the difficult concepts that are part of religion, he points out that children will only recite what is told to them — they are unable to believe.

Book V

In this last phase (until 25 years ) Rousseau turns to the education of Sophie,

Emile's wife-to-be.

Rousseau begins his description of Sophie, the ideal woman, by describing the differences between men and women in a famous passage:

“In what they have in common, they are equal. Where they differ, they are not comparable. A perfect woman and a perfect man ought not to resemble each other in mind any more than in looks, and perfection is not susceptible of more or less. In the union of the sexes each contributes equally to the common aim, but not in the same way. From this diversity arises the first assignable difference in the moral relations of the two sexes.”

95 For Rousseau, "everything man and woman have in common belongs to the species, and ... everything which distinguishes them belongs to the sex".

Rousseau states that women should be "passive and weak", "put up little resistance" and are "made specially to please man"; he adds, however, that

"man ought to please her in turn", and he explains the dominance of man as a function of "the sole fact of his strength", that is, as a strictly "natural" law, prior to the introduction of "the law of love".

At this poi Emile doesn’t need his educator anymore, now he’s an adult and he can educate on his turn. He’s going to be the educator of his children.

The most important element in Rousseau method is the time. The education in fact lasts until Emile is twenty five years old (almost all lifelong). This make us aware about its importance. Moreover Rousseau believes that the education can’t be taught but everyone needs to learn it living and making mistakes.

III.6 John Dewey and the experience

John Dewey is certainly the most important pedagogist of the contemporary history. He was an American philosopher, psychologist, and educational reformer whose ideas have been influential in education and social reform. Dewey is one of the primary figures associated with the philosophy of pragmatism and is considered one of the founders of functional psychology.

His thinking is based on the "theory of experience", which according to him, is an active exchange between man and nature which transforms both parties and it remains constantly open. This exchange, however, creates an imbalance that is

96 reconstructed by means of thought which in turn requires the search for a further balance.

Experience plays therefore a key role for education because the man is not a passive spectator, but interacts with the environment around him. The thought of man is so created by experience, and education has the task of opening the way to new experiences and strengthening of all the opportunities for further developments.

The word "experience" comes from the Latin experiri that means going through.

It is a kind of knowledge that is not learned through the mind but through the senses. It may confirm or refute the opinion we have about something and reveals to us the truth. The experience is a practical knowledge and never static.

Sometimes it forces us to leave all our certainties. To have an experience means also overturn our conscience and not be the same person again, because with the experience we can reach a new truth.

So the experience is never an end in itself, but it has ever an educational purpose. It does not remain confined at a time, but it develops an educational path of personality and potentials.

Dewey fact in his writings says:

"There is an intimate and necessary relation between the process of experience and education"

This means, as we said earlier, that there is a cause-effect relation between the experience and education.

97 Chapter 4 : The language cultural experience

IV. 1 The Language acquisition

So it is clear that the experience is a necessary condition for education. Today this statement may seem almost obvious and banal, but at Dewey's time it was an innovation. In fact, before it was thought that education was merely a transfer of information from an individual (the teacher) to another (the student).

It is what happens as in the musical. Eliza acquires an education and a language acquisition not through an experience but through the teaching of the correct phonetics during a short time frame. But if the experience is necessary for education in general, the same goes for language education.

Phonetics (the study of the sounds of human speech), is just one of the elements of a language. In fact there is a cultural aspect that should not be underestimated. Learning a language, doesn’t mean just studying the grammar, but also learn the culture of the country where the language is spoken.

The language-culture combination is essential because the language is part of a country’s culture and a language cannot be learned if we don’t know anything about this culture.

So when we talk about language acquisition we cannot only talk about the grammar or the phonetics, as they are only a part of the language which cannot be fully learned only on a theoretical level.

98

The language spoken by a folk characterizes it. Behind a simple form of greeting for example, there is the whole culture of the people. We cannot talk about culture without talking about the language, and vice versa. The language-culture combination as we said then, is not only inseparable but the two factors influence each other.

All this happens because the language was not created artificially, but it has been forming and evolving over the time. That’s why it is so closely linked to the culture.

IV. 2 Franz Boas

The German anthropologist Franz Boas (1958-1942) developed his theory on culture after a long series of studies in the United States.

He defines it as “the totality of the relations and intellectual and physical activities which characterizes the behaviour of individuals in a social group- both individually and collectively - in relation to their natural environment, to other groups, to the members of the same group, as well as the behaviour of each individual compared to itself.”

He did a series of studies on different cultures to understand precisely the influence of culture on human life and on people. These studies came to the conclusion that culture can affect even the sensory perceptions. According to him, culture is the result of an infinite number of paths that concern rites of a

99 folk, customs, language, social structures, etc. that makes it unique and unrepeatable.

Furthermore he believed the choice and the use of words are influenced by culture. To prove his theory he used of the famous example of the word “snow” in Eskimo. In the Eskimo language in fact we find a word for each form of the snow that in other languages is described with one or more words.

“Aput” means snow on the ground, “ qana” means falling snow, “piqsirpoq” means wind snow and quimuqsuq is used to indicate a snow avalanche.

With this example it is clear that their culture (of which the climate is part) has influenced the language. In fact, to a certain cultural phenomenon corresponds a linguistic variety and it is clear that each country has its own peculiarities, which then influence the language. We are influenced by the culture since the early years of our life, and it is something that we carry with us for life. It is an unconscious mechanism as it is part of the human being itself. We act and we behave unconsciously influenced by the culture in which we grow.

IV. 2.1 Acculturation

When we learn a language it is also necessary come in contact with the culture of the country where the language is spoken. In this case we speak of acculturation, that is the process of cultural change and psychological change that results following meeting between cultures. Through this phenomenon we appropriate of a country’s culture and of a language that is not our mother tongue.

100

Obviously acculturation depends on various factors, for example on the cultural difference: the more two cultures are different from each other the harder will be the acculturation. As a result, this difficulty will also include the language acquisition. The more two cultures are similar, the easier will be learning a second language, but if the social distance is greater, learning it will be harder.

Each language in fact expresses itself "not in a variety of sounds and signs, but in a variety of world views"27

Moreover the culture is not static but dynamic, it influences and is influenced by the society. It is in a flux that changes when the society, the nature, the climate changes and it is also influenced by other cultures.

We realize how much culture is inherent in our being, when we come into contact with a culture that is different from ours. In fact it is an uncontrolled mechanism and totally unconscious. What we think is normal and obvious is because it's part of our culture and perhaps the same thing may not be normal anymore if we change the socio-geographic context.

27 Willhelm von Humboldt, ϋber das vergleichende Sprachstudium , pag XLI, Di Cesare

1991

101 IV. 2.2 Socio-cultural relativism

This phenomenon is called social or cultural relativism.

Cultural relativism is a comparison with the variability and diversity of customs, cultures, languages, society.

The relativism affirms that the question of what is the “best costume” is totally meaningless. The “ best” is already expressed by people who adopt the costumes of its own culture.

Therefore there is no culture better than another, but each culture is the "best" for the people it represents. We can also say that as a consequence, there is not a more difficult language than another, but the difficulty lies in the cultural divergence.

For example, for an Italian it will be easier to learn a language such as French or

Spanish, because they have both neolatin roots, but also thanks to their geographical and cultural closeness. But if we talk about language such as Arabic or Japanese, learning certainly will take longer and it will be more complicated.

This difficulty is due to the fact that the Asian cultures are very far both on geographically and socially lever from a westerner, so this cultural gap creates great difficulties when we try to study a new language.

For a Palestinian or a Japanese learn French will be harder than learn languages such as Chinese or Iranian.

102 Learning a new language requires an open-mindedness and an attitude willing to know new realities. We must learn to look at what is different from us with different eyes, without being rooted in our own believes and prejudices.

But how can we reach such an acculturation to learn better a language?

The answer is very simple: through the experience.

We cannot imagine to know a culture or study a language without the experience. Studying the grammar, the phonetics and everything related to the theoretical part of the language is essential for a first approach, because without a preliminary study there is no possibility of communication. But we can’t just stop at this first stage.

Each language, as we have seen, has behind a culture and an history that are inseparable. The only way to truly understand a language is making an experience of it.

IV.2.3. Culture Shock

Culture shock is a feeling of confusion and disorientation that everyone feels with the transfer into a foreign country in touch with new habits and culture. In this phase all the excitement for the new experience disappears and there are anger, frustration, boredom, nostalgia and a strong desire to come back home.

The difference with the own culture can lead also to isolation or the contact with people of the same country. In this phase the individual does not interact with cultural diversity, but rather judge the diversity in a strictly subjective way that feeds stereotypes.

103 After this phase there is the acculturation.

During the acculturation the individual becomes familiar with the new culture, it begins to integrate with local people, learning the language and it also starts to behave in line with the new culture.

IV. 3 The analysis into the experience

We can see that education is not something that comes out of nowhere, but it is a constant and continuous work, and that language acquisition is not based only on the learning of phonetics. So what happens in My Fair Lady, the core of this study, is a possible ideal , but always just an ideal which cannot be real.

Learning acquisition cannot happens just on a theoretical way as a language is always linked to a culture which is not static but undergoes constant changes.

Moreover the language by its nature is communication, it finds its raison d’être in the relationship between individuals, in fact, when we study a language is always for a desire to communicate and thus to create a connection with someone else.

Therefore it is necessary that the theoretical study (grammar, phonetics, vocabulary etc.) is expanded by experience. You cannot study a language without practicing it. It must always be contextualized to understand it and learn it thoroughly.

Certainly the theory is important because it is the basis of the learning process , but we cannot stop at this.

104 We can apply the concept of Dewey of experience also to the language acquisition. Everyone needs to live its own experience in contact with the language not only to consolidate it but also to really learn it. In fact the saying

"you learn by making mistakes" can also be applied in the field of languages: a concept is imprinted in our mind when it is associated to an emotion, such as a gaffe.

In fact when we are mistaken saying a word rather than another and someone corrects us, that world will be impressed in our mind forever.

Metaphorically speaking, the experience is the vital value that can transform a marble statue into a living woman, as in the myth of Ovid.

In fact, we can compare the theory to the statue of Galatea, a solid structure but that needs to be animated to be transformed into someone alive.

In the musical Eliza, an ignorant flowers seller learns English starting from zero.

We have seen previously how Cockney dialect is different from English both pronunciation and grammar, so Eliza is even more disadvantaged than a non- native speaker who wants to learn English.

In fact the brain of a student (adult or child) who wants to learn a new language from scratch is like a blank slate, which slowly like a sponge absorbs any information and reworks it.

Who starts from a wrong knowledge of the language has to do a double work: first he has to “forget” and eliminate common errors and then he has to learn a new vocabulary, new pronunciation, a new grammar and so on. Basically he has to do a double effort.

105 Eliza must not only learn a new language but also learn all those manners and behaviours of a duchess, in fact she has to be educated.

Rousseau believes that education is so important that it has to last for a lifetime.

In fact, time is a key element.

Education need a slower rhythm because it is not something you can learn once and definitively, but it changes and adapts to the age necessity of the scholar

(and so to his needs).

Education is also the starting point for a change that affects not only the individual, but the whole society.

The process in the musical lasts six months, but as also affirmed by the authors above-listed, it is a very short time and it is not enough to truly achieve the fixed objectives.

106 Conclusion

The purpose of this work was to analyze the main themes of the musical that has attracted me thematically and linguistically.

I saw the movie during a lesson of Literary Adaptation and the Italian adaptation of the songs’ lyrics immediately intrigued me. But the main theme that I later decided to analyze is the language acquisition and I wondered: Is the phonetic what really matters in a language?

As a student of foreign languages my answer was immediately negative, because

I believe that a lifetime is not enough to really learn a language, and above all a lot of experience is needed. I personally experienced it during my stay in Vienna, capital of Austria.

Having studied German in Rome for six years, I wanted to practice it and see what actually remains of the theoretical study I did in class.

During these two months I have encountered many difficulties because of my completely different cultural background.

Especially at the beginning I had a real culture shock, which I mentioned earlier, but once passed I realized how the language is really linked to the culture of the place.

Starting from the greetings forms for example, they are different from the

Germans even though they speak the same language.

107 In Austria they greet usually with the formula "Grϋβ Gott" which literally means

"that God can say goodbye" rather than simply "Guten Tag" (good morning) used in Germany.

This is because, as they explained me, in Austria the religion, especially

Catholicism, is more rooted than in Germany.

This is just one of many examples that can be done to show how the language is actually influenced by the culture of people who speaks it and the only way to truly understand it is to travel and live this experience personally.

And that’s why in My Fair Lady the ideal becomes possible, but still remains an ideal.

108

DEUTSCHE SEKTION

My fair lady:

Das möglich Ideal

109 Einleitung

Diese Arbeit entstand aus meinem groβen Interesse fϋr den Musical My Fair Lady und fϋr die Fremdsprache. Ich habe diesen Film während eines Vorlesung an der

Universität gesehen und es gefällt mir gerne. My Fair Lady ist eine Musicalverfilmung aus dem Jahr 1964, deren Handlung auf dem gleichnamigen Bühnenmusical von George Cukor und nach dem

Stück Pygmalion von George Bernard Shaw basiert.

Der Film beginnt mit einer Wette: ein Blumenmädchen in einer Herzogin verwandeln bis sechs Monate indem Ihr die Phonetik lehren.

Ich mag sehr das zentrale Thema des Films: das Studium der Sprache und der

Phonetik.

Dieses Spiel hebt die Verbindung zwischen der Sprache und dem sozialen

Hintergrund zeigen, wie sie Teile der Person sind.

Die Figur von Eliza könnte jemand sein, die etwas Neues, wie Fremdsprachen konfrontiert ist.

So habe ich mich gefragt: es ist wirklich?

Ist die Phonetik die wichtigste Sache zu studieren, wenn ich fließend, eine

Sprache zu sprechen wollen?

Wenn ich die Grammatik einer Fremdsprache studieren, kann ich sagen, dass ich das Sprache sprechen? Und vor allem Dinge sind sechs Monate genug, um eine

Sprache zu lernen?

110

In dieser Arbeit werde ich diese Themen zu analysieren, um auf diese Fragen zu antworten, auch aus meiner Erfahrung als fremde Sprachen und Kulturen

Schülerin beginnen.

111 Kapitel 1: Das Werk

I.1 Das Musical

Das Musical ist eine in der Regel zweiaktige Form populären Musiktheaters, die

Gesang, Tanz, Schauspiel und Musik in einem durchgängigen Handlungsrahmen verbindet. Die Geschichte des modernen Musicals begann im New York der

1920er Jahre, fand jedoch neben dem New Yorker Broadway auch rasch

Verbreitung im Londoner West End, die noch heute beide als Metropolen des

Musicals gelten.

Musik hat eine sehr wichtige Rolle, in der Tat die Akteure handeln kann, aber auch singen und gut tanzen. Auβerdem ist Musik wichtig, so viel wie Dialoge,

Bewegung und alle die anderen Elemente.

Die goldenen Zeitalter für Musicals waren die 50er und den 60er Jahren, in der

Tat Während dieser Zeit My Fair Lady (1956) und Cabaret (1966) inszeniert wurden.

My Fair Lady inszeniert zum ersten Mal bei Merk Hellinger Theater am 15. März

1956 und es war ein großer Erfolg. Er setzt für die längste Dauer einer großen

Musiktheaterproduktion in der Geschichte, und es wurde auch als "die perfekte

Musical" aufzunehmen.

112 I.2 Die Handlung

Der Phonetiker Professor Higgins wettet mit seinem Freund Colonel Pickering, aus der ungebildeten und derben Blumenverkäuferin Eliza Doolittle eine Dame der Gesellschaft zu machen. Diese ist zunächst gar nicht angetan von der Idee,

Unterricht zu nehmen, welchen ihr Higgins aufdrängt, doch als es darum geht, dass sie, die meist auf den Straßen Londonsleben musste, ein Dach über dem

Kopf bekommt, stimmt Eliza zu. Mit der Zeit wird aus Eliza Doolittle eine „My

Fair Lady“, die jedoch eines Tages bei einem Pferderennen einen Eklat verursacht und in ihr altes Schema zurückfällt. Nun wird der junge Freddy Eynsford-Hill auf

Eliza aufmerksam. Das große Finale stellt einen Ball in der feinen Gesellschaft

Londons dar, zu dem Higgins und Pickering sie begleiten. Hier fällt sie durch ihre gewählte Aussprache auf und tanzt sogar mit dem Prinzen von Transsilvanien.

Von einem anwesenden ausländischen Sprachforscher wird sie sogar für eine ungarische Prinzessin gehalten.

Der Professor, nun sichtlich erfreuter als am Tag des Rennens, wird von Pickering beglückwünscht. Higgins hat die Wette gewonnen. Beide vergessen Eliza, die nun versteht, dass sie durch die Wette nur benutzt worden ist. Wütend verlässt sie ohne Nachricht das Haus von Higgins und sucht noch einmal voller Wehmut ihr altes Milieu in Covent Garden auf. Doch hier ist sie nicht mehr zu Hause, hat sie sich doch schon zu sehr in eine Dame verwandelt und wird von alten Bekannten nicht mehr erkannt. Sie findet schließlich Trost und Zuspruch bei Higgins' Mutter, die sie in ihrer neuen Selbständigkeit bestärkt und ermutigt, Higgins' rauen

Manieren zu trotzen. Obwohl sie gegenüber Higgins, der plötzlich bei seiner

113 Mutter auftaucht und Eliza wie einen entlaufenen Hund zurückholen will, aus

Trotz zunächst behauptet, sie wolle Freddy heiraten und nun selbst (mit dem

Sprachforscher, der sie für eine Prinzessin hielt) Phonetik unterrichten und dabei seine Methoden anwenden, kehrt sie am Ende doch zu ihm zurück. Offen bleibt, wie sich ihre Zukunft mit dem Professor gestaltet, der doch so gerne Junggeselle war.

I.3 Cockney

Die Übersetzung des Musical in den anderen Sprachen war eine echte

Herausforderung und auch heute ist es das Zentrum vieler Debatten. Cockney ist die Bezeichnung für einen englischen Regiolekt in London, der zum Teil mit spezifischen Reimformen arbeitet. Der Begriff ging aus einem Spottnamen für die

Bürger von London hervor. Im engeren Sinne bezeichnet man als Cockneys jedoch nur jene Menschen, die in Hörweite der Glocken der Kirche St Mary-le-

Bow in der City of London geboren wurden. Cockney Akzent ist immer von vielen als unterlegen.

Die italienische Anpassung war nicht so einfach, weil offensichtlich es kein

Äquivalent Dialekt in der italienischen Sprache gibt.

Da My Fair Lady einen Musical ist, auch die Lieder müssen übersetzt werden.

Die Lieder in einem Musical in der Tat, sind ebenso wichtig wie die Dialoge und manchmal integriert sie die Geschichte selbst.

114

Die Lieder sind immer sehr schwierig zu übersetzen weil es viele musikalische

"Regeln" zu folgen zum Beispiel die Melodie und den Rhythmus gibt.

In diesem Fall war die Arbeit schwieriger, weil es die Lied mit dem

Zungenbrecher war, die über die Zeit das Symbol des Musicals geworden ist:

„The rain in Spain stays mainly in the plain”

Die genaue italienische Übersetzung dieses Satzes konnte nicht passen, so die

Übersetzern die Bedeutung geändert.

Trotz aller Übersetzungsprobleme, haben die italienischen Übersetzer ihre gemacht und hat das Musical ein groβer Erfolg gehabt.

115 Kapitel 2: Von Ovid bis George Cukor

My Fair Lady ist nach dem Stück Pygmalion von George Bernard Shaw basiert das ist nach dem griechischen Mythos von Ovid basiert.

I.1 Der griechische Mythos von Pygmalion und Galatea

Der Künstler Pygmalion von Zypern ist aufgrund schlechter Erfahrungen mit Propoetiden (sexuell zügellosen Frauen) zum Frauenfeind geworden und lebt nur noch für seine Bildhauerei. Ohne bewusst an Frauen zu denken, erschafft er eine Elfenbeinstatue, die wie eine lebendige Frau aussieht. Er behandelt das

Abbild immer mehr wie einen echten Menschen und verliebt sich schließlich in seine Kunstfigur. Am Festtag der Venus fleht Pygmalion die Göttin der Liebe an:

Zwar traut er sich nicht zu sagen, seine Statue möge zum Menschen werden, doch bittet er darum, seine künftige Frau möge so sein wie die von ihm erschaffene Statue. Als er nach Hause zurückkehrt und die Statue wie üblich zu liebkosen beginnt, wird diese langsam lebendig. Aus der Verbindung geht ein

Kind namens Paphos hervor, nach der später die Stadt benannt werden soll. Im

18. Jahrhundert erhält die zum Leben erweckte Statue den Namen Galatea.

Der Mythos hat viele Künstler wie Goethe und George Bernard Shaw und inspiriert.

Die Verwandlung von Galatea ist eine Metapher der Transformation von einem

"ungebildet" Mensch (das ist wie ein Elfenbein Skulptur) in ein gebildeter Mann.

116

Ovid Vergleich der Verwirklichung eines wirklichen Menschen zu einer neuen

Schöpfung. Deshalb bittet Pygmalion für die Hilfe einer Göttin um es zu tun.

II.2 Pygmalion von George Bernard Shaw

Pygmalion ist ein Schauspiel von George Bernard Shaw nach Darstellung des Pygmalion-Stoffs. das am 16. Oktober 1913 im Wiener Burgtheater.

So wie Pygmalion bei Ovid sein lebloses Kunstwerk liebt, liebt auch Higgins seine

Schöpfung, jedoch nicht die Person Eliza selbst, sondern nur das sprachliche

Kunstwerk, das er geschaffen hat. Higgins erwidert die Liebe Elizas nicht,

übersieht ihre menschlichen Bedürfnisse und sieht sie nicht als gleichwertig an.

George Bernard Shaw hat das Hauptkonzept des griechische Mythos genommen und er hat di Handlung geändert. In der Tat ist die Handlung die gleiche wie My

Fair Lady ( das Musical).

Aber Warum war das Werk so erfolgreich?

Der Kern des Werk ist die Erziehung.

117 Kapitel 3 : Die Erziehungswissenschaft Im Laufe der

Jahrhunderte

III.1 Die Erziehung

Bildung ist ein sprachlich, kulturell und historisch bedingter Begriff mit sehr komplexer Bedeutung. Eine präzise, oder besser noch einheitliche Definition des

Bildungsbegriffs zu finden, erweist sich daher als äußerst schwierig. Je nach

Ausrichtung und Interessenlage variieren die Ansichten darüber, was unter

„Bildung“ verstanden werden sollte, erheblich.

Die Erziehung musst aus einer Person etwas dass schon im Menschen steht herausnehmen.

Familie spielt eine Schlüsselrolle Während dieses Prozesses weil es in der Familie, die Fundamente der Erziehung gibt. Zum Beispiel der Spracherwerb.

Darüber hinaus sollte die Erziehung der angeborenen Potentialität der Person erhöhen.

Dieser Prozess erfordert eine Verwandlung die zur Erreichung der Persönlichkeit führt. Es gibt nicht ein einziger Erziehungsmodel die für alle Leute genutzt werden kann.

Jeder ist einzigartig unterscheidet sich von allen anderen Menschen deshalb muss jeder Erzieher der beste Weg finden um seinem Schüler zu erziehen.

118 III.2 Der Erzieher

Der Erzieher ist sehr wichtig für die Bildung weil er zur menschlichen Wachstums eines Individuums trägt. Er entwickelt die Möglichkeiten des Schüler und erhöht seine Beziehungen mit dem Umgebung.

Der Erzieher muss viele Stunden des Tages mit dem Schüler verbringen und alle wichtigen Momente teilen um seine Interessen und seine Haltungen zu besser verstehen.

Der Erzieher muss ein Modell sein dass der Schüler erreichen will.

III.3 Pygmalion-Effekt

Als Pygmalion-Effekt wird bezeichnet, wenn die (vorweggenommene) positive

Einschätzung eines Schülers (etwa der Schüler ist hochbegabt) durch einen

Lehrer sich im späteren Verlauf bestätigt. Dieses wird dadurch ermöglicht, dass der Lehrer seine Erwartungen in subtiler Weise den Schülern übermittelt, z. B. durch persönliche Zuwendung, die Wartezeit auf eine Schülerantwort, durch

Häufigkeit und Stärke von Lob oder Tadel oder durch hohe

Leistungsanforderungen.

1965 untersuchten die US-amerikanischen Psychologen Robert Rosenthal und

Lenore F. Jacobson in einem Feldexperiment die Lehrer-Schüler-Interaktionen an einer Grundschule.

In einer US-amerikanischen Grundschule wurde Lehrern vorgetäuscht, dass auf der Basis eines wissenschaftlichen Tests die Leistungspotenziale der Kinder

119 eingeschätzt werden sollten. Durch diesen Test würden, so die Schilderung gegenüber dem Lehrer, die 20 Prozent Schüler einer Schulklasse identifiziert werden, die kurz vor einem Entwicklungsschub ständen.

Durch den Test wurde nicht das Leistungspotenzial der Schüler, sondern deren IQ gemessen. Acht Monate nach dem ersten IQ-Test wurde dieser mit allen

Schülern der Grundschule wiederholt. Interessanterweise war die IQ-Steigerung bei den zwanzig Prozent Schüler, deren Leistungssteigerungspotenzial besonders hoch eingestuft wurde (Experimentgruppe), deutlich größer als bei Schülern, denen kein besonders Leistungssteigerungspotenzial identifiziert wurde

(Kontrollgruppe).

Nach einem Jahr konnte festgestellt werden, dass die Kinder aus der Gruppe der

Aufblüher ihren IQ viel stärker steigern konnten als Kinder aus der Kontrollgruppe. Der Effekt war bei Kindern der ersten und zweiten Klasse besonders stark. Die größten IQ-Gewinne wiesen die Schüler des mittleren Zuges der Oak School auf. Insgesamt konnten 45 Prozent der als Aufblüher ausgewählten Kinder ihren IQ um 20 oder mehr Punkte steigern, und 20 Prozent konnten ihn gar um 30 oder mehr Punkte steigern. Interessant war, dass die IQ-

Steigerungen bei den Kindern am stärksten waren, die ein besonders attraktives

Äußeres hatten. Auffällig war weiterhin, dass der Charakter der so genannten

Aufblüher von den Lehrern positiver beurteilt wurde.

120 III.4 Èmile oder Über die Erziehung

Jean-Jacques Rousseau war ein französischsprachiger Schriftsteller und

Pädagoge. Rousseau hatte großen Einfluss auf die Pädagogik und die politische

Theorie des späten 18. sowie des 19. und 20. Jahrhunderts in ganz Europa.

Èmile oder Über die Erziehung ist eines seiner berühmtesten Werke. Es ist ein pädagogisches Roman aus dem 1762.

In diesem Roman sagt Rousseau: „Man muss den Erwachsenen als Erwachsenen und das Kind als Kind betrachten“.

Das bedeutet, die Kindheit soll nicht nur als Durchgangsstadium zum

Erwachsensein angesehen werden, darf nicht einer ungewissen Zukunft geopfert werden, sondern gilt als eigenständige, vollwertige Lebensspanne.

Rousseau schlägt vor, ein neues Modell der Bildung. Er glaubte dass die Erziehung war die Grundlage der Gesellschaft.

Der Vertrag ist in fünf Teile gegliedert, die zu den wichtigsten Phasen des Lebens des jungen Emilio entsprechen.

Es gibt nach Rousseau dreierlei Lehrer: die Natur, die Menschen und die Dinge.

Die Aufgabe des Erziehers ist, dafür zu sorgen, dass die drei Erzieher im

Gleichgewicht sind, da der Schüler ansonsten schlecht erzogen und immer uneins mit sich wäre.

Das Ziel der Erziehung ist dabei das der Natur selbst; denn die Dinge und die

Menschen können zumindest zum Teil, die Natur aber gar nicht beeinflusst werden, weshalb die zwei anderen nach ihr ausgerichtet werden müssen.

121 Das fünfte und letzte Buch widmet sich der Erziehung eines Mädchens namens

Sophie, das Emile nach Abschluss seiner Erziehung heiratet.

Die Erziehung von Sophie ist der von Emile ähnlich. Sophie erhält jedoch eine andere Ausbildung: Sie lernt Singen, Klavierspielen, Nähen und Kochen. Ihre

Aufgabe ist es, ihrem zukünftigen Mann zu gefallen und ihm das Leben angenehm zu machen.

Wann Emile trifft Sophie ist die Aufgabe des Erzieher fertig.

Das wichtigste Element der Methode von Rousseau ist die Zeit.

Nach Rousseau die Erziehung muss lebenslang dauern und es ist etwas das man durch Leben und falsch zu lernt.

III.5 John Dewey und die Erfahrung

John Dewey ist sicher der wichtigste Pädagoge des zwanzigsten Jahrhunderts.

Er ist einer der Gründer der funktionalen Psychologie betrachtet.

Sein Denken ist auf der "Theorie der Erfahrung" basiert, dass nach ihm ein aktiver Austausch zwischen Mensch und Natur ist und die beide Parteien verwandelt und bleibt ständig geöffnet.

Erfahrung hat eine Schlüsselrolle für Erziehung, weil der Mann nicht ein passiver

Zuschauer ist, sondern interagiert er mit der Umwelt herum.

Die Erfahrung kann unsere Meinung über etwas bestätigen oder widerlegen und es kann zeigt uns die Wahrheit.

Es ist ein praktisches und niemals statisches Wissen.

122 Haben eine Erfahrung bedeutet auch unsere Gewissen kippen und nicht die gleiche Person sein, weil wir mit der Erfahrung eine neue Wahrheit erreichen können.

Das bedeutet dass es eine Zusammenhang zwischen der Erfahrung und der

Erziehung gibt.

123 Kapitel 4: Die sozio-kulturelle Erfahrung

IV. 1 Spracherwerb

Die Erfahrung ist eine notwendige Bedingung für die Erziehung. Heute ist diese

Aussage fast selbstverständlich und banal, bei aber bei Dewey Zeit war es eine

Innovation. In der Tat war die die Erziehung nun eine Informationen Übertragung von einer Person (der Lehrer) zu einem anderen (der Schüler).

Das ist was im Musical passieren: Eliza erwirbt eine Erziehung und eine

Spracherwerb nicht durch die Erfahrung aber durch die Lehre von der richtigen

Phonetik.

Aber wenn die Erfahrung für die Erziehung notwendig ist, das gleiche gilt für die

Spracherwerb. Lernen eine Sprache bedeutet nicht nur die Grammatik studieren, sondern auch die Kultur des Landes erfahren, wo die Sprache gesprochen wird.

Die Sprach- Kultur Kombination ist sehr wichtig, weil die Sprache Teil der Kultur eines Landes ist, und eine Sprache nicht erlernt werden kann, wenn wir nichts

über diese Kultur kennen.

IV. 2 Franz Boas

Franz Boas war ein deutschstämmige US-amerikanischer Ethnologe,

Sprachwissenschaftler, Physiker und Geograph.

Er entwickelte seine Theorie entwickelte auf Kulturen nach vielen Studien in den

Vereinigten Staaten.

124 Er hat viele Studien über die verschiedenen Kulturen gemacht um den Einfluss der Kultur auf das menschliche Leben zu verstehen.

Außerdem glaubte er dass die Wahl und die Verwendung der Wörter von der

Kultur beeinflusst sind.

Er hat das berühmte Beispiel des Wortes „Schnee“ in Inuit gemacht.

Tatsächlich finden wir in Inuit Sprache viele Wörter um Schnee zu sagen.

„Aput“ bedeutet Schnee auf dem Boden, „qana“ bedeutet fallendem Schnee,

“piqsirpoq” bedeutet Wind Schnee und „quimuqsuq“ bedeutet Schneelawine.

Mit diesem Beispiel ist es klar, dass ihre Kulture die Sprache beeinflusst hat.

Wir sind von den Kulturen seit den frühen Jahren unseres Lebens beeinflusst, und es ist etwas, das wir das Leben mit uns tragen.

Wir handeln, und wir verhalten beeinflusst unbewusst von der Kultur, in denen wir wachsen.

IV.2.1 Die Akkulturation

Der Begriff Akkulturation bezeichnet das Hineinwachsen einer Person in ihre kulturelle Umwelt durch Erziehung. In der Regel bezieht sich der Begriff auf

Heranwachsende in der Phase der Adoleszenz. Es kann aber auch der Assimilationsprozess Erwachsener gemeint sein, die sich als Immigranten mit einer ihnen fremden Kultur vertraut machen, ebenso die Anpassung von gesellschaftlichen Kulturen an Nachbarkulturen.

Akkulturation vollzieht sich überwiegend durch Erziehung und teilweise auch durch ungeplantes Lernen. Die Erziehung in Familie oder Schule dient mitunter

125 dazu, Heranwachsende mit den Regeln und Traditionen der eigenen Kultur vertraut zu machen, aber auch die Art der Erziehung wird unter diesem

Kulturprozess gefasst. Jedes Kind und jeder Jugendliche macht immer auch

Erfahrungen, z. B. in Gruppen Gleichaltriger, die sich den von Erwachsenen geplanten Erziehungsprozessen entziehen.

Am Ende einer gelungenen Akkulturation ist der junge Mensch mit der eigenen

Kultur vertraut, kennt ihre ungeschriebenen Gesetze und ist „gesellschaftsfähig“, sprich erwachsen.

Prozesse des sozialen Wandels, die als Folge eines intensiven Austauschs zweier

Kulturen stattfinden, werden ebenfalls als Akkulturation bezeichnet.

In der Migrationsforschung und der sozialpsychologischen

Akkulturationsforschung wird Akkulturation verstanden als die Prozesse, die aus dem Aufeinandertreffen von Menschen aus unterschiedlichen Kulturen resultieren.

Offensichtlich hängt die Akkulturation von verschiedenen Faktoren ab, zum

Beispiel vom kulturellen Unterschied: mehr zwei Kulturen sind unterschiedlich und mehr Akkulturation wird schwierig sein.

Infolgedessen wird diese Schwierigkeit auch den Spracherwerb einschließen.

Darüber hinaus ist die Kultur nicht statisch, sondern dynamisch, sie beeinflusst und sie wird von der Gesellschaft beeinflusst.

126

IV.2.2 Sozio- Kulturrelativismus

Der Relativismus bestätigt dass die Frage „ Welche ist das beste Kostüm?“ völlig sinnlos ist weil es keine Kultur besser als eine andere gibt. Jede Kultur ist das

"Beste" für die Menschen, die es repräsentiert.

Infolgedessen gibt es keine schwierigere Sprache als eine andere, aber die

Schwierigkeit liegt in der kulturellen Divergenz.

Zum Beispiel ein Italiener kann leicht Französisch oder Spanisch lernen, weil sie die selbe Wurzel haben, aber auch sie sind kulturelle und geographische

Nachbaren.

Umgekehrt für ein Palästinenser oder ein Japaner ist Französisch schwerer als

Chinesisch oder Iranisch zu lernen.

Aber wie können wir eine Akkulturation erreichen, um besser eine Sprache zu lernen?

Die Antwort ist sehr einfach: durch die Erfahrung.

Wir können nicht eine Sprache studieren oder eine Kultur lernen ohne eine selbst Erfahrung machen.

Jede Sprache mitnimmt immer eine Kultur und eine Geschichte die untrennbare sind. Die einzige Möglichkeit zu wirklich eine Sprache verstehen ist eine

Erfahrung machen davon.

127 IV.3 Die Analyse in der Erfahrung

Die Erziehung ist nicht etwas dass aus dem Nichts kommt, sondern ist es ein beständige und dauernde Arbeit und der Spracherwerb basiert nicht nur auf dem

Lernen der Phonetik.

Also, was passiert in My Fair Lady, der Kern dieser Studie, ist ein mögliches Ideal, aber immer nur ein Ideal, das kann nicht wirklich sein.

Der Spracherwerb kann nicht basiert nur auf dem Lernen der Phonetik sein, da eine Sprache immer mit einer Kultur verbunden ist, die nicht statisch ist sondern ständig verändert.

Auβerdem das Wesen der Sprache ist die Kommunikation. Sie findet ihre Grund in der Beziehung zwischen Menschen. In der Tas wann wir eine Sprache studieren ist immer für einen Wunsch zu sich verständigen und nämlich eine

Verbindung mit jemandem zu schaffen.

Wir können das Konzept von Dewey (von Erfahrung) auch auf den Spracherwerb anwenden.

Metaphorisch, ist die Erfahrung der entscheidende Wert, die eine Marmorstatue in eine lebende Frau umwandeln kann, wie im Mythos von Ovid.

Rousseau glaubt, dass Erziehung so wichtig ist, dass es ein Leben lang halten muss. Tatsächlich ist die Zeit ein Schlüsselelement.

Die Erziehung braucht eine langsam Rhythmus weil es nicht etwas wir können alles auf einmal und definitiv lernen ist sondern es ändert und passt zu dem

Schüler.

128 Diese Prozess im Musical dauert sechs Monate aber es ist eine sehr kurze Zeit und es ist nicht genug, um wirklich die festen Ziele zu erreichen.

129 Fazit

Man kann aus dieser Arbeit schließen, dass man nicht eine neue Sprache während sechs Monaten lernen kann.

Ich habe den Musical an der Universität gesehen und es gefällt mir sofort.

Das Hauptthema, das ich später zu analysieren beschlossen habe ist der

Spracherwerb und habe ich mir gefragt: Ist das Phonetik in einer Sprache wirklich wichtig?

Als Studentin der Fremdsprachen war meine Antwort sofort negativ, weil ich ein

Leben nicht genug ist glaube, um wirklich eine Sprache zu lernen und vor allem ist viel Erfahrung nötig.

Ich habe persönlich es erlebt während meines Aufenthaltes in Wien, der

Hauptstadt von Österreich.

Ich wollte das Deutch sprechen und sehen was tatsächlich des theoretische

Lernen das ich habe an der Universität gemacht.

Während dieser zwei Monate habe ich viele Schwierigkeiten wegen meiner ganz anderen kulturellen Hintergrund gehabt, vor allem am Anfang.

Aber dann habe ich erkannt wie die Sprache ist wirklich mit der Kultur des Ortes verbunden.

Zum Beispiel in Österreich grüβen sie mit der Formel „Grüβ Gott“ statt die deutsche „ Guten Tag“.

In der Tat, als sie haben mir erklärt, ist die Religion in Österreich mehr verhaftet als in Deutschland.

130 Das ist nur eines von vielen Bespielen dass wie die Sprache wird tatsächlich von der Kultur beeinflusst zeigt. Der einzige Weg um eine Sprache wirklich zu verstehen ist reisen und diese Erfahrung persönlich leben.

Und das ist warum in My Fair Lady das Ideal möglich wird, aber immer noch ein

Ideal bleibt.

131 Sitografia https://it.wikipedia.org/wiki/Musical https://it.wikipedia.org/wiki/Cockney https://it.wikipedia.org/wiki/St_Mary-le-Bow http://www.londraweb.com/cockney_accento_di_londra.htm http://www.treccani.it/enciclopedia/adattamento/ http://www.barbarainwonderlart.com/2015/01/07/pigmalione-e-galatea-lideale- possibile/ https://it.wikipedia.org/wiki/Pigmalione http://www.settemuse.it/arte/storia_di_pigmalione.htm http://mitologiagreca.blogspot.it/2007/07/il-mito-di-pigmalione.html https://www.onehourtranslation.com/translation/blog/linguistic-and-cultural- equivalence-translation https://it.wikipedia.org/wiki/My_Fair_Lady_(film) https://it.wikipedia.org/wiki/My_Fair_Lady_(musical) http://time.com/3525216/my-fair-lady-1964/ http://www.sparknotes.com/lit/pygmalion/summary.html https://en.wikipedia.org/wiki/Pygmalion_(play) https://it.wikipedia.org/wiki/Educazione http://www.treccani.it/enciclopedia/educazione/ http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/E/educazione.shtml http://www.donboscoland.it/articoli/articolo.php?id=4336 https://news.biancolavoro.it/le-figure-delleducatore-e-del-pedagogista-cosa- fanno-ed-in-cosa-si-distinguono/

132 http://www.tesionline.it/v2/appunto-sub.jsp?p=7&id=389 https://it.wikipedia.org/wiki/William_Butler_Yeats http://www.tesionline.it/v2/appunto-sub.jsp?p=44&id=497 http://www.edscuola.it/archivio/antologia/donna/istruzione.htm http://doc.studenti.it/appunti/storia/educazione-donne.html http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=935&biografia=Jean-

Jacques+Rousseau https://it.wikipedia.org/wiki/Jean-Jacques_Rousseau http://www.treccani.it/enciclopedia/jean-jacques-rousseau/ https://it.wikipedia.org/wiki/Emilio_o_dell%27educazione http://www.ilgiardinodeipensieri.eu/storiafil/emilio.htm http://www.nuovomonitorenapoletano.it/index.php?option=com_content&view

=article&id=1675:emilio-o-dell-educazione-di-jean-jacques- rousseau&catid=86:storia-xviii-sec&Itemid=28 https://it.wikipedia.org/wiki/Effetto_Pigmalione http://www.sapere.it/sapere/strumenti/domande-risposte/medicina-corpo- umano/cosa-e-effetto-pigmalione.html http://www.youreduaction.it/effetto-pigmalione/ https://it.wikipedia.org/wiki/John_Dewey http://faiscuola.fondoambiente.it/news/l-attivismo-pedagogico-di-john- dewey.asp https://it.wikipedia.org/wiki/Esperienza http://www.treccani.it/vocabolario/esperienza/

133 https://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Montessori http://www.operanazionalemontessori.it/index.php%3Foption%3Dcom_content

%26task%3Dsection%26id%3D5%26Itemid%3D32 https://it.wikipedia.org/wiki/Metodo_Montessori http://www.nostrofiglio.it/bambino/bambino-3-6-anni/psicologia-3-6- anni/montessori-10-principi-per-educare-i-bambini-alla-liberta http://www.educatoridigitali.it/2012/09/19/ecco-cose-il-metodo-educativo- montessori/ https://it.wikipedia.org/wiki/Apprendimento_della_seconda_lingua http://www.masterdidattica.it/moduliicon/D00013/D00013.pdf https://it.wikipedia.org/wiki/Franz_Boas http://www.interculturatorino.it/glossary/acculturazione-e-inculturazione/ https://it.wikipedia.org/wiki/Acculturazione https://it.wikipedia.org/wiki/Shock_culturale http://www.merriam-webster.com/dictionary/culture%20shock http://www.treccani.it/enciclopedia/relativismo-culturale_(Enciclopedia-delle- scienze-sociali)/ https://it.wikipedia.org/wiki/Relativismo http://venus.unive.it/filim/materiali/accesso_gratuito/Filim_didattica_it_prospet tiva.pdf http://educazionedemocratica.org/archives/1219

134 Bibliografia

“La scoperta del bambino” Maria Montessori, Milano, Garzanti 1999

“ Democrazia e educazione” John Dewey, Firenze, La nuova Italia 1949

“La cultura dell’educazione” Jerome Bruner, Milano, Feltrinelli 2015

“Verità,bellezza,bontà. Educare alla virtù nel ventunesimo secolo” Howard

Gardner, Milano, Feltrinelli 2011

“Aprire le menti. La creatività e i dilemmi dell’educazione” Howard Gardner,

Milano, Feltrinelli 1991

“L’educazione per tutti e per tutta la vita” Veronica Riccardi, Edizioni ETS, Pisa,

2014

“Manuale della valutazione scolastica” Gaetano Dominici, Gius. Laterza & Figli

Spa, Bari, 2003

“Tracce di paideia” Francesco Mattei, Anicia srl, Roma, 2012

“Il mondo a scuola” Massimiliano Fiorucci, Marcco Catarci, Edizioni Conoscenza,

Roma, 2015

“Parole per la scuola” Benedetto Vertecchi, Franco Angeli srl, Milano, 2012

“Idoli di bontà” Carmela Covato, Edizioni Unicopli, Milano 2014

“ Storia dell’educazione e delle pedagogie” Saverio Santamaita, Mondadori,

Milano 2013

135

136

137

138

139

140