BraDypUS.net COMMUNICATING CULTURAL HERITAGE

Carlo De Maria (a cura di)

Minerbio dal Novecento a oggi Istituzioni locali, economia e società

OttocentoDuemila 2017 Storie dal Territorio, 6 OttocentoDuemila, collana di studi storici e sul tempo presente dell’Associazione Clionet, diretta da Carlo De Maria

Storie dal territorio, 6 In copertina:

Frammento di vita cittadina: il capostazione e alcuni artigiani di Minerbio con i loro giovani garzoni, 1921. Archivio privato Francesco Nanni. Carlo De Maria (a cura di)

Minerbio dal Novecento a oggi

Istituzioni locali, economia e società

BraDypUS.net COMMUNICATING CULTURAL HERITAGE Roma 2017 Ricerca storica promossa dal di Minerbio e realizzata dall’Associazione Clionet

Progetto grafco BraDypUS

ISSN: 2284-4368 ISBN: 978-88-98392-65-0

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INDICE GENERALE

5 Prefazione Lorenzo Minganti, sindaco di Minerbio

7 Nota del curatore

9 Dall’inizio del XX secolo alle conseguenze della Grande Guerra Carlo De Maria

27 Il Fascismo e la Seconda guerra mondiale a Minerbio Elena Paoletti

49 Sezione fotografca. Dall’Archivio privato Francesco Nanni a cura di Carlo De Maria ed Elena Paoletti

77 Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi (con appendice statistica) Matteo Troilo

105 Economia e società a Minerbio (1945-2017) Tito Menzani

129 La storia politico-amministrativa dal 1945 agli anni Duemila Carlo De Maria

Temi e luoghi della storia minerbiese 147 La devozione popolare a Minerbio nel Novecento Cesare Fantazzini 169 Il Castello Luciano Rossi

173 Indice dei nomi

Minerbio dal Novecento a oggi Istituzioni locali, economia e società A cura di Carlo De Maria Roma (BraDypUS) 2017 ISBN 978-88-98392-65-0 p. 5-6

Prefazione

LORENZO MINGANTI Sindaco di Minerbio

Perché studiamo la storia? Da più di duemila anni l’uomo si pone questa domanda giungendo alle più diverse conclusioni. Io credo che, in fondo, la migliore risposta sia anche la prima che l’uomo si sia dato. Erodoto infatti scriveva che la sua ricerca, le sue Storie, avevano lo sco- po di evitare che il tempo cancellasse le imprese degli uomini, in particolare le eroiche gesta dei greci che avevano fermato i persiani. Questo era però solo la motivazione apparente. In realtà il suo bisogno di scrivere, ma soprattutto il bisogno degli ateniesi di ascoltare le sue letture, nasceva dalla domanda di storia che accompagnava la nascita della democrazia ateniese: perché una città che si rendeva conto per la prima volta della sua importanza, del suo ruolo e del suo valore, non poteva fare a meno di raccontarsi e di sapere cosa l’avesse preceduta. Altrettanto insopprimibile come quello di Orfeo, era il bisogno degli ateniesi di guardarsi alle spalle: non per cercare Euridice, ma per sapere su quali fondamenta poggiasse la loro polis. Ecco, io penso che il travolgente bisogno dell’uomo di “fare storia” sia sostan- zialmente ancora quello. Forse è ardito paragonare la nostra Minerbio ad Atene, per quanto non sia del tutto assurdo visto che condividiamo la medesima radice nel nome, però credo che ancora oggi una comunità non possa fare a meno di guardarsi periodica- mente alle spalle per controllare quanta strada abbia compiuto. A maggior ra- gione in un periodo in cui si rifette se Minerbio debba fondersi con i nostri vicini per dar vita ad un nuovo Comune, crediamo sia doveroso compiere un ulteriore signifcativo passo di indagine storica del nostro territorio. L’Amministrazione comunale ha così deciso di patrocinare questo progetto, per il quale si è avvalsa dell’eccezionale supporto scientifco dell’associazione 6 Minerbio dal Novecento a oggi di storici professionisti Clionet, sapientemente valorizzata dal Prof. Carlo De Ma- ria, e di chiedere nello stesso tempo un prezioso contributo al Dott. Cesare Fan- tazzini ed al Prof. Luciano Rossi, che già avevano dedicato il loro impegno alla ricerca storica locale. Questo lavoro vuole idealmente proseguire ed arricchire il percorso di studi storici compiuti in anni più o meno recenti, a cura in partico- lare delle associazioni culturali locali “La Pira” ed “Amici di Minerbio” che già vi si erano dedicate. Siamo convinti che la quantità e qualità degli studi locali sia proporzionale allo spessore sociale di una comunità. Confdiamo che anche questo studio possa aiutarci a promuovere valori comunitari fra i nostri concittadini, per aiutarci ad afrontare insieme le sfde dell’oggi e del domani. La nostra comunità deve certamente combattere quotidianamente con ne- mici meno scenografci di Dario e Serse, ma la lotta alla povertà, l’inclusione dei più deboli, la tutela sostanziale dei diritti civili e sociali, non sono battaglie il cui racconto sia meno necessario per aiutarci ad essere migliori sia come cittadini che come comunità. Minerbio dal Novecento a oggi Istituzioni locali, economia e società A cura di Carlo De Maria Roma (BraDypUS) 2017 ISBN 978-88-98392-65-0 p. 7-8

Nota del curatore

CARLO DE MARIA

Questo libro nasce dall’incontro tra l’amministrazione comunale di Minerbio e l’associazione di ricerca storica Clionet. Quest’ultima è un network fra ricerca- tori, docenti e liberi professionisti, che svolgono attività di studio e di insegna- mento nell’ambito delle discipline storiche, dentro e fuori l’università. L’obiettivo prioritario è di uscire dal contesto strettamente accademico, per approfondire e valorizzare la storia delle amministrazioni e del tessuto associativo e imprendi- toriale, intrecciando gli aspetti istituzionali, politici ed economici che innervano la vita dei territori. La sede dell’associazione è a , nel cuore di una regione la cui storia è caratterizzata da tradizioni politiche e civili particolarmente attente alle libertà locali. Un patrimonio di etica civile da riscoprire e rilanciare di fronte alle sfde del XXI secolo. Nella nostra visione la storia locale, quando non rinuncia a un orizzonte interpretativo più ampio e riesce a mettere in connessione le vicende locali con il quadro nazionale, diventa un tassello fondamentale per la com- prensione delle dinamiche storiche generali. Questo respiro più ampio appare salutare alla ricerca, poiché altrimenti c’è il rischio di perdersi in un mondo co- munitario fatto di dettagli poco signifcativi. Con la consapevolezza della distanza che spesso separa gli ambienti della ricerca universitaria dalle concrete esigenze di conoscenza e approfondimen- to che emergono presso un pubblico più ampio, Clionet si è posta l’obiettivo di stabilire un dialogo con gli amministratori e gli operatori culturali attivi sul territorio. Il confronto che abbiamo aperto, a partire dal 2013, con i Sindaci e gli Assessori alla Cultura dei Comuni emiliano-romagnoli ci ha mostrato che tra le necessità più sentite in ambito culturale c’è quella di un’attenta rifessione sulla storia delle nostre comunità nell’età contemporanea. È vivo il desiderio di poter contare su ricerche puntuali e rigorose, ricche di dati e basate sulle fonti archivi- 8 Minerbio dal Novecento a oggi stiche e bibliografche disponibili, ma nello stesso tempo scritte in maniera gra- devole e accessibile anche, e anzi soprattutto, a un pubblico di non specialisti. Il risultato ideale è quello di libri accurati ma agili nella lettura, arricchiti da una scelta di fotografe e immagini che li rendano accattivanti fn dal primo momento. Lavori a partire dai quali sarà possibile organizzare presentazioni e dibattiti pubblici, ed eventualmente anche un lavoro didattico nelle scuole o mostre storico-documentarie destinate a tutti i cittadini. Avendo percepito que- sti bisogni, Clionet si è mossa di conseguenza, afiancando all’attività di ricerca e di divulgazione, la creazione di una collana editoriale dedicata, appunto, alle “Storie dal territorio”. Alcuni “casi” di studio sono già stati afrontati secondo l’approccio appena delineato (il riferimento, per quanto riguarda la provincia di Bologna, è ai nostri libri su , , Granarolo e ), altri si aggiungeranno nei prossimi anni, con la volontà di comporre una “mappatura” storica del terri- torio bolognese, composta da tante monografe dedicate ai singoli Comuni. Nel consegnare alle stampe questo volume su Minerbio tengo a ringraziare, a nome di tutto il gruppo di lavoro, il Sindaco Lorenzo Minganti, che ha mostrato una rara sensibilità culturale verso l’importanza civica e formativa che racchiu- de in sé la conoscenza storica. Insieme a lui, rivolgo un sentito ringraziamento ai suoi collaboratori in Giunta, e in particolare all’Assessore alla Cultura William Bacchi, e ai funzionari e impiegati del Comune che ci hanno agevolato durante la ricerca: a partire da Aniello Iaccarino, responsabile per gli Afari generali e istituzionali e i Servizi alla persona, che ci ha consentito una ampia fessibilità nell’accesso all’Archivio storico comunale, e Maria Teresa Ursino, dell’uficio Af- fari generali e istituzionali, che ha raccolto pazientemente per noi l’intera colle- zione di “Prometeo. Notiziario del Comune di Minerbio”. Durante il lavoro sono stati realizzati colloqui e interviste con protagonisti e conoscitori della storia minerbiese, come Federico Donini e Cesare Fantazzini, con persone impegnate nel sociale, come Rino Barilli, e con collezionisti e cultori di storia locale, come Francesco Nanni; quest’ultimo ci ha messo a disposizione la sua inedita collezione di foto dalla quale è tratta la sezione fotografca del libro. Siamo grati a tutti loro per il tempo dedicatoci e per le preziose indicazioni ricevute. Due studiosi locali, il già citato Fantazzini e Luciano Rossi, hanno contri- buto direttamente al volume con due testi relativi a luoghi e temi specifci della storia minerbiese. Mi si permetta un ringraziamento particolare proprio al Dott. Fantazzini per il dialogo aperto, franco e generoso stabilitosi tra noi. Infne, un grazie al personale della Biblioteca comunale di Minerbio, della Biblioteca di Statistica dell’Università di Bologna, dell’Archivio della Camera di commercio di Bologna e dell’Archivio di Stato di Bologna. Senza la loro collabo- razione il nostro lavoro sarebbe stato più dificile. Minerbio dal Novecento a oggi Istituzioni locali, economia e società A cura di Carlo De Maria Roma (BraDypUS) 2017 ISBN 978-88-98392-65-0 p. 9-26

Dall’inizio del XX secolo alle conseguenze della Grande Guerra CARLO DE MARIA

Introduzione

La costruzione della democrazia in Italia non è legata unicamente alla vicenda dell’antifascismo e della Resistenza, e alla nascita della Repubblica. Il proces- so di democratizzazione, pur lento e contrastato, inizia nell’Italia liberale tra Otto e Novecento, in parte attraverso riforme operate “dall’alto” – ad esempio, dai governi della Sinistra storica di Agostino Depretis o dagli esecutivi guidati da Giovanni Giolitti –, in parte attraverso una spinta “dal basso” espressa dalle autonomie territoriali (i municipi) e dalle autonomie sociali (l’associazionismo popolare nelle sue varie declinazioni). Spinte, queste ultime, che furono anima- te dalle culture politiche più attente alla promozione delle autonomie. Nelle profonde diferenze che intercorrono tra loro, si possono comunque ricordare a questo proposito sia il socialismo riformista, incarnato in queste terre soprat- tutto dalla fgura di Andrea Costa, deputato del collegio di Minerbio – e, per questo, al momento della sua morte, nel 1910, il Consiglio comunale deliberò di devolvere una somma importante per le onoranze che si svolsero a Imola1 –,

1 Archivio storico comunale di Minerbio, Atti del Consiglio comunale, 8 maggio 1910. «Spese per le onoranze funebri e oferta pel monumento ad Andrea Costa in ». Il sindaco Giuseppe Sa- battini, socialista, ricordava che: «In occasione della morte dell’On. Andrea Costa, Vice-presidente della Camera e già Deputato di questo collegio, la Giunta inviò una rappresentanza del Comune ai funerali in Imola ed una altra in Bologna con una squadriglia di pompieri; le conseguenti spese sono ammontate a £ 162,75 come alla distinta, debitamente liquidata dalla Giunta, che si rende ostensibile ai presenti». Senza discussione e con voto unanime il Consiglio approvava dette spese. Il Consiglio decideva poi di donare «£ 500 come contributo per il monumento ad Andrea Costa da erigersi a Imola». Su Costa si rimanda a Carlo De Maria (a cura di), Andrea Costa e il governo della 10 Minerbio dal Novecento a oggi sia il cattolicesimo sociale che si pose all’origine di tante iniziative associative, educative e benefche, specie nelle campagne: casse rurali, asili infantili, scuole di avviamento professionale, ecc.2. Per questo è importante puntare l’attenzione sulla dimensione locale, senza perdere di vista, però, l’orizzonte nazionale. Tracciare una storia del Comune di Minerbio all’inizio del Novecento signifca anche indagare la dicotomia che si sviluppò tra le scelte compiute dall’amministrazione comunale e l’intervento crescente del governo in materia di controlli e regolamenti burocratici. Il terreno su cui di fatto si giocano, allora come oggi, i rapporti tra amministrazione centra- le ed enti locali, su cui concretamente si misura l’autonomia, cioè la possibilità di scegliere, di decidere senza interferenze e costrizioni superiori, era ed è quello, in gran parte tecnico-amministrativo, del sistema di rapporti e mediazioni. Un terreno del quale non conosciamo a tutt’oggi quasi nulla in termini storiografci3. Il quadro di riferimento normativo è presto detto. Nel 1882 la riforma del voto politico – annunciata dalla Sinistra liberale di Depretis fn dal 1876 – triplicò l’elettorato attivo, portandolo al 6,9% della popolazione totale. La riforma degli enti locali del 1888 equiparò l’elettorato amministrativo (ancora fermo a poco più del 2%) a quello politico e cominciò a rendere elettivi in consiglio comunale i sindaci, prima quelli dei comuni maggiori e poi tutti gli altri, in precedenza nomi- nati per regio decreto. Nello stesso tempo però la riforma del 1888 – promossa, lo ricordiamo, dal governo di Francesco Crispi, la cui linea politica era caratte- rizzata dalla volontà di raforzare i poteri di controllo dello Stato – sottoponeva le deliberazioni comunali all’arbitrio di una Giunta provinciale amministrativa, guidata dal prefetto e dunque in grado di respingere nel merito qualsiasi prov- vedimento comunale. Il meccanismo dei controlli amministrativi divenne così l’indicatore più atten- dibile della natura dei rapporti sussistenti fra autorità centrali e istituzioni locali. Il discorso vale anche per l’impostazione di questo saggio, dove si cercherà di tenere presenti simultaneamente le scelte dell’amministrazione municipale, gli interventi degli organi di controllo, l’evoluzione dei bisogni sociali e la progres- siva organizzazione degli interessi.

città. L’esperienza amministrativa di Imola e il municipalismo popolare. 1881-1914, catalogo della mostra promossa dal Comune di Imola per il centenario della morte di Andrea Costa (Imola, Museo di San Domenico, 17 aprile-6 giugno 2010), Reggio Emilia, Diabasis, 2010. 2 Cfr. Mario Fanti, Carlo Degli Esposti, Minerbio nei secoli, Minerbio, Cassa Rurale ed Artigiana di Minerbio, 1977; Carlo De Maria, Un aspetto del «paese reale». Casse rurali e mutualismo cattolico nell’Italia di fne Ottocento, in “Parolechiave”, 2009, n. 42, pp. 103-120. 3 Rafaele Romanelli, Il comando impossibile. Stato e società nell’Italia liberale, Bologna, Il Mulino, 1995², pp. 153-154. Carlo de Maria, Dall’inizio del XX secolo alle conseguenze della Grande Guerra 11

La modernizzazione dei servizi pubblici

Tra la fne dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, la presenza sulla scena pub- blica e la partecipazione politica dei lavoratori organizzati divennero aspetti caratterizzanti della nascente “società di massa”, insieme alla difusione delle attività produttive, alla crescita urbana e allo sviluppo dei consumi. Di fronte a queste trasformazioni, le amministrazioni pubbliche furono chiamate a risolvere problemi di diversa natura: dalla costruzione di alloggi economici per i lavora- tori alla organizzazione dei trasporti; dai servizi educativi all’illuminazione delle strade. I progettisti e i tecnici più vicini alle esigenze di riforma sociale e di cre- scita civile, con l’appoggio delle amministrazioni locali più sensibili, cercarono di mettere in atto i primi esempi di pianifcazione urbana, programmando, ad esempio, la realizzazione di case popolari e di servizi socio-sanitari (asili per l’infanzia, presidi medici) in grado di accogliere e assistere, in maniera decorosa, i lavoratori e le loro famiglie. Per tutte queste ragioni, anche studiando il “caso” di Minerbio particolare at- tenzione verrà prestata all’allestimento dei servizi pubblici e al loro sviluppo. Con modernizzazione dei servizi pubblici ci si riferisce proprio all’introduzione e al progressivo ampliamento di un’amministrazione di prestazione in vista del benessere cittadino. Si tratta di temi ancora attuali che sono relativi al rapporto tra amministrazione e innovazione, alla razionalizzazione del lavoro degli ufici e all’ascesa dei tecnici. Un esempio chiarirà i termini della questione. Nella primavera 1913, il sin- daco socialista di Minerbio Rinaldo Tinarelli, in carica dal 1911, di fronte alla bocciatura del bilancio preventivo da parte della Giunta provinciale ammini- strativa invitava il Consiglio comunale a dimettersi in massa, «giacché l’indirizzo democratico, che si è sempre cercato di imprimere nell’amministrare le cose del comune, è stato troncato di un colpo colla repulsa del bilancio 1913, col non con- cedere cioè i mezzi necessari per provvedere alle sempre crescenti esigenze mo- derne dei pubblici servizi». La maggioranza del Consiglio comunale si dichiarò favorevole alle dimissioni in massa e la Giunta rimase in funzione per il disbrigo degli afari ordinari, in attesa della nomina di un commissario prefettizio4. Ma come si era arrivati a quel punto? Qual era stata l’evoluzione dell’ammi- nistrazione minerbiese nel decennio precedente?

4 Archivio storico del Comune di Minerbio (d’ora in poi, Ascm), Atti del Consiglio comunale, 30 apri- le 1913. Per il contesto storico, cfr. Cesare Fantazzini, Le costruzioni demolite nel 1912 per ricavare Piazza Cesare Battisti, in “Minerbio. Sagra settembrina”, 2002. 12 Minerbio dal Novecento a oggi

Dall’amministrazione dei notabili alla vigilia della Grande Guerra

All’inizio del Novecento la piccola nobiltà locale controllava l’amministrazione cittadina. Il XX secolo, infatti, si apriva a Minerbio con la sindacatura del conte Francesco Cavazza, in carica fn dal decennio precedente. Inoltre, su indicazione dell’amministrazione comunale, un altro notabile locale, il conte Francesco Iso- lani, assessore della giunta Cavazza, assumeva nell’ottobre 1900 la guida della Congregazione di carità5. Le opere pie costituivano, allora, un «sistema comples- sivo di ammortamento dei confitti e dei bisogni»6 e, intorno a esse, si stringevano legami assai stretti tra interventi assistenziali, gruppi sociali “fruitori” ed élites politiche locali7. Il peso delle opere pie sulla vita locale è, insomma, un fatto accertato8. Questi istituti erano nati a partire dal XIII secolo per iniziativa, dap- prima, di ordini religiosi e di confraternite, più tardi di singoli benefattori laici e religiosi, nobili e borghesi, tramite donazioni e lasciti9. In un contesto nel quale il sistema di welfare era a malapena agli inizi – sono del 1898 le leggi che riguar- dano l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e l’istituzione della Cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia e l’invalidità degli operai – l’intervento sociale veniva di fatto demandato a opere pie e congregazioni di carità, istituti ai quali lo Stato liberale afidava a norma di legge l’intero capitolo dell’assistenza o, meglio, della «benefcenza» (era questo il termine comunemente adottato nel dibattito pubblico, almeno fno alla fne dell’Ottocento)10. Accanto a queste vecchie istituzioni avevano preso piede nei decenni postu- nitari nuove forme associative: le società di mutuo soccorso. La libertà di riunirsi in associazione riconosciuta dallo Statuto albertino, l’arretramento delle istitu-

5 Ascm, Atti del Consiglio comunale, 17 ottobre 1900. La presidenza della Congregazione di carità era una carica quadriennale, rinnovabile una volta, per un massimo di otto anni. Sull’origine delle congregazioni di carità, E. Bressan, Eliminazione del controllo religioso sull’assistenza e creazione delle Congregazioni di carità in epoca napoleonica, in V. Zamagni (a cura di), Povertà e innovazioni istituzionali in Italia. Dal Medioevo ad oggi, Bologna, Il Mulino, 2000, pp. 441-453. 6 S. Lepre, Opere pie anni ’80. L’inchiesta conoscitiva economico-morale-amministrativa presie- duta da Cesare Correnti, in M. Bigaran (a cura di), Istituzioni e borghesie locali nell’Italia liberale, “Quaderni della Fondazione Basso”, n. 4, Milano, Franco Angeli, 1986, pp. 146-175, p. 169. 7 Cfr. S. Sepe, Per una storia dell’attività dell’amministrazione statale nel settore dell’assistenza. Ipotesi di lavoro, in Bigaran (a cura di), Istituzioni e borghesie locali nell’Italia liberale, cit., pp. 127- 145. 8 Cfr. M. Degl’Innocenti, Il comune nel socialismo italiano. 1892-1922, in “Italia contemporanea”, 1984, n. 154, pp. 5-27. 9 A. Appari Boiardi (a cura di), Gli statuti delle opere pie dell’Emilia e della Romagna. Profli storici e funzioni attuali, Bologna, Ibc Regione Emilia-Romagna, 1981. 10 S. Lepre, Le dificoltà dell’assistenza. Le opere pie in Italia fra ’800 e ’900, Roma, Bulzoni, 1988. Carlo de Maria, Dall’inizio del XX secolo alle conseguenze della Grande Guerra 13 zioni ecclesiastiche nel quadro del nuovo Stato unitario, l’esperienza di lotta e le istanze patriottiche che si erano legate alle guerre di indipendenza favorirono un raforzamento delle idee di laicità e secolarizzazione anche nell’ambito dell’assi- stenza e, più in generale, seppur gradualmente, nelle forme e nelle manifestazio- ni della vita popolare, soprattutto nei centri cittadini e urbani. Oltre a sviluppare forme di reciproca garanzia, tutela e assistenza rispetto a gravi eventualità della vita come malattia e infermità, le società di mutuo soccorso si posero all’origine di tanti altri istituti, nel campo del piccolo credito (casse operaie di prestiti e ri- sparmi), dell’educazione infantile, elementare e professionale (asili, scuole serali e domenicali, biblioteche popolari), dell’edilizia popolare (società edifcatrici di case operaie), dei consumi (cucine economiche, magazzini e spacci sociali), ri- spondendo a precise esigenze della società civile. Si trattava di organismi di base, autogestiti, di piccole dimensioni, capillarmente difusi sul territorio e dotati di un apparato amministrativo ridotto al minimo11. Minerbio aveva la sua Società operaia di mutuo soccorso, fondata nel 187112. Nei decenni a cavallo del 1900 il mutualismo coinvolse la vita di diverse cen- tinaia di minerbiesi appartenenti, perlopiù, agli strati popolari. Furono loro ad animare – con il sostegno economico, tecnico e ideale di esponenti della bor- ghesia delle professioni e della nobiltà liberale13 – una forma di autonomia as- sociativa fatta di semplici norme morali (rettitudine e laboriosità), di risparmi e contributi regolari, di diritti elettorali (la vita interna dei sodalizi si basava su regole pienamente democratiche), di possibilità previdenziali, di stimoli educa- tivi e retorica patriottica. A Minerbio, come in tanti altri piccoli comuni italiani, le società di mutuo soccorso rappresentarono, tra Otto e Novecento, uno degli strumenti privilegiati dai ceti popolari «per dar spazio alle proprie esigenze di socialità» con una ricaduta importante sull’educazione civile della popolazione, anche in termini di rispetto delle istituzioni14. Giova ricordare, a questo proposito, che quando il 29 luglio 1900 Umberto I venne assassinato a Monza dall’anarchi- co Gaetano Bresci, la morte del re d’Italia fu accompagnata nella popolazione

11 Cfr. E. Arioti, Premessa, in Aa.Vv., Le società di mutuo soccorso italiane e i loro archivi. Atti del seminario di studio. Spoleto, 8-10 novembre 1995, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, 1999, pp. 11-14. 12 Società operaia di Minerbio, Sedici anni di vita sociale, 1871-1886, Minerbio, Tip. C. Bevilacqua, 1888. 13 Ancora nel 1918 il conte Cavazza interveniva durante una assemblea dei soci, confermandosi un punto di riferimento per il sodalizio di Minerbio: Parole pronunciate dall’on. conte Cavazza nell’as- semblea della società operaia di Minerbio in memoria del maestro Enea Baroni: 3 novembre 1918, Minerbio, Tip. Bevilacqua, 1918. 14 M. Ridolf, Associazionismo e forme di sociabilità nella società italiana tra ’800 e ’900: alcune premesse di ricerca, in M. Ridolf, F. Tarozzi (a cura di), Associazionismo e forme di sociabilità in Emilia-Romagna fra ’800 e ’900, “Bollettino del Museo del Risorgimento”, Bologna, 1987-88, p. 20. 14 Minerbio dal Novecento a oggi minerbiese da «vivo rimpianto», a conferma – secondo le parole del sindaco, conte Cavazza – del «sincero attaccamento alle istituzioni monarchiche» che si era andato sviluppando nell’arco di pochi decenni di vita dello Stato unitario15. Insieme al mutualismo, a Minerbio si sviluppò la cooperazione, un’altra espressione dello spirito associativo popolare e di quello che si potrebbe defni- re come il «far da sé, insieme»: mettersi insieme perché si condivide un bisogno, unendo le forze per trovare una soluzione16. Come il mutuo soccorso la coope- razione esprimeva un associazionismo per e non un associazionismo contro, evidenziando un elemento propositivo più che antagonista; caratteristica che distingueva il mutualismo e la cooperazione dal sindacalismo. Storicamente, il seme della cooperazione è all’incrocio tra iniziativa economica e spirito di as- sociazione. Ci riporta, dunque, a quel patrimonio straordinario di generosità di intenti e di inventiva istituzionale che si ritrova studiando l’«economia sociale» a cavallo tra XIX e XX secolo. Da una parte ci si allontanava dalla confittualità esasperata delle posizioni politiche intransigenti, dall’altra la cooperazione rap- presentò comunque una parte fondamentale del riscatto dal basso degli strati popolari, fornendo una via diversa e immediatamente praticabile rispetto allo sfruttamento capitalistico17. Un’altra caratteristica della cooperazione è quella di rappresentare un sinoni- mo di valorizzazione delle risorse locali. Non a caso il movimento cooperativo si radica soprattutto in quei territori che hanno forti tradizioni municipaliste, di auto- governo e di autonomia. Risponde a queste caratteristiche l’Emilia-Romagna e, in- fatti, già nell’inchiesta ministeriale del 1902 la cooperazione emiliano-romagnola si collocava al primo posto in Italia, una posizione che detiene ancora oggi. A Minerbio, come altrove, la cooperazione crebbe sfruttando importanti si- nergie con la politica locale. Il settore più vitale fu, fn dai primi del Novecento, quello della cooperazione di lavoro. In particolare, la Cooperativa fra i lavoranti muratori di Minerbio e la Società cooperativa fra i carrettieri di Minerbio svilup- parono, già a partire dalle giunte moderate di Cavazza e Isolani, una intensa collaborazione con il Comune, in materia di forniture (pietrisco e ghiaia per il mantenimento delle strade, ad esempio) e lavori pubblici.

15 Ascm, Atti del Consiglio comunale, Anno 1900. «In esecuzione a deliberato di Giunta – aggiun- geva il sindaco – venne inviata una Rappresentanza comunale al trasporto in Roma della salma del Re». 16 Cfr. Pino Ferraris, Far da sé, insieme, in “Almanacco delle buone pratiche di cittadinanza”, n. 1, Forlì, Una città, 2004, pp. 397-405. 17 Vera Zamagni, Il movimento cooperativo emiliano-romagnolo: ruolo e identità, in Carlo De Ma- ria (a cura di), Bologna futuro. Il “modello emiliano” alla sfda del XXI secolo, Bologna, Clueb, 2012, pp. 57-62. Carlo de Maria, Dall’inizio del XX secolo alle conseguenze della Grande Guerra 15

Nel 1902, i due nobili minerbiesi si diedero il cambio alla guida del municipio. Il conte Cavazza, eletto alla Deputazione provinciale, rinunciò per incompatibi- lità alla carica di sindaco. Il 22 ottobre 1902 venne eletto al suo posto il conte Isolani, con Cavazza che rimaneva comunque in giunta come assessore. Uno dei primi atti della giunta Isolani, a conferma dello stretto legame con l’associazio- nismo popolare locale, fu il contratto per la fornitura della ghiaia con la locale cooperativa di birocciai18. Qualche mese dopo, nel febbraio 1903, Isolani pren- deva provvedimenti in aiuto degli operai disoccupati: distribuzione di sussidi ed esecuzione di piccoli lavori pubblici (sistemazione di strade e di maceri)19. Nella prima metà del 1904, per dissidi interni alla giunta, Isolani si trovò impossibilita- to a proseguire il suo lavoro. In aprile venne nominato dal prefetto un regio com- missario straordinario, Federico Masino20. Pochi mesi dopo, ad agosto, si tennero nuove elezioni, in seguito alle quali, divenne sindaco Gaetano Cantelli. La sua fu una breve parentesi, politicamente insignifcante, a cui subentrò presto un’altra gestione commissariale. Nell’estate 1905 si tornò al voto e ad emergere fu la fgura di Piero Capellini, eletto sindaco il 12 luglio 1905. La giunta Capellini si caratterizzò per un forte impegno nella modernizzazio- ne dei servizi pubblici. Nell’aprile 1907 venne deliberato l’impianto di una linea telefonica interurbana Bologna-Minerbio-, realizzata con un contri- buto economico dei tre comuni d’intesa con la Società italiana dei telefoni. La linea del telefono seguiva sostanzialmente il tracciato della tranvia Bologna- Malalbergo, inaugurata nel 1894, che collocava Minerbio lungo una importante via di trasporto e comunicazioni per persone e merci. Contestualmente a Minerbio veniva inaugurata una cabina telefonica per uso pubblico21. Due mesi più tardi fu deliberata l’esecuzione di alcune «opere d’igie- ne»: macello, fognatura, fornitura di acqua potabile per il Capoluogo. A questo proposito il sindaco Capellini specifcava:

La Giunta ha fatto compilare un progetto per la costruzione di un nuovo macello; pro- getto che ora presenta unitamente al riferimento tecnico, [opera] dell’Ing. Amedeo Maccaferri, nei riguardi altresì del modo di provvedere al miglioramento della fogna- tura del Capoluogo [...]. Per soddisfare inoltre i più sentiti bisogni di questa popolazio- ne, la Giunta pensa di esperire un mezzo idoneo per rifornire il paese di acqua buona ed in grande quantità, e quindi nella contingenza di dover contrarre un prestito per

18 Ascm, Atti del Consiglio comunale, 30 novembre 1902. 19 Dei risultati di questi interventi si dava conto in Consiglio a giugno (ivi, 3 giugno 1903). 20 Dei risultati di questi interventi si dava conto in consiglio a giugno (ivi, 19 aprile 1904). 21 Ascm, Atti del Consiglio comunale, 18 aprile 1907. 16 Minerbio dal Novecento a oggi

opere d’igiene, vuole includervi la preventivata somma di £ 1.000 per eseguire perfo- razioni artesiane22.

Indubbiamente operosa, la giunta Capellini fu però messa alle corde dopo le elezioni parziali del 7 luglio 1907, nelle quali prevalsero i socialisti, costringendo alle dimissioni nell’ottobre 1907 il sindaco e la giunta23. Prese momentaneamen- te le redini del Comune un commissario straordinario, Silvio Piva, che continuò sulla falsariga di Capellini. Nel febbraio 1908, in sede di presentazione del bilan- cio preventivo, il commissario Piva riteneva, ad esempio, «essere doveroso di- sporre pel miglioramento di alcuni pubblici servizi per assecondare le cresciute esigenze dei tempi moderni»24. Nel maggio 1908, dopo una nuova tornata amministrativa, venne eletto sindaco Giuseppe Sabattini, alla guida di una giunta socialista. Con Sabattini il movimen- to socialista arrivava compiutamente alla gestione amministrativa del Comune, segnando indubbiamente, tra luci e ombre, una svolta nella storia politica locale. All’atteggiamento paternalistico delle giunte di inizio Novecento, guidate dai notabili di Minerbio (Cavazza e Isolani su tutti), subentrava ora un atteggiamen- to di vera e propria adesione tra governo locale e organizzazioni operaie; un at- teggiamento che, come stiamo per vedere, fniva per togliere autonomia politica alla giunta Sabattini. Nel marzo 1909 la giunta socialista deliberò «la più possibile sollecita ese- cuzione al lavoro di fognatura», nell’ambito di un più ampio progetto per opere igieniche25, proseguendo di fatto il lavoro intrapreso dai predecessori. Il mese successivo, in maniera simile, il Consiglio comunale approvò il fnanziamento delle «cucine gratuite per le famiglie dei disoccupati»26. I nodi venivano al petti- ne l’anno successivo, quando in febbraio la giunta si dimetteva in blocco:

Riferisce il Sindaco che in occasione del lavoro straordinario d’espurgo dei fossi gli operai disoccupati non vollero all’inizio sottostare alle condizioni che, in base a pro- getto tecnico, erano state preventivamente stabilite dall’Amministrazione. Tale fatto persuase i componenti la Giunta di non godere più la fducia della classe che rappre- sentano direttamente per cui decisero di rassegnare il mandato che a loro era stato conferito dagli elettori popolari. Aggiunge il Sindaco che nel frattanto, essendo inter-

22 Ivi, 18 giugno 1907. 23 Ai termini dell’articolo 271 del testo unico della legge comunale e provinciale allora in vigore, ogni amministrazione aveva una durata di sei anni, ma ogni due anni si procedeva al rinnovo di un terzo del Consiglio comunale. 24 Ascm, Atti del Consiglio comunale, 4 febbraio 1908. 25 Ivi, 10 marzo 1909. 26 Ivi, 12 aprile 1909. Carlo de Maria, Dall’inizio del XX secolo alle conseguenze della Grande Guerra 17

venuto un sincero ravvedimento da parte degli operai, la Giunta ha poscia stabilito di rimanere al proprio posto non avendo nel momento altri motivi per provocare una crisi. Vuole però che a verbale venga trascritto il seguente ordine del giorno: “Le leghe di miglioramento del Comune di Minerbio, riunite in assemblea la sera del 27 Febbraio 1910, deplorano gli inconvenienti avvenuti nell’esecuzione dei lavori di siste- mazione dei fossati comunali, i quali hanno indotto la Giunta comunale a rassegnare le proprie dimissioni; riconfermano la propria fducia verso la Giunta e la maggioranza del Consiglio; si tengono certe che la voce fraterna e collettiva indurrà i compagni am- ministratori a rimanere al posto assegnato loro, onde assolvere completamente quel compito né breve, né piano che è stato ad essi deferito dalla volontà popolare; si augu- rano che, rinsaldati i rapporti, si ristabilisca un maggior contatto tra amministratori e amministrati, sia per la discussione di problemi di interesse pubblico, sia per prevenire e provvedere alla necessità delle classi più bisognose”27.

La situazione si ripeteva pochi mesi più tardi, nel luglio 1910, quando sindaco e giunta rassegnavano nuovamente le dimissioni, perché ritenevano di «non più godere la fducia e la stima delle organizzazioni operaie»28. La settimana succes- siva il sindaco dichiarava «avere la Giunta, in considerazione dei voti intervenuti in seno alle organizzazioni operaie, deliberato di ritirare le dimissioni; e quindi signifca che non devesi procedere alle elezioni del Sindaco e della giunta, che debbono, in virtù di legge, compiere il [restante] quadriennio di funzione»29. È chiaro che dinamiche di questo tipo non potevano durare ancora per molto. Sabattini aveva i mesi contati. Dopo di lui prese le redini dell’amministrazione il già citato Tinarelli, che rimase in carica un paio di anni, dimettendosi nella primavera 1913 e lasciando il posto al Commissario prefettizio, Aldo Morandi. Cambiavano attori, strategie e orientamenti politici ma il tema fondamenta- le rimaneva lo stesso, quello della modernizzazione dei servizi. Nel settembre 1913, per la provvista di acqua potabile del Capoluogo, Morandi deliberava la perforazione di un pozzo artesiano nel centro della nuova piazza:

Considerando che il capoluogo del Comune di Minerbio difetta di acqua potabile, es- sendo i pozzi ivi esistenti inadatti agli usi domestici, sia per la vicinanza di depositi di letame e scoviglie in genere, sia per la vicinanza di acque di rifuto e di pozzi neri, come è stato più volte e anche recentemente rilevato dall’Uficiale Sanitario; mentre d’altra parte l’unica fontanella costruita nel 1908 dà acqua, dichiarata potabile solo dal lato bacteriologico, in quantità assolutamente insuficiente (2 litri al minuto primo, circa un litro per abitante al giorno) ai bisogni della popolazione, e per di più e sita in posizione scomoda (lungo il corso Umberto I° quasi dinanzi al Palazzo Comunale), lontano cioè dal grosso dell’abitato, che corrisponde al cosiddetto Castello; ritenuto che mediante

27 Ivi, 27 febbraio 1910. 28 Ivi, 13 luglio 1910. 29 Ivi, 17 luglio 1910. 18 Minerbio dal Novecento a oggi

una perforazione nel centro dell’abitato, mentre si raggiunge lo scopo dell’approvvi- gionamento di acqua potabile pel Capoluogo, si evita la ingente spesa che si incon- trerebbe per un vero e proprio acquedotto, la cui costruzione del resto sarebbe, oltre che per le dificoltà fnanziarie nelle quali versa il Comune, anche per altre ragioni, di dificilissima attuazione; attesoché il sorprendete risultato ottenuto dalla perforazione eseguita recentemente nella località Fornace, per conto della Ditta Bragaglia e soci, che ha fornito acqua potabile in esuberanza (circa 100 litri al minuto primo con una profondità di soli m. 74) costituisce il miglior afidamento di una completa riuscita, quando la perforazione vada oltre i 100 metri di profondità; visto il progetto tecnico compilato dall’ingegnere comunale Sig. Prof. Cav. Alfredo Grassi per la perforazione di un pozzo artesiano nel centro della nuova Piazza davanti all’abitato detto il Castello, punto più denso della popolazione…30.

Si deliberava, insomma, di procedere all’attuazione del progetto predisposto dall’ingegnere comunale. L’anno successivo, 1914, un nuovo commissario pre- fettizio, Gilberto Gaiani, avviava la realizzazione del servizio pubblico di illu- minazione elettrica del capoluogo di Minerbio: l’appalto venne assegnato alla “Società per la fornitura di energia elettrica nei comuni di e Minerbio”. Quell’inverno, a causa delle forti nevicate che impedirono per diverse settimane ai braccianti di lavorare in campagna, e dunque di guadagnare qualcosa per il sostentamento delle loro famiglie, ormai ridotte alla fame, Gaiani deliberava di istituire cucine economiche nel capoluogo e nelle località di Ca’ de’ Fabbri, Tintoria e San Giovanni31. Nel luglio 1914 si tennero nuove elezioni comunali. Il commissario Gaiani ri- mase in carica fno ad agosto, quando venne eletto il nuovo sindaco, Armando Roda. Proprio in quei giorni scoppiava la Prima guerra mondiale. Volendo indicare, infatti, una data precisa per l’inizio del confitto si fa soli- tamente riferimento al 3 agosto 1914, quando la Germania dichiarò guerra alla Francia e invase il Belgio. Il “fronte occidentale” franco-tedesco fu, tra il 1914 e il 1918, il campo di battaglia principale di tutta Europa. Solamente il giorno prima, 2 agosto 1914, l’Italia aveva dichiarato uficialmente la propria neutralità, sganciandosi dall’ormai storica alleanza con Austria e Germania. Il nostro paese sarebbe entrato in guerra dieci mesi più tardi, il 24 maggio 1915, al fanco della Triplice Intesa (Francia, Impero britannico e Russia). Il 2 agosto, a Minerbio, il consigliere di minoranza Bruno Zamboni, socialista, interveniva in Consiglio proponendo di «sospendere la seduta in segno di lutto per l’assassinio di Giovanni Jaurès, propugnatore del socialismo internazionale, e d’inviare un telegramma al partito socialista francese di cordoglio per la per- dita del grande propagandista». Pacifsta convinto e grande dirigente politico,

30 Ivi, 30 settembre 1913. 31 Ivi, 9 febbraio 1914. Carlo de Maria, Dall’inizio del XX secolo alle conseguenze della Grande Guerra 19

Jaurès aveva cercato di scongiurare con tutti i mezzi diplomatici a disposizione quella che sarebbe diventata l’immane carnefcina della Prima guerra mondia- le. Nella sua strategia, un movimento pacifsta comune tra Francia e Germania avrebbe dovuto far pressione sui rispettivi governi tramite lo strumento dello sciopero generale. Non ebbe il tempo di vedere gli sviluppi di questo suo tenta- tivo disperato, in quanto il 31 luglio 1914 venne assassinato in un cafè di Parigi da un giovane nazionalista francese. Attraverso il suo nome la “grande storia”, quella degli eventi che cambiano la vita di tutti, arrivava per la prima volta a Minerbio. Pochi giorni dopo, nel suo discorso di insediamento, il sindaco Roda faceva una raccomandazione – in quelle ore drammatiche – al gruppo socialista in consiglio:

Consiglieri della minoranza, dimenticate quello che sia puramente l’ideale, ed inol- tratevi con noi nella realtà della vita. Non intralciate l’opera nostra che non sarà cer- tamente opera di reazione; collaborate con noi, e per l’ausilio del vostro aiuto ve ne saremo grati; fate della critica non un’arma per combatterci, ma un sistema d’ammoni- mento, un sistema di correzione, e noi l’accetteremo, felici di poter, per merito vostro, rimediare a quello che sarebbe stato nostro involontario errore, felici, contenti di po- tercene andare un dì da questi scanni, senza avere nella coscienza il rimorso di essere stati degli inoperosi. Pensiamoci, amici, per non avercene poi a pentire, e più amara- mente; lavoriamo, in piena concordia, di un lavoro cosciente disinteressato, costante, tenace, per uno scopo unico e solo, il rinvigorimento del Comune e il bene del popolo32.

Terminato il discorso del sindaco, il consigliere socialista Bandiera prendeva la parola per rendere noto che proprio quel giorno «in un convegno a Bologna dei rappresentanti le organizzazioni operaie sono stati presi i preliminari accordi per ravvisare ai mezzi migliori per scongiurare i gravi efetti del rincaro dei ge- neri alimentari e della disoccupazione in conseguenza dello stato bellico inter- nazionale». Il sabato successivo per iniziativa del sindaco di Bologna, il socialista Francesco Zanardi, i sindaci della provincia si sarebbero riuniti per decidere una linea di condotta comune. Per questo Bandiera invitava il nuovo sindaco di Mi- nerbio «a non mancare all’importante seduta». Da parte sua, Roda assicurava che, «pervenendogli l’invito del Sindaco di Bologna», avrebbe fatto del suo me- glio per sostenere tutti quei provvedimenti che potessero tornare «a vantaggio del popolo».

32 Ivi, 6 agosto 1914. 20 Minerbio dal Novecento a oggi

Mobilitazione civile e organizzazione dei consumi.

Tra 1914 e 1915, intorno alla fgura di Zanardi, prese forma un vero e proprio coordinamento tra i sindaci della provincia, con l’obiettivo di mettere in campo tutta una serie di provvedimenti annonari per l’approvvigionamento alimentare, tra i quali l’acquisto di farina e l’apertura di spacci comunali per la vendita di ge- neri di prima necessità a prezzi calmierati. Provvedimenti come questi vennero deliberati a Minerbio nella seduta consigliare del 3 ottobre 191533. Nell’ambito delle politiche sociali, si accentuò dunque, negli anni di guerra, un vero e proprio “protagonismo” municipale. Pur nei ristretti limiti di libertà concessi da una miriade di disposizioni governative che regolavano, in modo sempre più stringente, ogni aspetto della vita della nazione, le amministrazioni comunali emiliane si impegnarono, sperimentando e innovando, a rispondere alle nuove necessità delle classi popolari. L’esempio arrivava spesso da Bologna. Già alla fne dell’aprile 1915, ad esempio, la Giunta comunale felsinea si riuniva per concordare i provvedimenti da adottare in caso di mobilitazione generale e guerra34. Le prime questioni ad essere afrontate furono l’approvvigionamento della città e l’assistenza ai bambini bisognosi e ai vecchi disagiati, con partico- lare riferimento alle famiglie dei richiamati alle armi. Per quanto riguarda le scuole elementari comunali, l’assessore all’Istruzione Mario Longhena studiò la possibilità di prolungare l’orario di maestri ed educatori e di servire la refezione due volte al giorno, prendendo accordi anche con l’Amministrazione dei Pii Isti- tuti educativi. L’operato delle istituzioni locali fu afiancato da pubbliche sotto- scrizioni per incrementare le risorse da destinare all’assistenza civile. Gli appelli in questo senso si intensifcarono con il prolungarsi del confitto. La necessità di fronteggiare una guerra di resistenza portò, non solo lo Stato ma anche i Comuni, a un intervento sempre più massiccio in ambito economico e sociale, soprattutto sul versante dell’organizzazione dei consumi e della tutela dei lavoratori come “consumatori meno abbienti”. Ci si adoperò per garantire a tutti i cittadini il minimo indispensabile per sfamarsi, attraverso l’introduzione di tessere annonarie per la distribuzione e il razionamento degli alimenti. A causa della guerra, infatti, i prezzi del pane e degli altri generi di prima necessità ave- vano subito un forte aumento. Di fronte alla grave questione del caro-viveri, fu in particolare il Comune di Bologna a segnalarsi, a livello regionale e naziona- le, per una innovativa sperimentazione istituzionale, con la creazione da parte della giunta Zanardi di un Ente autonomo dei consumi. L’amministrazione bolo-

33 Ascm, Atti del Consiglio comunale. 34 “Il Resto del Carlino - La Patria”, Bologna, 30 aprile 1915, 8 maggio 1915. Carlo de Maria, Dall’inizio del XX secolo alle conseguenze della Grande Guerra 21 gnese, cioè, non si limitò ad aprire spacci comunali, ma mise in campo uno stru- mento più duttile rispetto alla burocrazia municipale e a esso delegò la gestione di questa materia. Con l’Ente autonomo si tracciava una via nuova, che superava anche l’idea delle municipalizzazioni, costituendo a tutti gli efetti un modello che venne ripreso pochi mesi dopo dalla giunta Caldara di Milano e che fu poi fatto proprio dalla normativa nazionale35. A partire dal 1914-15, nelle grandi città come nei piccoli paesi, si costituiro- no spontaneamente numerosi comitati civici di assistenza, solitamente collocati in sedi messe a disposizione dalle amministrazioni comunali. A Minerbio que- sto accadde già nella seconda metà del 1914, quando per iniziativa del sindaco Roda un gruppo di cittadini si costituì in comitato provvisorio mettendosi subito all’opera per raccogliere soccorsi da elargire alle famiglie più bisognose dei ri- chiamati alle armi36. Promossi da esponenti di istituti ed enti cittadini, questi comitati – che non rivendicavano di regola nessuna appartenenza politica o confessionale – si po- nevano l’obiettivo di preparare, organizzare e coordinare tecnicamente tutte quelle attività civili e volontarie che potessero mitigare gli efetti della mobi- litazione militare sulla vita quotidiana della cittadinanza. Si trattava, dunque, di forme di preparazione civile basate essenzialmente sul volontariato e intese come “civico dovere”. Con l’efettivo ingresso in guerra dell’Italia, il 24 maggio 1915, ai Comitati per la preparazione civile subentrarono dei più strutturati Comitati generali di assistenza pubblica, che rimasero generalmente in attività fno alla fne del 1919, afrontando così anche i primi problemi legati al dopoguerra. In stretto contatto con sindaci e amministrazioni locali, e grazie sia a contributi comunali che a do- nazioni private, i Comitati di assistenza pubblica si impegnarono in opere di soc- corso morale e materiale, con particolare riguardo alle famiglie dei combattenti e ai nuclei familiari più bisognosi residenti nei territori di competenza. Se molti comitati civici nacquero spontaneamente e dal basso, in altri casi la costituzione di comitati di intervento, pensati ad hoc per afrontare determinate emergenze, venne sollecitata dalle prefetture. Questo accadde in molti casi all’indomani del- la rotta di Caporetto, nell’ottobre-novembre 1917, per far fronte al consistente aflusso di profughi veneti e friulani, assistiti sul territorio emiliano con l’allesti- mento di dormitori, cucine economiche e punti di ristoro37.

35 Roberto Balzani, Le tradizioni amministrative locali, in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi. L’Emilia-Romagna, a cura di R. Finzi, Torino, Einaudi, 1997, pp. 599-646. 36 Ascm, Atti del Consiglio comunale, Anni 1914 e 1915. 37 M. Carrattieri, C. De Maria, L. Gorgolini, F. Montella (a cura di), Grande Guerra. L’Emilia-Romagna tra fronte e retrovia, catalogo della mostra itinerante promossa dall’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna per il centenario della Prima guerra mondiale, Bologna, Bradypus, 2014. 22 Minerbio dal Novecento a oggi

Nel quadro delle tante forme di impegno civico che presero corpo durante la Grande Guerra vanno sicuramente citati i Comitati femminili di assistenza e soccorso. Un fenomeno così difuso che è lecito parlare di una sorta di mater- nage pubblico e di massa: con riferimento, cioè, alla tradizionale azione di cura caratteristica dell’atteggiamento materno, applicata nel frangente della guerra alle frustrazioni e ai traumi vissuti dall’intera comunità nazionale, sia al fronte che nelle retrovie. A Bologna, la Sezione femminile del Comitato di preparazio- ne civile si rivolse alla cittadinanza con un “caldo appello” per la raccolta di tutto quanto era necessario alla costituzione di nuovi “ospedali sussidiari”, nella preoccupazione che gli ospedali organizzati dal Governo e dalla Croce Rossa potessero rivelarsi insuficienti. Se ne trova notizia sul “Resto del Carlino” del 5 maggio 1915. In Emilia, e in particolare a Bologna, nacque nel giugno 1915 il primo esempio italiano di Uficio notizie, per ofrire gratuitamente alle fami- glie dei richiamati un servizio di corrispondenza e informazioni in merito alla situazione dei militari al fronte. Grazie all’opera di circa 350 volontarie, l’Uficio notizie compose un enorme archivio comprendente circa 14.000 schede relative ai caduti e ai dispersi provenienti dai Comuni della provincia di Bologna38. Nato per iniziativa della contessa Lina Bianconcini Cavazza di S. Martino in Soverzano (Minerbio)39, nella sua residenza bolognese di via Farini, l’Uficio notizie ottenne il riconoscimento del Ministero della Guerra, della Prefettura e il sostegno della Camera di Commercio e della Cassa di Risparmio. Tra il 1915 e il 1918, metà delle famiglie italiane avrebbe perso un padre, un marito, un fglio al fronte, o lo avrebbe visto tornare invalido, oppure pazzo. La Grande Guerra è anche la storia di donne lontane e sole, di bambini rimasti orfani di padre, di genitori costretti a sopravvivere ai propri fgli. Accanto alla dimensione militare del confitto, ve ne è una altrettanto importante di carattere familiare, civile, sociale40.

38 Ibid. 39 Si veda il saggio di Cesare Fantazzini pubblicato in questo volume, con particolare riferimento al paragrafo 2. Si veda, inoltre, dello stesso autore, C. Fantazzini, Il Castello di San Martino in Sover- zano e il circostante territorio dal 1882 ad oggi, Bologna 2013, pp. 8-9. 40 M. Carrattieri, C. De Maria, L. Gorgolini, F. Montella (a cura di), Grande Guerra. Microstorie di guerra nelle lettere dal fronte dei soldati emiliano-romagnoli, raccolta e pubblicazione di fonti inedite promossa dall’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna per il centenario della Prima guerra mondiale, Bologna, Bradypus, 2015. Carlo de Maria, Dall’inizio del XX secolo alle conseguenze della Grande Guerra 23

L’eredità della guerra

La Grande Guerra è la vera apertura del Novecento, la sua “cifra simbolica” 41. Gli storici sono sostanzialmente concordi su questo, ma non è superfuo ripercorrere i motivi che stanno alla base di tale afermazione. La Grande Guerra è cifra simbolica del Novecento per diverse ragioni. Essa rivela, infatti, in maniera traumatica alcune caratteristiche fondamentali del XX secolo. Tanto per cominciare, si tratta della prima guerra industriale e tecnolo- gica della storia. Si tratta, inoltre, della prima guerra di massa; infne, da un pun- to di vista prettamente culturale, è l’evento che fa naufragare defnitivamente l’idea – tutta ottocentesca e positivista – di un progresso lineare della società. L’idea, cioè, che grazie allo sviluppo della scienza e della tecnica ci si avviasse verso una età felice per l’intera umanità. I 13 milioni di morti della Grande Guer- ra si incaricarono di smentire questa convinzione. Tra il 1914 e il 1918 trovarono, in qualche modo, conferma quei nuovi orien- tamenti culturali che, a partire dal passaggio tra Otto e Novecento, avevano ri- velato la dimensione “notturna” e irrazionale dell’uomo (la psicoanalisi freudia- na) o avevano puntato il dito contro la mentalità piattamente produttivistica, e degradante dei valori umani e spirituali, che si imputava alla civiltà borghese e capitalistica: si pensi a poeti come Arthur Rimbaud e Paul Verlaine, tra i primi. Nelle prospettive espresse dalla cultura europea dopo la cesura del 1914 (sia da un punto di vista cognitivo, che narrativo, che artistico) il frammento, il par- ticolare, l’esperienza individuale, prendono il posto del disegno compiuto, della grande narrazione. L’Europa che esce dalla Grande Guerra è una Europa in fran- tumi. Così come è in frantumi, sul piano politico, la civiltà liberale, che viene messa prepotentemente in discussione dall’ingresso delle masse sulla scena politica. La Prima guerra mondiale accelera in maniera imprevista e patologica il proces- so di democratizzazione. Che cosa signifca? Vediamo meglio. Tra la fne dell’Ottocento e la Prima guerra mondiale, sotto la spinta delle trasformazioni socio-economiche di quei decenni, quasi tutti i paesi dell’Euro- pa occidentale aveva approvato leggi che allargavano il corpo elettorale fno a comprendervi la totalità o la stragrande maggioranza dei cittadini maschi mag- giorenni (prima di allora il diritto di voto era limitato a una porzione ristretta di maschi adulti, scelti in base al censo e all’istruzione). La dilatazione notevole della partecipazione politica a nuovi soggetti sociali prefgurò il progressivo pas- saggio dallo Stato liberale alla democrazia di massa.

41 Cfr. Mariuccia Salvati, Il Novecento. Interpretazioni e bilanci, Laterza, Roma-Bari 2001. 24 Minerbio dal Novecento a oggi

Tra il 1914 e il 1918 questo processo, ancora in fase di consolidamento e di rodaggio, subì una accelerazione traumatica. In molti casi, i ceti popolari, spe- cie quelli provenienti dalle campagne, cominciarono a entrare nella politica, a conoscere la politica e ad appassionarsi ad essa, attraverso la guerra, con il suo carico di soferenze (l’esperienza del fronte vissuta da milioni di giovani europei) ma anche di speranze (pensiamo alla rivoluzione russa dell’ottobre 1917). Nonostante l’età giolittiana avesse rappresentato un periodo di crescita eco- nomica e sociale del paese, l’Italia arrivava alla vigilia della Prima guerra mon- diale in condizioni arretrate rispetto alle maggiori potenze europee e con forti squilibri interni. Quasi il 40% della popolazione era costituito da analfabeti e il 50% viveva di agricoltura, soprattutto nelle forme del bracciantato, della colo- nia, della mezzadria, della piccola e della piccolissima proprietà. La più larga fetta sociale del paese era ancora rappresentata dalle grandi masse contadine, le quali in maggioranza erano estranee alla vita politica, così come all’idea della guerra. Ma a essere scaraventato sul fronte alpino fu proprio il popolo contadi- no, che si trovò costretto a scoprire un mondo severo e ignoto. Molti soldati si accorsero solo allora, all’improvviso, che tra Italia e Austria c’erano le montagne, che lassù passavano i confni delle nazioni. Si trattò in ogni caso di una forma “patologica” e “traumatica” di democratizza- zione, proprio perché legata al clima della guerra, profondamente segnato dalla militarizzazione, dai rapporti gerarchici di comando e subordinazione, e da molte- plici contrapposizioni: a quella tra “amici” e “nemici” sul fronte militare, si aggiun- geva, nel contesto italiano, quella tra interventisti e neutralisti sul fronte interno. Al momento dell’armistizio, il 4 novembre 1918, i cittadini italiani sotto le armi erano oltre tre milioni, senza contare i prigionieri in mano nemica, circa 600 mila. Tutto questo favorì l’afermarsi di un rapporto demagogico tra leader e massa, con il suo corollario di fanatismo, obbedienza e conformismo. E questo meccanismo prima di essere usato dal fascismo fu adoperato, durante il “biennio rosso”, dai rivoluzionari di sinistra, dai cosiddetti “massimalisti”. La cronologia di quel biennio è signifcativa. Nel 1919 nascono i Fasci italiani di combattimento capeggiati da Benito Mussolini. Lo stesso anno, nelle prime ele- zioni politiche con il sistema proporzionale, i due partiti di massa, quello sociali- sta guidato dai massimalisti e quello popolare recentemente fondato da Sturzo, ottengono importanti successi, indebolendo la leadership liberale. Nel 1920 agi- tazioni bracciantili e operaie, scioperi e occupazioni, si difondono nel paese, coin- volgendo soprattutto le grandi fabbriche del Nord e i campi della Pianura Padana. Sotto l’impulso dell’esperimento sovietico in atto in Russia si propagano speranze rivoluzionarie, e oltre ai socialisti intransigenti si rinforzano il movimento anarchi- co e il sindacalismo rivoluzionario. Il PSI a guida massimalista registra un grande successo elettorale nelle elezioni amministrative dell’autunno 1920 conquistando Carlo de Maria, Dall’inizio del XX secolo alle conseguenze della Grande Guerra 25 circa 2.000 comuni a livello nazionale. Sul fnire di quell’anno le squadre fasciste attaccano le amministrazioni comunali socialiste di Bologna e Ferrara. Insieme alle proteste sociali e all’instabilità politica, il grande problema del dopoguerra è rappresentato dal reintegro nella società di uficiali e soldati smobilitati, la cui esperienza e visione del mondo non poteva che essere pro- fondamente segnata dagli anni trascorsi sotto le armi. Il più vasto e popolare movimento di reduci nacque nel 1919 con il nome di Associazione nazionale combattenti. L’ANC incarnava l’ideale, o se si vuole il mito, di un rinnovamento della vita nazionale a partire dall’esperienza di guerra. Era una sorta di “parti- to dei combattenti”, alternativo sia alla classe dirigente liberale sia ai partiti di massa, socialista e cattolico. Ma la scommessa, che caratterizzava inizialmente l’ANC, di conservare in campo democratico il cameratismo e la solidarietà cre- sciuti nelle trincee fu rapidamente persa. Pesò, indubbiamente, la scarsa atten- zione verso il fenomeno del reducismo da parte delle élites politiche liberali e, soprattutto, mancò un eficace intervento governativo a favore del reinserimen- to civile e lavorativo dei reduci. Anche per questo, gli ex combattenti comincia- rono gradualmente a confuire nel nascente movimento fascista. Nella polveriera che era la Pianura Padana in quegli anni, la disoccupazione poteva rappresentare una scintilla fatale. Ne era perfettamente consapevole il commissario straordinario Gilberto Gaiani, alla guida del Comune di Minerbio nei primi mesi del 1919, quando approvava in gran fretta l’esecuzione di alcuni lavori pubblici al fne di «arginare la minacciosa disoccupazione operaia»42. Nell’autunno 1920, Minerbio è uno dei tanti comuni italiani che fniscono nel- le mani dei socialisti massimalisti. Questi ultimi, contrariamente agli esponenti della tradizione socialista-riformista (alla Zanardi, per intenderci), non erano né preparati né consapevoli di cosa volesse dire amministrare un comune, giorno dopo giorno, in una situazione di crisi politica e sociale di quelle dimensioni. I massimalisti guardavano al Comune come a un avamposto rivoluzionario: il loro era un approccio politico-ideologico, fondamentalmente poco interessato alle questioni amministrative. Lo dimostra in maniera lampante il discorso di insedia- mento del nuovo sindaco di Minerbio, Rafaele Scaramagli, riportato nel verbale del Consiglio in terza persona:

Solo la più rigida disciplina gli impone di sobbarcarsi il grave compito che egli accet- ta senza entusiasmo, date le condizioni poco lusinghiere nelle quali versa la fnan- za del Comune. Dichiara che la nuova amministrazione non può al momento esporre

42 Ascm, Atti del Consiglio comunale, gennaio-aprile 1919. Si trattava per lo più di lavori stradali «per ovviare alle defcienti manutenzioni degli anni di guerra». Per fare questo, Gaiani benefciò di alcune agevolazioni previste dal Comitato speciale per i lavori contro la disoccupazione, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, e accese inoltre un mutuo presso la Cassa Depositi e Prestiti (270 mila lire da restituire in 35 annualità). 26 Minerbio dal Novecento a oggi

alcun programma specifco e fattivo, poiché solo dal prossimo congresso socialista verrà dato quell’indirizzo politico ed amministrativo che sarà fedelmente seguito allo scopo di difesa della sfruttata classe dei diseredati. Chiede il disinteressato consiglio dei colleghi e l’appoggio del proletariato, al quale egli dedicherà volonteroso tutte le sue energie. Sarà lieto se egli e l’Amministrazione dovranno cedere il posto solo a quei Soviet che nella Russia perseguono il più puro ideale politico. Manda ai compagni russi il fraterno saluto ed il fervido augurio per la piena vittoria nella lotta diuturna che combattono per il trionfo dell’ideale socialista. […]. Chiude proponendo al Consiglio l’approvazione del seguente ordine del giorno: “Nel solenne insediamento di questo Consiglio comunale l’animo nostro si rallegra per la vittoria ottenuta e spaziandosi per tutta Italia scienti che su 2.000 e più comuni sventola il vessillo rosso, ci rende superbi nell’afermare che il nostro ideale di fratellanza e d’amore è da tutti sentito dalla Sar- degna alla Dalmazia, dalle Alpi al Lilibeo [Capo Boeo o Lilibeo, l’estrema punta occi- dentale della Sicilia, in provincia di Trapani]. Siamo però rammaricati nel pensare che nostri duci, pionieri di libertà, sofrono in galera causa un malgoverno che ancora non vuol comprendere i tempi nuovi, e contro il quale noi energicamente oggi da questi scanni protestiamo, domani, se occorrerà, sulla piazza con qualsiasi mezzo pugneremo per strappare loro dalle ungue [latinismo per unghie] i nostri vessilliferi Errico Malate- sta, Armando Borghi e tanti altri, umili, rei soltanto di predicare al popolo le sante idee libertarie e comuniste” 43.

L’ordine del giorno venne approvato dall’intero Consiglio comunale per acclama- zione. Ma nella seduta del 12 gennaio 1921, il sindaco comunicava che il prefetto di Bologna, come prevedibile, aveva fatto annullare, con decreto del 13 dicem- bre 1920, l’ordine del giorno votato in novembre giudicandolo «una manifesta- zione di carattere politico estranea alle attribuzioni del Consiglio comunale»44. La fne ingloriosa della Giunta Scaramagli viene ricostruita da Elena Paoletti nel saggio successivo all’interno di questo volume, ma quello che qui importa notare è che, in quel passaggio storico del primo dopoguerra, sia a destra che a sinistra, erano davvero pochi i sinceri difensori della democrazia. Nelle elezioni politiche della primavera 1921 si crearono liste comuni tra li- berali e fascisti. Intanto le strutture di base del movimento operaio e contadino (cooperative e camere del lavoro) subivano l’ofensiva delle squadre fasciste, particolarmente intense e violente nelle campagne emiliane e nel Polesine. In novembre il fascismo si trasformò da movimento in partito: nacque a Roma il Partito nazionale fascista, che ebbe come primo segretario un ex sindacalista rivoluzionario, Michele Bianchi. Nel 1922, Mussolini avanzò la propria candida- tura al governo e organizzò una operazione militare per la conquista della capi- tale (la marcia su Roma). Alla fne di ottobre, riceveva dal re l’incarico di formare un nuovo governo.

43 Ascm, Atti del Consiglio comunale, 28 novembre 1920. 44 Ascm, Atti del Consiglio comunale, 12 gennaio 1921. Minerbio dal Novecento a oggi Istituzioni locali, economia e società A cura di Carlo De Maria Roma (BraDypUS) 2017 ISBN 978-88-98392-65-0 p. 27-48

Il Fascismo e la Seconda guerra mondiale a Minerbio ELENA PAOLETTI

In questo capitolo s’intende analizzare l’origine e l’ascesa del movimento fasci- sta a Minerbio, l’ingresso del comune nel secondo confitto mondiale, la nasci- ta e lo sviluppo del movimento di resistenza al nazifascismo. La letteratura di riferimento per questo periodo storico non si presentava esaustiva per quanto riguarda il territorio minerbiese e si è rivelata particolarmente preziosa, quindi, la documentazione presente nell’Archivio storico comunale. Attraverso lo studio e la comparazione di fonti inedite ed edite è stato così possibile ricostruire un quadro apprezzabile, seppur non completo, delle vicende politico-istituzionali e socio-economiche del periodo 1922-1945.

1. Dalla giunta socialista di Rafaele Scaramagli alla presa del potere del fascismo

Le elezioni amministrative del novembre 1920 videro il Partito socialista, con due liste, arrivare a conquistare tutti e venti i seggi consigliari del comune di Minerbio, eleggendo a sindaco Rafaele Scaramagli (prima lista PSI 1.117 voti e seconda lista PSI 201 voti)1. Questa tornata elettorale segnò il ritorno al voto dei cittadini dopo gli anni della guerra, una gestione commissariale durata più

1 Nazario Sauro Onofri, La strage di Palazzo d’Accursio. Origine e nascita del fascismo bolognese 1919-1920, Milano, Feltrinelli Editore, 1980, p. 251. 28 Minerbio dal Novecento a oggi di quattro anni e una situazione di gravi agitazioni nelle campagne e nelle fab- briche, il cosiddetto «biennio rosso». Nelle campagne bolognesi l’astensione dal lavoro dei braccianti e mezzadri per il rinnovo dei patti colonici era durata 10 mesi, dal gennaio all’ottobre del 1920, quando – con la mediazione della Pre- fettura – fu frmato il Concordato Paglia-Calda2. Si trattò del più lungo sciopero agricolo della storia provinciale. La vertenza promossa dalla Federazione pro- vinciale lavoratori della terra (Federterra) ebbe momenti di grande asprezza da ambo le parti, con gli agricoltori che piuttosto che cedere alle richieste dei mezzadri preferirono lasciare marcire nei campi la metà del raccolto e le leghe socialiste che promossero azioni di boicottaggio e invasioni delle terre. L’Associazione provinciale degli agricoltori di Bologna invitò più volte i propri soci a non frmare alcuna accettazione di capitolato colonico della Federterra e nell’aprile del 1920, infatti, la sezione minerbiese dell’associazione deliberò di «astenersi dal compiere singolarmente qualunque atto o dall’iniziare qual- siasi trattativa d’accordo con le organizzazioni operaie»3. In un documento del mese successivo, indirizzato alla Prefettura di Bologna, viene così descritta la situazione di alcune contrade di Minerbio, nel momento in cui si è avviata la falciatura del feno e dei foraggi: «I coloni mezzadri falciano, però, soltanto la metà loro spettante e lasciano l’altra a disposizione dei proprietari che non pos- sono peraltro avere la manodopera se non la richiedono alla Lega, accettando le condizioni da questa fssate»4. In conclusione del documento si segnala che in molti terreni, tra cui quelli del Conte Isolani, le organizzazioni rifutano la mano d’opera poiché non vi è l’accettazione del nuovo contratto di lavoro. Alla vigilia della frma del Concordato la situazione nella campagna bolognese è quella di uno “stato di militarizzazione” con le armi che compaiono da entrambe le parti. Appaiono anche i fascisti, con episodi di violenza in alcune zone del bolognese e

2 Comunemente chiamato Concordato Paglia-Calda il patto stipulato il 25.10.1920 tra la Federa- zione provinciale dei lavoratori della terra e l’Associazione degli agricoltori bolognesi, compren- sivo di quattro patti per mezzadri, afittuari, braccianti e boari. Cfr. Lodovico Paglia, La mezzadria nell’economia agraria, Bologna 1921; Argentina Altobelli, La Federazione nazionale dei lavoratori della terra d’Italia. Storia, vite, battaglie, Bologna 1920; Giovanni Lorenzoni, Introduzione e guida a un’inchiesta sulla piccola proprietà coltivatrice postbellica in Italia, Roma, Treves Dell’Ali, 1929; Franco Cavazza, Le agitazioni agrarie in provincia di Bologna dal 1910 al 1920, Bologna, L. Cappelli, 1940; Mirco Dondi, Tito Menzani, Le campagne. Confitti, strutture agrarie, associazioni, secondo volume dell’opera, Dalla guerra al “boom”. Territorio, economia, società e politica nei comuni della pianura orientale bolognese, Bologna, Edizioni Aspasia, 2005, pp. 77-81; Pietro Albenghi, Il Fascismo in Emilia Romagna. Dalle origini alla marcia su Roma, Modena, Mucchi Editore, 1989 pp. 169-173. 3 Archivio di Stato di Bologna, Gabinetto di Prefettura (d’ora in poi Asb, Gdp), b. 1329, cat. XVI, f. 1, Commissione provinciale di agricoltura, comitato speciale confitti agrari, anno 1919-1920. 4 Asb, Gdp, b. 1329, cat. XVI, f. 1, Commissione provinciale di agricoltura, comitato speciale confitti agrari, anno 1919-1920, Minerbio-agitazione agraria, 6 maggio 1920. Elena Paoletti, Il Fascismo e la Seconda guerra mondiale a Minerbio 29 la decisione assunta nel settembre dall’Associazione di difesa sociale di stipen- diare 300 uomini armati a sostegno dell’associazione degli agricoltori5. La vigilia delle elezioni, quindi, era stata segnata da una tensione crescente: le agitazioni operaie e contadine che perduravano da mesi avevano suscitato un forte allarme tra i proprietari terrieri e gli industriali e la stampa conservatrice paventava, in caso di vittoria socialista, la trasformazione dei comuni in succur- sali della Camera del Lavoro, nonché requisizioni e prelievi forzati di denaro per fnanziare progetti collettivistici6. I risultati delle elezioni amministrative del 1920 vedono, tuttavia, un grande successo del PSI nel bolognese: sono conqui- stati 51 comuni su 61 e in 33 di questi i socialisti ottengono sia la maggioranza sia l’opposizione, come nel caso di Minerbio7. La giunta socialista minerbiese fu guidata da Rafaele Scaramagli, uno dei pionieri del movimento socialista a Mi- nerbio, che per molti anni ricoprì la carica di capolega bracciantile. Rientrato nel 1920, dopo aver combattuto nella guerra di Libia e nella Grande Guerra, Sca- ramagli fu uno dei massimi dirigenti della lunga lotta agraria di quell’anno e al momento della sua elezione a sindaco ricopriva il ruolo di direttore e contabile della Cooperativa di consumo di Minerbio8. Risale al 25 novembre 1920 la seduta di insediamento della giunta Scaramagli nella quale viene espresso un voto di solidarietà con i Soviet di Russia e condannata l’azione del governo italiano, pro- babilmente anche a seguito dei tragici fatti di Palazzo d’Accursio a Bologna9. Le minacce dei nascenti gruppi fascisti locali alla nuova amministrazione socialista non tardarono ad arrivare, così come le violenze sui lavoratori delle campagne, che si intensifcarono particolarmente nella primavera-estate del 1921. Il 3 aprile 1921 si tiene a Bologna la prima adunata dei fasci emiliano-ro- magnoli; Benito Mussolini è accolto alla stazione del capoluogo di provincia da migliaia di fascisti in parata e parla, acclamato, al Teatro comunale. Gli iscritti al Fascio di Bologna sono, a quella data, 5.130, ma molti di più i simpatizzanti ancora non tesserati. Tre giorni dopo, durante una scorribanda fascista nella fra-

5 L’Associazione bolognese di difesa sociale si era formata nella primavera del 1920 e riuniva com- mercianti, industriali, agricoltori e possidenti in un unico blocco liberal-conservatore nelle cui fla convergevano esponenti liberali, radicali, repubblicani e nazionalisti. 6 Albenghi, Il Fascismo in Emilia Romagna, cit., pp. 206-210. 7 Onofri, La strage di Palazzo d’Accursio, cit., p. 247. 8 Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani, Nazario S. Onofri (a cura di), Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945), Vol. V, Dizionario biografco, Edizione elettronica a cura del Comune di Bologna - Progetto Nuove Istituzioni Museali e Istituto per la storia della Resi- stenza e della società contemporanea nella Provincia di Bologna “Luciano Bergonzini” http://www. comune.bologna.it/iperbole/isrebo/strumenti/strumenti.php. 9 Archivio storico del Comune di Minerbio (d’ora in poi Ascm), Gestione annonaria. Vertenza 1903- 1924, Procedimento penale contro Scaramagli Rafaele. 30 Minerbio dal Novecento a oggi zione di Cà de’ Fabbri, da un’automobile carica di fascisti ferraresi partono colpi di rivoltella contro un gruppo di operai: rimane ferita gravemente la bambina Giuseppina Pilati, di anni 5, la quale morirà poco dopo all’ospedale di Bologna. I fascisti, dopo il tragico episodio, proseguono liberi10. Nel maggio, da un gruppo di giovani che appartenevano alle Squadre d’azione del Fascio di Bologna, viene costituito uficialmente il Fascio di Combattimento di Minerbio11. Sono mesi, questi, in cui gli squadristi bolognesi e ferraresi operano con ir- ruenza su tutto il territorio provinciale per smantellare le strutture sindacali so- cialiste e per distruggere gli ufici di collocamento al fne di poter conquistare il controllo dell’occupazione e piegare i sindacati dei lavoratori. Nel bolognese vengono distrutti: un giornale, 6 case del popolo, 7 camere del lavoro, 9 coopera- tive, 5 leghe contadine, 5 sezioni e circoli socialisti e comunisti, 2 circoli operai e ricreativi. Dai proprietari terrieri sono date oltre 2.000 disdette a mezzadri12. L’as- salto squadrista si concentra in particolare sulle strutture cooperative, con due obbiettivi principali: il capolega e la sede. Sul primo si scatenano intimidazioni e violenze che spesso arrivano alla cacciata dal luogo di lavoro e di residenza, la sede, invece, è saccheggiata e vandalizzata. Solo nel 1921 ben 23 cooperative del bolognese subiscono l’azione repressiva e la chiusura forzata; quelle che non vengono distrutte sono “fascistizzate”, con la nomina di nuovi amministratori. Mentre le lotte sindacali, pur nell’asprezza delle ultime fasi segnate dal boi- cottaggio e dalle invasioni delle terre, erano culminate nel negoziato, la violen- za squadrista rifuta ogni logica negoziale. Se una forma di confittualità forte e non immune da violenze caratterizzava da tempo la campagna bolognese, la violenza squadrista si pone ad un livello completamente inedito13. Nel 1921, secondo un rapporto della Camera confederale del Lavoro, gli attac- chi delle squadre fasciste hanno provocato 19 morti e 1.936 feriti da arma da fuoco o da colpi di bastone o manganello nella provincia di Bologna14. Contro i capilega e i semplici coloni si apre una vera e propria caccia all’uomo che vede anche a Minerbio assalti fascisti a danno dei canapini e di altri lavoratori delle campagne15. Nell’estate, come tentativo spontaneo di reazione alla violenza squadrista, si organizzarono anche nel bolognese alcune squadre armate che intendono usare

10 Luigi Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel bolognese. Comune per comune, Bolo- gna, 1998, p. 156. 11 Minerbio nel VII Centenario della Fondazione, Bologna, Stab. Poligrafci Riuniti, 1931, p. 129. 12 Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel bolognese, cit., p. 9. 13 Dondi, Menzani, Le campagne. Confitti, strutture agrarie, associazioni, cit., p. 84. 14 Albenghi, Il Fascismo in Emilia Romagna, cit., p. 421. 15 Vedi testimonianza di Arrigo Cantelli in ANPI San Donato, Ne valeva la pena. Il testamento di Vinka e altre storie partigiane, 2012 (raccolta di videointerviste). Elena Paoletti, Il Fascismo e la Seconda guerra mondiale a Minerbio 31 la forza contro i fascisti. Queste formazioni armate prendono il nome di Arditi del popolo e vi confuiscono elementi diversi, provenienti da diferenti esperien- ze politiche, anche se, in prevalenza, si tratta di anarchici e socialisti massima- listi. Tra il luglio e l’agosto del 1921 si organizzano piccoli gruppi di Arditi del popolo nella zona di Crespellano, , Castenaso e Minerbio. Gli anarchici minerbiesi danno vita, sul modello dei Lupi Rossi di , ad una squadra denominata «lupini rossi»16. Le tensioni e le violenze raggiungono l’apice durante la stagione della treb- biatura quando i fascisti organizzano il boicottaggio delle trebbiatrici di pro- prietà delle cooperative rosse per spezzare la resistenza dei coloni aderenti alla Federterra e alla Lega delle cooperative. In questo contesto, il 15 luglio 1921, si verifca a Minerbio l’uccisione dell’agente agrario Giulio Onorato Toschi, che per primo, nel Comune, aveva deciso di assumere personale fascista per la treb- biatura del grano. Secondo alcune ricostruzioni17 il Toschi fu ucciso durante uno scontro a fuoco con alcuni lavoratori, secondo altre, invece, perse la vita a Can- telleria di Minerbio nei pressi della propria abitazione, colpito in serata da alcu- ni colpi di rivoltella. Il corpo di Toschi fu poi gettato nel fossato della strada e rinvenuto il giorno seguente dai viaggiatori del trenino Bologna-Malalbergo. Per l’omicidio dell’agente agrario furono arrestati e poi condannati dalla Corte d’As- sise di Bologna 10 persone, tra queste alcuni nomi noti in quanto iscritti al PCI e in seguito aderenti alle organizzazioni partigiane della zona. Si deve considerare che il comune di Minerbio si trovava in una posizione par- ticolarmente sfavorevole, schiacciato fra la violenza del Fascio bolognese e l’an- cor più aggressivo squadrismo ferrarese. Il Fascio estense conta nel giugno 1921 7.880 iscritti distribuiti in 89 sezioni e tutte le 21 amministrazioni comunali della provincia risultano dimissionarie. L’organizzazione sindacale rossa non è riuscita a reggere l’urto dello squadrismo e la Camera del lavoro e le leghe di mestiere hanno visto il repentino passaggio dei propri iscritti ai sindacati economici con- trollati dai fascisti18. In tutta la regione Emilia-Romagna, nel giro di pochi mesi, fra il marzo e il luglio, gli efettivi del Fascio sono quasi raddoppiati, arrivando

16 Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani, Nazario S. Onofri (a cura di), Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945), Vol. I, Bologna dall’antifascismo alla Resistenza, Bologna, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nella provincia di Bologna “Luciano Bergonzini”, 2005, pp. 171-172. 17 Cfr. I nostri Caduti, in “Il Comune di Bologna. Rivista mensile del Comune”, luglio 1935, p. 99; Albertazzi, Arbizzani, Onofri (a cura di), Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese, cit., p.271. 18 Albenghi, Il Fascismo in Emilia Romagna, cit., p. 343. 32 Minerbio dal Novecento a oggi

per Bologna a 11.67019. Molto tesa è la situazione nei comuni appartenenti alla Bonifca Renana, un territorio molto vasto che interessa la parte più orientale delle province di Bologna, Ferrara e Ravenna. In questa zona l’intervento dei proprietari privati e poi dello Stato, delle province e dei comuni, ha trasformato zone paludose e infestate dalla malaria in terreni agricoli altamente produttivi, fornendo una nuova opportunità di lavoro a migliaia di braccianti e coloni impe- gnati anche nei lavori di prosciugamento e di ingegneria idraulica. Il Consorzio della Bonifca, diretto e fnanziato da agrari, uomini d’afari e banchieri ferraresi e bolognesi, arriva a fornire lavoro per circa 2.500 braccianti nel periodo esti- vo e 5.000 in quello invernale. Nell’aprile del 1919 il Consorzio aveva stipulato un contratto con la Federterra con cui si impegnava ad assumere manodopera soltanto attraverso l’uficio di collocamento gestito dalle organizzazioni con- federali delle tre province, versando poi ad esse una quota per il servizio reso. A partire dalla primavera del 1921 i sindacati fascisti iniziano a far assumere manodopera al di fuori delle procedure sfdando direttamente la Federterra, ri- futano qualsiasi compromesso con essa e tutte le ipotesi di accordo proposte dal prefetto Mori. Ottenuto l’appoggio della direzione del Consorzio, i fascisti attuano una serie di violenze a danno dei lavoratori che non intendono iscriversi alle Camere sindacali da loro controllate e, nel novembre, aggrediscono a colpi di bastone braccianti di Minerbio, Cà de’ Fabbri, Mazzolara e Granarolo in quan- to partecipanti ad una riunione indetta dalla CGIL. Alla fne dell’anno gran parte della manodopera impiegata nella bonifca passa attraverso l’uficio di collocamento fascista e proviene per oltre i 2/3 dal ferrarese; quando il lavoro scarseggia i primi ad essere licenziati sono i lavorato- ri ancora iscritti alle leghe socialiste20. L’anno 1922 si apre a Minerbio con una nuova incursione fascista nel cen- tro e nelle campagne: il 4 gennaio vengono bastonati alcuni lavoratori che non avevano aderito ad uno sciopero indetto dal sindacato autonomo di ispirazione fascista, poi, nei pressi di Granarolo, è bastonato a sangue un contadino e dato a fuoco il pagliaio21. Le violenze proseguono, in tutta la campagna bolognese, sen- za che alcun fascista venga arrestato e processato e questo legittima e incorag- gia la pratica squadrista. Gli agricoltori, inoltre, attingono sempre più agli uomini del Fascio bolognese per compiere azioni coordinate su più comuni. Sono 49 le vittime della violenza fascista dal 21 novembre 1920 al 20 novembre 1922 nella

19 Renzo De Felice, Mussolini il fascista. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, pp. 8-11. 20 Albenghi, Il Fascismo in Emilia Romagna, cit., pp. 407-411 21 Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel bolognese, cit., p. 156. Elena Paoletti, Il Fascismo e la Seconda guerra mondiale a Minerbio 33

provincia di Bologna, e si tratta di un calcolo per difetto22. Fra queste vittime non è conteggiato il minerbiese Primo Malossi, ucciso da un fascista ad Altedo (Ma- lalbergo), il 27 novembre 1922. Tra i comuni vicini a Minerbio particolarmente colpiti dalle violenze fasciste vi è Baricella, dove già nel 1921 erano avvenuti gli incendi della sede della Cooperativa di consumo e della Casa del popolo di San Gabriele. L’evento più drammatico accade però a Boschi di Baricella il 16 aprile 1922, giorno di Pasqua. Durante una festa danzante presso la sede della Lega socialista è aperto il fuoco dal fascista Ettore Buriani, due sono i feriti tra i socialisti (tra cui una bambina) e lo stesso Buriani perde la vita. Dopo una violen- ta campagna di stampa, viene condannato a 15 anni di reclusione il bracciante Luigi Simoncini23. In questo contesto di grande tensione e violenza l’amministrazione socialista di Minerbio porta avanti la sua attività fno al 17 aprile 1922: un’inchiesta pre- fettizia riscontra irregolarità nel bilancio comunale e il Consiglio viene sciolto con regio decreto per tre mesi, come fssato dalla legge. Il sindaco Scaramagli è accusato, in particolare, di un forte disavanzo nella gestione annonaria e di aver utilizzato fondi dell’annona per fni personali, soprusi o favoritismi di na- tura politica. Il sindaco respinge tutte le accuse, ma il 20 novembre 1922 viene arrestato. Nel frattempo, trascorsi i tre mesi previsti dal decreto, il prefetto di Bologna decreta la continuazione della reggenza commissariale «ritenuto che le condizioni attuali dello spirito pubblico non consentono l’immediata convo- cazione dei comizi elettorali»24. Lo scioglimento del consiglio comunale di Minerbio cade alla vigilia della co- siddetta «occupazione di Bologna»: da tutte le province emiliane gli squadristi in- vadono, incontrastati, il capoluogo regionale in protesta contro il prefetto Cesare Mori, colpevole di avere emesso un decreto a difesa dell’impiego della manodo- pera agricola locale e di aver fatto arrestare dalle forze di polizia alcuni fascisti armati. Dal 29 maggio al 2 giugno, in città e in provincia, durante le marce di av- vicinamento al capoluogo, si verifcano violenze a danno di esponenti socialisti, operai e contadini e numerosissimi saccheggi e incendi a danno di sedi sindacali, circoli operai, cooperative, case del popolo ed enti di consumo. Nel lungo elenco dei luoghi danneggiati in provincia c’è anche la sede della Lega di Cà de’ Fabbri25. Le leghe e i sindacati democratici cominciano, allora, un inesorabile sgretolamen- to di fronte al massiccio attacco dei fascisti e si noti come all’agosto 1922 tutte le amministrazioni comunali del bolognese, regolarmente elette nell’autunno 1920,

22 Albenghi, Il Fascismo in Emilia Romagna, cit., p. 625. 23 Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel bolognese, cit., p. 34. 24 Ivi, p. 156. 25 Ivi, p. 10. 34 Minerbio dal Novecento a oggi risultino sciolte o a seguito della violenza fascista o di interventi dell’autorità pre- fettizia. In tutti i comuni si sono insediati commissari prefettizi.

2. Minerbio fascista: infanzia, sport e reduci (1923-1930)

Tra il 28 e il 30 ottobre 1922 i fascisti compiono la «marcia su Roma» che porterà Benito Mussolini al governo dell’Italia. La sera del 27 i componenti del Fascio di Minerbio partono alla volta di Roma a capo della VI Coorte, della quale faceva- no parte i comuni di Granarolo, Baricella e Malalbergo. Bologna, nel frattempo, è presidiata nei suoi punti nevralgici da più di 2.000 camicie nere e nel primo pomeriggio del 29 ottobre nel balcone del palazzo prefettizio è issato il gagliar- detto del Fascio bolognese. I soldati e le Guardie Regie, richiamati in caserma, vengono sostituiti dai nazionalisti della Sempre Pronti e dai fascisti. Tra l’1 e il 2 novembre il comandante provinciale delle squadre d’azione rimette al prefet- to i poteri di cui si erano impadroniti i fascisti e sono tolti i presidi dagli edifci pubblici occupati. Nelle settimane successive alla marcia su Roma si avvertono ben pochi mutamenti nel bolognese: la nomina di Benito Mussolini a capo del governo è solo l’ultimo tassello di una lunga e violentissima campagna portata avanti sul territorio, oramai in mano fascista. Tra il 10 dicembre 1922 e il 23 gennaio 1923 si svolgono le elezioni amministra- tive in tutti i comuni del bolognese, mentre le violenze fasciste continuano: anche il comune di Minerbio viene preso dai fascisti e sindaco diviene il conte Gualtiero Isolani. Persona molto nota in città, possidente e imprenditore, decorato della Grande Guerra, Gualtiero Isolani aveva sposato Camilla Beccadelli Grimaldi e a Minerbio era impegnato con la sorella Carolina in numerose opere caritatevoli; sarà sindaco di Minerbio e poi Podestà fno al 1937. L’anno 1923 è legato ad un importante avvenimento per Minerbio: l’inaugura- zione della Casa del Sole, istituzione benefca per bambini bisognosi promossa dal locale Comitato pro Opere Assistenziali. Situata a nord-est del capoluogo, nell’a- rea compresa tra il cimitero e l’attuale tracciato della Bonifca, aveva il compito di assistere e tutelare i bambini più bisognosi, soprattutto nella lotta contro il dif- fuso morbo della tubercolosi, ofrendo loro spazi aperti, ginnastica respiratoria e bagni di sole. Si trattava di una «colonia di pianura», che poteva essere frequenta- ta dai bambini più bisognosi senza allontanarli troppo dal nucleo familiare e che forniva loro cure e cibo adeguato alla loro condizione. L’operazione si presenta, da una parte, in continuità con le iniziative benefche messe in campo durante la Prima guerra dai locali Comitati di Azione Civile, e dall’altra prefgura già un Elena Paoletti, Il Fascismo e la Seconda guerra mondiale a Minerbio 35 disegno igienista, pedagogico e propagandista di stampo fascista. Alla cerimonia d’inaugurazione, non a caso, è presente Angelo Masi, grande invalido minerbiese della guerra 1915-1918, esempio di dedizione e sacrifcio per la patria26. Dopo la Prima guerra molti furono i combattenti dichiarati invalidi perché tubercolotici e l’Opera nazionale per gli invalidi di guerra si fece portavoce delle loro richieste presso Mussolini e il governo. Dopo la guerra, inoltre, il morbo della tubercolosi aveva segnato una preoccupante recrudescenza con una ripresa signifcativa dei decessi, soprattutto fra i bambini, e così il Governo, all’interno di un ampio pro- gramma per la tutela dell’infanzia e la crescita demografca, decise di intervenire. Se è vero, infatti, che già all’inizio del Novecento vi erano nel bolognese strut- ture all’avanguardia per la cura dei tubercolotici come quella di , struttura di riferimento anche per Minerbio, la Grande Guerra aveva segnato una preoc- cupante regressione per quanto concerne le condizioni di vita dei bambini. Lo scoppio della guerra, inoltre, aveva bloccato tutte le preziose iniziative degli or- ganismi sanitari internazionali, lo scambio di conoscenze e il coordinamento di pratiche fra i vari paesi, che avevano portato ad importanti risultati a cavallo fra Ottocento e Novecento. Nel 1919 l’Italia decise quindi di decuplicare gli stanzia- menti di bilancio, concedendo crediti e sussidi per la costruzione di dispensari e sanatori e nel 1922 nacque la Federazione Nazionale Italiana per la Lotta contro la Tubercolosi. Il nuovo organismo federativo ottiene l’istituzione di una tassa minima pro-capite e una tassa sui pubblici spettacoli per fnanziare l’attività dei Consorzi antitubercolari, che diverranno obbligatori per ogni provincia nel 192727. Tutte le precedenti iniziative messe in campo da associazioni flantropiche e religiose, dalla borghesia illuminata e imprenditrice, nonché da amministrazioni locali e organizzazioni del movimento operaio, vengono così progressivamente assorbite, normalizzate e irreggimentate dal fascismo, in particolare tra il 1926 e il 1930. Accade questo anche a Minerbio: le fotografe che si sono conservate della Nuova Casa del Sole, edifcata nella seconda metà degli anni Venti in via Canaletto, mostrano chiaramente l’inquadramento dei piccoli ospiti e le core- ografe di stampo militaresco, nonché raduni e campeggi dei balilla all’interno dei suoi spazi. La nuova colonia elioterapica di Minerbio, diretta dalla contessa Camilla Isolani, arriverà, negli anni Trenta, a comprende nella sua giurisdizio- ne altri undici comuni e sarà visitata dai partecipanti al IV Congresso nazionale per la lotta contro la tubercolosi il 15 ottobre 193128. La lotta alla tubercolosi

26 Minerbio e dintorni, immagini di ieri: la collezione di Giorgio Boninsegni e altre raccolte locali, Minerbio, Cassa rurale ed artigiana di Minerbio, 1992, pp. 61-62 27 Sergio Sabbattani, La nascita dei sanatori e lo sviluppo socio-sanitario in Europa ed in Italia. La lotta alla tubercolosi dal periodo post-risorgimentale al 1930, in “Le infezioni in ”, 2005, n. 2, p. 123-132. 28 “Il Comune di Bologna. Rivista mensile del Comune”, ottobre 1931, pp. 45-49. 36 Minerbio dal Novecento a oggi fu sostenuta fortemente dal regime fascista non solo con l’istituzione di nuove colonie e sanatori al mare e in montagna, ma anche con una forte azione di propaganda e raccolta fondi: anche a Minerbio vengono organizzate, dal Fascio locale, iniziative a sostegno della Casa del Sole, come le veglie danzanti, in cui venivano raccolti fondi. All’interno del progetto di «incremento e raforzamento della stirpe italica» va ascritta anche l’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’in- fanzia (ONMI), istituita nel 1925, e che a Minerbio ebbe sede vicino alla Casa del Sole. Compito dell’ONMI era quello di assistere le gestanti e i lattanti, sia dal punto di vista medico sia attraverso la fornitura di latte in polvere ai bambini e cibi proteici alle madri. Un altro versante di attività era la segnalazione al Co- mune dei fanciulli deperiti e deboli, che necessitavano della somministrazione gratuita di medicinali, ed erano da destinare, in quanto predisposti alla tuberco- losi, alla locale Casa del Sole o ad altre colonie e strutture anche al di fuori del territorio provinciale. È evidente come alle forme di assistenza e benefcienza indiscriminate del patronato cattolico e laico si sostituisce un istituto concepito ed utilizzato per la promozione di un modello sociale e politico determinato e come l’adesione al Regime fosse elemento discriminate per l’ottenimento di questi benefci. La Casa del Sole e l’OMNI sono due esempi della vasta politica di miglioramento delle condizioni materiali della popolazione che, da un lato, permette al Regime di “plasmare” la popolazione, migliorandola nel fsico ed in- dirizzandola nello spirito, dall’altra è uno strumento per accrescere il consenso della popolazione, che si sente in gran parte benefciaria di un servizio. Tornando ai primi provvedimenti dell’amministrazione Isolani possiamo tro- vare un altro dei temi centrali della propaganda fascista, è cioè il culto dei caduti e reduci di guerra: fnanziamenti a favore dell’Associazione mutilati e invalidi di guerra, contributi all’uficio provinciale di assistenza ai combattenti e, soprattut- to, un concorso per l’erezione di un monumento ai caduti nel capoluogo comuna- le. Il Comune di Minerbio decide di sostenere l’iniziativa di un comitato di cittadi- ni e afida al pittore e scultore minerbiese Alessandro Massarenti la realizzazione del tributo ai caduti, secondo il progetto approvato dal suddetto comitato. Il 28 settembre 1924, un mese prima del secondo anniversario della “marcia su Roma”, si svolge la solenne cerimonia d’inaugurazione del monumento. In piazza Cesare Battisti è montato un grande palco per le autorità, attorniato da bandiere trico- lore, un corteo con banda musicale si snoda dal Palazzo Municipale alla piazza e una grande folla riempie le strade del capoluogo comunale29. Grande è la parte- cipazione degli scolari della zona. Il monumento, realizzato da Pietro Melandri, allievo di Massarenti, è composto da un piedistallo in marmo con basamento a

29 Minerbio e dintorni, immagini di ieri, cit., p. 65-66. Elena Paoletti, Il Fascismo e la Seconda guerra mondiale a Minerbio 37 gradini e da una statua bronzea di fante sulla sommità. Il soldato è nudo, coperto solo da un drappo sui fanchi e da un elmo in testa ed è accasciato sulla roccia: la mano destra ha abbandonato un gladio, mentre la mano sinistra volge al cielo un ramo di alloro. La benedizione fu impartita da S.E. Mons. Giovanni Pranzini, allora vicario generale del cardinale Nasalli Rocca, arcivescovo di Bologna. L’inaugu- razione del monumento ai caduti rientra in una più ampia liturgia predisposta in occasione del secondo anniversario della “marcia su Roma”: è necessario se- gnare simbolicamente l’identifcazione fra i martiri della Prima guerra e i martiri della Rivoluzione fascista, fra Patria e fascismo. La partecipazione alla guerra del 1915-1918 assume nella propaganda fascista, infatti, il signifcato di “prima tappa” nella rinascita della stirpe italiana. I combattenti e reduci della Grande Guerra divengono quindi, anche loro malgrado, la più genuina avanguardia del fascismo, la Patria per cui hanno combattuto un tutt’uno con la patria fascista. Il secondo anniversario della marcia mussoliniana viene celebrato solennemente dal comune di Minerbio con una seduta speciale del consiglio comunale e un lun- go discorso del sindaco Isolani. Il sindaco ripercorre le tappe che hanno portato il fascismo al potere, rende omaggio al coraggio di Mussolini che ha risollevato dal fango la nazione e ricorda l’agente agrario Onorato Toschi, «martire» minerbiese della Rivoluzione fascista. Con voto unanime e per acclamazione, nel maggio del- lo stesso anno, viene conferita la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini «uomo veramente generoso, della stofa di Cesare e di Napoleone»30. Sempre all’anno 1924 è da iscriversi la richiesta del Fascio di Minerbio per un contributo del Comune nell’istituzione di un campo sportivo nel capoluogo. I giovani, si legge nella richiesta, se lasciati in abbandono nei loro anni migliori, perdono il loro tempo fra cafè e osterie, mentre nelle palestre ginniche pos- sono non solo rinforzare il loro fsico, ma ottenere «sensibili vantaggi morali e intellettuali»31. Nel luglio del 1924 viene costituita l’Associazione sportiva fascista minerbiese che si occupa anche di raccogliere fondi per il nascente campo po- lisportivo. L’associazione, proprio nel II anniversario della marcia mussoliniana, dedicò alla memoria del «martire fascista» Onorato Toschi una coppa, la Coppa Toschi32. La sezione locale del PNF rese noto che il campo aspirava ad ospitare un grande numero di tornei e gare, tra cui quelle del Tiro al volo, un tempo or- goglio dei minerbiesi. Il campo, inoltre, verrà utilizzato anche per il mercato e le

30 Ascm, Atti originali della giunta municipale, anno 1924, Conferimento della cittadinanza onora- ria a S. E. Benito Mussolini. 31 Ascm, Atti originali della giunta municipale, anno 1924, Domanda del Fascio locale per il concor- so del Comune all’istituzione di un campo sportivo. 32 Un’esemplare della «Coppa Toschi» è presente nella Collezione di Francesco Nanni. 38 Minerbio dal Novecento a oggi

fere del bestiame, che non disponevano di un recinto adatto33. Se è vero che era previsto che il campo potesse essere richiesto anche da altre associazioni pae- sane per le proprie manifestazioni, è altrettanto vero che anche in questo caso, come per la Casa del Sole, si andò verso una fascistizzazione sempre più forte di quello spazio. La cura del corpo e l’educazione ginnica assumono, infatti, sem- pre maggiore importanza per il fascismo che, soprattutto nei primi anni Trenta, dedica cospicue risorse alla realizzazione e al rinnovamento di palestre, stadi e colonie al fne di educare, sorvegliare e raforzare i giovani italiani.

3. Decennale della marcia su Roma, Casa del Fascio e campagna demografca: Minerbio 1931-1939

Gli anni Trenta s’inaugurano a Minerbio con un importante avvenimento: nel 1931 cade il VII Centenario della fondazione del Comune e si tratta di una occa- sione da non perdere, non solo per ricordare i gloriosi fasti del passato, ma anche per mostrare quanto il fascismo ha fnora realizzato. Il Comitato comunale per la celebrazione, fra le altre iniziative, promuove la pubblicazione di un volume che ripercorre la storia di Minerbio dalle origini fno ai più recenti avvenimenti34. La storia di Minerbio viene mostrata come un conti- nuum dall’antichità al fascismo, con l’unica indegna interruzione dell’Italia libe- rale e delle amministrazioni socialiste. Un grande ringraziamento è subito rivolto, nel volume, a Benito Mussolini, salvatore di un paese «che stava per decomporsi nell’anarchia». Minerbio «allo squillar della diana della riscossa» si era presen- tata «già in linea» e la rinascita fascista, il rinnovamento della stirpe, poterono così compiersi con egregi risultati. Dopo aver ricordato i minerbiesi illustri e be- nemeriti, i caduti e i combattenti, nel volume è descritta la Minerbio «benefca e patriottica» e quella laboriosa, entrambe molto debitrici all’opera del fascismo. In calce alla pubblicazione, infne, si trova un invito al lettore: egli, dopo aver po- tuto verifcare come anche il suo piccolo comune abbia saputo conquistare il suo posto nella storia grazie alle «gesta dei suoi abitanti e delle industri loro fatiche» deve levare un pensiero a Dio e far voto afinché non manchi mai all’Italia «la fede di tutto il suo popolo votato a Lei con cuore traboccante d’amore, pronto ad

33 Ascm, f. 1924, Cat. 1-15, P.N.F Sezione di Minerbio. 34 Minerbio nel VII Centenario della Fondazione, cit. Elena Paoletti, Il Fascismo e la Seconda guerra mondiale a Minerbio 39

ogni sacrifcio nella certezza del suo più grande avvenire»35. Siamo alla viglia del Decennale della marcia fascista su Roma e la retorica del sacrifcio per la Patria è all’apice: i risultati raggiunti in questi primi dieci anni devono essere confermati e superati, l’orizzonte è ormai quello dell’Impero e della guerra fascista. Il 28 ottobre 1932 viene celebrato in tutta Italia il Decennale della presa del potere da parte di Benito Mussolini: a Roma viene inaugurata la Mostra della Ri- voluzione fascista e la Prima Mostra nazionale delle Bonifche e in tutti i comuni italiani vengono organizzati eventi e inaugurazioni di opere ed edifci pubblici con l’intento di celebrare il Regime. A Minerbio, proprio nell’ottobre 1932, viene inaugurata la Scuola di avviamento Arnaldo Mussolini, poi Scuola statale di av- viamento agrario maschile e industriale femminile. Le scuole secondarie di av- viamento al lavoro erano state introdotte dal fascismo nel 1929 e riformate nel 1931: si trattava di un prolungamento biennale o triennale dell’insegnamento elementare con gli indirizzi agrario, commerciale e industriale, che non permet- teva un ingresso alle scuole superiori. Il Regime puntò molto su queste scuole e anche a Minerbio la scuola Arnaldo Mussolini era al centro delle attenzioni del Fascio locale: libri e manifesti di propaganda, cerimonie con alzabandiera e can- ti fascisti, visita alla Mostra della Rivoluzione fascista e ai Littorali dello sport. Non minore fu l’attenzione nei confronti della scuola elementare: il fascismo puntava ad inquadrare e indottrinare i bambini a partire dai sei anni e la scuo- la doveva svolgere un ruolo fondamentale, insieme all’Opera nazionale Balilla (ONB) e, dal 1937, alla GIL (Gioventù italiana del Littorio) che assorbirà l’ONB. I fgli della lupa (fno a 8 anni), i balilla e le piccole italiane (8-16) li troviamo in parata durante il sabato fascista nel centro di Minerbio, ad efettuare esercizi ginnici nel campo sportivo ed esercitazioni in campagna36. Nel 1932 era già atti- vo un corso premilitare per i balilla e gli avanguardisti (ragazzi dai 14 ai 18 anni) di Minerbio, ma non era ancora suficientemente dotato degli appositi attrezzi ginnici, tanto che i ragazzi erano stati rimandati al 2º anno per non essersi potuti esercitare adeguatamente.37 L’orizzonte della guerra e di un preparazione sem- pre più militare è evidente nel motto della GIL «Credere, Obbedire, Combattere» che non lascia più alcun dubbio sulla natura totalitaria dell’azione sull’infanzia e l’adolescenza e sul fne ultimo della guerra. Il tema del sacrifco per la patria, anche il sacrifco ultimo della vita, è riba- dito ossessivamente dentro e fuori la scuola e anche in celebrazioni come quel- le legate ai caduti della Rivoluzione fascista che, proprio nel 1932, vedono un

35 Ivi, p. 144. 36 Minerbio e dintorni, immagini di ieri, cit., pp. 75-76, 149. 37 Ascm, Atti del Podestà, 1932, Deliberazione n. 10, Attrezzi ginnastici per il Corso Premilitare di Minerbio. 40 Minerbio dal Novecento a oggi momento di altissima enfasi retorica. Se nella mostra romana sulla Rivoluzione fascista il percorso espositivo terminava con il monumentale Sacrario dei martiri in cui erano riportati i nomi degli squadristi caduti e la scritta «presente!», anche nel bolognese prende vita un’imponente liturgia che coinvolge anche Minerbio. Nei giorni precedenti la celebrazione del Decennale, le salme dei 54 caduti del fascismo bolognese furono fatte giungere dalle varie località a Bologna, presso la Basilica di San Petronio, dove ricevettero una solenne benedizione, alla pre- senza del segretario del Partito. Seguì un lungo corteo con le salme che attra- versò la città di Bologna per giungere al cimitero monumentale della Certosa: qui i corpi furono esumati e posti accanto ai caduti della Grande guerra. Nella lapide che li ricorda ci sono anche i nomi del minerbiese Giulio Onorato Toschi e del baricellese Rafaele Prati38. Così si può leggere nelle pagine della rivista “Il Comune di Bologna”:

Non è privo di signifcato che questi nostri Fratelli siano stati raccolti qui, accanto ai Caduti della grande guerra, ai piedi di quel colle sacro ai bolognesi, di fronte al Lit- torale, palestra delle nuove generazioni: tutti si votarono alla medesima Causa, tutti caddero per lo stesso ideale, per l’Italia più grande, più libera, più potente. Essi conti- nueranno, così riuniti, a vegliare sui confni della Patria, sui diritti della Vittoria, sulla quotidiana fatica del Duce39.

Se, quindi, esistevano per il fascismo un diritto e un dovere alla vittoria, questi dovevano essere afermati anche con i numeri: nell’aspirazione imperialista del Regime era fondamentale accrescere la popolazione italiana, in quanto il nume- ro era considerato la forza prima di ogni nazione. Il fascismo impiegò così molte energie e fondi in battaglie e azioni protonataliste, oltre che di assistenza alla maternità e infanzia e ai bambini tubercolotici, come abbiamo già visto. A Minerbio, durante tutti gli anni Trenta, furono portate avanti numerose inizia- tive legate alla campagna demografca: premi di nuzialità, premi per le famiglie più numerose, organizzazione della Giornata della madre e del fanciullo, che ca- deva nella vigilia di Natale. In occasione di questa giornata venivano distribuiti i premi in denaro stanziati dall’amministrazione comunale, proiettati documen- tari realizzati dall’ONMI e si svolgeva una celebrazione in chiesa. Interessante è vedere come nel marzo del 1938 l’amministrazione comunale sia costretta a registrare che il fenomeno della denatalità è in aumento, a fronte di una gran- de opera di propaganda e della signifcativa distribuzione di premi. Questi gli

38 Rafaele Prati, nato a S. Gabriele di Baricella il 1 novembre del 1886, partecipò come squadrista alle principali azioni nel bolognese e fu attivo anche nel territorio di Minerbio. Riportò numerose ferite durante gli scontri del 1920-1922 e morì a Minerbio in data non certa. 39 I Martiri Fascisti alla Certosa, in “Il Comune di Bologna. Rivista mensile municipale”, ottobre 1931, p. 4. Elena Paoletti, Il Fascismo e la Seconda guerra mondiale a Minerbio 41 impietosi dati: nel decennio 1928-1937 il 60% degli sposi ha un solo fglio, il 28 % due fgli, il 7% tre fgli, il 3% quattro fgli e il 2% cinque. Tutte le fasce sociali sono coinvolte. Questa constatazione porta il comune di Minerbio a scegliere di destinare i fondi sinora distribuiti in premi nella edifcazione di un «Villaggio rurale demografco» costituito da undici case popolari capaci di ospitare venti- due famiglie di operai. Il progetto prevedeva che, per due anni e con un basso canone, fossero messi a disposizione delle famiglie – composte da coniugi al di sotto dei 30 anni e 2 fgli – un appartamento e un appezzamento di terreno per la coltivazione e l’allevamento di piccoli animali. L’accrescimento della famiglia era un elemento indispensabile per poter permanere nel villaggio, secondo del- le norme molto rigide40. La seconda metà degli anni Trenta vede l’edifcazione della Casa del Fascio di Minerbio: in un documento del settembre 1932 il Fascio di combattimento locale denuncia al Comune l’anomala situazione del capoluogo, in cui non vi è ancora una sede adeguata per il Fascio e le sue istituzioni politiche e sindacali. Si fa inoltre presente la possibilità di poter rilevare alcuni locali di proprietà della Congregazione di Carità, posti in un angolo fra piazza Cesare Battisti e via Roma, e di poterli modifcare a tal scopo. Nel febbraio del 1933 viene così presentato il primo progetto per la Casa del Fascio di Minerbio, su disegno dell’architetto Gian Luigi Giordani e nell’agosto dello stesso anno i lavori di costruzione vengono af- fdati alla Cooperativa Muratori Ex-Combattenti di Minerbio. I lavori procedono con alcune dificoltà e ritardi, oltre che con l’aumento dei costi preventivati, e sono dichiarati conclusi il 25 aprile del 1934. A diferenza di altri casi, la Casa del Fascio di Minerbio ha un impatto meno violento sulla struttura urbana originaria in cui si va ad inserire. L’edifco, infatti, presenta qui una volumetria proporziona- ta agli edifci circostanti, anche perché conserva sostanzialmente la dimensione originaria della vecchia costruzione preesistente. La struttura è caratterizzata da linee di compattezza e solidità, tipiche dell’architettura razionalista e presenta alcuni elementi architettonici immancabili per quanto riguarda questa tipologia di edifcio-simbolo del fascismo: il balconcino sovrastante il portone d’ingresso e la scritta in lingua latina «Decima Legio», la torre littoria con funzione anche di campanile. La pianta, al primo e secondo piano, è suddivisa in due parti: una destinata a servizi ed ufici e l’altra ad una grande sala per riunioni e eventi. Ele- mento caratteristico della facciata antistante via Roma è il portale centrale non in linea con la facciata e sporgente di circa un metro rispetto ad essa41.

40 Ascm, Atti del Podestà, anno 1938, Determinazione n. 38, Iniziative per la campagna demogra- fca. 41 Casa del fascio a Minerbio, 1933. Tesina di storia dell’architettura e dell’urbanistica di I. Bajesi, F. Barone, A. Braga et al. (dall’archivio di Francesco Nanni). 42 Minerbio dal Novecento a oggi

4. Minerbio nella Seconda guerra mondiale e nella Resistenza

L’anno 1939 vede anche Minerbio prepararsi alla guerra: è predisposto un piano antiaereo per il capoluogo e le frazioni, vengono acquistate alcune maschere antigas, è organizzato il posto di comando di guerra, sono emanate direttive per la chiusura di locali pubblici e l’oscuramento. Il segno forse più tangibile della drammatica situazione che si sta per consumare è il razionamento del cibo e dei beni di prima necessità: nei primi mesi del 1940 vengono distribuite le carte an- nonarie ai cittadini, comunemente chiamate “tessere”, che riportavano le razioni spettanti ad ogni individuo per latte, carne, farina, stofa e altro. L’intento dello Stato ero quello di disporre rifornimenti per l’esercito e controllare la distribu- zione di viveri nell’intero paese. Se nei primi due anni le razioni assegnate pote- vano essere appena suficienti, dal marzo 1942 le privazioni si fecero sempre più gravi e forì il mercato nero. Per cercare di sopperire alla carenza di cibo e per tentare un’operazione che portasse consensi al Regime anche in un momento di evidente scollamento con la popolazione, furono organizzati anche a Minerbio gli “orti di guerra”. In terreni della Rocca Isolani, della Casa del Sole e nei giardini delle scuole furono impiantate alcune coltivazioni, in particolare di grano42. Dopo la caduta di Mussolini (25 luglio 1943) anche a Minerbio ripresero con più energia i contatti fra gli storici antifascisti e le generazioni più giovani av- verse al Regime. Questa rete di contatti non era mai andata persa e si era inten- sifcata con l’opera di difusione della stampa clandestina e i dibattiti scaturiti intorno alla guerra di Spagna del 1936-1939. Quattro nativi di Minerbio partirono per combattere nelle fla degli antifascisti internazionali e otto minerbiesi furo- no condannati al confno di polizia per atti d’opposizione al Regime e cinque condannati dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato43. Nei giorni dificili e confusi che seguirono l’annuncio dell’Armistizio di Cassibile (8 settembre 1943), alcuni giovani minerbiesi entrarono subito in azione, come i fratelli Federico e Giacomo Gombi che sottrassero armi alla milizia fascista e si mobilitarono per creare un nucleo partigiano nella zona. Giovani non ancora chiamati alle armi e renitenti della Repubblica sociale italiana (RSI) di Minerbio, Granarolo e Baricel- la lasciarono le proprie case per nascondersi in alcuni casolari abbandonati del- la zona. Una di queste prime basi partigiane si trovava a Mezzolara, in via Caval- le, dentro una casupola abbandonata di un pastore44, altri gruppi si erano formati

42 Minerbio e dintorni, immagini di ieri, cit., p. 78. 43 Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel bolognese, cit., p. 156. 44 Paola Furlan, La Resistenza di Granarolo. Donne e uomini di pianura nella lotta di liberazione. 8 settembre 1943-21 aprile 1945, in “I Quaderni della Biblioteca. I”, città di Granarolo dell’Emilia, Elena Paoletti, Il Fascismo e la Seconda guerra mondiale a Minerbio 43 nella zona di Altedo. L’inesperienza e la mancanza di un tessuto organizzativo non permisero tuttavia di poter proseguire questa azione di lotta in clandestini- tà e questi primi gruppi furono costretti a sciogliersi. Se in tutto il bolognese la lotta di Resistenza, in questo periodo, è ancora in una fase embrionale, in questa zona della “bassa” le condizioni per favorire la difusione di un movimento clan- destino di lotta sono particolarmente dificili: nessun nascondiglio, case isolate e molto lontane le une dalle altre, scarsa relazione tra gli aggregati parentali e non45. Lo sviluppo della Resistenza in queste zone non sarebbe quindi stato possibile senza una rete di solidarietà, senza il sostegno, più o meno esplicito, della popolazione delle campagne, delle famiglie contadine. Per tutto il periodo 1943-1945 le basi e i rifugi partigiani furono ricavati nei fenili, nelle stalle, nelle cascine abbandonate, oppure scavate nei campi di grano. Le famiglie contadine ospitarono e fornirono cibo ai partigiani a rischio della vita, tante donne e ra- gazze ofrirono la propria azione come stafette partigiane e non solo, visto il signifcativo numero di donne con il grado di sottotenente e tenente partigiano. La zona di Minerbio è uno di quei territori che vede fortemente legata la lotta sociale e la lotta armata: rivendicazioni contadine, dimostrazioni popolari con- tro la guerra e il Regime convivono e dialogano con azioni di guerriglia o più propriamente politiche. Spesso le prime aprono la strada e convogliano forze verso le seconde; entrambe, seppur non in egual misura, con un grande protago- nismo femminile. Possiamo infatti vedere come nella primavera del 1944, men- tre iniziava l’organizzazione e l’addestramento dei ragazzi del Fronte della gio- ventù46, già si svolgevano alcuni importanti scioperi e dimostrazioni di lavoratori dei campi e massaie. In concomitanza con lo sciopero generale degli operai del Triangolo industriale, fra l’1 e il 3 marzo 1944 si verifcarono a Minerbio tre giorni consecutivi di sciopero di braccianti e massaie che chiedevano miglioramenti salariali, maggiori alimenti, ma esprimevano anche una condanna nei confronti dell’occupazione nazifascista. Questa grande lotta rivendicativa vide altri im- portanti e partecipati scioperi nel maggio e nel giugno, durante le operazioni di monda del riso, quando ebbe luogo un imponente sciopero generale delle mondine della bassa bolognese. Le risaiole di Minerbio e Mezzolara sciopera- rono completamente dal 14 al 20 giugno, anticipando l’agitazione generale, e

2005, p. 7. 45 Furlan, La Resistenza di Granarolo, cit., p. 8. 46 Il Fronte della gioventù per l’indipendenza nazionale e per la libertà, comunemente chiamato il Fronte della Gioventù, fu costituito negli ultimi mesi del 1943, su iniziativa del PCI e aveva il compito di raccogliere in un’unica organizzazione nazionale unitaria i movimenti giovanili che volevano combattere per la liberazione nazionale. 44 Minerbio dal Novecento a oggi

riuscirono ad ottenere un aumento di salario fno a 6 lire l’ora47. La grande par- tecipazione e i risultati ottenuti in queste prime agitazioni ebbero grande eco in tutto il bolognese e diedero maggiore forza e slancio al movimento partigiano. I numerosi nuclei armati che operavano nei comuni agricoli a nord di Bologna, alcuni dei quali in attività sin dal settembre 1943, erano stati raggruppati nella 2a Brigata Garibaldi «Paolo», facente parte della Divisione Bologna pianura «Ma- rio». Questa brigata, che si costituì nella primavera del 1944, operò nel territorio di Castel Maggiore, Bentivoglio, , , Baricella, Malal- bergo, , Minerbio e Granarolo Emilia. All’inizio dell’estate del 1944 la 2a Brigata Paolo aumentò i propri organici e si impegnò principalmente in azioni di sabotaggio sulla linea ferroviaria Bologna-Minerbio-Malalbergo e lungo la strada Ferrarese, in azioni di disarmo dei presidi fascisti, e proseguì nella difusione della stampa clandestina e nei contatti con le altre brigate. A Minerbio il coordinatore dell’attività partigiana era Oriente Chiarini, classe 1926. Cattura- to il 7 ottobre 1944 a Minerbio, Chiarini fu portato nel carcere di San Giovanni in Monte di Bologna e poi consegnato ad agenti del comando SS; risulta fucilato il 18 novembre 1944, forse a Vigorso (Budrio)48. Se l’azione partigiana si faceva più forte, la repressione nazifascista divenne più spietata: la notte tra il 18 e il 19 giu- gno 1944, dopo una riunione presso la Casa del Fascio, furono arrestati da truppe paracadutiste tedesche e fascisti locali 23 antifascisti minerbiesi, destinati alla deportazione in Germania. Di alcuni di loro non si ebbe più notizia49. Nel frattempo, altre forze e personalità si stavano muovendo nell’ampio fron- te antifascista: il professor Francesco Cavazza, già sindaco di Minerbio e vicepre- sidente del Consorzio della Bonifca renana, fu una delle fgure di maggior spicco fra gli antifascisti cattolici bolognesi e svolse un importante ruolo a Minerbio. In contatto con il domenicano Innocenzo Maria Casati, con l’avv. Fulvio Milani e altri, Cavazza decise di entrare nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) dell’Emilia-Romagna. Fu uno dei primissimi, tra i cattolici bolognesi, che sosten- ne la necessità «che i cattolici partecipassero con la loro forza, coi loro organi- smi e colle loro idee al movimento di liberazione» e presso la sua casa di San Martino in Soverzano accolse sfollati, ebrei e altri perseguitati, tra i quali Mario Finzi, appartenente alla Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei50, e

47 Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel bolognese, cit., p. 156. 48 Cfr. Albertazzi, Arbizzani, Onofri (a cura di), Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945), Vol. V, Dizionario biografco, cit.; Ci portano via. Da Bologna ai lager del Terzo Reich, http://www.ciportanovia.it/chiarini-oriente. 49 Archivio dell’Istituto per la Storia e le Memorie del ‘900 Parri Emilia-Romagna, Fondo CLN di Mi- nerbio, b. 1, fasc. 1, Denunce di Boninsegni Efrem, Trombetti Epemico, Novella Pondrelli, luglio 1945. 50 Mario Finzi, giovane musicista e magistrato di famiglia ebrea, faceva parte del DELASEM (Dele- gazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei), un’organizzazione di resistenza ebraica che operò Elena Paoletti, Il Fascismo e la Seconda guerra mondiale a Minerbio 45

la famiglia del radiologo bolognese Gian Giuseppe Palmieri51. Ospite della sua casa, in più occasioni, fu anche il generale tedesco Frido Von Senger und Etter- lin52, comandante del XIV Corpo d’Armata Corazzato, di stanza nell’autunno del 1944 a Baricella e poi a Padulle. Von Senger era a conoscenza del ruolo di Ca- vazza nel CLN ed era lui stesso di idee antifasciste e antinaziste: il suo obiettivo era quello di procurare minori soferenze possibili al popolo bolognese nei limiti e nelle opportunità del suo ruolo, e per questo chiedeva e forniva informazioni a Francesco Cavazza53. L’autunno-inverno del 1944 vede lo stabilizzarsi del fronte e il congelamento dell’ofensiva alleata: si apre così per la popolazione di Minerbio e per il movi- mento resistenziale il momento più duro. Tutta la zona cade sotto il controllo e il dominio dei Comandi operativi tedeschi e dei fascisti: continui sono i furti e i sac- cheggi a danno della popolazione e le violenze indiscriminate. Alla sottrazione del patrimonio zootecnico ed agricolo organizzato dai comandi tedeschi, si ag- giungono le razzie di piccoli gruppi o di nazisti isolati che completano l’opera di spoliazione a danno dei contadini. Gli ammassi agrari di Minerbio, come quelli di Baricella, Budrio e numerosi altri, vengono svuotati dai tedeschi54; le case coloni- che sono completamente depredate di masserizie, biancheria e indumenti perso- nali. Sono sequestrati attrezzi e macchine agricole ed è fatta razzia delle biciclet- te55. Il 4 ottobre 1944 il partigiano Francesco Talvanne (classe 1921) viene fucilato da fascisti in località Prato Grande a Minerbio. Altri partigiani minerbiesi perdono la vita a Bologna durante alcune esecuzioni presso la Caserma Rossi di via S. Ste-

in Italia tra il 1939 e il 1947 per la distribuzione di aiuti economici agli ebrei internati o perseguitati. Nel periodo in cui fu ospite con la sua famiglia presso il castello di San Martino in Soverzano con- tinuò il suo impegno recandosi quasi ogni mattina a Bologna, in bicicletta. Fu arrestato il 31 marzo 1944, mentre si recava a pagare il ricovero di un ragazzo ebreo in ospedale. Rinchiuso nel carcere bolognese di San Giovanni al Monte e quindi nel campo di concentramento di Fossoli, fu trasportato ad Auschwitz-Birkenau nel maggio 1944. Trovò la morte il 22 febbraio 1945. 51 Gian Giuseppe Palmieri, ordinario di radiologia all’Università di Bologna e direttore dell’Istituto del radio dell’ospedale S. Orsola si rifutò di consegnare la dotazione di radio dell’istituto all’e- sercito tedesco ed entrò in contatto con la Resistenza. Gian Giuseppe si rifugiò a Firenze, mentre la moglie, l’anziana madre e la fglia trovarono rifugio nel castello di Francesco Cavazza. Il fglio Giovanni Battista raggiunse la 36a Brigata Bianconcini Garibaldi sull’Appennino tosco-emiliano e cadde nella Resistenza. 52 Frido Von Senger und Etterlin, La guerra in Europa (traduzione di Giorgio Cuzzelli), Milano, Lon- ganesi, 2003, p. 410. 53 Cfr. Luciano Bergonzini, La Resistenza a Bologna: testimonianze e documenti. I, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1970, pp. 214-2160; Cesare Fantazzini, Il castello di San Martino in Sover- zano e il circostante territorio dal 1882 ad oggi, Bologna, Bonomia University Press, 2013, pp. 14-16. 54 Luigi Arbizzani, Notizie sui contadini della pianura bolognese durante la Resistenza, in “Il movi- mento di liberazione in Italia: rassegna bimestrale di studi e documenti”, 1964, n. 75, fasc. 2., p. 57. 55 Ascm, Denunce al Comitato di Liberazione di materiale recuperato o avuto da truppe tedesche, f. Denunce asportazioni fatte dai tedeschi, 1945. 46 Minerbio dal Novecento a oggi fano. Secondo una testimonianza i fucilati minerbiesi fra luglio e novembre 1944 furono 8. A compiere le esecuzioni vi erano anche noti fascisti minerbiesi56. L’azione di massa e l’azione armata, nonostante tutto, proseguono sotto lo slogan «contro la fame, contro il freddo, contro il terrore»: il 3 febbraio 1945 le donne di Minerbio tornano a manifestare sotto il Municipio chiedendo la di- stribuzione di generi alimentari e protestando per le razzie e le violenze dei nazifascisti e il 20 dello stesso mese gruppi di donne sono addirittura rinserrate in alcuni locali dai tedeschi per impedirne la protesta. Pochi giorni dopo, il 27 febbraio, scoppia un tumulto popolare e viene assaltato un camion della SEPRAL (Sezione Provinciale Alimentare), carico di zucchero57. La fame e il freddo sono ormai a livelli intollerabili e si deve considerare che la popolazione di Minerbio è aumentata di circa 5.000 unità, sfollati e sinistrati che provengono principal- mente da Bologna e zone limitrofe; per accoglierli in paese sono stati fatti lavori di adattamento a stalle e magazzini, nonché nuove edifcazioni. La stessa Miner- bio è stata bombardata nel settembre e nel novembre 1944 e diverse abitazioni hanno subito pesanti danni. Nel febbraio 1944 era stato concesso un permesso straordinario per l’utilizzo delle piante del viale comunale per la produzione di legna da ardere. Secondo i dati riportati in una relazione del febbraio 1945 sulle organizza- zioni clandestine, a quella data a Minerbio vi sono almeno 380 persone impe- gnate fra comitati contadini, comitati operai, Gruppi di difesa della donna (ben 115 donne), Fronte della gioventù e Squadre d’Azione Patriottica58. Tanti sono i giovani di Minerbio e dintorni che decidono in quei mesi di ingrossare le fla delle brigate partigiane: nel marzo del 1945 la 2a Brigata Garibaldi Paolo viene sdoppiata in due formazioni, l’alto numero di aderenti non permetteva più azio- ni in sicurezza, in un momento di così grande dispiegamento di forze tedesche sul territorio. Nei comuni di Malalbergo, Baricella, Minerbio, Budrio, Granarolo Emilia, Castenaso, Ozzano Emilia e Bentivoglio si trovò così ad operare la 4a Bri- gata Garibaldi Venturoli, organizzata su sei battaglioni. Nella zona di Minerbio e Granarolo fu attivo il battaglione Oriente Chiarini, dedicato al giovane parti- giano fucilato nel 1944. Sede del comando della Brigata Venturoli era una casa colonica chiamata «Il Casette» situata sull’argine della Zena, sulla strada che da Minerbio porta a San Martino in Soverzano. Gli ultimi mesi prima della Liberazione furono durissimi e tragici sia per la popolazione sia per il movimento resistenziale: i tedeschi erano ormai ovunque

56 Archivio di Stato di Bologna, Persone pericolose per la sicurezza dello Stato, Defunti, Busta 39. 57 Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel bolognese, cit., p. 157. 58 Arbizzani, Notizie sui contadini della pianura bolognese durante la Resistenza, cit., p. 64. Elena Paoletti, Il Fascismo e la Seconda guerra mondiale a Minerbio 47 ed il pericolo di essere visti o denunciati era altissimo per i partigiani, le rappre- saglie molto frequenti, come le fucilazioni sommarie. Si situa proprio in questo clima, e nel periodo immediatamente successivo al 25 aprile 1945, il tema degli agguati e delle uccisioni ai danni di persone lega- te al fascismo; atti di violenza e omicidi riconducibili agli ambienti partigiani o comunque legati alla sinistra59. Vengono colpiti ex squadristi locali, agenti della polizia economica, militi della Guardia nazionale repubblicana (GNR) della RSI, persone indicate come “spie” e “collaborazionisti”60. Un caso diverso, e che ha profondamente colpito i minerbiesi, è la vicenda dell’uccisione del concittadino Don Corrado Bortolini, parroco della Chiesa di Santa Maria in Duno. Il sacerdote fu prelevato il 1° marzo 1945 dalla sua Chiesa da alcuni partigiani. Il suo corpo non fu più trovato e non si conosce il motivo della sua brutale uccisione61. Nell’aprile del 1945 si assiste a nuove importanti manifestazioni di donne davanti al Municipio di Minerbio: il giorno 3 oltre 300 donne reclamano generi tesserati e protestano contro il divieto di circolazione in bicicletta, il giorno 12 sono assaltati alcuni negozi di tessuti62. Il giorno 20 aprile è fssato un incontro dei comandi delle Brigate «Paolo» e «Venturoli» presso i Casoni di Altedo: ven- gono date disposizioni afinché la popolazione insorga, sostenuta dai partigiani,

59 Intervista di Carlo De Maria a Cesare Fantazzini, Minerbio, 27.6.2017 (la registrazione audio è presso l’Associazione Clionet). Fantazzini, cultore di storia minerbiese, fa riferimento per quanto riguarda Minerbio a una dozzina di omicidi, basandosi su testimonianze orali e memorie raccolte in anni di ricerca sul territorio. 60 Alcuni di questi episodi sono qui di seguito elencati. In quei mesi subiscono agguati mortali a Minerbio: Gualtiero Spinelli, guardia della polizia economica daziera (20 novembre 1944); il milite della GNR Primo Beruzzi (15 dicembre 1944); Rafaello Mignatti, appartenente alla polizia econo- mica e dipendente della SEPRAL (29 dicembre 1944). Il 12 marzo 1945 sono uccisi in agguato a Ca’ de’ Fabbri Bruno Guidotti e Corradino Rosati, anch’essi indicati come spie. Il 2 aprile 1945 muore a Conselice (RA) Mario Gnudi, squadrista minerbiese distaccato a Ca’ de’ Fabbri e da lì prelevato da partigiani; è accusato di collaborazione con i nazisti. Il fascista minerbiese Pietro Jussi è ucciso per mano partigiana nel maggio 1945. Il 24 febbraio 1945 trovano la morte, presso la loro abitazione di via S. Stefano a Bologna, l’ex podestà di Minerbio Conte Gualtiero Isolani e la sorella Carolina. I due vengono uccisi durante un’azione della 7ª Brigata Gap Garibaldi volta ad eliminare, secondo quan- to riferito nel rapporto dell’attività militare della brigata, la «spia Benfenati Ines» ospite presso gli Isolani. La morte di Gualtiero Isolani, di Carolina Isolani, del fattore e di una cameriera non avrebbe una motivazione politica, si sarebbe trattato di un incidente. L’episodio destò grande scalpore a Bologna e nella stessa Minerbio. Cfr. Arturo Conti (a cura di), Albo caduti e dispersi della Repubblica Sociale Italiana, Terranuova Bracciolini (AR), Fondazione della RSI, 2013; Nazario Sauro Onofri, Il triangolo rosso: la guerra di liberazione e la sconftta del fascismo, 1943-1947, Roma, Sapere, 2000, 2007; Giorgio Pisanò, Storia della guerra civile in Italia 1943-1945, Milano, Edizioni Visto, 1980; Ar- chivio di Stato di Bologna, Persone pericolose per la sicurezza dello Stato, Defunti. 61 Cfr. Luciano Bergonzoni, Cleto Patelli, Preti nella tormenta, Bologna, A. Forni, 1977; Ivaldo Casso- li, Necrologio del clero bolognese degli ultimi cinquant’anni, Bologna, Tip. La grafca emiliana, 1965; Giorgio e Anna Barghigiani (a cura di), L’ ora del vespro: la vita e i cinquant’anni di sacerdozio di don Silvano Stanzani, Bologna, Barghigiani, 1998, p. 86. 62 Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel bolognese, cit., p. 157. 48 Minerbio dal Novecento a oggi gono date disposizioni afinché la popolazione insorga, sostenuta dai partigiani, e i comuni di Minerbio, Baricella, Granarolo e Altedo di Malalbergo siano liberati prima dell’arrivo degli Alleati. Quando il 22 aprile 1945 le truppe alleate entrano a Minerbio, i tedeschi hanno già abbandonato la cittadina e si è insediato come sindaco il partigiano Amleto Scaramagli, su nomina del CLN comunale. Sezione fotografca Dall’Archivio privato Francesco Nanni

A cura di Carlo De Maria ed Elena Paoletti

Appendice fotografca 51

Albergo Leone, Minerbio, sul retro il menu degli uficiali del Reggi- mento Cavalleggeri di Vicenza, 28 agosto 1901 52 Minerbio dal Novecento a oggi

Palazzo comunale e Chiesa della Natività, Via Umberto I, primi del Novecento Appendice fotografca 53

Via Umberto I e Via del Borgo, primi del Novecento 54 Minerbio dal Novecento a oggi

I funerali per i caduti di Libia, 10 novembre 1912, con frma autografa di Don Pietro Zarri, parroco di Minerbio Appendice fotografca 55

Ritratto di Virgilio Ce- nacchi di Minerbio, sol- dato del 2° Reggimento Granatieri rimasto ferito alla spalla destra nel- la battaglia di Ain Zara (dicembre 1911-gennaio 1912) durante la Guerra di Libia 56 Minerbio dal Novecento a oggi

Soldato minerbiese della Gran- de Guerra, con divisa da fatica del primo reggimento zappatori (si ringrazia Giacomo Bollini per la consulenza storica)

Enrico Pilati di Ca’ de’ Fabbri e Alberto Monta- nari di Budrio, Zona di guerra, 1916 Appendice fotografca 57

Ricordo delle onoranze funebri ai caduti nella Grande Guerra della parrocchia di Minerbio, 9 febbraio 1919 58 Minerbio dal Novecento a oggi

Tenuta del conte Isolani, Minerbio, 1921

Frammento di vita cittadina: il capostazione e alcuni artigiani di Minerbio con i loro giovani garzoni, 1921 Appendice fotografca 59

Inaugurazione del monumento ai caduti, Minerbio, 1924

Minerbio, piazza Cesare Battisti coperta di neve (cartolina spedita nel 1928) 60 Minerbio dal Novecento a oggi

Gli ospiti del Ricovero di mendicità, anni Venti circa Appendice fotografca 61

Minerbio, Via Umberto I, Chiesa parrocchiale, 1931 62 Minerbio dal Novecento a oggi

In questa pagina e in quella successiva, cartolina speciale (a quattro facciate) stampata in occasione del settimo centenario della fondazione di Minerbio, 1231-1931 Appendice fotografca 63

Vedi didascalia alla pagina precedente 64 Minerbio dal Novecento a oggi

L’Immagine della Madonna di San Luca a Minerbio, 11-13 marzo 1933 Appendice fotografca 65

Casa del Sole, colonia estiva “di pianura” promossa nel 1923 dal Comitato pro Opere Assisten- ziali di Minerbio. Le foto risalgono agli anni Venti e Trenta 66 Minerbio dal Novecento a oggi

In questa e nella pagina a fanco, Casa del Sole, colonia estiva “di pianura” promossa nel 1923 dal Comitato pro Opere Assistenziali di Minerbio. Le foto risalgono agli anni Venti e Trenta Appendice fotografca 67 68 Minerbio dal Novecento a oggi

In questa e nella pagina a fanco, Casa del Sole, colonia estiva “di pianura” promossa nel 1923 dal Comitato pro Opere Assistenziali di Minerbio. Le foto risalgono agli anni Venti e Trenta Appendice fotografca 69 70 Minerbio dal Novecento a oggi

Casa del Sole, vedi le pagine prece- denti

Comando 1113a Legione Balilla, Minerbio, 17 maggio 1936. Ceri- monia al Parco della Rocca Iso- lani e sflata nel centro cittadino Appendice fotografca 71

Comando 1113a Legione Balilla, Minerbio, 17 mag- gio 1936. Cerimonia al Parco della Rocca Isolani e sflata nel centro cittadino 72 Minerbio dal Novecento a oggi

Minerbio, dicembre 1940, soldati dell’esercito italiano guidati dal tenente colonnello Cianca- billa Appendice fotografca 73

Minerbio, dicembre 1944, soldati tedeschi 74 Minerbio dal Novecento a oggi

Comitato provinciale per il soccorso invernale di Bologna, Comitato comunale di Minerbio, buono per il valore di lire cento in generi alimentari, 25 febbraio 1950 Appendice fotografca 75

Scuola di avviamento professionale “Cavour”, già “Arnaldo Mussolini”, 1951

Celebrazioni in occasione dell’anniversario della Liberazione, fne anni Quaranta-inizio anni Cinquanta 76 Minerbio dal Novecento a oggi

Il primo carretto dei ge- lati a Minerbio, anni Cin- quanta. Nella foto Silve- stro Soncini Minerbio dal Novecento a oggi Istituzioni locali, economia e società A cura di Carlo De Maria Roma (BraDypUS) 2017 ISBN 978-88-98392-65-0 p. 77-104

Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi

MATTEO TROILO

Introduzione

I decenni successivi alla fne della Seconda guerra mondiale solo quelli che hanno segnato più in profondità con modifche permanenti la società italiana. La provincia bolognese e Minerbio in particolare non fanno eccezione, avendo registrato nel giro di poco tempo cambiamenti demografci e sociali radicali. La demografa e i dati dei censimenti dell’Istat costituiscono il punto di riferi- mento privilegiato per afrontare tali argomenti. Partendo dall’analisi di alcuni parametri demografci, come la curva della popolazione residente, i movimenti migratori, la dimensione e la struttura degli aggregati domestici, e di variabili di altro tipo come i livelli di istruzione e la condizione abitativa, si intende in questa sede ofrire una lettura dei cambiamenti che hanno investito la società e la vita quotidiana di Minerbio. Pur analizzando i dati Istat dai primi del Novecento si è però posta maggiore attenzione ai decenni del secondo dopoguerra, quelli nei quali si svolge quella transizione economica, gli anni del “boom” per intenderci, in grado di trasformare la struttura produttiva di Minerbio facendole conoscere livelli di benessere e di miglioramento delle condizioni di vita quotidiana mai raggiunti prima. Inoltre i dati dei censimenti ci hanno permesso di fare interes- santi confronti con i comuni vicini, in particolare quelli che oggi compongono l’Unione Terre di Pianura. Oltre che sui dati dei censimenti si è basato il nostro lavoro anche sui documenti dell’archivio comunale in quanto capaci di arricchi- re l’analisi soprattutto sugli aspetti sociali del comune minerbiese. 78 Minerbio dal Novecento a oggi

1. L’evoluzione della popolazione

I dati relativi al numero di cittadini residenti nel comune di Minerbio nel corso degli ultimi cento anni mostrano due nette tendenze. Innanzitutto una graduale perdita di residenti a partire dagli anni Venti del Novecento, una tendenza che raggiunge il punto più basso nei primi anni Settanta. La seconda tendenza è quel- la di un generale ripopolamento a partire dagli anni Ottanta che ha prodotto un ritorno ai livelli pre-confitto e più di recente un loro superamento. Nel 1901 la popolazione residente di Minerbio contava poco meno di 7350 individui, dieci anni dopo questa era cresciuta di una quarantina di unità con un aumento dello 0,6 per cento, aumento che si fa più consistente nel 1921 (2 per cento e circa 150 residenti in termini assoluti). Il censimento del 1921 aveva infatti registrato una popolazione residente di 7539 unità, un livello che non sarebbe più stato rag- giunto per almeno ottanta anni. Negli anni successivi la decrescita demografca di Minerbio continua senza interruzione tanto da registrare un decremento del 5,5 per cento nella tornata censuaria del 19361. La tendenza continua dopo la fne del confitto per almeno tre decenni tanto che nel 1971 viene registrata una popolazione di poco più di 6000 residenti, minimo storico per la storia contem- poranea minerbiese. Siamo nel pieno di un fenomeno che interessa, pur con percentuali diverse, tutta la provincia bolognese sia nelle aree di pianura che di montagna. Nella seconda metà degli anni Quaranta e per tutti gli anni Cinquanta le dinamiche demografche della provincia di Bologna videro infatti tutti i comuni, con l’ec- cezione di Imola, perdere popolazione in favore del capoluogo. La progressiva perdita di importanza delle attività economiche tradizionali, come l’agricoltura, segnò quegli anni nei quali la città di Bologna vide un fusso continuo di emigra- zione dalla pianura e dalla montagna. Fu soprattutto il declino dell’agricoltura a produrre questi risultati, contemporaneamente il capoluogo si mostrava sem- pre più come un importante centro di attrazione, poiché dotato di opportunità lavorative soprattutto per i più giovani. Minerbio non rappresentò certo un’ecce- zione e anche qui si produsse quel fenomeno sociale fondamentale per la storia italiana, e cioè la fne della famiglia tradizionale e patriarcale. Liberi dai vincoli, sociali ma anche lavorativi, della famiglia tradizionale, molti giovani minerbiesi

1 I censimenti della popolazione vengono realizzati ogni dieci anni a partire dal primo anno del decennio, il primo risale al 1861 in occasione dell’unità d’Italia. Negli anni Trenta del Novecento si decise invece di accorciare a 5 anni la distanza tra una rilevazione censuaria e l’altra, fu così rea- lizzato un censimento nel 1936 che fu l’ultimo prima del Secondo confitto mondiale, in quanto per ragioni belliche quello del 1941 saltò. Dopo il confitto si decise di ritornare alla vecchia frequenza decennale. Matteo Troilo, Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi 79 scelsero in quegli anni la via dell’emigrazione verso le maggiori opportunità of- ferte da Bologna.

Grafco 1: Popolazione di Minerbio (1901-2011)

Tra il 1951 e il 1961 la popolazione di Bologna in efetti fa segnare un balzo del 30 per cento con un incremento di più di centomila residenti (da 340526 a 444872 abitanti) contribuendo ad un aumento complessivo di più del 10 per cen- to dell’intera provincia. La crescita bolognese continua fno al censimento del 1971 quando invece la tendenza s’inverte e l’andamento demografco presenta percentuali negative. La tendenza del comune di Minerbio ha invece un anda- mento opposto con una ripresa demografca che inizia proprio a partire dagli anni Settanta. In termini assoluti tra il 1971 e il 1981 la popolazione minerbiese cresce di circa 200 unità (3 per cento), mentre nel decennio successivo l’aumento è di più di 500 residenti (7,4 per cento). Alle soglie del nuovo secolo Minerbio ha registrato un ritorno ai livelli pre-bellici registrando 7558 abitanti (10,3 per cento in più). L’ultimo censimento ha registrato una popolazione di 8674 persone, regi- strando una crescita demografca notevole, un fenomeno spiegabile particolar- mente con il ritorno d’interesse in questi ultimi decenni delle zone di campagna rispetto alle città. Il fusso di trasferimenti di residenza in entrata nel comune di Minerbio si è infatti alimentato principalmente con gli ingressi di individui e famiglie provenienti proprio dal comune di Bologna la cui popolazione residen- te scende tra il 1971 e il 2011 di più di 110.000 unità. L’inversione di tendenza 80 Minerbio dal Novecento a oggi degli andamenti demografci è ben visibile nel grafco 2 dove abbiamo messo a confronto le variazioni in termini percentuali dei comuni di Bologna e Minerbio.

Grafco 2: Popolazione Minerbio-Bologna (1901-2011). Variazioni in percentuale

Se allarghiamo lo sguardo della nostra analisi al livello nazionale vedremo che le tendenze messe in luce per Minerbio sono tutt’altro che insolite. I dati storici della distribuzione della popolazione italiana mostrano tra il 1951 e il 1971 una crescita costante della quota di popolazione che risiede nei comuni con oltre 50 mila abitanti, e una contestuale riduzione di quella che vive nei comuni in- termedi (tra 5 mila e 50 mila abitanti). Questa fase di intensa urbanizzazione caratterizzata da un consistente movimento migratorio proveniente dalle aree periferiche e meno sviluppate del Paese, si arresta a partire dagli anni Ottanta e nei decenni successivi si verifca una ripresa della popolazione nei comuni di dimensione demografca intermedia. Questo percorso presenta alcune varianti nelle diverse aree del Paese, ad esempio dopo il 1981 nelle regioni del Mezzo- giorno la crescita della popolazione nei comuni più grandi si è arrestata senza che questi abbiano perso il peso demografco acquisito nei decenni precedenti, tendenza che al contrario si rileva fortemente nel centro-nord. Tra le regioni ita- liane l’Emilia-Romagna è quella che ha conosciuto, a partire dagli anni Settanta, il più netto decremento demografco nei comuni con oltre 50 mila abitanti e di conseguenza una di quelle che negli stessi anni ha visto crescere maggiormente la popolazione nei centri medio piccoli. Tra le ragioni di questa tendenza anche Matteo Troilo, Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi 81 il passato mezzadrile della regione che prevedeva una presenza di abitanti più difusa nel territorio. Le tracce di questa distribuzione sono ancora presenti oggi e in efetti regioni come l’Emilia-Romagna, la Toscana e l’Umbria presentano quote di popolazione extraurbana più alte rispetto alla media nazionale. I comu- ni della campagna emiliana, Minerbio compreso, hanno così per alcuni decenni perso peso ma lo hanno riacquisito nel tempo grazie anche ad una struttura sociale comunque solida2. Dopo aver guardato alla dinamica della popolazione minerbiese in confronto a quella del capoluogo vale sicuramente la pena dare un’occhiata a quello che accadeva nei comuni vicini per comprendere se si verifcavano le stesse dina- miche. In particolare ci sofermeremo su Castenaso, Granarolo e Budrio, comu- ni a pochi chilometri da Minerbio e facenti parte dell’Unione Terre di Pianura. Castenaso e Granarolo sono però situati nella fascia più vicina al territorio del capoluogo ed infatti anche la loro storia demografca ha avuto un andamento leggermente diverso. Gli anni del dopoguerra sono stati infatti segnati da una sostanziale stagnazione del numero di residenti con una riduzione tutto som- mato contenuta se comparata con i valori osservati in altri comuni prossimi al

Grafco 3: Popolazione Minerbio-Castenaso (1901-2011). Variazioni in percentuale

2 Luca Calzola, Bruno Cantalini e Marianna Tosi, Le dinamiche insediative della popolazione tra il 1951 e il 2011 alla luce dei dati censuari, in “Neodemos”, 1 giugno 2017 (http://www.neodemos. info/articoli/le-dinamiche-insediative-della-popolazione-tra-il-1951-e-il-2011-alla-luce-dei-dati- censuari/). 82 Minerbio dal Novecento a oggi capoluogo provinciale, come per l’appunto Minerbio. Ciò che salta all’occhio (e lo si vede bene nei grafci 3 e 4) è che la ripresa demografca in questi comuni avviene ben prima rispetto a Minerbio, dieci anni prima a Granarolo, addirittura venti anni prima a Castenaso. La tenuta della popolazione di Castenaso e Grana- rolo va messa in relazione con il sistema produttivo locale che, pur avendo an- cora forti tratti rurali, presentava già alcune signifcative realtà manifatturiere in grado di limitare l’emigrazione verso il capoluogo. Gli stessi territori, completata la trasformazione economico-produttiva, conoscono una crescita demografca notevole, Castenaso nel periodo 1961-2011 aumenta del 163 per cento, Grana- rolo del 1583.

Grafco 4: Popolazione Minerbio-Granarolo (1901-2011). Variazioni in percentuale

Minerbio aveva invece delle caratteristiche economiche diferenti ed infatti la sua dinamica demografca si avvicina di più a quella di Budrio, un comune della seconda fascia dell’hinterland bolognese e che non ha conosciuto la stessa tran- sizione produttiva avvenuta a Castenaso e Granarolo. Come è ben visibile nel grafco 5, Budrio e Minerbio iniziano a perdere popolazione prima del secondo

3 Vedi a tal proposito Carlo De Maria, Tito Menzani (a cura di), Granarolo dell’Emilia dalla Libe- razione a oggi. Una comunità e un territorio in trasformazione, Bologna, Minerva, 2015 e Carlo De Maria, Tito Menzani (a cura di), Un territorio che cresce. Castenaso dalla Liberazione a oggi, Bolo- gna, Bradypus, 2015. Matteo Troilo, Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi 83 confitto mondiale e conoscono un trend positivo sono tra gli anni Settanta e Ottanta con valori di crescita molto elevati negli ultimi due decenni. Il non fa- cile processo di adattamento produttivo seguito alla perdita di rilevanza dell’a- gricoltura ha condotto ad una vera e propria emorragia demografca interrotta negli ultimi decenni dal ritorno di interesse per i territori periferici e i piccoli comuni. Minerbio così come altri comuni della provincia hanno così conosciuto una nuova emigrazione, fatta di giovani famiglie in cerca di abitazioni meno care e di una qualità della vita più dificile da trovare nelle città. A questo ovviamente va ad unirsi anche l’emigrazione straniera che ha anch’essa infuito nel cambia- mento demografco e sociale di Minerbio. Nel 2004 i cittadini stranieri aventi di- mora abituale a Minerbio era all’incirca 300, il 1 gennaio del 2017 erano 759, più del doppio in tredici anni. Un terzo di questi sono di nazionalità rumena mentre le altre comunità più rappresentate sono l’Albania e il Marocco4.

Grafco 5: Popolazione Minerbio-Budrio (1901-2011). Variazioni in percentuale

4 I dati aggiornati sulla popolazione straniera vengono dal sito www.tuttitalia.it. 84 Minerbio dal Novecento a oggi

2. Scuola e Istruzione

Caduto il regime fascista, che aveva investito molto sulle politiche educative con lo scopo di “fascistizzare” le nuove generazioni, la gestione dell’istruzione passò principalmente nelle mani degli enti locali e dei comuni in particolare. La scuola con le sue attività educative, culturali e propagandistiche aveva costituito uno dei mezzi principali del percorso “totalitario” del regime. I risultati sul fronte della scolarizzazione furono però contraddittori, da un lato ci fu la positiva ridu- zione della diferenza tra i generi e la conseguente crescita della scolarizzazio- ne femminile, dall’altro c’è da registrare il permanere di grandi sacche di anal- fabetismo soprattutto nelle regioni del Meridione solo in minima parte scalfte dal lavoro del regime. I dati del censimento del 1931 furono così impietosi che convinsero le autorità a non inserire i dati sull’analfabetismo della popolazione nel successivo censimento del 1936 per non far pensare che il problema fosse molto lontano dall’essere risolto5. Alla fne della guerra l’Italia era un paese con forti dificoltà sul piano scola- stico in cui quasi il 60 per cento della popolazione era privo di licenza elemen- tare e il 13 per cento era analfabeta. Il censimento del 1951 presentava una situazione in cui solamente il 30,6 per cento degli italiani con più di sei anni aveva ottenuto la licenza elementare, il 6 per cento aveva ottenuto una licenza media inferiore, il 3,3 aveva raggiunto un diploma mediosuperiore e circa l’un per cento la laurea. L’indice medio di scolarità degli ultra quindicenni era di poco più di 4 anni, decisamente in ritardo rispetto alla Gran Bretagna che superava i sei anni o la Svizzera che andava abbondantemente oltre i sette anni. Permane- vano inoltre forti divari regionali, nel 1951 la percentuale regionale di analfabeti sul totale della popolazione con più di sei anni oscillava tra l’1 per cento del Trentino Alto Adige e il 32,8 per cento della Calabria. L’Emilia-Romagna con un tasso di analfabetismo intorno all’otto per cento si collocava in una posizione di cerniera tra le regioni del nord e quelle del centro, comunque in una condizione medio-alta6. Partiamo anche in questo caso dall’analisi dei censimenti Istat per fare un quadro evolutivo di Minerbio in particolare in confronto all’intera provincia di Bologna. Considerando la popolazione in età scolare la rilevazione censuaria del 1951 dava una percentuale di analfabeti al di sopra del 9 per cento (vedi

5 Vedi Istat, 7° censimento generale della popolazione, 1931. L’Emilia-Romagna, Roma, s.e., 1933 e Istat, 8° censimento generale della popolazione, 1936. L’Emilia-Romagna, Roma, s.e., 1939. 6 Pier Giorgio Zunino, Stefano Musso, Scuola e istruzione in Massimo Firpo, Nicola Tranfaglia, Pier Giorgio Zunino (a cura di), Guida all’Italia contemporanea, Milano, Garzanti, 1998, vol. III, pp. 261- 262. Matteo Troilo, Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi 85

Grafco 6). Ciò che è importante sottolineare è che questo dato era ben lontano rispetto a quello generale della provincia che registrava un tasso di analfabeti- smo di poco sopra al 5 per cento. Esisteva perciò un notevole ritardo rispetto al contesto provinciale, condizionato dagli alti tassi di alfabetizzazione dei centri maggiori come Bologna e Imola, che come vedremo si andrà a colmare con lo scorrere degli anni7.

Grafco 6: Analfabetismo (dati in percentuale sulla popolazione da 6 anni in su)

Nel 1961 la percentuale di analfabeti era scesa all’incirca al 5 per cento con un netto recupero rispetto alla media provinciale. Considerando che in quel decen- nio Minerbio conobbe una forte emorragia di popolazione in età lavorativa e quindi giovane, il dato sul calo dell’analfabetismo è ancor più da sottolineare. In questo decennio si era compiuta in pieno quell’opera di alfabetizzazione delle nuove generazioni e in parte anche degli adulti che ha condotto alla situazione odierna in cui l’analfabetismo, almeno in Emilia-Romagna, è stato praticamente debellato. Come si vede sempre nel Grafco 6 restano negli anni delle piccole sacche di analfabetismo costituite da popolazione anziana destinate negli anni a ridursi sempre più fno a diventare marginali. Il confronto con i dati della pro- vincia mette inoltre in evidenza come negli anni il ritardo si è ridotto fno a spa-

7 Istat, 9° censimento generale della popolazione, 1951. L’Emilia-Romagna, Roma, s.e, 1953. 86 Minerbio dal Novecento a oggi rire totalmente nel censimento del 2001. Simile è il discorso per quanto riguarda i titoli di studio anche se, soprattutto per i titoli superiori resta ancora un certo divario. Nel Grafco 7 abbiamo messo a confronto le percentuali di popolazione con la Licenza elementare come titolo di studio più elevato. Nel 1951 poco più dell’80 per cento dei residenti di Minerbio aveva fnito le scuole elementari, un dato che se confrontato con il panorama nazionale è di tutto rispetto. Il confronto con il dato medio della provincia presenta anche in questo caso alcuni aspetti di ritardo. Il dato provinciale è infatti al di sotto del 70 per cento in quanto in quegli anni era maggiore la percentuale di popolazione che aveva un livello di istruzio- ne più alto, dalle scuole medie fno alla laurea. Anche questo ritardo viene col- mato nel giro di pochi decenni e già nel censimento del 1981 la diferenza con la provincia è minima e su percentuali che vanno gradualmente a ridursi verso il nuovo secolo. Simile è la tendenza per quanto riguarda la percentuale di po- polazione con titolo di studio di scuola media. Anche in questo caso è presente un ritardo che viene colmato nel corso dei decenni, dal 1951 al 1981, mentre dal 1991 si segnala un sorpasso anche questo frutto di un divario in quanto segnala come da quel punto in poi la maggior parte della popolazione della provincia era passato ad un livello di istruzione superiore (vedi Grafco 8).

Grafco 7: Popolazione con titolo di studio Licenza elementare (dati in percentuale sulla po- polazione da 6 anni in su) Matteo Troilo, Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi 87

Grafco 8: Popolazione con titolo di studio Diploma di scuola media (dati in percentuale sulla popolazione da 6 anni in su)

I risultati in termini di scolarizzazione che si colgono tra gli anni Sessanta e Set- tanta furono anche il frutto del lavoro delle amministrazioni comunali con il patronato scolastico, un’istituzione dalla lunga storia nata per aiutare gli alunni poveri ma che nel corso degli anni ha assunto il ruolo di eliminare le disparità sia tra alunni di classi sociali diferenti sia di territori diversi. Nell’ambito di questi progetti il patronato istituì negli anni Sessanta due sezioni di doposcuola nelle frazioni di San Martino e Ca’ de’ Fabbri, un istituto quello del doposcuola che ca- ratterizzava il modello emiliano di welfare che si andava difondendo in quegli anni nella nostra regione8. Come per tutte le vicende del welfare locale il fnan- ziamento non era mai qualcosa di scontato e spesso seguiva delle strade un po’ complesse contribuendo a volte ad innalzare il livello di scontro tra le istituzioni locali, che avevano una maggiore attitudine alla spesa, e quelle nazionali rivolte invece ad una maggiore parsimonia. In una lettera del provveditore agli studi al patronato scolastico di Minerbio si ribadiva che per l’anno scolastico 1969/70 il contributo per il funzionamento dei doposcuola sarebbe stato inferiore a quelli concessi negli anni precedenti e che i patronati avrebbero dovuto soprattutto far afidamento sui propri bilanci. Altro importante aspetto legato ai patronati era

8 I documenti citati in questo paragrafo sono in Archivio storico comunale di Minerbio, busta “Pa- tronato scolastico”. 88 Minerbio dal Novecento a oggi la concessione di forme di assistenza per le famiglie più bisognose per l’accesso a vari servizi, dai libri scolastici, alla refezione fno agli stessi contributi per la frequenza dei doposcuola. Un’interessante testimonianza venuta fuori dall’archivio riguarda proprio gli aiuti messi a disposizione dal patronato scolastico per i bambini bisognosi. L’istituzione metteva infatti a disposizione per il Natale 1968 una somma per le famiglie indigenti per l’acquisto di calzature e indumenti. Con una lettera il patronato chiedeva alle varie scuole del territorio di individuare i bambini e le famiglie che avessero le caratteristiche indicate nel bando per tale elargizione. Certamente interessante è la risposta inviata al patronato il 14 dicembre 1968 dalla direzione della scuola elementare di Minerbio: «A nostro giudizio non vi sono alunni che versano in condizioni di efettivo disagio»9. Evidentemente il “boom” economico non aveva soltanto migliorato il tasso di scolarizzazione ma anche il benessere generale. Torniamo però al commento dei dati statistici. È soprattutto guardando all’e- voluzione dei diplomati delle scuole superiori che si mette bene in luce una ten- denza in decisa crescita del tasso di scolarizzazione della popolazione di Miner- bio. Sia il censimento del 1951 che quello del 1961 registrano una percentuale di diplomati alle superiori di meno del 2 per cento che in termini assoluti equivale-

Grafco 9: Popolazione con titolo di studio Diploma di scuola superiore (dati in percentuale sulla popolazione da 6 anni in su)

9 Sempre in Archivio storico comunale di Minerbio, busta “Patronato scolastico”. Matteo Troilo, Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi 89 va a meno di cento unità. Anche in questo caso il ritardo con i dati provinciali è netto, ma a partire dal 1981 in poi si registra un processo di crescita che nel 2001 ha portato di fatto ad una situazione molto vicina al pareggio. È sicuramente un dato da sottolineare in quanto mette in evidenza una delle grandi trasformazio- ni che il nostro paese, ma anche il comune di Minerbio, ha vissuto nella seconda metà del Ventesimo secolo. In questo caso Minerbio è oggi in linea con la provin- cia di Bologna, un territorio che registra alti tassi di istruzione. Chiudiamo infne la lettura dei dati dei censimenti sull’istruzione a Minerbio dando un’occhiata al numero dei laureati. Il confronto con la provincia mette in luce un ritardo netto che ancora nel 2001 era ben lontano dall’essere colmato. Nonostante ciò va segnalato che l’aumento di laureati residenti nel territorio minerbiese è comunque importante e segna anche in questo caso in piccolo un’”epoca”. Fino al 1991 il numero di residenti laureati era al di sotto delle 100 unità, nel 2001 venivano censite 358 persone con la laurea, il 5,5 per cento della popolazione. Il ritardo con il dato della provincia era netto (meno della metà) però va indubbiamente ricordato questo sviluppo legato al più generale proces- so di modifcazione della società minerbiese.

Grafco 10: Popolazione con titolo di studio Laurea (dati in percentuale sulla popolazione da 6 anni in su) 90 Minerbio dal Novecento a oggi

3. Le famiglie e la vita quotidiana

Dal punto di vista sociale il secondo confitto mondiale costituisce una cesura fondamentale per la storia del nostro paese. Inizia infatti dal 1945 in poi una notevole transizione caratterizzata da profondi mutamenti culturali e sociali, accompagnati ovviamente dai cambiamenti economici, che si rifettono perfet- tamente nella forma e nella dimensione delle famiglie. Le dinamiche della po- polazione e del lavoro nei primi decenni del dopoguerra, con la redistribuzione della popolazione a vantaggio dei centri urbani più grandi e più industrializzati e il conseguente declino del mondo contadino, hanno condizionato e modifcato anche la struttura dei nuclei famigliari. In Italia in questi anni si entra in pieno nella fase del declino, iniziata già negli anni tra le due guerre, delle famiglie composte da più unità coniugali. Di conseguenza aumenta l’importanza delle fa- miglie nucleari formatesi spesso in comuni diversi da quello di origine. I modelli di comportamento delle nuove generazioni mettono in crisi la famiglia allarga- ta, un’istituzione ben presente anche a Minerbio, in quanto zona caratterizzata dal prevalere della mezzadria. Questo istituto favoriva infatti la costituzione di famiglie allargate, formate da più nuclei legati ad un’unica azienda agricola, che si reggevano su rapporti gerarchici molto forti. Tali rapporti non erano in real- tà solo famigliari ma coinvolgevano anche il proprietario che di fatto vincola- va perfno le decisioni personali dei suoi lavoratori. La fne dei patti mezzadrili porta quindi a un declino di quei modelli di valori che avevano sino ad allora caratterizzato il mondo contadino. I giovani, come si è visto nel primo paragrafo, iniziano a scegliere di vivere in città dove con più facilità possono perseguire i valori della modernizzazione10. Il cambiamento nel modo di fare famiglia è evidente nel numero dei compo- nenti all’interno dei nuclei famigliari che subisce una netta modifca soprattutto tra gli anni Settanta e Ottanta (vedi Grafco 11). Tra il 1971 e il 1991 il numero di aggregati domestici formati da una sola persona è raddoppiato. E’ il segno di una duplice tendenza, da un lato iniziano a comparire i primi single che vivono da soli, dall’altro gli anziani vedovi restano più spesso nella loro residenza originale senza andare necessariamente a vivere in un aggregato domestico più amplio con fgli e nipoti. E’ anche questo il segnale di un cambiamento culturale, di un passaggio epocale dalla famiglia allargata a quella nucleare. La tendenza risul- ta abbastanza chiara anche quando si pone l’attenzione sulle famiglie con due e tre persone che tendono a crescere con il passare degli anni. Aumentano quindi

10 Marzio Barbagli, Sotto lo stesso tetto. Mutamenti della famiglia in Italia dal XV al XX secolo, Bologna, Il Mulino, 1996, pp. 56-69. Matteo Troilo, Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi 91 negli anni le coppie che non hanno fgli e che soprattutto ritardano la nascita del primo fglio. Il modello più difuso diventa la famiglia con il fglio unico o con due fgli, nuclei che aumentano la propria presenza nel totale degli aggregati domestici. Tendono a scendere le famiglie con più di due fgli o comunque con almeno cinque elementi, una tendenza anche questa legata alle modifcazioni sociali e produttive del contesto minerbiese.

Grafco 11: Famiglie residenti e componenti

A cambiare è anche l’età media con la quale ci si sposa, un dato che dipende da tanti fattori come l’accesso delle donne al lavoro e agli studi e più in generale alla solidità delle posizioni lavorative dei futuri coniugi. Nella prima metà del secolo l’età media con la quale si andava all’altare era sotto i venticinque anni, dopo il secondo confitto mondiale l’età è andata spostandosi abbondantemen- te oltre i trenta anni. Ad infuire sulla possibilità di restare single più a lungo non è solo un fattore sociale, in questo caso l’emancipazione femminile, ma anche economico. Non deve quindi stupire, se si guarda al grafco 12, che nell’immedia- to dopoguerra il numero di celibi e nubili fosse molto alto e destinato a scemare nel corso dei trenta anni successivi. Il “boom” economico favorì infatti a partire dagli anni Sessanta un maggior numero di matrimoni. C’era una maggiore stabi- lità lavorativa e una maggiore possibilità per le giovani coppie di acquistare una casa e mettere su famiglia. Bisogna inoltre ricordare come anche in questo caso 92 Minerbio dal Novecento a oggi la fne del mondo mezzadrile infuì notevolmente nelle scelte matrimoniali dei giovani, non più legati alle attività lavorative della campagna e con maggiore libertà di sposarsi, di scegliere un lavoro e come si è visto anche di cambiare comune di residenza. A partire dagli anni Novanta la tendenza si inverte nuova- mente e torna a crescere il numero di residenti celibi e nubili in questo caso frut- to di una tendenza più recente sul panorama nazionale a ritardare nuovamente l’età del matrimonio o a evitarlo del tutto pur convivendo e facendo fgli11. Nel censimento del 1981 appaiono anche i primi divorziati del comune di Mi- nerbio, sono soltanto una decina ma destinati a crescere in modo esponenziale nei decenni successivi (Grafco 13). Anche i divorzi infuiscono oggi nel numero di persone che risiedono da sole. Sinora sono stati i dati a parlare della società minerbiese, facciamo ora invece parlare i documenti. Non è ovviamente semplice raccontare in poche pagine la storia sociale di Minerbio, riteniamo però di sofermarci su alcuni eventi che, sep- pur piccoli, dimostrano quanto la vita di tutti giorni sia cambiata dal dopoguerra.

Grafco 12: Residenti e stato civile

11 Sul panorama nazionale vedi Franco Bonarini, L’età degli sposi, la fecondità e la mortalità, in “Neodemos”, 12 settembre 2017 (http://www.neodemos.info/articoli/eta-degli-sposi-la-fecondita-e- la-mortalita/#more-7888). Matteo Troilo, Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi 93

Grafco 13: Separati e divorziati

Nel 1987 si svolgeva a Minerbio la seconda edizione regionale di “Cinescuola”, un vero e proprio festival cinematografco riservato agli audiovisivi prodotti dal- le classi scolastiche. La scelta di Minerbio come sede del festival non era casuale in quanto già dal 1981 erano stati aperti nelle scuole elementari del capoluogo e di Ca’ De’ Fabbri e Tintoria diversi progetti di “educazione all’immagine” che avevano dato vita a 15 realizzazioni12. Un’attenzione per il cinema nelle sue varie sfaccettature che va senz’altro segnalata, proprio su questo argomento va ricordata la rassegna cinematograf- ca estiva che si svolgeva al cinema Mandrioli e che nel 1990 fu declinata al fem- minile con titoli come Donne sull’orlo di una crisi di nervi di Pedro Almodovar e Mignon è partita di Francesca Archibugi. Tra gli eventi culturali di quegli anni vanno ricordati sicuramente il gemellaggio con il comune ungherese di Hajos e quello tedesco di Hirrlingen13. Altra iniziativa di gemellaggio che il comune ha promosso è quella dell’ospi- talità di bambini provenienti da situazioni dificili come la Bielorussia, ed in par- ticolare dalla zona più vicina a Chernobyl, e il Saharawi. In entrambi i casi delle

12 Archivio storico comunale di Minerbio, busta “Cultura Anno 89-90” (ma con documenti risalenti a partire dal 1981). 13 Sempre in Archivio storico comunale di Minerbio, busta “Cultura Anno 89-90”. 94 Minerbio dal Novecento a oggi famiglie di volontari minerbiesi hanno ospitato bambini provenienti da quelle zone disagiate rientrando in un più amplio progetto regionale14.

Le case e i servizi

In quest’ultimo paragrafo parleremo dei cambiamenti più strutturali vissuti dal territorio di Minerbio riguardanti le case, i servizi pubblici e l’urbanistica cittadina. Partiamo dalle abitazioni e dalla constatazione che i primi decenni del secon- do dopoguerra furono caratterizzati anche da un vero e proprio “boom” edilizio. A livello nazionale l’esplosione del mercato dell’edilizia civile privata fu uno de- gli efetti più immediati ed evidenti dei forti movimenti migratori che si attiva- rono lungo la penisola negli anni della ricostruzione e nel periodo successivo all’avvio del “miracolo economico”. Oltre ai movimenti migratori contribuirono i mutamenti nelle strutture famigliari, già illustrati in precedenza, a modifcare la richiesta di case più piccole per famiglie con meno elementi e di conseguenza a stimolare la costruzione di grandi complessi condominiali. Benché i dati stati- stici non forniscano in tal senso l’esatta dimensione quantitativa del fenomeno, a causa del forte abusivismo edilizio praticato in quel periodo e della scarsa attenzione degli stessi comuni nella trasmissione dei dati, questi ultimi risultano comunque fortemente indicativi della tendenza di quegli anni che vede un vero e proprio boom della costruzione di nuove abitazioni: 73.000 nel 1950, 273.000 nel 1957 e 450.000 nel 196415. Tornando a porre l’attenzione sul territorio di Minerbio è senz’altro interessan- te vedere i dati dei censimenti che nel corso dei decenni hanno registrato le età degli edifci. Guardiamo in particolare al censimento del 2001 che ci fornisce un quadro abbastanza completo (vedi grafco 14). Salta all’occhio come la maggior parte degli edifci sia stata realizzata negli anni 1972-1981 un periodo certamen- te forido perché contraddistinto dall’inizio della ripresa demografca16. Al di là di

14 Il Sahrawi è il territorio a sud del Marocco, da decenni conteso tra gli stessi marocchini e i gruppi tribali arabo-berberi desiderosi di dichiarare l’indipendenza e creare uno stato uficiale. Chernobyl pur essendo in Ucraina è al confne con la Bielorussia, paese nel quale le radiazioni del disastro nucleare del 1986 ancora oggi producono efetti disastrosi in termini di malattie tra la popolazione. I documenti sono in Archivio storico comunale di Minerbio, busta “Chernobyl - Saharawi. 15 Giorgio Rochat, Gaetano Sateriale, Lidia Spano, La casa in Italia. Alle radici del potere democri- stiano, Bologna, Zanichelli, 1980, p. 250. 16 I dati sono presi da Istat, Censimento generale della popolazione del 2001. Matteo Troilo, Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi 95 questo “boom” gli altri periodi hanno visto dati interessanti di crescita urbanistica ma senza clamorosi exploit, al contrario di altri comuni del territorio bolognese che nei decenni più recenti hanno conosciuto una crescita più considerevole17.

Grafco 14: Abitazioni per epoca di costruzione (2001)

Per quel che riguarda i servizi in dotazione nelle abitazioni (vedi grafci 15, 16, 17 e 18), osserviamo che nel 1951 sono meno di un terzo le abitazioni che di- spongono di acqua potabile tramite acquedotto, molte famiglie potevano infatti disporre di acqua potabile solo grazie ad alcuni pozzi. Meno del dieci per cento degli alloggi possedeva un bagno e il venti per cento di questi non disponeva di energia elettrica. Si tratta di un quadro che sul versante del servizio idrico e dei servizi igienici interni all’abitazione si mostra sensibilmente più critico rispetto al contesto provinciale dove, sempre secondo i dati Istat, mediamente oltre la metà delle abitazioni occupate disponeva di acqua potabile attraverso l’acque- dotto e all’incirca il venti per cento aveva un bagno al suo interno. Solo il dato

17 A Castel Maggiore all’incirca il 35 per cento del patrimonio edilizio cittadino è stato realizzato nel trentennio 1972-2001, a tal proposito vedi Matteo Troilo, Territorio e sviluppo urbano. Un appro- fondimento sui piani urbanistici, in Carlo De Maria e Tito Menzani (a cura di), Castel Maggiore dalla Liberazione a oggi. Istituzioni locali, economia e società, Bologna, Bradypus, 2016, pp. 115-130. 96 Minerbio dal Novecento a oggi sulla presenza di energia elettrica nelle case vede Minerbio sostanzialmente in linea con la media provinciale già dal 1951. Nel corso degli anni Cinquanta, la situazione abitativa dei cittadini del comu- ne migliora sensibilmente, ma si mantiene ancora al di sotto della qualità media provinciale: oltre il trenta per cento di abitazioni continua ad essere sprovvista di acqua potabile tramite acquedotto, mentre ancora pochissime sono le case con un moderno impianto di riscaldamento (poco più dell’1 per cento) e comunque ancora poche quelle con un bagno interno (all’incirca il 40 per cento). Dati questi che confermano per i cittadini di Minerbio una condizione abitativa parzialmente più fragile rispetto alla condizione media provinciale. Nel corso dei due decenni successivi, la situazione migliora progressivamente in modo netto, il censimento del 1981 presenta un quadro in cui la quasi totalità delle abitazioni occupate dispone della combinazione completa dei servizi di cui abbiamo sinora parlato, e più in generale si riduce al minimo la distanza tra Minerbio e la provincia.

Grafco 15: Case con acqua potabile da acquedotto Matteo Troilo, Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi 97

Grafco 16: Case con energia elettrica

Grafco 17: Case con bagno interno 98 Minerbio dal Novecento a oggi

Grafco 18: Abitazioni con riscaldamento Al miglioramento dei servizi domestici si accompagnò anche un generale cam- biamento della struttura urbanistica. Siamo in anni in cui tutto il territorio della provincia bolognese conoscerà importanti lavori di modernizzazione e sviluppo rivolti a soddisfare le nuove esigenze della popolazione. All’inizio degli anni Ses- santa lo sviluppo dei comuni della cintura bolognese saltò all’attenzione della politica del capoluogo ed in particolare dell’assessore all’urbanistica Giuseppe Campos Venuti, noto urbanista, che trovò proprio nell’hinterland bolognese un territorio fecondo per la sperimentazione di politiche di pianifcazione da at- tuarsi anche in ambito nazionale. Romano di nascita, urbanista di fama interna- zionale, Campos Venuti divenne assessore all’urbanistica nella giunta del sinda- co Giuseppe dal 1960 al 1966. Sul piano cittadino l’urbanista impostò lo sviluppo della futura Bologna con la costruzione del nuovo quartiere feristico e dei quartieri popolari nelle zone a ridosso del centro storico18. Siamo negli anni in cui nella politica regionale si parlava insistentemente di «programmazione democratica» con la volontà di esprimere l’esigenza di autonomia e partecipa-

18 Sull’esperienza di governo nel comune bolognese vedi in particolare Giuseppe Campos Venuti, Amministrare l’urbanistica, Torino, Einaudi, 1972. Matteo Troilo, Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi 99 zione in grado di marcare una netta distanza con le tendenze burocratiche e centralizzatrici dell’apparato statale19. Uno strumento per l’appunto ritenuto risolutivo era la creazione di un piano urbanistico intercomunale, che sarebbe dovuto essere il frutto di un’intensa col- laborazione tra i comuni del comprensorio. Grazie alle assemblee, da svolgersi a scadenza fssa, i sindaci e gli assessori dei vari comuni potevano discutere le pro- blematiche derivanti da uno sviluppo urbanistico che in quegli anni si stava ma- nifestando come molto intenso e che sembrava non seguire particolari regole20. Anche grazie al lavoro dell’assemblea tra i comuni lo sviluppo urbanistico di Minerbio seguì una logica ben precisa: la riduzione in termini di importanza delle piccole località sparse in favore dei centri maggiori e cioè il capoluogo e le frazioni maggiori. Ancora una volta i dati Istat ci danno un’immagine chiara del fenomeno. I residenti nei centri principali, come Ca’ de’ Fabbri ad esempio, cre- scono nei decenni mostrando la tendenza a costruire nuove case laddove era più facile portare servizi fondamentali alla vita contemporanea (vedi grafco 19). Di

Grafco 19: Residenti nei centri (dati in percentuale)

19 Vedi a tal proposito Carlo De Maria, Politica, autonomie, territorio dal 1945 a oggi, in Carlo De Maria, Tito Menzani (a cura di), Un territorio che cresce. Castenaso dalla Liberazione a oggi, Bolo- gna, Bradypus, 2015, pp. 58-59. 20 A tal proposito si vedano i documenti presenti in Archivio storico comunale di Minerbio, busta “Piano Urbanistico Intercomunale”. 100 Minerbio dal Novecento a oggi conseguenza scendono notevolmente i residenti nelle case sparse, cioè in quei complessi abitativi che erano sorti in campagna per venire incontro alle esigen- ze della produzione agricola. Ridottasi in maniera notevole l’attività agricola queste residenze hanno perso con il tempo abitanti anche se, pur poche, risul- tano comunque in percentuale maggiore rispetto al dato dell’intera provincia (vedi grafco 20). Un discorso a parte meritano i residenti nei centri minori, tra questi Capo d’Argine e Palazzaccio, che conoscono un calo meno netto nel corso dei decenni, soprattutto se si ragiona in termini percentuali. La crescita di popolazione è stata infatti costante ma con numeri più piccoli, questo ha ovviamente infuito sul tessuto abitativo portando alla costruzione di nuovi edifci residenziali. Ciò ha portato a raforzare la tendenza vista sino ai primi anni Sessanta di un raforzamento dei principali centri abitativi a discapito dei nuclei minori. Eppure a Minerbio non si è infatti ripetuto quello sviluppo ra- pido e disarmonico che ha caratterizzato altri centri dell’hinterland bolognese, nei quali si è costruito quasi esclusivamente nel centro facendo così perdere importanza alle zone più periferiche21.

Grafco 20: Residenti nei nuclei minori (dati in percentuale)

21 Vedi Matteo Troilo, Territorio e sviluppo urbano. Un approfondimento sui piani urbanistici, in De Maria, Menzani (a cura di), Castel Maggiore dalla Liberazione a oggi, cit. Matteo Troilo, Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi 101

Grafco 21: Residenti nelle case sparse (dati in percentuale) 102 Minerbio dal Novecento a oggi

Appendice statistica

Tabella n. 1. Popolazione di Minerbio, di Bologna e della provincia. Anno Minerbio Bologna Provincia 1901 7347 153271 520750 1911 7391 179311 575632 1921 7539 212754 634388 1931 7436 249226 687669 1936 7048 281162 714705 1951 6811 340526 763907 1961 6427 444872 841474 1971 6081 490528 918844 1981 6270 459080 930284 1991 6774 404378 906856 2001 7558 371217 915225 2011 8674 371337 976243 Fonte: Istat, Censimenti della popolazione.

Tabella n. 2. Popolazione dei comuni vicini a Minerbio. Anno Granarolo Budrio Baricella Malalbergo 1901 4647 17077 5940 5553 1911 4915 17414 6028 6256 1921 5109 17943 5637 6247 1931 5151 17596 5791 6365 1936 5027 16870 5784 6402 1951 4927 15946 5891 6322 1961 4157 14579 5515 6257 1971 5250 14078 5009 5920 1981 6510 13648 5016 6087 1991 6934 14171 4905 6456 2001 8696 15403 5624 7248 2011 10766 18008 6763 8771 Fonte: Istat, Censimenti della popolazione. Matteo Troilo, Mutamenti sociali e aspetti demografci dalla Ricostruzione a oggi 103

Tabella 3. Titoli di studio dei residenti di Minerbio (valori assoluti). Anno Analfabeti Licenze ele- Diplomi scuola Diplomi scuola Lauree mentari media superiore 1951 532 4749 237 97 19 1961 328 4338 403 98 25 1971 152 3871 767 169 45 1981 91 2624 1363 411 78 1991 12 2464 2137 929 89 2001 37 2098 2269 1692 358 Fonte: Istat, Censimenti della popolazione.

Tabella 4. Titoli di studio dei residenti di Minerbio (valori in percentuale). Anno Analfabeti Licenze ele- Diplomi scuola Diplomi scuola Lauree mentari media superiore 1951 9,1 81,7 4 1,6 0,3 1961 5,5 72,7 6,7 1,6 0,4 1971 2,6 68,1 13,5 2,9 0,7 1981 1,5 44 22,8 6,8 1,3 1991 1,5 43,7 37,9 16,4 1,5 2001 0,5 32,5 35,1 26,2 0,3 Fonte: Istat, Censimenti della popolazione.

Tabella 5. Stato civile dei residenti di Minerbio. 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Celibi e 2917 2466 2188 2109 2287 2622 Nubili Coniugati 3397 3499 3417 3553 3731 3965 Vedovi 497 482 476 536 613 659 Separati 62 77 150 legalmente Divorziati 10 66 162 Fonte: Istat, Censimenti della popolazione.

Tabella 6. Famiglie residenti e componenti. Anno 1 2 3 4 5 6 7 e più 1971 253 523 532 358 163 71 59 1981 426 691 639 375 105 49 24 1991 466 739 711 403 135 39 18 Fonte: Istat, Censimenti della popolazione. 104 Minerbio dal Novecento a oggi

Tabella 7. Servizi nelle case del comune di Minerbio. Valori in percentuale. Anno Acqua potabile da Energia elettrica Bagno interno Riscaldamento acquedotto 1951 32,5 81,5 8 1961 69,9 89,4 39,7 1,4 1971 79,6 97,1 84,1 50,2 1981 98,9 99,9 97,7 99,7 Fonte: Istat, Censimenti della popolazione.

Tabella 8. Servizi nelle case della provincia di Bologna. Valori in percentuale. Anno Acqua potabile da Energia elettrica Bagno interno Riscaldamento acquedotto 1951 57,2 82,6 19,8 1961 82,7 95,5 51,1 25,3 1971 94,4 99,1 83 60,6 1981 99,9 99,9 94,7 99,9

Fonte: Istat, Censimenti della popolazione.

Tabella 9: Popolazione residente di Minerbio tra i centri principali, le frazioni e le località più isolate. Valori in percentuale. Anno Nei centri Nelle case sparse Nei nuclei 1951 63,8 23,9 12,3 1961 53,4 34,8 11,8 1991 77,4 16,6 6 Fonte: Istat, Censimenti della popolazione.

Tabella 10. Abitazioni del territorio di Minerbio per epoca di costruzione. Prima del 1919-1945 1946-1961 1962-1971 1972-1981 1982-1991 Dopo il Totale 1919 1991 215 118 178 184 238 184 191 1308 16,40% 9,00% 13,60% 14,00% 18,30% 14,10% 14,60% 100 Fonte: Istat, Censimenti della popolazione. Minerbio dal Novecento a oggi Istituzioni locali, economia e società A cura di Carlo De Maria Roma (BraDypUS) 2017 ISBN 978-88-98392-65-0 p. 105-128

Economia e società a Minerbio (1945-2017) TITO MENZANI

Gli archivi sono semplicemente l’esigenza di avere un passato in ordine. In modo che giova- ni dinamici e attivi possano scivolarvi dentro, scegliere una precisa pratica, un preciso ca- rotaggio, e riscivolarne fuori proprio con quel segmento del passato1.

Uno sguardo quantitativo

In questo capitolo si prendono in considerazione le vicende storico-economiche che hanno interessato la comunità di Minerbio dalla fne della Seconda guerra mondiale a oggi. In particolare, dopo una panoramica di carattere quantitativo, si considereranno le vicende relative ai tre macrosettori che compongono il tes- suto produttivo – agricoltura, manifattura, terziario –, facendo anche alcuni ap- profondimenti specifci sulle imprese minerbiesi. Si utilizzeranno fonti di prima mano, sia di carattere quantitativo, come i dati Istat, sia di natura qualitativa, a partire dalla documentazione contenuta nell’Archivio della Camera di commer- cio di Bologna e nell’Archivio storico comunale di Minerbio.

1 Peter Høeg, Il senso di Smilla per la neve, Milano, Mondadori, 1994, p. 83. 106 Minerbio dal Novecento a oggi

Si vogliono qui indagare i tempi e i modi di una trasformazione territoriale che nel corso del secondo Novecento ha portato ad uno sviluppo importante, ad una innovazione delle produzioni, e ad un maggiore peso specifco del comparto industriale e dei servizi. Le tabelle 1 e 2 ci danno conto del trend che ha interes- sato le imprese di questo territorio, in termini di unità locali e addetti, nei sette benchmark decennali compresi fra il 1951 e il 2011. L’aumento delle unità locali a Minerbio è stato progressivo e particolarmente signifcativo, visto che si è passati dalle 321 del 1951 alle 685 del 2011. In termini di addetti, invece, l’incremento è stato molto più cospicuo, dato che gli occupati sono saliti da 310 a 3.712. Gli aumenti più consistenti sono stati negli anni Cin- quanta, Settanta e Novanta. Dal punto di vista settoriale, si registra la scarsa incidenza dei settori agroa- limentare, estrattivo ed energetico; le costruzioni hanno mostrato una crescita abbastanza signifcativa, ma sono soprattutto il contesto industriale e le varie declinazioni del terziario ad aver assorbito la stragrande maggioranza degli ad- detti. Il comparto manifatturiero è stato contraddistinto da una crescita progres- siva davvero notevole, passando dai 248 addetti del 1951 ai 625 del 1981, fno ai 2.047 del 2011, che rappresentano il 55% di tutti gli occupati a Minerbio. Il boom dei servizi (commercio, pubblici esercizi, trasporti, credito, servizi alla persona) si è sostanziato dopo gli anni Settanta, dato che è passati dai 182 addetti del 1971 ai 1.415 del 2011, pari al 39% degli occupati nel comune.

Tab. 1 Unità locali a Minerbio per macrosettori (1951-2011)

1951 1961 1971 1981 1991 2001 2011 Agroalimentare n.d. 21 10 22 n.d. 7 3 Attività estrattiva 0 0 1 3 n.d. 1 0 Industrie 123 137 137 103 n.d. 130 113 Energia e utilities 0 2 3 2 n.d. 1 4 Costruzioni 6 15 37 57 n.d. 93 107 Commercio e riparazioni 94 149 160 154 n.d. 167 146 Alberghi, esercizi pubblici 27 21 20 25 n.d. 33 35 Trasporti, comunicazioni 43 39 42 55 n.d. 84 74 Credito, assicurazioni 3 5 6 23 n.d. 12 11 Altri servizi 25 34 30 68 n.d. 143 192 TOTALE 321 421 446 512 517 671 685

Fonte: Rielaborazioni mie dai Censimenti Istat dell’industria e dei servizi (1951-2001) Tito Menzani, Economia e società a Minerbio (1945-2017) 107

Tab. 2 Addetti alle unità locali a Minerbio per macrosettori (1951-2011)

1951 1961 1971 1981 1991 2001 2011 Agroalimentare n.d. 48 33 427 n.d. 11 3 Attività estrattiva 0 0 9 53 n.d. 10 0 Industrie 248 567 747 625 n.d. 2.182 2.047 Energia e utilities 0 24 14 21 n.d. 14 13 Costruzioni 119 116 128 247 n.d. 223 234 Commercio e riparazioni 174 301 318 336 n.d. 381 377 Alberghi, esercizi pubblici 47 42 43 81 n.d. 139 147 Trasporti, comunicazioni 82 67 78 101 n.d. 234 471 Credito, assicurazioni 7 16 19 54 n.d. 30 40 Altri servizi 33 49 42 255 n.d. 241 380 TOTALE 710 1.230 1.431 2.200 2.563 3.465 3.712

Fonte: Rielaborazioni mie dai Censimenti Istat dell’industria e dei servizi (1951-2001)

In buona sostanza, quindi, i trend macroeconomici che hanno interessato l’a- rea minerbiese appaiono lievemente disallineati rispetto a quelli che negli stessi anni hanno investito le zone limitrofe. Infatti, la crescita del settore industriale non ha un andamento parabolico con un picco fra anni Settanta e Ottanta, come nella stragrande maggioranza dei comuni della provincia, segno del fatto che il territorio minerbiese è stato attrattivo rispetto ad investimenti manifatturieri anche recenti. La terziarizzazione dell’economia, quindi, non è stata sostitutiva rispetto a un calo del settore manifatturiero, ma ha accompagnato lo sviluppo di quest’ultimo.

L’agricoltura

Il comune di Minerbio ha storicamente avuto un’attività agricola molto pronun- ciata, che ancora oggi – entro un quadro di accresciuta modernità – contraddi- stingue quest’area in maniera virtuosa. Nel secondo dopoguerra una parte con- sistente delle famiglie minerbiesi viveva in campagna e lavorava un podere2; e

2 Minerbio e dintorni, immagini di ieri: la collezione di Giorgio Boninsegni e altre raccolte locali, Minerbio, Cassa rurale ed artigiana di Minerbio, 1992. 108 Minerbio dal Novecento a oggi questo nonostante il confitto avesse avuto un impatto molto pesante sul settore agricolo. All’indomani della Liberazione, infatti, vaste aree del territorio a nord di Bologna risultavano devastate dai combattimenti e dai guasti operati dai te- deschi in fuga; numerose strutture, anche rurali, erano state distrutte da bombar- damenti e cannoneggiamenti. In molte famiglie, i lutti e i traumi provocati dal confitto erano stati consistenti, ma nel contempo il nuovo orizzonte democrati- co incoraggiava un rapido e convinto ritorno alla normalità. Il settore agricolo fu quello che prima di altri poté ritornare ai livelli produt- tivi antecedenti il confitto, ma nell’immediato dopoguerra patì una difusa e generalizzata dificoltà operativa. Poiché si trattava di un contesto direttamente legato ai consumi di prima necessità, il Comune di Minerbio e le altre autorità si attrezzarono per evitare comportamenti di carattere speculativo. I prezzi di tutti i prodotti agricoli e dei generi alimentari erano stati calmierati e il Comune ema- nava periodici «listini» nei quali erano fssati i tetti massimi per ogni articolo. In questi tarifari era anche scritto che era «assolutamente vietato l’occultamento e l’imboscamento delle merci calmierate»3. Gran parte della superfcie agricola era coltivata a cereali e a foraggio, desti- nati anche all’autoconsumo o ai bisogni dell’azienda contadina, ad esempio in relazione al nutrimento degli animali. Per il resto, spiccavano una signifcativa produzione di barbabietola e una produzione di canapa particolarmente red- ditizia, oltre a coltivazioni orticole. Minerbio era ben collegata a Bologna con una tranvia locale, la Bologna-Malalbergo, costruita nel 1891 e poi ampiamente sfruttata per trasportare le barbabietole della bassa bolognese verso lo zucche- rifcio situato fuori Porta Lame. Allo stesso tempo, la linea consentiva anche la mobilità delle persone e delle merci a favore degli stabilimenti meccanici della Casaralta, lungo via Ferrarese, nella periferia di Bologna, dove avevano trovato impiego anche diversi minerbiesi4. Nella seconda metà degli anni Quaranta, i sistemi di produzione e gli stili di vita che contraddistinguevano le aree rurali del comprensorio minerbiese erano ancora molto tradizionali. Il boom economico trasformò completamente questo mondo, e dunque le campagne degli ultimi decenni del Novecento appaiono in buona parte diferenti da quelle del secondo dopoguerra. Inoltre, la progressiva

3 Archivio storico del Comune di Minerbio (d’ora in poi Ascm), f. 1946, cat. 8-15, b. XI (agricoltura, industria, commercio), listini del 1946. 4 Nel 1957, però, la tranvia venne dismessa, con la motivazione di costi di gestione eccessivi, che potevano essere aggirati da un servizio di trasporto su gomma, più pratico e veloce. Cfr. Nico Mo- lino, Tranvie da Bologna a Malalbergo e , in “Mondo ferroviario”, 1991, n. 55 pp. 27- 29; Maurizio Panconesi, La tranvia Bologna Pieve di Cento, in “Tutto Treno”, 1994, n. 69, pp. 22-26; Maurizio Panconesi, Quando, lungo il Reno, fschiavano le vaporiere. La Ferrara-Cento-Modena e la Tramvia Bologna-Pieve di Cento, Cento, Pavé editrice, 1995; Marco Cacozza, La Tranvia Bologna- Pieve di Cento-Malalbergo, in “Tutto Treno & Storia”, 2004, n. 11, pp. 50-63. Tito Menzani, Economia e società a Minerbio (1945-2017) 109 urbanizzazione sottrasse un crescente numero di ettari coltivabili all’agricoltura, per destinarli ad insediamenti antropici di vario genere. Per questa ragione, le coltivazioni furono ridimensionate e fnirono per diventare meno importanti in confronto agli insediamenti artigianali e industriali. Il cambiamento fu comune a tutti i paesi ad economia matura ed è stato an- che defnito «grande trasformazione». Nel nostro caso specifco è possibile in- dividuare tre direttrici principali che raccontano e testimoniano questa rapida evoluzione: la prima riguarda le strutture sociali rurali e dunque la tipologia fon- diaria, la seconda il tipo di produzione agricola e le tecniche di coltivazione, il terzo il contesto collaterale di ambito zootecnico e agroalimentare. Occupiamoci innanzi tutto del tessuto rurale, che nelle campagne a nord di Bologna era composto da piccoli proprietari, da mezzadri e da afittuari, ma an- che aziende agricole più grandi che avevano bisogno di manodopera avventizia, e presso le quali operavano vari lavoratori salariati, cioè braccianti. Nel secondo dopoguerra, all’interno del territorio comunale di Minerbio, spiccavano alcune ampie tenute, come quelle dei conti Alessandro e Gian Luigi Cavazza e della contessa Letizia Isolani5. Il resto delle campagne era contraddistinto da appezzamenti più piccoli, oc- cupati da famiglie di piccoli coltivatori e di mezzadri, che erano molto spesso «allargate», ovvero comprendevano anche nonni, fratelli, zii e altri parenti. Il nu- mero di agricoltori e di lavoratori salariati si ridusse progressivamente nel corso del secondo Novecento. Lo sviluppo di attività manifatturiere e terziarie portò a un crescente abbandono delle campagne, cosicché a fne secolo si può dire che l’agricoltura fosse diventata subalterna all’industria e ai servizi nell’econo- mia locale. Inoltre, il ricambio generazionale aveva fatto sì che gli agricoltori di Minerbio fossero diferenti dai loro padri in termini di cultura agronomica e di saperi tecnico-scientifci, perché avevano potuto studiare più a lungo e ora tra- sferivano parte di questi saperi all’interno dell’azienda agricola, rendendola più eficiente, più specializzata e in defnitiva più moderna. Sul piano delle produzioni agricole e delle tecniche di coltivazione le trasfor- mazioni non furono meno importanti. In particolare si ebbe un ampio e articola- to processo di meccanizzazione delle fasi rurali, per cui i trattori rimpiazzarono la forza animale e le mietitrebbie il lavoro umano, solo per fare alcuni esempi. A Minerbio come in altri contesti limitrof, le macchine agricole erano giunte già negli ultimi anni dell’Ottocento. Nella fattispecie furono introdotte da Felice Zufi (1860-1935), ex calzolaio che aveva poi rilevato una ditta meccanica, specializzan-

5 Ascm, f. 1947, cat. 11-15, b. XI (agricoltura, industria, commercio), s.f. 9 (ammassi oleari e grani del popolo), Ruolo notifca dei contingenti di conferimento sulla produzione di grano. 110 Minerbio dal Novecento a oggi

dola nella produzione di macchine agricole6. Grazie a Zufi, a Minerbio si difusero le prime trebbiatrici, scavezzatrici e gramolatrici. Azionate da una macchina a va- pore, erano utilizzate per il grano in luglio e per la canapa in agosto7. Ma fu dopo la Seconda guerra mondiale che si ebbe un vero e proprio boom. Man mano che l’ingegneria meccanica produceva macchine agricole più evolute, queste furono progressivamente adottate dalle aziende del luogo e in defnitiva f- nirono per accrescere il processo di espulsione della forza lavoro dalle campagne. Negli anni del miracolo economico, l’agricoltura minerbiese restò caratte- rizzata da una prevalenza di produzioni cerealicole e barbabieticole, con una crescente importanza degli alberi da frutto, mentre si ridimensionava fno a scomparire la coltivazione della canapa, a seguito dell’introduzione di nuove fbre tessili, naturali e artifciali. Molti maceri furono lasciati interrare, pochi altri furono riconvertiti in vasche idriche per l’irrigazione o in allevamenti ittici. Anche la risicoltura, che in passato aveva rappresentato una signifcativa risorsa econo- mica locale, fu progressivamente abbandonata. Contemporaneamente, si ebbe una crescente importanza di alcune colture specializzate, come quella della patata, già presente ma non largamente difusa nel primo Novecento. Negli stessi anni cominciò a distinguersi anche la produ- zione di uva, sia da tavola che da vino. Molti di questi prodotti agricoli erano commercializzati nei vicini mercati cittadini, che fungevano da grandi collettori delle produzioni agricole dell’hinterland. Il censimento generale dell’agricoltura del 1982 ci dice che nel territorio comunale minerbiese operavano 372 aziende agricole, che lavoravano quasi 4.000 ettari di terra, per circa un terzo a cereali8.

Tab. 3 L’agricoltura a Minerbio (1961-1982)

1961 1970 1982 Aziende agricole 513 458 372 superfcie 3.939,97 3.892,41 3.922,00 Di cui sup. in proprietà n.d. 3.238,48 n.d. Di cui sup. in afitto n.d. 653,93 n.d. Di cui a conduzione diretta 1.198,38 1.912,90 2.285,00 Di cui a conduzione indir. 2.739,96 1.102,48 1.636,40 Di cui con altra conduzione 1,63 877,03

6 Cesare Fantazzini, Operatori economici presenti nel Castello (IV). La ditta Zufi Felice & fgli, in “Minerbio. Sagra settembrina”, 2011, pp. 45-48. 7 Luciano Maria Rossi, Il castello racconta: quattro passi per le vie del borgo tra ricordi e vecchie foto, Bentivoglio, Artiere, 2009. 8 Istat, Censimento generale dell’agricoltura, 1982. Tito Menzani, Economia e società a Minerbio (1945-2017) 111

1961 1970 1982 Di cui a cereali n.d. 879,26 1.274,64 Di cui a coltivazioni ortive n.d. 188,46 170,45 Di cui a foraggi n.d. 681,06 578,20 Di cui a vite n.d. 53,34 50,19 Di cui a frutteto n.d. 780,88 498,71 N. di bovini n.d. 2.596 2.502 N. di ovini n.d. n.d. 465 N. di suini n.d. n.d. 6.917

Nota: Nei dati Istat, i terreni a mezzadria o colonìa parziaria sono considerati «in proprietà», perché riferiti al concedente. La conduzione indiretta è con braccianti o compartecipanti Fonte: Rielaborazioni mie dai Censimenti generali Istat dell’agricoltura (1960-1982)

L’ultima direttrice della trasformazione rurale in questione è quella che ha in- teressato i comparti collaterali a quello agricolo vero e proprio, e cioè l’alleva- mento e l’agroalimentare. Nella società tradizionale, gli animali svolgevano tre funzioni principali all’interno dell’azienda contadina. Erano utilizzati come forza motrice – in particolare i bovini e gli equini –, producevano letame impiegato per concimare i terreni, e fornivano prodotti per l’alimentazione come il latte, le uova e la carne. Quindi, in quasi tutte le aziende contadine minerbiesi degli anni Quaranta e Cinquanta, si poteva trovare una stalla con mucche e buoi, e maga- ri un asino o un cavallo, ma anche una porcilaia con maiali e scrofe, e recinti con galline, oche, tacchini e conigli. Una parte dei prodotti alimentari derivanti dall’allevamento erano destinati all’autoconsumo, mentre la quota eccedente era commercializzata. Il censimento generale dell’agricoltura del 1982 ci dice che i capi di bestiame delle aziende agricole e zootecniche minerbiesi si aggira- va attorno alle 10.000 unità, per il 70% suini, il 25% bovini e il 5% ovini9. La modernizzazione del comparto zootecnico ha ampiamente rivisto questi assetti, e la stalla è diventata un contesto più razionale dove gli animali seguono precisi iter di crescita prima di essere abbattuti. La produzione lattiero-casearia e di uova è molto più orientata alla commercializzazione, così come le carni bovine, suine e avicunicole sono per lo più destinate alla vendita entro circuiti in grado di valorizzare la qualità di una produzione zootecnica moderna. Negli anni Novanta e Duemila l’agricoltura di Minerbio si è in parte legata alla cultura del «chilometro zero», dello slow food e del biologico. Tutto ciò ha avuto un importante output in termini di turismo enogastronomico, con l’apertu- ra di ristoranti e trattorie tipiche e di alcuni agriturismi, che in vari casi sono stati

9 Istat, Censimento generale dell’agricoltura, 1982. 112 Minerbio dal Novecento a oggi un’evoluzione di aziende agricole tradizionali. Il mercato di riferimento è per lo più quello provinciale, in particolare orientato verso la città di Bologna, per una clientela interessata più alla qualità che alla convenienza in termini di prezzo, e alla ricerca di sapori e aromi del tutto diversi da quelli degli alimenti industriali.

L’industria

Nel corso del primo Novecento e ancor più tra le due guerre il settore manifat- turiero minerbiese godette di un primo timido sviluppo, in massima parte com- plementare alle attività di campagna, e quindi con produzioni agroalimentari e di macchine e attrezzature agricole. Fra le ditte artigiane ricordiamo le falegna- merie Bolognesi e Villani, ambedue molto conosciute anche al di fuori del terri- torio minerbiese, e la tipografa Bevilacqua-Lombardini, oggi nota come Società editrice periodici enti locali (Sepel), specializzata in prodotti rivolti al settore dei servizi demografci dei comuni; in particolare pubblica la rivista “Lo Stato Civile Italiano”, che con i suoi attuali 3.800 abbonati costituisce un punto di riferimento per quanti operano in questo comparto10. Degne di menzione sono anche tre ditte che realizzavano botti, e cioè la Minelli, la Roda e la Carpani, eredi di una lunga tradizione di bottai minerbiesi11. La guerra interruppe questa crescita del settore manifatturiero e molti stabi- limenti subirono danni particolarmente signifcativi. Subito dopo la Liberazione, quindi, varie produzioni non poterono tornare immediatamente in attività e si presentò il problema della disoccupazione della forza lavoro, presto risolto con l’impiego degli ex operai nel ripristino delle strutture danneggiate dal confitto. Il problema principale restava quello della disoccupazione, tanto che nelle delibere della giunta comunale del 27 maggio 1945 già si può leggere che occor- reva lavorare «per un maggiore incremento dell’industria locale», per cui si in- vitava il sindaco a interessarsi perché «le ditte Dall’Ara e Bertagni costrui[ssero] in Minerbio i progettati rispettivi due stabilimenti»12. In realtà questi progetti sfu- marono perché la Fabbrica maglierie Dall’Ara Renato, di proprietà dell’allora

10 Cesare Fantazzini, Operatori economici presenti nel Castello (II). La ditta Bevilacqua-Lombardi- ni, in “Minerbio. Sagra settembrina”, 2009, pp. 45-48. 11 Cesare Fantazzini, Operatori economici presenti nel Castello (I), in “Minerbio. Sagra settembri- na”, 2008, pp. 45-48. 12 Ascm, Registro delle deliberazioni della giunta comunale, 27 maggio 1945. Tito Menzani, Economia e società a Minerbio (1945-2017) 113 presidente del Bologna Football Club, rimase nello stabilimento felsineo di via Cesare Boldrini, mentre il Pastifcio Bertagni rilevò solamente i macchinari del pastifcio minerbiese Tancredi Zanetti, che aveva chiuso i battenti da poco a se- guito della morte del titolare13. Nel giro di alcuni mesi la situazione lavorativa poté dirsi molto meno grave. Nel frattempo, infatti, anche il tessuto manifatturiero di Minerbio era tornato ad essere operativo. La dimensione industriale divenne ancor più esplicita nel corso del miracolo economico, quando varie aree del territorio comunale fu- rono progressivamente destinate ad ospitare zone artigianali e industriali14. Era soprattutto il settore meccanico a fungere da traino, in linea con un tessuto pro- duttivo provinciale fortemente orientato verso la motoristica e il packaging. Ma non mancavano imprese di altri ambiti merceologici. Si trattava per lo più di piccole e medie aziende, in tanti casi a conduzione famigliare, capaci però di valorizzare la propria fessibilità, per stare su mercati non legati a prodotti di massa o standardizzati. Successivamente si sono collo- cate a Minerbio alcune unità locali di imprese multinazionali, che hanno scelto questo territorio per la qualità dei servizi e per il buon livello del capitale umano. Fra queste ricordiamo innanzi tutto la Caterpillar, impresa statunitense leader nella produzione di veicoli e macchinari per le costruzioni e per l’estrazione, che a Minerbio ha uno stabilimento dove lavorano circa 200 addetti. Ma va menzio- nata anche la Ammeraal Beltech, impresa olandese conosciuta nel mondo per la produzione dei nastri trasportatori e di processo, che a Minerbio ha uno dei suoi sei poli produttivi, con circa 140 lavoratori. Anche se a Minerbio non è riconoscibile un vero è proprio distretto, nel sen- so che non c’è una produzione distintiva caratteristica, le sue aree industriali si sono segnalate per essere un crocevia di reti formali e informali, di rapporti di subfornitura, di ditte artigiane o comunque medio-piccole, ma in grado di fare esportazione, di saperi tecnici all’avanguardia e di culture del lavoro che hanno contribuito al benessere della comunità locale15. In questo paragrafo daremo conto di alcune fra le principali e più interessanti storie di imprese manifatturiere di questo territorio, sia con l’intento di raccon- tarne le singole vicende, che con quello di spiegare l’evoluzione economica-pro- duttiva di questa comunità.

13 Rossi, Il castello racconta, cit. 14 Stefano Magagnoli, Tra dopoguerra e ricostruzione: le politiche amministrative del Comune di Castel Maggiore, 1946-1956, Modena, Mucchi, 1994. 15 Cento fabbriche nei comuni di Calderara e di Castel Maggiore: le esperienze e i risultati dell’in- tervento del sindacato nella politica del territorio, Bologna, Grafcoop 1974. 114 Minerbio dal Novecento a oggi

Iniziamo dalla Efer, che nacque a Minerbio nel 1965, come impresa meccanica per la produzione di gru e di altre tecnologie analoghe16. Il nome della ditta fu derivato dal verbo latino efero, che signifca appunto sollevare. Nel 1969 creò una gru con momento di sollevamento di 40 tonnellate per metro, e interamente in acciaio, che rappresentava una novità assoluta per l’epoca. Otto anni più tardi, per il mercato russo, fu realizzato un altro esemplare assolutamente innovativo e cioè una gru da 110 tonnellate per metro, munita di radiocomando. Forte di un importante e acclarato successo commerciale, nel 1986 creò la Divisione marina, che si occupava della realizzazione di gru per porti, moli, navi, piattaforme e simili. La capacità di innovare non venne meno e nel 1998 all’appuntamento feri- stico del Salone internazionale dell’edilizia e delle costruzioni (Saie) di Bologna, la Efer presentò la più grande gru per autocarro mai realizzata, con capacità di sollevamento di 200 tonnellate per metro, con braccio a sei sfli idraulici, e con un braccio articolato aggiunto (detto jib) che consentiva di raggiungere un’altez- za di lavoro di 50 metri. All’inizio del nuovo millennio, la Efer lanciò in esclusiva mondiale dei nuovi bracci con sezione decagonale, che consentivano di sfruttare al massimo le doti meccaniche degli acciai ad alto limite di snervamento, diminuendo il peso della gru. Inoltre, veniva realizzato il cosiddetto sistema wind&drive, che rendeva im- mediato il passaggio tra gru al gancio e gru al verricello grazie ai componenti integrati che consentivano un risparmio di tempo, una maggiore facilità di lavo- ro, e una più ampia sicurezza. Nel 2005 l’impresa è stata acquistata dal gruppo Cte, leader nella produzio- ne e commercializzazione di piattaforme aeree ed elevatori per l’edilizia. Oggi Efer ha quattro stabilimenti – a Minerbio, dove è rimasta la sede, a Castel Mag- giore, ad Argelato e a Taranto17 – ed è in grado di realizzare un’ampia gamma di gru, con capacità di sollevamento da 2 a 300 tonnellate per metro, per oltre 40 modelli in produzione. Molti sono anche i progetti per gru speciali, per tecnolo- gie personalizzate e per gru idonee a lavorare in ambiente marino18. Un’altra azienda storica di Minerbio è la Reglass, nata nel 1977, ma le cui ra- dici afondano nel 1911, quando la famiglia Pirazzini fondò la Manifattura vetro resina (Maver). Da questa esperienza sarebbe poi nata la Reglass, specializzata

16 Archivio della Camera di commercio di Bologna (d’ora in poi Accb), registro imprese, n. rea 452179. 17 Ibid. 18 Matteo Bonfglioli, Massino Jesi, Roberto Meneghinello, The Efer case. “From metal-sheet cut- ting to the fnished crane in a fortnight”, in Romano Bonfglioli (a cura di), Lean thinking success in . Five best-in-practice cases to build a competitive company, Bologna, Bonfglioli consulting, 2005, pp. 107-128. Tito Menzani, Economia e società a Minerbio (1945-2017) 115

nella produzione di canne da pesca in fbre di carbonio19. Dalle canne da pesca è poi passata agli alberi delle tavole da windsurf, fno ad articoli molto più so- fsticati. Negli anni Duemila e successivi ha realizzato prodotti in carbonio per il settore automotive e aerospaziale, collaborando con realtà di spicco come Lamborghini e Alenia. Nel 2012, poi, è entrata nel settore delle costruzioni grazie alla realizzazione di Sismocell, un dispositivo in acciaio e carbonio pensato per il miglioramento sismico dei prefabbricati. Più di recente ha realizzato un sistema per la messa in sicurezza della Pietà Rondanini di Michelangelo, a Milano, e so- prattutto è entrata nel mercato della subfornitura delle stampanti. Attualmente, forte di quasi cento addetti e di un export in grande crescita, vanta un fatturato di circa venti milioni di euro20. Invece, la Renner Italia, che produce vernici, ha una storia abbastanza pecu- liare. È stata fondata nel 2004 da Lindo Aldrovandi, ex amministratore delegato della Sayerlack di Pianoro. Infatti, quando nel 2003 quest’ultima azienda fu rile- vata da una multinazionale statunitense, Lindo Aldrovandi fu licenziato:

Mi era crollato il mondo addosso, mi sono ritrovato a 51 anni senza lavoro, con una famiglia da mantenere e per di più quando l’azienda andava bene, era arrivata a 100 milioni [di euro di fatturato]. Però ringrazio questi americani che hanno avuto tanto acume da licenziarmi: mi hanno permesso di vivere i tredici anni più belli della mia vita. C’è una soddisfazione enorme a partire da zero e arrivare a questi livelli21.

Infatti, Lindo Aldrovandi decise di fondare una nuova azienda nella sua Minerbio. Dopo aver coinvolto nell’operazione alcuni importanti azionisti, nonché alcu- ni ex collaboratori che avevano scelto di fuoruscire dalla Sayerlack, nasceva la Renner Italia, specializzata in vernici per legno22. Oggi, forte di oltre 200 dipen- denti, l’azienda ha raggiunto un fatturato di cento milioni di euro. Inoltre si è distinta per una convinta attenzione alla responsabilità sociale – sostiene varie associazioni non proft – e per innovative forme di co-partnership. In particolare, dal 2009 una parte di utili è distribuita anche ai dipendenti e dal 2012 i medesimi ricevono anche il 50% del risparmio energetico. Come anticipato, a Minerbio ci sono numerose imprese del settore meccani- co. Tra queste ricordiamo la Industry automation manufacturing services, nota anche come Industry Ams o più semplicemente Ams, che progetta e realizza si-

19 Accb, registro imprese, n. rea 218671. 20 Mara Pitari, Dalla pesca alla Pietà Rondanini. I miracoli al carbonio di Reglass, in “Corriere della Sera. Imprese, Emilia-Romagna”, 29 giugno 2015. 21 «Grazie a chi mi ha licenziato». E Aldrovandi investe ancora, in “Il Corriere di Bologna”, 22 di- cembre 2016. 22 Accb, registro imprese, n. rea 439235. 116 Minerbio dal Novecento a oggi stemi di automazione industriale per la sicurezza stradale e per l’industria auto- mobilistica, e che nacque nel 1969 per iniziativa di Pasquale Impero, con il nome di Oficine meccaniche Impero; la Bl Bag Line, del gruppo pianorese Cam, nata nel 1980 e che realizza insaccatrici e pallettizzatrici; la Italfarad, nata nel 1950, che è specializzata nella produzione di condensatori elettrici per impieghi ge- nerali in corrente alternata, quali il rifasamento lampade, l’utilizzo permanente sui motori e il rifasamento industriale; la Mdm Metrosoft che dal 1984 opera nel settore metrologico, con lo scopo di ideare e progettare programmi e sistemi di misura per il mercato internazionale; e infne la Gmp, azienda metalmeccanica nata nel 1979 per iniziativa di Gabriele Biondi, che si occupa di tranciatura e stampaggio lamiere. Inoltre, alcune altre imprese minerbiesi operano in settori contigui a quello meccanico. Tra queste vogliamo menzionare la Nuova Rfm – acronimo di «re- cupero materiali ferrosi» – che appunto si occupa di riciclaggio di rottami; la Cromonichel, le cui origini risalgono agli anni Cinquanta, attiva nelle cromatura, nichelatura, doratura e nelle lavorazioni galvaniche in genere; la Roveri, nata nel 1969 e attiva nel settore della verniciatura con polveri; la Bianchi, anch’essa atti- va nel settore delle verniciature industriali, nata nel 1955 a San Giorgio di Piano, e – dopo trasferimenti di sede – insediatasi a Minerbio nel 2004; la Trattamenti superfciali dei metalli (Tsm), che è relativamente più giovane rispetto ad altre ditte minerbiesi, ma che si è già costruita un’ottima reputazione. Negli altri comparti produttivi, invece, meritano di essere ricordate le Steri- genics Italy, nata nel 1969 con il nome di Gammard Italia, che nel giro di alcuni decenni divenne la più importante società italiana nel settore della sterilizza- zione industriale attraverso l’utilizzo – come suggerisce il nome – dei raggi gam- ma, prima di essere acquisita nel 2014 dalla multinazionale statunitense Steri- genics23; la Inver, importante azienda di vernici nata nel 1934 a Bologna, dove ha tuttora sede, ma che dal 1988 ha in Minerbio un importante stabilimento; la First Class, che dal 1976 opera nella serigrafa e nel ricamo sui tessuti, dove ha sviluppato importanti competenze nella stampa sublimatica e nell’applicazione di borchie e strass a caldo; la Tecnessenze, fondata da Gianfranco Roncarati, pro- veniente dalla Drey’s Italia di , che dal 1984 produce una vasta gamma di aromi per l’industria alimentare, salata e dolciaria, e per la zootecnia; la The-ma, nata nei primi anni Ottanta nel Triveneto, dove ancora oggi ha due stabilimenti, e dal 2004 presente anche a Minerbio, dove si occupa di distribuzio- ne e trasformazione di nastri adesivi e simili. Tra le imprese che non sono più a Minerbio ricordiamo la Paioli meccanica (Pm), specializzata in sospensioni per motocicli, che ebbe il proprio stabilimento

23 Gammarad Italia entra nel gruppo Sterigenics, in “Il Resto del Carlino”, 5 novembre 2014. Tito Menzani, Economia e società a Minerbio (1945-2017) 117 a Minerbio fra il 1990 e il 2013 – prima di essere liquidata –, e le cui origini risal- gono a un negozio di ricambi aperto a Bologna nel 191124, e la GeTech, nata nel 1999 e trasferitasi nel 2012 a Villanova di Castenaso, dove continua a produrre articoli tecnici industriali, in particolare supporti e lastre antivibranti. Va ricor- data, infne, l’attività estrattiva del gas metano, che tra anni Sessanta e Ottanta ebbe una notevole importanza a livello locale25. Attualmente, la Stogit, società del gruppo Snam che si occupa di gas naturale, sta utilizzando l’ex giacimento di metano, quale «serbatoio» nel quale stoccare il gas durante i mesi estivi ed estrarlo durante quelli invernali, quando la domanda è maggiore26.

Il terziario

Negli ultimi decenni del Novecento, il terziario ha conquistato una centralità eco- nomica assolutamente non prevedibile all’inizio del secolo, non solo in Italia ma in tutto il mondo industrializzato27. In riferimento al territorio di Minerbio, ci inte- ressa analizzare le trasformazioni che riguardarono i servizi dalla Seconda guerra mondiale a oggi, nella consapevolezza di non trattare un segmento economico trascurabile o di minore importanza rispetto agli altri. Si è soliti dividere il terziario in tre ambiti, e cioè il commercio, il credito, e i servizi all’impresa e alla persona. Iniziamo proprio dal settore commerciale, che nel secondo dopoguerra era caratterizzato da una pletora di negozi tradizionali, dislocati per lo più nel cen- tro storico del paese, ma anche a Ca’ de’ Fabbri, a San Giovanni in Triario e nelle altre località del territorio comunale. Si trattava di esercizi commerciali per la vendita di generi alimentari, di prodotti per la casa o per la persona, di abbiglia- mento, di strumenti o attrezzi da lavoro, e simili; attività sottoposte a licenza da parte dello Stato, quasi sempre con una gestione di carattere famigliare, con i coniugi che si alternavano in negozio, a volte coadiuvati da fratelli, cugini e fgli,

24 Enrico Rufini, Dai garibaldini alle telescopiche, in “Legend Bike”, n. 121, 2002, pp. 56-63; Enrico Rufini, Paioli, una realtà nel campo delle sospensioni, in “Legend Bike”, n. 122, 2002, pp. 46-53. 25 Valtro Bolelli, Giorgio Fresia, Giovanni Di Gloria, Minerbio: a giant natural gas storage feld, Pa- rigi, International gas union, 1985. 26 Stoccaggio gas e attività sismica: Minerbio scelta per monitoraggio sperimentale, in “Bologna Today”, 4 maggio 2016. 27 Patrizia Battilani, L’emergere dell’economia postmoderna, in Patrizia Battilani, Giuliana Berta- gnoni (a cura di), Competitività e valorizzazione del lavoro. Il Consorzio Nazionale dei Servizi (1977- 2007), Bologna, Il Mulino, 2007, pp. 29-95. 118 Minerbio dal Novecento a oggi o in altri casi da dipendenti senza legami parentali. Molto spesso erano esercizi che passavano di generazione in generazione, o che comunque venivano ven- duti e comprati senza che vi fosse una radicale trasformazione o innovazione di quel tipo di servizio, che consisteva nel cercare di accontentare la clientela con prodotti di buona qualità a prezzo conveniente. Questo assetto fu profondamente scompaginato dalla difusione di un nuovo tipo di punto vendita, e cioè il supermercato. A tal proposito, vari studiosi hanno utilizzato l’espressione «rivoluzione commerciale»28. Il supermercato è un eser- cizio contraddistinto dal self-service, che lo rende strutturalmente diferente dal negozio tradizionale, perché distribuito su una superfcie molto più grande, e con un diferente utilizzo del personale, sollevato dal compito di dare materialmente i prodotti ai clienti. Il primo supermercato italiano fu aperto nel 1957, a Milano, a insegna Supermercati italiani, nome successivamente cambiato in Esselunga. Dal punto di vista socio-economico, la gestione del supermercato si abbinava a una serie di politiche commerciali assolutamente nuove, che facevano leva su- gli studi comportamentali e dovevano necessariamente tenere conto dei concetti di praticità e di immagine. Ma soprattutto, il taglio dei costi di personale e le poli- tiche di approvvigionamento – con un rapporto diretto, non mediato dal grossista, tra produttori e grande distribuzione organizzata – consentirono a queste realtà di praticare dei prezzi molto più convenienti nei confronti dei consumatori29. Il primo moderno supermercato di Minerbio risale agli anni Ottanta, quando fu aperto sotto l’insegna Coop30. Oltre alla cooperazione di consumo è presente anche la catena Crai. Nella fase a noi più vicina, dagli anni Ottanta a oggi, questo processo ha fatto registrare alcune trasformazioni ulteriori, con la progressiva comparsa di hard discount, di ipermercati, di centri commerciali. Al momento, però, Minerbio è stato interessato marginalmente da queste dinamiche, nel sen- so che tali strutture di vendita sono comparse nei territori limitrof, attirando anche una parte di clientela minerbiese. Veniamo ora ad afrontare la questione del credito, la cui storia recente è in genere divisa in tre fasi. La prima è quella del ventennio che intercorre tra la Liberazione e la metà degli anni Sessanta, durante la quale l’economia dell’area a nord di Bologna si divise tra l’agricoltura e circostanziate esperienze in ambito commerciale e industriale. Dunque, non si ebbero le condizioni per uno sviluppo di operazioni importanti di credito né per l’avvio di una qualche attività afaristi-

28 Emanuela Scarpellini, La spesa è uguale per tutti: l’avventura dei supermercati in Italia, Venezia, Marsilio, 2007. 29 Emanuela Scarpellini, Comprare all’americana: le origini della rivoluzione commerciale in Italia, 1945-1971, Bologna, Il Mulino, 2001. 30 Alessandro Albertini (a cura di), Regione Emilia-Romagna, servizio commercio. Repertorio delle medie e grandi strutture di vendita al dettaglio, Bologna, Regione Emilia-Romagna, 1990, p. 124. Tito Menzani, Economia e società a Minerbio (1945-2017) 119 ca legata all’utilizzo di prodotti fnanziari. L’attività dei pochi istituti bancari che insistevano sull’area minerbiese – tra i quali spiccava la Cassa rurale depositi e prestiti di Minerbio con Triario, della quale si dirà meglio nel prossimo paragra- fo31 – rimase prevalentemente rivolta alle piccole sovvenzioni alle imprese e allo sviluppo del risparmio. La fase successiva va dalla metà degli anni Sessanta all’inizio dei Novanta, ed è contraddistinta da un aumento molto signifcativo dell’attività creditizia. Il pro- cesso di industrializzazione del territorio rese gli sportelli bancari un ingrediente cruciale del processo di sviluppo. Gli istituti di credito divennero i co-protagoni- sti di un percorso di crescita dell’economia locale che non aveva precedenti32. La terza e ultima fase è quella inaugurata dalla riforma bancaria del 1993, con l’approvazione di un testo unico che ridisegnò i confni dell’attività crediti- zia. In particolare si introdussero incentivi alla formazione di gruppi, ma si cercò anche di rendere questo genere di mercato più concorrenziale. Una delle norme più importanti e innovative all’interno del testo unico è l’art. 10, che modifcò il signifcato di banca, defnendo il carattere imprenditoriale dell’attività – quando, in precedenza, era un ente emanazione dello Stato o sotto lo stretto controllo di quest’ultimo –, consistente nella raccolta di risparmio tra il pubblico e l’eser- cizio del credito. Nell’immediato, non si ebbero grandi sconvolgimenti nell’area qui considerata, se non una più accentuata concorrenza. Attualmente, oltre a Emil Banca, erede della tradizione della Cassa rurale, sono presenti sul territo- rio minerbiese la Cassa di risparmio di Bologna, la Banca popolare dell’Emilia- Romagna e Unicredit33. Il vasto ed eterogeneo comparto del terziario generalmente noto come ser- vizi all’impresa e alla persona rappresenta storicamente uno dei terreni econo- micamente più vivaci degli ultimi decenni. Si tratta di un contesto merceologico che racchiude servizi di vario genere – la logistica, le pulizie, le manutenzioni, la ristorazione aziendale o la vigilanza – e che come tale è stato assolutamente marginale prima del miracolo economico. Invece, dagli anni Settanta in poi, si ebbe un forte processo di outsourcing, che fece sorgere società specializzate nei comparti sopra richiamati, perché dette funzioni non venivano più svolte in- ternamente all’azienda. A Minerbio, fra le altre, spiccano due imprese di questo comparto. La Due torri, nata nel 1974, che opera nella logistica integrata, con una elevata specializzazione nei processi di magazzino, nel controllo dei fussi

31 Gli altri istituti di credito erano la Cassa di risparmio di Bologna, la Banca agricola mantovana e il Credito romagnolo. 32 Leandro Conte, Giandomenico Piluso, Gianni Toniolo, Credito e cooperazione: la singolare storia della Banca popolare dell’Emilia Romagna, Bologna, Il Mulino, 2009. 33 Giampaolo Venturi, Storia del Credito romagnolo, Roma-Bari, Laterza, 1996; Angelo Varni, Storia della Cassa di risparmio in Bologna, Roma-Bari, Laterza, 1998. 120 Minerbio dal Novecento a oggi di distribuzione, e nella progettazione di servizi personalizzati. E la Nouvelle che dal 1984 si occupa di comunicazione e marketing, forte di un team di professio- nisti altamente qualifcati.

Il movimento cooperativo

Il movimento cooperativo continua a vivere una straordinaria stagione di viva- cità imprenditoriale, che in Italia lo rende protagonista o coprotagonista in vari comparti economici, dall’agroalimentare alle costruzioni, dalla grande distribu- zione ai servizi, dal credito alle assicurazioni. L’Emilia-Romagna è indubbiamen- te una delle culle storiche della cooperazione, e dal tardo Ottocento ad oggi ha visto intrecciarsi, sovrapporsi e consolidarsi diversi percorsi di maturazione imprenditoriale autogestita, cosicché ancora oggi le principali e più grandi coo- perative italiane sono quasi tutte concentrate in questa regione. Storicamente, fra alterne vicende, un tessuto di piccoli e medi sodalizi, distribuiti capillarmente e ben radicati sul territorio si è via via rinnovato e irrobustito attraverso vari li- velli di unifcazione o reinvestendo ciclicamente i proventi della propria attività, per cui anno dopo anno, bilancio dopo bilancio, si sono originate cooperative di rilevanza nazionale34. Minerbio è uno dei comuni nei quali, storicamente, questa attività coopera- tiva si è declinata con un certo vigore, e ancora oggi hanno sede in questo terri- torio varie cooperative (tabella 3). Non solo, ma a Minerbio hanno storicamente operato cooperative di diferente orientamento politico e dunque aderenti a tut- te e tre le storiche centrali del movimento: Legacoop, di tradizione socialista e comunista, Confcooperative, di orientamento cattolico, e Agci, di cultura social- democratica e repubblicana. Tra i principali animatori del movimento cooperativo minerbiese va ricordato Giovanni Bersani (1914-2014)35, avvocato e intellettuale bolognese, senatore e par- lamentare europeo tra le fla della Democrazia cristiana, nonché fgura internazio-

34 Tito Menzani, La cooperazione in Emilia-Romagna. Dalla Resistenza alla svolta degli anni Set- tanta, Bologna, Il Mulino, 2007. Più in generale, sulla storia del movimento cooperativo cfr. Massimo Fornasari, Vera Zamagni, Il movimento cooperativo in Italia: un proflo storico-economico (1854- 1992), Firenze, Vallecchi, 1997. 35 Walter Williams, Il sistema cooperativo creato da Bersani, in Giovanni Bersani: una vita per gli altri. Un grande testimone del cattolicesimo sociale italiano, Bologna, Bononia università press, 2015, pp. 121-166. Tito Menzani, Economia e società a Minerbio (1945-2017) 121 nale di spicco. A Bersani si deve la felice intuizione che portò alla nascita della Co- operativa produttori bietole, meglio nota come Coprob, ovvero uno zuccherifcio che attualmente produce quasi 300.000 tonnellate di prodotti saccariferi all’anno. Fondato nel 1962 con l’obiettivo di tutelare i redditi dei produttori bieticoli locali, Coprob è diventato un caso di successo noto a livello internazionale. Attualmente ha 5.700 soci, 270 dipendenti, e un fatturato da 200 milioni di euro36. Inoltre è a capo di un gruppo che comprende anche Italia zuccheri commerciale, anch’essa con sede a Minerbio. Oltre ad essere l’unico zuccherifcio in forma cooperativa in Europa, Coprob è anche la principale cooperativa di questo territorio. Sempre a Bersani si deve la creazione di organizzazione non governativa de- nominata Comitato europeo di formazione agraria (Cefa), fondata nel 1972 a Minerbio, in località Pratogrande, da cinque cooperative37. Il Cefa, ancora oggi esistente ma con sede a Bologna, ebbe una funzione nella formazione e nella ri- cerca in ambito agricolo, in stretta collaborazione con il mondo legato a Confco- operative e più in generale con le strutture di orientamento cristiano38. Dal 1978, questa vocazione avrebbe avuto sempre più la caratteristica di interventi a van- taggio di paesi in via di sviluppo, in particolare africani39.

Tab. 4 Le imprese cooperative a Minerbio (1945-2017)

Denominazione Fondazione Cessazione Settore Centrale Primo Cassa rurale dep. e pres. di 10.03.1905 in attivitàA credito Confcoop. Carlo Rossi Minerbio con Triario Soc. an. coop. falegnami 15.07.1937 11.11.1974 manifatt. Legacoop Achille Gaiba ebanisti afini (Sacfea) Cooperativa automobilisti- 17.06.1945 19.03.1948 trasporti n.d. Nello Pasquali ca minerbiese (Cam)

36 Claudio Gallerani, Modernità, flosofa e performance del modello cooperativo nel mercato saccarifero, in Roberto Faben (a cura di), Zucchero Italiano. Una storia nobile, una sfda nuova, Roma, Donzelli, 2012, pp. 55-77; Walter Williams, Coprob: 50 anni di zucchero cooperativo italiano, Bologna, Minerva, 2013. Cfr. anche Paola Emilia Rubbi, Oriano Tassinari Clò, Lo zucchero coopera- tivo: compie 30 anni la Coprob di Minerbio, Minerbio, Coprob, 1993. Sull’importanza dello zucchero nell’economia emiliano-romagnola e nazionale, cfr. Maria Elisabetta Tonizzi, L’industria dello zuc- chero. La produzione saccarifera in Italia e in Europa, 1800-2000, Milano, Franco Angeli, 2001. 37 Il Consorzio interprovinciale delle cooperative agricole (Cica), la Cooperativa agricola tra i soci delle Acli di Pieve di Cento, la Cooperativa agricola tra i soci delle Acli di San Pietro in Casale, la Cooperativa agricola San Giovanni Battista di Palata Pepoli, la Cooperativa agricola Santa Croce di Portonovo di Medicina. 38 Roberto Barbieri, Il Centro di formazione agricola di Pratogrande a Minerbio, Bologna, Girotti, 1972; Centro di formazione agricola europea (Cefa) Pratogrande di Minerbio (Bologna): 1967-1977, Bologna, Cefa, 1977. 39 Francesco Tosi, Il mondo è il mio villaggio: la cooperazione internazionale e la creazione del Cefa, in Giovanni Bersani: una vita per gli altri, cit., pp. 227-266. 122 Minerbio dal Novecento a oggi

Denominazione Fondazione Cessazione Settore Centrale Primo Coop. di consumo del popo- 22.07.1945 in attivitàB commercio Legacoop Orlando Calori lo di Minerbio Cooperativa comunale 23.09.1945 27.03.1986C costruzioni Legacoop Albino Silvagni muratori di Minerbio Coop. di consumo del popo- 30.09.1945 27.05.1984 commercio Legacoop Guido Forni lo di Ca’ de’ Fabbri Cooperativa agricola del 29.12.1945 In attivitàD agroalim. Legacoop Ettore Trom- comune di Minerbio betti Cooperativa Gargiolai di Ca’ 01.09.1946 21.12.1953 manifatt. n.d. n.d. de’ Fabbri Cooperativa ortofrutticola 28.06.1947 08.03.1958 agroalim. n.d. n.d. minerbiese Coop. dello spettacolo e del 26.06.1948 29.10.1964 cultura n.d. n.d. turismo di Minerbio Cooperativa agricola capo- 26.12.1949 In attivitàE agroalim. Agci Albino Silvagni luogo Minerbio Cooperativa agricola fra 07.06.1950 23.11.1968 agroalim. Confcoop. Leone Cinti soci Acli di Minerbio Coop. agr. S. Martino dei 18.03.1951 In attività agroalim. Agci Amleto Trom- Manzoli di Minerbio betti Cooperativa agricola piccoli 23.03.1952 12.02.1958 agroalim. Legacoop Mario Landi e medi produttori Coop. agr. picc. prod. S. 03.06.1955 16.03.1963 agroalim. n.d. Ivo Pancaldi Giovanni e S. Martino Coop. frazionale piccoli e 14.12.1955 05.04.1968 agroalim. n.d. Mario Bacilieri medi prod. agr. di M. Cooperativa edifcatrice 11.03.1957 25.01.1984 abitazione n.d. Gialmo Tassoni Minerva Soc. coop. intercomunale 09.07.1960 27.03.1986F manifatt. Legacoop Lino Minini falegnami (Scif) Coop. di consumo Achille 07.07.1961 25.05.1972 commercio Confcoop. Gino Mattioli Grandi fra soci Acli Cooperativa ortofrutticolto- 15.12.1961 27.01.1978 agroalim. n.d. Paolo E. Ca- ri di Minerbio vazza Cooperativa ortofrutticola 29.12.1961 22.11.1974 agroalim. n.d. Enrico Landi Val di Savena Cooperativa edilizia Filippo 16.02.1962 03.01.1977 abitazione Agci Bruno Zuppiroli Turati per brac. agr. Cooperativa edifcatrice 11.07.1962 24.03.1971 abitazione n.d. Norberto Rocca Acli Pratogrande Coooperativa produttori 21.12.1962 In attività agroalim. Confcoop. Claudio Galle- bietole (Coprob) rani Cooperativa edifcatrice San 26.03.1963 n.d. abitazione Confcoop. Gino Nardi Vincenzo Ferreri Tito Menzani, Economia e società a Minerbio (1945-2017) 123

Denominazione Fondazione Cessazione Settore Centrale Primo Frutticultori associati di 09.03.1967 n.d. agroalim. n.d. Dionigio Rossi Minerbio (Frasmi) Cooperativa edilizia miner- 27.03.1970 20.02.1985G abitazione Confcoop. Angelo Monti biese Cooperativa edilizia Spe- 28.11.1970 08.06.1977 abitazione Confcoop. Sante Milane- ranza schi Cooperativa edilizia Giusep- 10.11.1971 06.02.1989 abitazione Agci Libero Magri pe Alberani Cooperativa autotrasporti 29.03.1973 In attivitàH trasporti Legacoop Giuseppe Forni Minerbio Cooperativa acquisti Miner- 22.01.1976 09.02.1993 commercio Confcoop. Rino Zuppiroli bio (Cam) Cooperativa vivaisti di 14.10.1979 n.d. servizi n.d. Claudio Mon- Minerbio (Covim) tanari Cooperativa agricola Bassa 05.07.1980 04.02.1984 agroalim. n.d. Mauro Mandini Bolognese Cooperativa edilizia San 30.01.1983 21.10.1984 abitazione n.d. Claudio Ma- Giovanni Bosco gagni Cooperativa L’Orto 07.04.1984 In attività sociale Legacoop Fabrizia Carlini Cooperativa Vigor-P. 29.06.1987 20.11.2001 n.d. n.d. Massimo Man- tovani Cooperativa Emilfdes 05.05.1992 In attività servizi n.d. n.d. Cooperativa Scavi impianti 19.07.2011 In attività costruzioni n.d. n.d. fognature Cooperativa Logica Service n.d. 08.07.2016 trasporti n.d. n.d.

Avvertenza: Sono contemplate solo le cooperative che hanno o hanno avuto sede legale nel Comune di Minerbio, e non quelle che hanno mantenuto qui la sede amministrativa o una unità locale. Nota (A): Nel 1973, la cassa rurale di depositi e prestiti di Minerbio con Triario ha cambiato nome in Cassa rurale e artigiana di Minerbio. Nel 2001 è confuita nel Credito cooperativo bolognese (Credibo), che a sua volta nel 2008 è stato assorbito in Emil Banca. Nota (B): Nel 1963 si è unifcata con la cooperativa di consumo di Baricella, che a sua volta, dopo ulteriori cicli di fusioni, ha contribuito a creare l’attuale Coop Alleanza 3.0; tuttavia il punto vendita di Minerbio è stato ceduto a Coop Reno. Nota (C): Nel 1963, unendosi con la cooperativa muratori di Malalbergo, diede origine alla Co- operativa intercomunale lavori edili (Cile), nel 1969 incorporata dalla Cooperativa muratori di Baricella, e poi confuita nella Cooperativa interregionale muratori afini (Cima) nel 1978, a sua volta fallita nel 1986. Nota (D): Nel 1974 fu incorporata dalla Cooperativa agricola dei Comuni di Baricella e Ma- lalbergo, che assunse il nome di Cooperativa agricola Luciano Romagnoli. Quest’ultima si è poi fusa con la Cooperativa agricola Onorato Malaguti di San Pietro in Casale e ha assunto il nome di Cooperativa Il Raccolto. Nota (E): Nel 1970 fu incorporata dalla Cooperativa agricola San Martino dei Manzoli di Mi- nerbio. Nota (F): Nel 1981 è confuita nella Cooperativa interregionale muratori e afini (Cima), fallita nel 1986. 124 Minerbio dal Novecento a oggi

Nota (G): Inattiva dalla costituzione. Nota (H): Oggi ha il nome di Cooperativa autotrasporti e facchini. Fonti: Anna Gurioli, Elena Romagnoli (a cura di), Repertorio delle cooperative di Bologna e Provincia (1883-1987), Bologna, Federcoop, 1987. I dati successivi al 1987 sono stati reperiti at- traverso il database Analisi informatizzata delle aziende italiane (Aida). A seguito dell’utilizzo di tali fonti, le cooperative nate e morte tra il 1987 e il 2007 potrebbero non essere comprese nella tabella.

Oltre a queste esperienze, il movimento cooperativo minerbiese è stato partico- larmente vivace in numerosi altri ambiti merceologici. Nel settore agricolo han- no operato diverse importanti cooperative, di tutte e tre le tradizioni politiche prima menzionate; tra le varie, ricordiamo la Cooperativa agricola del comune di Minerbio, nata nel 1945 e vicina al Pci e al Psi, la Cooperativa agricola fra soci Acli di Minerbio, nata nel 1950 e vicina alla Dc, e la Cooperativa agricola S. Mar- tino dei Manzoli di Minerbio, nata nel 1951 e vicina al Pri e al Psdi. Nel settore delle costruzioni merita di essere menzionata la Cooperativa co- munale muratori di Minerbio, attiva dal 1945 e a metà degli anni Settanta coin- volta in una serie di unifcazioni con altre compagini limitrofe, fno alla creazio- ne della Cooperativa interregionale muratori afini (Cima), poi fallita nel 198640. Nel settore della distribuzione commerciale, invece, furono importanti la Co- operativa di consumo del popolo di Minerbio e la Cooperativa di consumo del popolo di Ca’ de’ Fabbri, ambedue nate nel 1945. La prima ha partecipato a una serie di progressive unifcazioni che hanno portato alla creazione di cooperative di consumo con una rete di vendita sempre più estesa, fno alla recente Coop Alleanza 3.0. Tuttavia, nel corso di questo processo, il punto vendita di Minerbio è stato ceduto a Coop Reno41. Nel settore del credito, invece, ha avuto una storica importanza la Cassa ru- rale di depositi e prestiti di Minerbio con Triario, nata nel 1905 per iniziativa di trentatré soci che versarono un capitale di trentatré lire42. Sopravvissuta al fascismo e alla guerra, negli anni del miracolo economico allargò la propria atti- vità, presentandosi come una banca vivace e radicata sul territorio, grazie anche

40 Mirco Dondi, Tito Menzani, Le campagne: confitti, strutture agrarie, associazioni, secondo volu- me della collana, Dalla guerra al “boom”. Territorio, economia, società e politica nei comuni della pianura orientale bolognese, Bologna, Aspasia, 2005. 41 Coop Reno è nata nel 1989 e si è rapidamente sviluppata grazie all’acquisizione di diversi punti vendita di Coop Emilia Veneto e di Coop Estense (ambedue, oggi, in Coop Alleanza 3.0) e con l’in- corporazione di altre cooperative, come la Popolare di Medicina, la Coop Delta di Rovigo, la Coop Bosco Mesola e la Coop Tre Valli. Cfr. Dieci anni di attività per cento anni di storia. 1989-1999. 10 Coop Reno, Bologna, s.n., 1999. 42 Mario Fanti, Carlo Degli Esposti, Minerbio nei secoli, Minerbio, Cassa rurale ed artigiana di Mi- nerbio, 1977. Tito Menzani, Economia e società a Minerbio (1945-2017) 125

alla guida degli storici presidenti Giovanni Landi e Sisto Mengoli43. In particolare, mentre nel 1950 i depositi ammontavano all’incirca a 45 milioni di lire e gli im- pieghi a 18 milioni, nel 1975 si era passati rispettivamente a 4 miliardi e a 654 milioni di lire44. Dopo gli interventi legislativi degli anni Novanta, che hanno incentivato l’unifcazione fra banche di credito cooperativo, la Cassa rurale e artigiana di Minerbio – nuova denominazione assunta nel 1973 – è confuita in Credibo, che a sua volta è poi stato integrato in Emil Banca. Quest’ultima è oggi erede della storia di 17 casse rurali e conta 44.000 soci e 84 sportelli, nelle pro- vince di Bologna, Ferrara, Modena, Parma, Reggio Emilia e Mantova45. Oltre a queste esperienze occorre ricordare la Società anonima cooperativa falegnami ed ebanisti (Sacfea) che venne a costituirsi in prima istanza nel 1937, e che fno al 1942 lavorò presso uno stabilimento preso in afitto in via Larga Ca- stello, di proprietà del federale fascista minerbiese Paolo Villani46. Dopo la guer- ra, quest’ultimo si rese irreperibile, ma tramite un avvocato di propria fducia, il 3 giugno 1945, afittava nuovamente l’immobile alla ricostituita cooperativa, come spiegava il sindaco in una lettera al prefetto:

Lo stabilimento suddetto venne assunto in afitto da una cooperativa composta da operai falegnami, la quale, dopo aver afrontato grandi sacrifci, è riuscita a rimettere in eficienza tutti i reparti, assicurando il pane a un centinaio di famiglie47.

Nel 1947, l’attività della Sacfea divenne più dificile, a seguito di un lungo brac- cio di ferro con la proprietà dello stabilimento che intendeva rientrare in posses- so dell’immobile sfrattando i soci falegnami. Successivamente la cooperativa si trasferì a Ca’ de’ Fabbri, in via Ronchi Inferiore48. Fu concorrente dell’altra storica

43 Intervista di Carlo De Maria a Federico Donini, Minerbio, 7 luglio 2017 (la registrazione audio è presso l’Associazione Clionet). 44 Mario Fanti, Carlo Degli Esposti, Minerbio nei secoli, cit., p. 169. 45 Michelangelo Abatantuono, Giancarlo Dalle Donne, Elisa Zanoli, Cento anni di Cassa Rurale: viaggio nella memoria da Argelato a Emil Banca, Bologna, Emil Banca, 2006. Per un inquadramento, cfr. Alberto Cova, Giuseppe Scidà (a cura di), Cooperazione di credito e sviluppo sociale ed eco- nomico delle campagne in Emilia Romagna, Bologna, Federazione delle casse rurali ed artigiane dell’Emilia-Romagna, 1983; Massimo Fornasari, Il credito cooperativo in Emilia Romagna. Le struttu- re di secondo livello dalla ricostruzione alle soglie del Duemila (1945-1996). Storia e testimonianze, Bologna, Federazione delle banche di credito cooperativo dell’Emilia-Romagna, 1997. 46 Lo stabilimento, dotato di macchinari era il medesimo nel quale aveva in precedenza operato la ditta Villani, nata nel 1900 per iniziativa dei fratelli Camillo e Dionigio Villani, che si erano specia- lizzati in mobilio di pregio, cfr. Minerbio nel VII centenario della fondazione, Bologna, Stabilimenti poligrafci riuniti, 1931. 47 Ascm, f. 1947, cat. 11-15, b. XI (agricoltura, industria, commercio), s.f. 4 (macinazioni e panifca- zioni), lettera del 31 marzo 1947 e documenti allegati. 48 Cesare Fantazzini, Operatori economici presenti nel Castello (III). La falegnameria Villani, in 126 Minerbio dal Novecento a oggi falegnameria minerbiese, la Bolognesi, che chiuse i battenti nel 1953 a seguito della morte del titolare49. Viceversa la Sacfea operò fno al 1974. Nello stesso contesto merceologico è da ricordare la Società cooperativa intercomunale fa- legnami (Scif), nata a Minerbio nel 1960 e nel 1981 confuita nella già citata Cima. Infne, occorre spendere alcune parole per raccontare la bella esperienza della cooperativa sociale l’Orto. Nata nel 1984 con l’obiettivo dell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, nel corso del tempo ha attivato progetti nel campo dell’agricoltura biologica. Dopo la legge n. 381 dell’8 novembre 1991 è stata riconosciuta come cooperativa sociale di tipo B, e nel 1996 – a seguito dell’attivazione di percorsi formativi rivolti per lo più a bambini e ragazzi – è diventata di tipo misto. Attualmente è presente sul territorio con la casa “Alber- to Subania”, a Minerbio, e con la casa “Carlo Chiti”, a Vedrana di Budrio, ovvero gruppi-appartamento per adulti diversamente abili abbinati a un centro diurno. Gli ospiti coltivano prevalentemente ortaggi, seguendo la stagionalità e il meto- do biologico, che vengono poi venduti nei mercati di Minerbio e Budrio e attra- verso alcuni gruppi di acquisto solidale (gas). Dal 2006, la struttura di Minerbio si è trasferita in una nuova sede e arricchita di una fattoria didattica, denominata «Un condominio molto speciale», che si rivolge ai bambini attraverso progetti dedicati. Visto il successo di questa iniziativa, nel 2010 anche nella struttura di Vedrana è stata aperta una fattoria didattica, denominata «L’orto giardino de’ complicati»50.

L’associazionismo e il tessuto sociale minerbiese

In questo ultimo paragrafo ci occupiamo di alcuni aspetti di storia sociale miner- biese, con particolare riferimento all’associazionismo. Naturalmente, sarebbe impossibile essere esaustivi, per cui ci concentreremo su alcuni aspetti di mag- gior rilievo. Tra le realtà che meritano di essere menzionate c’è il circolo Arci 2000, che opera a Minerbio dal 1968. Nei primi anni Settanta, alla tradizionale attività ri-

“Minerbio. Sagra settembrina”, 2010, pp. 45-48. 49 Cesare Fantazzini, Operatori economici presenti nel Castello (V). La falegnameria Bolognesi, in “Minerbio. Sagra settembrina”, 2012, pp. 45-48. 50 Ritorno alla natura in Emilia-Romagna con le quattro domeniche di Fattorie aperte, in “La Re- pubblica. Edizione di Bologna” del 16 maggio 2017. Tito Menzani, Economia e società a Minerbio (1945-2017) 127 creativa, aggiunse l’organizzazione di corsi di ginnastica per adulti, tenuti in ore serali. Successivamente, a seguito della buona risposta dell’utenza, si è arrivati ad avere tre corsi: uno pomeridiano di ginnastica dolce, uno serale di ginnastica aerobica – che si svolgevano entrambi nella palestra comunale –, e uno di yoga, che invece si teneva presso il Centro sociale Primavera. Quest’ultimo era stato promosso per iniziativa del Sindacato pensionati italia- ni (Spi-Cigil). Nato nel dicembre del 1998 e inizialmente presieduto da Federico Donini, ex direttore della Cassa rurale e artigiana di Minerbio, il Centro sociale Primavera ebbe sede in negli ex locali della vecchia scuola dell’infanzia, apposi- tamente ristrutturati e messi a disposizione dall’amministrazione comunale. Ol- tre a gestire un luogo di aggregazione, il Centro eroga circa 10.000 euro all’anno – derivanti dagli introiti della gestione caratteristica, e cioè il bar e il gioco della tombola – a progetti di solidarietà di vario genere: aiuti alle famiglie bisognose, ristrutturazioni di aree e strutture del territorio, sostegni alla green economy, contributi ad altre associazioni meritorie. L’Associazione per la protezione civile volontari Minerva – dal nome della dea che molto probabilmente è alla base del toponimo Minerbio – è nata nel 2010, anche a seguito della possibilità di avere una sede messa a disposizione dall’amministrazione comunale. Presieduta da Rino Barilli, è stata molto attiva nel 2012, in occasione dell’emergenza terremoto, e più di recente si è occupata di coadiuvare l’accoglienza e l’aiuto ai migranti. Tra le altre associazioni del territorio che meritano di essere ricordate vi sono la Pro loco, che dal 2008 si occupa di valorizzare il territorio dal punto di vista tu- ristico, culturale e sociale, la sezione Avis di Minerbio, nata nel 1971 per intercet- tare la disponibilità dei locali donatori di sangue, l’Associazione di pubblica assi- stenza di Minerbio, che supporta il servizio di ambulanze, l’Auto ciclo moto club Minerva, che raccoglie gli appassionati del mondo dei motori, il Centro culturale Giorgio La Pira, che ho lo scopo di essere uno strumento per favorire la cresci- ta nella fede cristiana, la partecipazione sociale e l’uso costruttivo del tempo libero, il Circolo fotografco Blow up, che dal 1985 raccoglie gli appassionati di fotografa, l’associazione Magazzino delle banane, che organizza corsi di pilates, il Corpo bandistico Città di Minerbio, che dal 1955 anima il panorama musicale locale, insieme con la più recente Scuola di musica J. Du Pré, convenzionata con il Conservatorio di Ferrara. Fra le iniziative ricreative, occorre menzionare il Carnevale dei bambini di Minerbio. Nato nel 1983, da fatto eminentemente locale, legato al divertimen- to dei più piccoli, è poi diventato un evento molto più importante, che oltre al tradizionale periodo pre-pasquale, da alcuni anni ha anche un appuntamento nella terza domenica di giugno. Il Comitato Carnevale di Minerbio è l’associa- 128 Minerbio dal Novecento a oggi

zione preposta a tutto ciò51. A cavallo fra l’estate e l’autunno, invece, si tiene la Sagra Settembrina. Si tratta di una festa tradizionale presso la Parrocchia di San Giovanni Battista, con festa della Beata Vergine Addolorata, che comprende ini- ziative musicali, intrattenimenti per bambini, mostre, attività sportive, sflate in costumi d’epoca, stand gastronomici presso il cortile della Rocca Isolani, e giochi folclorici come la pesca di benefcenza o il palo della cuccagna. In estrema sintesi, il territorio di Minerbio si segnala per una grande vivacità economica e sociale. Alla modernizzazione dell’agricoltura si è accompagnato un forte sviluppo delle manifatture e dei servizi, con il comparto meccanico che ha fatto da traino. Mentre in altri comuni limitrof gli anni Settanta sono sta- ti l’apice dell’occupazione nel settore industriale, a Minerbio i lavoratori delle aziende manifatturiere sono continuati ad aumentare anche nei decenni suc- cessivi, soprattutto per la capacità di questo territorio di attrarre investimenti imprenditoriali. Il tessuto civile cittadino non è stato inerme di fronte a queste trasformazioni novecentesche, ma si è variamente organizzato in circuiti asso- ciazionistici, che ancora oggi, negli anni Dieci del XXI secolo, rappresentano un valore aggiunto per la comunità.

51 Intervista di Carlo De Maria a Rino Barilli, Minerbio, 7 luglio 2017 (la registrazione audio è presso l’Associazione Clionet). Minerbio dal Novecento a oggi Istituzioni locali, economia e società A cura di Carlo De Maria Roma (BraDypUS) 2017 ISBN 978-88-98392-65-0 p. 129-146

La storia politico-amministrativa dal 1945 agli anni Duemila CARLO DE MARIA

Tra guerra e pace

La frattura irrimediabile tra la maggioranza del popolo italiano e il regime fasci- sta si determinò con la Seconda guerra mondiale – una guerra alla quale il paese non era preparato – e si consumò, in particolare, quando la guerra cominciò ad arrivare “in casa” con i raid aerei alleati: bombardamenti spietati, a tappeto, stu- diati a tavolino per mettere in ginocchio il paese. Il consenso si sgretolò in quel momento: con la morte, la fame, il razionamento di tutto. Tra il 1943 e il 1944 l’intensifcarsi dei bombardamenti angloamericani, per spingere l’Italia ad arrendersi e poi per agevolare l’avanzata delle truppe di terra da sud verso nord, portò lungo tutta la penisola i devastanti efetti della «guerra totale». Per colpa di Hitler e Mussolini, recitavano i volantini lanciati dal cielo dagli Alleati,

il vostro paese sarà esposto al bombardamento, al mitragliamento, alla disorganizza- zione più completa. Innumerevoli case fniranno in famme, per città e campagne si accumuleranno cadaveri. Freddo d’inverno, infezioni d’estate, sgomento, fame si mol- tiplicheranno1.

1 Citato da Gabriella Gribaudi, Guerra totale. Tra bombe alleate e violenze naziste. Napoli e il fron- te meridionale, 1940-44, Torino, Bollati Boringhieri, 2005, pp. 137-138, poi ripreso anche da Guido Crainz, L’ombra della guerra. Il 1945, l’Italia, Roma, Donzelli, 2007, pp. 12-13 (ma si veda tutto il cap. II “Terre di nessuno”, pp. 11-19). Si veda, anche, Leonardo Paggi, Il «popolo dei morti». La repubblica italiana nata dalla guerra (1940-1946), Bologna, Il Mulino, 2009, p. 145. 130 Minerbio dal Novecento a oggi

Il quadro della «guerra totale» venne completato, dopo lo sbarco angloame- ricano a Salerno del settembre-ottobre 1943, dalla progressiva ritirata dei nazisti verso Nord e dalla distruzione sistematica degli spazi urbani e rurali di cui le truppe tedesche si resero responsabili, con l’obiettivo di lasciare, davanti all’a- vanzata degli Alleati, solo «terra bruciata». Era esattamente questa l’espressione usata da un’ordinanza della Wehrmacht del 18 settembre 1943, di poco succes- siva, cioè, all’armistizio frmato dal governo italiano con gli angloamericani e annunciato alla nazione da Pietro Badoglio l’8 settembre. L’aflusso di forze tedesche in Italia, attraverso il Brennero, era diventato massiccio fn dall’agosto ’43, in seguito alla deposizione di Mussolini (25 luglio). Per questo, dopo l’armistizio, l’occupazione nazista delle regioni centro-setten- trionali, e di quelle meridionali non ancora raggiunte dagli Alleati, fu fulminea, anche a fronte della situazione di completo collasso delle forze armate italiane. È nel contesto di un’Italia già massacrata materialmente e moralmente che co- minciarono a fronteggiarsi, lungo successive linee di fortifcazione (dalla Linea Gustav alla Linea Gotica), i due eserciti stranieri, mentre tra la popolazione ita- liana si andavano organizzando forme di resistenza (militari e civili) all’occupa- zione tedesca. Tale scenario, qui rapidamente tratteggiato, spiega i primi provvedimenti presi a Minerbio dalla giunta della Liberazione guidata da Amleto Scaramagli. Insediatasi nell’aprile 1945, la giunta approvava immediatamente un preventivo fnanziario per il bimestre maggio-giugno 1945, dove si prevedevano «riparazio- ni ai ponti ed alle strade comunali distrutti dai bombardamenti» e «riparazioni urgenti ai fabbricati scolastici lesionati dai bombardamenti, ed acquisto di ma- teriale di arredamento per le scuole». L’Ente comunale di assistenza interveniva poi con provvedimenti e sussidi a favore di «profughi, sfollati e sinistrati» e a sostegno delle famiglie degli internati in Germania2. In questo indice sommario delle cose più urgenti da fare, appare signifcativo l’impegno prioritario per consentire il più celere ripristino degli edifci scolastici. La «guerra totale», del resto, aveva signifcato per il mondo della scuola, a livel- lo locale e nazionale, «distruzione di gran parte dei locali e del materiale sco- lastico» e un «abbassamento pauroso del livello materiale e morale della vita degli alunni»3. Sono le parole con le quali Antonio D’Andrea, in rappresentanza del Ministero dell’Assistenza post-bellica, relazionò sulla situazione italiana al convegno per l’educazione dell’infanzia che si tenne al Bureau international de

2 Archivio storico del Comune di Minerbio (d’ora in poi, Ascm), Deliberazioni di giunta, Anno 1945. 3 Antonio D’Andrea, L’educazione e l’assistenza dell’infanzia nell’Italia d’oggi, in «Bollettino dell’assistenza post-bellica», a cura dell’Uficio studi del Ministero dell’Assistenza post-bellica, II/4- 5 (1946), pp. 32-34. Carlo De Maria, La storia politico-amministrativa dal 1945 agli anni Duemila 131 l’éducation di Ginevra nell’estate 1946. Per dare un’idea delle condizioni mate- riali in cui la guerra aveva lasciato l’organizzazione scolastica italiana D’Andrea aggiungeva alcuni numeri: 546.126 banchi distrutti, 34.488 cattedre, 29.693 lava- gne, 40.226 armadi, 83.988 sedie. Il 33% del materiale esistente prima della guer- ra era andato distrutto in seguito a essa. Nella stessa proporzione di potevano calcolare i danni e le distruzioni agli edifci scolastici. Dopo vent’anni di dittatura, la scuola era vista, giustamente, come un ele- mento essenziale per l’alfabetizzazione democratica delle nuove generazioni. Scuola e democrazia venivano percepite come due facce della stessa medaglia: la rinascita, cioè, dell’Italia su nuove basi dopo vent’anni di dittatura e cinque anni di guerra. Proprio su queste priorità mostrava di muoversi anche l’ammini- strazione comunale di Minerbio, secondo un percorso in buona misura comune a tante altre municipalità italiane. In concreto, ciò signifcava mettersi al lavoro per garantire al più presto le condizioni minime per la ripresa e il regolare svol- gimento delle lezioni e, parallelamente, lottare contro il tempo per garantire il più celere ritorno alle urne, afinché l’esercizio democratico del voto – prima quello amministrativo poi quello politico – potesse legittimare pienamente la nuova classe dirigente uscita dalla guerra e dalla Resistenza.

Il voto amministrativo e le tendenze della ricostruzione

Una ricerca sull’amministrazione e la società locale nel secondo dopoguerra non può certamente prescindere dalle elezioni comunali della primavera 1946, le prime elezioni libere dopo il fascismo4. Tra la seconda metà del 1945 e l’inizio del 1946 la propaganda politica si svolse in condizioni proibitive, per la quasi assoluta mancanza di mezzi di tra- sporto a disposizione dei civili e per la conseguente dificoltà degli spostamenti. In un primo tempo pesarono anche i divieti di circolazione imposti dal gover- no militare alleato. Il governo italiano, infatti, subentrò agli alleati nel controllo dell’area emiliana solo nell’agosto 1945, circa tre mesi dopo la Liberazione. I centri cittadini e le piccole frazioni rurali rientrarono lentamente in comuni- cazione tra loro, facendo i conti con la situazione disastrata della rete stradale secondaria, che non aveva benefciato di quei lavori di ripristino e manutenzio-

4 Ettore Rotelli (a cura di), Tendenze di amministrazione locale nel dopoguerra, Bologna, Il Mulino, 1981; Patrizia Dogliani, Maurizio Ridolf (a cura di), 1946: i Comuni al voto. Elezioni amministrative e partecipazione delle donne, Imola, La Mandragora, 2007. 132 Minerbio dal Novecento a oggi ne destinati dagli alleati, per stringenti ragioni militari, alle arterie principali. La guerra, inoltre, aveva aggravato la situazione socio-economica di tutto il territorio, compromettendo in particolare la continuità della produzione agricola e dell’alle- vamento. Numerose famiglie, nei mesi più concitati dell’occupazione, erano state costrette a lasciare in stato di semi-abbandono masserizie, provviste e bestiame. Grosso modo in queste condizioni, a partire dal 15 luglio 1945 gli ufici comu- nali e provinciali di tutto il Nord Italia, iniziarono la «preparazione tecnica delle liste elettorali», in vista delle prime consultazioni amministrative e politiche. In settembre il Comune di Minerbio procedeva all’«assunzione di personale stra- ordinario per la formazione delle liste elettorali»5. A livello nazionale, ancora nel dicembre 1945, solo 775 comuni su oltre settemila potevano dirsi pronti, con le liste elettorali maschili e femminili già pubblicate e approvate. Lo rilevava, non senza preoccupazione, in un’intervista all’“Avanti!”, il ministro dell’Interno, Giuseppe Romita, che notava come a essere pronti fossero perlopiù i comuni del Mezzogiorno, molti dei quali erano stati liberati già nel corso del 1943. Di fronte a quei dati, secondo le parole del ministro, non era ancora possibile prevedere quando si sarebbero tenute le amministrative, forse «nella prima o seconda do- menica di marzo si potrà votare all’incirca in un quarto dei comuni»6. In realtà le cose andarono meglio del previsto: il primo ciclo elettorale si svolse nel periodo marzo-aprile 1946 (precisamente nei giorni 10, 17, 24, 31 marzo e 7 aprile) quan- do si votò in più del 70% dei comuni italiani. A Minerbio si andò alle urne il 31 marzo 1946. Ne uscì confermato alla guida dell’amministrazione locale il comunista Scaramagli con una giunta composta interamente da esponenti del PCI. In modo analogo a quanto hanno mostrato al- tri casi di studio relativi all’area del Centro-Nord, anche a Minerbio gli esponenti di spicco del ceto politico del dopoguerra erano, non di rado, molto giovani. A manifestarsi frequentemente era il caso di sindaci appena trentenni – Amleto Scaramagli, classe 1913, aveva 33 anni – di solito espressione del Partito comu- nista. Si trattava di amministratori fortemente militanti, solitamente usciti dall’e- sperienza della lotta partigiana, molto intraprendenti, ma altrettanto inesperti di questioni amministrative e tuttavia in grado di “bruciare le tappe” all’interno di un partito, il PCI, che fu in grado, fn dai primi anni del dopoguerra, di dare una precisa impronta alle politiche locali. La «generazione del ’45»7, costituita

5 Ascm, Deliberazioni di giunta, Anno 1945. 6 Quando potremo eleggere sindaci e consiglieri comunali?, intervista al ministro dell’Interno G. Romita, in “Avanti!”, 19.12.1945. 7 I «giovani del ’45» sarebbero diventati il quadro decisivo del «partito nuovo» nei decenni suc- cessivi. La fducia riposta in quella generazione di giovani fu probabilmente uno dei più grandi capolavori di direzione di Togliatti e di Longo. Lo notò acutamente Armando Cossutta, Così vivono e muoiono i “burocrati” del PCI, in “l’Unità”, 24 dicembre 1977, pp. 1, 17. Carlo De Maria, La storia politico-amministrativa dal 1945 agli anni Duemila 133 da quadri politici precocemente temprati dalla Seconda guerra mondiale e dal- la lotta clandestina al nazifascismo, salutò la Liberazione a 25-30 anni e subito si immerse nell’impegno politico-amministrativo, caratterizzando spesso la vita delle istituzioni locali fno agli anni Sessanta, quando con la “grande trasforma- zione” portata dal boom economico cambiarono sia lo scenario generale e che i protagonisti della vita locale. Scaramagli seguì sostanzialmente questa traietto- ria: sarà, infatti, primo cittadino di Minerbio fno al 1960, poi assessore nella giun- ta guidata dal socialista Franco Cacciari negli anni immediatamente successivi. Per quanto riguarda l’estrazione sociale dei componenti del Consiglio comu- nale del 1946, afiorava un quadro dove era rappresentato soprattutto il mondo delle campagne e quello bracciantile in particolare, mentre praticamente assenti erano gli operai di fabbrica, che cominciarono a comparire nel corso degli anni Cinquanta. Solo nel decennio successivo, gli anni Sessanta, la composizione del Consiglio comunale mutò in modo sensibile, segno evidente delle trasformazio- ni sociali legate al «miracolo economico». Calarono le fgure lavorative legate ai campi, con l’ingresso invece di un maggior numero di impiegati, tecnici e lavora- tori dell’industria8. Tra i 20 consiglieri del 1946 era presente una sola donna, Dora Cantelli, brac- ciante comunista di circa quarant’anni, che entrò anche in giunta. Nei comuni dell’area bolognese la presenza delle donne si fermò complessivamente al 5,7% (75 elette su un totale di 1.323 consiglieri), mentre nei comuni romagnoli (provin- ce di Forlì e Ravenna) su un totale di 1.515 nuovi consiglieri comunali le donne elette furono 65, pari al 4,3%9. Altri dati disponibili sono relativi al Piemonte, dove la percentuale di donne elette fu ancora più bassa: 3,3% su base regiona- le10. In linea generale, insomma, i partiti inaugurarono il ritorno alla democrazia elettiva considerando le donne prevalentemente un serbatoio da cui attingere voti, ma non quadri amministrativi. E su questo punto non si rilevano molte dife- renze tra le sinistre e lo schieramento moderato11. Il contesto politico e normativo in cui si trovò l’amministrazione Scarama- gli negli anni della ricostruzione non era per niente facile. Nella Costituzione repubblicana entrata in vigore il 1° gennaio 1948 gli indirizzi relativi alle auto-

8 Cfr. Michele Nani (a cura di), Per una storia del ceto politico bolognese (1946-1970). Materiali sociografci sugli eletti nei Comuni e in Provincia, Bologna, Istituto storico provinciale della Resi- stenza, 1999, pp. 145-147. 9 Carlo De Maria, Patrizia Dogliani, Romagna 1946. Comuni e società alla prova delle urne, Bolo- gna, Clueb, 2007, p. 62 e ss. 10 Maria Teresa Silvestrini, Rappresentanza femminile e culture politiche: il caso del Piemonte, in Dogliani, Ridolf (a cura di), 1946: i Comuni al voto, cit., pp. 185-206, p. 186. 11 Carlo De Maria, Preparazione elettorale e voto amministrativo nei comuni romagnoli, in Doglia- ni, Ridolf (a cura di), 1946: i Comuni al voto, cit., pp. 269-296. 134 Minerbio dal Novecento a oggi nomie locali erano sicuramente progrediti ma rimasero poco o nulla applicati. A dispetto, infatti, del riconoscimento dell’autonomia locale operato dall’art. 5 della Costituzione – indubbiamente una grande novità rispetto al passato – è possibile afermare che la continuità dell’accentramento prevalse su quelle prospettive di rinnovamento che erano state espresse da più parti durante la Resistenza e nell’immediato dopoguerra. È questa una delle contraddizioni che caratterizzavano la situazione italiana, dove la Carta costituzionale sembrava privilegiare il potere locale e ne garantiva in via di principio l’autonomia, ma lo lasciava di fatto in attesa di sviluppi legislativi che tardarono a venire, mentre nella normativa degli enti locali si registrava, piuttosto, una forte continuità tra fascismo e Repubblica. La questione è cruciale dal momento che le autonomie vengono richiamate nella nostra Carta costituzionale anche come elemento di realizzazione della persona. A emergere in tutta la sua importanza è la questione della cittadinanza, cioè il rapporto politico fondamentale che intercorre fra un individuo e l’ordine politico-giuridico nel quale egli si inserisce12. Fin dal 1946, venne espressa da più parti tutta la preoccupazione di fronte a una legislazione comunale e provinciale nella quale pesava ancora in modo determinante il testo unico fascista del 193413. Il condizionamento maggiore era costituito dai controlli di merito, che l’autorità tutoria applicava a quasi tutte le delibere dei comuni e delle province. Si trattava di una ingerenza evidente nella volontà dell’ente locale; uno strumento in base al quale la prefettura giudicava l’utilità, l’opportunità e la convenienza delle singole delibere, in base ai fni che le stesse amministrazioni locali dovevano raggiungere. L’estensione e l’intensità di questi controlli variavano da situazione a situazio- ne, in base alla dimensione dell’ente locale, al colore politico della sua ammini- strazione, alla presenza tra gli stessi amministratori di fgure politiche di caratura nazionale e anche in base alla personalità del prefetto, ma era comunque tale, almeno sul piano teorico, da rendere quasi nulla l’autonomia giuridica dell’ente. Ai problemi giuridico-istituzionali si aggiunsero quelli più schiettamente po- litici. Dopo il maggio 1947, con l’uscita dal governo delle forze socialcomuniste e il chiaro delinearsi della «guerra fredda»14, ci fu un salto di qualità nell’opera repressiva dello Stato nei confronti degli enti locali emiliani e degli uomini che li

12 Pietro Costa, Cittadinanza, Roma-Bari, Laterza, 2005. 13 Cfr. Carlo De Maria, I comuni e la classe politica della Romagna nel secondo dopoguerra, in M. Ridolf (a cura di), I sindaci della Repubblica. Le trasformazioni della vita municipale emiliano- romagnola nel secondo dopoguerra, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2012, pp. 77-98. 14 Nel gennaio 1947, durante una visita uficiale degli Stati Uniti, il presidente del consiglio De Ga- speri aveva ottenuto dagli USA consistenti aiuti fnanziari. In marzo, il presidente americano Harry Truman impegnava gli Stati Uniti a intervenire militarmente ovunque un partito comunista minac- Carlo De Maria, La storia politico-amministrativa dal 1945 agli anni Duemila 135 guidavano. Lo scontro politico-sociale in corso nel paese si trasferì presto nell’am- bito istituzionale e amministrativo e i prefetti passarono dal rinvio o annullamento di delibere, alla sospensione e all’arresto di sindaci, allo scioglimento dei consigli comunali e al commissariamento degli enti locali. I controlli sulle spese dei comu- ni si fecero via via più zelanti e severi; capitava di continuo che le delibere venis- sero rinviate o non approvate dall’autorità prefettizia, mentre risultavano sempre respinte quelle che avevano un qualche carattere simbolico o politico. Erano, insomma, durissime le condizioni nelle quali il governo degli enti loca- li emiliani si trovò “costretto” e “accerchiato”: il rigoroso accentramento ammini- strativo e fnanziario; la mancata attuazione del dettato costituzionale per quan- to riguardava le autonomie; gli abusi operati in sede di controllo dalla Giunta provinciale amministrativa e dall’esecutivo; una legislazione ai margini e spesso al di fuori della norma costituzionale15. Le piccole amministrazioni comunali governate dalla sinistra, come nel caso di Minerbio, erano solitamente quelle maggiormente esposte e dove l’autorità governativa agiva in maniera più drastica, anche per l’assenza di personalità di spicco tra gli amministratori e di rapporti diretti con la classe politica nazionale (dalla quale potevano sempre venire forme di protezione). Basterà un esempio per chiarire la situazione. Il 12 settembre 1949 il Con- siglio comunale di Minerbio veniva convocato d’urgenza in seguito all’arresto, quella stessa mattina, del sindaco Scaramagli. La polizia aveva fermato il primo cittadino di Minerbio nella frazione di San Martino in Soverzano, mentre si tro- vava «in mezzo agli operai per fare opera di pacifcazione degli animi alquanto eccitati per divergenze sorte coi datori di lavoro». Il Consiglio comunale prote- stava formalmente per l’ingiustifcato arresto, ma il prefetto rispondeva (in data 6 ottobre) annullando la delibera del Consiglio comunale dal momento che non si poteva ammettere una censura all’azione degli organi di polizia16. L’episodio restituisce perfettamente il clima di scontro frontale di quegli anni. Nonostante queste molteplici dificoltà, tra anni Quaranta e Cinquanta il Co- mune di Minerbio, seguendo l’esempio catalizzatore della Bologna di Giuseppe Dozza, impostò delle politiche locali tese a restituire l’immagine – che era anche propagandistica naturalmente – di un «Comune del popolo», assolutamente tipi- ca negli enti locali emiliani in quella fase storica. Una impostazione che si tradu- ceva in pratica grazie all’uso mirato degli strumenti amministrativi e attraverso

ciasse di prendere il potere. All’inizio di maggio, De Gasperi annunciò a Togliatti e a Nenni la fne della formula di governo basata sull’unità antifascista. 15 M. Cammelli, Politica istituzionale e modello emiliano: ipotesi per una ricerca, in “Il Mulino”, 1978, n. 259, pp. 743-767. 16 Ascm. Atti del Consiglio comunale, Anno 1949. 136 Minerbio dal Novecento a oggi proposte specifche: ad esempio, la diferenziazione, a vantaggio dei lavoratori, delle tarife dei servizi pubblici o l’aumento del minimo imponibile nell’imposta di famiglia17.

Il Consorzio per l’acquedotto renano18

Nel giugno 1946, cioè a poche settimane di distanza dalle prime elezioni ammi- nistrative del dopoguerra, il Consiglio comunale di Minerbio deliberò, insieme ad altre amministrazioni comunali limitrofe, la costituzione di un consorzio vo- lontario per la costruzione e l’esercizio dell’acquedotto renano. La ricerca di li- velli sovracomunali nell’organizzazione dei servizi pubblici rappresenta un tema classico nella storia degli enti locali e merita pertanto, in sede di analisi storica, una breve digressione, che consenta di contestualizzare quanto stava accaden- do in quei mesi nella pianura bolognese. La questione di un coordinamento intercomunale dei servizi e della pianifca- zione urbanistica cominciò a porsi ovunque, in Italia e in Europa, fn dai decenni a cavallo del 1900, in corrispondenza della prima forte espansione delle città a vocazione manifatturiera e commerciale, la cui crescita “premeva” spesso sui co- muni della cintura. A partire dagli anni Trenta, poi, il tema della sovracomunalità coinvolse sempre più anche i piccoli comuni rurali. Nei decenni tra le due guerre mondiali, infatti, si sviluppò il ricorso allo strumento del «consorzio», allo scopo di formare aggregazioni monofunzionali tra comuni e province, poste sotto il controllo del prefetto. Tali aggregazioni intercomunali potevano avere scopi or- ganizzativi (per il segretario comunale, per il medico condotto), di servizio (per le strade, gli acquedotti, la vigilanza urbana), fno alla scoperta dei «consorzi di sviluppo» (per le zone industriali, per lo sviluppo economico e sociale), che co- stituivano veri e propri organismi polivalenti. Al termine della Seconda guerra mondiale, lo strumento tecnico del consorzio – che, come appena visto, si era difuso negli anni del fascismo per razionalizza-

17 Ascm, Atti del Consiglio comunale, Anni 1946-1960. Cfr. Cammelli, Politica istituzionale e model- lo emiliano: ipotesi per una ricerca, cit. 18 La complessa vicenda di questa importante opera pubblica è ricostruita sotto la scorta di Ascm, Atti del Consiglio comunale, 1946-1955, e del precedente studio realizzato sul Comune di Grana- rolo: Carlo De Maria, Tito Menzani (a cura di), Granarolo dell’Emilia dalla Liberazione a oggi. Una comunità e un territorio in trasformazione (1945-2015), Bologna, Minerva, 2015. Carlo De Maria, La storia politico-amministrativa dal 1945 agli anni Duemila 137 re, sotto l’egida della prefettura, spese e servizi –, venne recuperato dalle nuove amministrazioni democratiche, ma con una spiccata declinazione autonomista. Ancora alla fne degli anni Quaranta, una vasta area estesa su oltre quaranta- mila ettari e abitata da circa cinquantamila persone, che comprendeva i comuni di Baricella, , Granarolo, Malalbergo, Pieve di Cento, Castello d’Argile, Argelato, San Pietro in Casale, San Giorgio di Piano, Bentivoglio, Minerbio, e Calderara, non era provvista di un acquedotto. La popolazione at- tingeva l’acqua da fontanelle e da pozzi (per lo più scavati in superfcie, mentre erano pochi i pozzi perforati in profondità) con scarse garanzie sanitarie sull’ac- qua che si beveva. Tale situazione rappresentava evidentemente un ostacolo al progresso socia- le delle popolazioni interessate. Un migliore approvvigionamento idrico avreb- be favorito, oltre a una crescita della qualità della vita per la cittadinanza, anche un sicuro incremento della produzione agricola e degli allevamenti di bestiame, consentendo di sfruttare appieno quelle che erano le potenzialità dell’economia rurale della pianura bolognese. Inoltre, i lavori di costruzione dell’acquedotto, che si stimava sarebbero durati almeno cinque anni, avrebbero contribuito in maniera cospicua ad alleggerire il problema endemico della disoccupazione, che si acuiva soprattutto nei mesi invernali, quando scarseggiava il lavoro nei campi. C’era un vantaggio iniziale non di poco conto, dal momento che il progetto per l’acquedotto era già pronto. Infatti, fn dal 1933, il Consorzio della grande bonifca renana aveva allestito un piano tecnico di massima per un acquedotto destinato alla pianura bolognese; progetto che era già stato approvato dalle au- torità competenti. Afinché si potesse partire il prima possibile con i lavori, le amministrazioni co- munali erano disposte, almeno inizialmente, a farsi carico di tutte le spese, spe- rando nondimeno nell’intervento in corso d’opera di forme di sostegno e agevola- zione da parte dello Stato. La costituzione del «consorzio volontario» tra i tredici comuni interessati dall’acquedotto renano si perfezionò all’inizio del 1947. Nel 1955 i lavori dell’acquedotto erano a buon punto, sebbene non ancora terminati. In vista del loro ormai prossimo completamento, i comuni coinvol- ti confermarono la volontà di assumere appena possibile la gestione diretta dell’acquedotto, nella forma di una azienda consorziale. A sorpresa, però, la Giunta provinciale amministrativa, il vecchio organo di controllo presieduto dal prefetto, si opponeva a questa decisione, rilevando che i lavori non erano anco- ra ultimati e che comunque l’opera aveva nel frattempo assunto il carattere di bene demaniale dello Stato. Era perfettamente chiara l’importanza della posta in gioco: da una parte, la rivendicazione dell’autonoma iniziativa dei comuni consorziati nel settore dei servizi pubblici; dall’altra la volontà di riafermare il primato dello Stato. Pesava, nel caso specifco, il ruolo giocato dai consorzi di bonifca e, segnatamente, dal 138 Minerbio dal Novecento a oggi

Consorzio della grande bonifca renana. Questi organismi erano stati trasformati dal fascismo in enti pubblici, rimanendo tali anche nel passaggio alla Repub- blica. Costituivano, perciò, un tipo di consorzio (di natura parastatale) che non aveva evidentemente più molto a che fare con l’idea di autonomia che animava, invece, i consorzi volontari tra i comuni. Ma la storia amministrativa dell’acquedotto renano non lasciava dubbi: quell’opera era stata intrapresa per iniziativa autonoma e associata dei tredici comuni consorziati. Anche i dati contabili lo confermavano: i lavori dei primi tre stralci erano stati eseguiti con risorse prevalentemente comunali (pari al 50%) e con un concorso dello Stato pari al 25% della spesa e dei proprietari dei terreni in eguale misura (in ragione del fatto che l’opera valorizzava le loro proprie- tà). Successivamente, per il completamento dell’opera, venne invocata l’appli- cazione della legge 10 agosto 1950, n. 647, a favore delle aree depresse, che determinò un più deciso intervento dello Stato. Rimaneva il fatto che i comuni detenessero la personalità giuridica di proprietari-costruttori dell’acquedotto renano, personalità che i contributi statali non potevano annullare, e che venne infne riconosciuta.

Gli anni Sessanta e Settanta: il centro-sinistra a livello nazionale e locale, la riforma regionale e le questioni urbanistiche

Alla fne degli anni Cinquanta, e precisamente nel 1959, la prima Conferenza re- gionale del PCI segnò per diverse ragioni un punto di svolta nella storia politica locale e regionale19. L’importanza avuta dalla Conferenza regionale comunista si può misurare, in primo luogo, in un ricambio generazionale alla guida del par- tito e nel superamento del «settarismo» che aveva caratterizzato il PCI tra anni Quaranta e Cinquanta; cambiamenti che si tradussero in un dialogo e un con- fronto più aperti con le altre forze politiche dell’arco costituzionale20.

19 Lo osservò Guido Fanti durante una riunione congiunta degli organismi dirigenti del Comita- to regionale del PCI e delle Federazioni di Bologna e Ravenna. Comunicato stampa del Comitato regionale Emilia-Romagna del PCI, Bologna, 23.12.1978, in Fondazione Gramsci Emilia-Romagna (d’ora in poi, Fger), Fondo PCI, Comitato regionale, Verbali e risoluzioni del Comitato regionale, b. 3, fasc. 1978. 20 Fger, Fondo PCI, Comitato regionale, Verbali e risoluzioni del Comitato regionale, b. 1, fasc. 1960-1963. Carlo De Maria, La storia politico-amministrativa dal 1945 agli anni Duemila 139

Gli anni immediatamente successivi coincisero, a livello nazionale, con il pe- riodo di gestazione e di inizio del centro-sinistra: l’alleanza di governo tra DC e PSI. In quel contesto, le componenti democristiane più avanzate cominciarono a mettere da parte il tradizionale atteggiamento all’insegna dell’«anticomunismo». Prese così gradualmente corpo quel «dialogo tra comunisti e cattolici» che, tra alti e bassi, sarà una costante degli anni Sessanta e Settanta; un dialogo attraver- so il quale il PCI, proprio a partire dall’Emilia, cercò di superare il suo isolamento rispetto all’alleanza di centro-sinistra che governava il paese21. Queste dinamiche regionali e nazionali trovarono nel Comune di Minerbio un “laboratorio” di un certo interesse. A Minerbio, infatti, tra la fne del 1966 e il 1970, durante la sindacatura del socialista Vincenzo Casaroli, si sviluppò il primo esperimento di centro-sinistra della provincia di Bologna, reso possibile anche dalla momentanea “riunifcazione” tra Partito socialista e Partito socialdemo- cratico nel nuovo ed efimero Partito socialista unifcato (PSU); una operazione politica che si realizzò nel 1966, ma che presto si esaurì – precisamente nel 1969 – in seguito ai fallimentari riscontri elettorali nazionali dell’anno precedente22. Successivamente, tra il 1970 e il 1975, si alternarono più volte alla guida del Comune, nella medesima “legislatura”, due sindaci di diversa estrazione politica: uno espressione del PCI (Giuseppe Malossi, con una giunta monocolore comuni- sta, minoritaria in consiglio) e l’altro del PSI (Mauro Cantelli, con una giunta uni- taria di sinistra). Uno scenario politico rispetto al quale la minoranza democri- stiana in Consiglio comunale, sotto la guida del capogruppo Cesare Fantazzini, si sforzò di mantenere, pur nella diversità di vedute, un atteggiamento costruttivo: pronto, cioè, a valutare di volta in volta ciò che di buono (o meno) ci potesse essere nei diversi provvedimenti delle giunte di sinistra23. Più tardi, nelle elezioni amministrative del 1975 il PCI mise a frutto anche a Minerbio la propria crescita elettorale complessiva (manifestatasi sia a livello regionale che nazionale), riprendendo più saldamente la guida dell’amministra- zione con lo stesso Malossi, che rimarrà in carica fno alle dimissioni del 198624.

21 Cfr. Sergio Cavina, Relazione tenuta alla riunione del Comitato regionale del 3 aprile 1967, ap- punti manoscritti, in Fger, Fondo PCI, Comitato regionale, Verbali e risoluzioni del Comitato regio- nale, b. 1, fasc. 1967. 22 Tra i protagonisti di quella breve esperienza, il dirigente socialdemocratico ferrarese Luigi Preti, sul quale si veda Carlo De Maria, “Preti Luigi”, in Dizionario biografco degli italiani, vol. 85, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana Treccani, 2016. 23 Intervista di Carlo De Maria a Cesare Fantazzini, Minerbio, 27.6.2017 (la registrazione audio è conservata presso l’Associazione Clionet). Molto utile, specie per l’approfondimento delle questioni urbanistiche, anche la consultazione del periodico allora edito dalla DC di Minerbio “Le voci dello stradone”. 24 Gli succederà Gian Carlo Marchi (Ascm, Atti del Consiglio comunale, Anno 1986). 140 Minerbio dal Novecento a oggi

Nel periodo che va dalla fne dell’epoca Scaramagli (1960) all’inizio della lun- ga sindacatura di Malossi (1975), passando attraverso la peculiare esperienza del “centro-sinistra” e la cosiddetta “alternanza” PCI/PSI, si proflarono nuove esigenze legate all’assetto complessivo del territorio e alla programmazione urbanistica. Nella pianura bolognese, come in larga parte della penisola, i mec- canismi di sviluppo innescatisi con il «miracolo economico» stavano mettendo in rilievo antichi e nuovi squilibri25. Emergevano delle criticità sia in merito agli assetti urbani che in relazione alla carenza di servizi sociali. Il primo a muoversi fu il Comune di Bologna che nel 1960 convocò una com- missione consultiva per lo studio di un piano regolatore intercomunale che coin- volgesse, insieme alla città capoluogo, i comuni della cintura, tra i quali Miner- bio. Tre anni più tardi, la Giunta comunale bolognese pubblicò un programma urbanistico pluriennale per la città e il comprensorio, messo a punto da Giu- seppe Campos Venuti, assessore all’urbanistica di Bologna dal 1960 al 1966. At- traverso l’esempio di Bologna si andò afermando l’importanza dell’urbanistica come strumento di governo26. Le vicende degli strumenti urbanistici del Comune di Minerbio conobbero un momento di svolta nel 1974, quando il Consiglio comunale adottò il nuovo Piano regolatore generale, con delibera n. 106 del 2 luglio 197427. Quel Piano regolatore fu il frutto di un dialogo particolarmente vitale, ancorché caotico in certi passaggi, tra le principali componenti politiche minerbiesi: quella comunista, quella sociali- sta e quella democristiana. Tra le questioni afrontate per la prima volta dal piano del 1974 spiccava quella, a lungo trascurata, dello sviluppo sociale ed economico delle frazioni comunali. A conferma di un allargamento complessivo dello sguar- do, e della capacità progettuale, dai centri urbani al territorio circostante. Nel corso degli anni Settanta, l’eredità della programmazione urbanistica e dei piani intercomunali di coordinamento alimentò la breve esperienza dei comprensori, l’innovazione istituzionale che maggiormente caratterizzò la fase costituente delle regioni a statuto ordinario. Livelli intermedi di governo tra co- muni ed ente regione, i comprensori nacquero uficialmente nel 1974 in Emilia- Romagna, con la prima legge regionale in materia; provvedimento che fu ripreso negli anni successivi da quasi tutte le altre regioni italiane. La loro storia non durò neppure dieci anni, dal momento che vennero aboliti dappertutto all’inizio degli anni Ottanta, ma la vicenda dei comprensori, benché

25 Maurizio Ridolf, Storia politica dell’Italia repubblicana, Milano, Bruno Mondadori, 2010, p. 124. 26 L’urbanista e l’amministratore. Dialogo con Giuseppe Campos Venuti, in Mauro Boarelli, Luca Lambertini, Mimmo Perrotta (a cura di), Bologna al bivio. Una città come le altre?, Roma, Edizioni dell’Asino, 2010, pp. 119-136: 122-123. 27 Ascm, Atti del Consiglio comunale, Anno 1974. Il Piano regolatore viene approvato dalla Giunta regionale nel 1976. Carlo De Maria, La storia politico-amministrativa dal 1945 agli anni Duemila 141 oggi largamente dimenticata, non è priva di signifcato. A ben vedere, essi rap- presentano, infatti, uno degli esperimenti più signifcativi, compiuti nel nostro paese, di coordinamento per aree territoriali integrate e omogenee. Una sfda che tramontò velocemente, e che venne sostanzialmente persa, a causa della mancata riforma delle autonomie. L’entrata a regime dei comprensori, infatti, avrebbe implicato l’abolizione o, comunque, un profondo ripensamento delle province, che invece resistettero al passaggio degli anni Settanta (nonostante il fatto che a metà di quel decennio il loro destino sembrasse già segnato), ripren- dendo all’inizio degli anni Ottanta un nuovo slancio28. Concretamente, i comprensori avrebbero dovuto occuparsi della program- mazione a scala subregionale con l’obiettivo di rispondere a tre tipi di necessità: l’aggregazione sovracomunale rispetto a interventi e servizi che su scala comu- nale risultavano scarsamente signifcativi o convenienti; una migliore articola- zione della programmazione regionale sul territorio e, nello stesso tempo, un antidoto al centralismo regionale; infne, il superamento delle province, il cui di- segno amministrativo, troppo ampio, mancava di omogeneità dal punto di vista economico e sociale, e non sembrava quindi funzionale alla programmazione sul territorio. Quanto appena scritto restituisce, almeno in parte, la vivace discussione sulle forme del governo locale che la riforma regionale del 1970 contribuì a suscitare. Per questo la legge istitutiva delle regioni a statuto ordinario rimane per molti versi – e al netto delle molteplici resistenze che incontrò la sua piena attuazione – una cesura fondamentale nella storia dell’Italia repubblicana. La sua impor- tanza venne colta alla perfezione dal programma amministrativo varato dalla giunta Malossi nel 1975, dove un corposo capitolo era proprio dedicato al tema del «ruolo delle regioni e delle autonomie locali»29, richiamando lo sviluppo e l’unità dei vari livelli autonomi di programmazione (regionale, comprensoriale e comunale) nel quadro e secondo i necessari rapporti di connessione e di interdi- pendenza con la programmazione nazionale. La regione si presentava, in defnitiva, come il centro di potere pubblico in grado di esplicare meglio funzioni di intervento e di direzione dello sviluppo economico e sociale; a patto però che le linee politiche adottate fossero espres- sione di un’ampia partecipazione della popolazione alle scelte della politica. Questa “programmazione democratica”, sia nei contenuti che nelle modalità, rappresentava il miglior antidoto contro le storture del recente passato (i pro-

28 Carlo De Maria, La questione regionale tra anni Settanta e Ottanta dalla prospettiva dell’Emilia Romagna. Lineamenti di un dibattito comparato, in Mirco Carrattieri, Carlo De Maria (a cura di), La crisi dei partiti in Emilia Romagna negli anni ’70-’80, dossier monografco di “E-Review. Rivista degli Istituti storici dell’Emilia Romagna in rete”, 2013, n. 1, www.e-review.it. 29 Ascm, Atti del Consiglio comunale, Anno 1975. 142 Minerbio dal Novecento a oggi blemi del funzionamento democratico degli enti locali contro le gestioni com- missariali) e un buon viatico per una riforma tributaria che potesse superare le crisi ricorrenti della fnanza locale.

Il problema delle autonomie tra Prima e Seconda Repubblica

La legge 142 del giugno 1990, sull’ordinamento delle autonomie, ridefnì insieme alla legge 241 dello stesso anno il ruolo e le funzioni degli enti locali. In seguito a questo intervento normativo, atteso fn dagli anni Settanta (se non da prima), vennero rinnovati gli statuti dei comuni anche per adeguarli alla legge eletto- rale con sistema maggioritario ed elezione diretta del sindaco, applicata per la prima volta nelle elezioni della primavera 1995. Rimanevano, tuttavia, alcune criticità nel rapporto centro-periferia se è vero che nella relazione previsionale e programmatica, allegata al bilancio di previsione per l’esercizio fnanziario 1991, il sindaco di Minerbio Aurelio Do- nati, che guidò l’amministrazione lungo gli anni Novanta, lamentò il fatto che il rapporto tra Stato ed enti locali continuasse in una sorta di «centralismo deresponsabilizzante»30.

Si tratta perciò – argomentava il sindaco Donati – di riformare profondamente il livello amministrativo e gestionale di tutta la macchina pubblica, agendo sul circuito cittadini- rappresentanza-decisione, rigenerando la gestione pubblica dei servizi, non dando per scontato che le regole di funzionamento del servizio pubblico non possono che essere quelle attuali. [...]. Ecco come in questo quadro l’autonomia impositiva e fnanziaria as- sume valore fondamentale nell’azione di governo locale, e come la sua rivendicazione assuma carattere di portata decisiva per la vita e l’opera del sistema delle autonomie.

Nell’ambito dello scenario aperto dalla 142, prese corpo nell’area provinciale bolognese il confronto sulla istituzione della «città metropolitana», livello am- ministrativo introdotto proprio dal testo di legge del 1990. Presero, altresì, forma diversi progetti di associazioni intercomunali, come quella denominata “Terre di Pianura” che nel dicembre 2000, durante il primo mandato del sindaco Gia- comino Simoni, associò il comune di Minerbio a quelli di Baricella, Granarolo, Malalbergo e .

30 Ascm, Atti del Consiglio comunale, Anno 1991. Carlo De Maria, La storia politico-amministrativa dal 1945 agli anni Duemila 143

A porsi in maniera sempre più chiara era il tema della sostenibilità dei servizi pubblici. Se la prassi politica degli anni Settanta era stata improntata, non senza una certa retorica, alla “partecipazione” dei cittadini alle decisioni amministrati- ve, tra anni Novanta e Duemila il lessico politico si orientò piuttosto verso parole d’ordine come “eficienza” e “razionalizzazione” della macchina amministrativa, mentre la vecchia “partecipazione assembleare” veniva largamente soppianta da un altro termine: quello di “trasparenza”. C’era un rischio in tutto questo: per- dere per strada quella connotazione “democratica” e “plurale” che è insita nella partecipazione e in tutta la tradizione politica del “modello emiliano”31. A rendersene conto è stato Lorenzo Minganti, sindaco di Minerbio dal 2009, e prima assessore ai Lavori pubblici (2002-2004) e all’Urbanistica (2004-2009) nelle due giunte Simoni, che impostando la sua comunicazione politica e la sua prassi amministrativa non ha rinunciato a una caparbia ricerca della “parteci- pazione” della cittadinanza alle scelte dell’amministrazione32. E in tempi come quelli odierni, che non si caratterizzano certo per un impegno civico difuso, puntare sulla partecipazione signifca dedicarsi con impegno alla costruzione di percorsi che portino al coinvolgimento e all’ascolto dei cittadini: «una par- tecipazione praticata davvero non solo enunciata» – secondo le parole di Min- ganti –, soprattutto su temi delicati perché riguardanti la salute dei cittadini e l’equilibrio ambientale, quali, negli ultimi anni, l’autorizzazione della discarica di Baricella, l’allargamento della Centrale di stoccaggio del gas di Minerbio, gli impianti a biomassa, ecc.

L’altro driver importante dell’attività di questi anni è stato lavorare per avere l’efi- cienza massima dalle nostre strutture comunali. Mi sono sempre ribellato all’idea che la pubblica amministrazione fosse ontologicamente ineficiente, fosse sempre passi indietro al privato. E quindi abbiamo cercato in questi anni, con risultati per la verità più alterni rispetto a quelli raggiunti sul versante della partecipazione, di essere una amministrazione eficiente, che cura i propri provvedimenti seguendone sia la parte normativa che quella tecnica. Ho cercato anche nei confronti del personale di pre- miare gli impiegati e i funzionari più in gamba e più eficienti, cercando di imporre un cambio di passo33.

Sfogliando le pagine del notiziario del Comune di Minerbio, dall’inizio degli anni Duemila fno ai fascicoli più recenti, ci si rende conto di come, nonostante il pas-

31 Cfr. Carlo De Maria (a cura di), Il “modello emiliano” nella storia d’Italia. Tra culture politiche e pratiche di governo locale, Bologna, Bradypus, 2014. 32 Cfr. Lorenzo Minganti, 2009-2014: 5 anni al servizio di Minerbio, il nostro paese, in “Prometeo. Notiziario del Comune di Minerbio”, 8 aprile 2014, pp. 2-3. 33 Intervista di Carlo De Maria a Lorenzo Minganti, Minerbio, 17 novembre 2017 (la registrazione audio è conservata presso l’Associazione Clionet). 144 Minerbio dal Novecento a oggi sare dei decenni e delle stagioni politiche, conservi immutata importanza la pro- spettiva della sovracomunalità, che abbiamo visto anticipata nell’esperienza dei comprensori e della programmazione su scala subregionale degli anni Settanta e prima ancora nei consorzi volontari per la gestione dei servizi pubblici. La progettazione e la messa in pratica di forme di collaborazione e di gestio- ne intercomunale sono ancora oggi, e forse soprattutto oggi in tempi di crisi o di stentata ripresa, di stretta attualità. Il superamento della provincia e le modalità di realizzazione della città metropolitana continueranno a interrogare cittadini e amministratori su questi temi anche nei prossimi anni.

Per quanto riguarda il livello ex-provinciale ora metropolitano, il mio giudizio sulla legge Delrio – aferma Minganti – è estremamente negativo. Una legge che ha voluto anticipare una prossima riforma costituzionale che poi non c’è stata. Ma cosa ancora peggiore è stata una legge adottata sull’onda di certi umori dell’opinione pubblica. Era il 2007 quando uscì il famoso libro “La Casta” di Rizzo e Stella che martellava alcune ineficienze della pubblica amministrazione. [...]. Ma le decisioni di sistema devono es- sere decisioni meditate, ponderate. [...]. A causa della legge Delrio abbiamo perso un patrimonio di relazioni e di competenze e professionalità che c’erano nelle vecchie Province. Se il tema era la spesa per gli assessori provinciali – la Provincia di Bologna aveva dieci assessori alcuni dei quali, come il compianto Giacomo Venturi, lavoravano come tre persone, mentre altri ci chiediamo ancora cosa facessero –, se il tema era quello degli assessori, dicevo, sarebbe stato suficiente mettere un tetto molto rigido: non più di quattro assessori provinciali, ad esempio. Un discorso analogo si sarebbe potuto fare per una riduzione dei consiglieri provinciali, dimezzandoli. [...]. Con la legge Delrio, invece, si sono letteralmente demolite alcune importanti funzioni tecnico-am- ministrative e nel medio-lungo periodo emergeranno, a mio parere, grossi problemi34.

Se il livello metropolitano appare in larga parte ancora da costruire, le concrete esperienze sviluppate a livello intercomunale lungo gli anni Duemila (associa- zioni e unioni tra i comuni) rappresentano una eredità importante per rifettere sulle modalità della riorganizzazione territoriale. Le unioni, ad esempio, vanno correttamente interpretate come una struttura di servizio per gestire funzioni amministrative che hanno una economia di scala ottimale non a livello comuna- le, ma sovracomunale. Non è dificile fare alcuni esempi: l’informatica, il servizio gare e contratti, l’uficio personale, ecc. Il livello intercomunale, però, non deve essere pensato come un nuovo ente territoriale che svolge servizi diretti al cit- tadino, perché altrimenti si porrebbe un problema di democrazia («un parziale defcit democratico», secondo le parole di Minganti), in quanto bisognerebbe in-

34 Intervista a Lorenzo Minganti, cit. Carlo De Maria, La storia politico-amministrativa dal 1945 agli anni Duemila 145 dividuare, a quel punto, dei rappresentanti appositamente eletti per il governo dell’unione35. La sfda più innovativa oggi è quella che porta ai percorsi di fusione tra comuni limitrof. Minerbio è impegnata in questo senso insieme ai comuni di Baricella e Malalbergo. La chiave di volta delle fusioni, come di ogni processo democratico, rimane la partecipazione dei cittadini, e quando essa si manifesta, anche momen- taneamente o su singoli temi, se ne giova tutto il tessuto sociale del territorio.

35 Al momento, infatti, il presidente dell’unione (o di altro ente sovracomunale di secondo livello) è uno dei sindaci dei comuni coinvolti e, dunque, è stato eletto solo dagli abitanti di quel comune e, quasi inevitabilmente, se chiamato in causa su dei servizi diretti al cittadino, risponderà in primo luogo ai suoi elettori, prima che a tutti gli altri cittadini. Lo stesso discorso vale per i componenti della giunta dell’unione, i cui membri sono scelti anch’essi tra i sindaci dei comuni coinvolti. A que- sto proposito si vedano anche le considerazioni di Stefano Sermeghi, sindaco di Castenaso, in Carlo De Maria e Tito Menzani (a cura di), Un territorio che cresce. Castenaso dalla Liberazione a oggi, Bologna, Bradypus, 2015, pp. 65-66.

Minerbio dal Novecento a oggi Istituzioni locali, economia e società A cura di Carlo De Maria Roma (BraDypUS) 2017 ISBN 978-88-98392-65-0 p. 147-168

La devozione popolare a Minerbio nel Novecento CESARE FANTAZZINI

Premessa

Le considerazioni qui riportate, concernenti il fenomeno religioso/devozionale riferito all’area minerbiese nell’arco del Novecento, non potevano essere piena- mente comprese nella loro intima essenza, prescindendo da alcuni indispensa- bili richiami storici ad eventi precedenti. Pur avendo dedicato la massima atten- zione al fatto locale, circoscritto al secolo scorso, si è ritenuto non solo utile, ma inevitabile, tale collegamento, nell’intento di ofrire al lettore una più completa chiave di lettura del fenomeno trattato. Riteniamo inoltre che le presenti analisi possano valere anche per un ambito territoriale molto più vasto.

1. Considerazioni generali e riferimenti locali

La Fede e la devozione religiosa nell’area minerbiese hanno origini molto an- tiche. Il Messaggio Cristiano, difusosi nelle nostre zone fn dal III-IV secolo del primo millennio, si consolidava man mano sul piano organizzativo non solo nelle città ma anche nelle aree periferiche intorno ai centri monastici e alle Pievi più antiche1. Nel nostro caso ricordiamo al riguardo le Pievi di Budrio, di Vedrana,

1 P. Foschi, Le pievi della pianura e la pieve urbana, in L. Paolini (a cura di), Le pievi medievali bo- 148 Minerbio dal Novecento a oggi di Dugliolo, di Saletto, di S. Marino, di Marano e, particolarmente, quella di S. Giovanni in Triario2 (Fig. 1), sorta al termine di un Cardo di centuriazione roma- na, ancora riconoscibile nella attuale via Pozzo. Questa strada partiva appunto dalla Pieve appena citata e procedeva in direzione Sud fno alla Via Emilia, come si può ancora rilevare dalla carta di Andrea Chiesa del 1740-423. Non ci è giunta memoria dell’esistenza in questa zona di monasteri molto antichi: si fa comun- que cenno alla presenza di Canonici Regolari Lateranensi presso una chiesa de- dicata a Sant’Eutropio nei pressi dell’attuale località di Altedo4 mentre si sa con certezza dell’esistenza di una aggregazione di Religiosi ancora nel 1300, dove ora sorge la chiesa parrocchiale di Armarolo5. Infatti nell’elenco redatto per la riscossione della decima del 1300 si legge: «frater Michael prior fratrum sancte Margarete de Marolo»; nel successivo elenco del 1315 la descrizione è ancora più esplicita: «Monasterium Sancte Margarite de Marolo»6. A distanza di qualche decennio però viene meno la presenza di questi frati o monaci e la chiesa di Ar- marolo, oficiata dal clero secolare, rientra nel plebanato di S. Giovanni in Triario insieme ad altri 14 luoghi di culto: S. Trinità di Calcadona, S. Teodoro di Minerbio, S. Pietro di Viadagola, S. Maria Maddalena di Cazzano, S. Pietro di Bagnarola, S. Giorgio di Viadagola, S. Giacomo di Ronchi, S. Zenone di Bagnarola, S. Giacomo di Bagnarola, S. Vitale di Granarolo, S. Maria di Granarolo, S. Brigida, S. Nicolò e S. Pietro di Bagnarola7. Lungo il corso dei secoli, la Fede Cristiana si era estesa ca- pillarmente all’intera popolazione promuovendo, in ogni agglomerato umano, luoghi di culto storicamente importanti anche dal punto di vista sociale, cultu- rale ed artistico. Pur con i limiti e le contraddizioni di una realtà in parte anche umana, la Chiesa assumeva sempre più il ruolo di punto di riferimento ricono- sciuto da tutti. Superato il periodo medievale che, prima di concludersi, vedeva lo scisma d’Oriente (1054) e l’afermazione dei grandi Ordini Mendicanti (principal- mente Domenicani e Francescani), l’Europa afrontava il drammatico travaglio della Riforma Protestante (1521) e della separazione Anglicana (1534). La Chiesa cattolica rispondeva con la celebrazione del Concilio di Trento (1545-1563), dal quale discendeva una vigorosa ripresa della vita religiosa, accompagnata da una straordinaria foritura culturale ed artistica. Le principali defnizioni conciliari, in

lognesi (secoli VIII-XV), Bologna 2009, pp. 25-69. 2 Ivi, pp. 239-244. 3 Pubblicazione della Regione Emilia-Romagna, IBC, 1992. 4 G. Pavani, Un paese e la sua storia, Altedo (BO) 1988, p. 12; Antonio Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1666, p. 294. 5 C. Fantazzini, Armarolo e la sua chiesa, Bologna 1974, p. 14. 6 Ibidem. 7 Paolini (a cura di), Le pievi medievali bolognesi, cit., pp. 239-242. Cesare Fantazzini, La devozione popolare a Minerbio nel Novecento 149 risposta alla Riforma di Lutero e Calvino, riconfermavano solennemente la Fede tradizionale della Chiesa e si riferivano in particolare alla Liturgia, al Culto euca- ristico, alla pratica sacramentale, alla rinnovata disciplina ecclesiastica8. In par- ticolare, la riafermazione solenne della reale presenza di Gesù nel sacramento dell’altare portò ad una intensifcazione della creatività artistica intorno a tale mistero. Tra le personalità che in campo cattolico maggiormente si adoperarono per l’applicazione dei decreti tridentini troviamo San Carlo Borromeo9, il vescovo Gian Matteo Giberti e numerosi altri; nell’area emiliana, si distinse il Cardinale Gabriele Paleotti, arcivescovo di Bologna dal 1566 al 159710. Gli anni del Concilio di Trento e i successivi videro una eccezionale foritura mistica con la presenza di fgure di altissimo rilievo spirituale, come ad esempio Teresa d’Avila, Giovanni della Croce, Ignazio di Loyola, Jean Eudes, Francesco di Sales e tanti altri11. Anche nelle nostre zone le impostazioni tridentine, sia pure lentamente, fnirono per afermarsi. Nei secoli XVII, XVIII e XIX si ebbe una notevole ripresa della vita ec- clesiale, insieme alla trasformazione delle architetture sacre, e un arricchimento delle suppellettili liturgiche. Si sentiva ovunque l’esigenza di onorare maggior- mente la reale presenza del Signore in ogni tempio. Tutto doveva convergere verso l’altare maggiore dove, nel punto di massimo onore, veniva conservato il SS. Sacramento. A questo generale rinnovamento si aggiungeva la foritura delle immagini sacre, la “Biblia pauperum”12, alle quali era connessa una forte valenza didattica nei confronti di una popolazione costituita in gran parte da illetterati. La loro validità era stata del resto riconosciuta dallo stesso Concilio13. Abbiamo riportato questi riferimenti storici per meglio comprendere le grandi trasforma- zioni sul piano monumentale ed artistico avvenute anche nelle nostre zone e non solo. A Minerbio fn dai primi del Settecento si avvertiva l’esigenza di un tem- pio di dimensioni maggiori e più consono alle impostazioni tridentine. Grazie an- che alla partecipazione concreta dei conti Isolani, degli arcipreti e di larga parte della popolazione locale, tra il 1733 e il 1737 sorse il magnifco tempio attuale. L’opera fu progettata dal celebre architetto Carlo Francesco Dotti ed ebbe il vivo incoraggiamento del Cardinale Prospero Lambertini, Arcivescovo di Bologna poi

8 J.W. O’Malley, Trento. Il racconto del Concilio, Città di Castello 2013, pp. 245-247. 9 C. Borromeo, Instructionum Fabricae et Supellectilis Ecclesiasticae, Libri II (1577). 10 L. Meluzzi, I vescovi e gli arcivescovi di Bologna, Bologna 1975, pp. 398-410. 11 G. Zaghegni, L’età moderna, Ed. San Polo, 1995; G. Lonardi, Elaborazione dei miei appunti sull’o- pera di Zaghegni, Verona 2003. 12 G. Viroli, I luoghi della continuità e del mutamento dalla Controriforma al Naturalismo del Sei- cento. Intenzioni e inclinazioni nella pittura in Romagna, in “Biblia Pauperum”, Cento (FE) 1992, p. XXXII. 13 Cfr. O’Malley, Trento, cit., p. 246. 150 Minerbio dal Novecento a oggi

Papa Benedetto XIV14. Molto più modesti, anche se precedenti, gli adeguamenti delle chiese di S. Martino in Soverzano, Ca’ de’ Fabbri e Armarolo, mentre per S. Giovanni in Triario si giunse ad una totale ricostruzione della chiesa plebana, in forme ampliate, tra il 1803 e il 1814, realizzando un progetto dell’architetto Francesco Gibelli15. Il Concilio tridentino valorizzò le confraternite medievali e favorì la nascita di nuove aggregazioni laicali. A Minerbio fu intrapresa una ricer- ca su questo argomento e organizzata una grande mostra nel 1987 da parte del locale Centro Culturale “Giorgio La Pira”, con la collaborazione di noti studiosi di Bologna, come Mario Fanti e i compianti Carlo Degli Esposti e Luciano Meluzzi16. La rassegna fu visitata anche dal Card. Giacomo Bifi, Arcivescovo di Bologna. Una sintesi dei dati raccolti è stata pubblicata sul relativo catalogo della mo- stra17. Nel saggio introduttivo di Fanti viene fatto notare come a Minerbio esistes- se già una arciconfraternita in epoca pre-tridentina, riferendosi alla Compagnia di S. Maria Assunta del Castello, nata prima del 1536 e tuttora esistente18. Parti- colarmente sentito nel corso dei secoli era il senso di appartenenza dei confra- telli dell’Assunta alla propria Compagnia, idealmente aggregata alla consorella maggiore di S. Maria del Gonfalone di Roma. Si ha notizia di un’impresa, al limite dell’eroismo, compiuta dal minerbiese Petronio Baroni (1796-1880), di profes- sione calzolaio e membro del locale sodalizio dell’Assunta. Il nostro confratello intraprese un avventuroso pellegrinaggio a piedi alla Città eterna, per trasferire al paese natale le pratiche devozionali dei colleghi dell’Urbe19. Tante altre Con- fraternite sorsero poi nei periodi successivi al “Tridentino”, nel capoluogo e in tutte le chiese del territorio20.

14 M. Fanti, C. Degli Esposti, Minerbio nei secoli, Minerbio 1977; A. Nardi, La chiesa arcipretale di San Giovanni Battista, in Centro Culturale “G. La Pira”, Architettura, pittura, scultura e arredo nei luoghi di culto, Minerbio 1984, pp. 33-43; G. Sapori, C.F. Dotti, La chiesa arcipretale di San Giovanni Battista di Minerbio, Voll. I-III, Bologna 2007. 15 C. Renesto, San Giovanni in Triario, la Chiesa Arcipretale di S. Giovanni Battista, in Centro Cultu- rale “G. La Pira”, Architettura, pittura, scultura e arredo nei luoghi di culto, cit., pp. 45-50. 16 Mostra 1987; Le Confraternite laicali dal XVI al XX secolo, in Minerbio e dintorni alla ricerca di un volto, Villanova del Ghebbo (RO) 2005, pp. 23-56. 17 Minerbio e dintorni, cit. 18 M. Fanti, Le Confraternite e le Pie unioni, in Minerbio e dintorni, cit., pp. 25-29. 19 C. Fantazzini, La chiesa di S. Maria Assunta, in “Minerbio. Sagra settembrina”, 1996. 20 Fanti, Le Confraternite e le Pie unioni, cit. Cesare Fantazzini, La devozione popolare a Minerbio nel Novecento 151

2. Il Novecento e gli ultimi decenni del secolo precedente

I mutamenti politici e sociali intervenuti nella seconda metà dell’Ottocento si rifettevano pesantemente anche sulle istituzioni cattoliche del Minerbiese. Rag- giunta l’unità nazionale, il nuovo Stato decise, con legge del 3 agosto 1862, n. 753 (“Legge Rattazzi”), di requisire e incamerare i beni delle Opere Pie e delle isti- tuzioni caritative e benefche della Chiesa cattolica, trasferendoli a Congrega- zioni di carità subordinate alle autorità civili. Tale provvedimento riconfermava quanto era stato deciso in precedenza dal Governatore delle Romagne e ripro- poneva sostanzialmente ciò che era avvenuto in epoca napoleonica (Decreto 3 agosto 1803). A Minerbio l’intervento riguardò l’Opera Pia Giovanni Alberto Fab- bri, per volontà del testatore retta dall’Arciprete pro tempore e collaboratori21 e, basandoci sui documenti fnora rinvenuti, l’Educandato di S. Carlo nonché altre istituzioni collegate22. Quest’ultimo luogo pio era stato fondato dal parroco Don Gaetano Forlai nel 1827, nelle adiacenze dell’oratorio della Natività di Maria, dove ora sorge il palazzo municipale, per assistere ragazze bisognose. L’ope- ra era stata approvata dal Card. Carlo Opizzoni, Arcivescovo di Bologna, il 20 settembre dello stesso anno23 e il fabbricato corrispondente era stato eretto su progetto dell’Ing. Antonio Serra del febbraio 1828. L’immobile coincideva con la base dell’attuale sede comunale24. Il passaggio al Comune avvenne uficialmen- te il 7 giugno 186125. In seguito intervennero anche le cosiddette Leggi eversive con altri espropri, sia pure estranei a Minerbio26. Si può comprendere come il

21 Archivio di Stato di Bologna, Atti dei notai del distretto di Bologna, Notaio Aurelio Brusa, 1749, 1756, bb. 20, 36. Testamento e relativi codicilli di Giovanni Alberto Antonio Fabbri, rogati dallo stesso Notaio (1.2.1749, 7.8.1756), trascrizione a cura della Coop. Archivisti Ricercatori di Bologna. Buona parte dei documenti relativi a questa istituzione sono ancora conservati nell’Archivio par- rocchiale di Minerbio. 22 Archivio Parrocchiale di Minerbio (d’ora in poi, Apm), Educandato di S. Carlo; C. Zamboni, Crona- ca del castello di Minerbio, Bologna 1855, p. 124. 23 Ibidem. 24 Apm, Stato Fabbri IV, Educandato o Conservatorio di S. Carlo, fasc. 3, riguardante la fabbrica del- la sede: Descrizione del Progetto dell’Ing. Antonio Serra di Bologna del 15 febbraio 1828. La sede, già costruita nella posizione descritta dalla relazione di Serra, appare sulla sinistra dell’incisione del Corty del 1855, riferita alla Chiesa Arcipretale. L’ingegnere scrive testualmente: «Il pianterreno avrà sulla strada un portico di cinque arcate elevato due gradini dal piano stradale con volto a cro- ciera e formato di sei pilastri, con contropilastri a muro. Nel mezzo vi sarà la porta con altro gradino, ed una fnestra semicircolare sopra, con quattro fnestre lateralmente, una per ciascun arco ». È la fedele descrizione della base della facciata del Municipio attuale. 25 Apm, Stato Fabbri IV, Educandato o Conservatorio di S. Carlo, fasc. 6, Presa di possesso della Congregazione di Carità di Minerbio. 26 Regio decreto 3036 del 7 luglio 1866. 152 Minerbio dal Novecento a oggi clima instauratosi tra la Chiesa e le nuove autorità statali non fosse dei migliori. Coloro che esprimevano apertamente un netto dissenso venivano privati della propria libertà27. Lo studioso minerbiese Don Camillo Zamboni, autore, tra i tanti, del primo e prezioso volume di storia del nostro paese28, descrive la sua esperien- za di prigionia, vissuta assieme ad altri 46 confratelli dell’Arcidiocesi bolognese, tra i quali Don Giuseppe Codicè, di cui è in corso il processo di beatifcazione29. Col passare degli anni, altre situazioni si afacciavano all’orizzonte con l’av- vento della civiltà industriale: la questione operaia e la diversa visione al riguar- do tra Chiesa cattolica e mondo di ispirazione marxista. Con l’enciclica “Rerum novarum” del 1891 si proflava una risposta cristiana al problema operaio. A Mi- nerbio, nel 1901, giungeva un arciprete culturalmente aggiornato e soprattutto animato da una profonda sensibilità umana e sociale. Si chiamava Don Ferdi- nando Franchi, era sulla quarantina e, dopo l’ordinazione, aveva svolto il suo mi- nistero nell’ambiente cittadino bolognese, acquisendo una solida preparazione teologica e pastorale30. Nella popolosa parrocchia che gli era stata assegnata aveva subito notato la situazione a dir poco precaria dei braccianti agricoli e di diversi contadini. Dopo un periodo di rifessione, il 28 giugno 1903, rivolgeva a tutti un accorato messaggio: «Dilettissimi parrocchiani, sento più che il dovere, il bisogno di rivolgermi a voi per iscritto, perché l’afetto per i miei fgli in Gesù Cristo mi fa desiderare che le mie parole giungano a tutti senza eccezione. Ai giorni nostri per mezzo di seducenti, ma false dottrine si cerca di allontanare il popolo da Gesù Cristo e dalla sua religione. Purtroppo tale deplorevole tenta- tivo avviene anche in questa mia parrocchia, ed io verrei meno al mio uficio se non vi mettessi in guardia contro chi professandosi altamente sollecito del vo- stro vantaggio vi prepara invece incalcolabili danni». Dopo aver citato i principi esposti nell’enciclica “Rerum Novarum”, così prosegue: «potete chiedere l’equo aumento delle vostre mercedi, la diminuzione delle ore di lavoro, soprattutto se soverchiamente gravoso […] mi sono adoperato per ottenere alleggerimenti nei patti colonici, ho scritto più volte ai proprietari chiedendo lavoro per i poveri braccianti, ho cercato di sollevare molte famiglie nei momenti del più imperio- so bisogno». Rivolgendosi ai proprietari e conduttori di fondi: «Procurate lavoro

27 G. Casoni, Cinquant’anni di giornalismo (1846-1900). Ricordi personali, Bologna 1907, pp. 190- 201. 28 Zamboni, Cronaca del castello di Minerbio, cit. 29 A. Dall’Osto, Una gloria fulgida del clero bolognese, Pontecchio Marconi (BO) 2009, pp. 78-82; C. Fantazzini, Il minerbiese Don Camillo Zamboni, studioso diligente e fecondo, in “Strenna Storica Bolognese”, LIX (2009), pp. 200-201. 30 C. Fantazzini, L’azione sociale di Don Ferdinando Franchi, parroco di Minerbio, in La presenza dei Cattolici nella società italiana: la prospettiva di Leone XIII dalla “Immortale Dei” alla “Rerum Novarum, Bologna, Istituto per la storia della Chiesa di Bologna, 1992, pp. 83-89. Cesare Fantazzini, La devozione popolare a Minerbio nel Novecento 153 più che potete ai poveri operai; assegnate, se vi è possibile, ad ogni famiglia un pezzo di terreno da coltivare a giusti patti». Tuttavia, al di là di queste conside- razioni, datate più di un secolo fa, emerge lo spirito sacerdotale: «A voi pure che sventuratamente avete perduta la fede si rivolge il mio cuore e la mia parola. Pur voi siete miei fgli, pur voi siete cari al mio cuore. Vorrei potervi mostrare quanto sofro nel vedervi fuggire da me e più assai nel vedervi colpiti da tanta sciagura»31. La dimostrazione della sincerità delle parole del sacerdote la trovia- mo nelle opere concrete da lui realizzate sul territorio, come l’asilo infantile, in aiuto alle mamme lavoratrici; la scuola di lavoro per le ragazze32, per dare loro un mestiere; la Cassa Rurale e Artigiana, per favorire il credito onesto33. Da par- te socialista si avvertiva indubbiamente il disagio manifestato in tanti aderenti che, pur condividendo le azioni intraprese dal partito per ottenere una maggiore giustizia sociale, non si sentivano capaci di rinunciare ai loro sentimenti religiosi, ereditati dalle generazioni precedenti. Si difuse allora l’afermazione che de- fniva “socialista” anche Gesù Cristo, in quanto favorevole, nel suo messaggio, alla giustizia sociale. Si giunse addirittura a distribuire immagini oleografche di un Gesù dal severo cipiglio rivoluzionario, da esporre al posto delle iconografe religiose tradizionali: una di queste è conservata al Museo della religiosità popo- lare di S. Giovanni in Triario e reca la seguente iscrizione: «La natura ha stabilito la comunanza dei beni - La usurpazione ha prodotto la proprietà privata» (Fig. 2). La Prima guerra mondiale sottrasse a tante famiglie la guida e il sostegno economico: nel migliore dei casi per anni; nel peggiore, per sempre. Al museo di S. Giovanni in Triario si conserva un quadro che ritrae i reduci e i caduti del no- stro Comune. L’unica voce di protesta si levò dal Papa Benedetto XV, che defnì quell’impresa un’inutile strage34. Al riguardo, si conservano, nello stesso museo, alcune preziose testimonianze che documentano la nota presa di posizione del grande Pontefce35 (Fig. 3). I cattolici locali furono impegnati per tutto il periodo bellico, insieme ad altri volontari laici, nell’assistenza ai soldati feriti, degenti presso l’ospedale militare sussidiario di Minerbio, allestito nei locali delle scuo-

31 Archivio Generale Arcivescovile di Bologna, Ricuperi Benefciari, Minerbio. 32 C. Fantazzini, Don Ferdinando Franchi, fondatore della prima scuola materna di Minerbio, in “Minerbio. Sagra settembrina”, 2015. 33 S. Mengoli, La Cassa Rurale ed Artigiana di Minerbio, 1905-1991, Minerbio 1991. 34 A. Toma, Benedetto XV e l’inutile strage, Galatina 1993. 35 Litografa e cartoline dedicate alla pace. Parte di queste testimonianze sono state trasferite all’Archiginnasio di Bologna, su richiesta di Mons. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna, durante la prolusione del Card. Pietro Parolin al Convegno dedicato a Benedetto XV del 3-5 nov. 2016. Gli atti relativi sono stati pubblicati in G. Cavagnini, G. Grossi (a cura di), Benedetto XV. Papa Giacomo Della Chiesa nel mondo dell’“inutile strage”, opera diretta da A. Melloni, Bologna, Il Mulino, 2017. 154 Minerbio dal Novecento a oggi

le elementari da poco costruite36. Un’altra iniziativa, altamente umanitaria, fu attuata dalla contessa Lina Bianconcini Cavazza di S. Martino in Soverzano (Mi- nerbio) nella sua residenza bolognese di via Farini. Qui la nobildonna, con la collaborazione di altre signore, aveva istituito un Uficio Notizie in aiuto alle famiglie dei militari che si trovavano in zona di guerra37. Più tardi, grande risonanza ebbe localmente la presenza della venerata Im- magine della Madonna di S. Luca, nei giorni 11, 12 e 13 marzo 1933, accolta da preparativi grandiosi. In quella occasione, Minerbio fu meta dei pellegrinaggi di numerose parrocchie del circondario38. Tale “visita” fu poi ripetuta nel 1951 e nel 199539. Queste ultime furono estese anche alle comunità circostanti. Altro evento importante fu la celebrazione del Congresso Eucaristico di pla- ga, svoltosi a Minerbio il 26 aprile 1936 con la convergenza di 21 parrocchie del- la zona40. Dopo le solenni celebrazioni del 2° Centenario della costruzione della chiesa arcipretale minerbiese, concluse nel 1937 con ingenti restauri all’artistico tempio41, ecco afacciarsi la immane tragedia della Seconda guerra mondiale, accompagnata da tanti lutti e da dolorosi episodi di odio civile. Ad essi si ag- giungevano alcune distruzioni, insieme alla perdita dei campanili delle chiese di Minerbio42, S. Giovanni in Triario e S. Martino in Soverzano43. Nell’immediato dopoguerra va segnalata la fondazione nel capoluogo, uno dei primi paesi del- la provincia, di una scuola media legalmente riconosciuta nei locali della par- rocchia, retta dalle Suore Domenicane di S. Caterina da Siena. La benemerita istituzione, che ha permesso a tanti ragazzi del luogo e dei paesi vicini di pro- seguire i loro studi a Bologna, ha avuto una durata pressoché ventennale44. Sul piano sociale, non possiamo dimenticare la costruzione dello zuccherifcio di

36 C. Fantazzini, Don Giuseppe Malaguti, costruttore della nuova sede della scuola materna di Minerbio, in “Minerbio. Sagra settembrina”, 2016. 37 C. Fantazzini, Il Castello di San Martino in Soverzano e il circostante territorio dal 1882 ad oggi, Bologna 2013, pp. 8-9. 38 Archivio parrocchiale di Armarolo (d’ora in poi, Apa), “La Voce del Parroco”, Bollettino parroc- chiale mensile (Interparrocchiale), aprile 1933, pp. 2-3. 39 Bollettino della Diocesi di Bologna, Anno XXX, giugno-luglio-agosto 1951, p. 124; Apm, Visita della B.V. di S. Luca a Minerbio, Armarolo, S. Martino in Soverzano, S. Giovanni in Triario, 2-8.12.1995. 40 Apa, “La Voce del Parroco”, maggio 1936, pp. 1-3. 41 Raccolta di Raul Tugnoli, “II Centenario della Chiesa Arcipretale di Minerbio, 1737-1937”, nume- ro speciale, 31 ottobre 1937; Apm, “L’Araldo del II Centenario”, 4 numeri unici: 30 giugno, 31 luglio, 31 agosto, 30 settembre 1937. 42 Centro Culturale “G. La Pira”, Architettura, pittura, scultura e arredo nei luoghi di culto, cit., p. 43. 43 Ivi, pp. 50 e 55. 44 C. Fantazzini, Don Alberto Dalla e i primi ampliamenti della Scuola materna di Minerbio, in “Mi- nerbio. Sagra settembrina”, 2017. Cesare Fantazzini, La devozione popolare a Minerbio nel Novecento 155

Pratogrande e l’adiacente realizzazione del CEFA, principalmente per opera del Senatore Giovanni Bersani45. Grande importanza ha avuto nel Novecento l’asso- ciazionismo cattolico locale, ricco di iniziative soprattutto nel settore giovanile. Nel 1982 è sorto il Centro Culturale “Giorgio La Pira”46, tuttora vivo e operante, che ha svolto una importante attività di ricerca in campo storico e artistico. Si è ritenuto opportuno riportare questi eventi per consentire una più completa comprensione del Novecento e delle vicende che hanno caratterizzato, anche a Minerbio, questo tormentato secolo.

3. La devozione popolare nel Minerbiese, ripercorsa attraverso le testimonianze conservate nel Museo della Religiosità Popolare di S. Giovanni in Triario

3.1. Come nasce il museo

Questa singolare iniziativa, forse unica nel suo genere, comincia a delinearsi nei primi anni Settanta del secolo scorso, poco dopo l’inaugurazione del Mu- seo della Civiltà Contadina di San Marino di Bentivoglio, avvenuta nel giugno del 1973. Al termine di tale cerimonia, Don Saulle Gardini, parroco di quella co- munità e presente come invitato, fece notare alle autorità intervenute l’assenza dalla stessa raccolta delle testimonianze del costume religioso, essenziali nella vita contadina del passato. Recepita l’osservazione dai dirigenti della neonata struttura, su indicazione dello scrivente, il sacerdote cominciò a raccogliere nel- la sua canonica testimonianze di vita religiosa popolare del passato, nell’intento di ofrire l’integrazione ipotizzata per lo stesso museo. Passando il tempo senza concreti sviluppi di quella iniziale promessa, il Vescovo Ausiliare e Vicario Gene- rale di Bologna, Mons. Claudio Stagni, suggerì la costituzione di una associazione a tutela della raccolta, divenuta nel frattempo assai cospicua. Così il 15 genna- io 1994 nacque il sodalizio denominato “Pro Religiosità Popolare” con regolare atto notarile e con statuto frmato dallo stesso Presule. Il 21 gennaio 1991 il Ca- nonico Luigi Consolini, arciprete di Minerbio, aveva oferto la disponibilità della

45 P.E. Rubbi, O. Tassinari Clò (a cura di), Lo zucchero cooperativo, Cento (FE) 1998, pp. 40-41. 46 A. Nardi, Il Centro Culturale “Giorgio La Pira” verso il 25°, in Minerbio e dintorni alla ricerca di un volto, cit., pp. 7-10. 156 Minerbio dal Novecento a oggi storica pieve di S. Giovanni in Triario, di cui era responsabile, come sede della stessa raccolta. Tale proposta venne in seguito condivisa anche dal successo- re Don Stefano Scanabissi tanto che, dopo una lunga preparazione, il 16 aprile 2001 il Vescovo Stagni inaugurava nella storica Pieve minerbiese il Museo della Religiosità Popolare tuttora esistente47. Sede più adatta, anche dal punto di vista simbolico, non si sarebbe potuta trovare, se si pensa al ruolo originario di questo luogo, da cui è partita la difusione della Fede religiosa nella zona.

3.2. La religiosità e la devozione nelle persone

L’appartenenza alla Chiesa inizia con il sacramento del Battesimo, che anche nel Minerbiese veniva amministrato fno ai primi del Novecento il giorno stesso della nascita o il giorno seguente48. Alla pieve di S. Giovanni in Triario si conserva anco- ra l’antica vasca battesimale ad immersione, scavata nel vivo macigno49. Accanto a questo prezioso monumento sono raccolte le testimonianze dell’ultimo secolo, costituite dalle fasce per neonati, dagli abitini, dalle copertine e dai brevi50, un tempo usati per questa fondamentale celebrazione. Seguono poi le testimonian- ze degli altri sacramenti di iniziazione cristiana, allora amministrati a tutti, salvo rarissime eccezioni. Bellissime le immagini e le foto d’epoca che corredano la presentazione di questi eventi. La pietà individuale, dopo la partecipazione alla Messa e alle altre funzioni, era orientata in buona parte alle preghiere a Dio, alla Madonna e ai Santi, seguendo tridui e novene riportate nei difusissimi manuali in dotazione ad ogni persona, principalmente nel settore femminile. Al museo di Triario ne troviamo in grande quantità, insieme alla vastissima collezione di immaginette sacre (“santini”) che, uniti ai libretti di preghiere, costituivano un mezzo eficacissimo per la trasmissione capillare delle verità di Fede. Difusis- sime anche le Filotee: erano un compendio di pratiche di pietà e di basilare cul-

47 C. Fantazzini, Il Museo della religiosità popolare di San Giovanni in Triario: un’esperienza eccle- siale e culturale, in Fede Vissuta. Identità e tradizioni popolari in Emilia-Romagna, Bologna 2014, p. 16. 48 Archivi Parrocchiali del Circondario, Libri dei Battesimi. 49 C. Fantazzini, S. Martino in Soverzano e S. Giovanni in Triario, Brevi note storiche, Minerbio 1981, p. 17. 50 Minuscoli cuscinetti di stofa a forma di cuore o di altro, riccamente ricamati, contenenti simboli di fede. Cesare Fantazzini, La devozione popolare a Minerbio nel Novecento 157

tura religiosa51. Molto seguita la consuetudine di portare con sé piccoli segni di richiamo alla Fede, come medagliette, scapolari, minuscoli borsellini di stofa contenenti “santini” o foglie di ulivo benedetto: tutti con intenti protettivi e di richiamo alla devozione. Frequente anche la sosta con preghiera o l’omaggio foreale ai numerosi “pilastrini” o tabernacoli arborei, eretti lungo le strade o disseminati per il territorio (Fig. 4). Nell’area minerbiese ne troviamo tanti, come risulta da una indagine del Centro “La Pira”, presentata in una splendida mo- stra e pubblicata nel volume Minerbio e dintorni, alla ricerca di un volto52. La frequenza ai sacramenti della Penitenza (Confessione) e della Comunione nei primi decenni del Novecento era in gran parte circoscritta al periodo pasquale e alle solennità maggiori. La partecipazione alla Messa, celebrata in lingua latina, era spesso accompagnata da preghiere individuali, a volte del tutto disgiunte dalla stessa celebrazione. Negli anni dell’episcopato del Card. Giacomo Lercaro, nell’arcidiocesi di Bologna venne iniziato al riguardo un profondo rinnovamento con la difusione del “Direttorio”, da lui composto, e di altri sussidi53, che ebbe- ro nelle riforme conciliari il pieno completamento. Ancora agli inizi del secolo la comunità partecipava alla conclusione della vita dei singoli fedeli, accompa- gnando il sacerdote mentre portava alla casa dei moribondi il Viatico in forma solenne, al suono delle campane. Tale consuetudine di partecipazione corale all’evento è ampiamente documentata al museo di S. Giovanni in Triario e de- scritta con versi suggestivi dal nostro poeta Giovanni Pascoli54.

3.3. La religiosità e la devozione nelle famiglie

Con il matrimonio religioso, celebrato dalla stragrande maggioranza degli abi- tanti fno agli ultimi decenni del Novecento, aveva origine la famiglia. In genere i nuovi coniugi prendevano inizialmente dimora nella casa dello sposo, facendo vita comune con i suoi genitori, fratelli e sorelle. Nelle zone rurali erano difu- se le famiglie patriarcali, costituite da diverse unità nucleari, che convivevano

51 La più difusa, quella compilata da Giuseppe Riva (1803-1876), Penitenziere della Metropolitana di Milano, con oltre 22 edizioni. 52 Minerbio e dintorni alla ricerca di un volto, cit. 53 G. Lercaro, A messa fglioli, Bologna 1955; Id., Il giorno del sole. Catechesi liturgica sulla Santa Messa, Bologna 1955. 54 G. Pascoli, I Canti di Castelvecchio, 42, Il Viatico. 158 Minerbio dal Novecento a oggi sotto la guida di un reggitore (“arzdour”), in genere il fratello maggiore. Questa situazione era dovuta alle esigenze di lavoro dei grandi poderi agricoli, che ri- chiedevano un numero elevato di addetti. Alcune operazioni, come la mietitura del grano e la lavorazione della canapa, occupavano l’intera famiglia, compresi i bambini, per lunghi periodi. La difusa presenza di queste unità allargate è te- stimoniata anche dalle antiche strutture abitative poderali, ancora in parte pre- senti sul nostro territorio. Il luogo più frequentato dalle famiglie era la grande cucina rurale dove si trovava il focolare, sormontato da un’ ampia cappa fumaria e collegato al deposito della legna da ardere (“cantòn”). Qui si cuocevano i cibi per l’intera famiglia; qui ci si trovava a gruppi a conversare, specie nelle sere invernali al tepore del fuoco acceso. L’arredamento, semplice ed essenziale, era completato dall’altarino domestico, posto su una delle pareti della sala, in luogo d’onore. Era costituito generalmente da una immagine sacra incorniciata che sovrastava una semplice mensola di legno, rivestita di tovaglietta ricamata, per sostenere i candelieri o i lumini ad olio e un vasetto di fori. Nel Minerbiese erano difusi diversi altarini domestici speciali, costituiti da nicchie incavate nel muro contenenti una sorta di cappellina in miniatura, dotata di altare sormontato da una immagine sacra e da una muta completa di candelieri in ottone, proporzio- nati all’insieme. Probabilmente queste creazioni erano state ideate dai famosi fabbri/artisti Massarenti, che conoscevano l’arte di fondere l’ottone per ottenere gli apparati decorativi alle loro splendide composizioni in ferro battuto. Al mu- seo di S. Giovanni troviamo un esempio pregevole di questi altarini, un tempo appartenuto ad una famiglia minerbiese residente in Castello e donato da Gior- gio Boninsegni alla raccolta di Triario (Fig. 5). Un altro esemplare completo lo troviamo nella chiesa parrocchiale di Armarolo, pervenuto per donazione di una famiglia del luogo. Accanto all’altarino domestico si riuniva la famiglia per la recita del Rosario in alcuni mesi dell’anno; qui venivano accese le candele o i lu- mini ad olio nei momenti di gioia o di particolare dificoltà. I segni religiosi erano sparsi ovunque: sui letti, sui mobili, sulle pareti esterne delle case e delle stalle55, sugli strumenti di lavoro, specie nei magnifci carri agricoli bolognesi, recanti bassorilievi intagliati in alcune parti della loro struttura. Nei campi si piantava ai primi di maggio, in ogni appezzamento di terra coltivata, la croce con l’ulivo benedetto a protezione dei raccolti. Ogni operazione agricola era regolata dal calendario riferito alle feste dei Santi. Di queste testimonianze autentiche è ric- chissimo il museo di Triario.

55 M. Cecchetti, Immagini devozionali del Minerbiese, in Minerbio e dintorni alla ricerca di un volto, cit., pp. 163-298. Cesare Fantazzini, La devozione popolare a Minerbio nel Novecento 159

3.4. La religiosità e la devozione nelle comunità parrocchiali

Le parrocchie esistenti nell’area da noi considerata sono cinque, includendo an- che Armarolo che, pur essendo la chiesa e la borgata ai margini estremi del terri- torio budriese, per la vicinanza a Minerbio e per avere più della metà del suo ter- ritorio nel nostro comune, può di fatto ritenersi una frazione minerbiese. Anche dal punto di vista ecclesiastico ha sempre fatto parte del Vicariato di Minerbio. La comunità parrocchiale è una antichissima e basilare istituzione che papa Be- nedetto XVI defnì «famiglia delle famiglie»56. Nella prima metà del Novecento la distribuzione abitativa, a causa dei molti addetti all’attività agricola, era anche nel Minerbiese molto diversa dall’attuale: ogni parrocchia, grazie al consistente numero di abitanti, viveva in piena autonomia sotto la guida del proprio parro- co, unico punto di riferimento. A parte alcune solennità, specifche dei singoli luoghi, nelle comunità la vita religiosa aveva caratteristiche simili. In tutte era presente e attiva la scuola di catechismo, per preparare i fanciulli ai sacramenti di iniziazione cristiana: cresima, penitenza, comunione. Al riguardo, l’insegna- mento avveniva con l’uso di sussidi didattici adeguati al periodo, come cartelloni illustrati e successivamente mediante la proiezione di flmine dedicate ai vari temi. Al museo di S. Giovanni si conserva un ampio campionario di tali sussidi, costituito da oleografe e disegni di vari autori, tra i quali il celebre illustratore Giovambattista Conti (1878-1970) dell’Unione giovanile cattolica di Viterbo, del- la seconda metà degli anni ‘20 del Novecento. Altre consuetudini comuni a tutte le comunità erano le Rogazioni che si svolgevano in aprile e maggio. Queste ultime, dette “minori”, erano attuate con processioni in onore della Madonna e, con turni annuali riservati ai vari quartieri, raggiungevano tutte le abitazioni di ogni parrocchia, anche nelle zone campestri più lontane. I singoli residenti si preparavano a tali manifestazioni con grande entusiasmo e viva partecipazione. Al museo di S. Giovanni si conserva un’ampia documentazione riguardante que- sti eventi, con foto e itinerari riferiti a campioni comprendenti tutta la pianura bolognese57. Particolarmente sentite ovunque erano le “Quarantore” per le quali venivano allestiti grandiosi apparati in onore del SS. Sacramento. A Minerbio, su disegno dell’architetto Angelo Venturoli, era stata composta una enorme “mac- china” che veniva montata sul retro dell’altare maggiore ogni anno, in occasio- ne della suddetta ricorrenza. Era composta da numerosi elementi di pregio ar-

56 C. Fantazzini, La parrocchia, in Fede Vissuta, cit., p.37. 57 Gli itinerari esposti al Museo di S. Giovanni soni stati pubblicati da C. Fantazzini, Le processioni rogazionali e i relativi percorsi nella pianura bolognese, in L. Paolini, La terra e il sacro, Bologna 1995. 160 Minerbio dal Novecento a oggi tistico e scenografco, messi sul mercato dopo le soppressioni napoleoniche e acquistati a Bologna dall’arciprete del periodo. Oggi il complesso, rimasto per oltre mezzo secolo nei solai della canonica, è stato ricuperato e montato sta- bilmente al museo di Triario, con accanto la riproduzione del disegno originale del celebre architetto e una foto panoramica dell’insieme, scattata ai primi del Novecento da Don Luigi Zini, rettore di Armarolo e fotografo dilettante. I periodi natalizi e pasquali venivano celebrati con grande impegno. La settimana santa era vissuta con unanime partecipazione popolare. Come oggi, essa si apriva la domenica delle Palme con la benedizione dell’ulivo, distribuito a tutte le fami- glie, e proseguiva nei giorni seguenti con crescente intensità. Seguendo l’antica liturgia, la “missa in coena Domini” del giovedì si concludeva con la reposizione dell’Eucaristia nel cosiddetto sepolcro e la spogliazione degli altari; si apriva così il periodo suggestivo e drammatico del silenzio assoluto delle campane. In ogni chiesa il “sepolcro” era meta di visite devote. Questi apparati venivano allestiti ovunque con grande impegno e con straordinaria ricchezza di luci e di fori. Alcuni erano costituiti da elementi artisticamente pregevoli per i richiami alla descrizione evangelica. Al museo di S. Giovanni si conservano alcuni esempi di strutture lignee precostituite, di cui una dotata di cartelàmi a grandezza na- turale rafiguranti le guardie che furono poste da Pilato accanto al sepolcro di Gesù, su richiesta dei sacerdoti del tempio di Gerusalemme (Fig. 6). Nelle singole chiese era importante il ruolo delle Compagnie o Confraternite laicali per la loro capacità di aggregazione dei fedeli in opere devozionali e sociali. Alcuni anni prima della conclusione del Concilio di Trento, esattamente nel 1555, sorgeva a Ca’ de’ Fabbri la Compagnia del SS. Sacramento, seguita dopo alcuni anni da Minerbio, S. Giovanni in Triario e S. Martino in Soverzano. Altre venivano costi- tuite in seguito con fnalità specifche come il sufragio ai defunti e il culto alla Madonna e ai Santi58. I confratelli della Compagnia dell’Assunta di Minerbio, nata come si è visto in epoca pretridentina, esercitavano fno ai primi decenni del Novecento la pia pratica della visita ai sette altari della locale chiesa arcipreta- le per acquistare le indulgenze annesse alla visita delle 7 Basiliche Maggiori di Roma. Tutto lascia pensare ai frutti dell’avventuroso pellegrinaggio di Petronio Baroni, ricordato in precedenza59. Molto sentita era anche la pia pratica per ac- quistare l’indulgenza del “Perdono d’Assisi” di francescana memoria, il 2 agosto di ogni anno. Con questi rapidi cenni abbiamo cercato di delineare alcuni tratti della vita delle nostre comunità fn oltre la metà del Novecento. Con il Concilio

58 Fanti, Le Confraternite e le Pie unioni, cit. 59 Petronio Baroni (1796-1880) fu antenato del celebre pedagogista Augusto Baroni (1897-1967), anch’egli nativo di Minerbio. A lui e al padre Enea, stimato maestro elementare a Minerbio, il Comu- ne ha dedicato una piazza nella frazione di Ca’ de’ Fabbri. Cesare Fantazzini, La devozione popolare a Minerbio nel Novecento 161

Vaticano II alcune consuetudini sono mutate, pur mantenendosi viva la fede e la devozione religiosa in larghi strati della popolazione. Al museo di Triario si è cercato di mantenere memoria del costume religioso del passato come omaggio a chi ci ha preceduto e, in ultima analisi, alla verità storica. E’ viva speranza che questo ingente materiale, culturalmente prezioso, non venga disperso ma tra- smesso integro, con la collaborazione di tutti, alle generazioni future.

Conclusione

Come abbiamo ricordato all’inizio, sia pure per rapidi cenni, la Fede religiosa e la devozione popolare nel Minerbiese e dintorni sono state sempre molto vive nel corso dei secoli ed hanno prodotto frutti obiettivamente apprezzabili anche nel Novecento. Da una difusione e partecipazione pressoché unanime fno agli ultimi decenni dell’Ottocento, si è registrato un ridimensionamento nel secolo seguente della pratica religiosa, pur mantenendosi un’adesione altissima sia all’inizio che al termine della vita di ogni persona. In questa nostra epoca orien- tata alla globalizzazione, la società si sta rapidamente trasformando in senso multietnico, multiculturale e multireligioso. Di conseguenza, le nostre tradizioni secolari attraversano un periodo di crisi e il fenomeno si rifette inevitabilmente anche sul patrimonio culturale e storico-artistico di cui siamo custodi. In futuro, può esserci il rischio di una perdita di identità come popolo, con inevitabili ef- fetti negativi anche sul piano individuale e sociale. Un rimedio potrebbe essere trovato nella riscoperta dei valori di fondo, quelli che nel bene e nel male ci han- no condotto fn qui. Sarebbe auspicabile quindi una ricerca delle nostre radici, innegabilmente cristiane, non in chiave nostalgica, ma realistica, con lo spirito di chi non ripudia il proprio passato, pur valutando gli eventi, in ciascun periodo storico, con obiettività. Evitando di riproporre ciò che non è più attuale, senza opporsi alle inarrestabili evoluzioni del costume, pensiamo sia bene salvaguar- dare il patrimonio di civiltà di chi ci ha preceduto. Vi sono comunque dei valori immutabili, largamente condivisi e collaudati dai secoli, che ci vengono in soc- corso e rappresentano il nostro patrimonio più prezioso anche dal punto di vista civile: ad essi è bene afidarci per salvaguardare la nostra identità60.

60 Ringrazio la Prof. Alessandra Nardi e Carla Renesto, del Centro Culturale “G. La Pira”, per la gentile collaborazione ofertami.

Cesare Fantazzini, La devozione popolare a Minerbio nel Novecento 163

Fig. 1. La Pieve di S. Giovanni in Triario (Minerbio), ora sede del Museo della Religiosità Popolare. 164 Minerbio dal Novecento a oggi

Fig. 2. Museo di S. Giovanni in Triario - Oleografa dei primi del Novecento rafigurante "Gesù socialista". In calce si legge l'iscrizione: «La natura ha stabilito la comunanza dei beni - La usurpazione ha prodotto la proprietà privata». Cesare Fantazzini, La devozione popolare a Minerbio nel Novecento 165

Fig. 3. Museo di S Giovanni in Triario - Litografa a colori "Regina pacis", difusa nel periodo della Grande Guerra, recante la frma del Pontefce Benedetto XV. 166 Minerbio dal Novecento a oggi

Fig. 4. Museo di S. Giovanni in Triario - Devozione individuale: Dipinto popolare rafigurante una bambina che porta fori a una immagine sacra, posta nel classico "pilastrino" campestre. Cesare Fantazzini, La devozione popolare a Minerbio nel Novecento 167

Fig. 5. Museo di S. Giovanni in Triario - Altarino domestico proveniente da una famiglia miner- biese. Dono di Giorgio Boninsegni. 168 Minerbio dal Novecento a oggi

Fig. 6. Museo di S. Giovanni in Triario - Il cosiddetto "Sepolcro" per la reposizione dell'Eucari- stia, dopo la messa del Giovedì Santo. Si notino le fgure delle guardie, poste al lati del singo- lare complesso, come da descrizione evangelica (Mt., 27, 66). Minerbio dal Novecento a oggi Istituzioni locali, economia e società A cura di Carlo De Maria Roma (BraDypUS) 2017 ISBN 978-88-98392-65-0 p. 169-172

Il Castello

LUCIANO M. ROSSI

Possiamo ben dirlo: l’originario borgo fortifcato di Minerbio, il “Castello”, è qual- cosa di speciale. Un piccolo mondo raccolto in sé con una particolare ricchezza di fascino e di valore storico, bello da vedere e istruttivo per rifettere. Nel suo rinnovarsi nel tempo, ha assunto e poi conservato alcune caratteristiche di fon- do, la posizione fanco a fanco col complesso della Rocca, l’accesso dalla Torre con l’Arco, l’ordinata struttura a castrum quasi quadrato con le vie ad angolo retto, le semplici fle di case a uno o due piani, i lunghi portici sulla strada princi- pale, la campagna che si stende intatta subito dietro. Certo il Novecento, col suo sviluppo tumultuoso, ha cambiato tante cose, a partire dall’esterno, proprio davanti all’ingresso del borgo. Pensate, invece dell’attuale piazzetta col monumento, a un gruppo di vecchie case con cortiletti irregolari che riempivano tutto lo spazio: fu così fno al 1912. Ma in paese una piazza non c’era mai stata e ora se ne discuteva: farla qui, in ogni caso ridotta e limitata dalla recente ferrovia che passava in mezzo allo Stradone, o altrove? E spendere oltre 50.000 lire del Comune per comprare dagli Isolani delle case malandate e danneggiate da un incendio al solo scopo di abbatterle? E se invece si fossero risanate e date agli operai (la Giunta era socialista)? Ma alla fne, con 12 voti contro 7, il Consiglio deliberò di acquistarle e demolirle per far posto alla piazza, tra malumori e dimissioni ma col favore del Sindaco. Il monumento ai caduti fu ovviamente un triste lascito della Grande Guer- ra, nel ‘24, su un bozzetto dello scultore minerbiese Alessandro Massarenti, che però morì prima di poterlo realizzare gratuitamente, come si era oferto. Ma entriamo nel Castello, col suo suggestivo impatto che afascina qualun- que visitatore, e che tuttavia ha subito nel secolo scorso, come dicevamo, rile- vanti trasformazioni, sia nei muri che nella vita delle persone, in relazione ai mutamenti produttivi e sociali. Per chi vuole conoscerlo da vicino percorrendolo 170 Minerbio dal Novecento a oggi passo passo (lo merita!), ci viene incontro il borgo stesso con il percorso guidato “Il Castello racconta”1, in cui espone per noi, in una serie di targhe disposte lungo tutte le vie, le foto d’epoca delle case, con i ricordi relativi alle attività che vi si svolgevano e a chi ci abitò. Qui basterà un cenno ai tre cambiamenti più evidenti, che hanno interessato la fascia mediana dell’abitato, compresa tra le vie parallele Larga Castello e Sopra Castello. Partiamo da un borgo che a inizio Novecento continua a esse- re intensamente popolato in prevalenza da braccianti agricoli, ma con nume- rose, sebbene perlopiù modeste, attività commerciali e artigianali, destinate a proseguire per parecchi decenni. Ancora negli anni intorno alla Seconda guerra mondiale, ad esempio, accanto a un pastifcio all’ingrosso e un’azienda agrico- la terzista con macchinari all’avanguardia, che comunque non avevano invaso spazi esterni, troviamo trattorie con locanda e osterie, botteghe di alimentari con produzione in proprio e rivendita al minuto, fabbri e arrotino, piccoli fale- gnami, il battirame, il barbiere, il calzolaio, il carbonaio con la moglie che faceva le arelle, la magliaia, il bottaio, la stalla delle mucche del macellaio... Intanto però, già prima della Grande Guerra, la falegnameria ed ebanisteria Bolognesi, in espansione coi suoi mobili di pregio che partivano poi da Minerbio via treno, aveva avuto bisogno di allargarsi dalla sede adiacente occupando gli orti nella prima traversa a destra (è rimasto il nome: Via Ortazzo). I tre capannoni costruiti ad uso di laboratori e magazzino sono gli unici sopravvissuti fno a oggi, anche se con altra destinazione, e dobbiamo dire che per dimensioni e linea architet- tonica non sfgurano afatto nel contesto: un prezioso documento da preservare. Più cospicui e invasivi gli sventramenti intervenuti tra le due guerre, sempre per far posto ai nuovi capannoni industriali che l’introduzione delle macchine imponeva. Qui, a farci le spese, come in piazza, furono vecchie case d’abitazione con i loro cortili e l’immancabile pozzo. Vista con la sensibilità di oggi, questa è certo la mutilazione più grave, e irreparabile, per lo storico nucleo, che ci pia- cerebbe rivedere nella sua “originaria” integrità. Allora però erano sicuramente predominanti le nuove esigenze produttive, con la creazione di numerosi posti di lavoro in aggiunta a quelli, spesso precari, oferti da secoli dall’agricoltura e dalla lavorazione della canapa. Una parte dei nuovi insediamenti furono costruiti dalla falegnameria Villani, la maggiore del paese, che aveva cominciato l’attività a livello artigianale, in locali adattati al bisogno, esattamente nel 1900. Occupò tutti e due i lati della se- conda traversa, che fu appunto detta Via Falegnami (prima era Via Lazzaretto), fno alla terza e ultima stretta traversa, Via Conventino, con decine di operai nei

1 La mostra-percorso “Il Castello racconta” è disponibile anche in formato libro, nelle edicole di Minerbio o su richiesta all’Associazione “Amici di Minerbio”. Luciano M. Rossi, Il Castello 171 vari reparti: essiccatoio, lavorazione a macchina, lavorazione a banco per mette- re insieme i serramenti... Il lato opposto di Via Conventino, nella parte fnale del borgo, fu invece interessato dall’ampliamento della tipografa Bevilacqua, poi divenuta Lombardini, attiva da fne ‘800, che lavorava, con largo impiego di ma- nodopera anche femminile, soprattutto per i Comuni, per i quali realizzava non solo pubblicazioni specializzate, ma anche forniture di ogni tipo, come schede, schedari, armadi per l’anagrafe, fno all’inchiostro, i pennini e i banchi di scuola. Queste attività proseguirono dopo la Seconda guerra mondiale, fnché, con l’avanzare del secolo, si ridussero progressivamente. Mentre nuovi insediamenti industriali trovavano posto nell’apposita zona lontana dal paese e le botteghe sparivano o si spostavano verso l’asse viaria dello Stradone, il borgo si è andato piano piano trasformando in quartiere essenzialmente residenziale, con il re- stauro delle vecchie case, la costruzione di condomini dove per qualche decen- nio c’erano stati i capannoni, le auto parcheggiate lungo i margini delle strade. È il borgo che vediamo oggi, e che appunto ha tutte queste cose, insieme a tante altre più antiche e belle, da mostrarci e raccontarci. Per questo dicevamo che è un po’ speciale. E in efetti, pur essendoci passata la Storia, con le infnite du- rezze che sappiamo, le tragedie, la miseria e la fatica per molti, le ingiustizie personali e sociali, qui indugia anche un’eco – un’illusione? – di una vita semplice e condivisa, con la sua animazione quotidiana lungo le vie e sotto i portici, una volta luoghi di lavoro, di svago, di incontro per grandi e bambini. Usciamo dal Castello ripassando sotto la Torre con l’orologio, che il secolo scorso funzionava a dovere sui due afacci, era tutto decorato e batteva anche le ore, mentre adesso è fermo e malconcio da molti anni. È un danno (questo sì!) rimediabile, per un simbolo caro a tutti: perché non ritrovarlo in ordine la pros- sima volta che ci veniamo?

Minerbio dal Novecento a oggi Istituzioni locali, economia e società A cura di Carlo De Maria Roma (BraDypUS) 2017 ISBN 978-88-98392-65-0 p. 173-178

Indice dei nomi

Abatantuono, Michelangelo, 125n Benedetto XVI, papa, 159 Albenghi, Pietro, 28n, 29n, 30n, 31n, 32n Benfenati, Ines, 47n Albertazzi, Alessandro, 29n, 31n, 44n Bergonzini, Luciano, 45n Albertini, Alessandro, 118n Bergonzoni, Luciano, 47n Aldrovandi, Lindo, 115 Bersani, Giovanni, 120, 121, 155 Almodovar, Pedro, 93n Bertagnoni, Giuliana, 117n Altobelli, Argentina, 28n Beruzzi, Primo, 47n Appari Boiardi, A., 12n Bevilacqua, 112, 171 Arbizzani, Luigi, 29n, 30n, 31n, 32n, 33n, Bianchi, Michele, 26 42n, 44n, 45n, 46n, 47n Bianconcini Cavazza, Lina, 22, 154 Archibugi, Francesca, 92 Bifi, Giacomo, 150 Arioti, Elisabetta, 13n Bigaran, Mariapia, 12n Biondi, Gabriele, 116 Bacchi, William, 8 Boarelli, Mauro, 140n Bacilieri, Mario, 122 Bolelli, Valtro, 117n Badoglio, Pietro, 130 Bollini, Giacomo, 56 Bajesi, I., 41n Bonarini, Franco, 92n Balzani, Roberto, 21n Bonfglioli, Matteo, 114n Bandiera, 19 Bonfglioli, Romano, 114n Barbagli, Marzio, 90n Boninsegni, Efrem, 44n Barbieri, Roberto, 121n Boninsegni, Giorgio, 158, 166 Barghigiani, Anna, 47n Borghi, Armando, 26 Barghigiani, Giorgio, 47n Borromeo, Carlo, 149 e n Barilli, Rino, 8, 127, 128n Bortolini, Corrado, 47 Barone, F., 41n Braga, A., 41n Baroni, Petronio, 150, 160 e n Bragaglia, 18 Battilani, Patrizia, 117n Bresci, Gaetano, 13 Beccadelli Grimaldi, Camilla, 34 Bressan, E., 12n Benedetto XIV, papa, 150 Brusa, Aurelio, 151n Benedetto XV, papa, 153 e n, 164 Buriani, Ettore, 33 174 Minerbio dal Novecento a oggi

Dalle Donne, Giancarlo, 125n Cacciari, Franco, 133 Dall’Osto, A., 152n Cacozza, Marco, 108n D’Andrea, Antonio, 130 e n, 131 Caldara, Emilio, 21 De Felice, Renzo, 31n Calori, Orlando, 122 Degli Esposti, Carlo, 10n, 124n, 125n, 150 Calvino, Giovanni, 149 e n Calzola, Luca, 81n Degl’Innocenti, Maurizio, 12n Cammelli, Marco, 135n, 136n Delrio, Graziano, 144 Campos Venuti, Giuseppe, 98 e n, 140 De Maria, Carlo, 6, 9n, 10n, 14n, 21n, 22n, Cantalini, Bruno, 81n 47n, 82n, 95n, 98n, 100n, 125n, 128n, Cantelli, Arrigo, 30n 133n, 134n, 136n, 139n, 141n, 143n, Cantelli, Dora, 133 145n Cantelli, Gaetano, 15 Depretis, Agostino, 9-10 Cantelli, Mauro, 139 Di Gloria, Giovanni, 117n Capellini, Piero, 15, 16 Dogliani, Patrizia, 131n, 133n Carlini, Fabrizia, 123 Donati, Aurelio, 142 Carrattieri, Mirco, 21n, 22n, 141n Dondi, Mirco, 28n, 30n, 124n Casaroli, Vincenzo, 139 Donini, Federico, 8, 125n, 127 Casati, Innocenzo Maria, 44 Dotti, Carlo Francesco, 149, 150n Casoni, G., 152n Dozza, Giuseppe, 98, 136 Cassoli, Ivaldo, 47n Cavagnini, G., 153n Erodoto, 5 Cavazza, Alessandro, 109 Cavazza, Francesco, 12, 13n, 14-16, 44, 45 e n Faben, Roberto, 121n Cavazza, Franco, 28n Fabbri, Giovanni Alberto Antonio, 151 e n Cavazza, Gian Luigi, 109 Fantazzini, Cesare, 6, 8, 11n, 22n, 45n, Cavazza, Paolo E., 122 47n, 110n, 112n, 125n, 126n, 139 e n, Cavina, Sergio, 139n 148n, 150n, 152n, 153n, 154n, 156n, Cecchetti, M., 158n 159n Cenacchi, Virgilio, 55 Fanti, Guido, 138n Chiarini, Oriente, 44, 46 Fanti, Mario, 10n, 124n, 125n, 150 e n, 160n Chiesa, Andrea, 148 Felice, Zufi, 109, 110 Ciancabilla, 72 Ferraris, Pino, 14n Cinti, Leone, 122 Finzi, Mario, 44 e n Codicè, Giuseppe, 152 Finzi, R., 21n Consolini, Luigi, 155 Firpo, Massimo, 84n Conte, Leandro, 119n Fornasari, Massimo, 120n,125n Conti, Arturo, 47n Forni, Giuseppe, 123 Conti, Giovambattista, 159 Forni, Guido, 122 Cossutta, Armando, 133n Foschi, P., 147n Costa, Andrea, 9 e n, 10n Franchi, Ferdinando, 152 Costa, Pietro, 134n Fresia, Giorgio, 117n Cova, Alberto, 125n Furlan, Paola, 42n, 43n Crainz, Guido, 129n Crispi, Francesco, 10 Gaiani, Gilberto, 18, 25 e n Cuzzelli, Giorgio, 45n Gaiba, Achille, 121 Gallerani, Claudio, 121n, 122 Dall’Ara, Renato, 112 Gardini, Saulle, 155 Indice dei nomi 175

Gibelli, Francesco, 150 Malossi, Primo, 33 Giberti, Gian Matteo, 149 Mandini, Mauro, 123 Giolitti, Giovanni, 9 Mantovani, Massimo, 123 Giordani, Gian Luigi, 41 Marchi, Gian Carlo, 140n Gnudi, Mario, 47n Masi, Angelo, 35 Gorgolini, Luca, 21n, 22n Masini, Antonio, 148n Grassi, Alfredo, 18 Masino, Federico, 15 Gribaudi, Gabriella, 129n Massarenti, Alessandro, 36, 169 Grossi, G., 153n Mattioli, Gino, 122 Guidotti, Bruno, 47n Melandri, Pietro, 36 Gurioli, Anna, 124 Melloni, Alberto, 153n Meluzzi, Luciano, 149n, 150 Hitler, Adolf, 129 Meneghinello, Roberto, 114n Høeg, Peter, 105n Mengoli, Sisto, 125, 153n Menzani, Tito, 28n, 30n, 82n, 95n, 99n, Iaccarino, Aniello, 8 100n, 120n, 124n, 136n, 145n Impero, Pasquale, 116 Mignatti, Rafaello, 47n Isolani, Camilla, vedi Beccadelli Grimal- Milaneschi, Sante, 123 di, Camilla, 35 Milani, Fulvio, 44 Isolani, Carolina, 34, 47n Minganti, Lorenzo, 8, 143 e n, 144 e n Isolani, Francesco, 12, 14-16 Minini, Lino, 122 Isolani, Gualtiero, 34, 47n Molino, Nico, 108n Isolani, Letizia, 109 Montanari, Alberto, 56 Montanari, Claudio, 123 Jaurès, Jean, 18-19 Montella, Fabio, 21n, 22n Jesi, Massino, 114n Monti, Angelo, 123 Jussi, Pietro, 47n Morandi, Aldo, 17 Mori, Cesare, 32-33 Lambertini, Luca, 140n Musso, Stefano, 84n Lambertini, Prospero, 149 Mussolini, Benito, 24, 26, 29, 34-35, 37-39, Landi, Enrico, 122 42, 129-130 Landi, Giovanni, 125 Landi, Mario, 122 Nani, Michele, 133n Lepre, S., 12n Nanni, Francesco, 8, 37n, 41n Lercaro, Giacomo, 157 e n Nardi, Alessandra, 150n, 155n, 161n Lombardini, 112, 171 Nardi, Gino, 122 Lonardi, G., 149n Napoleone Bonaparte, 37 Longhena, Mario, 20 Nasalli Rocca, Giovanni Battista, 37 Longo, Luigi, 133n Lorenzoni, Giovanni, 28n O’Malley, J.W., 149n Lutero, Martin, 149 Onofri, Nazario Sauro, 27n, 29n, 31n, 44n, 47n Maccaferri, Amedeo, 15 Opizzoni, Carlo, 151 Magagni, Claudio, 123 Magagnoli, Stefano, 113n Paggi, Leonardo, 129n Magri, Libero, 123 Paglia, Lodovico, 28 e n Malatesta, Errico, 26 Paleotti, Gabriele, 149 Malossi, Giuseppe, 139-141 Palmieri, Gian Giuseppe, 45 e n 176 Minerbio dal Novecento a oggi

Palmieri, Giovanni Battista, 45n Sateriale, Gaetano, 94n Pancaldi, Ivo, 122 Scanabissi, Stefano, 156 Panconesi, Maurizio, 108n Scaramagli, Amleto, 48, 130, 132-135, 140 Paoletti, Elena, 26 Scaramagli, Rafaele, 25-27, 29, 33 Paolini, L., 147n, 148n, 159n Scarpellini, Emanuela, 118 Parolin, Pietro, 153n Scidà, Giuseppe, 125n Pascoli, Giovanni, 157 e n Sepe, S., 12n Pasquali, Nello, 121 Sermenghi, Stefano, 145n Patelli, Cleto, 47n Serra, Antonio, 151 e n Pavani, G., 148n Silvagni, Albino, 122 Perrotta, Mimmo, 140n Silvestrini, Maria Teresa, 133n Pilati, Enrico, 56 Simoncini, Luigi, 33 Pilati, Giuseppina, 30 Soncini, Silvestro, 76 Piluso, Giandomenico, 119 Spano, Lidia, 94n Pirazzini, 114 Spinelli, Gualtiero, 47n Pisanò, Giorgio, 47n Stagni, Claudio, 155-156 Pitari, Mara, 115n Stella, Gian Antonio, 144 Piva, Silvio, 16 Sturzo, Luigi, 24 Pondrelli, Novella, 44n Pranzini, Giovanni, 37 Talvanne, Francesco, 45 Prati, Rafaele, 40n Tarozzi, Fiorenza, 13n Preti, Luigi, 139n Tassinari Clò, Oriano, 121n, 155n Tassoni, Gialmo, 122 Rattazzi, Urbano, 151 Tinarelli, Rinaldo, 11, 17 Renesto, Carla, 150n, 161n Togliatti, Palmiro, 133n, 135n Ridolf, Maurizio, 13n, 131n, 133n, 134n, Toma, A., 153n 140n Toniolo, Gianni, 119n Rimbaud, Arthur, 23 Tonizzi, Maria Elisabetta, 121n Riva, Giuseppe, 157n Toschi, Giulio Onorato, 31, 37, 40 Rizzo, Sergio, 144 Tosi, Francesco, 121n Rocca, Norberto, 122 Tosi, Marianna, 81n Rochat, Giorgio, 94n Tranfaglia, Nicola, 84n Roda, Armando, 18-19, 21 Troilo, Matteo, 95n, 100n Romagnoli, Elena, 124n Trombetti, Amleto, 122 Romanelli, Rafaele, 10n Trombetti, Epemico, 44n Romita, Giuseppe, 132 e n Trombetti, Ettore, 122 Roncarati, Gianfranco, 116 Tugnoli, Raul, 154n Rosati, Corradino, 47 Rossi, Carlo, 121 Umberto I, re d’Italia, 13 Rossi, Dionigio, 123 Ursino, Maria Teresa, 8 Rossi, Luciano Maria, 6, 8, 110n, 113n Rotelli, Ettore, 131n Varni, Angelo, 119n Rubbi, Paola Emilia, 121n Venturi, Giacomo, 144 Rufini, Enrico, 117n Venturi, Giampaolo, 119n Venturoli, Angelo, 159 Sabattini, Giuseppe, 9n, 16-17 Verlaine, Paul, 23 Sabbattani, Sergio, 35n Villani, Camillo, 125n Sapori, G., 150n Villani, Dionigio, 125n Indice dei nomi 177

Villani, Paolo, 125 Viroli, G., 149n Von Senger und Etterlin, Frido, 45 e n

Williams, Walter, 120n, 121n

Zaghegni, G., 149n Zamagni, Vera, 12n, 14n, 120n Zamboni, Bruno, 18 Zamboni, Camillo, 151n, 152 e n Zanardi, Francesco, 19-20, 25 Zanetti, Tancredi, 113 Zanoli, Elisa, 125n Zarri, Pietro, 54 Zini, Luigi, 160 Zufi, Felice, 109-110 Zunino, Pier Giorgio, 84n Zuppi, Matteo, 153n Zuppiroli, Bruno, 122 Zuppiroli, Rino, 123

OttocentoDuemila COLLANA DI STUDI STORICI E SUL TEMPO PRESENTE DELL’ASSOCIAZIONE CLIONET PRESSO BRADYPUS EDITORE www.clionet.it books.bradypus.net

Direttore: Carlo De Maria Comitato di direzione: Eloisa Betti, Fabio Casini, Francesco Di Bartolo, Luca Gorgolini, Tito Menzani, Fabio Montella, Laura Orlandini, Francesco Paolella, Elena Paoletti, Sil- via Serini, Matteo Troilo, Erika Vecchietti. Comitato scientifco: Enrico Acciai, Luigi Balsamini, Mirco Carrattieri, Federico Chia- ricati, Sante Cruciani, Alberto Ferraboschi, Alberto Gagliardo, Domenico Guzzo, Fio- rella Imprenti, Alessandro Luparini, Barbara Montesi, Fabrizio Monti, Elena Pirazzoli, Antonio Senta, Maria Elena Versari, Gilda Zazzara. Coordinamento editoriale: Julian Bogdani. Orientata, fn dal titolo, verso rifessioni sulla contemporaneità, la collana è aperta anche a contributi di più lungo periodo capaci di attraversare i confni tra età medie- vale, moderna e contemporanea, intrecciando la storia politica e sociale, con quella delle istituzioni, delle dottrine e dell’economia. Si articola nelle seguenti sottocollane: “Storie dal territorio”. Le autonomie territoriali e sociali, le forme e i caratteri della politica, dell’economia e della società locale, la storia e le culture d’impresa. “Percorsi e networks”. L’attenzione per le biografe e le scansioni generazionali, per le reti di corrispondenze e gli studi di genere. “Tra guerra e pace”. La guerra combattuta e la guerra vissuta, i fronti e le retrovie, le origini e le eredità dei confitti. “Italia-Europa-Mondo”. Temi e sintesi di storia italiana e internazionale. “Strumenti”. Le fonti e gli inventari, i cataloghi e le guide. “Fotografa e storia”. Contributi per una memoria visiva dei territori. OttocentoDuemila, collana di studi storici e sul tempo presente dell’Associazione Clionet, diretta da Carlo De Maria

Volumi usciti:

Eloisa Betti, Carlo De Maria (a cura di), Dalle radici a una nuova identità. Vergato tra sviluppo economico e cambiamento sociale, Bologna, BraDypUS, 2014 (Storie dal territorio, 1).

Carlo De Maria (a cura di), Il “modello emiliano” nella storia d’Italia. Tra culture politiche e pratiche di governo locale, Bologna, BraDypUS, 2014 (Storie dal territorio, 2).

Learco Andalò, Tito Menzani (a cura di), Antonio Graziadei economista e politico (1873-1953), Bologna, BraDypUS, 2014 (Percorsi e networks, 1).

Learco Andalò, Davide Bigalli, Paolo Nerozzi (a cura di), Il Psiup: la costituzione e la parabola di un partito (1964-1972), Bologna, BraDypUS, 2015 (Italia-Europa-Mondo, 1).

Carlo De Maria (a cura di), Sulla storia del socialismo, oggi, in Italia. Ricerche in corso e rifes- sioni storiografche, Bologna, BraDypUS, 2015 (Percorsi e networks, 2).

Carlo De Maria, Tito Menzani (a cura di), Un territorio che cresce. Castenaso dalla Liberazione a oggi, Bologna, BraDypUS, 2015 (Storie dal territorio, 3).

Fabio Montella, Bassa Pianura, Grande Guerra. San Felice sul Panaro e il Circondario di Miran- dola tra la fne dell’Ottocento e il 1918, Bologna, BraDypUS, 2016 (Tra guerra e pace, 1).

Antonio Senta, L’altra rivoluzione. Tre percorsi di storia dell’anarchismo, Bologna, BraDypUS, 2016 (Percorsi e networks, 3).

Carlo De Maria, Tito Menzani (a cura di), Castel Maggiore dalla Liberazione a oggi. Istituzioni locali, economia e società, Bologna, BraDypUS, 2016 (Storie dal territorio, 4).

Luigi Balsamini, Fonti scritte e orali per la storia dell’Organizzazione anarchica marchigiana (1972-1979), Bologna, BraDypUS, 2016 (Strumenti, 1)

Fabio Montella (a cura di), “Utili e benèfci all’indigente umanità”. L’Associazionismo popola- re in Italia e il caso della San Vincenzo de’ Paoli a Mirandola e Bologna, Bologna, BraDypUS, 2016 (Storie dal territorio, 5)

Carlo De Maria (a cura di), Fascismo e società italiana. Temi e parole-chiave, Bologna, BraDypUS, 2016 (Italia-Europa-Mondo, 2)

Franco D’Emilio, Giancarlo Gatta (a cura di), Predappio al tempo del Duce. Il fascismo nella collezione fotografca Franco Nanni, Roma, BraDypUS, 2017 (Fotografa e storia, 1)

BraDypUS.net COMMUNICATING CULTURAL HERITAGE Finito di stampare nel novembre 2017. La storia locale, quando non rinuncia a un orizzonte interpreta- tivo più ampio e riesce a costruire delle connessioni con il quadro nazionale, diventa un tassello fondamentale per la comprensione delle dinamiche storiche generali. Ed è impor- OttocentoDuemila tante approfondirla e studiarla perché le tradizioni politiche e Storie dal Territorio, 6 civili, e l’attaccamento alle libertà locali, che caratterizzano la storia del Comune di Minerbio, come quella di altre comunità emiliane, rappresentano un patrimonio di etica civile da riscoprire e rilanciare di fronte alle sfide del XXI secolo. Questo libro nasce dall’incontro tra l’amministrazione comunale

di Minerbio e l’associazione di ricerca storica Clionet. L’obiettivo Minerbio dal Novecento a oggi prioritario che ci si è posti fin dall’inizio è stato quello di uscire dal contesto strettamente accademico, che spesso caratterizza la produzione storiografica, per approfondire e valorizzare la storia dell’amministrazione comunale e del tessuto associativo e imprenditoriale, intrecciando gli aspetti istituzionali, politici ed economici che innervano la vita del territorio. Minerbio dal Novecento a oggi si colloca all’interno di un progetto complessivo di “mappatura” storica delle autonomie, che conta già alcuni importanti “casi” di studio (il riferimento, per quanto riguarda la provincia di Bologna, è ai libri realizzati da Clionet su Castel Maggiore, Castenaso, Granarolo e Vergato), mentre altri si aggiungeranno nei prossimi anni, permettendo di stabilire comparazioni significative e di costruire un quadro d’insieme sempre più ampio.

Carlo De Maria (Bologna 1974) insegna “Didattica della storia” all’Università di Urbino, dirige l’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea di Forlì-Cesena e presiede l’Associazione di ricerca storica Clionet. Le sue principali pubblicazioni dell’ultimo biennio sono: le monografie Le biblioteche nell’Italia fascista (Biblion, Milano 2016); Lavoro di comunità e ricostruzione civile in Italia (Viella, Roma 2015); il manuale per le scuole superiori Una storia globale. Storia, economia e società, 3 voll., Mondadori Education-Le Monnier Scuola, Milano-Firenze 2015 (scritto con Vera Zamagni, Germana Albertani e Tito Menzani); le curatele dei volumi collettanei Fascismo e società italiana. Temi e parole-chiave (Bradypus, Bologna 2016); L’anarchismo italiano. Storia e storiografia (Biblion, Milano 2016, con Giampietro Berti); Sulla storia del socialismo, oggi, in Italia. Ricerche in corso e riflessioni storiografiche (Bradypus, Bologna 2015).

Gli altri autori del volume: Tito Menzani (1978) insegna Storia economica all’Università di Bologna; Elena Paoletti (1987) è coordina- trice della Sezione didattica dell’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea di Forlì-Cesena; Matteo Troilo (1976) è archivista presso il Polo archivistico regionale dell’Emilia-Romagna; Cesare Fantazzini e Luciano M. Rossi sono due riconosciuti ed esperti cultori della storia di Minerbio. Carlo De Maria (a c.) € 25,00