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L’Accademia di San Luca: cinque secoli di storia verso il futuro Francesco Moschini, Segretario Generale dell’Accademia Nazionale di San Luca

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Nei primi anni Settanta, da studente appena arrivato a stessa Associazione di Forte di Bard, diventava elemento Roma da Brescia, frequentavo l’Accademia Nazionale di ineludibile per avviare e portare a buon fine questa ope- San Luca almeno due pomeriggi a settimana per studia- razione, contribuendo grazie anche a questo temporaneo re i disegni di architettura dell’Archivio Storico, non es- “alleggerimento”, a far sì che l’Accademia proseguisse nel sendo ancora pubblicata la fondamentale opera di Paolo riordino dei depositi e suggerendo indicazioni per possi- Marconi, Angela Cipriani ed Enrico Valeriani. Ero co- bili ricollocazioni delle opere al loro rientro. L’opportu- stantemente confortato dall’amorevole pazienza e dispo- nità di presentare i capolavori anche meno conosciuti in nibilità di Gaetanina Scano che mi assisteva nel fornirmi una sede diversa da Roma permette idealmente di ascri- i ponderosi volumi in cui allora i disegni erano raccolti. vere alla stessa Accademia una dimensione non più e solo In quei pomeriggi, in cui il tempo mi sembrava sospeso legata all’Urbe, al “papato”, ma di ritracciarne possibili e percepivo, al di là della straordinarietà dei fondi che con- diverse anime. Un modo, forse nemmeno troppo velato, sultavo, un senso di chiusura, di immobilismo e di sepa- di ritrovare un filo rosso di continuità rispetto alla fon- razione dal mondo della stessa Accademia. Quando nel dazione dell’Accademia stessa sul finire del Cinquecen- 2011 sono stato eletto alla carica istituzionale di Segreta- to proprio in una Roma che della “confessionalizzazio- rio Generale dell’Accademia, il primo sentimento è stato ne” faceva l’elemento caratterizzante di ogni collezione. quello di cercare di contribuire a “risvegliare i broccati”, Basti osservare i rapporti tra arte e committenza nell’età in modo che questa istituzione potesse essere riconnessa di Cesare Baronio, di cui forse la collezione di Alfonso con le molteplici realtà esterne. Mi è sembrata così un’op- Chacón, penitenziere di San Pietro, era l’espressione più portunità quella offerta dall’Associazione Forte di Bard, alta, proprio perché modellata su quella di Paolo Giovio su sollecitazione di Vittorio Sgarbi, di far conoscere il dei primi anni Trenta, sul lago di Como, da cui discen- patrimonio accademico fuori dalla sede di Palazzo Car- deranno poi anche quella degli Uffizi e quella di Villa pegna, con una mostra che desse conto dei tanti capola- Medici, ma punto di riferimento, quella di Chacón, per vori, molti dei quali conservati nei depositi, e quindi non quella borromaica e per quella dell’El Escorial, per ci- visibili al grande pubblico per problemi di spazio. Il fatto tarne solo alcune. Ebbene, come non leggere nel passag- che gran parte delle opere scelte per l’esposizione potesse gio di Federico Zuccari dai Virtuosi del Pantheon alla anche essere sottoposta a restauri per la liberalità della messa a punto degli statuti dell’Accademia stessa, trala- 18

Portico di Palazzo Carpegna con sullo sfondo lo straordinario fregio di Francesco Borromini sciando le possibili ripicche, un modo di rivendicare più che hanno portato alla definizione dell’elenco delle opere autonomia e maggiori aperture. Un’idea già elaborata da da esporre in mostra. Dalla selezione iniziale al confronto Girolamo Muziano, pittore bresciano attivo a Roma, nel con studiosi e ricercatori, per finire all’opera di restauro, è suo aver saputo “convertire” l’eredità delle Università, nei stato un continuo susseguirsi di rinvenimenti che hanno primi anni Settanta del Cinquecento, nella prima forma portato la “piccola”, ma tenace, squadra interna all’Acca- di accademia romana del disegno, sia pur soltanto per demia, arricchita poi dal contributo di tanti “amici” a noi pittori e scultori, nucleo di partenza di quella che sarà esterni, ma tutt’altro che estranei, a lavorare su diversi poi l’Accademia di San Luca. Il Ritratto di Girolamo Mu- fronti per il raggiungimento di questo risultato, corale e ziano, attribuito più recentemente a condiviso. Che è solo una tappa del lungo percorso che come opera della fine del Seicento, non a caso è collocato ci siamo prefissati. L’allestimento dell’esposizione e que- nella sala di apertura della mostra, una sorta di omaggio sto catalogo, anticipazione del Catalogo Generale delle per aver, oltretutto, saputo “traghettare” nella cultura del Collezioni dell’Accademia che ci auguriamo di prossima tempo, un’istituzione in fieri verso un’ideale continuità pubblicazione, dimostrano quanto ricco sia il patrimo- strettamente connessa a questa operazione espositiva di nio accademico. E quanto sia per molti aspetti ancora da mostrare “l’Accademia fuori dall’Accademia”. scrivere la storia dell’Accademia e di molte delle opere La mostra al Forte di Bard ci permette di comprendere che questa conserva. Una storia che indubbiamente passa possibili, probabili ampliamenti di una futura, straordi- per quella del corpo accademico - molte opere sono per- naria Galleria accademica che possa tener conto dell’in- venute come “doni d’ingresso” al momento della nomina cremento, nel corso del tempo, della collezione e, con- o sono lasciti testamentari - e ne descrive la conforma- temporaneamente, dell’evoluzione degli spazi espositivi zione, offrendo suggestivi spaccati della vita accademica in cui si trovavano le opere, dalla sede storica di via Bo- nei secoli, dalla sua istituzione ad oggi, e degli artisti e 19 nella al Foro Romano, fino alla attuale ridefinizione degli architetti che ne fecero parte. Il patrimonio accademico, spazi espositivi di Palazzo Carpegna, il cui allestimento nella sua interezza, offre uno strabiliante quadro polifo- è ancora in via di completamento, senza dimenticare il nico. Scorrere i nominativi degli artisti di cui l’Accademia prezioso nucleo di dipinti proveniente dalla Pinacoteca conserva le opere, da Raffaello a Balla, come recita il tito- Capitolina. Impostata secondo un progetto museologico lo della mostra, per tacere delle collezioni contemporanee che tende ad esaltare la componente didattica, fulcro della che costituiscono un nucleo di straordinaria importanza, storia dell’Accademia di San Luca sino alla fine del XIX fa percepire il lungo percorso di cinque secoli come eter- secolo, attraverso cui è stato individuato un privilegiato no presente. Oltre mille i dipinti, escludendo la collezio- carattere identitario, sostenuto dal ruolo indubbiamente ne dei ritratti, più di cinquecento, che costituisce un uni- propulsivo che ebbe l’Accademia nel promuovere le arti e cum nel panorama mondiale; centinaia le sculture, molte i giovani, anche attraverso la nobile pratica dei concorsi, delle quali in gesso o terracotta; e poi i disegni, decine di l’attuale Galleria accademica mostra un volto, certo non migliaia, di figura, di architettura, le incisioni e le stampe; secondario che, tuttavia, non tiene conto di altri aspet- quindi la documentazione d’archivio e i volumi, moltissi- ti, altre “anime”, altre opere di straordinaria importanza mi rari e preziosi. Nel suo insieme, un patrimonio etero- conservate nei depositi dell’Accademia. Il confronto con geneo riguardante le tre arti, raccolto nei secoli dai mem- immagini e ricostruzioni del passato e prefigurazioni fu- bri di quel sodalizio formatosi sotto la protezione di san ture, quali quella offerta da questa mostra, indicano pos- Luca e l’egida del disegno, come volle Federico Zuccari, sibili strade, non alternative ma compresenti, per poter primo “Principe” dell’Accademia, negli statuti del 1593. “arricchire” il repertorio delle opere nella esposizione E come conferma l’insegna che l’Accademia adottò nel permanente dell’Accademia. Tanto da far sperare in un 1704: un triangolo equilatero, simbolo di uguaglianza e possibile, quanto auspicabile, ampliamento degli spazi di unità delle arti, formato da pennello, stecca e compasso oggi destinati alla Galleria in Palazzo Carpegna. Di que- accompagnato dal motto oraziano “Aequa Potestas”. sto “nuovo” allestimento farebbero indubbiamente parte L’Accademia, come recita l’articolo primo dell’attuale molte delle opere qui esposte, alcune delle quali letteral- statuto, promuove e valorizza le arti e mostra al mondo le mente “scoperte” in questa circostanza, estratte dai depo- sue opere, negli spazi di Palazzo Carpegna, nelle diverse siti, studiate, restaurate e presentate al pubblico perché esposizioni in cui è chiamata a offrire le opere in prestito potesse ammirarne la bellezza. Indubbiamente lo stupore e, non ultimo, anche attraverso il suo sito internet, a cui e il piacere della scoperta, per alcune sarebbe più corret- presto verrà data una nuova, più consona, impostazione. to dire della “riscoperta”, ha accompagnato i lunghi mesi Ma l’occasione di mostrare una parte consistente del suo patrimonio, una vista d’insieme fuori dagli ambienti e Settecento, prenderà ispirazione da Roma. Come già era dalle collocazioni usuali, e di far dialogare tra loro i capo- stato per il Rinascimento la maggior parte dei protagoni- lavori più noti e le opere meno conosciute, alcune del tut- sti non proveniva dalla capitale: Francesco Castelli, Bor- to inedite, è sicuramente una eccezionalità non solo per romini, nasce a Bissone nel Canton Ticino nel 1599, Ca- chi, come me, ne ha curato l’organizzazione, ma anche, ne ravaggio a Milano nel 1571, Pietro Berrettini a Cortona siamo certi, per il pubblico e gli studiosi che troveranno nel 1596, a Napoli nel 1598, Gio- molti spunti per nuove ricerche, che ci consentiranno di van Battista Gaulli detto il Baciccio a Genova nel 1639, riscrivere alcune storie, e di scriverne delle altre, anco- Guido Reni a Bologna nel 1575 e Giovanni Francesco ra tutte da scoprire. A questi studi dedicheremo, come Barbieri, detto il , a Cento, vicino Ferrara, nel sempre, tutta la nostra attenzione e il nostro impegno per 1591. Alcuni non sono nemmeno italiani: Poussin (1594) divulgarli attraverso convegni e pubblicazioni. viene da Les Andelis in Francia, Rubens (1577) è fiam- Tutto questo contribuisce a ricostruire quell’idea di “con- mingo di Siegen, (1553-1554) viene da Anver- versazione” fra le opere che la cultura internazionale è an- sa, Gerrit van Honthorst (1598), meglio noto in Italia data smarrendo, almeno se guardiamo al carattere iden- come Gherardo delle Notti, viene da Utrecht ecc. Molti titario dei musei nazionali di tutto il mondo con il loro morirono a Roma, altri in patria, ma quasi tutti fecero criterio storicistico, troppo spesso catastale e notarile per parte di quella galassia di artisti che ruotavano diretta- la loro vocazione didattica, come si conviene a un museo mente o indirettamente attorno all’Accademia di San pubblico. Certo alle origini, proprio in continuità con il Luca. Nello stesso secolo infatti l’Accademia è la più im- concetto rinascimentale delle comparazioni fra le arti, le portante scuola d’arte della città che sia guidata da un gallerie nobiliari erano una sorta di mescolanza, attraver- corpo docente laico e i suoi programmi fanno anche ten- 20 so il concetto di quadreria, di capolavori e di opere meno denza. Quando si cercò di creare la prima sede gli inizi importanti ma che permettevano una sorta di sguardo in- non furono facili. Tuttavia le idee in merito alle finalità crociato e di attraversamento, cui contribuivano la com- dell’Accademia erano state da subito molto chiare: Giro- presenza inusuale di opere e oggetti; vale a dire confronti lamo Muziano, il pittore ufficiale del nuovo corso triden- fra sculture e quadri, ma anche i percorsi dei flussi degli tino delle arti, le aveva indicate bene prima di morire nel artisti stranieri verso San Luca, e della stessa San Luca 1592: i docenti “Artium earundem peritissimos artifices verso gli stranieri, diverse scuole d’influenza regionali e et in illas diutissime versatos” dovevano concorrere al internazionali, l’aurorale lavoro al femminile - si ricordi prestigio di una istituzione nella quale ciascuno studente, tra l’altro che Lavinia Fontana è tra le destinatarie, attra- come si legge nei primi statuti, “… andrà fra la settimana verso richiesta cartacea, delle prime committenze del già disegnando all’antico … altri nelli tempi convenevoli ricordato Chacón - e l’ossessione dell’Aequa Potestas, spogliare ignudi e ritrarli con grazia e intelligenza, fare ma soprattutto l’idea di un’Accademia strumentum Im- modelli di cera, vestirli e ritrarli con buona maniera”. Al- perii degli Accademici stessi. Mi piace allora immaginare cuni decenni prima c’era stato un tentativo di aprire una che questo “tumultuoso” intreccio di opere così diverse scuola d’arte con Federico Zuccari che, in contrasto con al Forte di Bard sarebbe stato apprezzato da Charles de il Vasari che aveva fondato l’Accademia del disegno a Fi- Brosses, Giulio Mancini e dagli estensori degli Entretiens renze, aveva aperto una sede a Trinità dei Monti presso la come André Félibien o dalle successive Conversations ma sua casa, oggi Biblioteca Hertziana. Ma bisognò aspetta- soprattutto, mi si passi l’azzardo, dall’autore de La casa re il 1593 per un luogo ufficiale, quando papa Gregorio della vita e de La casa della fama, Mario Praz, straordina- XIII, quello della riforma del calendario Giuliano, dette rio storico dell’arte e della letteratura, soprattutto nella il beneplacito per l’apertura di una sede presso la chiesa versione curiosa che Alvar González Palacios racconta in dei Santi Martina e Luca: fu così che in una vecchia stal- un delizioso volumetto, Solo ombre. Silhouettes storiche, let- la si portarono i tavoli, i cavalletti e gli strumenti del me- terarie e mondane, recentemente pubblicato, che ricostrui- stiere. La stessa chiesa aveva sull’altare principale una sce, tra gli altri, un episodio che vede entrambi spettatori pala dipinta da Raffaello che rappresentava il santo pa- di uno degli ultimi film di ViscontiConversation Piece, trono dei pittori: san Luca mentre dipinge il ritratto del- Gruppo di famiglia d’interno, in cui pareva adombrarsi la Vergine Maria in compagnia di un altro signore, lo nella figura del protagonista lo stesso illustre anglista. stesso Raffaello o un committente, non si sa. Il grande Il Seicento italiano è considerato giustamente il secolo dipinto oggi si trova nella sala delle conferenze di Palaz- del barocco romano: in gran parte dell’Italia e dell’Euro- zo Carpegna, dal 1934 ultima e definitiva sede dell’Acca- pa quasi tutto ciò che verrà dopo, fino alla prima metà del demia, dietro alla Fontana di Trevi, nel centro di Roma. Questa sala è decorata da altri quadri e presenta proprio mia molto presto sia stata anche teatro di aspre polemi- sulla parete opposta una copia del Trionfo di Galatea, che che, se si considera oltretutto che nacque in piena Con- l’urbinate aveva dipinto ad affresco per il potentissimo troriforma: si pensi all’altro scontro, nel tardo Cinque- banchiere senese Agostino Chigi nella sua villa sul lun- cento, sulla religiosità dell’arte con Federico Borromeo. gotevere. La copia è un’opera del Cortona, il già citato D’altra parte è vero che le accademie in senso più generi- Piero Berrettini che, oltre che grande pittore e architetto, co, e al di là delle singole specificità, sono state anche la fu “Principe”, ovvero direttore della stessa Accademia. culla di idee nuove talvolta in contrasto con il potere co- Queste due opere, il San Luca e la Galatea, indicano sim- stituito: già in epoca tardo antica Giustiniano imperatore bolicamente quali furono i valori estetici cui si ispirava aveva chiuso, nel 529 dopo Cristo, l’Accademia di Atene, l’istituzione gregoriana, particolarmente nel Seicento: il proprio per evitare il perdurare di una palestra del libero classicismo di Raffaello e quello dei suoi seguaci. Per ana- pensiero inconcepibile per un autocrate come lui. Questo loghe istituzioni sorte in seguito in Europa, il riferimento gesto da molti storici viene considerato simbolicamente al maestro divenne talmente importante che i movimenti come la fine della cultura antica, riscoperta poi faticosa- delle avanguardie del secolo scorso lo scelsero come ber- mente durante il Rinascimento e che proprio in chiave saglio principale delle loro polemiche antiaccademiche. nostalgica, vuoi filosofica, il neoplatonismo, vuoi artistica, Per molto tempo più che il martello e lo scalpello gli Ac- il giardino Mediceo, diede vita a nuovi circoli filosofici e cademici preferirono il pennello e i colori. Giovan Batti- accademici. Nel secolo scorso i nazisti fecero altrettanto sta Marino, l’autore del poema Adone, nel 1614 scrisse un con la chiusura di quell’altra accademia del libero pensie- trattato di Dicerie sacre, in cui si pronunciava a favore del- ro che fu il Bauhaus di Weimar nel 1933, dopo più di la pittura, considerata superiore alla scultura e all’archi- dieci anni di attività. All’Accademia di San Luca si sono tettura, intervenendo nella famosa querelle sul “primato ispirate in Europa, grazie soprattutto al Grand Tour, mol- 21 delle arti”. Marino sosteneva che solo la pittura poteva te altre accademie come l’Académie Royale creata nel comunicare con Dio, come dimostrava l’esempio della 1648 a Parigi dietro suggerimento di Charles Le Brun, Sindone di Torino. Altri teorici fornivano prove dello già pittore di corte di Luigi XIV, al suo ritorno da Roma stesso tipo, come il velo della Veronica o le stesse imma- in seguito alla visita della sede italiana di cui era diventa- gini acheropite della Madonna di san Luca. Da questo to “Principe” nel 1676. Nel Settecento si calcola che in punto di vista il quadro di Raffaello per Marino provava Europa siano sorte più di cento accademie. Molto inte- evidentemente quanto il maestro riproponesse nella pra- ressante divenne il rapporto tra l’arte italiana e quella in- tica del pennello la validità della scelta: lui, il divino, che glese dopo l’arrivo a Londra dei cartoni autografi che rappresenta Luca, il santo, che dipinge una divinità con Raffaello aveva dipinto per gli arazzi della Cappella Sisti- l’aiuto di Dio. Chissà se anche per questo ancora oggi gli na in Vaticano e voluti da Carlo I Stuart alla vigilia di specialisti storici della scultura sono molti meno di quel- quella guerra civile che lo portò alla decapitazione nel li della pittura e della architettura. Fra tanti il romano 1649. Nel Settecento infatti vari artisti inglesi vennero in Giovan Pietro Bellori, amico di Poussin, divenne il por- Italia, e, fra costoro, Joshua Reynolds nel 1768 divenne il tavoce di questo classicismo accademico, con particolare primo presidente della Royal di Londra. Rey- riferimento di nuovo a Raffaello, come si legge nel suo nolds fu molto influenzato dalla pittura di Guido Reni e famoso discorso tenuto nella stessa sede di San Luca del di Tiziano: al ritorno dalla penisola aveva fondato un’Ac- 1644, quando era principe il pittore Carlo Maratti, dal cademia dei “dilettanti”, in pratica un raduno di nostalgi- titolo significativo diL’idea del pittore, dello scultore e ci del Sud, e inoltre aveva aggiunto in un suo famoso au- dell’architetto, scelta dalle bellezze naturali, superiori alla toritratto quello scultoreo di Michelangelo, quasi a riva- natura; discorso che venne poi inserito come introduzio- lutare la tanto diffamata cattolica Italia dopo le persecu- ne alla sua ben più nota Vite de’ pittori, scultori ed architet- zioni e i sospetti dei periodi cruciali della riforma angli- ti moderni del 1672 e non a caso dedicata al promotore cana. Il cambiamento portò in seguito alla formazione della formazione accademica in Francia, Colbert. Di del gruppo dei Preraffaeliti, mentre a Roma alcuni anni contro, preferì i modelli della strada a quelli prima si riuniva la confraternita tedesca dei Nazareni. stereotipati del classicismo ufficiale, da qui la condanna Nella mostra qui a Bard, di cui scrivo più avanti, sono dello stesso Bellori contro i . Bellori, in nome presenti due tele di donne pittrici che vennero a Roma sempre dello stesso classicismo, disapprovò anche i se- nella seconda metà del Settecento, come la Kauffmann guaci del Bernini, non a caso escluso dal suo libro delle ed Elizabeth Vigée-Le Brun e un inaspettato Autoritrat- Vite. Tutto ciò sta a indicare quanto la vita dell’Accade- to di Lawrence Alma Tadema del 1907. Un danese, Ber- tel Thorvaldsen, nominato a suo tempo Principe dell’Ac- specifiche come quella della pittura di paesaggio e inoltre cademia, del quale la collezione romana conserva un aperte conferenze e incontri con storici dell’arte e dell’ar- gruppo di puro stile neoclassico con Ganimede e l’aquila, chitettura. Protagonisti di questa nuova vita sono stati è presente in mostra con un gesso di Cristo e con il suo anche gli esperti di conservazione e restauro. Ciò ha con- ritratto scolpito dal Tenerani nel 1830. Gli aristocratici e sentito non soltanto la riappropriazione per il pubblico di gli artisti del Grand Tour si incontrano a piazza di Spa- opere che non venivano esposte da anni, come alcuni di- gna, nella stessa zona oggi si trova ancora la casa museo segni del Seicento e del Settecento e progetti architetto- del poeta inglese Keats e più in là, presso via Margutta, nici, tutti provenienti dai concorsi e dalle prove d’esame molto tempo prima, risiedevano gli olandesi e altri nordi- che proponeva l’Accademia, ma anche una rilettura filo- ci organizzati in una ‘Schildersbent’ e fra loro, nel Seicen- logica delle autografie e delle attribuzioni; soprattutto dei to, la stravagante confraternita dei ‘Vogel’, con artisti de- dipinti. Si è cercato in pratica di ridare spessore a vecchie diti alla esplorazione del passato ma anche eccessivamen- e nuove realtà per quelle specificità e caratteristiche sto- te gaudenti, e costoro, seppure protestanti, venivano tol- riche per le quali tanto famosa era diventata in Europa e lerati dalla Santa Romana Chiesa. Il più famoso di questi nel resto del mondo. fu però cattolico: il caravaggesco Gerrit van Honthorst, La mostra al Forte di Bard nasce da varie urgenze: quella, meglio noto come Gherardo delle Notti, di cui si posso- per così dire, di fare il punto della situazione sullo sta- no vedere molte opere soprattutto nelle chiese romane. to della collezione permanente, quella di aggiornare un Di questi olandesi l’Accademia possiede opere di Micha- catalogo filologico che mancava ormai da tempo, quella el Sweerts, delle quali una in mostra. I rapporti con questi di far “parlare” le opere fra di loro e quella di interpreta- nordici non furono sempre benevoli, sia per il comporta- re quali siano state e siano tuttora le diverse anime del- 22 mento ambiguo di alcuni membri dell’Accademia sia la Accademia. La mostra non va letta quindi come una perché nel Seicento le idee del Bellori e gli statuti gloriosa rassegna di capolavori, tra l’altro manca il San dell’Istituzione potevano essere letti come una forma di Luca di Raffaello, né come un’ennesima occasione ghiotta ostracismo nei loro confronti. L’Accademia di oggi è per bearsi di una piccola parte del patrimonio nazionale, molto diversa sia da quella secentesca che da quella suc- quanto semmai come il tentativo di rileggere il tutto in cessiva del Settecento e dell’Ottocento. La sede attuale chiave di contemporaneità, sottolineando il rapporto fra non è più la stessa: dopo varie vicissitudini venne sposta- istituzioni e società civile. Si è deciso di proporre sia ope- ta in via Bonella e, dopo gli sventramenti mussoliniani re che provengono da lasciti, quali il Lazzaroni, il Du- per costruire via dei Fori Imperiali, venne di nuovo tra- marest, il Pellegrini o il Fabio Rosa, sia di opere che da slocata, questa volta definitivamente, a Palazzo Carpe- sempre sono state patrimonio dell’Accademia, sia di altre gna, nel cuore di Roma, dietro la Fontana di Trevi. Prima frutto di autori moderni. Abbiamo deciso di evitare di di traslocare nella nuova sede fra gli anni Trenta e Qua- dare centralità ai tanti ritratti di uomini e donne che han- ranta del Seicento, Borromini vi aveva progettato la ram- no dato prestigio a questa istituzione nel corso dei quat- pa elicoidale, oggi adibita a percorso espositivo di mostre, tro secoli passati. Proprio perché altri musei o fondazioni come la rampa a spirale del Museo Guggenheim di New possiedono raccolte analoghe, come Palazzo Altieri con i York, decorando l’ingresso con un grande festone cornu- ritratti dei papi di Oriolo Romano, o la Stanza delle Belle copia. Una biblioteca, un archivio, un museo permanente, di Palazzo Chigi di Ariccia, per parlare solo degli esempi ambienti per gli uffici ecc. ne fanno un polo d’eccellenza più noti nella provincia di Roma, o come, in altri conte- per la promozione della cultura. Dopo l’Unità d’Italia sti e con altre storie, i ritratti del Pio Albergo Trivulzio perse per statuto la sua vocazione iniziale di insegnamen- di Milano o la collezione, ben più corposa di tutte, della to delle arti, che rimase prerogativa esclusiva dell’Acca- National Portraits Gallery di Londra, per non parlare poi demia di Belle Arti di via di Ripetta. Di contro, sembrava dei ritratti dei dogi della Sala del Maggior Consiglio del che la sede di Palazzo Carpegna dovesse diventare un Palazzo Ducale di Venezia. Questo anche per evitare sia luogo della memoria e del ricordo. Non è andata così. Da un confronto con una delle raccolte più note di ritratti e molti anni infatti l’Accademia si è riqualificata sia come autoritratti d’Italia, come quella del corridoio vasariano museo, sia come istituzione permanente e attiva della cit- di Firenze, quest’ultima collezione interessante per noi tà. Sono state allestite mostre sull’arte contemporanea, perché presenta alcuni ritratti di artisti che sono stati come l’ultima in corso di Luigi Ontani; sono stati ripre- membri della stessa Accademia di San Luca; sia per una sentati nelle sale del museo dipinti e sculture che manca- nostalgia trionfalistica di “eroi” sulla falsariga della rac- vano di una adeguata ricollocazione; riproposte sezioni colta di ritratti di uomini illustri del già citato museo di Paolo Giovio, aperto nel 1537 a Borgovico presso Como, costituisce una sorpresa in più se si pensa alle polemiche o di quelli ben più mitologici delle gallerie di altri uomi- anti venete che caratterizzavano proprio l’Accademia ne- ni illustri come a Foligno in Palazzo Trinci con affreschi gli anni di passaggio tra Cinquecento e Seicento. Altre di Gentile da Fabriano o quelli di Andrea del Castagno come l’Arpino con la sua Cattura di Cristo, soggetto non per la Villa Carducci di Legnaia vicino Firenze e oggi nuovo all’arpinate, rivelano poi a un più attento esame agli Uffizi, o ancora quelli perduti di Masolino a Monte radiologico sorprese compositive sconosciute prima. Può Giordano a Roma. Tutto ciò infatti avrebbe accentuato essere indicativo al riguardo il pasticcio attributivo dello un carattere glorioso e vetusto di un tanto criticato acca- pseudo Stomer, poi ricondotto a Filippo Vitale, per un demismo non immune dal narcisismo patriottico di un soggetto quanto mai insolito di San Girolamo e i Saddu- non poi tanto lontano passato, vedasi per intenderci il di- cei, analoga riproposta attributiva è riapparsa Il sogno di scorso inaugurale della III Quadriennale d’arte di Roma Giacobbe, un tempo attribuito ad Aniello Falcone, adesso del 5 febbraio 1939 di Giuseppe Bottai. D’altra parte la a Francesco Guarino. Con poche opere ma eccelse sono tentazione poteva essere forte se si considera che la stes- rappresentati i grandi fiamminghi e olandesi del Seicen- sa Accademia filosofica dell’antica Atene venne letta da to, come l’olio rubensiano delle Ninfe che incoronano la dea Raffaello nelle Stanze Vaticane con un intenzionale poco dell’abbondanza o il Van Dyck della Vergine con angeli di rispetto per la storia e la cronologia, come un ritratto di cui si conserva anche un disegno creato a gessetto, matita gruppo atemporale. Dal forziere della nostra sede abbia- e tempera attorno al 1627. Dall’area nordica un grande mo scelto e preferito opere da un po’ di tempo dimen- pittore come Sweerts, molto noto alla storiografia cor- ticate e in alcuni casi lasciate in una sorta di precarietà, rente con il suo studio accademico pieno di pezzi antichi, intervenendo sulle condizioni di rischio. Dopo un’attenta come corollario indiscutibile della formazione dell’artista operazione di restauro sono stati riscoperti piccoli capo- nordico che veniva a bere alle sorgenti dell’antico già in 23 lavori talvolta attribuiti un po’ di fretta a diversi autori. pieno Seicento. Del resto una ipotesi non corrisponden- Stiamo parlando anche degli pseudo Tiziano o dell’imi- te alle date vede l’Accademia di Haarlem fondata nello tatore di Matteo di Giovanni, con un’opera del falsario stesso lasso di tempo di quella romana, o almeno ad essa Umberto Giunti della bottega di Joni degli anni Venti. ispirata, dal Van Mander, anche definito come il Vasari Quest’ultima, in ottimo stato di conservazione, ha una del Nord per le sue notizie biografiche dei pittori nordici. incongruenza iconografica che già aveva suscitato più di Un’Annunciazione, insolita per la presenza di due angeli un sospetto, perché il Bambino inanella la Vergine anzi- invece di uno, è quella di Biagio d’Antonio, già attribuita ché santa Caterina d’Alessandria, presente sullo sfondo a Lorenzo di Credi, un dipinto nato nell’ambito della con il solito frammento della ruota uncinata. Il falsario è corte fiorentina. Nel paesaggio l’artista dipinse la collina riuscito talmente bene a imitare lo stile del pittore senese di Fiesole con la villa medicea di Michelozzo, documen- che a prima vista sembra infatti una opera eccezionale. tando i rapporti fra i Medici ed i Tornabuoni; questi ulti- Alcune attribuzioni sono state riviste a vantaggio di una mi infatti chiesero sul finire del Quattrocento al Ghirlan- rietichettatura più vicina per filologia e tecnica ad autori daio di rappresentare sullo sfondo dell’affresco con la vicini fra loro ma diversi, come il caso del ritratto, già Dormitio virginis nel coro di Santa Maria Novella, la da me ricordato all’inizio, di Girolamo Muziano, uno dei stessa villa come omaggio alla potente famiglia di Firen- padri dell’Accademia della Roma Sistina, ritratto molto ze: Giovanni Tornabuoni era diventato nel 1477 diretto- postumo o se si vuole idealizzato in quanto accademi- re del Banco Mediceo. La villa è stata poi riprodotta più co e con attribuzioni che vanno da Pier Leone Ghezzi e volte in disegni e quadri con la descrizione dei dintorni di Giovanni Maria Morandi a quella di Giuseppe Ghezzi. Firenze da Giuseppe Zocchi, Elihu Vedder, Ferdinando Così pure si inserisce in questo contesto di nuove ipotesi Buonamici ecc. In altro contesto, ma sempre con riferi- una Madonna con il Bambino in corso di clamorosa riat- mento religioso, è la storia critica di due tavole fiorentine tribuzione da parte di Vittorio Sgarbi. Un forziere quindi datate al 1555-1556 di Agnolo di Cosimo detto il Bron- ricco di sorprese che vanno dallo spellato bronziniano al zino, con un Sant’Andrea ed un San Bartolomeo. Vendute bellissimo Annuncio ai pastori di Jacopo Bassano, per non dal Camuccini all’Accademia nel 1821, furono attribuite parlare delle due superbe tele di Palma il Giovane della in un primo tempo ad Alessandro Allori, mentre, dopo Betsabea e della Dalila. Una certa durezza di tocco qua- un’attenta pulitura, nel 1985-1987 si sono rivelate opera si fuori dagli schemi della pittura tonale veneziana è La del grande maestro fiorentino noto per i suoi perfetti ri- Tentazione di Paris Bordon, autore del resto più calligra- tratti della famiglia Medici. Queste tavole sono due fico di tanti suoi coevi a Venezia. La pittura veneziana frammenti di una grande pala d’altare commissionata per il duomo di Pisa e poi andata dispersa. Documentata dal educata mise dei capelli. L’abito in parte riprende la son- Vasari e dal Borghini, nell’ultima mostra sul Bronzino tuosità della moda ufficiale di corti come quella fiorenti- del 2010-2011 a Palazzo Strozzi a Firenze è stata defini- na, che se ne avvalse come mezzo ideale di rappresentan- tivamente acquisita al catalogo delle sue opere. Il San za. La spinetta è una variante, insieme al virginale, del più Bartolomeo in particolare ha consentito la lettura di det- antico clavicembalo, a sua volta derivato dal salterio, tagli anatomici che rimandano alle varie iconografie quando a questo si aggiunse una tastiera. Per tradizione la dell’uomo spellato riconducibili all’atlante di anatomia di musica era considerata la prima fra le arti per la sua natu- Andrea Vesalio De humani corporis fabrica: il tema diffu- ra spirituale e in quanto tale gli artisti si sono rappresen- sissimo fra Cinque e Seicento è stato anche riproposto tati spesso con questo attributo, contribuendo a identifi- per gli animali come il cavallo écorché del Giambologna. carli e inserirli in una sfera più alta della vita “normale”. Di quest’ultimo, scultore, vi è in mostra una terracotta Ma opere di questo tipo, anche quando si tratta di auto- con Allegoria di fiume del 1570. Simile per materiale, ma ritratti, presentano una ambivalenza semantica, fra rap- opera per molto tempo attribuita a Vincenzo Danti, è un presentazioni di vita quotidiana, ritratto e significati sim- profeta, o figura di san Marco secondo i più recenti studi, bolici. Nel primo Cinquecento questo soggetto aveva dello stesso periodo, in pieno manierismo. Le terrecotte avuto di nuovo molta fortuna con l’affermarsi delle alle- sono state un materiale molto in voga nei concorsi acca- gorie amorose, derivate dal neo-petrarchismo del Bembo, demici del Seicento e del Settecento ma ne esistono mol- influenzate soprattutto dai suoi Dialoghi asolani, dagli te altre presenti come bozzetti e studi per opere future scritti di Leone l’Ebreo e dalla riscoperta di Marziano conservate al Bargello, soprattutto cinquecentesche, ed in Cappella. Gli spartiti che accompagnano i ritratti sono altri musei. Di Gian Lorenzo Bernini abbiamo il bellissi- spesso riferimenti a madrigali o mottetti relativi alle pene 24 mo studio di Leone per la fontana dei Quattro Fiumi di del cuore, un tema che ebbe immensa fortuna anche dopo piazza Navona. Questo non è l’unico pezzo in terracotta il Rinascimento. Lo struggente ritratto di giovane con (1649) riconducibile alla stessa fontana; ne abbiamo un liuto di Caravaggio, oggi all’Hermitage, è uno dei tantis- altro esempio alla Ca’ d’Oro di Venezia rappresentante il simi esempi di come questo strumento sia un riferimento Rio della Plata, mentre alla Galleria Borghese abbiamo all’amore e ai suoi tormenti: lo spartito è stato infatti ri- un grande bozzetto di una statua equestre con Luigi XIV conosciuto come un madrigale d’amore dal titolo “Voi a cavallo come Alessandro Magno. Questi originali sono sapete che v’amo”. Il fatto che Lavinia Fontana suoni in- molto importanti se si pensa che gran parte delle sculture vece la spinetta potrebbe essere riferito a valori famigliari grandi, come quelle delle fontane, sono state scolpite di- di fedeltà e abnegazione, nonché di capacità di saper suo- rettamente dagli allievi o dagli assistenti seguendo i mo- nare bene lo strumento, come prova lo sguardo attento delli originali del maestro in gesso o in argilla rossa. Di della fantesca che ha il testo rivolto verso di sé e che se- conseguenza, da un punto di vista strettamente autogra- gue attentamente che l’esecuzione sia corretta, mentre fo, sono molto più interessanti, non solo perché spesso vi l’artista ci guarda con malcelata fierezza e sfrontata sere- si indovinano le impronte digitali dell’autore, ma anche nità. Ci siamo soffermati su questoAutoritratto , prove- perché in alcuni casi si ha la possibilità di leggere varian- niente dalla casa di Giovan Paolo Zappi, marito della ti non riportate su scala più grande o viceversa. A un cli- pittrice, perché esemplifica un’anomalia rispetto ai tanti ma rassicurante di vita domestica ci porta invece il tema autoritratti dell’Accademia, mentre nello stesso tempo, della musica, presente nel quadro della bolognese Lavinia per formato e presentazione, etichettato sulla stessa tela Fontana con il suo Autoritratto alla spinetta. La pittrice, con la dicitura in latino “Lavinia Virgo Prosperi Fontana con chiaro riferimento agli autoritratti della cremonese filia ex speculum imaginem…”, ha molto in comune con Sofonisba Anguissola, viene assistita dalla fantesca, che ci questi. Abbiamo riferito prima di pittori nordici e di mostra su un doppio registro una composizione musicale quanto fossero conflittuali i loro rapporti con l’Accade- e sullo sfondo il cavalletto, sottolineando, in una sorta di mia, soprattutto quando ripetevano, sulla scia del Cer- canone identitario, quanto Lavinia, al pari di Sofonisba, quozzi, i soggetti dei Bamboccianti come Pieter van Laer. fosse versatile in più tecniche artistiche come la musica, (1599-1661), allievo dell’Albani e del Ca- la pittura, la poesia e forse il canto e la danza. Qui l’artista valier d’Arpino, seguace di Raffaello e classicheggiante - ci dà molte informazioni sul suo stato sociale, come si noto è il suo grande affresco con l’Allegoria della Divina può notare dai cassoni nella stanza del cavalletto, dalla Sapienza a Palazzo Barberini a Roma - protagonista del- presenza di una serva, dal sontuoso abito color rosso fuc- le dispute dell’Accademia, descriveva così i soggetti dei sia, dalla collana di corallo con pendente d’oro e dalla Bamboccianti: “Un barone che si cerca li pidocchi, e un altro, che beve la minestra e una scudella: una donna che Psiche di (1695-1700), mentre la magni- piscia, e tiene una capezza d’un asino che raia, un Bacco loquenza di Charles Le Brun si presenta con un’acqua- che vomita, ed un cane che lecca”. L’offensiva del Sacchi forte e bulino per il pomposo tema di Alessandro Magno sembra farci dimenticare che alcuni fiamminghi in realtà che entra in Babilonia. Il Settecento viene introdotto da avevano concentrato la loro attenzione su quel genere di due splendidi progetti per un Palazzo reale in villa di Fi- temi che già sfruttavano anche maestri del classicismo lippo Juvarra. I dipinti di questa sezione comprendono come Annibale Carracci, si ricordi il Mangiatore di fagio- paesaggi legati al Grand Tour come i due capricci del li della Galleria Colonna, e non solo in Italia ma anche in Pannini del 1749, la Marina di Anzio di Joseph Vernet o seguito, ad esempio, in Spagna, come testimonia l’avven- l’ovidiano Paesaggio di Frans Van Bloemen detto l’Oriz- tura dei “bodegones” con i primi quadri di Velasquez o i zonte. Nel 1705 Giovan Battista Piazzetta ci dà un otti- “ninos de rua” di Murillo. Su questa scia, in alcuni studi di mo esempio di come il tenebrismo sia molto vitale, con teste o nella Filatrice, citava il mo- una Giuditta e Oloferne quasi ormai sui modi del Tiepolo. dello di una pittura delle persone umili dotandole di una Ma è Pierre Subleyras, un francese formatosi a Tolosa e a dignità semplice e superba, rivalutando la verità caravag- Parigi, ritrattista di successo, che rinnova il classicismo gesca contro i modelli sfarzosi o semplicemente decora- sui modi della sobrietà compositiva con il suo studio per tivi del classicismo imperante. Un richiamo ai Bamboc- La cena in casa di Simone. Il nuovo classicismo che tenta cianti si ritrova in una tela di Nicola Viso, anch’esso, come di aderire a forme storicamente più filologiche e corrette le tele di Pier Francesco Mola, oggi a Bard riproposto è , decoratore dei Borghese e, con il fra- con il tema dei giocolieri in uno spiazzo pieno di gente. tello Camillo, restauratore di sculture antiche, qui con un Mentre sempre nordici sono gli esempi di Jan de Mom- dolente Achille che cerca di trattenere Pentesilea, regina del- per con una Battaglia e Jacob de Heusch con Marina con le Amazzoni, di cui l’eroe greco si innamora, ricambiato, 25 cavalieri. Insistono invece sul tema della vendetta o della nel momento stesso in cui la ferisce a morte. Siamo arri- violenza, ma con ancora forti implicazioni classicheg- vati quindi al neoclassicismo con Angelika Kauffmann, gianti, tele con storie tratte dalla Bibbia e dalla storia Appiani e Jean Baptiste Wicar ed il suo Ritratto di Giu- antica. Abbiamo così un Carnefice con testa del Battista at- seppe Valadier. Di quest’ultimo, architetto ed urbanista, tribuito al Beinaschi, con un potente eroico torso che abbiamo due interessanti progetti per l’area del Pantheon emerge dal buio, ma con un certo livore tragico che ricor- e la sistemazione di piazza del Popolo, documenti impor- da le opere del contemporaneo Langetti ed altre tele dei tanti per capire quale fosse il dibattito sul destino delle “tenebrosi”. Mentre il Beinaschi si avvaleva di una vio- aree monumentali di Roma durante e dopo il bonaparti- lenza in posa, Felice Ficherelli in Tarquinio e Lucrezia smo imperante. Di questo nuovo fervore creativo sono ricorre a una violenza in azione ripetendo la solita scena testimonianza una languida e distrutta Santa Cecilia con dell’incipiente stupro con il potenziale assassinio della un putto che regge la palma del martirio, olio su tela di An- sventurata. A Roma la violenza ammantata di retorica e drea Pozzi, dipinto prima del 1805. E poi un Camuccini teatralità è rappresentata da un “Principe” dell’Accade- del 1803, un Felice Giani e un Francesco Hayez con un mia Carlo Maratti con il biblico Giaele e Sisara. In questi Atleta trionfante del 1813 e tipico prodotto accademico di dipinti si può intravedere l’eco delle tragedie di Giovan quegli anni. Tre anni prima Vincenzo Monti è l’autore di Battista Giraldi Cinzio o del cupo pessimismo del Tasso una traduzione dell’Iliade e subito dopo il Foscolo inizia del secolo precedente o ancora dei drammi teatrali dei la stesura del suo poema Le Grazie, gli stessi anni in cui secenteschi Carlo de Dottori e Federico della Valle. Mol- Antonio Canova, Principe a vita dell’Accademia, scolpi- to diversi, sia pure con sfondi scuri, sono altri temi tratti sce lo stesso soggetto immettendo nel neoclassicismo una dalla Bibbia o da metafore cristiane e con storie ad ambi- energia nuova fra nostalgia e purezza dell’Antico. Di valenza erotica come Loth e le Figlie e la Carità cristiana nuovo lo stesso Hayez, prima di proporsi come il capofila di Daniel Seiter. Nel primo caso si tratta di un incesto dei Romantici lombardi, dipinge un Ulisse alla corte di Al- attivato dalle figlie con l’aiuto del vino, mentre il secondo cinoo nel 1814-1815. Ma è sempre Canova l’idolo del è, in realtà, la rielaborazione di una storia dell’età classica momento, che, omaggiato dalle corti internazionali - nella quale si narra di un padre che, condannato ingiusta- esiste per esempio più di una sua versione per una statua mente a morire di fame in prigione, viene visitato dalla di George Washington - reinventa il monumento fune- figlia che lo nutrirà con il proprio latte. Un tocco di clas- bre, qui presente con un gesso di un dettaglio del Monu- se che combina il luminismo caravaggesco con l’intimi- mento a papa Clemente XIII in San Pietro del 1784. Il smo amoroso conclude il secolo barocco con l’Amore e puro classicismo fa sentire la sua influenza per tutto il nuovo secolo con ritratti come quelli di Rinaldo Rinaldi approfondimenti futuri. E mentre il progetto prendeva del 1837 e giù fino al 1886 con l’Autoritratto di Pio Fedi. corpo, si è definita anche la vastità dell’operazione sia per Legati all’Accademia sono gli esempi di ritratti eccezio- quanto riguarda il numero di opere da restaurare, sia per nali come quelli di Tranquillo Cremona e di Federico le istituzioni da coinvolgere e soprattutto per la diversità Faruffini. Testimonianza della nuova Roma laica sorta di materiale da trattare. Sono state restaurate numerose dopo l’Unità d’Italia è uno studio di Ettore Ferrari del opere; dipinti a olio su tela; dipinti a olio o a tempera con Monumento a Giordano Bruno, un omaggio al grande filo- doratura su tavola; cornici modanate, scolpite e dorate; sofo nolano e al suo sacrificio per la libertà di pensiero. sculture in gesso, in terracotta, in bronzo; disegni a china, Questo monumento è stato al centro di accese polemiche acquarello, biacca, carboncino e matita su carta. Il presti- fra la nuova Roma e il tradizionalismo cattolico di cui si gioso Istituto Centrale per la Grafica ha diretto i lavori di fece portavoce lo stesso papa Leone XIII. Il Novecento è restauro di molte opere su carta, tra le quali basti citare i stato un periodo decisivo per San Luca, che dalla sede grandi e splendidi progetti dello Juvarra o il prezioso di- nell’area della futura via dei Fori Imperiali verrà trasferita segno che Salvator Rosa realizza a inchiostro e acquarello definitivamente nel 1934 a Palazzo Carpegna. Docu- lavorando su entrambi i lati del piccolo foglio. Gran par- mentano questo passaggio opere di Mancini, Balla, Can- te del cuore di questa incredibile operazione è stato il doni, Apolloni e Mistruzzi. Riconducibili al periodo fa- coinvolgimento di ben nove restauratori selezionati a se- scista e documenti di un’epoca sono le opere di Nagni, conda delle proprie competenze e specializzazioni nel Ferrazzi, D’Antino, Selva. Un Novecento dignitoso in cui campo della conservazione; una squadra che ha lavorato l’arte guarda timidamente alle esperienze transalpine con all’interno dell’Accademia di San Luca, trasformata per alterne vicende e che verrà riscattato nella seconda metà alcuni mesi in un laboratorio “aperto”, dove visitatori, tu- 26 del secolo con molte opere arrivate nella collezione con risti, esperti d’arte e altri restauratori passavano incurio- un’altra nuova sezione. Da questa provengono il Sonno siti e ammirati dalla “rinascita” delle opere e desiderosi di romano di Fabrizio Clerici (1955) con il suo anticipatorio conoscere le nuove scoperte che questa “rinascita” porta- tema del post-antico, certo più intenso e meno vacuo del va. Scendendo nello specifico, potremmo dire che sono post-moderno degli anni Ottanta, il levigatissimo Nudo tre in particolare le opere che hanno rappresentato il li- di donna di Alberto Viani, con la sua voluttuosa forma vello più alto dell’intero progetto di restauro, sia per la nello spazio che lo ha reso così consustanziale con i pro- complessità e difficoltà, ma soprattutto per quel che ri- getti di Carlo Scarpa e infine il Paesaggio d’estate di Carlo guarda l’importanza che l’intervento ha rappresentato, Mattioli, del 1975, concentratissima visione naturalistica facendolo essere veramente “un momento di conoscen- memore dell’apertura verso l’infinito dell’espressionismo za”. La prima è sicuramente la grande tela dipinta ad olio astratto americano. Queste ultime opere sono in sintonia da e raffigurante Santa Martina. Il con le scelte “militanti” degli ultimi anni e sono solo un quadro era conservato in un piccolo ambiente laterale minimo esempio di quanto l’attività dell’Accademia sia della chiesa dei , praticamente “di- aperta alle nuove istanze del contemporaneo. menticato” in questo angolo semibuio; invisibile ai più e Per concludere, infine, la mostra riporta in primo piano reso ancora più illeggibile dai pesanti, arbitrari ed ormai un concetto fondamentale e sempre attuale nel campo alterati restauri precedenti. L’attuale intervento, con una dell’arte e della conservazione e cioè quello del “restauro delicata e capillare operazione di rimozione degli strati di come momento di conoscenza e di approfondimento sporco e delle vecchie ridipinture, ha ridato all’opera il dell’opera d’arte, dell’artista e del contesto storico”. Gra- suo respiro, la corretta lettura, le cromie originali, met- zie alla sinergia creatasi tra l’Accademia Nazionale di San tendo in risalto le pennellate originali dell’artista. Un fare Luca e l’Associazione Forte di Bard già all’inizio del pro- pittorico che a prima vista sembra alquanto strano, pieno getto che ancora era lungi dal prendere la sua forma defi- di “pentimenti”, ripensamenti e “strane” pennellate che nitiva, si è messo subito l’accento sulla conservazione e il non seguono il disegno, ma che sembrano andare nel ver- restauro delle opere che sarebbero state poi esposte, so opposto. Questo modus operandi, quasi da pittura ad nell’ottica di trasformare una mostra, già di per sé straor- affresco, potrebbe apparire senza alcuna logica se ci si dinaria - dato che in centoquindici opere, molte delle fosse fermati ad una lettura veloce della superficie dipinta quali capolavori assoluti, si avrebbe avuto la possibilità di e a un livello superficiale di conoscenza dell’opera. Come rivivere la storia dell’arte italiana ed europea attraverso dicevamo all’inizio, si è iniziata una ricerca degli studi ben cinque secoli - in un’occasione unica, momento di sull’opera e sull’artista che ha rivelato il perché di tanta scoperta e valorizzazione, nonché di spunto per studi e “fretta” e quasi confusione nell’iter costruttivo del dipinto: Pietro da Cortona dovette eseguire questa grande opera presente e sovrintendente al tutto. Però, al di sotto di in una sola notte, poiché doveva essere pronta per la visi- strati di bitume e ancora di vernici molto resistenti, si ta del Papa e il giorno seguente sarebbe stata posizionata sono rivelati particolari di piante e fiori del tutto nascosti, sull’altare maggiore della chiesa da lui stesso disegnato. nonché le pennellate delle rocce, ridando profondità alla Oggi la superficie pittorica, anche se danneggiata e abra- caverna sulla destra del quadro e, soprattutto, alzando sa da precedenti interventi, ci racconta la storia di come qualitativamente tutta questa parte del dipinto che sem- uno dei massimi protagonisti del barocco romano, incal- brava, all’inizio della pulitura, molto scarna, piatta e poco zato dalla fretta e dal pochissimo tempo, sia comunque particolareggiata. La parte centrale ha rivelato particolari riuscito a creare un capolavoro. La seconda opera è Car- a dir poco sconcertanti. Ma andiamo per gradi: la figura nefice con la testa del Battista, attribuita a Giovan Battista nuda che scappa alla sinistra del quadro ha il braccio de- Beinaschi. Il dipinto ad olio su tela versava in pessime stro che esce dalla tavola e risulta mozzato. Durante la condizioni di conservazione tanto da essere quasi illeggi- pulitura è emerso un altro braccio destro, coperto poi dal bile in molte parti. Il recente restauro ha evidenziato corpo della figura stessa. La mano che invece fuoriesce come il pittore usasse un colore corposo, materico, che dal corpo e va a finire sul pantalone verde della figura veniva steso quasi secco, dove il pennello lo esauriva fer- accanto è stata ricoperta con un colore bituminoso, indice mandosi tra le fibre della trama della spessa tela; basti del fatto che è stata dipinta successivamente al pantalone soffermarsi sulle vene del braccio sinistro del carnefice o verde. A questo episodio ne sono seguiti altri: infatti tut- sulle splendide lumeggiature dell’elmo e della piuma. ta questa zona del dipinto è piena di “pentimenti” e di Dopo l’operazione di pulitura, è emersa l’aureola del Bat- figure coperte da altre, e la cosa interessante è che le figu- tista, i capelli e la barba dall’insolito colore rossastro e re coperte, che allo stato attuale s’intravedono al di sotto molti altri particolari che hanno portato a ristudiare dello strato visibile, corrispondono a quelle visibili e in 27 l’opera. Se prima dell’intervento si parlava di “scuola ge- primo piano nelle altre versioni dell’opera. Molti perso- novese”, ora la strada è aperta per nuovi studi e confronti naggi avevano gli incarnati, i capelli e le barbe completa- che portano verso una nuova attribuzione, corroborata mente ridipinti. Sotto queste ridipinture s’intravedevano dalla data e dalle iniziali G.B. ritrovate sul verso della tela gli altri capelli, le altre barbe e gli altri incarnati; di una originale. Concludiamo questo breve excursus con quello qualità nettamente superiore e con raffinatezze pittoriche che, come suggerisce Fabio Porzio, colui che è stato il che ritroviamo nelle altre versioni autografe dell’opera. responsabile della campagna dei restauri dei dipinti e Oggi l’opera è stata recuperata in tutto il suo splendore e sculture e che ha scoperto e ricostruito i complicati tas- la sua raffinatezza restituendola alla mano del Maestro, selli delle storie di ogni singola opera, è veramente il fiore mentre ci è ormai chiaro sia il suo iter pittorico, testimo- all’occhiello di questa campagna di restauri, La cattura di niato da “pentimenti” e da “non finiti” autografi, sia il suo Cristo del Cavalier d’Arpino, dipinto ad olio su tavola travagliato iter conservativo che aveva contribuito non della fine del XVI secolo. Durante l’operazione di pulitu- poco a trasformare l’opera e a “declassarla”. Chiudiamo ra si è rimosso lo spesso e disomogeneo strato di gomma sottolineando che questo intervento attuale ha una parti- lacca e di particellato grasso che ricopriva l’intera super- colarità ancora più spiccata: è un’opera in “corso d’opera”, ficie, ottenendo un risultato a dir poco eclatante. A guar- nel senso che si lavorerà per indagare ed approfondire dar bene e studiando a fondo la superficie pittorica, qual- ulteriormente in maniera da arrivare ad un risultato certo. cosa però non convinceva e si è andati con estrema cau- La figura che scappa sulla sinistra con il braccio che esce tela ad indagare ancora più a fondo. Contemporanea- fuori dal dipinto è ormai acclarato sia una ridipintura, mente si sono prese in esame le altre versioni autografe l’ultima che abbiamo lasciato sulla superficie pittorica. del dipinto: da La cattura di Cristo conservata in Germa- Lasciata giusto nel punto grazie al quale il dipinto “può nia a quelle a noi vicine, nella Galleria Borghese e nella sempre essere ripreso in mano e rimesso in lavorazione”. collezione di Palazzo Chigi ad Ariccia. In questi con- Una volta che l’opera sarà tornata dalla mostra al Forte di fronti, il “nostro” appariva di una qualità leggermente in- Bard, si riprenderanno sia gli studi che le ricerche ed il feriore, confermando quello che in passato eminenti restauro coadiuvato anche dall’ausilio di indagini scienti- studiosi del Cavalier d’Arpino davano come opera di al- fiche, che accompagneranno verso una conclusione sicura lievi all’interno della bottega del maestro, maestro vigile, questo incredibile intervento.

L’artista si ritrova a San Luca Vittorio Sgarbi

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“L’Accademia Nazionale di San Luca ha lo scopo di pro- Alla fine del giro mi vorrei idealmente trovare con Acca- muovere le arti e l’architettura, di onorare il merito di demici, Principi ed ex Principi, a compiacermi di aver artisti e studiosi, eleggendoli nel Corpo accademico, di fatto circolare una così imponente collezione di capola- adoperarsi per la valorizzazione e la promozione delle vori. L’attuale Accademia Nazionale di San Luca ha ori- arti e dell’architettura italiane” (Statuto 2005, articolo 1). gine, in una serie di passaggi fra la seconda metà del Presidenti, meglio, Principi, e amici, Fabrizio Clerici, Ve- Cinquecento e la prima del Seicento, dall’antica Univer- nanzo Crocetti, Nicola Carrino, Leonardo Cremonini, sità delle Arti della Pittura di Roma. Al 1478 risalgono i Paolo Portoghesi, e alcuni molto vicini e affini, ho sem- primi Statuti dell’Universitas picturae [ac] miniaturae, pre sofferto, considerandomi buon interprete dell’artico- tuttora custoditi presso l’archivio accademico, nel cui lo 1 dello Statuto, di non essere mai stato chiamato fra frontespizio miniato è raffigurato San Luca nell’atto di gli Accademici di San Luca, anche corrispondenti, nella ricevere le nuove regole dell’Arte da parte di quattro classe degli storici dell’arte, ben rappresentata. Non ho membri dell’Università. Al santo evangelista, protettore mai capito perché, se non come una ingiustificata peni- dei Pittori, fu dedicata la pala d’altare della piccola chie- tenza, avendo anche promosso, in qualità di presidente sa di San Luca sull’Esquilino, prima sede dell’Università, della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, tradizionalmente attribuita a Raffaello, e successivamen- la riforma delle Accademie e dei Conservatori. Niente te trasportata nella chiesa dei Santi Luca e Martina al da fare. Nessuna chiamata. E allora mi sono chiamato, Foro Romano, quindi in Palazzo Carpegna, dove si con- agitando l’idea presso gli amici del Forte di Bard in Val- serva tuttora. Il passaggio da Universitas in Accademia le d’Aosta, consigliere Gabriele Accornero, di far cono- delle Arti della Pittura, della Scultura e del Disegno, per scere l’imponente collezione in una antologia ricca e sor- iniziativa del pittore Girolamo Muziano, venne ufficial- prendente, fuori di Roma, e con una puntuale e rinnova- mente sancito da un Breve emanato da Gregorio XIII ta catalogazione. Non basterà neanche questa volta, e nel 1577. Tuttavia, l’effettiva trasformazione nella nuova forse neppure, Segretario Generale Francesco Moschini, istituzione fu graduale, passando anche attraverso il tra- con l’eventuale successivo trasferimento dell’antologia sferimento dalla demolita chiesa di San Luca (1585) a che qui si presenta in palazzo Baldeschi a Perugia, in dia- quella di Santa Martina al Foro Romano, concessa nel logo con la locale Accademia e la sua preziosa gipsoteca. 1588 da Sisto V all’Università dei Pittori. Pochi anni 30

Gli Statuti del 1478 dopo, nel 1593, si ebbe la simbolica “fondazione” dell’Ac- scuna delle arti, in tre classi corrispondenti a una pro- cademia ad opera di Federico Zuccari, primo Principe gressiva difficoltà dei soggetti assegnati. I concorrenti dell’Accademia, e solo nel 1607 l’approvazione dei primi avevano alcuni mesi di tempo per preparare il loro sag- Statuti conosciuti dell’Accademia dei Pittori e Scultori gio, la cui autografia doveva essere confermata da una di Roma. A Girolamo Muziano, propriamente, si deve prova estemporanea eseguita in due ore nella sede del l’ideazione dell’Accademia di San Luca nella forma che concorso. I temi scelti nello svolgimento dei concorsi ancora oggi sopravvive. Lo si vede nella tela di Giuseppe Clementini erano sacri, mentre erano profani quelli del Ghezzi con la gorgiera di gusto spagnolo e un disegno concorso a cadenza settennale di pittura, scultura e ar- michelangiolesco sulla parete tra cartigli e sigilli di Sisto chitettura istituito con testamento dell’accademico pit- V; lo scalpello che attraversa la tavolozza con le macchie tore Carlo Pio Balestra, e bandito a partire dal 1768. I di colore e i pennelli usati; le mani curatissime del lette- concorsi Clementini e Balestra hanno lasciato all’Acca- rato che tengono un rotolo con un progetto di architet- demia numerose pitture, sculture e disegni. Nel corso del tura dedicato a Gregorio XVI che impose il Muziano XIX secolo furono istituiti numerosi concorsi. Ricordia- all’Accademia. Il cui compito è “levare gli artisti dalla mo quello voluto da Antonio Canova, che trasferì a tale posizione di artigiani”. Le tre arti sorelle rispondono al scopo un terzo circa della somma che Pio VII gli aveva motto di Orazio “Aequa potestas”: l’equilibrato potere. E, assegnato come riconoscimento per il recupero delle ancora, l’Accademia deve limare con giudizio il superfluo opere d’arte sottratte da Napoleone; quello di pittura in- dall’opera. Durante il principato di Pietro da Cortona, titolato a Domenico Pellegrini, a partire dal 1844, e dopo il 1634, gli Architetti entrarono a far parte dell’Ac- quello a cadenza triennale di scultura voluto da Filippo cademia con pari dignità di Pittori e Scultori. Gli Statu- Albacini con testamento del 1857. Seguono il concorso ti furono sottoposti a ripetuti aggiornamenti nei secoli Originali di pittura e Poletti di architettura del 1869; il 31 fino alla recentissima riforma, del 2005. Nel corso del concorso Lana per le tre arti del 1872, Werstappen per la Settecento il prestigio dell’Accademia raggiunse il cul- pittura di paesaggio del 1873 e Montiroli per l’architet- mine, ottenendo il riconoscimento internazionale, anche tura dal 1887. Nel 1874 fu sottratta all’Accademia la fi- con la richiesta di aggregazione di altre accademie italia- nalità istituzionale della didattica. In seguito cominciò ne e straniere. Grazie soprattutto al ruolo fondamentale un periodo di decadenza economica che, dalla seconda nell’attività didattica per l’insegnamento del Disegno e guerra mondiale, comportò l’insufficienza delle dotazio- all’istituzione dei concorsi, l’Accademia rimase a lungo ni storiche e, conseguentemente, la cessazione dei con- un riferimento internazionale per le Belle Arti. Solo corsi. L’Accademia di San Luca ha comunque ripreso dopo la soppressione delle Scuole, nel 1873, l’Accademia l’attività di promozione delle arti tramite il conferimento perse gradualmente la centralità che aveva mantenuto di premi e borse di studio a giovani artisti e giovani stu- per tre secoli. Un aspetto rilevante dell’attività dell’Acca- diosi. A partire dalle sue origini, l’Accademia di San demia a vantaggio delle arti furono, fin dai primi tempi Luca si pose come obiettivo quello di illustrare l’insegna- dell’istituzione, i concorsi. Essi venivano banditi periodi- mento artistico a giovani italiani e stranieri che intende- camente utilizzando fondazioni e lasciti di Accademici. vano perfezionarsi a Roma nelle arti. Nel 1593, infatti, Già Federico Zuccari, primo Principe dell’Accademia, sotto il principato di Federico Zuccari, fu istituito l’inse- nel 1595, stabilì la consuetudine di assegnare premi ai gnamento del disegno presso la sede accademica accanto promettenti giovani che frequentavano l’Accademia del alla chiesa di Santa Martina. In seguito, nel 1754, Bene- Disegno, una consuetudine praticata con regolarità solo detto XIV fondò in Campidoglio l’Accademia del Nudo a partire dalla seconda metà del Seicento. Dal 1702 ha e ne affidò la direzione all’Accademia di San Luca. La inizio il più importante dei concorsi accademici, quello sede capitolina si rivelò, però, poco funzionale e Pio VII Clementino, dal suo fondatore Clemente XI. Ogni tre assegnò alla Scuola del Nudo una parte del monastero anni venivano assegnati a pittori, scultori ed architetti, soppresso delle Convertite al Corso. Il progetto di riuso premi in medaglie, in occasione di solenni cerimonie che di tale edificio prevedeva, tra l’altro, la realizzazione di si svolgevano in Campidoglio alla presenza del Pontefi- una sala per le esposizioni, che non venne però mai com- ce. Le premiazioni furono tra le occasioni più attese del- piuta. All’epoca del governo francese, nel 1810, fu asse- la vita artistica e culturale romana. Tali cerimonie, a par- gnato all’Accademia il compito della formazione degli tire dal 1844, si tennero nelle sale accademiche o nell’edi- artisti nell’ambito di una generale riorganizzazione ficio delle scuole in via Ripetta. Il concorso Clementino dell’istituzione. Così, la Scuola del Nudo fu integrata in si svolse fino al 1869. I concorsi erano articolati, per cia- un più ampio progetto didattico che prevedeva l’inse- gnamento di varie cognizioni teoriche e pratiche. Stret- Principi e di Accademici, come Pietro da Cortona (che tamente legato a questa nuova funzione è il problema di riproduce i Baccanali di Tiziano, e progetta la chiesa di una sede consona allo svolgimento dell’attività didattica. San Luca e Martina di cui resta la maquette lignea), Ma- In un primo tempo venne assegnato all’Accademia il ratti, Angelika Kauffmann, Canova e Thorvaldsen. E an- convento dell’Aracoeli che, però, si rivelò inadeguato alle che notevoli lasciti di Accademici, perché gli allievi im- necessità dell’istituzione, la quale si trasferì, quindi, in parino. Con provenienze da collezioni illustri come quel- una parte del palazzo situato accanto alla chiesa di la dei Barberini e del Barone Lazzaroni con rare proble- Sant’Apollinare, già sede del Collegio Germanico-Un- matiche tavole. Alcuni preziosi “primitivi” giungono garico. Tale sede non ebbe una lunga utilizzazione. Chiu- all‘Accademia proprio con il lascito Lazzaroni, in partico- so l’episodio napoleonico, tornato al potere il Pontefice, lare la Madonna con il Bambino di Francesco di Giorgio le scuole accademiche continuarono a svolgere la loro at- Martini e l’Annunciazione di Biagio d’Antonio, dalla bel- tività nel Collegio Germanico solo fino all’aprile 1825, lissima partitura architettonica che valorizza l’insolita quando Leone XII assegnò all’Accademia alcuni locali presenza dei due angeli. A Raffaello in persona è riferito della Sapienza. A partire da tale anno, molteplici sono le il Putto reggifestone in stretto rapporto con il Profeta Isaia rimostranze degli Accademici a causa dell’insufficienza e dipinto nella chiesa di Sant’Agostino a Roma, nel 1511- inadeguatezza degli spazi loro assegnati e dei relativi ri- 1512. Di epoca giovanile, in apertura del Cinquecento, è flessi negativi sulla didattica. Il dibattito non cessò fino al la piccola Madonna leggente con il Bambino. Sono eviden- 1845, anno in cui Gregorio XVI concesse all’Accademia ti i legami con le tre giovanili Madonne, la Solly di Berli- l’edificio costruito da Pietro Camporese in via Ripetta, no, la Terranuova sempre a Berlino, e la Madonna Norton denominato “Ferro di Cavallo”, attualmente sede dell’Ac- Simon nel rapporto con il paesaggio basso e brumoso. 32 cademia di Belle Arti di Roma e del Liceo Artistico. Nel Sempre dalla collezione Lazzaroni viene una delle opere 1874, a seguito dell’annessione di Roma al Regno d’Ita- più seducenti dell’Accademia: La tentazione di Paris Bor- lia, venne tolto all’Accademia di San Luca il compito don, con le due figure affiancate, di lontana ascendenza dell’insegnamento artistico. Essa dovette, quindi, lasciare giorgionesca. Notevolissimi due dipinti su tavola com- l’edificio delle scuole di via Ripetta e ridurre la sua attivi- missionati da Eleonora di Toledo che convocò a Pisa tà negli spazi della sede storica a Palazzo Carpegna. Le Bronzino per il ritratto del figlio Giovanni, futuro cardi- raccolte comprendono gli elaborati di molti Accademici nale, da donare a papa Giulio III. Prima di lasciare la e donazioni di importanti collezioni. città Bronzino ebbe la commissione per una pala destina- Il Forte di Bard, ora, nel rigoroso allestimento delle sale ta a una delle cappelle della cattedrale “nella quale fece delle Cannoniere, accoglie, in ordinata sequenza, alcune Cristo ignudo con la croce et intorno a lui molti santi, fra pitture e sculture, tanto notevoli quanto poco viste, della i quali è un san Bartolomeo scorticato, che pare una vera gloriosa Accademia di San Luca che, a Roma, ne espone notomia e un uomo scorticato da dovero, così è naturale una stabile selezione in luminose sale espositive insuffi- et imitato da una notomia con diligenza”. Ecco i due ri- cienti a contenere il numero esorbitante di opere conser- tagli dalla tavola trovati da Vincenzo Camuccini, abile vate nei depositi. Dopo numerosi sopralluoghi e rigorose antiquario, e venduti nel 1821 all’Accademia. Si tratta di ricognizioni si è giunti a una selezione concordata e valu- opere impressionanti che sembrano pensate per un’acca- tata con il Segretario Generale dell’Accademia Francesco demia. Un altro mondo è quello che ci tramanda Jacopo Moschini. Oggi se ne vede il risultato, con l’impresa di Bassano nell’Annuncio ai pastori, restaurato in questa oc- revisione dello stato di conservazione e dell’identità di casione per mostrarsi totalmente autografo. All’Accade- ogni opera attraverso giudiziosi restauri e una provviden- mia si vedono molte Italie, originali e distinte soprattutto ziale catalogazione. Possiamo dunque considerare questa nel periodo manierista. Ecco allora per Firenze il fiam- occasione la prima per vedere testi preziosi in gran parte mingo Giambologna, nel bozzetto di una figura per la sconosciuti e per offrirne un primo utile catalogo. Con la fontana dell’Oceano nel giardino di Boboli, potente piena collaborazione dell’Accademia e il forte impegno omaggio a Michelangelo, ancora vivo. Ancora michelan- di poche e motivate persone che mi hanno affiancato, tra giolesco il San Marco attribuito ad Andrea Corsali (per le quali Gabriele Accornero e Pietro Di Natale, che ha altri di Vincenzo Danti). Di età manieristica sono anche coordinato i valorosi studiosi autori delle schede, si è rag- il prezioso Autoritratto alla spinetta con la fantesca, di La- giunto un considerevole risultato e restituito al pubblico vinia Fontana, “Virgo filia” di Prospero, un piccolo (ma il godimento di un patrimonio nascosto. Un viaggio sot- solo per dimensioni) capolavoro di una delle prime artiste terraneo, misterioso e magnifico. Doni di investitura, di professionali d’Italia, curiosa negli interni domestici fino a prefigurare con il cavalletto sullo sfondo, davanti alla questo, che dove nella prima tiene la Fortuna nella mano finestra, un’idea di Magritte. Notevole anche La cattura di destra una borsa, dalla quale cadono monete d’oro, nella Cristo nella teatrale interpretazione del Cavalier d’Arpi- seconda fecele tenere la Corona”. Anche il dipinto di no. Fragranti e compiutamente barocche le due tele con Guercino con Venere e Amore, un affresco ricordato dal Davide e Betsabea e Sansone e Dalila di Jacopo Palma il Malvasia nella villa “La Giovannina”, poco distante da Giovane, ritenute “sconvenienti” per i soggetti e donate Cento, nella sua compostezza, ha evidenti caratteri di da Gregorio XVI all’Accademia. Utile è misurare lo sfor- classicità e di rigore, pur gravidi di sensualità se confron- zo di Palma per intercettare il nuovo gusto seicentesco, tati con l’algida armonia del maestro. Una pittura vibran- ormai all’inizio della seconda decade del secolo, nel con- te di passione esibisce Felice Ficherelli caricando di sen- fronto con i nudi femminili lascivi e sensuali, in un trion- sualità, come Guercino rispetto a Reni, il modello più fo d’amore, del notevole bozzetto di Rubens con Le ninfe distaccato di Francesco Furini. Tra le opere dimenticate che incoronano la dea dell’abbondanza. L’allievo di Tiziano della ricca collezione di San Luca c’è il Vecchio con un ra- non riesce a interpretare l’essenza erotica come il grande gazzo di Michael Sweerts, esempio preclaro di pittura di pittore fiammingo. Ci soccorre, per intenderlo, la bella genere, ma con un distacco razionale, rigoroso, quasi an- reinterpretazione del Baccanale di Tiziano di Pietro da tropologico. Delizioso è il Sogno di Giacobbe di Francesco Cortona che, pur raffreddandone il colore, intende il sen- Guarino, manifesto di una arcadia che nobilita intellet- timento vitalistico dell’opera. E sarà più tizianesco del tualmente il soggetto brutale di Ribera, lo ingentilisce in Martirio di santa Martina della maturità, vibrante di chiave idillica. A Roma si ritorna con il bozzetto per il pentimenti. Il Seicento è molto ben rappresentato, d’altra leone della Fontana dei Fiumi del Bernini, dono settecen- parte, nell’Accademia di San Luca. Di scuola napoletana, tesco all’Accademia, ricordato in un inventario nel 1834 nell’ambito di Ribera, è la bella, anche per soggetto, Di- e, in seguito, disperso fino al ritrovamento da parte di 33 sputa di san Girolamo di Filippo Vitale, di forte umore Angelo Cipriani nel 1980; giustamente rivendicato a realistico. In diverso modo interpreti di un bello ideale Gian Lorenzo in persona, fu esposto nel 2012 nella gran- sono altri maestri, fra i quali Anton van Dyck, con la Ma- de mostra a New York sullo scultore e tornò dall’America donna con il Bambino fra gli angeli musicanti accompagna- come un Bernini certo. Sempre a Roma ci riconduce il ta dal disegno relativo, donati all’Accademia da Domeni- pittore ticinese Pier Francesco Mola con due tele di tale co Pellegrini. È significativo che essa sia ricordata dal virtuosismo da costituire una ultima ed estrema testimo- teorico del “bello ideale” . Sulla nianza della eredità caravaggesca. Siamo negli anni in cui stessa linea è un’opera simbolo dell’Accademia come L’al- il più grande pittore lombardo iniziava ad essere dimen- legoria della Fortuna, restituita a Guido Reni in occasione ticato. Mola lo tiene in grande considerazione e lo decli- della mostra Da Cimabue a Morandi, da me curata a Pa- na con una pittura veloce, di gusto veneziano. La sintesi è lazzo Fava a Bologna. In quell’occasione le restauratrici perfetta nella Lachesi recentemente restaurata, tra i capo- Laura Cibrario e Fabiola Jatta riscontrarono un penti- lavori della collezione. In perfetto contrasto è, nell’ambito mento sotto la mano destra che innalza una corona, un dell’estetica del bello ideale di matrice raffaellesca, l’asso- borsello con le monete che consente di identificarla con luta espressione di una pittura senza tempo nella purissi- l’opera ricordata dal Baldinucci. Guido Reni l’aveva con- ma Madonna con il Bambino del Sassoferrato. Un altro cepita per l’abate Gavotti il quale, non rispettando le ri- mondo perlustra Salvator Rosa, morto a 37 anni. Secon- chieste del pittore, la mise sulla pubblica piazza e ne per- do una leggenda che accomuna la sua vita breve a quella mise la copia ad incisione dello Scarsella, quando la pit- di altri grandi morti alla stessa età, da Raffaello a Parmi- tura non era ancora finita. Per di più la cedette per seicen- gianino, da Caravaggio a Valentin de Boulogne e ancora to scudi, il doppio del compenso del pittore, a Benadduce Cantarini, Van Gogh, Toulouse-Lautrec, Mozart, tutti Benadducci di Tolentino: si tratta della versione passata morti trentasetteni. Un filosofico e stregonesco disegno in asta Dorotheum a Vienna il 15 ottobre 2013. Qui la recto/verso, inedito, di Rosa è stato studiato da Caterina Fortuna, in volo sul mondo, tiene un borsello con le mo- Volpi che lo commenta con una lettera inviata nel 1661 nete, mentre nella versione delle collezioni di San Luca la dal pittore all’amico Giovanni Battista Ricciardi, nel pro- dea regge una corona: è una variante condotta dallo stes- getto di editare grandi stampe di soggetto letterario e fi- so Reni a una copia del dipinto che stava realizzando nel- losofico: “mi sono in tutto e per tutto imerso in fantasie et la sua bottega Antonio Giarola, al fine di contrastare, in operationi dell’acquaforte et ho quest’hora fatte di molte qualche modo, l’infido Gavotti: “fecela portare in una sua coglionerie”. Un altro visionario è il pittore fiammingo stanza, e tutta col suo pennello la ricoperse, variandola in Jan de Momper detto Monsu X. Se è vero che le due tele da me riconosciute nelle collezioni dell’Accademia sono ciò da protagonista nella storia dell’istituzione, ricopren- affini ad alcune sovraporte della cosiddetta “Sala dei cani” do la carica di Principe per diversi anni, fino a quando in Palazzo Chigi ad Ariccia, non possiamo dire con cer- Clemente XI lo insignì della nomina vitalizia, carica con- tezza che esse abbiano la stessa provenienza. Anche i sog- cessa per la prima volta a un artista accademico. Il dipin- getti suggeriscono prudenza: temi pastorali per quelli di to rappresentante Giaele e Sisara viene citato da Giovanni palazzo Chigi; battaglie, sia pure non troppo bellicose Pietro Bellori (1672-1695), principale biografo dell’arti- (una specialità nel genere delle vedute), per quelli dell’Ac- sta, come una delle “istorie in quadri piccoli” tratte dai cademia di San Luca. Nondimeno la pittura, la velocità, cartoni preparatori per la decorazione musiva del vestibo- la stesura liquida sono le stesse. Il pittore è talmente abi- lo della cappella della Presentazione nella Basilica di San tuato al virtuosismo che quasi non s’impegna. La sua è Pietro. Si tratta di un’opera composita che corrisponde una pittura di getto, finita in quanto abbozzata: esercita- perfettamente all’idea del “bello ideale” del Bellori. A zione virtuosistica. Torna, nelle due serie, l’intreccio dei Roma troviamo anche Daniel Seiter, dopo essere stato tronchi stagliati contro un cielo nuvoloso. Le forme dei nella bottega di Johann Carl Loth e poi a Verona, Milano cavalli, pur più preponderatamente in primo piano, sono e Firenze. Raggiunta una compostezza formale, entrò nel le stesse delle scene di caccia di Ariccia. Ma la tavolozza 1686 all’Accademia di San Luca. Dopo di lui, sulla scia di appare più contrastata: sempre terso e trasparente il pae- Maratti, partecipa al concorso Clementino dell’Accade- saggio, più denso e chiaroscurato il blocco dei cavalieri. mia di San Luca Benedetto Luti, che sarà eletto accade- C’è da pensare che Monsù X si sia specializzato in pitture mico nel 1694. Di integro, intatto classicismo, con una di genere del tutto estranee a significati storici e simboli- pittura luminosa e ariosa, Luti esprime il suo capolavoro ci e di esplicito carattere decorativo. A distanza di tempo, nel torbido e sensualissimo Amore e Psiche, dipinto per il 34 con la nostra sensibilità, la sua pittura appare più una cardinale Ottoboni, e poi venduto alla Pinacoteca Capi- espressione di libertà che di servitù. E certo lo è nello tolina, ma confluito nel 1845 all’Accademia insieme a un spirito. Lo dice bene Francesco Petrucci: “Jan de Mom- gruppo di opere ritenute “sconvenienti” per il soggetto per è autore di paesaggi impressionisti abbozzati con una erotico. Nella varietà della collezione rientrano anche pennellata liquida a velature leggere che sembra anticipa- molti disegni di architettura, tra i quali si sono scelti gli re la pittura veneziana del Settecento”, e lo stesso Magna- spettacolari progetti per un Regio Palazzo in Villa per il sco. Un certo capolavoro è il Riposo nella fuga in Egitto del diporto di tre personaggi, di . Dell’impor- Baciccio, mirabile bozzetto per la pala commissionata dal tante lascito Lazzaroni fa parte la Giuditta e Oloferne di cardinal Fabio Chigi per l’altare della sua cappella privata Giovanni Battista Piazzetta, di taglio neocaravaggesco e a Palazzo Chigi ai Santi Apostoli: una tela che risale alle di formidabile vigore plastico. Un’altra versione del di- grazie correggesche, databile negli anni degli affreschi nei pinto è in collezione Micheli a Milano. Spostandoci a pennacchi della chiesa di Sant’Agnese in Agone. Nello Napoli, troviamo quattro tele, fin qui non riconosciute, di stesso clima si svolge l’esperienza di Ludovico Gimigna- Nicola Viso, tenute, nell’inventario delle collezioni, come ni, presente con un prezioso Rinaldo e Armida. Bello e opere di Alessandro Magnasco. Alcune affinità con Sci- difficile il Carnefice con la testa del Battista, riferito da pione Compagno, Micco Spadaro e Carlo Coppola indi- Francesco Petrucci e da Fabrizio Carinci a Giovan Batti- rizzavano verso Napoli. Ma la soluzione della questione sta Beinaschi, in un momento di intensi rapporti con attributiva, per la quale ostava la produzione troppo pre- Mattia Preti. La pittura di fine Seicento a Roma è docu- coce dei tre artisti, è giunta grazie al ritrovamento, presso mentata con un San Francesco dell’elegante Filippo Lauri Piva a Milano, di due tele (31 x 77 cm ciascuna) della e soprattutto con l’eloquente Giaele e Sisara di Carlo Ma- stessa mano, dello stesso soggetto ed evidentemente di ratti. Entrato nell’Accademia di San Luca nel 1662, è, in una serie parallela, riferite convincentemente da Riccardo più occasioni, eletto Principe. Si impegnò, anche soste- Lattuada e Nicola Spinosa a Nicola Viso, latitante pittore nendo economicamente alcune iniziative (come per napoletano di cui sono note alcune opere firmate, mentre esempio l’affitto di locali e la premiazione dei giovani), molto limitati sono i suoi dati biografici conosciuti. È ri- affinché l’Accademia di San Luca consolidasse la propria cordato altresì, in vita, dal suo coetaneo Bernardo De funzione istituzionale, occupandosi inoltre e a più riprese Dominici (1742), in modo non particolarmente lusin- della didattica, posizionando il modello vivente e selezio- ghiero, contrapponendolo a Michele Pagano, “migliore nando gli esemplari da impiegare nell’esercizio dall’anti- assai di Nicola Viso, che in quel tempo aveva molto grido co. Anche se per alcuni anni i rapporti con l’Accademia ne’ paesi; comecchè vantato da tutti i rivendugliuoli, ri- quasi si interruppero, a partire dal 1700 Maratti si riaffac- gattieri, e indoratori, per lo proprio interesse, perciocchè con i paesi di Nicola facean molto guadagno, essendo egli grandi maestri del Settecento, in mostra, vi è Corrado prestissimo nel dipingerli con tinte ammanierate, e con Giaquinto, che si muove dal piccolo al grande, diventan- poca variazione di esse”. A questa descrizione sommaria, do uno dei più fecondi decoratori del Settecento europeo. ma suggestiva, ben corrispondono le Feste di paese con Nel 1753 fu chiamato a Madrid come direttore dell’Ac- l’acrobata sul filo (qui esposta), il girotondo, il pranzo cademia di San Fernando. Nel 1762 ritorna a Napoli. campestre di contadini, e lo stenditoio per la selvaggina. I Gira l’Europa con il rango di membro della Accademia quattro episodi sono ambientati in una radura desolata e di San Luca, cui era stato ammesso presentando come nebbiosa, come i due dipinti Piva, “con poca variazione”: saggio il bozzetto con l’Immacolata Concezione, concepito ancora un acrobata nel medesimo costume, ancora una per la pala inviata a Torino nel 1741. La dimensione in- danza. La pittura di Viso è veloce e vibrante, e costituisce, ternazionale dell’Accademia è confermata dall’ammissio- nello spirito del presepe napoletano, una risposta sudista ne di Angelika Kauffmann nel 1765, a soli ventiquattro e pittoresca al verismo delle scene di genere di Giacomo anni, dopo un tour italiano che comprendeva Milano, Ceruti, trasferite in una situazione ludica. Una allure me- Parma, Modena, Bologna, Firenze, Roma. È il grande tafisica negli sfondi rende queste opere singolarmente Winckelmann che la introduce alle collezioni di antichità attuali, oltre il genere di paesaggi e capricci pastorali nei del principe Albani. L’Allegoria della Speranza, opera ar- quali si manifesta la cifra più nota di Viso, che sembra moniosa nella quale occhieggiano Raffaello, Guido Reni, tradurre in chiave comica la concezione drammatica e vi- Guercino e , è il dono di ammissione della sionaria di Johann Heinrich Schönfeld, certamente co- Kauffmann che nel 1766 si trasferisce a Londra. Nel nosciuto a Napoli. Grande è la fortuna, in ambito accade- 1773, per la seconda edizione del concorso Balestra, il mico, di Francesco Mancini, allievo di Carlo Cignani a Principe dell’Accademia, lo spirito universale Anton Ra- Forlì, dove certamente conosce Ignaz Stern, cui è affine. phael Mengs, sceglie come tema la morte di Pentesilea, 35 Alla chiamata, nel 1725, all’Accademia di San Luca offre regina delle Amazzoni, fra le braccia di Achille. Vince un saggio del suo gusto nella Flora. Di Pierre Subleyras, Vincenzo Pacetti, con una interpretazione drammatica artista francese, vincitore del Prix de Rome nel 1727, che congela in chiave classicistica uno spunto ancora ber- all’Accademia di Francia, l’Accademia di San Luca pos- niniano. Pacetti apre la strada al gusto neoclassico di Fe- siede uno studio per la sua opera più famosa, la Cena in lice Giani e di Antonio Canova. Ma le collezioni dell’Ac- casa di Simone, per il convento di Santa Maria Nuova ad cademia, accanto a opere prevedibili, riservano sorprese Asti, ora al Louvre. Se Subleyras, prima di essere nomi- come il meraviglioso Autoritratto di Giuseppe Cades, una nato accademico di merito, fu per più di sette anni pen- delle più efficaci dimostrazioni della parlante tecnica del sionante all’Accademia di Francia, Jan Frans Van Bloe- “non finito”. Un giovane biondo, tra i venticinque e i men detto l’Orizzonte visse stabilmente Roma a parti- trent’anni, fiero della grande tradizione che rimonta a re dal 1688, ed entrò nell’Accademia di San Luca solo Raffaello e a Parmigianino e di cui lui si sente parte viva, nel 1742. Fu il maggiore paesaggista fiammingo, e molte tra narrazioni, fantasie e sogni. Meno libero, ma fresco e sue opere giunsero nelle raccolte dell’Accademia con il pregevole, è l’Autoritratto di una grande artista che sem- lascito di Fabio Rosa. La sua visione del paesaggio coniu- bra annullare le distanze tra Parigi e Roma, come Élisa- ga realtà e invenzione, fermandosi sulla soglia del capric- beth Louise Vigée-Le Brun. Siamo nel 1790, il secolo si cio. Si tratta di vedute reali, in una atmosfera arcadica che chiude con il rinnovamento di Roma nei progetti dell’ar- porta a compimento l’ideale classico del paesaggio, acco- chitetto Giuseppe Valadier. Sono anche gli anni in cui stato per la prima volta a Bologna, già alla fine del Cin- Vincenzo Camuccini traduce in pittura i miti ritrovati quecento. I cieli, le nuvole rosa, le quinte di alberi, defini- nella scultura del Canova. Ecco il Paride con i pastori do- scono un vero e proprio metodo di visione che non si ri- nato all’Accademia, in seguito alla nomina nel 1803. In solve nella veduta reale. La veduta del Settecento ha un ambito milanese, sublime interprete del gusto neoclassico altro rappresentante in Claude Joseph Vernet, pittore di e pittore di Napoleone è Andrea Appiani, che dipinge, marine, che ha iniziato a far parte dell’Accademia di San fiera e sensuale, la marchesa Marianna Waldstein di San- Luca nel 1743, sostenuto dal collega Giovanni Paolo Pa- ta-Cruz, pittrice dilettante e donna molto ben introdotta, nini, vedutista innamorato del mondo classico. Paesaggi- se ne conosciamo un ritratto dipinto da Francisco Goya. sta arioso, sulla scia dell’Orizzonte, Panini elabora la più La galleria del primo Ottocento continua con una Santa alta espressione del capriccio archeologico, negli anni in Cecilia di Andrea Pozzi, con un arcadico Paesaggio di cui, oltre Roma, Winckelmann scopre la Magna Grecia a Marianna Candidi Dionigi, cooptata tra i membri Paestum. Panini sogna, Winckelmann vede. Tra gli altri dell’Accademia nel 1808, in qualità di pittrice paesista, e con l’intenso e pensoso Ritratto di Canova di Alessandro paglia, nel consueto viaggio del Grand Tour. Nel 1912 d’Este. Una sorta di equivalente pittorico di quest’ultimo Alma Tadema dona il suo Autoritratto, iniziato nel 1907, è il Ritratto di Tommaso Minardi (circa 1810) di Gaspare all’Accademia di San Luca. Nello stesso anno, Camil- Landi. Esattamente coetaneo di Canova, fin dall’Amore e lo Innocenti espone alla Biennale di Venezia le Villeg- Psiche (1794-1796), Landi intende restituirne l’ispirata gianti, singolare testimonianza della persistenza del lin- armonia in pittura. Non diverso appare l’intendimento di guaggio divisionista, portato a maturazione da Balla e Francesco Hayez, veneziano, nell’Atleta trionfante del poi lasciato per il Futurismo. In quel periodo matura il 1814, proposto al “Concorso dell’anonimo” bandito suo mutevole stile originale uno dei più virtuosi pittori dall’Accademia di San Luca. Hayez compone la memoria dell’epoca, Antonio Mancini, eletto accademico di meri- dell’Apollo del Belvedere con il Perseo del Canova. A fianco to di San Luca nel 1913, mentre concepisce la Cucitrice, di questi saggi ce ne sono altri di artisti stranieri, natura- tra i capolavori del periodo frascatano, con una materia lizzati italiani; fra questi, massimamente, di Jean Baptiste densa, grumosa, brillante. Di qualche anno dopo è il Ri- Wicar, francese, e di Bertel Thorvaldsen, danese. Già nel tratto dello scultore Giovanni Nicolini, spavaldo e parlan- 1805 Wicar entrò nell’Accademia. Nel 1809 ebbe l’inca- te. Il dipinto forse più poetico dell’intera collezione è il rico di direttore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. Ritratto di Bianca (1923), in piedi, mentre attraversa le Con l’Accademia di San Luca il legame fu così stretto da stanze della casa, portando una teiera di ceramica: è la indurlo a destinarvi, per testamento, l’importante affresco giovane figlia del pittore Amedeo Bocchi, morta venti- con il Putto reggifestone di Raffaello. Tra le prove più no- seienne nel 1934. Bianca, adolescente, pallida, turbata, tevoli di Wicar, acquisto postumo dell’Accademia, vi è il cammina, elegantissima, in una gonna verde a motivi a potente Ritratto ufficiale di Giuseppe Valadier. Anche fiori, e ci chiama in un complice silenzio. È una delle 36 Thorvaldsen arriva presto in Italia, ed entra nel 1808 immagini più pure del Novecento italiano, libera dal re- all’Accademia, di cui sarà presidente tra il 1827 e il 1828. gime delle avanguardie, espressa in una pittura fresca e Del grande scultore danese l’Accademia conserva il ri- spontanea che si misura con alcune esperienze del più tratto eseguito da Pietro Tenerani. In questo clima si re- sofisticato Novecento europeo in quegli anni, da Mario gistrano anche le trentuno miniature su avorio di Teresa Cavaglieri a Giuseppe Biasi, a Zuloaga. La delicatezza Fioroni Voigt, il bel ritratto in marmo di Domenico Pel- umana di Amedeo Bocchi si sublima in una immagine legrini, pittore amatissimo da Canova, realizzato da Ri- che nulla deve dimostrare, se non l’anima sensibile di naldo Rinaldi. Seguono, in tempo di Scapigliatura, le Bianca, in un improvviso della sua vita breve. Il Ritratto moderne prove di Tranquillo Cremona, un misterioso della madre di Virgilio Guidi, coevo a capolavori come Ritratto di donna, e di Federico Faruffini, un ombroso Au- La visita e Il tram, ha un significato più programmatico, toritratto, conosciuto in più versioni, in un virtuosistico legato a Valori Plastici e al Ritorno all’ordine, che risale controluce. Più convenzionali le prove di due prolifici a modelli quattrocenteschi, in particolare a Piero della scultori: Pio Fedi ed Ettore Ferrari, di cui l’Accademia di Francesca. Questa dimensione pura, primitiva, è come San Luca conserva uno studio ad acquarello per il Monu- un lento riemergere della misura e delle forme sconvolte mento a Giordano Bruno in Piazza Campo de’ Fiori. negli anni dell’avanguardia. A questa urgenza risponde Il Novecento si apre con un potente Contadino di Gia- anche la pittura di Ferruccio Ferrazzi, sperimentatore como Balla, compagno di strada dei protagonisti in coro irrequieto di formule ritrovate, come la pittura murale del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo. Anche il Conta- antica a encausto, il mosaico, l’affresco, applicati a sog- dino è del 1902, e dà la misura di un artista grandissimo getti di vita popolare come il Carrettiere romano. Un’altra e libero, pronto a scatenarsi in un linguaggio nuovo, che faccia, autentica e spontanea, dell’attività dei laboratori già si esprime, quando il Futurismo è ancora al di là dal dei falsari, tra Firenze e Siena, della pittura del Quat- venire, nell’esecuzione rapidissima del campo di verdu- trocento, in tavole che riproducono fedelmente lo stile ra. Balla si ritrova in un mondo completamente mutato dei grandi maestri, come rivela la Madonna con il Bam- nell’Autoritratto del 1949, dal titolo eloquente Primi e bino e santa Caterina, di un imitatore novecentesco di ultimi pensieri. Ormai logorato dagli anni, autoanalitico, Matteo di Giovanni, identificato con il pittore Umberto esibisce alle sue spalle un autoritratto a pastello della fi- Giunti, proveniente dalla donazione Lazzaroni. Un al- glia Elica, per dare il senso della continuità. Ammicca, tro aspetto della grande pittura denegata e dimenticata in mostra, a questo sperimentato eversore, il dannun- è nella formidabile e non allineata esperienza di Pietro ziano Lawrence Alma Tadema, simbolista e decadente, Gaudenzi, presente con il Ritratto della madre del 1921, ma che si immagina semplice turista, con il cappello di sempre in quegli anni di ripensamenti. In questo clima si formano anche alcuni notevoli artisti bolognesi, come dimenticato e verghiano Michele La Spina di Acireale, Carlo Corsi, Alfredo Protti, Garzia Fioresi, fra i quali ad Ettore Ximenes, al grande medaglista Aurelio Mi- si distingue, per sofisticata tecnica evocativa, Giovanni struzzi in un eloquente Autoritratto, ad Adolfo Apolloni Romagnoli. Il percorso della pittura, fra tanti illustri Ac- e a Nicola D’Antino. Scultori costretti a combattere con cademici, si chiude con il capolavoro di Fabrizio Clerici, un’idea morta della forma, che esprime qualche impre- Sonno romano, del 1953-1955, che ci restituisce una vi- vedibile sussulto di vita, oltre al mondo commemorati- sione onirica e visionaria della grande civiltà barocca; e, vo e funerario in cui sembra chiudersi. Mi riferisco al all’opposto, con il Paesaggio d’estate, nella rovente calura dolente e turbato Ritratto del duca d’Aosta di Francesco padana, di Carlo Mattioli, del 1975. Un’esperienza pura, Nagni, decadentistica reinterpretazione del realismo ri- assoluta, in equilibrio tra figurazione e astrazione. Tela, nascimentale, tra Benedetto da Maiano e Mino da Fie- materia, colore sono in Mattioli un’unica cosa, e si fanno sole. Poi tutto, dopo un estremo esercizio accademico di emozione estetica. Sul binario parallelo, nel Novecen- Aroldo Bellini, si dissolve nella forma pura del Nudo di to, l’Accademia è ricca di ogni genere di sculture, dal donna di Alberto Viani.

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