ANNO XXV NUMERO 218/219 MARZO/APRILE 2016

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FORMULA 1 PARTENZA COL BOTTO WEC 2016 LA PORSCHE RINGRAZIA Poste Italiane - Spedizione in A. P. DL. 353/2003 (conv in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 1 n.46) art.1 in L.27/02/2004 DL. 353/2003 (conv Italiane - Spedizione in A.Poste P.

SOMMARIO

4 Anno XXV • numero 218/219 • Marzo/Aprile 2016

FORMULA 1 4 VIA AL MONDIALE 2016 Partenza col botto 20 TECNICA Il caso dell’aletta rotta 24 I TEAM USA DELLA FORMULA 1 Il sogno americano INNOVAZIONE 32 DALLA SIGMA GP ALLA ROBOCAR L’auto di domani ENDURANCE 42 APERTURA DEL WEC 2016 24 32 La sfida è lanciata TURISMO 52 TUTTI CONTRO CITROEN Bentornato spettacolo ITALIANO RALLY 60 DOPPIA GARA PER IL CIR 2016 Occhio al format 42 52 BOOKSTORE 66 LIBRI DA NON PERDERE Il fascino della Targa Florio

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PARTENZA COL BOTTO

e il vecchio adagio, che ammonisce “..se ne parli bene, o se ne parli male, l’essenziale è che se ne parli” ha ancora un senso, il Circus della Formula 1 ha fatto nuovamente centro. I pri- mi Gran Premi dell’anno non verranno certamente annoverati tra le gare più esaltanti del- S la storia, il grigio Mercedes continua a dominare la scena e il sospirato livellamento tecnico dei valori in campo continua a rimanere una chimera. Ma di Formula 1 in questi ultimi mesi se ne è parlato, e molto. Peccato che la maggior parte dei servizi dedicati al nuovo mondiale fossero tutti in chiave negativa: tante critiche al mondo dei Gran Premi, alle decisioni-non decisioni prese a ri- guardo delle qualifiche, alla latitanza dello spettacolo, che continua ad esistere quasi esclusivamen- tre nelle retrovie, causa schiacciante superiorità tecnica della Mercedes. Ma cominciamo dall’affaire prove, che ha tenuto banco dal termine dei test invernali, allo scorso 7 aprile.

Doveva essere un avvio in grande stile, con una Ferrari finalmente in grado di battere la Mercedes e tanta incertezza nelle retrovie. Invece, ancora una volta, le stelle d’argento non sembrano avere valide contendenti, mentre la F.1 è scossa dal pasticcio qualifiche.

4 La Ferrari SF16-H di Seb Vettel guida il gruppo nelle battute iniziali del Gran Premio d’Australia, prima gara della stagione 2016. Senza l’interruzione della corsa, dopo il drammatico “botto” di Alonso, la rossa avrebbe potuto vincere la gara. Invece a Melbourne e in Bahrain il successo è andato alle solite Mercedes.

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UNA DECISIONE INCOMPRENSIBILE Il bubbone “qualifiche” scoppia, come noto, alla vigilia del mondiale quando, per aumentare l’audience televisiva, e non solo, in preoccupante calo da alcuni anni, si pensa di interve- nire sul format delle qualifiche, una delle poche cose che, a ragion del vero, non presentava particolari criticità. Si opta per l’eliminazione diretta, tipo “rollerball”, nella spe- ranza di rendere più avvincente la giornata del sabato. Invece basta un solo tentativo nel Gran Premio d’Australia, per ren- dersi conto che si tratta di un autentico flop. La nuova for- mula è l’ennesima interpretazione cervellotica degli ultimi tempi e la Q3, che si dovrebbe concludere con una sfida di- retta alla pole, tra gli ultimi due sopravvissuti, termina con un nulla di fatto diversi minuti prima della fine, per il semplice fatto che, sia i piloti Ferrari, che quelli Mercedes, vengono in- vitati dalle rispettive scuderie a non uscire dai box, per ri- sparmiare un treno di gomme, in vista della gara. Il primo a rendersi conto di avere toppato è lo stesso Ecclestone, che definisce il nuovo format delle prove “una schifezza”, mentre Vettel è ancora più esplicito, giudicandole “una vera me....a”. Più chiari di così si muore, ma la sintesi più azzeccata del ma- lumore che regna in Formula 1arriva da Giulio Delfino, la vo- ce della radio nazionale che, commentando il disastro delle prove del Gran Premio d’Australia 2016, parla del Circus

In queste pagine le migliori monoposto del 2016: la Ferrari SF16-H, che ha della velocità come di un ambiente “..gestito da menti so- sfiorato la clamorosa affermazione a Melboune (foto in alto), la deludente, Williams (al centro) che è apparsa meno competitiva del 2015, l’imbattibile pravvalutate”. Parole dure che mai, prima d’ora, avevamo Mercedes F1 W07 (al centro), la rinata RB12 di Ricciardo (sotto). sentito pronunciare. Una cosa è certa, in un mondo dove la tecnologia ha preso il sopravvento su tutto, anche sul buon senso, non si può correre il rischio di cadere nel ridicolo, in- troducendo dall’oggi al domani un format di prove così in- novativo, come quello visto a Melbourne, senza averlo te- stato prima. Non si può predicare professionalità e poi sci- volare sulla classica buccia di banana. Di fronte a questo palese fallimento il buon senso suggeri- rebbe di tornare subito all’antico ma, dopo un temporaneo ravvedimento, il nuovo sistema viene riproposto in Bahrain dove, naturalmente non convince e dove la montagna, costi- tuita da team manager, Fia e ed Ecclestone, si riunisce per partorire il ben noto topolino. Todt ed Ecclestone sono con- trari al cambiamento, ma l'unanimità tra le undici squadre li costringe ad un ripensamento, non prima di avere ipotizzato un altro compromesso, ancor più cervellotico dei preceden- ti, in base al quale ogni pilota avrebbe dovuto effettuare al-

6 La Ferrari SF16-H é più competitiva della rossa della passata stagione, ma il divario con le Mercedes F1 W07 non é stato del tutto colmato Alle loro spalle solo la Red Bull sembra in grado di ben figurare

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meno due giri in ciascuna delle tre fasi di qualificazione con tempi aggregati. Per fortuna la mozione non passa, i team hanno la meglio e, per definire la griglia di partenza, dal pros- simo Gran Premio della Cina, si tornerà a utilizzare il format del 2015. Meglio tardi, che mai, si dirà, ma quanto tempo do- vrà ancora passare perchè il buonsenso abbia la meglio su interessi di bottega e decisioni sconclusionate? E’ da anni che i media di mezzo mondo lo stanno predican- do: andando avanti di questo passo il giocattolo Formula 1 è sempre più a rischio. Peccato che chi di dovere non se ne sia ancora accorto. O, peggio ancora, finga di non accorgesene.

TROPPA POLITICA IN FORMULA 1? L’ennesima riprova, qualora ce ne fosse bisogno, è arrivata in Bahrain, dove a tener banco non è stato l’affaire prove, Il Presidente Marchionne voleva una Ferrari subito competitiva e i tecnici di quanto il ruolo che devono interpretare i vari attori della Maranello non lo hanno deluso: a Melbourne Vettel (a destra) ha sfiorato la clamorosa affermazione. Le prestazioni della SF16-H fanno ben sperare per partita. Ad un Vettel che commentava in maniera sarcastica l’immediato futuro, ma a preoccupare è la scarsa affidabiltà della rossa 2016. il mantimento del format-prove 2016: "....è come se un gela- taio a cui chiedono il cioccolato continuasse a vendere solo gelato alla vaniglia..."., Bernie Ecclestone rispondeva piccato "...Vettel probabilmente ha ragione, ma voi pensate che vin- cerà questa gara? Dovrebbe parlare con il suo boss e dirgli le stesse cose. Loro, da un paio d'anni a questa parte, gesti- scono una gelateria". La Ferrari, come una gelateria, proprio non ce la vediamo, ma è chiaro che in Formula 1, sotto la ce- nere di un’apparente normalità, cova il fuoco della lotta per la gestione, presente e futura, del potere. Peccato che tutte queste dichiarazioni non facciano altro che mettere in crisi la credibiltà di tutto il Circus, che ha ben altri problemi: eccesso di autoreferenzialità, necessità di rin- novare la vecchia dirigenza, o affiancarla con forze nuove, l’ottusità di voler continuare con un regolamento tecnico che, semplicemente, la Formula 1 attuale non può permet- tersi. Possibile che Federazione ed Ecclestone non si renda- no conto delle vere criticità del sistema, della caduta di inte- resse o di come gli sponsor latitino sempre di più nella co- siddetta categoria regina dell’automobilismo sportivo. Basta guardarsi intorno per capire quanto la situazione sia preoccupante: la Renault, ad esempio, ha optato per una li- vrea “gialla old style” anche per mascherare l’assenza di sponsor e la McLaren, sempre restando tra i top-team, da tre anni non ha più un “main-sponsor”. E la situazione non migliora di certo tra le scuderie di seconda fascia, con le im- macolate Hass e Manor, mentre la disastrata Sauber si regge sui soldi portati da Felipe Nasr e l’aria che tira in Force India è tutt’altro che tranquilla. A conti fatti oltre il 50% delle for- ze in campo non se passa affatto bene ma, per migliorare lo spettacolo e risolvere tutti questi problemi, cosa fanno i so- liti noti? Partoriscono regole sempre più cervellotiche, met- tono, o minacciano, di mettere fuori campionato Gran Premi storici, come quello d’Italia, sbarcano sempre di più ad oriente, dove l’interesse per la Formula 1 è, nella migliore delle ipotesi, un fatto occasionale....Chapeau!

PER LA FERRARI PROBLEMI DI AFFIDABILITA’ Ad acquire la delusione per questo tumultuoso avvio di mondiale, quello non meno critico della Ferrari. Le cifre par-

8 Era da 20 anni, dal Gran premio di Francia del 1996, che una monoposto Ferrari non si fermava nel giro di formazione e dopo due sole gare deve già fare ricorso alla seconda “power-unit”

9 lano chiaro: due gare, un secondo ed un terzo posto, ma an- che due ritiri per cedimenti meccanici e la difficoltà a capire se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto. Sul fronte ri- sultati bisogna però fare un netto distinguo tra l’Australia e il Bahrain. A Melbourne l’ordine d’arrivo è stato bugiardo. Non ci fosse stato il drammatico incidente di Alonso, la ban- diera rossa che ne è seguita e una scelta azzardata di gomme, Vettel e la Ferrari avrebbero potuto archiviare la prima gara dell’anno, con una sonante vittoria. Invece la Scuderia se ne è andata dall’Australia con un misero terzo posto del tedesco e la certezza che lassù, in alto, c’è ancora la Mercedes F1 W07. Di segno diametralmente opposto il risultato conse- guito dalle rosse in Bahrain. Va bene il secondo posto di Il presidente Ghosn lo aveva detto “..il 2016 per la Renault sarà un anno di Raikkonen, ma la pista di Sakhir ci ha restituito un’immagine transizione, di apprendistato”, ma la strada del ritorno alla competitività che speravamo di avere archiviato. Quella di una Mercedes, per le monoposto anglo-francesi (in alto) sembra più lunga del previsto. che domina la scena dall’alto di una superiorità tecnica quasi Le cose vanno decisamente meglio per la Toro Ross, motorizzata Ferrari imbarazzante, e la Ferrari nello sconodo ruolo di sparing- (sotto) e per la rinata Red Bull di Ricciardo e Kvyat (in basso e a destra). partner. O se preferite di damigella d’onore, solo saltuaria- mente in grado di impensierire le stelle d’argento. La gara di Sebastian Vettel, in Bahrain, non è nemmeno inizia- ta: a metà del giro di ricognizione il tedesco della Ferrari è stato costretto a parcheggiare a bordo pista la sua SF16-H, avvolta in una nuvola di fumo bianco. “Engine failure” sono state le sue prime parole, poi, una volta smontata la sua power-unit, si è scoperto che a cedere sa- rebbe stata una valvola. A detta della Ferrari non si trattereb- be però di una “debolezza” strutturale, ma la concausa di una serie di fattori “anomali”, che partono da un problema di software gestionale. Secondo radio-box, invece, alla base del- la traumatica rottura ci sarebbe l'innovativo sistema HCCI, messo a punto dai tecnici di Maranello per aumentare la po- tenza in qualifica, in partenza e nei sorpassi decisivi. Se in Australia Kimi Raikkonen è stato tradito dal cedimento di una turbina, Vettel in Bahrein sarebbe dunque stato co- stretto a fermarsi prima del via dal sistema sviluppato a Maranello per aumentare la pressione nella camera di com- bustione e la potenza della power unit in determinate situa- zioni di gara. Da quel famigerato "manettino" che la Mercedes utilizza fin dal 2014 e, per pochi secondi, e pochi giri, garanti- sce un surplus di potenza. Ma sulla rossa numero 5 è andato in tilt, determinando la rottura di una valvola e la fine prema- tura della prima power-unit a disposizione di Vettel, che a par-

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Il 2016 non è iniziato nel migliore dei modi per la Williams: la FW 38 monta la power-unit Mercedes F1 W07, ma è distante anni luce dalle stelle d’argento di Rosberg ed Hamilton

11 Cartoline dall’Australia e dal Bahrain, dove si sono corsi i primi due Gran Premi di F.1 del 2016. Denominatore comune delle due gare Niko Rosberg (a destra) che è salito sul gradino più alto del podio, in entrambe le occasioni. Bicchiere mezzo pieno per Kimi Raikkonen che, per la prima volta, da quando è tornato in Ferrari, ha più punti iridati del compagno di squadra. Deludente avvio di stagione per la Williams FW38 (sotto) e per la gialla Renault RS16 (immagine in basso a destra).

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dal Gran Premio di Cina dovrà dunque affidarsi alla se- conda delle cinque unità assegnate dal regolamento. Dopo due sole gare non si tratta ovviamente di una tragedia, ma ora la strada per il tedesco e per la Ferrari si fa tutta in sali- ta. A dircelo sono i numeri, che contano spesso più di tanti commenti o congetture tecniche: Vettel dovrà disputare le restanti 19 gare con soli 4 propulsori, sballando tutte le stra- tegie del team mentre, dopo due soli Gran Premi, la Ferrari accusa già 50 punti di distacco dalla Mercedes (83 a 33), tal- lonata dalla Red Bull, che la segue a soli 3 punti. Un inizio di mondiale ben diverso da quello che ipotizzava il Presidente Marchionne, che forse ora si pentirà delle dichia- razioni fin troppo ottimistiche rilasciate alla vigilia, del mon- diale, dichiarazioni che hanno sovraccaricato di aspettative i tifosi del Cavallino, ma soprattutto di responsabilità i tecnici La debuttante Haas VF-16, con Grojean (foto sopra) è andata a punti sia in di Maranello. Che la SF16-H sia una vettura decisamente mi- Australia, che in Bahrain, dove hanno invece deluso due team storici, come gliore della Ferrari 2015, non ci sono dubbi, ma la strada per la Sauber (al centro) che la Force India, motorizzata Mercedes (in basso). battere la Mercedes pare ancora lunga. Molto lunga. Se le cose non cambieranno, di qui alla fine dell’anno, in mol- ti rimarrà un dubbio: constatata la superiorità tecnica delle stelle d’argento e il gap, che sembra incolmabile, con la Mercedes, perchè schierarsi polticamente con la Mercedes e Toto Wolf? Perchè difendere a spada tratta la scelta del co- stosissimo ibrido e non mediare invece con Ecclestone, e con la Federazione, per il varo di norme tecniche meno complesse ed onerose? E’ sacrosanto difendere gli ingenti in- vestimenti sostenuti negli ultimi tre anni ma, ancora, che sen- so ha arroccarsi sulla difesa ad oltranza delle “power-unit”, se poi si corre per piazzarsi dal terzo gradino del podio in giù?

GRAZIE FIA PER LA SICUREZZA IN F.1 A Melbourne, dai media di tutto il mondo, che negli ultimi anni non sono stati certamente teneri nei confronti della Fia, è arrivato è arrivato un sentito, incondizionato grazie, per quanto è stato fatto, in tema di sicurezza, a partire dal tragi- co 1994. E il primo a ribadire il concetto, estendendo il rin- graziamento alla McLaren, che era stata capace di costruire una monoposto tanto sicura, è stato Fernando Alonso, pro- tagonista di uno degli incidenti più spettacolari e violenti, ma per fortuna incruento, della storia recente. Quando, ad un terzo del Gran Premio d’ Australia, si è dira- data la nuvola della polvere, che avvolgeva la Haas-Ferrari di Esteban Gutierrez e si è stagliato sullo sfondo un ammasso di lamiere, di una monoposto rovesciata, disintegrata, si è te- muto il peggio. Invece sono bastati pochi secondi per vedere riemergere da quell’ammasso di metallo e compositi un fra- stornato, ma incolume, Fernando Alonso. Sulla dinamica del- l’incidente non ci sono mai stati grandi dubbi: in un tratto di pista particolarmente veloce, nel tentativo di prendere la scia e superare Gutierrez, lo spagnolo mancava il punto di frena- ta e a una velocità di 242 orari, urtava con estrema violenza la ruota posteriore sinistra del messicano. La sua McLaren picchiava prima contro il muretto di sinistra poi, una volta nella ghiaia della via di fuga, si capovolgeva più volte su se stessa, terminando la sua corsa impazzita, a testa in giù, contro le barriere e i muretti che delimitano la via di fuga. In altri tempi, neppure troppo lontani, un simile inciden-

14 I primi ringraziamenti di Fernando Alonso, uscito indenne dal puroso incidente di Melbourne, sono andati alla McLaren e alla FIA, per avere imposto in Formula 1 severe norme di sicurezza

Solo qualche anno fa le conseguenze di un incidente, come quello di cui é stato vittima Fernando Alonso in Australia, avrebbero avuto conseguenze gravissime. Un grande ringraziamento va alla Federazione, che negli ultimi anni ha imposto norme sempre più severe in fatto di sicurezza per le monoposto di Formula 1.

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Tre pole-position e tre vittorie nelle prime tre gare della stagione la dicono lunga sulla competitività della Mercedes 2016 ma rispetto all’anno scorso la Ferrari si è avvicinata

Senza la safety-car e con una azzeccata scelta di gomme in Australia la Ferrari avrebbe potuto cogliere la prima vittoria dell’anno e lo stesso dicasi per il discusso Gran Premio della Cina, dove le due Ferrari si sono toccate, subito dopo il via, spianando la strada alla solita Mercedes che, per il terzo anno di fila, sta dominando in F.1. La distanza tra le due vetture è però diminuita e, a partire dal Gran Premio di Spagna, dove debutterà una nuova versione della “power-unit” Ferrari le cose potrebbero cambiare in meglio per la Scuderia italiana.

16 I SEGRETI TECNICI DELLA MERCDES F1 W07

Anche se in apparenza la Mercedes F1 W07 (in alto lo spaccato) non è dissimile dalla vettura campione del mondo 2015, le diffe- renze tra i due modelli sono parecchie e hanno consentito agli uomini in grigio di dominare la prima parte della stagione. Tra le no- vità più chiacchierate l’S-Duct: la bocca, ricavata sotto il musetto, cattura l’eccesso di aria che ristagna nella parte inferiore e la in- canala, mediante un apposito condotto, fino a farlo sfogare nella parte alta del telaio, attraverso una stretta feritoia ricavata nella scocca, all’altezza del puntone della sospensione anteriore. In questo modo vengono ripuliti e velocizzati i due flussi, che interessa- no il musetto della Mercedes: quello inferiore, diretto al retrotreno e quello che lambisce la parte superiore del telaio. Rispetto al- lo scorso anno la Mercedes F1 W07 presenta anche un retrotreno decisamente più rastremato e inediti deviatori di flusso laterali.

17 I test invernali, si sa, hanno un valore relativo, ma gli otto giorni di prove pre-campionato, sulla pista di Barcellona, hanno evidenziato una Ferrari in netta crescita, decisamente più vicina alla Mercedes

La solitaria Ferrari SF16-H di Kimi Raikkonen guida il plotone centrale, dopo l’abbandono di Seb Vettel nel giro di formazione del Gran Premio del Bahrain. Il successo va Nico Rosberg mentre, dopo tre gare, il campione del mondo Lewis Hamilton è ancora a secco di vittorie. Nelle foto sotto le rivelazioni del Bahrain: la Hass , motorizzata Ferrari e il belga Vandoorne. 18

18 FORMULA 1 te non avrebbe lascito scampo al pilota, a Melbourne invece, un po’ per forrtuna, ma anche e soprattutto grazie al pres- sante lavoro svolto dalla Federazione per incrementare la si- curezza delle monopopsto, Alonso ne è uscito praticamen- te indenne. Ed è stato il prima a ringraziare la FIA "...se sono qui è grazie alla robusta cellula costruita dalla McLaren e gra- zie alla FIA che da tempo lavora forte sul fronte della sicu- rezza. Un incidente del genere verificatosi qualche anno fa, avrebbe portato a conseguenze ben più gravi per il pilota”. E’ quello che pensano tutti, ma proprio l’incidente di Alonso in Australia ha sollevato qualche dubbio sulle scelte che si fa- ranno nell’immediato futuro per proteggere l’abitacolo. Estetica a parte, il tanto pubblicizzato Halo avrebbe offerto una maggiore protezione alla testa del pilota, impedendo però un rapido abbandono del mezzo. Un tema su cui biso- gnerà riflettere anche perchè, se è vero che nella Formula 1 moderna il pericolo del fuoco è stato quasi del tutto debel- lato, in simili incidenti non può essere del tutto scongiurato...

SORPRESE E DELUSIONI DEL 2016 Della, per ora imprendibile, Mercedes si è già detto, come della Ferrari, competitiva, ma fragile. E gli altri dove sono? Per il terzo anno di fila si torna a parlare di un mondiale a due, con gli altri team destinati a ruolo di comprimari. Alle spalle di Mercedes e Ferrari si è notata una certa invo- luzione in casa Williams, accompagnata da scelte strategiche Grande delusione in casa Ferrari per il ritiro di Vettel (a sinistra) nel giro di formazione del Gran Premio del Bahrain. La vittoria è andata al solito Nico (vedi gomme utilizzate in Bahrain) che è eufemistico defini- Rosberg, con Raikkonen secondo. Altra piazza d’onore per le rosse nel Gran re azzardate, mentre c’è stata una parziale resurrezione del- Premio di Cina, dove le vetture di Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen si sono la Red Bull. Se sul fronte motori, malgrado l’intervento della agganciate, gettando al vento la possibilità di battere le Mercedes F1 W07. Tag Heuer, la power-unit Renault lascia alquanto a desidera- re, sul piano aerodinamico e telaistico la RB12 è apparsa una delle migliori vetture del lotto. Probabilmente la migliore, dopo la solita Mercedes F1 W07. E un discorso analogo potrebbe valere, per la McLaren, che paga però lo scotto di una power-unit Honda ancora disa- tante anni luce da prestazioni di primo piano. Dopo lo scam- pato pericolo di Alonso a Melbourne, la migliore notizia per il team di Ron Dennis arriva dal debutto in Bahrain di Stoffel Vandoorne. Chiamato a sostituire l’infortunato Alonso, che dopo esami più approfonditi ha accusato la frattura di alcu- ne costole, il campione 2015 della GP2, ha dimostrato gran- de capacità di guida e una maturità non comune per un pi- lota al debutto in Formula 1. Segnatevi il suo nome: di lui si sentirà parlare spesso nell’immediato futuro. Chi non pare invece destinata a lasciare una tangibile traccia nel mondiale 2016 è la rientrante Renault, che è sembrata addirittura tecnicamente inferiore alla Lotus-Renault della passata stagione. L’esatto contrario della debuttante Hass: mettete insieme una gestione oculata, la power-unit e il re- trotreno 2015 della Ferrari, un ottimo telaio sviluppato da Dallara e il risultato è quello di una vettura che col sempre più convincente Romain Grojean va a punti sia in Australia, che in Bahrain. Se arriverà anche qualche sponsor, di questo nuovo team ne sentiremo parlare parecchio in futuro.

Testi e disegni: Paolo D’Alessio Foto: Archivio, P. D’Alessio, D. Paglino

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TECNICA

l secondo posto di Sebastian Vettel all’ultimo Gran Premio del- la Cina ha portato alla ribalta uno Quando una moderna Formula 1 perde un I dei quesiti che si presentano tutte pezzo di carrozzeria peggiora le sue prestazioni? le volte che una vettura da corsa perde Sì, forse, non è detto! Come hanno dimostrato un pezzo di carrozzeria ed il pilota con- tinua imperterrito, come se nulla fosse, i primi Gran Premi della stagione 2016.. facendo registrare tempi sul giro nean- che tanto superiori a quelli che realiz- zava quando il pezzetto era regolar- poterlo fare dovremmo avere quanto- più intensa nel caso delle ali danneggia- mente montato al suo posto. meno la geometria esatta dell’ala prima te. La spiegazione è contenuta nel fatto Paddock ha già affrontato l’argomento. del danneggiamento e la descrizione che la bandella con la sua aletta (“win- Era l’ormai lontano 2013 ed in quel ca- dell’ala danneggiata. glet”) attaccata sulla parte superiore so fu a stupire a Monza Tuttavia, fatta questa doverosa premes- devia il flusso all’esterno della ruota, ma andando come un fulmine senza la sa e con la mente sgombra da pregiu- mette in ombra la parte esterna dell’a- bandella dell’ala anteriore. Qualche dizi, cerchiamo di fare qualche simula- la che quindi funziona meno e si gene- Gran Premio dopo, invece, Fernando zione, com’è nello stile di questi artico- ra anche una vasta zona verde (neutra, Alonso si dovette fermare ancora per li, dopo aver disegnato una ipotetica che non produce carico verticale) pro- un danno all’ala anteriore che aveva re- geometria “originale” non danneggiata prio in corrispondenza della “winglet”. so inguidabile la sua Ferrari. I fatti di- con due possibili livelli di danno: uno È evidente che la superficie superiore, rebbero che non tutti i danneggiamen- “medio”, senza la sola bandella vertica- nel caso di ali danneggiate, è più espo- ti sono della stessa gravità: con alcuni si le, ed un danno “grave” senza l’intera sta al vento ed il computer direbbe che

ORIGINALE DANNEGGIAMENTO MEDIO DANNEGGIAMENTO GRAVE

può anche convivere, con altri è meglio estremità incluso il tratto orizzonatele Nello schema al centro si sono immaginati due livelli di danneggiamento: uno “medio” fermarsi a sostituire il pezzo danneggia- inferiore. E sono venute fuori cose in- (il più frequente ultimamente) quando salta to. Ora siamo alle solite e ci chiediamo teressanti. La ruota anteriore è altret- via la bandella laterale ed uno più “grave” quanto possa aver sofferto la Ferrari tanto importante, e sarà oggetto delle nel caso l’ala perda completamente la sua estremità inclusa la parte inferiore orizzontale. SF16-H di Vettel senza la bandella late- attenzioni che merita, per completare il rale sinistra. La nostra “mission” è quel- quadro, in uno dei prossimi numeri. I recupera (e supera) anche il carico la di fornire elementi per capire meglio colori dell’aerodinamico parlano chia- prodotto dalla “winglet” che è saltata quello che si vede in televisione, senza ro. La zona arancione che indica la via insieme alla bandella. Poca roba ma la pretesa di svelare verità assolute. Per pressione che agisce sulla superficie è l’effetto è chiaro.E sotto? Tutti sappia-

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Le zone in pressione arancioni, che “spingono” verso il basso, (visibili negli schemi in alto) non cambiano molto con le ali danneggiate anzi la mancanza della “winglet” superiore espone meglio al vento il resto dell’ala e l’arancione è anche più intenso e uniforme e senza la zona verde (sostanzialmente neutra) che si osserva nella configurazione originale esattamente sotto la “winglet”. mo ormai che è la superficie inferiore mitandosi all’effetto sull’ala, il danno molto nel Gran Premio di Cina, ma sia- quella più importante, dove si esercita “medio” non crea problemi, anzi appa- mo solo all’inizio di questa indagine che la depressione che “aspira” verso il bas- re anche un pochino migliorare la si- ci impegnerà sicuramente per qualche so. Qui le differenze si fanno sentire tuazione con più carico (“downforce”) altro articolo ancora, per avere un qua- maggiormente perché il danno che ab- e meno resistenza (“drag”), sempre li- dro esaustivo che comprenda anche le biamo definito “grave” produce in que- mitatamente alla sola ala. Come si è altre parti della vettura come le ruote

Le zone in depressione azzurre (che “tirano” verso il basso) soffrono maggiormente il danneggiamento. Soprattutto nel caso di danneggia- mento “grave” la zona si riduce drammaticamente e il carico verticale generato dall’ala crolla al 75% rispetto alla configurazione originale sto una diminuzione significativa della scritto numerose altre volte sulle pagi- ed il fondo piatto, che sono pesante- livello di depressione. ne di Paddock, l’aerodinamica, a volte, è mente influenzati dal comportamento Sommando tutti gli effetti si possono una disciplina un po’ bizzarra dagli ef- dell’ala anteriore. mettere insieme un po’ di numeri. Solo fetti non sempre scontati. La sensazio- Marco Giachi il danno “grave” produce un significati- ne, confermata dai fatti e dal risultato, è Foto: Archivio, D’Alessio, vo degrado delle prestazioni perché, li- che Sebastian Vettel non abbia sofferto D. Paglino

Va detto che la nostra analisi non considera l’effetto sulla ruota che potrebbe ribaltare la situazione (vedi disegno a destra). Le estremità dell’ala anteriore servono anche (anzi soprattutto) come controllori del flusso verso la ruota. Nel canale che si forma l’aria viene guidata verso l’esterno per “scansare” la ruota ma aumenta la propria velocità generando un effetto di interferenza con il resto dell’ala non sempre positivo. A sinistra la Mercedes F1 W07.

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Il risultato è sorprendente, in parte dovuto forse alla configurazione originale non completamente ottimizzata, ma può far riflettere: con il danno “medio” l’ala funziona anche meglio (piu’ “downforce” e meno “drag”) mentre crolla se si stacca anche la parte orizzontale della bandella e si perde più del 25% del carico. In questa prima la Ferrari SF16-H di Kimi Raikkonen prima e dopo la “cura” Vettel allo start del GP della Cina.

23 ILIL SOGNOSOGNO AMERICANO P. D’ALESSIO P.

Trent’anni dopo il ritiro della Lola-Beatrice il team americano Hass torna a calcare i palcoscenici della Formula 1. Come in passato avevano fatto la Eagle, la Shadow, la Parnelli e il .

24 25 Vittoria tutta americana quella di nel Gran Premio del Belgio del 1967, al volante della Eagle T1G, spinta dal 12 cilindri a V della . Nel 1974 sono ben due i team stelle e strisce che debuttano in Formula 1: la Parnelli, portata al debutto da Mario Andretti (sotto) e la Penske, guidata da Mark Donohue.

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a scritta che un meccanico della neonata Hass eclatanti, anzi: i tre Gran Premi disputati in quella sta- ha mostrato orgogliosamente al termine del gione, si conclusero con altrettanti ritiri. Gran Premio d’Australia del 20 ers eloquente: L’anno successivo, oltre a Jones, scesero in pista anche L “Have no fear, Haas F1 Team are here!”, della Patrick Tambay ed Eddie Cheever, ma il bilancio non serie: “Non abbiate paura, il Team Haas è qui!”. migliorò. Solo al Gran Premio d’Austria, Jones e Tambay Gara d’esordio in F.1 per la nuova compagine, conclu- giunsero a punti, rispettivamente 4° e 5° ed il trend ne- sasi con il sesto posto di Romain Grosjean, che ha por- gativo scoraggiò i vertici della Beatrice a proseguire il tato subito i primi punti iridati. Un exploit che non è programma agonistico. Haas cercò invano di reperire frutto del caso, visto che quindici giorni dopo, in nuovi capitali, ma dovette alzare bandiera bianca al ter- Bahrain, il francese è giunto quinto, assicurando altri mine del campionato. Ma ripercorrendo a ritroso la preziosi punti che hanno issato la Haas a quinta forza storia, troviamo altre scuderie che da Oltreoceano so- della classifica costruttori. Logico quindi che i media no sbarcate nel Circus. Partiamo dal 1966, quando il pi- hanno dato risalto a questi risultati, parlando di “feno- lota americano Dan Gurney, decise di costruire una pro- meno Haas” e di “sogno americano”, che per la verità pria monoposto per partecipare al mondiale di F.1. ha una forte componente italiana: dal motore Ferrari Era la Eagle MK1 realizzata dalla Anglo American Racers, 2015, al telaio realizzato dalla Dallara, azienda leader società fondata insieme a . Progettata da nel motorsport mondiale. Ovviamente senza nulla to- , la vettura fu inizialmente motorizzata da un gliere allo sforzo prodotto dalla factory facente capo a propulsore 2.7 , che fu poi rimpiazza- Gene Haas, che ha investito circa 100 milioni di dollari to da un V12 Weslake. Tra il 1966 e il 1967, la Eagle ed ha pianificato accuratamente lo sbarco in F.1 nel prese parte a 25 gare, compreso il debutto nel G.P. del

settembre del 2014. Una strategia che ha fatto subito Belgio il 12 giugno a Spa. Dopo un inizio in salita, arri- intendere che non si trattava di un business improvvi- varono le prime soddisfazioni. Gurney trionfò dappri- sato senza basi solide, come purtroppo accade di re- ma nella Race of Champions del 12 marzo 1967 a cente in F.1. Quello di Melbourne però non si tratta e tre mesi dopo nella gara iridata di Spa, dell’esordio ufficiale della Haas nella massima catego- precedendo la BRM di Stewart e la Ferrari di Amon. ria. Per l’esattezza l’8 settembre 1985, l’ex campione Oltre al colore blu scuro attraversato da una linea ver- del mondo Alan Jones, scendeva in pista nel week end ticale bianca, la Eagle si distingueva per il musetto a del Gran Premio d’Italia, con una monoposto rossa e becco, su cui spiccava l’aquila, simbolo degli Usa. blu, del team Beatrice-Haas. Un progetto nato sotto la L’avventura di Gurney, proseguì anche per una parte spinta dalla Beatrice Companies Inc., un gruppo indu- del 1968, ma problemi di carattere tecnico e logistico, striale del settore alimentare, che tramite Carl Haas, fi- la base del team era di stanza in Inghilterra, impediro- gura storica della Indycar, creò il Team Force (Formula no alla scuderia di fare il salto di qualità. La sua ultima One Racing Car Engineering) con sede a Colnbrook partecipazione in F.1, ebbe luogo nel G.P. del Canada nei pressi dell’aeroporto londinese di Heathrow, che del 1969, dopodiché gli interessi della scuderia venne- ingaggiò alcuni tecnici destinati a fare carriera come ro dirottati verso le competizioni americane della Neil Oatley, Ross Brawn ed . Una vettu- Formula Indy. Nel 1974 fu invece Penske a fare da por- ra che utilizzava un telaio della Lola ed era spinta dal tacolori USA nei Gran Premi. Dopo sette anni di mili- motore Hart. Purtroppo le prestazioni non furono tanza e successi nelle serie a stelle e strisce, Roger

Il debutto travolgente del Team Haas ha sorpreso il piccolo mondo della Formula 1. Anche perché le precedenti esperienze di team yankee nel Mondiale non sono state così folgoranti, a partire dalla Eagle di Dan Gurney, per continuare con Shadow, Parnelli, Penske e Lola. 27 FORMULA 1

Penske decise di misurarsi con i top team del Circus. nelle gare di casa propria. Sempre in quegli anni, è da Stabilita la nuova base operativa a Poole in Inghilterra, sottolineare anche la presenza di un’altra compagine affidò il progetto della PC1 a Geoff Ferris, ingegnere made in Usa, la Parnelli. Un team fondato dall’ex pilota emergente proveniente dalla di Tauranac e di Rufus Parnelli Jones e da Vel Miletich, che esordì, come un certo Ecclestone. Spinta dal Coswrth Dfv, la mo- la Penske, nel Gran Premio del Canada del 1974; la tra- noposto scese in pista il 22 settembre a Mosport nel sferta nordamericana favoriva ovviamente la partecipa- Gran Premio del Canada, guidata dall’americano Mark zione di due compagini d’oltreoceano. Donohue, reduce da un periodo di lontananza dalle Per la precisione, l’avventura in F.1 iniziò a prendere competizioni. Donohue finì 12° a due giri da Fittipaldi, corpo intorno ai primi anni settanta, dopo un breve ap- vincitore sulla McLaren. Malgrado gli sforzi tecnici ed prendistato nelle corse americane. Il ruolo di direttore economici, nella stagione ’75 fu tutt’altro che fortunata. tecnico fu affidato a Maurice Philippe, padre della Lotus La Penske non andò oltre le posizioni di centro gruppo 72, una delle più rivoluzionarie monoposto della storia. e nel G.P. d’Austria a Zeltweg, visse la tragedia della Alla base del progetto VPJ4 una struttura portante mo- scomparsa di Donohue nel corso del warm-up. noscocca e il tradizionale motore Cosworth. In quella mattina del 19 agosto, il pilota californiano, A portarla al debutto fu Mario Andretti, che alla prima non si trovava alla guida di una Penske, bensì di una uscita ottenne un’incoraggiante settima posizione. Nel March 751, acquistata da Penske per confrontarla con 1975, i migliori risultati furono il 4° ed il 5° posto di le prestazioni con le sue vetture. Causa lo scoppio di “Super Mario”, in Svezia e in Francia al Paul Ricard, piaz-

una gomma, Donhoue volò fuori pista e venne estrat- zamenti che garantirono alla scuderia la decima posi- to dai rottami dell’abitacolo ancora cosciente ma, du- zione nel mondiale costruttori. rante il trasferimento all’ospedale di Graz, subentrò L’esperienza della Parnelli nel Circus ebbe però fine un’emorragia cerebrale, che fu fatale per l’americano. In l’anno successivo, dopo le prime due prove in calenda- seguito a quello schianto morì anche il commissario di rio, complice la mancanza di sponsor e l’improvviso ri- pista, colpito dall’alettone della monoposto. tiro della Firestone dalle competizioni. Il gommista ave- Nonostante questo lutto, che segnò profondamente la va infatti collaborato a stretto contatto con i tecnici scuderia, il futuro in F.1 proseguì anche l’anno successi- della Parnelli, realizzando pneumatici in grado di assicu- vo e per un tragico scherzo del destino, la prima vitto- rare un buon funzionamento delle sospensioni a barre ria per la Penske arrivò proprio a Zeltweg ad un anno di torsione. Nel 1976, dunque, lasciata la Formula 1 la di distanza dalla tragedia di Donohue. A trionfare fu il Parnelli, tornerà ad Indianapolis e nella Champ Car. nordirlandese John Watson, che preso il comando al Decisamente più lungo il percorso della Shadow, altra 12° passaggio non lo mollò più, cogliendo così la sua realtà americana fondata dall’eccentrico Don Nichols prima vittoria in carriera alla guida della PC4, davanti a nel 1968, con il nome di Advanced Veichles System Inc. Laffite e Nilsson. Una vittoria importantissima, che se- Nichols, ex addetto alle vendite per conto di Firestone gnò il commiato di Penske dalla F.1. A fine campionato e Goodyear in Giappone ed ex agente della Cia, sem- infatti, l’intera struttura venne ceduta alla neonata Ats e pre in estremo oriente, diede vita ad un team che mos- la scuderia americana, tornò a concentrare i suoi sforzi se inizialmente i primi passi nel campionato Can-Am.

Tanti anni di militanza in Formula 1 per le scuderie americane, ma pochi risultati, a parte i primi posti della Eagle di Dan Gurney, nel Gran Premio del Belgio del 1967, quello della Penske-Ford di John Watson, primo a Zeltweg nel 1976 e quello di Alan Jones, vincitore del Gran Premio d’Austria del 1977, al volante della Shadow-Ford DN 8A

28 Il Team Shadow è una presenza costante nella Formula 1 degli anni ‘70 e, soprattutto nella stagione 1975 e nei primi Gran Premi del 1976, la monoposto anglo-americana sfiora più di una volta il successo col francese Jarier (immagine in alto), mancando però l’obiettivo. L’impresa riesce invece a John Watson, primo a sorpresa nel Gran Premio d’Austria del 1976, al volante della Penske-Ford PC4 (vettura numero 28).

29 30 FORMULA 1

Successivamente, grazie all’apporto finanziario della La Shadow-Ford DN10 di Jan Lammers (a sinistra in alto nel Gran Premio di Montecarlo) non è certamente una delle migliori wing-car UOP (Universal Oil Products), potè prendere corpo il del 1979, ma la sua livrea verrà comunque ricordata come una delle programma Formula 1, incoraggiato dai successi otte- più originali, mai viste in Formula 1. Nel biennio 198/86 in Formula 1 nuti nella serie Can-Am con . si rivede un team americano, la Lola-Beatrice. A dispetto del V6 turbo Stabilita la sede europea oltre Manica a Northampton, ufficiale della Ford e di due piloti di grande esperienza, come Alan Jones, iridato nel 1980 (in basso a sinistra) e Patrick Tambay, la Nichols, che amava presentarsi nel paddock abbigliato THL1 delude e al termine della stagione 1986 il team diretto da Teddy con un mantello ed un cappello nero in stile Zorro, af- Mayer decide di porre fine alla breve espereienza in Formula 1. fidò il progetto a , che realizzò la DN1. Dopo la prima uscita nel Gran Premio del Sud Africa tati e condannati per spionaggio industriale. Una vitto- 1973, la Shadow conquistò due terzi posti, in Spagna ria di Pirro, per Steve Nichols, che andrà incontro ad un con ed in Canada con Oliver, che nel inesorabile declino fino all’ultimo Gran Premio in Sud 1974 trionferà nella serie Can-Am e che in F.1 verrà af- Africa nel 1980. La scuderia verrà quindi ceduta al fi- fiancato dall’americano , erede della mul- nanziere cinese Teddy Yip, che dopo averla ribattezzata tinazionale dei cosmetici Revlon. Purtroppo la carriera "Shadow Theodore", darà forfait a seguito della manca- di questo pilota, s’interromperà tragicamente il 22 mar- ta qualifica nel G.P. di Francia di quello stesso anno. zo del 1974, in un drammatico incidente nel corso del- Resta infine da segnalare per mero dovere di cronaca, le prove private sul circuito di Kyalami. l’avventura poco felice della US F1. Fondata nel 2009, Il 1975 parve aprirsi sotto i migliori auspici, grazie al dal tecnico Ken Anderson e dal giornalista automobili- successo di con la DN5, nella corsa dei stico Peter Windsor, la US F1 si presentò al pubblico Campioni a Brands Hatch ed alle due pole position si- con un programma ambizioso, che però perse via via di

glate da Jean Pierre Jarier nei primi due G.P. del mon- credibilità. A fine stagione Ecclestone stesso espresse i diale, in Argentina e in Brasile, seguite da quella di Price suoi dubbi circa la reale possibilità di vedere la US F1 ai a Silverstone. Ma la mancanza di affidabilità, finì col nastri di partenza del mondiale 2010. compromettere la possibilità per la Shadow di salire in Da Charlotte, in North Carolina, sede della factory, classifica, inducendo la UOP a sospendere i finanzia- giunsero le pronte smentite insieme all’ingaggio del pi- menti. A correre in soccorso di Nichols, arrivò nel lota argentino Josè Maria Lopez, finanziato dal governo 1977 il “vulcanico” e discusso finanziere italiano Franco del suo paese. Nei primi mesi del nuovo anno emerse Ambrosio, che oltre al denaro fresco portò in dote due la verità. Si diffusero in rete le confidenze di un dipen- piloti: Renzo Zorzi e Riccardo Patrese. La malasorte dente del team, che mettevano in discussione la serietà però continuò ad accanirsi sulla scuderia americana ed dell’intero progetto a cui fece seguito la richiesta di il 5 marzo, durante il G.P. del Sud Africa, Pryce perse la Anderson alla Fia, di poter saltare i primi quattro ap- vita in un cruento incidente insieme ad un giovane puntamenti in calendario, confermando però l’impegno commissario di percorso. Al posto del britannico ven- economico di Chad Hurley, fondatore di Facebook, ne chiamato Alan Jones, che il 14 di agosto festeggiò il nonché sponsor del team. Fu l’anticamera del fallimen- primo trionfo in F.1, per se stesso e per la Shadow. Sarà to, ufficializzato il 2 marzo, data in cui venne chiuso de- però il cosiddetto cantò del cigno. A fine stagione finitivamente lo stabilimento. A fronte di tutto ciò, la US Ambrosio, Southgate ed Oliver se ne andranno per F1 venne bandita da tutte le manifestazioni targate FIA creare una nuova scuderia la Arrows, lasciando Nichols ricevendo dalla Federazione una multa di 309 mila Euro. in un mare di difficoltà. Una mossa che sarà all’origine di uno scandalo che vedrà i vertici del nuovo team impu- Corrado Bruschi Foto P. D’Alessio

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INNOVAZIONE

ormat delle qualifiche a parte, l’argomento 1969 - SIGMA GRAND PRIX che catalizza l’attenzione degli addetti ai lavo- Alla fine degli anni ‘60, esattamente come accade - ri e non, in questo inizio di stagione, è come gi, la Formula 1 vive un momento di transizione. I cambiare le attuali monoposto, per renderle Gran Premi stanno diventando sempre più popolari e Fancora più sicure ed attraenti per il grande pubblico. sono seguiti da un crescente numero di appassionati, Come spesso capita in questi casi, è molto probabile ma l’opinione pubblica viene spesso colpita da notizie che alla fine la montagna finirà per partorire il classi- tragiche. Le monoposto sono fragili, gli incidenti met- co topolino e così, a partire dal 2017, dovremmo ve- tono spesso a repentaglio l’incolumità dei piloti e poi, dere in pista tanti cloni delle attuali vetture, con dif- cosa ancor più preoccupante, c’è sempe in agguato il ferenze minime, che solo i più raffinati sapranno co- pericolo del fuoco, come ha drammaticamente dimo- gliere. Anche se i cambiamenti non sono stati ancora strato la tragedia di Bandini, nel Gran Premio di comunicati in via ufficiale dalla Federazione, è proba- Montecarlo del 1967. Nel 1969 tutte queste conside- bile che l’attenzione del legislatore si concentrerà razioni portano alla nascita della Sigma Grand Prix, sulle appendici alari, con alettoni leggermente più lar- una prototipo di ricerca realizzato dalla Pininfarina, ghi all’anteriore e al posteriore, sulle gomme, che do- con l'obiettivo di sviluppare innovativi concetti di si- vrebbero presentare dimensioni maggiorate, rispetto curezza attiva e passiva, per le vetture di Formula 1. alle attuali, e su un ulteriore ricerca della sicurezza « Lo studio della Sigma Grand Prix - ricorda il suo crea- passiva, con l’introduzione dell’Halo, o qualcosa di tore, Paolo Martin - nacque dalla richiesta della rivista molto simile. Sul fronte propulsori, pardon “power- AUTOMOBIL REVUE, e per me fu un vero banco di prova,

In questi ultimi tempi si parla tanto di come sarà la Formula 1 del domani e i grandi Team hanno ipotizzato soluzioni più o meno fantasiose e provocatorie. Di certo lo era molto meno la Sigma Grand Prix, realizzata nel ‘69 dalla Pininfarina, come studio di monoposto di F.1 sicura. Tanti contenuti tecnici di quel progetto sono stati ripresi negli anni e sono ancora attuali... unit”, dovrebbe invece cambiare ben poco e per di- un tema da svolgere al meglio, nel quale era in gioco l’or- verse stagioni ancora le Formula 1 dei prossimi anni goglio personale e dell’azienda, in tutti i suoi vari aspetti». continueranno a montare quelle motorizzazioni ibri- Da cosa partire per ipotizzare una F.1 sicura? Sicura- de, che fin dalla loro comparsa hanno innescato mille ramente da una serie di componenti all’epoca utilizzati polemiche e, se vogliamo, sono una delle principali nella categoria regina dell’automobilismo sportivo. cause dell’attuale stato di crisi della categoria regina «Un giorno - ci dice Paolo Martin - arrivò in Pininfarina dell’automobilismo mondiale. Piccoli cambiamenti, un telaio tubolare di Formula 1. Per l’esattezza una strut- dunque, destinati ai soliti addetti ai lavori, che rischia- tura portante di una F1. Un telaio in tubi no di passare inosservati. Per cambiare in maniera ra- smontato, una pedaliera e quattro ruote. E poi il gruppo dicale bisognerebbe gettare il cuore oltre l’ostacolo, motore-trasmissione: il classico12 cilindri a V di 60% di liberarsi dai mille vincoli che legano team, organizza- Maranello, con una cilindrata di 2990 cc, una potenza svi- tori e Federazione alla quotidianità e ipotizzare qual- luppata prossima ai 400 HP a 9200 e un cambio a 5 cosa di veramente nuovo, di mai visto, di inedito. marce. L’assieme meccanico giacque per alcuni giorni ina- Un po’ come nel lontano 1969 fece la Pininfarina, con nimato in officina, fino a che la mia curiosità si fece stra- la Sigma Grand Prix, o come di recente hanno imma- da ed ottenni dalla direzione alcune delucidazioni a ri- ginato la Red Bull, la Ferrari e la McLaren, con le loro guardo. Franco Martinengo,l’allora numero uno del Centro provocatorie proposte di auto da corsa del futuro. Stile della Pininfarina, mi disse “Provi ad inventarsi

Paolo Martin può essere considerato uno dei maestri del design automobilistico italiano, un designer di valore assoluto che negli anni ’60 e ’70 realizza autentici capolavori su quattro ruote. Martin nasce il 7 maggio1943 a Torino e a soli 17 anni inizia a lavorare presso lo studio di Giovanni Michelotti. Nel 1967 collabora per un anno con Bertone, prima di passare alla Pininfarina dove, a soli 24 anni, viene nominato responsabile del Centro Stile. Sotto la sua direzione nascono modelli innovativi come le concept Sigma Grand Prix (1969) e Ferrari 512 Modulo (1970), le sportive Fiat 130 Coupé (1971), Lancia Beta Montecarlo (1975) e Rolls-Royce Camargue (1975) e la Peugeot 104 (1972).

33 qualche cosa che serva a non farsi male in corsa!”» Questo era l'imput. Veramente poco, troppo poco, per ricavare un qualcosa di innovativo, una nuova concezione di Formula 1 sicura, derivata da quelle sparute componenti meccaniche. Smarrito, stupito per una richiesta tanto inusuale Paolo Martin, che non aveva mai visto da vicino una monoposto di Formula 1, e soprattutto non voleva deludere i suoi superiori, si concentra 24 ore al giorno sulla richie- sta fattagli da Franco Martinengo. E, pensa e ripensa, gli tornano alla mente alcune fantasie del periodo giovanile e in lui si fa strada l'idea di costruire un sot- totelaio portante e deformabile, con una cellula rigi- da applicata sopra. La cosa avrebbe potuto funziona- re ma, con le tecnologie dell’epoca, una simile tipo- logia costruttiva poteva risultare troppo complessa e soprattutto c’era il rischio di costruire una

Formula 1 troppo pesante. A questo punto la cosa migliore da fare era quella di realizzare il simulacro di un telaio in polistirolo, tanto per vedere che im- pressione faceva. «Feci mettere quattro spessori in legno di 10 centimetri sotto il motore e la pedaliera - ricorda ancora Paolo Martin - quindi, in maniera del tutto empirica, decisi il passo, che venne fissato in 2400 mm. Fatte queste scel- te mi sedetti in mezzo ad un piano di legno, che simula- va il telaio della nascitura monoposto e presi il volante in mano, sognando di guidarein pista. Mi sentivo un vero pi- lota di Formula 1 e, per rendere la cosa più credibile, co- minciai ad imitare il rumore di un motore da corsa». La scintilla era scattata. Il feeling tra il giovane desi- gner e l’oggetto da creare si materializza, cresce di giorno in giorno. La sintonia tra Paolo Martin e quei pezzi inanimati di metallo diventa pressoché totale e, a poco a poco, a furia di schizzi e discussioni comincia a prendere corpo quella Formula 1 rivoluzionaria. «Partimmo - ci dice Martin - da un abbozzo di telaio, molto spartano, che faceva quasi tenerezza ed io, quan- do chiedevo notizie sul proseguo del lavoro ai vari re- sponsabili del progetto, mi rendevo conto che ne sapeva- no ancor meno di me. Un valido aiuto lo ebbi invece dal Franco Martinengo che, senza perifrasi, mi diede carta bianca. Mi ricordo ancora le sue parole:

34 INNOVAZIONE

Nello spaccato di Theo Page (sotto) la Sigma Grand Prix, prototipo di vettura sicura da Gran Premio, presentata dalla Pininfarina al Salone di Ginevra del 1969. A quasi cinqust’anni di distanza quel prototipo di F.1 continua ad essere attuale e mantenere intatta la sua valenza.

Come si può notare nello schema in basso il telaio della Sigma Grand Prix si avvale di 5 file di centine trasversali, per proteggere il pilota in caso di urto laterale e i serbatoi carburante, scongiurando il pericolo di incendio, prima causa di incidenti gravi nella Formula 1 degli anni ‘60.

1969 - PININFARINA SIGMA GRAND PRIX

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“...Martin, faccia quello che vuole !” Era già qualcosa ». Potendo esprimersi in assoluta libertà, nella mente di Paolo Martin nasce l’idea di una Formula 1 so- stanzialmente diversa dalle vetture dell’epoca. Una via di mezzo tra le auto da Gran Premio e le biposto che correvano nelle gare di durata. Il muso della na- scitura Sigma è del tipo “a tutta larghezza” e carena parzialmente le ruote anteriori (per la cronaca que- sta conformazione verrà ripresa l’anno dopo dalla Tecno in Formula 2 e successivamnente sullaTyrrell- Ford, campione del mondo nel 1971 con Jackie Stewart). Per scongiurare il pericolo di aggancio tra la ruote delle monoposto, nella concitate fasi di sor- passo, le fiancate sono molto larghe e quasi tangenti alle quattro ruote e quelle posteriori sono anche protette da un’apposita carenatura. Per prevenire il temutissimo fuoco i serbatoi carburante, sdoppiati nelle fiancate, sono protetti da una serie di centine trasversali e tra i serbatoi stessi e il perimetro ester- no dei pontoni laterali viene creata una zona “cusci- netto”, in grado di assorbire gli urti. Altro problema da risolvere, il distacco delle ali, manifestatosi in tut- ta la sua gravità nel corso del Gran Premio di Spagna del 1969. Per scongiurarlo Paolo Martin avanza l’a- lettone posteriore in mezzeria della vettura,e lo an- cora direttamente al telaio, utilizzando due robusti supporti inclinati. Sempre per incrementare la sicu- rezza della monoposto, il designer torinese prevede l’utilizzo di uno ad incidenza fissa, cosa che

Una cosa accomuna la Sigma Gran Prix del 1969 e la Red Bull X 2010, concepita da Adrian Newey: la necessità di proteggere gli pneumatici, per evitare agganci tra le auto in corsa. Nel caso della proposta britannica non si tratta neppure di una Formula 1, ma di uno studio, finalizzato alla costruzione di un’ipotetica vettura da competizione del nuovo millennio. Una via di mezzo tra una vettura da Gran Premio ed una Granturismo.

36 2015 - LA FORMULA 1 DEL FUTURO SECONDO FERRARI

Nel 2015 anche Maranello si è cimentata nello studio di un’auto da competizione per il nuovo millennio. Linee avveniristica, aerodinamica estrema, protezioni per le ruote per impedire alle vetture di decollare in caso di aggancio, pneumatici di dimensione maggiorata, con spalla ribassata e un’ala posteriore ancorata alla carrozzeria posteriore, per mezzo di due lunghe derive laterali. Queste alcune delle principali caratteristiche tecniche del concept F.1 creato da Ferrari Design.

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Nel dicembre del 2016, forse per fare passare in secondo piamo il pessimo andamento della stagio- ne appena conclusa e il flop della “power-unit Honda, la McLaren presenta alla stampa la sua idea di mono- posto della Formula 1 del futuro. Descrivendola ai media John Allert, responsabile del McLaren Technology Group ci tiene a sottolineare il fatto che “...nel progettare lla MP4-X F1 abbia- mo cercato di amalgamare insieme i principali ingredienti, che 2015 - McLAREN MP4-XF1 caratterizzano le odierne monoposto da Gran Premio, con al- cuni dei temi che stanno emergendo sul futuro dello sport, come l’abitacolo chiuso e i powertrain ibridi. La Formula 1 è lo sport per eccellenza e il futuro che noi vediamo per la serie è fatto di alta tecnologia e alte prestazioni in grado di esaltare i fan come nessun’altra competizione”. Concetti che si sono concretizzati nella McLaren MP4-X, una monoposto non dissimile dalla Red Bull X2011 che, al pari della vettura ipotizzata da Adrian Newey, presenta un’esasperata aerodinamica e il solito tema delle ruote ca- renate (anticipato dalla Sigma Grand Prix nel 1969!), abbi- nandolo all’uso di paraurti “intelligenti” e parti della scocca che devono incrementare la sicurezza del pilota, in caso d’urto. Non solo, i materiali impiegati nella co- struzione della McLaren MP4-X F1 possono analizza- re le informazioni captate all’esterno e mutare in par- te la morfologia della vettura, per favorire una mi- gliore penetrazione aerodinamica. La monoposto del futuro, secondo la McLaren, sarà ovviamente spinta da motori ibridi con moderni e più evoluti sistemi di recupero energia. Sensori ovunque an- che sulla tuta del pilota per migliorare la diagno- stica dei malfunzionamenti controllabile da re- moto. Il cupolino dell’abitacolo è integrato nel te- laio per migliorare la sicurezza passiva, in caso di urto e, grazie ad un “head-up display” il pilota può accedere ad un numero sempre crescente di informazioni, che porteranno ad una progressiva riduzione dei comandi, fino alla loro eliminazione.

38 2011 - RED BULL X2010

non accadeva nei primi anni della Formula 1 “alata”, spesso tirata in ballo quando si affronta il tema sicu- quando i piloti poteva variare l’incidenza delle appen- rezza e ci si interroga su come sia possibile migliora- dici alari in gara.Queste le caratteristiche salienti della re ulteriormente questo aspetto nelle competizioni. Sigma Grand Prix Pininfarina, nel cui vano motore bat- Ma la Sigma Grand Prix è stata anche una monoposto te un cuore Ferrari. La monoposto è lunga 4200 mm, “intuitiva”, nata dalla creatività e dal buonsenso di chi larga 1940 mm, alta 930 mm. con una carreggiata an- non aveva conoscenze specifiche nel motor racing, teriore e posteriore di 1550 e 1580 mm e un peso di ma grazie alla sua creartività e alla sua lungimiranza è 590 Kg. La vettura, inutile dirlo, fece molto discutere stato in grado di realizzare un’autentica “icona” nel in sede di presentazione e, a tanti anni di distanza, mondo delle vetture da competizione. conserva intatto il suo carattere innovativo e viene

L’IDEA DI NEWEY

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NUOVE IDEE DALLA FORMULA E Al pari dei progettisti della Formula 1, che non si so- no fatti pregare per ipotizzare le auto da corsa del futuro, quelli della neonata Formula E non hanno vo- luto essere da meno. A pochi mesi dall’annuncio del- l’acquisizione da parte del colosso indiano Mahindra e, a poco meno di mezzo secolo dalla Presentazione della Sigma Grand Prix, la Pininfarina ha divulgato le prime immagine di quella che, secondo il designer torinese, potrebbe essere la Formula E del futuro. I concept, presentati dalla Pininfarina, anticipano le forme delle monoposto di domani, ma soprattutto vogliono dare una risposta alla richiesta della FIA, a Osservando attentamente le proposte della Pininfarina (vetture n.21 e 23) proposito del nuovo telaio, che le monoposto della e di Daniel Simon (vettura verde e nera in alto) si può notare come l’auto Formula E utilizzeranno a partire dalla quinta stagio- del futuro dovrebbe abbandonare gli attuali alettoni, rimpiazzandoli con ne. Il tutto condito con un’interpretazione aerodina- una serie di appendici anteriori e posteriori decisamente più complesse. mica estrema, che ha veramente pochi punti di con- tatto con le attuali auto da corsa. Ma c’è chi si spinge ancora oltre, come Daniel Simon, con un passato di senior designer presso Bugatti, ma decisamente più conosciuto a Hollywood, dove si è cimentato nella progettazione di mezzi di trasporto futuristici, per le più famose pellicole di fantascienza degli ultimi anni. Collaborando con una serie di pro- gettisti, impegnati a vario titolo nel mondo del mo- torsport, Simon ha dato vita alla ROBORACE RE225, un’auto da corsa addiritura priva di pilota. « Il mio obiettivo - sostiene Simon - era quello di crea- re un veicolo che sfruttasse appieno l’opportunità di ave- re un’auto da corsa priva di driver, senza per questo do- ver rinunciare al fascino delle vetture da competizione ». Il risultato di questa ricerca, portata all’estremo, è una monoposto senza compromessi, innovativa, ma anche in grado di fornire elevate prestazioni, abbina- te ad uno stile mozzafiato. Domanda: questa tipolo- gia costruttiva potrà mai tradursi in realtà? Molto probabilmente no, anche se ad un certo Bernie Ecclestone ogni tanto non dispiacerebbe to- gliersi di torno quei rompiscatole dei piloti....

Paolo D’Alessio Foto: Archivio

40 41 ENDURANCE LALA SFIDA SFIDA È È LANCIATALANCIATA

A Silverstone è inziato il Wec 2016 in modo pirotecnico: l’Audi ha tagliato per prima il traguardo, ma è stata squalificata e la vittoria è andata alla Porsche. A dimostrazione che sarà una stagione ad alta tensione.

42 ontrariamente a quanto si fredda notturna che ha colpito l'Audi, stata la prova, squalifica o non squalifi- potrebbe essere portati a la quale comunque può sempre spe- ca. Forse il fattaccio del fondo indebi- pensare, non è tanto la rare in un riesame (quanto probabile tamente consumato da troppi sfrega- C squalifica dell'Audi R18 di non si sa) della questione da parte del menti su cordoli o asfalto è un sinto- Fässler/Lotterer/Tréluyer a influenza- tribunale sportivo FIA. mo del meticoloso lavoro di sviluppo re in qualche modo il giudizio sulla Aveva preparato al meglio questa tra- portato avanti sulla R18, ma dà forse prova d'apertura del WEC a sferta britannica l'Audi, ormai consa- anche un'idea del limite al quale i tec- Silverstone quanto l'incidente di pevole forse obtorto collo del pro- nici dell'Audi sono arrivati. Hartley che ha messo fuori causa la prio ruolo di outsider di lusso, come Per tener testa alle Porsche 919 oc- Porsche 919 numero 1 mentre si tro- si dice in gergo calcistico. corre studiare tutto fin nei minimi vava al comando. A Monza la squadra aveva già testato particolari, portare ogni settore all'e- L'esclusione dalla classifica finale una configurazione low downforce stremo, ed è proprio in questi casi che dell'Audi pilotata dal trio più presti- che forse si vedrà, magari su una sola giocando con i limiti si rischia di oltre- gioso della squadra di Ingolstadt, da vettura, a Spa il prossimo maggio. passarli anche senza volerlo. La quando Capello/Kristensen/McNish Com'è tradizione, è proprio in Belgio Porsche, a differenza di Audi e Toyota, sono andati in pensione, in sostanza che si scoprono, o magari si svelano non ha una vettura nuova, ma uno svi- non cambia nulla nella valutazione solo un tantino, alcune delle carte da luppo, raffinata quanto si vuole, ma delle prestazioni della vettura: dando giocare poi in giugno a Le Mans, dove pur sempre uno sviluppo, della 919 per scontata la buona fede del team, fare il pesce in barile non è più possi- che sembra aver definitivamente su- c'è semmai da chiedersi cosa sarebbe bile. E l'Audi il pesce in barile l'aveva perato i difetti di gioventù, peraltro accaduto se Hartley non fosse disgra- un po' fatto nei test del Castellet. abbondantemente “curati” nel corso ziatamente incappato nella Porsche Che la squadra avesse l'intenzione di della passata stagione (va ricordato doppiata di Wainwright mentre vanta- preparare al meglio questa stagione, che la LMP1 della Porsche aveva avu- va una trentina di secondi sugli avver- con una vettura nuova in tutte le to concrete chances di aggiudicarsi la sari. È forse questa la vera chiave d'in- componenti – e chissà poi perché 24 Ore di Le Mans già nel 2014, l'anno terpretazione della 6 Ore di continuano a chiamarla R18? - lo si del debutto, la qual cosa non avrebbe Silverstone 2016, al netto della doccia era visto da subito, e Silverstone ne è fatto gridare allo scandalo nessuno). M. MARTELLA M.

43 In questo caso, il pacchetto a disposi- zione della casa di Stoccarda sembra il più equilibrato, e quello di più facile ge- stione. Insomma, la 919 sembra più gui- dabile, magari (ed è tutto da dimostra- re) meno performante sul giro secco, anche se le proibitive condizioni clima- tiche di Silverstone hanno finito per al- terare i valori in gioco, privilegiando la migliore motricità dell'Audi nel corso delle prove, in un contesto più somi- gliante al periodo natalizio che a un weekend di primavera. Queste condizioni non si ritroveranno probabilmente più nel corso della sta- La prima gara del WEC 2016, che si è disputata a Silverstone, è stata caratterizzata da un serrato duello gione e del resto già lo spettacolare av- tra le cugine tedesche Audi e Porsche (in alto la Porsche 919, sotto l’Audi R18, prima del via). La pista ha sancito la vittoria della seconda, ma in tarda serata l’Audi numero 7 è stata squalificata, per consumo vio di gara di Mark Webber la dice lun- eccessivo del fondo, nella parte anteriore, determinato dall’assetto “estremo” della LMP1 tedesca. ga sulla validità complessiva della 919 e sugli ulteriori margini di progresso. L'equilibrio generale delle componenti, ossia quello che oggi come oggi sem- bra il punto di forza della Porsche, è da sempre il segreto per vincere a Le Mans; un equilibrio che in passato è mancato a grandi contendenti usciti dalla 24 Ore puntualmente con le ossa rotte – si vedano le varie Nissan, Toyota – oppure con risultati decisamente in- feriori alle attese nell'arco di un ciclo sportivo (Peugeot 908 docet). La Porsche affronta questa prima parte dell'anno in una situazione psicologica- mente favorevole: a Le Mans la 919 ha già vinto, quindi anche una sconfitta onorevole contro l’Audi assumerebbe un sapore meno amaro. Accattivante, semmai, la prospettiva di sfidare la riva- le con una formazione a ranghi ridotti,

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Ad approfittarne della squalifica dell’Audi (sotto) non è stata solo la Porsche di Dunas-Jani-Lieb (al centro), che si è ritrovata al primo posto, ma anche la Toyota TS050 che ha agguantato un’insperata piazza d’onore. Rispetto allo scorso anno la vettura giapponese (foto in basso) è sembrata in netta crescita, anche se non ancora a livello della Porsche 919 e dell’Audi R18.

due auto contro due, senza possibilità di “sacrificare” eventualmente una vet- tura per il bene della causa. In questo intrecciarsi di sfide alla tede- sca, che fine ha fatto la Toyota? Seconda assoluta, la TS050, ma ancora lontana dal poter mettere il sale sulla coda a Porsche e Audi. Il distacco è diminuito rispetto al gap costantemente lamenta- to nel corso del 2015, ma ancora è dif- ficile parlare di un serio contendente alla vittoria di campionato o almeno di Le Mans, risultato che la Casa giappo- nese insegue da una vita, forse più di ogni altro costruttore. Alla conferenza stampa Toyota alla vigi- lia della 24 Ore, De Chaunac disse

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Una carrellata di foto della prima gara del WEC 2016 e dei test pre-campionato che si sono tenuti sulla pista francese del Castellet. Come si può vedere lo spettacolo non manca né in pista, né fuori e la stagione 2016 del WEC si preannuncia più che mai incerta.

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chiaro e tondo che il budget imposto alla squadra non consentiva di fare di più, neanche in termini di vetture iscrit- te. Ora che la parità è raggiunta e che apparentemente è arrivato qualche soldo in più per il programma LMP1, è logico che la Toyota si sia concentrata quasi esclusivamente su Le Mans. L'incremento di prestazioni mostrato al Castellet è incoraggiante, e in termi- ni relativi è anche superiore ai risultati ottenuti da Audi e Porsche, ma non ba- sta. Accanto all'affidabilità, che sembra un fatto abbastanza assodato, la Toyota deve trovare una maggiore integrazio- ne fra le varie componenti della vettu- ra, peraltro molto valida grazie al nuo- vo V6 turbo e a tutta una serie di svi- luppi aerodinamici ed al sistema ibrido. Mancano semmai i chilometri macinati, Se la battaglia tra Porsche 919 e Audi R18 in LMP1 è stata appassionante (nell’immagine in basso per capire esattamente cosa fare in l’arrivo della vettura numero 2 di Dunas-Jani-Lieb), non meno incerta quella in LMP2, che ha visto il successo della Ligier di Senna (numero 43 in alto a destra). Tanti gli ex-piloti di Formula 1 in questa qualifica e quali settaggi utilizzare in ga- classe: oltre al nipote del compianto Ayrton ci sono Roberto Mehri, Vitaly Petrov e Will Stevens. ra senza perdere del tempo prezioso.

48 La stabilità all'interno del team c'è, e forse avere ben chiari certi obiettivi servirà alla Casa per affrontare Le Mans con alcune possibilità in più. Un indubbio indice di salute del WEC è costituito dalla vivacità delle altre cate- gorie. In LMP2, a un anno di distanza dal varo della nuova regolamentazione che cambierà in modo radicale questa classe, chi potrà ancora esserci nel 2017 e chi invece sarà costretto a cam- biare tutto o quasi non si sono lasciati prendere dalla paura del futuro, con- centrandosi in modo molto sportivo sulla stagione in corso. La varietà e l'interesse tecnico della LMP2 saranno magari più roba da fini intenditori, ma che importa: non ci so- no solo i raffinati contenuti tecnici e la straordinaria varietà di telai e motori, ma anche piloti di ottimo livello che danno vita a gare di grande interesse,

49 come appunto quella di Silverstone, dove Gibson e Ligier si sono alternate al comando, finché la seconda (con Senna/Albuquerque/Gonzalez) l'ha spuntata sulla vettura gemella di Dalziel/Derani/Cumming. Indubbiamente è l'anno della Ligier, che dopo l'abbuffata americana cerca gloria in Europa, aiutata da un Pipo Derani in formato deluxe. Come se non bastas- sero i motivi d'interesse legati ai proto- tipi, nel WEC si batte anche l'élite del GT mondiale, anche se altri campiona- ti sparsi in tutto il pianeta riescono a esprimere valori simili (l'IMSA di que- st'anno, tanto per fare un esempio, non è da meno, e non lo era neppure nel La stagione 2016 è iniziata nel migliore dei modi per la Ferrari e per il Team AF Corse: la neonata F488 di Rigon-Bird si è imposta nella classe GTE-PRO (in alto e al centro a destra), mentre nella 2015). La Ferrari F488 ha iniziato col GTE-AM si è imposta la F458 di Collard-Perrodo-Aguas. L’attesissima Ford GT, al debutto europeo piede giusto la sua carriera europea, fa- (foto in basso a destra) non è invece andata oltre un deludente quarto posto in classe GTE-PRO. vorita forse anche dalla battaglia che si sono date Aston Martin e Porsche, ma al di là dei demeriti della concorrenza (che si possono attribuire anche a scarsa affidabilità), la Ferrari F488 (con Rigon/Bird primi e Bruni/Calado se- condi) ha dimostrato una competitività assoluta, anche in presenza di tattiche conservatrici. Resta da vedere cosa ac- cadrà quando la pressione dei rivali in- glesi e tedeschi si farà più insistente, ma l'inizio è senz'altro ottimo. Tra parente- si, la giornata positiva della Ferrari si è completata con la vittoria in classe “Am” della 458 di Collard/Perrodo/Aguas. La nuova arrivata Ford, per parte sua, fa

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esperienza. Difficile capire il vero valore della nuova GT americana, che tanto aveva impressionato... da ferma alla presentazione ufficiale a Le Mans lo scorso giugno. Troppe le variabili in gio- co, non ultima l'esigenza di ottenere qualcosa di più dal discusso balance of performance. In fondo Le Mans val bene... una frena- ta qualche metro prima a Silverstone o a Spa, ma l'impressione è che le Ford siano ancora troppo acerbe per punta- re a un risultato sensazionale già nel sessantesimo anniversario della prima vittoria assoluta di una Ford alla 24 Ore. Il battage pubblicitario ha puntato naturalmente moltissimo sulla corri- spondenza dei due eventi (Le Mans 1966 – Le Mans 2016), forse anche troppo, considerando che qui si parla “semplicemente” di una GT, ma tant'è: chi ha una storia alle proprie spalle cer- ca di farla fruttare. Ci si avvia dunque a Spa – circuito no- toriamente prezioso per sperimentare soluzioni specifiche in vista di Le Mans – con un ideale mix di certezze e in- terrogativi. E non è questo uno dei mi- gliori indici di salute di un campionato?

David Tarallo Foto: M. Martella -AdrenalMedia.com 51 TURISMO Bentornato spettacolo

Grazie all’handicap di peso, le prime due gare del Wtcc hanno riservato piacevoli sorprese. Ma la crisi del Mondiale è dietro l’angolo, mentre cresce l’apprezzamento per la giovanissima serie TCR.

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iù volte abbiamo espresso il buon viso a cattivo gioco. Lo stesso di- re una zavorra di ben 80 chili. Un rime- nostro disappunto circa gli in- casi del “balance of performance” nelle dio che poteva apparire fin troppo dra- terventi “esterni” della competizioni per vetture a ruote co- stico, perché va ad incidere in maniera P Federazione, Internazionale o perte. Perché spesso diventa difficile importante sull’usura di pneumatici e Nazionale, volti a modificare, o perlo- azzeccare l’equilibrio esatto, dato che freni, e che invece dopo le due gare ini- meno scompaginare, con correttivi vetture uguali come modello possono ziali sembra essere azzeccato. tecnici o artifizi sportivi i valori in pista avere in realtà prestazioni anche molto al fine di rendere più incerto il risultato differenti tra loro in funzione del team ASSALTO ALLA BASTIGLIA aumentando lo spettacolo. che le assiste e dei piloti che le guida- Anche perché nel frattempo sono cre- Prendiamo ad esempio il DRS in F. 1: è no, oppure caricare troppa zavorra sciuti anche gli altri. Le Honda Civic in chiaro che si presta a una doppia inter- può diventare addirittura pericoloso, primis, con i piloti ufficiali costantemen- pretazione, perché da un punto di vista ma in alcuni casi è necessario per non te sul podio e con due centri su quat- prettamente sportivo il sorpasso è uno “uccidere” la competizione e ridare vi- tro all’attivo messi a segno rispettiva- dei momenti clou delle competizioni ta a un campionato. mente dal neo acquisto Huff e da motoristiche, perciò dovrebbe essere È il caso del WTCC, dove per inter- Monteiro. Una costanza di risultati che, lasciato alla bravura del pilota, però rompere il dominio assoluto della unitamente alla conquista della Mac3 dobbiamo ammettere che questa re- Citroën verificatosi nelle ultime due (la sfida a squadre composte di tre vet- gola ha movimentato non poco i gran stagioni, con logico calo di interesse, è ture che assegna 10 punti ai vincitori) premi. Quindi, non ci rimane che fare stato imposto alle C-Elysèe di carica- in Slovacchia, ha proiettato la Casa nip- ponica in cima alla classifica Costruttori e Piloti. Quindi la drastica cura adottata du- rante l’inverno in ca- sa Jas, con l’inne- sto in squadra di due ma- stini come

53 Citroën C-Elysée, Honda Civic, la debuttante Volvo S60 e la Lada Vesta (immagini sopra) sono le protagoniste, con le Chevrolet RML Cruze, del Mondiale Turismo 2016. A destra, il campione in carica José Maria Lopez, con l'appesantita Citroën, e Tiago Monteiro, con una "prestante” Honda sono i due piloti in testa alla classifica provvisoria del WTCC.

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Rob Huff (in sostituzione di Tarquini) e Norbert Michelisz ma soprattutto di una nuova guida tecnica con l’arrivo dell’ex RML Duncan Laylock, ha porta- to i suoi frutti. Come ci spiega Alessandro Mariani: «Ci serviva dare nuovi stimoli alla squadra, con persone nuove, in modo tale da cambiare l’ap- proccio alla messa a punto sulla quale forse ci eravamo un po’ fossilizzati». Ma si è fatta minacciosa anche la Lada, con l’olandese Nicky Catsberg che ha portato la Vesta TC1 sul terzo gradino del podio in gara2 allo Slovakia Ring dopo che il nostro Gabriele Tarquini c’era arrivato vicino anche in gara 1. Quindi non un fuoco di paglia, ma la conferma di quanto di buono già mo- strato a Le Castellet con due quinti po- sti a poca distanza dal podio. E non scherza neppure la new entry Volvo S60, che anche in questo caso conferma quanto di buono mostrato nei test collettivi pre campionato. Soprattutto nella main race slovacca, con Thed Bjork che in gara ha tenuto il passo delle Civic riuscendo pure e fre- gare nel finale Bennani, con la Citroën del Sebastian Loeb Racing, conquistan- do un ottimo quarto posto. Un ordine di arrivo, con quattro vetture diverse

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Una carrellata di immagini delle prime gare stagionali del WTCC: le vetture sono poche, ma di altissimo livello, così come i piloti e non è che le immacabili pit-babes facciano rimpiangere altre categorie.

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ai primi quattro posti, che fa ben spe- rare per lo spettacolo nel prosieguo del campionato. A patto che la Federazione, in occasione della verifi- ca prevista prima del terzo round non vada a modificare gli attuali correttivi, almeno per quanto riguarda le C- Elysèe, che paiono funzionare a dove- re. Non ce ne vogliano i piloti della Citroën, ma in questo caso crediamo di poter parlare di giusta causa.

POCHI MA BUONI Però, come ogni medaglia, ha pure un rovescio. Nello specifico il numero dei partenti: meno di 20. Pochi per un mondiale. Certo con i tempi, economi-

Se si è fatta più minacciosa la Lada, con Catsberg terzo in gara 2 allo Slovakia Ring, per ora la lotta ci, che tirano ci siamo abituati a griglie per il titolo è tra Lopez (a destra festeggia la prima vittoria dell’anno) e Monteiro (in basso, mentre di partenza piuttosto scarne, ma per la abbraccia letteralmente la sua Honda Civic) che si sono anche divisi le vittorie in Slovacchia. massima categoria per vetture Turismo, quelle che dovrebbero identificarsi con le sorelle che le Case producono per circolare su strada, avere meno di ven- ti macchine, di cui meno della metà “buone” è un po’ riduttivo. Soprattutto se pensiamo che a fine an- no è già certo che la Citroën abbando- nerà la compagnia lasciando solo tre marchi a competere. Posto che riman- gano tutti. Mentre se guardiamo all’“al- tro” campionato internazionale Turismo, il TCR, non possiamo che restare mera- vigliati del successo che la serie ha avu- to a un solo anno dalla nascita, con un elevato numero di iscritti e di diversi marchi (Honda, Seat, Volkswagen, Opel, Subaru, Alfa Romeo), a compe- tere tra loro. Una regolamentazione che inoltre ha il merito di avere rilan- ciato la categoria Turismo a livello na- zionale in molti paesi. E la ricetta è semplice: innanzitutto costi infinita- mente più bassi e controllati, oltre alla possibilità per un team che partecipa alla serie internazionale di poter poi fa- cilmente vendere le vetture usate, gra- zie alla regolamentazione unica a livello globale, cosa impossibile per una TC1 che può correre solo nel WTCC. Da qui la fuga dei team privati dal campio- nato iridato, che l’anno prossimo po- trebbe portare a un allarmante impo- verimento della griglia di partenza. Meditate gente, meditate. Eugenio Mosca Foto: Archivio

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60 Dopo la vittoria conseguita al Ciocco, la coppia campione in carica, Andreucci-Andreussi, (a sinistra) si è ripetuta anche al Sanremo e guida la classifica provvisoria del CIR 2016.

rimo Paolo Andreucci, secondo sto posto (quinto agli effetti del CIR) to- Giandomenico Basso, e Um- talizza 21 punti. L’ottimo Alessandro berto Scandola. Questa la classi- Perico, terzo e quarto al Ciocco, quarto fica provvisoria del Cam-pionato e secondo al Sanremo, ne ha 19. Infine, P Italiano Rally 2016 maturata do- Umberto Scandola, quarto e terzo al po le prime due gare, il Rally Il Ciocco e Ciocco, primo e ritirato in Liguria, è a il Sanremo, entrambe su asfalto. Fin qui quota 16,5. Con il sistema in vigore fino niente di nuovo. I tre sono i più forti e i all’anno scorso, ovvero con i punteggi più accreditati per la corsa al titolo, tutti pieni legati alla classifica assoluta com- al volante di vetture R5, nell’ordine la plessiva, Andreucci avrebbe 30 punti, Peugeot 208 T16 di Peugeot Italia, la Ford Perico 20, Basso 18, Scandola 10. Fiesta LDi alimentata a GPL della BRC, e la Ma questi sono solo giochi numerici. Fabia di Škoda Motorsport Italia. Invece la doppia gara e la limitazione dei Eppure qualcosa è cambiato. Sì certo, i pneumatici sembrano bloccare tattiche e punteggi. Con il nuovo sistema della dop- strategie. Ma forse l’appunto più severo pia gara, in pratica le due tappe del rally, i è sulla consistenza delle due gare, con un punti vengono assegnati separatamente, totale di 80 chilometri di Prove Speciali al 50%, in ognuna delle due frazioni. per giornata, gli stessi 80 chilometri che Succede così che Andreucci che, dopo in Messico li hanno affrontati nella P.S. di aver vinto le due gare al Ciocco, a Guanajuato l’ultima giornata. Siamo a li- Sanremo conteggia un terzo e un primo vello di un Rally Nazionale…L’intenzione posto per un totale di 27,5 punti. Basso, del legislatore era evidentemente quella nelle quattro gare ha tre secondi e un se- di vivacizzare il torneo evitando conclusio-

Solita grande partenza di Paolo Andreucci che quest’anno, però, deve fare i conti con il nuovo format nella distribuzione dei punti. Così la lotta per il titolo rimarrà aperta fino all’ultimo?

61 Giandomenico Basso (Ford Fiesta), Umberto Scandola (Skoda Fabia) e Paolo Andreucci (Peugeot 208 T16) restano i favoriti, con Alessandro Perico, per il titolo 2016, ma per ora a festeggiare è sempre la coppia di pluricampioni della Casa del Leone.

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ni anticipate, arrivando magari all’ultimo pito di lanciare definitivamente Michele round con tutto da giocare. Da questo Tassone, il Campione Junior promosso in punto di vista Umberto Scandola che, no- pianta stabile sulla Peugeot 208 T16, ma fi- nostante la sfortuna, ha dimostrato tutto il nora piuttosto sfortunato. suo potenziale con la Fabia R5 di Škoda A proposito di giovani, il ventunenne Motorsport Italia, è perfettamente in linea, Simone Tempestini, che già vanta espe- al pari di Gian Domenico Basso con la rienze nel WRC, ha deciso di frequentare Fiesta GPL, al centro di qualche polemica il CIR, dopo aver vinto in Romania. Con la per le ulteriori deroghe tecniche. Certo Ford Fiesta R5 del Team Bernini Rally, che Paolo Andreucci con la Peugeot 208 gommata Hankook, dopo la vittoria nel T16 si conferma fortissimo, e con Anna Raceday Terra, ha iniziato con un quinto Andreussi può giustamente cullare il pro- posto assoluto, secondo tra gli iscritti al getto del titolo numero dieci. TRA, al Rally Il Ciocco. In grande spolvero, come visto, è Con una Fiesta R5 Ford Racing gommata Alessandro Perico pilota e team owner Hankook della Erreffe da seguire anche il della Peugeot 208 T16 della PA Racing, venticinquenne svizzero Stefano Baccega che in effetti oltre a puntare al Trofeo che ha iniziato la stagione con risultati va- Asfalto può togliere punti importanti agli lidi, due sesti al Ciocco e un ottavo in altri challenger. PA Racing ha anche il com- Riviera.Molto importante è pure il recu-

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pero di due valori assoluti del rallismo ita- liano come Simone Campedelli e Andrea Nucita. Il trentenne romagnolo è nuova- mente sbarcato nel CIR con un eclatante terzo posto al Rally Sanremo, dove ha completato la tripletta Peugeot con la 208 T16 di Munaretto. Sempre a Sanremo il rientro positivo del venticinquenne sicilia- no, quinto con la Fiesta RRC della Delta Racing. Per entrambi speriamo che l’impe- gno possa coprire tutto il resto della sta- gione. Infine, la componente Citroën, rap- presentata dalle DS3 R5 di Procar Motorsport, affidate a Rudy Michelini e Gabriele Ciavarella, “Ciava” nelle classifi- che. Dopo le prime due gare sono al ter- zo e al quarto posto nel Trofeo Asfalto, dove potrebbero essere i principali rivali di Perico per il titolo. Ma spicca soprattutto la prestazione di Michelini al Sanremo, con il toscano quar- to in gara 2 e unico capace di strappare una prova speciale al trio Andreucci, Scandola, Basso. Per quanto riguarda le al- tre classifiche tricolori, Peugeot oltre al Costruttori, monopolizza anche il Campionato Junior. Qui c’è una situazione molto fluida. Al doppio successo di Giorgio Bernardi al Ciocco con la 208 R2 della Gliese - Motorsport Engineering, ha fatto riscon- tro il ritiro al Sanremo, dove hanno vinto Giuseppe Testa del Peugeot Junior Team e Marco Pollara, con la vettura preparata da Munaretto. Il portacolori della CST Sport è in testa alla classifica proprio alla vigilia della Targa Florio, la sua gara di casa. Nel 2RM al vertice i due protagonisti del Trofeo Clio, Ivan Ferrarotti e Luca Panzani, entrambi con le Clio R3T, e nell’R1 i “su- zukisti” Jacopo Lucarelli, Stefano Martinelli e Gianluca Saresera. Con il Trofeo Suzuki sbarca nel CIR Lisa Meggiarin, grande pro- tagonista del Trofeo A112 Abarth nell’am- bito del Campionato Italiano Rally Auto Storiche, mentre per il Femminile sono in lizza anche Corinne Federighi con la Renault Clio R3C e Beatrice Calvi con la Peugeot 208 R2. Ora la carovana tricolore è attesa sulle strade delle Madonie per la 100TH Targa, poi dai due appuntamenti su terra dell’Adriatico e del San Marino. Tre doppie gare cruciali… do

Franco Carmignani Foto: Archivio

64 Il dominio delle Peugeot 208 è confermato anche dalle prestazioni di Marco Pollara, primo nella classifica Junior, Simone Campedelli ed Alessandro Perico che attualmente è terzo in campionato davanti a Scandola. Terzo e quarto posto nel Trofeo Asfalto per le DS3 di "Ciava" (nell’immagine in basso a destra) e di Rudy Michelini (sotto) quarto in gara 2 al Sanremo.

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IL FASCINO DELLA TARGA FLORIO

Su una cosa non ci sono dubbi: la Targa Florio, che nel 2016 compie 100 anni, non è solo una delle più antiche competizioni automobilistiche e la corsa italiana più famosa nel mondo, insieme alla Mille Miglia. Ma molto, mol- to di più. Sfrecciare con le vetture sport sulle tortuose strade delle Madonie, costituiva un’avventura unica nel suo genere, un’impresa che ti faceva entrare di diritto nella storia dell’automobilismo. E vincerla contava quasi come arrivare primi a Le Mans, o aggiudicarsi il Mondiale Marche. Sulla gara voluta, crea- ta, finanziata ed organizzata nel lontano 1906 dall’imprenditore palermitano Vincenzo Florio, si sono versati fiu- mi d’inchiostro, scritti infiniti articoli, realizzati decine di libri. Tra tutte le pubblicazioni uscite di recente sull’ar- gomento, vogliamo segnalare due volumi di particolare pregio, curate da autori competenti e appassionati, come Ed Heuveink, Mark Koense, Enzo Manzo o l’americano Michael Keyser, che ha anche partecipato ad alcune edi- zioni della gara siciliana, al volante di una Porsche 911. Volumi di grande pregio, curati nei testi, quando nella raffi- nata veste grafica e nella ricca documentazione fotografica. Due opere “imperdibili” per i veri appassionati. TARGA FLORIO 1955-1973 Di Ed Heuvunk - Bernard Cahier McKLEIN PUBLISHING Prezzo: 99,90 Euro http://www.rallyandracing.com [email protected] RACING DEMONS - PORSCHE AND THE TARGA FLORIO Michael Keyser – Mark Koense – Enzo Manzo AUTOSPORT MARKETING Prezzo: 89,0 $ https://www.autosportsltd.com [email protected]

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