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SBORNIK PRACÌ FILOZOFICKÉ FAKULTY BRNÉNSKÉ UNIVERZITY STUDIA MINORA FACULTATIS PHILOSOPHICAE UNIVERSITATIS BRUNENSIS N6-7, 2001-2002

CELESTINA MILANI - MARIO IODICE

NOTE SULLA LINGUA DELLE ISCRIZIONI GRECHE DI

1. Profilo storico

Da Tucidide (VI, 4, 1) sappiamo che, al tempo della fondazione delle prime colonie calcidesi, coloni partiti da Nisea sotto la guida dell'ecista Lamis giunsero nella orientale stabilendosi inizialmente sul fiume Pantacia, nella località chiamata Trotilo; lasciata questa zona, si trasferirono in Leontini dove convissero per un certo periodo con i Calcidesi. Costretti poi a lasciare Leontini, si spostarono a Tapso, dove morì Lamis, per essere finalmente accolti dal re siculo Iblone che concesse loro un determinato territorio ove sorse la città chiamata Megara Iblea nel cui nome è viva la memo­ ria della partecipazione sicula, in un rapporto analogo a quello che intercorse tra Sibariti e comuntità itale della chora. Fondata, dopo tre sfortunati tentativi, intorno al 751/50 a.C. o nel 728/27 a.C, si troverà presto stretta tra le colonie calcidesi, la corinzia Siracusa e le città sicule dell'interno; insofferente a questa situazione, una parte della popolazione emigrerà verso la Sicilia occidentale alla ricerca di condizioni più favorevoli. Megara Iblea cadrà nel 483/82 a.C. sotto Gelone, tiranno di Siracusa (Erodoto VI, 156). La terra verso cui salparono i Megaresi sicelioti insieme con i Mega­ resi della metropolis guidati dal fondatore Pammilo era Selinunte1.

I paragrafi 1 e 2 sono di C. Milani, i paragrafi 3-6 sono di M. Iodice. J. HULOT - G. FOUGÈRES, Sélinoìite, Paris 1910; E. ZIEGLER in Pauly-Wissowa, Real- Encycl, II A, col. 1266 ss; K. HANELL, Megarische studien, Lund 1934; J. BÉRARD, Bibliog- raphìe topographique des principales cités grecques de l'Italie meridionale et de la Sicile dans l'antiquité, Paris 1941; T. J. DUNBABIN, The Western Greeks, Oxford 1948; E. GADRICI in En­ ciclopedia Treccani, XXXI, pp. 324-326, tavv. LXIH-LXrV, Roma 1950; J. BÉRARD, La colonisation grecque de l'Italie Meridionale et de la Sicile dans l'antiquité, Paris 1957; L. PARETI, Sicilia antica, Palermo 1959; M. SANTANGELO, Selinunte, Roma 1961; A. HOLM, Storia della Sicilia nella antichità, Bologna 1965; M. I. FINLEY, Storia della Sicilia antica, Bari 1970; R. MARTIN, Histoire de Sélinonte d'après les fouilles récentes, in «CRAI» (1977), pp.46-63; G. PUGLIESE CARRATELLI, L'oggetto storico di Selinunte, in La scultura in pietra di Selinunte, Palermo 1984; F. COARELLI - M. TORELLI, Sicilia, Guide archeologiche, Roma-Bari 1984; A. Di VITA, Selinunte, in Sikanie. Storia e civiltà della Sicilia greca, Milano 1985; D. MUSTI, Storia greca, Bari 1989; AA. VV., Sicilia. Guida d'Italia, Touring Club Italiano, Mi- 158 CELESTINA MILANI - MARIO IODICE

La partecipazione della metropolis postula un progetto più ampio e una pon­ derata meditazione anteriore sui dati e le possibilità: si potrebbe pensare ad un ritorno in luoghi già visitati forse in età precoloniale da navigatori della Me- garide. E' molto probabile comunque una penetrazione progressiva per emporio, a partire dalla metà del VII secolo. La città sorgeva su un pianoro di natura calcarea orientato nord-sud e termi­ nante a strapiombo, elevato circa 30 metri sul livello del mare e delimitato ad ovest dal fiume Modione, l'antico Selinos, ad est dalle acque del Cottone alla cui foce era situato il porto della città. Il nome, molto nel mondo ellenico, attestato come fiume in Acaia, nell'Elide, presso Efeso, nella Misia e forse nella Cilicia, come città in Cilicia, in Egitto nella Marmarica, sul Pepareto, deriva alla città dall'antico fiume omonimo, il Selinos. La parola greca selinon significa «apio» «ipposelino», una pianta che cresceva abbondante in questa zona e che divenne l'emblema della città come è ben documentato dalla tradizione numismatica. Plutarco {De Pyth., 2) riferisce che i Selinuntini consacrarono a Delfi un selinon d'oro, aggiungendo che questo era l'emblema e il parasemon della città. Controversa è la data della ktisis2 della città a causa di due tradizioni storio­ grafiche differenti, di cui l'una fa capo a Tucidide (I, 24, 2), l'altra a Diodoro Siculo (XIII, 59, 4). Tucidide afferma che Megara fu fondata 245 anni prima della caduta di Sira­ cusa (VI, 4, 2) che Erodoto (VI, 156) pone sotto Gelone, poco prima della batta­ glia di Imera e appena dopo il 485: siamo all'incirca nel 728 a.C. Selinunte sarebbe stata fondata 100 anni dopo Megara, quindi all'incirca in­ torno al 628 a.C: «rcpìv 5é àaaTfjvcu, èxeaiv ftoTepov éKcctòv T\ aÙTOùq oÌKiaai, nau.p_iX.ov 7tép.\j/avT£q EeTavowTa KTL^OUOI, KCÙ èie Meyàpcov xr\c, p.T|Tpo7tóA.EC0<; oi3aT|<; amoic, èjteA,9à>v ^"oyicaTqjKioev» (VI, 4, 2). Anche lo Pseudo-Scimno attribuisce ai Megaresi la colonizzazione di Seli­ nunte, ponendola tra le città greche di Sicilia e situandone la fondazione anterior­ mente a quella di : «tòte, Acopucàc, 8é nakiv àvayicatov (ppàoai. Meyapetq ZeTavouvO', oi Te^còi 5'eicn.aav 'AKpàyavxa» (291-293). Ulteriore conferma viene da due passi di Strabone: «EeTiivo'uvta Sé (scil. eKT.iaav) oi canóOi Meyapetq (VI, 272=2, 6); «à'kXoc, 5é EeÀivo'Oq ó napà tote, 'YpA.aioi<; MeyapE"oai, ot>c, àvéaTncav Kap^-nSóvim» (VIII, 386=8, 5).

lano 1989; AA. VV., Le città greche, in La Sicilia antica, Padova 1992; L. BIANCO, A. SAMMARTANO. Selinunte, Mai-sala 1998. R. VON COMPERNOLLE, La date de fondation de Sélinonte, in «Bull, de l'Institut Hist. Belge» XVII (1952), pp. 317-356; J. DOVER, La colonizzazione della Sicilia in Tucidide, in «Maia» VI (1953), pp. 1-20; R. VON COMPERNOLLE, Les date de fondation des colonies sicilioies, in «Antichità classiche» XXV (1956), pp. 100-105; M. T. PIRAINO, Sulla cronologia delle fon­ dazioni siceliote, in «Kokalos» ITI (1957), pp. 123-127; G. VALLET, F. VILLARD, La date de fondation de Sélinonte , in «Bull. Corr. Hell.» (1958), pp. 16-26. NOTE SULLA LINGUA DELLE ISCRIZIONI GRECHE DI SELINUNTE 159

Diodoro colloca la caduta di Selinunte nel 409/8 a.C, dopo 242 anni di vita della città (XIII, 59) che sarebbe stata fondata così nel 651/0 a.C, ossia 23 anni prima della data approssimativa che si ricava da Tucidide. La data del 650 potrebbe riferirsi ai primi contatti dei Megaresi col territorio selinuntino e alla fondazione di un primo emporio commerciale; la data del 628 alla più consistente immigrazione dei coloni e alla fondazione. Sappiamo che immigrazioni successive di coloni si ebbero sia negli ultimi de­ cenni del VII secolo sia per tutto il VI secolo, fino agli inizi del V. La datazione diodorea si accorda con quella di S. Girolamo del 646 a.C. Il problema rimane aperto anche se attualmente la maggior parte degli studio­ si propende per la cronologia alta diodorea. Nata come colonia di popolamento a carattere agricolo-commerciale, Seli­ nunte conobbe nel VI e nel V secolo un notevole sviluppo demografico, urban­ istico ed economico3. Diodoro (XIII, 44) la ricorda come una delle città più prospere e popolate della Sicilia. La realizzazione di imponenti architetture è il segno più eloquente di ric­ chezza, specie dove non c'erano santuari come a Delfi o Olimpia, in grado di attirare ricchi contributi dall'estero. Ulteriore conferma della ricchezza selinuntina viene dalla celebre iscrizione del tempio G (IG XIV 268 =Arena 53) in cui si menzionano 60 talenti (quantità notevole, quale che sia il valore esatto del talento), e da un passo di Tucidide (VI, 20) in cui si parla delle ricchezze contenute nei santuari selinuntini; anche Dio­ doro (XHI, 57,4, derivante da Timeo) conferma l'esistenza di grandi ricchezze. Era praticata una rigogliosa agricoltura con ricca produzione di cereali e olio. Intensi i rapporti commerciali non solo con le città greche di Sicilia ma anche con il mondo punico. Nell'ambito di una politica espansionistica, intorno alla metà del VI secolo, sarà fondata la subcolonia di Eraclea Minoa (Erodoto V, 46) che poi nel IV secolo entrerà nella sfera di influenza agrigentina. Mentre appaiono incerti i confini verso nord, ad ovest è attribuibile a Selinunte una ampia zona di terre fertili in cui sorgeva anche l'emporio di Mazara. Sulle vicende storiche della città, soprattutto quelle iniziali, la tradizione an­ tica non è stata particolarmente generosa. Nei primi anni di vita la colonia fu impegnata in guerra contro i vicini Elimi per appoggiare i tentativi espansionistici promossi nel corso del VI sec a.C. da due eraclidi Pentatlo (580 a.C.) e Dorieo (510 a.C.) che cercarono di insediare coloni greci nella Sicilia occidentale ma furono sconfitti a causa della resistenza opposta dall'elemento fenicio alleato degli Elimi. Le fonti parlano per il VI sec. a.C. di almeno due tiranni, Pitagora e il suo successore Eurileonte, un superstite della sfortunata apoikìa di Eraclea nel ter­ ritorio di . Intorno al 510 a.C. il demagogo Pitagora si era impadronito del potere per

C. AMPOLO, Le ricchezze dei Selinuntini: Tucidide VI 20, 4 e l'iscrizione del tempio G di Selinunte, in «PdP» XXXIX (1984), pp. 81-89. 160 CELESTINA MILANI - MARIO IODICE essere poi spodestato da Eurileonte che ripristinò il potere oligarchico, finendo ucciso sull'altare di Zeus Agoraios (Erodoto V, 46). Anteriormente a questi due tyrannoi non sappiamo quale tipo di governo reg­ gesse Selinunte, è ipotizzabile comunque la presenza di reggimenti autoritari. Appare incerta la figura del tiranno Terone, figlio di Milziade (Polieno I, 28), collegata al fallimento dell'impresa di Pentatlo e alle imprese vittoriose del carta­ ginese Malco (570 a.C). Perseguendo una politica filocartaginese dovuta a motivi economici, nel V sec. Selinunte si manterrà neutrale nel grande scontro greco-punico di Imera (480 a.C), nonostante formali atteggiamenti di solidarietà ellenica (Diodoro XI, 68, 1) e l'ospitalità concessa a Giscone, figlio del cartaginese Amilcare, caduto a Imera (Diodoro XIII, 43, 5). In questo contesto Diodoro ci informa di un partito aristocratico filocartagi­ nese e di uno democratico fautore di un'alleanza con le altre città siceliote. Intorno al 458/57 si arriva all'alleanza tra Atene e gli Elmi, cui fa da contrap­ punto l'alleanza fra Selinunte e Lilibeo: è il preannuncio del grande conflitto siracusano-ateniese. Numerosi e continui furono i contrasti tra Selinunte e per questioni territoriali e giuridiche; all'ennesima ingerenza selinuntina, la città elima, nel 413, chiese l'intervento di Atene e di Cartagine, mentre Selinunte si rivolse a Siracusa, Agrigento e . Il generale ateniese Nicia pensò di fare rotta inizialmente su Selinunte per ac­ contentare i Segestani ed evitare un impatto immediato con Siracusa ma alla fine la linea dello scontro diretto, propugnata da Lamaco e Alcibiade (Tucidide VI, 25ss), prevalse. Selinunte non riuscì a portare il suo aiuto all'assediata Sira­ cusa, sia per la guerriglia opposta dagli indigeni della città di Halykiai, legata ad Atene, sia per l'opposizione di Agrigento e di Centuripe al passaggio delle truppe selinuntine dirette ad oriente. Fallita l'impresa ateniese (415-413), Segesta si affidò a Cartagine. Nel 409 Annibale con un esercito di 5.000 mercenari libici e 800 campani sbarca sul promontorio del Lilibeo e da lì, congiuntosi con le milizie dei Seges­ tani, muove verso Selinunte. Con una rapida manovra prese la fortezza selinuntina situata sulla foce del Mazaro a difesa del porto e piombò sulla città attaccandola su due lati. Abbandonati a se stessi, gli aiuti siracusani, agrigentini e gelesi tardarono in­ fatti ad arrivare, i Selinuntini resistettero con tenacia per nove giorni ma alla fine dovettero soccombere. Diodoro (XIII, 43) racconta che circa 16.000 Selinuntini furono massacrati, 5.000 furono resi prigionieri; Annibale risparmiò solamente le donne e i bam­ bini che si erano rifugiati nei templi, mentre alcuni riuscirono a fuggire nelle vicine Agrigento e Gela. Dopo la distruzione del 409, Selinunte tornò ad essere abitata ma senza rag­ giungere più lo splendore di un tempo. Nel 407 il siracusano Ermocrate, bandito dalla patria, si diresse a Selinunte e la ripopolò con circa 6.000 cittadini (Diodoro XIII, 63) e da lì mosse contro NOTE SULLA LINGUA DELLE ISCRIZIONI GRECHE DI SELINUNTE 161 i territori cartaginesi e le città puniche di Mozia e Panormo, per cadere poi mentre era intento alla conquista di Siracusa. All'inizio del IV sec, soldati selinuntini fecero parte della armata di Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa, che nel 397 attaccò e distrusse Mozia, base della potenza cartaginese nella Sicilia occidentale.4 Fallite le successive imprese di Dionisio in Magna Grecia e contro Lilibeo, con gli accordi di pace greco- cartaginesi del 405, 383, 314, 306 a.C, si stabilì sul fiume Halykos il confine tra la zona d'influenza siracusana e la zona di in­ fluenza cartaginese. Entrata nell'epicratia cartaginese, Selinunte divenne la base punica più ori­ entale sulla costa meridionale della Sicilia. La città fu fortificata dai Cartaginesi e ricostruita ma solo nell'area dove sor­ geva prima l'acropoli; non le sarà riconosciuta una particolare funzione militare a differenza di Eraclea Minoa posta sul confine (Diodoro, XX 56) e non rivestirà più alcun interesse per i Greci che dal 383 la considerarono perduta per sempre e la rinuncia che ne fa Agatocle a favore dei Cartaginesi (Diodoro, XIX 71) viene a riconoscere un dato di fatto già sancito nel 383 e nel 339 pur dopo la strepitosa vittoria di Timoleonte al Crimiso. Dunque con la seconda metà del IV secolo assistiamo al graduale trapasso in Selinunte della civiltà greca a quella punica o comunque all'imbarbarirsi del più puro centro dell' ellenismo della Sicilia occidentale. Chiari elementi punici sono riscontrabili nella tecnica costruttiva, ad esempio nei muri a telaio costituiti da pilastri di pietra alternati con riempimenti di pietre non squadrate; in alcune aree sacre tipicamente puniche; oltre a diversi segni punici, in due pavimenti è stato rinvenuto, fatto unico finora nei centri punici della Sicilia, il segno di Tanit col cadùcèo; numerose inoltre le stele gemine raf­ figuranti tipi punici; numerosissime le monete, qualcuno ipotizza addirittura l'esistenza di una zecca punica a Selinunte. Una parentesi è rappresentata dalla spedizione di Pirro in Sicilia nel 276, du­ rante la quale anche i Selinuntini si allearono col principe epirota, fino all'intervento dei Romani in Sicilia nel corso della prima guerra punica. Cartagine concentrò allora le sue forze nella fortezza di Lilibeo dove nel 250 fece trasferire la popolazione di Selinunte, distruggendo di nuovo la città e ab­ bandonandola alle rovine. Con quest'ultima vicenda possiamo considerare conclusa la storia di Selinunte. L'ipotesi di una Selinunte romana sostenuta in passato da qualche studioso, oggi è largamente considerata inconsistente: non sono stati trovati documenti romani che possano con sicurezza accreditare tale opinione.5 Diodoro, dopo la

A. Di VITA, L'elemento punico a Selinunte nel IV e nel III secolo a.C, in «Archeologia classica» V (1953), pp. 39-47; V. TUSA, L' irradiazione della civiltà greca nella Sicilia occidentale, in «Kokalos» Vili (1962), pp. 153-166; V. MERANTE, Sui rapporti greco- punici nel Mediterraneo occidentale nel VI secolo a.C, in «Kokalos» XVI (1970), pp. 98- 138; V. TUSA, / Cartaginesi nella Sicilia occidentale, in «Kokalos» (1982-83), pp. 131- 146; V. TUSA, La problematica archeologica relativa alla penetrazione fenicio-punica e alla storia della civiltà punica in Sicilia, in La Sicilia antica , Padova 1992. J. BOVIO-MARCONI, Inconsistenza di una Selinunte romana, in «Kokalos» HI (1957), pp. 70-78. 162 CELESTINA MILANI - MARIO IODICE distruzione della città nella metà del III secolo, non parla più di Selinunte. Strabone (VI, 2, 6) l'annovera fra i centri disabitati ai tempi di Augusto e Ti­ berio; Cicerone non la menziona nelle Verrine; i riferimenti di Silio Italico (Pun. , XIV 200) non hanno valore storico così come quelli di Plinio (N. H., Ili 8). Nel Medioevo si perse il nome della città; pare che, nel periodo alto, vi di­ morassero eremiti e comunità religiose. Gli Arabi la chiamarono Rahl-al-Asnam, Casale degli idoli o dei pilastri, forse in seguito alla costruzione di un casale. Col termine «Terra di li Pulichi» (Terra di Polluce?), la località viene citata in documenti notarili del XVI secolo. Nella seconda metà del XVI secolo, la città fu riscoperta dallo storico siciliano Tommaso Fazello (1498-1570). Per secoli servì come cava di pietre e le 'devastazioni continuarono anche dopo un divieto di re Ferdinando HI (1779) e cessarono solo quando il governo italiano vi pose una custodia permanente. Nel 1823 hanno avuto inizio gli scavi archeologici che con­ tinuano ancora oggi, portando alla luce numerose vestigia di un passato che ha affascinato e tuttora incanta viaggiatori e studiosi di ogni parte del mondo.6 Di straordinaria bellezza i templi, indicati convenzionalmente con lettere dell'alfabeto, essendo incerta l'attribuzione alle diverse divinità7, unici nella Sicilia greca ad essere ornati di sculture: si ricordino almeno i maestosi templi E (Era ?), F (Atena ?), G (Zeus?). Per quanto concerne la monetazione8, ricordiamo che Selinunte, insieme con ed Imera, fu tra le prime colonie siciliane a battere moneta, con una probabile derivazione del sistema metrologico da Corinto. I primi esemplari monetali risalgono all'ultimo quarto del VI secolo. Venendo finalmente alla religione selinuntina9, preziose informazioni possono ricavarsi dal testo di alcune iscrizioni (cfr. IG XIV 268=Arena 53), dai reperti ar­ cheologici (metope in particolare) e dai riscontri numismatici. Nella celebre is­ crizione del tempio G sono ricordati Zeus, Phobos, , , Poseidon, i Tindaridi, Atena, la Malophoros, Pasikrateia. Dal testo si evince chiaramente un senso di primazia avuto da Zeus. Particolarmente venerato Apollo, anche con l'appellativo di Paian (cfr. IG XIV 269=Arena 36). Esteso il culto di Demetra «dea della fecondità» ma anche «signora degli inferi» e di Persefone, ricordate attraverso gli epiteti di Malophoros e Pasikrateia. Sarebbero testimoniate anche

E. GABRICI, Studi archeologici selìnuntini, in «Monumenti antichi» XLIII (1956), pp. 205- 407; V. TUSA, Le necropoli di Selinunte, in «Odeon» (1971), pp. 177 ss.; G. NENCI, Le cave di Selinunte, in «ASNP» IX (1979), pp. 1415-1427. C. KERÉNYI, Le divinità e ì templi di Selinunte, in «Kokalos» XII (1966), pp. 3-7; V. TUSA, Le divinità e i templi di Selinunte, in «Kokalos» XIII (1967), pp. 186-193; G. BEJOR, Problemi di localizzazione di culti a Selinunte, in «ASNP» (1977), pp. 439-457. A. TUSA CUTRONI, Aspetti e problemi della monetazione arcaica di Selinunte, in «Kokalos» XXI (1975), pp. 154-173. L. PARETI, Per una storia dei culli della Sicilia antica: Selinunte e Megara Iblea in «Studi siciliani e italioti», I, Firenze 1920; E. MANNI, Sicilia antica, Palermo 1963; A. BRELICH, La religione greca in Sicilia, in «Kokalos» X-XI (1964-65), pp. 35ss.; E. MANNI, Da Me­ gara Iblea a Selinunte: le divinità , in «Kokalos» XXI (1975), pp. 174-195; A. GIULIANI, La purificazione degli Elasteroi nella legge sacra di Selinunte, in «Aevum» LXXII (1998), pp. 67-89. NOTE SULLA LINGUA DELLE ISCRIZIONI GRECHE DI SELINUNTE 163 devozioni verso Ecate, Artemide, Ade, Afrodite, Eros, Dioniso, Minosse, Dedalo e ninfe locali insieme con diverse divinità fluviali (Selino, Ipsa, Acate).

2. Alfabeto e osservazioni paleografiche.

L'alfabeto di Selinunte10, derivante da Megara Nisea attraverso Megara Iblea, ma con caratteristiche proprie fissatesi rapidamente e conservatesi poi stabil­ mente nel tempo, con una successiva graduale diffusione nei limitrofi territori, è collocabile nell'ambito degli alfabeti di tipo «azzurro scuro». Cronologica­ mente le iscrizioni più arcaiche sono della fine del VII secolo a.C, la documen­ tazione più abbondante risale invece al periodo tra il 550 e il 450 a.C. Le iscrizioni presentano i tre sistemi principali di direzione della scrittura: prevale la direzione bustrofedica (da sinistra a destra o da destra a sinistra e viceversa) ma è ben attestata anche la direzione retrograda o sinistrorsa (da destra a sinistra). Non mancano esempi di scrittura progressiva o destrorsa ( da sinistra a destra). In una defixìo del 450 a.C. (cfr. n. 69)11 si noti che la male­ dizione è scritta in senso progressivo mentre i nomi dei defissi sono scritti in senso regressivo. Può capitare talvolta di riscontrare in una stessa iscrizione combinazioni di tipi di scrittura differenti o per errore o per esigenze di spazio o per dare rilievi particolari come nel caso della defixìo sopra citata. Anche la disposizione delle lettere può variare: notiamo la disposizione stoichedica, ar­ moniosa ed elegante, in una iscrizione sepolcrale del 450 a.C. (cfr. n. 24), con allineamento grafico in senso orizzontale e verticale oppure una estensione in senso spiraliforme in una iscrizione vascolare del VI/V (cfr. n. 58), in una de­ fixìo dell'inizio del V sec. (cfr. n. 61) e nel recto di una defixìo della prima metà del V sec. (cfr. n. 65).

L. H. JEFFERY, The locai Scripts ofArchaic , Oxford 1961; M. GUARDUCCI, Gli alfa­ beti della Sicilia arcaica, in «Kokalos» 10 11 (1964-65), pagg.465-480; M. GUARDUCCI, Epigrafia Greca, I-IV, Roma 1967-1987; EAD., L'Epigrafia greca dalle origini al tardo impero, Roma 1987; M. T. PIRAINO, Iscrizioni greche lapidarie del museo di Palermo, Pal­ ermo 1973; EAD., Epigrafìa siceliota, in «Kokalos» 18-19 (1972-73), pagg. 343ss; EAD., Koinè alfabetica fra Siracusa, Megara Iblea e Selinunte ?, in «Kokalos» 21 (1975), pagg. 121-153; A.BRUGNONE, Epigrafia greca, in «Kokalos» 30-31 (1984-85), pagg. 231-253; L.H. JEFFERY-A. W. JOHNSTON, The locai Scripts of Archaic Greece, Oxford 19902; R.ARENA, Gli alfabeti greci d'Italia, in «Annali della Fondazione per il Museo (Claudio Faina»), Orvieto 1990, pagg. 21-60; F. GHINATTI, Profilo di epigrafia greca, Soveria Man­ nelli 1998; U3., Alfabeti greci, Torino 1999. Si segue la numerazione dell'edizione curata da R. ARENA, Iscrizioni greche arcaiche di Sicilia e Magna Grecia I Iscrizioni di Megara Iblea e Selinunte, Milano 1989, Pisa 1996.2 Cfr. anche L. H. JEFFERY, The locai Scripts of archaic Greece, Oxford 1961; M. T. MANNI PIRAINO, Is­ crizioni greche lapidarie del Museo di Palermo, Palermo 1973; L. DUBOIS, Inscriptions grec- ques dialectales de Sicile, Roma 1989; L. H. JEFFERY - A. W. JOHNSTON, The locai Scripts of archaic Greece, Oxford 1990. Pregevoli monografie W. M. CALDER ITI, The Inscription front Tempie G al Selinus, Duke University 1963; M. H. JAMESON - D. R. JORDAN - R. D. Ko- TANSKY, A lex sacra from Selinous, Durham, North Carolina 1993. 164 CELESTINA MILANI - MARIO IODICE

Irregolare e arbitrario l'impiego dei segni divisori12; nelle nostre iscrizioni sono impiegati i tre punti sovrapposti in una iscrizione sepolcrale del 550 a.C. (cfr. n. 18), i due punti in due iscrizioni sepolcrali del 450 a.C. (cfr. nn. 23 e 32). AI fine di risparmiare spazio e tempo, gli incisori si avvalsero anche di abbre­ viazioni. Si veda una defixio del 450 a.C. (cfr. n. 71) in cui i nomi dei defissi sono abbreviati mediante troncamento della parte finale del nome. Quanto al ductus delle lettere si noti: Yalpha non si trova mai nella forma adagiata (>) ma sempre nella forma diritta, ossia girato di novanta gradi, con la sbarretta obliqua inclinata ora verso destra (A) ora verso sinistra (A). Il beta as­ sume la caratteristica forma di N, attestata nell'isola di Melo, a Corinto e in località colonizzate da Corinto, come Siracusa. Il segno nasce forse per differ­ enziare il beta dall'arcaico pi mediante l'aggiunta di un segno diacritico. Il gamma si presenta nella tipica forma lunata (C) e in quella angolata (<). Il delta ricorre nella forma ad ansa angolata (>) e, più frequentemente, nella forma ton­ deggiante o panciuta (D). Vepsilon è impiegato sia per esprimere e, T| sia per rendere il dittongo improprio ei. I tratti orizzontali sono tre (E) e l'asta verticale raramente tende a prolungarsi (E). Il chef13 , con valore di aspirata, si trova sia nella forma chiusa (B) sia nella forma aperta (H). Il theta14 ricorre nella forma a croce di S. Andrea (©) e nelle varianti a croce ortogonale (®) e con il puntino al centro (O). Il kappa presenta spesso le barrette oblique che non si congiungono ancora sull'asta verticale (K). Il my si presenta con quattro tratti (W), con il quarto tratto più breve e nella forma a doppio lambda. Il ny compare nella forma a bandiera, spesso molto alta {N). Il segno O è impiegato come o breve (omi- kron), come o lungo aperto {omega) e come o lungo chiuso, ossia come dittongo improprio ov>. Il qoppa assume la tipica forma a pera capovolta (9). Il rho, spesso ad ansa molto angolata (f), presenta il segno diacritico solitamente ag­ giunto all'asta della verticale (R) piuttosto che all'ansa. In una iscrizione sepol­ crale del 550 a. C. (cfr. n. 81), forse selinuntina, compare la forma, già attestata a Megara Nisea, a triangolo rovesciato (V). Il sigma a quattro tratti (£) è più fre­ quente rispetto a quello a tre tratti (£). L' ypsilon si presenta ora, più arcaica­ mente, con un tratto verticale su cui si innesta un tratto minore obliquo (V), ora con la perdita del prolungamento inferiore (V). Per quanto concerne i segni com­ plementari il phi è generalmente reso come ®. Il chi si presenta nella variante più antica con i tratti obliqui (X) ma anche nella forma +. II psi, a forma di tridente, ricorre con un prolungamento inferiore (Y) e nella variante con scomparsa del tratto inferiore Q\l). Caratteri corinzi e corciresi si alternano nell'iscrizione sepolcrale del 550 a.C. (cfr. n. 81) in cui si colgono, come corinzi, lo iota a quattro tratti (£) e Vepsilon (ft); la resa del dittongo ei è tipica di Corcira; il rho a forma di triangolo rovesciato è attestato a Megara Nisea (V); megarese la scrittura di ypsilon (V).

Cfr. W. RAIBLE, in «SHAW» 1 (1991), pp.15-19. Cfr. R. ARENA in «RIL», 102 (1968), pagg.3-34. Per l'origine del theta si veda A. NÉMET, in «ACD» 28 (1992), pagg. 17-24. NOTE SULLA LINGUA DELLE ISCRIZIONI GRECHE DI SELINUNTE 165

Tale mescolanza di tratti alfabetici non deve stupire in quanto fenomeno fre­ quente e ben documentato tra le città greche di Sicilia.

3. Note di fonetica15

Il corpus delle iscrizioni di Selinunte ammonta, allo stato attuale, a ottanta­ quattro testi16 scritti su materiali variegati (tufo, pietra, bronzo, piombo..) e clas­ sificabili entro tipologie differenti ( sepolcrali, votive, monetali, vascolari, de­ creti, defissioni). Da un'analisi linguistica emerge una chiara appartenenza all'ambito dei dialetti dorici meridionali, di tipo megarese17, pur con la compre­ senza di fenomeni di provenienza orientale, di elementi predorici e influssi di altre parlate, come quella geloo-agrigentina. Verifichiamo le caratteristiche di questo dorico di Sicilia, riferendoci, nell'esemplificazione, ad alcuni testi rap­ presentativi. In merito al vocalismo, notiamo la conservazione di -K originario anche dove in attico appare TI : oau.cc (nn. 16, 20, 23, 29, 79); ha (nn. 53 bis, 61, 65, 67,

R. MEISTER, Die griechischen Dialekte ciuf Grundlage von Ahrens Werk dargestellt, I-II, Gòttingen 1882; H. KOLLITZ, F. BECHTEL, O. HOFFMANN, Sammlung der griechischen Dialektinschriften, Gòttingen 1884-1915; F. BECHTEL, Die griechischen Dialekte, I-III, Berlin 1921-1924; U. SICCA, Grammatica delle iscrizioni doriche della Sicilia, Arpino 1924; A. THUMB, E. KIECKERS, Handbuch der griechischen Dialekte, Heidelberg 1932; E. SCHWYZER, Grìechische Grammatik, I-IV, Miinchen 1939-1971; P. CHANTRAINE, Mor- phologie historique di< grec, Paris 1947; C. D. BUCK, The Greek Dialects, Chicago- London 1955, 19684; J. HUMBERT, Syntaxe grecque, Paris 1960; L. HEILMANN, Grammatica storica della lingua greca, in «Enciclopedia Classica», III, Torino 1963; O. PARLANGELI, // sostrato linguistico in Sicilia, in «Kokalos» 10-11 (1964-65), pp. 211-243; G.ALESSIO, Fortune della grecità linguistica in Sicilia, I, // sostrato, Palermo 1970; M. LEJEUNE, Phonétique historique du mycénien et du grec ancien, Paris 1972; A. LANDI, / dialetti dorici in Sicilia. Il Megarese, in «RAAN» XLVII (1972), pp. 95-110; V. PISANI, Manuale storico della lingua greca, con un'appendice II Miceneo di C. Milani, Brescia 19732; D. PIER- ACCIONI, Morfologia storica della lingua greca, -Firenzel9753; A. MEILLET, Lineamenti di storia della lingua greca, Torino 1976; R. SCHMITT, Einfuhrung in die griechischen Dialekte, Darmstadt 1977; A.LANDI, Dialetti e interazione sociale in Magna Grecia, Napoli 1979; R. PALMER, The , London-Boston 1980; Y. DUHOUX, Introduzione alla dialettologia greca antica, Bari 1986; O. LONGO, Elementi di grammatica storica e dialettologia greca, Padova 1987; R. ARENA, in / Greci in Occidente, (a cura di AA.VV.), Milano 1996, pagg. 37-42; ID., Scritti fdologici e linguistici, Milano 1999. Sui lim­ iti dello studio dialettologico cfr. A. BARTONEK in «SPFFBU» E, 31 (1986), pp. 139-157.

Nell'edizione ARENA in appendice sono incluse anche nove iscrizioni di dubbia attribuzi­ one o comunque rinvenute a Megara-Selinunte ma di altra tradizione linguistica (cfr. nn. 73-81) e l'iscrizione di Mozia (n. 72). Il megarese, o megaiico, è attestato a Megara Iblea, Selinunte e nelle diverse colonie mega­ resi. A. BARTONEK, Classification of the West Greek Dialects at the Time about 350 B.C., Praha 1972, pp. 178-181, raggruppa il megarese, insieme con il corinzio e l'argivo dell'est, nell'ambito più vasto del saronico. Per il problema della classificazione dei dialetti greci cfr. A. BARTONEK, in «SPFE» E 15 (1970), pagg. 149-175; A. LOPEZ EIRE, in «Zephirus» 38-39 (1978), pagg. 287-297; A. BARTONEK, in «SMEA» 20 (1979), pagg. 113-130; ID., in «SPFFBU» E 28 (1983), pagg. 205-218; D. MUSTI, Le origini dei Greci, Roma-Bari 1985, pagg. 13-35. 166 CELESTINA MILANI - MARIO IOD1CE

73); 'AGavaiac, (n. 36); 'A9avaiav (n. 53); xai (n. 38, 39, 61); TOC,(nn . 51, 52); xàv (n. 60); Ma^ocpópoi (n. 39); MaX.o(pópov (n. 53); Tappava, Poppavate, (n. 61); aimp.vàxac, (n. 52); 'ApiaxóSapoc, (n. 24); yXòaav (n. 60); /zeicàxai (n. 38); hayvàv (n. 63); yvxàv (n. 63); yeveàc, (ri. 69) ecc. Cfr. in ion-att. xip.fi ad i: aiaipvàxac, (n. 52) in luogo di aio*t>p.vàxac,; si noti anche l'assimilazione di ei in i nel teonimo MiX,i%u)<; (nn. 43, 47, 51); MIA.I%ÌO (53bis). Tipicamente eolica la tendenza a restringere o in x>: KÀ.eoA.i5àv (n. 41), 0ÉÌ5A.A.OC, (n. 39). Tale tendenza non agisce invece nell'antroponimo 0éoyviq (n. 15). Notisi anche il termine aber­ rante òvò\iaxu (n. 53). In luogo di e si trova a in /zuxpóv (nn. 35, 53bis); hmpà (n. 53bis). Per quanto concerne le contrazioni tendono a rimanere inalterati e+o: èv xpvoéòi (n. 53); /zepaKÀ-éoc, (n. 35); àSeA-cpeòv (n. 63); EÒKA-ÉOC, (nn. 58, 60). Nella defixio n. 60 avviene però, forse per influsso della vicina area geloo- agrigentina, la contrazione negli antroponimi 'Apiaxocpccvioc, e AÙKÀÌOC,.18; non contraggono neppure o+e in EeXivóevxi (n. 52) e e+cc in HepccKA-éa (n. 53). Dall'incontro di o con o si origina invece una contrazione indicata con O: Aotpàpxo (n. 65); 'Enixccpp-O (n. 21); Eùpevi5o (n. 50); KaiA-iò (n. 63); AUKLVO (n. 63); hxiKiaqo (n. 43); Me^ixio (n. 50); iTuppivo (n. 63); Eoxaipo (n. 44) ecc. Con O si indica anche l'allungamento di compenso di o : xoc, 'POXUA.5 /imoq (n. 63); Sia xòc, àXkoc, 8eoq (n. 53) ecc. Con E si indica invece l'allungamento di compenso di e: epev (n. 53). Dall'incontro di a con ò si ot­ tiene una contrazione in S : 'Ayaaia (n. 29); 'ApxtviSS (n. 32); EÙKAÌG (n. 51); KapiH (n. 29); Mvaaav8pi8a (n. 21); n'oppia (n. 39) ecc. In o contrag­ gono invece a più o: viic6p.ec, e VIKOVXI (n. 53); A.5VXI (n. 52). Originano con­ trazione in e a+e: xip.éxó (n. 72), cfr. lac. èvuce, locr. COA.1V. In KÀEi3X,iSàv notiamo infine la contrazione di a con o in H. L'aspirazione è costantemente segnata: hoc, (freq.); hx>nò (n. 18); ho (freq.); /zayia (n. 33bis); hx>\\fi (nn. 34, 71); tóaoaxo (n. 25); /zeùpic, (n. 48); /zeppiò (n. 51); hvno'khei^ac, (n. 53 bis); e^/upéxo (n. 53 bis) /uaxiapxoq (n. 64); hóoa (n. 68); /iepaKXei8ac, (n. 69) ecc. Il digamma si conserva in posizione iniziale antevocalica: /roucet (n. 52); péxoc, (nn. 52, 53 bis); féxei (n. 53bis); /réxeoc, (n. 53bis); potvov (n. 53bis); f oigoi (n. 53bis). E' ignorato invece nella formula èpyot Kai enea della defixio n. 59 e in OtvoGéò (n. 60). In Ttpoeutov (n. 53bis) il digamma antevocalico in­ terno è scomparso; nessuna traccia neppure in Ze^ivóevxt (n. 52); Mox\)f ai (n. 18) non è probante per la storia del suono nella tradizione greca in quanto rap­ presenta un suono di passaggio nel toponimo fenicio19. Il digamma è scomparso anche in HevoKA.ee, (n. 62) mentre si conserva in corcirese nella forma

Cfr. R. ARENA in «Quaderni di Acme», 7 (1986), pp. 90s e A. BRUGNONE, Studi di Storia antica offerti a E. Manni, Roma 1976, pp. 73 ss. Cfr. ARENA, Iscrizioni, pag. 92. NOTE SULLA LINGUA DELLE ISCRIZIONI GRECHE DI SELINUNTE 167

HevfOKÀeq (cfr. SGDI 3119d.40); scomparsa anche in Eévovoq (nn. 38, 69). Nell'iscrizione n. 53 è£,eKOVTa , se risale a pe^ÉKOVta, rivelerebbe la scom­ parsa del digamma iniziale intorno al 450 o dimostrerebbe l'estendersi in Sicilia di uno stile scrittorio ionico-attico che, ignorando tale segno, tendeva a non an­ notarlo. Nelle iscrizioni è attestato anche il fenomeno dell' anaptissi e dunque lo sviluppo di una vocale d'appoggio all'interno di un gruppo consonantico, si ve­ dano 7copoEin:Òv (n. 53bis) e rcepumpa(péo"05 (n. 53bis) e i testi delle defixio- nes. Altro fenomeno riscontrabile è quello dell'iferesi nella declinazione dei com­ posti in -KXE (f)oq : EÙKAXOC, (nn. 58, 60); HepaKXéoq (n. 35); HepaicX,éa (n. 53), cfr. locr. E 'Se^cpióv, è '%enà\io\. L'incontro di vocale o dittongo in fine di parola con vocale iniziale della parola successiva origina la crasi, frequente so­ prattutto con gli articoli, si vedano 5pxé5au.e (n. 33); xònoXòv (n. 37); ha- A/ovTiiàc, (n. 52); non abbiamo crasi invece in ha 'OXvvnmc, (n. 53bis); KEHEITOI (n. 53bis); KoTTcap^àp.EVOi (n. 53bis); Kèv|ìaAéi:o (n. 53bis); xòaTÉa (n. 53bis); xànó (53bis); p.èxTIOI; (n. 55); dileguamento di v è ravvisabile anche in xòv Nat)Epo (n. 63); xàv hayvà 9eóv (n. 63); xà \yv%uv (n. 63). Tal­ volta si tende a ipercorreggere come nel caso di II'OKEA-éio'l V \ (n. 63); KOUA.Ì.0*! v\ (n. 63); NaVEA.aio"| v \ (n. 63).Scempiamento di \i\i>\i in àTiEotpa- jiéva (nn. 61, 65, 67). Anche la liquida tende a dileguarsi, si veda X nel nesso KA. di E"ÒKéo(; (n. 58). La liquida tende a semplificarsi : XX>X in TÒJIOA.OV (n. 37). C'è assimilazione di pcr>pp in Poppava (n. 61); semplifi­ cazione di pp>p in rropivò (n. 63); Uopo (n. 63); nùpov (n. 63). Fenomeni di assimilazione sono individuabili in KaGGéjiEV (n. 53) e in IliGGiai; (n. 69) dove T9>GG. Sigma tende ad assimilarsi alla dentale che segue in TEAÉtac, (=Teléo"taq) (n. 70 bis); Xx>vi in MiTaà5ac, (n. 70bis). Si coglie una de­ bolezza della nasale anteconsonantica in "OA/IK^JUC, (n. 70bis), 'A8pio"KO(; (n. lObis), Mitià8aq (n. lObis). Il qoppa è generalmente segnato, di solito davanti a o, TJ: Ai)go(ppovi8a (n. 46); AvKiaqò (n. 43); Eàgòvoc; (n. 47); Miioqó (n. 16); Ni^óÀaq (n. 20); "Eqoxic, (n. 63); Ooivigoq (n. 63); qoxxtxiòv (n. 53bis); niGagoq (n. 57); q\)Xi%a (n. 62); ecc. In particolare nelle defìxiones notiamo la coesistenza di forme scempie e forme geminate: yXòaa (nn. 60, 61, 63, 65, 67); Tappava (n. 61). Nella lex sacra (n. 53bis) le geminate non sono notate: qoxxxx>ió\; E\)p.EVÌ8Eai, hepóeaai, 168 CELESTINA MILANI - MARIO IODICE

7iepi

pàvxeq, 7toi;epi5Ecn, /ioÙT.o

pÉKTaq, a7io

pavàp.Evo(;. Si noti infine la conservazione, senza assibilazione, di -TI : Xóvxi (n. 52); VIKOVTI (n. 53); noTeiSav (n. 53); Se^ivóvTioq (nn. 33, 54, 55, 61); LeXivóvcioi (n. 53).

4. Aspetti di morfologia

In merito alla flessione nominale notiamo che i temi in -a maschili escono al genitivo singolare in -oc: 'Apxi.vi.8a (n. 32); EùGuuiSa (n. 22); Kapia (n. 29); AugocppoviSa (n. 36); Mvaaav8pi5a (n. 21); NaoepiàSa (n. 63); IToGéa (n. 33); IToppia (n. 39). I temi in -o- escono invece al genitivo singolare in -o: HàXò (n. 63); amò (n. 63); Aap.àpxo (n. 65); EùpEviSó (n. 50); 'Emxàp(xò (n. 21); KaiAAo (n. 63); ADKIVO (n. 63); Awiagó (n. 43); MaroA,aio (n. 63); MeXixiò (n. 50); Mvaqd (nn. 16, 53bis); riESiàpxò (n. 50); nuppivò (n. 63); nùpò (n. 63); IToKE^eió (n. 63); 'Poróso (n. 63); EEXIVOVTÌÒ (n. 61); Eonórpò (n. 67); Eotaipò (n. 44); TÒ (passim). H genitivo plurale esce in -ctv: KX.ETjA.i5av (n. 41). Il genitivo dei temi in -q con elisione esce in -eoq invece che in -orjq: HipaKXéoq (n. 35); l'accusativo esce in -Ea invece che in -r\: IfepaKAia (n. 53). Si notino il nominativo T\p.aaói e il genitivo Tip.aaò<; (n. 61). Numerosi i nomi maschili in -u;,20 particolarmente frequenti nella Sicilia greca, aventi va­ lore vezzeggiativo: nominativo in -ic, ©éoyvii; (n. 15); Kpàtic, (n. 19); Hevpu; (n. 48); Eafipic, (nn. 49, 69); Opvjvu; (n. 67); 'Edotti; (n. 63); Eévu; (n. 62); "OA.t>p,7iiq (n. lObis); 'P6|ii.<; (n. 63); ecc. Sono attestati il genitivo in -io<; in Ai- ovuoux; (n. 23); EeXivioq (n. 23); 'ApioTioc, (n. 24); 'Apiototpàvioi; (n. 60); 'AvyeiA.ioc, (n. 60); 'Anóviioq (n. 69); Eévioq (n. 69); ecc. Non mancano anche attestazioni dell'accusativo in -iv e del vocativo in -i in Zelivi (nn. 30, 31); /róyi (n. 34); ecc. Diffusa la formazione del gentilizio in -iSac,, -làòac,: 'ApeiàSac, (n. 64); 'ApxiviSa (n. 32); EvG'Ou.iSa (n. 22); EùuaiSac, (n. 40); KA.EijXA.iSav (n. 41); Augo

Per lo studio dei nomi cfr. W. PAPE - G. BENSELER, Wòrterbuch der griechischen Eigenna- men, Braunschweig 1911; F. BECHTEL, Die historischen personennamen des Griechischen bis zur Kaiserzeit, Halle 1917; P. CHANTRAINE, La formation des noms en grec ancien, Paris 1933; L. ROBERT, Noms indigénes de l'Asie Mineure greco-romaìne, Paris 1963; P. M. FRASER- E. MATTHEWS, A Lexicon ofGreek Personal names, Oxford 1987. NOTE SULLA LINGUA DELLE ISCRIZIONI GRECHE DI SELINUNTE 169 bis); KaBapóq (n. 53bis); KCUVÓC, (n. 53bis); ^EVIKÓI; (n. 53bis); ÈTtaKO'oaTÒv (n. 53bis); (popaxòv (n. 53bis) ecc. Come pronomi sono attestati il personale uè (nn. 35, 80); èyò (n. 63); i riflessivi àùtot (n. 53bis); avrò (n. 63); CCÙTOV (n. 69); hama (n. 57). Abbiamo documentato il possessivo èpa (n. 57); i di­ mostrativi ió5e (n. 23); TT)VÒV in luogo di ÈKEÌVCOV (n. 61); xowot (n. 52) in luogo di otìtoi come già in focese, corinzio, rodiese; come relativo indefinito è attestato òvtiva (n. 53bis); frequenti le ricorrenze di òq; presente anche tic, (n. 53bis). Dei numerali troviamo attestati: 5i)68eica (n. 52); è^eicovTa (n. 53); Séica (n. 56); degli ordinali Tpi/roq (n. 53bis); evaxoc, (n. 53bis), indicante la parte di un sacrificio. In merito alle congiunzioni notiamo: eaxe per ecce, (n. 52); ue per LLT| (nn. 52, 53bis). La congiunzione condizionale che nello ionico-attico e nell'arcadico è ei , nelle nostre iscrizioni è resa nella forma ai (n. 52), così come in lesbico, tessalico, beotico e negli altri dialetti greci occidentali; KOC ri­ corre come particella modale; Kai si presenta regolarmente, non mi sembra im­ piegato in senso correttivo o rinforzativo; la congiunzione avversativa àXXà ricorre nella iscriz. n. 52 ove serve a far risaltare il primato di Zeus sopra gli altri dei. La particella Sé è impiegata con valore continuativo ma anche con va­ lore avversativo (cfr. n. 52). Per quanto concerne l'impiego delle preposizioni non si notano particolari usi. 'Ev con il dativo del sostantivo (nn. 39, 53), tal­ volta con un sostantivo sottinteso e il genitivo di appartenenza (due ricorrenze nella n. 53bis) oppure con sostantivo e aggettivo di specificazione (n. 53bis). !x>\ ricorre normalmente con il dativo di accompagnamento (due ricorrenze nella n. 52). 'EK è costruito con il genitivo (nn. 51, 53bis). Àia è impiegato con l'accusativo davanti ai nomi di divinità, con il valore di «per opera di, per mezzo di» (n. 53). Conforme all'attico l'uso di nepi Seiva (n. 52), con riferimento forse a gruppi clientelari. 'Yrcó compare in i>nó Moru/rai (n. 18). 'Eni ricorre in forma elisa (n. 52), forse con il genitivo del nome dei magistrati per indicare il tempo, e con il dativo di luogo (n. 53bis); ha valore di fine nella formula ènateXeiai in una defìxio (n. 61). 'Ec, si trova impiegato in luogo di eie, per indicare il moto a luogo (n. 53). rieSà , eolismo21, corrispondente a \iexa, com­ pare in Jte8à peTeoq (n. 53bis) e come preverbo in 7te5eip.ev (n. 76). Con valore temporale ricorre ènei (n. 53bis). Ilapà è usato con l'accusativo invece che con il dativo in nap'tàv hayvàv (n. 63). Degli avverbi troviamo attestati , con va­ lore modale, hóiiòq (n. 52); Zioanep (n. 53bis); /lóvnep (n. 53bis); con valore temporale ricorrono rcpóoGe (n. 51); eravea (n. 53bis); come avverbi di luogo hóno per orao (n. 53bis) e ónóGev (n. 53bis). Per quanto concerne la flessione verbale, valgano le seguenti osservazioni: sono conservate le desinenze primitive della prima persona plurale -u.ee, e della terza persona plurale -vti: vncòp-eq, VIKÒVTI (n. 53). Delle forme verbali no-

Eolismi sono anche i dativi plurali in -eaai : cfr. Eù(j.evi5eoi (n. 53bis)\ /!epóeci (n. 53bis); 7t0Tepi8eoi (n. 53i>M).SuH'eolico vedasi almeno J. L. GARCIA RAMON, Les origines postmycéniennes du groupe dialectcd éolien, Salamanque 1975; W. BLUMEL, Die aiolischen Dicdekte. Phonologie und Morphologie der inschrifdichen Texte aus generaliver Sicht, Gòttingen 1982. 170 CELESTINA MILANI - MARIO IODICE tiamo il congiuntivo presente foiKEi (= oÌKfj) (n. 52); il congiuntivo aoristo forte àrcoBàvei (=-vni) (n. 52). Dell'imperativo medio bisogna notare la termi­ nazione della terza persona plurale in -rjGòv in qoXvécQóv (n. 52) invece di -o"8oaav; KOLLIÉOSÒ (n. 52) è imperativo medio di KOLLÌCO, forma anteriore a KOUÌ^CO; non presentano particolarità le forme di aoristo: èA,àaavTa<;, KoA,à\|/avTaq, Ypà\|/avtEC, (n. 53); dell'imperativo TILLÉTÒ (=x\.\iàtG)) (n. 72) notiamo la con­ trazione dorica ae>T|. L'infinito attivo atematico si presenta con la desinenza -(lev: Ka80éu.EV (=KaTaTi8évoci) (n. 53), ÉUEV (n. 53) ecc. Cfr. lac. àiroSóuEV delf. SUSÓUEV cret. TI9É(J.EV arg. arcoKpiGfÌLLEv ecc.Si noti anche l'infinito con desi­ nenza -|ÌEIV in EILLEIV (n. 77), attestato anche in Epicarmo. Forme di infinito in

-EV sono mt /zai/yi^Ev (n. 53bis); KaxaKaiEV (n. 53bis); QVEV (n. 53bis) che sembrano avere valenza imperativa in un contesto di prescrizioni rituali. Si noti l'infinito aoristo àKpaTÌ^ao6ai (n. 53bis) con il tipico \ in luogo di Dell'indicativo sono attestati il presente, l'imperfetto, il futuro, l'aoristo. Di quest'ultimo tempo ricordiamo hiaoaxo (nn. 35, 48), derivante da i^o) fre­ quentemente impiegato come verbo di dedica" gli aoristi cappaTici non contrae come altri verbi in dorico in -£; JTOTÉVGETO (n. 77) è aoristo dorico da 7ioTfjv0ov

5. Cenni di sintassi e stilistica

Tipicamente selinuntina è l'esclamazione di lamento ol'uoi23, ovviamente ben documentata nelle iscrizioni sepolcrali. Essa, il più delle volte, si trova in posizione iniziale a precedere il nome del defunto, generalmente in caso voca­ tivo; talvolta possiamo avere anche il nome seguito alla fine da tale formula di compianto (cfr. nn. 27, 29) che funge così, in un certo senso, da appendice. Negli epigrammi funerari è frequentemente impiegato il genitivo di ap­ partenenza (nn. 16, 17, 18, 22bìs...) il cui uso è altrimenti ben documentato anche nelle iscrizioni dedicatorie. In quest'ultimo caso il nome della divinità,

Sulla questione si veda R. ARENA, Gli alfabetipagg. 45ss. Cfr. M. LEJEUNE in «Kokalos» 16 (1970), p.17; C. GALLAVOTTI in «Helikon» 15-16 (1975- 76), pp. 96ss. NOTE SULLA LINGUA DELLE ISCRIZIONI GRECHE DI SEL1NUNTE 171 posto in caso genitivo, indica chiaramente che l'oggetto dedicato è ormai dive­ nuto possesso del dio. Questa semplice formula di appartenenza può essere am­ pliata con l'aggiunta del verbo essere che, tra l'altro, contribuisce a rendere parlante in prima persona l'oggetto dedicato indicato dall'aggettivo /zuxpóv24 (cfr. n. 35). Sono impiegati come verbi di dedica25 i£co all'aoristo con il nomi­ nativo del dedicante e l'accusativo dell'oggetto dedicato (cfr. n. 35) o con il nominativo del dedicante e il dativo della divinità cui si dedica (cfr. n. 48); àvatiBriLLi, nella forma di aoristo cappatico, con il nominativo del dedicante e il dativo della divinità cui si è dedicato (cfr. nn. 38, 39); SÌSCOLU, anche esso nella forma di aoristo cappatico, con il nominativo del dedicante e l'accusativo dell'oggetto dedicato (cfr. n. 80). Un certo interesse suscitano anche le defìxio- nes, giudiziarie o amatorie, in cui si può cogliere una certa fissità nello schema della maledizione, la cui formula, talora ripetuta, sembra conferire una sorta di valore magico (cfr. n. 62 bis) all'intero testo. Come verbi caratteristici delle de- fixiones compaiono èvypóupò (cfr. n. 61) che, probabilmente, corrisponde al verbo KaxgSco e indica l'azione del defissore che invia alla divinità infernale la lamina iscrittale Kataypàcpo (cfr. nn. 62bis, 63) che esprime sempre il con­ cetto della consegna e dell'affidamento al mondo sotterraneo. Andamento allit- terante sembra cogliersi in AÌOVTI Xéyev della defixio n. 68. Una figura eti­ mologica sembra rappresentata da /iiapòt...è^/iipe'co27 (n. 53bis). Un chiasmo è invece chiaramente ravvisabile in Siopi^aq halX KOÙ xpx>aò\. à7to

pavàp.evo<; (n. 53bis).

6. Conclusioni

Attraverso la documentazione epigrafica i Selinuntini hanno perpetuato il loro ricordo, rivelandoci parte del loro mondo spirituale con le inevitabili luci ed ombre: nelle epigrafi sepolcrali è presente il dissidio e lo sgomento dell'uomo che, di fronte alla morte propria o dei cari, esclama il suo oi'poi che, nella sua essenzialità, esprime il senso del distacco, di una partenza; tale escla­ mazione, posta all'inizio dell'epigrafe o alla fine, è generalmente seguita dal vocativo del nome del defunto, la cui identità talvolta è precisata da un etnico o da un patronimico. Il defunto poteva essere ricordato più semplicemente senza l'esclamazione e con il solo nominativo, scarno ma efficace. Spesso, secondo una prassi conosciuta ai Greci, era l'oggetto, generalmente una stele, a parlare in prima persona, indicando, attraverso il genitivo, l'appartenenza al defunto, con l'impiego del verbo essere al presente ora nella variante più rara EÌLLÌ ora nella variante èpa. Per indicare il senso vivo di appartenenza al proprio yévoc, e natu-

24 Cfr. M. .BURZACHECHI in «Epigraphica»24 (1962), pp. 3-54; M. L. LAZZARINI, Le formule delle dediche votive nella Grecia arcaica, Roma 1976. 25 Cfr. M. L. LAZZARINI, Le formule delle dediche votive nella Grecia arcaica, Roma pp. 58 ss. 26 Cfr. D. COMPARETTI in «RAL» 27 (1918), pp. 193ss. 27 Cfr. ARENA, Iscrizioni, pag. 110. 172 CELESTINA MILANI - MARIO IODICE ralmente anche per meglio precisare la propria identità, frequentemente ricor­ rono i patronimici, soprattutto quelli in -i5oc<;, rari invece i matronimici. I Selin- untini non mancavano di rivolgersi alla divinità cui dedicavano diversi oggetti impiegando, di solito, secondo una tipologia formulare ormai consueta, come verbi di dedica àvaxiG'nu.i., 5i8cou.i espressi nella forma dell'aoristo cappatico e i£co nella caratteristica forma hécaaxo. La forma di dedica presenta general­ mente l'oggetto che rivela di essere divenuto ormai possesso del dio dopo l'offerta del dedicante. Particolarmente venerati Apollo, Atena, Eracle, Zeus Meilichios e la Malophoros che rimandano a situazioni di culto molto arcaiche e non sempre ben precisabili. Il ricordo del Meilichios era affidato a pietre rozze, a forma piramidale, spesso arricchite, alla sommità, da due teste di cui una era maschile, l'altra femminile. Con l'appellativo di Meilichios «dolce» «benevolo»28 l'uomo cercava di propiziarsi la divinità, Zeus o anche Dioniso. Accanto a forme di devozione privata o familiare esistevano occasioni partico­ lari in cui l'intero popolo selinuntino si univa nella lode delle proprie somme divinità, tra cui spiccava Zeus, il cui primato è chiaramente sottolineato nella celebre iscrizione del tempio G che testimonia, tra le altre cose, una situazione di ricchezza e supremazia di Selinunte. Ad accordi tra esuli e a problemi di al­ ienazione di beni rimanda invece l'iscrizione ritrovata ad Olimpia (cfr. n. 52)29. Estremamente interessante si rivela la lex sacra (cfr. n. 53bis)30, il documento epigrafico greco più lungo su lamina di piombo, sia per la storia dei culti, con le sue prescrizioni rituali, sia come documento linguistico testimoniante la conser­ vazione del qoppa e del digamma, la crasi, l'anaptissi, fenomeni di contrazione e contenente eolismi, atticismi, ionismi e dorismi. E' un documento interessante anche perché riporta forme nuove non attestate fino adesso (ad esempio /zotJTopéKtai; nella iscr. n. 53friV)31 il che induce ad una maggiore relativizzazio- ne delle nostre pretese di conoscenza del greco antico. Ad un intreccio tra pub­ blico e privato, razionale e irrazionale, rimandano le numerose defixiones32 in cui si maledicono una o più parti del corpo perché rimanga paralizzato un ne­ mico, solitamente si augura la paralisi della lingua di un individuo che avrebbe potuto testimoniare a sfavore nel corso di un processo. Le defixiones presentano spesso una serie, più o meno lunga, di nomi di defissi, talvolta abbreviati, e for-

Cfr. P. CHANTRAINE, DELG, S.V. Cfr. T. J. DUNBABIN, The Western Greeks, Oxford 1948, p. 417; M. GUARDUCCI, in «ASAA» 37-38 (1959-60), p.255; L. JEFFERY, The locai..., pp.271, 277.36; D. ASHERI, in «ASNP» 9 (1979), pp. 479ss. Cfr. M. H. JAMESON - D. R. JORDAN - R. D. KOTANSKY, A lex sacra from Selinous, Dur- ham, North Carolina 1993; G. NENCI, in «ASNP» XXIV, 2-3 (1994), pagg. 459 ss; L. DUBOIS, in «RdPh» 69 (1995), pagg. 127 ss.; K. CLINTON, in «CPh», 91 (1996), pagg. 159 ss.; J. A. NORTH, in «Scripta Classica Israelica», 15 (1996), pagg. 293 ss.; A. GIULIANI, in «Aevum» 72 (1998), pagg. 67 ss. Per l'interpretazione del termine cfr. L. DUBOIS, in «RdPh» 69 (1995), pag. 139; A. GI­ ULIANI, in «Aevum»72 (1998) p.78 ss. Cfr. F. RIBEZZO, in «Riv. Indo-Greco-Italica» 8 (1924), pagg. 86, 88; A. BRUGNONE, in «Studi di Storia antica offerti a E. Manni, » Roma 1976, pagg. 68 ss. NOTE SULLA LINGUA DELLE ISCRIZIONI GRECHE DI SELINUNTE 173 mule reiterate, forse con valore magico. La varietà onomastica, abbondante­ mente documentata33, rende ragione di un contesto greco realmente policromo, in cui convissero genti di diverse provenienze. Per passare infine a considerazio­ ni prettamente grammaticali, notiamo come sia abbastanza frequente l'uso del qoppa, più incostante quello del digamma, nelle diverse posizioni; come convi­ vano lo scempiamento e la geminazione delle consonanti; come lo spirito aspro sia costantemente segnato mediante l'impiego del chef aspirato. Abbiamo colto le forme particolari del verbo essere; gli infiniti dei verbi atematici in -|J.ev, dei verbi tematici in -ev; gli aoristi in -£co che presentano ecc. Alla luce dei fenomeni presi in dettaglio, possiamo concludere confermando una genuina appartenenza della lingua di Selinunte all'ambito dei dialetti dorici meridionali, nel contesto della doris mitior, pur non avendo mancato di rilevare alcuni peculiarità di questa parlata di Sicilia, espressa in un alfabeto azzurro.

Celestina Milani - Mario Iodice Instituto di Glottologia Università Cattolica di Milano Largo Gemelli, 1 20123 Milano

Si veda, a titolo d'esempio, l'analisi dei nomi attestati nella defixìo n. 63 da parte di O. MASSON, in «BCH» 96 (1972), pagg. 375 ss., in cui si procede ad una suddivisione di cinque gruppi onomastici principali. Nomi greci o di aspetto greco; nome semitico; nomi siculi e nomi di aspetto italico o etrusco; nomi del gruppo asianico; nomi di diffìcile classificazione.