Oltre Il Nuovo Meridionalismo

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Oltre Il Nuovo Meridionalismo UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ROMA TRE DOTTORATO DI RICERCA IN “STORIA (POLITICA, SOCIETÀ, CULTURE, TERRITORIO)” XXV CICLO OLTRE IL “NUOVO MERIDIONALISMO”. INTERVENTO PUBBLICO E POLITICHE DI SVILUPPO PER IL MEZZOGIORNO NELL’ITINERARIO DI GIUSEPPE DI NARDI (1911-1992) TUTOR CANDIDATO PROF. GAETANO SABATINI DOTT. MARCO ZAGANELLA COORDINATORE PROF.SSA FRANCESCA CANTÙ INDICE Introduzione La via italiana allo sviluppo e Giuseppe Di Nardi p. 4 Abbreviazioni p. 18 1. La formazione negli anni Trenta: liberalismo e intervento pubblico 1.1 Alla scuola liberale di Giovanni Demaria (1933-1935) p. 19 1.2 Le prime esperienze negli enti economici p. 28 1.3 All’ufficio studi della Banca d’Italia p. 31 1.4 Tra Giovanni Demaria e Giuseppe Ugo Papi p. 38 1.5 Una pianificazione economica per il dopoguerra p. 53 2. Gli anni Cinquanta: lo Stato motore dello sviluppo 2.1 L’Europa occidentale e la “pianificazione democratica” p. 63 2.2 L’Italia tra liberisti e pianificatori (1943-1950) p. 66 2.3 Una Cassa per lo sviluppo industriale p. 76 2.4 Dodici anni di intervento straordinario: centralizzazione senza pianificazione p. 94 2.5 Il sostegno del Mezzogiorno nel quadro del Mec p. 102 3. Gli anni Sessanta: programmazione nazionale senza pianificazione regionale 3.1 Il «secondo tempo» della politica meridionalista: verso lo sviluppo di una dimensione regionale? p. 115 3.2 Per una programmazione economica indicativa p. 123 3.3 Di Nardi vs Saraceno p. 126 3.4 Il centrosinistra organico e il tentato ritorno ad una programmazione indicativa p. 137 3.5 Intervento straordinario e programmazione economica centralizzata p. 148 2 4. Deformazione del sistema e necessità di un “altro” “nuovo meridionalismo” 4.1 Fermi tra capitalismo e socialismo p. 164 4.2 Fallimento della programmazione nazionale e affermazione degli interessi localistici p. 178 4.3 L’arresto del processo di industrializzazione del Mezzogiorno. Un solo responsabile? p. 187 4.4 «Così la Cassa ha smesso di pensare» p. 199 4.5 Oltre il «nuovo meridionalismo» p. 210 Conclusioni Intervento pubblico e sviluppo del Mezzogiorno dalla prospettiva di un economista “eclettico” p. 215 Fonti d’archivio p. 223 Riferimenti bibliografici p. 224 Allegati 1. Bibliografia aggiornata degli scritti di Giuseppe Di Nardi p. 244 2. Attività e cariche professionali p. 277 3. Finanziamenti erogati della Bei in favore dello sviluppo del Mezzogiorno durante l’amministrazione di Giuseppe Di Nardi (1963-68) p. 290 4. Appunti dai “Quaderni personali” conservati presso l’Archvio Di Nardi p. 304 3 INTRODUZIONE La via italiana allo sviluppo e Giuseppe Di Nardi La storia economica dell’Italia unita è la storia del progressivo sviluppo dell’intervento pubblico. Si tratta di una caratteristica che affonda le sue radici lontano nel tempo, essendo già evidente nell’indirizzo seguito da Cavour come ministro dell’Agricoltura, quindi delle Finanze e poi come Presidente del Consiglio, per promuovere la modernizzazione del Regno di Sardegna. Il suo fu un orientamento che non sfociò mai in un disinteressato “laissez-faire” 1. Lo dimostra l’impegno per il rafforzamento degli istituti di credito (in particolare della Cassa dell’Industria e Commercio di Torino) al fine di mobilitare i capitali necessari per l’attuazione di interventi di sviluppo economico. Ma soprattutto l’intervento pubblico diretto nel settore delle irrigazioni e delle infrastrutture ferroviarie. Questa politica – anche in virtù delle alte spese militari necessarie ad affrontare la seconda guerra di indipendenza – provocò una impennata del debito pubblico che passò da 118 milioni di lire piemontesi del 1847 a 630 milioni nel 1859, ma consentì di aumentare vertiginosamente il prodotto nazionale e triplicare il volume del commercio con l’estero. L’indirizzo seguito da Cavour fu poi ripreso dai primi governi dello Stato unitario 2. Grazie al sostegno pubblico, la viabilità ordinaria si sviluppò dai 22.500 km del 1861 ai 35.000 km del 1880, mentre la rete ferroviaria da circa 2000 km nel 1861, raggiunse gli 8.700 km nel 1880. Per evidenziare meglio come la presenza dello Stato in economia fosse connaturata alla nascita del Regno d’Italia, vale la pena ricordare che l’esperienza della Destra storica – espressione del liberalismo italiano – ebbe fine, nel 1876, a seguito di un voto parlamentare contrario al progetto di nazionalizzazione della rete ferroviaria. La sinistra storica concentrò l’impegno dello Stato nella promozione del settore industriale. Nel 1884 a Terni nacque la Società degli Alti Forni, Fonderie e Acciaierie, il più importante centro siderurgico nazionale. Nel 1885 la legge Boselli stabilì uno stanziamento pubblico a favore dei cantieri navali di circa 53 milioni di lire in 10 anni. Proprio dai settori della meccanica e della siderurgia sostenuti dal governo, con l’aggiunta della 1 Cfr. S.B. Clough, L. de Rosa (a cura di), Storia dell’economia italiana dal 1861 ad oggi , Cappelli, Bologna 1971, pp. 39 e ss; R. Romeo, Vita di Cavour , Laterza, Roma-Bari, 2011 (I ed. 1984), pp. 181-205 e pp. 231-270. 2 R. Romeo, Breve storia della grande industria in Italia (1861-1961) , Universale Cappelli, Bologna 1974 4, p. 25. Sulla politica economica attuata dai primi governi dello Stato unitario si rimanda anche all’altro classico di R. Romeo, Risorgimento e capitalismo , Laterza, Roma-Bari 2008 (I ed. 1959), pp. 87 e ss. 4 grande cerealicoltura minacciata dalla concorrenza dei produttori agricoli esteri e transoceanici, venne la forte spinta per la svolta protezionista del 1887. All’inizio degli anni Ottanta risalgono invece le prime opere di bonifica, che interessarono il Ferrarese, le valli di Comacchio e il Delta del Po. Poi, dalla fine dell’Ottocento, i primi interventi per il Sud: nel 1897 fu emanata la “legge speciale” per le bonifiche in Sardegna, nel 1904 altre leggi speciali per Napoli e la Basilicata, cui seguirono poi quelle per la Calabria, la Sicilia e le altre province meridionali nel 1906. Si trattava di provvedimenti che prevedevano alleggerimenti fiscali per le imprese e i piccoli proprietari terrieri, oppure interventi pubblici per la sistemazione di monti, mari e bacini idrogeologici. Non si proponevano dunque di risolvere la questione meridionale intervenendo sulla struttura sociale ed economica dei territori cui si rivolgevano, ma vanno ricordati perché denotano una prima attenzione specifica dello Stato unitario per i territori del Mezzogiorno. Protagonista nella elaborazione dei primi provvedimenti in favore del Sud fu Francesco Saverio Nitti, il quale perseguì, nella sua duplice funzione di studioso e uomo di governo, un organico disegno di intervento dello Stato in economia, che abbracciava diversi settori di investimento e produzione 3. La sua azione come ministro di Agricoltura, Industria e Commercio (1911-1914) favorì la formazione di un ceto di tecnici in seno alla burocrazia statale, tra cui Alberto Beneduce, su cui torneremo, o come Meuccio Ruini, Carlo Petrocchi e Eliseo Jandolo, che elaborarono una prima concezione della bonifica integrale, poi ripresa e ulteriormente sviluppata sotto il fascismo. In epoca giolittiana prese avvio anche l'intervento diretto dello Stato come gestore di imprese e produttore di beni e servizi, attività fino a quel momento esercitate solo da imprese private 4. Con la nazionalizzazione della rete ferroviaria nel 1905 nacque l’azienda delle Ferrovie dello Stato. Due anni più tardi fu istituita l’Impresa per la telefonia interurbana, mentre nel 1913 nacquero l’Istituto Nazionale di Credito per la Cooperazione (oggi Bnl) e l’Istituto nazionale per le assicurazioni. Alla costituzione dell’Ina lavorarono Nitti, Beneduce – che ne divenne amministratore delegato nel 1916 – e Bonaldo Stringher, altra figura chiave per lo sviluppo dell’intervento pubblico. Quest’ultimo, prima in qualità di direttore generale della Banca d’Italia dal 1900 e poi di Governatore dal 1928 (quando fu istituita la carica), affermò il ruolo centrale dell’istituto, facendone «parte del “governo” del paese» 5. 3 Sulla figura di Nitti si veda in particolare C. Barbagallo, Nitti , Utet, Torino, 1984; L. De Rosa, Francesco Saverio Nitti (1868-1953) , in A. Mortara (a cura di), I protagonisti dell’intervento pubblico in Italia , Franco Angeli, Milano 1984, pp. 205-240 e L. De Rosa, Francesco Saverio Nitti e il ruolo dello Stato , in Id. (a cura di), Economisti meridionali , Istituto Italiano per gli studi filosofici, Napoli 1995, pp. 225-265. 4 Su questo punto cfr. S. Cassese, La nuova costituzione economica , Laterza, Roma-Bari 2005, pp. 7 e ss. 5 A. Gigliobianco, Via Nazionale , Donzelli, Roma 2006, p. 83. Sulla figura di Stringher e il suo ruolo in questo sviluppo dell’azione della Banca d’Italia si vedano in particolare pp. 83-119. 5 La prima guerra mondiale rappresentò poi la svolta definitiva per l’affermazione dell’intervento pubblico in economia, consentendo di completare il take-off industriale registrato a cavallo tra fine ottocento e inizio Novecento. Nel 1919, ancora su iniziativa di Nitti, ora ministro del Tesoro, fu istituita l’Opera nazionale combattenti con compiti di assistenza economica, finanziaria, tecnica e morale dei combattenti. A cavallo tra la fine dello Stato liberale e il fascismo si aprì poi la stagione degli “Enti Beneduce”6, che costituirono l’embrione su cui si sviluppò il sistema di economia pubblica italiano. Nel 1919 nacque così il Consorzio di credito per le opere pubbliche (Crediop), che, esattamente come il Consorzio sovvenzione valori industriali creato nel 1914, aveva il compito di affiancare al credito bancario un canale di finanziamento industriale pubblico. Nel 1924, con la stessa finalità, fu creato l’Istituto di credito per l’impresa pubblica (Icipu). Con il consolidamento del fascismo l’intervento diretto dello Stato in economia e il modello di economia pubblica configurato dagli enti Beneduce si rafforzarono ulteriormente 7. Tra il 1925-28 fu impostato un indirizzo che costituiva la premessa dell’autarchia nella seconda metà degli anni Trenta. Il primo provvedimento in questo senso fu la battaglia per il grano, ma poi ne seguirono altri, dei quali furono protagonisti il ministro dell’Economia Giuseppe Belluzzo e il ministro delle Finanze Giuseppe Volpi di Misurata.
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