IL MESSAGGERO VENETO 28 AGOSTO

La Regione impugna il decreto Calabria che impone al Fvg un risparmio di 9,5 milioni Taglio delle spese per la sanità La giunta si appella alla Consulta

Mattia Pertoldi udine. Le tempistiche scelte per avviare il primo braccio di ferro con il Governo, forse, sono assolutamente casuali, ma resta il fatto che la decisione di ricorrere alla Corte costituzionale contro il Decreto Calabria arriva a una manciata di giorni dalla fine ufficiale dell'esecutivo gialloverde e, guardacaso, e accende la sfida a un ministro - quello della sanità nel quale "comanda" Giulia Grillo - in quota M5s.Al di là delle possibili ricostruzioni politiche, in ogni caso, resta il fatto che la giunta ieri ha deciso di impugnare quel Decreto che impone alle Regioni a

Statuto speciale, ma non alle ordinarie, un taglio dell'1% sul costo del personale come misura punitiva per le gestioni economiche in deficit risultate nell'esercizio 2017. «È francamente inaccettabile - spiega il vicepresidente e assessore alla Salute Riccardo Riccardi - che lo Stato decida come dobbiamo comportarci su una materia, come la sanità, i cui costi sono completamente a carico del Friuli Venezia Giulia. Una decisione ancora più grave se poi Roma selga di concedere libertà alle Regioni ordinarie e bloccare quelle Autonome».Tradotto in soldoni, nel dettaglio, il Decreto

Calabria impone al Friuli Venezia Giulia un taglio di 9,5 milioni di euro sul costo del personale. «A poco servono le rassicurazioni del ministero - continua Riccardi - quando la nostra Corte dei conti e il ministero dell'Economia sostengono che i tagli vadano applicati. Per noi è inaccettabile. E il ricorso è atto dovuto a salvaguardia dell'Autonomia regionale e dell'equilibrio del nostro servizio sanitario». Nelle parole del vicepresidente, tra l'altro, si capisce come la decisione di rivolgersi alla Consulta non sia legata esclusivamente a un fattore di disparità di trattamento, e di tenuta del sistema salute, ma coinvolga il concetto stesso di Specialità regionale da difendere contro le ingerenze dello Stato centrale.«Quando un provvedimento dello Stato - conclude - limita il margine di manovra di una Regione Autonoma che, tra l'altro, si finanzia le proprie prestazioni, va contrastato. Quanto ai rapporti con il potere centrale, ho letto di tanti padri per la vittoria della Regione contro Ferrovie dello Stato. A mio avviso i rapporti di parentela qui sono minimi: al massimo parliamo di qualche cugino. La verità la conosce soltanto chi stava dentro il Consiglio regionale nella precedente legislatura e ha combattuto fino alla fine, anche condizionando pezzi della giunta precedente che non erano così determinati nel "disturbare" il potere romano. A noi, lo ricordo, si sono affiancati alcuni dirigenti che ancora continuano a difendere con coraggio, nonostante a volte siano incompresi, la Regione».

l'opposizione

Shaurli (Pd): smascherate le bugie di Fedriga

udine. «Chiacchiere e bugie non si possono nascondere a lungo. Abbiamo denunciato subito la gravità per il Friuli

Venezia Giulia dell'esclusione dalla deroga per le assunzioni in sanità, ma a noi e ai cittadini Massimiliano Fedriga ha raccontato che era tutto a posto».Così il segretario del Pd Cristiano Shaurli, commentando la decisione della giunta di impugnare il Decreto Calabria, attacca il presidente della Regione. «Invece di ripetere ossessivamente posizioni e slogan dell'ex Capitano - tuona Shaurli -, non poteva fare pressioni sul Governo, finché era in tempo e ottenere una norma che togliesse la penalizzazione? Non lo ascoltano nemmeno i suoi? Ora fanno ricorso rendendosi doppiamente ridicoli e dimostrando di non contare nulla. Anche questo va sul conto di una Lega che si riempie la bocca di promesse e poi scappa mandando a rotoli Paese e Regione. Intanto i nostri servizi e operatori della sanità sono sotto organico e la qualità della salute rischia di andare in picchiata, fra disservizi, ritardi e contraddizioni, con piani di tagli e chiusure che l'assessore dichiara nemmeno di conoscere».

Storia dei litigi con Roma Quasi 90 ricorsi in 18 anni e più di 100 sentenze udine. Non è certo la prima volta - anzi - in cui il Friuli Venezia Giulia decide di combattere, amministrativamente, di fronte alla Corte costituzionale contro il Governo centrale. Normalmente, a essere onesti, è Roma che impugna le leggi regionali - oppure anche soltanto una parte di esse -, ma non capita di rado, proprio come nel caso del Decreto

Calabria, che sia invece il Friuli Venezia Giulia a opporsi alle decisioni dello Stato.E la storia recente, dal 2001 in poi, dice, infatti, che ci sono stati 87 contenziosi tra Regione e Stato di fronte alla Consulta, con 110 sentenze complessive

- possono essere maggiori al numero di impugnazioni perché a uno stesso ricorso è possibile corrispondano più sentenze oppure ordinanze -, di cui 61 con una decisione finale di illegittimità costituzionale. Un mare di "processi amministrativi" figli, sostanzialmente, della riforma del Titolo V della Costituzione entrata in vigore alla fine del 2001 che ha rivisto i limiti delle competenze legislative tra Stato e periferia. All'interno del macrocosmo delle cosiddette competenze concorrenti, infatti, si è scatenato un contenzioso pressoché continuo davanti alla Consulta. I motivi dei ricorsi sono, quasi sempre, di due tipi. Nel primo caso lo Stato, o una Regione, contesta alla controparte di aver invaso, da un punto di vista legislativo, il campo di una propria competenza e quindi ci si appella per rendere incostituzionale la norma varata. Nel secondo, invece, ci si aggrappa alla Corte lamentando l'attribuzione da parte di

Stato oppure Regione di poteri ritenuti propri.Per quanto riguarda la mole complessiva di lavoro svolta dai giudici costituzionali, basti pensare che in 17 anni sono s tate emesse 2 mila 152 sentenze di cui, oltre la metà, di illegittimità costituzionale. Nel solo 2018, inoltre, i ricorsi aperti tra Roma e le periferie hanno occupato quasi la metà del tempo, e della documentazione analizzata, della Corte costituzionale. Una mole di lavoro enorme sulla quale soltanto la riforma costituzionale Renzi-Boschi aveva tentato di intervenire. All'articolo 117 venivano infatti soppresse le materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni. Queste materie sarebbero state redistribuite tra competenza esclusiva statale e competenza regionale. La maggior parte sarebbero state aggiunte alla lista delle materie la cui legislazione esclusiva spetta allo Stato. Nelle materie in cui la competenza legislativa esclusiva dello Stato fosse stata limitata alle

"disposizioni generali e comuni", che si sarebbero sostituiti ai "principi fondamentali" delle vecchie materie di legislazione concorrente, si sarebbe configurata una nuova forma di co-legislazione da parte dello Stato e delle regioni.

Sempre all'articolo 117 era introdotta pure la cosiddetta "clausola di supremazia" che prevedeva (anche per le materie non di competenza statale) l'intervento del Governo qualora lo avesse richiesto «la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale». Come noto la riforma costituzionale venne sottoposta a referendum popolare con la vittoria dei "no" con le conseguenti dimissioni di da presidente del Consiglio e il conseguente passaggio di consegne a palazzo Chigi nelle mani del suo successore .

I quattro capigruppo rivendicano i principali provvedimenti varati in Consiglio «Ottimi risultati, ma un cambio di Governo potrebbe penalizzare la regione» La crisi spaventa il centrodestra «A rischio le riforme in Friuli»

Mattia Pertoldiudine. La rivendicazione, con pure più di un pizzico di orgoglio, del lavoro svolto in Regione da una parte, ma anche la preoccupazione, dall'altra, che il possibile nuovo Governo tra M5s e Pd, a Roma, possa intralciare

«il processo riformatore in atto in Friuli Venezia Giulia».Sì perché nel lungo elenco di risultati che - a loro dire - hanno caratterizzato il primo anno e mezzo di legislatura targata Massimiliano Fedriga, l'addio a un Governo amico a Roma, per i quattro capigruppo di maggioranza in Consiglio regionale, potrebbe davvero trasformarsi in un boomerang per il

Friuli Venezia Giulia. «Quanto di buono realizzato è sotto gli occhi di tutti - hanno detto Mauro Bordin (Lega), Giuseppe

Nicoli (Forza Italia), Mauro Di Bert (Progetto Fvg) e Claudio Giacomelli (Fratelli d'Italia) -. Abbiamo ereditato una

Regione in forte affanno e siamo impegnati in una profonda politica di rinnovamento e ricostruzione per superare gli affanni prodotti da riforme irrazionali e illogiche. Tuttavia, alla luce delle prospettive governative di questi giorni, ci sono forti preoccupazioni per gli effetti negativi che gli sviluppi degli scenari politici romani potrebbero avere per il processo riformatore e l'Autonomia della nostra regione».I quattro capigruppo, poi, si sono dedicati a un lungo elenco di rivendicazioni come «il sostegno alle famiglie e alla natalità, con gli asili nido gratuiti per chi ha più di un figlio e fino a 600 euro di contributo annuo per famiglie con Isee fino a 50 mila euro» oppure «lo sconto del 50% sui titoli di viaggio del trasporto pubblico locale».Ancora, quindi, i capigruppo hanno citato «le modifiche apportate per accedere alle graduatorie di assegnazione di alloggi popolari, passando da 2 a 5 anni che rappresentano un eloquente grande passo in avanti verso l'equità nei confronti dei nostri concittadini» e «il rilancio della montagna con agevolazioni sul credito di imposta e taglio dell'Irap, una misura che è stata estesa a tutto il territorio regionale per i primi tre anni in caso di nuovi insediamenti produttivi». Bordin, Nicoli, Di Bert e Giacomelli, inoltre, non si sono fermati qui, ma sono andati oltre. «Ricordiamo l'approvazione del nuovo piano casa - hanno continuato - e del piano alberghi. Quanto agli investimenti, vanno ricordati i 319 milioni di euro di mutui destinati a infrastrutture strategiche, enti locali, attività produttive, ambiente e agricoltura. Grande attenzione è stata rivolta anche agli enti locali, riequilibrando la sperequazione dei trasferimenti per i Comuni e i fondi distribuiti con l'extra gettito Imu che ha garantito dieci milioni».Infine, dopo aver citato «il grande impegno profuso per tutelare e valorizzare le sagre e le fiere tradizionali» per quanto concerne le riforme della sanità e degli enti locali, i capigruppo hanno ricordato che «la prima è già stata avviata e stiamo procedendo a spron battuto verso il taglio degli sprechi e il potenziamento dei servizi, mentre per la seconda, a differenza di chi ci ha preceduto, noi non imporremo riforme calate dall'alto, bensì condivideremo le nostre idee e accetteremo tutte le proposte costruttive per ridare Autonomia e dignità agli enti sovracomunali di area vasta».

patto per l'autonomia

Agricoltura, Moretuzzo: «Serve più coraggio e non legarsi al Veneto» udine. Per il pagamento dei contributi alle imprese agricole, in particolare quelli derivanti da fondi stanziati dall'Unione europea, la giunta di Massimiliano Fedriga - sostiene il gruppo del Patto per l'Autonomia in Consiglio regionale - punta ad affidare la gestione all'agenzia regionale del Veneto (Avepa) con l'ipotesi di un organismo pagatore autonomo che viene, dunque, definitivamente accantonata, almeno stando a sentire gli esponenti autonomisti a piazza Oberdan.

«Speriamo che questa soluzione risolva almeno nell'immediato i grossi problemi in cui versano tante aziende friulane che aspettano da anni i contributi europei. Di certo non è un bel segnale per la nostra Autonomia regionale considerato come in questa maniera abdichiamo definitivamente a una gestione diretta dei fondi europei, che nei prossimi anni saranno ancora più determinanti per la nostra economia, non soltanto quella prettamente agricola», dichiara Massimo

Moretuzzo, capogruppo del Patto per l'Autonomia in Consiglio regionale. «Dopo aver deciso e avviato di fatto lo smantellamento dell'Ersa e aver consegnato a PromoTurismoFvg la promozione dell'agroalimentare, ora abbiamo un'ulteriore dimostrazione di come il settore agricolo sia relegato in fondo alle priorità della giunta regionale di centrodestra - prosegue Moretuzzo - e di come, ancora una volta in questa legislatura, l'influenza veneta del doge Luca

Zaia, governatore a Venezia, sia predominante sulle scelte dei leghisti che governano in Friuli Venezia Giulia. Sarà interessante sapere quanto ci costerà questa operazione - conclude Moretuzzo -, se i benefici saranno anche destinati alle nostre aziende agricole oppure andranno esclusivamente a vantaggio della struttura che fa capo alla Regione del

Veneto».

la polemica

Grillini e Pd insistono sui Cda delle Ater «Solo un poltronificio» udine. «Lo abbiamo detto in Aula durante l'approvazione della legge e i fatti confermano il nostro pensiero: l'introduzione dei Cda nelle Ater per prendere decisioni che di politico non hanno nulla è un'assurdità». L'attacco è siglato dal consigliere regionale del M5s Cristian Sergo, che prosegue: «Per occuparsi di accesso all'edilizia residenziale o di ristrutturazione di immobili, servono figure competenti e in grado di prendere decisioni che dovrebbero essere appannaggio dei tecnici. Inoltre, le scelte delle persone da parte della Giunta per i Cda non fa che confermare come l'operazione sia stata di mera spartizione di poltrone tra le forze politiche di maggioranza, tanto più che si sono individuate quattro Ater rispetto alle tre Aziende sanitarie: e non ci vengano a dire che è più complicato gestire l'edilizia residenziale rispetto alla sanità».Sulla stessa linea d'onda c'è, ancora una volta, anche il Pd. «I Cda Ater sono stati reintrodotti dal centrodestra per garantire ulteriori incarichi agli amici - attacca la consigliera regionale Chiara Da

Giau -. Sulle nomine dei presidenti non c'è stato alcun criterio comune di scelta, la maggioranza ha cercato con il lumicino qualcosa che giustificasse la designazione, senza considerare il contatto con i territori, che è stato di fatto azzerato da una pseudo riforma che non è altro che l'ennesimo poltronificio».«Sulle nomine ci siamo astenuti - conclude - perché, pur trattandosi di un parere procedurale, oggi è stato palese quello che avevamo già denunciato, ossia il banchetto con il quale il centrodestra si è spartito delle poltrone in maniera puramente partitica. Nelle linee di indirizzo non c'è una chiara impronta volta a valorizzare i territori, soprattutto a seguito dell'eliminazione dei direttori a

Gorizia e Pordenone e alla scomparsa dell'Ater dell'Alto Friuli. È lampante il fatto che i membri del Cda non hanno ricevuto alcun mandato a rapportarsi con i sindaci. Inoltre questo centrodestra continua a dimostrare la sua distanza culturale dalla questione di genere: nessuno dei presidenti nominati è donna».

movimento 5 stelle

Affondo di Ussai: a settembre scade il Garante dei diritti e nessuno ne parla udine. «Il mandato della Garante regionale per i diritti della persona scade il prossimo 10 settembre e non è stata approvata alcuna proroga, creando un grave vulnus per un organismo che si rivolge alle componenti più fragili della popolazione del Friuli Venezia Giulia».Lo afferma, attaccando la giunta di centrodestra, il consigliere regionale del M5s

Andrea Ussai. «Già siamo passati da tre Garanti a un organo monocratico che si occupa di bambini e adolescenti, persone private della libertà e soggetti a rischio discriminazione - ricorda l'esponente pentastellato -. In più, con una tecnica legislativa a dir poco discutibile, la modifica della legge istitutiva dell'organismo, approvata nel 2018, non richiama la proroga delle funzioni del Garante alla scadenza del mandato che invece era prevista nella legge del

2014».«Non si capisce se la maggioranza di centrodestra non abbia agito per negligenza oppure per semplice leggerezza - attacca ancora Ussai -. Fatto sta che non si è intervenuti per consentire al Garante di avere continuità nel suo impegno, dimostrando un grave disinteresse, se non addirittura un accanimento politico, nei confronti di questa figura professionale».«Eppure di occasioni per approvare una norma che consentisse di prorogare le funzioni dell'attuale Garante, Fabia Mellina Bares, ce ne sono state molte nel corso di questo anno di attività in Consiglio, in attesa di una riconferma oppure della nomina di una nuova figura - sottolinea infine il consigliere regionale grillino -. Ma in due leggi omnibus, presentate a approvate dalla maggioranza che governa la Regione, e un assestamento di bilancio estivo, in cui è stato approvato praticamente ogni tipo di provvedimento in qualsiasi materia, non c'è stato spazio per evitare un vuoto che rischia di negare diritti proprio a chi, invece, ne ha davvero più bisogno».

L'analisi del presidente regionale Roberto Contessi «Aperto il confronto con la Regione su leasing e contributi I costruttori di Ance «L'immobiliare vola ma non l'edilizia Servono strumenti»

Elena Del Giudice UDINE. Il mercato immobiliare è in ripresa «ma non traina l'edilizia». È Roberto Contessi, presidente dell'Ance regionale, l'associazione dei costruttori di Confindustria, a fare il distinguo tra operazioni di natura più commerciale e quelle in grado di far ripartire il settore dell'edilizia del Friuli Venezia Giulia. «Ed è intuibile - rimarca

Contessi - che le transazioni tra privati su immobili esistenti, non riverberano effetti sul comparto delle costruzioni. Per cui la precisazione va fatta».L'urgenza di dare sostegno ad un settore anticiclico che, se riparte, è in grado di trainare anche molti altri settori oltre all'occupazione, dunque rimane. Ed è su questo che Ance Fvg sta lavorando per proporre alla Regione «strumenti utili al rilancio dell'edilizia», anticipa Contessi.«Con la Regione stiamo ragionando, ad esempio, sul leasing immobiliare e sull'edilizia agevolata. Oggi la Regione garantisce una parte del mutuo contratto da famiglie che acquistano la prima casa, e sostiene una parte del rischio economico nel caso in cui il cittadino non possa più pagare il mutuo. Con il leasing immobiliare la Regione garantirebbe il 100% del valore dell'immobile ma ne diventerebbe la proprietaria fino al momento del riscatto. Questa modalità potrebbe risultare interessante per i giovani, che non sempre sono interessati ad accendere mutui o che hanno difficoltà ad avere la liquidità necessaria per comperare un immobile, e che preferiscono gli acquisti a rate. Nel caso in cui il contraente smettesse di pagare, l'onere sostenuto fino a quel momento sarebbe stato pari a quello di una locazione, e la Regione resterebbe proprietaria dell'immobile».La seconda proposta impatta sull'edilizia agevolata, quel segmento in cui la Regione interviene con un contributo riservato a particolari categorie di cittadini per l'acquisto della prima casa. «Oggi se un cittadino acquista da un privato o da un'impresa è indifferente ai fini del contributo, ma non ha pari impatto sul cittadino. Se si acquista da privati l'operazione è soggetta alla tassa di registro che si calcola sul valore catastale, se si acquista da un'impresa c'è invece l'Iva da riconoscere, che per il privato è un costo, sul valore di vendita. La proposta - avanza Contessi - è quella di individuare una modalità che consenta di abbattere i costi». Si tratta dunque di ipotesi che hanno un obiettivo fondamentale: «quello di movimentare il settore dell'edilizia. E in questo particolare momento, grazie alle misure previste dal decreto Crescita (dalla tassazione agevolata per incentivare gli interventi su vecchi edifici, allo scopo di conseguire classi energetiche elevate e nel rispetto delle norme antisismiche, al sisma-bonus per interventi di rafforzamento antisismico di edifici, solo per citarne alcuni) può essere davvero conveniente per i cittadini investire nella ristrutturazione della casa», è la considerazione del presidente dell'Ance. E forse è anche il momento di attrarre investimenti in edilizia, al palo ormai da diversi anni. «Il nostro settore sta scontando una crisi decennale che è costata in termini di imprese, occupazione, indotto. Creare le condizioni per far ripartire l'edilizia e le costruzioni - conclude

Roberto Contessi - significa dare benzina ad uno dei principali locomotori dell'economia».

IL PICCOLO 28 AGOSTO

Sequela di riunioni per Patuanelli a fianco del suo leader Di Maio Cabina di regia dem per Serracchiani. Cauto ottimismo di Rosato Le giornate convulse degli eletti regionali protagonisti a Roma ai tavoli tra Pd e M5s

Giovanni Tomasin TRIESTE. È stata una convulsa giornata romana, quella di ieri, per i politici del Friuli Venezia Giulia che hanno assistito al travaglio per la possibile nascita del nuovo governo, o vi hanno direttamente partecipato.Sui due versanti della trattativa troviamo il capogruppo M5S al Senato Stefano Patuanelli e la deputata Pd Debora

Serracchiani.È l'ennesima lunga giornata per il pentastellato triestino, dato per possibile prossimo ministro alle

Infrastrutture nell'eventuale esecutivo. Dopo le tensioni della mattinata, che vedono saltare l'incontro fra delegazioni previsto per le 11, e le voci sulle pretese del capo politico Luigi Di Maio sul Viminale, Patuanelli nel primo pomeriggio rilascia una dichiarazione distensiva ai microfoni di La7: «Per noi non è una questione di nomi ma credo che non lo sarà per nessuno». Alle porte della successiva riunione con i capigruppo di commissione M5S, il senatore torna sulla trattativa sottolineando che il punto fondamentale è il via libera dei dem sul nome di Giuseppe Conte, invitando al silenzio sul resto: «Intanto ci dicano chiaramente che è lui il nome che faranno al Quirinale. Poi il problema non può essere quello delle caselle. In questo momento meno si parla meglio è».Patuanelli e il collega alla Camera Francesco

D'Uva escono dalla riunione con un invito a proseguire le trattative. Si dirigono quindi a palazzo Chigi dove incontrano il capo politico Di Maio. Ne escono poco prima delle 18, opponendo un fermo no comment alle richieste dei cronisti.

Segue la riunione in cui Patuanelli e D'Uva si confrontano con gli omologhi Andrea Marcucci e . Con loro i vicepresidenti dei gruppi M5s Francesco Silvestri e Gianluca Perill, la vicesegretario del Pd e il coordinatore della segreteria Andrea Martella.Poco dopo l'inizio della riunione vengono diffuse le immagini della riunione, gli esponenti dem e M5S sorridenti. Ai due capi del tavolo Delrio e Patuanelli. Da quel confronto il triestino esce attorno alle 20, e commenta: «Abbiamo lavorato in un buon clima, ci vedremo domani. Non abbiamo parlato di nomi». E ancora: «Come sapete noi avevamo dieci punti presentati alle consultazioni, il Pd ha elaborato determinate proposte che ci ha fatto vedere. Ottimisti per una soluzione? Lo sono per natura...»Diverse ore prima, in tarda mattinata, la parlamentare e vicepresidente dell'assemblea dem Serracchiani invitava alla riapertura del confronto fra le parti, rigettando la logica dell'«ultimatum»: «Siamo al tavolo con M5S da tre giorni per parlare di salari, ambiente, ripresa dell'economia, diritti - scrive su Twitter l'esponente dem -. Dall'altra parte arrivano solo ultimatum, rilanci sui nomi e non sui programmi. Il Pd è unito, speriamo che anche M5S riesca a mettere prima il bene del Paese». Nel pomeriggio ritroviamo la ex presidente del Fvg nella cabina di regia del partito con il segretario , il presidente del partito Paolo Gentiloni, i due vicesegretari e Paola De Micheli, Marcucci, Delrio e l'altra vicepresidente . Questo il suo commento sulla giornata: «In questa fase critica, prima e durante le trattative con i M5S, il Pd ha mantenuto una linea di massima serietà e trasparenza, sia verso gli italiani sia nel non facile dialogo con i 5 Stelle». Prosegue ancora Serracchiani: «Le ultime ore sono state molto difficili e hanno richiesto tutto l'impegno e la pazienza del partito, che è stato unito attorno al segretario. Ci sono momenti in cui le ambizioni personali di singoli mettono a rischio qualcosa di più grande di loro, e invece bisogna avere l'umiltà di sapersi mettere al servizio del Paese. È quello che sta facendo il Pd, ma è chiaro che questa è una partita che si gioca in due. Anche sul filo del rasoio, ragioneremo come ci chiede la Costituzione e l'interesse del Paese. Ma un nuovo governo o è di svolta o non c'è del tutto».Cautamente ottimista il dem , vicepresidente della Camera dei Deputati: «Mi sembra che stiamo andando nella giusta direzione, il clima è buono nonostante le grandi distanze fra noi e i 5 Stelle». Quanto alle polemiche su nomi e ultimatum, Rosato frena: «Meglio lasciare certi aspetti alle trattative. Se verrà dato l'incarico a Conte, sarà lui a dover risolvere simili questioni. Anche perché in testa restano le cose da fare, che van fatte: altrimenti al primo gennaio ci ritroviamo con l'aumento dell'Iva e l'esercizio provvisorio».

In una nota i capigruppo di maggioranza rivendicano le "cose fatte" ma esprimono «forti preoccupazioni» per l'evolversi della situazione

Le notizie in arrivo fanno tremare il centrodestra di piazza Oberdan

TRIESTE. «Quanto di buono fatto per il Friuli Venezia Giulia in poco più di un anno di governo, da parte del presidente

Massimiliano Fedriga, della giunta e dell'amministrazione di centrodestra in Consiglio Regionale, è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo ereditato una Regione in forte affanno, soprattutto in settori strategici quali sanità ed enti locali, e siamo impegnati in una profonda politica di rinnovamento e ricostruzione al fine di superare gli affanni prodotti da riforme irrazionali e illogiche. Tuttavia, alla luce delle prospettive governative di questi giorni, rimangono forti preoccupazioni per gli effetti negativi che gli sviluppi degli scenari politici romani potrebbero avere per il processo riformatore e l'autonomia della nostra regione». Lo affermano i capigruppo di maggioranza Mauro Bordin (Lega),

Giuseppe Nicoli (Forza Italia), Mauro Di Bert (Progetto Fvg) e Claudio Giacomelli (Fdi) in una nota congiunta in cui colgono l'occasione per elencare «le riforme attuate in questo primo anno dall'amministrazione Fedriga, partendo dal sostegno alle famiglie e alla natalità, con gli asili nido gratuiti per chi ha più di un figlio e fino a 600 euro di contributo annuo per famiglie con Isee fino a 50 mila euro». «Parliamo di un provvedimento che, quando sarà a pieno regione, varrà 14 milioni di euro per ogni annualità e perseguirà il chiaro intento di questa maggioranza di fornire sostegno alla natalità anche per i nuclei familiari del cosiddetto "ceto medio" che prima della nostra misura era, di fatto, escluso dall'accesso all'abbattimento delle rette», aggiungono i capigruppo di maggioranza in quella che è un'analitica "lista delle cose fatte" che sa di rivendicazione di fronte ai rumors che danno la maggioranza politica del Friuli Venezia Giulia sull'orlo di una "crisi di nervi", e di identità, proprio per l'evolversi delle questioni romane. «L'azione di buongoverno del centrodestra - fanno sapere i presidenti dei gruppi consiliari che sostengono Fedriga - procede anche in direzione del massimo supporto alle imprese e alle attività produttive. Ricordiamo infatti il grande impegno nel perseguire il rilancio della montagna con agevolazioni sul credito di imposta e taglio dell'Irap. Misura che è stata estesa a tutto il territorio regionale per i primi tre anni in caso di nuovi insediamenti produttivi». E pure «gli investimenti sono un altro fiore all'occhiello di questa amministrazione regionale. Infatti, grazie alla solidità economica della nostra Regione, nel prossimo triennio è previsto un indebitamento per 319 milioni, debito che sarà destinato agli investimenti per infrastrutture strategiche per il territorio regionale, ma anche per enti locali, attività produttive, ambiente e agricoltura. Inoltre, grazie ai nuovi accordi fra Stato e Regione, nel prossimo triennio ci sarà un risparmio del 30% rispetto a quanto il Fvg corrispondeva a Roma nel medesimo arco di tempo nel mandato Serracchiani».

Scatta il ricorso alla Corte Costituzionale contro la norma sul tetto di spesa per il personale per gli enti "speciali" La giunta Fedriga impugna i tagli alla sanità imposti dal decreto Calabria

Marco Ballico TRIESTE. C'è un taglio, imposto da Roma, che continua a valere solo per le Regioni a statuto speciale e la giunta Fedriga non ci sta. Al punto da impugnare davanti alla Corte costituzionale il decreto Calabria convertito dal

Parlamento in legge. Non tanto per quello che c'è scritto, ma per ciò che non viene evidenziato a vantaggio, come per le ordinarie, anche delle autonome. Nel mirino il comma 4 bis dell'articolo 11, che non comprende esplicitamente le

"speciali" nello sblocco del tetto di spesa per il personale della sanità, con il Fvg che rimane dunque obbligato a una riduzione dell'1%. Un'imposizione «inaccettabile», la definisce il vicepresidente e assessore alla Salute Riccardo

Riccardi: «Nella sostanza viene istituito un Paese a doppia velocità». Questione di principio: «Va contrastata una disposizione dello Stato in un ambito che qualifica l'autonomia del finanziamento del servizio sanitario del Friuli

Venezia Giulia. Il decreto Calabria mette le Regioni su due piani: le ordinarie senza alcuna limitazione e le speciali costrette al taglio. Questo non è condivisibile». La vicenda si apre a inizio anno con le linee di gestione del Ssr. Il documento, nel rispetto dei vincoli nazionali che fissano misure di contenimento della spesa per il personale, stabilisce che il tetto per il 2019 non dovrà superare il costo proiettato da aziende ed enti al 31 dicembre 2018, diminuito appunto dell'1%. Tenuto conto della spesa complessiva dell'anno scorso (946 milioni di euro, di cui 196 all'AsuiTs, 161 nella AaS2 e 36 al Burlo), il risparmio viene stimato in circa 9,5 milioni. Decisa la reazione del sindacato. Già nella seconda metà di gennaio Cigl, Cisl e Uil, dopo aver stimato in 2-300 le assunzioni in meno conseguenza del taglio, tuonano: «L'esigenza di contenimento della spesa sanitaria regionale, manifestata a più riprese dall'assessore e ribadita al tavolo con i sindacati, non può essere scaricata sui lavoratori, che hanno garantito in questi anni, nonostante il peso crescente del mancato turnover, la tenuta e la qualità del servizio». Segue un serrato confronto che, vista la versione iniziale del decreto Calabria che non pone vincoli a nessuna Regione italiana sui fondi del personale, pare indirizzarsi verso una soluzione condivisa. Ma, in commissione, la norma cambia. E il 4 bis finisce per circoscrivere l'innalzamento del tetto di spesa per il personale sanitario fino al limite della spesa sostenuta nel 2018 alle sole "ordinarie", quelle in cui il servizio è a carico del bilancio statale. Il sindacato Fvg non demorde. E invita la

Regione a confermare di propria iniziativa i livelli di spesa del 2018. Una strada che l'assessorato, sentita la burocrazia statale, ritiene di non poter percorrere. E infatti, dopo aver cercato invano di "suggerire" un emendamento in corso di conversione del decreto, non procede. Decidendo invece ora la via del ricorso alla Corte costituzionale. «Se un provvedimento dello Stato limita il margine di manovra di una Regione autonoma che, tra l'altro, si finanzia le proprie prestazioni, esso va contrastato - sottolinea Riccardi -. Oggi apriamo un nuovo capitolo: a Roma sostengono che il decreto Calabria non nasce contro le autonomie. La Corte dei conti, in forma scritta, e il ministero dell'Economia, in forma verbale, ci dicono l'opposto. Il ricorso è dunque un atto dovuto a salvaguardia dell'autonomia regionale e dell'equilibrio del Ssr». Orietta Olivo della Cgil prende atto con qualche perplessità: «Vista la situazione nazionale, non resta che sperare. Di certo, con un presidente di Regione leghista e un governo dello stesso colore fino a pochi giorni fa, ci aspettavamo che arrivassero risposte concrete senza dover ricorrere all'impugnazione. La sola certezza è che il sistema deve fare a meno di 9, 5 milioni per rinforzare gli organici». Dai dem, col segretario Cristiano Shaurli, arriva invece l'attacco diretto: «Chiacchiere e bugie non si possono nascondere a lungo. Abbiamo denunciato subito la gravità per il Fvg dell'esclusione dalla deroga per le assunzioni in sanità, ma a noi e ai cittadini Fedriga ha raccontato che era tutto a posto. Invece di ripetere ossessivamente posizioni e slogan dell'ex Capitano, non poteva fare pressioni sul governo finché era in tempo e ottenere una norma che togliesse la penalizzazione al Fvg?».

IL DOCUMENTO

Niente sprechi e "sostenibilità" L'AsuiTs vara il Piano ambiente

Andrea Pierini TRIESTE. Riduzione delle emissioni e prodotti sostenibili. Con tolleranza zero verso chi spreca in modo irresponsabile. L'Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste ha approvato il piano "Politica ambientale 2019" che punta a essere qualcosa di più concreto del solito libro delle buone intenzioni. Il documento può contare su 13 punti. Si partirà proprio con l'applicazione di accordi, protocolli, regolamenti e linee guida che serviranno a identificare le cosiddette "buone pratiche" richieste ai dipendenti, ma anche ai fornitori. Lo step successivo prevede un lavoro di identificazione e classificazione dei rischi per l'ambiente presenti nelle diverse strutture. In questa fase non sono previsti esborsi economici che dovranno comunque essere attuati in futuro visto che bisognerà effettuare interventi di adeguamento e miglioramento di varia natura. Attenzione anche al consumo dell'acqua, che dovrà essere

"responsabile" evitando sprechi. Un altro tema considerato nel Piano è quello delle aree verdi, anche nell'ottica dell'ampliamento e del recupero edilizio degli immobili. Proprio lo scorso anno erano stati effettuati degli interventi urgenti nel parco di San Giovanni, il "polmone verde" più importante che ha in gestione la stessa AsuiTs. C'è poi tutto il parco interno del Maggiore, dove si stanno finalmente concludendo gli interventi edili di questi anni che hanno consentito un rinnovamento delle strutture interne. Situazione più complessa a Cattinara, dove il fermo del cantiere incide ovviamente nella manutenzione ordinaria. Gli operatori hanno segnalato più volte delle criticità, come ad esempio il minigiardino all'interno dell'atrio, usato da alcuni come un grande cestino. L'incuria è presente anche nelle piante che sono cresciute nella corte che unisce le due torri: «Quando sono arrivato erano dei cespugli - racconta un medico - e ora sembra una giungla». Esiste poi la questione più complessa legata ai rifiuti: qui si lavorerà per migliorare le metodologie di raccolta e soprattutto lo smaltimento con particolare attenzione al riciclo, un aspetto che in passato non era mai stato prioritario ma che può consentire dei risparmi sensibili. Se la riduzione delle emissioni di

CO2 e dell'inquinamento con il rinnovo del parco mezzi richiederanno del tempo, per via della sostituzione dei macchinari, ecco che rivedere la logistica ottimizzando i trasporti può diventare una buona pratica da attuare invece già nel breve periodo. Infine si pone l'attenzione anche sugli acquisti e in questo senso si procederà all'approvvigionamento con prodotti più "sicuri e sostenibili". Anche sul fronte del cibo, un dettaglio importante in vista delle future gare di appalto.

LA SCHEDA

La mossa L'amministrazione Fedriga ha deciso di impugnare davanti alla Corte Costituzionale il decreto Calabria nella parte in cui è ritenuto lesivo delle prerogative di autonomia delle Regioni "speciali"Il comma contestatoÈ il 4 bis dell'articolo 11, che non comprende esplicitamente le Regioni "speciali" nello sblocco del tetto di spesa per il personale della sanità, con il Fvg che viene dunque obbligato a rispettare un -1%. Fanno circa 9,5 milioni. Per i sindacati possono equivalere a 2-300 assunzioni in meno.La polemicaPer la Cgil era auspicabile «che arrivassero risposte concrete senza dover ricorrere all'impugnazione con un presidente di Regione leghista e un governo dello stesso colore fino a pochi giorni fa». Rincara il segretario dem Cristiano Shaurli: «Anziché ripetere ossessivamente posizioni e slogan di Salvini,

Fedriga non poteva fare pressioni sul governo finché era in tempo?».

la denuncia grillina

«Garante in scadenza Il centrodestra non se ne cura»

TRIESTE. «Il mandato della Garante regionale per i diritti della persona scade il prossimo 10 settembre e non è stata approvata alcuna proroga, creando un grave vulnus per un organismo che si rivolge alle componenti più fragili della popolazione del Friuli Venezia Giulia». Lo denuncia in un comunicato il consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle

Andrea Ussai. «Già siamo passati da tre Garanti a un organo monocratico che si occupa di bambini e adolescenti, persone private della libertà e soggetti a rischio discriminazione - ricorda l'esponente M5S -. In più, con una tecnica legislativa a dir poco discutibile, la modifica della legge istitutiva dell'organismo, approvata nel 2018, non richiama la proroga delle funzioni del Garante alla scadenza del mandato che invece era prevista nella legge del 2014». «Non si capisce se la maggioranza di centrodestra non abbia agito per negligenza o leggerezza - attacca Ussai -. Fatto sta che non si è intervenuti per consentire al Garante di avere continuità nel suo impegno, dimostrando un grave disinteresse, se non addirittura un accanimento politico, nei confronti di questa figura». «Eppure di occasioni per approvare una norma che consentisse di prorogare le funzioni dell'attuale Garante, Fabia Mellina Bares, ce ne sono state molte, in attesa di una riconferma o della nomina di una nuova figura - sottolinea lo stesso consigliere regionale -. Ma in due leggi omnibus e un assestamento di bilancio, in cui è stato approvato di tutto, non c'è stato spazio per evitare un vuoto che rischia di negare diritti proprio a chi ne ha più bisogno».

Oggi l'esecutivo darà il via libera definitivo ai quattro presidenti e completerà il mosaico con gli otto restanti componenti dei consigli d'amministrazione Si chiude tra le polemiche la partita delle nuove Ater Cda nel mirino di M5s e Pd

TRIESTE. Dopo il via libera di ieri della giunta per le nomine del Consiglio regionale, la giunta regionale si prepara al via libera, oggi in seduta straordinaria, ai ricostituiti consigli di amministrazione delle Aziende territoriali per l'edilizia residenziale del Fvg. Nulla di diverso rispetto a quanto concordato la scorsa settimana in maggioranza. La giunta per le nomine ha approvato i curriculum di Riccardo Novacco (quota Lega) per la presidenza dell'Ater di Trieste, di Fabio

Russiani (Progetto Fvg) per quella di Gorizia, di Giorgio Michelutti (Lega) per Udine e di Giovanni Tassan Zanin (Forza

Italia) per Pordenone. La giunta Fedriga aggiungerà oggi l'ok anche ai restanti componenti dei cda. Il centrodestra ha proposto a Trieste Paola Sgai (Fi) e Davide Mosetti (Fdi), a Gorizia Tiziana Maioretto (Lega) e Francesca Tubetti (Fdi), a Udine Lorio Murello (Progetto Fvg) e Laura Tosoni (Fdi), a Pordenone Marco Sartori (Lega) e Stefania Zeni (Progetto

Fvg). Un'impostazione che non convince l'opposizione (in giunta delle nomine Cristian Sergo del Movimento 5 Stelle ha votato a favore solo per il presidente di Udine, mentre il Pd si è sempre astenuto). Sergo ribadisce le critiche mosse in aula e contesta ora la scelta delle persone: «L'operazione è di mera spartizione di poltrone tra le forze politiche di maggioranza, tanto più che si sono individuate quattro Ater rispetto alle tre Aziende sanitarie: non ci vengano a dire che è più complicato gestire l'edilizia residenziale rispetto alla sanità».All'attacco anche la democratica Chiara Da Giau:

«I cda Ater sono stati reintrodotti per garantire ulteriori incarichi agli amici. Sulle nomine dei presidenti non c'è stato alcun criterio comune di scelta, la maggioranza ha cercato con il lumicino qualcosa che giustificasse la designazione, senza considerare il contatto con i territori, che è stato di fatto azzerato da una pseudo riforma che non è altro che l'ennesimo poltronificio». Bocciata anche l'assenza di presidenti donne: «Il centrodestra continua a dimostrare la sua distanza culturale dalla questione di genere». Dalla coalizione di Roberto Collini in Comune di Gorizia anche una nota locale: «L'assenza di componenti della città nel cda testimonia l'ennesima volontà di umiliazione di Gorizia e l'inconsistenza del peso politico del sindaco Ziberna». Per il centrodestra ribatte il consigliere regionale leghista

Lorenzo Tosolini: «Paradossale che il Pd elargisca lezioni di vita non richieste quando, fino a pochi mesi fa, ha sempre operato imponendo direttori a capo delle Ater che erano espressione di partito e appartenenti alla loro visione politica.

Noi operiamo invece affinché i cittadini ricevano e risposte concrete alle loro esigenze. L'operatività dei cda è quanto di più democratico ci possa essere nella gestione della cosa pubblica».

IL GAZZETTINO IN ALLEGATO