IL MESSAGGERO VENETO 28 AGOSTO La Regione Impugna Il
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IL MESSAGGERO VENETO 28 AGOSTO La Regione impugna il decreto Calabria che impone al Fvg un risparmio di 9,5 milioni Taglio delle spese per la sanità La giunta si appella alla Consulta Mattia Pertoldi udine. Le tempistiche scelte per avviare il primo braccio di ferro con il Governo, forse, sono assolutamente casuali, ma resta il fatto che la decisione di ricorrere alla Corte costituzionale contro il Decreto Calabria arriva a una manciata di giorni dalla fine ufficiale dell'esecutivo gialloverde e, guardacaso, e accende la sfida a un ministro - quello della sanità nel quale "comanda" Giulia Grillo - in quota M5s.Al di là delle possibili ricostruzioni politiche, in ogni caso, resta il fatto che la giunta ieri ha deciso di impugnare quel Decreto che impone alle Regioni a Statuto speciale, ma non alle ordinarie, un taglio dell'1% sul costo del personale come misura punitiva per le gestioni economiche in deficit risultate nell'esercizio 2017. «È francamente inaccettabile - spiega il vicepresidente e assessore alla Salute Riccardo Riccardi - che lo Stato decida come dobbiamo comportarci su una materia, come la sanità, i cui costi sono completamente a carico del Friuli Venezia Giulia. Una decisione ancora più grave se poi Roma selga di concedere libertà alle Regioni ordinarie e bloccare quelle Autonome».Tradotto in soldoni, nel dettaglio, il Decreto Calabria impone al Friuli Venezia Giulia un taglio di 9,5 milioni di euro sul costo del personale. «A poco servono le rassicurazioni del ministero - continua Riccardi - quando la nostra Corte dei conti e il ministero dell'Economia sostengono che i tagli vadano applicati. Per noi è inaccettabile. E il ricorso è atto dovuto a salvaguardia dell'Autonomia regionale e dell'equilibrio del nostro servizio sanitario». Nelle parole del vicepresidente, tra l'altro, si capisce come la decisione di rivolgersi alla Consulta non sia legata esclusivamente a un fattore di disparità di trattamento, e di tenuta del sistema salute, ma coinvolga il concetto stesso di Specialità regionale da difendere contro le ingerenze dello Stato centrale.«Quando un provvedimento dello Stato - conclude - limita il margine di manovra di una Regione Autonoma che, tra l'altro, si finanzia le proprie prestazioni, va contrastato. Quanto ai rapporti con il potere centrale, ho letto di tanti padri per la vittoria della Regione contro Ferrovie dello Stato. A mio avviso i rapporti di parentela qui sono minimi: al massimo parliamo di qualche cugino. La verità la conosce soltanto chi stava dentro il Consiglio regionale nella precedente legislatura e ha combattuto fino alla fine, anche condizionando pezzi della giunta precedente che non erano così determinati nel "disturbare" il potere romano. A noi, lo ricordo, si sono affiancati alcuni dirigenti che ancora continuano a difendere con coraggio, nonostante a volte siano incompresi, la Regione». l'opposizione Shaurli (Pd): smascherate le bugie di Fedriga udine. «Chiacchiere e bugie non si possono nascondere a lungo. Abbiamo denunciato subito la gravità per il Friuli Venezia Giulia dell'esclusione dalla deroga per le assunzioni in sanità, ma a noi e ai cittadini Massimiliano Fedriga ha raccontato che era tutto a posto».Così il segretario del Pd Cristiano Shaurli, commentando la decisione della giunta di impugnare il Decreto Calabria, attacca il presidente della Regione. «Invece di ripetere ossessivamente posizioni e slogan dell'ex Capitano - tuona Shaurli -, non poteva fare pressioni sul Governo, finché era in tempo e ottenere una norma che togliesse la penalizzazione? Non lo ascoltano nemmeno i suoi? Ora fanno ricorso rendendosi doppiamente ridicoli e dimostrando di non contare nulla. Anche questo va sul conto di una Lega che si riempie la bocca di promesse e poi scappa mandando a rotoli Paese e Regione. Intanto i nostri servizi e operatori della sanità sono sotto organico e la qualità della salute rischia di andare in picchiata, fra disservizi, ritardi e contraddizioni, con piani di tagli e chiusure che l'assessore dichiara nemmeno di conoscere». Storia dei litigi con Roma Quasi 90 ricorsi in 18 anni e più di 100 sentenze udine. Non è certo la prima volta - anzi - in cui il Friuli Venezia Giulia decide di combattere, amministrativamente, di fronte alla Corte costituzionale contro il Governo centrale. Normalmente, a essere onesti, è Roma che impugna le leggi regionali - oppure anche soltanto una parte di esse -, ma non capita di rado, proprio come nel caso del Decreto Calabria, che sia invece il Friuli Venezia Giulia a opporsi alle decisioni dello Stato.E la storia recente, dal 2001 in poi, dice, infatti, che ci sono stati 87 contenziosi tra Regione e Stato di fronte alla Consulta, con 110 sentenze complessive - possono essere maggiori al numero di impugnazioni perché a uno stesso ricorso è possibile corrispondano più sentenze oppure ordinanze -, di cui 61 con una decisione finale di illegittimità costituzionale. Un mare di "processi amministrativi" figli, sostanzialmente, della riforma del Titolo V della Costituzione entrata in vigore alla fine del 2001 che ha rivisto i limiti delle competenze legislative tra Stato e periferia. All'interno del macrocosmo delle cosiddette competenze concorrenti, infatti, si è scatenato un contenzioso pressoché continuo davanti alla Consulta. I motivi dei ricorsi sono, quasi sempre, di due tipi. Nel primo caso lo Stato, o una Regione, contesta alla controparte di aver invaso, da un punto di vista legislativo, il campo di una propria competenza e quindi ci si appella per rendere incostituzionale la norma varata. Nel secondo, invece, ci si aggrappa alla Corte lamentando l'attribuzione da parte di Stato oppure Regione di poteri ritenuti propri.Per quanto riguarda la mole complessiva di lavoro svolta dai giudici costituzionali, basti pensare che in 17 anni sono s tate emesse 2 mila 152 sentenze di cui, oltre la metà, di illegittimità costituzionale. Nel solo 2018, inoltre, i ricorsi aperti tra Roma e le periferie hanno occupato quasi la metà del tempo, e della documentazione analizzata, della Corte costituzionale. Una mole di lavoro enorme sulla quale soltanto la riforma costituzionale Renzi-Boschi aveva tentato di intervenire. All'articolo 117 venivano infatti soppresse le materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni. Queste materie sarebbero state redistribuite tra competenza esclusiva statale e competenza regionale. La maggior parte sarebbero state aggiunte alla lista delle materie la cui legislazione esclusiva spetta allo Stato. Nelle materie in cui la competenza legislativa esclusiva dello Stato fosse stata limitata alle "disposizioni generali e comuni", che si sarebbero sostituiti ai "principi fondamentali" delle vecchie materie di legislazione concorrente, si sarebbe configurata una nuova forma di co-legislazione da parte dello Stato e delle regioni. Sempre all'articolo 117 era introdotta pure la cosiddetta "clausola di supremazia" che prevedeva (anche per le materie non di competenza statale) l'intervento del Governo qualora lo avesse richiesto «la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale». Come noto la riforma costituzionale venne sottoposta a referendum popolare con la vittoria dei "no" con le conseguenti dimissioni di Matteo Renzi da presidente del Consiglio e il conseguente passaggio di consegne a palazzo Chigi nelle mani del suo successore Paolo Gentiloni. I quattro capigruppo rivendicano i principali provvedimenti varati in Consiglio «Ottimi risultati, ma un cambio di Governo potrebbe penalizzare la regione» La crisi spaventa il centrodestra «A rischio le riforme in Friuli» Mattia Pertoldiudine. La rivendicazione, con pure più di un pizzico di orgoglio, del lavoro svolto in Regione da una parte, ma anche la preoccupazione, dall'altra, che il possibile nuovo Governo tra M5s e Pd, a Roma, possa intralciare «il processo riformatore in atto in Friuli Venezia Giulia».Sì perché nel lungo elenco di risultati che - a loro dire - hanno caratterizzato il primo anno e mezzo di legislatura targata Massimiliano Fedriga, l'addio a un Governo amico a Roma, per i quattro capigruppo di maggioranza in Consiglio regionale, potrebbe davvero trasformarsi in un boomerang per il Friuli Venezia Giulia. «Quanto di buono realizzato è sotto gli occhi di tutti - hanno detto Mauro Bordin (Lega), Giuseppe Nicoli (Forza Italia), Mauro Di Bert (Progetto Fvg) e Claudio Giacomelli (Fratelli d'Italia) -. Abbiamo ereditato una Regione in forte affanno e siamo impegnati in una profonda politica di rinnovamento e ricostruzione per superare gli affanni prodotti da riforme irrazionali e illogiche. Tuttavia, alla luce delle prospettive governative di questi giorni, ci sono forti preoccupazioni per gli effetti negativi che gli sviluppi degli scenari politici romani potrebbero avere per il processo riformatore e l'Autonomia della nostra regione».I quattro capigruppo, poi, si sono dedicati a un lungo elenco di rivendicazioni come «il sostegno alle famiglie e alla natalità, con gli asili nido gratuiti per chi ha più di un figlio e fino a 600 euro di contributo annuo per famiglie con Isee fino a 50 mila euro» oppure «lo sconto del 50% sui titoli di viaggio del trasporto pubblico locale».Ancora, quindi, i capigruppo hanno citato «le modifiche apportate per accedere alle graduatorie di assegnazione di alloggi popolari, passando da 2 a 5 anni che rappresentano un eloquente grande passo in avanti verso l'equità nei confronti dei nostri concittadini» e «il rilancio della montagna con agevolazioni sul credito di imposta