<<

Partito Democratico, Zingaretti lascia la segreteria: “Visto che il bersaglio sono io mi dimetto!”

In un lungo post su Facebook, si dimette da segretario del Partito Democratico. Una scelta che arriva dopo una serie di attacchi interni e accuse di voler in qualche modo sempre sostenere i pentastellati. Ecco la nota:

“Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti e la necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove generazioni. Sono stato eletto proprio due anni fa. Abbiamo salvato il Pd e ora ce l’ho messa tutta per spingere il gruppo dirigente verso una fase nuova. Ho chiesto franchezza, collaborazione e solidarietà per fare subito un congresso politico sull’Italia, le nostre idee, la nostra visione. Dovremmo discutere di come sostenere il Governo Draghi, una sfida positiva che la buona politica deve cogliere. Non è bastato. Anzi, mi ha colpito invece il rilancio di attacchi anche di chi in questi due anni ha condiviso tutte le scelte fondamentali che abbiamo compiuto. Non ci si ascolta più e si fanno le caricature delle posizioni. Ma il Pd non può rimanere fermo, impantanato per mesi a causa in una guerriglia quotidiana. Questo, sì, ucciderebbe il Pd. Visto che il bersaglio sono io, per amore dell’Italia e del partito, non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare la situazione. Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità. Nelle prossime ore scriverò alla Presidente del partito per dimettermi formalmente. L’Assemblea Nazionale farà le scelte più opportune e utili. Io ho fatto la mia parte, spero che ora il Pd torni a parlare dei problemi del Paese e a impegnarsi per risolverli. A tutte e tutti, militanti, iscritti ed elettori un immenso abbraccio e grazie. Ciao a tutte e tutti, a presto. Nicola” Zingaretti, chiedo mandato per proporre reincarico Conte

“Io condivido e chiedo il mandato sulla proposta a Mattarella di un incarico a Conte per dare vita ad un governo che raccolga il suo appello a un nuovo governo europeista che possa contare su ampia base parlamentare”. Così Nicola Zingaretti in direzione Pd.

Anche grazie al Recovery plan “non dobbiamo avere come obiettivo di restaurare l’Italia che c’era prima ma costruirne una nuova.

“Il tema del rapporto con Iv non ha nulla a che vedere con il risentimento per il passato ma di legittimi dubbi fondati per il futuro. Nessun veto ma un aspetto politico da tenere in considerazione perché verremo giudicati in merito alla sincerità e credibilità delle parole per definire il governo che decideremo insieme di sostenere”. Lo dice il segretario Pd Nicola Zingaretti aprendo la direzione.

“Proviamo perché noi non abbiamo mai voluto o auspicato elezioni politiche anticipate e non le vogliamo ora”. Lo dice Nicola Zingaretti in direzione Pd. “Hanno fatto bene coloro che in questi giorni, dopo l’apertura della crisi al buio, hanno segnalato questo pericolo perché esso è reale. Segnalare per la strada il pericolo di una buca è l’opposto della volontà di volerci finire dentro”.

“Noi non poniamo veti su Conte e non subiamo veti da nessuno ma sicuramente non c’è solo Conte. Quello che ci interessa è come si affronta la crisi. Non discutiamo gli uomini , discutiamo prima dell’impianto programmatico”. L’ha detto la presidente di Iv ed ex ministro a Tgcom24

“Il Pd ha guardato con simpatia e aiutato la nascita di un gruppo europeista, è importante in termini di logica politica e può essere che il gruppo possa attrarre altri favorevoli a questa nuova avventura governativa, ma che non hanno il luogo fisico in cui sedersi. Io penso che anche la maggioranza precedente fosse risicata, quindi abbiamo l’esigenza di allargarla. Ben venga il nuovo gruppo e ben venga la riapertura del dialogo tra Conte e Renzi su patti chiari”. L’ha detto , presidente dei senatori del Pd, a ‘L’aria che tira’ su La7.

Lazio, Zingaretti firma l’ordinanza: alle 24 chiusura locali e coprifuoco Firmata l’ordinanza per la Regione Lazio. Blocco della circolazione dalle 24 alle 5 da venerdì prossimo mentre le disposizione sulla Dad alle superiori e all’Università scatteranno da lunedì prossimo. L’ordinanza prevede anche un aumento di posti Covid per arrivare ad un numero di 2913 e di questi 552 da dedicare alla terapia intensiva. Inoltre è prevista una manifestazione di interesse per individuare strutture private per effettuare 5000 tamponi al giorno.

Il provvedimento impone il divieto di spostamento dei cittadini e la chiusura dei locali. È stato anche previsto che le presenza all’Università saranno al 75% tranne le matricole e tutti i licei al 50 %, esclusi gli studenti del primo anno. L’ordinanza entra in vigore venerdì 23 ottobre e avrà una validità di 30 giorni, per le scuole le disposizioni valgono da lunedì prossimo. Nonostante l’Rt di Roma sia all’1,2, il presidente della Regione ha deciso di procedere proprio per contenere l’avanzata del Covid 19, in accordo con i sindaci e con i dirigenti scolastici. È stato anche deciso di allestire nuovi posti letto per i Covid per arrivare a un totale di 2913 e 552 in terapia intensiva. Per circolare da venerdì dopo le 23 sarà necessario essere in possesso di un’autocertificazione che attesti la necessità di lavoro, di salute o l’urgenza.

Bonaccini fa l’uovo e Zingaretti fa coccodè

Si legge nella guida di “Vita in Campagna” che “Ogni gallina in età riproduttiva mette in atto strategie utili a difendere la prole e garantire così la prosecuzione della specie. Il segnale dell’uovo deposto, il classico “coccodè”, è uno di questi”.

Quello che qui interessa è il discorso della strategia del coccodè, segnale utile a difendere la prole e garantire così la prosecuzione della specie. Che c’entra con tutto questo Bonaccini? Che c’entra Zingaretti?

Bonaccini, sicuramente un moderato che si è accostato alla politica verso la fine degli anni 80 tramite i movimenti per la pace, non è esatto e quantomeno pretestuoso affiliarlo con la linea politica di Zingaretti. Quest’ultimo, infatti, è un politico di lungo corso, con un ricco curriculum istituzionale a datare dal 2004 e ormai è confuso nel pensiero giustizialista dei pentastellati.

Colui che osserva dall’esterno può condividere o meno la politica del presidente Bonaccini, però non può negare che per le ultime regionali dell’Emilia Romagna, questi ha condotto una campagna solitaria. Se non fosse stato per i continui attacchi urlati da Salvini, ogni riferimento al PD sarebbe rimasto nascosto.

Anche per questo sembra strano che Zingaretti possa pretendere di salire sul carro del vincitore. Il Pd è stato assente anche dai manifesti del “suo candidato”. La visita che il governatore del Lazio aveva fatto a Bonaccini in Emilia- Romagna, poi, è stata “in incognito”. E qui sta la grossa anomalia: nella regione rossa per eccellenza, durante un’assise elettorale che ha tenuto il Presidente Conte con il fiato sospeso, il partitone rosso si è reso vistosamente latitante come d’altronde smorta è stata la presenza del segretario del Pd. Con quale faccia, dunque, Zingaretti pretende di adottare la strategia del coccodè, segnale utile a difendere la prole e garantire così la prosecuzione della specie?

Trovandosi in questo frangente, che bello non è di sicuro, il segretario Pd si trova a comandare una ciurma disfattista e perciò fatica a tenere la dritta contro le sue correnti interne. Si è ingenuamente aggrappato al salvagente delle Sardine e preso dall’euforia annunciava “un partito nuovo” e a chi lo interrogava ci teneva a precisare “non un nuovo partito”. Cosa intendeva precisamente lo spiegherà se nel frattempo non dovesse cambiare pensiero. Intanto è salito sul carro del vincitore Bonaccini e gonfiandosi il petto fa il giro dei salotti tv urlando il suo “coccodè”, strizzando l’occhio alle Sardine, anche se conosce bene che più di metà di quelle piazze era formato dai quindicenni. Quindi per avere il loro voto Zingaretti ancora deve attendere. Le Sardine, in una lettera al Presidente del Consiglio Conte, firmata “6mila sardine” hanno chiesto di essere ascoltate sul loro programma, articolato in tre punti: Sud, sicurezza e dignità. Largo alle novità! Leggendo poi bene la loro lettera, traspare l’ingenuità di questi ragazzi. Fanno domande che gli stessi italiani ormai stanno facendo da decenni e fino ad ora nessuno è stato capace di dar loro le giuste risposte, ne destra, ne centro, ne sinistra.

Zingaretti che è salito sul carro di Bonaccini, come fa a dare una vera risposta, quando gli chiedono “abbiamo bisogno di capire di chi possiamo fidarci?”. Il Pd che si era vergognato di schierarsi con la sua macchina da guerra accanto al suo candidato Bonaccini, come fa a mostrare fiducia a questi ragazzi quando chiedono: “politici coraggiosi e lungimiranti?”

Sul Corriere della Sera dello scorso 10 gennaio, Marco Imarisio, scrivendo appunto della campagna elettorale condotta da Bonaccini, chiudeva l’articolo con:”Questo articolo comunque va inteso anche come appunto a futura memoria. Per quando, in caso di riconferma del Bonaccini solitario, sul carro del vincitore non ci sarà spazio neppure per uno spillo.” Mai parole furono scritte dotate di tanto spirito profetico. Zingaretti non ha perso tempo a salire sul carro del vincitore, per lanciare ai suoi tanti correnti il segnale di un uovo deposto gridando “coccodè, coccodè”.

Nicola Zingaretti inutile gridare perché alla sede del PD non l’ascolterà nessuno. Zingaretti, Salvini e quell’accordo non scritto…

Le cose che attengono la strategia possono anche essere incomprensibili ai più ma sono chiarissime a chi la elabora.

Salvini ha passato la palla a Zingaretti. Il primo ha aperto la crisi e il secondo ha ora in mano tutte le opzioni per chiuderla, nuovo governo o elezioni che siano. Se come tra loro c’è stata condivisione strategica allora molte delle azioni che vediamo sono di natura tattica, di posizionamento.

Nessuno può pensare che i due leader potessero far cadere il governo, sciogliere le camere e convocare gli italiani al voto, portando a termine l’intera strategia da soli. Come è noto, dopo l’apertura di ogni crisi entra in campo il Capo dello Stato che, interpretando le volontà dei gruppi parlamentari (non il popolo ma i suoi rappresentanti in parlamento) verifica le condizioni per formare un nuovo governo e in mancanza di queste ultime scioglie le camere e convoca gli italiani al voto. Quindi una strategia nata per gli obiettivi sopra menzionati non avrebbe potuto ignorare il terzo attore, il più importante, Mattarella.

Una moltitudine di soggetti negli ultimi giorni si è affannata a dichiarare “nuovo governo per il paese”, “elezioni subito”, “tradimento” Etc. Questa moltitudine di soggetti, da Renzi alla Meloni, da Grillo a Berlusconi, passando per Grasso e la Lorenzin hanno messo in atto (consapevolmente o meno) una atteggiamento tattico volto a tirare Mattarella sulla soluzione gradita.

Salvini e Zingaretti no.

I due non hanno dichiarato semplicemente la propria posizione preferita ma hanno assunto posizioni tattiche, utili a portare Mattarella sulla propria strategia.

Zingaretti all’inizio ha tentennato prima di arrivare a concedere l’assenso all’apertura della trattativa con i 5Stelle per la formazione di un nuovo governo. Poi (prima azione tattica) ha detto si ma a determinate condizioni, le quali inizialmente sono sembrate assolutamente accettabili e poi, quando declinate sui fatti concreti, sono apparse di chiusura (vedi il diniego alla riduzione dei parlamentari).

Salvini dal canto suo ha tatticamente attenuato i toni dello scontro con i 5Stelle fino a dichiarare che con Di Maio premier, Giorgetti all’economia e se stesso al Viminale si poteva continuare con il contratto di governo (riduzione dei parlamentari compresa).

Di Maio alla fine ha declamato i dieci punti irrinunciabili (di fatto il contenuto del contratto di governo con la lega che al primo punto riporta la riduzione dei parlamentari) e ha chiesto di poter trattare la formazione del nuovo governo.

Questo atteggiamento ha irritato il Capo dello Stato, il quale non ha potuto mascherare il proprio disappunto alle telecamere al termine delle consultazioni.

Con tale stato d’animo ha dato 5 giorni alle forze politiche (attenzione non al PD e a 5Stelle ma alle “Forze Politiche“ presenti in parlamento) per portare una proposta per un governo solido, stabile, duraturo e di ampio respiro.

Questi 5 giorni dovrebbero essere paragonati ai 20 giorni che la legge concede ai sindaci di comuni anche di 500 abitanti per comporre la giunta. Per dire la difficoltà intrinseca a partorire una soluzione solida, stabile, di ampio respiro per comporre il nuovo governo del paese tra due forze che fino a qualche giorno fa dialogavano a insulti e invettive.

Ora delle due l’una o Zingaretti rinuncia ai suoi 3 punti irrinunciabili, Di Maio si accorda anche con punti semiconcordati (senza scriverli sulla pietra) oppure si ripiega su un incredibile ritorno al passato con un nuovo governo giallo/verde che già in premessa recepisce i 10 punti irrinunciabili dei grillini stuzzicando DiMaio con Palazzo Chigi. È ovvio che le due dichiarazioni, i 3 punti di Zingaretti e la riapertura di Salvini sono posizioni tattiche che mirano a destabilizzare un quadro già di suo è giunto al delirio.

In 5 giorni il Pd deve mantenersi compatto, i 5Stelle devono ingoiare qualche rospo, la sirena Salvini con la sua nuova proposta deve essere ignorata da quel cinquanta percento di 5Stelle che la condivide.

Inoltre sempre in 5 giorni devono riuscire a comporre una compagine di governo PD/5Stelle da proporre a Mattarella.

Sembra che gli unici due che potrebbero avere una strategia, Zingaretti e Salvini, con le loro attuali posizioni tattiche stiano continuando a tessere la tela per riuscire ad indurre Mattarella a compiere i due passi successivi, scioglimento delle camere e voto.

Però, c’è sempre un però, la strategia potrà andare a compimento se i due, Zingaretti e Salvini, resteranno granitici difensori dell’ipotetico accordo non scritto.

All’inizio il ruolo determinante lo ha avuto Salvini e lo ha portato a compimento facendo cadere il governo ora è Zingaretti a dover essere determinato per impedire che nasca un nuovo governo.

L’interesse lo abbiamo detto c’è sia nell’uno che nell’altro ma Zingaretti ha anche sulle spalle la necessità di non tradire la granitica posizione della Sinistra Italiana dal ‘94. Una posizione che stabilisce che se esiste il rischio che nell’anno del rinnovo del Capo dello Stato possa esserci un parlamento a maggioranza di centro destra bisogna fare di tutto per non votare mantenendo la maggioranza presente in parlamento ad ogni costo fino al rinnovo della Presidenza della Repubblica

Essendo questo il caso, con le elezioni anticipate virtualmente vinte dal centrodestra, allora bisogna fare di tutto per non votare mantenendo in parlamento gli attuali assetti fino alla scadenza di Mattarella.

È ovvio che Zingaretti si gioca una partita importantissima sia nell’uno che nell’altro caso. Ora bisognerà vedere se i due leader del futuro, Zingaretti e Salvini, riusciranno a sostenere a vicenda le proprie leadership o ci ritroveremo nella palude parlamentare con un governo senza prospettiva tra PD e 5Stelle. Nel frattempo Di Battista, Gentiloni, Renzi, Centinaio ed altri stanno pensando ad agitare le acque e Orlando oggi è arrivato a chiedere, per conto del PD, una dichiarazione Grillina di chiusura definitiva del dialogo con la Lega.

Quanto fin qui asserito Potrebbe essere una deduzione fantasiosa? Vedremo

Marco Mattei Altolà di Zingaretti a Renzi: “No a Governo Pd – M5S”

Un governo istituzionale che permetta di assolvere gli impegni necessari per il bene del Paese e gestire le elezioni “senza strumentalizzazioni”. E’ la ricetta di cui il Paese ha bisogno prima di andare al voto, secondo , intervistato dal Corriere della Sera.

Secondo l’ex premier votare subito “è folle” per tre motivi: bisogna evitare l’aumento dell’Iva (” Vanno trovati 23 miliardi di euro”); serve un governo di garanzia elettorale, che traghetti al voto (“Salvini deve lasciare il Viminale, Conte deve lasciare palazzo Chigi. I due saranno i leader di Lega e Cinque Stelle alle elezioni? Auguri. Ma, sfiduciati, non possono essere loro i garanti elettorali”, osserva l’ex segretario dem); si deve votare in Aula la riduzione dei parlamentari per poi andare al referendum. Una riforma, quella voluta dal M5s, che Renzi trova “incompleta e demagogica” ma “devo ammettere che hanno ragione loro quando dicono che sarebbe un assurdo fermarsi adesso”, aggiunge.

Per arrivare a questo risultato, Renzi fa appello a tutte le forze politiche: “Dalla Lega ai 5 Stelle, da Forza Italia alla sinistra radicale, dalle Autonomie ai sovranisti fino ai gruppi parlamentari del Pd, della cui tenuta non dubito”. L’ex leader del Pd pensa che “quando Mattarella inizierà le consultazioni una parte dei parlamentari dovrà aver già espresso la propria adesione a questo disegno. Così il presidente potrà valutare l’ eventuale incarico a un premier autorevole”. Qui, sottolinea “non stiamo tutelando qualche poltrona, ma i risparmi e le regole”.

Quanto alla crisi, Renzi dice di non spiegarsi il comportamento del leader leghista: “Per me Salvini ha paura e non sta bene. Lo si capisce guardandolo in spiaggia, e ascoltandone le farneticanti parole: “Italiani, datemi pieni poteri”. Renzi riflette anche sul confronto con le altre correnti nel Pd: “Leggo che il gruppo dirigente vorrebbe votare subito perché almeno si cambiano i parlamentari : sono pronti a dare cinque anni di governo a Salvini pur di prendersi i gruppi parlamentari d’opposizione. Nobile motivazione, per carità, ma riduttiva – commenta-. Zingaretti dice: Renzi ci dia una mano. Accolgo volentieri l’appello, ma per me la mano va data al Paese più che alla Ditta”.

“Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni, per fortuna nei passaggi ci guiderà la saggezza e l’autorevolezza del presidente Mattarella”. Lo scrive Nicola Zingaretti su Huffington post. “Dovremo discutere senza demonizzare idee diverse, senza accuse o invettive perché c’è e ci sarà bisogno del contributo di idee e di lavoro di tutte e di tutti. Se concordiamo sul pericolo Salvini il primo assoluto bene da preservare è l’obiettivo dell’unità”, aggiunge il segretario del Pd.

“Se concordiamo sul pericolo Salvini il primo assoluto bene da preservare è l’obiettivo dell’unità. Ma il primo passaggio per costruire l’unità è evitare di instillare veleno tra noi: non si dica chi sostiene queste idee è per far fuori qualcuno, perché ripeto gli avversari io li ho sempre considerati e li considero fuori di noi”. Lo scrive Nicola Zingaretti su Huffington post dicendo no a un accordo di governo con M5s e sottolineando che “non ci sono scorciatoie”.

“Salvini ora chiede le elezioni. Tutto il Partito Democratico in questi lunghi mesi ha escluso con toni diversi qualsiasi ipotesi di accordo con il Movimento 5 stelle. Io sono stato accusato ingiustamente, per mesi, di essere il fautore di questo progetto nascosto. Ricordo, non per polemica ma per ricostruzione storica, il rifiuto assoluto anche solo di voler discutere di questo tema. In molti casi si è arrivati a teorizzare che in realtà con Lega e 5 stelle ci si trovasse di fronte a due destre, due facce della stessa medaglia entrambe pericolose e illiberali da sconfiggere. Ho combattuto con tutte le mie forze questa analisi che però ha sicuramente contribuito a ridurre i margini di manovra della nostra iniziativa politica”, aggiunge.

Zingaretti, via i renziani dalla nuova segreteria del Pd Nicola Zingaretti ha nominato la nuova segreteria del Pd: coordinatore sarà Andrea Martella, vicesegretari (vicario) e ; Marco Miccoli sarà il capo della segreteria politica del segretario.

Gli altri incarichi vanno a Enzo Amendola (Esteri e Cooperazione internazionale), Chiara Braga (Agenda 2030/Sostenibilità), Pietro Bussolati (Imprese e professioni), Andrea Giorgis (Riforme istituzionali), Maria Luisa Gnecchi (Welfare), Roberto Morassut (Infrastrutture Aree urbane e periferie), Nicola Oddati (Mezzogiorno), Roberta Pinotti (Politiche della sicurezza), Giuseppe Provenzano (Politica del Lavoro), (Enti Locali/Autonomie), Camilla Sgambato (Scuola), Stefano Vaccari (Organizzazione), Antonella Vincenti (Pubblica amministrazione), Rita Visini (Terzo settore/Associazionismo). Partecipano alla segreteria per funzione: , Presidente del Pd; , Fondazione Nazionale, oltre a Orlando e De Micheli. Inoltre la responsabile donne del Pd, che verrà eletta dalla Conferenza Nazionale delle donne; i Capigruppo di Camera e Senato, e Andrea Marcucci; il tesoriere Luigi Zanda; il Rappresentante dei Giovani Democratici. E’ istituito il Dipartimento Economia e Sviluppo diretto da Antonio Misiani. Nei prossimi giorni verranno affidati gli incarichi dei nuovi Responsabili dei Dipartimenti. Si avvia inoltre la costituzione di “Forum Aperti” alla partecipazione di personalità e rappresentanti del mondo dell’associazionismo, del volontariato, delle imprese, delle forze sindacali e degli amministratori, delle professioni. Coordinatore: Marco Furfaro. I primi tre Forum saranno presieduti e coordinati da Giorgio Gori (Forum Amministratori Centrosinistra); Alessandra Bailo Modesti (Forum Sostenibilità Ambientale e sviluppo); Elisabetta Nigris (Forum Conoscenza). E’ stato affidato l’incarico di responsabile dell’ufficio stampa del Partito Democratico a Luigi Telesca.

“La segreteria del Pd resa nota da Zingaretti non assomiglia al partito del noi. Vedo un’unica matrice identitaria in un partito che è nato per valorizzare i riformismi. È una scelta che non condivido”: così su Twitter il capogruppo dei senatori Pd Andrea Marcucci.

Nicola Zingaretti proclamato nuovo segretario: “Occorre un partito realmente democratico” Nicola Zingaretti é stato proclamato segretario del Pddall’Assemblea nazionale a Roma. “Serve un nuovo partito, il nuovo Pd. Forse dovrà cambiare tutto”, ha detto Nicola Zingaretti nella sua relazione all’Assemblea nazionale del Pd a Roma. “Tornino ad essere i nostri circoli i luoghi dove gli altri fanno associazionismo – ha aggiunto -. No a filiere di potere che restringono il nostro rapporto con la realtà sociale del Paese”.

“Occorre un partito diverso – ha aggiunto -, più aperto, più inclusivo, realmente democratico”. Un partito che “sia capace di fare autocritica e che guardi alla sofferenza” della società. “Dobbiamo rimettere al centro la persona umana”, ha aggiunto, citando l’esempio dei giovani ecologisti. “Spalanchiamo le porte del nostro partito a questa nuova generazione, ai ragazzi come Greta, non abbiamo paura di coinvolgerli”, ha aggiunto Zingaretti.

“Negli ultimi 20 anni non abbiamo percepito che un becero liberismo ha ripreso le redini dello sviluppo: ci vuole più riformismo per affrontare il futuro, per migliorare la vita delle persone. E’ indispensabile rimettere al centro della nostra politica la giustizia sociale”, ha aggiunto, perché “la lotta alla povertà è la condizione per stare meglio tutti”.

Paolo Gentiloni è stato eletto presidente del Pd dall’Assemblea nazionale a Roma. Larghissima la maggioranza dei circa mille delegati a suo favore, nessun voto contrario, 86 gli astenuti.

Significativo l’imbocca al lupo di Matteo Renzi

Oggi Nicola Zingaretti inizia il suo lavoro come Segretario Nazionale del Pd. Un abbraccio a lui e a tutta la squadra che lavorerà con lui. L’Italia si aspetta dal PD una risposta allo sfascio di Salvini e Di Maio, non più polemiche interne. Avanti tutta! Buon lavoro, Nicola

— Matteo Renzi (@matteorenzi) 17 marzo 2019

Pd, l’appello di Zingaretti: “Venite a costruire il nuovo partito” “E’ evidente che non voglio allearmi con i 5 stelle, li ho sconfitti due volte. Ma voglio parlare con chi ci ha abbandonato, voglio capire perché”. Lo ha detto Nicola Zingaretti, governatore Pd del Lazio e candidato alla segreteria del partito, intervenendo all’incontro di AreaDem a Cortona (Arezzo). “Dobbiamo recuperare il confronto delle idee, basta con la denigrazione delle persone a prescindere dalle idee. Dobbiamo combattere”, ha aggiunto.

Zingaretti ha quindi espresso il suo pensiero per ricostruire il Pd:

“Dobbiamo combattere, altro che subalternità. E’ subalterno chi nella battaglia politica interna usa gli stessi strumenti che critichiamo contro di noi. Dobbiamo ricostruire una nuova agenda con gli italiani, ridando speranza”.

“No al cambio del nome al partito” – Il governatore del Lazio ha chiuso definitivamente anche la discussione sul cambio del nome al partito: “Lungi da me porre un tema sul nome del partito. Io mi candido segretario del Pd, voglio fare il segretario del Pd. Questa è la sfida che stiamo lanciando, il resto sono caricature che puntano a denigrare chi esprime idee. Ci vorrà molto coraggio, molta passione. Dovremo combattere contro le fake-news degli avversari, e dovremo combattere uniti. Perché in gioco c’è la democrazia italiana”.

“Basta divisioni interne” – “Smettiamola – ha precisato – con la divisione tra noi, ridicola, tra chi contrappone il partito del territorio al partito della rete. E’ vero esattamente l’opposto, dobbiamo essere più forti nelle strade e più forti nella rete. Si dice: torniamo nelle periferie. Certo, ma anche questo è il tema: bisogna starci fisicamente e non raccontarle come vorremmo che fossimo. Ci accorgeremmo che i ragazzi passano il tempo con il cellulare in mano e formano la propria coscienza dentro la rete. Voglio un partito che sulla rete sia il migliore e il più organizzato”.

L’appello agli italiani: “Venite a costruire il nuovo partito” – Zingaretti ha quindi lanciato un appello agli italiani: “Il congresso del partito democratico ha un senso se diventa un grande processo popolare, nel quale noi chiamiamo gli italiani a riscrivere un’agenda per il futuro di questo Paese. Nomi e leader sono gli ultimi problemi. Faccio un appello a tutti gli italiani: venite, tornate, iscrivetevi, lo vedo che c’è voglia di combattere. Riapriamo un processo decisionale e di elaborazione, è questo il nuovo Pd che dobbiamo costruire”.

Zingaretti e quella necessità di imbarcare un ex Lega e un ex Forza Italia. Tentativi di equilibrio con M5S

Il Pd imbarca in maggioranza alla Regione Lazio sia Enrico Cavallari e Giuseppe Cangemi, esponenti del gruppo misto. Il primo (già assessore al Personale della giunta Alemanno) è l’ex consigliere regionale della Lega espulso dal partito con una mail e l’altro è un ex eletto nelle fila di Forza Italia.

La mossa del leader regionale dem Nicola Zingaretti rientra nella strategia di affrancamento dai 5 Stelle nei confronti dei quali il Partito Democratico aveva ed ha la necessità di dover rendere conto per rimanere in carica, dopo l’accordo con la grillina Roberta Lombardi di far durare la legislatura almeno un anno.

Infatti, il rapporto con i pentastellati si fa sempre più esile come conseguenza delle pressioni che arrivano dai vertici del Movimento 5 Stelle ma anche dalla sindaca romana Virginia Raggi che non perde occasione di stuzzicare Nicola Zingaretti o addirittura escluderlo da tavoli strategici. Lo stesso Presidente delle Regione Lazio trova difficoltà a gestire gli atti proposti dai consiglieri grillini, alcuni addirittura fuori dai limiti di pensiero dem come la bozza di legge di Davide Barillari sui vaccini. Allora, l’ingresso di Enrico Cavallari e Giuseppe Cangemi certifica l’aumento dei seggi di maggioranza da 24 a 26 su un totale di 51. Ciò è avvenuto dopo la sottoscrizione di un’intesa programmatica composta di 10 punti che appare come “un’assunzione di responzabilità”, lanciata dal capogruppo dei dem Mario Buschini.

Ma solo mercoledì prossimo si farà formale quando il Pd voterà in blocco Cangemi a vicepresidente di Aula al posto dell’arrestato e quindi decaduto Adriano Palozzi, e nominerà Cavallari a presidente di una commissione. Data la stranezza di questo estremo cambio di casacche, accettato bipartisan considerando che “se si è fatto in Parlamento, si può fare anche in Consiglio Regionale” (Matteo Renzi, Denis Verdini e Angelino Alfano), è interessante indicare i punti salienti che sintetizzano le esperienze politiche di Enrico Cavallari e Giuseppe Cangemi. Il primo si distingue, come abbiamo già accennato, per un passato nell’estrema destra romana e come assessore dell’ex sindaco Gianni Alemanno per 5 anni dal 2008 al 2013, eletto con la Lega e accompagnato all’uscio dal neo coordinatore Zicchieri.

Il secondo fedelissimo assessore regionale dell’ex governatrice Renata Polverini tra il 2010 e 2012 e in giovane età parà della Folgore. Anche se tra i dem c’è chi pensava a Massimiliano Maselli o Stefano Parisi, consiglieri più moderati ma che chiedevano correzioni profonde di alcuni programmi proposti come quello sugli inceneritori.

Gianpaolo Plini Regione Lazio: c’è un piano per far cadere subito Nicola Zingaretti

ROMA – Ormai non se ne parla più nelle stanze segrete. C’è un piano per far cadere Nicola Zingaretti ancora prima che la giunta regionale del Lazio prenda forma. A rivelarlo è il Messaggero, secondo cui il sistema che le opposizioni vorrebbero applicare ricalca quello che portò alle dimissioni di Ignazio Marino da sindaco di Roma, con la differenza che non dovrebbero fare ricorsi a ‘tradimenti’ interni alla maggioranza, dato che grillini e centrodestra, insieme con Pirozzi, raggiungono due consigliere in più del centrosinistra.

In sostanza il piano prevede dimissioni di massa dei 26 consiglieri regionali che hanno una sorta di ‘maggioranza ombra’ in consiglio pur non avendo vinto le elezioni. Nello schema, ricostruisce il quotidiano romano, si intravedono le manovre di Matteo Salvini per attirare nella sua galassia la lista del sindaco di Amatrice forte di un solo seggio e che potrebbe rappresentare l’ago della bilancia. In caso di dimissioni di massa, Zingaretti​ decadrebbe immediatamente, si dovrebbero convocare nuove elezioni entro 60 giorni e il governatore uscente non potrebbe più candidarsi.

La mossa a sorpresa, riporta il Messaggero, è già in fase avanzata ma l’esito è ancora da scrivere. Sia Stefano Parisi, candidato del centrodestra, che Roberta Lombardi di M5s hanno confermato al giornale l’esistenza del piano, anche se poi Parisi in tv l’ha definita “un’idea lunare” mentre Pirozzi l’ha confermata all’Agi. La neo capogruppo grillina vuole però parlarne con gli altri 9 eletti del Movimento e con il capo politico , mentre tra i sostenitori di Parisi (Energie per l’Italia, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega, Noi con l’Italia, per un totale di 15 consiglieri) l’idea non dispiace.

Che succede se i consiglieri si dimettono

L’articolo 43 dello statuto del Consiglio regionale del Lazio recita al paragrafo 2 che “l’approvazione della mozione di sfiducia” da parte della metà più uno dei consiglieri “comporta le dimissioni della giunta regionale e lo scioglimento del consiglio”. E’ la seconda ipotesi, preferita al momento da Parisi, per far saltare il governatore. Ma avrebbe una premessa: la partenza dei lavori dell’Aula e di tutta la macchina regionale, dalla giunta alle presidenze delle commissioni. Terreni di accordo tra il centrosinistra e le minoranze, rappresentate al momento da ben 7 gruppi, per non parlare delle varie correnti interne ai 5 Stelle o a Forza Italia. E a quel punto ogni consigliere dovrebbe fare i conti con la prospettiva di perdere circa 7 mila euro al mese, netti.