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CO Preseìited to the

LIBRARY oj the UNIVERSITY OF TORONTO by

A. F. B. Clark

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Collezione di Monografie Illustrate

Serie ITALIA ARTISTICA

DIRETTA DA CORRADO RICCI

Premiata col primo premio al X Congresso di Storia dell'Arte e colla medaglia d'oro del

Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio.

i. RAVENNA di Corkado Ricci. IX Edizione, con lò5 illus. L. 20. 2. FERRARA e POMPOSA di Giuseppe Agnelli. IV Ediz., con 193 ili 12. 3. VENEZIA di Pompeo Molmenti. Ili Ediz., con 140 illus. 12 4. GlRGENTl di Serafino Rocco; DA SEGESTA A SELINUNTE

di Enrico Mauceri. II Edizione, con 101 illustr. . . . 12.- 5. LA REPUBBLICA DI SAN MARINO di Corrado Ricci. II Edi zione, con 96 illustrazioni 12.-

6. URBINO di Giuseppe Lipparini. Ili Ediz., con 120 illus. . . . 12.— 7. LA CAMPAGNA ROMANA di Ugo Flekes. II Ed., con 112 illus 12.- 8. LE ISOLE DELLA LAGUNA VENETA di P. Molmenti e D. Man TOVANi. II Edizione, con 133 illustrazioni 12. 9. SIENA d'ART. Jahn Rusconi. Ili Ed., con 153 illustrazioni 12.- 10. IL LAGO DI GARDA di G. Solitro. Ili Ediz., con 149 illus 12.-

11. SAN GIMIGNANO di R. Pàntini. Ili Ediz., con 153 illus. . 12- 12. PRATO di Enrico Corradini; MONTEMURLO e CAMPI di G. A BoRGESE. Il Edizione, con 136 illustrazioni ...... 12.- 13. GUBBIO di Arduino Colasanti. II Ediz., con 119 illust. 12.- 14. COMACCHIO, ARGENTA E LE BOCCHE DEL PO dì Antonio Beltramelli, con 134 illustrazioni 12.- 15. PERUGIA di R. A. Gallenga Stuart. Ili Ed., con 169 ili. . . 12.-

16. di I. B. Supino. II Edizione, con 156 illustrazioni . . . 12.—

17. VICENZA di Giuseppe Pettina. II Ediz., con 157 illustraz. . . 12.—

18. VOLTERRA di Corrado Ricci. II Ediz.. con 174 illustraz. . . 12.-

19. PARMA di Laudedeo Testi. II Ediz, con 170 illustraz. . . . 12.- 20. IL VALDARNO DA FIRENZE AL MARE di G. Carocci, con 138 III 12- 21. L'ANIENE di Arduino Colasanti. con 105 illustrazioni ... 12.- 22. TRIESTE di Giulio Caprin, con 139 illustrazioni 12-

23. CIVIDALE DEL FRIULI di Gino Focolari, con 143 ili. . . 12.- 24. VENOSA E LA REGIONE DEL VULTURE di Giuseppe De Lo RENZO, con 121 illustrazioni .... 12.—

25. MILANO, Parte I. di F. Malaguzzi Valeri, con 155 ili. . . 12.-

26. MILANO. Parte II. di F. Malaguzzi Valeri, con 140 ili. . . 12.- 27. CATANIA di F. De Roberto, con 152 illustrazioni .... 12.— - 28. TAORMINA di Enrico Mauceri, con 108 illustrazioni . . . 12

29. IL GARGANO di A. Beltramelli, con 156 illustrazioni . 12.- 30. IMOLA E LA VALLE DEL SANTERNO di L. Orsini, con 161 ili 12.- 31. MONTEPULCIANO, CHIUSI E LA VAL DI CHIANA SENESE d

F. Bargagli-Petrucci, con 166 illustrazioni . . 12-

32. NAPOLI, Parte I. di Salv. di Giacomo. II Ediz., con 192 ili. 12.-

33. CADORE di Antonio Lorenzoni. con 122 illustrazioni. . 12- 34. NICOSIA, SPERLINGA, CERAMI, TROINA, ADERNO' di Gio VANNI Paterno Castello, con 125 illustrazioni .... 12.- 35. FOLIGNO di Michele Faloci Pulignani, con 165 illustraz. 12-

36. L'ETNA di Giuseppe De Lorenzo, con 153 illustrazioni . 12.— 37. ROMA, Parte I. di Diego Angeli. II Ediz., con 128 illustr. 12.-

38. L'OSSOLA di Carlo Errerà, con 151 illustrazioni . . . 12.-

39. IL FUCINO di Emidio Agostinoni, con 155 illustrazioni . 12.-

40. ROMA, Parte II. di Diego Angeli, con 160 illustrazioni . 12.-

41. AREZZO di Giannina Franciosi, con 199 illustrazioni . . 12- 42. PESARO di Giulio Vaccaj, con 176 illustrazioni .... 12.- 43. TIVOLI di Attilio Rossi, con 166 illustrazioni 12.- 44. BENEVENTO di Almerico Meomartini, con 144 illustraz. 12.- 45. VERONA di Giuseppe Biadego. II Ediz.. con 179 illustraz. 12.-

46. CORTONA di Girolamo Mancini, con 185 illustraz. . . . 12.- —

Collezione di Monografie Illustrate

47. SIRACUSA E LA VALLE DELL'ANAPO di E. Mauceri. con 180 ili L. 12.-

48. ETRURIA MERIDIONALE di Sante Bakgellini, con 168 ili. . 12.— 49. RANDAZZO E LA VALLE DELL'ALCANTARA di F. De Roberto con 14S illustrazioni .... 12.- 50. BRESCIA di Antonio Ugoletti. II Ediz., con 164 illustrazioni 12-

51. BARI di Francesco Carabellese. con 173 illustrazioni . 12. -

52. I CAMPI FLEGREI di Giuseppe De Lorenzo, con 152 ili. , . 12.- 53. V^ALLE TIBERINA (Da Montauto alle Balze - Le sorgent del Tevere) di Pier Ludovico Occhini, con 158 ili. ... 12.- 54. LORETO di Arduino Colasanti. con 129 illustrazioni .... 12.- 55. TERNI di Luigi Lanzi, con 177 illustrazioni ...... 12.- 56. FOGGIA E LA CAPITANATA di Romolo Caggese, con 150 ilhis 12.— 57. BERGAMO di Pietro Pesenti. II Ediz., con 146 illustrazioni 12.— 58. IL LITORALE MAREMMANO (GROSSETO-ORBETELLO) di C. A NicoLOSi. con 177 illustrazioni 12-

. 59. BASSANO di Giuseppe Gerola. con 160 illustrazioni . , 12.- 60. LA MONTAGNA MAREMMANA (Val d'Albegna - La Contea

Orsina) di C A. Nicolosi, con 181 illustrazioni . . ... 12- 61. IL TALLONE D'ITALIA: I. LECCE E DINTORNI di Giuseppi Gigli, con 135 illustrazioni .... 12.- 62. TORINO di Pietro Toesca, con 182 illustrazioni 12.- 63. PIENZA, MONTALCINO E LA VAL D'ORGIA SENESE di F. Bar gagli-Petrucci, con 209 illustrazioni ... 12.— 64. ALTIPIANI D'ABRUZZO di Emidio Agostinoni, con 206 ili. . 12.— 65. PADO\'A di Andrea Moschetti, con 193 illustrazioni .... 12.— 66. LA BRIANZA di Ugo Nebbia, con 171 illustrazioni 12.- 67. TERRACINA E LA PALUDE PONTINA di A. Rossi, con 156 ili 12- 68. IL TALLONE D'ITALIA: IL GALLIPOLI, OTRANTO E DIN

TORNI di Giuseppe Gigli, con 150 illustrazioni . . . 12.— 69. ASCOLI PICENO di Cesare Mariotti, con 165 illustrazioni . . 12.- 70. DA GEMONA A VENZONE di G. Bracato, con 178 illustr. . 12- 71. SPELLO, BEVAGNA. MONTEFALCO di Giulio Urbini, con 107 ili 12.- 72. L'ISOLA DI CAPRI di Enzo Petraccone. con 130 illustrazioni 12.—

73. I MONTI DEL CIMINO di Sante Bargellini, con 184 illustrazion 12.- 74. L'ARCIPELAGO TOSCANO di Jack la Bolina, con 86 illustraz 12.- 75. 1 BAGNI DI LUCCA. COREGLIA E BARCA dì A. Bonaventura con 152 illustrazioni 12.-

76. BOLOGNA di Guido Zucchini, con 170 illustrazioni . . . 12.- 77. FIRENZE di Nello Tarchiani. Il Ediz., con 180 illustrazioni 20.- 78. LIVORNO di Pietro Vigo, con 149 illustrazioni 12.- 79. L'ISTRIA E LA DALMAZIA di Amy A. Bernardy, con 226 ili. 12- 80. TRENTO di Gino Focolari, con 231 illustrazioni 12.- 81. LA VALLOMBROSA E LA VAL DI SIEVE INFERIORE di Nello PucciONi, con 151 illustrazioni ...... 12.— 82. SORRENTO E LA SUA PENISOLA di Riccardo Filangieri di Candida, con 146 illustrazioni ... 12.-

83. ORVIETO di Luigi Fumi, con 256 illustrazioni . 12.— 84. IL TUSCOLO E FRASCATI di Saverio Kambo, con 147 illustrazioni 20.—

Volumi illustrati in-4 in carta patinata, incartonati con fregi in oro. Rilegati in mezza pelle e con busta di custodia L. 8.— in più.

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Serie Artistic

RAVENNA by Corrado Ricci, III ristampa L. 12.- VENICE by Pompeo Molmenti, Il ristampa. Translated by Alethea Wiel 12,

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Das Kunstland Italien

VENEDIG von Pompeo Molmenti. Deutsch von F. I. Bràuer . . . L. 12.— TRIEST von G. Caprin. Deutsch vòn F. I. Brauer ...... 12.—

DER GARDASEE von Giuseppe Solitro. Deutsch von F. ì. Brauer . 12.— lame mmiìd-um all' ISTITUTO ITAUm D'ARTI GRAFICHE, BERGAMO COLLEZIONE MONOGRAFIE ILLUSTRATE

Serie 1^ - ITALIA ARTISTICA

77.

FIRENZE

NELLO TARCHIAN FIRENZE

CON 177 ILLUSTRAZIONI E 3 TAVOLE

(II' EDIZIONE)

BERGAMO ISTITUTO ITALIANO D'ARTI GRAFICHE EDITORE TUTTI I DIRITTI RISERVATI

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Officine dell' Istituto Italiano d'Arti Grafiche — Bergamo. INDICE DEL TESTO

Annunziata 75, 78, 83, 104, 115, 138, 140, 148, Ognissanti 116, 118, 148, 158 149, 151, 152, 158, 160, 164 Oratorio dei Barelloni 149 Arco a San Gallo 149, 153 — della Misericordia 92 Badia 18, 78, 90, 129, 164 Orsammichele 17, 40, 46, 68, 82, 86, 88, 90, 97 Bargello vedi Palazzo del Podestà Ospedale di S. Maria Nuova 147 Battistero 19, 25, 47, 68, 70, 78, 82, 83, 90, 97, Palazzina della Livia 147 150, 153 — Larderell 147 Biblioteca Laurenziana 76, 151 Palazzo Antinori 78 Bigallo vedi Loggia del Bigallo — Bardi 47 Boboli vedi Giardino di Boboli — Bartolini 78 — Campanile del Duomo . 42, 47, 82, 83, 96, 97 Capponi 47 Cappella Brancacci vedi Carmine — Corsini in Parione 14S, 164

— Pazzi a S. Croce 68, 70, 88, 90 — Davanzati 47 Cappelle Medicee vedi San Lorenzo — Pensi 148 Cappellone degli Spagnuoli a S. Maria No- — Ginori 78 vella 40, 52 — Giugni 147, 164 Carmine .... 98, 114, 129, 149, 153, 164 — Gondi 78 Casa vedi Palazzo — Guadagni 78

Casino di S. Marco 147 — Incontri 164 Chiostro dello Scalzo 138 — Medici-Riccardi .... 60, 76, 108, 164

Corrigendi 125 — « non finito » 147, 148

Duomo 15, 18, 40, 42, 43, 47, 66, 70, 80, 82, 87, Orlandini 164 94, 102, 149, 157 — Pandolfini 78 Firenze antica 13 — Pitti 76, 122, 147, 160, 161, 164 Galleria dell'Accademia 114, 136, 138, 158, 159, — del Podestà (ora Museo Nazionale) 40, 46, --y- 160, 164 .< 50, S2, &3,^8§, 90, 94, 96, 149, 150, 151, 152 — Corsini V2^ — Q.uaratesi ' 76

156,' — . 147 — Pitti . . 114, 122, 138, 161 Ramire'z 159, 160, ^ — degli 48, 49, 51, 98, 100, 106, 107, 108, — Riccardi all'Annunziata 147 114, 115, 117, 122, 125, 129, 132, 136, 138, — Rinuccìni' 148 ., — Sai viatj* Borghesi 148 140, 150, 158 . Giardino di Boboli 147, 152. ^ Serrisitori 78 Innocenti 134 ^ della Signoria 90, 92, 147. 157

Legnaia - villa 104 — Strozzi 78 Loggia del Bigallo 40, 47 — degli Uffizi 147, 154 ""^— — (vecchia) del Grano vedi Orsammichele Uguccioni 78 — degl'Innocenti 70 — Vecchio vedi Palazzo della Signoria — dei Lanzi 46, 152 — Vitali 147 — di S. Paolo 74 — Zanchini-Ricasoli 148 — dei Tessitori 74 Piazza dell'Annunziata 70, 152 — Tornaquinci ora Corsi 148 — dei Servi 152 Monumento Demidoff 154 — della Signoria 46, 150, 152

Museo Archeologico 13, 14 Ponte alla Carraia 40 — Nazionale vedi Palazzo del Podestà — alle Grazie 25 8 INDICE DEL TESTO

Ponte Rubaconte vrdi Pdiite alle Grazie S. Lucia a Alagnoli 159

— S. Trinità 147, 153 S. Marco . 74, 106, 116, 148, 149, 152, 158, 159 — Vecchio 24 S. Maria degli Angeli 70, 71

S. Ambrogjio i}0, 115 S. Maria del Fiore vedi Duomo

S. Apollonia - Cenacolo 102 S. Maria Maddalena dei Pazzi 74, 136, 149, 164 SS. Apostoli 20, SO S. Maria Maggiore 40, 164 S. Benedetto Bianco 159 S. Maria Novella 40, 47, 48, 52, 68, 75, 82, 90, S. Croce 40, 47, 49, 51, 70, 74, 7S, S2, 90, 92, 100, 116, 132, 136, 149, 157 153, 154, 156, 157, 158, 159, 160 S. Maria Nuova 106, 136 S. Felicita 20, 74, 149, 164 S. Michelino 159 S. Firenze 14S S. Miniato 17, 20, 25, 53, 117 S. Frediano 17, 164 S. F^eniigio 40 S. Gaetano 148, 149 S. Reparata vedi Duomo S. Giovanni vedi Battistero S. Salvatore 164

S. Giovannino degli Scolopi 148 S. Salvi - Cenacolo 140

S. Ginseppe 158 S. Spirito 74, 82, 129, 153, 158 S. Jacopo Soprarno 20 S. Stefano 153 S. Leonardo d'Arcetri .25 S. Trinità 40, 78, 79, 98, 116, 148 S. Lorenzo 16, 17, 20, 68, 70, 71, 75, 78, 82, 83, Villino Favard 148 90, 94, 97, 151, 164

INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

Badia — Lippi Filippino La visione di San Chiesa del Carmine - Capp. Brancacci - Ma- Bernardo 129 saccio: Adamo e Eva cacciati dal i^aradiso 104

— Monumento del Conte Ugo (Mino da Fie- — — — 11 tributo di Cristo 105 sole) 73 — — — S. Pietro con la sua ombra risana Battistero 25 gl'infermi 106

— : . Ghiberti L. Storie di Adamo e di Eva 83 — — Masolino: 11 peccato originale . 104

— — Storie di Giacobbe e di Esaù ... 84 — Foggini G. B. : Ascensione al cielo di — — Storie di Ginseppe 84 S. Andrea Corsini 153 — Monumento all'antipapa Baldassare Cossa Chiesa di S. Croce — Cappella Bardi — (Donatello e Michelozzo) 75 Giotto: La morte di S. Francesco ... 56

— Musaici della cupola 54 — Cappella Baroncelli Gaddi T. : Nati- — Musaico (sec. Xlli) 29 vità di Maria 58 — Particolare dell'interno 26 — — — Sposalizio della Vergine .... 59

— Sansovino A. e V. Danti : Battesimo di — Cappella Peruzzi — Giotto : Danza di Gesù 147 Salome 56

Campanile di (iadia e Torre del Fiargelio . 31 — — S. Giovanni Evangelista ascende Chiesa della SS. Annunziata — Andrea del al cielo 57

Castagno : La Trinità con le pie donne e — — - S. Giovanni Evangelista risuscita San Girolamo 112 Drusiana 57 -- — Chiostrino Andrea del Sarto : Natività — Chiostro — Cappella Pazzi (Brunellesco) 63

di Maria 138 — Donatello : Annunziazione 79 — ~ Pontormo: Visitazione 140 — - Crocifisso in legno 80 Chiesa dei SS. Apostoli — Interno ... 27 — Interno 32 Chiesa del Carmine — Cappella Brancacci — Monumento a Carlo Marsuppini (Desi-

' — Lippi Filippino : S. Pietro e S. Paolo derio da Settignano)

dinanzi al proconsole e Crocifissione di — Monumento a Leonardo Bruni (B. F'^os-

S. Pietro 130 sellino) ' INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

Chiesa di S. Croce — Pulpito (Benedetto Chiostro di S. Maria Maddalena de' Pazzi

da Maiano) 93 — Perugino : Crocifisso con la Vergine e

Chiesa di S. Egidio Andrea della Robbia : Santi 133 Madonna S9 Convento di S. Apollonia — Andrea del Ca- Ili Chiesa di S. Firenze (F. Ruggeri e Z. F. del stagno : Cenacolo Rosso) ^43 Dante 110 Chiesa di S. Lorenzo Cappelle Medicee — — Farinata degli Liberti 110

— Interno della Cappella dei Principi (di- Convento di S. Marco — Beato Angelico : sejTno di Giov. de' Medici, opera di M. Deposizione 113 Nigetti) 145 — L'Annunziazione 113 Sepolcro di Giuliano de' Medici (Mi- Fontana del Nettuno in Piazza della Signoria chelangelo) 101 (B. Ammannati) 148 — — Sepolcro di Lorenzo de' Medici (Mi- Fontana di bronzo in Piazza della SS. An- chelangelo) 100 nunziata (P. Tacca) 152

— Interno (Brunellesco) 62 Galleria dell'Accademia Chimenti Jacopo : — Monumento a Giovanni e Piero de' Me- S. Ivone 155 dici (Verrocchio) 74 — Fra' Bartolommeo: Apparizione della Ver-

Chiesa di S. Maria del Fiore — Campanile (tavola) gine a San Bernardo 137

Furini F. : Ila e le 159 — — Andrea da Pontedera : La creazione Ninfe della donna 47 — Michelangelo: David 98 — ^ — L'agricoltura 47 S. Matteo 99 — — Cupola 35 - — Un prigione 99

— Interno 37 — Rosselli M. : I tre fanciulli condannati — Luca della Robbia: Ascensione del Re- alla fornace 158

dentore 87 Galleria Buonarroti — Michelangelo : Ma- — Michelangelo: Pietà 102 donna della Scala 96 Galleria dell'Ospedale degl'Innocenti —Ghir- — Nanni di Banco : S. Luca 77

— Porta della Mandorla 36 landaio D. : Adorazione dei Magi . . . 120 — Veduta generale (tavola) — Luca della Robbia: Madonna .... 89

— vista di fianco 34 Galleria Pitti — Allori C. : Giuditta . . .157

Chiesa di S. Maria Novella - Chiostro — — Berrettini P. : Volta della Sala di Apollo 163 Cappellone degli Spagnuoli cogli affreschi Volta della Sala di Marte .... 162

di Andrea da Firenze 61 ~ Cardi L. : Ecce Homo 155 — Crocifisso in legno (Brunellesco) ... 76 — Lippi Filippo: Tondo 116

— Duccio: Madonna Rucellai 52 — Volterrano : L'amore venale 160 Galleria degli Uffizi — Albertinelli M.: Vi- — Facciata (compiuta da L. B. Alberti) . 65 sitazione 136 — Ghirlandaio: Natività di Maria . . .118 — del delle Arpie 139 — Masaccio : La Trinità 108 Andrea Sarto: Madonna

Chiesa di Orsammichele 42 — Antonio del Pollaiuolo : Ercole che ab- l'Idra — Ghiberti L. : S. Stefano 82 batte e soffoca Anteo 120 - — Interno 43 Botticelli S. : Allegoria della Primavera 127 — calunnia d'Apelle 128 — Luca della Robbia : Stemma dell'Arte dei — La Medici e Speziali 87 — — La nascita di Venere 123 — Tabernacolo dell'Orcagna 44 — — Madonna della Melagrana .... 124

— Verrocchio: L'incredulità di S. Tommaso 92 — — Madonna del « Magnificat > ... 125

Chiesa di S. Salvatore 28 — Bronzino: Ritratto di Lucrezia Panciatichi 156

Chiesa di S. Spirito — Aitar maggiore (Giov. Cimabue: Madonna 53 Caccini) 144 - Domenico Veneziano: Madonna e Santi 112

— Interno (sui piani del Brunellesco) . . 64 Fra' Bartolommeo: Madonna e Santi. . 137

Chiesa dei SS. Stefano e Cecilia .... 30 Gentile da Fabriano : Adorazione dei Chiesa di S. Trinità — Ghirlandaio: Ado- Magi 103

razione dei pastori 120 — Giotto : Madonna 55

— — S. Francesco risuscita un fanciullo . 118 — Lippi Filippo : Incoronazione della Ver- — Interno 33 gine 117 10 INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

Galleria degli Uffizi — Leonari-lo : Adora- Museo di S. Maria del Fiore — Cantoria di zione dei Magi 132 Donatello 81 — — Annunziazione 131 Cantoria di Luca della Robbia .... 85 — — Lorenzo di Credi : Adorazione dei pastori 122 Particolare della Cantoria di Luca della

— Masaccio : La Concezione 107 Robbia 86 — AAichelani^elo : Sacra Famiglia .... 134 Palazzo Fiartolini-Salimbeni (Baccio d'Agnolo) 70 — Piero di Cosimo: Perseo libera Andro- Palazzo Davanzati 48 meda 131 Cortile e scala 49

— Raffaello: Madonna del Cardellino . .135 Palazzo Ferroni, già Spini, a S. Trinità . . 50

— Uccello P.: Battaglia di San Romano . 109 Palazzo Guadagni (Cronaca) 69

— Van der Goès U.: Adorazione dei pastori 133 Palazzo Medici-Riccardi (Michelozzo) . . 67 — Verrocchio e Leonardo: Battesimo di Cappella con affreschi di Benozzo Gozzoli 114

Gesù 121 Cappella di Benozzo : il viaggio dei Magi 115 Giardino di Boboli — L'Anfiteatro (Tribolo — Sarcofago romano 16

e Bnontalenti) 143 (Brunellesco e continuatori) . 65

— La gran vasca dell'lsttlotto (A. Parigi e — Botticelli: Pallade e il Centauro . . .126 Giambologna) 142 — Giovanni da San Giovanni: La distruzione

Loggia dei Priori, detta dei Lanzi . . 41, 45 dell'Olimpo 161

— Cellini B. : Perseo 149 Palazzo del Podestà 38

— Giambologna: Il ratto delle Sabine . . 150 — Cortile 39 Loggia di S. Maria della Misericordia, detta Palazzo Quaratesi (Brunellesco) 66 del Bigallo 46 Palazzo Rucellai (attribuito a L. B. Alberti) 68 Loggiato dell'Ospedale degli Innocenti (Brn- Palazzo Strozzi (B. da Maiano e Cronaca) 69

nellesco) 63 Palazzo degli Uffizi (Giorgio Vasari) . . 141 .Museo Archeologico — Ricostruzioni dell'an- Palazzo Vecchio 41 tica Firenze con prodotti di scavo ... 15 ~ Porta di Benedetto da Maiano .... 95 — Vasi funerari scoperti nel centro della — Putto della fontana (Verrocchio) ... 91 città 14 — Studiolo di Francesco I de' Medici . . 164

- Museo Nazionale — Donatello: David . . 78 Torre 40

— — S. Giorgio 77 Panorama con Orsammichele e il Duomo (tavola) — - S. Giovanni Battista 77 — con S. Croce e Porta S. Niccolò ... 18

— Giambologna : Mercurio 151 — parziale con la Badia e il Palazzo Pretorio 23 — Luca della Robbia : Lunetta 88 — verso Bellosguardo 21 — Michelangelo: Tondo 97 — verso Monte alle Croci 19

— Sansovino J. : Bacco 146 — verso Orsammichele 20 — : Verrocchio Busto 94 Ponte a S. Trinità (B. Ammannati) . . . 142 David 91 Ponte Vecchio 13

Museo di S. Marco — Decorazione già in Tabernacolo detto delle Fonticine in via Na- una casa del distrutto quartiere di Mer- zionale (Giovanni della Robbia) ... 90 cato Vecchio 51 FIRENZE

PONTF. VKCCHIO. (Fot. I. I. d'Arti Grafiche).

LE ORIGINI

QUANDO a mezzo il Cinquecento Vincenzo Borghini, trattando del luogo di Firenze antica, diceva potersi facilmente affermare « che fosse di lunga mano largamente e pienamente abitato non immaginava certo che la sua congettura avrebbero confermata dopo tre secoli quelle tombe ita- liche, tra '1 18Q2 e il 1893 ritrovate, là dove sorse piìi tardi il Campidoglio della città romana. Tombe analoghe a quelle delle necropoli di Bologna, di Chiusi, di

Vetulonia, di Tarquinia, di Vulci, di Narce : a pozzetto, col dolio di terra nerastra o rossastra, coperto d'un lastrone e racchiudente l'ossuario questo a sua volta tu- ; telato da una ciotola ansata, capovolta ; ossuario e ciotola graffiti con le consuete decorazioni geometriche. E dentro, tra le ceneri, fibule di bronzo arcuate o a scu- detto, palline e fusaruole di bucchero, d'osso, di pietra : ornamenti della gente di un clan, che attorno al decimo secolo s'era stanziato alla confluenza del Mugnone e dell'Arno. Più tardi, sui sepolcreti della borgata italica, come ha proposto Luigi Adriano

Milani, piuttosto che verso il corso dell'Affrico, come ha supposto invece Roberto

Davidsohn, sorse la colonia fiesolana, che il Machiavelli pensò nata giù al piano, sulla riva del fiume, per la comodità del commercio. Quando sorse non è facile dire. Poiché non ne è fatto ricordo nella sosta d'Annibale, se ne è dedotto che fino al secondo secolo non esistesse questa co- lonia. Ma di una Firenze etrusca antichissima ci parlano gli idoletti e le lucerne

€ il cippo con l'immagine di Usil-Aplu, il dio supremo del popolo etrusco, ritro- vati nei lavori del centro ; mentre è lecito supporre che il villaggio, divenuto al 14 ITALIA ARTISTICA

tempo di Siila, per testimonianza di Floro, municipium splcudidissimiim, dovesse esi-

stere innanzi che i romani s'impadronis- sero dell' Etruria, e che con loro acqui- stasse di vita e d'importanza come quello che, a capo della via Cassia, formava un punto strate<2:ico di primo ordine nelle j^uerre s^allica, annibalica e ligure.

Ma il municipio ma^^nifico, colpevole di aver tenuto per Mario, fu da Siila posto

all'incanto come Spoleto e Preneste ; e

i veterani ne fecero scempio, per rinno- DELLA CITTA. VASI FfNERARI SCOPERTI NEL CENTRO varlo colonia sillana come vogliono il R. MISEO ARCHEOLOGICO. (Fot. Aliiiari). Mommsen e il Milani, il quale anzi vede in Caio Manlio, che piìi s'arricchì nella spogliazione della città e più scialacquò in fastosi edifici, quel Marzio, che a dir del Villani costruì il Campidoglio fiorentino. Roberto Davidsohn invece, per non esser di Firenze ricordo nella congiura di Ca- tilina, e per esser detta invece colonia triumvirale, la crede rinnovata per la legge agraria di Cesare, riprendendo così la superba tradizione ripetuta da tutti gli antichi cronisti. Secondo questa, Giulio Cesare, per vendicare Fiorino capitano dell'oste contro Catilina rafforzatosi in Fiesole, e da Catilina e dai fiesolani fatto a pezzi con la moglie e i figli e tutta la sua gente, piombò fulmineo sui nemici, li fugò, distrusse la città ribelle, sul colle, ed ordinò che una nuova ne sorgesse, simile a Roma, nel piano, là dov'era la tomba di Fiorino.

E in otto giorni continua la leggenda sorse la città ; e la chiamarono Flo- rcntia, sia per ricordo del morto eroe, sia perchè fosse a similitudine di fiori e di gigli, sia perchè l'abitava il fiore dei romani, con ugual numero di fiesolani discesi giù dal loro colle devastato. E in verità la leggenda che faceva di Firenze una figlia degna di Roma, ha trovato conferma nelle scoperte che in più tempi si sono fatte degli antichi edifici, ora di enormi blocchi di arenaria, con membrature tuscaniche, ora a piccole bozze di pietra forte, calcestruzzo e marmo lunese, ora di marmi policromi e rari : pre- sillani, sillani e imperiali secondo il Milani. Aveva la città, edificata sulla pianta

del campo romano, col cardine e il decumano che la tagliavano, un ampio fòro, magnifiche terme e un campidoglio, a cui si saliva per un'alta scala marmorea, e più vasto di quello di Pompei, con le tre celle pei simulacri di Giove di Giunone e di Minerva, con l'ara a festoni e bucrani, coi capitelli fioriti di gigli, e colonne e pilastri che fecer magnifiche le chiese romaniche fiorentine, dal Battistero a San Miniato al Monte. Più lontano, verso l'at-

tuale chiesa di San Firenze, sorgeva il tempietto di Iside, ricco di voti; s'apriva un teatro per la prosa; s'allargava vastis- simo, capace di quindicimila spettatori, un anfiteatro, ancor ricordato dall'anda- mento delle costruzioni addossatevi nel medioevo. E ovunque statue come quelle al Genio Colonici' Florcntiw, ad Adriano, a Diocleziano; e case spaziose, belle di marmi e di musaici, come quella scoperta presso San Giovanni. E fuor delle mura laterizie, con prjrte difese da torri e pò- vasi ilnehari scoperti nel centro della cmtx. "• "'^''^° a-'cheolooico. stierle, il grande acquedotto lungo la via ^^^^ ^^_^ FIRENZE 15

Cassia, e i sepolcri, e i cippi, e i sarcofagi sontuosi, quali ancora si conservano nel Battistero, nel Museo dell'Opera del Duomo, nel Palazzo Mediceo di via Larga. Quieta doveva esser la vita nella Firenze romana, e non senza raffinatezze pel numeroso elemento greco che le iscrizioni ricordano, per quanto altre iscrizioni ci attestino come i fiorentini amassero anche la vita avventurosa delle armi e quasi affollassero le coorti dei pretoriani e del presidio di Roma.

Per un momento però temettero essi per la loro città : quando cioè fu pensato di immetter la Chiana nell'Arno per portare un riparo alle disastrose piene del Tevere. Allora una commissione, della quale facevano parte alcuni fiorentini, si

RICOSTRUZIONI DELL ANTICA FIRF.NZE CON PRODOTTI DI SCAVO — R. WUSEO ARCHEOLOGICO. (Fot. Alinari).

recò da Tiberio, ed ottenne che il provvedimento fosse revocato, obiettando esser atto irreligioso quello di cambiar di letto ai fiumi, divinità benigne e tutelari. Firenze fu salva e crebbe d'importanza. Adriano riadattò la via Cassia fino a lei, che gli dedicò allora una statua in Campidoglio; Aurelio o forse Diocleziano — cui fu votata un'altra statua presso la porta meridionale la fece sede del

Corrector Italia', cioè del governatore dell'Umbria e della Toscana riunite ; e tale essa rimase fino a Valentiniano e a Valente, fin quasi a quando Radagasio non si accampò con gli ostrogoti sotto le sue mura, spargendo per la campagna la desolazione e la morte. Ma Stilicone accorre coi legionarii rafforzati d'unni e di visigoti; fa strage dei barbari che in più di centomila cadono in battaglia, e dinanzi ad una delle porte della città fa decapitare Radagasio stesso. Più tardi Firenze volle

esser riconoscente della vittoria a santa Reparata e dedicarle il suo maggior tempio,

per quanto la disfatta di Radagasio fosse avvenuta il 23 di agosto del 405, e non rs di ottobre, giorno del martirio della vergine siriaca, come vuole la tradizione. 16 ITALIA ARTISTICA

È certo però che questa disfatta seonò il pieno trionfo del cristianesimo, in- trodotto in Firenze da san Miniato, che subì il martirio il 25 d'ottobre del 250, e fu sepolto sul monte che porta il suo nome. Poiché se presto la città ebbe un vescovo, come prova la presenza del vescovo fiorentino Felice nel sinodo contro i donatisti (2 ottobre 313); e se nel 393 sant'Ambrogio vi si trattenne qualche tempo consacrando la basilica di San Lorenzo e ricevendovi Paolino da Nola, solo forse dopo la vittoria di Stilicone il vescovado sorse sulle terme pai]^ane, la chiesetta di Sant'Andrea fu costruita da un privato, e la cappella della Vergine s'annidò nel vestibolo del tempio capitolino ; mentre sui sarcofagi Giona e il Buon Pastore si sostituivano ai simboli ed alle alleijorie della classicità.

PALAZZO .N\I:DIC1-HICCARUI — SARCOKAUO ROMANO. (Fot. Alinari).

Dopo la minaccia di Radagasio, Firenze dovette godere, specialmente sotto

Teodorico, di una certa tranquillità ; ma quando, col pretesto di vendicare Amala- sunta e di punire Teodato, clie era proprietario di gran parte di Toscana, i bizan- tini vennero in Italia, ricominciarono per Firenze i giorni del dolore.

Vitige occupa i possessi toscani di Teodato; i greci compaiono in Toscana e asse- diano Firenze; nel 541 sono padroni di quella e di questa. Totila accorre ad assediarla, ma temendo i soccorsi che muovono da Ravenna, si ritira in Mugello, ove disfà gli imperiali.

Ma se la città è salva dalla distruzione, la campagna è devastata orribilmente : gli abitanti si cibano d'erba, e spesso muoiono estenuati mentre la strappano, coi denti, di terra; alcune madri, come narra Procopio, divorano i proprii figliuoli; altre donne adescano uomini incauti per ucciderli e cibarsi dei loro cadaveri.

Poi ai goti succedono i franchi, che di nuovo mettono a ferro e fuoco la cam- pagna; finché morto Totila e distrutti i franchi, la città, riconquistata da Narsete, rimane per qualche tempo sotto il governo di Ravenna. FIRENZE 17

Ma per poco. Nel 570 i longobardi occupano la Toscana, ed anche per Fi- renze comincia il medioevo.

Da Totila a Carlo Magno torna il silenzio, che la leggenda aveva spiegato con la distruzione della città fatta dal primo, e la ricostruzione dal secondo ordinata, sull'esempio di Roma, con le chiese di San Pietro, di San Lorenzo, di Santa Maria Maggiore, con gli stessi monumenti cristiani, come un tempo la città antica aveva avuto gii stessi monumenti pagani dell'Urbe. Ma documenti, cenni di storici e ricordi ci provano che Firenze, non mai di- strutta da Totila, scambiato nella leggenda col Flagello di Dio, neppur tanto de- cadde, quanto da alcuni scrittori si è voluto affermare, sotto il longobardo dominio.

Che anzi i suoi vescovi acquistano sempre maggiore importanza, e si innalzano nuovi edifici pel culto cristiano. Così nel concilio di Roma del 680 interviene Reparato, nel 715 Specioso siede

a giudizio con un messo di Liutprando ; così, dopo Santo Apollinare e San Rotilo del tempo bizantino, si fondano Orsammichele e San Michele Bertelde in onore dell'arcangelo venerato dai longobardi, e San Miniato tra le torri, e San Frediano, e San Pietro in ciel d'oro, a simiglianza del maggior tempio pavese; mentre il ffardi/i(ro si leva dove una volta era il teatro romano, e torri numerose si profilano per la campagna, a difesa della città, che dopo dieci anni dalla disfatta dei lon- gobardi troviamo ancora sede di un duca, a significare la sua importanza ed a dimostrare che la riforma amministrativa di Carlo Magno fu attuata con indugi e ritardi.

Tre volte passò per Firenze il grande imperatore. Nel 773, avanzando su nel a San Mezzano con Ildegarda, che forse anche pregò Roma ; 780, fermandosi

sulla tomba del martire Miniato ; nel 786, finalmente, celebrandovi in compagnia del figlio Pipino la festa di Natale con magnificenza che dovette esser nuova per

la città, la quale poi volle in Carlo il suo riedificatore e il fondatore della sua co-

stituzione politica, come aveva voluto in Cesare il suo creatore.

Ma il Franco si limitò soltanto a sostituire al duca un conte con giurisdizione

il territorio della diocesi per quanto il marchese di Toscana, risedente in su tutto ;

Lucca, sia piìj tardi anche il conte delle singole città e tenga giudizio assistito dagli scabi/ii, prima magistratura di carattere popolare.

Poi, neir 825 mentre i normanni coi loro legni snelli e veloci risalgono l'Arno e devastano la campagna Lotario destina Firenze a sede di una scuola pubblica, onore questo che, diviso con altre sei città italiane, fa prova della sua

cresciuta importanza ; e piìi ancora la prova il trovar riunito venti anni più

tardi — il comitato di Fiesole con quello di Firenze, la quale è così a capo di un vasto territorio, confinante con Bologna, con Siena, con Arezzo, con Pisa e Vol-

terra. E sempre maggiore autorità ha il suo vescovo, che vediamo a Pavia tra gli

elettori di Carlo il Calvo a re d'Italia, e che nell' 874 ottiene autorità temporale sui possedimenti del vescovado.

Quando però Carlo il Grosso, come il Magno aveva fatto quasi un secolo innanzi, forse nell' 881, fu stato tra le sue mura, quando la dinastia carolingia fu spenta, vennero per Firenze anni di ansie e d'incertezze. Nelle lotte dei pretendenti, fu di Guido di Spoleto, di Lamberto, di Berengario, di Lodovico di Borgogna, a

1 vicenda, e vide gli ungari per le sue campagne ; finché con gli Ottoni Ottone vi si fermò andando a Roma — non ebbe nuova tranquillità ed un proprio conte

assistito dagli iiidiccs rcgis. ed un visconte ; finché col marchese Ugo di Toscana, che alla tradizionale sede di Lucca preferì quella già forse piìi splendida di Fi- renze, non ebbe nuovo benessere e nuova prosperità. Né minori vantaggi trassero dal grande Ugo e da Willa sua madre, convertiti all'ascetismo dalla parola di Ro- ITALIA ARTISTICA

PANORAMA CON S. CROCI: E PORTA S. NICCOLO

mualdo, i vescovi fiorentini, mentre inconsciamente gli Ottoni plaiidivano e gareg- giavano in privilegi; e si fondava la Badia; e si andava formando a poco a poco la leggenda attorno alla figura del « gran barone > sulla cui tomba ancora, ogni anno nel giorno di san Tommaso, si depongon le armi, che purtroppo — pei nu- merosi rinnovamenti e le necessarie sostituzioni — risalg-ono oggi appena al se- colo XVII. Ormai, attorno al mille, Firenze è una città di primaria importanza: la sua ascensione è segnata. Nel grande lessico che porta il nome di Snida e che fu compilato a Bisanzio a mezzo il secolo X, Firenze sola, con Pisa, è rammentata tra le città di Toscana, mentre si tace di Siena e si tace di Lucca, pur sede di marchese ; un fiorentino, un tal Ugo, è ammesso nel seguito dell'imperatore e nel

0Q6 siede con lui a giudizio in Ravenna; nel '55 Enrico III entra solennemente in Firenze e la dichiara città dell'impero, libera dalla soggezione marchionale; nel '57 e nel '58 vi dimorano e muoiono due papi: Vittore II e Stefano IX; tra 'I '59 e il '61 Niccolò II, già vescovo di Firenze, vi si trattiene coi cardinali, e più tardi, da Roma, pontefice, si compiace di chiamarsi ancora vescovo fiorentino e di eser- citarne l'ufficio. E la città si fa degna di imperatori e di papi, coi suoi monumenti superbi. Dopo le chiese innalzate sotto la dominazione bizantina e longobarda, altre molte sorgono in ogni parte della città ; ma ne rimane solo il ricordo o nei documenti, o nei nomi passati ad altri templi ricostruiti e rifatti al loro posto, nel corso dei secoli. Così, tralasciando le chiese minori, fino dal IX abbiamo notizia di Santa

Reparata e di San Giovanni : l'una disfatta nel XIV per dar luogo a Santa Maria del Fiore ; l'altro, forse completamente ricostruito sul piano prinn'tivo, longobardo. FIRENZE 19

PANORAMA VERSO MONTF. ALLE CROCI (Fot. I. I. ù'Arti (ìrafiche).

o piuttosto innalzato di nuovo, più grandioso e più vasto, e consacrato nel 105Q da Niccolò II. Sul tempio magnifico è corsa per lungo tempo la leggenda, che lo diceva pagano e dedicato a Marte, poi cristiano e votato al Battista; leggenda accolta da tutti gli antichi cronisti e da Dante nel poema divino, ma sfatata anche pel ritro- vamento di una costruzione romana, su parte della quale il tempio è costruito. Han vo- luto però alcuni — con l'architetto Nardini — considerarlo sempre edificio antichis- simo, e risalente almeno al secolo V; mentre altri e fra questi il Supino vi ha veduto il più splendido portato di quell'arte che dopo il mille trasse germi di vita novella dalla romana, anticipando di tre secoli un più vasto e completo rinascimento.

E tutto porta ormai a ritenere che nelle sue parti essenziali il Battistero sia da assegnarsi all'undecimo; e che Niccolò il lo consacrasse così quasi come noi lo vediamo : ottagonale, con tre porte e un'abside circolare, della quale sono ap- parse le fondazioni in scavi eseguiti di fronte al vescovado, e sostituita più tardi dall'attuale scarsella rettangolare. All'interno, superbo per colonne policrome, pilastri scanalati, capitelli ionici e corinzii e compositi, in gran parte antichi o da antichi imitati, per trabeazioni dai profili robusti, per specchi marmorei sapientemente di-

sposti a rivestir le pareti tra svariate cornici ; elementi da un artefice mirabile adope- rati a comporre un tutto che ha dell'età classica la severa magnificenza e la misurata armonia; solo la vasta cupola non splendeva, com'oggi, di musaici svarianti nel- l'incerta luce. All'esterno, una decorazione semplice, ma doviziosa, di marmi bianchi e neri su di un motivo classicheggiante; mancava però l'alto attico diviso da pi- lastri scanalati, e l'estradosso della cupola appariva scoperto. E attorno erano le arche e i sarcofagi, in parte pagani, che vi stettero fino quasi alla fine del XIII secolo. 20 ITALIA ARTISTICA

PANORAMA VERSO ORSAMMICHELE. (Fot. I. I. d'Arti (ìrafiche).

Col Battistero, Niccolò II consacrò anche le chiese di San Lorenzo e di Santa Felicita, allora rifatte con maggiore magnificenza, piìj tardi distrutte per dar luogo

agli edifici attuali ; e dovette veder quasi compiuta la basilica che fino dal 1018 il vescovo Ildebrando aveva cominciato a rinnovare in onore del martire Miniato, e che ancora domina superba la città adagiata sul fiume: classica nella pianta basi- licale, nei capitelli per gran parte antichi, nei particolari decorativi; splendida di marmi nella facciata compiuta o alterata nel XII e nel XIII secolo, e nell'abside, ove attraverso gli specchi marmorei lumeggiava, com'oggi, il sole, fantasticamente ; ma non ancora recante nella capace conca il musaico con Cristo, tra la Vergine e il Santo. E di contro, su di un altro colle, la Badia Fiesolana svariava d'altri marmi

nella facciata ; e giù, entro o subito fuor delle mura, SS. Apostoli poggiava i bianchi capitelli compositi di schietto carattere classico sulle robuste colonne di verde di

Prato ; e San Salvadore al Vescovo nel suo prospetto offriva un riflesso stanco e

sfiorito delle magnificenze del Battistero ; e Sant'Iacopo sopr'Arno apriva sulla via il suo portico romanico.

Ma se la città grandisce, non posa. Se non v'è timore di pericoli esterni, se goti, franchi, normanni, ungari non battono più le sue campagne, entro le mura sicure s'agitano la discordia e Io scisma.

I vescovi, ricchi per donazioni e forti per privilegi, insuperbiscono, trascen- dono a violenze, s'appropiano dei beni privati, tengono vita scandalosa. Il magni- fico Ildebrando ha figli e dà udienza in vescovado, tenendosi presso la moglie FIRENZE 21

Alberga, che interloquisce a suo |:)iacimento, dominando il marito. Né il clero è da meno. Pochi sono gli ecclesiastici che non abbiano almeno una concubina e

numerosa figliolanza, per la quale dilapidano i beni della chiesa. 1 benefici diven- gono proprietà famigliare. Gli uffici, anche quello di vescovo, si comprano e si vendono impunemente. Per trenu'la libbre si può succedere nella cattedra di santo Zanobi. Ma ecco d'un tratto giungere nella città simoniaca Giovan Gualberto, che ab- bandonati i piaceri di una vita gioiosa, cerca nella religione riposo all'animo irre- quieto. Però l'abate di San Miniato, che l'ha accolto, ha comprato il suo ufficio ;

Atto, il vescovo, la sua carica. Ed egli tenta di promuovere una agitazione popo-

lare ; in giorno di mercato sale sul banco di un venditore e lancia la sua accusa violenta contro il vescovo. Ma i tempi non sono maturi ; il popolo gli si solleva

contro, i partigiani di Atto gli si fanno addosso, lo malmenano ; a mala pena salva la vita. Allora si ritira sdegnato nella solitudine di Vallombrosa, vi raccoglie fedeli, bandisce la riforma benedettina annunciata da Cluny, e vede diventar folla i suoi seguaci. I conventi di Settimo, Marturi, Passignano, San Salvi stanno per lui e per la riforma canonica, che ormai ha numerosi proseliti fra i monaci e fino in corte di Roma. Ma quasi a sfida viene ora eletto vescovo Pietro Mezzabarba di Pavia, crea- tura dell'imperatore; e suo padre si vanta di avergli comprato l'ufficio per tremila libbre d'oro, I riformisti insorgono; le genti del duca Goffredo assalgon di notte il convento di San Salvi e lo saccheggiano; ma Giovan Gualberto è a Vallombrosa. Per protestare contro tanta violenza egli scende in città, e manda una ambasciata a Roma ad accusare il pavese. Alessandro li invia a Firenze, a metter pace, san

PANORAMA VERSO BELLOSGUARDO. (Fot. I. I. d'Arti Grafiche)- 22 ITALIA ARTISTICA

Pier Damiano, fervente apostolo della riforma del clero, mentre in Roma Ildebrando sostiene i vallombrosani. Egli chiede un giudizio di Dio Ma questo non basta a Giovan Gualberto. ; il popolo accoglie la proposta con selvaggio entusiasmo ; ormai ne papa, né ve- scovo, ne marchese possono opporsi; e il 13 di febbraio del 1068, presso alla Badia a Settimo, un umile fraticello, Pietro, che sarà detto Igneo, che sarà cardi- nale, che sarà j^oi ritenuto per santo, passa illeso tra due cataste infuocate.

Si grida al miracolo; il Mezzabarba è dejDosto e si ritira in un convento; Giovan Gualberto trionfa. Intanto un nuovo elemento si rivela forte e potente: il

popolo. Finché il popolo non si è mosso, la riforma non è stata possibile ; ma

quando il jiopolo ha voluto il giudizio divino, come per incanto è caduta la smi- surata jiotenza del vescovo.

Il popiiliis florcntiniis esplicitamente si rivolge al pontefice; e Pier Damiano indirizza le sue lettere dilcctis in Cliristo civibiis florentlnis. E quando, pacati gli animi, nel 1076, Matilde rimane erede dei vasti dominii, Firenze sta per lei e per Gregorio VII, e chiude audacemente le porte in faccia ad Arrigo IV, non per soggezione alla contessa, ma perchè vuole esser guelfa. Anzi, a malgrado delle due donazioni, che faranno pretendere ai pontefici di intromettersi per molti secoli negli affari della città, Firenze comincia ad agire per proprio conto, e da sola prende Monte Orlando, combatte in Val di Pesa, assedia Montecascioli, sempre a danno dei conti Cadolingi potentissimi tra Pistoia, Lucca e Firenze. E se frattanto, insieme con le milizie marchionali, si impossessa di Prato, te- nuto dai conti Alberti, si può dire lo faccia più a vantaggio suo che di Matilde.

Così che quando questa muore a Bondeno, sul Po, il 24 di luglio del 1115, il Comune è già virtualmente costituito, e la Repubblica inizia la vita sua fortunosa.

LA REPUBBLICA.

ALLA morte della gran contessa, la città è così ampliata che mal la contiene lo

stretto cerchio delle vecchie mura ; e fuor delle porte, lungo le vie che dalla

campagna ad esse conducono, si vanno formando e ingrossando i sobborghi, più tardi chiusi, come quello di San Lorenzo, da una porta esterna.

Che la popolazione, per le guerricciuole contro i signorotti del contado, si è

andata man mano aumentando ; ed alla classe artigiana, italiana di origine, fedele al pontefice, e già divisa in associazioni di mestiere, dalle quali sorgeranno ben

presto le arti ; alla nobiltà cittadina, potente con Matilde — come quella tra la

quale venivano scelti i buonomini e i sapienti che stavano a giudizio con lei — e già raggruppata in consorterie, che daran tra poco origine alle società delle torri, si aggiunge ora la nobiltà del contado, d'origine germanica, ligia all'impero, causa di prossime e secolari dissenzioni e discordie.

Quando i buonomini e i sapienti matildini siano divenuti consoli, e si siano impadroniti del governo della città, non è facile dire. Ma forse ciò avvenne appena che, morta la contessa, Firenze si trovò, nei contrasti tra chiesa ed impero, a godere di nuova libertà. Che inutilmente l'impe- ratore mandò un suo margravio in Toscana. Questi non potè che riunire attorno

a sé i nobili del contado, contro i quali popolani e grandi stavano uniti e com- patti, perchè era necessario espandersi fuor delle mura e del territorio concesso dai diplomi imperiali. Ma forse, nello stabilirsi di un primo regime di libertà, non mancarono civili discordie. Forse da queste furono causati gli incendi del 1115 e

24 ITALIA ARTISTICA del 1117 che, a dir dei cronisti, distrussero interi quartieri. Forse si dovette lot- tare contro oli Uberti, che, per luns^o tempo, sotto Matilde, avevano seduto nei tribunali e negli uffici, ed ora non intendevano di divider con altri grandi il dominio. Ma queste discordie non impediscono la costituzione del primo governo, che possiamo ormai chiamare repubblicano, coi consoli eletti tra i grandi, due per se-

di scelti tra i componenti le stiere ; con un consiglio circa cento buoni uomini, in arti ; con un |3arIamento, cui prendon parte i cittadini, se pur scarsi di numero confronto a quello degli abitanti. Né queste discordie impediscono alla città di crescere in potenza e in pre- stigio. Che noi, in quegli anni medesimi, la vediamo custode fedele di Pisa, pei pisani lontani nella guerra delle Baleari, e averne in dono le due colonne porfiree del Battistero; nel 1119 prendere e disfar Montecascioli, inutilmente difeso da Ra- bodo, vicario imperiale, ucciso nella impresa; nel 1125 portar finalmente la distru- zione all'odiata rivale, a Fiesole, sempre più pericolosa e temibile sul colle munito.

E continua per tutto il secolo XII ad occupar castelli e raderli al suolo, obbligando

i feudatarii più piccoli ad inurbarsi, i più grossi a venire a patti gravosi ; e an-

nienta i Carolingi, e umilia i Guidi e gli Alberti, mentre, ormai uguale a loro, stringe alleanze con Pisa, con Lucca, con Siena. E poco vale che Federigo Barbarossa tenti, con ferrea mano, di restaurare in

Toscana il potere imperiale: i suoi vicarii, sicuri nei castelli del contado, debbono accontentarsi che entro le città continui il governo dei consoli ; né possono impe- dire che proprio in questo tempo Firenze allarghi l'antico cerchio delle sue mura,

'1 e chiuda nelle nuove, rapidamente innalzate tra 1172 e il 1175, i popolosi sobborghi.

E se Federigo, entrando in Firenze il 31 di luglio del 1185, cerca di accre- scere la forza dei suoi ministri, due anni più tardi Enrico VI riconosce l'autorità dei consoli fiorentini anche fuor delle mura; finché alla sua morte (1119) la po- tenza imperiale vanisce; e Firenze si pone a capo della lega di San Genesio, stando con tutta Toscana contro l'impero, affermando una completa indipendenza dalla chiesa, cercando nell'aiuto degli alleati il proprio vantaggio. E i frutti matu- rano presto con la guerra di Semifonte, forza degli Alberti in Val di Pesa, bor- gata così rapidamente cresciuta, che pel contado si va ripetendo il ritornello maligno:

Firenze, fatti in là, Che Semifonte si fa città.

Ma Firenze non gode requie finché con alleanze e con tradimenti non l'ha presa e fatta distruggere dagli stessi semifontesi prigionieri.

Intanto, nelle guerre, i grandi, che formavano la cavalleria, acquistavano sempre più d'importanza; sì che non v'é da meravigliarsi che a poco a poco cercassero di mutare a loro vantaggio un reggimento, che, pur essendo nelle loro mani, aveva nei consigli carattere popolare.

Così, a poco a poco, tra lo scorcio del secolo XII e i primi anni del XIII, ai consoli si va sostituendo un podestà, prima cittadino, poi forestiero prima ; ancora

assistito dai consoli, poi da due consigli speciali. E il podestà é un nobile, e sta

per i grandi. I quali tanto son cresciuti in potere che già cominciano ad essere in discordia tra loro. E nel giorno di Pasqua del 1215 Buondelmonte dei Buon- delmonti, scendendo pel Ponte Vecchio sul bianco cavallo, è aggredito ed ucciso

dagli Amidei e dai loro consorti ; e da questo sangue nascono i due partiti che per quasi un secolo terranno grandi e popolo in armi. Ma a malgrado dei tumulti improvvisi per le strette vie della città medievale, e che sembrano quctarsi solo nell'entusiasmo della Terza Crociata, quando Buona- FIRENZE 25

il vessillo gigliato sulle di guisa de' Biionaguisi pianta pel primo mura Damiata ; e benché gli odii minaccino la rovina della città, essa si fa più bella e piiì comoda.

Il Battistero cambia la sua abside circolare nella scarsella attuale, e s'adorna d'un pavimento a niello e a musaico, e di un fonte e di un coro e di un altare con marmi lavorati a traforo, a commesso, a tarsìa ; fonte e coro barbaramente distrutti dal Buontalenti nel 1577 per render pii:i sontuoso l'apparato del battesimo di don Filippo de' Medici; altare minato dal Ticciati nel 1731 per collocarvi una sua macchina di statue e di nuvole. Ma l'altare e il fonte sono stati oggi ricomposti coi numerosi frammenti rimasti, per ridare al tempio l'antica bellezza. E San Mi-

IL BATTISTERO. Vi (Fot. Minali).

niato ha il suo bel pavimento niellato, con i segni dello zodiaco, con grifoni e animali fantastici affrontati all'albero della vita, con altre romaniche bizzarrie (1207);

e di marmi finamente lavorati il recinto del coro e il pulpito vigilato dalla Mater Ecclesia adorna di corona. E per San Pier Scheraggio un oscuro artefice scolpisce

ed intaglia il pergamo ch'oggi si vede in San Leonardo d'Arcetri, racchiudendo

allegorie e storie cristiane entro cornici ancora di classico sapore ; e nella facciata incompiuta di Santo Stefano si ripercuote un ultimo bagliore del policromismo del Battistero. Mentre un nuovo ponte, quello costruito dal podestà Rubaconte di Mon- dello, lastricate, ed opere pubbliche sorgon s'incurva sull'Arno ; e le vie son dovunque.

Né si abbandonano i sogni imperialisti. Conquistato il contado, bisogna con- quistare le \ie che portano a Roma ed al mare; bisogna venire a patti con Pisa padrona dell'Urbe. E si preparano del Tirreno ; con Siena a cavaliere della strada imboscate, si pongono assedii, e a dispregio si fan manganare somari oltre le mura nemiche; e finalmente si ferman paci con duri patti per gli avversarii, e con vantaggio e gloria per la città, che ormai tende all'egemonia di Toscana. 26 ITALIA ARTISTICA

Ma ecco d'un tratto Federigo II romper quell'equilibrio che, tra discordie continue, pur durava tra ouelfi e ohibellini. Ecco CTiun^ere in Firenze Federigo d'Antiociiia, che sobilla .^1' Uberti, agognanti il perduto potere. Invano si levano

BATTISTERO — l'ARTFCOLARE DELL INTERNO. (Fot. Alinaii).

in armi popolo e nobili guelfi ; invano, per tre giorni, resistono ai milleseicento cavalieri tedeschi di Federigo, e contrastano loro palmo a palmo ogni piazza, ogni

via. Nella notte del 2 di febbraio del 124Q i capi guelfi, segretamente, vanno in

esilio per salvare la vita, e per preparar la riscossa. E i ghibellini li cacciano, come belve, pel contado ; e se a Montevarchi son vinti, vincono a Capraia, e con-

quistan la terra, e prendono i maggiori dei guelfi, e li mandano a Federigo II, che li fa abbacinare, mazzerare, affogare nel mar siciliano.

Ma l'anno dopo, non appena l'imperatore è morto e i ghibellini son vinti

dagli sbanditi presso Figline, il popolo, mal contento della loro alterigia, nomina trentasei dei suoi a porre le basi di una nuova costituzione, la terza da che la FIRENZE 27

il podestà, ancora città è libera, quella che si chiamerà del primo popolo. Rimane creatura dei nobili, ma gli stanno di contro il capitano del popolo, per quanto con un loro consiglio. nobile e forestiero, e i dodici anziani, di popolo,

il governo; accondiscendono a I nobili ghibellini, impauriti, accettano nuovo

ss. APOSTOLI — INTERNO. (Fot. Alinari).

la quiete si ricomin- paci ; e appena tornata richiamare gli esuli guelfi ; si fanno ciano, con nuovo ardire, le guerre di espansione. Pisa, Siena, Pistoia si armano, combattono, discendono a patti onerosi, e Vol- irrequieta. terra quasi di colpo è occupata ; e soggiogata Arezzo Sono dieci anni di gloria per questo primo popolo, per questo gran popolo di esaltato da Dante, e da Giovanni Villani rievocato mirabilmente: « I cittadini Firenze viveano sobri e di grosse vivande, e con piccole spese, e di molti buoni costumi e leggiadrie, grossi e rudi, e di grx)ssi drappi vestiano loro e le loro donne. E molti portavano le pelli scoperte senza panno, e colle berrette in capo. 28 ITALIA ARTISTICA

calzari senza ornamenti, e tutti con gli usatti in piede, e le donne fiorentine co' d'Ipro di passavansT le maggiori d'una gonnella assai stretta di grosso scarlatto o foderato di vaio, Camo, cinta ivi su d'uno scheggiale all'antica, e uno mantello le donne vestite d'uno grosso col tassello di sopra, e portavanlo in capo ; e comuni

(Fot. Aliiiari). S. SALVATORE.

dote di moglie, verde di cambiagio per lo simile modo. E lire cento era comune isfolgorata e le piij belle e lire dugento e trecento era a quegli tempi tenuta ; pulcelle avevano venti o più anni, anzi di andassono a marito -.

rompe di nuovo La fortuna di Manfredi, come già la potenza di Federigo 11, e guidati da Farinata l'instabile equilibrio. Di nuovo gli Uberti prendono animo, FIRENZE 29

si armano e scendono in piazza. Però il jiopolo questa volta li caccia fuor delle mura; e contro Siena, che mancando ai patti li ospita, porta la «^uerra. E il popolo, coi nobili guelfi, vince a Porta Camollia; ma il 4 settembre del 12Ó0 è rotto, per insidie e per tradimenti, a Montaperti.

Il suo decennio glorioso si chiude.

Né solo il partito disfatto teme ormai la sua completa rovina. Se il gran Fari- nata non fosse a difenderla nel congresso di Empoli, Firenze stessa sarebbe minata dalle fondamenta. La signoreggia invece per sei anni Guido Novello, assistito da due consigli; ma non v'è più il capitano del popolo; non vi son più gli anziani, di popolo.

BATTISTERO — MUSAICO (SEC. XIIl). (Fot. Alinari).

Dopo sei anni, morto Manfredi nella giornata di Benevento, il popolo torna ad agitarsi contro i soprusi dei grandi ghibellini. Temono questi la forza delle

masse impetuose, già sperimentata a lor danno ; e da Bologna chiamano due frati

gaudenti a riformare il governo, a farlo più popolare ; e i due frati chiedono con- siglio a trentasei mercanti che sono a capo delle arti, la cui costituzione politica è quasi fatto compiuto.

Tardi s'accorgono i grandi dell'errore commesso ; e cercano un riparo nel tumulto e nell'armi. Allora i trentasei conducono il popolo alla lotta, mentre igno- miniosamente Guido Novello abbandona coi suoi la città. Ai ghibellini non riman che l'esilio, e questa volta per sempre.

Che se anche rividero il loro bel Battistero, appena Carlo d'Angiò si fu fatto signore di Firenze per sei anni — e diventarono dieci — dovettero poi, di nuovo, riprendere la dolorosa via senza ritorno, a malgrado delle paci solenni, con scambio di giuramenti, di abbracci e di nozze. 30 ITALIA ARTISTICA

Ormai, dopo il 1267, non vi sono più in città guelfi e ghibellini; ma popolo grasso, fatto di nobili democratizzati e di mercanti arricchiti smisuratamente, e l^opoio minuto, aspirante al potere, che nella quarta costituzione della repubblica

ss. STEFANO E CECILIA. (Fot. Alinari).

in e dei dodici buonomini suoi consiglieri forse è mano del podestà ; e più ancora del capitano del popolo e dei suoi consigli, così sottilmente si è cercato di au- mentare l'autorità e la potenza di questo, a danno di quello, che è sempre creatura

dei grandi. Ai quali grandi rimane però il governo della Parte Guelfa, che tien

desto l'odio contro gli esuli ghibellini, e amministra i beni lor confiscati. Né le interne brighe impediscono ai fiorentini di profittare accortamente anche della perduta libertà sotto la signoria dell'Angioino. Forti del suo nome e delle sue genti, continuano le loro guerre e riducono a guelfa tutta la Toscana.

E non meno abilmente sanno trarre in inganno il pontefice. FIRENZE 31

Gregorio X, temendo il preponderare di Carlo, vuol pace tra guelfi e ghi- bellini ; e mentre egli è in Firenze con Baldovino II e coll'Angioino, sul greto dell'Arno si viene a nuovi abbracci e a nuovi baci tra i sindaci dei due partiti.

Ma nella notte i sindaci ghibellini, mal dei guelfi fidandosi, si partono segreta- mente (giugno 1273). E sei anni più tardi (ottobre 1279) la commedia si ripete in sulla piazza di Santa Maria Novella, auspice il Cardinale Latino, inviato ancora a far pace dall'ostinato Gregorio.

Sa però della effimera riconciliazione approfittare il popolo, aumentando la

3^' 'M

CAMPANILE DI BADIA E TORRE DEL BARGELLO. (Fot. I. I. d'Arti Grafiche).

potenza del capitano di contro al podestà, e dei buonomini, portati a quattordici; mentre le capitudini delle arti^ quasi da sole, eleggono agli uffici.

Finché nel 1282 i sei priori delle arti si sostituiscono definitivamente ai quat-

tordici buonomini ; e i grandi sono costretti a sodare, o a dar malleverie pei soprusi e le violenze che usan commettere a danno dei popolani; e mutano i loro nomi, odiati da secoli ; e s'ascrivono a un'arte per esser dei signori. E fuori, la città s'ingrandisce, libera ormai dalla soggezione dell' imperatore, del papa, di Carlo d'Angiò; e come aveva fatto quasi un secolo innanzi con la lega di San Genesio, si pone a capo di una nuova lega guelfa, costringendovi anche la nemica Siena, contro Arezzo e Pisa ghibelline. E Pisa vede disfatta alla Meloria, e forza alla pace di Fucecchio; Arezzo rompe ed umilia a Campaldino. Poi, con uguale vicenda, rassicurati all'esterno, si cerca frenare all'interno l'in- domabile tracotanza dei grandi. 32 ITALIA ARTISTICA

Essi a Campaldino, con Corso Donati e con Vieri dei Cerchi, hanno portato la loro cavalleria alla vittoria; e lo sanno, e lo rimproverano ai mercanti e agli artieri, che cominciano ad esser disadatti alle armi, ora chiedenti un più lungo tirocinio e una più accurata preparazione.

(Fot. Alinari).

Ma alle provocazioni, mercanti ed artieri rispondono con nuove leggi sempre più democratiche. Nel 1289 distruggono la servitù del contado, con grave danno dei grandi; nel 1293 promulgano quegli Ordinamenti di Giustizia, che portano loro l'ultimo colpo. Il podestà e il capitano del popolo sono ormai sopraffatti dal gonfaloniere di

Giustizia, che insieme coi sei priori ha in il mano governo della città ; e dei priori non si può esser se grandi, e se non si esercita un'arte. Non basta più esservi iscritti. FIRENZE 33

Per minare un cittadino io si fa fyrande ; ed e<^li è quasi fuor delia legge. Anima di tutto questo rivolgimento è Giano della Bella, che Dino Compagni ci raffigura scultoriamente - uomo virile di grande animo e tanto ardito, che lui difendeva quelle cose che altri abbandonava, e parlava quelle che altri taceva, e

TRINITÀ — INTERNO. (Fot. Miliari).

tutto faceva in favore della giustizia contro ai colpevoli, e tanto era temuto dai rettori, che temeano nascondere i malefici v.

Giano comprende che, a malgrado degli Ordinamenti, i grandi si fanno forti della Parte Guelfa, ricchissima di possessioni e di sostanze; e tenta di toglierla a loro per affidarla ai signori.

Ma questa volta i grandi ricorrono all'astuzia; e senza prender più l'arme come cosa arrischiata e di esito dubbio - muovono, contro a Giano, la plebe. E Giano deve uscir di Firenze il 5 di marzo del 12Q5, esule volontario, per non più rientrarvi. 34 ITALIA ARTISTICA

I tumulti si placano; ma per poco.

Che il popolo ^i^rasso, pei suoi commerci fiorenti, ama e vuole le guerre che gli aprono sempre e più sicure e più lontane vie per la penisola e sul mare; il popolo minuto, che vive delle risorse della città, ama invece la pace ; mentre i grandi anche se esclusi dal governo - dominano nella Parte Guelfa, ed hanno dalla loro il podestà ch'è nobile, e la plebe che trae vantaggi dal loro lusso e dalla loro magnificenza. Sono forti, ma non sono uniti.

S. MARIA DFL IIORF, VISTA DI FIANCO. (Fot. I. I. d'Arti Oiafiche).

Innumerevoli tra loro le discordie e i rancori. Più che tra ogni altro, tra Cerchi e Donati : questi, superbi d'antico nome, sono capeggiati da Corso, potente in corte di Roma; quelli, da poco insolenti per sùbiti guadagni, seguono Vieri.

Per calen di maggio del 1300 a Ricoverino de' Cerchi, in piazza, è mozzo il naso dagli avversari. Scoppia un tumulto; si corre alle armi; ci si rafforza nei palazzi e nelle torri.

Dalle discordie di due famiglie sono ormai sorti due nuovi partiti : i neri, coi

Donati, che tengon dal papa ; i bianchi, coi Cerchi, che guardano piuttosto ai ghibellini ancora esuli e ancora numerosi e temibili.

i A portar pace manda l'avido Bonifazio VII! il cardinal d'Acquasparta ; ma grandi, quasi a dispregio del porporato, uniti un istante contro al popolo stra-

potente, osano assalire i priori che si recano solennemente in San Giovanni (23 giugno 1300).

FIRENZE 35

e tra loro v'è Dante — mandano in esilio I priori, clie stanno pei bianchi rientrano. i grandi dei due partiti. I bianchi poco dopo Ma in aiuto dei neri ecco Carlo di Valois, il paciero da burla. Appena egli ha la signoria e la guardia della città, Corso Donati si presenta armato, coi suoi,

S. MARIA DEL FIORE LA CUPOLA. (Fot. I. 1. d'Arti Grafiche).

il cardinale a Porta a Pinti, la forza, si fa padrone della signoria; indarno accorre d'Acquasparta, nell'assenza di Carlo. del Valois e di Corso, co- 11 podestà Caute de' Gabrielli da Gubbio, creatura mincia a segnare sul Libro del Chiodo le sentenze, le confische, gli esilii. Anche lui l'han più, m quel- Dante, il 27 gennaio del 1302, non ha più patria. Con non l'anno, seicento cittadini di Firenze. 36 ITALIA ARTISTICA

Col trecento la storia politica sembra ceder dinanzi a quella della letteratura e dell'arte, che ormai cominciano a vivere della loro fiorentissima vita, quasi fuor delle contriure, delle rivoluzioni, delle guerre.

S MARIA DF.I. IIORF. — PORTA DELLA MANDORLA. (Fot. Alinaii).

Da Giotto a Michelangiolo, nei due secoli durante i quali la repubblica declina lentamente fino a perdere la sua libertà, agitata, da primo, per tutto il XiV e i primi decenni del XV, quieta e tranquilla, poi, sotto la larvata signoria Medicea, sono architetti, scultori, pittori, sono poeti, storici, eruditi quelli che ce la rappre- sentano e ce la ricordano. di Debellati i bianchi, che dopo il tentativo delle Lastra, non sperano più rientrare da vincitori in città; ucciso presso a San Salvi Corso Donati, il superbo barone che la plebe acclamava per le vie, ma che il popolo grasso temeva non (Fot. Alinari). S. MARIA DEL FIORE — IL CAMPANILE. i FIRENZE 37

i si facesse signore ; umiliato Arrigo VII, maltrattandogli messi e lasciandolo inu- tilmente, con oste numerosa, dinanzi alle chiuse porte della città ; sembra d'un tratto tornare la pace, mentre entro le mura l'esecutore degli Ordinamenti di Giu- stizia tutela il reggimento popolare, e fuori si accresce il territorio con l'acquisto di Pistoia e del Mugello. Ma d'un tratto, in pochi anni, non solo è perduta la supremazia di Toscana, ma fin'anco il contado.

I ghibellini si vendicano della lunga umiliazione, e con Uguccione della Fag-

li giuola rompono i fiorentini a Montecatini (29 agosto 1315); e con Castruccio

S. MARIA DEL HORF. (Fot. Alinaii).

disfanno in Valdinievole (aprile 1316) e all'Altopascio (23 settembre 1325). Al Ponte alle Mosse, a mezzo miglio dalle porte della città, i lucchesi corrono il palio.

Né basta; l'anno dopo, il 17 di maggio del 1325, Gualtieri di Brienne entra in Firenze come vicario di Carlo, il quale è fatto signore. Però l'Angioino, in diciannove mesi, non sa che mungere ai fiorentini quasi un milione di fiorini d'oro; e Gualtieri, il duca d'Atene, approfittando della morte di di si del popolo poi Castruccio e Carlo, fa eleggere capitano e conservatore ; signore perpetuo. E lasciando il convento di Santa Croce, si insedia in palazzo, e s'abbandona alle violenze, alle rapine, ai soprusi. Ma nel popolo di Firenze v'è sempre un bagliore dell'antica grandezza. Sven- tate tre congiure, si ricorre alle armi, il giorno di sant'Anna (26 luglio 1343) si

il in quale leva tumulto ; Gualtieri, esautorato, si rafforza inutilmente palazzo, dal esce pochi giorni dopo (il 3 d'agosto) rinunziando alla caduca signoria. 38 ITALIA ARTISTICA

Eppure tra la prima cacciata dei guelfi (1249) e quella del Duca d'Atene (1343) sta la orrandezza di Firenze nelle lettere, nelle arti, nel commercio, a malgrado dei continui rivolgimenti interni e dei pericoli esterni. Dai poeti del dolce stil nuovo a Dante, al Petrarca, al Boccaccio, Firenze dà alla lingua italiana i primi e massimi esempi; architettura, scultura e pittura v'as-

PALAZZO DEL PODESTÀ. (Fot. Miliari).

surgono all'importanza di una scuola, tra le prime se non la prima della penisola; i mercanti fiorentini impiantano banchi e succursali in ogni piij remota regione d'Europa e per tutto il bacino del Mediterraneo; le loro lettere di cambio vanno

li dovunque si contratti e si commerci ; fin nel lontano Catai spinge l'amore del- l' avventura più forse che l'avidità del guadagno. E sono essi ad un tempo mer- canti accorti, prestatori d'oro a principi e a re, astuti diplomatici, corrispondenti avveduti e sottili, adorni oratori. Sì che Bonifazio Vili, vedendosi comparir dinanzi ambasciatori di molti stati, e che tutti erano fiorentini, poteva chiamarli il quinto elemento del mondo. Ma se la letteratura ebbe nell'umanesimo un intoppo al suo svolgimento originale; se il commercio, toccato ora al sommo, rapidamente decadde, l'arte, fin quasi al morir del cinquecento, v'ebbe una tale, ininterrotta fioritura, da assicurare a Firenze ed alla Toscana il primato su ogni altra città e regione d'Italia, per non dire d'Europa.

40 ITALIA ARTISTICA

Sull'inizio del secolo Xlll, da San Galgano in quel di Siena, la potenza e

l'arte cistercense erano giunte fin quasi alle porte delia città ; e la Badia a Settimo era sorta secondo le nuove regole architettoniche dell'arte detta poi gotica od ogivale. Secondo le quali, nel 1278, due frati che già avevano lavorato al Pa-

lazzo del Podestà e gettato i piloni del ponte alla Carraia, fra' Sisto e fra' Ristoro, cominciano la nuova chiesa di Santa Maria Novella, presso all'antica, romanica; e la fabbricano, derivando da San Galgano la pianta monastica a T, la forma dei pilastri a fascio, la decorazione dei capitelli con doppio ordine di foglioline, gli archi acuti e le volte a crociera. E Iacopo Talenti da Nipozzano, che alla metà del XIV secolo compie l'e- dificio, continua quasi senza muta- mento l'opera loro pel ; campanile, sormontato da quattro frontoni e da una freccia, si ispira alle cattedrali

francesi e tedesche ; e attorno al 1555

costruisce il Cappellone degli Spa- gnuoli. Poco dopo l'inizio di Santa Maria

Novella, nel 1295, si riprendono i lavori di ampliamento di una chiesa

che i francescani avevano innalzata fin dal 1228 là dove oggi sorge Santa U Croce La quale, per quanto tali la-

vori si cominciassero verso il 1252 e continuassero nei decenni successivi, appare nel suo complesso posteriore a Santa Maria Novella, anche per la maggiore arditezza nel levare sugli snelli e robusti pilastri ottagoni dai capitelli magramente fioriti gli agili archi a sorregger le muraglie delle

navi ed il superbo tetto a cavalietti. Pretendono alcuni che questa chiesa sia gloria di Arnolfo, cui si son PALAZZO VECCHIO LA TORRT. date anche — pure erroneamente — (Fot. I. I. d'Arti Orafiche) SantaTrinita, S. Remigio e Santa Maria Maggiore, nella quale ultima anzi si è voluto veder quasi l'origine e l'em- brione di Santa Maria del Fiore: chiese queste, nelle quali il Supino, come in Santa Maria Novella e in Santa Croce, vede un libero svolgimento dell'arte gotica; mentre nel Duomo, in Orsammichele, nel Bigallo e nella Loggia dei Priori, questo svolgimento sarebbe come neutralizzato da un persistere di forme e di ricordanze romaniche.

E di fatto, dopo Santa Maria Novella, il pilone a pianta quadrata e il pilastro ottagonale si sostituiscono al pilone ed al pilastro a fascio, polistilo ; di fatto Santa Maria del Fiore sorge ora, ancora romanica nell'ossatura e nella decorazione esterna. ' 2 42 ITALIA ARTISTICA a malgrado dell'arco acuto e delle vòlte a crociera che nell'interno trionfano, e della forma e della ornamentazione gotica delle porte e delle finestre. Del dicembre del 1293 è la provvigione pel rinnovamento totale di Santa Repa- rata, ormai troppo angusta e modesta per l'ingrandita e arricchita città; l'anno dopo

OKSAM.«lCm:LE. (Fot. Miliari).

i l'S il Cardinal pone Arnolfo inizia lavori preparatorii ; di settembre 12Q6 Legato la prima pietra del sacro edificio. Ma sei anni più tardi (1301 o 1302) Arnolfo muore,

e fino all'ottobre del 1331 non si riprendono alacremente i lavori, chiamando poi a

capomastro dell'opera, Giotto. Il quale però tra '1 1334 e il 1337 cioè fino alla morte attende sol quasi al campanile, che si leva robusto come una torre, fragile come uno stelo marmoreo. Ed a questo attendono Andrea da Pontedera e Francesco Talenti con Iacopo di Fioravante, suoi successori, e coi quali l'opera mirì^Dile, compiuta nel 1359, s'adorna del doppio cerchio di gemme. E nel primo, FIRENZE 43 forse servendosi di modelli esep^uiti da Giotto stesso, Andrea narra la vita dei progenitori e l'invenzione delle arti, ora classiclieg.c^iando come nella figura di Ercole, ora, con modernità insospettata, offrendoci uno scorcio vivacissimo di vita, come nell'aratura; nel secondo, ignoti seguaci di Andrea e dell'Orcagna scolpiscono

le virtù, le arti, i pianeti. E poco si un po' goffamente, se vogliamo, i sacramenti, dopo collocano nelle alte edicole le prime otto statue di profeti e di sibille, cui Dona- tello dovrà più tardi accompagnare le sue dolorose e tormentate creature. Intanto, nel 1357, dopo un disegno delle cappelle della tribuna presentato dal

ORSAM.WICHELE — INTERNO. (Fot. Aliiiari)

Talenti, si misura la chiesa di Arnolfo e se ne distrugge una parte, per edificarne un'altra più grandiosa e magnifica, ponendo solennemente le fondamenta di un

nuovo pilastro, disegnato pur dal Talenti, il 5 di luglio di quel medesimo anno. Ma solo nel 1366 un consiglio di « maestri e dipintori » ha l'incarico di for- mare un modello che servì poi a compir l'edificio quale ora lo vediamo, e nel quale d'Arnolfo rimangon forse soltanto la linea generale, la disposizione esterna della parte anteriore con due contrafforti per ogni valico, e quegli avanzi cosma- teschi che furono trovati dietro la facciata goticheggiante del Talenti, rimasta, come

è noto, incompiuta, per quanto tra la seconda metà del secolo decimoterzo e i primi anni del decimoquinto una folla di scultori, che vanno dai più oscuri orca- gneschi a Nanni di Banco e a Donatello, l'ornassero di una quarantina di statue

e di bassorilievi, tratti poi giù, quando nel 1587 il Buontalenti ruinò la facciata,

ed ora dispersi tra il Duomo, musei, giardini e ville non di Firenze soltanto. Ma oltre che di religiosi la città si arricchisce di edifici profani entro il più

largo cerchio delle nuove mura, levate su tra lo scorcio del sec. XllI e i primi OF^SAMMICHELE — TABERNACOLO DELL ORCAGNA. (Fot. Aliiiari). PIAZZA DELLA SIGNORIA - LOGGIA DEI PRIORI, DETTA DEI LANZI.

(Fot. Aliiiari). 46 ITALIA ARTISTICA

decenni del XIV, e ancora ricordate dalle antiche e massiccie porte lungo i viali ed oltr'Arno.

Nel 1255 si comincia il Palazzo del Podestà, guardato dalla altissima torre, ed al quale dan compimento più tardi, con la magnificenza del cortile, della scala e della loggia, Benci di Clone e Neri di Fioravanti (1333-1345). Nel 12Q8 si pone mano al Palazzo della Signoria, che attorno al 1314 era già quasi compiuto, senza che Arnolfo come si vuole v'adoperasse e la mano e l'ingegno. Più tardi (1339-1380) la Loggia del Orano — celebre per la Madonna mira-

PIAZZA DEL DUOMO — LOGGIA DI S. MAKIA DELLA MISERICORDIA, DETTA DEL BIGALLO. (Fot. Alinari).

colosa dipinta su di uno dei suoi pilastri, ed alla quale la signoria solennemente andò a porgere grazie per la cacciata del Duca d'Atene a poco a poco si tra- sforma e s'abbellisce : s'adorna del tabernacolo d'Andrea, sottile opera d'orafo nella saldezza del marmo (1349-135Q); si leva in superbo torrione illuminato dalle ampie finestre (già nel 1357); con trifore leggiadrissime chiude gli archi terreni (1366- 1380) su disegno di Simone Talenti; finché Niccolò di Piero Guidi (nel 1412)

iscrive ingegnosamente, entro le trifore, il fastigio a conchiglia dei due portali, dando all'oratorio il suo compimento. Le arti poi l'adorneranno tutto attorno colle edicole dei loro santi, e con le armi loro. E intanto sulla Piazza dei Signori, di fianco al chiuso palazzo, s'apre, con tre grandi archi a pieno centro, la Loggia, architettata da Benci di Clone e da Simone di Francesco Talenti, per le cerimonie cittadine, pei ricevimenti delle ambascerie forestiere; loggia per la quale Agnolo Caddi darà i disegni delle Virtù scolpite da Giovanni di Francesco Fetti, Giovanni d'Ambrogio, e Iacopo di Piero Guidi.

Intanto la compagnia della Misericordia si fa costruire, tra '1 campanile di FIRENZE 47

Giotto e il Battistero, quel delizioso edificio che oggi si chiama la Loggia del Bigallo (1352-1358) e pel quale Alberto Arnoldi scolpì la Madonna ch'è sulla porta; mentre solo più tardi

(dopo il 1425) furono poste sulla fac- ciata le statuette della Vergine e dei santi Pietro Martire e Lucia, già ador- nanti la residenza dei capitani del Bi- gallo, presso a Orsammichele.

Così, per tutto il secolo, si vanno all'esterno e all'interno decorando edi- fici religiosi e profani con opere di schietta derivazione d'arte pisana, la quale, se non Giovanni, Tino di Ca- maino e Nino avevano fatto conoscere, coi loro sepolcri, in Duomo, in Santa Croce, in Santa Maria Novella; mentre Andrea da Pontedera quest'arte irro- bustiva, oltre che nei rilievi del Cam- panile, anche nella prima porta di bronzo del Battistero, ove, narrando le storie del Precursore e raffigurando LA CREAZIONE DFLLA DONNA, DI ANDREA DA PONTEDERA. (campanile DEL DUOMO). le Virtù, la grazia delle forme goti- (Fot. Alinari). cheggianti chiudeva entro una severa sobrietà di composizione ed una con- tenuta solennità di atteggiamenti, derivate da Giotto; mentre a quest'arte Andrea Orcagna aggiungeva alcun che dì pittorico. Ma se chiese, loggie, oratorii s'abbelliscono così graziosamente, i palazzi privati, come quelli pubblici, allungano nude e disadorne le loro facciate pietrigne, con rare e piccole aperture giù in basso, con varii ordini di finestre cen- tinate più in alto; con una loggia al sommo. Tali sono o furono, ad esem-

pio, i palazzi dei Davanzati, dei Cap- poni, dei Bardi, e gli altri innumere- voli, disfatti pei malaugurati lavori del centro. Ed hanno all'interno, per Io più, ad ogni piano, un'ampia sala che oc- cupa tutta la facciata e che serve alle riunioni; e poche altre stanze spaziose con muraglie dipinte, spesso a finta

pelle di vaio appesa ad alberi tra i quali svolazzano uccelli dai vivaci co-

lori : ricordo della tenda innalzata sul campo di battaglia. Oppure vi ridono fregi con giuochi, con geste d'amore,

con leggende gentili ; oppure vi sva- riano parati dipinti, con capoletti e

spalliere istoriate : opere di un'arte che

L'AGRICOLTURA, DI ANDREA DA PONTEDERA. ormaì sR trattarc qualuuquc argomento (campanile del DUOMO). ^^^^ ^^.^^ .^ ^^^ vìvacc piacevolezza. 48 ITALIA ARTISTICA

Che se Firenze, in confronto con altre città, ha solo tardi una fiorente scuola pittorica; se sullo scorcio del secolo XIII l'arte di Calimala, cui è affidato il tempio di S. Giovanni, deve forse affidare ad artefici romani e veneziani i musaici della cupola, almeno per i^li anelli più alti, attorno alla lanterna, offrenti motivi classici

PALAZZO DAVANZAIl. (Fot. Alinari).

ed arcangeli ed angeli di schietto carattere bizantino, più tardi l'Arte può servirsi di artisti locali che eseguiscono le zone sottostanti con le storie della Genesi, di Giuseppe, di Cristo e del Battista, interrotte dal grande Giudizio Universale.

il E questi artisti sono forse Andrea Tafi, Gaddo Gaddi, Cimabue ; quale ultimo, anche se ormai conviene togliergli definitivamente la Madonna Rucellai di Santa Maria Novella per restituirla a Duccio senese, nella Madonna che da Santa Trinità è passata alla Galleria degli Uffizi si rivela, per quanto ancora legato alla tradizione bizantineggiante, grandioso d'una grandiosità ieratica nella Vergine e nel putto, tragico, quasi, nelle figure dei profeti. FI1RENZE 49

Ma ecco d'un tratto Giotto, rompendola con quella tradizione, guardare alla vita che gli turbina intorno, e quella vita esprimere e rappresentare nelle sue tavole e nei suoi affreschi, sia che nella Madonna degli Uffizi egli dia per la prima volta

alla Madre Divina un corpo, che appare rigoglioso sotto la veste ed il manto, ed

PALAZZO DAVANZATI — CORTILE E SCALA. (Fot. Alinari). uno sguardo umano ; sia che nei Crocifissi numerosi — anche se nessuno forse eseguì,

certo ne diresse la esecuzione - pieghi dolorosamente il capo del martire in uno spasimo appena contenuto, più forse per uno squisito senso di misura che per un rispetto alla divinità. Così in Santa Croce, nella cappella dei Bardi, tra le storie di san Francesco,

atteggia naturalmente i fraticelli attorno al morto, disteso cereo e disfatto sulla

bara, entro le tristi mura del cortiletto conventuale; mentre lì accanto, nella cappella Peruzzi, ora intesse l'idillio gentile di Salome danzante graziosa e composta al 50 ITALIA ARTISTICA

suono che il magnifico violinista trae dal suo strumento ; ora, con maggiore e più larga robustezza, isceneggia il dramma della resurrezione di Drusiana con una folla che s'agita per sentimenti diversi, in atteggiamenti diversi ; ora infine, nella ascensione di san Giovanni dall'ormai vuota tomba, accosta audacemente la solen-

:1ì.

J

PALAZZO l'ERRONI, GIÀ SPINI, A SANTA TRINITÀ. (Fot. Alìnari).

nità del miracolo alla vivacità della vita, facendo muover veloce, pel tempio aperto

e scoperchiato, l'evangelista tratto da Cristo su in cielo, mentre giù in basso i fedeli seguaci si turbano, si meravigliano, si piegano curiosi, cadono per terra atterriti. Poi, nella cappella del Podestà, dà alle scene agiografiche una delicata dolcezza che commuove, e al Paradiso un interesse nuovo, una intimità sconosciuta, affol- landolo d'uomini del suo tempo. Dante vi sta giovanile e sereno con una rosa in mano, e col suo volume divino. Dopo Giotto, per un secolo, la pittura non dice una nuova parola; non fa che ripetere le sue, a poco a poco senza più comprenderle. Che Taddeo Gaddi, FIRENZE 51 se pure negli affreschi della cappella Baroncelli in Santa Croce, sa con qualche varietà e piacevolezza narrare le storie della Vergine, forse solo nella deliziosa scena della Natività di lei riesce ad avvicinarsi al maestro nel rendere un vivace scorcio di vita. Meglio di lui l'enigmatico Giottino, ieratico e solenne nella leggenda

DECORAZIONE GIÀ IN UNA CASA DLL DISTHUITO gUARIlEKL DI MERCATO VECCHIO — It. MUSEO DI S. A\ARCO.

di san Silvestro — nel tempio medesimo — sa superare il maestro in quella così meravigliosa Deposizione della Galleria degli Uffizi, da farci perfin dubitare che possa esser stata dipinta in pieno secolo decimoquarto. Ma la pura tradizione giottesca ben presto si altera al contatto di altre scuole

e maniere. Già Bernardo Daddi atteggia i volti dei suoi santi e delle sue Madonne

alla maniera dei senesi, tagliando obliqui e ammandorlati gli occhi, arcuando i Milano lunghi nasi, piegando quasi a corruccio le bocche ; mentre Giovanni da porta dal settentrione una insolita magnificenza decorativa negli adornamenti pit- torici, ed una sconosciuta eleganza nelle graziose femmine dai lunghi colli sottili, 52 ITALIA ARTISTICA dalle testoline dolcemente piegate sulle nude spalle, dai volti ovali ove ridono gli occhi maliziosi, dalle carni d'un bruno caldo, voluttuosamente. / Piij tardi la corrente senese si confonde quasi con quella giottesca; e Nardo di Cione, raffigurando sulle pareti della cappella Strozzi, in Santa Maria Novella,

DUCCIO: MADONNA RLCELLAI, IN S. MARIA NOVELLA.

la terribilità e la grandiosità dei Novissimi, e Andrea da Firenze nel Cappellone

degli Spagnuoli allegorizzando il trionfo di san Tommaso e quello della Chiesa e dell'ordine domenicano, felicemente e armoniosamente contemperano le due ten- denze, mentre altri innumerevoli e ignoti mestieranti ricoprono tavole e mura, ripe- tendo fino alla sazietà gli schemi giotteschi. Finalmente, sullo scorcio del secolo, tanto Agnolo Caddi, nelle tumultuose e farraginose storie della Croce nel coro della chiesa francescana, quanto Spinello FIRENZE 53

Aretino, nella pietosa leggenda di santa Caterina all'Antelia, o nella aneddotica vita di san Benedetto a San Miniato, compiendo la fusione delle due tendenze, si rivelano narratori piacevoli e divertenti, anche se nei loro affreschi gli episodii si moltiplicano a danno del dramma, anche se la cura dell'insieme fa trascurare il particolare. Poi, fino pei primi decenni del secolo XV, la pittura agonizza nelle botteghe troppo affollate di commis- sioni perchè ci si possa preoccupare di qualcosa piij che di contentare la numerosa e ricca clientela; e prima i due Cerini, Lorenzo e Niccolò, con

Mariotto di Nardo, poi i Dicci Bicci di Lorenzo freddo e compassato ma esecutore accuratissimo, e Neri di Bicci fastidioso, goffo e trascurato conti- nuano ciecamente per la vecchia strada, senza quasi accorgersi che intorno a loro già sfolgora di luce magnifica il Rinascimento.

Questo sfiorire dell' arte dipese forse anche dalle condizioni della città, che non ebbe posa dalla cacciata del Duca d'Atene fino al ritorno di Cosimo il Vecchio ; dal rapido fallimento, cioè, di una tirannia non sopportata perchè brutale e senza infingimenti, allo sta- bilirsi di una signoria che i Medici, accortamente, vollero di fatto e non di diritto. Alla quale signoria ci si avvia ormai necessariamente, e finalmente si arriva pur dopo un secolo di lotta tra magnati, popolo grasso e minuto, suc- cedentisi con alterna vicenda al potere, pur dopo il folle esperimento dei Ciompi, necessario anche questo per dimostrare che ormai più nessuna classe può governar la repubblica.

CIMABUE : MADONNA GALLERIA DEGLI UFFIZI. intanto il fallimento dei Bardi e (Fot. Alinari). dei Peruzzi che, per la mala fede del re d'Inghilterra debitore insolvibile di più che un milione e trecentomila fiorini d'oro, si trascinarono dietro, nella rovina,

quanti in Firenze avevano accumulato qualche risparmio ; la carestia del '47, e la peste del '48, che ridusse da centoventicinquemila appena a trentamila gli abitanti della città, aumentarono quello scontento e quella disperazione che furono i migliori e maggiori ausiliarii del tentativo dei Ciompi, da primo, e della oligarchia ma- gnatizia e della signoria medicea più tardi.

Veramente, appena cacciato Gualtieri di Brienne, sembra d'un tratto tornare il tempo glorioso del primo popolo poco dopo i nobili entrano negli uffici e sono ; aboliti gli Ordinamenti di Giustizia. Popolo grasso e magnati danno l'illusione di poter governare sicuramente.

Ma ecco il popolo minuto, movendo alla riscossa, entrare a far parte della 54 ITALIA ARTISTICA

signoria con tutte le arti minori e riconfermare i terribili Ordinamenti \ ecco umili artigiani imporsi superbamente agli antichi feudatarii ed ai ricchissimi mercanti. « Perchè erano negli uffici commenta acutamente lo Stefani parea loro essere ciascuno un re ».

La gara si inasprisce ; i partiti, come un tempo, si impersonano nelle famiglie; con gli Albizzi stanno gli aristocratici, coi Ricci i democratici. Quando una parte sormonta, opera la rovina dell'altra. Le ammonizioni cacciano i vinti per la via dell'esilio.

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MUSAICI DELLA CUPOLA DEL BATTISTERO. (Fot. Alinari).

Invano la Parte Guelfa, cittadella degli aristocratici, riesce attorno al 1358 a trionfare; i democratici corrono ai ripari; pel timore di una oligarchia, o di una '72 signoria esercitata da una delle due famiglie potenti, nel i Dicci di libertcì danno

il bando ad Albizzi e Ricci ; finche il popolo minuto, esasperato per le spese ingenti che gli Otto Santi han fatto nella guerra contro Gregorio XI, e inasprito contro la Parte Guelfa non ancora domata, scende in piazza, tumultua, ammazza, saccheggia. Allora magnati e popolo grasso, che di mal occhio han veduto salire al gonfalo- nierato Salvestro de' Medici, ricchissimo mercante che tiene pel popolo, debbono ben accettare a gonfaloniere uno scardassiere di lana, Michele di Landò (luglio 1378); debbono lasciare che si creino tre nuove arti degli elementi più infimi e più tor- bidi dell'artigianato; tintori, farsettai e ciompi; debbono assistere impotenti alla inva- sione del popolo minuto fin nella Parte Guelfa e nel supremo Tribunale di Mercanzia. FIRENZE 55

Poi a poco a poco la reazione trionfa. Lo stesso Michele di Landò dà mano a fiaccare l'orgoglio dei Ciompi la cui arte viene quasi subito abolita; il popolo grasso, abilmente, riacquista il predominio, pur tra le congiure e i tumulti dei magnati e dei Ciompi che fan comunella perchè ugualmente esclusi dal governo, pur tra le violenze più inaudite, tra le più paurose scene di terrore. Nel 1382 anche le altre due nuove arti, dei tintori e dei farsettai, sono abolite, e Mi- chele di Landò abbandona per sempre Firenze.

Ma il popolo grasso ha già fatto da un secolo il suo esperi-

mento di governo ; né può ripeterlo ancora felicemente. Tra mutazioni continue, tra un affollarsi di con- sigli, di deliberazioni, di provve- dimenti gli uni discordanti con gli altri, si va formando una oligarchia di ottimati. Ne sono a capo uomini mossi da una sconfinata ambizione come Maso degli Albizzi e Rinaldo suo figlio ; o da un vivo e sincero amore di patria come Gino Cap- poni, Agnolo Pandolfini, Niccolò da Uzzano.

Di contro sta il popolo capeg- giato dai Medici ricchissimi, poten- tissimi, ma che sanno non impe- gnarsi a fondo, schivano quando posson gli onori, dissimulano la loro stessa potenza. Mentre Vieri, fratello di Salvestro, rifiuta di as- sumere il comando supremo della democrazia offertogli dai popolani, e d'impadronirsi del governo, Gio- vanni attende soltanto ad ammas-

sare un ingente patrimonio ; e

chiamato a dire il suo parere sulle più gravi questioni di stato, è am- biguo, oscuro, non si sbilancia;

a malincuore accetta il gonfalo- nierato nel 142L Anche Cosimo, GIOTTO: MADONNA GALLERIA DEGLI UFEIZI. che alla morte del padre (142Q) ha (Fot. Alinari). quarant'anni, che è a capo di una azienda meravigliosa, che ha possessi e danari più che da privato, si tiene in disparte.

1 suoi partigiani lamentano che troppo egli ami la quiete di Careggi e di Cafaggiuolo. Ma anche in disparte egli è temuto; e morti Maso degli Albizzi, Gino Cap- poni, Agnolo Pandolfini e Niccolò da Uzzano, ecco Rinaldo degli Albizzi, che sembra per un momento rinnovare le gesta di Corso Donati, la mattina del 7 di set- tembre del 1433 far serrar Cosimo in Palazzo, e dopo ventidue giorni farlo esiliare per dieci anni a Padova. Ma nel settembre dell'anno di poi sale al potere una signoria favorevole ai

Medici; Rinaldo si arma e muove all'assalto di Palazzo Vecchio; i signori lo fanno chiamare da papa Eugenio IV a Santa Maria Novella; e mentre questi lo trattiene

in parole, il popolo è chiamato a parlamento. GIOTTO: LA MORTE DI S. FRANCESCO — CAPPELLA BARDI IN S. CROCE.

OlOTfO: LA DANZA 01 SALOME — CAPPELLA PERUZZI IN S. CROCE. (Fot. Alinati). GIOTTO: S. GIOVANNI EVANOELISTA HISLSCIFA DRL'SIANA — CAPPELLA PhRUZZI IN S. CROCE.

(Fot. Aliiiari).

GIOTTO: S. GIOVANNI EVANGELISTA ASCENDE AL CIELO — CAPPELLA PERUZZI IN S. CROCE. (Fot. Alinari). 58 ITALIA ARTISTICA

Rinaldo va in esilio a Napoli; Cosimo è richiamato da Venezia ove da Padova l'ha ottenuto il governo della Serenissima, e il primo d'ottobre rientra solennemente in città, tra una folla plaudente. Ne è andato via cittadino, vi torna signore.

Ma pur in questa vita affannosa, Firenze aumenta di importanza e di nome. Non

i solo i suoi mercanti continuano a padroneggiare i più lontani emporii; non solo suoi artisti per ogni luogo d' Italia ne diffondono la rinomanza, ma anche la sua influenza politica si allarga, fuor del consueto cerchio regionale. Guerre e alleanze non si fanno più coi vicini: ma col papa, coi veneziani, con Bernabò Visconti, con Alfonso d'Aragona, queste; quelle, per quasi un secolo

(1351-1440), contro i Visconti, contro Gregorio XI, contro Ladislao, sempre con varia fortuna.

Ora Giovanni Visconti invade perfino il contado fiorentino, ora Gian Galeazzo circonda col suo esercito la città quasi perduta, ora Niccolò Piccinino disfà i fio- rentini sul Serchio; ora invece le milizie assoldate dalla repubblica, e condotte da Giovanni Acuto, da Niccolò da Tolentino e da Francesco Sforza, vincono e per- mettono onorevoli paci. Ma più spesso, alle armi, si preferisce il denaro. Si colma d'oro la Gran Com- pagnia perchè non diserti il contado, e d'oro si sazia Carlo IV per aver pace con si Pistoia, Arezzo e Cortona, Livorno. Solo con Pisa lui ; con l'oro hanno Prato e

TADDEO GADOl : NATIVITÀ DI MARIA — CAPPELLA BARONCELLI IN S. CROCE. (Fot. Alitiaii). FIRENZE 59

TADDEO CADDI : SPOSALIZIO DELLA VERGINE — CAPPELLA BARONCELLI IN S. CROCE. (Fot. Alitiari).

non bastano i fiorini gigliati promessi ai genovesi. Occorre assediarla e prenderla per fame il Q d'ottobre dei 1406. Con la presa di Pisa, con la compra di Livorno (1421) Firenze agogna al do- minio del Mediterraneo, manda ambascerie al Soldano di Babilonia ed ai Principi di Corinto e di Cefalonia, e crea i Sei Consoli del mare.

LA SIGNORIA MEDICEA.

DA Cosimo il Vecchio al Magnifico Lorenzo è tutto un lavorìo abilissimo per scalzare a poco a poco le basi del reggimento repubblicano; il quale, se pure ormai sopravvive a sé stesso, ha tuttavia ancora tal fascino in un po- polo da secoli abituato al governo, da poter suscitare d'un tratto uno di quei tu- multi furiosi bastevoli a minare in un giorno la potenza acquistata con anni di attesa. Cosimo, da primo, si fa creare gonfaloniere poi con diverse balìe si assicura ; che siano chiamati agli uffici soltanto uomini devoti e fedeli, finché nel 1458, co- raggiosamente, quasi sostituisce al Consiglio del Popolo e a quello del Comune un

Consiglio dei Cento, tutto composto di creature sue, pur lasciando che i Priori delle

Arti — non senza ironia prendano il nome di Priori di Libertà, e che il popolo sia chiamato a parlamento per dar forza alle balìe a lui devote. -- — Lorenzo dopo il breve e mal governo di Piero il gottoso, suo padre riprende la tradizione dell'avo; e da primo (nel 1471) sostituisce un Consiglio Mag- giore, o dei Duegento, al parlamento popolare; poi (nel 1480), approfittando della 60 ITALIA ARTISTICA congiura dei Pazzi, accentra ogni potere legislativo, esecutivo e giudiziario in un Consiglio dei Settanta, tutti medicei; finché due anni più tardi fa dare, come dice il Guicciardini, autorità e balìa a diciassette cittadini che potessino disporre di tutte le cose della città tanto quanto poteva tutto il popolo di Firenze ». Sedici

il sono a lui fedelissimi ; egli stesso è decimosettimo.

E il popolo plaudisce e pare non si avvegga d'aver ormai perduto ogni libertà. Sì che le numerose congiure non fanno che rafforzare vieppiù la potenza medicea, offrendo l'occasione di nuove balìe, di nuovi provvedimenti per la sicurezza dello Stato. Tale sorte hanno la congiura di Piero de' Ricci, quella svelata da Luca Pitti che tradisce i compagni, e quella più famosa dei Pazzi, i quali, ucciso Giuliano e ferito Lorenzo, s'illudono di muovere il popolo. Ma il popolo si muove gridando :

palle! palle! ammazza! ammazza! » e impicca i congiurati ai ferri di Palazzo, e fa strazio dei loro cadaveri.

Poiché il popolo sta per Cosimo e pei suoi successori, che preferiscono la padronanza effettiva del Governo, in una città ove per secoli i cittadini sono andati in rovina appena divenuti grandi e potenti, piuttosto che le apparenze di una signoria che per ragioni molteplici male può esser sopportata alla lunga. Così Cosimo vuole in Via Larga un palazzo più modesto di quello ideatogli dal Brunellesco, proprio quando re e principi d' Europa lo trattano come uno dei loro; così Lorenzo, mentre dà quasi l'ultimo colpo alla libertà col Consiglio dei Settanta, si fa metter nel numero degli ambasciatori a Sisto IV, accogliendo umil- mente le istruzioni dei Dieci di Balìa, i quali però non san fare a meno di dargli

del Magnifico ; e Piero di Lorenzo stesso, che si dimostra indegno continuatore della famiglia, sa però con accorte più che modeste parole ricusare il titolo di barone offertogli, non senza insistenze, da Alfonso d'Aragona.

Piuttosto nei rapporti esteriori — oggi diremmo internazionali — i Medici non dubitano di atteggiarsi a signori della repubblica. Che non solo magnificamente ospitano nel loro palazzo, abbagliandoli con la ricchezza delle suppellettili e la sontuosità del trattamento, e Federigo III imperatore, e Gian Galeazzo Sforza, e Galeazzo Maria con Bona di Savoia, e Cristiano di Danimarca; ma fanno loro e ne ricevono doni regali ; ai mercanti che dirigono le succursali del banco mediceo a Roma, a Milano, a Venezia, danno spesso veste ed attribuzioni di residenti e di ambasciatori della repubblica. E quando nel '79, per salvare lo stato dalla rovina che gli minacciano il papa e il re di Napoli alleati, Lorenzo arditamente si va a metter nelle mani di Ferdinando d'Aragona, rischiando la vita per ottenere la pace, che ottiene, Lorenzo non è più il cittadino privato, anche se, tornando in Firenze accresciuto in potenza e favore, ostenta di esserlo. Né é più un cittadino privato quando con lunghe, ostinate insistenze strappa a Innocenzo Vili la promessa del cappello cardinalizio pel figlio Giovanni appena quattordicenne, ed attende con impazienza che tre anni più tardi (nel 14Q2) si faccia la solenne investitura dell'adolescente porporato. Egli stesso si accorge che ormai è la sua famiglia una famiglia principesca; e confessa all'ambasciatore presso il pontefice: ' questa è la maggior cosa che facessi mai casa nostra . Così che scrivendo a Giovanni l'ultima sua lettera, poteva credere di aver per

sempre legato il destino di Firenze a quello della sua famiglia, dicendo: « la casa ne va con la città -.

Ma quando l'S d'aprile del '92, nella quiete di Careggi, il Magnifico, poco più

che quarantenne, si fu spento, Piero suo figlio poco stette a minare il meraviglioso edificio innalzato da Cosimo e rafforzato e quasi direi abbellito da Lorenzo. Umiliata vilmente a Sarzana, dinanzi alla ostinata superbia di Carlo Vili, la grandezza della città e della casa, poco mancò che, tornato, non fosse chiuso in Palazzo. Si salvò fuggendo a Bologna, mentre Carlo entrava sprezzantemente dalla porta a San Frediano come conquistatore, per poi turbarsi ed impaurirsi dinanzi

62 ITALIA ARTISTICA

alla fiera minaccia di Pier Capponi ed alla non dissimulata ostilità del popolo. Il quale, per un momento, sembra aver ritrovato l'antico valore, sotto la sferza delle aspre e violente parole del Savonarola; sembra voler ripetere nella riforma dello stato, con un Consiglio «generale ed uno de^rli Ottanta, e coi Dieci di Libertà e di Pace - la gloria del primo popolo, mentre s' illude di aver conquistato una per- petua libertà con la nomina di Pier Soderini a gonfaloniere a vita, e con la crea- zione di quella milizia cittadina cui Niccolò Machiavelli ha dedicato ogni sforzo della sua mente e della volontà sua.

S. LORENZO — INTERNO, DEL BRUNELLESCO. (Fot. Minali).

Ma i Medici stanno all'erta; e se Bernardo del Nero con altri arrabbiati muore per mano del carnefice; se inutilmente Piero tenta di rientrare in Firenze; il 23 di maggio del '98 fra' Girolamo Savonarola è impiccato e bruciato nella Piazza dei Signori; nella notte del 30 d'agosto del 1512, all'annunzio del saccodi Prato, Pier Soderini abbandona ignominiosamente la città, ove rientrano, ma come privati, il cardinal Giovanni e Giuliano di Lorenzo il Magnifico, e Giulio bastardo del bellissimo Giuliano de' Medici.

Vi rientrano da privati ; ma non più per forza della loro personale potenza, pel loro prestigio, come aveva fatto Cosimo il Vecchio nel 1434; sibbene perchè

Giulio II li protegge.

E per poco, privati : quasi appena rientrato, il cardinal Giovanni fa una nuova balìa e ristabilisce il vecchio governo del Magnifico. Poi, quando Giovanni è divenuto Leon X, gli succedono nel governo della città Lorenzo di Piero, creato piij tardi duca di Urbino, e Giulio, fatto cardinale e poi pontefice col nome di Clemente VII, a malgrado del suo sangue impuro. CHIOSTRO DI SANTA CROCE — CAPPELLA PAZZI, DEL ERUNELLESCO.

PIAZZA DELLA SS. ANNUNZIATA — LOGGIATO DELL'OSPEDALE DEGLI INNOCENTI, DEL BRL'NELLESCO. (Fot. Alinari). 64 ITALIA ARTISTICA

Ma ecco il sacco di Roma sol-

levare di nuovo il popolo fiorentino

contro <^li imposti signori ; ecco il car- dinale da Cortona, che rappresenta

Clemente VII e protegge i piccoli me- dici — Caterina legittima, e Alessandro supposto di Lorenzo duca d'Urbino, e Ippolito bastardo di Giuliano duca

di Nemours , fuggir con loro a Pisa ed a Lucca. E allora, tra una quasi general confusione, della quale approfittano gli ottimati per impadronirsi del go-

verno, il popolo fiorentino compie un atto di sfida superba, eleggendo a suo re Gesù Cristo, come dice ancora l'iscri- zione della magnifica targa marmorea sulla porta di Palazzo Vecchio. E' un atto di disperazione e di follìa, come di disperazione e di follìa è la difesa contro le truppe imperiali. Ormai Carlo V nell'accordo di Bar- cellona e nella pace di Cambrai ha S. SPIRITO — VKSTIBOIO UKLI.A SAdRlSllA (Ci. DA SAN GALLO E CRONACA). (Fot. Alinari). fissato il destino di Firenze. Inutilmente

-l'IRITO — INTERNO (SLI l'IANl DLL BHU SELLLSCO). (Fot. Alinari). FIRENZE 65

il genio di Michelangiolo im-

maginerà ripari e baluardi ; inutilmente tenterà il Ferruccio di forzare il passo di Oavi-

il nana ; forse anche senza tradimento di Malatesta Ba- glioni, la città avrebbe dovuto aprire le porte al nemico, che v'entra il 12 d'agosto del 1530. Nell'attesa che l'impera- tore stesso dia la nuova forma di governo — inteso però sempre che sia conservata la libertà si aggiunge per un'ul- tima illusione — si crea una balia di dodici cittadini, tutti nrrabbiati, per riordinare lo

stato. I Medici sono restituiti

in patria; i più strenui difen- sori della libertà decapitati, confinati, banditi.

11 primo di giugno del 1531 quattro ambasciatori van-

no incontro ad Alessandro de' MARIA NOVELLA — CACCIATA (COMPIUTA DA L. B. ALBERTI).

PALAZZO PITTI (bRUNELLESCO E CONTINUATORI). (Fot. Alinari). 66 ITALIA ARTISTICA

Medici destinato da Carlo V al governo di Firenze; e il bastardo v'entra il 5 di lii.ijlio. II giorno dipoi, senza balie, senza parlamenti, una bolla imperiale Io dichiara capo della repubblica. Anche 1' ultima illusione è svanita.

i'ALAZZO QUARATESI (BRI'NELLESCO). (Fot. Alinari).

Alla signoria medicea, signoria anche se dissimulata abilmente, corrisponde il più meraviglioso periodo dell'arte fiorentina: dal Brunellesco, da Donatello, da Ma- saccio, a Michelangiolo e a Leonardo da Vinci. AI sorgere ed al rafforzarsi di questa signoria si muta lo stesso carattere di

quest'arte: i lavori pubblici, voluti da tutta la città a segno della sua grandezza, s'interrompono o languiscono. L'Opera del Duomo, per quanto ordini una folla PALAZZO MEDICI-RICCARDI (mICHELOZZO). 68 ITALIA ARTISTICA

di statue per decorare il campanile e la facciata del tempio, e chiuda la vasta tri- buna con l'audace cupola brunelleschiana, va a gran rilento; le arti s'indugiano

ancora per un secolo a decorare il torrione d' Órsammichele ; Calimara, che in meno di cento anni ha rivestito di marmi e di musaici il Battistero, ne mette più

'AI.AZZO Rl'CKLLAl (ATTRIBUITO A I,. fi. ALIlF.RTl). (Fot. Alitiari).

che cento a compiere il famoso dossale d'argento; mentre invece i Medici riedifi- cano la basilica laurenziana come un tempio familiare, e i Pazzi si fanno innalzare nel chiostro di Santa Croce una cappella vasta come una chiesa, e i Rucellai danno compimento alla facciata di Santa Maria Novella. Intanto lo spirito classico penetra a poco a poco le forme paesane. Da primo le muta sol quasi alla superficie; poi, nel cinquecento, tutte le trasforma fin nel più intimo loro. Il Brunellesco, a malgrado studi e misuri a Roma gli avanzi im- periali, trae i suoi canoni dall'arte romanica, quali li offriva la mole mirabile di

San Giovanni; Donatello, per quanto faccia tripudiare i suoi putti gioiosi, rimane PALAZZO GUADAGNI (CRONACA).

<«Mkà3hi«H mtmm^mtr'H'rf'i'*'S'i^fiS^»!;if!^'^_ ''i"'TT**'e#W^

l'\I \//0 STROZZI (BENEDETTO DA MAIANO E CRONACA). 70 ITALIA ARTISTICA un romantico; mentre Masaccio, anche se ha non so quale grandiosità e solennità classica, si ricollega direttamente a Giotto nell'esprimer la vita, è di Giotto F imme- diato e il solo continuatore. Una legge unica tutto regge e governa: una legge di misura e d'armonia, che tratterrà forse e sempre gli arte- fici fiorentini da audacie superbe, da sublimi follìe; ma che darà all'arte fiorentina un carattere co- stante e continuo pur in pieno barocco. Filippo Brunelleschi è vera-

mente il trasformatore della città sua; quegli che ha una nuova visione e l'offre ai suoi concit- tadini, liberandoli quasi d'un tratto da ogni ricordo e rimanenza go- ticizzante, e richiamandoli piut- tosto alla piij pura, più sincera

tradizione romanica. Per tutto il secolo decimoquinto almeno, l'ar- chitettura fiorentina ha da lui o deriva da lui le sue forme. Quando nel 1428 la sagrestia di San Lorenzo fu compiuta nelle sue parti costruttive, dovette sem- brare un miracolo di armonia, nella severità quasi disadorna. E intanto si lavorava a tutta la ba- silica, terminata da Antonio Ma- netti sui disegni del maestro, fuor che per la cupola che poggia direttamente sugli archi, senza tamburo; intanto nella Piazza del- l'Annunziata s'apriva agile la Log- gia degli Innocenti, condotta a fine da Francesco della Luna; e nel chiostro di Santa Croce la cappella Pazzi pur ripetendo , PALAZZO BARTOLIN'I-SAI.IMBENI (BACCIO D'aGNOLO). all' interno le armonie della sa- (Fot. Alinari). grestia laurenziana, offriva all'e- sterno la nuova meraviglia del

il portico ; mentre lì presso se-

condo chiostro svolgeva ritmicamente il motivo degli archi sostenenti la loggia architravata. Intanto anche si innalzava nel cielo la cupola di Santa Maria del Fiore, già predisposta, con la forma della tribuna, dai costruttori trecenteschi,

ispirata per alcune particolarità costruttive a quella del Battistero, ma alla quale il Brunellesco dette l'arguta agilità delle forme. Quando la cupola, già chiusa nel 1436, avrà avuto nel '61 la marmorea lanterna, la città stessa otterrà finalmente il suo aspetto definitivo; che niente risponde meglio al carattere ed allo spirito fio- rentino, della mole brunelleschiana.

Forse, se il maestro avesse condotto a termine il tempio ottagono di Santa Maria degli Angioli, di cui rimangon gli avanzi nel Castellacelo, egli avrebbe com- piuto un'opera non corrispondente a questo spirito e a questo carattere. Forse fu

bene per il libero e originale svolgimento delle forme architettoniche paesane, che FIRENZE 71 il Brunellesco rimanesse cristiano nelle sue fabbriche religiose, e più specialmente in San Lorenzo, ripetente le linee di una basilica pur nef soffitto 7caSn,

CHIESA DI S. CROCE MONUMENTO - A LEONARDO BRI NI, DI B. ROSSFLLINO. (Fot. Alinari) CHIESA DI SANTA CROCE — MONUMENTO A CARLO MARSUPPINI, DI DESIDERIO DA SETTIONANO. FIESOLE. gy^DIA — MONUMENTO AL CONTE UGO, DI MINO DA 74 ITALIA ARTISTICA

Che non solo Santo Spirito, ricominciato nel 71 dopo un incendio, è con- dotto sui piani del maestro, se pur con qualciie libertà e qualche arbitrio; non solo la Loggia di San Paolo a Santa Maria Novella, e la Loggia dei Tessitori in via San Gallo, ripetono ancora la snellezza di quella degli Innocenti; ma tutto ciò che

S. LORENZO — MONLMENTO A GIOVANNI E PIEHO De' MEDICI, DEL VERROCCHIO.

si costruirà fino a Miclielangiolo, dalla sagrestia di Santa Felicita a quella di Santo Spirito col mirabile vestibolo, avrà sempre una ben marcata impronta brunelleschiana. Brunelleschiano è Donatello nelle architetture delle sue edicole e delle sue tombe ; brunelleschiano Michelozzo nel Noviziato di Santa Croce e nel Convento

di San Marco, anche se pili tenue e raggentilito ; brunelleschiano pur Giuliano da San Gallo in Santa Maria Maddalena dei Pazzi. FIRENZE 75

Dal maestro sembra sol quasi distaccarsi Leon Battista Alberti, teorico dell' ar- chitettura, che abilmente armonizza, sulle masse romaniche e gotiche della facciata originali volute marmoree; e che di Santa Maria Novella, il portale magnifico e le

MICHELOZZO). \TTlSTERO — A\ONUMENTO ALL'aNTIPAPA BALDASSARE COSSA (DONATELLO E

a audacemente immagina sul rotondo coro dell'Annunziata una cupola gigantesca tutto sesto e senza lanterna. Ma ecco Michelangiolo stesso nella Sagrestia Nuova di San Lorenzo non sapere, e man- o meglio non volere distaccarsi di troppo dalle linee della Sagrestia Vecchia, 76 ITALIA ARTISTICA tenerne le proporzioni, e conservarne la severa armonia anclie nel quieto contrasto dello scialbo dell' intonaco col bruno della pietra serena. E nella Biblioteca Lauren- ziana, il cui vestibolo con la fantastica scala fu terminato poi nella sua assenza, ma coi suoi suggerimenti, da Giorgio Vasari, conservare pure quella severa armonia e quel quieto contrasto.

S. MARIA NOVELLA — CROCIFISSO IN LEGNO, DF.L DRUNLLLESCO. (Fot. Alinari).

A voler eccedere nelle conclusioni, potremmo dire anche che il Brunellesco dette pure i due tipi di palazzo che ebbero in Firenze così meraviglioso svolgi- mento : del palazzo ancora munito, con le grosse bozze di pietra forte scalpellate quasi brutalmente, nel palazzo Pitti da lui principiato, terminato poi dal Fancelli, ma soltanto nella parte centrale; e del palazzo che potremmo dire fiorito, nel pa- lazzo Quaratesi, con bozze poco rilevate solo al piano terreno, con muraglia in- tonacata per gli altri, sì che piiì vi trionfa la ricca decorazione delle finestre. Se quindi Michelozzo, nel palazzo de' Medici in Via Larga, usa per la prima volta il digradar del bozzato di piano in piano; se l'Alberti, \n quello che pei Ru-

! o 5

I s

I i z 2 o o 78 ITALIA ARTISTICA

celiai crii fabbricò forse Bernardo Rossellino, insegna come si possa adoperar gen-

tilmente la sovrapposizione degli ordini classici ; se Benedetto da Maiano si accosta

più a Miclielozzo, innalzando agli Strozzi quella superba dimora cui il Cronaca darà il coronamento del cornicione mirabile ; se invece Giuliano da San Gallo nei

palazzo Gondi e Giuliano da Maiano in quello Antinori, il Cronaca in quello Gua- dagni preferiscono la leggerezza albertiana, mentre al tempo stesso ritornano anche alla severa semplicità della dimora dugentesca e --*- trecentesca; nessuno sa distaccarsi risoluta- mente dalla tradizione brunelleschiana. Architettura nuova in un palazzo fioren- tino non si avrà — potremmo dire finché

'i.^fcs^* Raffaello non darà il disegno di quello dei Pandolfini in Via S. Gallo, ispirandosi a Bra-

mante ; finché Mariotto di Zanobi Polsi non ideerà quello Uguccioni, finché Baccio d'A- gnolo non lascerà libera la sua fantasia nel-

l' immaginare le grazie del palazzo Bartolini a Santa Trinità, o la conterrà nel disegnare le semplici linee di quello Serristori a Santa Croce, mentre anch' egli in altri palazzi, come ad esempio in quello Ginori, ritorna volen- tieri alla antica semplicità.

Un più libero svolgimento dalla tradizione

brunelleschiana ha invece il monumento fu- nebre di carattere architettonico.

Trovò il nuovo motivo, dell'arco che protegge l'urna sepolcrale, Piero di Niccolò

Lamberti, quando tra il 1421 e il 1423 foggiò la tomba di Onofrio Strozzi nella sagrestia di Santa Trinità; Bernardo Rossellino ripetè, poco

mutandolo, il motivo nella tomba di Orlando de' Medici all'Annunziata; poi lo ampliò, svolgendolo in tutta la sua ricchezza, in quella di Leonardo Bruni in Santa Croce, che De- siderio da Settignano imitò quasi servilmente nel sepolcro di Carlo Marsuppini nel mede- simo tempio; mentre Mino, foggiando al conte

Ugo, in Badia, il superbo mausoleo, riusciva in una certa originalità, quanta almeno gli per-

metteva la limitata fantasia; mentre il Ver- MUSEO NAZIONALr — DAVID, bl DONATHLLO. rocchio, riprendendo il motivo cui il Rossel- (Fot. Alinari). lino sembrava aver dato la maggior perfezione possibile, ne derivava originalissimamente quel superbo monumento che ancor più superbamente il Magnifico volle dedicato al padre Piero ed a Giovanni suo zio, nella Vecchia Sagrestia di San Lorenzo. Donatello, invece, nel foggiare la tomba di Giovanni XXIII, si preoccupa so- lamente di collegare l'opera sua alle linee ed alle decorazioni romaniche del Bat- tistero, e vi riesce mirabilmente per mezzo del grande baldacchino marmoreo che quasi investe il prospetto sorreggente l'urna; Miclielozzo, ideando quella per Co- simo il Vecchio, la immedesima col robusto ma disadorno pilastro che sembra FIRENZE ^g

ANNlJNZIAZlONi:, DI DONATELLO.

a. Sfoggio di ^^] ^'''^^^' '" Santa motivi pagani e Benedetto d^p' Trinità, 80 ITALIA ARTISTICA che in quella di Oddo Altoviti in Santi Apostoli. Nella ricerca del nuovo egli non sa evitare di cader nel grottesco.

Come per l'architettura il Brunellesco, così Donatello per la scultura.

Per quanto proprio al morir del trecento Giovanni d'Ambrogio e il figlio Lo- renzo, Piero di Giovanni tedesco e Jacopo di Piero Guidi, timidamente nella porta

S. CROCE — CROCIFISSO IN LEGNO, DI DONATELLO.

dei Canonici in Duomo, più audacemente nella porta della Mandorla, popolino di genietti alati e di centauri saettanti, di dei e di eroi ignudi, i fioriti racemi degli stipiti e degli sguanci marmorei; per quanto nel celebre concorso del 1402 per la seconda porta del Battistero, Filippo Brunellesco riveli nel suo Sacrificio d' Isacco un'arte nuova che sulla drammatica rudezza gotica sa innestare una grandiosa se- verità classica, e Lorenzo Ghiberti, col patrigno Bartoluccio, dimostri invece nel suo bassorilievo come la molle gentilezza gotica possa armoniosamente sposarsi alla classica compostezza, Donatello è quegli che nel primo ventennio del se- colo XV toglie definitivamente al gotico dominio la scultura fiorentina, e pur ani- mandola d'un fresco soffio di classicismo, le dà una impronta tutta sua, originale, le dà una folla di creature, che formano una generazione d'eroi cui succederà la generazione degli eroi michelangioleschi.

82 ITALIA ARTISTICA

Poiché i contemporanei ed i continuatori degli scultori della porta della Man- dorla, come Niccolò Lamberti, Bernardo Ciuffagni, il Rosso Fiorentino, o si chiu- dono in loro, contenti della piccola conquista fatta, o van dietro le orme di Do- natello, col quale sono chiamati a scolpire le statue per la facciata e pel campanile del Duomo, e per le nicchie di Orsammichele; per una delle quali Nanni di Banco tenta un freddo e compassato classicismo nei Quattro Santi paludati romanamente, mentre invece sa animare d'una movenza energica e d'uno

sguardo giovanilmente risoluto il magnifico

San Luca del Duomo. Poiché, dopo il con-

corso, il Brunellesco abbandona quasi del tutto la scultura, modellando ancora soltanto

il Crocifisso di Santa Maria Novella e la Maddalena di Santo Spirito, oggi perduta; e Lorenzo Ghiberti, dopo venti anni di rac- coglimento nel lavorìo della porta, compiuta nel 1424, si rivela in essa meno classico e

pii^i gotico che nel modello del concorso, riattaccandosi direttamente alla tradizione di Andrea da Pontedera e continuandola con nuova fortuna. Donatello invece, se nei due piccoli Profeti della porta della Mandorla, che

sono il suo primo lavoro rimastoci, e se in quelli giganteschi del Campanile, sol quasi a fatica riesce a liberarsi d'ogni re- miniscenza gotica e specialmente dall'at- teggiarsi delle figure e dal piegare dei panni — pur raggiungendo una tragicità ed una monumentalità non mai toccate fin'ora

d'un tratto gioiosamente crea il San Giorgio

lieto della sua forza, il San Lodovico beato

della sua pace; crea il San Giovannino che da casa Martelli è passato nel Museo

Nazionale : deliziosa figura di adolescente

che apre al sole i^li occhi meravigliati e schiude la bocca sottile ad un fremito d'a- more; crea la timida Vergine che ritrae con

mossa improvvisa il corpo fiorente, quasi temendo un contatto, nella Annunziazione di Santa Croce. Poi a poco a poco lo vincono visioni serene, quali l'antichità classica gli aveva

ORSAMMICHELE — S. STEFANO, DI I.OKENZO OHKIERTI. offerte nel pellegrinaggio di Roma o gli offriva nelle collezioni medicee. Ed ecco

formarsi nel bronzo il magnifico corpo nudo

di David, il bel volto radioso velato dall'ombra del largo e fantastico cappello;

ecco Attis, semivestito, tripudiare, e chiamare i compagni dai grandi occhi dilatati

e cerchiati d'un solco, i compagni che mossi da impeto dionisiaco intrecciano danze e corrono e s'urtano e gridano e sorridono con le bocche freschissime nella Cantoria di Santa Maria del Fiore. Ma la penombra della sagrestia di San Lorenzo sembra ritrarlo dalle visioni se- FIRENZE 83 rene e gioiose e ricondurlo alle meditazioni profonde e inquietanti. Non che egli ritorni all'agitazione e al tormento dei Profeti del Campanile; ma certo nei meda- glioni con le figure degli Evangelisti e con le storie di Giovanni, robustamente e quasi brutalmente modellati nello stucco, e nelle porticciuole di bronzo ove coppie di santi discutono con mal contenuta vivacità i piìi alti misteri della religione — anch'essi trattati nervosamente con una immediatezza impressionistica — Donatello anticipa il commosso spiritualismo cristiano dell'altare di Padova; al quale spiri- tualismo, tornato a Firenze, negli ultimi anni aggiunge una passione ardente, una impetuosità esasperata, che sembrano veramente un ricordo del tormento doloroso

BATTISTERO — STORIE DI ADAMO E DI EVA — PARTICOLARE DELLA PORTA PRINCIPALE, DI LORENZO GHIBERTI.

dei primi anni. Allora, aiutato dai discepoli, isceneggia drammaticamente la Pas- sione nei pulpiti di San Lorenzo, e la Crocifissione nel tumultuoso bassorilievo del Bargello; allora modella la disfatta e consunta Maddalena del Battistero, lui che ha modellato i nudi del David e dei putti, mentre sembra tutto preoccupato di na- scondere nell'ampio ed esuberante paludamento il bellissimo corpo di Giuditta. Gli imitatori di Donatello non lo seguon però pel lungo cammino. Michelozzo e Pagno di Lapo Portigiani si fermano alla maniera serena e gioiosa, per quanto Michelozzo, nel Battista del chiostro dell'Annunziata e in quello del dossale di San Giovanni, riveli una brutalità che ha del medievale. Bertoldo invece riprende il fare tormentato delle opere di bronzo, per quanto nelle figurette modellate gusto- samente e pili ancora nel bassorilievo col Combattimento di cavalieri al Bargello, ripeta non senza freddezza classici modelli. BATTISTERO — SrOKII DI QILSEPPK PARTICOLARE DELLA PORTA PRINCIPALE, DI LORENZO GHIBERTI. (Fot. Miliari).

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BATTISTERO — STORIE DI GIACOBBE E DI ESAÙ — PARTICOLARE DELLA PORTA PRINCIPALE, DI LORENZO GHIBERTI. (Fot. Alinari).

86 ITALIA ARTISTICA

le statue per Intanto Lorenzo Ghiberti, dopo la prima sua porta ; dopo Orsam- micliele, ove talvolta s'accosta come nel San Lorenzo — a Donatello, talaltra come nel Giovambattista di bronzo — sembra subire potenti influssi dalla scultura del settentrione; dopo la cassa dei santi Protasio Giacinto e Nemesio lavorata con sottile squisitezza di orafo, sbalordisce di un tratto i suoi contemporanei con la se-

MUSEO DI S. MARIA DEL MOKI- — l'A KTICOI.A KL DLLLA CAM ORIA DI IICA DILLA ROBBIA.

conda sua porta, quella detta del Paradiso (1425-1452). Nella quale il bassorilievo pittorico ha ra^^giunto una larghezza ed ampiezza prospettica, un'aria e una luce, che saranno solo superate nelle storie di san Zanobi, di cui s'adorna la cassa del

santo, sotto il suo altare in Santa Maria del Fiore. Donatello stesso deve al Ghiberti la profondità pittorica dei suoi bassorilievi. Intanto anche Luca della Robbia, dopo avere intagliato nella purezza del marmo r inno giovenile della Cantoria, contrapponendo alla tumultuosa e rumorosa esal- tazione dionisiaca dei putti donatelliani, la composta e armoniosa beatitudine dei suoi chierici, dei suoi bambini ridenti, delle sue fanciulline graziose; dopo aver toc- FIRENZE 87

cato nei bassorilievi dell'incompiuto altare di San Pietro una sobria severità masac- cesca; dopo esser risalito fino ad Andrea Pisano nel completare la serie delle gem- me marmoree che chiudono in un primo

cerchio il campanile di Giotto; dopo essersi infine accostato a Donatello e al Ghiberti nella porta di bronzo commessa a lui ed a Michelozzo per la sagrestia del Duomo, tutto s'abbandona alle sue magnifiche terrecotte invetriate. Con le quali potè superare vittorio- samente la vivace policromia degli stucchi e delle terrecotte dipinte soltanto a tem- pera, per quanto da primo, come nella Resurrezione del Duomo, si limiti a far distaccare su di un fondo azzurro le figure

^ fe'' Ofeg^t^') P^i" poi segnare anche d'un

grigio bruno il terreno e d'un verde ORSAMMICHF.LF. — SI EMMA DI LL ANTE DEI MEDICI E SPE- vivido gli alberetti frondosi ntW Aseeii- ZIALI, DI LUCA DELLA ROBBIA. (Fot. Alinati). sio/ie che le sta di contro. E per lungo tempo egli si mantiene in questa sem- plicità coloristica, sfoggiando piuttosto di tinte nelle ghirlande ch'egli pone attorno alle Madonne o alle armi gentilizie: ghirlande prima sottili, a mazzetti di fiori, più tardi pingui di fiori e di frutta.

SANTA MARIA DEL FIORE — ASCENSIONE DEL REDENTORE, DI LUCA DI LLA ROBBIA. (Fot. Alinari). 88 ITALIA ARTISTICA

Finché poi, nella Madonna di Orsammichele, osa una più vivace e variata poli- cromia, trattandosi di un'opera che deve star alta, nella luce piena; e l'osa ancora negli Evangelisti che ornano la cupola della cappella Pazzi, appunto per la loro elevata collocazione; mentre per uno squisito senso di armonia e di misura, tale policromia porta all'ultimo grado solo in lastre piane maiolicate, come l'arme degli

Architetti in Orsammichele e la lunetta con l' Eterno tra gli angeli all'Opera del Duomo. Ma Luca non è solo un tecnico. Anche se nelle architetture deriva il suo clas- sicismo dal Brunellesco e da Michelozzo; anche se a Donatello s'accosta per alcuni suoi tipi, e al Ohiberti nella maniera di trattare il bassorilievo, egli crea un tipo di

MUSEO NAZIONALE — LUNETTA DI LUCA DELLA ROBBIA. (Fot. Aliiiaii).

Madonna che è tutto suo: il tipo della madre contenta del bel bambino robusto, e che vive di lui e per lui, serenamente. Tale è la deliziosa Madonna degli Inno- centi, tali le Madonne che erano in Via dell'Agnolo e a San Pierino, tali quella del pomo, e quella delle rose, tutte al Bargello. Andrea, suo nipote, non seppe continuare questa tradizione di serenità; e se tecnicamente rimase fedelissimo al grande zio, ritornando anzi all'uso del solo bianco sui fondi azzurri, dette però alle sue Madonne quell' inquietudine, quella pena che hanno tutte le Madonne fio- rentine sullo scorcio del secolo XV. Giovanni di Andrea, invece — ne parleremo qui per terminare sui Robbia — " abusò di policromia nelle sue macchinose pale da altare e nei suoi tabernacoli, invetriando con minor cura, spesso anche colo- rando soltanto con tinte ad olio. Finché la bottega languì, continuò a ripetere forme

ormai stanche e disusate, e a mezzo il cinquecento si spense. Dal Brunellesco, da Donatello, dal Ohiberti, da Luca derivano, pur original- mente, gli scultori fioriti oltre la metà del quattrocento. Facili ed arguti riassuntori e sintetizzatori delle maniere e delle forme di quei grandi — per quanto Dona- Q = << 90 ITALIA ARTISTICA tello sia tra tutti maggiormente sentito e seguito — anche se non creano nessun nuovo tipo, ai tipi creati danno una vivace impronta personale. Sono dei conti- nuatori più che degh' imitatori. Che Bernardo RosseUino, se nei putti della tomba di Leonardo Bruni è dona- telliano, nella figura del morto e in quella della Beata Villana, nel monumentino di Santa Maria Novella, ha una seve- rità quasi aspra e rude, che è tutta sua. Antonio Rossellino; fratello di Bernar- do, cui ormai si attribuiscono molti dei busti di putti che andavano col

nome di Donatello come il Giovan- nino dei Vanchetoni ha nella Ma- (loiiìia del latte, sulla tomba di France- sco Neri in Santa Croce, una robu- stezza magari un po' grave e tozza che si ripete in qualche altra sua scultura. Ma Desiderio da Settignano, sco- lare di Donatello, aiuto suo nel model- lare gli estasiati cherubini nel fregio del portico Pazzi, dà alle forme del maestro una sottigliezza, una acutezza tutta per- sonale: basta guardare al San Giovan- nino di bassorilievo del Bargello, al Gesii bambino dei Vanchetoni — un tempo dati tutti a Donatello — o all'al- tro Putto che benedice dal sommo del tabernacolo del Sacramento in San Lorenzo, per persuadersene. E Mino da Fiesole è ancor più gramo di lui: le donne, gli angioli,

i putti che popolano i suoi bassori-

lievi, i suoi tabernacoli —• come quello lavoratissimo di Sant'Ambrogio e le sue tombe nella chiesa di Badia, nelle forme assottigliate che han quasi del patito e dello stento, nei volti atteggiati ad un sorriso che sembra stereotipato e che diventa quasi una

smorfia, offrono l' ultima trasforma- zione del tipo donatelliano, e corri- spondono a quella nervosità a quella TABERNACOLO DETTO DELLE FONTICINE IN VIA NAZIONALF inquietudine che animano general- (GIOVANNI DELLA ROBBIA). (Fot. Alinari). mente le creature dei bronzisti quali Andrea Verrocchio e Antonio Pol- laiuolo. Questi, orafo paziente e sapiente tanto nel cesellare la croce e la storia della Natività pel dossale di San Giovanni, quanto nel carezzare le forme macre ed aduste del suo Ercole e Caco e del suo Marsia: bronzetti squisiti che alla movenza classica uniscono un realismo quasi brutale di modelhUura. Quegli, Andrea, ancora gioioso e sereno nel putto donatellesco della fontana di Palazzo Vecchio, e nelle belle e tran- quille Madonne del Bargello; più freddamente che compostamente melodrammatico nel San Tommaso di Orsammichele ; tragico e tormentato nei bassorilievi della Tor- nabuoni; acuto e sottile in quel malescio e rachitico David, cui solo dà vita un misterioso sorriso leonardesco. O o ITALIA ARTISTICA 92 .-i acutezza ecce..va .-s.a so^gH.^ A ,ues.a ;, ^-^rs^l^^^roce^- invece l'udienza in Pala^zzo Vecchio, mentre renfoiu'uzfa''rdd^,?u«!'^suna Porrsi,

" Il « I

D.L VERROCC.llO. ORSAMMICHILC - l'INCREDUUTÀ DI S. TOMMASO,

dato il Ghiberti. S. CROCE — PULPITO DI BENEDETTO DA MAIANO. 94 ITALIA ARTISTICA

Ma la creazione più mirabile di tutti questi artefici è quella del ritratto in busto, reale o irreale che sia. inizia la serie Donatello col 5^/// Lorenzo della Sao^restia Vecchia, il quale più che la immagine sacra del santo diacono è l'effigie vivacissima di un simpatico chierichetto, "dagli occhi vispi, dalla bocca pronta, dal ciuffo birichino, e che il la col risoluto e maestro ha avuto certo a modello ; e continua poi arguto Niccolò acuti e penetranti dalla tarda policromia da Uzzano, dagli occhi resi ancor più ; e col pensoso giovane dal cammeo, del Bargello. Poi, da un lato, Antonio Rossellino col suo Matteo Palmieri e Benedetto da Maiano col suo Pietro Mellini si com- piacciono di un realismo assai accentuato e spinto, e appena, potremmo dire, trat- tenuto dall' innato equilibrio fiorentino ; dall'altro. Mino, se cerca la verità nei busti di Giovanni e di Piero dei Medici, atteggia quello di Diotisalvi Neroni come un antico, alla maniera del Niccolò da Uzzano, allontana nel sogno quello di Rinaldo della Luna, a similitudine del giovine dal cammeo, hitanto egli stesso, Mino, nel bassorilievo della magnifica donna superba cui si vanta di aver dato lume. Desiderio col busto di quella che pure al Bargello ha la malinconica grazia

delle creature del Laurana, il Verrocchio con la Donna del mazzolino, creano

quasi più che il ritratto, il tipo della donna fiorentina del quattrocento, tanto non sappiamo ormai più immaginarla

diversa da quella che essi e i loro colle- ghi pittori foggiarono. Ma ecco, tra lo scorcio del secolo

decimoquinto e il primo decennio del decimosesto, rompersi la sempre viva e rinnovata tradizione donatelliana. Ecco,

dopo Bertoldo, Michelangiolo imitare il MUSEO NAZIONALE BUSTO, DEL VERROCCHIO. bassorilievo classico, folto di figure ton- (Fot. Alinari). deggianti sul primo piano, nel marmo

dei Centauri e dei Lapiti ; e nel Bacco del Bargello riprodurre perfettamente, ma senza vita, le misurate e armoniose forme deir antichità. Ecco Giuliano da San Gallo e Benedetto da Rovezzano continuare nell'imitazione del bassorilievo classico, e di classici motivi fiorettare, magari ec- cessivamente, i pilastri ed i fregi delle loro architetture, anche quando oramai Michelangiolo ha sostituito il suo mondo, non solo a quello remoto, pagano, che l'ha per un istante affascinato, ma anche al mondo donatelliano che aveva affa- scinato per quasi un secolo i suoi concittadini e ancora li affascinava. Nel 1501 egli crea il David, l'eroe giovinetto lieto della sua forza come già il san Giorgio donatelliano, ma non più, come questo, impaziente quasi di pro- varla. Egli la conosce, la sua forza, latente nelle belle membra ancora immature, e sa quanto valga; ed è perciò quieto e sorridente, nell'attimo dell'abbandono dopo la dura vittoria. Poi col San Matteo, l'apostolo appena sbozzato dei dodici commessigli dal- l'Opera del Duomo per la facciata del tempio, si riaccosta quasi a Donatello, tale è il tormento, tale l'inquietudine che agitano il corpo e contraggono il volto del- PALAZZO VECCHIO - PORTA DI BENEDETTO DA MAIANO. (Fot. Aliiiari). 96 ITALIA ARTISTICA l'Evani^elista; tormento e inquietudine che .i^ià vedemmo turbare, straziare i Profeti crea le sue del Campanile. E intanto, ispirandosi a Jacopo della Quercia, Madonne ardito sicuro dalle larghe faccie squadrate, dalle membra forti, dallo sguardo ora e nel gruppo di come ne*f tondo del Bargello, ora invece timido e doloroso come dal fatto, fiorente, ma dall' aria pensosa, Bruges; e crea il tipo del putto corpo ben quando' se ne tolga quello che nella Sagrestia Nuova di San Lorenzo ritrae così vivacemente la faccia dal petto della madre divina.

OALLKRIA IIUONARROTI — MADONNA DF.I.I A SCALA, DI MICHELANGELO.

Vengono poi gli eroi sconosciuti, immaginati per la tomba di Giulio il, e la-

sciati prigioni entro la saldezza del marmo. Come il san Matteo, soffrono e do- lorano, ma non per una inquietudine interna, non per un dubbio che li affanni e informi, li strazi. Essi vogliono soltanto liberare le membra dal blocco che le tiene

essi vogliono ultimare la loro creazione; che il maestro ha dato loro la vita prima riposo. di compierne i corpi. E questo li tormenta d'un tormento senza fine e senza Vit- Ma intanto per la medesima tomba immagina forse il maestro quel Genio torioso che gioisce delle agili, acerbe forme fiorenti e trionfanti su quelle e di quelle robuste e mature del vecchio abbattuto sotto di lui. Forme che mirabilmente FIRENZE 97

si contrapponoono nelle tombe di Giuliano e di Lorenzo de' Medici nella Sagrestia Nuova di San Lorenzo.

La Notte e l'Aurora, il Mattino e il Crepuscolo possono apparire come l'ul- timo svolgimento di questo contrasto, mentre nella figura di Giuliano sembra ri- flettersi un po' della sicurezza serena del David, e nel volto di Lorenzo, nascosto neir ombra del gran casco, ripercuotersi un po' del dubbio che tormenta altri eroi michelangioleschi. Ma in questo l'intimo, segreto pensiero, non scuote, non agita le immobili membra.

Pii^i tardi invece due tra i migliori scolari del Buonarroti scolpiranno, ai lati

MUSEO NAZIONALE — TONDO DI MICH FI.A NGKLO.

della Madonna, i santi protettori della famiglia medicea : Raffaello da Montelupo il 5<^/// Cosma, Giovannangelo Montorsoli il 5^/// Damiano; e ne agiteranno i corpi, inutilmente, con movenze convulse.

Inutilmente, che la schiatta creata dal maestro non può aver discendenza tra i mortali.

11 rinnovamento della pittura ebbe un notevole ritardo su quello della scultura; che già il Brunellesco e il Ghiberti avevano preso parte al concorso della porta del Battistero, già Donatello aveva scolpito le statue per la facciata e pel campa- nile del Duomo e pel torrione di Orsammichele, e ancora una schiera di praticoni continuava a serbare in vita — se vita poteva chiamarsi — la ormai stanca e 98 ITALIA ARTISTICA spenta tradizione giottesca, la quale neppure Antonio Veneziano, col suo vivace realismo, aveva potuto rinvigorire. Solo Lorenzo Monaco, facendo sua la genti- lezza senese, più che nelle gioiose pagine miniate, nelle tavole e negli affreschi — mirabili quelli della cappella Bartolini in Santa Trinità preparava e annun- ziava le grazie paradisiache dell'Angelico. Intanto Gentile da Fabriano, compiendo nel 1423 la celebre Adorazione dei Magi ora alla Galleria degli Uffizi, rivelava un'arte nuova, che alla vita attingeva l'espressione dei sentimenti e più ancora la vivacità degli

atteggiamenti, e il fasto e la ricchezza degli abiti, e lo splendore delle suppellettili. E Masolino da Panicale riportava di Lombardia un'arte, come quella di Gentile, cortigianesca, e pur ravvivata da una sot- tile osservazione del vero; e nella cap- pella dei Brancacci al Carmine, se nei nudi del Peccato originale si dimostrava mo- dellatore maldestro, nella Guarigione dello storpio raggiungeva una drammaticità di sceneggiatura ed una potenzialità di chia- roscuro, che dovettero apparir cosa novis- sima ai pittori fiorentini.

I quali però solo nel continuatore di Ma- solino, in Masaccio, trovarono l'innovatore che gli scultori avevano avuto in Donatello. L'arte di Masaccio ha, potremmo dire, del miracoloso: non ha preparazione ante- riore, quando se ne tolga l'accennato ritorno alla contenuta composizione giot- tesca, qualche contatto col naturalismo lom- bardesco di Masolino, e una imprecisabile derivazione da Donatello nelT impostare le figure che hanno la solenne saldezza della

statuaria, e nel modellare i nudi, studiati anatomicamente, come nel Battesimo e nella Cacciata dal Paradiso terrestre, che di contro al Peccato di Masolino fa pal- pitare vere carni sul giuoco dei muscoli. Ma san Pietro che guarisce gli infermi, sfiorandoli con la sua ombra, e avanzando dall'oscurità nella luce, rigida la maestosa

figura, quasi contratto il volto in uno sforzo di Cristo che col gesto ma- volontà ; ma

gnifico, entro il breve cerchio dei discepoli risoluti e pronti all'azione, ordina all'apo- OAI.LERIA OfLL ACCADEMIA — IL DAVID DI MICHELANGFLO stolo pescatore di trarre dalla bocca del pe-

sce il chiesto tributo, sono creazioni che su- perano la possibilità d'ogni indagine critica.

Per tutto il quattrocento si fece qualcosa di diverso; ma non si seppe fare di

più; gli affreschi del Carmine sempre rimasero il modello irraggiungibile cui mira-

rono tutti i giovani pittori negli anni delle più vive speranze, da fra' Filippo Lippi e da Andrea del Castagno a Sandro Botticelli, a Leonardo, a Michelangiolo.

100 ITALIA ARTISTICA

!n confronto ai mirabili affreschi meno ci meravigliano la Concezione degli Uffizi, opera giovanile nella quale Masaccio dà alla spiritualità masolinesca una

CAPPELLE MEDICEE IN S. LORENZO — SEPOLCRO DI LORENZO De' MEDICI, DI MICHELANGULO.

certa gravità ieratica, e la Trinità di Santa Maria Novella, ove alla sapienza della prospettiva e al classicismo dell'architettura si aggiunge la novità dei donatori ri- trattati con sottile penetrazione. FIRENZE 101

impropriamente realistica e rap- Da Donatello e da Masaccio muove la scuola detta del Castagno, Domenico Veneziano. presentata specialmente da Paolo Uccello, Andrea

m^m,à^^iSÈmmÈi^

DI ' MEDI! I, DI «ll.IIELANGHO. CAPPELLE MEDICEE IN S. LORENZO — SEPOLCRO DI GIULIANO

difficili Paolo — che fa parte da se — si compiacque non solo di cogliere il /nezza scorci e improvvisi atteggiamenti di corpi umani, ma di rappresentare lo realizzano, ri- nel quale si svolgono gli avvenimenti, e di raffigurare le cose che 102 ITALIA ARTISTICA

creando idealmente mezzo e cose dal vero. E questa tendenza, che nel monumento dipinto di Giovanni Acuto, in Duomo, Io fa quasi indugiar più sui particolari ar-

chitettonici del basamento che sul cavallo e sul o^li cavaliere, fa poi fermare il con- fuso tumulto della battaglia nella tavola degli Uffizi ove è rappresentato un episodio di della Rotta San Romano, e sceneggiare freddamente il dramma del Diluvio nel

^. MARIA DFL FIORE — PIETÀ, DI MICHELANGELO.

mirabile affresco del Chiostro Verde, tra l'infuriare degli elementi; mentre nel- l'affresco sottostante Io interessano la prospettiva della pergola d'uva e lo scorcio dell' ebbro Noè.

Andrea del Castagno, al contrario, sembra non vedere intorno a sé che la schiatta umana, cui dare l'impronta dell'anima sua tormentata. Che se per un istante Io attraggono problemi prospettici e classici ricordi nel monumento a Niccolò da Tolentino in Santa Maria del Fiore, o Io commuove la straziante evocazione della Crocifissione e della Pietà negli affreschi trasportati al Cenacolo di Santa Apollonia ; se per un istante egli dipinge con gioia il serenissimo GALLERIA DEGLI UFFIZI — ADORAZIONE DEI MAGI, DI GENTILE DA FABRIANO. 104 ITALIA ARTISTICA

san Giuliano nel celato affresco dell'Annunziata, o i putti ridenti pel fregio della Villa di Legnaia, derivandoli da Donatello; più si compiace di creare, per la stessa decorazione! quella serie di eroi e di eroine, che uscendo dal mito o dalla storia conservano una grandiosità così severa, così rigida, quasi aspra, che li allontana

CAPPELLA BRANCACCI AL CARMINE. (..AI'l'l.l.LA HI(AN(.A(.C:l Al, CANAMNE. IL PECCATO ORIOINALE, DI MASOLTNO. ADAMO ED EVA CACCIATI DAL PARADISO, DI AIASACCIO.

da noi; più volentieri s'indugia nel raggruppare intorno a Cristo, nel celebre Ce- nacelo di Sant'Apollonia, quegli apostoli già provati ad ogni fatica, ad ogni ri- schio, e che, ad un cenno del maestro, sembrano dover scattar su dai loro scanni, pronti a qualunque violenza; più vivamente lo attrae, nell'altro affresco nascosto

dell'Annunziata, il dramma brutale fatto di grida e di tormento, di pianto e di sangue con quel san Girolamo che nella visione straziante del Crocifisso si sta

per un po' dal rompersi col sasso aguzzo il petto scarno e martoriato, ma non si sta dall' urlare con la gola riarsa, dal versar lacrime dagli occhi abbruciati.

106 ITALIA ARTISTICA

Accanto ad Andrea, Domenico Veneziano, almeno nella guasta e mal ridotta tavola degli Uffizi, appare freddo e vuoto. Il suo realismo si ferma alle forme este- riori. Ma non possiamo dir oggi a causa della mala ventura delle opere sue quanto debba la scuola fÌT>rentina alle ricerche tecniche e coloristiche di questo maestro, che insieme con Piero della Francesca condusse i perduti affreschi del coro di Santa Maria Nuova, e insieme con lui formò specialmente Alesso Baldo- vinetti e tutto un gruppo del quale tratteremo tra breve.

CAPPELLA BRANCACCI AL CARMINE S. PIETRO CON LA SUA OMBRA RISANA Cil. INI ERMI, DI MASACCIO. (Fot. Alinaii).

Ma intanto ci interessa vedere come in questo imperversar di verismo fra' Giovanni Angelico sapesse tutto raccogliersi nei suoi sogni di Paradiso. Formatosi prima che tal verismo trionfasse, pur non rimanendo del tutto in- differente alle nuove conquiste dell'arte, potè sempre conservare, almeno senti- mentalmente, la tradizione pittorica trecentesca in pieno quattrocento, e continuarla con nuova fortuna. Anzi, potremmo dire ch'egli è fuori del suo e d'ogni tempo.

Quasi penseremmo che anche oggi il beato non saprebbe darci che il Giudizio Universale^ ora nel Convento di San Marco, con la città paradisiaca dalle muraglie azzurre e i tetti dorati, col prato dall'alte erbe e dai fiori vivaci appena toccati dall'angelico coro; non saprebbe narrarci diversamente che nelle tavolette, pur tra- FIRENZE 107 sportate a San Marco con tutte le altre opere sue, la vita di Cristo e della Vergine; o descriverci gli splendori della corte celeste se non come li descrisse cinque se- coli or sono uqW Incoronazione già nella Galleria degli Uffizi.

:.AVt;MAl^r;A;Gn .BK:^AT^

GALLERIA DEGLI LIM/.l - LA CONCEZIONE, DI MASACCIO.

Solo forse negli affreschi dello stesso convento egli si accosta all'umanità. E con san Domenico dolora, geme, ai piedi del Crocifisso; oppur trema con la deliziosa Vergine che tutta raccolta nella veste rosata, tutta timorosa ed attonita, ascolta le parole quasi non dette dall'angelo; forse anche ha un palpito più che d'amore divino^ con la Maddalena che nell'orto racchiuso si getta ai piedi del Salvatore resuscitato. 108 ITALIA ARTISTICA

Per questa sua umanità potè l'Angelico esser maestro direttamente a Benozzo

Gozzoli, indirettamente a fra' Filippo Lippi, i quali però non osarono ripetere quelle visioni di Paradiso, e preferirono far scendere sulla terra angeliche schiere € creature divine. Inoltre Benozzo cercò nuova fortuna nella magnificenza decora-

S. MARIA NOVELLA — LA TRINITÀ, DI MASACCIO.

tiva, come nella celebre cappellina del Palazzo Mediceo di Via Larga, ove lo sfar- zoso e fantastico corteo dei Magi sembra avviarsi piuttosto ad una caccia che il Poliziano canterà nelle sue stanze, che alla grotta di Betlem, ed ove dall'empireo sono discesi, umanizzandosi, a malgrado delle ali variopinte e delle aureole dorate, i ministri di Dio a render più gioiosa la campagna toscana. Fra' Filippo è ancora più umano. Le sue Madonne, siano quelle delle Natività già all'Accademia, o quelle delle tavole degli Uffizi e del Palazzo Mediceo, o del

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N O Z < Z «

114 ITALIA ARTISTICA tondo dei Pitti, sono buone ed ar^^iite popolane, che ora gioiscono, ora temono pel loro bambino, ora invece Guardano indifferenti, naturalmente, fuor d'ogni posa convenzionale. Anche se wqW Iiìcorcvìazioiic, passata dall'Accademia agli Uffizi, il nostro pittore ha da rappresentare il Paradiso, sembra non sappia se non traspor-

PAI.AZ/.0 MEDICI-RICCARDI — CAPPELLA CON AFFRESCHI DI BENOZZO GOZZOLl.

tarlo giù tra gli uomini, in un tempio, nel quale forse, \)\u che gli attori principali, sembrano interessarlo gli spettatori del primo piano, che di santo non han che il sottile aureo cerchietto sulle teste vivaci ed espressive. Secondo una vecchia divisione fatta dal Rumhor ed accettata da Giovanni

Morelli, il Lippi apparterrebbe a quel gruppo che, movendo dagli affrescatori della cappella Brancacci, cercò di render l'azione, l'atteggiamento, l'espressione di pas- sioni violente e forti. jVla tale egli ci appare solo negli affreschi di Prato e nella FIRENZE 115 mirabile predellina degli Uffizi, ove le scene, per quanto quasi trattate con la mi- nuzia di un miniatore, hanno «grandiosità masaccesca ; come avviene nell'altra pre- dellina della medesima g^alleria dovuta a Francesco Pesellino, un pittore cui la brevità della vita impedì toccare la fama che

Anche il Pesellino apparterrebbe al i^ruppo sopracitato, col Botticelli, con Fi- lippino Lippi e con Piero di Cosimo, per quanto questi tre ultimi artefici si di-

PALAZZO MEDICI-RICCARDI — CAPPELLA DI BENOZZO : IL VIAGGIO DEI MAGI.

stacchino non solo da tutti quelli di tal gruppo, ma anche da quelli del secondo e del terzo ricostruiti dal Rumhor e dal Morelli: da quelli del secondo, ricercatori della verosimiglianza e dell'esattezza nel carattere dei particolari ; da quelli del terzo, che movendo da una educazione e formazione di scultori e d'orafi, amarono una nervosità plastica qualche volta eccessiva. Dei primi, che derivavano da Paolo Uccello, fu Alesso Baldovineiti, buon tec- nico, pili che creatore, nella Natività di Sant'Ambrogio offrente una sfarzosa gamma di colori, mentre nell'affresco dell'Annunziata, pur con la Natività, per la prima volta rende nella sua verità una larga visione di paese; fu Cosimo Rosselli, un praticone senza genialità, appena tollerabile nell'affresco di Sant'Ambrogio col miracolo del- 116 ITALIA ARTISTICA

l'ostia, per una serie di interessanti ritratti; e fu il Ghirlandaio, il quale seppe com- pensare la mancanza di ispirazione con una mirabile facilità decorativa, sì che dinanzi alle sue tavole ed ai suoi affreschi non sappiamo chiedergli più di quanto ci ha dato. L" Adorazione del Magi agli Innocenti e V Adorazione del Pastori tor-

nata in Santa Trinità, i cenacoli di San Marco e d'Ognissanti, la cappella Vespucci nella chiesa medesima, affollata di ritratti, la cappella Sassetti in Santa Trinità con

GALLERIA PIT I I — TONDO DIIILIPPO Lll'l'l.

le storie di san Francesco e il coro di Santa Maria Novella con la vita del Battista e della Vergine, ci attraggono, non sapremmo dir quasi se per la sapienza delle composizioni, la grandiosità delle architetture, la naturalezza degli atteggiamenti, o piuttosto per la visione che essi ci offrono del mondo fiorentino quattrocentesco, coi suoi palazzi, con le sue piazze, con le sue vie, coi suoi mercanti dalla faccia arguta, con le sue dame e le sue donzelle magnifiche nei ricchi e sontuosi abbi- gliamenti. Gli altri, del terzo gruppo, movendo dagli scultori e dagli orafi scultori ed orafi essi stessi — portarono nella pittura le conquiste di Donatello e del Ghiberti, FIRENZE 117 e più che la verità espressiva cercarono di rendere - se così possiamo dire — la verità costruttiva degli esseri umani, pur trattenendosi da un eccessivo realismo. Abituati alla saldezza del metallo, dettero alle loro pitture una rigidezza ner- vosa e scattante, rifuggendo, o quasi, da ogni ampiezza e magnificenza decorativa quattrocentesca, e risalendo, per la tradizione, verso una semplicità goticizzante. E tali ci appaiono Antonio e Piero del Pollaiuolo nelle Virtù della Mercatanzia, ora agli Uffizi, sedute a disagio entro i loro scanni, senza che un pensiero animi le loro faccie indifferenti; tali ci appaiono essi nei Tre Santi che da San Miniato sono stati trasportati pure agli Uffizi, solidamente piantati, ben costruiti, curati nei

GALLtRiA DEGLI UhHZI - l'iNCORON AZION E UtLLA VERGINE, DI FILIPPO LIPPI.

particolari somatici, ma inespressivi. AAentre tutta la perizia d'orafo d'Antonio si manifesta specialmente nei due quadretti delle fatiche d'Ercole Ercole e Anteo ed Ercole e Udrà - lavorati come nel metallo con un bulino. E nel bronzo pare pur modellato l'adusto e smagrito Battista nel Battesimo ora agli Uffizi: tavola uscita dalla bottega del Verrocchio ed alla quale collabora- rono facilmente maestro e discepoli, quegli robustamente disegnando e asciutta-

mente dipingendo il san Giovanni; .Leonardo eseguendo uno dei due angeli in- ginocchiati; un terzo conducendo debolmente il nudo di Cristo. Forse quest'ultimo fu Lorenzo di Credi, ingegno mediocre ma riflessivo, il quale seppe abilmente pro- fittare delle novità che andavano trionfando intorno a lui, e potè lasciare alcune tavole che piacciono per il disegno corretto e la tecnica perfetta, e che attraggono per certi sfondi di paese perdentisi in una atmosfera azzurrognola, ove però le cose non si sformano e sfanno come aveva insegnato Leonardo. Anche nel seguire

il grande condiscepolo alla bottega del Verrocchio, Lorenzo non sa abbandonare la sua minuzia gretta e scolastica. 118 ITALIA ARTISTICA

S. TRINITÀ — S. FRANCESCO RISUSCITA UN FANCIULLO, DI DOMENICO GHIRLANDAIO. (Fot. Aliliaii).

Fuor dei tre gruppi stanno per noi ~ come già accennammo — insieme con

Leonardo che il Rumhor assegna al terzo, Sandro Botticelli, Filippino Lippi, Piero di Cosimo; i quali tutti potrebbero formare un gruppo a sé, da chiamarsi degli spiritualisti, e capeggiato prima da Sandro poi da Leonardo. Sandro Botticelli, se pur nel sant'Agostino d'Ognissanti s'avvicina al Ghirlan- daio, gareggiando con lui nel rendere accuratamente i particolari della figura e

S. MARIA NOVELLA — NAIIVIIA L>1 UAKIA, DI DOMENICO GHIRLANDAIO. FIRENZE 119

altre opere sue rimaste dell'interno nel quale essa è messa in azione, in tutte le realistico, e fantastica meravioiiosa- in Firenze appar libero da ogni asservimento

OSPEDALE DEGLI INNOCENTI — ADORAZIONE DEI MAGI, DI DOMENICO GHIRLANDAIO.

mente, creando un mondo tutto suo, ove le divinità dell'Olimpo hanno un po' dell'Empireo, e questi un po' della sensualità di quelle. della castità dei santi _ ^ accanto alle altre virtù Di fatto mal si può chiamare realistica la Fortezza che la Gin- pollaiolesche è animata da un triste e dolce pensiero; male V Oloferne e SANTA TRlSll \ — ADORAZIONE DH PASTORI, DI DOMENICO GHIRLANDAIO. (Fot. Aliliari)

GALLERIA DEGLI UFFIZI — ERCOLE CHE ABBATTE l.'lDRA E SOFFOCA ANTEO, DI ANTONIO DEL POLLAIUOIO. (Fot. Alinari). GALLERIA DEGLI UFFIZI — BATTESIMO DI GESÙ, DEL VERROCCHIO E DI LEONARDO. 122 ITALIA ARTISTICA

ditta ove il maestro, più che ai veristi, si accosta ai pittori plastici dell'ultimo gruppo. Anche in queste prime opere il tipo umano è fissato ormai così come e^li sempre lo tratterà, pur evolvendolo, sviluppandolo fino a toccare quella in- quietudine dolorosa che hanno le ultime sue creature.

GALLERIA DEGLI LFFIZI — ADORAZIONE DEI PASTORI, DI LORENZO DI IRIDI.

Ma un po' di questa inquietudine è diffusa dovunque. Pensate'alla Palladc col Centauro di Palazzo Pitti, triste quasi d'aver trionfato della bruta'rviolenza del mostro; pensate alla dea ignuda, che nella Nascita di Venere agli Uffizi si lascia trasportare sulla conchiglia, sfiorante lieve le increspate onde del mare, e rimane tutta assorta, senza guardare alla donna fiorita che le fa da terra amorevole segno d'accoglienza; pensate ancor piij alla misteriosa composizione della Primavera,

124 ITALIA ARTISTICA

del Poliziano, ad al- ora pure agli Uffizi, ove, ispirandosi, forse per suggerimento Glori inseguita da cuni versi *di Orazio e di Lucrezio, Sandro ha rappresentato benignamente; Amore Zeffiro e preceduta da Flora, mentre Venere genitrice guarda la loro lentissima bendato trae nell'ignoto la sua freccia, le Grazie conducono

GAI LERIA DEGLI UFI IZI — MADONNA DULLA NSflAORANA, DEL BOTTICELLI.

danza, e Mercurio col caduceo allontana le nubi di tra le fronde degli alberi dai pomi dorati. Dove siamo? che fanno tutte queste divinità?

A malgrado delle infinite soluzioni del problema, il problema rimane insolubile. Forse v'è adombrato un avvenimento mediceo che sfugge alle nostre investigazioni. Sembra che qualcosa debba accadere; in tutti vi è come un'attesa di non so che di straordinario; v'è nell'aria come un fremito d'impazienza inquieta, a malgrado della diffusa serenità. Non tutte le nubi sono state ancora allontanate dal caduceo del messaggero celeste. FIRENZE 125

be

DEL BOTTICELLl. GALLERIA DEGLI UFFIZI - MADONNA DEL " MAGNIFICAT .,

verso E triste è V Annunziata dei Corrigendi, come le Tre Grazie della Primavera. magnifico araldo divino; ma più triste, Quale balza silenzioso, dolorando, il la tripu- degli Uffizi, pur tra il gioioso nel trionfo la Vergine deW Ineoronazlone nur rose. corona, nel cielo d' oro, nella pioggia di diare degli angeli! chinasi in vivace m 1' antica serenità anche 0?mai la%arÌa del Savonarola gli ha fatto dimenticare ispiratagli da Luciano una evocazione pagana, nella Calannia di Apelle agli Uffizi, nella Primavera: ragiona; e questo n maestro non soglia già più come ha sognato PALAZZO PITTI — PALLADE E IL CENTAURO, DEL BOTTICELLI. m \ FIRENZE 129

suo ragionare Io porta ad una fattura accurata, minuziosa, quasi da miniatore, da da orafo; lo rende fr(.^ddo e preciso.

Filippino Lippi, il solo discepolo de<^no di lui, ne eredita l' inquietudine dolorosa tanto nella meravigliosa Visione di san Bernardo a Badia, ove però questa inquie-

JADIA — LA VISIONI: DI S. MFRNARDO, DI IILIPPINO LIPPI.

tudine è un po' temperata dal sobrio verismo dei ritrattati nella Vergine e negli angeli che la accompagnano, quanto e ancor più nel delizioso tondo della Galleria Corsini, e nella pala degli Uffizi, e nella tavola di Santo Spirito. Qual triste sorriso ha in quest'ultima la madre divina, accogliendo l'omaggio dei Nerli presentatile dai santi protettori ! Ma quando Filippino, tra questi lavori, ha avuto l'arduo incarico di terminare gli affreschi della cappella Brancacci al Carmine, invece di abbandonarsi a quella CHIESA DEL CARMINE, CAPPELLA BRANCACCI — S. PIETRO E S. PAOLO DINANZI AL PROCONSOLE E CROCIFISSIONE DI S. PIETRO, DI FILIPPINO LIPPI. (Fot. Aliliari).

VIARIA NOVELLA — S. GIOVANNI EVANGLLISTA RESUSCITA DKLSIANA, DI IILIIM'INO lll'IM. FIRENZE 131

i^

GALLERIA DEGLI UFFIZI — PERSEO LIBERA ANDROMEDA, DI PIERO'dI COSIMO. (Fot. AHnari).

fragilità un po' morbosa che caratterizza tanta parte dell'opera sua, ha saputo ri- prendere la grandiosità masaccesca, dando specialmente nel Giudizio e nel Martirio di san Pietro un magnifico esempio di pittura narrativa, resa più varia e piacevole dalla folla dei ritratti contemporanei, che già suo padre, fra' Filippo, aveva intro- dotti nella leggenda agiografica. Ritratti dei quali egli affolla pure VAdorazione dei

Magi agli Uffizi, come aveva fatto già il Botticelli nella sua eh' è nella galleria me- desima.

Ma intanto, dopo il soggiorno di Roma, Filippino è attratto dalla magnificenza decorativa della antichità classica, mentre il suo temperamento bizzarro lo spinge

GALLERIA DEGLI UFFIZI — A NNL'NZIAZIONE, DI LEONARDO. 132 ITALIA ARTISTICA

verso lo strano e il fantastico. Ed eccolo nella cappella Strozzi a Santa Maria No- vella far sfoggio di architetture e di ornamentazioni pagane, ma esageratamente ; eccolo atteggiar le figure in movenze cólte d'improvviso, violente; fare esprimere alle faccie spavento, meraviglia, dolore, convulsamente; ed agitar vesti, svolazzi, banderuole nastri e fettuccie, anticipando il barocco, come fa pure, ad esempio,

GALLERIA DEGLI UfFIZI — AD(jRAZIONE DEI MAGI, DI LEONARDO,

nella Deposizione dalla Croce lasciata a mezzo da lui, e compiuta dal Perugino (ora agli Uffizi). Probabilmente Filippino dovette apparire ai contemporanei un pittore d'ecce- zione, come apparve Piero di Cosimo: certo l'uno e l'altro furono sullo scorcio del secolo decimoquinto quelli che piij e meglio subirono l'influenza di Leonardo, e che da lui appresero sentimentalmente il misterioso sorriso delle loro creature, tecnicamente i magici effetti del chiaroscuro. Di Piero di Cosimo Firenze conserva specialmente tre opere che lo presentano CHIOSTRO DI S. MARIA MADDALKNA DE' PAZZI — CROCIFISSO CON LA VERGINE E SANTI, DEL PERUGINO. (Fot. Alinaii).

GALLERIA DEGLI UFFIZI — ADORAZIONE DEI PASTORI, DI UGO VAN DER GOES. 134 ITALIA ARTISTICA

appunto come un innovatore nella concezione del colore: la Madonna dalT angelo col violino e V Assunzione agli Uffizi, e la pala degli Innocenti; opere dagli incar- nati sfumanti in ombre calde, dai panneggi dalle gamme intense e vivide. Ed in- novatore egli è pure nella personale visione del paesaggio, pel quale però egli si ispira forse più al Van der Goès che a Leonardo; ma schiettamente vinciani sono paese e figure in una delle scene di Perseo e d'Andromeda (quella fuori serie) agli Uffizi. Basta guardare al sorriso della giovine principessa liberata, sorriso che

illumina la faccia ombrata suggestivamente, per sorprendere il contatto. Leonardo però ebbe sulla scuola fiorentina una influenza minore di quanto si

GALLERIA DEGLI UFFIZI — SACRA FAMIGLIA, DI MI( H ELANGKLO. (Fot. Aliiiari).

potrebbe immaginare. Prima della sua andata a Milano, oltre che a Filippino e a Piero di Cosimo, non dette ad altri suggerimenti fecondi. Lorenzo di Credi era

troppo lontano da lui; il Verrocchio forse, per quanto gli fosse maestro, ne attinse un po' di sottigliezza e di spiritualità; ma col Botticelli — a malgrado si sia voluto trovare alcun che di vinciano in quest'ultimo - non si compresero, e andarono ciascuno per la propria strada, pur essendo più vicini di quanto credessero. Di questo primo periodo dell'attività leonardesca Firenze possiede due opere:

V Annunziazione e V Adorazione dei Magi; quella ancora discussa tra i critici quan- tunque sia difficile dire chi possa aver dipinto, fuori di lui, quel prato fiorito su cui si inginocchia l'angelo magnifico nella sua mite e quieta dolcezza, chi possa, al di là del basso muricciolo, aver condotto quel paese così come mai si era fatto fino allora. Questa, VAdorazione dei Magi, appena abbozzata sulla tavola a chiaroscuro, ma già popolata da una schiatta nuova, che sorride ambiguamente dalle labbra sot- tili e dagli occhi vivaci. FIRENZE 135

la Signoria fiorentina commise a Poi, dopo il sogo^iorno milanese, quando d'Anghiari così miseramente distrutto. Leonardo il celebre affresco della Battaglia

3ALLFRIA DFGLl UFFIZI — MADONNA DEL CARDELLINO, DI RAFFAELLO.

Fra' Lisa, il maestro influì, piiì o meno, su e il ricco mercante il ritratto di Monna Albertinelli e sul Bartolommeo e su Ridolfo del Ghirlandaio, sul Bugiardini, suU' Franciabigio. Ma fu influenza poco sentita, perchè mista ad altre diverse. gli altri Già sullo scorcio del secolo Ugo Van der Goés aveva meravigliato tra 136 ITALIA ARTISTICA

il Ghirlandaio col bellissimo trittico dei Pastori, che i Portinari avevan mandato da Brugoria e che ora si trova agli Uffizi.

Più tardi il Perugino, che lungamente doveva operare in Firenze, eseguendovi ira l'altro la sentita Pietà degli Uffizi e la commossa Crocifissione di Santa Maria Maddalena dei Pazzi, doveva impressionare, specialmente coi suoi larghi, lumi- nosi sfondi di paese svariati di esili alberelli rameggianti, Fra' Bartolommeo con

l'Albertinelli, il Bugiardini, il Bachiacca, di cui ricorderemo, passando, l'ar- guta e maliziosa Maddalena di Pitti, e la movimentata predellina di SanfAcasio agli Uffizi e Raffaellino del Garbo, che prendendo un po' da tutti, com- pose tavole piacevoli pel colorito vivace, quali quella di Santo Spirito e quelle degli Uffizi. Minore dell'influenza del Perugino fu l'influenza di Raffaello, almeno du-

rante il suo soggiorno fiorentino. Egli subì piuttosto Leonardo ed ebbe scambi con Fra' Bartolommeo come bastano a dimostrarlo la Maddalena Doni e la Madonna del Baldacchino; ma pur lo risentirono Ridolfo del Ghirlandaio, che nel Ritratto nuiliebre di Pitti ripete quasi l'atteggiamento e la colorazione della Gra-

vida, t il Bugiardini, e il Bachiacca e, come s'è detto, lo stesso Fra' Bartolommeo. Ma intanto su questi e sugli altri pesava pericolosamente l'arte di Miche- langiolo, inimitabile pur come pittore; architettore e statuario anche nel ce- lebre tondo eseguito per Agnolo Doni,

ora agli Uffizi, Per lui il Granacci ab- bandonò la tradizione ghirlandaiesca in cui s'era formato e che meglio gli si confaceva; per lui al Bugiardini prima oscillante tra Fra' Bartolommeo e l'Al- bertinelli, tra Leonardo e Raffaello

die' volta il cervello nel lavorare allo sconclusionato Martirio di santa Cate- GALLERIA DF.OLI UFFIZI — VISITAZION H, rina a Santa Maria Novella. Gli altri, DI MARIOTTO ALBFRTINKLI.I. chi più chi meno, seppero salvarsi.

Fra' Bartolommeo tentò il grandio- sissimo nel 5^/// Marco di Pitti e nei Profeti degli Uffizi, ma seppe frenarsi a tempo. Gli è che quando Michelangiolo

lo attrasse, già tutto si era formato, e già aveva eseguito, tra l'altro, il Giudizio Universale affrescato in Santa Maria Nuova ed ora distaccato e conservato a San Marco, ed ove aveva risolto ardui problemi di prospettiva; già aveva dipinto con bel giuoco di chiaroscuro la Visione di san Bernardo all'Accademia, aprendovi un largo e luminoso paese di reminiscenza leonardesca e peruginesca. la Poi gita a Venezia gli rivelò che cosa potesse il colore, e nello Sposalizio di santa Caterina agli Uffizi segnò una nuova via alla pittura fiorentina. Pur troppo di quelli che la seguirono, non tutti compresero in che cosa con- sistesse questa novità e si limitarono ad imitarlo nelle forme esteriori. Mariotto Albertinelli, che lavorò a lungo con lui, così robusto, solido, colorito nella Visita- Q ^ O 138 ITALIA ARTISTICA zione degli Uffizi, diventa manierato, vuoto, smorto nella più tarda Aìiniinziazioiie dell'Accademia; e Giovanni Antonio Sogliani, sempre mediocrissimo,i,cerca d'essere magniloquente nella Concezione degli Uffizi. Ma più di questi fu un continuatore di Fra' Bartolommeo un artista forse un po' superficiale, ma eminentemente pittore: Andrea del Sarto. La Madonna delle

CHIOSTRINO DELL ANNUNZIATA — NAIIVIIÀ DI MARIA, DI ANDREA DEL SARTOt

Arpie agli Uffizi, La Disputa a Pitti, i Due angioli già all'Accademia a citar solo tre delle tante sue opere - dimostrano che nella pittura fiorentina avrebbe finito col trionfare il colore sul disegno, se il manierismo non avesse così presto tutto travolto. Andrea del Sarto è pur l'ultimo dei grandi affreschisti che continuano la tradizione quattrocentesca, tanto nel Chiostro dello Scalzo ove in più tempi — potremmo dire, saltuariamente, per tutta la vita narrò le storie del Battista aiu- tato sul primo dal Franciabigio; quanto nei chiostri della Santissima Annunziata,

prima raccontando vivacemente la vita di san Filippo Benizzi in scene ove il pae- saggio ha la parte preponderante, poi descrivendo con simpatica opulenza la Na- GALLERIA DEGLI UFFIZI — MADONNA DELLE ARPIE, DI ANDREA DEL SARTO. 140 ITALIA ARTISTICA tività della Vergine e V Arrivo dei Magi, infine ricercando quasi soltanto un dol- cissimo accordo di colori nella Madonna del Saeeo; quanto, pure, nel Cenaeolo di San Salvi eh' è il suo mai^nifico testamento pittorico. Da lui derivò un gruppo, che appunto per merito suo si salvò ancora dal manierismo michelangiolesco: il Fontormo, che nel gruppo portò una nota origi-

ClllOSTRINO DF.LL'aNNUNZIATA — VISITAZIIJM, DM. l'OMOHWO.

nalissima e dette opere notevolissime quali la Visitazione del chiostrino dei Voti all'Annunziata e la Deposizione di Santa Felicita; il Rosso, tuiuultuoso e sforzato n^W Assunzione del chiostrino medesimo, più pacato e corretto nella gran pala di Pitti; il Franciabigio, che oscillando tra Andrea e Fra' Bartolommeo, tra Raffaello e Leonardo, ha lasciato qualche piacevole tavola come la Madonna del Pozzo nella Tribuna degli Uffizi, e qualche suggestivo ritratto come quello che è a Pitti.

il Dopo loro, col Bronzino e i bronzineschi, col Vasari e i vasariani, manie- rismo trionfò incontrastato. IL GRANDUCATO.

Alessandro de' Medici Firenze perdette tutta la sua libertà; divenne anzi CONuno stato vassallo dell'Impero.

Un ultimo parlamento il 4 d'aprile del 1532 elesse dodici riformatori, i --- quali il 27 d'aprile combinazione strana di date promulgarono la nuova co-

palazzo DEGLI UFKIZT (GIORGIO VASARI).

stituzione con un Consiglio dei Duegento, ma vitalizio, con un gonfaloniere che si chiamò Signore ed ebbe quattro consiglieri a lato. Dell'antico popolo neppure il minimo ricordo. E quando Alessandro fu spento dal pugnale di Lorenzino de' Medici atteggia- tosi - dopo la fuga a Bruto redivivo, non si seppe far altro che accettare per signore un altro Medici, Cosimo di Giovanni delle Bande Nere, diciottenne appena.

Il 20 settembre del 1537 Cosimo ebbe il titolo di duca. Ormai era inutile salvar pili le apparenze. Cosimo fu però un abile reggitore dello stato; né potremmo oggi rimprove- rargli la sua severità coi ribelli e la crudele guerra di Siena, invano difesa da Fi- lippo Strozzi. La piccola repubblica o prima o poi sarebbe caduta nelle mani del 142 ITALIA ARTISTICA

IL PONTE A S. TRINITÀ (B. AMMANNATl). I Fot. Aliiiai i).

papa o dell'imperatore, e non si sarebbe potuto formare quel forte stato ciie fu la Toscana, e che ebbe tanta importanza per l'equilibrio d'Italia.

Fu inoltre Cosimo un saggio protettore delle arti, non dismentendo così ^ le buone tradizioni della casata; né, pur essendosi quasi da solo e giovanissimo bar- camenato abilmente fra tante cupidigie e tanti appetiti, s'inorgoglì smodatamente del potere. Anzi, ancora in vita, lasciò la reggenza al figlio Francesco, acconten- tandosi del titolo di granduca datogli, con solenne incoronazione in Roma, da Pio V, e godendosi, ormai avanzato in età, le fresche grazie di Camilla Martelli. Furono queste le sue debolezze; maggiori quasi quella del titolo che tanti affanni gli dette, perchè nessuno intendeva di riconoscerlo.

GIARDINO DI BOBOLI — I.A GRAN VASCA DELL'ISOLOI fO (A. PARKiI f OlAMIiOLOGN A). (Fot. Alinaii). GIARDINO Ul BOBOLl — l'aNKITEATRO (TRIBOLO F. BUONTALENTl). (Fot. Miliari).

SAN FIRENZE (F. RUGGERI E Z. F. DEL ROSSO). (Fot. Alinarit. 144 ITALIA ARTISTICA

Francesco, pur non essendo un cattivo amministratore della cosa pubblica, fu — dopo la morte di Giovanna d'Austria che o^li aveva recata in dote la parentela con l'imperatore fu tanto pei fiorentini d'allora, che per gli storici poi, ed oggi per noi, principalmente e quasi esclusivamente l'amante e il marito di Bianca

S. SflRlTO — ALIAR MAGGIORE (GIOV. CACClNl). (Fot. Alinari).

Cap|)ello. Cosi che quando ai 20 d'ottobre del 1587 giunse da Artimino l'annunzio

della morte dei due, nessuno, o quasi, li rimpianse.

Allora Ferdinando, secondogenito di Cosimo I, lasciò la porpora; e, sposata Cristina di Lorena, governò saviamente lo stato, ponendo un freno ai favoritismi, destreggiandosi abilmente tra Francia e Spagna, riparando al disagio economico

causato dalle continue guerre e dalle non mai sopite turbolenze, con i provvedi- menti per la Maremma e pel porto di Livorno.

E buon governatore fu pure Cosimo II, che arditamente la ruppe con Luigi Xlil pel contegno di questi verso la madre Maria dei Medici. Ma quando Cosimo II, FIRENZE 145 dopo appena dodici anni di granducato, morì, le reggenti pei piccolino Ferdinando il, la nonna Cristina e la madre Maria Maddalena d'Austria, misero lo stato nelle mani del clero, il quale continuò a spadroneggiare anche allorché Ferdinando prese le redini del governo, e dovette riparare allo sfacelo di Toscana, minata dalla malau- gurata reggenza di quelle due donne, dalla peste, dalla desolazione, dalla miseria. Nel suo lungo governo (dal 1627 al 1670) Ferdinando 11 si condusse accorta- mente, come quando s'unì con Venezia e con Modena per fiaccare l'oltracotanza di Urbano Vili e d'Odoardo Farnese, minaccianti la sicurezza e l'integrità del granducato, il quale, pervenuto nelle mani di Cosimo 111, parve veramente toccare il colmo dei mali.

lorenzo, cappelle medicee — interno della cappella dei principi, (disegno di giov. de' medici, opera di M. NIGETTI). (Fot. Alinari).

Cosimo, bigotto, sposato per sua e altrui disgrazia alla bizzarrissima Margherita Luisa d'Orleans, e dopo grottesche peripezie separatosi da lei, era agitato da una grande ambizione. Forse i più bei giorni della sua vita furono quello nel quale ebbe finalmente il titolo di altezza reale, e quello in cui, parato da canonico di San Pietro, potè dare la benedizione con le reliquie al popolo romano affollato nella basilica. Eppure gli ultimi anni di questo vecchio granduca hanno del tragico.

Mortogli il figlio primogenito, il gran principe Ferdinando, uno scavezzacollo che riscoteva le simpatie di tutti i fiorentini, o quasi; mal riuscito il matrimonio del secondogenito Giangastone; e perduta qualsiasi speranza di successione anche da quello del fratello Francesco, che Eleonora di Guastalla non volle mai consi- derare come marito; Cosimo, tra il disagio delle finanze domestiche e la miseria dello stato taglieggiato da gravezze durissime, dovette assistere, impotente, all'ac- cordo delle potenze d'Europa, assegnanti ai Borbone la successione di Toscana. 146 ITALIA ARTISTICA

Inutilmente protestò Cosimo; inutilmente protestò Giangastone appena assunto al potere. E fu questo l'ultimo suo atto degno di nota. Dopo la protesta, tutto s'ingolfò nella sua vita bestiale, lasciando che gli mandassero a Firenze il giovane Don Carlo di Borbone, ad attendere che lui, Giangastone, se ne andasse a rag-

giungere i proprii antenati; e non curandosi poi che la pace dell'Aia gli destinasse, invece, a

successore Francesco III di Lorena.

Il Lorenese si limitò a prendere il nome di

Francesco II, così tanto per sembrare un più legittimo successore dei granduchi medicei; per-

chè entrato in Firenze il IQ di gennaio del 173Q ne ripartì subito, lasciando lo stato ad un con- siglio di reggenza, che seguitò a governare in suo nome anche quando egli fu creato imperatore. Solo con Pietro Leopoldo Firenze e la To- scana trovarono un sovrano che in venticinque anni di governo seppe trarle dalla infinita miseria in cui erano cadute. Libéralissimo e audacissimo, Pietro Leopoldo attuò riforme che dovettero ap-

parire novissime, se ancora oggi ci meravigliano : fine dell' inquisizione, abolizione della mano morta, parziale soppressione delle congregazioni religiose. Ed oltre a ciò, grandi lavori in Maremma, strade, miglioramenti innumerevoli. Ma purtroppo anche Pietro Leopoldo do- vette lasciar la Toscana, per cingere la corona

imperiale, e il suo secondogenito Ferdinando IH, se pure continuò nelle riforme iniziate dal padre, non ebbe di lui la mirabile larghezza di vedute e l'ardire di attuarle, Poi fu un succedersi ininterrotto di governi e di governatori diversi: francesi, austriaci e di nuovo francesi; Lodovico di Parma da Napo- leone fatto prima granduca di Toscana, poi re

di Etruria; Carlo Lodovico I suo successore sotto

la tutela della madre Maria Luisa ; la Toscana pro- vincia francese; la Toscana data in granducato

ad Elisa Baciocchi ; e finalmente, dopo la restau-

razione, Ferdinando III e Leopoldo li di Lorena.

Sotto il governo abbastanza blando di que- st' ultimo, Firenze godè di una relativa calma, appena interrotta dalla rivoluzione del '48 e dal governo provvisorio capeggiato da Francesco

NAZIONALE BACCO, DI SANSOVINO. MUSEO — J. Domenico Guerrazzi. Ma quando, nel '49, Leo-

poldo II tornò con la scorta delle baionette au- striache, segnò da sé stesso la fine del gran-

ducato. Il 27 d'aprile del 1859 egli dovette abbandonare per sempre Firenze e la

Toscana, tra il rimpianto di pochissimi fedeli. Il 15 marzo dell'anno dopo la Toscana dichiarava la sua annessione all'Italia, e Firenze ne diveniva e n'era la capitale dal 1865 al 1871.

Durante il mecenatismo di Cosimo I, in architettura continuò a imperare la tra- dizione michelangiolesca; né da questa avrebbe certo mai osato distaccarsi Giorgio FIRENZE 147

Vasari, trasformatore di Palazzo Vecchio, nell'interno e nelle aggiunte, e creatore della grandiosa ed armoniosa fabbrica degli Uffizi.

i contemporanei, fu sobrio e misurato, Ma anche il Vasari, come tutti suoi mentre in Firenze non solo sorgevano gioielli di sapore ancora quattrocentesco, la della come la palazzina oggi Larderell architettata dal Dosio, e palazzina detta continuavano a innalzarsi o a rifarsi palazzi Livia disegnata dal Buontalenti ; ma che alle nuove forme decorative univano l'antica semplicità costruttiva. Tali sono

liAITlSltRI) — llAllhl^ini A. bANSOVlNO t V. DAMI.

il di e i palazzi Ramirez, Vitali e Giugni dell' Ammannati ; tali Casino San Marco

l'Ospedale di Santa Maria Nuova, il Palazzo non finito — nel piano terreno — e il palazzo Riccardi all'Annunziata, tutti del Buontalenti. Il quale — mentre l'Amman-

nati ideava il cortile di palazzo Pitti, forse un po' grave nella sua monumentalità, e gettava sull'Arno l'elegante ed ardito arco del ponte a Santa Trinità - insieme

col Tribolo disegnava il giardino di Boboli, cui dovevano ispirarsi altri giardini ed altri parchi d' Italia e d' Europa. Né questa sobrietà tutta fiorentina, pur nel libero svolgimento e signorile ar- ricchimento delle forme architettoniche, diminuisce o cessa, sullo scorcio del deci- mosesto e nel secolo decimosettimo, con Santi di Tito, disegnatore del palazzo- 148 ITALIA ARTISTICA

Zanchini - Ricasoli in via Maogio, col Cigoli, ideatore, tra l'altro, della loggetta dei Tornaquinci (ora Corsi) e del magnilico cortile del Palazzo non finito, qo\ Silvani architettore dei palazzi Pensi e Rinuccini. Nelle quali fabbriche i particolari sono sempre amorosamente e accuratamente studiati ed eseguiti, come nei secoli innanzi.

Solo quando lavora col Ferri al palazzo Corsini in Parione, il Silvani abbandona la tradizione fiorentina, per accostarsi a quella romana. Ma ecco che subito dopo la riprendono, sulla fine del settecento, Giuseppe Salvetti, disegnando il loggiato della facciata di Bonifazio, e sul i^rincipio dell' ottocento Zanobi Filippo del Rosso, autore del prospetto centrale del convento di San Firenze. E dopo che Giuseppe

LA FONTANA DEL NETTINO IN PIAZZA DELLA SIGNORIA (l). AMWANNAll). (Fot. Alinari).

Baccani, innalzando con incredibile rapidità il palazzo Salviati Borghesi, ha accen- nato ad una grandiosità un po' pesante, ecco gli altri architetti che gli succedono tornare alla schiettezza paesana. Di questi rammenterò solamente Giuseppe Poggi, che nel villino Favard creò un tipo di abitazione signorile imitato e imitabile.

Nell'architettura religiosa si accolse piiì agevolmente il barocco, specialmente quando si dovette fare o rinnovare le facciate di vecchie chiese. Così prima l'Am- mannati per Santa Trinità e per San Giovannino degli Scolopi mosse sobriamente architravi e timpani, cornici e volute; poi più audacemente le agitò Matteo Nigetti per Ognissanti e per San Gaetano, e così fecero piiì tardi, nel settecento, Ferdi- nando Ruggieri per San Firenze, e Giovacchino Pronti per San Marco, senza esser però sorretti da vivacità e sicurezza d'ingegno.

Giovanni Caccini invece, dovendo nel 1601 voltare il loggiato esterno della SS. Annunziata, rimase fedele a Michelozzo, che già aveva costruito l'arco centrale, e raccordò abilmente il suo ai loggiati brunelleschiani della piazza. FIRENZE 149

Oli è elle del Briinellesco non si riusciva a dimenticarsi a Firenze neppure in pieno barocco. Matteo Nigetti nell'interno di San Gaetano, per quanto faccia sfoggio di una ricchezza decorativa, che non lascia libero un metro quadro di mura, ado- pera ancora profili brunelleschiani; egli stesso all'oratorio dei Barelloni conserva una sobrietà quattrocentesca, che pur ci sorprende nell'interno di Santa Felicita, riadattata quasi alla metà del settecento da Ferdinando Ruggieri. Negli interni però non di rado trionfa la magnificenza cinquecentesca e seicen- tesca, che potremmo chiamare romana. Ed abbiamo così cappelle tutte de- corate secondo un nuovo pensiero, sva- riate di bassorilievi, di affreschi e di statue, ricche di marmi spesso policromi. E' un crescendo ininterrotto, dalla cap- pella Gaddi in Santa Maria Novella, a quella Niccolini in Santa Croce, 1' una

e l'altra del Dosio ; dalla cappella del Soccorso all'Annunziata a quella Salviati in San Marco, questa e quella del Giambologna; dalle Cappelle Medicee, ove il Nigetti ha voluto ripetere la ma- gnificenza un po' grave e carica della Roma imperiale e papale, alla cappella

Corsini al Carmine con la quale il Sil- vani ha dato a Firenze quasi l'unico esempio di barocco sfoggiato. Al con- fronto, Ciro Ferri è assai più contenuto nel coro di Santa Maria Maddalena de' Pazzi e nella decorazione interna del- l'Annunziata. Un monumento che sta a sé, che niente ha a che fare con gli altri fio- rentini, è il grande arco di trionfo in- nalzato alla porta a San Gallo per ricor- dare l'entrata — e potremmo dire anche l'uscita — di Francesco II di Lorena. Opera del francese Giadod, non ha di nostrano che la parte decorativa: i bas- sorilievi, i gruppi, le statue.

LOGGIA DEI T'RIORI IL PERSEO, DI BENVENUTO CELLINI. Quello che divenisse il michelan- (Fot. Miliari). giolismo negli scultori scolari e seguaci del Buonarroti abbiamo veduto, toc- cando del San Cosma del Montorsoli e del Sa/i Damiano di Raffaello da Mon- telupo, fiancheggianti a disagio la Madonna della Sagrestia Nuova di San Lorenzo. Ma accanto al michelangiolismo due nuove tendenze s'andavano accentuando:

il sansovinismo, e il classicismo di fredda e calcolata imitazione.

Il sansovinismo è iniziato da Andrea Sansovino, sintetizzante nell'arte sua la sottigliezza quattrocentesca fiorentina con la grazia pagana, ed è continuato e svi-

luppato poi da Jacopo Sansovino, che potremmo dire contrapponga il suo Bacco

ora al Bargello e il suo San Giacomo del Duomo, al David ed al San Matteo di 150 ITALIA ARTISTICA

Michelangiolo; ma il sansovinisnio non è in tutto e su tutto reazione all'arte del Buonarroti. Se meglio si riattacca alla tradizione quattrocentesca, se dell'antichità, in cambio del Torso di Belvedere o del Laocoontc, dà la sua preferenza a\V Idoli/io o alla Venere dei Medici, pur ha non pochi punti di contatto con alcuni tipi mu- liebri o giovanili di Michelangiolo, quali le due donne delle tombe medicee, e l'a- dolescente nel gruppo del Genio Vit- torioso.

Significava piuttosto reazione il clas- sicismo quale lo intese Baccio Bandinelli. Ma fu imitazione formale, tutta esteriore, che lo condusse alle goffaggini d^WEreole e Caeeo e (ìqWAdamo ed Eva ora al Bargello per quanto nei bassorilievi della ; cinta del coro in Santa Maria del Fiore, e in quelli del monumento a Giovanni

delle Bande Nere riveli il Bandinelli buone qualità di composizione e di modella- tura; e per quanto ad alcuni suoi bron- zetti del Bargello non manchino grazia ed eleganza. E' naturale che, tra tutte queste ten- denze, gli artisti oscillassero incerti, in- decisi. Lo stesso Bandinelli risentì Mi- chelangiolo più che non credesse forse egli stesso o almeno più che non scor-

gessero i suoi detrattori; due suoi scolari,

l'Ammannati e il De Rossi, si staccarono da lui per accostarsi a Michelangiolo o

al Sansovino, mentre il Danti riassumeva felicemente queste due ultime tendenze. Infatti r Ammannati, pur bandinel- lesco e michelangiolesco nel Nettiuio della vasca di Piazza della Signoria, nelle eleganti figure dei satiri e delle ninfe che stanno attorno alla capace tazza in atteggiamenti bizzarri, prelude, con gen- tilezza sansovinesca, alle grazie del Giam- bologna; mentre nel Marte Gradivo che è per lo scalone degli Uffizi, così sapien- temente interpreta le classiche forme da legittimare l'errore della attribuzione cor- rente. Vincenzo de' Rossi, che nelle Fati- ehc d' Ereole del Salone dei Cinquecento gareggia col Bandinelli nella ostentazione LOOGIA DEI PRIORI — IL RATTO DELLF. SABINI, dei tendini e dei muscoli di nudi forzati DEL GIAMBOLOGNA. (Fot. Aliliaii). in attitudini esagerate, s'acquieta e s'affina n^WAdone del Bargello fino ad ieri attri- buito al Buonarroti. Vincenzo Danti, sot- tile, elegante, aggraziato, nel modellare le figure della Dceollazione sulla porta del

Battistero che guarda il Bigallo — e il suo accostarsi ad Andrea Sansovino si spiega con r incarico ch'egli ebbe di terminare le due figure del Battesimo pel gruppo che Andrea cominciò per la porta verso il Duomo Vincenzo Danti diventa già più contorto e ricercato n^W Onore e il Vizio del Bargello, segnando quasi un passaggio tra i simili gruppi del Buonarroti e del Giambologna; e finisce turbolento, FIRENZE 151

mpetuoso, ossessionato nel bassorilievo del Serpente di bronzo e nello sportello

che è pure al Bargello. In essi, entro il metallo, s'agita e turbina il gran respiro della Sistina, e meglio ancora la folata tempestosa del Giudizio. Tra loro, Francesco da Sangallo, tanto nella figura del vescovo Marzi Medici all'Annunziata, quanto in quella del Giovio alla Laurenziana, ci riporta ad una specie di brutalità e asprezza natura- listica che già ritrovammo in qual- che busto del quattrocento. Tra loro, Benvenuto Cellini passa, o meglio irrompe impetuoso e tur- bolento nella vita, tutto eleganza, grazia, signorilità nell'arte. Col Perseo

egli compie il miracolo di dare al gioiello degno di un orafo le dimen- sioni della statuaria; (:o\ Perseo, che alla composta e queta movenza di classica derivazione unisce una cura

tutta fiorentina dei particolari ; col Perseo, che alla serenità pagana delle forme di tutto rilievo accoppia l'agi- tazione romantica del bassorilievo esprimente l'uccisione del mostro e la liberazione d'Andromeda. Nei due busti che ci rimangono al Bargello, invece, il Cellini non riesce ad armonizzare sapientemente le varie tendenze; e nel Cosimo I, ricercando una certa severità e solen- nità classica, cade nella teatralità, mentre l'abitudine d'orafo lo spinge lino all'esagerazione nel curare i par- ticolari dell'armatura; nel Bindo Al- toviti, invece, abbandonando qualsiasi reminiscenza classica, è più semplice, più disadorno, ma più vero e più vivo.

Il Cellini, pur grande ammiratore di Michelangiolo, è il solo che non l'abbia risentito nell'arte sua. Così non accadde al Oiambolo- gna. Nel gruppo della Virtìi che ab- batte il Vizio egli deriva direttamente dall'altro gruppo del Buonarroti, non solo perchè il suo doveva essere messo a riscontro, a fianco di questo, MUSEO NAZIONALE — MERCURIO, GÌ A. ma anche perchè a Roma prima e DEL A.WBOLOON (Fot. Alinari). poi a Firenze egli è stato vivace- mente impressionato dall'arte di quel maestro. Del resto in questo gruppo della Virtìi è la genesi dell'altro più famoso del Ratto delle Sabine, che offre però un più abile viluppo di masse, una più per- fetta modellatura di corpi, ed una mirabile sapienza nel contenere entro una linea corretta atteggiamenti e movenze agitate. Ma il Giambologna, oltre che alla tendenza michelangiolesca, piega pure alle altre due tendenze, da tutte e tre cavando una maniera sua originale. Che la grazia sansovinesca, già trionfante attorno alla vasca del Nettuno dell'Ammannati, si ri- 132 ITALIA ARTISTICA

flette nelle sue Veneri dalle morbide membra allungate, nei bronzetti numerosi al Bargello, nella Architettura dello stesso Museo; e si fonde e confonde con remi- niscenze classiche nel famoso Mercurio che è una delle prime statue ove il movi- mento in potenza è reso mirabilmente. E classici sono il gruppo L\t\y Ercole e del

Centauro sotto la Loggia della Signoria, classici i due monumenti equestri di Co- simo I e di Ferdinando I, questo a fianco di Palazzo Vecchio e terminato dal Tacca, quello sulla Piazza dell'Annunziata; come del classicismo, ma di derivazione ban-

PIAZZA DELLA SS. ANNUNZIATA — LONTANA IN BRONZO (l'IEIRO TACCA,'. (Fot. Alinari).

dinelliana, si può scorgere nella vasca dell'Isolotto in Boboli, una delle prime opere condotte in Firenze dal maestro francese.

Anche in questa però potremmo osservare il contrasto già notato nella vasca dell'Ammannati in Piazza della Signoria ; contrasto cioè tra la gigantesca figura del Nettuno le e figure dei fiumi accosciati più in basso ; e più ancora col gruppo di Perseo e d'Andromeda vivacemente atteggiati.

All'arte del Oiambologna si ricollegano tanto il Francavilla, che con lui e sotto la sua direzione lavorò alle statue della cappella Salviati in San Marco, e della cappella Novelli all' Annunziata, quanto Pietro Tacca che più ci piace nelle due

bizzarre fontane della Piazza dei Servi, che non nelle statue di Ferdinando I e di Cosimo II delle tombe medicee. Se ne distacca invece originalmente Giovanni Bat- FIRENZE 153

lista Caccini del quale rammenteremo soltanto V Estate e V Autunno del Ponte a Santa Trinità e il grandioso baldacchino di Santo Spirito che sembra preludere alle novità berniniane. Le quali non larga fortuna ebbero in Firenze, quando si faccia eccezione, o quasi, |iel Tobiolo di Giovanni Baratta a Santo Spirito, e pel Martirio di santo Stefano di Ferdinando Tacca a Santo Stefano. Ebbe piuttosto pijj eletto seguace l'Algardi in Oiovan Battista Foggini che negli altorilievi ao-itati

CARMINE — ASCENSIONE AL CIELO DI S. ANDREA CORSINI, DI O. B. FOGGINI.

e affollati della cappella Corsini al Carmine dette bella prova del suo fervido in- gegno; mentre il Ticciati, che con lui e con altri condusse le sculture dell'Arco di Trionfo a San Gallo, vaneggiò pesantemente nell'ideare quella macchina che per piij di tre secoli ha ingombrato la scarsella del nostro Battistero. Ma sulla fine del secolo Innocenzo Spinazzi ritornò ad un piiì sano equilibrio tanto nei monumenti del Machiavelli e del Lami in Santa Croce, quanto e forse

ancor piiì nell'angelo ch'egli eseguì per compire il gruppo del Battesimo di Cristo sulla porta principale di San Giovanni. Poi, al principio dell'ottocento, Lorenzo Bartolini risolutamente bandì il ritorno 154 ITALIA ARTISTICA alla natura, anciie se poi nei suoi monumenti in Santa Croce e in quello Demidoff sul Lungarno scelse dal vero con l'occliio d'un classico. la prima statua che Certo però il suo Machiavelli pel loggiato degli Uffizi è

" -s?

(Fot. Alinari). PALAZZO VECCHIO — STUDIOLO DI FRANCESCO I De' MEDICI.

potremmo dire moderna, e supera tutte le altre di quella serie, anche quelle pur meritevoli d'attenzione di Aristodemo Costoli, di Odoardo Fantacchiotti, di Pasquale Romanelli, di Pio Fedi, di Vincenzo Consani.

Tra tutti questi è il più celebre, forse anche in grazia dei suoi Ricordi auto- biografici, Giovanni Duprè, che ha lasciato in Firenze opere che attestano della sua

156 ITALIA ARTISTICA

sapienza di statuario, anche se manca loro una vita, un'anima che le agiti e le muova. Per questo, più del bassorilievo con V Esaltazione della Croce sulla iacc'mtsi di Santa Croce, più della figura del Caino atteggiata in una mossa freddamente accademica, oggi ci interessa V Abele modellato con rara perizia; mentre il piede della gran tavola di Pitti, pur condotto abilmente nei particolari, meno ci persuade nel suo insieme decorativo.

GALLERIA DEGLI LIIIZI KIIKAIIO iJl LLl.KKZIA PANCIAllCHI, D1;L BHOS/JNO.

All'arte di Giovanni Duprè si contrapposero risolutamente i novatori, che in scultura ebbero un rappresentante in Adriano Cecioni, ancora un po' accademico nel Suicida, ma subito dopo vero, schietto, vivo nella Madre e nel Bambino col gallo.

Più funesto fu l'influsso di Michelangiolo nel campo della pittura. I suoi se- guaci credettero di accostarsi a lui stipando di nudi le loro opere, atteggiando convulsivamente una folla di gente che intralcia, confonde l'azione principale; ere- FI RENZE 157 dettero di rivaleg^giare con lui, che aveva compiuto la volta della Sistina, da solo, in quattro anni, ricoprendo vastissime pareti e tavole gigantesche in pochi mesi, magari in pochi giorni; credettero, come egli aveva fatto, di potersi dimenticare delvero, e profittando della onesta e coscienziosa preparazione che ogni artista allora faceva in gioventù, si dettero a lavorare di maniera. pochi tra E che cosa abbiano potuto fare i manieristi, bastano a dimostrarlo

GALLERIA PITTI — GIUDITTA, DI (RISTOFANO ALLORI.

di da Volterra agli Uffizi; La i più noti esempi: La strage degli Innocenti Daniele discesa di Cristo al Limbo (ora ritornata a Santa Croce) e il Martirio di san Lo-

il le tavole del Vasari a renzo, nella chiesa omonima, di Agnolo Tori, Bronzino ; Santa Maria Novella, e sopra tutto la cupola del Duomo affrescata da Federico di effetti senza cause, di sforzi senza Zuccari : verminaio di giganti convulsi, sfoggio necessità.

il e il grandissimo, per ideare Ma quando i manieristi abbandonarono grande e condurre a termine un assieme decorativo o per eseguire dei ritratti, rivelarono mirabili qualità, in Palazzo Vecchio, col Salone dei Cinquecento, con l'ormai ce- di lebre Studiolo e col Tesoretto di Francesco I, coi quartieri di Leone Decimo, 158 ITALIA ARTISTICA

Eleonora di Toledo e degli Elementi, il Vasari ed i suoi innumerevoli aiuti hanno dato magnifica prova di gusto squisito nel compartire soffitti, nel curare fino nei minimi particolari l'ornamentazione di alcuni locali così come avrebbero fatto dei quattrocentisti — nel giuocare abilmente e brillantemente di colori e di luci. Alcuni dei soffitti del quartiere degli Elementi possono gareggiare coi più ammi- rati del Palazzo Ducale, come i due ritratti dei Panciatichi, ora agli Uffizi, pongono il Bronzino accanto ai più grandi ritrattisti d'ogni tempo e d'ogni scuola.

Il manierismo trovò abbastanza presto degli oppositori. Di questi fu il primo

Santi di Tito, il quale, sebbene fosse scolaro del Bronzino e del Bandinelli, tornò

OALLRRIA DKH-'aCCADEMIA — I TRE KANCIULLl CONDANNATI ALLA FORNACE, DI MATTEO ROSSELLI. (Fot. Alinari).

più volentieri all'arte del primo cinquecento fiorentino, all'arte di Fra' Bartolommeo e di Andrea del Sarto, rimettendo in onore lo studio accurato delle forme e ripor- tando la scuola pittorica alla valutazione del colore. Le sue tavole nelle chiese di Ognissanti, di Santa Croce, di San Marco e di San Giuseppe, e nella Galleria dell'Accademia ce lo rivelano infatti un pittore onesto se non di grande vivacità d'ingegno, un pittore che sente il colore come l'avevano sentito già il Frate ed Andrea. Insieme con lui si contrapposero al manierismo: Bernardino Poccetti, che negli innumerevoli affreschi nei chiostri di San Marco, di Santa Maria Novella, di Santo Spirito e dell'Annunziata ha colto dal vero le vivaci movenze e i disinvolti atteg- giamenti delle sue figure, dal vero gli sfondi architettonici, dal vero quei paesi che s'aprono e s'allontanano qua e là, vividi, luminosi; Francesco Morandini detto il Poppi, un po' manierato nelle Tre Grazie degli Uffizi, ma sartesco nella Santa FIRENZE 159

Famicrlia della Corsini; Jacopo Cliimenti, detto l'Empoli, che ha lasciato tavole nutrite di colore all' Annunziata, a Santa Lucia dei Maj^noli, a San Michelino, a San Benedetto Bianco, e che specialmente col Santo Ivo dell'Accademia ha rag- giunto una potenzialità di chiaroscuro che è nuova in tutta la pittura paesana fino a quel momento. Dopo questi si entra in pieno seicento con la scuola del Cigoli prima, e con quella di Matteo Rosselli più tardi.

Intanto però il veronese Jacopo Ligozzi recava in Firenze un riflesso della tavolozza di Paolo Caliari, il genovese O. B. Paggi un bagliore non meno stanco di

GALLERIA DELL ACCADEMIA — ILA E LE NINFE, DI FRANCESCO FURINI. (Fot. Alinari).

quella di Tiziano da lui conosciuto attraverso Luca Cambiaso, e il Passignano tornava da Venezia tutto abbagliato da quella scuola e sopra tutto innamorato dei Bassano.

Dal canto suo Lodovico Cardi, detto il Cigoli, immetteva dell'altro buon sangue nella un po' anemica scuola fiorentina, col continuo e appassionato studio del Baroccio e del Correggio, che egli imitò non di rado servilmente nelle numerose opere sue, pur qualche volta piegando volentieri verso le novità caravaggesche. Del Cigoli, corretto ed accurato disegnatore e coloritore brioso e pur anco violento, ricorderemo, tra l'altro, V Ingresso in Gerusalemme in Santa Croce, VE- raclio ehe porta la croee in San Marco, // martirio di santo Stefano all'Accademia, le sue numerose e gli innumerevoli Francesco oranti o lacrimanti Maddalene San ;

e sopra tutto VEcce Homo di Pitti, mirabile per l' effetto del chiaroscuro, per la contrapposizione delle ombre e delle luci, per la sapiente opposizione dei toni e

dei valori, per il colorito intenso e sugoso. 160 ITALIA ARTISTICA

Il Cigoli ebbe molti scolari, tutti o quasi i giovani pittori del suo tempo : il

Biliverti, il Passignano, Andrea Commodi che fu poi maestro a Pietro da Cortona, e Cristofano Allori, il migliore di tutti, come possono dimostrarlo V Adorazione del Magi all'Accademia, ove è come un riflesso della pittura veneziana e bolognese insieme, e la Giuditta di Pitti, un pezzo di pittura che meritatamente si è quasi da solo salvato dall'ingiusto disprezzo ostentato fino a poco fa pel seicento italiano in genere e fiorentino in ispecie. Discepolo del Cigoli fu pure Gregorio Pagani, maestro a sua volta di Matteo Rosselli, più importante come caposcuola, che quale esecutore di numerose tavole e affreschi un po' slegati e sgraziati di compo- sizione, un po' stridenti e crudi di

coloritura, per quanto il Trionfo di David a Pitti e / tre fanciulli nella fornace all'Accademia fac- ciano lodevole eccezione alla sua più usata e nota maniera. Dalla sua bottega uscirono due gruppi ben distinti di arte-

fici. Gli uni, come il Furini, il Lippi e fino ad un certo punto

il Vignali, ricercanti attenuati con- trasti di ombre e di luci, e deli- cate sfumature e gradazioni di toni, con un fare un po' molle che qualche volta accennava alle prossime svenevolezze de! Dolci. Gli altri, quali Giovanni da

San Giovanni e il Volterrano, invece, maneggianti abilmente vividi bagliori su intonazioni chiare, larghi e squadrati di piani, arcati, luminosi, quasi preludenti Pietro da Cortona.

Dei primi, migliore è il Fu- rini, delicatissimo modellatore di morbidi nudi muliebri legger- mente ombrati d'ombre verda- stre e azzurrognole, quetamente rialzati di luci livide e fredde, GALLERIA Pirri L AMORE VENALF, DEL VOLTf RRANd. (Fot. Alinari). come neWAdamo ed Eva di Pitti e neir//rt dell'Accademia; e al tempo stesso facile, largo e franco decoratore nella Sala degli Argenti a Palazzo Pitti. Più caldo e più saporito il Lippi — r autore del burlesco poema in ottave // Malnianiile riacquistato — anche nel Trionfo di David e nel Giacobbe al pozzo dell'Accademia,

Dei secondi è Baldassarre Franceschini, detto il Volterrano, decorativo nella Burla dell'Accademia e neWAmore Venale di Pitti, un po' sforzato nella cupola del coro dell'Annunziata, già cortonesco in quella della cappella Niccolini in Santa

Croce ; ed è Giovanni Mannozzi, da San Giovanni, forse il più geniale pittore fiorentino di questo secolo. Per quanto egli risentisse un po' del Caravaggio, di Gherardo delle Notti e del Guercino, pur salvò sempre tutta la sua originalità; e nella Sala degli Argenti FIRENZE 161

a Pitti, magnificando ed esaltando i Medici in fantasie decorative, alla Badia Fie- solana, narrando e descrivendo gustosamente Cristo servito dagli Angeli, in nu- merose chiese e in molti palazzi in Firenze e fuor di Firenze lasciò vivace segno della sua brillante e spiritosa genialità. Dell'ammanierato e sdolcinato Vignali fu scolare Carlo Dolci, che dopo avere, appena sedicenne, dipinto con sorprendente vigoria il ritratto di Fnf Ainolfo de'

PALAZZO PITTI, SALA DKGLI ARORNTI — LA DISTRUZIONE DELL'OLL^PO, DI GIOVANNI DA SAN GIOVANNI.

Bardi posseduto dai conti Bardi-Serzelli, si sfibrò poi in una folla di quadrile quadretti pietosi, lacrimosi, tutti sdolcinature e svenevolezze di contenuto e di fattura.

Ma nel mentre che i continuatori e scimmiottatori del Dolci, quali Onorio

Marinari e i Dandini, minacciavano di far cadere in un lacrimevole sentimentalismo la pittura fiorentina, giungeva da Roma Pietro da Cortona, e speditamente com-

i vecchi, piendo i soffitti meravigliosi della Galleria Pitti, gettava lo scompiglio tra attirava l'attenzione dei giovani. Al cospetto di quella folla di deliziose creature armoniosamente raggruppate, alla vista di quelle carni nude, calde, palpitanti sotto

il bacio scottante del sole, all'aprirsi di quei cieli luminosi che s'allontavan su alti 162 ITALIA ARTISTICA

sbalordito, e gli in uno svariar di bagliori e di barbagli, Matteo Rosselli rimase imitare il altri chi più chi meno, a cominciare da Pier Dandini, si dettero ad nuovo

GALLERIA l'ITTI — VOLTA DLLLA SALA DI MARTK, DI PIETRO BERRETTINI DA CORTONA. (Fot. Alinari).

venuto, gravando soffitti di sale patrizie e cupole di chiese e di cappelle con fan- tasie macchinose, chiassose, con ammassi di nuvole gonfie, pesanti, animate, af- follate di leziosi putti paffuti. FIRENZE 163

E quelli che non andaron dietro a Pietro da Cortona, seguirono poi Luca

Giordano, il quale, divulgando con maggior facilità e speditezza — vorremmo dire

GALLERIA PITTI — VOLTA DELLA SALA DI APOLLO, DI PIETRO BERRETTINI DA CORTONA. (Fot. Miliari).

anche non senza sciatteria e trascurataggine — la medesima arte cortonesca, tra le molte opere lasciava qui forse il suo capolavoro nel soffitto famoso del Palazzo Riccardi. Così, mentre Anton Domenico Gabbiani, calmo, freddo, preciso, tutto 164 ITALIA ARTISTICA legato alla tradizione fiorentina e perciò risoluto oppositore di Pietro da Cortona, non risentiva del Giordano, assai lo risentivano Alessandro Gherardini e Niccolò Lapi. Finché poi Sebastiano Ricci non allettò con la sua arte tutt'aria e tutta luce anche Giovanni Sagrestani, che, come poi il Ferretti e il Meucci, era stato educato a Bologna.

Di tutti questi abbiamo dovuto rammentare soltanto il nome, che troppo lungo sarebbe ricordarne le innumerevoli e non sempre accessibili opere: specialmente soffitti e cupole nei palazzi Corsini, Orlandini, Giugni, Incontri, e nelle chiese di San Frediano, Santa Maria Maddalena dei Pazzi, San Salvatore, Santa Maria Mag- giore, il Carmine, la Badia, l'Annunziata; opere sempre o quasi sempre piacevoli e garbate.

Il Meucci, col suo allievo Tommaso Gherardini e con Giuliano Traballesi, che lasciò ancor giovine Firenze per Milano, sono gli ultimi barocchisti. Poi, mentre Luigi AdemoUo continuava a riempire soffitti di chiese, palchi di palazzi e siparii di teatri delle sue farraginose composizioni classicheggianti, Pietro Benvenuti e Luigi Sabatelli importavano in Firenze le fredde compassate norme accademiche del David, quegli rievocando fatti storici in vastissime e tediosissime tele, o fode- rando di compassate e fredde composizioni la cupola delle Cappelle Medicee, o ricoprendo d'altre ancor più classicheggianti le pareti della Sala d'Ercole a Pitti; questi, il Sabatelli, pitturando il soffitto della Sala dell'Iliade nello stesso palazzo, proprio di seguito ai soffitti di Pietro da Cortona !

Al vuoto e rigido accademismo s'oppose fino ad un certo punto il Bezzuoli, introduttore tra noi delle novità romantiche francesi, per quanto nel Carlo Vili della Galleria Moderna sia vuoto quanto un accademico davidiano e lezioso invece che rigido e severo; ma fu buon ritrattista, e non senza qualche ricordo della scuola inglese, come nella figura della Granduchessa Antonietta di Toscana nella medesima Galleria. Certo superiore a lui per vigoria di disegno e per maschia robustezza di improntatura anche se povero coloritore — appare Giuseppe Sabatelli ne! Fa- rinata alla Battaglia del Sercliio. Di tutti gli altri è meglio passarsi per arrivare a due pittori che, non staccandosi decisamente dall' Accademia, pur non rimasero estranei alle nuove ricerche ad alle nuove conquiste : Antonio Ciseri, correttissimo disegnatore, che nei Maccabei di Santa Felicita ci ha dato forse 1' ultima buona tela di soggetto religioso, e Stefano Ussi che alla Cacciata del Duca d'Atene ha affidato specialmente la sua fama, per quanto in questa lo studio un po' troppo meticoloso del modello non sia stato superato, o per meglio dire dissimulato da una geniale intuizione del momento storico. Ma contro accademici vecchi e nuovi combatterono vittoriosamente la loro aspra e lunga battaglia i niaccliiaiuoli fiorentini per quanto non tutti fiorentini d'origine predicando l'osservazione del vero quasi con le stesse parole degli impressionisti francesi, che pur conobbero molto più tardi, abbandonando gli studii pel mare e per la campagna, lavorando all'aria aperta, sostituendo al quadro, in cui fino allora aveva interessato principalmente il soggetto, la maccliia e Vini- pressione. Essi furono Giuseppe Abbati, Cristiano Banfi, Odoardo Borrani, Silvestro Lega, Serafino de' Tivoli, Raffaele Sernesi, Saverio Altamura, Telemaco Signorini, Gio- vanni Fattori, Giovanni Boldini. Di loro e dei loro continuatori, che formano la buona schiera dei pittori fio- rentini viventi, numerose opere sono esposte nella Galleria Moderna.

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