Salvatore Califano Storia dell’alchimia Misticismo ed esoterismo all’origine della chimica moderna II edizione rivista e ampliata

FIRENZE PRESUNIVERSITYS Libere carte

– 4 – Libere carte

– 4 – Storia dell’alchimia : misticismo ed esoterismo all’origine della chimica moderna : II edizione rivista e ampliata / Salvatore Califano. – Firenze : Firenze University Press, 2016. (Libere carte ; 4)

http://digital.casalini.it/9788866559993

ISBN 978-88-6655-998-6 (print) Salvatore Califano ISBN 978-88-6655-999-3 (online)

Progetto grafico di Alberto Pizarro Fernández, Pagina Maestra snc

Storia dell’alchimia Misticismo ed esoterismo all’origine della chimica moderna

ii edizione rivista e ampliata

Certificazione scientifica delle Opere Tutti i volumi pubblicati sono soggetti ad un processo di referaggio esterno di cui sono responsabili il Consiglio editoriale della FUP e i Consigli scientifici delle singole collane. Le opere pubblicate nel catalogo della FUP sono valutate e approvate dal Consiglio editoriale della casa editrice. Per una descrizione più analitica del processo di referaggio si rimanda ai documenti ufficiali pubblicati sul catalogo on-line della casa editrice (www.fupress.com). Consiglio editoriale Firenze University Press G. Nigro (Coordinatore), M.T. Bartoli, M. Boddi, R. Casalbuoni, C. Ciappei, R. Del Punta, A. Dolfi, V. Fargion, S. Ferrone, M. Garzaniti, P. Guarnieri, A. Mariani, M. Marini, A. Novelli, M.C. Torricelli, M. Verga, A. Zorzi.

© 2016 Firenze University Press Università degli Studi di Firenze FIRENZE UNIVERSITY PRESS Firenze University Press via Cittadella, 7, 50144 Firenze, 2016 www.fupress.com Printed in Italy Storia dell’alchimia : misticismo ed esoterismo all’origine della chimica moderna : II edizione rivista e ampliata / Salvatore Califano. – Firenze : Firenze University Press, 2016. (Libere carte ; 4)

http://digital.casalini.it/9788866559993

ISBN 978-88-6655-998-6 (print) Salvatore Califano ISBN 978-88-6655-999-3 (online)

Progetto grafico di Alberto Pizarro Fernández, Pagina Maestra snc

Storia dell’alchimia Misticismo ed esoterismo all’origine della chimica moderna ii edizione rivista e ampliata

Certificazione scientifica delle Opere Tutti i volumi pubblicati sono soggetti ad un processo di referaggio esterno di cui sono responsabili il Consiglio editoriale della FUP e i Consigli scientifici delle singole collane. Le opere pubblicate nel catalogo della FUP sono valutate e approvate dal Consiglio editoriale della casa editrice. Per una descrizione più analitica del processo di referaggio si rimanda ai documenti ufficiali pubblicati sul catalogo on-line della casa editrice (www.fupress.com). Consiglio editoriale Firenze University Press G. Nigro (Coordinatore), M.T. Bartoli, M. Boddi, R. Casalbuoni, C. Ciappei, R. Del Punta, A. Dolfi, V. Fargion, S. Ferrone, M. Garzaniti, P. Guarnieri, A. Mariani, M. Marini, A. Novelli, M.C. Torricelli, M. Verga, A. Zorzi.

© 2016 Firenze University Press Università degli Studi di Firenze FIRENZE UNIVERSITY PRESS Firenze University Press via Cittadella, 7, 50144 Firenze, Italy 2016 www.fupress.com Printed in Italy Dedico questo libro ai miei due figli, Andrea, professore alla Columbia University di New York, e Francesco, professore di struttura della materia all’Università di Pisa Dedico questo libro ai miei due figli, Andrea, professore alla Columbia University di New York, e Francesco, professore di struttura della materia all’Università di Pisa VIII STORIA DELLA CHIMICA

CAPITOLO 12 SOMMARIO PARACELSO E LA IATROCHIMICA 95

CAPITOLO 13 DA VAN HELMONT A BOYLE 103

CAPITOLO 14 ALCHIMISTA E DIRETTORE DELLA ZECCA 123

CAPITOLO 15 DA GASSENDI A CARTESIO 131 INTRODUZIONE IX CAPITOLO 16 CAPITOLO I ESOTERISMO E STREGONERIA NEL SEICENTO 137 L’ALCHIMIA EGIZIANA 1 CAPITOLO 17 CAPITOLO 2 L’ALCHIMIA ALLA CORTE DI ELISABETTA I TUDOR 145 L’ALCHIMIA ALESSANDRINA E PALEOCRISTIANA 3 CAPITOLO 18 CAPITOLO 3 L’ALCHIMIA IN EUROPA CENTRALE 153 L’ALCHIMIA CINESE 7 CAPITOLO 19 CAPITOLO 4 L’ALCHIMIA IN AMERICA 157 LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO 13 BIBLIOGRAFIA 167 CAPITOLO 5 L’ALCHIMIA NEL MONDO ISLAMICO 25

CAPITOLO 6 LA TRADUZIONE DELL’ALCHIMIA CLASSICA 33

CAPITOLO 7 I PRIMI VERI LABORATORI DI ALCHIMIA 39

CAPITOLO 8 UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 49

CAPITOLO 9 I PRIMI LIBRI EUROPEI DI TECNICA 67

CAPITOLO 10 L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 71

CAPITOLO 11 L’ALCHIMIA NEL RINASCIMENTO ITALIANO 85 VIII STORIA DELLA CHIMICA

CAPITOLO 12 SOMMARIO PARACELSO E LA IATROCHIMICA 95

CAPITOLO 13 DA VAN HELMONT A BOYLE 103

CAPITOLO 14 ISAAC NEWTON ALCHIMISTA E DIRETTORE DELLA ZECCA 123

CAPITOLO 15 DA GASSENDI A CARTESIO 131 INTRODUZIONE IX CAPITOLO 16 CAPITOLO I ESOTERISMO E STREGONERIA NEL SEICENTO 137 L’ALCHIMIA EGIZIANA 1 CAPITOLO 17 CAPITOLO 2 L’ALCHIMIA ALLA CORTE DI ELISABETTA I TUDOR 145 L’ALCHIMIA ALESSANDRINA E PALEOCRISTIANA 3 CAPITOLO 18 CAPITOLO 3 L’ALCHIMIA IN EUROPA CENTRALE 153 L’ALCHIMIA CINESE 7 CAPITOLO 19 CAPITOLO 4 L’ALCHIMIA IN AMERICA 157 LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO 13 BIBLIOGRAFIA 167 CAPITOLO 5 L’ALCHIMIA NEL MONDO ISLAMICO 25

CAPITOLO 6 LA TRADUZIONE DELL’ALCHIMIA CLASSICA 33

CAPITOLO 7 I PRIMI VERI LABORATORI DI ALCHIMIA 39

CAPITOLO 8 UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 49

CAPITOLO 9 I PRIMI LIBRI EUROPEI DI TECNICA 67

CAPITOLO 10 L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 71

CAPITOLO 11 L’ALCHIMIA NEL RINASCIMENTO ITALIANO 85 X STORIA DELLA CHIMICA

sformazione ha permesso però di sviluppare raccolte di conoscenze em- INTRODUZIONE piriche sia di chimica sia di medicina e farmacia (alchimia sperimentale) che hanno aperto la strada alla scienza moderna (Thorndyke 1923-1958).

L’alchimia, antica progenitrice della chimica, è nata prima che il metodo scientifico divenisse parte integrante delle moderne teorie chimiche. Sin dall’inizio della storia dell’umanità i protagonisti del suo sviluppo hanno cercato di scoprire e ricostruire in laboratorio i meccanismi nascosti con cui la natura realizzava lo sviluppo di piante e animali, riproducendosi da millenni sempre eguale a se stessa, secondo regole ben precise e costan- ti che sfuggivano all’umana comprensione. I tentativi d’interpretazione dei processi che accadevano nel mondo fisico erano inevitabilmente me- scolati e confusi con tanti altri aspetti diversi dello scibile umano, dallo studio del comportamento e del movimento degli astri e dei pianeti, al- la cure delle ferite e delle malattie, a concezioni mistiche e religiose che affidavano il futuro a divinità arcane, al trattamento dei metalli, perfino a miti che richiamavano le gesta dei tanti personaggi che popolavano le storie tramandate da generazioni. Le procedure messe a punto da questi primi sperimentatori servivano a interrogare una natura spesso ostile e violenta, agitata da fenomeni incomprensibili come terremoti, alluvioni e tempeste. I nomi fantastici assegnati ai composti utilizzati da questi pro- Figura 1 – Il laboratorio dell’alchimista, illustrazione di Hans Vredeman de Vries, to-chimici, anziché richiamare con termini chiari le proprietà e il com- contenuta nell’Amphitheatrum sapientiae aeternae di . portamento della materia, si rifacevano in genere a personaggi mitici o a immagini fantasiose, nascondendo le proprietà dei composti dietro termi- Per molti lettori di libri di storia della scienza la parola ‘alchimia’ richia- ni esotici, giunti addirittura fino ai giorni nostri per creare un’atmosfera ma alla mente un oscuro laboratorio medievale, pieno di storte, alambicchi di mistero e d’incantesimo. e crogiuoli in cui un eccentrico personaggio, vestito di una lunga tonaca L’impianto generale dell’alchimia, che prendeva il nome di ‘Gran- nera, qualcosa d’intermedio tra il mago e lo stregone, cerca con ostinazio- de Opera’ o Opus alchemico, richiedeva che tutti gli enti fisici subissero ne di scoprire la Pietra Filosofale per impossessarsi dell’elisir di lunga vita processi di trasformazione dallo stato primitivo a uno stato di perfezio- e per realizzare il sogno della trasmutazione dei metalli in oro (fig. 1). Il ne finale nel quale la materia prima moriva ( ), poi era ricomposta personaggio tipico dell’alchimista medievale è stato magnificamente trat- () e infine ricostruita ( ). Questi tre stadi delle trasmutazioni teggiato nel famoso libro di Marguerite Yourcenar L’opera al nero (1968), materiali corrispondevano ai tre colori, nero, bianco e rosso, e alle tre divi- le cui vicende ruotano attorno alla figura di Zenone, filosofo, scienziato e sioni dell’essere, corpo, spirito e anima. In stadi successivi dello sviluppo alchimista, che l’autrice immagina essere nato in Belgio nel XVI secolo. dell’alchimia comparve anche la , in greco xanthosis, una specie di Dal libro è stato tratto nel 1988 un film diretto da André Delvaux con lo distillazione purificatrice, corrispondente al colore giallo che nel linguag- stesso titolo, con l’attore Gian Maria Volonté nel ruolo di Zenone. Altret- gio alchemico rappresentava la trasformazione dell’argento in oro puro. tanto orientato a disegnare il personaggio dell’alchimista è il romanzo La L’evoluzione dell’alchimia ha visto quindi sovrapporsi nei secoli un co- Recherche de l’Absolu, terzo volume degli studi di costume della Comédie acervo di concetti e credenze che passavano dal misticismo alla stregoneria humaine di Honoré de Balzac (Balzac 1842), che narra le vicende di Bal- alle pratiche esoteriche (alchimia mistica). Questo lungo processo di tra- thazar Claës, un agiato borghese di Douai, una cittadina nel nord della X STORIA DELLA CHIMICA

sformazione ha permesso però di sviluppare raccolte di conoscenze em- INTRODUZIONE piriche sia di chimica sia di medicina e farmacia (alchimia sperimentale) che hanno aperto la strada alla scienza moderna (Thorndyke 1923-1958).

L’alchimia, antica progenitrice della chimica, è nata prima che il metodo scientifico divenisse parte integrante delle moderne teorie chimiche. Sin dall’inizio della storia dell’umanità i protagonisti del suo sviluppo hanno cercato di scoprire e ricostruire in laboratorio i meccanismi nascosti con cui la natura realizzava lo sviluppo di piante e animali, riproducendosi da millenni sempre eguale a se stessa, secondo regole ben precise e costan- ti che sfuggivano all’umana comprensione. I tentativi d’interpretazione dei processi che accadevano nel mondo fisico erano inevitabilmente me- scolati e confusi con tanti altri aspetti diversi dello scibile umano, dallo studio del comportamento e del movimento degli astri e dei pianeti, al- la cure delle ferite e delle malattie, a concezioni mistiche e religiose che affidavano il futuro a divinità arcane, al trattamento dei metalli, perfino a miti che richiamavano le gesta dei tanti personaggi che popolavano le storie tramandate da generazioni. Le procedure messe a punto da questi primi sperimentatori servivano a interrogare una natura spesso ostile e violenta, agitata da fenomeni incomprensibili come terremoti, alluvioni e tempeste. I nomi fantastici assegnati ai composti utilizzati da questi pro- Figura 1 – Il laboratorio dell’alchimista, illustrazione di Hans Vredeman de Vries, to-chimici, anziché richiamare con termini chiari le proprietà e il com- contenuta nell’Amphitheatrum sapientiae aeternae di Heinrich Khunrath. portamento della materia, si rifacevano in genere a personaggi mitici o a immagini fantasiose, nascondendo le proprietà dei composti dietro termi- Per molti lettori di libri di storia della scienza la parola ‘alchimia’ richia- ni esotici, giunti addirittura fino ai giorni nostri per creare un’atmosfera ma alla mente un oscuro laboratorio medievale, pieno di storte, alambicchi di mistero e d’incantesimo. e crogiuoli in cui un eccentrico personaggio, vestito di una lunga tonaca L’impianto generale dell’alchimia, che prendeva il nome di ‘Gran- nera, qualcosa d’intermedio tra il mago e lo stregone, cerca con ostinazio- de Opera’ o Opus alchemico, richiedeva che tutti gli enti fisici subissero ne di scoprire la Pietra Filosofale per impossessarsi dell’elisir di lunga vita processi di trasformazione dallo stato primitivo a uno stato di perfezio- e per realizzare il sogno della trasmutazione dei metalli in oro (fig. 1). Il ne finale nel quale la materia prima moriva Nigredo( ), poi era ricomposta personaggio tipico dell’alchimista medievale è stato magnificamente trat- (Albedo) e infine ricostruita Rubedo( ). Questi tre stadi delle trasmutazioni teggiato nel famoso libro di Marguerite Yourcenar L’opera al nero (1968), materiali corrispondevano ai tre colori, nero, bianco e rosso, e alle tre divi- le cui vicende ruotano attorno alla figura di Zenone, filosofo, scienziato e sioni dell’essere, corpo, spirito e anima. In stadi successivi dello sviluppo alchimista, che l’autrice immagina essere nato in Belgio nel XVI secolo. dell’alchimia comparve anche la Citrinitas, in greco xanthosis, una specie di Dal libro è stato tratto nel 1988 un film diretto da André Delvaux con lo distillazione purificatrice, corrispondente al colore giallo che nel linguag- stesso titolo, con l’attore Gian Maria Volonté nel ruolo di Zenone. Altret- gio alchemico rappresentava la trasformazione dell’argento in oro puro. tanto orientato a disegnare il personaggio dell’alchimista è il romanzo La L’evoluzione dell’alchimia ha visto quindi sovrapporsi nei secoli un co- Recherche de l’Absolu, terzo volume degli studi di costume della Comédie acervo di concetti e credenze che passavano dal misticismo alla stregoneria humaine di Honoré de Balzac (Balzac 1842), che narra le vicende di Bal- alle pratiche esoteriche (alchimia mistica). Questo lungo processo di tra- thazar Claës, un agiato borghese di Douai, una cittadina nel nord della INTRODUZIONE XI XII STORIA DELLA CHIMICA

Francia, discendente della famiglia spagnola della Casa-Real. La vita di che sprecano tempo e denaro, e come loro i giocatori d’azzardo, men- Claës scorreva serena e armoniosa, fino al giorno in cui, aiutato dal fede- tre al contrario, coloro che propalano ‘miracoli e favolette di prodigi’ le domestico Lemulquinier, decise di dedicare il suo tempo all’alchimia, hanno per scopo di ‘cavar quattrini, come usano principalmente preti nella speranza di riuscire a trovare l’Assoluto, la sostanza comune a tutte e predicatori popolari’ (Erasmo da Rotterdam 2012: 39). le creazioni. Questa fissazione non lo abbandonerà mai e lo costringerà a sperperare tutti i beni di famiglia per acquistare prodotti e attrezzature Queste immagini romanzesche e spesso denigratorie degli alchimi- per questa sua attività che lo assorbirà totalmente fino a portarlo al limite sti non fanno però onore al bagaglio di conoscenze accumulato nell’arco della follia. Il romanzo finisce con Balthazar invecchiato e povero in pun- dei secoli da questi proto-scienziati, e nemmeno fanno notare il profon- to di morte, accudito da sua figlia Margherite e dal marito Emmanuel, il do desiderio di cultura che li ha animati, spingendoli a sacrificare la par- quale leggendo un articolo di giornale racconta al suocero della scoperta te migliore della loro vita e spesso anche i loro beni materiali alla ricerca dell’Assoluto realizzata da suoi concorrenti. di una comprensione profonda della natura, guidati da quel fuoco sacro Un personaggio ancora più favoloso compare nel romanzo L’alchimi- della conoscenza scientifica che nello spazio dei secoli ha dato origine alla sta dello scrittore e poeta brasiliano Paolo Coelho (Coelho 1995), che rac- moderna scienza chimica (fig. 3). conta la storia fantastica del giovane pastore Santiago che è incoraggiato Le prime notizie che abbiamo sulla nascita dell’alchimia sono da ricer- dal vecchio e saggio Re di Salem, Melchisedec, a vendere le sue pecore e carsi nei miti e nelle leggende che animavano la cultura dei popoli dell’In- intraprendere un viaggio nel quale, dopo essere stato derubato e aver vis- dia, dell’antica Cina e delle popolazioni del Medio Oriente, dai sumeri agli suto una serie di avventure, conosce in un’oasi nel deserto un alchimista egizi, fino ai babilonesi. inglese che gli racconta come trovare un tesoro. Dopo una serie di mira- bolanti avventure il pastore ottiene dal capo di un gruppo di beduini l’in- formazione necessaria per trovare la via del tesoro e diventa ricco non solo di soldi ma anche di esperienza di vita (fig. 2).

Figura 3 – Laboratorio Alchemico, disegno di (1568-1622).

Il termine alchimia deriva probabilmente dall’associazione del termine arabo al kimiyà (la pietra filosofale) con quello egiziano Al Kemi (la terra) Figura 2 – Pieter Bruegel il Vecchio (1526/1530-1569), The Alchimist – Kupferstich- e perfino con l’antico cinese kim-iya (succo per fare l’oro). L’interazione kabinett Berlin. tra queste espressioni diede così origine alla parola khymeia o khume- ia (χυμεία), che significa in greco ‘fondere’ e che poi diventerà ‘alchimia’ Il personaggio dell’alchimista era stato però ampiamente trattato nella nella cultura alessandrina (Berthelot 1889). L’alchimia, sviluppatasi quasi letteratura internazionale già da prima, soprattutto nel periodo dal Tre- contemporaneamente nel mondo orientale, Cina e India da una parte e cento al Cinquecento, come ad esempio nel racconto The Canon’s Yeoman’s in Egitto e nel Medio Oriente dall’altra, era all’inizio soprattutto legata a Tale del 1391, una delle più note novelle delle Canterbury Tales di Geoffrey pratiche di trattamento di materiali diversi, creta, pietre colorate, sali ed Chaucher, «il padre della letteratura inglese» (Chaucher 2007) o nell’Elogio estratti vegetali come profumi, veleni e succhi medicinali. A queste pra- della Follia del 1509 di Erasmo da Rotterdam, che sarcasticamente accen- tiche erano poi associati i processi di lavorazione di materiali come il le- nava a cacciatori e alchimisti (Erasmo da Rotterdam 2012) come persone gno e l’argilla o di fusione di minerali per estrarre i metalli, in particolare INTRODUZIONE XI XII STORIA DELLA CHIMICA

Francia, discendente della famiglia spagnola della Casa-Real. La vita di che sprecano tempo e denaro, e come loro i giocatori d’azzardo, men- Claës scorreva serena e armoniosa, fino al giorno in cui, aiutato dal fede- tre al contrario, coloro che propalano ‘miracoli e favolette di prodigi’ le domestico Lemulquinier, decise di dedicare il suo tempo all’alchimia, hanno per scopo di ‘cavar quattrini, come usano principalmente preti nella speranza di riuscire a trovare l’Assoluto, la sostanza comune a tutte e predicatori popolari’ (Erasmo da Rotterdam 2012: 39). le creazioni. Questa fissazione non lo abbandonerà mai e lo costringerà a sperperare tutti i beni di famiglia per acquistare prodotti e attrezzature Queste immagini romanzesche e spesso denigratorie degli alchimi- per questa sua attività che lo assorbirà totalmente fino a portarlo al limite sti non fanno però onore al bagaglio di conoscenze accumulato nell’arco della follia. Il romanzo finisce con Balthazar invecchiato e povero in pun- dei secoli da questi proto-scienziati, e nemmeno fanno notare il profon- to di morte, accudito da sua figlia Margherite e dal marito Emmanuel, il do desiderio di cultura che li ha animati, spingendoli a sacrificare la par- quale leggendo un articolo di giornale racconta al suocero della scoperta te migliore della loro vita e spesso anche i loro beni materiali alla ricerca dell’Assoluto realizzata da suoi concorrenti. di una comprensione profonda della natura, guidati da quel fuoco sacro Un personaggio ancora più favoloso compare nel romanzo L’alchimi- della conoscenza scientifica che nello spazio dei secoli ha dato origine alla sta dello scrittore e poeta brasiliano Paolo Coelho (Coelho 1995), che rac- moderna scienza chimica (fig. 3). conta la storia fantastica del giovane pastore Santiago che è incoraggiato Le prime notizie che abbiamo sulla nascita dell’alchimia sono da ricer- dal vecchio e saggio Re di Salem, Melchisedec, a vendere le sue pecore e carsi nei miti e nelle leggende che animavano la cultura dei popoli dell’In- intraprendere un viaggio nel quale, dopo essere stato derubato e aver vis- dia, dell’antica Cina e delle popolazioni del Medio Oriente, dai sumeri agli suto una serie di avventure, conosce in un’oasi nel deserto un alchimista egizi, fino ai babilonesi. inglese che gli racconta come trovare un tesoro. Dopo una serie di mira- bolanti avventure il pastore ottiene dal capo di un gruppo di beduini l’in- formazione necessaria per trovare la via del tesoro e diventa ricco non solo di soldi ma anche di esperienza di vita (fig. 2).

Figura 3 – Laboratorio Alchemico, disegno di Michael Maier (1568-1622).

Il termine alchimia deriva probabilmente dall’associazione del termine arabo al kimiyà (la pietra filosofale) con quello egiziano Al Kemi (la terra) Figura 2 – Pieter Bruegel il Vecchio (1526/1530-1569), The Alchimist – Kupferstich- e perfino con l’antico cinese kim-iya (succo per fare l’oro). L’interazione kabinett Berlin. tra queste espressioni diede così origine alla parola khymeia o khume- ia (χυμεία), che significa in greco ‘fondere’ e che poi diventerà ‘alchimia’ Il personaggio dell’alchimista era stato però ampiamente trattato nella nella cultura alessandrina (Berthelot 1889). L’alchimia, sviluppatasi quasi letteratura internazionale già da prima, soprattutto nel periodo dal Tre- contemporaneamente nel mondo orientale, Cina e India da una parte e cento al Cinquecento, come ad esempio nel racconto The Canon’s Yeoman’s in Egitto e nel Medio Oriente dall’altra, era all’inizio soprattutto legata a Tale del 1391, una delle più note novelle delle Canterbury Tales di Geoffrey pratiche di trattamento di materiali diversi, creta, pietre colorate, sali ed Chaucher, «il padre della letteratura inglese» (Chaucher 2007) o nell’Elogio estratti vegetali come profumi, veleni e succhi medicinali. A queste pra- della Follia del 1509 di Erasmo da Rotterdam, che sarcasticamente accen- tiche erano poi associati i processi di lavorazione di materiali come il le- nava a cacciatori e alchimisti (Erasmo da Rotterdam 2012) come persone gno e l’argilla o di fusione di minerali per estrarre i metalli, in particolare INTRODUZIONE XIII XIV STORIA DELLA CHIMICA quelli che si trovavano allo stato nativo. I più antichi reperti archeologici Ringraziamenti testimoniano che metalli e argilla erano i materiali di cui l’uomo dispo- neva fin dal periodo neolitico (ca. 7000 a.C.). Man mano che i primi esseri Questo libro è nato su sollecitazione di diversi colleghi sia dell’Università umani, associatisi in piccoli gruppi per meglio difendere il loro territorio di Firenze sia dell’Accademia Nazionale dei Lincei che, conoscendo i miei da predatori e da gruppi rivali, s’organizzavano apprendendo ad allevare interessi per la storia della chimica, mi hanno sollecitato a conservare in animali e a seminare piante per il loro nutrimento, iniziarono le prime un libro tutto il materiale che avevo raccolto negli anni sull’argomento e forme di organizzazione sociale. Cominciavano così a formarsi personag- che in piccola parte era stato incluso nel primo capitolo del mio libro sulla gi capaci sia di usare il fuoco per fondere minerali, sia di costruire uten- storia della chimica pubblicato da Bollati Boringhieri nel 2011. A questo sili per la vita quotidiana, sia di estrarre da piante coltivate o raccolte nei proposito sento il dovere di ringraziare il mio grandissimo amico Paolo campi decotti e succhi medicinali. Furono questi i progenitori di quelli che Rossi, uno dei più importanti rappresentanti della storia della scienza diventeranno in seguito nelle società organizzate artigiani specializzati in internazionale, che in un lungo periodo di fraterna amicizia mi ha fatto vari mestieri, capaci di fondere i metalli o di costruire navi, di colorare conoscere gli interessi della storia della filosofia della scuola da lui creata tessuti, di costruire case e templi, di fondere e soffiare il vetro, di plasma- a Firenze e il prof. Vincenzo Schettino, prima mio giovanissimo studente, re vasi e orci per contenere alimenti e di preparare medicamenti e tisane poi mio collaboratore ed amico a Padova e Firenze e in seguito mio col- estraendoli dalle piante. Nell’impossibilità di spiegare i fenomeni naturali lega all’Accademia e poi anche direttore del Dipartimento di Chimica di con le poche conoscenze di cui disponevano, riti magici e religiosi spesso Firenze e mio preside. Devo anche ringraziare sentitamente la professo- diversi da gruppo a gruppo servivano a controllare i misteriosi rapporti ressa Paola Zambelli per avermi illustrato i grandi contributi della scuo- con la natura. Gli uomini primitivi erano infatti impauriti dalla natura la filosofica di Firenze e in particolare quelli suoi sul pensiero magico ed ostile, dai fulmini, dai tuoni, dalle alluvioni, dai terremoti e non avendo alchemico del Rinascimento e per avermi fatto conoscere i contributi in spiegazioni plausibili cercavano disperatamente di affidare il proprio de- questo campo della professoressa Michela Pereira, una delle principali stino con invocazioni e riti propiziatori alla protezione di possibili divi- rappresentanti della storia dell’alchimia e della magia. nità, sensibili alle loro richieste e disponibili ad aiutarli (Geymonat 1970). I riti rappresentavano pertanto la forma più diretta di rapporto con le divinità e per renderli più solenni cominciarono ad apparire i primi luoghi dedicati al culto. L’intervento di divinità era necessario in tutti gli aspetti della vita, dalla cura delle malattie alle faccende domestiche, dal lavoro dei campi alle attività artigianali. In Mesopotamia e in Egitto ad esempio, i luoghi nei quali si svolgeva la lavorazione dei metalli, erano as- sociati agli edifici del culto religioso (Califano 2010: 17). Anche l’astrolo- gia, che cercava di collegare il cielo, immaginata residenza delle divinità, con l’esistenza umana, si arricchì in maniera considerevole di concetti e termini di carattere religioso o magico (Rossi 1988). Naturalmente i primi metalli utilizzati furono quelli che si trovava- no in forma nativa come il rame e l’oro; e infatti nelle tombe più antiche dell’Egitto e della Mesopotamia si trovano spesso oggetti d’oro e di rame (Eliade 1956). Proprio dall’uso dei metalli ha avuto origine la classifica- zione in età della pietra, del rame, del bronzo e del ferro dei grandi perio- di iniziali della storia dell’umanità. Le pratiche di conoscenze empiriche di metallurgia, mineralogia, bo- tanica e anatomia pian piano si trasformarono in una vera e propria pro- fessione, che vedeva i depositari del sapere dispensare il bagaglio delle loro esperienze e conoscenze ad allievi e seguaci, dando così origine a personag- gi che conoscevano le proprietà dei materiali, sapevano preparare decotti e infusi per curare malattie e alleviare i dolori, ma continuavano anche a ricorrere a pratiche magiche credendo di poter controllare i poteri degli astri e dei fenomeni naturali (Cantoni 1963). INTRODUZIONE XIII XIV STORIA DELLA CHIMICA quelli che si trovavano allo stato nativo. I più antichi reperti archeologici Ringraziamenti testimoniano che metalli e argilla erano i materiali di cui l’uomo dispo- neva fin dal periodo neolitico (ca. 7000 a.C.). Man mano che i primi esseri Questo libro è nato su sollecitazione di diversi colleghi sia dell’Università umani, associatisi in piccoli gruppi per meglio difendere il loro territorio di Firenze sia dell’Accademia Nazionale dei Lincei che, conoscendo i miei da predatori e da gruppi rivali, s’organizzavano apprendendo ad allevare interessi per la storia della chimica, mi hanno sollecitato a conservare in animali e a seminare piante per il loro nutrimento, iniziarono le prime un libro tutto il materiale che avevo raccolto negli anni sull’argomento e forme di organizzazione sociale. Cominciavano così a formarsi personag- che in piccola parte era stato incluso nel primo capitolo del mio libro sulla gi capaci sia di usare il fuoco per fondere minerali, sia di costruire uten- storia della chimica pubblicato da Bollati Boringhieri nel 2011. A questo sili per la vita quotidiana, sia di estrarre da piante coltivate o raccolte nei proposito sento il dovere di ringraziare il mio grandissimo amico Paolo campi decotti e succhi medicinali. Furono questi i progenitori di quelli che Rossi, uno dei più importanti rappresentanti della storia della scienza diventeranno in seguito nelle società organizzate artigiani specializzati in internazionale, che in un lungo periodo di fraterna amicizia mi ha fatto vari mestieri, capaci di fondere i metalli o di costruire navi, di colorare conoscere gli interessi della storia della filosofia della scuola da lui creata tessuti, di costruire case e templi, di fondere e soffiare il vetro, di plasma- a Firenze e il prof. Vincenzo Schettino, prima mio giovanissimo studente, re vasi e orci per contenere alimenti e di preparare medicamenti e tisane poi mio collaboratore ed amico a Padova e Firenze e in seguito mio col- estraendoli dalle piante. Nell’impossibilità di spiegare i fenomeni naturali lega all’Accademia e poi anche direttore del Dipartimento di Chimica di con le poche conoscenze di cui disponevano, riti magici e religiosi spesso Firenze e mio preside. Devo anche ringraziare sentitamente la professo- diversi da gruppo a gruppo servivano a controllare i misteriosi rapporti ressa Paola Zambelli per avermi illustrato i grandi contributi della scuo- con la natura. Gli uomini primitivi erano infatti impauriti dalla natura la filosofica di Firenze e in particolare quelli suoi sul pensiero magico ed ostile, dai fulmini, dai tuoni, dalle alluvioni, dai terremoti e non avendo alchemico del Rinascimento e per avermi fatto conoscere i contributi in spiegazioni plausibili cercavano disperatamente di affidare il proprio de- questo campo della professoressa Michela Pereira, una delle principali stino con invocazioni e riti propiziatori alla protezione di possibili divi- rappresentanti della storia dell’alchimia e della magia. nità, sensibili alle loro richieste e disponibili ad aiutarli (Geymonat 1970). I riti rappresentavano pertanto la forma più diretta di rapporto con le divinità e per renderli più solenni cominciarono ad apparire i primi luoghi dedicati al culto. L’intervento di divinità era necessario in tutti gli aspetti della vita, dalla cura delle malattie alle faccende domestiche, dal lavoro dei campi alle attività artigianali. In Mesopotamia e in Egitto ad esempio, i luoghi nei quali si svolgeva la lavorazione dei metalli, erano as- sociati agli edifici del culto religioso (Califano 2010: 17). Anche l’astrolo- gia, che cercava di collegare il cielo, immaginata residenza delle divinità, con l’esistenza umana, si arricchì in maniera considerevole di concetti e termini di carattere religioso o magico (Rossi 1988). Naturalmente i primi metalli utilizzati furono quelli che si trovava- no in forma nativa come il rame e l’oro; e infatti nelle tombe più antiche dell’Egitto e della Mesopotamia si trovano spesso oggetti d’oro e di rame (Eliade 1956). Proprio dall’uso dei metalli ha avuto origine la classifica- zione in età della pietra, del rame, del bronzo e del ferro dei grandi perio- di iniziali della storia dell’umanità. Le pratiche di conoscenze empiriche di metallurgia, mineralogia, bo- tanica e anatomia pian piano si trasformarono in una vera e propria pro- fessione, che vedeva i depositari del sapere dispensare il bagaglio delle loro esperienze e conoscenze ad allievi e seguaci, dando così origine a personag- gi che conoscevano le proprietà dei materiali, sapevano preparare decotti e infusi per curare malattie e alleviare i dolori, ma continuavano anche a ricorrere a pratiche magiche credendo di poter controllare i poteri degli astri e dei fenomeni naturali (Cantoni 1963). 2 STORIA DELLA CHIMICA

I Miti che raccontano le imprese di Thot lo descrivono come un Dio CAPITOLO I esperto in astronomia, mago e medico per eccellenza, chiamato sia «il Contatore delle Stelle», che «il Numeratore della Terra» o anche il «Dio L’ALCHIMIA EGIZIANA degli Scribi e della Scrittura geroglifica» e perfino il «Signore delle Parole Divine», cioè delle «parole di potere con cui è possibile dar forma e po- tenza al pensiero» (Russo Pavan 2000). Ermete Trismegisto, celebrato per la sua saggezza e per le sue opere, avrebbe scritto la famosa Tabula Smaragdina (Tavola di smeraldo), uno dei documenti più antichi di natura alchemica, noto nel primo Medioevo nella traduzione latina di Ugo di Santalla (Holmyard 1957: 103). La figura di Ermete Trismegisto ha colpito la fantasia di moltissimi scrittori e artisti Secondo gli alchimisti occidentali fioriti sulla costa del Mediterraneo, del Medioevo e fu perfino rappresentata nel 1488 da Giovanni di Stefano, la culla dell’alchimia nacque nell’antico Egitto. Una materia esoterica così figlio di Giovanni di Consolo, noto come ‘il Sassetta’, nel primo riquadro importante per la religione dei faraoni, che facevano risalire tutti gli avve- della navata centrale del pavimento del Duomo di Siena. Il nome di Ermete nimenti che riguardavano i comportamenti del genere umano al loro rap- Trismegisto era noto anche a Sant’Agostino che però bollava con veemenza porto con le divinità, non poteva che venire dal più grande e potente degli le pratiche magiche che sono contenute nella Tavola, dichiarando Ermete Dei della religione egizia come Ermete Trismegisto (Ἑρμῆς ὁ Τρισμέγιστος), rappresentante in terra del demonio. Testimonianze su Ermete Trismegisto tre volte grandissimo, discendente di Thot, dio egiziano delle matematiche (Pereira 2006: 263) comparvero anche nella Crisopea di un anonimo del e delle scienze che reggeva l’universo, governava sulle tre parti della sag- VII-IX secolo, nella Historia Nea dello storico bizantino Zosimo e nella in- gezza, cioè sapienza, scrittura e magia, e controllava le leggi del mondo. troduzione al Testamento di Morieno romano, il primo testo d’alchimia tra- Il figlio di Thot, Agathodemon, avrebbe generato un figlio di nome dotto dall’arabo nel 1144, dall’inglese Roberto di Chester (Pereira 2006: 241): Ermete. Molto probabilmente il nome Ermete Trismegisto deriva da una singolare contaminazione del nome del dio egiziano Toth con quello del Leggiamo nelle antiche storie sacre che vi furono un tempo tre filoso- dio greco Ermes (fig. 1). fi, ognuno dei quali ebbe nome Ermete. Il primo di essi fu Enoch, che con altro nome fu chiamato Ermete e con un altro ancora Mercurio. Il secondo fu Noè, anche lui denominato inoltre Ermete e Mercurio. Il terzo infine fu quell’Ermete che regnò a lungo in Egitto dopo il diluvio. Questi fu chiamato dai nostri predecessori ‘Triplice’, a motivo delle tre dignità che Dio gli aveva conferito. Egli infatti fu re, filosofo e profeta.

Il testamento di Morieno comparve anche nella Bibliotheca chemica curiosa, pubblicata a Ginevra dal medico e collezionista di scritti alche- mici Jean Jacques Manget nel 1702. Anche l’egiziano Bolos di Mendes (Bolo Democrito), vissuto tra il III e il II secolo a.C., fu tra i primi alchimisti a descrivere le tecniche degli artigiani egiziani, persiani, babilonesi e siriani, in un testo, Physika, in quattro libri. A differenza degli altri alchimisti, egli s’interessava alle tra- sformazioni della materia, che riteneva corrispondessero ai cambiamenti di colore dei metalli nella preparazione di leghe. Il suo scopo era di trovare ricette per fare in modo che un metallo vile rassomigliasse all’oro. Queste sue idee segnarono la nascita della pietra filosofale e del sogno degli alchi- misti. Bolos era anche noto come pseudo-Democrito perché ben presto molte sue opere circolarono, forse per intento dello stesso autore, sotto il nome del famoso filosofo; di conseguenza i suoi trattati furono falsamen- te attribuiti a Democrito da eruditi posteriori come ad esempio Varrone, Figura 1 – Hermes Trismegistus. Plinio il giovane e Petronio. 2 STORIA DELLA CHIMICA

I Miti che raccontano le imprese di Thot lo descrivono come un Dio CAPITOLO I esperto in astronomia, mago e medico per eccellenza, chiamato sia «il Contatore delle Stelle», che «il Numeratore della Terra» o anche il «Dio L’ALCHIMIA EGIZIANA degli Scribi e della Scrittura geroglifica» e perfino il «Signore delle Parole Divine», cioè delle «parole di potere con cui è possibile dar forma e po- tenza al pensiero» (Russo Pavan 2000). Ermete Trismegisto, celebrato per la sua saggezza e per le sue opere, avrebbe scritto la famosa Tabula Smaragdina (Tavola di smeraldo), uno dei documenti più antichi di natura alchemica, noto nel primo Medioevo nella traduzione latina di Ugo di Santalla (Holmyard 1957: 103). La figura di Ermete Trismegisto ha colpito la fantasia di moltissimi scrittori e artisti Secondo gli alchimisti occidentali fioriti sulla costa del Mediterraneo, del Medioevo e fu perfino rappresentata nel 1488 da Giovanni di Stefano, la culla dell’alchimia nacque nell’antico Egitto. Una materia esoterica così figlio di Giovanni di Consolo, noto come ‘il Sassetta’, nel primo riquadro importante per la religione dei faraoni, che facevano risalire tutti gli avve- della navata centrale del pavimento del Duomo di Siena. Il nome di Ermete nimenti che riguardavano i comportamenti del genere umano al loro rap- Trismegisto era noto anche a Sant’Agostino che però bollava con veemenza porto con le divinità, non poteva che venire dal più grande e potente degli le pratiche magiche che sono contenute nella Tavola, dichiarando Ermete Dei della religione egizia come Ermete Trismegisto (Ἑρμῆς ὁ Τρισμέγιστος), rappresentante in terra del demonio. Testimonianze su Ermete Trismegisto tre volte grandissimo, discendente di Thot, dio egiziano delle matematiche (Pereira 2006: 263) comparvero anche nella Crisopea di un anonimo del e delle scienze che reggeva l’universo, governava sulle tre parti della sag- VII-IX secolo, nella Historia Nea dello storico bizantino Zosimo e nella in- gezza, cioè sapienza, scrittura e magia, e controllava le leggi del mondo. troduzione al Testamento di Morieno romano, il primo testo d’alchimia tra- Il figlio di Thot, Agathodemon, avrebbe generato un figlio di nome dotto dall’arabo nel 1144, dall’inglese Roberto di Chester (Pereira 2006: 241): Ermete. Molto probabilmente il nome Ermete Trismegisto deriva da una singolare contaminazione del nome del dio egiziano Toth con quello del Leggiamo nelle antiche storie sacre che vi furono un tempo tre filoso- dio greco Ermes (fig. 1). fi, ognuno dei quali ebbe nome Ermete. Il primo di essi fu Enoch, che con altro nome fu chiamato Ermete e con un altro ancora Mercurio. Il secondo fu Noè, anche lui denominato inoltre Ermete e Mercurio. Il terzo infine fu quell’Ermete che regnò a lungo in Egitto dopo il diluvio. Questi fu chiamato dai nostri predecessori ‘Triplice’, a motivo delle tre dignità che Dio gli aveva conferito. Egli infatti fu re, filosofo e profeta.

Il testamento di Morieno comparve anche nella Bibliotheca chemica curiosa, pubblicata a Ginevra dal medico e collezionista di scritti alche- mici Jean Jacques Manget nel 1702. Anche l’egiziano Bolos di Mendes (Bolo Democrito), vissuto tra il III e il II secolo a.C., fu tra i primi alchimisti a descrivere le tecniche degli artigiani egiziani, persiani, babilonesi e siriani, in un testo, Physika, in quattro libri. A differenza degli altri alchimisti, egli s’interessava alle tra- sformazioni della materia, che riteneva corrispondessero ai cambiamenti di colore dei metalli nella preparazione di leghe. Il suo scopo era di trovare ricette per fare in modo che un metallo vile rassomigliasse all’oro. Queste sue idee segnarono la nascita della pietra filosofale e del sogno degli alchi- misti. Bolos era anche noto come pseudo-Democrito perché ben presto molte sue opere circolarono, forse per intento dello stesso autore, sotto il nome del famoso filosofo; di conseguenza i suoi trattati furono falsamen- te attribuiti a Democrito da eruditi posteriori come ad esempio Varrone, Figura 1 – Hermes Trismegistus. Plinio il giovane e Petronio. 4 STORIA DELLA CHIMICA

a sostituirsi la fede nell’illuminazione e nei riti magici che trovava nella CAPITOLO 2 filosofia degli gnostici la sua espressione più significativa. Lo gnosticismo, dal greco γνώσις (‘conoscenza’), era un antichissimo L’ALCHIMIA ALESSANDRINA E PALEOCRISTIANA movimento legato a un’antica religione babilonese, nel quale si fondevano motivi provenienti dalle religioni orientali, da quelle greche, dall’ebraismo e dalla religione cristiana. Lo gnosticismo ebbe la sua massima diffusione nel II e III secolo d.C. predicando il dualismo tra gli opposti. Nel III secolo d.C. si sviluppò poi il neoplatonismo, fondato da Ammonio Sacca, ‘Am- monius Saccas’ (175?-252 d.C.), il cui esponente più importante fu Plotino (204-270 d.C.), che rivedeva il pensiero di Platone. Secondo Plotino Dio non avrebbe creato, ma emanato volontariamente il mondo, come il sole ema- L’alchimia cominciò a svilupparsi come scienza nel Delta del Nilo, ad na calore. Dio creò quindi i diversi livelli di realtà per ‘ipostasi’, cioè per Alessandria, città fondata da Alessandro Magno nel 332 a.C., che divenne emanazione diretta secondo una precisa struttura gerarchica. Nell’ordine in breve tempo il più importante centro culturale dell’epoca, culla dell’al- l’emanazione più vicina a Dio creò l’intelletto (il nous), quella successiva chimia ellenistica nata dalla fusione della filosofia greca con il misticismo il principio vitale di ogni cosa e quella all’ultimo livello il mondo terreno. orientale e con la tecnologia egiziana (Califano 2010: 33). Il mondo alchemico alessandrino è ben documentato. Un papiro del III Alla morte di Alessandro, Tolomeo Sotere (ca. 367-283 a.C.) divenne secolo d.C. trovato a Leida nel 1885 (Caley 1926) contiene ricette di metal- satrapo d’Egitto e nel 305 a.C. si proclamò re, iniziando la dinastia dei lurgia e metodi di lavorazione dei metalli (Pereira 2006: 8): Tolomei, grandi mecenati della cultura e dell’arte. Sotto il governo di To- lomeo II Filadelfo (309-246 a.C.) furono fondati la Biblioteca e il Museo L’oro si tinge in modo che diventi buono. Misi (pirite di ferro), sale e di Alessandria. aceto per la purificazione dell’oro vengano mescolati tutti insieme e si Tolomeo Filadelfo riuscì a procurarsi la biblioteca di Aristotele e fon- getti il detto oro nel vaso in mezzo alle medicine; gettatovelo, si lasci dò l’Università o Museo al fine di raccogliere i maggiori studiosi del mon- stare per un po’ di tempo; lo si tolga dal vaso, si scaldi sul carbone e si do. La biblioteca era dotata di oltre 50000 volumi, che raccoglievano tutta getti di nuovo nel vaso dov’è la detta medicina. Si faccia questo più volte la cultura dell’epoca. Alessandria divenne un centro di grande cultura, di finché non diventi buono. Papiro( di Leida, ricetta n.14, Tintura d’oro). letteratura, grammatica, filologia, linguistica e di numerose attività scien- tifiche (Dumas 1937). Fu in questo clima che Bolo di Mende scrisse la sua Un secondo papiro, trovato a Stoccolma nel 1913 e risalente anch’esso Physika dedicata alla preparazione dell’oro, dell’argento, delle gemme pre- al III secolo d.C., noto anche come papiro Holmiensis, contiene stralci di ziose e della porpora. Acquistarono una straordinaria importanza anche ricette di mordenzatura e tintura di tessuti e di fabbricazione di false pie- i contatti con l’estero attraverso il porto commerciale di Alessandria e le tre preziose (Pereira 2006: 15): città del Delta come Mende, nome greco dell’antica capitale Permanebse- te, o Djedet, di uno dei distretti del basso Egitto. Fai bollire dell’asfodelo e del nitro. Immergivi la lana, otto dracme per Le scienze naturali furono rappresentate ad Alessandria da famosi dot- volta, allargandola. Poi prendi una mina di vinaccia, battila e mettila ti i cui nomi fanno capire quale fosse il livello della sua cultura tecnico- in infusione in aceto lasciandovela per sei ore. Poi, dopo che ha bolli- scientifica. La scuola di matematica nacque con Euclide (ca. 325-270 a.C.), to, immergivi la lana. il più famoso geometra di tutti i secoli, e divenne grande grazie alla pre- senza di Apollonio di Perga (ca. 262-190 a.C.), altro importante geometra, I due papiri, molto probabilmente compilati a Tebe, in un periodo tra autore del trattato Le Coniche in otto volumi. Al suo sviluppo contribu- il 250 e il 350 d.C., da un unico amanuense che probabilmente si servì di irono inoltre Ipparco di Nicea (ca. 190-120 a.C.), Eratostene (ca. 276-194 fonti diverse, comprendono raccolte di tecniche metallurgiche e chimi- a.C.) di Cirene, direttore della biblioteca di Alessandria, così come Clau- che, come fabbricazione di colori, di inchiostri ecc. I testi sono stilati in dio Tolomeo (83-168 d.C.), autore dell’Almagesto e del modello geocentri- uno strano greco, ricco di barbarismi e di errori di ortografia, forse dovuti co dell’universo che ha dominato l’astronomia fino a Copernico e Galileo alle imprecisioni della lingua parlata in Egitto in quell’epoca. In entram- (Califano 2010: 34). Nel tempo però la cultura alessandrina perse il suo bi manca quasi completamente la parte esoterica e magica, che di regola slancio iniziale, sotto l’influsso delle religioni orientali che si affiancaro- serviva ad iniziare un testo, che invece in questo caso si limita alle nor- no alla religione ufficiale dei faraoni. All’osservazione subentrava la rive- mali invocazioni agli Dei. Questi antichissimi scritti alchemici riguarda- lazione mistica mentre alla fiducia nella ragione e nella logica cominciava no soprattutto la contraffazione dell’oro, dell’argento e di pietre preziose 4 STORIA DELLA CHIMICA

a sostituirsi la fede nell’illuminazione e nei riti magici che trovava nella CAPITOLO 2 filosofia degli gnostici la sua espressione più significativa. Lo gnosticismo, dal greco γνώσις (‘conoscenza’), era un antichissimo L’ALCHIMIA ALESSANDRINA E PALEOCRISTIANA movimento legato a un’antica religione babilonese, nel quale si fondevano motivi provenienti dalle religioni orientali, da quelle greche, dall’ebraismo e dalla religione cristiana. Lo gnosticismo ebbe la sua massima diffusione nel II e III secolo d.C. predicando il dualismo tra gli opposti. Nel III secolo d.C. si sviluppò poi il neoplatonismo, fondato da Ammonio Sacca, ‘Am- monius Saccas’ (175?-252 d.C.), il cui esponente più importante fu Plotino (204-270 d.C.), che rivedeva il pensiero di Platone. Secondo Plotino Dio non avrebbe creato, ma emanato volontariamente il mondo, come il sole ema- L’alchimia cominciò a svilupparsi come scienza nel Delta del Nilo, ad na calore. Dio creò quindi i diversi livelli di realtà per ‘ipostasi’, cioè per Alessandria, città fondata da Alessandro Magno nel 332 a.C., che divenne emanazione diretta secondo una precisa struttura gerarchica. Nell’ordine in breve tempo il più importante centro culturale dell’epoca, culla dell’al- l’emanazione più vicina a Dio creò l’intelletto (il nous), quella successiva chimia ellenistica nata dalla fusione della filosofia greca con il misticismo il principio vitale di ogni cosa e quella all’ultimo livello il mondo terreno. orientale e con la tecnologia egiziana (Califano 2010: 33). Il mondo alchemico alessandrino è ben documentato. Un papiro del III Alla morte di Alessandro, Tolomeo Sotere (ca. 367-283 a.C.) divenne secolo d.C. trovato a Leida nel 1885 (Caley 1926) contiene ricette di metal- satrapo d’Egitto e nel 305 a.C. si proclamò re, iniziando la dinastia dei lurgia e metodi di lavorazione dei metalli (Pereira 2006: 8): Tolomei, grandi mecenati della cultura e dell’arte. Sotto il governo di To- lomeo II Filadelfo (309-246 a.C.) furono fondati la Biblioteca e il Museo L’oro si tinge in modo che diventi buono. Misi (pirite di ferro), sale e di Alessandria. aceto per la purificazione dell’oro vengano mescolati tutti insieme e si Tolomeo Filadelfo riuscì a procurarsi la biblioteca di Aristotele e fon- getti il detto oro nel vaso in mezzo alle medicine; gettatovelo, si lasci dò l’Università o Museo al fine di raccogliere i maggiori studiosi del mon- stare per un po’ di tempo; lo si tolga dal vaso, si scaldi sul carbone e si do. La biblioteca era dotata di oltre 50000 volumi, che raccoglievano tutta getti di nuovo nel vaso dov’è la detta medicina. Si faccia questo più volte la cultura dell’epoca. Alessandria divenne un centro di grande cultura, di finché non diventi buono. Papiro( di Leida, ricetta n.14, Tintura d’oro). letteratura, grammatica, filologia, linguistica e di numerose attività scien- tifiche (Dumas 1937). Fu in questo clima che Bolo di Mende scrisse la sua Un secondo papiro, trovato a Stoccolma nel 1913 e risalente anch’esso Physika dedicata alla preparazione dell’oro, dell’argento, delle gemme pre- al III secolo d.C., noto anche come papiro Holmiensis, contiene stralci di ziose e della porpora. Acquistarono una straordinaria importanza anche ricette di mordenzatura e tintura di tessuti e di fabbricazione di false pie- i contatti con l’estero attraverso il porto commerciale di Alessandria e le tre preziose (Pereira 2006: 15): città del Delta come Mende, nome greco dell’antica capitale Permanebse- te, o Djedet, di uno dei distretti del basso Egitto. Fai bollire dell’asfodelo e del nitro. Immergivi la lana, otto dracme per Le scienze naturali furono rappresentate ad Alessandria da famosi dot- volta, allargandola. Poi prendi una mina di vinaccia, battila e mettila ti i cui nomi fanno capire quale fosse il livello della sua cultura tecnico- in infusione in aceto lasciandovela per sei ore. Poi, dopo che ha bolli- scientifica. La scuola di matematica nacque con Euclide (ca. 325-270 a.C.), to, immergivi la lana. il più famoso geometra di tutti i secoli, e divenne grande grazie alla pre- senza di Apollonio di Perga (ca. 262-190 a.C.), altro importante geometra, I due papiri, molto probabilmente compilati a Tebe, in un periodo tra autore del trattato Le Coniche in otto volumi. Al suo sviluppo contribu- il 250 e il 350 d.C., da un unico amanuense che probabilmente si servì di irono inoltre Ipparco di Nicea (ca. 190-120 a.C.), Eratostene (ca. 276-194 fonti diverse, comprendono raccolte di tecniche metallurgiche e chimi- a.C.) di Cirene, direttore della biblioteca di Alessandria, così come Clau- che, come fabbricazione di colori, di inchiostri ecc. I testi sono stilati in dio Tolomeo (83-168 d.C.), autore dell’Almagesto e del modello geocentri- uno strano greco, ricco di barbarismi e di errori di ortografia, forse dovuti co dell’universo che ha dominato l’astronomia fino a Copernico e Galileo alle imprecisioni della lingua parlata in Egitto in quell’epoca. In entram- (Califano 2010: 34). Nel tempo però la cultura alessandrina perse il suo bi manca quasi completamente la parte esoterica e magica, che di regola slancio iniziale, sotto l’influsso delle religioni orientali che si affiancaro- serviva ad iniziare un testo, che invece in questo caso si limita alle nor- no alla religione ufficiale dei faraoni. All’osservazione subentrava la rive- mali invocazioni agli Dei. Questi antichissimi scritti alchemici riguarda- lazione mistica mentre alla fiducia nella ragione e nella logica cominciava no soprattutto la contraffazione dell’oro, dell’argento e di pietre preziose L’ALCHIMIA ALESSANDRINA E PALEOCRISTIANA 5 6 STORIA DELLA CHIMICA e appartengono al periodo in cui le tecniche empiriche sviluppate dagli La storia dell’alchimia paleocristiana fu anche storia di persecuzioni, artigiani greco-egiziani entrarono a far parte della tradizione alchemica. emarginazioni, esili ed eresie. La lapidazione della filosofa, matematica L’alchimia era importante anche nel mondo paleocristiano, come è e astronoma Ipatia, ingiustamente accusata di eresia, obiettivo innocen- testimoniato da una specie di enciclopedia dell’alchimia in 28 volumi, le te della collera cristiana, è un chiaro esempio delle violenze che carat- Operazioni manuali, scritta da Zosimo di Panopolis (Mertens 2006), cit- terizzarono la scienza in quel periodo. Proprio a degli eretici i cristiani tà dell’alto Egitto, intorno al 300 d.C. Zosimo, noto ai romani come Ro- orientali, detti anche Nestoriani, cacciati da Edessa nel 489 e rifugiatisi in sinus, è quasi certamente il primo alchimista greco di cui si abbia notizia Persia, dobbiamo invece in gran parte la trasmissione dell’arte sacra nel certa (Zosimo di Panopoli 2004: 126-139). Solo cinque libri dell’enciclo- vicino Oriente e la nascita delle traduzioni in greco dei testi arabi a Nibisi pedia di Zosimo si sono salvati dall’incuria del tempo, tra cui le Memorie e a Jund-î Shâpurî dove sorsero i primi centri per la traduzione dal greco. autentiche, dedicate a una dama Theosebia, nominata come sua sorella. I testi noti sono un intreccio di magia, filosofia e ricette alchemiche (Via- no 2005). Le procedure alchemiche, descritte come strumento di salvezza spirituale, testimoniano la fiducia nel significato religioso e mistico della materia e si configurano come il primo stadio dell’alchimia spirituale che divenne poi importante nel Rinascimento. Zosimo racconta nei testi di essere stato allievo di Maria la giudea, nota anche come Maria Profetis- sa o come Maria d’Alessandria, una antica filosofa ed alchimista, vissuta probabilmente ad Alessandria d’Egitto tra il primo ed il terzo secolo d.C. Di Maria la giudea non si conoscono opere, ma è citata da tutti gli scrit- tori posteriori come l’inventore di molti strumenti alchemici tra i quali il kerotàkis, un alambicco suddiviso in tre parti, fatto per preparare col calore solfuri di metalli, ottenuti lasciando che i vapori di zolfo provenienti dal fondo dell’apparecchio reagissero con i metalli allo stato puro; il trìbikos, un sublimatore in rame e il bagno-Maria, un recipiente pieno di acqua o anche di sabbia per riscaldare recipienti senza tenerli in contatto diretto col fuoco (Patai 1982: 82-83; Patai 1995: 60-91). La tradizione ellenistica era tipicamente esoterica e occultistica, soste- nendo che la Natura fosse conoscibile solo per rivelazione divina. L’idea che la conoscenza rivelata, depositata in scritti contenenti concezioni al- chemiche ed esoteriche, non dovesse essere di dominio pubblico divenne una continua preoccupazione degli alchimisti che consideravano indispen- sabile sottrarla al volgo per evitarne svilimenti o abusi. Incredibilmente questa idea è sopravvissuta fino a noi. Perfino un grande scienziato come Isaac Newton scrisse una lettera al suo amico pregandolo di mantenere il silenzio sull’alchimia, convinto che il sapere degli alchimi- sti dovesse essere riservato a pochi eletti perché la sua diffusione poteva rappresentare un pericolo per persone non preparate. Secondo i principi della tradizione che gli enciclopedisti paleocristiani e poi quelli romani e medievali codificarono, i misteri della Natura dove- vano essere registrati nei libri secretorum contenenti experimenta da tra- mandare ai posteri che andavano dalle proprietà curative di erbe, animali e pietre, alle arti meccaniche come la lavorazione dei metalli, la pittura e la tintura, alle magie e agli illusionismi, a varie tecniche artigianali e per- fino a ricette culinarie. Nel II e nel III secolo le arti meccaniche divenne- ro l’oggetto di una ricca trattazione ermetica e iniziatica, che in seguito si affermerà come lo stile ufficiale della letteratura alchemica. L’ALCHIMIA ALESSANDRINA E PALEOCRISTIANA 5 6 STORIA DELLA CHIMICA e appartengono al periodo in cui le tecniche empiriche sviluppate dagli La storia dell’alchimia paleocristiana fu anche storia di persecuzioni, artigiani greco-egiziani entrarono a far parte della tradizione alchemica. emarginazioni, esili ed eresie. La lapidazione della filosofa, matematica L’alchimia era importante anche nel mondo paleocristiano, come è e astronoma Ipatia, ingiustamente accusata di eresia, obiettivo innocen- testimoniato da una specie di enciclopedia dell’alchimia in 28 volumi, le te della collera cristiana, è un chiaro esempio delle violenze che carat- Operazioni manuali, scritta da Zosimo di Panopolis (Mertens 2006), cit- terizzarono la scienza in quel periodo. Proprio a degli eretici i cristiani tà dell’alto Egitto, intorno al 300 d.C. Zosimo, noto ai romani come Ro- orientali, detti anche Nestoriani, cacciati da Edessa nel 489 e rifugiatisi in sinus, è quasi certamente il primo alchimista greco di cui si abbia notizia Persia, dobbiamo invece in gran parte la trasmissione dell’arte sacra nel certa (Zosimo di Panopoli 2004: 126-139). Solo cinque libri dell’enciclo- vicino Oriente e la nascita delle traduzioni in greco dei testi arabi a Nibisi pedia di Zosimo si sono salvati dall’incuria del tempo, tra cui le Memorie e a Jund-î Shâpurî dove sorsero i primi centri per la traduzione dal greco. autentiche, dedicate a una dama Theosebia, nominata come sua sorella. I testi noti sono un intreccio di magia, filosofia e ricette alchemiche (Via- no 2005). Le procedure alchemiche, descritte come strumento di salvezza spirituale, testimoniano la fiducia nel significato religioso e mistico della materia e si configurano come il primo stadio dell’alchimia spirituale che divenne poi importante nel Rinascimento. Zosimo racconta nei testi di essere stato allievo di Maria la giudea, nota anche come Maria Profetis- sa o come Maria d’Alessandria, una antica filosofa ed alchimista, vissuta probabilmente ad Alessandria d’Egitto tra il primo ed il terzo secolo d.C. Di Maria la giudea non si conoscono opere, ma è citata da tutti gli scrit- tori posteriori come l’inventore di molti strumenti alchemici tra i quali il kerotàkis, un alambicco suddiviso in tre parti, fatto per preparare col calore solfuri di metalli, ottenuti lasciando che i vapori di zolfo provenienti dal fondo dell’apparecchio reagissero con i metalli allo stato puro; il trìbikos, un sublimatore in rame e il bagno-Maria, un recipiente pieno di acqua o anche di sabbia per riscaldare recipienti senza tenerli in contatto diretto col fuoco (Patai 1982: 82-83; Patai 1995: 60-91). La tradizione ellenistica era tipicamente esoterica e occultistica, soste- nendo che la Natura fosse conoscibile solo per rivelazione divina. L’idea che la conoscenza rivelata, depositata in scritti contenenti concezioni al- chemiche ed esoteriche, non dovesse essere di dominio pubblico divenne una continua preoccupazione degli alchimisti che consideravano indispen- sabile sottrarla al volgo per evitarne svilimenti o abusi. Incredibilmente questa idea è sopravvissuta fino a noi. Perfino un grande scienziato come Isaac Newton scrisse una lettera al suo amico Robert Boyle pregandolo di mantenere il silenzio sull’alchimia, convinto che il sapere degli alchimi- sti dovesse essere riservato a pochi eletti perché la sua diffusione poteva rappresentare un pericolo per persone non preparate. Secondo i principi della tradizione che gli enciclopedisti paleocristiani e poi quelli romani e medievali codificarono, i misteri della Natura dove- vano essere registrati nei libri secretorum contenenti experimenta da tra- mandare ai posteri che andavano dalle proprietà curative di erbe, animali e pietre, alle arti meccaniche come la lavorazione dei metalli, la pittura e la tintura, alle magie e agli illusionismi, a varie tecniche artigianali e per- fino a ricette culinarie. Nel II e nel III secolo le arti meccaniche divenne- ro l’oggetto di una ricca trattazione ermetica e iniziatica, che in seguito si affermerà come lo stile ufficiale della letteratura alchemica. 8 STORIA DELLA CHIMICA

con il termine kinnabari o kimmabazi (puzzo di becco), che designava sia CAPITOLO 3 il rosso ottenuto con il cinabro, sia un rosso a base di piombo, il ‘minio’. Nel libro dei nove elisir (Huangdi jiuding shendan jing) e in altri testi dei L’ALCHIMIA CINESE primi secoli d.C. il cinabro non era sempre però l’ingrediente principale di un elisir, ma poteva essere sostituito dall’amalgama di piombo e mercurio. L’elisir era trasmutato in oro gettandovi dentro piccolissime parti del me- tallo. Gli alchimisti credevano che, ingerendo oro, metallo incorruttibile ed eterno, si raggiungesse l’immortalità. Dal 144 a.C. un editto imperiale condannava a morte chi falsificava l’oro. La trasformazione dei metalli in oro aveva quindi scopi diversi da quella che ebbe nel mondo occidentale. Chen Shaowei ad esempio descrisse la preparazione di un elisir ottenuto L’alchimia si sviluppò in Cina nello stesso periodo in cui nasceva in raffinando il cinabro in cicli successivi di raffinamento per produrre un Mesopotamia e nell’antico Egitto (Mason 1962: 69 sgg.), anche se è mol- ‘oro’ che poteva essere ingerito senza problemi. to probabile che scambi commerciali avvenuti seguendo le carovane che Secondo una leggenda cinese, vecchia di circa 2500 anni, il grande pa- trasportavano mercanzie e informazioni abbiano fin dall’inizio prodotto triarca Yen Tzu fondò, nelle montagne di una provincia della parte orien- trasferimenti d’idee tra le due culture (Holmyard 1957). tale della Cina, una famosa accademia che attrasse l’interesse di grandi Riferimenti a pratiche alchemiche si trovano in molti miti e leggende mercanti così come di singole persone, predicando i segreti di una nuova della Cina antica. Un testo fondamentale per la comprensione dell’alchi- alchimia che avrebbe procurato benessere e felicità. Yen Tzu, membro del mia cinese è rappresentato dal libro Myths & Legends of China del 1922, circolo dei saggi taoisti, avrebbe conosciuto la saggezza metafisica degli scritto da Edward Theodore Chalmers Werner (1864-1954), un diploma- anziani. La sua filosofia seguiva i concetti della comprensione interna -at tico britannico e sinologo specializzato nello studio di superstizioni, mi- traverso l’autocontrollo della comprensione interiore. Yen Tsu promette- ti e pratiche magiche in Cina (Werner 2007). Il libro di Werner contiene va di poter arricchire lo Stato tramite l’alchimia e sosteneva che grazie ai molte notizie sull’alchimia cinese nel periodo pre-cristiano. A titolo di suoi segreti era riuscito a far maturare velocemente il miglio in una regio- esempio riportiamo una citazione riportata nel libro, estratta da vecchi ne dove la stagione era stata freddissima. documenti cinesi: Gli imperatori cinesi erano molto sensibili alla possibilità di ottenere oro con metodi alchemici. Vecchi testi cinesi raccontano che l’imperato- Chang Tao-Ling, il primo grande sacerdote della religione Taoista nato re Wu accolse alla sua corte un alchimista che asseriva di avere scoperto nel A.D. 35 durante il regno dell’imperatore Kuang Wu Ti della dina- il segreto dell’immortalità e di trasmutare il cinabro in oro e che l’impe- stia Hari, si dedicò allo studio e alla meditazione, rifiutando tutte le ratore Suan incaricò il giovane e colto Liu Hsiang di condurre esperimenti offerte di entrare al servizio dello Stato. Ritiratosi nelle montagne della alchemici per fabbricare l’oro secondo le antiche ricette di Tsu Yen conte- Cina occidentale si era dedicato allo studio dell’alchimia e a coltivare nute nei testi Il gran Tesoro e I segreti del Parco. le virtù di purezza e di astrazione mentale. Dalle mani dell’alchimista Molte notizie sull’alchimia cinese si ritrovano anche nel Tsan-tung-chi Lao Tzu, ricevette un trattato mistico la cui lettura gli permise di ot- (il documento dei tre simili) del II o III secolo d.C., opera probabilmente tenere l’elisir della vita. di molti autori in cui è esposta la preparazione della pillola d’oro dell’im- mortalità. Il grande maestro taoista Ko-Hung (254-334), che scriveva sotto Alla base di tutto il pensiero alchemico cinese dell’antichità compare lo pseudonimo di Bao-Pu-Dzu (l’antico savio sereno) espose in dettaglio sempre il cinabro, solfuro di mercurio, un solido di colore rossiccio terroso tutte le regole per la preparazione di elisir di lunga vita capaci di conver- che, per la sua capacità di trasformarsi in mercurio, rivestiva un ruolo di tire il mercurio in oro e la lega stagno-piombo in argento, ottenuti usan- primaria importanza nelle tecniche di longevità e di ricerca dell’immor- do solfuro d’arsenico, zolfo, cianuro, allume, mica, gesso e resina di pino. talità, proprie del taoismo. Il cinabro è però una sostanza velenosa e molti Questi elisir ingeriti in piccolissime dosi, per un centinaio di giorni rende- imperatori cinesi morirono avvelenati proprio per aver ingerito cinabro vano immortali. Il testo parlava anche di elisir fatti con farmaci vegetali, nel tentativo di divenire immortali. ma insisteva nel dire che l’immortalità si raggiungeva solo con gli elisir I cinesi furono anche tra i primi a utilizzare il minerale cinabro (sol- minerali. Specificava anche che per imparare l’alchimia non ci sono testi furo di mercurio) anche come uno dei più importanti materiali dell’arte sufficienti perché il segreto è tenuto nascosto e si rivela solo oralmente. pittorica. In Occidente questo pigmento sembra essere arrivato solo nel In Cina la provincia dell’Yunnan fu per secoli un importante centro VI secolo a.C.; nel IV scolo a.C. il cinabro era però già citato da Teofrasto estrattivo di mercurio, che era poi inviato in Asia e in India. Fu proprio 8 STORIA DELLA CHIMICA

con il termine kinnabari o kimmabazi (puzzo di becco), che designava sia CAPITOLO 3 il rosso ottenuto con il cinabro, sia un rosso a base di piombo, il ‘minio’. Nel libro dei nove elisir (Huangdi jiuding shendan jing) e in altri testi dei L’ALCHIMIA CINESE primi secoli d.C. il cinabro non era sempre però l’ingrediente principale di un elisir, ma poteva essere sostituito dall’amalgama di piombo e mercurio. L’elisir era trasmutato in oro gettandovi dentro piccolissime parti del me- tallo. Gli alchimisti credevano che, ingerendo oro, metallo incorruttibile ed eterno, si raggiungesse l’immortalità. Dal 144 a.C. un editto imperiale condannava a morte chi falsificava l’oro. La trasformazione dei metalli in oro aveva quindi scopi diversi da quella che ebbe nel mondo occidentale. Chen Shaowei ad esempio descrisse la preparazione di un elisir ottenuto L’alchimia si sviluppò in Cina nello stesso periodo in cui nasceva in raffinando il cinabro in cicli successivi di raffinamento per produrre un Mesopotamia e nell’antico Egitto (Mason 1962: 69 sgg.), anche se è mol- ‘oro’ che poteva essere ingerito senza problemi. to probabile che scambi commerciali avvenuti seguendo le carovane che Secondo una leggenda cinese, vecchia di circa 2500 anni, il grande pa- trasportavano mercanzie e informazioni abbiano fin dall’inizio prodotto triarca Yen Tzu fondò, nelle montagne di una provincia della parte orien- trasferimenti d’idee tra le due culture (Holmyard 1957). tale della Cina, una famosa accademia che attrasse l’interesse di grandi Riferimenti a pratiche alchemiche si trovano in molti miti e leggende mercanti così come di singole persone, predicando i segreti di una nuova della Cina antica. Un testo fondamentale per la comprensione dell’alchi- alchimia che avrebbe procurato benessere e felicità. Yen Tzu, membro del mia cinese è rappresentato dal libro Myths & Legends of China del 1922, circolo dei saggi taoisti, avrebbe conosciuto la saggezza metafisica degli scritto da Edward Theodore Chalmers Werner (1864-1954), un diploma- anziani. La sua filosofia seguiva i concetti della comprensione interna -at tico britannico e sinologo specializzato nello studio di superstizioni, mi- traverso l’autocontrollo della comprensione interiore. Yen Tsu promette- ti e pratiche magiche in Cina (Werner 2007). Il libro di Werner contiene va di poter arricchire lo Stato tramite l’alchimia e sosteneva che grazie ai molte notizie sull’alchimia cinese nel periodo pre-cristiano. A titolo di suoi segreti era riuscito a far maturare velocemente il miglio in una regio- esempio riportiamo una citazione riportata nel libro, estratta da vecchi ne dove la stagione era stata freddissima. documenti cinesi: Gli imperatori cinesi erano molto sensibili alla possibilità di ottenere oro con metodi alchemici. Vecchi testi cinesi raccontano che l’imperato- Chang Tao-Ling, il primo grande sacerdote della religione Taoista nato re Wu accolse alla sua corte un alchimista che asseriva di avere scoperto nel A.D. 35 durante il regno dell’imperatore Kuang Wu Ti della dina- il segreto dell’immortalità e di trasmutare il cinabro in oro e che l’impe- stia Hari, si dedicò allo studio e alla meditazione, rifiutando tutte le ratore Suan incaricò il giovane e colto Liu Hsiang di condurre esperimenti offerte di entrare al servizio dello Stato. Ritiratosi nelle montagne della alchemici per fabbricare l’oro secondo le antiche ricette di Tsu Yen conte- Cina occidentale si era dedicato allo studio dell’alchimia e a coltivare nute nei testi Il gran Tesoro e I segreti del Parco. le virtù di purezza e di astrazione mentale. Dalle mani dell’alchimista Molte notizie sull’alchimia cinese si ritrovano anche nel Tsan-tung-chi Lao Tzu, ricevette un trattato mistico la cui lettura gli permise di ot- (il documento dei tre simili) del II o III secolo d.C., opera probabilmente tenere l’elisir della vita. di molti autori in cui è esposta la preparazione della pillola d’oro dell’im- mortalità. Il grande maestro taoista Ko-Hung (254-334), che scriveva sotto Alla base di tutto il pensiero alchemico cinese dell’antichità compare lo pseudonimo di Bao-Pu-Dzu (l’antico savio sereno) espose in dettaglio sempre il cinabro, solfuro di mercurio, un solido di colore rossiccio terroso tutte le regole per la preparazione di elisir di lunga vita capaci di conver- che, per la sua capacità di trasformarsi in mercurio, rivestiva un ruolo di tire il mercurio in oro e la lega stagno-piombo in argento, ottenuti usan- primaria importanza nelle tecniche di longevità e di ricerca dell’immor- do solfuro d’arsenico, zolfo, cianuro, allume, mica, gesso e resina di pino. talità, proprie del taoismo. Il cinabro è però una sostanza velenosa e molti Questi elisir ingeriti in piccolissime dosi, per un centinaio di giorni rende- imperatori cinesi morirono avvelenati proprio per aver ingerito cinabro vano immortali. Il testo parlava anche di elisir fatti con farmaci vegetali, nel tentativo di divenire immortali. ma insisteva nel dire che l’immortalità si raggiungeva solo con gli elisir I cinesi furono anche tra i primi a utilizzare il minerale cinabro (sol- minerali. Specificava anche che per imparare l’alchimia non ci sono testi furo di mercurio) anche come uno dei più importanti materiali dell’arte sufficienti perché il segreto è tenuto nascosto e si rivela solo oralmente. pittorica. In Occidente questo pigmento sembra essere arrivato solo nel In Cina la provincia dell’Yunnan fu per secoli un importante centro VI secolo a.C.; nel IV scolo a.C. il cinabro era però già citato da Teofrasto estrattivo di mercurio, che era poi inviato in Asia e in India. Fu proprio L’ALCHIMIA CINESE 9 10 STORIA DELLA CHIMICA nell’Yunnan che il più antico alchimista cinese, Ko Hung, si fece trasfe- zolfo. Questo procedimento ripetuto nove volte portava finalmente a un rire per continuare i propri esperimenti alchemici, grazie alla facile di- elisir che conteneva le qualità luminose del puro Yang (Holmyard 1957: sponibilità di cinabro, convinto che proprio tramite l’oro e il cinabro si 35). La composizione dell’elisir era illustrata con istruzioni allegoriche e potesse raggiungere l’elisir di lunga vita. Ko Hung era un tipico alchimi- figurate, come nel brano preso dal testo di Holmyard (Holmyard 1957: sta convinto della necessità di non divulgarne i segreti in giro, perché la 35) che descrive una soluzione che evapora lasciando cristalli di soluto: conoscenza dell’alchimia doveva essere riservata a pochi eletti. In antichi testi consigliava di mantenere il riserbo sui testi alchemici e di trascriver- La cottura e la distillazione si operano nella caldaia; sotto splende la li utilizzando testi metaforici, come le fiabe. Consigliava inoltre a chi as- ruggente fiamma. Esce prima, segnando la via la Tigre bianca seguita sumesse l’elisir di continuare a mescolarsi ai mortali e di non svelare la dal dragone grigio, Chu-niao [uccello scarlatto] battendo le ali getta propria immortalità. via i cinque colori. Dibattendosi nelle reti che lo avvolgono è rigettato Secondo la tradizione cinese la materia era composta di cinque elemen- giù senza speranza, e ridotto all’impotenza grida con passione come ti – acqua, fuoco, legno, metallo e terra – generati dalla lotta tra i due po- un bambino dietro alla madre. Volente o nolente è gettato nella cal- teri contrastanti, l’yang e l’yin (Eliade 1956). Nella cultura cinese grande daia con gran danno delle sue penne. Prima che metà del tempo sia importanza aveva il numero cinque: cinque erano gli elementi, cinque le maturato, ecco apparire, veloci ed in gran numero i Draghi. I cinque direzioni dello spazio (nord, sud, est, ovest e centro), cinque i colori (gial- colori abbaglianti cambiano senza posa. Il fluido bolle con violenza lo, azzurro, rosso, bianco e nero), cinque i metalli (oro, argento, piombo, nel ting [forno]… Quando Yin e Yang si sono convenientemente con- giunti ritorna la tranquillità. rame e ferro) e cinque i pianeti della cosmologia cinese (Mercurio, Mar- te, Giove, Venere e Saturno). Tutte queste cose erano raggruppate cinque Nel periodo della dinastia Tang si realizzò lentamente la transizione a cinque: nero, acqua, nord, ferro e Mercurio; rosso, fuoco, sud, rame e dall’alchimia sperimentale a quella spirituale (alchimia esteriore) nella Marte; azzurro, legno, est, piombo e Giove; bianco, ovest, metallo, argento quale giocò un ruolo decisivo la tradizione taoista che attribuiva grande e Venere; giallo, terra, centro, oro e Saturno. Il compito dell’alchimista era importanza alla meditazione anche se non trascurava l’uso degli elisir. di percorrere in senso inverso la serie di trasmutazioni che portavano dallo Questa transizione è spesso considerata da un lato la conseguenza dell’al- stato iniziale del non-essere a quello finale, l’eternità. L’insegnamento era to numero d’avvelenamenti, molti dei quali tra gli imperatori, dovuti alla affidato a un ‘maestro’ che impartiva le istruzioni necessarie a compiere la somministrazione di elisir, e dall’altro della diffusione del buddismo. In trasformazione per raggiungere l’eternità. La trasformazione si realizzava tutti i casi non c’è dubbio che l’alchimia sperimentale perse sempre più o con elisir composti di minerali e metalli o nella mente dell’alchimista. importanza e intorno agli anni 1000 era praticamente sparita mentre il La trasformazione richiedeva che si superassero i limiti di spazio e tempo, suo linguaggio ermetico e figurato veniva adottato dall’alchimia spirituale. i due aspetti fondamentali del cosmo. Lo spazio era delimitato e protetto Un importante occultista e alchimista fu Zhang Guo il vecchio (figg. da talismani (fu) e sia il laboratorio sia gli strumenti di lavoro dovevano 1-2), il più eccentrico degli otto immortali nella mitologia cinese, che si di- essere orientati correttamente nello spazio. Il riscaldamento del crogiuo- ceva avesse raggiunto i cento anni e che al tempo dell’imperatrice Wu vive- lo in cui mescolava le sostanze per la preparazione dell’elisir doveva esse- va come un eremita nel Zhongtiao Shan nella Prefettura Heng (Héngzhōu) re regolato da cicli di tempo esattamente definiti affinché l’adepto potesse durante la dinastia Tang. Sostenitore accanito della negromanzia dichiara- compiere in poco tempo il lavoro compiuto dalla natura in migliaia di an- va di essere stato ministro dell’imperatore Yao durante una sua precedente ni. Nella filosofia taoista il tempo era circolare e quindi arrivare alla fine incarnazione. Zhang Guo Lao amava il vino ed era noto per preparare per del tempo o ritornare indietro al suo inizio era la stessa cosa. hobby un liquore da erbe e viticci che altri membri del gruppo degli otto Per l’alchimista era quindi essenziale raggiungere la separazione tra immortali bevevano ritenendo che avesse proprietà mediche. inizio e fine del tempo e dello spazio, in modo da riuscire a realizzare Le informazioni più importanti sull’alchimia cinese sono incluse nella l’immortalità, cioè l’assenza di tempo e spazio. Il centro dello spazio cor- collezione di testi taoisti, il Daozang, del XV secolo, in cui sono illustrate rispondeva, in effetti, al punto dove si trovava l’alchimista. Una volta che le due principali dottrine alchemiche, l’alchimia sperimentale o esteriore aveva eliminati spazio e tempo, l’alchimista si spostava dal punto più bas- wai-tan, e l’alchimia spirituale o interiore nai-tan. La prima è basata sulla so, lo yuan, a quello più alto, il tian (Califano 2010: 37). preparazione di elisir ottenuti da sostanze naturali e da metalli, mentre la Il più importante metodo dell’alchimia esteriore richiedeva invece l’u- seconda è una disciplina finalizzata a formare la conoscenza trascenden- so del cinabro (yang), molto abbondante nel sud della Cina, che si estraeva tale nella mente dell’alchimista. L’alchimista e saggio cinese noto con lo principalmente da cave nelle montagne. Il cinabro giocava nella tradizio- pseudonimo di Wei Po-yang compose il Tsan-tung-chi o Documento sui ne cinese un ruolo paragonabile a quello dell’oro in quella occidentale. Il Tre Simili in cui espose la preparazione della ‘pillola d’immortalità’ costi- mercurio contenuto nel cinabro veniva estratto e poi ricombinato con lo L’ALCHIMIA CINESE 9 10 STORIA DELLA CHIMICA nell’Yunnan che il più antico alchimista cinese, Ko Hung, si fece trasfe- zolfo. Questo procedimento ripetuto nove volte portava finalmente a un rire per continuare i propri esperimenti alchemici, grazie alla facile di- elisir che conteneva le qualità luminose del puro Yang (Holmyard 1957: sponibilità di cinabro, convinto che proprio tramite l’oro e il cinabro si 35). La composizione dell’elisir era illustrata con istruzioni allegoriche e potesse raggiungere l’elisir di lunga vita. Ko Hung era un tipico alchimi- figurate, come nel brano preso dal testo di Holmyard (Holmyard 1957: sta convinto della necessità di non divulgarne i segreti in giro, perché la 35) che descrive una soluzione che evapora lasciando cristalli di soluto: conoscenza dell’alchimia doveva essere riservata a pochi eletti. In antichi testi consigliava di mantenere il riserbo sui testi alchemici e di trascriver- La cottura e la distillazione si operano nella caldaia; sotto splende la li utilizzando testi metaforici, come le fiabe. Consigliava inoltre a chi as- ruggente fiamma. Esce prima, segnando la via la Tigre bianca seguita sumesse l’elisir di continuare a mescolarsi ai mortali e di non svelare la dal dragone grigio, Chu-niao [uccello scarlatto] battendo le ali getta propria immortalità. via i cinque colori. Dibattendosi nelle reti che lo avvolgono è rigettato Secondo la tradizione cinese la materia era composta di cinque elemen- giù senza speranza, e ridotto all’impotenza grida con passione come ti – acqua, fuoco, legno, metallo e terra – generati dalla lotta tra i due po- un bambino dietro alla madre. Volente o nolente è gettato nella cal- teri contrastanti, l’yang e l’yin (Eliade 1956). Nella cultura cinese grande daia con gran danno delle sue penne. Prima che metà del tempo sia importanza aveva il numero cinque: cinque erano gli elementi, cinque le maturato, ecco apparire, veloci ed in gran numero i Draghi. I cinque direzioni dello spazio (nord, sud, est, ovest e centro), cinque i colori (gial- colori abbaglianti cambiano senza posa. Il fluido bolle con violenza lo, azzurro, rosso, bianco e nero), cinque i metalli (oro, argento, piombo, nel ting [forno]… Quando Yin e Yang si sono convenientemente con- giunti ritorna la tranquillità. rame e ferro) e cinque i pianeti della cosmologia cinese (Mercurio, Mar- te, Giove, Venere e Saturno). Tutte queste cose erano raggruppate cinque Nel periodo della dinastia Tang si realizzò lentamente la transizione a cinque: nero, acqua, nord, ferro e Mercurio; rosso, fuoco, sud, rame e dall’alchimia sperimentale a quella spirituale (alchimia esteriore) nella Marte; azzurro, legno, est, piombo e Giove; bianco, ovest, metallo, argento quale giocò un ruolo decisivo la tradizione taoista che attribuiva grande e Venere; giallo, terra, centro, oro e Saturno. Il compito dell’alchimista era importanza alla meditazione anche se non trascurava l’uso degli elisir. di percorrere in senso inverso la serie di trasmutazioni che portavano dallo Questa transizione è spesso considerata da un lato la conseguenza dell’al- stato iniziale del non-essere a quello finale, l’eternità. L’insegnamento era to numero d’avvelenamenti, molti dei quali tra gli imperatori, dovuti alla affidato a un ‘maestro’ che impartiva le istruzioni necessarie a compiere la somministrazione di elisir, e dall’altro della diffusione del buddismo. In trasformazione per raggiungere l’eternità. La trasformazione si realizzava tutti i casi non c’è dubbio che l’alchimia sperimentale perse sempre più o con elisir composti di minerali e metalli o nella mente dell’alchimista. importanza e intorno agli anni 1000 era praticamente sparita mentre il La trasformazione richiedeva che si superassero i limiti di spazio e tempo, suo linguaggio ermetico e figurato veniva adottato dall’alchimia spirituale. i due aspetti fondamentali del cosmo. Lo spazio era delimitato e protetto Un importante occultista e alchimista fu Zhang Guo il vecchio (figg. da talismani (fu) e sia il laboratorio sia gli strumenti di lavoro dovevano 1-2), il più eccentrico degli otto immortali nella mitologia cinese, che si di- essere orientati correttamente nello spazio. Il riscaldamento del crogiuo- ceva avesse raggiunto i cento anni e che al tempo dell’imperatrice Wu vive- lo in cui mescolava le sostanze per la preparazione dell’elisir doveva esse- va come un eremita nel Zhongtiao Shan nella Prefettura Heng (Héngzhōu) re regolato da cicli di tempo esattamente definiti affinché l’adepto potesse durante la dinastia Tang. Sostenitore accanito della negromanzia dichiara- compiere in poco tempo il lavoro compiuto dalla natura in migliaia di an- va di essere stato ministro dell’imperatore Yao durante una sua precedente ni. Nella filosofia taoista il tempo era circolare e quindi arrivare alla fine incarnazione. Zhang Guo Lao amava il vino ed era noto per preparare per del tempo o ritornare indietro al suo inizio era la stessa cosa. hobby un liquore da erbe e viticci che altri membri del gruppo degli otto Per l’alchimista era quindi essenziale raggiungere la separazione tra immortali bevevano ritenendo che avesse proprietà mediche. inizio e fine del tempo e dello spazio, in modo da riuscire a realizzare Le informazioni più importanti sull’alchimia cinese sono incluse nella l’immortalità, cioè l’assenza di tempo e spazio. Il centro dello spazio cor- collezione di testi taoisti, il Daozang, del XV secolo, in cui sono illustrate rispondeva, in effetti, al punto dove si trovava l’alchimista. Una volta che le due principali dottrine alchemiche, l’alchimia sperimentale o esteriore aveva eliminati spazio e tempo, l’alchimista si spostava dal punto più bas- wai-tan, e l’alchimia spirituale o interiore nai-tan. La prima è basata sulla so, lo yuan, a quello più alto, il tian (Califano 2010: 37). preparazione di elisir ottenuti da sostanze naturali e da metalli, mentre la Il più importante metodo dell’alchimia esteriore richiedeva invece l’u- seconda è una disciplina finalizzata a formare la conoscenza trascenden- so del cinabro (yang), molto abbondante nel sud della Cina, che si estraeva tale nella mente dell’alchimista. L’alchimista e saggio cinese noto con lo principalmente da cave nelle montagne. Il cinabro giocava nella tradizio- pseudonimo di Wei Po-yang compose il Tsan-tung-chi o Documento sui ne cinese un ruolo paragonabile a quello dell’oro in quella occidentale. Il Tre Simili in cui espose la preparazione della ‘pillola d’immortalità’ costi- mercurio contenuto nel cinabro veniva estratto e poi ricombinato con lo L’ALCHIMIA CINESE 11 12 STORIA DELLA CHIMICA tuita d’oro alchemico. La pillola era tanto efficace che doveva essere pic- preparazione di un elisir dell’immortalità che avrebbe dato al corpo uma- colissima. In un commento di Wei Po-Yang al Libro delle mutazioni (circa no la perfezione e l’armonia con l’universo. Le ricette erano mescolate con 142 a.C.), il puro Yang si separa nei due principi complementari, quello concezioni cosmologiche e magiche, aggiungendo alle tecniche sperimen- maschile, yang, attivo e associato al sole e quello femminile, yin, passivo tali anche metodi taoisti per la conquista dell’immortalità. Due erano i più e associato alla luna. comuni e importanti metodi di preparazione dell’elisir, descritti spesso in modo allusivo e con un linguaggio ricco di metafore e di nomi segreti. Il primo metodo era basato sul piombo (yin) e sul mercurio (yang). Queste due sostanze erano raffinate e mescolate in un amalgama le cui proprietà erano paragonate alla situazione dell’Unità cosmica primordiale. Nell’al- chimia interiore il piombo denotava la conoscenza del dao, puro Yang, di cui ogni essere umano era dotato in principio ma che era oscurato nel suo stato naturale, cioè trasformato in yin. Il mercurio invece rappresentava la mente individuale. Il puro Yang non deve essere confuso con l’yang com- plementare e opposto all’yin, ma rappresenta l’assoluto, prima della sua separazione nei due opposti.

Figura 1 – Ermete Trismegisto, con il pesce tamburo.

Figura 2 – Una rappresentazione di Zhang Guo Lao.

È però importante far notare che l’alchimia cinese aveva finalità completamente diverse da quelle dell’alchimia occidentale. Il suo scopo non era come in Europa la trasformazione di metalli vili in oro, quanto la L’ALCHIMIA CINESE 11 12 STORIA DELLA CHIMICA tuita d’oro alchemico. La pillola era tanto efficace che doveva essere pic- preparazione di un elisir dell’immortalità che avrebbe dato al corpo uma- colissima. In un commento di Wei Po-Yang al Libro delle mutazioni (circa no la perfezione e l’armonia con l’universo. Le ricette erano mescolate con 142 a.C.), il puro Yang si separa nei due principi complementari, quello concezioni cosmologiche e magiche, aggiungendo alle tecniche sperimen- maschile, yang, attivo e associato al sole e quello femminile, yin, passivo tali anche metodi taoisti per la conquista dell’immortalità. Due erano i più e associato alla luna. comuni e importanti metodi di preparazione dell’elisir, descritti spesso in modo allusivo e con un linguaggio ricco di metafore e di nomi segreti. Il primo metodo era basato sul piombo (yin) e sul mercurio (yang). Queste due sostanze erano raffinate e mescolate in un amalgama le cui proprietà erano paragonate alla situazione dell’Unità cosmica primordiale. Nell’al- chimia interiore il piombo denotava la conoscenza del dao, puro Yang, di cui ogni essere umano era dotato in principio ma che era oscurato nel suo stato naturale, cioè trasformato in yin. Il mercurio invece rappresentava la mente individuale. Il puro Yang non deve essere confuso con l’yang com- plementare e opposto all’yin, ma rappresenta l’assoluto, prima della sua separazione nei due opposti.

Figura 1 – Ermete Trismegisto, con il pesce tamburo.

Figura 2 – Una rappresentazione di Zhang Guo Lao.

È però importante far notare che l’alchimia cinese aveva finalità completamente diverse da quelle dell’alchimia occidentale. Il suo scopo non era come in Europa la trasformazione di metalli vili in oro, quanto la 14 STORIA DELLA CHIMICA

La concezione del mondo di Anassimandro fu poi sviluppata dal suo CAPITOLO 4 discepolo Anassimene (585-528 a.C.), di Mileto, che sostituì l’aria all’in- distinto metafisico dell’ápeiron. Dall’aria sarebbe derivato il fuoco per LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO rarefazione attraverso il riscaldamento, mentre il raffreddamento avrebbe prodotto un ispessimento e una condensazione dell’aria, diventata vento, poi nuvola, poi acqua e infine terra. Le qualità degli elementi derivavano dalla quantità di materia primigenia in essi contenuta. Anassimene fu il primo a parlare concretamente dei quattro elementi iniziali, aria, acqua, fuoco e terra, che per secoli rappresenteranno nel pensiero occidentale gli elementi costituenti della materia. L’idea dell’αρχή fu poi ripresa da Pitagora di Samo, fondatore a Crotone nella Magna Grecia di una scuo- Già nel VII secolo a.C. i filosofi ionici, Talete, Anassimene, Anassi- la con intenti educativi e ascetici. Per Pitagora e per i suoi seguaci l’αρχή mandro, influenzati dalla cultura egiziana e babilonese che arrivava nella era il numero che aveva una vera dimensione fisica e che era alla base Ionia a dorso di cammello seguendo le vie del commercio, sostennero che della struttura di tutti gli oggetti geometrici. Le precedenti idee della la materia fosse generata da un principio unico, l’arché (αρχή), fondamen- scuola ionica furono riprese invece da Eraclito (535-475 a.C.) di Efeso, tale e incorruttibile, dal quale le cose si generavano e in cui ritornavano uno dei pensatori più originali del mondo greco (Colli 1977). Eraclito, quando si corrompevano. L’arché rimaneva immutato nel mutare delle che esponeva il suo pensiero con uno stile molto secco ed asciutto, ad- cose, ma ne determinava la diversità. dirittura criptico, al punto che Aristotele lo definiva ‘l’oscuro’, fu autore Il primo filosofo ionico a sviluppare una teoria della materia basata di un trattato intitolato Della natura (Perι fusewς). Eraclito era convinto sull’αρχή fu Talete di Mileto (640-546 a.C.) che identificò l’αρχή con l’ac- che in una natura senza origine e senza fine il mutare dei fenomeni era qua, poiché l’acqua liquida può essere trasformata in gas per riscaldamento dovuto a una legge universale che dava origine a continui cambiamen- e in solido per raffreddamento. Aristotele parla nella Metafisica di come ti nel mondo. Notissima è la frase παντα ρει (‘tutto scorre’) attribuita al Talete pensasse che la terra galleggiava sull’acqua e come da essa era sta- suo discepolo Cratilo, che condensava in due parole il famoso concetto ta generata tutta la materia (Aristotele, Metafisica, I, 3). Aristotele ricorda di Eraclito non-possiamo bagnarci due volte nello stesso fiume. In una na- anche come nell’antica tradizione il dio Oceano e la mitica ninfa Tetide tura in cui tutto cambia forma, l’arché di Eraclito non poteva che essere il fossero all’origine dell’umanità (Aristotele, Metafisica I,3): fuoco: dal fuoco, si sprigiona gas che diventa acqua, ed essa evaporando lascia residui solidi. Il fuoco, seguendo la via in discesa, si condensa in di tutte le cose il nutrimento è umido, e che perfino il calore se ne ge- acqua e poi in terra, mentre salendo verso l’alto diventa sempre più rare- nera e ne vive: ora ciò, da cui tutte le cose si generano, è ben esso il fatto finché ritorna a essere fuoco. principio di tutte le cose; da queste considerazioni dunque derivan- L’ultimo erede delle idee della scuola ionica fu Anassagora di Clazo- do tale concezione, e dall’aver natura umida i semi di tutte le cose, e mene (ca. 499-428 a.C.), matematico e astronomo, probabilmente allievo dall’essere appunto l’acqua nelle cose umide il principio della loro na- di Anassimene, che accettò sia l’idea dell’esistenza sia dell’infinitamente tura. E c’è chi crede che gli antichissimi, che hanno teologizzato gran grande sia dell’infinitamente piccolo (fig. 1). Il suo pensiero è arrivato tempo avanti la presente generazione e per i primi, abbiano pensato fino a noi in ventidue frammenti, appartenenti al primo libro di un suo nello stesso modo intorno alla natura, perché hanno fatto Oceano e scritto Sulla natura, che riportano gli elementi generali della sua dot- Tetide padri della generazione. trina (Romano 1974). Per lui nascita e morte erano solo trasformazioni, cioè unioni e divisioni della materia esistente, come riporta Simplicio Alla generazione successiva apparteneva Anassimandro (610-545 a.C.), che ci ha tramandato frammenti tratti dal I libro della sua opera (Mon- discepolo e forse parente di Talete, anche lui di Mileto, scopritore degli dolfo 1967: 99): equinozi, che rese più astratta e generale l’idea della materia primigenia, ponendo all’origine dell’universo, l’άπειρον, un’entità illimitata e indefi- Riguardo al nascere e al perire i Greci non hanno una giusta opinione. nita che non aveva principio e quindi nemmeno fine. Nessuna cosa nasce e nessuna perisce; ma da cose già esistenti ognu- Secondo Anassimandro la realtà fisica derivava dalla separazione na si viene a comporre e a scomporre. E così dovrebbero rettamente dell’άπειρον in ‘contrari’ come giorno e notte, caldo e freddo, secco e chiamare il nascere riunirsi e il perire separarsi (Anassagora, Sulla umido e così via, che si separavano a causa di una rotazione che spingeva natura, frammento 17). i corpi più pesanti al centro e i più leggeri alla periferia (Mondolfo 1967). 14 STORIA DELLA CHIMICA

La concezione del mondo di Anassimandro fu poi sviluppata dal suo CAPITOLO 4 discepolo Anassimene (585-528 a.C.), di Mileto, che sostituì l’aria all’in- distinto metafisico dell’ápeiron. Dall’aria sarebbe derivato il fuoco per LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO rarefazione attraverso il riscaldamento, mentre il raffreddamento avrebbe prodotto un ispessimento e una condensazione dell’aria, diventata vento, poi nuvola, poi acqua e infine terra. Le qualità degli elementi derivavano dalla quantità di materia primigenia in essi contenuta. Anassimene fu il primo a parlare concretamente dei quattro elementi iniziali, aria, acqua, fuoco e terra, che per secoli rappresenteranno nel pensiero occidentale gli elementi costituenti della materia. L’idea dell’αρχή fu poi ripresa da Pitagora di Samo, fondatore a Crotone nella Magna Grecia di una scuo- Già nel VII secolo a.C. i filosofi ionici, Talete, Anassimene, Anassi- la con intenti educativi e ascetici. Per Pitagora e per i suoi seguaci l’αρχή mandro, influenzati dalla cultura egiziana e babilonese che arrivava nella era il numero che aveva una vera dimensione fisica e che era alla base Ionia a dorso di cammello seguendo le vie del commercio, sostennero che della struttura di tutti gli oggetti geometrici. Le precedenti idee della la materia fosse generata da un principio unico, l’arché (αρχή), fondamen- scuola ionica furono riprese invece da Eraclito (535-475 a.C.) di Efeso, tale e incorruttibile, dal quale le cose si generavano e in cui ritornavano uno dei pensatori più originali del mondo greco (Colli 1977). Eraclito, quando si corrompevano. L’arché rimaneva immutato nel mutare delle che esponeva il suo pensiero con uno stile molto secco ed asciutto, ad- cose, ma ne determinava la diversità. dirittura criptico, al punto che Aristotele lo definiva ‘l’oscuro’, fu autore Il primo filosofo ionico a sviluppare una teoria della materia basata di un trattato intitolato Della natura (Perι fusewς). Eraclito era convinto sull’αρχή fu Talete di Mileto (640-546 a.C.) che identificò l’αρχή con l’ac- che in una natura senza origine e senza fine il mutare dei fenomeni era qua, poiché l’acqua liquida può essere trasformata in gas per riscaldamento dovuto a una legge universale che dava origine a continui cambiamen- e in solido per raffreddamento. Aristotele parla nella Metafisica di come ti nel mondo. Notissima è la frase παντα ρει (‘tutto scorre’) attribuita al Talete pensasse che la terra galleggiava sull’acqua e come da essa era sta- suo discepolo Cratilo, che condensava in due parole il famoso concetto ta generata tutta la materia (Aristotele, Metafisica, I, 3). Aristotele ricorda di Eraclito non-possiamo bagnarci due volte nello stesso fiume. In una na- anche come nell’antica tradizione il dio Oceano e la mitica ninfa Tetide tura in cui tutto cambia forma, l’arché di Eraclito non poteva che essere il fossero all’origine dell’umanità (Aristotele, Metafisica I,3): fuoco: dal fuoco, si sprigiona gas che diventa acqua, ed essa evaporando lascia residui solidi. Il fuoco, seguendo la via in discesa, si condensa in di tutte le cose il nutrimento è umido, e che perfino il calore se ne ge- acqua e poi in terra, mentre salendo verso l’alto diventa sempre più rare- nera e ne vive: ora ciò, da cui tutte le cose si generano, è ben esso il fatto finché ritorna a essere fuoco. principio di tutte le cose; da queste considerazioni dunque derivan- L’ultimo erede delle idee della scuola ionica fu Anassagora di Clazo- do tale concezione, e dall’aver natura umida i semi di tutte le cose, e mene (ca. 499-428 a.C.), matematico e astronomo, probabilmente allievo dall’essere appunto l’acqua nelle cose umide il principio della loro na- di Anassimene, che accettò sia l’idea dell’esistenza sia dell’infinitamente tura. E c’è chi crede che gli antichissimi, che hanno teologizzato gran grande sia dell’infinitamente piccolo (fig. 1). Il suo pensiero è arrivato tempo avanti la presente generazione e per i primi, abbiano pensato fino a noi in ventidue frammenti, appartenenti al primo libro di un suo nello stesso modo intorno alla natura, perché hanno fatto Oceano e scritto Sulla natura, che riportano gli elementi generali della sua dot- Tetide padri della generazione. trina (Romano 1974). Per lui nascita e morte erano solo trasformazioni, cioè unioni e divisioni della materia esistente, come riporta Simplicio Alla generazione successiva apparteneva Anassimandro (610-545 a.C.), che ci ha tramandato frammenti tratti dal I libro della sua opera (Mon- discepolo e forse parente di Talete, anche lui di Mileto, scopritore degli dolfo 1967: 99): equinozi, che rese più astratta e generale l’idea della materia primigenia, ponendo all’origine dell’universo, l’άπειρον, un’entità illimitata e indefi- Riguardo al nascere e al perire i Greci non hanno una giusta opinione. nita che non aveva principio e quindi nemmeno fine. Nessuna cosa nasce e nessuna perisce; ma da cose già esistenti ognu- Secondo Anassimandro la realtà fisica derivava dalla separazione na si viene a comporre e a scomporre. E così dovrebbero rettamente dell’άπειρον in ‘contrari’ come giorno e notte, caldo e freddo, secco e chiamare il nascere riunirsi e il perire separarsi (Anassagora, Sulla umido e così via, che si separavano a causa di una rotazione che spingeva natura, frammento 17). i corpi più pesanti al centro e i più leggeri alla periferia (Mondolfo 1967). LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO 15 16 STORIA DELLA CHIMICA

Figura 1 – Anassagora, filosofo presocratico.

Il movimento che produceva queste trasformazioni, era dovuto al Nούς, un essere superiore, capace di agire sulla materia e di plasmarla se- condo le sue intenzioni. I composti erano fatti di particelle piccolissime, gli σπέρματα, definiti da Aristotele ομοιoμερή (omeomerie). La materia era quindi divisibile all’infinito in particelle sempre più piccole, ognuna delle quali possedeva tutte le proprietà del composto originale. Anassago- ra sviluppò anche una sua teoria della struttura della materia che partiva Figura 2 – Empedocle ritratto nelle Cronache di Norimberga. dall’idea che tutti gli elementi fossero mescolati: Empedocle considerava la variabilità dei composti come dovuta alle Tutte le cose erano insieme, infinite di moltitudine e di piccolezza; per- diverse proporzioni dei quattro elementi primordiali, aria, fuoco, acqua ché anche il piccolo era infinito. E stando insieme tutte le cose, nessu- e terra. Il mescolamento faceva sì che ogni elemento fosse divisibile in na d’esse era discernibile a cagione della piccolezza (Anassagora, Sulla parti piccolissime, idea poi riresa nel pensiero degli atomisti. Le forze che natura, frammento 2). davano origine al mescolamento degli elementi erano l’amicizia (Φιλία) che collegava e la discordia (Nείκος) che separava gli elementi, secondo Lo spirito, creando un movimento vorticoso, avrebbe separato gli ele- un procedimento puramente meccanico, del tutto nuovo nella filosofia menti e da essi si sarebbe formata la terra, piatta e sospesa nell’aria. Gli greca (Mondolfo 1967). astri, cioè le stelle e i pianeti, sarebbero stati tutti generati dalla terra che L’idea dell’esistenza di particelle piccolissime di materia assunse un’im- durante il suo moto rotatorio, avrebbe scagliato massi nello spazio che si portanza fondamentale nella concezione del mondo dei filosofi atomisti con sarebbero trasformati nei componenti della sfera celeste. i quali iniziano i grandi sistemi filosofici della Grecia classica. Il fondatore La Magna Grecia vide anche nascere la scuola eleatica, già iniziata della scuola atomistica fu Leucippo che, provenendo da Mileto o forse da da Senofane nella prima metà del VI secolo a.C. Gli esponenti principali Elea, si era stabilito ad Abdera, al confine tra la Tracia e la Macedonia. Della di questa nuova scuola di pensiero furono Parmenide, Zenone ed Em- vita di Leucippo si sa quasi nulla, tranne il fatto che aveva scritto due testi, pedocle. I primi due utilizzarono in maniera massiccia i paradossi nella l’uno Megas Diakosmos (Il grande universo cosmico) e l’altro Περι νou (Sul- dialettica, sostenendo l’unità e immobilità dell’essere. Da questa stabili- la mente). Il suo nome è oscurato da quello del suo allievo Democrito (ca. tà assoluta derivava la pura apparenza del movimento e della molteplici- 460-360 a.C.) di Abdera, scrittore molto prolifico le cui opere formarono tà degli oggetti naturali. Il concetto di elementi fondatori della materia il corpus della dottrina atomistica. La filosofia di Leucippo e di Democrito divenne essenziale nella filosofia di Empedocle (490-435 a.C.), autore di parte dalle idee di Parmenide ma se ne distacca per l’importanza che as- un poema sul mondo fisico, Sulla natura, di cui restano circa 350 versi. segna al movimento e al vuoto, negati dalla scuola eleatica. L’esistenza del Empedocle era considerato dai suoi seguaci un vero dio vivente. La sua vuoto richiedeva che la materia dei quattro elementi fondamentali fosse fine fu leggendaria: per sottrare ai mortali il suo corpo, l’Etna l’avrebbe discreta e discontinua e fatta di particelle piccolissime, gli ἀτομοι (atomi) inghiottito come un dio. indistruttibili e immutabili (Aristotele, Metafisica, I,4: 985): LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO 15 16 STORIA DELLA CHIMICA

Figura 1 – Anassagora, filosofo presocratico.

Il movimento che produceva queste trasformazioni, era dovuto al Nούς, un essere superiore, capace di agire sulla materia e di plasmarla se- condo le sue intenzioni. I composti erano fatti di particelle piccolissime, gli σπέρματα, definiti da Aristotele ομοιoμερή (omeomerie). La materia era quindi divisibile all’infinito in particelle sempre più piccole, ognuna delle quali possedeva tutte le proprietà del composto originale. Anassago- ra sviluppò anche una sua teoria della struttura della materia che partiva Figura 2 – Empedocle ritratto nelle Cronache di Norimberga. dall’idea che tutti gli elementi fossero mescolati: Empedocle considerava la variabilità dei composti come dovuta alle Tutte le cose erano insieme, infinite di moltitudine e di piccolezza; per- diverse proporzioni dei quattro elementi primordiali, aria, fuoco, acqua ché anche il piccolo era infinito. E stando insieme tutte le cose, nessu- e terra. Il mescolamento faceva sì che ogni elemento fosse divisibile in na d’esse era discernibile a cagione della piccolezza (Anassagora, Sulla parti piccolissime, idea poi riresa nel pensiero degli atomisti. Le forze che natura, frammento 2). davano origine al mescolamento degli elementi erano l’amicizia (Φιλία) che collegava e la discordia (Nείκος) che separava gli elementi, secondo Lo spirito, creando un movimento vorticoso, avrebbe separato gli ele- un procedimento puramente meccanico, del tutto nuovo nella filosofia menti e da essi si sarebbe formata la terra, piatta e sospesa nell’aria. Gli greca (Mondolfo 1967). astri, cioè le stelle e i pianeti, sarebbero stati tutti generati dalla terra che L’idea dell’esistenza di particelle piccolissime di materia assunse un’im- durante il suo moto rotatorio, avrebbe scagliato massi nello spazio che si portanza fondamentale nella concezione del mondo dei filosofi atomisti con sarebbero trasformati nei componenti della sfera celeste. i quali iniziano i grandi sistemi filosofici della Grecia classica. Il fondatore La Magna Grecia vide anche nascere la scuola eleatica, già iniziata della scuola atomistica fu Leucippo che, provenendo da Mileto o forse da da Senofane nella prima metà del VI secolo a.C. Gli esponenti principali Elea, si era stabilito ad Abdera, al confine tra la Tracia e la Macedonia. Della di questa nuova scuola di pensiero furono Parmenide, Zenone ed Em- vita di Leucippo si sa quasi nulla, tranne il fatto che aveva scritto due testi, pedocle. I primi due utilizzarono in maniera massiccia i paradossi nella l’uno Megas Diakosmos (Il grande universo cosmico) e l’altro Περι νou (Sul- dialettica, sostenendo l’unità e immobilità dell’essere. Da questa stabili- la mente). Il suo nome è oscurato da quello del suo allievo Democrito (ca. tà assoluta derivava la pura apparenza del movimento e della molteplici- 460-360 a.C.) di Abdera, scrittore molto prolifico le cui opere formarono tà degli oggetti naturali. Il concetto di elementi fondatori della materia il corpus della dottrina atomistica. La filosofia di Leucippo e di Democrito divenne essenziale nella filosofia di Empedocle (490-435 a.C.), autore di parte dalle idee di Parmenide ma se ne distacca per l’importanza che as- un poema sul mondo fisico, Sulla natura, di cui restano circa 350 versi. segna al movimento e al vuoto, negati dalla scuola eleatica. L’esistenza del Empedocle era considerato dai suoi seguaci un vero dio vivente. La sua vuoto richiedeva che la materia dei quattro elementi fondamentali fosse fine fu leggendaria: per sottrare ai mortali il suo corpo, l’Etna l’avrebbe discreta e discontinua e fatta di particelle piccolissime, gli ἀτομοι (atomi) inghiottito come un dio. indistruttibili e immutabili (Aristotele, Metafisica, I,4: 985): LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO 17 18 STORIA DELLA CHIMICA

Leucippo e il suo compagno Democrito dicono essere elementi il pie- Lo sviluppo della grande filosofia ateniese sostituì la riflessione scienti- no e il vuoto, chiamando l’uno essere, l’altro non essere (perciò dico- fica a quella naturalistica dei presocratici, dando importanza agli strumenti no anche che l’essere non ha affatto più realtà che il non essere, né il conoscitivi che saranno poi alla base della scienza moderna. L’ateniese So- corpo più che il vuoto). crate (ca. 469-399 a.C.) definì chiaramente le basi del pensiero scientifico, definizione e induzione. La definizione dei concetti era lo strumento di base della razionalità scientifica; l’induzione invece era il metodo con cui la scienza passava dal particolare al generale nella costruzione delle teo- rie, il vero strumento con cui la scienza, passione del sapere, Φιλο-σοφια, procedeva nella conquista di nuove verità (Mondolfo 1967). L’insegnamento di Socrate orientò Platone (ca. 428-348 a.C.), ateniese anche lui ma aristocratico per nascita ed educazione, alla ricerca degli stru- menti del pensiero razionale, in contrasto con la pura osservazione della natura, ponendo i concetti astratti alla base della conoscenza razionale at- traverso processi puramente speculativi. Il Timeo, il suo dialogo più famoso, che maggiormente ha influito sul pensiero scientifico dei secoli successivi, riassume la sua concezione del mondo fisico in forma di dialoghi con So- crate, come spesso egli usava nei suoi scritti. Per Platone solo il pensiero può raggiungere l’essenza del reale oscurata dai sensi, in quanto i concetti preesistono all’esperienza sensibile. Nel pensiero platonico la realtà statica dei concetti trascendenti e immateriali è alla base della dialettica che di- viene conoscenza dinamica. La natura è imitazione, μίμησις, del mondo delle idee, realizzata da un essere superiore, il demiurgo, che dà forma alla realtà del mondo fisico in modo da produrre il miglior mondo possibile. Figura 3 – Democrito. Le forme più perfette e armoniose sono quelle dei solidi platonici, i cinque solidi geometrici che hanno tutte le facce eguali, il cubo, il tetraedro, l’otta- Gli atomi, la cui dimensione e forma definivano le proprietà fisiche, edro, l’icosaedro e il pentagono dodecaedro. Gli atomi di Empedocle hanno erano in continuo movimento caotico. Le particelle di fuoco avevano proprio le forme geometriche perfette dei solidi platonici. Gli atomi, cioè forma sferica e gli atomi degli altri elementi si distinguevano per forma le particelle ultime del mondo naturale hanno forma di cubi, struttura che e dimensione come descritto da Aristotele (Aristotele, De Coelo, 4: 203): garantisce la stabilità e la durezza della terra, mentre il fuoco è costituito da tetraedri con vertici appuntiti, l’acqua da icosaedri e l’aria da ottaedri: Quale sia la figura di ciascuno degli elementi non determinarono affat- to; ma solo attribuirono al fuoco la forma sferica; l’aria e l’acqua, poi, Che fuoco, terra, acqua, aria siano corpi, ciò è manifesto a ogni uo- e il resto, distinsero per grandezza e piccolezza, quasi che la natura di mo. E ogni specie di corpo deve avere profondità; e ogni profondità questi fosse una panspermia di tutti gli elementi. poi deve avere superfici piane; e una superficie piana e rettilinea è fatta di triangoli […] De’triangoli da noi scelti nascono le 4 specie di corpi: Il moto degli atomi era una proprietà intrinseca della materia. Nel lo- tre da uno, da quello che ha i lati disuguali, e la quarta sola da quello ro moto vorticoso gli atomi più pesanti si disponevano verso il centro del che ha due lati uguali […] E alla terra noi assegnamo figura cubica, mondo formando la terra che era un disco piatto, mentre quelli più leg- perocché ella è la più immobile delle 4 specie di corpi e la più pastosa geri si disponevano alla periferia. L’atomismo di Leucippo e di Democri- […] e all’acqua quella meno mobile, e quella mobilissima al fuoco, e to era puramente meccanico: il movimento, gli atomi e il vuoto erano i quella ch’è nel mezzo all’aria, e al fuoco quella acutissima, la secon- tre ingredienti necessari a spiegare l’esistenza del cosmo, in una visione da in acume all’aria, e la terza all’acqua […] Sia dunque […] la figu- ra solida della piramide (tetraedro) […] elemento e seme del fuoco; e materialistica che fino allora non aveva avuto eguali nella filosofia greca. la seconda per nascimento (ottaedro) dell’aria; e la terza (icosaedro) Lo spazio vuoto di Democrito era un concetto astratto, piuttosto oscuro, dell’acqua (Platone, Timeo, 53). intermedio tra l’essere degli atomi e il non-essere dello spazio tra essi. Il non-essere del vuoto era difficile da capire perché in realtà c’era, anche se Ai quattro elementi Platone aggiunse l’etere, fluido purissimo, con lo spazio senza nulla dentro non poteva rientrare nel suo materialismo. atomi della forma del pentagono dodecaedro. Nel Timeo Platone discusse LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO 17 18 STORIA DELLA CHIMICA

Leucippo e il suo compagno Democrito dicono essere elementi il pie- Lo sviluppo della grande filosofia ateniese sostituì la riflessione scienti- no e il vuoto, chiamando l’uno essere, l’altro non essere (perciò dico- fica a quella naturalistica dei presocratici, dando importanza agli strumenti no anche che l’essere non ha affatto più realtà che il non essere, né il conoscitivi che saranno poi alla base della scienza moderna. L’ateniese So- corpo più che il vuoto). crate (ca. 469-399 a.C.) definì chiaramente le basi del pensiero scientifico, definizione e induzione. La definizione dei concetti era lo strumento di base della razionalità scientifica; l’induzione invece era il metodo con cui la scienza passava dal particolare al generale nella costruzione delle teo- rie, il vero strumento con cui la scienza, passione del sapere, Φιλο-σοφια, procedeva nella conquista di nuove verità (Mondolfo 1967). L’insegnamento di Socrate orientò Platone (ca. 428-348 a.C.), ateniese anche lui ma aristocratico per nascita ed educazione, alla ricerca degli stru- menti del pensiero razionale, in contrasto con la pura osservazione della natura, ponendo i concetti astratti alla base della conoscenza razionale at- traverso processi puramente speculativi. Il Timeo, il suo dialogo più famoso, che maggiormente ha influito sul pensiero scientifico dei secoli successivi, riassume la sua concezione del mondo fisico in forma di dialoghi con So- crate, come spesso egli usava nei suoi scritti. Per Platone solo il pensiero può raggiungere l’essenza del reale oscurata dai sensi, in quanto i concetti preesistono all’esperienza sensibile. Nel pensiero platonico la realtà statica dei concetti trascendenti e immateriali è alla base della dialettica che di- viene conoscenza dinamica. La natura è imitazione, μίμησις, del mondo delle idee, realizzata da un essere superiore, il demiurgo, che dà forma alla realtà del mondo fisico in modo da produrre il miglior mondo possibile. Figura 3 – Democrito. Le forme più perfette e armoniose sono quelle dei solidi platonici, i cinque solidi geometrici che hanno tutte le facce eguali, il cubo, il tetraedro, l’otta- Gli atomi, la cui dimensione e forma definivano le proprietà fisiche, edro, l’icosaedro e il pentagono dodecaedro. Gli atomi di Empedocle hanno erano in continuo movimento caotico. Le particelle di fuoco avevano proprio le forme geometriche perfette dei solidi platonici. Gli atomi, cioè forma sferica e gli atomi degli altri elementi si distinguevano per forma le particelle ultime del mondo naturale hanno forma di cubi, struttura che e dimensione come descritto da Aristotele (Aristotele, De Coelo, 4: 203): garantisce la stabilità e la durezza della terra, mentre il fuoco è costituito da tetraedri con vertici appuntiti, l’acqua da icosaedri e l’aria da ottaedri: Quale sia la figura di ciascuno degli elementi non determinarono affat- to; ma solo attribuirono al fuoco la forma sferica; l’aria e l’acqua, poi, Che fuoco, terra, acqua, aria siano corpi, ciò è manifesto a ogni uo- e il resto, distinsero per grandezza e piccolezza, quasi che la natura di mo. E ogni specie di corpo deve avere profondità; e ogni profondità questi fosse una panspermia di tutti gli elementi. poi deve avere superfici piane; e una superficie piana e rettilinea è fatta di triangoli […] De’triangoli da noi scelti nascono le 4 specie di corpi: Il moto degli atomi era una proprietà intrinseca della materia. Nel lo- tre da uno, da quello che ha i lati disuguali, e la quarta sola da quello ro moto vorticoso gli atomi più pesanti si disponevano verso il centro del che ha due lati uguali […] E alla terra noi assegnamo figura cubica, mondo formando la terra che era un disco piatto, mentre quelli più leg- perocché ella è la più immobile delle 4 specie di corpi e la più pastosa geri si disponevano alla periferia. L’atomismo di Leucippo e di Democri- […] e all’acqua quella meno mobile, e quella mobilissima al fuoco, e to era puramente meccanico: il movimento, gli atomi e il vuoto erano i quella ch’è nel mezzo all’aria, e al fuoco quella acutissima, la secon- tre ingredienti necessari a spiegare l’esistenza del cosmo, in una visione da in acume all’aria, e la terza all’acqua […] Sia dunque […] la figu- ra solida della piramide (tetraedro) […] elemento e seme del fuoco; e materialistica che fino allora non aveva avuto eguali nella filosofia greca. la seconda per nascimento (ottaedro) dell’aria; e la terza (icosaedro) Lo spazio vuoto di Democrito era un concetto astratto, piuttosto oscuro, dell’acqua (Platone, Timeo, 53). intermedio tra l’essere degli atomi e il non-essere dello spazio tra essi. Il non-essere del vuoto era difficile da capire perché in realtà c’era, anche se Ai quattro elementi Platone aggiunse l’etere, fluido purissimo, con lo spazio senza nulla dentro non poteva rientrare nel suo materialismo. atomi della forma del pentagono dodecaedro. Nel Timeo Platone discusse LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO 19 20 STORIA DELLA CHIMICA anche la natura dei metalli e i passaggi di stato, che spiegava ammetten- Aristotele riformulò la logica, conquista di Socrate e di Platone, tra- do che gli elementi potessero trasformarsi l’uno nell’altro, riorganizzando sformandola in una vera e propria scienza. Gli strumenti dei procedimen- le facce esterne, in un mutamento ciclico e continuo. Gli atomi di Plato- ti logici erano le categorie e le proposizioni di cui erano accuratamente ne erano concettualmente molto diversi da quelli immutabili ed eterni di specificate le modalità operative. La dialettica divenne con lui il proces- Democrito. Al contrario avevano natura variabile, concetto ripreso molti so deduttivo e sillogistico dominante fino allo sviluppo della logica ma- secoli dopo dagli alchimisti. La visione del mondo di Platone era ovvia- tematica nel XIX secolo. La logica aristotelica rappresentò lo strumento mente dedotta solo da primi principi senza ricorrere a prove sperimentali principe della ragione ed è restata praticamente invariata nei secoli fino per confermarne le asserzioni. agli sviluppi del pensiero dei grandi logici della prima metà del Novecen- Molto più legato all’evidenza dell’osservazione sperimentale della na- to. La rappresentazione della natura di Aristotele fu alla base del pensiero tura basata sull’osservazione empirica fu invece il pensiero di Aristotele scientifico del mondo classico fino all’inizio dell’età moderna. Gli scritti (384-323 a.C.), nato a Stagira sulla costa calcidica. Aristotele entrò nella di Aristotele sulla natura spaziano dalla cosmologia con il De coelo (Περὶ scuola di Platone a diciotto anni e vi restò fino alla morte del maestro, per οὐρανοῦ), alla fisica con Physicae e Meteorologia, al mondo animale con poi trasferirsi per tre anni ad Asso, poi a Lesbo e infine alla corte di Filippo De generatione et corruptione (Περὶ γενέσεως καὶ φθορᾶς), De partibus re di Macedonia dove divenne precettore di Alessandro. Nel 335-334 a.C. animalis (Περὶ ζῴων μορίων) ecc. L’essenza del mondo fisico è il movi- ritornò ad Atene dove fondò la sua famosa scuola peripatetica. La filoso- mento: ogni corpo si muove perché riceve una spinta da un altro, a sua fia di Aristotele si distaccò da tutte quelle precedenti con un’originalità e volta spinto da un terzo e così via, fino al primo motore o atto perfetto profondità che ne farà per oltre duemila anni il modello del pensiero fi- (έντελέχεια) che è Dio. Esistono due tipi di movimento: quello rettilineo losofico. Per Platone la filosofia era un tutto unico, con temi strettamente che appartiene ai corpi fatti di elementi, e quello circolare che appartie- interconnessi e non sempre separabili. Aristotele invece ripartì i temi della ne invece alla materia incorruttibile del cielo, gli astri, il Sole, la Luna e le filosofia in branche separate, metafisica, fisica, logica, estetica, etica e po- stelle fisse, più vicini al primo motore. Anche per Aristotele esisteva una litica, ripartizione tuttora universalmente accettata. La filosofia prima, la materia primigenia originale (πρώτη ΰλη), da cui originavano i quattro regina delle scienze, era la conoscenza dell’essere di per sé, o metafisica, elementi di Empedocle, terra, acqua, aria e fuoco, che si disponevano sulla cui seguiva la filosofia seconda o fisica, poi le scienze morali e poi quelle Terra secondo il loro peso, in basso gli elementi più pesanti come la terra produttive (Mondolfo 1967). e l’acqua e in alto quelli più leggeri come l’aria e il fuoco (Walzer 1934). A questi quattro elementi ne aggiunse un quinto, πέμπτον στοιχεϊον, che chiamava etere e che nella tradizione successiva divenne la quinta essen- za. L’etere era una sostanza pura e immutabile, senza peso, dotata di moto circolare e non lineare, che formava i corpi incorruttibili del cielo e non era soggetta a cadere verso il basso come gli altri:

Se c’è dunque un moto semplice, e tale è il moto circolare, e se il mo- to del corpo semplice dev’esser semplice, e il moto semplice deve ap- partenere al corpo semplice […], bisogna che ci sia un corpo semplice che per sua propria natura si muova di moto circolare (Aristotele, De coelo, 268).

E ancora:

Sicché, se il corpo che si muove circolarmente non ammette né accre- scimento, né disgregazione, è razionale che sia anche immutabile […] Perciò, per essere il primo corpo diverso dalla terra, dal fuoco, dall’aria e dall’acqua, chiameremo etere il luogo superiore, ponendogli in ogni tempo il nome dal correr sempre, άεί ϑεϊν (Aristotele, De coelo, 270).

L’esistenza di solo quattro elementi sulla Terra poneva il problema Figura 4 – Raffaello Sanzio, Scuola di Atene (1511). dell’enorme numero di oggetti diversi che esistono in natura. Per ovvia- LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO 19 20 STORIA DELLA CHIMICA anche la natura dei metalli e i passaggi di stato, che spiegava ammetten- Aristotele riformulò la logica, conquista di Socrate e di Platone, tra- do che gli elementi potessero trasformarsi l’uno nell’altro, riorganizzando sformandola in una vera e propria scienza. Gli strumenti dei procedimen- le facce esterne, in un mutamento ciclico e continuo. Gli atomi di Plato- ti logici erano le categorie e le proposizioni di cui erano accuratamente ne erano concettualmente molto diversi da quelli immutabili ed eterni di specificate le modalità operative. La dialettica divenne con lui il proces- Democrito. Al contrario avevano natura variabile, concetto ripreso molti so deduttivo e sillogistico dominante fino allo sviluppo della logica ma- secoli dopo dagli alchimisti. La visione del mondo di Platone era ovvia- tematica nel XIX secolo. La logica aristotelica rappresentò lo strumento mente dedotta solo da primi principi senza ricorrere a prove sperimentali principe della ragione ed è restata praticamente invariata nei secoli fino per confermarne le asserzioni. agli sviluppi del pensiero dei grandi logici della prima metà del Novecen- Molto più legato all’evidenza dell’osservazione sperimentale della na- to. La rappresentazione della natura di Aristotele fu alla base del pensiero tura basata sull’osservazione empirica fu invece il pensiero di Aristotele scientifico del mondo classico fino all’inizio dell’età moderna. Gli scritti (384-323 a.C.), nato a Stagira sulla costa calcidica. Aristotele entrò nella di Aristotele sulla natura spaziano dalla cosmologia con il De coelo (Περὶ scuola di Platone a diciotto anni e vi restò fino alla morte del maestro, per οὐρανοῦ), alla fisica con Physicae e Meteorologia, al mondo animale con poi trasferirsi per tre anni ad Asso, poi a Lesbo e infine alla corte di Filippo De generatione et corruptione (Περὶ γενέσεως καὶ φθορᾶς), De partibus re di Macedonia dove divenne precettore di Alessandro. Nel 335-334 a.C. animalis (Περὶ ζῴων μορίων) ecc. L’essenza del mondo fisico è il movi- ritornò ad Atene dove fondò la sua famosa scuola peripatetica. La filoso- mento: ogni corpo si muove perché riceve una spinta da un altro, a sua fia di Aristotele si distaccò da tutte quelle precedenti con un’originalità e volta spinto da un terzo e così via, fino al primo motore o atto perfetto profondità che ne farà per oltre duemila anni il modello del pensiero fi- (έντελέχεια) che è Dio. Esistono due tipi di movimento: quello rettilineo losofico. Per Platone la filosofia era un tutto unico, con temi strettamente che appartiene ai corpi fatti di elementi, e quello circolare che appartie- interconnessi e non sempre separabili. Aristotele invece ripartì i temi della ne invece alla materia incorruttibile del cielo, gli astri, il Sole, la Luna e le filosofia in branche separate, metafisica, fisica, logica, estetica, etica e po- stelle fisse, più vicini al primo motore. Anche per Aristotele esisteva una litica, ripartizione tuttora universalmente accettata. La filosofia prima, la materia primigenia originale (πρώτη ΰλη), da cui originavano i quattro regina delle scienze, era la conoscenza dell’essere di per sé, o metafisica, elementi di Empedocle, terra, acqua, aria e fuoco, che si disponevano sulla cui seguiva la filosofia seconda o fisica, poi le scienze morali e poi quelle Terra secondo il loro peso, in basso gli elementi più pesanti come la terra produttive (Mondolfo 1967). e l’acqua e in alto quelli più leggeri come l’aria e il fuoco (Walzer 1934). A questi quattro elementi ne aggiunse un quinto, πέμπτον στοιχεϊον, che chiamava etere e che nella tradizione successiva divenne la quinta essen- za. L’etere era una sostanza pura e immutabile, senza peso, dotata di moto circolare e non lineare, che formava i corpi incorruttibili del cielo e non era soggetta a cadere verso il basso come gli altri:

Se c’è dunque un moto semplice, e tale è il moto circolare, e se il mo- to del corpo semplice dev’esser semplice, e il moto semplice deve ap- partenere al corpo semplice […], bisogna che ci sia un corpo semplice che per sua propria natura si muova di moto circolare (Aristotele, De coelo, 268).

E ancora:

Sicché, se il corpo che si muove circolarmente non ammette né accre- scimento, né disgregazione, è razionale che sia anche immutabile […] Perciò, per essere il primo corpo diverso dalla terra, dal fuoco, dall’aria e dall’acqua, chiameremo etere il luogo superiore, ponendogli in ogni tempo il nome dal correr sempre, άεί ϑεϊν (Aristotele, De coelo, 270).

L’esistenza di solo quattro elementi sulla Terra poneva il problema Figura 4 – Raffaello Sanzio, Scuola di Atene (1511). dell’enorme numero di oggetti diversi che esistono in natura. Per ovvia- LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO 21 22 STORIA DELLA CHIMICA re a questa difficoltà Aristotele considerava gli elementi combinazioni di quattro qualità, caldo, freddo, secco e umido, che si combinavano in proporzioni variabili. Il fuoco aveva le qualità di secco e caldo, l’acqua di freddo e umido, la terra di freddo e secco e l’aria di caldo e umido. Poiché le qualità erano variabili con continuità, era possibile trasformare un ele- mento in un altro semplicemente variando le proporzioni delle qualità (fig. 5). Questa idea della trasformabilità degli elementi sarà poi al centro della speculazione degli alchimisti. Il concetto delle combinazioni variabili si rivelò importantissimo per gli sviluppi della chimica nei secoli successivi. Il primo livello di combinazione riguardava gli elementi che a loro volta potevano combinarsi, a un secondo livello, nei composti in tutte le pro- porzioni. Questi poi potevano combinarsi tra di loro per formare sistemi complessi e eterogenei dando origine al mondo naturale.

Figura 6 – Epicuro, busto marmoreo, copia romana dell’originale greco (III secolo-II secolo a.C.), Londra, British Museum.

La scuola di Aristotele ebbe una importanza enorme in tutto il mondo classico e la sua influenza si estese a tutta la cultura occidentale per molti secoli. Per gli aristotelici l’opera di Aristotele rappresentava la più comple- Figura 5 – La combinazione dei quattro elementi secondo Aristotele. ta sintesi del pensiero filosofico, al punto che per essi non c’era più nulla di fondamentale da aggiungere, καί παρά ταϋτα ούδέν (e dopo ciò nient’al- Poiché per Aristotele l’essenza delle cose era il movimento, il vuoto non tro), tranne raccolte di dati naturali e storici e rielaborazioni del pensiero poteva esistere. L’argomento contro l’esistenza del vuoto era che la veloci- del maestro. La tesi aristotelica della divisibilità all’infinito della materia tà di un corpo variava con il peso e dipendeva dalla resistenza del mezzo mise quindi completamente da parte le teorie di Leucippo e di Democrito in cui si muoveva. Pertanto, nel vuoto, un corpo avrebbe avuto velocità oscurando a lungo l’idea dell’esistenza degli atomi. infinita, indipendentemente dal suo peso, cosa contraria all’esperienza. Alla morte di Aristotele si svilupparono in Grecia due nuove corren- Se non esisteva il vuoto, la materia doveva essere continua e quindi non ti di pensiero, lo stoicismo e l’epicureismo che, malgrado il peso strari- potevano esistere gli atomi, perché tra due atomi ci sarebbe stato il vuoto. pante dell’aristotelismo, lasciarono un tenue spiraglio alla sopravvivenza La materia era quindi divisibile all’infinito, proprio perché era impossi- dell’atomismo che solo dopo molti secoli ebbe la sua rivincita e trionfò bile arrivare a porzioni di materia non più divisibili. La divisione portava definitivamente. però a particelle di materia sempre più piccole fino a che, se ulteriormen- Nella filosofia stoica, che ebbe il suo maggiore rappresentante nel -ci te divise, perdevano le proprietà della sostanza iniziale e non erano più priota Zenone (334-262 a.C.), i concetti non avevano realtà oggettiva: la parte di essa. Le qualità, cioè le proprietà fisiche di un composto chimico, vera fonte della conoscenza era nei sensi e quindi la verità della scienza dipendevano quindi dalla sua ‘estensione’. La materia era divisibile all’in- era affidata a criteri soggettivi. Gli stoici distinguevano tra la materia iner- finito ma, oltre un certo limite, le proprietà si perdevano e la sostanza ini- te, composta dai quattro elementi, e una più attiva, pneuma, spirito vitale ziale diventava una sostanza nuova. La mescolanza di due liquidi, κράσις, responsabile della generazione e della fine di tutte le cose. Nella struttura o quella di due solidi, μϊξις, portava a una nuova sostanza con proprietà della materia il fuoco e l’aria, espressioni del pneuma, giocavano un ruolo nuove rispetto ai componenti. attivo, legando i due elementi passivi, la terra e l’acqua. LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO 21 22 STORIA DELLA CHIMICA re a questa difficoltà Aristotele considerava gli elementi combinazioni di quattro qualità, caldo, freddo, secco e umido, che si combinavano in proporzioni variabili. Il fuoco aveva le qualità di secco e caldo, l’acqua di freddo e umido, la terra di freddo e secco e l’aria di caldo e umido. Poiché le qualità erano variabili con continuità, era possibile trasformare un ele- mento in un altro semplicemente variando le proporzioni delle qualità (fig. 5). Questa idea della trasformabilità degli elementi sarà poi al centro della speculazione degli alchimisti. Il concetto delle combinazioni variabili si rivelò importantissimo per gli sviluppi della chimica nei secoli successivi. Il primo livello di combinazione riguardava gli elementi che a loro volta potevano combinarsi, a un secondo livello, nei composti in tutte le pro- porzioni. Questi poi potevano combinarsi tra di loro per formare sistemi complessi e eterogenei dando origine al mondo naturale.

Figura 6 – Epicuro, busto marmoreo, copia romana dell’originale greco (III secolo-II secolo a.C.), Londra, British Museum.

La scuola di Aristotele ebbe una importanza enorme in tutto il mondo classico e la sua influenza si estese a tutta la cultura occidentale per molti secoli. Per gli aristotelici l’opera di Aristotele rappresentava la più comple- Figura 5 – La combinazione dei quattro elementi secondo Aristotele. ta sintesi del pensiero filosofico, al punto che per essi non c’era più nulla di fondamentale da aggiungere, καί παρά ταϋτα ούδέν (e dopo ciò nient’al- Poiché per Aristotele l’essenza delle cose era il movimento, il vuoto non tro), tranne raccolte di dati naturali e storici e rielaborazioni del pensiero poteva esistere. L’argomento contro l’esistenza del vuoto era che la veloci- del maestro. La tesi aristotelica della divisibilità all’infinito della materia tà di un corpo variava con il peso e dipendeva dalla resistenza del mezzo mise quindi completamente da parte le teorie di Leucippo e di Democrito in cui si muoveva. Pertanto, nel vuoto, un corpo avrebbe avuto velocità oscurando a lungo l’idea dell’esistenza degli atomi. infinita, indipendentemente dal suo peso, cosa contraria all’esperienza. Alla morte di Aristotele si svilupparono in Grecia due nuove corren- Se non esisteva il vuoto, la materia doveva essere continua e quindi non ti di pensiero, lo stoicismo e l’epicureismo che, malgrado il peso strari- potevano esistere gli atomi, perché tra due atomi ci sarebbe stato il vuoto. pante dell’aristotelismo, lasciarono un tenue spiraglio alla sopravvivenza La materia era quindi divisibile all’infinito, proprio perché era impossi- dell’atomismo che solo dopo molti secoli ebbe la sua rivincita e trionfò bile arrivare a porzioni di materia non più divisibili. La divisione portava definitivamente. però a particelle di materia sempre più piccole fino a che, se ulteriormen- Nella filosofia stoica, che ebbe il suo maggiore rappresentante nel -ci te divise, perdevano le proprietà della sostanza iniziale e non erano più priota Zenone (334-262 a.C.), i concetti non avevano realtà oggettiva: la parte di essa. Le qualità, cioè le proprietà fisiche di un composto chimico, vera fonte della conoscenza era nei sensi e quindi la verità della scienza dipendevano quindi dalla sua ‘estensione’. La materia era divisibile all’in- era affidata a criteri soggettivi. Gli stoici distinguevano tra la materia iner- finito ma, oltre un certo limite, le proprietà si perdevano e la sostanza ini- te, composta dai quattro elementi, e una più attiva, pneuma, spirito vitale ziale diventava una sostanza nuova. La mescolanza di due liquidi, κράσις, responsabile della generazione e della fine di tutte le cose. Nella struttura o quella di due solidi, μϊξις, portava a una nuova sostanza con proprietà della materia il fuoco e l’aria, espressioni del pneuma, giocavano un ruolo nuove rispetto ai componenti. attivo, legando i due elementi passivi, la terra e l’acqua. LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO 23 24 STORIA DELLA CHIMICA

vuoto. La materia è composta di atomi eterni e indistruttibili, infiniti in numero ma diversi in forma e dimensione, che si muovono in linea retta di moto uniforme finché non cambiano direzione a causa di urti tra loro.

Spiegherò con quali forze la Natura dirige il corso del sole e il vagare della Luna, in modo che non dobbiamo supporre che essi corrano la loro corsa annuale fra il Cielo e la Terra per un loro libero arbitrio, o che siano fatti roteare in omaggio a qualche piano divino (Lucrezio, De Rerum Natura, 76-81).

Quando i corpi muoiono gli atomi di cui sono composti si disperdo- no nell’universo per essere poi riutilizzati nella creazione di nuovi ogget- ti materiali. La posizione materialistica di Lucrezio è stata vista dai Padri della Chiesa e dai teologi cristiani dei secoli successivi come una prova di atei- smo, forse associata a una forma di pazzia delirante. Il presunto ateismo di Lucrezio fu successivamente trasferito alla teoria atomica considerata blasfema e demoniaca nel mondo medievale cristiano.

Figura 7 – Busto ottocentesco di Lucrezio al colle Pincio, Roma.

Il pensiero di Epicuro (341-270 a.C.) dava molto più spazio alla nega- zione delle forze spirituali (fig. 6). Il materialismo di Epicuro nasceva dalla necessità di esaminare i fenomeni naturali abbandonando l’idea di forze soprannaturali. L’atomismo era la realizzazione fisica di un’etica laica, libe- ra dai legami della religione e della paura dell’ignoto. Per Epicuro e i suoi seguaci nulla si generava dal nulla e per le cose non c’era né inizio né fine. Il movimento degli atomi nel vuoto era soggetto solo al caso e alla neces- sità. Il caso era il risultato delle leggi meccaniche che regolavano le traiet- torie degli atomi che potevano dirigersi in tutte le direzioni. La necessità era la conseguenza della loro tendenza naturale a compiere bruschi scarti nel procedere in linea retta, scarti che rendevano caotico il movimento e che erano la causa della loro unione nei composti. Il pensiero di Epicuro trovò la sua esaltazione letteraria nel famoso poema De rerum Natura del poeta latino Tito Lucrezio Caro (98-55 a.C) (fig. 7). Lucrezio, riprendendo i temi cari alla filosofia epicurea, cioè l’ag- gregazione degli atomi, il movimento casuale e la liberazione dalla paura della morte, del dolore e degli dei, spiegava i fenomeni naturali in termi- ni puramente fisici e biologici assumendo che tutte le specie viventi sono generate non per opera degli dei ma grazie al calore e all’umidità della Terra. Riprendendo le idee di Democrito rielaborate da Epicuro, Lucrezio sosteneva che l’universo, composto di mondi che continuamente si for- mano o si dissolvono, si estende all’infinito e consiste solo di materia e di LO STUDIO DELLA NATURA NEL MONDO GRECO 23 24 STORIA DELLA CHIMICA

vuoto. La materia è composta di atomi eterni e indistruttibili, infiniti in numero ma diversi in forma e dimensione, che si muovono in linea retta di moto uniforme finché non cambiano direzione a causa di urti tra loro.

Spiegherò con quali forze la Natura dirige il corso del sole e il vagare della Luna, in modo che non dobbiamo supporre che essi corrano la loro corsa annuale fra il Cielo e la Terra per un loro libero arbitrio, o che siano fatti roteare in omaggio a qualche piano divino (Lucrezio, De Rerum Natura, 76-81).

Quando i corpi muoiono gli atomi di cui sono composti si disperdo- no nell’universo per essere poi riutilizzati nella creazione di nuovi ogget- ti materiali. La posizione materialistica di Lucrezio è stata vista dai Padri della Chiesa e dai teologi cristiani dei secoli successivi come una prova di atei- smo, forse associata a una forma di pazzia delirante. Il presunto ateismo di Lucrezio fu successivamente trasferito alla teoria atomica considerata blasfema e demoniaca nel mondo medievale cristiano.

Figura 7 – Busto ottocentesco di Lucrezio al colle Pincio, Roma.

Il pensiero di Epicuro (341-270 a.C.) dava molto più spazio alla nega- zione delle forze spirituali (fig. 6). Il materialismo di Epicuro nasceva dalla necessità di esaminare i fenomeni naturali abbandonando l’idea di forze soprannaturali. L’atomismo era la realizzazione fisica di un’etica laica, libe- ra dai legami della religione e della paura dell’ignoto. Per Epicuro e i suoi seguaci nulla si generava dal nulla e per le cose non c’era né inizio né fine. Il movimento degli atomi nel vuoto era soggetto solo al caso e alla neces- sità. Il caso era il risultato delle leggi meccaniche che regolavano le traiet- torie degli atomi che potevano dirigersi in tutte le direzioni. La necessità era la conseguenza della loro tendenza naturale a compiere bruschi scarti nel procedere in linea retta, scarti che rendevano caotico il movimento e che erano la causa della loro unione nei composti. Il pensiero di Epicuro trovò la sua esaltazione letteraria nel famoso poema De rerum Natura del poeta latino Tito Lucrezio Caro (98-55 a.C) (fig. 7). Lucrezio, riprendendo i temi cari alla filosofia epicurea, cioè l’ag- gregazione degli atomi, il movimento casuale e la liberazione dalla paura della morte, del dolore e degli dei, spiegava i fenomeni naturali in termi- ni puramente fisici e biologici assumendo che tutte le specie viventi sono generate non per opera degli dei ma grazie al calore e all’umidità della Terra. Riprendendo le idee di Democrito rielaborate da Epicuro, Lucrezio sosteneva che l’universo, composto di mondi che continuamente si for- mano o si dissolvono, si estende all’infinito e consiste solo di materia e di 26 STORIA DELLA CHIMICA

Pibechios, Pelagio, Agatodemone, Eraclio l’imperatore, Teofrasto, CAPITOLO 5 Archelao, Petasio, Claudiano, il filosofo anepigrafo, Menos il filosofo, Pausiris, Sergio. L’ALCHIMIA NEL MONDO ISLAMICO Il greco diventò quindi la lingua dell’ermetismo e dell’esoterismo degli scrittori arabi di alchimia. I documenti che restano per poter valutare l’im- portanza dei testi di alchimia di quel periodo sono però pochi e comples- si e sono da sempre causa di contrastanti pareri tra gli studiosi. Le opere note di questo periodo contengono sia discussioni teologiche e filosofiche sia ricette che espongono tecniche pratiche ed operative di metallurgia, di erboristeria di magia e di astrologia. La nascita della religione islamica ebbe un effetto enorme sullo svilup- L’alchimia araba riprese le tecniche metallurgiche dell’età ellenistica po dell’alchimia (Bizzarri 2004). Maometto, nato verso il 570, si proclamò allargando però la ricerca alchemica alla struttura e alle trasformazioni ai primi del 600 l’ultimo grande profeta dell’unico vero Dio, Allàh. Fug- di tutti i corpi materiali. L’idea dell’elisir, di pura origine araba (al-iksir), gito dalla Mecca per l’ostilità dei capi tribù Quraish e recatosi a Yathrib, trasformò il concetto di ‘agente della perfezione metallica’ in quello di ‘so- la Medina di oggi, divenne in breve il capo del nuovo stato religioso, l’I- stanza capace di perfezionare qualsiasi tipo di corpo’. I contributi più ri- slam. Fondendo insieme le tribù arabe riconquistò la Mecca e poi tutta levanti sul piano filosofico riguardavano la sorgente invisibile delle realtà l’Arabia ed estese il suo potere fino a Damasco in Siria. Dopo la sua mor- visibili, che rappresenta la continuità fra spirito e materia; la scienza detta te, una serie di califfi conquistò in guerre fortunate quasi tutta l’Africa della Bilancia, elaborata da una scuola alchemica, i cui testi sono attribuiti settentrionale, arrivando fino ai Pirenei da un lato e all’Indo dall’altro. al suo fondatore Giabir, era basata proprio sul rapporto fra linguaggio e In questo periodo di guerre e violenze, l’emiro Amr ibn al-As, suo coe- realtà per indagare gli aspetti strutturali dei corpi e definirne le regole di taneo ed amico intimo, dopo aver conquistato l’Egitto bizantino, ordinò trasformazione, sulla base del significato numerico delle lettere dell’alfa- nel 641 la distruzione della biblioteca di Alessandria, segnando così la fine beto. Nell’ambito delle ricerche alchemiche di laboratorio, si presentavano del grande centro della cultura greco-alessandrina, e spostando il bari- nei testi alchemici di al-Razi vari tentativi di classificazione di sostanze centro dello sviluppo alchemico nel vicino Oriente. Divenuti una grande minerali e metalliche come nuovi e fino allora sconosciuti, e l’introdu- potenza militare, gli arabi sotto i governi di Harùn ar-Rashìd (764-809) zione di solventi e processi che l’alchimia greca ignorava completamente. e di al Mamùn (786-833) svilupparono la cultura fondando accademie, Sul versante opposto, testi costruiti con linguaggio metaforico, e densi di costruendo osservatori astronomici e facendo tradurre in arabo tutti i più simboli, vennero prodotti sia attribuendoli ad autori antichi e autorevoli importanti trattati greci di filosofia, matematica, astronomia e medici- (Ermete, Platone, Aristotele) sia riferendoli all’autore islamico vero e pro- na che si trovavano nelle biblioteche di Alessandria, di Beirut, di Antio- prio, come la Tabula chemica di Ibn Hamuel che i latini chiamarono Se- chia, di Harran e di Nisibe, dove si conservavano scritti in sanscrito e in nior. Due testi di , l’Epistola ad Hasen regem e lo Sciant artifices gran parte in aramaico. Gli incaricati della dinastia abbaside furono in- presentano infine un’articolata indagine di ordine filosofico sulle condi- viati perfino a Costantinopoli per acquistare libri, in particolare di me- zioni di pensabilità dell’elisir e della trasmutazione. dicina e di matematica, raccolti nel tempo nelle biblioteche dell’Impero Il primo mussulmano che s’interessò all’alchimia fu probabilmente Romano d’Oriente. il principe omàyyade Khalid ibn Yazìd (660-704), allievo dell’eremita cri- L’alchimia aveva raggiunto l’Islam partendo da Alessandria e si svilup- stiano di Alessandria Morieno, che fece tradurre in arabo opere di alchi- pò grazie allo studio della filosofia e della scienza greca classica. In testi mia scritte in greco e in copto. dall’XI al XV secolo sono elencati nomi di alchimisti e filosofi greci cele- Il più antico vero alchimista arabo di cui è giunta conoscenza era il fi- brati e rispettati sia nell’Islam che in Europa (Pereira 2006: 24): losofo Al-Thoghra’i, conosciuto in occidente come Artefio, che secondo la tradizione sarebbe nato a Cordova e vissuto oltre mille anni e avrebbe Devi conoscere, amico, anche i nomi di quelli che sanno fare la pra- realizzato la Pietra Filosofale e al quale sono attribuiti il Liber secretus, tica alchemica: Platone, Aristotele, Ermete, Giovanni sacerdote nella l’Ars sintrillia e la Clavis maioris sapientiae. Il Liber secretus acquistò nel divina Evagia, Democrito, Zosimo, il grande Olimpiodoro, Stefano il Medioevo molta importanza presso gli alchimisti occidentali soprattutto filosofo, Sofar il persiano, Sinesio, Dioscuro sacerdote del grande tem- per le indicazioni che conteneva sul ‘fuoco segreto’ e fu anche citato da pio di Serapide ad Alessandria, Ostane l’egiziano e Comario, anch’e- Ruggero Bacone (Canseliet 1985) come esempio di prolungamento della gli egiziano, Maria e Cleopatra, la moglie del re Tolomeo, Porfirio e longevità ottenuta mediante l’alchimia. 26 STORIA DELLA CHIMICA

Pibechios, Pelagio, Agatodemone, Eraclio l’imperatore, Teofrasto, CAPITOLO 5 Archelao, Petasio, Claudiano, il filosofo anepigrafo, Menos il filosofo, Pausiris, Sergio. L’ALCHIMIA NEL MONDO ISLAMICO Il greco diventò quindi la lingua dell’ermetismo e dell’esoterismo degli scrittori arabi di alchimia. I documenti che restano per poter valutare l’im- portanza dei testi di alchimia di quel periodo sono però pochi e comples- si e sono da sempre causa di contrastanti pareri tra gli studiosi. Le opere note di questo periodo contengono sia discussioni teologiche e filosofiche sia ricette che espongono tecniche pratiche ed operative di metallurgia, di erboristeria di magia e di astrologia. La nascita della religione islamica ebbe un effetto enorme sullo svilup- L’alchimia araba riprese le tecniche metallurgiche dell’età ellenistica po dell’alchimia (Bizzarri 2004). Maometto, nato verso il 570, si proclamò allargando però la ricerca alchemica alla struttura e alle trasformazioni ai primi del 600 l’ultimo grande profeta dell’unico vero Dio, Allàh. Fug- di tutti i corpi materiali. L’idea dell’elisir, di pura origine araba (al-iksir), gito dalla Mecca per l’ostilità dei capi tribù Quraish e recatosi a Yathrib, trasformò il concetto di ‘agente della perfezione metallica’ in quello di ‘so- la Medina di oggi, divenne in breve il capo del nuovo stato religioso, l’I- stanza capace di perfezionare qualsiasi tipo di corpo’. I contributi più ri- slam. Fondendo insieme le tribù arabe riconquistò la Mecca e poi tutta levanti sul piano filosofico riguardavano la sorgente invisibile delle realtà l’Arabia ed estese il suo potere fino a Damasco in Siria. Dopo la sua mor- visibili, che rappresenta la continuità fra spirito e materia; la scienza detta te, una serie di califfi conquistò in guerre fortunate quasi tutta l’Africa della Bilancia, elaborata da una scuola alchemica, i cui testi sono attribuiti settentrionale, arrivando fino ai Pirenei da un lato e all’Indo dall’altro. al suo fondatore Giabir, era basata proprio sul rapporto fra linguaggio e In questo periodo di guerre e violenze, l’emiro Amr ibn al-As, suo coe- realtà per indagare gli aspetti strutturali dei corpi e definirne le regole di taneo ed amico intimo, dopo aver conquistato l’Egitto bizantino, ordinò trasformazione, sulla base del significato numerico delle lettere dell’alfa- nel 641 la distruzione della biblioteca di Alessandria, segnando così la fine beto. Nell’ambito delle ricerche alchemiche di laboratorio, si presentavano del grande centro della cultura greco-alessandrina, e spostando il bari- nei testi alchemici di al-Razi vari tentativi di classificazione di sostanze centro dello sviluppo alchemico nel vicino Oriente. Divenuti una grande minerali e metalliche come nuovi e fino allora sconosciuti, e l’introdu- potenza militare, gli arabi sotto i governi di Harùn ar-Rashìd (764-809) zione di solventi e processi che l’alchimia greca ignorava completamente. e di al Mamùn (786-833) svilupparono la cultura fondando accademie, Sul versante opposto, testi costruiti con linguaggio metaforico, e densi di costruendo osservatori astronomici e facendo tradurre in arabo tutti i più simboli, vennero prodotti sia attribuendoli ad autori antichi e autorevoli importanti trattati greci di filosofia, matematica, astronomia e medici- (Ermete, Platone, Aristotele) sia riferendoli all’autore islamico vero e pro- na che si trovavano nelle biblioteche di Alessandria, di Beirut, di Antio- prio, come la Tabula chemica di Ibn Hamuel che i latini chiamarono Se- chia, di Harran e di Nisibe, dove si conservavano scritti in sanscrito e in nior. Due testi di Avicenna, l’Epistola ad Hasen regem e lo Sciant artifices gran parte in aramaico. Gli incaricati della dinastia abbaside furono in- presentano infine un’articolata indagine di ordine filosofico sulle condi- viati perfino a Costantinopoli per acquistare libri, in particolare di me- zioni di pensabilità dell’elisir e della trasmutazione. dicina e di matematica, raccolti nel tempo nelle biblioteche dell’Impero Il primo mussulmano che s’interessò all’alchimia fu probabilmente Romano d’Oriente. il principe omàyyade Khalid ibn Yazìd (660-704), allievo dell’eremita cri- L’alchimia aveva raggiunto l’Islam partendo da Alessandria e si svilup- stiano di Alessandria Morieno, che fece tradurre in arabo opere di alchi- pò grazie allo studio della filosofia e della scienza greca classica. In testi mia scritte in greco e in copto. dall’XI al XV secolo sono elencati nomi di alchimisti e filosofi greci cele- Il più antico vero alchimista arabo di cui è giunta conoscenza era il fi- brati e rispettati sia nell’Islam che in Europa (Pereira 2006: 24): losofo Al-Thoghra’i, conosciuto in occidente come Artefio, che secondo la tradizione sarebbe nato a Cordova e vissuto oltre mille anni e avrebbe Devi conoscere, amico, anche i nomi di quelli che sanno fare la pra- realizzato la Pietra Filosofale e al quale sono attribuiti il Liber secretus, tica alchemica: Platone, Aristotele, Ermete, Giovanni sacerdote nella l’Ars sintrillia e la Clavis maioris sapientiae. Il Liber secretus acquistò nel divina Evagia, Democrito, Zosimo, il grande Olimpiodoro, Stefano il Medioevo molta importanza presso gli alchimisti occidentali soprattutto filosofo, Sofar il persiano, Sinesio, Dioscuro sacerdote del grande tem- per le indicazioni che conteneva sul ‘fuoco segreto’ e fu anche citato da pio di Serapide ad Alessandria, Ostane l’egiziano e Comario, anch’e- Ruggero Bacone (Canseliet 1985) come esempio di prolungamento della gli egiziano, Maria e Cleopatra, la moglie del re Tolomeo, Porfirio e longevità ottenuta mediante l’alchimia. L’ALCHIMIA NEL MONDO ISLAMICO 27 28 STORIA DELLA CHIMICA

Il più importante pensatore del periodo d’oro della cultura islamica e di Aristotele, fino a quando le parole s’impressero nella sua memoria; ma di tutto il mondo arabo fu però il filosofo Ibn-Sīnā, noto nel mondo occi- il loro significato continuava a rimanergli irrimediabilmente oscuro, fino dentale come Avicenna, autore di oltre 450 opere, di cui 240 arrivate fino a che un giorno trovò l’illuminazione da un piccolo commentario di al- a noi, incluse 150 di filosofia e 40 di medicina. Fārābī che aveva comprato ad una bancarella di libri per la piccola somma Avicenna, il cui vero nome era Abū ʿAlī al-Ḥusayn ibn ʿAbd Allāh ibn di tre dirham. Grande fu la sua gioia per questa scoperta, ottenuta da uno Al-Hasan ibn Ali ibn Sīnā, nacque nel 980 circa forse ad Afšana, un vil- scritto da cui si sarebbe aspettato soltanto del mistero. laggio vicino a Bukhara (oggi Uzbekistan) capitale dei Samanidi, una di- Come lui stesso scrisse non c’era nulla che non avesse già imparato nastia persiana dell’Asia centrale. all’età di diciotto anni. All’età di diciassette anni, fu nominato medico di un principe e ben presto assunse cariche molto importanti, fino a diveni- re gran visir (primo ministro). Avicenna fu il medico più famoso di tutto l’Islam. Intelletto poliedrico, oltre ad essere un filosofo importante, s’in- teressò di matematica e di astronomia; studiò il calore, l’energia, il moto e per primo formulò l’ipotesi che la luce si propagasse con velocità finita. Il suo più importante contributo all’alchimia fu la negazione della trasmu- tazione dei metalli nel testo intitolato Il libro dei rimedi, scritto a Hamadhan verso il 1021-1023. Nel Medioevo il libro fu in parte tradotto in latino con il titolo De Congelatione et Conglutinatione Lapidum (Pereira 2006: 324): Sappiano dunque gli alchimisti che non possono trasmutare le specie delle cose. […] Lo zolfo bianco che né induce combustione né è im- puro ma al contrario è più eccellente di quello preparato dagli adepti, allora il prodotto è argento […] Se lo zolfo, oltre a essere puro è anche migliore di quello appena descritto e più bianco, e se in aggiunta pos- siede una virtù colorante ardente, sottile e non combustiva, – in breve, se è superiore a quello che gli adepti possono preparare, esso solidifi- cherà il mercurio in oro (Avicennae, 1927). Figura 1 – Avicenna. Nella sua ‘Grande Opera’ filosofica, il Kitāb al-Sifā (Libro della guari- gione) sono contenute anche molte osservazioni di chimica relative alla Il giovane Avicenna fu affidato dal padre alla cura di un insegnante pri- formazione dei minerali. Le idee di Avicenna sulla natura dei metalli non vato e la sua precocità destò la meraviglia di tutto il vicinato; da bambino andavano molto oltre le idee degli alchimisti che lo avevano preceduto. mostrò infatti un’eccezionale intelligenza e una memoria prodigiosa, che gli Sosteneva infatti che i metalli fossero formati dalla combinazione di zol- permisero di imparare a memoria il Corano all’età di dieci anni, di appren- fo e mercurio o da sostanze simili ad essi (Holmyard, Mandeville 1927). dere e ripetere una grande quantità di poesia araba, di imparare l’aritmetica Il mercurio puro combinandosi con lo zolfo bianco produceva l’argento. da un erbivendolo e di apprendere molte altre nozioni da un erudito erran- Per avere oro bisognava combinare con il mercurio zolfo purissimo. Se te che si guadagnava da vivere curando i malati ed insegnando ai giovani. invece lo zolfo era impuro, si otteneva rame. Ibn-Sīnā fu educato a Bukhara dove superò in cultura i suoi insegnan- La sua opera maggiore di medicina è al-Qānūn fī -ṭibb (Il canone di ti già all’età di quattordici anni. Nonostante la sua giovanissima età, per medicina), che lo rese celebre in Europa e che diverrà il manuale medico circa un anno e mezzo si dedicò allo studio della filosofia, cominciando più seguito fino al 1700. subito a leggere i lavori di Aristotele, in particolare la Metafisica, nel cui Mentre nell’Europa del 1000 si curavano le malattie con gli incante- studio incontrò notevoli difficoltà e la cui comprensione gli causò grandi simi, nel mondo arabo veniva fondata, grazie ad Avicenna, la medicina tensioni mentali e preoccupazioni intellettuali. In questi momenti di stu- moderna. Il Canon medicinae di Ibn Sina, nome originale appunto del dio frustrante e confuso lasciava i suoi libri, faceva le abluzioni richieste, grande Avicenna, è stato praticamente l’unico libro di testo degli studenti poi andava alla moschea e continuava a pregare fino a quando la luce del- di medicina per quasi tre secoli e ha continuato, per tutto il Rinascimen- la comprensione eliminava le sue difficoltà. Secondo la sua autobiografia to, a essere il libro più stampato in Europa. nel profondo della notte trovava nei sogni la soluzione dei problemi che Il Canone, stampato nel testo arabo per la prima volta a Roma nel 1593, lo perseguitavano. Si dice che lesse per ben quaranta volte la Metafisica fu nel Medioevo il più studiato testo di medicina nella versione latina di L’ALCHIMIA NEL MONDO ISLAMICO 27 28 STORIA DELLA CHIMICA

Il più importante pensatore del periodo d’oro della cultura islamica e di Aristotele, fino a quando le parole s’impressero nella sua memoria; ma di tutto il mondo arabo fu però il filosofo Ibn-Sīnā, noto nel mondo occi- il loro significato continuava a rimanergli irrimediabilmente oscuro, fino dentale come Avicenna, autore di oltre 450 opere, di cui 240 arrivate fino a che un giorno trovò l’illuminazione da un piccolo commentario di al- a noi, incluse 150 di filosofia e 40 di medicina. Fārābī che aveva comprato ad una bancarella di libri per la piccola somma Avicenna, il cui vero nome era Abū ʿAlī al-Ḥusayn ibn ʿAbd Allāh ibn di tre dirham. Grande fu la sua gioia per questa scoperta, ottenuta da uno Al-Hasan ibn Ali ibn Sīnā, nacque nel 980 circa forse ad Afšana, un vil- scritto da cui si sarebbe aspettato soltanto del mistero. laggio vicino a Bukhara (oggi Uzbekistan) capitale dei Samanidi, una di- Come lui stesso scrisse non c’era nulla che non avesse già imparato nastia persiana dell’Asia centrale. all’età di diciotto anni. All’età di diciassette anni, fu nominato medico di un principe e ben presto assunse cariche molto importanti, fino a diveni- re gran visir (primo ministro). Avicenna fu il medico più famoso di tutto l’Islam. Intelletto poliedrico, oltre ad essere un filosofo importante, s’in- teressò di matematica e di astronomia; studiò il calore, l’energia, il moto e per primo formulò l’ipotesi che la luce si propagasse con velocità finita. Il suo più importante contributo all’alchimia fu la negazione della trasmu- tazione dei metalli nel testo intitolato Il libro dei rimedi, scritto a Hamadhan verso il 1021-1023. Nel Medioevo il libro fu in parte tradotto in latino con il titolo De Congelatione et Conglutinatione Lapidum (Pereira 2006: 324): Sappiano dunque gli alchimisti che non possono trasmutare le specie delle cose. […] Lo zolfo bianco che né induce combustione né è im- puro ma al contrario è più eccellente di quello preparato dagli adepti, allora il prodotto è argento […] Se lo zolfo, oltre a essere puro è anche migliore di quello appena descritto e più bianco, e se in aggiunta pos- siede una virtù colorante ardente, sottile e non combustiva, – in breve, se è superiore a quello che gli adepti possono preparare, esso solidifi- cherà il mercurio in oro (Avicennae, 1927). Figura 1 – Avicenna. Nella sua ‘Grande Opera’ filosofica, il Kitāb al-Sifā (Libro della guari- gione) sono contenute anche molte osservazioni di chimica relative alla Il giovane Avicenna fu affidato dal padre alla cura di un insegnante pri- formazione dei minerali. Le idee di Avicenna sulla natura dei metalli non vato e la sua precocità destò la meraviglia di tutto il vicinato; da bambino andavano molto oltre le idee degli alchimisti che lo avevano preceduto. mostrò infatti un’eccezionale intelligenza e una memoria prodigiosa, che gli Sosteneva infatti che i metalli fossero formati dalla combinazione di zol- permisero di imparare a memoria il Corano all’età di dieci anni, di appren- fo e mercurio o da sostanze simili ad essi (Holmyard, Mandeville 1927). dere e ripetere una grande quantità di poesia araba, di imparare l’aritmetica Il mercurio puro combinandosi con lo zolfo bianco produceva l’argento. da un erbivendolo e di apprendere molte altre nozioni da un erudito erran- Per avere oro bisognava combinare con il mercurio zolfo purissimo. Se te che si guadagnava da vivere curando i malati ed insegnando ai giovani. invece lo zolfo era impuro, si otteneva rame. Ibn-Sīnā fu educato a Bukhara dove superò in cultura i suoi insegnan- La sua opera maggiore di medicina è al-Qānūn fī -ṭibb (Il canone di ti già all’età di quattordici anni. Nonostante la sua giovanissima età, per medicina), che lo rese celebre in Europa e che diverrà il manuale medico circa un anno e mezzo si dedicò allo studio della filosofia, cominciando più seguito fino al 1700. subito a leggere i lavori di Aristotele, in particolare la Metafisica, nel cui Mentre nell’Europa del 1000 si curavano le malattie con gli incante- studio incontrò notevoli difficoltà e la cui comprensione gli causò grandi simi, nel mondo arabo veniva fondata, grazie ad Avicenna, la medicina tensioni mentali e preoccupazioni intellettuali. In questi momenti di stu- moderna. Il Canon medicinae di Ibn Sina, nome originale appunto del dio frustrante e confuso lasciava i suoi libri, faceva le abluzioni richieste, grande Avicenna, è stato praticamente l’unico libro di testo degli studenti poi andava alla moschea e continuava a pregare fino a quando la luce del- di medicina per quasi tre secoli e ha continuato, per tutto il Rinascimen- la comprensione eliminava le sue difficoltà. Secondo la sua autobiografia to, a essere il libro più stampato in Europa. nel profondo della notte trovava nei sogni la soluzione dei problemi che Il Canone, stampato nel testo arabo per la prima volta a Roma nel 1593, lo perseguitavano. Si dice che lesse per ben quaranta volte la Metafisica fu nel Medioevo il più studiato testo di medicina nella versione latina di L’ALCHIMIA NEL MONDO ISLAMICO 29 30 STORIA DELLA CHIMICA

Gherardo da Cremona (XII sec.), poi migliorata da Andrea Alpago (1a ed. pata un’idea del tutto nuova: raggruppare i malati in una struttura dove i post., Venezia 1527), medico e arabista (1450 ca.-1521), forse della famiglia medici avrebbero potuto assisterli e gli studenti imparare dalla pratica dei dei Bongaio (o Mongaio), conti di Alpago. Nato a Belluno, visse a lungo propri maestri. Il suo lavoro non si fermò alla descrizione dei sintomi, ma a Damasco e a Cipro (1517-1520) come medico dei consolati di Venezia, comprese anche la classificazione delle malattie e delle possibili cause, oltre e percorse vari paesi dell’Oriente in cerca di manoscritti arabi; fu infine, alla sperimentazione di nuovi medicamenti e rimedi, che sono considerati le per breve tempo, professore all’Università di Padova. Si devono a lui una basi della moderna farmacologia. Inoltre si soffermò sulle condizioni, sulle revisione della traduzione medievale del Canone di Avicenna e dello Zibal- misure igieniche e sulla loro incidenza. Tra gli studi più all’avanguardia, done di Serapione e la prima traduzione latina di alcuni opuscoli filosofici comparvero le asserzioni della contagiosità della tubercolosi, gli studi ana- e di alcuni opuscoli medici dello stesso Avicenna in cui mostra originalità tomici dell’occhio umano, le complicazioni indotte dal diabete. Avicenna e profonda conoscenza della lingua, della scienza e della filosofia araba. presentò, all’interno del libro, anche la sua teoria degli umori e tempera- menti, raggruppando in quattro grandi categorie i tipi umani.

Figura 2 – Avicenna e Gentile da Foligno.

Il Canone, basato sulla vasta cultura più che su esperienze pratiche di me- dico curante di Avicenna, era rivolto a ordinare sistematicamente le dottrine mediche biologiche di Aristotele e soprattutto gli insegnamenti di Ippocrate e Galeno. Avicenna credeva che non fosse possibile ristabilire la salute in un corpo umano se prima non fossero state determinate le cause della malattia. Il canone della medicina è rimasto una fonte medica attendibile per secoli. È anche conosciuto come Qanun, che significa ‘la legge’, sia in arabo sia in persiano. Quest’opera ha fissato gli standard per la medicina in Europa per molti secoli. Grazie ad essa Avicenna viene universalmente riconosciuto come il ‘padre della medicina moderna’. I principi descritti in questo libro Figura 3 – Averroè, particolare del Trionfo di San Tommaso di Andrea di Bonaiuto sono ancora insegnati in varie Università, nei corsi di Storia della medicina. (Cappellone degli Spagnoli di Santa Maria Novella, Firenze). [Sailko/CC BY 3.0] Il Canone è una guida medico-scientifica per l’insegnamento clinico in cui si parla di molte problematiche mediche che costituirono il corpus L’altro grande filosofo del mondo arabo, Averroè (fig. 3), il cui nome ara- teorico della medicina medievale, dagli studi di fisiologia alle malattie bo era Abū l-Walīd Muhammad ibn Ahmad Rushd, fu invece fortemente contagiose, a quelle trasmesse tramite rapporti sessuali, alla diffusione contrario all’alchimia di cui criticava, come Avicenna, la teoria della tra- delle epidemie, addirittura all’ipotesi della presenza di microrganismi. smutazione delle sostanze. Nato a Cordova nel 1126, discendeva da celebri Con l’ipotesi dell’esistenza dei microbi e i primi esperimenti con i vac- giuristi ed ebbe una formazione che contemplava teologia e diritto, poesia, cini, la medicina di Avicenna era all’avanguardia nella teoria così come lo medicina, matematica, astronomia e filosofia. Nella sua vita ebbe molti -in era nell’insegnamento e nella pratica. Grazie a lui nelle scuole di medicina carichi pubblici sia nella Spagna occupata dagli Arabi sia in Marocco, ma a islamiche si cominciò a pretendere che gli studenti si misurassero con la causa di accuse e sospetti da parte degli ortodossi fu relegato a Lucera, in pro- pratica clinica oltre che con i testi, e per favorire l’apprendistato fu svilup- vincia di Cordova. Nel 1198 fu riabilitato e richiamato in Marocco. Averroè L’ALCHIMIA NEL MONDO ISLAMICO 29 30 STORIA DELLA CHIMICA

Gherardo da Cremona (XII sec.), poi migliorata da Andrea Alpago (1a ed. pata un’idea del tutto nuova: raggruppare i malati in una struttura dove i post., Venezia 1527), medico e arabista (1450 ca.-1521), forse della famiglia medici avrebbero potuto assisterli e gli studenti imparare dalla pratica dei dei Bongaio (o Mongaio), conti di Alpago. Nato a Belluno, visse a lungo propri maestri. Il suo lavoro non si fermò alla descrizione dei sintomi, ma a Damasco e a Cipro (1517-1520) come medico dei consolati di Venezia, comprese anche la classificazione delle malattie e delle possibili cause, oltre e percorse vari paesi dell’Oriente in cerca di manoscritti arabi; fu infine, alla sperimentazione di nuovi medicamenti e rimedi, che sono considerati le per breve tempo, professore all’Università di Padova. Si devono a lui una basi della moderna farmacologia. Inoltre si soffermò sulle condizioni, sulle revisione della traduzione medievale del Canone di Avicenna e dello Zibal- misure igieniche e sulla loro incidenza. Tra gli studi più all’avanguardia, done di Serapione e la prima traduzione latina di alcuni opuscoli filosofici comparvero le asserzioni della contagiosità della tubercolosi, gli studi ana- e di alcuni opuscoli medici dello stesso Avicenna in cui mostra originalità tomici dell’occhio umano, le complicazioni indotte dal diabete. Avicenna e profonda conoscenza della lingua, della scienza e della filosofia araba. presentò, all’interno del libro, anche la sua teoria degli umori e tempera- menti, raggruppando in quattro grandi categorie i tipi umani.

Figura 2 – Avicenna e Gentile da Foligno.

Il Canone, basato sulla vasta cultura più che su esperienze pratiche di me- dico curante di Avicenna, era rivolto a ordinare sistematicamente le dottrine mediche biologiche di Aristotele e soprattutto gli insegnamenti di Ippocrate e Galeno. Avicenna credeva che non fosse possibile ristabilire la salute in un corpo umano se prima non fossero state determinate le cause della malattia. Il canone della medicina è rimasto una fonte medica attendibile per secoli. È anche conosciuto come Qanun, che significa ‘la legge’, sia in arabo sia in persiano. Quest’opera ha fissato gli standard per la medicina in Europa per molti secoli. Grazie ad essa Avicenna viene universalmente riconosciuto come il ‘padre della medicina moderna’. I principi descritti in questo libro Figura 3 – Averroè, particolare del Trionfo di San Tommaso di Andrea di Bonaiuto sono ancora insegnati in varie Università, nei corsi di Storia della medicina. (Cappellone degli Spagnoli di Santa Maria Novella, Firenze). [Sailko/CC BY 3.0] Il Canone è una guida medico-scientifica per l’insegnamento clinico in cui si parla di molte problematiche mediche che costituirono il corpus L’altro grande filosofo del mondo arabo, Averroè (fig. 3), il cui nome ara- teorico della medicina medievale, dagli studi di fisiologia alle malattie bo era Abū l-Walīd Muhammad ibn Ahmad Rushd, fu invece fortemente contagiose, a quelle trasmesse tramite rapporti sessuali, alla diffusione contrario all’alchimia di cui criticava, come Avicenna, la teoria della tra- delle epidemie, addirittura all’ipotesi della presenza di microrganismi. smutazione delle sostanze. Nato a Cordova nel 1126, discendeva da celebri Con l’ipotesi dell’esistenza dei microbi e i primi esperimenti con i vac- giuristi ed ebbe una formazione che contemplava teologia e diritto, poesia, cini, la medicina di Avicenna era all’avanguardia nella teoria così come lo medicina, matematica, astronomia e filosofia. Nella sua vita ebbe molti -in era nell’insegnamento e nella pratica. Grazie a lui nelle scuole di medicina carichi pubblici sia nella Spagna occupata dagli Arabi sia in Marocco, ma a islamiche si cominciò a pretendere che gli studenti si misurassero con la causa di accuse e sospetti da parte degli ortodossi fu relegato a Lucera, in pro- pratica clinica oltre che con i testi, e per favorire l’apprendistato fu svilup- vincia di Cordova. Nel 1198 fu riabilitato e richiamato in Marocco. Averroè L’ALCHIMIA NEL MONDO ISLAMICO 31 32 STORIA DELLA CHIMICA fu importantissimo per le sue traduzioni e commenti delle opere di Aristo- Tra gli alchimisti di quel periodo il più importante fu l’astronomo Abū- tele, quasi completamente dimenticate in Europa all’inizio dell’anno 1000. Maslama Muhammad ibn Ibrahim ibn ’Abd al-da’im (?-ca.1007), oriundo L’opera filosofica più importante di Averroè fu L’incoerenza dell’inco- di Cordova, ma vissuto a lungo a Madrid per cui era noto come al Magriti erenza (Tahāfut al-tahāfut), diventata in lingua latina la Destructio phi- (il madrileno). Màslama, che introdusse in Occidente gli scritti della co- losophorum, nella quale sostenne l’eternità del mondo e della materia e munità Isma’iliyya, scrisse un libro di alchimia dal titolo Ghayat al-Ha- l’universalità della scienza e difese la filosofia aristotelica contro le critiche kim (Il fine del savio), scritto molto probabilmente verso la metà dell’XI di al-Ghazali che sosteneva, nel trattato Tahāfut al-falāsifa (L’incoerenza secolo (Rossi 2000) e noto con il titolo nella traduzione latina del dei filosofi) del 1095 che il pensiero di Aristotele, e la filosofia in generale, 1252 ordinata dal re Alfonso X, ‘il savio’. In base alle fonti l’opera risulta fossero in contraddizione con l’Islam. La tesi fondamentale di Averroè era tradotta prima dall’arabo in spagnolo (de arabico in hispanicum) e poi in invece che la verità può essere raggiunta sia attraverso la religione rivelata latino (Pingree 1986). Oggi però l’attribuzione a Màslama è messa in dub- sia attraverso la speculazione filosofica. bio: probabilmente fu pubblicato dopo la sua morte partendo da un testo Anche se riferimenti all’alchimia compaiono già in Europa nel roman- precedente. Il Picatrix è un libro che mettendo insieme precedenti scrit- zo cavalleresco Le Roman de la Rose scritto da Guillaume de Lorris (ca. ti di magia e astrologia ha fortemente influito sull’esoterismo europeo da 1235) e poi completato con aggiunte da Jean de Meun (ca. 1270), fu però Marsilio Ficino a Tommaso Campanella. Il libro contiene istruzioni molto la Spagna il vero centro da cui partì la conoscenza dell’alchimia araba in precise su come raffinare l’oro e l’argento per coppellazione e su come pre- Europa. Alla fine del X secolo gli arabi portarono in Spagna non solo le parare il sublimato corrosivo (cloruro di mercurio). Nel Picatrix si afferma opere dei loro grandi alchimisti, Giabir e al-Razi (fig. 4), ma anche i testi inoltre, in maniera spesso oscura e sotto molti aspetti incomprensibile, che greci e alessandrini di fisica e di filosofia. Proprio in questo periodo,- du il Potere dei Talismani è simile a quello della Pietra Filosofale, dell’Elisir, rante il regno del califfo al Hakam II, l’astrologia e l’alchimia ebbero un che domina la materia e la altera, trasmutandola in un’altra materia più notevole sviluppo tra i mori conquistatori. pura. La somiglianza sarebbe basata sul fatto che le Immagini Talismaniche sono costruite con «violenza» quando il momento è «astronomicamente opportuno», usando specifiche erbe, pietre, incensi ecc. che obbligano gli spiriti vitali delle divinità astrali a entrare in relazione di ‘simpatia’ con questi materiali nei quali vengono attratti e restano imprigionati. Nonostante la condanna della Chiesa troviamo il Picatrix nelle bibliote- che dei più importanti studiosi del Rinascimento, da Pico della Mirandola e Marsilio Ficino a Enrico Cornelio Agrippa ecc. (Yates 1969). Un alchimista arabo dello stesso periodo fu Muhammad ibn Umail, del quale sono note due opere, L’acqua argentea e la terra stellata e L’epi- stola del sole alla luna nascente, entrambe tradotte in latino nel Medioevo. I musulmani costruirono in Spagna un gran numero di scuole, spesso associate a Madrasse, scuole religiose islamiche dedicate allo studio del Corano. Una delle prime università islamiche fu quella di âl Azhar al Cai- ro, fondata nel 970, poco dopo quella di Qarawiyyn a Féz, in Marocco, cui seguirono Università costruite in Spagna a Toledo, Siviglia e Cordova. Già all’inizio del IX secolo Cordova, capitale dell’Andalusia, era considerata la ‘gemma d’Europa’, con 700 moschee, 300 bagni pubblici, 70 biblioteche e il primo sistema d’illuminazione stradale. Sotto il regno del grande calif- fo Abdurrahman III, Cordova divenne poi il centro culturale d’Europa. Nei secoli XI, XII e XIII l’alchimia dell’Islam non produsse nulla di paragonabile agli splendidi risultati ottenuti precedentemente, grazie all’o- rientamento sperimentale che aveva caratterizzato il suo sviluppo nel X secolo, spostandosi invece decisamente verso una alchimia più mistica ed esoterica e più legata a pratiche magiche. Figura 4 – Miniatura europea del medico al-Razi nel libro di Gherardo da Cremona Recueil des traités de médecine (1250-1260). L’ALCHIMIA NEL MONDO ISLAMICO 31 32 STORIA DELLA CHIMICA fu importantissimo per le sue traduzioni e commenti delle opere di Aristo- Tra gli alchimisti di quel periodo il più importante fu l’astronomo Abū- tele, quasi completamente dimenticate in Europa all’inizio dell’anno 1000. Maslama Muhammad ibn Ibrahim ibn ’Abd al-da’im (?-ca.1007), oriundo L’opera filosofica più importante di Averroè fu L’incoerenza dell’inco- di Cordova, ma vissuto a lungo a Madrid per cui era noto come al Magriti erenza (Tahāfut al-tahāfut), diventata in lingua latina la Destructio phi- (il madrileno). Màslama, che introdusse in Occidente gli scritti della co- losophorum, nella quale sostenne l’eternità del mondo e della materia e munità Isma’iliyya, scrisse un libro di alchimia dal titolo Ghayat al-Ha- l’universalità della scienza e difese la filosofia aristotelica contro le critiche kim (Il fine del savio), scritto molto probabilmente verso la metà dell’XI di al-Ghazali che sosteneva, nel trattato Tahāfut al-falāsifa (L’incoerenza secolo (Rossi 2000) e noto con il titolo Picatrix nella traduzione latina del dei filosofi) del 1095 che il pensiero di Aristotele, e la filosofia in generale, 1252 ordinata dal re Alfonso X, ‘il savio’. In base alle fonti l’opera risulta fossero in contraddizione con l’Islam. La tesi fondamentale di Averroè era tradotta prima dall’arabo in spagnolo (de arabico in hispanicum) e poi in invece che la verità può essere raggiunta sia attraverso la religione rivelata latino (Pingree 1986). Oggi però l’attribuzione a Màslama è messa in dub- sia attraverso la speculazione filosofica. bio: probabilmente fu pubblicato dopo la sua morte partendo da un testo Anche se riferimenti all’alchimia compaiono già in Europa nel roman- precedente. Il Picatrix è un libro che mettendo insieme precedenti scrit- zo cavalleresco Le Roman de la Rose scritto da Guillaume de Lorris (ca. ti di magia e astrologia ha fortemente influito sull’esoterismo europeo da 1235) e poi completato con aggiunte da Jean de Meun (ca. 1270), fu però Marsilio Ficino a Tommaso Campanella. Il libro contiene istruzioni molto la Spagna il vero centro da cui partì la conoscenza dell’alchimia araba in precise su come raffinare l’oro e l’argento per coppellazione e su come pre- Europa. Alla fine del X secolo gli arabi portarono in Spagna non solo le parare il sublimato corrosivo (cloruro di mercurio). Nel Picatrix si afferma opere dei loro grandi alchimisti, Giabir e al-Razi (fig. 4), ma anche i testi inoltre, in maniera spesso oscura e sotto molti aspetti incomprensibile, che greci e alessandrini di fisica e di filosofia. Proprio in questo periodo,- du il Potere dei Talismani è simile a quello della Pietra Filosofale, dell’Elisir, rante il regno del califfo al Hakam II, l’astrologia e l’alchimia ebbero un che domina la materia e la altera, trasmutandola in un’altra materia più notevole sviluppo tra i mori conquistatori. pura. La somiglianza sarebbe basata sul fatto che le Immagini Talismaniche sono costruite con «violenza» quando il momento è «astronomicamente opportuno», usando specifiche erbe, pietre, incensi ecc. che obbligano gli spiriti vitali delle divinità astrali a entrare in relazione di ‘simpatia’ con questi materiali nei quali vengono attratti e restano imprigionati. Nonostante la condanna della Chiesa troviamo il Picatrix nelle bibliote- che dei più importanti studiosi del Rinascimento, da Pico della Mirandola e Marsilio Ficino a Enrico Cornelio Agrippa ecc. (Yates 1969). Un alchimista arabo dello stesso periodo fu Muhammad ibn Umail, del quale sono note due opere, L’acqua argentea e la terra stellata e L’epi- stola del sole alla luna nascente, entrambe tradotte in latino nel Medioevo. I musulmani costruirono in Spagna un gran numero di scuole, spesso associate a Madrasse, scuole religiose islamiche dedicate allo studio del Corano. Una delle prime università islamiche fu quella di âl Azhar al Cai- ro, fondata nel 970, poco dopo quella di Qarawiyyn a Féz, in Marocco, cui seguirono Università costruite in Spagna a Toledo, Siviglia e Cordova. Già all’inizio del IX secolo Cordova, capitale dell’Andalusia, era considerata la ‘gemma d’Europa’, con 700 moschee, 300 bagni pubblici, 70 biblioteche e il primo sistema d’illuminazione stradale. Sotto il regno del grande calif- fo Abdurrahman III, Cordova divenne poi il centro culturale d’Europa. Nei secoli XI, XII e XIII l’alchimia dell’Islam non produsse nulla di paragonabile agli splendidi risultati ottenuti precedentemente, grazie all’o- rientamento sperimentale che aveva caratterizzato il suo sviluppo nel X secolo, spostandosi invece decisamente verso una alchimia più mistica ed esoterica e più legata a pratiche magiche. Figura 4 – Miniatura europea del medico al-Razi nel libro di Gherardo da Cremona Recueil des traités de médecine (1250-1260). 34 STORIA DELLA CHIMICA

vinse a tradurre il Corano in latino. Nel 1144 tradusse poi il Libro della CAPITOLO 6 composizione di alchimia, detto Testamento di Morieno, e nel 1145 l’Alge- bra di al-Khwarizmi. LA TRADUZIONE DELL’ALCHIMIA CLASSICA

Gli scambi culturali tra il mondo islamico e quello cristiano divennero sempre più importanti, dalla metà dell’XI fino al XIII secolo, grazie alla ca- duta di Toledo, conquistata nel 1085 dall’esercito cristiano comandato dal re Alfonso VI di Castiglia. A Toledo esisteva una delle più grandi bibliote- che del mondo occidentale, con migliaia di libri e traduzioni in arabo dei filosofi greci classici. Dopo la vittoria delle truppe cristiane, Toledo diven- ne il centro di un massiccio sforzo di traduzione, con schiere di traduttori, in genere sapienti ebrei, che traducevano prima dall’arabo in ebraico e poi dall’ebraico in spagnolo. Poiché però la lingua colta del mondo cristiano era il latino, un successivo passaggio era spesso affidato alle comunità mo- nastiche che completavano il ciclo traducendo dallo spagnolo in latino. Le traduzioni divennero sempre più frequenti specie quando nel XIII secolo re Alfonso X di Castiglia e delle Asturie, detto ‘el Sabio’ (il savio) decise di istituire a Toledo un vero e proprio collegio di traduttori dall’arabo in latino, che diffusero nelle Università europee i commenti arabi ad Aristo- tele e Platone e testi di medicina, fisica, astronomia, ottica e alchimia. Re Alfonso ordinò anche nel 1256 che tutti i testi di alchimia disponibili in arabo fossero tradotti in latino o spagnolo. Si presume inoltre che abbia scritto lui stesso, con uno stile simbolico e cabalistico, un trattato sulla Pietra dei Filosofi, il Tesoro, nel quale pretendeva di possedere il segreto della trasmutazione dei metalli e dichiarava di averlo imparato da un Egi- ziano, fatto da lui venire appositamente da Alessandria. Figura 1 – L’alchimista in cerca della Pietra Filosofale (1771) di Joseph Wright of Derby La pietra dei filosofilapis ( philosophorum) è, secondo la leggenda, una (Derby Museum and Art Gallery, Derby, Regno Unito). sostanza alchemica capace di trasformare i metalli vili come piombo in oro o argento. Nel Medioevo e poi ancora per molti anni era anche consi- Un importante traduttore dall’arabo in latino fu anche Adelardo di derata una specie di elisir di lunga vita utile a ringiovanire o addirittura Bath, monaco dell’ordine di San Benedetto, che nel periodo 1116-1142 tra- a garantire l’immortalità. Per molti secoli era il simbolo più significativo dusse le opere di matematica di al-Khwarizmi e soprattutto i tredici libri dell’alchimia, che rappresentava la perfezione ultima e la beatitudine ce- degli Elementi di Euclide; è noto anche per aver sviluppato idee originali leste. I tentativi di scoprire la Pietra Filosofale erano conosciuti come la di fisica, anticipando il concetto di conservazione della massa e di bari- ‘Grande Opera’ (fig. 1). centro della terra che considerava sferica. Uno dei primi traduttori fu lo scozzese Roberto di Chester, arcidia- Fu proprio grazie all’opera di traduttori come Robert of Chester e cono a Pamplona, che, con il suo amico Ermanno il dalmata proveniente Adelard of Bath che l’alchimia iniziò la sua penetrazione in Inghilterra dall’Istria, allora parte del ducato di Carinzia, era andato a vivere in Spa- nel XII secolo. gna per studiare alle fonti alchimia e astrologia. Nel 1143 l’abate di Cluny, Altrettanto preziosa per la cristianità fu l’opera di traduzione in lati- Pierre II de Montboissier noto anche come Pietro il Venerabile, lo con- no di Domenico o Domingo Gundisalvi (Dominicus Gundissalinus) (ca. 34 STORIA DELLA CHIMICA

vinse a tradurre il Corano in latino. Nel 1144 tradusse poi il Libro della CAPITOLO 6 composizione di alchimia, detto Testamento di Morieno, e nel 1145 l’Alge- bra di al-Khwarizmi. LA TRADUZIONE DELL’ALCHIMIA CLASSICA

Gli scambi culturali tra il mondo islamico e quello cristiano divennero sempre più importanti, dalla metà dell’XI fino al XIII secolo, grazie alla ca- duta di Toledo, conquistata nel 1085 dall’esercito cristiano comandato dal re Alfonso VI di Castiglia. A Toledo esisteva una delle più grandi bibliote- che del mondo occidentale, con migliaia di libri e traduzioni in arabo dei filosofi greci classici. Dopo la vittoria delle truppe cristiane, Toledo diven- ne il centro di un massiccio sforzo di traduzione, con schiere di traduttori, in genere sapienti ebrei, che traducevano prima dall’arabo in ebraico e poi dall’ebraico in spagnolo. Poiché però la lingua colta del mondo cristiano era il latino, un successivo passaggio era spesso affidato alle comunità mo- nastiche che completavano il ciclo traducendo dallo spagnolo in latino. Le traduzioni divennero sempre più frequenti specie quando nel XIII secolo re Alfonso X di Castiglia e delle Asturie, detto ‘el Sabio’ (il savio) decise di istituire a Toledo un vero e proprio collegio di traduttori dall’arabo in latino, che diffusero nelle Università europee i commenti arabi ad Aristo- tele e Platone e testi di medicina, fisica, astronomia, ottica e alchimia. Re Alfonso ordinò anche nel 1256 che tutti i testi di alchimia disponibili in arabo fossero tradotti in latino o spagnolo. Si presume inoltre che abbia scritto lui stesso, con uno stile simbolico e cabalistico, un trattato sulla Pietra dei Filosofi, il Tesoro, nel quale pretendeva di possedere il segreto della trasmutazione dei metalli e dichiarava di averlo imparato da un Egi- ziano, fatto da lui venire appositamente da Alessandria. Figura 1 – L’alchimista in cerca della Pietra Filosofale (1771) di Joseph Wright of Derby La pietra dei filosofilapis ( philosophorum) è, secondo la leggenda, una (Derby Museum and Art Gallery, Derby, Regno Unito). sostanza alchemica capace di trasformare i metalli vili come piombo in oro o argento. Nel Medioevo e poi ancora per molti anni era anche consi- Un importante traduttore dall’arabo in latino fu anche Adelardo di derata una specie di elisir di lunga vita utile a ringiovanire o addirittura Bath, monaco dell’ordine di San Benedetto, che nel periodo 1116-1142 tra- a garantire l’immortalità. Per molti secoli era il simbolo più significativo dusse le opere di matematica di al-Khwarizmi e soprattutto i tredici libri dell’alchimia, che rappresentava la perfezione ultima e la beatitudine ce- degli Elementi di Euclide; è noto anche per aver sviluppato idee originali leste. I tentativi di scoprire la Pietra Filosofale erano conosciuti come la di fisica, anticipando il concetto di conservazione della massa e di bari- ‘Grande Opera’ (fig. 1). centro della terra che considerava sferica. Uno dei primi traduttori fu lo scozzese Roberto di Chester, arcidia- Fu proprio grazie all’opera di traduttori come Robert of Chester e cono a Pamplona, che, con il suo amico Ermanno il dalmata proveniente Adelard of Bath che l’alchimia iniziò la sua penetrazione in Inghilterra dall’Istria, allora parte del ducato di Carinzia, era andato a vivere in Spa- nel XII secolo. gna per studiare alle fonti alchimia e astrologia. Nel 1143 l’abate di Cluny, Altrettanto preziosa per la cristianità fu l’opera di traduzione in lati- Pierre II de Montboissier noto anche come Pietro il Venerabile, lo con- no di Domenico o Domingo Gundisalvi (Dominicus Gundissalinus) (ca. LA TRADUZIONE DELL’ALCHIMIA CLASSICA 35 36 STORIA DELLA CHIMICA

1115-1190), vissuto a Toledo nel XII secolo, che tradusse circa venti opere pratica in cui forniva una delle prime dimostrazioni a noi conosciute del filosofiche dall’arabo al latino, in particolare laFisica e la Metafisica di Ari- sistema decimale indiano, molto prima del Liber Abaci di Leonardo Fi- stotele, le opere di Avicenna e quelle di al-Ghazzali e di al-Farabi, testi che bonacci. Tradusse anche per la regina del Portogallo il trattato medievale, furono essenziali nel passaggio dal platonismo all’aristotelismo del XIII se- il Secretum secretorum, che si pensava contenesse lettere di Aristotele ad colo. Gundisalvi, influenzato dalla lettura dei testi di Avicenna e del poeta Alessandro Magno. Il trattato discuteva questioni etiche e di astrologia, e filosofo neoplatonico, il giudeo Solomon ibn Gabirol, scrisse anche cin- proprietà magiche di piante, gemme e numeri, e contemporaneamente pre- que opere filosofiche inquadrate nel corpo della tradizione filosofica latina. sentava anche una strana classificazione di scienza unitaria che, secondo Alla stessa scuola si era formato il teologo e filosofo francese Alano di il testo, solo una persona con una seria preparazione morale e intellettua- Lilla, monaco cistercense dell’abbazia di Clervaux, detto anche Alanus le poteva comprendere. ab Insulis (1125-1202) che insegnò a Parigi e a Montpellier, venendo per Alle traduzioni dall’arabo al latino contribuì anche il medico italiano questo chiamato Alano di Montepessulano, nome che rimanda al luogo Gerardo da Cremona (1114-1187) andato a Toledo ad imparare l’arabo, che d’origine in Francia della sua famiglia. Alano, che forse partecipò al Con- tradusse dall’arabo in latino almeno 74 libri di argomenti scientifici che cilio Laterano del 1179, definito Doctor universalis per la vastità delle sue da Toledo si diffusero in Occidente. La più importante traduzione di Gerar- conoscenze, si fece monaco e si ritirò nell’abbazia di Citeaux. Alano fu un do da Cremona fu quella dell’Almagesto (Μεγάλη μαθηματικὴ ϭύνταξις) alchimista molto noto ai suoi tempi, autore di un poema in versi, l’Anticlau- di Tolomeo che ha rappresentato per secoli la base matematica dell’astro- dianus, in cui descriveva con versi eleganti e piacevoli la natura secondo nomia fino a Copernico. A lui si attribuiscono inoltre tre testi, il Liber di- il modello della scuola di Chartres, raffigurandola allegoricamente come vinitatis de septuaginta, il Liber de aluminibus et salis e il Lumen luminum, portatrice di armonia. Tra gli alchimisti dell’epoca era molto diffusa una nonché la traduzione dei primi tre libri delle Meteore di Aristotele che eb- sua opera manoscritta nota come I detti di Alano filosofo che ebbe poi ben be una enorme influenza sul successivo sviluppo delle teorie alchemiche. sei edizioni a stampa, nella quale sosteneva che la ragione può aiutare a Un importante matematico e astronomo del mondo arabo fu l’ita- scoprire le verità della fisica mentre quelle della religione sono accessibili liano Platóne Tiburtino, nato a Tivoli ma vissuto a Barcellona intorno al solo attraverso la fede. Scrisse anche un’Ars catholicae fidei, nella quale ad- 1110-1145, che tradusse in latino trattati arabi ed ebraici tra i quali il Liber dirittura cercava di sostenere che anche la teologia può essere dimostrata embadorum (Libro delle ‘misure dei corpi’), sintesi della geometria pra- dalla ragione. In questo trattato asseriva che la teologia stessa può essere tica greco-araba, scritto dal suo amico e collaboratore, l’ebreo spagnolo dimostrata dalla ragione, poiché fede e ragione non confliggono, ma anzi Abrāhām ben Ḥiyyā. La traduzione del Liber embadorum fu uno dei pri- s’integrano l’una con l’altra. mi canali attraverso i quali la matematica greco-araba pervenne all’Oc- Un altro importante traduttore che operò nella prima parte del XII seco- cidente cristiano. Un altro importante traduttore fu lo spagnolo Juan lo fu lo spagnolo Ugo di Santalla, probabilmente prete a Tarazona, in pro- Avendaut Hispano, noto come Juan di Toledo, che tradusse Il segreto dei vincia di Saragozza, che tradusse testi di alchimia, astronomia e astrologia segreti di al-Razi. dall’arabo in latino. A lui sono attribuite le traduzioni dei testi di Ahmad Grazie all’interesse per la cultura scientifica dell’arcivescovo di Toledo, ibn Muhammad ibn Kathīr al-Farghānī (Alfraganus), di Abū l-Hasan Alī il francese Raimondo di Sauvetat, all’inizio del XII secolo cominciarono ibn Abī l-Rijāl, del Liber de secretis naturae di Apollonio di Tiana, del De a circolare in Europa le opere scientifiche di Averroè, di al-Razi e l’Otti- Spatula sulla divinazione e della nota Tabula Smaragdina. Scrisse inoltre ca di Ibn al-Haytham (Alhazen), che stimolarono il dibattito scientifico un Liber Aristotilis nella forma di antologia di materiali di provenien- e filosofico occidentale per molti anni. L’italiano Gherardo da Cremona za greca e persiana, nessuno dei quali peraltro attribuibili ad Aristotele. (1114-1187) fu però il traduttore più attivo del periodo. Tradusse circa 80 Il più importante traduttore di opere di astronomia araba e divulga- opere dall’arabo, tra cui il Canone della Medicina di Avicenna, l’Almagesto tore della cultura scientifica araba in Europa fu Ermanno di Carinzia o di Tolomeo, tre libri della Meteorologica di Aristotele, nonché i libri di al- Ermanno il Dalmata (Herman Dalmatin). Uno dei discepoli di Ermanno Ràzi sui sali, gli allumi e i minerali e forse anche I settanta libri di Giabir. il Dalmata fu Roberto di Ketton che seguendo il suggerimento dell’abate Per facilitare la lettura delle traduzioni, molte parole arabe vennero di Cluny, Pietro il venerabile, completò la traduzione in latino del testo latinizzate e divennero parte del lessico dell’alchimia e poi della chimica: arabo del Corano (al-Qurʾān), già in parte tradotto dal suo maestro, con il anbìq (alambicco), (pentola), al-qali o al kalawy (alcali), al-kìmiya (alchi- titolo Lex Mahumet pseudoprophete, la prima traduzione del libro in una mia), al-kuhl (alcol), al kafur (canfora), al izmid (antimonio), al-magisti lingua europea, e standard di riferimento fino al XVI secolo. Traduzioni (almagesto), at-tannùr (atanor), al-iksìr (elisir), matrah (matraccio), na- di libri di alchimia araba sono anche dovute al galiziano Giovanni da Si- trùn (sodio) e tante altre (Testi 1950; 1978). Il tipico la- viglia che oltre a traduzioni di opere arabe di medicina e alchimia si inte- boratorio alchemico medievale conteneva, oltre a matracci e alambicchi, ressò anche di matematica con il Libro degli algoritmi relativi all’aritmetica vari tipi di fornaci, l’athanor (forno a riverbero), il forno di fusione, il for- LA TRADUZIONE DELL’ALCHIMIA CLASSICA 35 36 STORIA DELLA CHIMICA

1115-1190), vissuto a Toledo nel XII secolo, che tradusse circa venti opere pratica in cui forniva una delle prime dimostrazioni a noi conosciute del filosofiche dall’arabo al latino, in particolare laFisica e la Metafisica di Ari- sistema decimale indiano, molto prima del Liber Abaci di Leonardo Fi- stotele, le opere di Avicenna e quelle di al-Ghazzali e di al-Farabi, testi che bonacci. Tradusse anche per la regina del Portogallo il trattato medievale, furono essenziali nel passaggio dal platonismo all’aristotelismo del XIII se- il Secretum secretorum, che si pensava contenesse lettere di Aristotele ad colo. Gundisalvi, influenzato dalla lettura dei testi di Avicenna e del poeta Alessandro Magno. Il trattato discuteva questioni etiche e di astrologia, e filosofo neoplatonico, il giudeo Solomon ibn Gabirol, scrisse anche cin- proprietà magiche di piante, gemme e numeri, e contemporaneamente pre- que opere filosofiche inquadrate nel corpo della tradizione filosofica latina. sentava anche una strana classificazione di scienza unitaria che, secondo Alla stessa scuola si era formato il teologo e filosofo francese Alano di il testo, solo una persona con una seria preparazione morale e intellettua- Lilla, monaco cistercense dell’abbazia di Clervaux, detto anche Alanus le poteva comprendere. ab Insulis (1125-1202) che insegnò a Parigi e a Montpellier, venendo per Alle traduzioni dall’arabo al latino contribuì anche il medico italiano questo chiamato Alano di Montepessulano, nome che rimanda al luogo Gerardo da Cremona (1114-1187) andato a Toledo ad imparare l’arabo, che d’origine in Francia della sua famiglia. Alano, che forse partecipò al Con- tradusse dall’arabo in latino almeno 74 libri di argomenti scientifici che cilio Laterano del 1179, definito Doctor universalis per la vastità delle sue da Toledo si diffusero in Occidente. La più importante traduzione di Gerar- conoscenze, si fece monaco e si ritirò nell’abbazia di Citeaux. Alano fu un do da Cremona fu quella dell’Almagesto (Μεγάλη μαθηματικὴ ϭύνταξις) alchimista molto noto ai suoi tempi, autore di un poema in versi, l’Anticlau- di Tolomeo che ha rappresentato per secoli la base matematica dell’astro- dianus, in cui descriveva con versi eleganti e piacevoli la natura secondo nomia fino a Copernico. A lui si attribuiscono inoltre tre testi, il Liber di- il modello della scuola di Chartres, raffigurandola allegoricamente come vinitatis de septuaginta, il Liber de aluminibus et salis e il Lumen luminum, portatrice di armonia. Tra gli alchimisti dell’epoca era molto diffusa una nonché la traduzione dei primi tre libri delle Meteore di Aristotele che eb- sua opera manoscritta nota come I detti di Alano filosofo che ebbe poi ben be una enorme influenza sul successivo sviluppo delle teorie alchemiche. sei edizioni a stampa, nella quale sosteneva che la ragione può aiutare a Un importante matematico e astronomo del mondo arabo fu l’ita- scoprire le verità della fisica mentre quelle della religione sono accessibili liano Platóne Tiburtino, nato a Tivoli ma vissuto a Barcellona intorno al solo attraverso la fede. Scrisse anche un’Ars catholicae fidei, nella quale ad- 1110-1145, che tradusse in latino trattati arabi ed ebraici tra i quali il Liber dirittura cercava di sostenere che anche la teologia può essere dimostrata embadorum (Libro delle ‘misure dei corpi’), sintesi della geometria pra- dalla ragione. In questo trattato asseriva che la teologia stessa può essere tica greco-araba, scritto dal suo amico e collaboratore, l’ebreo spagnolo dimostrata dalla ragione, poiché fede e ragione non confliggono, ma anzi Abrāhām ben Ḥiyyā. La traduzione del Liber embadorum fu uno dei pri- s’integrano l’una con l’altra. mi canali attraverso i quali la matematica greco-araba pervenne all’Oc- Un altro importante traduttore che operò nella prima parte del XII seco- cidente cristiano. Un altro importante traduttore fu lo spagnolo Juan lo fu lo spagnolo Ugo di Santalla, probabilmente prete a Tarazona, in pro- Avendaut Hispano, noto come Juan di Toledo, che tradusse Il segreto dei vincia di Saragozza, che tradusse testi di alchimia, astronomia e astrologia segreti di al-Razi. dall’arabo in latino. A lui sono attribuite le traduzioni dei testi di Ahmad Grazie all’interesse per la cultura scientifica dell’arcivescovo di Toledo, ibn Muhammad ibn Kathīr al-Farghānī (Alfraganus), di Abū l-Hasan Alī il francese Raimondo di Sauvetat, all’inizio del XII secolo cominciarono ibn Abī l-Rijāl, del Liber de secretis naturae di Apollonio di Tiana, del De a circolare in Europa le opere scientifiche di Averroè, di al-Razi e l’Otti- Spatula sulla divinazione e della nota Tabula Smaragdina. Scrisse inoltre ca di Ibn al-Haytham (Alhazen), che stimolarono il dibattito scientifico un Liber Aristotilis nella forma di antologia di materiali di provenien- e filosofico occidentale per molti anni. L’italiano Gherardo da Cremona za greca e persiana, nessuno dei quali peraltro attribuibili ad Aristotele. (1114-1187) fu però il traduttore più attivo del periodo. Tradusse circa 80 Il più importante traduttore di opere di astronomia araba e divulga- opere dall’arabo, tra cui il Canone della Medicina di Avicenna, l’Almagesto tore della cultura scientifica araba in Europa fu Ermanno di Carinzia o di Tolomeo, tre libri della Meteorologica di Aristotele, nonché i libri di al- Ermanno il Dalmata (Herman Dalmatin). Uno dei discepoli di Ermanno Ràzi sui sali, gli allumi e i minerali e forse anche I settanta libri di Giabir. il Dalmata fu Roberto di Ketton che seguendo il suggerimento dell’abate Per facilitare la lettura delle traduzioni, molte parole arabe vennero di Cluny, Pietro il venerabile, completò la traduzione in latino del testo latinizzate e divennero parte del lessico dell’alchimia e poi della chimica: arabo del Corano (al-Qurʾān), già in parte tradotto dal suo maestro, con il anbìq (alambicco), (pentola), al-qali o al kalawy (alcali), al-kìmiya (alchi- titolo Lex Mahumet pseudoprophete, la prima traduzione del libro in una mia), al-kuhl (alcol), al kafur (canfora), al izmid (antimonio), al-magisti lingua europea, e standard di riferimento fino al XVI secolo. Traduzioni (almagesto), at-tannùr (atanor), al-iksìr (elisir), matrah (matraccio), na- di libri di alchimia araba sono anche dovute al galiziano Giovanni da Si- trùn (sodio) e tante altre (Testi 1950; Frater Albertus 1978). Il tipico la- viglia che oltre a traduzioni di opere arabe di medicina e alchimia si inte- boratorio alchemico medievale conteneva, oltre a matracci e alambicchi, ressò anche di matematica con il Libro degli algoritmi relativi all’aritmetica vari tipi di fornaci, l’athanor (forno a riverbero), il forno di fusione, il for- LA TRADUZIONE DELL’ALCHIMIA CLASSICA 37 no a muffola per le prove, il semplice focolare per scaldare gli strumenti, il bagnomaria, il bagno di letame, il bagno di sabbia e il bagno di cenere. Nelle operazioni di calcinazione era impiegato il crogiuolo di porcellana o la coppella, in quelle di sublimazione l’aludella, in quelle di coobazione e di distillazione di liquidi l’alambicco cieco, il pellicano o anche i cosid- detti gemelli, cioè due raccoglitori di frazione identici e sostituibili l’uno all’altro per semplice rotazione sull’uscita della colonna di refrigerazione. L’altro canale attraverso il quale l’alchimia raggiunse l’Europa passava dall’Impero Romano d’Oriente. La società bizantina non diede significa- tivi contributi da aggiungere alla cultura alessandrina, ma rese lo stesso grandi servizi all’umanità, conservando a Bisanzio il patrimonio cultu- rale dei classici greci. Nella cultura bizantina le arti sperimentali non fe- cero passi avanti importanti, limitandosi a ripetere le operazioni descritte nei testi arabi e nelle successive rielaborazioni. L’unico contributo tecni- co interessante proveniente dagli scienziati bizantini fu quello del fuoco greco, Υγρό Πυρ (igró pyr), una miscela incendiaria composta di petrolio greggio, pece, zolfo, salnitro e calce viva, attribuita a Callinico, un Greco di Eliopolis (oggi Baalbek in Siria) che verso la metà del VII secolo arrivò da Balbec in Grecia a Costantinopoli e propose di usare la miscela incen- diaria di cui aveva la ricetta all’imperatore Costantino VII Porfirogeneta, quarto imperatore della dinastia macedone dell’impero bizantino, che la considerò tanto importante da imporre il segreto di Stato sulla sua produ- zione. La maggior parte delle ricette tecniche risale al periodo ellenistico, ma anche gli artigiani bizantini diedero un loro apprezzabile contributo, compilando libretti di ricette su vari argomenti, dalla tintura dei tessuti e del cuoio al trattamento dei metalli, alla preparazione di coloranti e di mordenti, perfino alla contraffazione di pietre preziose sotto forma di -li bretti che cominciarono a circolare in Occidente. Nel IX secolo cominciarono infatti ad apparire anche in Europa libri di argomento tecnico come la e il codice di Lucca noto come Compositiones ad tingenda musiva, che in buona parte ripresentava- no ricette ellenistiche contenute nei papiri di Leida e di Stoccolma del III secolo d.C. Queste opere non avevano nulla della oscurità e della esoteri- cità dei testi alchemici ma erano vere e proprie forme embrionali di testi di chimica applicata, come ad esempio il De diversibus artibus apparso verso il 1120 circa ad opera di un ipotetico Teofilo Presbiter, molto probabilmente il monaco benedettino Ruggero di Helmarshausen, artigiano dei metalli. Dal XII e XIII secolo cominciano anche a diffondersi tra gli eruditi i più importanti testi di magia arabi ed ebraici associati a quelli di alchimia. La magia araba, per la sua forma estremamente pratica e sperimentale, non era troppo invisa alla Chiesa e spesso guadagnò l’interesse di principi e re. Alfonso il Saggio per esempio fece tradurre il trattato di magia ebraica Sefer Raziel e nel 1256 anche il Picatrix di Maslama al-Magrîti che spiega- va come utilizzare a scopi magici le ‘simpatie’ fra piante, pietre, animali e che ebbe un’influenza considerevole su molti personaggi del Rinascimento italiano, in particolare su Marsilio Ficino e Cornelio Agrippa. LA TRADUZIONE DELL’ALCHIMIA CLASSICA 37 no a muffola per le prove, il semplice focolare per scaldare gli strumenti, il bagnomaria, il bagno di letame, il bagno di sabbia e il bagno di cenere. Nelle operazioni di calcinazione era impiegato il crogiuolo di porcellana o la coppella, in quelle di sublimazione l’aludella, in quelle di coobazione e di distillazione di liquidi l’alambicco cieco, il pellicano o anche i cosid- detti gemelli, cioè due raccoglitori di frazione identici e sostituibili l’uno all’altro per semplice rotazione sull’uscita della colonna di refrigerazione. L’altro canale attraverso il quale l’alchimia raggiunse l’Europa passava dall’Impero Romano d’Oriente. La società bizantina non diede significa- tivi contributi da aggiungere alla cultura alessandrina, ma rese lo stesso grandi servizi all’umanità, conservando a Bisanzio il patrimonio cultu- rale dei classici greci. Nella cultura bizantina le arti sperimentali non fe- cero passi avanti importanti, limitandosi a ripetere le operazioni descritte nei testi arabi e nelle successive rielaborazioni. L’unico contributo tecni- co interessante proveniente dagli scienziati bizantini fu quello del fuoco greco, Υγρό Πυρ (igró pyr), una miscela incendiaria composta di petrolio greggio, pece, zolfo, salnitro e calce viva, attribuita a Callinico, un Greco di Eliopolis (oggi Baalbek in Siria) che verso la metà del VII secolo arrivò da Balbec in Grecia a Costantinopoli e propose di usare la miscela incen- diaria di cui aveva la ricetta all’imperatore Costantino VII Porfirogeneta, quarto imperatore della dinastia macedone dell’impero bizantino, che la considerò tanto importante da imporre il segreto di Stato sulla sua produ- zione. La maggior parte delle ricette tecniche risale al periodo ellenistico, ma anche gli artigiani bizantini diedero un loro apprezzabile contributo, compilando libretti di ricette su vari argomenti, dalla tintura dei tessuti e del cuoio al trattamento dei metalli, alla preparazione di coloranti e di mordenti, perfino alla contraffazione di pietre preziose sotto forma di -li bretti che cominciarono a circolare in Occidente. Nel IX secolo cominciarono infatti ad apparire anche in Europa libri di argomento tecnico come la Mappae Clavicula e il codice di Lucca noto come Compositiones ad tingenda musiva, che in buona parte ripresentava- no ricette ellenistiche contenute nei papiri di Leida e di Stoccolma del III secolo d.C. Queste opere non avevano nulla della oscurità e della esoteri- cità dei testi alchemici ma erano vere e proprie forme embrionali di testi di chimica applicata, come ad esempio il De diversibus artibus apparso verso il 1120 circa ad opera di un ipotetico Teofilo Presbiter, molto probabilmente il monaco benedettino Ruggero di Helmarshausen, artigiano dei metalli. Dal XII e XIII secolo cominciano anche a diffondersi tra gli eruditi i più importanti testi di magia arabi ed ebraici associati a quelli di alchimia. La magia araba, per la sua forma estremamente pratica e sperimentale, non era troppo invisa alla Chiesa e spesso guadagnò l’interesse di principi e re. Alfonso il Saggio per esempio fece tradurre il trattato di magia ebraica Sefer Raziel e nel 1256 anche il Picatrix di Maslama al-Magrîti che spiega- va come utilizzare a scopi magici le ‘simpatie’ fra piante, pietre, animali e che ebbe un’influenza considerevole su molti personaggi del Rinascimento italiano, in particolare su Marsilio Ficino e Cornelio Agrippa. 40 STORIA DELLA CHIMICA

con salnitro (nitrato di potassio) o distillando l’acido da una miscela di CAPITOLO 7 quarzo e vetriolo verde. Egli ricordava anche che il nome vitriol (fig. 2) era l’acronimo del motto alchemico: I PRIMI VERI LABORATORI DI ALCHIMIA Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem

Nel X secolo al-Razi aveva riportato nel suo libro, Il segreto dei segreti, le diverse procedure di laboratorio così come aveva classificato le sostan- ze in termini di composizione e struttura fisica in metalli, vetrioli, boraci, sali e pietre. Le modifiche e le trasformazioni della materia che chiamava la Grande Opera prevedevano 9 operazioni sia fisiche che chimiche che da una parte ne alteravano lo stato fisico e dall’altra la composizione chimica: calcinazione, putrefazione, soluzione, distillazione, sublimazione, unione, trasformazione, fissazione e moltiplicazione. La distillazione, la sublimazione, la calcinazione e la soluzione divenne- ro le tecniche fondamentali utilizzate in tutti gli sviluppi successivi dell’al- chimia e della nascente chimica. Con la calcinazione i minerali venivano polverizzati a fuoco forte senza necessariamente prevedere cosa sarebbe accaduto e solo nel XVIII secolo questa tecnica divenne il processo utiliz- zato per trasformare i metalli nei corrispondenti ossidi. Tra questi, il pro- cedimento più importante di trattamento delle sostanze chimiche era per gli alchimisti la distillazione, che consideravano la strada più importante per trasformare la materia, perché permetteva di separare le qualità ari- Figura 1 – Ritratto di Basilius Valentinus, alchimista tedesco. stoteliche, in particolare quelle del freddo e dell’umido, nelle sostanze. Per questa ragione nel recipiente di distillazione veniva introdotta una certa quantità di zolfo o di sale o di carbonato di potassio per sottrarre la qua- lità dell’umido alla sostanza distillata, lasciando quella del secco. Altret- tanto importante, tra le applicazioni dei procedimenti di distillazione, fu la scoperta del metodo per ottenere gli acidi minerali che cominciarono a essere disponibili in quantità apprezzabili già all’inizio del XIII seco- lo, anche se Ibn Zakariya al-Razi già nel IX secolo aveva ottenuto l’acido solforico per distillazione secca dei vetrioli, quello verde (solfato idrato di ferro, FeSO4 • 7 H2O) e quello azzurro (solfato idrato di rame CuSO4 • 5 H2O), che con il riscaldamento si decompongono negli ossidi, acqua e ani- dride solforica. L’anidride sciolta nell’acqua produce poi soluzioni diluite di acido solforico. Il metodo di al-Razi si diffuse in Europa attraverso la traduzione degli scritti di alchimisti islamici, per cui l’acido solforico di- venne l’olio di vetriolo. Alla fine del XV secolo, il monaco benedettino Basilio Valentino, Ba- silius Valentinus (fig. 1), vissuto nel monastero di St. Peter a Erfurt, de- scrisse due metodi di preparazione dell’acido solforico; bruciando zolfo Figura 2 – Basilio Valentino, simbolo del vitriolo. 40 STORIA DELLA CHIMICA

con salnitro (nitrato di potassio) o distillando l’acido da una miscela di CAPITOLO 7 quarzo e vetriolo verde. Egli ricordava anche che il nome vitriol (fig. 2) era l’acronimo del motto alchemico: I PRIMI VERI LABORATORI DI ALCHIMIA Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem

Nel X secolo al-Razi aveva riportato nel suo libro, Il segreto dei segreti, le diverse procedure di laboratorio così come aveva classificato le sostan- ze in termini di composizione e struttura fisica in metalli, vetrioli, boraci, sali e pietre. Le modifiche e le trasformazioni della materia che chiamava la Grande Opera prevedevano 9 operazioni sia fisiche che chimiche che da una parte ne alteravano lo stato fisico e dall’altra la composizione chimica: calcinazione, putrefazione, soluzione, distillazione, sublimazione, unione, trasformazione, fissazione e moltiplicazione. La distillazione, la sublimazione, la calcinazione e la soluzione divenne- ro le tecniche fondamentali utilizzate in tutti gli sviluppi successivi dell’al- chimia e della nascente chimica. Con la calcinazione i minerali venivano polverizzati a fuoco forte senza necessariamente prevedere cosa sarebbe accaduto e solo nel XVIII secolo questa tecnica divenne il processo utiliz- zato per trasformare i metalli nei corrispondenti ossidi. Tra questi, il pro- cedimento più importante di trattamento delle sostanze chimiche era per gli alchimisti la distillazione, che consideravano la strada più importante per trasformare la materia, perché permetteva di separare le qualità ari- Figura 1 – Ritratto di Basilius Valentinus, alchimista tedesco. stoteliche, in particolare quelle del freddo e dell’umido, nelle sostanze. Per questa ragione nel recipiente di distillazione veniva introdotta una certa quantità di zolfo o di sale o di carbonato di potassio per sottrarre la qua- lità dell’umido alla sostanza distillata, lasciando quella del secco. Altret- tanto importante, tra le applicazioni dei procedimenti di distillazione, fu la scoperta del metodo per ottenere gli acidi minerali che cominciarono a essere disponibili in quantità apprezzabili già all’inizio del XIII seco- lo, anche se Ibn Zakariya al-Razi già nel IX secolo aveva ottenuto l’acido solforico per distillazione secca dei vetrioli, quello verde (solfato idrato di ferro, FeSO4 • 7 H2O) e quello azzurro (solfato idrato di rame CuSO4 • 5 H2O), che con il riscaldamento si decompongono negli ossidi, acqua e ani- dride solforica. L’anidride sciolta nell’acqua produce poi soluzioni diluite di acido solforico. Il metodo di al-Razi si diffuse in Europa attraverso la traduzione degli scritti di alchimisti islamici, per cui l’acido solforico di- venne l’olio di vetriolo. Alla fine del XV secolo, il monaco benedettino Basilio Valentino, Ba- silius Valentinus (fig. 1), vissuto nel monastero di St. Peter a Erfurt, de- scrisse due metodi di preparazione dell’acido solforico; bruciando zolfo Figura 2 – Basilio Valentino, simbolo del vitriolo. I PRIMI VERI LABORATORI DI ALCHIMIA 41 42 STORIA DELLA CHIMICA

Basilio Valentino fu un vero chimico, autore di molte preparazioni importanti. Oltre all’acido solforico, preparò per primo lo spirito di sa- le, cioè l’acido cloridrico, facendo reagire il salgemma con olio di vetrio- lo e mostrò come estrarre il rame dalle sue piriti, trasformandole prima in solfato di rame e poi immergendo una sbarra di ferro in una soluzione del sale in acqua. Sviluppò anche un metodo di preparazione del brandy per distillazione di vino o birra e rettificando il distillato con carbonato di potassio. La sua opera più famosa fu il Currus Triumphalis Antimoni (Cocchio trionfale dell’antimonio), del 1665, nella quale descrive un gran numero di preparazioni di composti dell’antimonio. Nel trattato difende- va con vigore le virtù terapeutiche dei derivati dell’antimonio e attaccava senza mezze misure i medici del tempo per la loro ignoranza. Basilio Valentino scrisse anche l’, pubblicato nel 1613 a Franco- forte (fig. 3), e Le dodici chiavi della filosofia del 1599 (figg. 4-5), un insie- me di 12 tavole che rappresentano la Grande Opera alchemica spirituale che ebbe svariate edizioni all’inizio del XVII secolo.

Figura 4 – Le dodici chiavi, incisione di Matthaeus Merian (1593-1650).

Figura 5 – La seconda chiave, Matthaeus Merian (1678).

Il primo ad ottenere acido cloridrico concentrato era però stato l’al- chimista tedesco (1604-1668) che l’aveva ottenuto facendo reagire acido solforico concentrato su sale marino e distillando poi la miscela in modo da eliminare la maggior parte di acqua presente. Basilio Valentino conosceva anche l’acido nitrico che veniva preparato Figura 3 – Copertina del libro Azoth di Basilio Valentino (1659). facendo reagire il salnitro con acido solforico e che divenne in breve tem- I PRIMI VERI LABORATORI DI ALCHIMIA 41 42 STORIA DELLA CHIMICA

Basilio Valentino fu un vero chimico, autore di molte preparazioni importanti. Oltre all’acido solforico, preparò per primo lo spirito di sa- le, cioè l’acido cloridrico, facendo reagire il salgemma con olio di vetrio- lo e mostrò come estrarre il rame dalle sue piriti, trasformandole prima in solfato di rame e poi immergendo una sbarra di ferro in una soluzione del sale in acqua. Sviluppò anche un metodo di preparazione del brandy per distillazione di vino o birra e rettificando il distillato con carbonato di potassio. La sua opera più famosa fu il Currus Triumphalis Antimoni (Cocchio trionfale dell’antimonio), del 1665, nella quale descrive un gran numero di preparazioni di composti dell’antimonio. Nel trattato difende- va con vigore le virtù terapeutiche dei derivati dell’antimonio e attaccava senza mezze misure i medici del tempo per la loro ignoranza. Basilio Valentino scrisse anche l’Azoth, pubblicato nel 1613 a Franco- forte (fig. 3), e Le dodici chiavi della filosofia del 1599 (figg. 4-5), un insie- me di 12 tavole che rappresentano la Grande Opera alchemica spirituale che ebbe svariate edizioni all’inizio del XVII secolo.

Figura 4 – Le dodici chiavi, incisione di Matthaeus Merian (1593-1650).

Figura 5 – La seconda chiave, Matthaeus Merian (1678).

Il primo ad ottenere acido cloridrico concentrato era però stato l’al- chimista tedesco Johann Rudolf Glauber (1604-1668) che l’aveva ottenuto facendo reagire acido solforico concentrato su sale marino e distillando poi la miscela in modo da eliminare la maggior parte di acqua presente. Basilio Valentino conosceva anche l’acido nitrico che veniva preparato Figura 3 – Copertina del libro Azoth di Basilio Valentino (1659). facendo reagire il salnitro con acido solforico e che divenne in breve tem- I PRIMI VERI LABORATORI DI ALCHIMIA 43 44 STORIA DELLA CHIMICA po il reagente più comune usato dai chimici del tempo, insieme all’acqua venuto medico del re d’Aragona e di alcuni papi (fig. 6). Nel Liber de vinis, regia, miscela di acido nitrico e cloridrico nel rapporto 1/3. Il nome ‘ac- scritto nel periodo 1309-1311, definisce l’acquavite di vino «essenza mera- qua regia’ derivava dalla sua capacità di sciogliere l’oro, il ‘re dei metalli’, vigliosa, vera acqua dell’immortalità». praticamente inattaccabile dalle altre sostanze. Il salnitro era noto già agli antichi romani che lo usavano come detergente e secondo la tradizione anche i cinesi lo conoscevano da molto tempo. Il salnitro affiora dai muri nelle cantine umide, ma il suo utilizzo massivo in Europa iniziò solo con la produzione dell’acido nitrico e della polvere pirica. Presso i popoli antichi la distillazione non era utilizzata per la pro- duzione di bevande alcoliche come avvenne nei secoli successivi, ma per la preparazione di essenze e profumi, anche se sembra che già molti an- ni prima di Cristo le popolazioni del Caucaso distillassero una bevanda dal latte fermentato e che anche i cinesi consumassero bevande distillate. In Mesopotamia sono stati trovati resti di alambicchi primitivi pro- babilmente risalenti al IV secolo a.C. e sicuramente gli egizi conosceva- no apparecchi per distillare il vino e il sidro, tecnica appresa dall’Oriente attraverso il commercio con l’India, la Persia e la Siria. Dall’Egitto le co- noscenze tecniche passarono poi ai greci e ai romani. Secondo Plinio il Vecchio, un procedimento semplice di distillazione consisteva nel riscal- dare il liquido in recipienti coperti da pelli che venivano strizzate quando si imbevevano di vapori, ottenendo così il distillato. Durante il Medioevo furono inventati numerosi apparecchi per distil- Figura 6 – Arnaldo da Villanova. lare, consistenti di una caldaia di terra cotta o metallo, la cucurbita o bikos, di un condensatore detto cappello applicato al collo della cucurbita e di Anche il medico fiorentino (1223-1303), professore di un raccoglitore, la fiala o bocca, per raccogliere il distillato. La condensa- medicina a , nei suoi Consilia insegnava l’arte della distillazione zione dei vapori veniva facilitata ponendo stracci bagnati in acqua fredda descrivendo, forse per la prima volta, una serpentina utilizzata per la con- intorno al condensatore o facendo il tubo di condensazione molto lungo. densazione dei vapori, durante la preparazione dell’aqua ardens. Nel De La distillazione fu a lungo limitata dalla disponibilità di strumenti consideratione quintae essentiae rerum omnium (ca. 1351), scritto durante adatti. Nel XII secolo l’arte vetraria ebbe un notevole sviluppo soprattut- la prigionia ad Avignone, il francescano spiritualista Jean de Roquetail- to a Murano in Italia, portando a un forte miglioramento del vetro e an- lade, noto anche come Giovanni da Rupescissa, Johannes de Rupescissa che della tecnica di lavorazione. Le tecniche di distillazione erano limitate (Cruz Hernàndez 1971), che identificava lo spirito di vino con l’elisir della dalla qualità del vetro con cui erano costruiti gli alambicchi. Inoltre fu in- tradizione alchemica (Pereira 1986: 652), esaltò il prodotto della distilla- ventata la serpentina, cioè un sistema di raffreddamento ad acqua del tubo zione del vino, consigliandolo come rimedio contro le malattie che «cor- di condensazione costruito in forma elicoidale, che permise di migliorare rodono il corpo»: la distillazione del vino o di varie sostanze fermentate per la preparazio- ne dello spirito di vino, l’alcol. La parola ‘alcol’ aveva allora un significato Non prendere vino troppo acquoso né vino nero, grossolano, insipi- diverso da quello attuale, designando il bistro per gli occhi fatto di solfu- do, ma un vino nobile, brioso, saporito e profumato, il migliore che ro d’antimonio. Fu solo nel XVI secolo che Paracelso traspose il sostan- tu possa trovare. Distillalo nei tubi tante volte, finché non avrai fatto tivo ‘alcol’ a significare spirito di vino. Ben presto fu possibile preparare l’acqua ardente migliore che puoi fare, e cioè almeno tre volte e anche una soluzione concentrata di spirito di vino che si chiamava . fino a sette; questa è l’acqua ardente che i medici moderni non sono A questo scopo nella distillazione del vino si aggiungeva sale comune o ancora riusciti a fare. Quest’acqua è la materia da cui si estrae la quinta carbonato di potassio che assorbivano l’acqua permettendo di distillare essenza, secondo il significato principale che le diamo in questo libro. una ‘acqua che bruciava’ o aqua ardens, cioè una miscela di acqua e alcol. Uno dei primi ricercatori a condurre esperimenti sui derivati del vino Insegnava anche a distillare infusi di erbe e sostanze medicinali per fu Arnaldo da Villanova (1238-1311), alchimista e filosofo catalano, che ottenere farmaci in grado di guarire malattie. Fra queste ne propose uno, aveva studiato a Parigi, aveva viaggiato in Italia e Germania ed era poi di- l’oro potabile, ottenuto distillando vino in cui erano contenute foglie o li- I PRIMI VERI LABORATORI DI ALCHIMIA 43 44 STORIA DELLA CHIMICA po il reagente più comune usato dai chimici del tempo, insieme all’acqua venuto medico del re d’Aragona e di alcuni papi (fig. 6). Nel Liber de vinis, regia, miscela di acido nitrico e cloridrico nel rapporto 1/3. Il nome ‘ac- scritto nel periodo 1309-1311, definisce l’acquavite di vino «essenza mera- qua regia’ derivava dalla sua capacità di sciogliere l’oro, il ‘re dei metalli’, vigliosa, vera acqua dell’immortalità». praticamente inattaccabile dalle altre sostanze. Il salnitro era noto già agli antichi romani che lo usavano come detergente e secondo la tradizione anche i cinesi lo conoscevano da molto tempo. Il salnitro affiora dai muri nelle cantine umide, ma il suo utilizzo massivo in Europa iniziò solo con la produzione dell’acido nitrico e della polvere pirica. Presso i popoli antichi la distillazione non era utilizzata per la pro- duzione di bevande alcoliche come avvenne nei secoli successivi, ma per la preparazione di essenze e profumi, anche se sembra che già molti an- ni prima di Cristo le popolazioni del Caucaso distillassero una bevanda dal latte fermentato e che anche i cinesi consumassero bevande distillate. In Mesopotamia sono stati trovati resti di alambicchi primitivi pro- babilmente risalenti al IV secolo a.C. e sicuramente gli egizi conosceva- no apparecchi per distillare il vino e il sidro, tecnica appresa dall’Oriente attraverso il commercio con l’India, la Persia e la Siria. Dall’Egitto le co- noscenze tecniche passarono poi ai greci e ai romani. Secondo Plinio il Vecchio, un procedimento semplice di distillazione consisteva nel riscal- dare il liquido in recipienti coperti da pelli che venivano strizzate quando si imbevevano di vapori, ottenendo così il distillato. Durante il Medioevo furono inventati numerosi apparecchi per distil- Figura 6 – Arnaldo da Villanova. lare, consistenti di una caldaia di terra cotta o metallo, la cucurbita o bikos, di un condensatore detto cappello applicato al collo della cucurbita e di Anche il medico fiorentino Taddeo Alderotti (1223-1303), professore di un raccoglitore, la fiala o bocca, per raccogliere il distillato. La condensa- medicina a Bologna, nei suoi Consilia insegnava l’arte della distillazione zione dei vapori veniva facilitata ponendo stracci bagnati in acqua fredda descrivendo, forse per la prima volta, una serpentina utilizzata per la con- intorno al condensatore o facendo il tubo di condensazione molto lungo. densazione dei vapori, durante la preparazione dell’aqua ardens. Nel De La distillazione fu a lungo limitata dalla disponibilità di strumenti consideratione quintae essentiae rerum omnium (ca. 1351), scritto durante adatti. Nel XII secolo l’arte vetraria ebbe un notevole sviluppo soprattut- la prigionia ad Avignone, il francescano spiritualista Jean de Roquetail- to a Murano in Italia, portando a un forte miglioramento del vetro e an- lade, noto anche come Giovanni da Rupescissa, Johannes de Rupescissa che della tecnica di lavorazione. Le tecniche di distillazione erano limitate (Cruz Hernàndez 1971), che identificava lo spirito di vino con l’elisir della dalla qualità del vetro con cui erano costruiti gli alambicchi. Inoltre fu in- tradizione alchemica (Pereira 1986: 652), esaltò il prodotto della distilla- ventata la serpentina, cioè un sistema di raffreddamento ad acqua del tubo zione del vino, consigliandolo come rimedio contro le malattie che «cor- di condensazione costruito in forma elicoidale, che permise di migliorare rodono il corpo»: la distillazione del vino o di varie sostanze fermentate per la preparazio- ne dello spirito di vino, l’alcol. La parola ‘alcol’ aveva allora un significato Non prendere vino troppo acquoso né vino nero, grossolano, insipi- diverso da quello attuale, designando il bistro per gli occhi fatto di solfu- do, ma un vino nobile, brioso, saporito e profumato, il migliore che ro d’antimonio. Fu solo nel XVI secolo che Paracelso traspose il sostan- tu possa trovare. Distillalo nei tubi tante volte, finché non avrai fatto tivo ‘alcol’ a significare spirito di vino. Ben presto fu possibile preparare l’acqua ardente migliore che puoi fare, e cioè almeno tre volte e anche una soluzione concentrata di spirito di vino che si chiamava aqua vitae. fino a sette; questa è l’acqua ardente che i medici moderni non sono A questo scopo nella distillazione del vino si aggiungeva sale comune o ancora riusciti a fare. Quest’acqua è la materia da cui si estrae la quinta carbonato di potassio che assorbivano l’acqua permettendo di distillare essenza, secondo il significato principale che le diamo in questo libro. una ‘acqua che bruciava’ o aqua ardens, cioè una miscela di acqua e alcol. Uno dei primi ricercatori a condurre esperimenti sui derivati del vino Insegnava anche a distillare infusi di erbe e sostanze medicinali per fu Arnaldo da Villanova (1238-1311), alchimista e filosofo catalano, che ottenere farmaci in grado di guarire malattie. Fra queste ne propose uno, aveva studiato a Parigi, aveva viaggiato in Italia e Germania ed era poi di- l’oro potabile, ottenuto distillando vino in cui erano contenute foglie o li- I PRIMI VERI LABORATORI DI ALCHIMIA 45 46 STORIA DELLA CHIMICA matura d’oro. Nel 1400 i mercanti modenesi iniziarono poi una massic- rosi apparecchi per la distillazione tra cui il doppio pellicano, l’idra dalle cia attività di distillazione di vini per produrre acquaviti, vendute poi ai sette teste e un raccoglitore di frazioni da lui inventato (Muraro 1978). Un veneziani che le esportavano in tutta Europa. ruolo importante nello sviluppo delle tecniche di distillazione per la pre- Forte difensore dell’assoluta povertà della Chiesa, Giovanni da Rupe- parazione di farmaci fu svolto dalla scuola medica di Salerno, nata verso scissa fu diverse volte confinato in vari conventi francescani. Durante il la fine dell’VIII secolo, in seguito ai primi insediamenti benedettini nel trasferimento da un convento a un altro raggiunse Avignone dove riuscì Ducato di Benevento, dove i monaci diffondevano le opere mediche greche a presentare un appello al Papa Clemente VI nel 1349. Per le sue violen- e latine ed esercitavano la professione medica (Firpo 1972). L’origine della te denunce degli abusi delle autorità ecclesiastiche e per le sue profezie, scuola di Salerno è incerta ma è certo che fosse già molto attiva durante il fu anche imprigionato per ordine del Papa. Durante la detenzione (1351- IX secolo. Ben poco si sa della natura laica o monastica dei primi medici 1352) scrisse due opere complementari, De considerazione quinate esen- che vi operavano e se avesse una sua posizione istituzionale nel periodo tiate e il Liber lucis, noto anche col titolo di Liber de considerazione veri in cui il longobardo Arechi II (ca. 734-787), duca di Benevento, divenuto lapidi philosophorum. poi principe, si trasferì nella Reggia che lui stesso aveva fatto costruire a Il trattato De quinta essentia e il Liber lucis conobbero una notevole Salerno. Sotto il suo potere il ducato beneventano durò a lungo dal 591 al diffusione e furono pubblicate a stampa nel XVI secolo. Il De quinta es- 641 ed estese notevolmente i suoi confini rispetto al passato. sentia è dedicato alla descrizione di medicamenti a base di alcol preparati Nell’XI secolo, con l’arrivo di Costantino l’Africano (ca. 1020-1087), che mediante distillazioni ripetute di sostanze di origine organica. Il Liber lu- introdusse nell’insegnamento le principali opere arabe di medicina, iniziò cis illustra invece il procedimento per trasformare in oro i metalli più vili. il periodo aureo della Scuola salernitana. Secondo il racconto del monaco Giovanni da Rupescissa era convinto dell’esistenza di una sostanza benedettino Pietro Diacono, che lo conobbe durante la sua permanenza in grado di rendere incorruttibile il corpo umano, che egli identificava a Montecassino, Costantino, nato a Cartagine nella seconda metà dell’XI con il quinto elemento di Aristotele, la quinta essentia, la materia del cie- secolo e allevato nelle comunità cristiane del nord Africa, tradusse dall’a- lo, estraibile attraverso la distillazione dell’alcol dal vino, abitualmente rabo molti testi medici tardo-alessandrini che arrivati alla scuola di Saler- praticata a partire dal XII secolo. Questa sostanza sembrava sfuggire alle no si diffusero nelle facoltà mediche europee. Costantino compì numerosi classificazioni della filosofia della Natura, perché non possedeva nessuna viaggi che gli consentirono di apprendere diverse lingue e di acquisire le delle coppie di qualità elementari caratteristiche dei quattro elementi tra- conoscenze del mondo arabo e orientale. Ancora giovane era partito per dizionali (terra, acqua, aria, fuoco). Secondo Rupescissa, l’alcol distillato, Babilonia (antico nome di Baghdad) dove apprese la grammatica, dialet- evaporato e condensato mille volte in un recipiente areato, si sarebbe sba- tica, fisica, geometria, aritmetica, alchimia, scienze magiche, matematica, razzato dei quattro elementi e avrebbe prodotto la quintessenza; attraverso astronomia, negromanzia, musica e fisica nella tradizione dei dotti caldei, procedimenti analoghi era possibile estrarre la quintessenza da ogni cosa, persiani e saraceni. Si recò poi in Persia, in Etiopia e probabilmente perfi- soprattutto dalle piante medicinali, ottenendo un estratto che concentrava no in India. Ritornato in Egitto fu oggetto di persecuzioni, in ragione del in un esiguo volume il centuplo delle proprietà della pianta stessa; que- suo insegnamento, ispirato alla varietà di tradizioni con le quali era ve- sta idea non era molto lontana dalla nozione moderna di ‘principio atti- nuto in contatto. Resosi conto dei pericoli che correva, Costantino s’im- vo’. Nel Liber lucis, l’autore si propose di applicare questo metodo all’oro, barcò su una nave e raggiunse Salerno, dove riconosciuto dal fratello del nella prospettiva della Grande Tribolazione, lavorando sulla quintessenza re di Babilonia, anch’egli giunto a Salerno, fu ospitato con grande onore del mercurio e del vetriolo, attraverso una combinazione di operazioni di alla corte del duca Roberto Il Guiscardo. Di qui Costantino raggiunse il distillazione e di sublimazione. Nel XVI secolo Rupescissa esercitò una monastero di Cassino e, accolto dall’abate Desiderio, futuro Papa Vittore profonda influenza sulla farmacologia grazie a numerosi manoscritti, e III, si fece monaco benedettino. Sistematosi nel monastero, tradusse mol- soprattutto grazie alle traduzioni in volgare e a una versione interpolata tissimi testi da diverse lingue. Tra questi, rilevanti sono: il Liber Pantegni attribuita a Raimondo Lullo, il De secretis naturae seu de quinta essentia. (diviso da lui in dodici libri) in cui espose ciò che il medico deve sapere e Verso la metà del Cinquecento, l’umanista e filosofo Gian Battista Della la Practica (in dodici libri), in cui scrisse come il medico conserva la sa- Porta, nato a Vico Equense da famiglia nobile e ricca, pubblicò nel 1558 il lute e cura la malattia. Soggiornò nella città probabilmente tra il 1075 e il trattato Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium (Della Porta 1077 e insegnò nella celebre Scuola Medica Salernitana. Le sue traduzio- 1558) che, ripubblicato più volte, si accrebbe nel tempo fino a XX volumi ni ebbero notevole influenza nell’attività e nelle opere dei medici di Sa- riuniti nel 1584 in un unico volume. Il X volume, il De Distillatione, ripub- lerno. Particolare risonanza in Europa ebbe il nome del medico e filosofo blicato a parte nel 1608 (Della Porta 1608), descriveva tutti i metodi noti di aristotelico Urso di Calabria anche detto Urso di Salerno, che fu uno dei distillazione tra cui la distillatio per solis calorem, la distillatio per ascen- personaggi più noti e importanti della scuola. Rinomato fu anche l’abate sum, la distillatio per descensum, la distillatio per inclinationem e nume- dell’abazia di Montecassino di cui Bassacio, monaco cassinese di origine I PRIMI VERI LABORATORI DI ALCHIMIA 45 46 STORIA DELLA CHIMICA matura d’oro. Nel 1400 i mercanti modenesi iniziarono poi una massic- rosi apparecchi per la distillazione tra cui il doppio pellicano, l’idra dalle cia attività di distillazione di vini per produrre acquaviti, vendute poi ai sette teste e un raccoglitore di frazioni da lui inventato (Muraro 1978). Un veneziani che le esportavano in tutta Europa. ruolo importante nello sviluppo delle tecniche di distillazione per la pre- Forte difensore dell’assoluta povertà della Chiesa, Giovanni da Rupe- parazione di farmaci fu svolto dalla scuola medica di Salerno, nata verso scissa fu diverse volte confinato in vari conventi francescani. Durante il la fine dell’VIII secolo, in seguito ai primi insediamenti benedettini nel trasferimento da un convento a un altro raggiunse Avignone dove riuscì Ducato di Benevento, dove i monaci diffondevano le opere mediche greche a presentare un appello al Papa Clemente VI nel 1349. Per le sue violen- e latine ed esercitavano la professione medica (Firpo 1972). L’origine della te denunce degli abusi delle autorità ecclesiastiche e per le sue profezie, scuola di Salerno è incerta ma è certo che fosse già molto attiva durante il fu anche imprigionato per ordine del Papa. Durante la detenzione (1351- IX secolo. Ben poco si sa della natura laica o monastica dei primi medici 1352) scrisse due opere complementari, De considerazione quinate esen- che vi operavano e se avesse una sua posizione istituzionale nel periodo tiate e il Liber lucis, noto anche col titolo di Liber de considerazione veri in cui il longobardo Arechi II (ca. 734-787), duca di Benevento, divenuto lapidi philosophorum. poi principe, si trasferì nella Reggia che lui stesso aveva fatto costruire a Il trattato De quinta essentia e il Liber lucis conobbero una notevole Salerno. Sotto il suo potere il ducato beneventano durò a lungo dal 591 al diffusione e furono pubblicate a stampa nel XVI secolo. Il De quinta es- 641 ed estese notevolmente i suoi confini rispetto al passato. sentia è dedicato alla descrizione di medicamenti a base di alcol preparati Nell’XI secolo, con l’arrivo di Costantino l’Africano (ca. 1020-1087), che mediante distillazioni ripetute di sostanze di origine organica. Il Liber lu- introdusse nell’insegnamento le principali opere arabe di medicina, iniziò cis illustra invece il procedimento per trasformare in oro i metalli più vili. il periodo aureo della Scuola salernitana. Secondo il racconto del monaco Giovanni da Rupescissa era convinto dell’esistenza di una sostanza benedettino Pietro Diacono, che lo conobbe durante la sua permanenza in grado di rendere incorruttibile il corpo umano, che egli identificava a Montecassino, Costantino, nato a Cartagine nella seconda metà dell’XI con il quinto elemento di Aristotele, la quinta essentia, la materia del cie- secolo e allevato nelle comunità cristiane del nord Africa, tradusse dall’a- lo, estraibile attraverso la distillazione dell’alcol dal vino, abitualmente rabo molti testi medici tardo-alessandrini che arrivati alla scuola di Saler- praticata a partire dal XII secolo. Questa sostanza sembrava sfuggire alle no si diffusero nelle facoltà mediche europee. Costantino compì numerosi classificazioni della filosofia della Natura, perché non possedeva nessuna viaggi che gli consentirono di apprendere diverse lingue e di acquisire le delle coppie di qualità elementari caratteristiche dei quattro elementi tra- conoscenze del mondo arabo e orientale. Ancora giovane era partito per dizionali (terra, acqua, aria, fuoco). Secondo Rupescissa, l’alcol distillato, Babilonia (antico nome di Baghdad) dove apprese la grammatica, dialet- evaporato e condensato mille volte in un recipiente areato, si sarebbe sba- tica, fisica, geometria, aritmetica, alchimia, scienze magiche, matematica, razzato dei quattro elementi e avrebbe prodotto la quintessenza; attraverso astronomia, negromanzia, musica e fisica nella tradizione dei dotti caldei, procedimenti analoghi era possibile estrarre la quintessenza da ogni cosa, persiani e saraceni. Si recò poi in Persia, in Etiopia e probabilmente perfi- soprattutto dalle piante medicinali, ottenendo un estratto che concentrava no in India. Ritornato in Egitto fu oggetto di persecuzioni, in ragione del in un esiguo volume il centuplo delle proprietà della pianta stessa; que- suo insegnamento, ispirato alla varietà di tradizioni con le quali era ve- sta idea non era molto lontana dalla nozione moderna di ‘principio atti- nuto in contatto. Resosi conto dei pericoli che correva, Costantino s’im- vo’. Nel Liber lucis, l’autore si propose di applicare questo metodo all’oro, barcò su una nave e raggiunse Salerno, dove riconosciuto dal fratello del nella prospettiva della Grande Tribolazione, lavorando sulla quintessenza re di Babilonia, anch’egli giunto a Salerno, fu ospitato con grande onore del mercurio e del vetriolo, attraverso una combinazione di operazioni di alla corte del duca Roberto Il Guiscardo. Di qui Costantino raggiunse il distillazione e di sublimazione. Nel XVI secolo Rupescissa esercitò una monastero di Cassino e, accolto dall’abate Desiderio, futuro Papa Vittore profonda influenza sulla farmacologia grazie a numerosi manoscritti, e III, si fece monaco benedettino. Sistematosi nel monastero, tradusse mol- soprattutto grazie alle traduzioni in volgare e a una versione interpolata tissimi testi da diverse lingue. Tra questi, rilevanti sono: il Liber Pantegni attribuita a Raimondo Lullo, il De secretis naturae seu de quinta essentia. (diviso da lui in dodici libri) in cui espose ciò che il medico deve sapere e Verso la metà del Cinquecento, l’umanista e filosofo Gian Battista Della la Practica (in dodici libri), in cui scrisse come il medico conserva la sa- Porta, nato a Vico Equense da famiglia nobile e ricca, pubblicò nel 1558 il lute e cura la malattia. Soggiornò nella città probabilmente tra il 1075 e il trattato Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium (Della Porta 1077 e insegnò nella celebre Scuola Medica Salernitana. Le sue traduzio- 1558) che, ripubblicato più volte, si accrebbe nel tempo fino a XX volumi ni ebbero notevole influenza nell’attività e nelle opere dei medici di Sa- riuniti nel 1584 in un unico volume. Il X volume, il De Distillatione, ripub- lerno. Particolare risonanza in Europa ebbe il nome del medico e filosofo blicato a parte nel 1608 (Della Porta 1608), descriveva tutti i metodi noti di aristotelico Urso di Calabria anche detto Urso di Salerno, che fu uno dei distillazione tra cui la distillatio per solis calorem, la distillatio per ascen- personaggi più noti e importanti della scuola. Rinomato fu anche l’abate sum, la distillatio per descensum, la distillatio per inclinationem e nume- dell’abazia di Montecassino di cui Bassacio, monaco cassinese di origine I PRIMI VERI LABORATORI DI ALCHIMIA 47 franca, era abate, come descritto da Pietro Giannone nella famosa Storia civile del Regno di Napoli (Giannone 1723):

Crebbe perciò la fama della scuola Salernitana la quale in gran parte la deve a Monaci Cassinesi, i quali la promossero per gli studi assidui, che facevano sopra la medicina. Sin da’tempi di papa Giovanni VIII, questi Monaci eransi dati a tali studi; e Bassacio loro abate, di medici- na espertissimo, ne compose anche alcuni libri, dove dell’utilità e uso di molti medicamenti trattava, non riputandoli a quei tempi cosa di- sdicevole, che i chierici e i monaci professassero medicina.

Bassacio è ricordato nell’aprile 834 e nel marzo 835 in due precetti di Sicardo, principe di Benevento, in favore del monastero beneventano di S. Sofia, allora ‘obbedienza’ di Montecassino. Nell’anno 837, secondo la cro- nologia cassinese, ma più probabilmente nell’anno 838, Bassacio successe ad Autperto nel governo dell’abbazia di Montecassino. I PRIMI VERI LABORATORI DI ALCHIMIA 47 franca, era abate, come descritto da Pietro Giannone nella famosa Storia civile del Regno di Napoli (Giannone 1723):

Crebbe perciò la fama della scuola Salernitana la quale in gran parte la deve a Monaci Cassinesi, i quali la promossero per gli studi assidui, che facevano sopra la medicina. Sin da’tempi di papa Giovanni VIII, questi Monaci eransi dati a tali studi; e Bassacio loro abate, di medici- na espertissimo, ne compose anche alcuni libri, dove dell’utilità e uso di molti medicamenti trattava, non riputandoli a quei tempi cosa di- sdicevole, che i chierici e i monaci professassero medicina.

Bassacio è ricordato nell’aprile 834 e nel marzo 835 in due precetti di Sicardo, principe di Benevento, in favore del monastero beneventano di S. Sofia, allora ‘obbedienza’ di Montecassino. Nell’anno 837, secondo la cro- nologia cassinese, ma più probabilmente nell’anno 838, Bassacio successe ad Autperto nel governo dell’abbazia di Montecassino. 50 STORIA DELLA CHIMICA

ma della scienza antica, furono molto lette nel Medioevo. Come vescovo CAPITOLO 8 si preoccupò molto della diffusione della cultura del clero spagnolo e per questo motivo fondò un collegio ecclesiastico, prototipo dei futuri semi- UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI nari, dedicando molto spazio all’istruzione dei candidati al sacerdozio. Presiedette l’importante quarto concilio di Toledo (nel 633). Per la sua im- mensa produzione, anche se solo fatta di compendi o antologie, meritò il titolo di doctor egregius e l’aureola di santo. Ebbe una posizione di primo piano nelle vicende politico-religiose della Spagna dominata dai visigoti, contribuendo alla loro conversione dall’arianesimo al credo niceno. I suoi interessi culturali abbracciarono tutto il campo dello scibile del tempo: le arti liberali, il diritto, la medicina, le scienze naturali, la storia, la teologia Nel tardo Medioevo si sviluppò nel mondo latino e soprattutto in quello dogmatica e morale. bizantino la tendenza a raccogliere in Summae e Trésors testi di tipo enci- Grandi enciclopedisti e umanisti s’impegnarono in Europa nel XIII clopedico, le conoscenze acquisite seguendo l’esempio delle Institutiones secolo a riordinare e organizzare la massa di notizie, conoscenze scienti- di Cassiodoro (560) che ispirarono l’Etymologiae di Isidoro di Siviglia, l’o- fiche e ipotesi teoriche che ormai si accavallavano nel grande patrimonio pera enciclopedica più influente dell’alto Medioevo. Questo processo di di base della cultura europea (Grant 1974). raccolta del sapere fu particolarmente significativo nell’Impero Romano d’Oriente con lo sviluppo delle enciclopedie bizantine, veri e propri com- pendi di notizie relative sia alla Grecia antica sia a quella bizantina. La pri- ma raccolta bizantina delle conoscenze degli antichi fu la Biblioteca del Patriarca Fozio I di Costantinopoli, ma la più importante opera di questo tipo fu intorno al 1000 il Lessico Suda di un autore anonimo riguardante tutto il mondo mediterraneo, contenente oltre 30.000 voci ordinate alfa- beticamente di molte discipline dall’agronomia alla geografia, alla storia, alla letteratura, alla filosofia e alle scienze. Il numero di enciclopedisti e realizzatori di Summae nel Medioevo fu molto alto e molti di essi, in un modo o nell’altro, hanno efficacemente contribuito a conservare ai poste- ri le nozioni di alchimia accumulate nel passato. Una delle prime enciclopedie dell’Occidente basso-medioevale fu il Di- dascalicon di Ugo di San Vittore (ca. 1096-1141), uno dei principali teologi della scolastica medievale, venerato come beato dalla Chiesa cattolica, na- to molto probabilmente in Lorena, anche se alcune fonti sostengono che sia nato nel distretto di Harz come figlio maggiore del barone Conrad di Blankenburg. Il Didascalicon, elaborato in ambiente monastico, eviden- ziava l’importanza dell’immaginazione creativa nello sviluppo dei proce- dimenti alchemici. Il materiale alchemico del mondo arabo si diffuse in Europa però grazie soprattutto alla traduzione di Roberto di Chester nel 1144 del libro Liber de compositione alchimiae nel quale il saggio Morieno insegnava al re Calid i principi dell’alchimia araba. La prima enciclopedia dell’era cristiana fu formata dai volumi delle Institutiones di Cassiodoro (560) seguita da quella realizzata dall’ultimo Figura 1 – Alberto Magno, affresco di Tommaso da (1352). dei Padri latini, Isidoro di Siviglia (Isidorus Hispalensi). Nato a Cartage- na (560-636), Isidoro da semplice chierico divenne vescovo, giocando un Il più noto tra essi fu senz’altro Alberto Magno (ca. 1200-1280), teologo ruolo centrale nel governo episcopale dell’importante arcidiocesi duran- e filosofo tedesco poi divenuto santo, detto doctor universalis (fig. 1). Figlio te il dominio dei visigoti e creandosi la fama di prominente esponente minore del conte di Bollstädt, Alberto Magno, nato a Lauingen nel distret- del mondo culturale suo contemporaneo. Le sue Etimologie, utile sum- to di Dillingen in Svevia ed educato a Padova, entrò nel 1221 nell’Ordine 50 STORIA DELLA CHIMICA

ma della scienza antica, furono molto lette nel Medioevo. Come vescovo CAPITOLO 8 si preoccupò molto della diffusione della cultura del clero spagnolo e per questo motivo fondò un collegio ecclesiastico, prototipo dei futuri semi- UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI nari, dedicando molto spazio all’istruzione dei candidati al sacerdozio. Presiedette l’importante quarto concilio di Toledo (nel 633). Per la sua im- mensa produzione, anche se solo fatta di compendi o antologie, meritò il titolo di doctor egregius e l’aureola di santo. Ebbe una posizione di primo piano nelle vicende politico-religiose della Spagna dominata dai visigoti, contribuendo alla loro conversione dall’arianesimo al credo niceno. I suoi interessi culturali abbracciarono tutto il campo dello scibile del tempo: le arti liberali, il diritto, la medicina, le scienze naturali, la storia, la teologia Nel tardo Medioevo si sviluppò nel mondo latino e soprattutto in quello dogmatica e morale. bizantino la tendenza a raccogliere in Summae e Trésors testi di tipo enci- Grandi enciclopedisti e umanisti s’impegnarono in Europa nel XIII clopedico, le conoscenze acquisite seguendo l’esempio delle Institutiones secolo a riordinare e organizzare la massa di notizie, conoscenze scienti- di Cassiodoro (560) che ispirarono l’Etymologiae di Isidoro di Siviglia, l’o- fiche e ipotesi teoriche che ormai si accavallavano nel grande patrimonio pera enciclopedica più influente dell’alto Medioevo. Questo processo di di base della cultura europea (Grant 1974). raccolta del sapere fu particolarmente significativo nell’Impero Romano d’Oriente con lo sviluppo delle enciclopedie bizantine, veri e propri com- pendi di notizie relative sia alla Grecia antica sia a quella bizantina. La pri- ma raccolta bizantina delle conoscenze degli antichi fu la Biblioteca del Patriarca Fozio I di Costantinopoli, ma la più importante opera di questo tipo fu intorno al 1000 il Lessico Suda di un autore anonimo riguardante tutto il mondo mediterraneo, contenente oltre 30.000 voci ordinate alfa- beticamente di molte discipline dall’agronomia alla geografia, alla storia, alla letteratura, alla filosofia e alle scienze. Il numero di enciclopedisti e realizzatori di Summae nel Medioevo fu molto alto e molti di essi, in un modo o nell’altro, hanno efficacemente contribuito a conservare ai poste- ri le nozioni di alchimia accumulate nel passato. Una delle prime enciclopedie dell’Occidente basso-medioevale fu il Di- dascalicon di Ugo di San Vittore (ca. 1096-1141), uno dei principali teologi della scolastica medievale, venerato come beato dalla Chiesa cattolica, na- to molto probabilmente in Lorena, anche se alcune fonti sostengono che sia nato nel distretto di Harz come figlio maggiore del barone Conrad di Blankenburg. Il Didascalicon, elaborato in ambiente monastico, eviden- ziava l’importanza dell’immaginazione creativa nello sviluppo dei proce- dimenti alchemici. Il materiale alchemico del mondo arabo si diffuse in Europa però grazie soprattutto alla traduzione di Roberto di Chester nel 1144 del libro Liber de compositione alchimiae nel quale il saggio Morieno insegnava al re Calid i principi dell’alchimia araba. La prima enciclopedia dell’era cristiana fu formata dai volumi delle Institutiones di Cassiodoro (560) seguita da quella realizzata dall’ultimo Figura 1 – Alberto Magno, affresco di Tommaso da Modena (1352). dei Padri latini, Isidoro di Siviglia (Isidorus Hispalensi). Nato a Cartage- na (560-636), Isidoro da semplice chierico divenne vescovo, giocando un Il più noto tra essi fu senz’altro Alberto Magno (ca. 1200-1280), teologo ruolo centrale nel governo episcopale dell’importante arcidiocesi duran- e filosofo tedesco poi divenuto santo, detto doctor universalis (fig. 1). Figlio te il dominio dei visigoti e creandosi la fama di prominente esponente minore del conte di Bollstädt, Alberto Magno, nato a Lauingen nel distret- del mondo culturale suo contemporaneo. Le sue Etimologie, utile sum- to di Dillingen in Svevia ed educato a Padova, entrò nel 1221 nell’Ordine UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 51 52 STORIA DELLA CHIMICA domenicano (fig. 2). Ricevette nel 1245 il dottorato a Parigi, dove nel 1254, nazioni con prodotti estranei, mettendo anche in guardia gli adepti dalle su richiesta di fra Giovanni Teutonico, Padre generale dei domenicani, si spese che bisognava affrontare. Specificava anche tra l’altro che l’alchimi- impegnò a difendere l’Ordine dagli attacchi dei professori dell’Università sta doveva essere discreto e silenzioso, non doveva rivelare il risultato delle di Parigi e commentò il Vangelo di Giovanni confutando le tesi di Aver- sue ricerche, e soprattutto non doveva avere rapporti con nobili e regnanti. roè con lo scritto del 1263 De unitate intellectus contra Averroistas. Scrisse Nei suoi libri sui metalli e minerali, il Meteororum e soprattutto il De molte opere in buona parte parafrasi delle opere aristoteliche su argomen- mineralibus (1250-1254), Alberto Magno inserì l’alchimia nel modello ari- ti che spaziavano dalla letteratura religiosa, alla fisica, all’astronomia, al- stotelico delle combinazioni variabili, basandosi sulla conoscenza diretta le scienze naturali, all’alchimia e all’ermetismo, quali Physica, De caelo degli alchimisti del suo tempo. Il terzo libro del De mineralibus è dedicato et mundo, De natura locorum, De causis et proprietatibus elementorum, ai metalli in generale e discute le loro possibilità di trasmutazione. Secon- De generatione et corruptione, Meteora, De mineralibus, De lapidibus, De do Aristotele i metalli contengono acqua e terra in proporzioni diverse e vegetalibus, De animalibus, Super geometriam Euclidis (Zambelli 1992). si formano nella terra grazie a due tipi di esalazioni, secca e umida. Per Alberto Magno invece i metalli sono costituiti da una combinazione di umidità densa e di terra sottile (corrispondenti ai due principî alchemici, zolfo e mercurio), che è lentamente sottoposta a un processo di cottura nelle viscere della Terra. La trasmutazione deve quindi proporsi di ridur- re i metalli alla loro materia comune, purificando le componenti interne ed esterne, zolfo e mercurio, utilizzando le potenzialità presenti nella Na- tura. Alberto Magno ebbe una notevole attività sperimentale di alchimia, durante la quale scoprì l’arsenico, riuscì a preparare la potassa caustica e descrisse la composizione del cinabro, della biacca e del minio. Gli scritti alchemici di Alberto Magno sono considerati da alcuni co- me spuri, giacché sembra chiaro a molti che favorirono la costituzione di tutto un corpus di testi alchemici apocrifi. Delle ventotto opere a lui at- tribuite, il trattato Semita recta, o Libellus , tradotto anche in greco nel Medioevo, è quello più vicino al suo pensiero. In questo trattato, il cui nome deriva dall’arabo ‘strada diritta’, dopo aver analizzato gli erro- ri più comuni degli alchimisti, egli consiglia di ridurre i metalli alla loro materia prima e spiega la loro generazione da zolfo e mercurio. Alberto Magno fu anche il primo ad usare il termine affinità nel senso utilizzato poi dai chimici, scrivendo che

Lo zolfo affumica l’argento e brucia in generale gli altri metalli, a cau- sa dell’affinità naturale che ha per essi (propter affinitatem naturae Figura 2 – Alberto Magno raffigurato da Giusto di Gand (ca. 1475). metalla adurit).

Alberto Magno costruì, con la massa delle sue opere, un’imponente A lui sono da attribuirsi la scoperta dell’arsenico, l’uso del nitrato d’ar- enciclopedia del sapere (Zambelli 1991) nella quale cercava di realizzare gento, l’antico procedimento per la fabbricazione della soda caustica e le un compromesso tra teologia e magia, distinguendo la ‘magia nera’ dalla prime analisi chimiche del cinabro, della biacca e del minio. Nel Libellus ‘magia bianca’ e dall’alchimia. Convinto della giustezza della teoria zol- Alberto Magno fornisce anche una sua interpretazione dell’origine della fo-mercurio e della trasmutazione degli elementi, considerava però false parola alchimia che secondo lui deriverebbe dalla parola greca Archymo ed erronee le esperienze di trasmutazione cui aveva avuto la possibilità di che significherebbe in latino ‘massa’. assistere, in quanto nessuno dei prodotti che aveva visto preparare aveva Contemporaneo di Alberto Magno fu l’italiano Giovanni Campano da resistito alla prova del fuoco. Molto prudentemente però nei suoi scritti, Novara (ca. 1220-1296), matematico astronomo e astrologo, autore della per evitare accuse di eretismo o stregoneria, consigliava agli alchimisti traduzione latina del trattato di Euclide in 15 libri che restò fino al XVI discrezione e segretezza. Suggeriva anche di eseguire le operazioni alche- secolo quella più diffusa e che fu poi pubblicata a Venezia nel 1482 come miche utilizzando solo vasi di vetro o di terracotta per evitare contami- Preclarissimus liber elementorum Euclidis perspicacissimi. Il suo contem- UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 51 52 STORIA DELLA CHIMICA domenicano (fig. 2). Ricevette nel 1245 il dottorato a Parigi, dove nel 1254, nazioni con prodotti estranei, mettendo anche in guardia gli adepti dalle su richiesta di fra Giovanni Teutonico, Padre generale dei domenicani, si spese che bisognava affrontare. Specificava anche tra l’altro che l’alchimi- impegnò a difendere l’Ordine dagli attacchi dei professori dell’Università sta doveva essere discreto e silenzioso, non doveva rivelare il risultato delle di Parigi e commentò il Vangelo di Giovanni confutando le tesi di Aver- sue ricerche, e soprattutto non doveva avere rapporti con nobili e regnanti. roè con lo scritto del 1263 De unitate intellectus contra Averroistas. Scrisse Nei suoi libri sui metalli e minerali, il Meteororum e soprattutto il De molte opere in buona parte parafrasi delle opere aristoteliche su argomen- mineralibus (1250-1254), Alberto Magno inserì l’alchimia nel modello ari- ti che spaziavano dalla letteratura religiosa, alla fisica, all’astronomia, al- stotelico delle combinazioni variabili, basandosi sulla conoscenza diretta le scienze naturali, all’alchimia e all’ermetismo, quali Physica, De caelo degli alchimisti del suo tempo. Il terzo libro del De mineralibus è dedicato et mundo, De natura locorum, De causis et proprietatibus elementorum, ai metalli in generale e discute le loro possibilità di trasmutazione. Secon- De generatione et corruptione, Meteora, De mineralibus, De lapidibus, De do Aristotele i metalli contengono acqua e terra in proporzioni diverse e vegetalibus, De animalibus, Super geometriam Euclidis (Zambelli 1992). si formano nella terra grazie a due tipi di esalazioni, secca e umida. Per Alberto Magno invece i metalli sono costituiti da una combinazione di umidità densa e di terra sottile (corrispondenti ai due principî alchemici, zolfo e mercurio), che è lentamente sottoposta a un processo di cottura nelle viscere della Terra. La trasmutazione deve quindi proporsi di ridur- re i metalli alla loro materia comune, purificando le componenti interne ed esterne, zolfo e mercurio, utilizzando le potenzialità presenti nella Na- tura. Alberto Magno ebbe una notevole attività sperimentale di alchimia, durante la quale scoprì l’arsenico, riuscì a preparare la potassa caustica e descrisse la composizione del cinabro, della biacca e del minio. Gli scritti alchemici di Alberto Magno sono considerati da alcuni co- me spuri, giacché sembra chiaro a molti che favorirono la costituzione di tutto un corpus di testi alchemici apocrifi. Delle ventotto opere a lui at- tribuite, il trattato Semita recta, o Libellus de alchemia, tradotto anche in greco nel Medioevo, è quello più vicino al suo pensiero. In questo trattato, il cui nome deriva dall’arabo ‘strada diritta’, dopo aver analizzato gli erro- ri più comuni degli alchimisti, egli consiglia di ridurre i metalli alla loro materia prima e spiega la loro generazione da zolfo e mercurio. Alberto Magno fu anche il primo ad usare il termine affinità nel senso utilizzato poi dai chimici, scrivendo che

Lo zolfo affumica l’argento e brucia in generale gli altri metalli, a cau- sa dell’affinità naturale che ha per essi (propter affinitatem naturae Figura 2 – Alberto Magno raffigurato da Giusto di Gand (ca. 1475). metalla adurit).

Alberto Magno costruì, con la massa delle sue opere, un’imponente A lui sono da attribuirsi la scoperta dell’arsenico, l’uso del nitrato d’ar- enciclopedia del sapere (Zambelli 1991) nella quale cercava di realizzare gento, l’antico procedimento per la fabbricazione della soda caustica e le un compromesso tra teologia e magia, distinguendo la ‘magia nera’ dalla prime analisi chimiche del cinabro, della biacca e del minio. Nel Libellus ‘magia bianca’ e dall’alchimia. Convinto della giustezza della teoria zol- Alberto Magno fornisce anche una sua interpretazione dell’origine della fo-mercurio e della trasmutazione degli elementi, considerava però false parola alchimia che secondo lui deriverebbe dalla parola greca Archymo ed erronee le esperienze di trasmutazione cui aveva avuto la possibilità di che significherebbe in latino ‘massa’. assistere, in quanto nessuno dei prodotti che aveva visto preparare aveva Contemporaneo di Alberto Magno fu l’italiano Giovanni Campano da resistito alla prova del fuoco. Molto prudentemente però nei suoi scritti, Novara (ca. 1220-1296), matematico astronomo e astrologo, autore della per evitare accuse di eretismo o stregoneria, consigliava agli alchimisti traduzione latina del trattato di Euclide in 15 libri che restò fino al XVI discrezione e segretezza. Suggeriva anche di eseguire le operazioni alche- secolo quella più diffusa e che fu poi pubblicata a Venezia nel 1482 come miche utilizzando solo vasi di vetro o di terracotta per evitare contami- Preclarissimus liber elementorum Euclidis perspicacissimi. Il suo contem- UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 53 54 STORIA DELLA CHIMICA poraneo Ruggero Bacone lo considerava come uno dei maggiori matema- contro di essa. Discusse in particolare i problemi relativi alla trasmuta- tici del suo tempo. zione degli elementi, sostenendo, sulla base della lettura delle opere di al- Anche l’allievo di Alberto Magno, il domenicano Tommaso d’Aquino chimia di Geber, che un alchimista non avrebbe mai potuto aggiungere (1225-1274) (fig. 3), nato a Roccasecca vicino Cassino, fu un grande divul- la forma di un metallo prezioso a una sostanza qualsiasi nel suo laborato- gatore del pensiero di Aristotele di cui rielaborò la concezione dell’essere, rio, perché questo avrebbe dovuto essere fatto nelle viscere profonde del- la dottrina della causalità, e la distinzione tra potenza e atto, sostanza e la terra dove la virtus del metallo è soggetta a fortissime pressioni. Le sue accidente in una nuova chiave scolastica che risentiva l’influenza del suo idee furono riprese dall’italiano Egidio Colonna, Ægidius Romanus (ca. maestro. 1243-1316), Doctor Fundatissimus, arcivescovo di Bourges, che sosteneva anche lui come la generazione dei metalli richiedesse una speciale virtus loci, un potere mineralizzante che esiste solo nelle profondità della Terra. Allievo di Alberto Magno fu anche il domenicano belga Tommaso di Cantimpré, originario forse di Lovanio. Canonico regolare, entrato poi nell’Ordine domenicano (1230) e divenuto allievo a Colonia di Alberto Magno, studiò quattro anni a Parigi per poi trasferirsi a Lovanio, dove insegnò e divenne sotto-priore dell’Ordine. Scrisse, oltre a varie vite di santi, anche un trattato sulle api, Bonum universale de apibus, nel quale ipotizzava un’ideale di vita cristiana fatta a immagine e somiglianza della vita delle api. Naturalista e compilatore erudito, scrisse il De rerum natu- ris, enciclopedia di scienze naturali cui attinsero ampiamente Vincenzo di Beauvais, Alberto Magno e altri e che divenne una fonte iconografica importante per il Medioevo, ispirando, verso il 1290 tra l’altro, gli affre- schi dell’abbazia delle Tre Fontane a Roma. Il poeta fiammingo Jacob van Maerlant lo versificò nel Der Naturen Bloeme, libera traduzione del De natura rerum di Tommaso di Cantimpré. Nel 1257 Costantino di Pisa compose il Liber secretorum alchimie, un’enciclopedia di tecniche e teorie alchemiche improntata a un platoni- smo medievale molto accentuato. Il Liber è un tentativo di inserire l’alchi- mia nella scienza naturale di Aristotele, con il chiaro proposito di fornire le istruzioni pratiche per manipolare i metalli su una solida base teorica. Scritto dall’autore in forma di appunti di lezione, il Liber ci permette di intuire come era organizzato l’insegnamento delle scienze naturali alla metà del XIII secolo, includendovi materiale astronomico, astrologico, meteorologico e geografico (Obrist 1990, 1993). Anche i francescani si dedicarono all’alchimia: l’alchimista Bonaven- tura da Iseo, nato probabilmente nella seconda metà del XII secolo, rivestì un ruolo importante nell’ordine dei frati minori come fiduciario di Elia da Cortona e, successivamente, di Crescenzio da Jesi, del quale fu vica- rio presso il Concilio di Lione del 1245. Fu ministro per alcune province francescane, fra cui la marca trevigiana all’epoca di Ezzelino da Roma- no. È considerato l’autore del Liber compostille, un compendio del sapere Figura 3 – San Tommaso in una vetrata della Cattedrale di Saint-Rombouts, Mechelen alchemico dell’epoca (compostille vuol dire schedario), multorum experi- (Belgio). [Eddy Van 3000/CC BY-SA 2.0] mentorum veritatis fratris Bonaventurae de Ysiode Ordine fratrum mino- rum (Carli 1999). Nel trattato intorno all’arte dell’alchimia, ovvero Trattato sulla pietra Il Liber compostille sarebbe stato composto mentre Bonaventura era filosofale (D’Aquino 1993), affrontò i problemi dell’alchimia che conside- a Venezia «in conventu fratrum S. Mariae et in conventu loci Vineae» in rava arte lecita anche se la chiesa aveva espresso varie volte dure condanne un periodo posteriore al 1256 quando i francescani presero possesso di UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 53 54 STORIA DELLA CHIMICA poraneo Ruggero Bacone lo considerava come uno dei maggiori matema- contro di essa. Discusse in particolare i problemi relativi alla trasmuta- tici del suo tempo. zione degli elementi, sostenendo, sulla base della lettura delle opere di al- Anche l’allievo di Alberto Magno, il domenicano Tommaso d’Aquino chimia di Geber, che un alchimista non avrebbe mai potuto aggiungere (1225-1274) (fig. 3), nato a Roccasecca vicino Cassino, fu un grande divul- la forma di un metallo prezioso a una sostanza qualsiasi nel suo laborato- gatore del pensiero di Aristotele di cui rielaborò la concezione dell’essere, rio, perché questo avrebbe dovuto essere fatto nelle viscere profonde del- la dottrina della causalità, e la distinzione tra potenza e atto, sostanza e la terra dove la virtus del metallo è soggetta a fortissime pressioni. Le sue accidente in una nuova chiave scolastica che risentiva l’influenza del suo idee furono riprese dall’italiano Egidio Colonna, Ægidius Romanus (ca. maestro. 1243-1316), Doctor Fundatissimus, arcivescovo di Bourges, che sosteneva anche lui come la generazione dei metalli richiedesse una speciale virtus loci, un potere mineralizzante che esiste solo nelle profondità della Terra. Allievo di Alberto Magno fu anche il domenicano belga Tommaso di Cantimpré, originario forse di Lovanio. Canonico regolare, entrato poi nell’Ordine domenicano (1230) e divenuto allievo a Colonia di Alberto Magno, studiò quattro anni a Parigi per poi trasferirsi a Lovanio, dove insegnò e divenne sotto-priore dell’Ordine. Scrisse, oltre a varie vite di santi, anche un trattato sulle api, Bonum universale de apibus, nel quale ipotizzava un’ideale di vita cristiana fatta a immagine e somiglianza della vita delle api. Naturalista e compilatore erudito, scrisse il De rerum natu- ris, enciclopedia di scienze naturali cui attinsero ampiamente Vincenzo di Beauvais, Alberto Magno e altri e che divenne una fonte iconografica importante per il Medioevo, ispirando, verso il 1290 tra l’altro, gli affre- schi dell’abbazia delle Tre Fontane a Roma. Il poeta fiammingo Jacob van Maerlant lo versificò nel Der Naturen Bloeme, libera traduzione del De natura rerum di Tommaso di Cantimpré. Nel 1257 Costantino di Pisa compose il Liber secretorum alchimie, un’enciclopedia di tecniche e teorie alchemiche improntata a un platoni- smo medievale molto accentuato. Il Liber è un tentativo di inserire l’alchi- mia nella scienza naturale di Aristotele, con il chiaro proposito di fornire le istruzioni pratiche per manipolare i metalli su una solida base teorica. Scritto dall’autore in forma di appunti di lezione, il Liber ci permette di intuire come era organizzato l’insegnamento delle scienze naturali alla metà del XIII secolo, includendovi materiale astronomico, astrologico, meteorologico e geografico (Obrist 1990, 1993). Anche i francescani si dedicarono all’alchimia: l’alchimista Bonaven- tura da Iseo, nato probabilmente nella seconda metà del XII secolo, rivestì un ruolo importante nell’ordine dei frati minori come fiduciario di Elia da Cortona e, successivamente, di Crescenzio da Jesi, del quale fu vica- rio presso il Concilio di Lione del 1245. Fu ministro per alcune province francescane, fra cui la marca trevigiana all’epoca di Ezzelino da Roma- no. È considerato l’autore del Liber compostille, un compendio del sapere Figura 3 – San Tommaso in una vetrata della Cattedrale di Saint-Rombouts, Mechelen alchemico dell’epoca (compostille vuol dire schedario), multorum experi- (Belgio). [Eddy Van 3000/CC BY-SA 2.0] mentorum veritatis fratris Bonaventurae de Ysiode Ordine fratrum mino- rum (Carli 1999). Nel trattato intorno all’arte dell’alchimia, ovvero Trattato sulla pietra Il Liber compostille sarebbe stato composto mentre Bonaventura era filosofale (D’Aquino 1993), affrontò i problemi dell’alchimia che conside- a Venezia «in conventu fratrum S. Mariae et in conventu loci Vineae» in rava arte lecita anche se la chiesa aveva espresso varie volte dure condanne un periodo posteriore al 1256 quando i francescani presero possesso di UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 55 56 STORIA DELLA CHIMICA questo convento al tempo del doge Ramiige (verosimilmente, Zeno Ra- libri, dal titolo Lumen luminum, ispirato al Libro degli allumi e dei sali e ai nieri che fu doge dal 1253 al 1268). L’autore del Liber affermava inoltre di formulari del Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto, la stessa fonte a essere amico di Alberto Magno e di Tommaso d’Aquino, e sosteneva di cui si era rifatto l’alchimista Michele Scoto alla corte di Federico II. Il testo aver discusso di alchimia con i patriarchi di Gerusalemme e di Aquileia di alchimia Lumen luminum era diviso in sei libri, dedicati agli allumi, ai e con vari alti prelati. sali e alle boraci, alla trasmutazione e ai suoi principî teorici, come pure Il Liber documenta la diffusione dell’alchimia nell’Ordine francescano alla produzione delle pietre preziose. italiano, introducendo il legame fra sostanze alchemiche e acque medi- cinali, anticipando così gli sviluppi seguenti di Ruggero Bacone, per al- tro anche lui francescano. Si presentava come una ‘composizione’ di vari argomenti medici e alchemici trattando di diverse polveri, unguenti, olii, così come di vari procedimenti per ottenere l’oro, l’argento e della com- posizione di alcuni sali e colori. In realtà era una compilazione tratta da manuali e testi di alchimia largamente diffusi nella seconda metà del XIII secolo. Il primo libro trattava infatti, secondo un ordinamento abbastan- za comune, della natura di diverse acque, di alcuni olii e sali; il secondo era dedicato alla generazione e trasmutazione dei metalli, ma conteneva anche una breve trattazione sui sali di uso alchemico; infine il terzo libro, che si apriva con lo studio di un gruppo di dodici acque, discuteva di vari esperimenti derivati soprattutto da Geber e da altri autori. Sempre appartenente all’Ordine francescano, del quale fu ministro ge- nerale dal 1289 al 1295, fu il religioso provenzale Raymond Gaufridi, noto anche come Ramon de Godefroy. Simpatizzante degli Spirituali, divenne ministro generale dei Frati minori nel 1289, durante il capitolo generale Figura 4 – Il Cancelliere Aulico ricevuto da Federico II, Re di Sicilia, a palazzo della celebrato a Rieti. Alla morte di Papa Nicolò IV, nel 1292, ottenne un’atte- Favara di Palermo con letterati, artisti e studiosi siciliani. nuazione delle sanzioni canoniche e coercitive contro gli Spirituali, ma fu deposto da Papa Bonifacio VIII nel 1295. A un suo intervento si dovette la Nel 1230 Nicola il Peripatetico che conosceva bene l’ambiente di Toledo liberazione di Ruggero Bacone dal carcere. Gaufridi fu anche un sosteni- e di Salerno, compilò una serie di Quaestiones in cui ricorreva all’alchimia tore del terziario francescano Raimondo Lullo. A lui sono attribuiti anche per discutere temi tratti dal terzo e dal quarto libro dei Meteorologica di alcuni scritti di alchimia, tra cui il Verbum abbreviatum de leone viridi. Aristotele. Riferendosi frequentemente alle considerazioni corpuscolari Nel periodo 1232-1239 il frate Elia da Cortona (1182-1253), al secolo di Urso di Salerno, si preoccupava inoltre di interpretare in termini ari- Elias Bonusbaro (Buonbarone), fu scelto da San Francesco d’Assisi, duran- stotelici molti concetti alchemici, come in particolare la sublimazione e te la Pentecoste del 1221, come suo successore alla guida dell’amministra- la decolorazione dello zolfo e dell’orpimento, il cambiamento delle pro- zione dell’Ordine francescano e servì nella posizione di vicario generale prietà dei metalli, i metodi attraverso cui ottenere le leghe ed eseguire le fino al Capitolo del 1227, malgrado fosse solo un membro laico dell’ordi- saggiature e perfino la distillazione del vino in alcol. Risale allo stesso ne. Nel 1238, il Papa Gregorio inviò Elia come ambasciatore allo scomuni- periodo il Liber perfecti magisterii, attribuito ad Aristotele e chiaramente cato imperatore Federico II (fig. 4). Secondo il racconto del frate Aimone ispirato ai Meteorologica, un testo diviso in tre rationes; le prime due sono da Faversham, Elia divenne probabilmente un sostenitore dell’imperato- dedicate alla descrizione sistematica dei minerali e alla teoria della loro re, per cui fu deposto dall’ufficio di ministro generale dell’Ordine dopo composizione, mentre la terza è una practica in cui sono descritti i pro- un deciso intervento contro di lui del frate Tommaso di Eccleston e solo cessi di purificazione e di preparazione delle diverse sostanze. Giovanni poco prima della sua morte si riconciliò con la Santa Sede e con l’Ordine di Alessandria, nativo di Cipro, infine, scrisse molto probabilmente il Li- francescano grazie alla mediazione di Santa Chiara. Secondo le cronache ber sacerdotum, un grande ricettario che combina tra loro procedimenti di Salimbene de Adam e anche secondo l’Historia septem tribulationum arabi e brani tratti dalla Mappae clavicula. In tutte queste opere trovia- del francescano Angelo Clareno, il frate Elia si era interessato alla pratica mo numerosi riferimenti a testi e autori contemporanei; lungo le sponde e alla teoria dell’alchimia sotto l’influenza profonda di frate Bonaventura del Mediterraneo, infatti, si era formata una vera e propria rete di alchi- da Iseo (Di Cesare 1974). Nel periodo in cui fece parte della cerchia sveva, misti che collegava tra loro l’Italia, la Francia meridionale, la Spagna, la frate Elia scrisse alcune opere alchemiche, tra cui anche un trattato in sei Tunisia, il Marocco, Alessandria d’Egitto e la Siria, e che consentiva agli UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 55 56 STORIA DELLA CHIMICA questo convento al tempo del doge Ramiige (verosimilmente, Zeno Ra- libri, dal titolo Lumen luminum, ispirato al Libro degli allumi e dei sali e ai nieri che fu doge dal 1253 al 1268). L’autore del Liber affermava inoltre di formulari del Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto, la stessa fonte a essere amico di Alberto Magno e di Tommaso d’Aquino, e sosteneva di cui si era rifatto l’alchimista Michele Scoto alla corte di Federico II. Il testo aver discusso di alchimia con i patriarchi di Gerusalemme e di Aquileia di alchimia Lumen luminum era diviso in sei libri, dedicati agli allumi, ai e con vari alti prelati. sali e alle boraci, alla trasmutazione e ai suoi principî teorici, come pure Il Liber documenta la diffusione dell’alchimia nell’Ordine francescano alla produzione delle pietre preziose. italiano, introducendo il legame fra sostanze alchemiche e acque medi- cinali, anticipando così gli sviluppi seguenti di Ruggero Bacone, per al- tro anche lui francescano. Si presentava come una ‘composizione’ di vari argomenti medici e alchemici trattando di diverse polveri, unguenti, olii, così come di vari procedimenti per ottenere l’oro, l’argento e della com- posizione di alcuni sali e colori. In realtà era una compilazione tratta da manuali e testi di alchimia largamente diffusi nella seconda metà del XIII secolo. Il primo libro trattava infatti, secondo un ordinamento abbastan- za comune, della natura di diverse acque, di alcuni olii e sali; il secondo era dedicato alla generazione e trasmutazione dei metalli, ma conteneva anche una breve trattazione sui sali di uso alchemico; infine il terzo libro, che si apriva con lo studio di un gruppo di dodici acque, discuteva di vari esperimenti derivati soprattutto da Geber e da altri autori. Sempre appartenente all’Ordine francescano, del quale fu ministro ge- nerale dal 1289 al 1295, fu il religioso provenzale Raymond Gaufridi, noto anche come Ramon de Godefroy. Simpatizzante degli Spirituali, divenne ministro generale dei Frati minori nel 1289, durante il capitolo generale Figura 4 – Il Cancelliere Aulico ricevuto da Federico II, Re di Sicilia, a palazzo della celebrato a Rieti. Alla morte di Papa Nicolò IV, nel 1292, ottenne un’atte- Favara di Palermo con letterati, artisti e studiosi siciliani. nuazione delle sanzioni canoniche e coercitive contro gli Spirituali, ma fu deposto da Papa Bonifacio VIII nel 1295. A un suo intervento si dovette la Nel 1230 Nicola il Peripatetico che conosceva bene l’ambiente di Toledo liberazione di Ruggero Bacone dal carcere. Gaufridi fu anche un sosteni- e di Salerno, compilò una serie di Quaestiones in cui ricorreva all’alchimia tore del terziario francescano Raimondo Lullo. A lui sono attribuiti anche per discutere temi tratti dal terzo e dal quarto libro dei Meteorologica di alcuni scritti di alchimia, tra cui il Verbum abbreviatum de leone viridi. Aristotele. Riferendosi frequentemente alle considerazioni corpuscolari Nel periodo 1232-1239 il frate Elia da Cortona (1182-1253), al secolo di Urso di Salerno, si preoccupava inoltre di interpretare in termini ari- Elias Bonusbaro (Buonbarone), fu scelto da San Francesco d’Assisi, duran- stotelici molti concetti alchemici, come in particolare la sublimazione e te la Pentecoste del 1221, come suo successore alla guida dell’amministra- la decolorazione dello zolfo e dell’orpimento, il cambiamento delle pro- zione dell’Ordine francescano e servì nella posizione di vicario generale prietà dei metalli, i metodi attraverso cui ottenere le leghe ed eseguire le fino al Capitolo del 1227, malgrado fosse solo un membro laico dell’ordi- saggiature e perfino la distillazione del vino in alcol. Risale allo stesso ne. Nel 1238, il Papa Gregorio inviò Elia come ambasciatore allo scomuni- periodo il Liber perfecti magisterii, attribuito ad Aristotele e chiaramente cato imperatore Federico II (fig. 4). Secondo il racconto del frate Aimone ispirato ai Meteorologica, un testo diviso in tre rationes; le prime due sono da Faversham, Elia divenne probabilmente un sostenitore dell’imperato- dedicate alla descrizione sistematica dei minerali e alla teoria della loro re, per cui fu deposto dall’ufficio di ministro generale dell’Ordine dopo composizione, mentre la terza è una practica in cui sono descritti i pro- un deciso intervento contro di lui del frate Tommaso di Eccleston e solo cessi di purificazione e di preparazione delle diverse sostanze. Giovanni poco prima della sua morte si riconciliò con la Santa Sede e con l’Ordine di Alessandria, nativo di Cipro, infine, scrisse molto probabilmente il Li- francescano grazie alla mediazione di Santa Chiara. Secondo le cronache ber sacerdotum, un grande ricettario che combina tra loro procedimenti di Salimbene de Adam e anche secondo l’Historia septem tribulationum arabi e brani tratti dalla Mappae clavicula. In tutte queste opere trovia- del francescano Angelo Clareno, il frate Elia si era interessato alla pratica mo numerosi riferimenti a testi e autori contemporanei; lungo le sponde e alla teoria dell’alchimia sotto l’influenza profonda di frate Bonaventura del Mediterraneo, infatti, si era formata una vera e propria rete di alchi- da Iseo (Di Cesare 1974). Nel periodo in cui fece parte della cerchia sveva, misti che collegava tra loro l’Italia, la Francia meridionale, la Spagna, la frate Elia scrisse alcune opere alchemiche, tra cui anche un trattato in sei Tunisia, il Marocco, Alessandria d’Egitto e la Siria, e che consentiva agli UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 57 58 STORIA DELLA CHIMICA adepti cristiani, ebrei e musulmani di confrontare i diversi procedimenti tradizione francescana di Oxford. La raccolta aveva per oggetto tutte le e di sperimentarli insieme. scienze del suo tempo, dalla teologia, alla filosofia, alla medicina, all’astro- Un altro enciclopedista francescano, Paolo di Taranto, lettore presso nomia, zoologia, botanica geografia e mineralogia e trattava gli argomenti il convento di Assisi verso il 1300, fu l’autore della Summa perfectionis più diversi, che andavano dalla natura di Dio, degli angeli e dei demoni, magisterii, divisa in quattro libri e strutturata come una summa scola- alla mente e all’anima, fino ai componenti della materia, l’aria, l’acqua, la stica. La Summa, già attribuita a Geber, si sforza di organizzare il nuovo terra, le gemme, i minerali, i metalli, gli animali, i colori, gli odori e i sapori. sapere sul modello dei trattati universitari. L’autore descrive le proprietà I domenicani non furono da meno nella formulazione di enciclopedie fisico-chimiche dei metalli, la loro genesi (metallogenia), la teoria della del sapere scientifico e si interessarono anch’essi alla stesura di testi di al- trasmutazione e i principî generali di una pratica trasmutatoria fondata chimia. Un importante enciclopedista domenicano fu il francese Vincent de su ‘medicine’ di diversi ordini, vale a dire su composizioni di crescente Beauvais (1190-1264), Vincentius Bellovacensis, lettore all’abbazia Royau- efficacia. L’originalità di questo trattato risiede nel suo ricorso al modello mont, la cui opera più importante fu lo Speculum Majus, grande compila- corpuscolare, vale a dire alla teoria secondo cui la struttura dei metalli, zione della conoscenza nel Medioevo. Lo Speculum era diviso in tre parti: il loro comportamento fisico-chimico e le operazioni di trasmutazione si Speculum Naturale, Speculum Doctrinale e Speculum Historiale. Lo Specu- spiegano con una maggiore o minore coesione delle particelle, i minima lum doctrinale inseriva l’alchimia tra le arti meccaniche in quanto secon- naturalia; questa teoria – come dimostrano, per esempio, le indagini di do l’autore discendeva dalla scienza dei minerali, «ab illa parte naturalis Newton ‒ era destinata a esercitare un’immensa influenza sullo sviluppo philosophie que est de mineris». Secondo lui l’alchimia era essenzialmente successivo delle pratiche alchemiche. «l’arte di trasformare minerali, metalli e simili dalla propria specie in altre». Le ricerche degli alchimisti francescani si orientarono in una direzione Nel XIII secolo, oltre a libri di contenuto tecnico, apparvero in Europa completamente diversa da quella degli altri ordini religiosi. A partire dal anche manoscritti alchemici di contenuto più filosofico e teorico, come la 1240 circa, i francescani spirituali, ispirandosi all’abate Gioacchino da Fiore , scritta in arabo nel X secolo, opera che presentava (1136-1202), iniziarono a profetizzare l’avvento della Fine dei Tempi e della una riunione alla quale prendevano parte i filosofi presocratici, che discu- Grande Tribolazione, durante la quale la Chiesa sarebbe stata perseguitata tevano la cosmologia e la filosofia alchimistiche, la teoria dei quattro ele- dall’Anticristo; gli alchimisti francescani si proponevano pertanto di fornire menti e i processi di laboratorio del mondo greco e bizantino. alla Chiesa i mezzi necessari per compiere la sua missione terrestre, quella di soccorrere le vedove e i bambini e di curare i malati. Ai francescani spi- rituali aderì anche Angelo Clareno, al secolo Pietro, condannato al carcere a vita nel 1280 per aver aderito alla corrente del mistico calabrese Gioacchi- no da Fiore, considerata dalle autorità ecclesiastiche un’eresia. Scagionato verso il 1892 fu poi scomunicato da Papa Giovanni XXII, il grande nemico degli spirituali che lo considerava la perfetta personificazione dell’Anticristo. Anche tra i francescani ci furono nel XIII secolo enciclopedisti di ri- lievo come il filosofo fra Bartolomeo l’inglese (Bartholomaeus Anglicus), nato nel Suffolk, in Inghilterra, alla fine del XII secolo, che era stato allie- vo di Roberto Grosseteste a Oxford e che si era associato al nuovo Ordine francescano intorno agli anni 1224-1225, prima di spostarsi in Francia co- me professore all’Università di Parigi e poi dal 1230 in Germania a Mag- deburgo per insegnare al locale Studium. Fra Bartolomeo fu autore tra il 1242 e il 1247 di una enciclopedia in 19 volumi in latino dal titolo De pro- prietatibus rerum (Sulle proprietà delle cose) in cui raccolse molto mate- riale riguardante argomenti fisici, nella forma di un discorso vagamente filosofico che da Dio discendeva fino agli accidentia corporum, orientato Figura 5 – Statua di Ruggero Bacone al Museo di Storia Naturale dell’Università di a educare i francescani che non avessero il tempo di studiare le singole di- Oxford. [Michael Reeve/CC BY-SA 3.0] scipline in dettaglio. L’opera, di carattere erudito e libresco, rappresenta- va le ‘proprietà’ degli oggetti fisici in una forma al limite tra il sensibile, il Il primo vero alchimista dell’Europa medievale fu però il francescano metafisico e il soprannaturale. Pur manifestando un diretto interesse per Ruggero Bacone (1241-1294) (fig. 5) che esplorò i campi dell’ottica e della lo studio delle ‘nature’, era in accordo con le tendenze naturalistiche della linguistica, oltre a quello dell’alchimia. Le sue opere, il Breve Breviarium, UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 57 58 STORIA DELLA CHIMICA adepti cristiani, ebrei e musulmani di confrontare i diversi procedimenti tradizione francescana di Oxford. La raccolta aveva per oggetto tutte le e di sperimentarli insieme. scienze del suo tempo, dalla teologia, alla filosofia, alla medicina, all’astro- Un altro enciclopedista francescano, Paolo di Taranto, lettore presso nomia, zoologia, botanica geografia e mineralogia e trattava gli argomenti il convento di Assisi verso il 1300, fu l’autore della Summa perfectionis più diversi, che andavano dalla natura di Dio, degli angeli e dei demoni, magisterii, divisa in quattro libri e strutturata come una summa scola- alla mente e all’anima, fino ai componenti della materia, l’aria, l’acqua, la stica. La Summa, già attribuita a Geber, si sforza di organizzare il nuovo terra, le gemme, i minerali, i metalli, gli animali, i colori, gli odori e i sapori. sapere sul modello dei trattati universitari. L’autore descrive le proprietà I domenicani non furono da meno nella formulazione di enciclopedie fisico-chimiche dei metalli, la loro genesi (metallogenia), la teoria della del sapere scientifico e si interessarono anch’essi alla stesura di testi di al- trasmutazione e i principî generali di una pratica trasmutatoria fondata chimia. Un importante enciclopedista domenicano fu il francese Vincent de su ‘medicine’ di diversi ordini, vale a dire su composizioni di crescente Beauvais (1190-1264), Vincentius Bellovacensis, lettore all’abbazia Royau- efficacia. L’originalità di questo trattato risiede nel suo ricorso al modello mont, la cui opera più importante fu lo Speculum Majus, grande compila- corpuscolare, vale a dire alla teoria secondo cui la struttura dei metalli, zione della conoscenza nel Medioevo. Lo Speculum era diviso in tre parti: il loro comportamento fisico-chimico e le operazioni di trasmutazione si Speculum Naturale, Speculum Doctrinale e Speculum Historiale. Lo Specu- spiegano con una maggiore o minore coesione delle particelle, i minima lum doctrinale inseriva l’alchimia tra le arti meccaniche in quanto secon- naturalia; questa teoria – come dimostrano, per esempio, le indagini di do l’autore discendeva dalla scienza dei minerali, «ab illa parte naturalis Newton ‒ era destinata a esercitare un’immensa influenza sullo sviluppo philosophie que est de mineris». Secondo lui l’alchimia era essenzialmente successivo delle pratiche alchemiche. «l’arte di trasformare minerali, metalli e simili dalla propria specie in altre». Le ricerche degli alchimisti francescani si orientarono in una direzione Nel XIII secolo, oltre a libri di contenuto tecnico, apparvero in Europa completamente diversa da quella degli altri ordini religiosi. A partire dal anche manoscritti alchemici di contenuto più filosofico e teorico, come la 1240 circa, i francescani spirituali, ispirandosi all’abate Gioacchino da Fiore Turba Philosophorum, scritta in arabo nel X secolo, opera che presentava (1136-1202), iniziarono a profetizzare l’avvento della Fine dei Tempi e della una riunione alla quale prendevano parte i filosofi presocratici, che discu- Grande Tribolazione, durante la quale la Chiesa sarebbe stata perseguitata tevano la cosmologia e la filosofia alchimistiche, la teoria dei quattro ele- dall’Anticristo; gli alchimisti francescani si proponevano pertanto di fornire menti e i processi di laboratorio del mondo greco e bizantino. alla Chiesa i mezzi necessari per compiere la sua missione terrestre, quella di soccorrere le vedove e i bambini e di curare i malati. Ai francescani spi- rituali aderì anche Angelo Clareno, al secolo Pietro, condannato al carcere a vita nel 1280 per aver aderito alla corrente del mistico calabrese Gioacchi- no da Fiore, considerata dalle autorità ecclesiastiche un’eresia. Scagionato verso il 1892 fu poi scomunicato da Papa Giovanni XXII, il grande nemico degli spirituali che lo considerava la perfetta personificazione dell’Anticristo. Anche tra i francescani ci furono nel XIII secolo enciclopedisti di ri- lievo come il filosofo fra Bartolomeo l’inglese (Bartholomaeus Anglicus), nato nel Suffolk, in Inghilterra, alla fine del XII secolo, che era stato allie- vo di Roberto Grosseteste a Oxford e che si era associato al nuovo Ordine francescano intorno agli anni 1224-1225, prima di spostarsi in Francia co- me professore all’Università di Parigi e poi dal 1230 in Germania a Mag- deburgo per insegnare al locale Studium. Fra Bartolomeo fu autore tra il 1242 e il 1247 di una enciclopedia in 19 volumi in latino dal titolo De pro- prietatibus rerum (Sulle proprietà delle cose) in cui raccolse molto mate- riale riguardante argomenti fisici, nella forma di un discorso vagamente filosofico che da Dio discendeva fino agli accidentia corporum, orientato Figura 5 – Statua di Ruggero Bacone al Museo di Storia Naturale dell’Università di a educare i francescani che non avessero il tempo di studiare le singole di- Oxford. [Michael Reeve/CC BY-SA 3.0] scipline in dettaglio. L’opera, di carattere erudito e libresco, rappresenta- va le ‘proprietà’ degli oggetti fisici in una forma al limite tra il sensibile, il Il primo vero alchimista dell’Europa medievale fu però il francescano metafisico e il soprannaturale. Pur manifestando un diretto interesse per Ruggero Bacone (1241-1294) (fig. 5) che esplorò i campi dell’ottica e della lo studio delle ‘nature’, era in accordo con le tendenze naturalistiche della linguistica, oltre a quello dell’alchimia. Le sue opere, il Breve Breviarium, UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 59 60 STORIA DELLA CHIMICA il Tractatus trium verborum e lo Speculum Alchimiae, oltre ai numerosi erano patrimonio comune di tutti gli alchimisti del tempo. I suoi scritti pseudo-epigrafi a lui attribuiti, furono largamente utilizzate dagli alchi- di alchimia contengono molte critiche non giustificate ad altri alchimi- misti dal XV al XIX secolo. Ruggero Bacone fu allievo di Robert Gros- sti, lunghe discussioni su come mantenere il segreto e vaghi riferimenti seteste (1170-1253), vescovo di Lincoln in provincia di Canterbury, un all’importanza dell’alchimia per la teologia, la medicina, lo stato e il papa- pioniere di teorie alchemiche molto diffuse in Gran Bretagna e nel resto to. Nei suoi ultimi lavori Bacone cercò di integrare tutta la conoscenza in d’Europa, che riprendeva i metodi di analisi chimica di Abelardo inqua- una scientia integralis, una scienza universale, convinto che tutte le bran- drandoli nel corpo del pensiero di Avicenna e di Aristotele. Da Avicenna che della scienza fossero collegate fra loro e intimamente connesse con la derivava l’idea dell’azione dei pianeti e del Sole sulle proprietà chimiche moralità, il prolungamento della vita e la salvazione dell’anima. Bacone è dei composti, assumendo che le ‘virtù’ solari provocavano l’emissione di da alcuni considerato l’autore del libro Speculum Alchemiae, un compendio vapori sulfurei che agendo sul mercurio producevano oro mentre, inte- di alchimia araba ascritto a un certo Roger Bachon, probabilmente pseu- ragendo con le emissioni fredde della Luna, davano origine all’argento donimo di un autore sconosciuto che utilizzava un nome che richiamasse (fig. 6). Aristotelico di formazione, scrisse il Commentarius in VIII Libros quello di Bacone per ragioni commerciali. Il libro apparve in Inghilterra Physicorum Aristoteles (ca. 1230-1235), dedicato alla preparazione teori- in un periodo in cui c’era stata un’esplosione di interesse per la personalità ca dei frati francescani, che lo qualificava come rilevante rappresentante di Ruggero Bacone e per la sua posizione di esperto di magia ed alchimia, della corrente aristotelica nell’Europa del XIII secolo. interesse rinforzato dalla comparsa di libri come il Friar Bacon and Friar Bungay di Robert Greene o il Doctor Faustus di Christopher Marlowe. Dello stesso periodo è un altro strano manoscritto, noto come Mano- scritto Voynich (fig. 7), un misterioso e indecifrabile testo, scritto probabil- mente tra il XIII e il XV secolo da un anonimo autore, da alcuni identificato come Johann(es) Petreius (Hans Peterlein o Petrejus), stampatore in No- rimberga, e tradotto in inglese nel 1597.

Figura 7 – a) Il Manoscritto Voynich. b) Wilfrid Michael Voynich, scopritore del Figura 6 – Bacone osserva le stelle, raffigurazione di Jan Verhas (1867). Manoscritto che da lui prende il nome.

Il contributo di Bacone all’alchimia e alla chimica non è però parago- Altrettanto convinto dell’unità del sapere, che secondo lui rifletteva l’u- nabile ai risultati che egli raggiunse come pensatore. Le sue conoscenze nità del cosmo, fu il catalano Raimondo Lullo (fig. 8), Ràmon Llull, nato di chimica erano essenzialmente di seconda mano. Molti argomenti, che nel 1235 a Palma di Maiorca, allora parte del regno di Aragona e morto a considerava importanti come la corrispondenza tra i sette metalli e i sette Tunisi nel 1315. Con i suoi scritti, in particolare l’Ars Magna, che sostene- corpi celesti, o la teoria della formazione dei metalli da zolfo e mercurio, vano una scienza enciclopedica e universale, influenzò molti pensatori e UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 59 60 STORIA DELLA CHIMICA il Tractatus trium verborum e lo Speculum Alchimiae, oltre ai numerosi erano patrimonio comune di tutti gli alchimisti del tempo. I suoi scritti pseudo-epigrafi a lui attribuiti, furono largamente utilizzate dagli alchi- di alchimia contengono molte critiche non giustificate ad altri alchimi- misti dal XV al XIX secolo. Ruggero Bacone fu allievo di Robert Gros- sti, lunghe discussioni su come mantenere il segreto e vaghi riferimenti seteste (1170-1253), vescovo di Lincoln in provincia di Canterbury, un all’importanza dell’alchimia per la teologia, la medicina, lo stato e il papa- pioniere di teorie alchemiche molto diffuse in Gran Bretagna e nel resto to. Nei suoi ultimi lavori Bacone cercò di integrare tutta la conoscenza in d’Europa, che riprendeva i metodi di analisi chimica di Abelardo inqua- una scientia integralis, una scienza universale, convinto che tutte le bran- drandoli nel corpo del pensiero di Avicenna e di Aristotele. Da Avicenna che della scienza fossero collegate fra loro e intimamente connesse con la derivava l’idea dell’azione dei pianeti e del Sole sulle proprietà chimiche moralità, il prolungamento della vita e la salvazione dell’anima. Bacone è dei composti, assumendo che le ‘virtù’ solari provocavano l’emissione di da alcuni considerato l’autore del libro Speculum Alchemiae, un compendio vapori sulfurei che agendo sul mercurio producevano oro mentre, inte- di alchimia araba ascritto a un certo Roger Bachon, probabilmente pseu- ragendo con le emissioni fredde della Luna, davano origine all’argento donimo di un autore sconosciuto che utilizzava un nome che richiamasse (fig. 6). Aristotelico di formazione, scrisse il Commentarius in VIII Libros quello di Bacone per ragioni commerciali. Il libro apparve in Inghilterra Physicorum Aristoteles (ca. 1230-1235), dedicato alla preparazione teori- in un periodo in cui c’era stata un’esplosione di interesse per la personalità ca dei frati francescani, che lo qualificava come rilevante rappresentante di Ruggero Bacone e per la sua posizione di esperto di magia ed alchimia, della corrente aristotelica nell’Europa del XIII secolo. interesse rinforzato dalla comparsa di libri come il Friar Bacon and Friar Bungay di Robert Greene o il Doctor Faustus di Christopher Marlowe. Dello stesso periodo è un altro strano manoscritto, noto come Mano- scritto Voynich (fig. 7), un misterioso e indecifrabile testo, scritto probabil- mente tra il XIII e il XV secolo da un anonimo autore, da alcuni identificato come Johann(es) Petreius (Hans Peterlein o Petrejus), stampatore in No- rimberga, e tradotto in inglese nel 1597.

Figura 7 – a) Il Manoscritto Voynich. b) Wilfrid Michael Voynich, scopritore del Figura 6 – Bacone osserva le stelle, raffigurazione di Jan Verhas (1867). Manoscritto che da lui prende il nome.

Il contributo di Bacone all’alchimia e alla chimica non è però parago- Altrettanto convinto dell’unità del sapere, che secondo lui rifletteva l’u- nabile ai risultati che egli raggiunse come pensatore. Le sue conoscenze nità del cosmo, fu il catalano Raimondo Lullo (fig. 8), Ràmon Llull, nato di chimica erano essenzialmente di seconda mano. Molti argomenti, che nel 1235 a Palma di Maiorca, allora parte del regno di Aragona e morto a considerava importanti come la corrispondenza tra i sette metalli e i sette Tunisi nel 1315. Con i suoi scritti, in particolare l’Ars Magna, che sostene- corpi celesti, o la teoria della formazione dei metalli da zolfo e mercurio, vano una scienza enciclopedica e universale, influenzò molti pensatori e UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 61 62 STORIA DELLA CHIMICA filosofi nei secoli successivi, fra cui Nicola Cusano, Pico della Mirandola Abilissimo scrittore, in numerosi scritti in catalano e latino si diede e Giordano Bruno. da fare per mostrare gli errori dell’averroismo e per esporre la teologia cristiana, convinto di riuscire a chiarire ai saraceni le verità del Cristia- nesimo. Allo stesso scopo nel 1274, Lullo abbozzò un’idea che solo nel Novecento si rivelerà in tutta la sua potenza: scomporre le nozioni lingui- stiche e assegnare a queste dei numeri, cercando di tradurre il linguaggio naturale in quello numerico. Lullo aveva addirittura progettato un proto- tipo di meccanismo per automatizzare il pensiero, un lontano precursore dei moderni calcolatori. Inventò una serie di espedienti logici nei quali le preposizioni teologiche erano espresse sotto forma di figure geometriche, circoli, quadrati e triangoli che, movendo una leva e facendo ruotare una manovella o facendo girare una ruota, si organizzassero come affermati- ve o negative per provare d’essere vere. Chiamava questo marchingegno, che illustrò in molti suoi testi importanti, Ars Generalis Ultima oppure Ars Magna. Il lavoro di Lullo influenzò Leibniz, che nel 1666 lo citò nella sua Ars combinatoria. Alla base dello schema di espedienti meccanici c’era una vera e pro- pria teosofia, conseguenza del fatto che Raimondo Lullo, identificando nel quadro della concezione scolastica del Trecento la teologia con la filosofia, era convinto che una verità filosofica non poteva essere falsa in teologia e viceversa, come sostenevano i filosofi arabi. Allo stesso modo una verità teologica non poteva essere falsa in filosofia, anche se le verità della teologia erano rivelate mentre quelle della filosofia erano basate su ragionamenti logici. Egli portò il suo zelo di rifiuto della filosofia araba al limite estremo, sostenendo che non c’è distinzione tra fede e ragione e che anche i miste- ri più segreti possono essere provati per mezzo di dimostrazioni logiche Figura 8 – Raimondo Lullo. e sperimentalmente grazie all’Ars Magna, cancellando così la distinzio- ne tra verità naturali e verità soprannaturali. Il razionalismo di Lullo era, Raimondo Lullo, soprannominato Doctor Illuminatus, era probabil- a differenza di quello di Abelardo, di tipo mistico. È sua la famosa frase mente un cortigiano alla corte del re Giovanni d’Aragona fino all’età di trenta anni quando divenne eremita e membro dell’Ordine dei francesca- Basandomi sulla grazia divina intendo provare gli ni, che si era dedicato allo studio delle lingue orientali e alla contestazio- argomenti di fede con ragionamenti convincenti. ne della filosofia araba, in particolare di Averroè. Lullo fondò a Maiorca una scuola per lo studio dell’arabo e del caldeo. Dopo aver insegnato per Questi principi divennero in seguito fondamentali per i suoi seguaci, alcuni anni alla scuola di medicina di Montpellier insegnò a Parigi e poi i lullisti, che per un certo tempo ebbero una notevole influenza cultura- nel 1291 si trasferì a Tunisi dove predicò ai saraceni disputando con lo- le specialmente in Spagna, creando addirittura cattedre alle Università ro in filosofia. Dopo un breve soggiorno a Parigi ritornò in Oriente come di Barcellona e Valenza per propagare le idee del Doctor Illuminatus. La missionario. Dopo aver sofferto privazioni e disagi e dopo essere stato av- Chiesa però si rese subito conto della conseguenza pericolosa di elimina- versato dal potere ecclesiastico, che lo costrinse a fuggire e trovare asilo re la distinzione tra naturale e divino e di conseguenza, malgrado il suo in Sicilia, ritornò in Europa nel 1311 allo scopo di presentare al Concilio innegabile zelo e la corona di martire, non fu canonizzato. Al contrario il di Vienna il suo piano per la conversione dei mori. Ritornato a Tunisi fu suo misticismo razionale fu formalmente condannato da Papa Gregorio lapidato a morte dai saraceni. A Lullo è attribuito un gran numero di testi XI, condanna ribadita in seguito da Paolo VI. Gli scritti di Raimondo Lullo di medicina derivati dall’arabo, incluse opere di Avicenna, di Qusta ibn furono pubblicati in dieci volumi in folio a Mainz nel periodo 1721-1742. Luqa (Costa ben Luca) e di Galeno, così come diversi scritti alchemici co- Nel 1275 Raimondo Lullo scoprì l’etere, che chiamò ‘vetriolo dolce’ per me il Thesaurus Thesaurorum anche noto come Rosarius Philosophorum, le sue proprietà anestetiche, ma soprattutto per le sue capacità allucinogene il Novum Lumen e il Flos Florum. e per la sua capacità di curare la depressione, dovuta secondo la medici- UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 61 62 STORIA DELLA CHIMICA filosofi nei secoli successivi, fra cui Nicola Cusano, Pico della Mirandola Abilissimo scrittore, in numerosi scritti in catalano e latino si diede e Giordano Bruno. da fare per mostrare gli errori dell’averroismo e per esporre la teologia cristiana, convinto di riuscire a chiarire ai saraceni le verità del Cristia- nesimo. Allo stesso scopo nel 1274, Lullo abbozzò un’idea che solo nel Novecento si rivelerà in tutta la sua potenza: scomporre le nozioni lingui- stiche e assegnare a queste dei numeri, cercando di tradurre il linguaggio naturale in quello numerico. Lullo aveva addirittura progettato un proto- tipo di meccanismo per automatizzare il pensiero, un lontano precursore dei moderni calcolatori. Inventò una serie di espedienti logici nei quali le preposizioni teologiche erano espresse sotto forma di figure geometriche, circoli, quadrati e triangoli che, movendo una leva e facendo ruotare una manovella o facendo girare una ruota, si organizzassero come affermati- ve o negative per provare d’essere vere. Chiamava questo marchingegno, che illustrò in molti suoi testi importanti, Ars Generalis Ultima oppure Ars Magna. Il lavoro di Lullo influenzò Leibniz, che nel 1666 lo citò nella sua Ars combinatoria. Alla base dello schema di espedienti meccanici c’era una vera e pro- pria teosofia, conseguenza del fatto che Raimondo Lullo, identificando nel quadro della concezione scolastica del Trecento la teologia con la filosofia, era convinto che una verità filosofica non poteva essere falsa in teologia e viceversa, come sostenevano i filosofi arabi. Allo stesso modo una verità teologica non poteva essere falsa in filosofia, anche se le verità della teologia erano rivelate mentre quelle della filosofia erano basate su ragionamenti logici. Egli portò il suo zelo di rifiuto della filosofia araba al limite estremo, sostenendo che non c’è distinzione tra fede e ragione e che anche i miste- ri più segreti possono essere provati per mezzo di dimostrazioni logiche Figura 8 – Raimondo Lullo. e sperimentalmente grazie all’Ars Magna, cancellando così la distinzio- ne tra verità naturali e verità soprannaturali. Il razionalismo di Lullo era, Raimondo Lullo, soprannominato Doctor Illuminatus, era probabil- a differenza di quello di Abelardo, di tipo mistico. È sua la famosa frase mente un cortigiano alla corte del re Giovanni d’Aragona fino all’età di trenta anni quando divenne eremita e membro dell’Ordine dei francesca- Basandomi sulla grazia divina intendo provare gli ni, che si era dedicato allo studio delle lingue orientali e alla contestazio- argomenti di fede con ragionamenti convincenti. ne della filosofia araba, in particolare di Averroè. Lullo fondò a Maiorca una scuola per lo studio dell’arabo e del caldeo. Dopo aver insegnato per Questi principi divennero in seguito fondamentali per i suoi seguaci, alcuni anni alla scuola di medicina di Montpellier insegnò a Parigi e poi i lullisti, che per un certo tempo ebbero una notevole influenza cultura- nel 1291 si trasferì a Tunisi dove predicò ai saraceni disputando con lo- le specialmente in Spagna, creando addirittura cattedre alle Università ro in filosofia. Dopo un breve soggiorno a Parigi ritornò in Oriente come di Barcellona e Valenza per propagare le idee del Doctor Illuminatus. La missionario. Dopo aver sofferto privazioni e disagi e dopo essere stato av- Chiesa però si rese subito conto della conseguenza pericolosa di elimina- versato dal potere ecclesiastico, che lo costrinse a fuggire e trovare asilo re la distinzione tra naturale e divino e di conseguenza, malgrado il suo in Sicilia, ritornò in Europa nel 1311 allo scopo di presentare al Concilio innegabile zelo e la corona di martire, non fu canonizzato. Al contrario il di Vienna il suo piano per la conversione dei mori. Ritornato a Tunisi fu suo misticismo razionale fu formalmente condannato da Papa Gregorio lapidato a morte dai saraceni. A Lullo è attribuito un gran numero di testi XI, condanna ribadita in seguito da Paolo VI. Gli scritti di Raimondo Lullo di medicina derivati dall’arabo, incluse opere di Avicenna, di Qusta ibn furono pubblicati in dieci volumi in folio a Mainz nel periodo 1721-1742. Luqa (Costa ben Luca) e di Galeno, così come diversi scritti alchemici co- Nel 1275 Raimondo Lullo scoprì l’etere, che chiamò ‘vetriolo dolce’ per me il Thesaurus Thesaurorum anche noto come Rosarius Philosophorum, le sue proprietà anestetiche, ma soprattutto per le sue capacità allucinogene il Novum Lumen e il Flos Florum. e per la sua capacità di curare la depressione, dovuta secondo la medici- UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 63 64 STORIA DELLA CHIMICA na medievale all’influsso di demoni, influsso che era possibile neutraliz- mente condanne e carcere, a Roma e a Perugia, e fu costretto a rifugiarsi zare con particolari farmaci estratti da erbe medicinali, per esempio con in Sicilia alla corte di Federico II d’Aragona, dove scrisse l’opuscolo De la ‘quinta essenza’ di un apposito distillato, capace di purificare l’animo Cymbalis Ecclesia, dando professione di fede e di obbedienza al Papa per umano. La composizione di una di queste quinte essenze è addirittura no- ingraziarselo. Scrisse numerosi trattati di alchimia, inclusi le Quaestiones ta. Vi comparivano le seguenti erbe medicinali: erba fumaria, centaurea tam esseentiales quam accidentales, l’Epistola super alchemia ad regem maggiore, epitimo, timo, pitralazola ed ellebro nero. Neapolitanum, il De secretis naturae, Exempla e il De arte philosophorum. A Lullo sono state attribuite molte opere di alchimia che si sono poi ri- Nel 1305 l’Inquisizione catalana proibì la lettura dei libri di Arnaldo, velate apocrife tra cui la più nota è il Liber de secretis naturae seu de quin- che spaziavano dalla medicina all’astrologia, dalla teologia all’alchimia ta essentia nel quale egli sosteneva che, con l’aiuto dei principi essenziali ecc. In essi, sulla base di calcoli campati in aria, Lullo prevedeva in ter- e con la fede, l’uomo può realizzare trasmutazioni naturali e raggiungere mini apocalittici la fine di un’era e la venuta dell’Anticristo per la metà il bene. In realtà Lullo non credeva alla trasmutazione dei metalli, ma il del XIV secolo. Dopo la sua morte, nel 1316, i suoi libri furono confiscati suo nome era talmente noto che schiere di alchimisti si richiamavano a lui e bruciati dall’Inquisizione di Tarragona per eresia. per garantire la veridicità delle loro affermazioni. Nel corso del secolo fu- Altro contemporaneo di Raimondo Lullo e di Arnaldo da Villanova fu rono attribuite a Lullo non solo opere di alchimia, ma anche di astrologia l’italiano Pietro d’Abano, Petrus Patavinus (1248-1315), filosofo, astrologo e magia, che provocarono reazioni violente, fino al punto che la Sorbona e professore di Medicina all’Università di Padova. Nato ad Abano Terme, dovette vietarne l’insegnamento nel 1390 (Rossi 1988). a pochi chilometri da Padova, viaggiò molto, visitando la Francia, la Sar- Dalla metà del XIV secolo un corpus di oltre 140 testi alchemici, attri- degna e Costantinopoli. Durante i suoi viaggi scoprì uno dei libri perdu- buiti a Raimondo Lullo ma scritti da autori che si rifacevano a lui e noti ti di Aristotele e lo tradusse in latino. Visse in Grecia per qualche tempo come lullisti, si diffuse in Europa influenzando sia la teoria sia la pratica finché non si trasferì dal 1270 al 1290 a studiare a Costantinopoli. Verso il dell’alchimia occidentale (Pereira 1989, 1992). Questi testi comprendevano 1300 si recò a Parigi dove ottenne il titolo di dottore in filosofia e medicina un numero considerevole di applicazioni alchemiche dalla trasmutazio- e dove divenne noto come il ‘Grande Lombardo’, ottenendo eccellenti ri- ne dei metalli alla preparazione di elisir medicinali, fino alla manifattura sultati nella sua pratica medica. Alla fine si stabilì a Padova dove continuò di pietre preziose. Il lullismo, cioè l’insieme delle dottrine pseudo-lullia- con successo la professione di medico. Divenne famoso scrivendo il libro ne, ebbe vasta eco in Europa dal XV secolo in poi, soprattutto in Inghil- Conciliator Differentiarum, quæ inter Philosophos et Medicos Versantur, terra, dove era decantato dagli alchimisti inglesi per ottenere i favori e il del quale esiste una ristampa in fac-simile (D’Abano 1985); a proposito supporto economico di nobili e regnanti, incluso Enrico VI, e perfino del degli alchimisti che considerava Platonici per il loro linguaggio, scriveva: tesoriere di Elisabetta I, Lord Burghley. Il lullismo mirava a dimostrare, con un metodo che consideravano scientifico e sincretico, come la Verità Alchimici semper volentes eorum reputatam scientiam occultare risiedesse nel Cristianesimo, nella speranza di convertire tutti i credenti Platonicorum more metaphoris loquuntur. Quare argentum vivum in altre religioni. vocaverunt Mercurium et servum fugitivum, quia, sicut Mercurius Contemporaneo di Lullo fu Arnaldo da Villlanova (Arnau de Vilanova est mobilis vehementer et ad omnes planetas cum sit indifferens con- in catalano), detto il Catalano, nato intorno al 1240 nel villaggio di Vila- versivus facillimè, ita et argentum vivum1. nova del Grau, vicino a Valencia. Studiò medicina a Montpellier e Parigi, dove sviluppò il suo interesse per l’alchimia seguendo i corsi di Alberto Pietro d’Abano era anche un astrologo e fu accusato di praticare la Magno. Dopo aver visitato diverse Università italiane tra cui Bologna, magia dopo aver pubblicato il testo Astrolabium planum in tabulis ascen- Firenze, Perugia Roma e Napoli, e perfino la Scuola Medica Salernitana, dens. L’accusa importante che gli fu fatta era di aver ottenuto l’aiuto del ritornò in Francia, stabilendosi a Parigi dove rimase per diversi anni eser- diavolo per riottenere tutte le somme che pagava e inoltre di possedere la citando la professione di medico e dove incontrò Raimondo Lullo che di- Pietra Filosofale. S’interessò di scienze occulte, finché non si decise a stu- venne suo discepolo. diare filosofia, fisica, astrologia e perfino fisiognomica, convinto «che nei Molto vicino alla corrente dei francescani spirituali divenne molto in- volti risplende l’intimità dei cuori». Per le sue conoscenze divenne noto a fluente nelle corti europee del XIV secolo come consigliere del re d’Arago- na, del Papa e del re di Sicilia. Nel 1301, inviato da Giacomo II d’Aragona 1 al re Filippo IV di Francia, fu arrestato a Parigi per affermazioni giudica- 1.«Gli alchimisti, volendo occultare la loro scienza, una volta che l’hanno esa- minata, si esprimono in metafore come i Platonici. Infatti chiamano schiavo fuggi- te sospette contro la teologia scolastica. Rilasciato grazie all’intercessione tivo l’argento vivo mercurio visto che il mercurio è particolarmente mobile in modo del Papa, venne in Italia, divenne medico e curò perfino Papa Bonifacio che molto facilmente si converte in tutti gli altri pianeti, allo stesso modo l’argento VIII di calcoli renali. Tuttavia, nonostante le simpatie del Papa, subì ugual- vivo […]». UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 63 64 STORIA DELLA CHIMICA na medievale all’influsso di demoni, influsso che era possibile neutraliz- mente condanne e carcere, a Roma e a Perugia, e fu costretto a rifugiarsi zare con particolari farmaci estratti da erbe medicinali, per esempio con in Sicilia alla corte di Federico II d’Aragona, dove scrisse l’opuscolo De la ‘quinta essenza’ di un apposito distillato, capace di purificare l’animo Cymbalis Ecclesia, dando professione di fede e di obbedienza al Papa per umano. La composizione di una di queste quinte essenze è addirittura no- ingraziarselo. Scrisse numerosi trattati di alchimia, inclusi le Quaestiones ta. Vi comparivano le seguenti erbe medicinali: erba fumaria, centaurea tam esseentiales quam accidentales, l’Epistola super alchemia ad regem maggiore, epitimo, timo, pitralazola ed ellebro nero. Neapolitanum, il De secretis naturae, Exempla e il De arte philosophorum. A Lullo sono state attribuite molte opere di alchimia che si sono poi ri- Nel 1305 l’Inquisizione catalana proibì la lettura dei libri di Arnaldo, velate apocrife tra cui la più nota è il Liber de secretis naturae seu de quin- che spaziavano dalla medicina all’astrologia, dalla teologia all’alchimia ta essentia nel quale egli sosteneva che, con l’aiuto dei principi essenziali ecc. In essi, sulla base di calcoli campati in aria, Lullo prevedeva in ter- e con la fede, l’uomo può realizzare trasmutazioni naturali e raggiungere mini apocalittici la fine di un’era e la venuta dell’Anticristo per la metà il bene. In realtà Lullo non credeva alla trasmutazione dei metalli, ma il del XIV secolo. Dopo la sua morte, nel 1316, i suoi libri furono confiscati suo nome era talmente noto che schiere di alchimisti si richiamavano a lui e bruciati dall’Inquisizione di Tarragona per eresia. per garantire la veridicità delle loro affermazioni. Nel corso del secolo fu- Altro contemporaneo di Raimondo Lullo e di Arnaldo da Villanova fu rono attribuite a Lullo non solo opere di alchimia, ma anche di astrologia l’italiano Pietro d’Abano, Petrus Patavinus (1248-1315), filosofo, astrologo e magia, che provocarono reazioni violente, fino al punto che la Sorbona e professore di Medicina all’Università di Padova. Nato ad Abano Terme, dovette vietarne l’insegnamento nel 1390 (Rossi 1988). a pochi chilometri da Padova, viaggiò molto, visitando la Francia, la Sar- Dalla metà del XIV secolo un corpus di oltre 140 testi alchemici, attri- degna e Costantinopoli. Durante i suoi viaggi scoprì uno dei libri perdu- buiti a Raimondo Lullo ma scritti da autori che si rifacevano a lui e noti ti di Aristotele e lo tradusse in latino. Visse in Grecia per qualche tempo come lullisti, si diffuse in Europa influenzando sia la teoria sia la pratica finché non si trasferì dal 1270 al 1290 a studiare a Costantinopoli. Verso il dell’alchimia occidentale (Pereira 1989, 1992). Questi testi comprendevano 1300 si recò a Parigi dove ottenne il titolo di dottore in filosofia e medicina un numero considerevole di applicazioni alchemiche dalla trasmutazio- e dove divenne noto come il ‘Grande Lombardo’, ottenendo eccellenti ri- ne dei metalli alla preparazione di elisir medicinali, fino alla manifattura sultati nella sua pratica medica. Alla fine si stabilì a Padova dove continuò di pietre preziose. Il lullismo, cioè l’insieme delle dottrine pseudo-lullia- con successo la professione di medico. Divenne famoso scrivendo il libro ne, ebbe vasta eco in Europa dal XV secolo in poi, soprattutto in Inghil- Conciliator Differentiarum, quæ inter Philosophos et Medicos Versantur, terra, dove era decantato dagli alchimisti inglesi per ottenere i favori e il del quale esiste una ristampa in fac-simile (D’Abano 1985); a proposito supporto economico di nobili e regnanti, incluso Enrico VI, e perfino del degli alchimisti che considerava Platonici per il loro linguaggio, scriveva: tesoriere di Elisabetta I, Lord Burghley. Il lullismo mirava a dimostrare, con un metodo che consideravano scientifico e sincretico, come la Verità Alchimici semper volentes eorum reputatam scientiam occultare risiedesse nel Cristianesimo, nella speranza di convertire tutti i credenti Platonicorum more metaphoris loquuntur. Quare argentum vivum in altre religioni. vocaverunt Mercurium et servum fugitivum, quia, sicut Mercurius Contemporaneo di Lullo fu Arnaldo da Villlanova (Arnau de Vilanova est mobilis vehementer et ad omnes planetas cum sit indifferens con- in catalano), detto il Catalano, nato intorno al 1240 nel villaggio di Vila- versivus facillimè, ita et argentum vivum1. nova del Grau, vicino a Valencia. Studiò medicina a Montpellier e Parigi, dove sviluppò il suo interesse per l’alchimia seguendo i corsi di Alberto Pietro d’Abano era anche un astrologo e fu accusato di praticare la Magno. Dopo aver visitato diverse Università italiane tra cui Bologna, magia dopo aver pubblicato il testo Astrolabium planum in tabulis ascen- Firenze, Perugia Roma e Napoli, e perfino la Scuola Medica Salernitana, dens. L’accusa importante che gli fu fatta era di aver ottenuto l’aiuto del ritornò in Francia, stabilendosi a Parigi dove rimase per diversi anni eser- diavolo per riottenere tutte le somme che pagava e inoltre di possedere la citando la professione di medico e dove incontrò Raimondo Lullo che di- Pietra Filosofale. S’interessò di scienze occulte, finché non si decise a stu- venne suo discepolo. diare filosofia, fisica, astrologia e perfino fisiognomica, convinto «che nei Molto vicino alla corrente dei francescani spirituali divenne molto in- volti risplende l’intimità dei cuori». Per le sue conoscenze divenne noto a fluente nelle corti europee del XIV secolo come consigliere del re d’Arago- na, del Papa e del re di Sicilia. Nel 1301, inviato da Giacomo II d’Aragona 1 al re Filippo IV di Francia, fu arrestato a Parigi per affermazioni giudica- 1.«Gli alchimisti, volendo occultare la loro scienza, una volta che l’hanno esa- minata, si esprimono in metafore come i Platonici. Infatti chiamano schiavo fuggi- te sospette contro la teologia scolastica. Rilasciato grazie all’intercessione tivo l’argento vivo mercurio visto che il mercurio è particolarmente mobile in modo del Papa, venne in Italia, divenne medico e curò perfino Papa Bonifacio che molto facilmente si converte in tutti gli altri pianeti, allo stesso modo l’argento VIII di calcoli renali. Tuttavia, nonostante le simpatie del Papa, subì ugual- vivo […]». UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 65 66 STORIA DELLA CHIMICA tutti i Papi del suo tempo e acquisì una notevole reputazione tra le perso- do anche vari procedimenti per ottenere l’oro e l’argento: nel primo volu- ne colte. Nei suoi scritti espose i sistemi medici di Averroè, di Avicenna e me trattava della composizione di acque, di oli e di sali, nel secondo della di molti altri scrittori arabi. I suoi scritti più noti sono il Conciliator diffe- trasmutazione dei metalli e nel terzo di esperimenti ricavati dalle opere rentiarum quae inter philosophos et medicos versantur, pubblicato a Man- di vari autori, soprattutto di Gerber. tova nel 1472 e successivamente a Venezia in varie riprese e il De venenis Un altro importante filosofo aristotelico dello stesso periodo fu l’ita- eorumque remediis, pubblicato nel 1472 e tradotto in francese nel 1593. liano Jacopo Zabarella (1533-1589), primogenito di un’antica e nobile fa- Il Conciliator rappresentava un tentativo di conciliare la medicina araba miglia, che ereditò dal padre Giulio il titolo di conte palatino. Zabarella con la filosofia naturale dei filosofi greci per vari problemi di anatomia e studiò all’Università di Padova, dove fu allievo di Francesco Robortello, fisiologia. Lo stile del libro era definito come Scuola padovana di dialet- Bernardino Tomitano e Marcantonio de’ Passeri (detto ‘il Genua’), lau- tica medica e fu sempre considerato di grande importanza fino a tutto il reandosi nel 1553. Nell’anno accademico 1563-1564 ottenne, succedendo XVI secolo (Ferrari 1900; D’Abano 1965). al Tomitano, la prima cattedra di logica nello Studio padovano, che ten- Si presume anche che Abano abbia scritto un grimoire, cioè un testo di ne fino all’anno accademico 1567-1568 incluso, quando fu trasformata in magia chiamato Heptameron (da non confondere con il più famoso Hep- cattedra di filosofia naturale. La sua fama di studioso travalicò le frontie- tamerone di Margherita di Navarra), un conciso libretto di riti magici ri- re della Repubblica Veneta al punto che ricevette dal re Stefano Báthory guardanti l’associazione di angeli con i giorni della settimana. Gli è anche l’invito di trasferirsi in Polonia per insegnare logica e filosofia, invito che attribuita la stesura di un libro, De venenis eorumque remediis, riguardan- declinò dedicando però al re Báthory il suo scritto più importante, l’Opera te le teorie arabe su superstizioni, veleni e contagi e la traduzione del libro logica, stampata a Venezia nel 1578. Nel 1580 furono pubblicate a Padova di astrologia del saggio ebreo Abraham Aben Ezra. le sue Tabulae logicae e nel 1582, a Venezia, il suo commento agli Anali- La sua competenza in problemi di magia e occultismo gli procurò però tici II di Aristotele. parecchi guai. Sembra che un suo vicino che possedeva una ottima sor- In risposta alle critiche mosse alla sua Opera logica dai suoi colleghi gente di acqua nel suo giardino, dove Pietro poteva attingere liberamente, d’Università, Francesco Piccolomini e Bernardino Petrella, pubblicò a avendogli a un certo momento negato il permesso di accesso, lo accusò di Padova, nel 1584, la De doctrinae ordine apologia, stampata poi a Venezia essere riuscito con l’aiuto del diavolo a spostare la sorgente in un nuovo nel 1578. Nel 1586 e nel 1590 apparvero rispettivamente le sue due ultime posto, al di fuori del giardino. Per queste accuse e per i suoi testi di magia opere, la De naturalis scientiae constitutione e i De rebus naturalibus; po- fu giudicato due volte dall’Inquisizione: la prima volta fu assolto, ma morì stumi comparvero i suoi commenti incompiuti alla Fisica e al De anima prima dello svolgimento del secondo processo. L’Inquisizione si contentò di Aristotele. Morì a Padova nel 1589 e gli successe Cesare Cremonini. I della proclamazione pubblica della sentenza di condanna e di bruciare il lavori di Zabarella riflettono il suo insegnamento impostato sulla base del- suo corpo in effige. la tradizione aristotelica. Il suo primo testo, Opera logica, fu pubblicato a Allievo di Pietro d’Abano e amico d’importanti personaggi come Al- Venezia nel 1578 seguito dal Tabula logicae nello stesso anno. Il suo lavoro berto Magno, San Tommaso d’Aquino e Ruggero Bacone, fu il frate fran- più importante fu il De rebus naturalibus, pubblicato postumo nel 1590, cescano Bonaventura d’Iseo, che dedicò molto del suo tempo allo studio che includeva trenta sue ricerche sulla filosofia naturale e una introduzio- dell’alchimia. Dopo una serie di viaggi in Provenza, a Genova, a Bologna e ne che aveva scritto solo poche settimane prima di morire. I suoi due figli a Lione (1245), fu ministro della Marca Trevigiana dal 1248 al 1256. Si pubblicarono postumi i suoi commenti ai testi di Aristotele (commento stabilì infine a Venezia nel Convento di S. Maria Gloriosa dei Fiori, detta alla Fisica nel 1601 e al Περί ψυχῆς, Sull’anima, nel 1605). dei Frati, dove raccolse una notevole collezione di manoscritti alchemici. Nel XIV secolo l’alchimia ebbe una flessione a causa dell’editto di Pa- Scrisse, probabilmente mentre era a Venezia «in conventu fratrum S. pa Giovanni XXII (Spondent Pariter) che vietava la pratica alchemica, Mariae et in conventu loci Vineae», un fortunato trattato di alchimia, il fatto che scoraggiò gli alchimisti appartenenti alla Chiesa dal continuare Liber Compostella multorum experimentorum veritatis fratris Bonaventu- gli esperimenti. rae de Ysiode Ordine fratrum minorum (Carli 1999), conservato nell’Ar- chiginnasio di Bologna, nel quale affermava di essere amico di Alberto Magno e di Tommaso d’Aquino, e sosteneva di aver discusso di alchi- mia con i patriarchi di Gerusalemme e di Aquileia e con vari alti prelati. In questa opera in tre volumi, che era essenzialmente una compilazione estratta da manuali e testi di alchimia largamente diffusi nella seconda metà del XIII secolo, trattava della composizione di alcuni sali e colori e di vari composti e ingredienti utilizzati in medicina e alchimia illustran- UMANISTI ED ENCICLOPEDISTI 65 66 STORIA DELLA CHIMICA tutti i Papi del suo tempo e acquisì una notevole reputazione tra le perso- do anche vari procedimenti per ottenere l’oro e l’argento: nel primo volu- ne colte. Nei suoi scritti espose i sistemi medici di Averroè, di Avicenna e me trattava della composizione di acque, di oli e di sali, nel secondo della di molti altri scrittori arabi. I suoi scritti più noti sono il Conciliator diffe- trasmutazione dei metalli e nel terzo di esperimenti ricavati dalle opere rentiarum quae inter philosophos et medicos versantur, pubblicato a Man- di vari autori, soprattutto di Gerber. tova nel 1472 e successivamente a Venezia in varie riprese e il De venenis Un altro importante filosofo aristotelico dello stesso periodo fu l’ita- eorumque remediis, pubblicato nel 1472 e tradotto in francese nel 1593. liano Jacopo Zabarella (1533-1589), primogenito di un’antica e nobile fa- Il Conciliator rappresentava un tentativo di conciliare la medicina araba miglia, che ereditò dal padre Giulio il titolo di conte palatino. Zabarella con la filosofia naturale dei filosofi greci per vari problemi di anatomia e studiò all’Università di Padova, dove fu allievo di Francesco Robortello, fisiologia. Lo stile del libro era definito come Scuola padovana di dialet- Bernardino Tomitano e Marcantonio de’ Passeri (detto ‘il Genua’), lau- tica medica e fu sempre considerato di grande importanza fino a tutto il reandosi nel 1553. Nell’anno accademico 1563-1564 ottenne, succedendo XVI secolo (Ferrari 1900; D’Abano 1965). al Tomitano, la prima cattedra di logica nello Studio padovano, che ten- Si presume anche che Abano abbia scritto un grimoire, cioè un testo di ne fino all’anno accademico 1567-1568 incluso, quando fu trasformata in magia chiamato Heptameron (da non confondere con il più famoso Hep- cattedra di filosofia naturale. La sua fama di studioso travalicò le frontie- tamerone di Margherita di Navarra), un conciso libretto di riti magici ri- re della Repubblica Veneta al punto che ricevette dal re Stefano Báthory guardanti l’associazione di angeli con i giorni della settimana. Gli è anche l’invito di trasferirsi in Polonia per insegnare logica e filosofia, invito che attribuita la stesura di un libro, De venenis eorumque remediis, riguardan- declinò dedicando però al re Báthory il suo scritto più importante, l’Opera te le teorie arabe su superstizioni, veleni e contagi e la traduzione del libro logica, stampata a Venezia nel 1578. Nel 1580 furono pubblicate a Padova di astrologia del saggio ebreo Abraham Aben Ezra. le sue Tabulae logicae e nel 1582, a Venezia, il suo commento agli Anali- La sua competenza in problemi di magia e occultismo gli procurò però tici II di Aristotele. parecchi guai. Sembra che un suo vicino che possedeva una ottima sor- In risposta alle critiche mosse alla sua Opera logica dai suoi colleghi gente di acqua nel suo giardino, dove Pietro poteva attingere liberamente, d’Università, Francesco Piccolomini e Bernardino Petrella, pubblicò a avendogli a un certo momento negato il permesso di accesso, lo accusò di Padova, nel 1584, la De doctrinae ordine apologia, stampata poi a Venezia essere riuscito con l’aiuto del diavolo a spostare la sorgente in un nuovo nel 1578. Nel 1586 e nel 1590 apparvero rispettivamente le sue due ultime posto, al di fuori del giardino. Per queste accuse e per i suoi testi di magia opere, la De naturalis scientiae constitutione e i De rebus naturalibus; po- fu giudicato due volte dall’Inquisizione: la prima volta fu assolto, ma morì stumi comparvero i suoi commenti incompiuti alla Fisica e al De anima prima dello svolgimento del secondo processo. L’Inquisizione si contentò di Aristotele. Morì a Padova nel 1589 e gli successe Cesare Cremonini. I della proclamazione pubblica della sentenza di condanna e di bruciare il lavori di Zabarella riflettono il suo insegnamento impostato sulla base del- suo corpo in effige. la tradizione aristotelica. Il suo primo testo, Opera logica, fu pubblicato a Allievo di Pietro d’Abano e amico d’importanti personaggi come Al- Venezia nel 1578 seguito dal Tabula logicae nello stesso anno. Il suo lavoro berto Magno, San Tommaso d’Aquino e Ruggero Bacone, fu il frate fran- più importante fu il De rebus naturalibus, pubblicato postumo nel 1590, cescano Bonaventura d’Iseo, che dedicò molto del suo tempo allo studio che includeva trenta sue ricerche sulla filosofia naturale e una introduzio- dell’alchimia. Dopo una serie di viaggi in Provenza, a Genova, a Bologna e ne che aveva scritto solo poche settimane prima di morire. I suoi due figli a Lione (1245), fu ministro della Marca Trevigiana dal 1248 al 1256. Si pubblicarono postumi i suoi commenti ai testi di Aristotele (commento stabilì infine a Venezia nel Convento di S. Maria Gloriosa dei Fiori, detta alla Fisica nel 1601 e al Περί ψυχῆς, Sull’anima, nel 1605). dei Frati, dove raccolse una notevole collezione di manoscritti alchemici. Nel XIV secolo l’alchimia ebbe una flessione a causa dell’editto di Pa- Scrisse, probabilmente mentre era a Venezia «in conventu fratrum S. pa Giovanni XXII (Spondent Pariter) che vietava la pratica alchemica, Mariae et in conventu loci Vineae», un fortunato trattato di alchimia, il fatto che scoraggiò gli alchimisti appartenenti alla Chiesa dal continuare Liber Compostella multorum experimentorum veritatis fratris Bonaventu- gli esperimenti. rae de Ysiode Ordine fratrum minorum (Carli 1999), conservato nell’Ar- chiginnasio di Bologna, nel quale affermava di essere amico di Alberto Magno e di Tommaso d’Aquino, e sosteneva di aver discusso di alchi- mia con i patriarchi di Gerusalemme e di Aquileia e con vari alti prelati. In questa opera in tre volumi, che era essenzialmente una compilazione estratta da manuali e testi di alchimia largamente diffusi nella seconda metà del XIII secolo, trattava della composizione di alcuni sali e colori e di vari composti e ingredienti utilizzati in medicina e alchimia illustran- 68 STORIA DELLA CHIMICA

del 1500 da Hieronymus Brunschwig (1450-ca. 1512). Il libro presentava CAPITOLO 9 bellissime e accuratissime illustrazioni di alambicchi per la distillazione e di piante medicinali, corredati da descrizioni molto accurate di prescri- I PRIMI LIBRI EUROPEI DI TECNICA zioni mediche per migliorare con distillati di erbe la memoria e i rapporti coniugali, per rendere coraggiosi e per scacciare i cattivi sogni e il terrore del buio. La prima parte del libro conteneva la descrizione dei metodi e delle tecniche di distillazione in corrente di vapore di prodotti vegetali e animali, la seconda era un compendio di testi di erbari e di piante e la terza una lista di medicine estratte da piante medicinali. Una delle innovazioni apportate da Brunschwig alla tecnica della distillazione fu un alambicco conico raffreddato ad aria che egli chiamava rosenhut. Il Rinascimento non portò a rilevanti sviluppi delle teorie sulla com- La Germania, come la Svezia, era in Europa il paese più ricco di mi- posizione e sulla struttura della materia ma creò una nuova atmosfera cul- nerali, soprattutto di rame e di argento. Era quindi ovvio che la produ- turale che dopo poco avrebbe dato origine al grande sviluppo scientifico zione di libri tecnici in Germania, paese in cui minatori e saggiatori di del XVII secolo. Sebbene l’alchimia mistica ed esoterica si stesse avviando vene metallifere avevano una lunga storia alle spalle, fiorisse prima che nella stessa direzione sterile e improduttiva che aveva seguito nel mondo in altri paesi. Apparvero così in Germania utilissimi libretti tecnici, tech- alessandrino e la teoria zolfo-mercurio continuasse a dominare incontra- nisch Büchlein, come il nützliches Bergbüchlein di geologia e mineralogia, stata, i processi tecnici continuarono a progredire, aprendo nuove strade scritto dall’architetto, medico e borgomastro di Freiberg, Ulrich Rülein alle attività sperimentali. Cominciavano così a comparire in Europa libri von Calw, ristampato più volte sin dal 1505, e il Probierbüchlein, di auto- di tecnologia, prima molto lentamente, poi, con la scoperta della stampa, re sconosciuto del 1510, che descriveva le tecniche di analisi dei minerali. in numero sempre crescente dopo l’inizio del XVI secolo. Questi libri erano scritti in tedesco e non più in latino e quindi erano de- L’invenzione della stampa con caratteri mobili, realizzata da Johan- dicati non più a studiosi e intellettuali, ma a giovani apprendisti lavorato- nes Gutenberg (ca. 1398-1468) a Magonza verso il 1450 fu un vero evento ri delle miniere, descrivendo metodi quantitativi di analisi dei minerali e rivoluzionario. La nuova tecnica di stampa con caratteri metallici, ‘l’arte dei metalli, che mostrano come la precisione avesse già assunto una im- tedesca’, conquistò l’Europa in pochi anni, arrivando in Italia nel 1465, portanza fondamentale nei processi tecnici. a Parigi nel 1470, a Londra nel 1477, a Stoccolma nel 1483 e a Madrid nel Lo sviluppo della metallurgia nel XVI secolo vide il passaggio da questi 1499. La diffusione della stampa ebbe uno sviluppo incredibile. Alla fine libretti tecnici a veri e propri trattati di metallurgia. Il libro della pirotech- del XV secolo sembra che fossero già in circolazione in Europa nove mi- nia di Vannoccio Biringuccio, pubblicato nel 1540, fu in effetti il primo lioni di libri! vero trattato di metallurgia (Cipriani, Scarpellini 2007). Vannoccio (1480- Un ruolo importante fu giocato, nell’ambito del pubblicazione di libri 1539), senese metallurgista e fonditore di armi al servizio della potente fa- di carattere tecnico, dal tipografo ed editore italiano Lorenzo Pasquato o miglia Petrucci, ne seguì le sorti quando questi furono costretti a fuggire Pasquale, attivo a Padova e Venezia fino ai primi anni del XVII secolo. da Siena dal 1515 al 1530. Nel 1529 Biringuccio si spostò al servizio della Molto prolifico, solo nel XVII secolo firmò 200 edizioni circa e fu uno dei Repubblica di Firenze, per la quale fuse il famoso cannone Liofante. Nel protagonisti indiscussi dell’editoria veneta tra la seconda metà del XVI 1530 ritornò a Siena in un periodo di pace e fu nominato Senatore della secolo e i primi anni del XVII secolo. Fu impressore camerale, tipografo città nel gennaio e febbraio del 1531, prendendo parte anche a numerosi dell’Accademia dei Coraggiosi, stampatore dell’Università e dell’Accade- progetti. Infine nel 1538 divenne capo della fonderia apostolica e direttore mia degli Avveduti. Stampò opere in latino, in volgare, in greco ed ebrai- dell’arsenale papale. Il libro della pirotechnia, illustrato da novantaquat- co. Dopo la morte avvenuta intorno al 1603 l’attività tipografica passò ai tro bellissime xilografie, tratta i principali minerali e per la prima volta figli Livio e Giovanni Battista che in seguito divenne impressore vescovile. espone le operazioni di assaggio dell’oro e dell’argento, della forgiatura, La tecnica, con la sua necessità di disegni e d’illustrazioni esplicative, della distillazione e della costruzione di specchi e ceramiche. L’opera trat- non poteva non trarre grandi vantaggi dalle possibilità offerte dalla stampa ta i semi-minerali (come mercurio e zolfo) e l’analisi e la preparazione dei e dalla nascita di brillanti scuole di disegnatori e illustratori sviluppatesi a minerali sia per la fusione sia per l’impiego per esplosivi. Basilea, Norimberga e Praga. Il primo vero libro di chimica farmaceutica, Il primo vero manuale di chimica analitica metallurgica, Beschreibung dal titolo Liber de arte distillandi; Das buch der rechten kunst zu distillie- aller fürnemisten mineralischen Ertzt und Bergwerksarten, fu scritto da La- ren (Il libro della corretta arte della distillazione), dedicato agli olii essen- zarus Ercker von Schreckenfels (1528-1594) nel 1574. Ercker era nato nella ziali estratti dalle piante, fu pubblicato, infatti, a Strasburgo nel maggio cittadina mineraria di Annaberg in Sassonia verso il 1530 e aveva studiato 68 STORIA DELLA CHIMICA

del 1500 da Hieronymus Brunschwig (1450-ca. 1512). Il libro presentava CAPITOLO 9 bellissime e accuratissime illustrazioni di alambicchi per la distillazione e di piante medicinali, corredati da descrizioni molto accurate di prescri- I PRIMI LIBRI EUROPEI DI TECNICA zioni mediche per migliorare con distillati di erbe la memoria e i rapporti coniugali, per rendere coraggiosi e per scacciare i cattivi sogni e il terrore del buio. La prima parte del libro conteneva la descrizione dei metodi e delle tecniche di distillazione in corrente di vapore di prodotti vegetali e animali, la seconda era un compendio di testi di erbari e di piante e la terza una lista di medicine estratte da piante medicinali. Una delle innovazioni apportate da Brunschwig alla tecnica della distillazione fu un alambicco conico raffreddato ad aria che egli chiamava rosenhut. Il Rinascimento non portò a rilevanti sviluppi delle teorie sulla com- La Germania, come la Svezia, era in Europa il paese più ricco di mi- posizione e sulla struttura della materia ma creò una nuova atmosfera cul- nerali, soprattutto di rame e di argento. Era quindi ovvio che la produ- turale che dopo poco avrebbe dato origine al grande sviluppo scientifico zione di libri tecnici in Germania, paese in cui minatori e saggiatori di del XVII secolo. Sebbene l’alchimia mistica ed esoterica si stesse avviando vene metallifere avevano una lunga storia alle spalle, fiorisse prima che nella stessa direzione sterile e improduttiva che aveva seguito nel mondo in altri paesi. Apparvero così in Germania utilissimi libretti tecnici, tech- alessandrino e la teoria zolfo-mercurio continuasse a dominare incontra- nisch Büchlein, come il nützliches Bergbüchlein di geologia e mineralogia, stata, i processi tecnici continuarono a progredire, aprendo nuove strade scritto dall’architetto, medico e borgomastro di Freiberg, Ulrich Rülein alle attività sperimentali. Cominciavano così a comparire in Europa libri von Calw, ristampato più volte sin dal 1505, e il Probierbüchlein, di auto- di tecnologia, prima molto lentamente, poi, con la scoperta della stampa, re sconosciuto del 1510, che descriveva le tecniche di analisi dei minerali. in numero sempre crescente dopo l’inizio del XVI secolo. Questi libri erano scritti in tedesco e non più in latino e quindi erano de- L’invenzione della stampa con caratteri mobili, realizzata da Johan- dicati non più a studiosi e intellettuali, ma a giovani apprendisti lavorato- nes Gutenberg (ca. 1398-1468) a Magonza verso il 1450 fu un vero evento ri delle miniere, descrivendo metodi quantitativi di analisi dei minerali e rivoluzionario. La nuova tecnica di stampa con caratteri metallici, ‘l’arte dei metalli, che mostrano come la precisione avesse già assunto una im- tedesca’, conquistò l’Europa in pochi anni, arrivando in Italia nel 1465, portanza fondamentale nei processi tecnici. a Parigi nel 1470, a Londra nel 1477, a Stoccolma nel 1483 e a Madrid nel Lo sviluppo della metallurgia nel XVI secolo vide il passaggio da questi 1499. La diffusione della stampa ebbe uno sviluppo incredibile. Alla fine libretti tecnici a veri e propri trattati di metallurgia. Il libro della pirotech- del XV secolo sembra che fossero già in circolazione in Europa nove mi- nia di Vannoccio Biringuccio, pubblicato nel 1540, fu in effetti il primo lioni di libri! vero trattato di metallurgia (Cipriani, Scarpellini 2007). Vannoccio (1480- Un ruolo importante fu giocato, nell’ambito del pubblicazione di libri 1539), senese metallurgista e fonditore di armi al servizio della potente fa- di carattere tecnico, dal tipografo ed editore italiano Lorenzo Pasquato o miglia Petrucci, ne seguì le sorti quando questi furono costretti a fuggire Pasquale, attivo a Padova e Venezia fino ai primi anni del XVII secolo. da Siena dal 1515 al 1530. Nel 1529 Biringuccio si spostò al servizio della Molto prolifico, solo nel XVII secolo firmò 200 edizioni circa e fu uno dei Repubblica di Firenze, per la quale fuse il famoso cannone Liofante. Nel protagonisti indiscussi dell’editoria veneta tra la seconda metà del XVI 1530 ritornò a Siena in un periodo di pace e fu nominato Senatore della secolo e i primi anni del XVII secolo. Fu impressore camerale, tipografo città nel gennaio e febbraio del 1531, prendendo parte anche a numerosi dell’Accademia dei Coraggiosi, stampatore dell’Università e dell’Accade- progetti. Infine nel 1538 divenne capo della fonderia apostolica e direttore mia degli Avveduti. Stampò opere in latino, in volgare, in greco ed ebrai- dell’arsenale papale. Il libro della pirotechnia, illustrato da novantaquat- co. Dopo la morte avvenuta intorno al 1603 l’attività tipografica passò ai tro bellissime xilografie, tratta i principali minerali e per la prima volta figli Livio e Giovanni Battista che in seguito divenne impressore vescovile. espone le operazioni di assaggio dell’oro e dell’argento, della forgiatura, La tecnica, con la sua necessità di disegni e d’illustrazioni esplicative, della distillazione e della costruzione di specchi e ceramiche. L’opera trat- non poteva non trarre grandi vantaggi dalle possibilità offerte dalla stampa ta i semi-minerali (come mercurio e zolfo) e l’analisi e la preparazione dei e dalla nascita di brillanti scuole di disegnatori e illustratori sviluppatesi a minerali sia per la fusione sia per l’impiego per esplosivi. Basilea, Norimberga e Praga. Il primo vero libro di chimica farmaceutica, Il primo vero manuale di chimica analitica metallurgica, Beschreibung dal titolo Liber de arte distillandi; Das buch der rechten kunst zu distillie- aller fürnemisten mineralischen Ertzt und Bergwerksarten, fu scritto da La- ren (Il libro della corretta arte della distillazione), dedicato agli olii essen- zarus Ercker von Schreckenfels (1528-1594) nel 1574. Ercker era nato nella ziali estratti dalle piante, fu pubblicato, infatti, a Strasburgo nel maggio cittadina mineraria di Annaberg in Sassonia verso il 1530 e aveva studiato I PRIMI LIBRI EUROPEI DI TECNICA 69 70 STORIA DELLA CHIMICA all’Università di Wittemberg. All’età di venticinque anni divenne maestro minerale, per i sistemi di ventilazione, per l’arricchimento dei minera- assaggiatore (analista) e nel 1556 pubblicò un libro di tecniche analitiche li e per la raffinazione dei metalli preziosi. Il trattato contiene inoltre in dedicato al principe di Sassonia. Nel 1558 divenne sovrintendente delle un’appendice gli equivalenti in tedesco dei termini tecnici usati nel testo miniere di Goslar e nel 1574 pubblicò a Praga il suo importante trattato, in latino. Questo libro è rimasto a lungo un’opera di riferimento e pone il molto apprezzato dall’imperatore Rodolfo II che lo nominò nobile asse- suo autore tra i più esperti chimici del suo tempo. gnandogli un blasone con la scritta Erst pro’s dan lob’s (‘prima prova, poi apprezza’). Il libro di Ercker è uno dei testi tecnici più chiari e accurati sugli aspetti quantitativi della metallurgia e dell’analisi dei minerali. Ap- parve in otto edizioni in Germania, una in fiammingo, e due in inglese. Il più importante e anche il più colto degli autori di questo periodo fu però Georg Bauer (1490-1555) noto come Agricola, versione latina del suo cognome. Nato a Glauchau, in Sassonia, paese ricco di miniere, do- po aver studiato a Lipsia si recò in Italia dove studiò medicina a Bologna, e a Padova dove conseguì il dottorato e dove collaborò a Venezia all’edizione di Aldo Manunzio dell’opera di Galeno. Rientrato a Zwickau nel 1527, divenne medico condotto nel centro minerario di Joachimsthal, dove si dedicò in parte a curare i malati e in parte a studiare mineralogia e ad osservare i metodi di trattamento dei minerali. Abituato al pensie- ro sistematico, organizzò le sue ricerche e osservazioni sui minerali in un sistema logico, che cominciò a pubblicare a partire dal 1528. Il suo dialo- go Bermannus, sive de re metallica dialogus del 1530 rappresentò il primo serio tentativo di dare una base teorica al lavoro pratico d’identificazio- ne dei minerali citati dagli antichi attraverso il confronto con quelli delle numerose miniere visitate. Trasferitosi nello stesso anno a Chemnitz, il centro dell’industria mineraria dell’epoca, approfondì le sue conoscenze di metallurgia e mineralogia e nel 1533 fu nominato fisico della città e poi borgomastro. Nel 1533 pubblicò anche un libro sugli antichi sistemi di pe- si e misure intitolato De Mensuis et Ponderibus. Cattolico osservante non resistette alla diffusione della religione protestante e dopo poco si dimise da borgomastro, dedicandosi completamente ai suoi studi di mineralogia che estese ad altri campi come la storiografia. In questo periodo pubbli- cò l’opera storica Dominatores Saxonici a prima origine ad hanc aetatem, poi nel 1544 il De ortu et causis subterraneorum, primo testo di geologia fisica e applicata, nel 1545 ilDe natura eorum quae effluunt e terra, nel 1546 un compendio sulla scoperta e occorrenza dei minerali, il De veteri- bus et novis metallis, e il De natura fossilium libri X, nel quale classificava i minerali in terre, essenze solidificate, metalli e composti, seguendo nelle grandi linee le classificazioni arabe del VIII secolo. Il De re metallica del 1556 (fig. 1), che rese Agricola famoso, è il primo trattato sistematico nel campo delle miniere e della metallurgia, noto non solo per l’analisi della storia della scienza e della tecnica del XVI secolo, Figura 1 – Frontespizio del De re metallica (1556). ma anche per oltre 290 stupende xilografie, che illustrano lo sviluppo delle tecniche minerarie e metallurgiche in Europa. Nel De re metallica Agrico- la espose le proprie osserva-zioni sui giacimenti minerari, le tecniche per identificarli e il trattamento dei minerali prodotti e illustrò le macchine usate nelle miniere dell’Erzgebirge per aspirare le acque e per estrarre il I PRIMI LIBRI EUROPEI DI TECNICA 69 70 STORIA DELLA CHIMICA all’Università di Wittemberg. All’età di venticinque anni divenne maestro minerale, per i sistemi di ventilazione, per l’arricchimento dei minera- assaggiatore (analista) e nel 1556 pubblicò un libro di tecniche analitiche li e per la raffinazione dei metalli preziosi. Il trattato contiene inoltre in dedicato al principe di Sassonia. Nel 1558 divenne sovrintendente delle un’appendice gli equivalenti in tedesco dei termini tecnici usati nel testo miniere di Goslar e nel 1574 pubblicò a Praga il suo importante trattato, in latino. Questo libro è rimasto a lungo un’opera di riferimento e pone il molto apprezzato dall’imperatore Rodolfo II che lo nominò nobile asse- suo autore tra i più esperti chimici del suo tempo. gnandogli un blasone con la scritta Erst pro’s dan lob’s (‘prima prova, poi apprezza’). Il libro di Ercker è uno dei testi tecnici più chiari e accurati sugli aspetti quantitativi della metallurgia e dell’analisi dei minerali. Ap- parve in otto edizioni in Germania, una in fiammingo, e due in inglese. Il più importante e anche il più colto degli autori di questo periodo fu però Georg Bauer (1490-1555) noto come Agricola, versione latina del suo cognome. Nato a Glauchau, in Sassonia, paese ricco di miniere, do- po aver studiato a Lipsia si recò in Italia dove studiò medicina a Bologna, Ferrara e a Padova dove conseguì il dottorato e dove collaborò a Venezia all’edizione di Aldo Manunzio dell’opera di Galeno. Rientrato a Zwickau nel 1527, divenne medico condotto nel centro minerario di Joachimsthal, dove si dedicò in parte a curare i malati e in parte a studiare mineralogia e ad osservare i metodi di trattamento dei minerali. Abituato al pensie- ro sistematico, organizzò le sue ricerche e osservazioni sui minerali in un sistema logico, che cominciò a pubblicare a partire dal 1528. Il suo dialo- go Bermannus, sive de re metallica dialogus del 1530 rappresentò il primo serio tentativo di dare una base teorica al lavoro pratico d’identificazio- ne dei minerali citati dagli antichi attraverso il confronto con quelli delle numerose miniere visitate. Trasferitosi nello stesso anno a Chemnitz, il centro dell’industria mineraria dell’epoca, approfondì le sue conoscenze di metallurgia e mineralogia e nel 1533 fu nominato fisico della città e poi borgomastro. Nel 1533 pubblicò anche un libro sugli antichi sistemi di pe- si e misure intitolato De Mensuis et Ponderibus. Cattolico osservante non resistette alla diffusione della religione protestante e dopo poco si dimise da borgomastro, dedicandosi completamente ai suoi studi di mineralogia che estese ad altri campi come la storiografia. In questo periodo pubbli- cò l’opera storica Dominatores Saxonici a prima origine ad hanc aetatem, poi nel 1544 il De ortu et causis subterraneorum, primo testo di geologia fisica e applicata, nel 1545 ilDe natura eorum quae effluunt e terra, nel 1546 un compendio sulla scoperta e occorrenza dei minerali, il De veteri- bus et novis metallis, e il De natura fossilium libri X, nel quale classificava i minerali in terre, essenze solidificate, metalli e composti, seguendo nelle grandi linee le classificazioni arabe del VIII secolo. Il De re metallica del 1556 (fig. 1), che rese Agricola famoso, è il primo trattato sistematico nel campo delle miniere e della metallurgia, noto non solo per l’analisi della storia della scienza e della tecnica del XVI secolo, Figura 1 – Frontespizio del De re metallica (1556). ma anche per oltre 290 stupende xilografie, che illustrano lo sviluppo delle tecniche minerarie e metallurgiche in Europa. Nel De re metallica Agrico- la espose le proprie osserva-zioni sui giacimenti minerari, le tecniche per identificarli e il trattamento dei minerali prodotti e illustrò le macchine usate nelle miniere dell’Erzgebirge per aspirare le acque e per estrarre il 72 STORIA DELLA CHIMICA

neria. L’ostilità di Pietro IV aumentò nel 1366 quando Eymerich comin- CAPITOLO 10 ciò ad attaccare i lullisti, al punto che gli proibì di predicare nella città di Barcellona. Eymerich disobbedì al re e cercò di aizzare una rivolta della L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO diocesi di Taragona contro il re, rivolta subito stroncata dalle milizie reali che costrinsero Eymerich a rifugiarsi ad Avignone. L’atteggiamento di Eymerich contro l’alchimia era diretta conseguenza della posizione generale dei domenicani nei confronti dell’alchimia. Al- le obiezioni teoriche e teologiche di Tommaso d’Aquino e di Egidio Co- lonna erano infatti seguite dal 1272 fino al 1323 vere e proprie condanne dell’alchimia da parte dell’ordine dei domenicani che svilupparono un movimento per la proibizione dell’alchimia, favorito dalla bolla di Papa Nell’alto Medioevo gli alchimisti si concentrarono nella ricerca dell’e- Giovanni XXII, Spondent quas non exhibent, diretta contro gli alchimisti lisir della giovinezza e della Pietra Filosofale, credendo che fossero enti- che utilizzavano l’oro artificiale per falsificare monete. L’alchimia non era tà separate. In quel periodo molti di loro interpretavano la purificazione però considerata dallo Stato un’attività illecita e immorale, tranne se de- dell’anima in connessione con la trasmutazione del piombo in oro (nella dicata alla falsificazione dei metalli a scopo di lucro. Nel XIV e XV secolo quale credevano che il mercurio giocasse un ruolo cruciale). Questi indi- la questione della liceità dell’alchimia fu ampiamente discussa. I teologi vidui erano visti come maghi e incantatori da molti, e furono spesso per- tendevano a ritenere l’alchimia una scienza falsa ma non magica o diabo- seguitati per le loro pratiche. lica mentre i giuristi erano in generale d’accordo nel considerarla lecita. I La persecuzione degli inquisitori di Santa Romana Chiesa colpì per dubbi sull’alchimia dal XIV al XVI secolo riguardavano essenzialmente esempio in Italia l’abruzzese Cecco d’Ascoli, pseudonimo di Francesco l’aspetto economico, raffigurando l’alchimista come un disgraziato che Stabili che, esercitando a Firenze la professione di medico e di astronomo, andava incontro alla rovina personale e sociale, dissipando i suoi averi, fu condannato nel 1324 dall’inquisitore Fra Lamberto da Ciangulo dell’or- non pensando ad altro, in antri bui e maleodoranti, che a mantici, ata- dine dei frati predicatori ad essere arso vivo come eretico, perché sospetta- nor e alambicchi e sfuggendo la compagnia degli uomini se non quelli to di essere astrologo e alchimista. La sentenza di condanna racconta che appartenenti alla stessa ‘eretica consorteria’. Un libro contro gli alchimi- sti intitolato Contra l’alchimia e gli alchimisti palinodia dell’Argonauti- Frate Accursio dell’Ordine dei Frati Minori Inquisitore a Firenze, visto ca, scritto dal veneziano Angelo Ingegneri, fu pubblicato in particolare a il processo che gli è stato mandato al 17 luglio 1327 da Frate Lamberto Napoli nel 1606 dall’editore veneziano Giovanni Giacomo Carlino, tra- da Bologna contro Maestro Cecco d’Ascoli […] che l’ha dichiarato ere- sferitosi poi a Napoli. tico e lo ha consegnato al tribunale secolare del vicario ducale onde es- Nonostante i diversi giudizi poco lusinghieri e l’ostilità più o meno sere assoggettato alle pene che gli sono dovute; ha condannato il libro palese della Chiesa, i secoli XIV e XV videro espandersi l’alchimia in Eu- di Astrologia di cui è autore ed un altro, in lingua volgare, intitolato ropa. Gli alchimisti in questo periodo non diedero origine a nuove conce- l’Acerba; ha decretato che sarebbero bruciati ed ha colpito da scomu- zioni del mondo e della materia, ma si limitavano a ripetere quello che era nica tutti quelli che possedessero tali o simili libri. stato detto nei secoli precedenti. Tra i secoli XI e XIII alcuni testi dell’al- chimista arabo Geber erano stati tradotti dall’arabo in latino ed erano Le ultime tre decadi del XIII secolo videro crescere l’ostilità delle auto- diventati testi sacri sui quali si erano formate generazioni di alchimisti rità religiose nei confronti dell’alchimia, ostilità culminata nella comparsa occidentali. L’inizio del XIV secolo vide però apparire in Europa una se- nel 1396 del Tractatus Contra alchymistas, dovuto all’inquisitore Dome- rie di manoscritti latini attribuiti allo stesso Geber di cui non esistevano nicano Nicholas Eymerich nativo di Gerona in Catalogna (ca. 1320-1399), i corrispondenti testi arabi. Si tratta di testi scritti da un alchimista che che metteva in dubbio la genuinità dell’oro alchemico. era ricorso al nome di Geber, ben sapendo che con quel nome la diffusio- Per la sua rigida avversione all’alchimia che considerava una frode ne dei testi era assicurata. Recentemente, l’autore del più importante tra peccaminosa, e per la sua caparbia ostilità agli alchimisti che accomuna- questi testi, la Summa perfectionis magisterii (La Somma della perfezione) va a maghi e stregoni, Eymerich si guadagnò l’ostilità del re Pietro IV di sarebbe stato identificato nella persona del frate francescano Paolo di Ta- Aragona che cercò di rimuoverlo dal suo ufficio nel 1360 quando l’Inqui- ranto (Newmann 1991). sizione interrogò lo spiritualista francescano Nicola di Calabria e quando La Somma della perfezione, scritta in uno stile asciutto e senza fronzo- Eymerich condannò a pentirsi in pubblico nella cattedrale e alla prigione li, molto diverso da quello delle opere del grande alchimista del X secolo, a vita un ricco ebreo di Barcellona, Astruc de Piera, accusato di strego- è basata sulla conoscenza delle pratiche e delle teorie dell’alchimia araba, 72 STORIA DELLA CHIMICA

neria. L’ostilità di Pietro IV aumentò nel 1366 quando Eymerich comin- CAPITOLO 10 ciò ad attaccare i lullisti, al punto che gli proibì di predicare nella città di Barcellona. Eymerich disobbedì al re e cercò di aizzare una rivolta della L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO diocesi di Taragona contro il re, rivolta subito stroncata dalle milizie reali che costrinsero Eymerich a rifugiarsi ad Avignone. L’atteggiamento di Eymerich contro l’alchimia era diretta conseguenza della posizione generale dei domenicani nei confronti dell’alchimia. Al- le obiezioni teoriche e teologiche di Tommaso d’Aquino e di Egidio Co- lonna erano infatti seguite dal 1272 fino al 1323 vere e proprie condanne dell’alchimia da parte dell’ordine dei domenicani che svilupparono un movimento per la proibizione dell’alchimia, favorito dalla bolla di Papa Nell’alto Medioevo gli alchimisti si concentrarono nella ricerca dell’e- Giovanni XXII, Spondent quas non exhibent, diretta contro gli alchimisti lisir della giovinezza e della Pietra Filosofale, credendo che fossero enti- che utilizzavano l’oro artificiale per falsificare monete. L’alchimia non era tà separate. In quel periodo molti di loro interpretavano la purificazione però considerata dallo Stato un’attività illecita e immorale, tranne se de- dell’anima in connessione con la trasmutazione del piombo in oro (nella dicata alla falsificazione dei metalli a scopo di lucro. Nel XIV e XV secolo quale credevano che il mercurio giocasse un ruolo cruciale). Questi indi- la questione della liceità dell’alchimia fu ampiamente discussa. I teologi vidui erano visti come maghi e incantatori da molti, e furono spesso per- tendevano a ritenere l’alchimia una scienza falsa ma non magica o diabo- seguitati per le loro pratiche. lica mentre i giuristi erano in generale d’accordo nel considerarla lecita. I La persecuzione degli inquisitori di Santa Romana Chiesa colpì per dubbi sull’alchimia dal XIV al XVI secolo riguardavano essenzialmente esempio in Italia l’abruzzese Cecco d’Ascoli, pseudonimo di Francesco l’aspetto economico, raffigurando l’alchimista come un disgraziato che Stabili che, esercitando a Firenze la professione di medico e di astronomo, andava incontro alla rovina personale e sociale, dissipando i suoi averi, fu condannato nel 1324 dall’inquisitore Fra Lamberto da Ciangulo dell’or- non pensando ad altro, in antri bui e maleodoranti, che a mantici, ata- dine dei frati predicatori ad essere arso vivo come eretico, perché sospetta- nor e alambicchi e sfuggendo la compagnia degli uomini se non quelli to di essere astrologo e alchimista. La sentenza di condanna racconta che appartenenti alla stessa ‘eretica consorteria’. Un libro contro gli alchimi- sti intitolato Contra l’alchimia e gli alchimisti palinodia dell’Argonauti- Frate Accursio dell’Ordine dei Frati Minori Inquisitore a Firenze, visto ca, scritto dal veneziano Angelo Ingegneri, fu pubblicato in particolare a il processo che gli è stato mandato al 17 luglio 1327 da Frate Lamberto Napoli nel 1606 dall’editore veneziano Giovanni Giacomo Carlino, tra- da Bologna contro Maestro Cecco d’Ascoli […] che l’ha dichiarato ere- sferitosi poi a Napoli. tico e lo ha consegnato al tribunale secolare del vicario ducale onde es- Nonostante i diversi giudizi poco lusinghieri e l’ostilità più o meno sere assoggettato alle pene che gli sono dovute; ha condannato il libro palese della Chiesa, i secoli XIV e XV videro espandersi l’alchimia in Eu- di Astrologia di cui è autore ed un altro, in lingua volgare, intitolato ropa. Gli alchimisti in questo periodo non diedero origine a nuove conce- l’Acerba; ha decretato che sarebbero bruciati ed ha colpito da scomu- zioni del mondo e della materia, ma si limitavano a ripetere quello che era nica tutti quelli che possedessero tali o simili libri. stato detto nei secoli precedenti. Tra i secoli XI e XIII alcuni testi dell’al- chimista arabo Geber erano stati tradotti dall’arabo in latino ed erano Le ultime tre decadi del XIII secolo videro crescere l’ostilità delle auto- diventati testi sacri sui quali si erano formate generazioni di alchimisti rità religiose nei confronti dell’alchimia, ostilità culminata nella comparsa occidentali. L’inizio del XIV secolo vide però apparire in Europa una se- nel 1396 del Tractatus Contra alchymistas, dovuto all’inquisitore Dome- rie di manoscritti latini attribuiti allo stesso Geber di cui non esistevano nicano Nicholas Eymerich nativo di Gerona in Catalogna (ca. 1320-1399), i corrispondenti testi arabi. Si tratta di testi scritti da un alchimista che che metteva in dubbio la genuinità dell’oro alchemico. era ricorso al nome di Geber, ben sapendo che con quel nome la diffusio- Per la sua rigida avversione all’alchimia che considerava una frode ne dei testi era assicurata. Recentemente, l’autore del più importante tra peccaminosa, e per la sua caparbia ostilità agli alchimisti che accomuna- questi testi, la Summa perfectionis magisterii (La Somma della perfezione) va a maghi e stregoni, Eymerich si guadagnò l’ostilità del re Pietro IV di sarebbe stato identificato nella persona del frate francescano Paolo di Ta- Aragona che cercò di rimuoverlo dal suo ufficio nel 1360 quando l’Inqui- ranto (Newmann 1991). sizione interrogò lo spiritualista francescano Nicola di Calabria e quando La Somma della perfezione, scritta in uno stile asciutto e senza fronzo- Eymerich condannò a pentirsi in pubblico nella cattedrale e alla prigione li, molto diverso da quello delle opere del grande alchimista del X secolo, a vita un ricco ebreo di Barcellona, Astruc de Piera, accusato di strego- è basata sulla conoscenza delle pratiche e delle teorie dell’alchimia araba, L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 73 74 STORIA DELLA CHIMICA ma rivela notizie che non erano disponibili al tempo del vero Geber, co- la trasmutazione, il primo come il materiale e il secondo come l’agente me ad esempio l’uso degli acidi minerali, in particolare dell’acido nitrico. attivo della trasformazione. Al contrario l’oro, il più perfetto dei metal- Molti attribuiscono al Geber latino, oltre alla Somma della perfezio- li, doveva essere purificato dalla presenza dello zolfo. La trasmutazione ne, anche il De investigatione perfectionis (La ricerca della perfezione), il consisteva quindi essenzialmente nella separazione dei metalli dallo zol- De inventione veritatis (Il ritrovamento della verità), Il Liber fornacum (Il fo che li corrode. libro delle fornaci) e il Testamento. Questi altri testi sono però essenzial- Anche l’alchimista inglese , vissuto nel periodo 1293-1386, mente riassunti e semplificazioni del testo fondamentale, la Somma del- probabilmente facente parte di un ordine religioso impegnato al servizio la perfezione, e sono stati scritti in epoca posteriore alla Somma. I testi del cardinale Giovanni Gaetano Orsini, difese l’alchimia contro gli attac- del Geber latino furono per secoli i testi più importanti dell’alchimia oc- chi delle autorità religiose, seguendo la tecnica di molti dei suoi contem- cidentale. In questi libri il falso Geber difendeva le verità dell’alchimia, poranei di affidare l’esposizione delle sue idee a lettere agli amici. Le sue presentando descrizioni accurate delle pratiche alchemiche, discutendo la teorie, esposte nella sua corrispondenza con il cardinale Orsini e riassunte natura e la formazione dei metalli e illustrando con grande accuratezza in due trattati a lui attribuiti, il Libellus aurus e il Desiderabile desiderium, e dovizia di dettagli le tecniche di purificazione, come la coppellazione, si fondavano sull’idea che «l’alchimia avesse virtù mediche e consentisse la sublimazione, la distillazione, la calcinazione e la soluzione. Uno degli di mantenere la giovinezza». La tesi di Dastin aveva molti punti in comune aspetti più significativi della produzione del falso Geber era la chiarezza con quella del francescano Giovanni di Rupescissa sostenitore dell’elisir di dell’esposizione rispetto al passato, che rendeva accessibile le pratiche di giovinezza (Holmyard 1990). Dastin entrò anche in corrispondenza con laboratorio, liberate dal linguaggio ermetico della tradizione alchemica. il Papa per difendere l’alchimia che definiva «attività molto nobile fonte Altrettanto chiara e particolareggiata era l’esposizione dell’alchimia nel di miracoli e testimonianza di fede». testo Pretiosa Margarita Novella di un misterioso autore che si nasconde- Anche l’italiano Giacinto Grimaldi fu un accanito difensore dell’al- va dietro lo pseudonimo di , al quale viene attribuita l’ope- chimia, con un libro pubblicato a Messina nel 1637, scritto per ribattere il ra. Pretiosa Margarita Novella fu pubblicata nel 1330 circa e poi stampata messinese Francesco Avellino, che nella sua Expostulatio contra chymicos a Venezia nel 1546 a opera di Giovanni Lacinio. Il Maestro Petrus Bonus, si era scagliato contro gli ermetisti, considerati impostori o, nel caso mi- fisico o dottore in medicina, secondo quanto riportato nel trattato alche- gliore, semplici illusi. Grimaldi scrisse anche un secondo libro, pubblicato mico, discusse anche una quaestio di alchimia a Traù, una delle più belle a Palermo nel 1645 dall’editore Alfonso dell’Isola, con il titolo chilome- cittadine della repubblica veneta in Dalmazia nel 1330. trico Dell’alchimia, opra che con fondamenti di buona filosofia e perspicu- Pretiosa Margarita Novella era un testo che rifletteva l’influenza delle ità ammirabile tratta della realtà, difficoltà e nobiltà di tanta scienza, delle dottrine scolastiche e che discuteva a lungo se l’alchimia fosse scienza vera meraviglie della natura, dell’arte e de’ metalli e delle regole e methodo da o falsa. Si tratta di un’opera di carattere teorico, giacché l’autore affermava osservarsi nella composizione dell’oro alchimico. di non aver molta dimestichezza con gli esperimenti di alchimia e che l’al- Un evento importante avvenne nel 1460: il monaco Leonardo da Pisto- chimia è per natura in parte naturale e in parte divina e soprannaturale! ia, durante un viaggio in Macedonia, scoprì un corpus di 15 manoscritti Nel testo, a un rifiuto iniziale della trasmutazione dei metalli, seguivano in greco facenti parte del Corpus Hermeticum, attribuiti a Ermete Tri- argomenti prima in favore e poi contro, come nella migliore tradizione dei smegisto. Al ritorno dalla Macedonia, Leonardo portò a Firenze le prime maestri di retorica francescani e domenicani. Petrus Bonus accettava in due copie del Corpus Hermeticum giunte in Occidente, che consegnò alla linea di principio la trasmutazione dicendo che il procedimento impiega- corte di Cosimo dei Medici. Una copia fu destinata al cardinale Bessario- va in tutto non più di un’ora. Mentre chiariva onestamente di non sapere ne, mentre dell’altra entrò in possesso Cosimo de’ Medici, che lo affidò a come produrre l’oro, suggeriva però all’alchimista che volesse farlo di me- Ficino per farlo tradurre. Bessarione donò poi tutti i libri e manoscritti scolare le sostanze nelle proporzioni esatte per ottenere un buon risultato. in suo possesso alla Biblioteca Marciana della Repubblica di Venezia, che Come molti dei suoi contemporanei più anziani, soprattutto Arnaldo divenne così la più ricca collezione di manoscritti greci del Rinascimento. da Villanova, Raimondo Lullo, Ruggiero Bacone e Alberto Magno, egli era Cosimo che «si dilettava a lavorare di lambicchi, formando molte ac- convinto che, usando la Pietra Filosofale ogni alchimista potesse in linea que e sublimati atti a medicar molte infermità», come scrisse l’ambascia- di principio trasformare i metalli vili in oro. Poiché affrontava il proble- tore veneto Andrea Gussoni, chiese a Marsilio Ficino di tradurre il nuovo ma della trasmutazione solo con la penna, i suoi scritti assumono parti- testo, traduzione in latino che egli terminò nel 1463. Il Corpus Hermeti- colare significato perché gettano luce sul livello delle discussioni teoriche cum, una collezione di scritti dell’antichità attribuiti a Ermete Trismegisto, del periodo storico nel quale agiva. La base teorica della sua posizione nei rappresentò la fonte di ispirazione del pensiero ermetico e neoplatonico confronti della trasmutazione era come sempre la teoria zolfo-mercurio. rinascimentale, influenzando fortemente la rinascita della magia naturale, Respingeva però la tesi che sia il mercurio che lo zolfo sono essenziali per dell’astrologia e dell’alchimia mistica. Il Corpus Hermeticum consisteva di L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 73 74 STORIA DELLA CHIMICA ma rivela notizie che non erano disponibili al tempo del vero Geber, co- la trasmutazione, il primo come il materiale e il secondo come l’agente me ad esempio l’uso degli acidi minerali, in particolare dell’acido nitrico. attivo della trasformazione. Al contrario l’oro, il più perfetto dei metal- Molti attribuiscono al Geber latino, oltre alla Somma della perfezio- li, doveva essere purificato dalla presenza dello zolfo. La trasmutazione ne, anche il De investigatione perfectionis (La ricerca della perfezione), il consisteva quindi essenzialmente nella separazione dei metalli dallo zol- De inventione veritatis (Il ritrovamento della verità), Il Liber fornacum (Il fo che li corrode. libro delle fornaci) e il Testamento. Questi altri testi sono però essenzial- Anche l’alchimista inglese John Dastin, vissuto nel periodo 1293-1386, mente riassunti e semplificazioni del testo fondamentale, la Somma del- probabilmente facente parte di un ordine religioso impegnato al servizio la perfezione, e sono stati scritti in epoca posteriore alla Somma. I testi del cardinale Giovanni Gaetano Orsini, difese l’alchimia contro gli attac- del Geber latino furono per secoli i testi più importanti dell’alchimia oc- chi delle autorità religiose, seguendo la tecnica di molti dei suoi contem- cidentale. In questi libri il falso Geber difendeva le verità dell’alchimia, poranei di affidare l’esposizione delle sue idee a lettere agli amici. Le sue presentando descrizioni accurate delle pratiche alchemiche, discutendo la teorie, esposte nella sua corrispondenza con il cardinale Orsini e riassunte natura e la formazione dei metalli e illustrando con grande accuratezza in due trattati a lui attribuiti, il Libellus aurus e il Desiderabile desiderium, e dovizia di dettagli le tecniche di purificazione, come la coppellazione, si fondavano sull’idea che «l’alchimia avesse virtù mediche e consentisse la sublimazione, la distillazione, la calcinazione e la soluzione. Uno degli di mantenere la giovinezza». La tesi di Dastin aveva molti punti in comune aspetti più significativi della produzione del falso Geber era la chiarezza con quella del francescano Giovanni di Rupescissa sostenitore dell’elisir di dell’esposizione rispetto al passato, che rendeva accessibile le pratiche di giovinezza (Holmyard 1990). Dastin entrò anche in corrispondenza con laboratorio, liberate dal linguaggio ermetico della tradizione alchemica. il Papa per difendere l’alchimia che definiva «attività molto nobile fonte Altrettanto chiara e particolareggiata era l’esposizione dell’alchimia nel di miracoli e testimonianza di fede». testo Pretiosa Margarita Novella di un misterioso autore che si nasconde- Anche l’italiano Giacinto Grimaldi fu un accanito difensore dell’al- va dietro lo pseudonimo di Petrus Bonus, al quale viene attribuita l’ope- chimia, con un libro pubblicato a Messina nel 1637, scritto per ribattere il ra. Pretiosa Margarita Novella fu pubblicata nel 1330 circa e poi stampata messinese Francesco Avellino, che nella sua Expostulatio contra chymicos a Venezia nel 1546 a opera di Giovanni Lacinio. Il Maestro Petrus Bonus, si era scagliato contro gli ermetisti, considerati impostori o, nel caso mi- fisico o dottore in medicina, secondo quanto riportato nel trattato alche- gliore, semplici illusi. Grimaldi scrisse anche un secondo libro, pubblicato mico, discusse anche una quaestio di alchimia a Traù, una delle più belle a Palermo nel 1645 dall’editore Alfonso dell’Isola, con il titolo chilome- cittadine della repubblica veneta in Dalmazia nel 1330. trico Dell’alchimia, opra che con fondamenti di buona filosofia e perspicu- Pretiosa Margarita Novella era un testo che rifletteva l’influenza delle ità ammirabile tratta della realtà, difficoltà e nobiltà di tanta scienza, delle dottrine scolastiche e che discuteva a lungo se l’alchimia fosse scienza vera meraviglie della natura, dell’arte e de’ metalli e delle regole e methodo da o falsa. Si tratta di un’opera di carattere teorico, giacché l’autore affermava osservarsi nella composizione dell’oro alchimico. di non aver molta dimestichezza con gli esperimenti di alchimia e che l’al- Un evento importante avvenne nel 1460: il monaco Leonardo da Pisto- chimia è per natura in parte naturale e in parte divina e soprannaturale! ia, durante un viaggio in Macedonia, scoprì un corpus di 15 manoscritti Nel testo, a un rifiuto iniziale della trasmutazione dei metalli, seguivano in greco facenti parte del Corpus Hermeticum, attribuiti a Ermete Tri- argomenti prima in favore e poi contro, come nella migliore tradizione dei smegisto. Al ritorno dalla Macedonia, Leonardo portò a Firenze le prime maestri di retorica francescani e domenicani. Petrus Bonus accettava in due copie del Corpus Hermeticum giunte in Occidente, che consegnò alla linea di principio la trasmutazione dicendo che il procedimento impiega- corte di Cosimo dei Medici. Una copia fu destinata al cardinale Bessario- va in tutto non più di un’ora. Mentre chiariva onestamente di non sapere ne, mentre dell’altra entrò in possesso Cosimo de’ Medici, che lo affidò a come produrre l’oro, suggeriva però all’alchimista che volesse farlo di me- Ficino per farlo tradurre. Bessarione donò poi tutti i libri e manoscritti scolare le sostanze nelle proporzioni esatte per ottenere un buon risultato. in suo possesso alla Biblioteca Marciana della Repubblica di Venezia, che Come molti dei suoi contemporanei più anziani, soprattutto Arnaldo divenne così la più ricca collezione di manoscritti greci del Rinascimento. da Villanova, Raimondo Lullo, Ruggiero Bacone e Alberto Magno, egli era Cosimo che «si dilettava a lavorare di lambicchi, formando molte ac- convinto che, usando la Pietra Filosofale ogni alchimista potesse in linea que e sublimati atti a medicar molte infermità», come scrisse l’ambascia- di principio trasformare i metalli vili in oro. Poiché affrontava il proble- tore veneto Andrea Gussoni, chiese a Marsilio Ficino di tradurre il nuovo ma della trasmutazione solo con la penna, i suoi scritti assumono parti- testo, traduzione in latino che egli terminò nel 1463. Il Corpus Hermeti- colare significato perché gettano luce sul livello delle discussioni teoriche cum, una collezione di scritti dell’antichità attribuiti a Ermete Trismegisto, del periodo storico nel quale agiva. La base teorica della sua posizione nei rappresentò la fonte di ispirazione del pensiero ermetico e neoplatonico confronti della trasmutazione era come sempre la teoria zolfo-mercurio. rinascimentale, influenzando fortemente la rinascita della magia naturale, Respingeva però la tesi che sia il mercurio che lo zolfo sono essenziali per dell’astrologia e dell’alchimia mistica. Il Corpus Hermeticum consisteva di L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 75 76 STORIA DELLA CHIMICA due parti: il Pimander, tradotto in latino da Marsilio Ficino e poi in vol- gare da Tommaso Benci, formato da quattordici libri che trattavano del- la creazione, e l’Asclepius, un trattato di magia talismanica, già circolante nel Medioevo, che esponeva le pratiche magiche dei sacerdoti egizi. Il XV e XVI secolo assistettero così a un’accelerazione dell’interesse per l’alchi- mia di tipo mistico e ermetico, interesse che raggiunse un picco alla metà del XVII secolo per poi diminuire. Fu proprio in questo periodo che furo- no stampati i maggiori trattati alchemici classici (Berthelot-Ruelle 1888). All’inizio del XVI secolo comparvero a Venezia, città che in quel pe- riodo era all’avanguardia nella pubblicazione di libri mistico-ermetici, tre nuovi testi alchemici scritti dal sacerdote veneto Giovanni Augusti- no Panteo (Johannes Augustinus Pantheus). Nel 1517 Panteo pubblicò l’Ars Transmutationi Metallicae, nel 1519 il Commentarium Transmutationis Metallicae e nel 1530 un bizzarro trattato intitolato Voarchadumia con- tra Alchimiam. Mentre l’Ars Transmutationi Metallicae, unendo la cabala all’alchimia in uno strano miscuglio di caldeo e antico ebraico, era dedi- cata a coloro «che sanno leggere sotto la scorza», la Voarchadumia contra Alchimiam era di tono completamente opposto e cercava al contrario di mettere in guardia i lettori contro le menzogne e i sortilegi degli alchi- misti, sostenendo che la Voarchadumia non aveva nulla a che vedere con l’alchimia. Secondo lui la Voarchadumia rappresentava invece la vera scien- za degli antichi profeti, una specie di cabala dei metalli rivelata da Tubal Figura 1 – Heinrich Cornelius Agrippa. Cain, un personaggio della genesi menzionato nella Bibbia ebraica. Molto probabilmente Panteo, dopo l’editto del 1468 del governo della Serenis- dal Papa Leone X. Nel 1512 divenne professore all’Università di Pavia dove sima di praticare l’alchimia nel Veneto, ebbe paura di essere punito o per fondò un’Accademia per lo studio delle scienze occulte e dove restò come lo meno di perdere l’autorizzazione che il Consiglio dei Dieci e l’editto di militare e diplomatico agli ordini del duca di Milano, finché Francesco I, re Papa Leone X gli avevano concesso per pubblicare nei territori papalini. di Francia, non invase Pavia. Agrippa lasciò la città e dopo aver girovagato Un grande rappresentante della scuola magico-astrologica e del pensie- per l’Europa si trasferì a Metz dove nel 1518-1519 si scontrò con l’Inquisi- ro mistico-ermetico del Rinascimento fu all’inizio del XVI secolo il tede- zione per aver difeso prima una presunta strega e poi il teologo e umanista sco Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim (1486-1535), alchimista, francese Jacques Le Fèvre d’Etaples (ca. 1455-1536), noto come Jacobus Fa- medico, mago, teologo e filosofo, nato il 15 settembre 1486 a Colonia nella ber, accusato da Claudio Salini, priore del monastero dei Celestini. Accusa- famiglia Cornelis (fig. 1). Il soprannome di Agrippa, derivato dall’antico to di eresia fu costretto a emigrare in Svizzera. Lefèvre faceva parte di quel nome latino della sua città, Colonia Agrippina, fu assunto dal padre e tra- gruppo di teologi che, poco rispettosi degli insegnamenti della scolastica smesso ai figli. Col tempo, Heinrich latinizzò il proprio cognome in Cor- criticavano senza ritegno il linguaggio dei sapienti dell’epoca, intenzionati a nelius e, vantando dubbie origini nobiliari, si fece chiamare Agrippa von ‘modernizzare’ gli studi ecclesiastici. Nel 1523, la sua traduzione del Nuovo Nettesheim, dal nome di un villaggio presso Neuss, non lontano da Colonia Testamento, basata sul testo della vulgata latina ma commentata e corretta (fig. 2). Il suo vero nome era Heinrich Cornelis, che egli latinizzò in Cor- sulla base dell’originale in greco, suscitò un coro di proteste contro di lui, nelius, aggiungendovi il nome Agrippa in onore del fondatore di Colonia, soprattutto da parte dei dottori dell’Università di Parigi, guidati dal decano sua città natale, allora parte del Sacro Romano Impero. Professore a Do- della facoltà, il teologo Noël Béda. Irritati dall’esortazione ai fedeli a leggere le in Borgogna, entrò al servizio dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo le sacre scritture in volgare, i professori della Sorbona lo costrinsero a ri- come segretario della corte. Ben presto si orientò però verso altri interessi, fugiarsi a Strasburgo. Fortunatamente per lui il re, irritato per le seccature studiando medicina, ebraico, alchimia e teologia per poi dedicarsi definiti- causategli da Béda, viste le giustificazioni presentate da Agrippa, lo lasciò vamente allo studio della cabala e dell’occultismo. L’interesse per le scienze libero. Nel 1525, dopo la sua pubblicazione delle Épîtres et Évangiles pour occulte e per la magia gli procurò parecchi problemi. Nel 1510 fu accusato les 52 dimanches de l’an (Epistole e vangeli per le 52 domeniche dell’anno) di eresia dai francescani, nel 1511 fu scomunicato da Papa Giulio II per la i suoi avversari ebbero la meglio e profittando di disordini avvenuti nella partecipazione come teologo al sinodo di Pisa, scomunica poi condonata diocesi di Meaux riuscirono a farlo esiliare a Strasburgo. L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 75 76 STORIA DELLA CHIMICA due parti: il Pimander, tradotto in latino da Marsilio Ficino e poi in vol- gare da Tommaso Benci, formato da quattordici libri che trattavano del- la creazione, e l’Asclepius, un trattato di magia talismanica, già circolante nel Medioevo, che esponeva le pratiche magiche dei sacerdoti egizi. Il XV e XVI secolo assistettero così a un’accelerazione dell’interesse per l’alchi- mia di tipo mistico e ermetico, interesse che raggiunse un picco alla metà del XVII secolo per poi diminuire. Fu proprio in questo periodo che furo- no stampati i maggiori trattati alchemici classici (Berthelot-Ruelle 1888). All’inizio del XVI secolo comparvero a Venezia, città che in quel pe- riodo era all’avanguardia nella pubblicazione di libri mistico-ermetici, tre nuovi testi alchemici scritti dal sacerdote veneto Giovanni Augusti- no Panteo (Johannes Augustinus Pantheus). Nel 1517 Panteo pubblicò l’Ars Transmutationi Metallicae, nel 1519 il Commentarium Transmutationis Metallicae e nel 1530 un bizzarro trattato intitolato Voarchadumia con- tra Alchimiam. Mentre l’Ars Transmutationi Metallicae, unendo la cabala all’alchimia in uno strano miscuglio di caldeo e antico ebraico, era dedi- cata a coloro «che sanno leggere sotto la scorza», la Voarchadumia contra Alchimiam era di tono completamente opposto e cercava al contrario di mettere in guardia i lettori contro le menzogne e i sortilegi degli alchi- misti, sostenendo che la Voarchadumia non aveva nulla a che vedere con l’alchimia. Secondo lui la Voarchadumia rappresentava invece la vera scien- za degli antichi profeti, una specie di cabala dei metalli rivelata da Tubal Figura 1 – Heinrich Cornelius Agrippa. Cain, un personaggio della genesi menzionato nella Bibbia ebraica. Molto probabilmente Panteo, dopo l’editto del 1468 del governo della Serenis- dal Papa Leone X. Nel 1512 divenne professore all’Università di Pavia dove sima di praticare l’alchimia nel Veneto, ebbe paura di essere punito o per fondò un’Accademia per lo studio delle scienze occulte e dove restò come lo meno di perdere l’autorizzazione che il Consiglio dei Dieci e l’editto di militare e diplomatico agli ordini del duca di Milano, finché Francesco I, re Papa Leone X gli avevano concesso per pubblicare nei territori papalini. di Francia, non invase Pavia. Agrippa lasciò la città e dopo aver girovagato Un grande rappresentante della scuola magico-astrologica e del pensie- per l’Europa si trasferì a Metz dove nel 1518-1519 si scontrò con l’Inquisi- ro mistico-ermetico del Rinascimento fu all’inizio del XVI secolo il tede- zione per aver difeso prima una presunta strega e poi il teologo e umanista sco Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim (1486-1535), alchimista, francese Jacques Le Fèvre d’Etaples (ca. 1455-1536), noto come Jacobus Fa- medico, mago, teologo e filosofo, nato il 15 settembre 1486 a Colonia nella ber, accusato da Claudio Salini, priore del monastero dei Celestini. Accusa- famiglia Cornelis (fig. 1). Il soprannome di Agrippa, derivato dall’antico to di eresia fu costretto a emigrare in Svizzera. Lefèvre faceva parte di quel nome latino della sua città, Colonia Agrippina, fu assunto dal padre e tra- gruppo di teologi che, poco rispettosi degli insegnamenti della scolastica smesso ai figli. Col tempo, Heinrich latinizzò il proprio cognome in Cor- criticavano senza ritegno il linguaggio dei sapienti dell’epoca, intenzionati a nelius e, vantando dubbie origini nobiliari, si fece chiamare Agrippa von ‘modernizzare’ gli studi ecclesiastici. Nel 1523, la sua traduzione del Nuovo Nettesheim, dal nome di un villaggio presso Neuss, non lontano da Colonia Testamento, basata sul testo della vulgata latina ma commentata e corretta (fig. 2). Il suo vero nome era Heinrich Cornelis, che egli latinizzò in Cor- sulla base dell’originale in greco, suscitò un coro di proteste contro di lui, nelius, aggiungendovi il nome Agrippa in onore del fondatore di Colonia, soprattutto da parte dei dottori dell’Università di Parigi, guidati dal decano sua città natale, allora parte del Sacro Romano Impero. Professore a Do- della facoltà, il teologo Noël Béda. Irritati dall’esortazione ai fedeli a leggere le in Borgogna, entrò al servizio dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo le sacre scritture in volgare, i professori della Sorbona lo costrinsero a ri- come segretario della corte. Ben presto si orientò però verso altri interessi, fugiarsi a Strasburgo. Fortunatamente per lui il re, irritato per le seccature studiando medicina, ebraico, alchimia e teologia per poi dedicarsi definiti- causategli da Béda, viste le giustificazioni presentate da Agrippa, lo lasciò vamente allo studio della cabala e dell’occultismo. L’interesse per le scienze libero. Nel 1525, dopo la sua pubblicazione delle Épîtres et Évangiles pour occulte e per la magia gli procurò parecchi problemi. Nel 1510 fu accusato les 52 dimanches de l’an (Epistole e vangeli per le 52 domeniche dell’anno) di eresia dai francescani, nel 1511 fu scomunicato da Papa Giulio II per la i suoi avversari ebbero la meglio e profittando di disordini avvenuti nella partecipazione come teologo al sinodo di Pisa, scomunica poi condonata diocesi di Meaux riuscirono a farlo esiliare a Strasburgo. L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 77 78 STORIA DELLA CHIMICA

Enrico Cornelio Agrippa fu il negromante per eccellenza, anche se la sua opera De occulta philosophia non faceva altro che riprendere le tesi dei suoi predecessori, puntando ad una riforma del Cristianesimo in senso evangelico, grazie anche ai suoi contatti con Erasmo da Rotterdam. Scris- se addirittura un saggio, De vanitate scientiarum, improntato al pensiero di Erasmo. Come nel Morae Encomium tutte le conoscenze naturali e oc- culte sono ridicolizzate da Agrippa che indicava nel Vangelo l’unica ve- rità, anche se non smise mai i suoi studi occulti, per cui il suo De occulta philosophia è in realtà un manuale tecnico di magia bianca. In questo periodo furono ritrovati a Vienna un trattato, dovuto a un certo Gratheus, scritto in un dialetto fiammingo diffuso nella parte orien- tale delle Fiandre, composto di due parti, una anonima e l’altra intitola- ta Prudentia Salomonis, così come un Bildgedich intitolato Sol und Luna dovuto forse a un certo Costantinus. Entrambi questi testi dimostrano chiaramente come una mescolanza di magia bianca con l’alchimia misti- ca e con ricette pratiche fosse abbastanza diffusa nel nord Europa nella seconda metà del XIV secolo. Il Gratheus, custodito alla Biblioteca Nazionale di Vienna, è composto di 4380 versi e presenta due principi fondamentali dell’iconografia dell’al- chimia mistica, cioè il paragone del ‘mercurio’ a Cristo e quello della na- scita del bambino Gesù all’oro filosofico. Alla stessa iconografia mistica Figura 2 – Ritratto di Agrippa von Nettesheim. appartiene la cosiddetta coniunctio triptativa, cioè l’unione del Sole con la Luna illustrata nel Bildgedich di Costantinus, che corrisponde all’unione Nel 1524 Agrippa era divenuto medico personale di Luisa di Savoia, re- del corpo con lo spirito. gina madre di Francesco I, carica che mantenne finché nel 1528 si sistemò Dopo una invocazione alla santissima Trinità, il Gratheus inizia con ad Anversa dove, guadagnatasi la fama di medico miracoloso, cominciò a una laudatio temporis acti che lamenta che l’alchimia abbia smesso di ade- pubblicare le sue opere e a riprendere i suoi esperimenti di alchimia. Nel rire ai principi di una vera scienza e che i suoi adepti sono solo imbroglioni 1530 scrisse il De incertitudine et vanitate scientiarum et artium e pubbli- interessati alla scientia lucrativa, cioè a far denari, usando pseudonimi e cò il De occulta philosophia, con i quali si inimicò di nuovo gli accademici parabole e utilizzando bucce d’uovo, capelli, zolfo, arsenico, sale e allume della Sorbona di Parigi, che lo fecero imprigionare. Nel 1533, condanna- per imbrogliare i lettori. L’autore si riferisce a un’alchimia tecnica, mol- to a morte da Carlo V per eresia, fuggì in Francia dove fu incarcerato e to probabilmente, alla teoria zolfo-mercurio, e respinge l’uso di sostanze in seguito fatto liberare da amici. Si recò quindi a Lione, dove non giunse organiche spesso menzionate nella Tabula chimicae dicendo alla fine che mai perché morì, povero in canna, a Grenoble nel 1535. I suoi scritti so- non vuole imbrogliare nessuno e che sta scrivendo questo trattato in olan- no fortemente orientati verso l’occultismo, e in contrasto con la tradizio- dese nell’interesse dei lettori che non parlano latino. ne scolastica. Il suo pensiero è razionalizzato nella sua opera De occulta Gli alchimisti della fine del XIV e quelli del XV secolo che mostraro- philosophia, scritta attorno al 1510, un interessante compendio di magia no soprattutto interesse per tematiche allegoriche e mistiche erano passi- rinascimentale. In quest’opera divideva la magia, «la scienza più perfet- vi ripetitori ad infinitum dei vecchi tentativi di trasmutazione dei metalli ta», in magia bianca e magia nera o negromantica e insisteva per trasfor- e non diedero contributi significativi all’alchimia di tipo sperimentale. mare l’alchimia da filosofia mistica a magia occultista. I suoi contributi Tra di loro abbondavano, oltre a sognatori che dilapidarono fortune in- all’alchimia, come del resto quelli della maggior parte degli alchimisti del seguendo la Pietra Filosofale o strani elisir, anche avventurieri, ciarlatani XV secolo, furono modesti. De occulta philosophia fu però un testo cui e imbroglioni che con la scusa di trasformare il piombo in oro cercavano si riferivano gli alchimisti posteriori e che mantenne vive le filosofie de- di abbindolare ricchi creduloni o di conquistarsi la protezione di nobili e gli antichi alchimisti, includendovi scienza sperimentale, numerologia, e regnanti. La storia di questi personaggi è tutta intrecciata d’eventi spet- magia, e rinforzando l’idea dell’alchimia come scienza occulta. Il suo fa- tacolari, di miracolosi incontri con misteriosi personaggi, di sogni rivela- moso scritto De incertitudine et vanitate scientiarum, pubblicato nel 1530, tori, della scoperta della Pietra Filosofale e di pozioni magiche capaci di fu tradotto in molte lingue europee. dare la giovinezza eterna. L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 77 78 STORIA DELLA CHIMICA

Enrico Cornelio Agrippa fu il negromante per eccellenza, anche se la sua opera De occulta philosophia non faceva altro che riprendere le tesi dei suoi predecessori, puntando ad una riforma del Cristianesimo in senso evangelico, grazie anche ai suoi contatti con Erasmo da Rotterdam. Scris- se addirittura un saggio, De vanitate scientiarum, improntato al pensiero di Erasmo. Come nel Morae Encomium tutte le conoscenze naturali e oc- culte sono ridicolizzate da Agrippa che indicava nel Vangelo l’unica ve- rità, anche se non smise mai i suoi studi occulti, per cui il suo De occulta philosophia è in realtà un manuale tecnico di magia bianca. In questo periodo furono ritrovati a Vienna un trattato, dovuto a un certo Gratheus, scritto in un dialetto fiammingo diffuso nella parte orien- tale delle Fiandre, composto di due parti, una anonima e l’altra intitola- ta Prudentia Salomonis, così come un Bildgedich intitolato Sol und Luna dovuto forse a un certo Costantinus. Entrambi questi testi dimostrano chiaramente come una mescolanza di magia bianca con l’alchimia misti- ca e con ricette pratiche fosse abbastanza diffusa nel nord Europa nella seconda metà del XIV secolo. Il Gratheus, custodito alla Biblioteca Nazionale di Vienna, è composto di 4380 versi e presenta due principi fondamentali dell’iconografia dell’al- chimia mistica, cioè il paragone del ‘mercurio’ a Cristo e quello della na- scita del bambino Gesù all’oro filosofico. Alla stessa iconografia mistica Figura 2 – Ritratto di Agrippa von Nettesheim. appartiene la cosiddetta coniunctio triptativa, cioè l’unione del Sole con la Luna illustrata nel Bildgedich di Costantinus, che corrisponde all’unione Nel 1524 Agrippa era divenuto medico personale di Luisa di Savoia, re- del corpo con lo spirito. gina madre di Francesco I, carica che mantenne finché nel 1528 si sistemò Dopo una invocazione alla santissima Trinità, il Gratheus inizia con ad Anversa dove, guadagnatasi la fama di medico miracoloso, cominciò a una laudatio temporis acti che lamenta che l’alchimia abbia smesso di ade- pubblicare le sue opere e a riprendere i suoi esperimenti di alchimia. Nel rire ai principi di una vera scienza e che i suoi adepti sono solo imbroglioni 1530 scrisse il De incertitudine et vanitate scientiarum et artium e pubbli- interessati alla scientia lucrativa, cioè a far denari, usando pseudonimi e cò il De occulta philosophia, con i quali si inimicò di nuovo gli accademici parabole e utilizzando bucce d’uovo, capelli, zolfo, arsenico, sale e allume della Sorbona di Parigi, che lo fecero imprigionare. Nel 1533, condanna- per imbrogliare i lettori. L’autore si riferisce a un’alchimia tecnica, mol- to a morte da Carlo V per eresia, fuggì in Francia dove fu incarcerato e to probabilmente, alla teoria zolfo-mercurio, e respinge l’uso di sostanze in seguito fatto liberare da amici. Si recò quindi a Lione, dove non giunse organiche spesso menzionate nella Tabula chimicae dicendo alla fine che mai perché morì, povero in canna, a Grenoble nel 1535. I suoi scritti so- non vuole imbrogliare nessuno e che sta scrivendo questo trattato in olan- no fortemente orientati verso l’occultismo, e in contrasto con la tradizio- dese nell’interesse dei lettori che non parlano latino. ne scolastica. Il suo pensiero è razionalizzato nella sua opera De occulta Gli alchimisti della fine del XIV e quelli del XV secolo che mostraro- philosophia, scritta attorno al 1510, un interessante compendio di magia no soprattutto interesse per tematiche allegoriche e mistiche erano passi- rinascimentale. In quest’opera divideva la magia, «la scienza più perfet- vi ripetitori ad infinitum dei vecchi tentativi di trasmutazione dei metalli ta», in magia bianca e magia nera o negromantica e insisteva per trasfor- e non diedero contributi significativi all’alchimia di tipo sperimentale. mare l’alchimia da filosofia mistica a magia occultista. I suoi contributi Tra di loro abbondavano, oltre a sognatori che dilapidarono fortune in- all’alchimia, come del resto quelli della maggior parte degli alchimisti del seguendo la Pietra Filosofale o strani elisir, anche avventurieri, ciarlatani XV secolo, furono modesti. De occulta philosophia fu però un testo cui e imbroglioni che con la scusa di trasformare il piombo in oro cercavano si riferivano gli alchimisti posteriori e che mantenne vive le filosofie de- di abbindolare ricchi creduloni o di conquistarsi la protezione di nobili e gli antichi alchimisti, includendovi scienza sperimentale, numerologia, e regnanti. La storia di questi personaggi è tutta intrecciata d’eventi spet- magia, e rinforzando l’idea dell’alchimia come scienza occulta. Il suo fa- tacolari, di miracolosi incontri con misteriosi personaggi, di sogni rivela- moso scritto De incertitudine et vanitate scientiarum, pubblicato nel 1530, tori, della scoperta della Pietra Filosofale e di pozioni magiche capaci di fu tradotto in molte lingue europee. dare la giovinezza eterna. L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 79 80 STORIA DELLA CHIMICA

Personaggio rappresentativo di questo tipo di alchimia avventurosa e La storia raccontata nel diario di Flamel è così istruttiva del livello di ciarlatana fu il toscano Tommaso Masini, noto come Zoroastro da Pereto- fantasie distorte che albergavano nella mente di questi alchimisti da stra- la, figlio di un ortolano, che però affermava di essere il figlio illegittimo di pazzo che vale la pena di raccontarla per esteso. un nobile. In effetti, alcuni lo avrebbero identificato con Tommaso Masi- Una notte un angelo con un libro in mano gli fece visita e gli disse di ni, figlio naturale di Bernardo Rucellai. Nel 1482 il Masini, con il suo ami- leggerlo attentamente. All’inizio non ci avrebbe capito niente ma alla fine co Atalante Migliorotti, un musico che in seguito avrebbe operato presso sarebbe riuscito a vedere quello che nessun uomo aveva mai visto. Nicolas la corte di Isabella d’Este, uscito da Firenze in compagnia di Leonardo Da tese le mani per prendere il libro ma questo scomparve nel sogno con l’an- Vinci, con il quale aveva stretto una grande amicizia, scortò il Maestro nel gelo. Pochi giorni dopo però la visione del sogno si materializzò con l’arri- viaggio che li condusse tutti e tre presso la corte sforzesca di Milano, ove vo nel suo negozio di un poveretto con un libro contenuto in un involucro. Zoroastro fu impiegato come meccanico e ‘mago’. Nel 1505 Tommaso era Nicolas lo accolse con gentilezza e tolto il libro dall’involucro si accorse con di nuovo a Firenze con l’amico artista, come preparatore dei colori per il sorpresa che si trattava dello stesso libro che l’angelo gli aveva mostrato nel celebre affresco La battaglia di Anghiari. In quegli anni il Masini accettò di sogno. Acquistato il libro per due fiorini scoprì che era opera di Abramo il lanciarsi dal Monte Ceceri, presso Fiesole, con l’attrezzo ideato da Leonardo giudeo, principe, prete, leviatano, astrologo e filosofo. Il libro era scritto nella per volare. La macchina planò per 1000 metri circa prima di atterrare bru- combinazione di diverse lingue antiche che Flamel non riusciva a decifra- scamente in località Camerata e il ‘pilota’ Masini riportò una frattura alle re. Poiché in quegli anni gli ebrei erano stati tutti espulsi dalla Francia, per gambe. Questo fu il primo esperimento di volo, documentato dallo stesso trovare un giudeo capace di tradurre il testo Flamel fu costretto a recarsi a Leonardo nel Codice sul volo degli uccelli. Tommaso Masini, che sembra Granada in Spagna, lasciando Perenelle ad accudire al negozio e portando fosse vegetariano, caratteristica che aveva in comune con Leonardo, si di- con sé alcune pagine del libro che aveva copiato temendo di essere derubato lettava anche lui di scienze occulte e di alchimia e forse trasmise lui questi durante il viaggio. Accolto con ostilità dai giudei che erano ostili alla Fran- interessi all’amico Leonardo. Non si hanno ulteriori informazioni, salvo che cia per il fatto di essere stati espulsi, girò in lungo e in largo la Spagna sen- fu ancora a Firenze intorno al 1530 e che morì a Roma, sembra per colera. za risultato. Rientrando in Francia si fermò a una taverna a Leon dove gli Ancora più rappresentativa di un alchimia troppo infestata in quegli capitò di mangiare allo stesso tavolo di un mercante francese di Boulogne anni da fantasie di avventure e di ricchezze ottenute per influenze magi- che viaggiava per affari. Entrato in confidenza col mercante gli raccontò dei che fu la vita del francese (ca. 1330-1419), libraio a Saint- suoi problemi e questi gli fece conoscere un certo Maestro Canches che lo Jacques la Boucherie a Parigi, un protetto del re Carlo III, che aveva lo aiutò a tradurre le pagine che aveva con sé. Canches decise di rientrare in segreta ambizione, in questo confortato dalla moglie Pernelle, credulona Francia con Nicolas e di convertirsi alla religione cristiana ma morì duran- come lui, di trovare la Pietra Filosofale, l’ideale di tutti gli alchimisti fan- te il viaggio. Nicolas utilizzò allora gli insegnamenti di Canches per finire tasiosi e ingenui che popolavano l’Europa in quegli anni (fig. 3). Flamel di tradurre il libro. Come prima cosa apprese come trasformare i metalli avrebbe ricevuto da un antico personaggio, noto come Abramo l’Ebreo, in oro puro, operazione che però non utilizzò anche perché nel frattempo, un libro misterioso raggiungendo l’immortalità insieme alla moglie Pe- grazie ad accurate speculazioni immobiliari, aveva accumulato grandi ric- renelle (Scott 2007). chezze che utilizzò per finanziare la chiesa di Saint-Jacques-la- Boucherie, per costruire una casa per i poveri, per compiere molte altre azioni gene- rose come fare donazioni ad ospedali ed istituzioni caritatevoli di Parigi e infine per costruire una tomba per sua moglie e una per se stesso. Flamel scrisse anche un libro, Le livre des figures hiéroglyphiques, che fu pubblicato a Parigi nel 1612 (fig. 4). Nel libro, paragonava lo zolfo e il mercurio ai «due serpenti che si avvolgono attorno alla verga di Hermes e che danno al Dio la capacità di trasfigurarsi e mutarsi a suo piacimento». Duecento anni dopo la sua morte alcuni ladri, convinti che Flamel co- noscesse il segreto dell’immortalità, aprirono la sua tomba e quella della moglie e le trovarono entrambe vuote. Non meno fantasiosa e improbabile è la storia di un altro alchimista francese Denis Zachaire, gentiluomo della Cayenna, anche lui ossessionato dall’alchimia per la quale dilapidò tutte le sue fortune alla ricerca della Pie- tra Filosofale e del fantasmagorico elisir di lunga vita. Denis Zachaire (1510- Figura 3 – Ritratto di Nicolas Flamel, opera d’immaginazione visto che risale al XIX secolo. 1556) era lo pseudonimo del rampollo di una famiglia nobile della Guiana L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 79 80 STORIA DELLA CHIMICA

Personaggio rappresentativo di questo tipo di alchimia avventurosa e La storia raccontata nel diario di Flamel è così istruttiva del livello di ciarlatana fu il toscano Tommaso Masini, noto come Zoroastro da Pereto- fantasie distorte che albergavano nella mente di questi alchimisti da stra- la, figlio di un ortolano, che però affermava di essere il figlio illegittimo di pazzo che vale la pena di raccontarla per esteso. un nobile. In effetti, alcuni lo avrebbero identificato con Tommaso Masi- Una notte un angelo con un libro in mano gli fece visita e gli disse di ni, figlio naturale di Bernardo Rucellai. Nel 1482 il Masini, con il suo ami- leggerlo attentamente. All’inizio non ci avrebbe capito niente ma alla fine co Atalante Migliorotti, un musico che in seguito avrebbe operato presso sarebbe riuscito a vedere quello che nessun uomo aveva mai visto. Nicolas la corte di Isabella d’Este, uscito da Firenze in compagnia di Leonardo Da tese le mani per prendere il libro ma questo scomparve nel sogno con l’an- Vinci, con il quale aveva stretto una grande amicizia, scortò il Maestro nel gelo. Pochi giorni dopo però la visione del sogno si materializzò con l’arri- viaggio che li condusse tutti e tre presso la corte sforzesca di Milano, ove vo nel suo negozio di un poveretto con un libro contenuto in un involucro. Zoroastro fu impiegato come meccanico e ‘mago’. Nel 1505 Tommaso era Nicolas lo accolse con gentilezza e tolto il libro dall’involucro si accorse con di nuovo a Firenze con l’amico artista, come preparatore dei colori per il sorpresa che si trattava dello stesso libro che l’angelo gli aveva mostrato nel celebre affresco La battaglia di Anghiari. In quegli anni il Masini accettò di sogno. Acquistato il libro per due fiorini scoprì che era opera di Abramo il lanciarsi dal Monte Ceceri, presso Fiesole, con l’attrezzo ideato da Leonardo giudeo, principe, prete, leviatano, astrologo e filosofo. Il libro era scritto nella per volare. La macchina planò per 1000 metri circa prima di atterrare bru- combinazione di diverse lingue antiche che Flamel non riusciva a decifra- scamente in località Camerata e il ‘pilota’ Masini riportò una frattura alle re. Poiché in quegli anni gli ebrei erano stati tutti espulsi dalla Francia, per gambe. Questo fu il primo esperimento di volo, documentato dallo stesso trovare un giudeo capace di tradurre il testo Flamel fu costretto a recarsi a Leonardo nel Codice sul volo degli uccelli. Tommaso Masini, che sembra Granada in Spagna, lasciando Perenelle ad accudire al negozio e portando fosse vegetariano, caratteristica che aveva in comune con Leonardo, si di- con sé alcune pagine del libro che aveva copiato temendo di essere derubato lettava anche lui di scienze occulte e di alchimia e forse trasmise lui questi durante il viaggio. Accolto con ostilità dai giudei che erano ostili alla Fran- interessi all’amico Leonardo. Non si hanno ulteriori informazioni, salvo che cia per il fatto di essere stati espulsi, girò in lungo e in largo la Spagna sen- fu ancora a Firenze intorno al 1530 e che morì a Roma, sembra per colera. za risultato. Rientrando in Francia si fermò a una taverna a Leon dove gli Ancora più rappresentativa di un alchimia troppo infestata in quegli capitò di mangiare allo stesso tavolo di un mercante francese di Boulogne anni da fantasie di avventure e di ricchezze ottenute per influenze magi- che viaggiava per affari. Entrato in confidenza col mercante gli raccontò dei che fu la vita del francese Nicolas Flamel (ca. 1330-1419), libraio a Saint- suoi problemi e questi gli fece conoscere un certo Maestro Canches che lo Jacques la Boucherie a Parigi, un protetto del re Carlo III, che aveva lo aiutò a tradurre le pagine che aveva con sé. Canches decise di rientrare in segreta ambizione, in questo confortato dalla moglie Pernelle, credulona Francia con Nicolas e di convertirsi alla religione cristiana ma morì duran- come lui, di trovare la Pietra Filosofale, l’ideale di tutti gli alchimisti fan- te il viaggio. Nicolas utilizzò allora gli insegnamenti di Canches per finire tasiosi e ingenui che popolavano l’Europa in quegli anni (fig. 3). Flamel di tradurre il libro. Come prima cosa apprese come trasformare i metalli avrebbe ricevuto da un antico personaggio, noto come Abramo l’Ebreo, in oro puro, operazione che però non utilizzò anche perché nel frattempo, un libro misterioso raggiungendo l’immortalità insieme alla moglie Pe- grazie ad accurate speculazioni immobiliari, aveva accumulato grandi ric- renelle (Scott 2007). chezze che utilizzò per finanziare la chiesa di Saint-Jacques-la- Boucherie, per costruire una casa per i poveri, per compiere molte altre azioni gene- rose come fare donazioni ad ospedali ed istituzioni caritatevoli di Parigi e infine per costruire una tomba per sua moglie e una per se stesso. Flamel scrisse anche un libro, Le livre des figures hiéroglyphiques, che fu pubblicato a Parigi nel 1612 (fig. 4). Nel libro, paragonava lo zolfo e il mercurio ai «due serpenti che si avvolgono attorno alla verga di Hermes e che danno al Dio la capacità di trasfigurarsi e mutarsi a suo piacimento». Duecento anni dopo la sua morte alcuni ladri, convinti che Flamel co- noscesse il segreto dell’immortalità, aprirono la sua tomba e quella della moglie e le trovarono entrambe vuote. Non meno fantasiosa e improbabile è la storia di un altro alchimista francese Denis Zachaire, gentiluomo della Cayenna, anche lui ossessionato dall’alchimia per la quale dilapidò tutte le sue fortune alla ricerca della Pie- tra Filosofale e del fantasmagorico elisir di lunga vita. Denis Zachaire (1510- Figura 3 – Ritratto di Nicolas Flamel, opera d’immaginazione visto che risale al XIX secolo. 1556) era lo pseudonimo del rampollo di una famiglia nobile della Guiana L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 81 82 STORIA DELLA CHIMICA francese che era stato inviato dalla famiglia a Bordeaux per studiare lettere rato al punto da riuscire a eseguire a Tolosa, durante la celebre peste del e filosofia nel Collège des Arts, accompagnato da un precettore. Il precettore 1549, una reazione che egli sosteneva fosse la trasmutazione tanto sognata. però era un altro personaggio ossessionato dall’alchimia, e sotto la sua in- Si trasferì poi a Losanna dove nell’ultima parte della vita, innamoratosi fluenza Denis Zachaire fu rapidamente spinto a spendere rapidamente buona di una giovane fanciulla, lasciò la Svizzera per trasferirsi in Germania do- parte dei soldi dei suoi genitori per realizzare il sogno della grande impresa. ve morì assassinato, forse strangolato dal cugino mentre dormiva ubriaco. Il sogno di scoprire la Pietra Filosofale contagiò anche il padovano Bernardo Trevisano (1406-?). Fin dall’età di quattordici anni si era dedi- cato allo studio delle dottrine alchemiche e della medicina spagirica, ten- tando, senza mai scoraggiarsi per gli insuccessi, di mettere in pratica le più svariate ricette alchemiche. Ricchissimo, profuse tutti i suoi beni nel cercare invano la Pietra Filosofale. Ricorrendo a un confessore dell’im- peratore Federico III, considerato possessore della tecnica per ottenere la pietra dei suoi sogni, riuscì ad avere una ricetta che avrebbe dovuto illu- strare come realizzarla. Ne ebbe sì una ricetta e gli parve finalmente di toccare il cielo con un dito. Purtroppo, malgrado avesse seguito accura- tamente le istruzioni, ottenne un nuovo insuccesso. Non si arrese, finché all’età di 72 anni apprese a Rodi, da un altro frate, quello che immaginava fosse il vero segreto della scienza ermetica (Cantu 1865), che compendiò nella frase «Natura Naturam continet» (‘Natura contiene natura’), che si- gnifica che non è possibile accoppiare un cavallo con una balena oppure Figura 4 – Raffigurazione sulla tomba di Flamel al Cimitero degli Innocenti. un metallo con una pianta. Bernardo Trevisano ha lasciato tre opere: Il libro della filosofia naturale dei metalli (Maugin de Richebourg 1741), La Rientrato a casa del padre per prendere possesso dell’eredità, Denis si parola abbandonata e Della natura dell’oro. Morì nel 1490. associò con varie persone apprendendo diverse ricette per la trasmutazio- Tra i medici che operavano nell’Italia centrale in quei tempi figura- ne dei metalli. Finiti gli studi al Collège des Arts il giovane Zachaire fu in- va anche Giovanni Michele Savonarola (fig. 5), nonno di Girolamo Savo- viato a Tolosa in compagnia del precettore per studiarvi diritto, ma dopo narola, umanista e medico tra i più famosi del Quattrocento, professore un anno il precettore morì e Denis decise di ritornare a casa per prendere all’Università di Padova e di Ferrara, autore del libro Pratica Maior (Pra- possesso dei suoi beni alla morte del padre. Ormai solo, diede in affitto una tica nona de egritudinibus a capite usque ad pedes) che racchiudeva tutto parte della proprietà per un periodo di tre anni e ritornò a Tolosa per met- lo scibile esistente di medicina, nonché di un piccolo trattato in volgare tere in opera una ricetta infallibile che ancora una volta si rivelò un’inutile De regimine pregnantibus et noviter natorum usque ad septennium, uno fregatura. Da Tolosa andò poi a Cahors dove continuò a fare altri inutili dei primi testi di pediatria e puericultura. tentativi. Spostatosi poi nel 1539 a Parigi dove restò tre anni, continuò a fa- re errori dissipando poco a poco i suoi beni finché non ricevette una lettera da un suo amico che lo informava che il re di Navarra, Enrico II, il nonno di Enrico IV, voleva occuparsi di alchimia e chiedeva a Denis di recarsi da lui con la promessa di una ricompensa di 4000 scudi in caso di successo. L’accordo con il re di Navarra non funzionò perché il re cercava solo un al- chimista che gli insegnasse come ottenere l’oro dai metalli vili. Al suo ri- torno ebbe la fortuna di incontrare un saggio monaco che gli consigliò di dedicarsi alla meditazione dei filosofi del passato. Il giorno di Ognissanti del 1546 rientrò a Parigi dove si sistemò in una stanza al Faubourg Saint- Marceau dedicandosi alla lettura di vari libri di filosofia come la Turba dei filosofi, il libro Le Livre de la philosophie naturelle des métaux di Bernardo conte della Marca Trevigiana e le opere di Raimondo Lullo. Chiuso tutto solo nella sua cameretta studiò questi suoi autori preferiti. Lo studio delle opere di Raimondo Lullo gli permise di afferrare il segreto tanto deside- Figura 5 – Giovanni Michele Savonarola. L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 81 82 STORIA DELLA CHIMICA francese che era stato inviato dalla famiglia a Bordeaux per studiare lettere rato al punto da riuscire a eseguire a Tolosa, durante la celebre peste del e filosofia nel Collège des Arts, accompagnato da un precettore. Il precettore 1549, una reazione che egli sosteneva fosse la trasmutazione tanto sognata. però era un altro personaggio ossessionato dall’alchimia, e sotto la sua in- Si trasferì poi a Losanna dove nell’ultima parte della vita, innamoratosi fluenza Denis Zachaire fu rapidamente spinto a spendere rapidamente buona di una giovane fanciulla, lasciò la Svizzera per trasferirsi in Germania do- parte dei soldi dei suoi genitori per realizzare il sogno della grande impresa. ve morì assassinato, forse strangolato dal cugino mentre dormiva ubriaco. Il sogno di scoprire la Pietra Filosofale contagiò anche il padovano Bernardo Trevisano (1406-?). Fin dall’età di quattordici anni si era dedi- cato allo studio delle dottrine alchemiche e della medicina spagirica, ten- tando, senza mai scoraggiarsi per gli insuccessi, di mettere in pratica le più svariate ricette alchemiche. Ricchissimo, profuse tutti i suoi beni nel cercare invano la Pietra Filosofale. Ricorrendo a un confessore dell’im- peratore Federico III, considerato possessore della tecnica per ottenere la pietra dei suoi sogni, riuscì ad avere una ricetta che avrebbe dovuto illu- strare come realizzarla. Ne ebbe sì una ricetta e gli parve finalmente di toccare il cielo con un dito. Purtroppo, malgrado avesse seguito accura- tamente le istruzioni, ottenne un nuovo insuccesso. Non si arrese, finché all’età di 72 anni apprese a Rodi, da un altro frate, quello che immaginava fosse il vero segreto della scienza ermetica (Cantu 1865), che compendiò nella frase «Natura Naturam continet» (‘Natura contiene natura’), che si- gnifica che non è possibile accoppiare un cavallo con una balena oppure Figura 4 – Raffigurazione sulla tomba di Flamel al Cimitero degli Innocenti. un metallo con una pianta. Bernardo Trevisano ha lasciato tre opere: Il libro della filosofia naturale dei metalli (Maugin de Richebourg 1741), La Rientrato a casa del padre per prendere possesso dell’eredità, Denis si parola abbandonata e Della natura dell’oro. Morì nel 1490. associò con varie persone apprendendo diverse ricette per la trasmutazio- Tra i medici che operavano nell’Italia centrale in quei tempi figura- ne dei metalli. Finiti gli studi al Collège des Arts il giovane Zachaire fu in- va anche Giovanni Michele Savonarola (fig. 5), nonno di Girolamo Savo- viato a Tolosa in compagnia del precettore per studiarvi diritto, ma dopo narola, umanista e medico tra i più famosi del Quattrocento, professore un anno il precettore morì e Denis decise di ritornare a casa per prendere all’Università di Padova e di Ferrara, autore del libro Pratica Maior (Pra- possesso dei suoi beni alla morte del padre. Ormai solo, diede in affitto una tica nona de egritudinibus a capite usque ad pedes) che racchiudeva tutto parte della proprietà per un periodo di tre anni e ritornò a Tolosa per met- lo scibile esistente di medicina, nonché di un piccolo trattato in volgare tere in opera una ricetta infallibile che ancora una volta si rivelò un’inutile De regimine pregnantibus et noviter natorum usque ad septennium, uno fregatura. Da Tolosa andò poi a Cahors dove continuò a fare altri inutili dei primi testi di pediatria e puericultura. tentativi. Spostatosi poi nel 1539 a Parigi dove restò tre anni, continuò a fa- re errori dissipando poco a poco i suoi beni finché non ricevette una lettera da un suo amico che lo informava che il re di Navarra, Enrico II, il nonno di Enrico IV, voleva occuparsi di alchimia e chiedeva a Denis di recarsi da lui con la promessa di una ricompensa di 4000 scudi in caso di successo. L’accordo con il re di Navarra non funzionò perché il re cercava solo un al- chimista che gli insegnasse come ottenere l’oro dai metalli vili. Al suo ri- torno ebbe la fortuna di incontrare un saggio monaco che gli consigliò di dedicarsi alla meditazione dei filosofi del passato. Il giorno di Ognissanti del 1546 rientrò a Parigi dove si sistemò in una stanza al Faubourg Saint- Marceau dedicandosi alla lettura di vari libri di filosofia come la Turba dei filosofi, il libro Le Livre de la philosophie naturelle des métaux di Bernardo conte della Marca Trevigiana e le opere di Raimondo Lullo. Chiuso tutto solo nella sua cameretta studiò questi suoi autori preferiti. Lo studio delle opere di Raimondo Lullo gli permise di afferrare il segreto tanto deside- Figura 5 – Giovanni Michele Savonarola. L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 83

Molte ricette mediche furono anche pubblicate in un testo intitolato Liber de experimentiis Catherinae Sfortiae, dovuto a Caterina Sforza, fi- glia illegittima di Galeazzo Maria Sforza, scritto dalla famosa contessa in venti anni d’interesse per l’alchimia e per ricette di ogni tipo, sia per cu- re mediche sia per trattamenti di bellezza. Il manoscritto originale com- prende, spesso in forma criptica, 454 ricette delle quali 358 riguardano la medicina, 30 la chimica e 66 la cosmesi. Le ricette vanno da unguenti di bellezza a rossetti per le guance, a pozioni mediche contro vari mali per- fino contro la peste, e a veleni spietati, una delle specialità di casa Sforza. Tutte le ricette furono da lei stessa raccolte durante la sua tormentata vi- ta, passata tra matrimoni andati a male, guerre violente e feroci assassinii, grazie al suo spiccato interesse per le scienze e per l’alchimia, su consigli del suo misterioso mentore, il farmacista e alchimista forlivese Ludovico Albertini, e realizzati in un suo vero e proprio laboratorio alchemico. Tra i consigli che la spietata contessa elargiva ai suoi lettori, ricordiamo che

il cardo guarisce i mali di testa, cura l’udito, aguzza la memoria, gua- risce dalle vertigini, cura il cervello e la vista, libera la milza, elimina il catarro e migliora le membra deboli dei paralitici. Mentre l’infuso di cardo con vino rosso, guarisce ogni dolore del corpo ed espelle ogni impurità, Il distillato di cardo, bevuto la mattina a digiuno, elimina i cattivi umori e conserva i buoni. Bere un decotto di cardo con vino bianco e coprirsi con panni caldi, guarisce ogni febbre. Bere la polvere di cardo con brodo o vino bianco caldo, purifica la gola e lo stomaco, elimina il cattivo sangue e genera il buono, poi allarga il petto e aguz- za l’appetito (Tacquini storici it).

Alla sua morte il manoscritto, redatto parte in latino e parte in vol- gare, fu poi ereditato da suo figlio, il famoso condottiero Giovanni dalle Bande Nere. Il XV secolo assistette allo sviluppo impetuoso del Rinascimento ita- liano, che fu seguito in meno di cinquanta anni da quello tedesco, men- tre Inghilterra e Francia, che uscivano stremate da disastrose guerre e da grandi trasformazioni politiche interne, subivano un significativo rallen- tamento del loro sviluppo culturale. In Italia invece l’arte e le lettere pro- gredivano molto rapidamente, soprattutto a Firenze, dove gli intellettuali aspiravano a una posizione di grande prestigio in Europa, convinti di essere i rappresentanti della capitale intellettuale d’Europa. I pittori e gli scultori appartenevano alla stessa corporazione dei medici e dei farmacisti, men- tre gli orefici e i fonditori combinavano la loro arte con le conoscenze di fisica, chimica e metallurgia. Anche la Germania, come l’Italia, godette nella seconda metà del secolo di un intenso sviluppo della collaborazio- ne fra il sapere teorico e la pratica artigianale, nei nuovi strati sociali che si venivano formando, processo che vide una straordinaria fioritura del- le arti plastiche, del disegno e dell’architettura, tanto che Norimberga si guadagnò il titolo di Firenze dell’Europa settentrionale. L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO 83

Molte ricette mediche furono anche pubblicate in un testo intitolato Liber de experimentiis Catherinae Sfortiae, dovuto a Caterina Sforza, fi- glia illegittima di Galeazzo Maria Sforza, scritto dalla famosa contessa in venti anni d’interesse per l’alchimia e per ricette di ogni tipo, sia per cu- re mediche sia per trattamenti di bellezza. Il manoscritto originale com- prende, spesso in forma criptica, 454 ricette delle quali 358 riguardano la medicina, 30 la chimica e 66 la cosmesi. Le ricette vanno da unguenti di bellezza a rossetti per le guance, a pozioni mediche contro vari mali per- fino contro la peste, e a veleni spietati, una delle specialità di casa Sforza. Tutte le ricette furono da lei stessa raccolte durante la sua tormentata vi- ta, passata tra matrimoni andati a male, guerre violente e feroci assassinii, grazie al suo spiccato interesse per le scienze e per l’alchimia, su consigli del suo misterioso mentore, il farmacista e alchimista forlivese Ludovico Albertini, e realizzati in un suo vero e proprio laboratorio alchemico. Tra i consigli che la spietata contessa elargiva ai suoi lettori, ricordiamo che il cardo guarisce i mali di testa, cura l’udito, aguzza la memoria, gua- risce dalle vertigini, cura il cervello e la vista, libera la milza, elimina il catarro e migliora le membra deboli dei paralitici. Mentre l’infuso di cardo con vino rosso, guarisce ogni dolore del corpo ed espelle ogni impurità, Il distillato di cardo, bevuto la mattina a digiuno, elimina i cattivi umori e conserva i buoni. Bere un decotto di cardo con vino bianco e coprirsi con panni caldi, guarisce ogni febbre. Bere la polvere di cardo con brodo o vino bianco caldo, purifica la gola e lo stomaco, elimina il cattivo sangue e genera il buono, poi allarga il petto e aguz- za l’appetito (Tacquini storici it).

Alla sua morte il manoscritto, redatto parte in latino e parte in vol- gare, fu poi ereditato da suo figlio, il famoso condottiero Giovanni dalle Bande Nere. Il XV secolo assistette allo sviluppo impetuoso del Rinascimento ita- liano, che fu seguito in meno di cinquanta anni da quello tedesco, men- tre Inghilterra e Francia, che uscivano stremate da disastrose guerre e da grandi trasformazioni politiche interne, subivano un significativo rallen- tamento del loro sviluppo culturale. In Italia invece l’arte e le lettere pro- gredivano molto rapidamente, soprattutto a Firenze, dove gli intellettuali aspiravano a una posizione di grande prestigio in Europa, convinti di essere i rappresentanti della capitale intellettuale d’Europa. I pittori e gli scultori appartenevano alla stessa corporazione dei medici e dei farmacisti, men- tre gli orefici e i fonditori combinavano la loro arte con le conoscenze di fisica, chimica e metallurgia. Anche la Germania, come l’Italia, godette nella seconda metà del secolo di un intenso sviluppo della collaborazio- ne fra il sapere teorico e la pratica artigianale, nei nuovi strati sociali che si venivano formando, processo che vide una straordinaria fioritura del- le arti plastiche, del disegno e dell’architettura, tanto che Norimberga si guadagnò il titolo di Firenze dell’Europa settentrionale. 86 STORIA DELLA CHIMICA

quali, facendo da mediatori, avevano consentito la ripresa di contatto con CAPITOLO 11 la tradizione alchemica greca già dal basso Medioevo. L’Italia del primo Rinascimento vide inoltre svilupparsi un intenso fer- L’ALCHIMIA NEL RINASCIMENTO ITALIANO vore di studi neoplatonici specialmente a Firenze, grazie all’interesse della famiglia dei Medici per la cultura umanistica, processo che trasformò in breve tempo anche tutta la cultura europea. Marsilio Ficino, uno dei più importanti filosofi umanistici italiani ed europei, fu il primo dei primi umanisti capace di intrecciare la sua passione per la cultura classica con gli studi alchemici, con l’astrologia e con l’occultismo. Fu proprio Marsi- lio Ficino a creare alla corte di Cosimo dei Medici l’Accademia fiorentina che, facendo rivivere in Italia gli studi platonici, ebbe un’enorme influenza Con il Rinascimento la filosofia neoplatonica, che nel Medioevo era sulla qualità e sullo sviluppo del Rinascimento italiano così come su tutta stata fortemente oscurata dallo strapotere della filosofia aristotelica dive- la filosofia europea. Ficino nacque a Figline Valdarno, nella famiglia di un nuta la filosofia ufficiale del pensiero scolastico, visse un periodo di forte medico che godeva della protezione di Cosimo de’ Medici, che accolse il rilancio in Italia. Il personaggio che fu all’origine della rinascita del neo- giovane Marsilio nella sua casa e ne divenne per tutta la vita il protettore, platonismo fu Nicola Cusano (1401-1464), ma i veri responsabili di propa- nominandolo addirittura tutore del suo amato nipote Lorenzo de’ Medici. gandarlo e diffonderlo in Italia furono i membri dell’Accademia Fiorentina, Intorno al 1460 Ficino tradusse vari classici greci, ricevendo in dono da in particolare Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494) e Marsilio Fici- Cosimo de’ Medici un codice platonico e una villa a Careggi, che diverrà no (1433-1499) (fig. 1). Grazie a questo ultimo si svilupparono non solo in nel 1459 sede della nuova Accademia Platonica, fondata dallo stesso Ficino Italia ma soprattutto in Germania forme fantastiche di filosofia naturale per volere di Cosimo, con il compito di studiare le opere di Platone e dei e di studi cabalistici di cui Johann Reuchlin (1455-1522), il mago e alchi- suoi seguaci dediti allo studio dei testi platonici, al fine di promuoverne la mista benedettino Johannes Trithemius (1462-1516) e Cornelio Agrippa diffusione. Nell’aprile del 1463 iniziò la traduzione dei Libri ermetici (Cor- furono i più importanti esponenti. pus hermeticum), portati in Italia dalla Macedonia da Leonardo da Pistoia; la sua opera di traduzione, dedicata a Cosimo de’ Medici, avrà un note- vole influsso sul pensiero rinascimentale. Nei libri ermetici Ficino vedeva concentrata la sapienza antica che si era poi realizzata nel Cristianesimo come rivelazione di un pia filosofia, nata con Ermete Trismegisto e cul- minata con Platone, che aveva sempre illuminata la cultura dell’umanità. Nel periodo 1438-1445 Cosimo de’ Medici e il suo circolo di intellet- tuali erano entrati in contatto con il filosofo neoplatonico Giorgio Gemi- stos Plethon che, con le sue discussioni in greco su Platone e sui mistici alessandrini, affascinò talmente la società colta fiorentina da essere no- minato il ‘secondo Platone’, stimolando anche la nascita dell’accademia fiorentina. Marsilio Ficino, divenuto il suo allievo preferito grazie alla sua interpretazione del pensiero alla base delle correnti alessandriste e aver- roiste dominanti nel Rinascimento e di quello di Platone, aprì la strada alla direzione in cui si sviluppò la filosofia del Rinascimento italiano. Nel 1438 accompagnò l’imperatore dell’Impero Romano d’Oriente Giovanni Figura 1 – a) Busto di Marsilio Ficino ad opera di Andrea Ferrucci (1522) in Santa Maria del Fiore, Firenze. b) Marsilio Ficino, dettaglio della scena dell’Annuncio Paleologo VII sia al Concilio di Ferrara che a quello successivo di Firenze dell’angelo a Zaccaria, di Domenico Ghirlandaio (Cappella Tornabuoni, Santa Maria che invano cercavano di sanare lo scisma tra la Chiesa cattolica e quella Novella, Firenze). ortodossa. Fu proprio durante il concilio di Firenze che Marsilio Ficino rese nota l’esistenza del Corpus hermeticum. Per Pico l’unione della magia In questo periodo riprese vigore anche l’alchimia, favorita dal fatto che ermetica con la cabala permetteva di raggiungere il giusto contatto con durante il Rinascimento fu riscoperto il Corpus Hermeticum di Ermete le sfere angeliche, senza rischio di evocare quei demoni che molti vede- Trismegisto che Cosimo de’ Medici fece tradurre da Marsilio Ficino intor- vano rintanati nella cabala ebraica, rimasta nascosta per quasi duemila no al 1460. Forte restava comunque l’influenza di scritti e autori arabi, i anni nei vecchi testi della rivelazione giudaica. L’interesse di Pico per la 86 STORIA DELLA CHIMICA

quali, facendo da mediatori, avevano consentito la ripresa di contatto con CAPITOLO 11 la tradizione alchemica greca già dal basso Medioevo. L’Italia del primo Rinascimento vide inoltre svilupparsi un intenso fer- L’ALCHIMIA NEL RINASCIMENTO ITALIANO vore di studi neoplatonici specialmente a Firenze, grazie all’interesse della famiglia dei Medici per la cultura umanistica, processo che trasformò in breve tempo anche tutta la cultura europea. Marsilio Ficino, uno dei più importanti filosofi umanistici italiani ed europei, fu il primo dei primi umanisti capace di intrecciare la sua passione per la cultura classica con gli studi alchemici, con l’astrologia e con l’occultismo. Fu proprio Marsi- lio Ficino a creare alla corte di Cosimo dei Medici l’Accademia fiorentina che, facendo rivivere in Italia gli studi platonici, ebbe un’enorme influenza Con il Rinascimento la filosofia neoplatonica, che nel Medioevo era sulla qualità e sullo sviluppo del Rinascimento italiano così come su tutta stata fortemente oscurata dallo strapotere della filosofia aristotelica dive- la filosofia europea. Ficino nacque a Figline Valdarno, nella famiglia di un nuta la filosofia ufficiale del pensiero scolastico, visse un periodo di forte medico che godeva della protezione di Cosimo de’ Medici, che accolse il rilancio in Italia. Il personaggio che fu all’origine della rinascita del neo- giovane Marsilio nella sua casa e ne divenne per tutta la vita il protettore, platonismo fu Nicola Cusano (1401-1464), ma i veri responsabili di propa- nominandolo addirittura tutore del suo amato nipote Lorenzo de’ Medici. gandarlo e diffonderlo in Italia furono i membri dell’Accademia Fiorentina, Intorno al 1460 Ficino tradusse vari classici greci, ricevendo in dono da in particolare Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494) e Marsilio Fici- Cosimo de’ Medici un codice platonico e una villa a Careggi, che diverrà no (1433-1499) (fig. 1). Grazie a questo ultimo si svilupparono non solo in nel 1459 sede della nuova Accademia Platonica, fondata dallo stesso Ficino Italia ma soprattutto in Germania forme fantastiche di filosofia naturale per volere di Cosimo, con il compito di studiare le opere di Platone e dei e di studi cabalistici di cui Johann Reuchlin (1455-1522), il mago e alchi- suoi seguaci dediti allo studio dei testi platonici, al fine di promuoverne la mista benedettino Johannes Trithemius (1462-1516) e Cornelio Agrippa diffusione. Nell’aprile del 1463 iniziò la traduzione dei Libri ermetici (Cor- furono i più importanti esponenti. pus hermeticum), portati in Italia dalla Macedonia da Leonardo da Pistoia; la sua opera di traduzione, dedicata a Cosimo de’ Medici, avrà un note- vole influsso sul pensiero rinascimentale. Nei libri ermetici Ficino vedeva concentrata la sapienza antica che si era poi realizzata nel Cristianesimo come rivelazione di un pia filosofia, nata con Ermete Trismegisto e cul- minata con Platone, che aveva sempre illuminata la cultura dell’umanità. Nel periodo 1438-1445 Cosimo de’ Medici e il suo circolo di intellet- tuali erano entrati in contatto con il filosofo neoplatonico Giorgio Gemi- stos Plethon che, con le sue discussioni in greco su Platone e sui mistici alessandrini, affascinò talmente la società colta fiorentina da essere no- minato il ‘secondo Platone’, stimolando anche la nascita dell’accademia fiorentina. Marsilio Ficino, divenuto il suo allievo preferito grazie alla sua interpretazione del pensiero alla base delle correnti alessandriste e aver- roiste dominanti nel Rinascimento e di quello di Platone, aprì la strada alla direzione in cui si sviluppò la filosofia del Rinascimento italiano. Nel 1438 accompagnò l’imperatore dell’Impero Romano d’Oriente Giovanni Figura 1 – a) Busto di Marsilio Ficino ad opera di Andrea Ferrucci (1522) in Santa Maria del Fiore, Firenze. b) Marsilio Ficino, dettaglio della scena dell’Annuncio Paleologo VII sia al Concilio di Ferrara che a quello successivo di Firenze dell’angelo a Zaccaria, di Domenico Ghirlandaio (Cappella Tornabuoni, Santa Maria che invano cercavano di sanare lo scisma tra la Chiesa cattolica e quella Novella, Firenze). ortodossa. Fu proprio durante il concilio di Firenze che Marsilio Ficino rese nota l’esistenza del Corpus hermeticum. Per Pico l’unione della magia In questo periodo riprese vigore anche l’alchimia, favorita dal fatto che ermetica con la cabala permetteva di raggiungere il giusto contatto con durante il Rinascimento fu riscoperto il Corpus Hermeticum di Ermete le sfere angeliche, senza rischio di evocare quei demoni che molti vede- Trismegisto che Cosimo de’ Medici fece tradurre da Marsilio Ficino intor- vano rintanati nella cabala ebraica, rimasta nascosta per quasi duemila no al 1460. Forte restava comunque l’influenza di scritti e autori arabi, i anni nei vecchi testi della rivelazione giudaica. L’interesse di Pico per la L’ALCHIMIA NEL RINASCIMENTO ITALIANO 87 88 STORIA DELLA CHIMICA cabala lo portava addirittura a sostenere nelle quattordicesima delle sue una bella borsa vuota col commento che un alchimista come lui doveva cinquantadue Conclusiones che, manipolando cabalisticamente il nome essere capace di riempirla d’oro. In ogni caso alla fine della sua vita fu ri- di Gesù, fosse possibile stabilire che è il figlio di Dio. L’umanista tedesco compensato dal Papa, con la nomina a titolare di una sinecura, beneficio Johannes Reuchlin che viaggiando in Italia conobbe Pico e le sue idee fe- ben rimunerato alla cattedrale di Treviso. ce sue le tesi di Pico sulla cabala cristiana nel suoi scritti De verbo mirifico Ancora più legato agli sviluppi dell’alchimia, delle scienze occulte e dei (Reuchlin 1494) e De arte cabalistica (Reuchlin 1517), combinandole con linguaggi segreti fu il napoletano Giambattista Della Porta (1535-1615) (fig. la numerologia pitagorica e propose questo connubio come ‘nuova’ filo- 2), studioso eclettico che viaggiò molto in Italia e all’estero e si interessò di sofia cristiana, da sostituire a quella Scolastica, nel rinnovato ambiente matematica, fisica, alchimia così come di filosofia occulta e demonologia della cultura umanistica. e perfino di crittografia e fisiognomica. A venti anni, veniva giustamente Un seguace molto legato a Marsilio Ficino fu poi il suo carissimo allie- considerato un genio. Nelle discipline che studiava cercava sempre l’in- vo Pico della Mirandola (1463-1494) che aveva unito la filosofia neo-plato- solito, il misterioso, tutto ciò insomma che non ha apparente spiegazione nica con la cabala ebraica dello spagnolo di Saragozza Abraham Abulafia, e che viene normalmente trascurato dagli scienziati ‘ufficiali’. Ogni enig- creando quella che egli chiamava la ‘cabala cristiana’. ma, secondo lui, doveva avere una spiegazione ‘naturale’. Affrontava pro- Nel 1499 il famoso tipografo Aldo Manuzio pubblicò a Venezia uno blemi scientifici, ma contemporaneamente trattava la iettatura, la Pietra strano testo di alchimia ermetica intitolato l’Hypnerotomachia Poliphili Filosofale, l’alchimia, le pozioni delle streghe e perfino le influenze delle (Combattimento d’Amore in Sogno) corredato di 168 bellissime xilografie pietre preziose sulla vita umana. I primi frutti dei suoi studi sono eviden- anonime, attribuito all’alchimista Francesco Colonna, un monaco dome- ti nell’opera Magiæ naturalis, sive de miraculis rerum naturalium libri IV nicano di stanza alla cattedrale di san Marco. In questo strano romanzo (Della magia naturale ossia dei miracoli della natura) pubblicata nel 1558 allegorico il personaggio centrale è un certo Polifilo che, caduto in una quando aveva solo ventitré anni (Della Porta 1558). Nel testo inseriva ri- specie di sonno profondo, vive un viaggio d’iniziazione allegorica all’a- cette, alcune assurde, altre di buon senso, descriveva animali mostruosi e more platonico, metafora della ricerca della donna amata con continui ri- faceva perfino osservazioni sul funzionamento di lenti concave e conves- chiami agli dei pagani della Roma classica (Colonna 1959). Secondo molti se. Il successo del libro fu talmente strepitoso che venne tradotto anche in critici il nome Polifilo sarebbe uno pseudonimo dietro il quale si celava francese ed in tedesco, poi ristampato ed ampliato. I primitivi quattro libri Pomponio Leto, membro e fondatore dell’Accademia Romana, una società divennero addirittura venti nella seconda edizione del 1589. L’opera però letteraria devota allo studio della classicità, già sciolta dal Papa per ritorno gli procurò non solo fama, ma anche l’accusa di stregoneria che, per quan- al paganesimo (Calvesi 1980, 1996) e per tendenze eversive. In effetti, nel to ritenuta infondata dalla stessa Inquisizione, venne più volte rinnovata. 1468 la polizia romana aveva scoperto l’esistenza di un gruppo di cospira- tori, molti dei quali membri dell’Accademia, che intendevano assassinare il Papa per rifondare la Repubblica romana. Amico di Marsilio Ficino e di Angelo Poliziano fu anche l’alchimista e umanista Giovanni Aurelio Augurello (Joannes Aurelius Augurellus) (1446-1524?). Nato a Rimini s’iscrisse al circolo di umanisti fondato da Aldo Mantius a Venezia e studiò giurisprudenza a Roma, Firenze e Pado- va. L’amicizia con Marsilio Ficino e Angelo Poliziano gli consentì di essere accolto alla corte di Papa Leone X, al quale dedicò il suo poema Chryso- poeia, un poema allegorico sulla trasmutazione dell’oro, scritto verso il 1512. Trasferitosi a Firenze, fu autore di molti esperimenti di metallurgia e di preparazione di pigmenti colorati. La , divisa in tre li- bri di circa settecento versi ciascuno, si presenta come una esposizione delle teorie alchemiche, in particolare di quelle di Lullo, Alberto Magno e Geber. Augurello si proponeva di insegnare il metodo per fare l’oro a «coloro capaci di intendere la scienza» e di illustrare il potere della Pietra Filosofale e i suoi miracolosi effetti. L’opera fu molto diffusa in Italia, tan- Figura 2 – Giambattista Della Porta. to da dare origine a ben cinque riedizioni nel solo XVI secolo e da esse- re anche tradotta in francese e in tedesco (Weiss 1962). A proposito della Nella sua casa di Napoli fondò un’Accademia dei Segreti per discute- Chrysopoeia si racconta l’aneddoto del regalo fattogli da parte del Papa di re le cause dei fenomeni naturali e per svelare i segreti della natura. Nel L’ALCHIMIA NEL RINASCIMENTO ITALIANO 87 88 STORIA DELLA CHIMICA cabala lo portava addirittura a sostenere nelle quattordicesima delle sue una bella borsa vuota col commento che un alchimista come lui doveva cinquantadue Conclusiones che, manipolando cabalisticamente il nome essere capace di riempirla d’oro. In ogni caso alla fine della sua vita fu ri- di Gesù, fosse possibile stabilire che è il figlio di Dio. L’umanista tedesco compensato dal Papa, con la nomina a titolare di una sinecura, beneficio Johannes Reuchlin che viaggiando in Italia conobbe Pico e le sue idee fe- ben rimunerato alla cattedrale di Treviso. ce sue le tesi di Pico sulla cabala cristiana nel suoi scritti De verbo mirifico Ancora più legato agli sviluppi dell’alchimia, delle scienze occulte e dei (Reuchlin 1494) e De arte cabalistica (Reuchlin 1517), combinandole con linguaggi segreti fu il napoletano Giambattista Della Porta (1535-1615) (fig. la numerologia pitagorica e propose questo connubio come ‘nuova’ filo- 2), studioso eclettico che viaggiò molto in Italia e all’estero e si interessò di sofia cristiana, da sostituire a quella Scolastica, nel rinnovato ambiente matematica, fisica, alchimia così come di filosofia occulta e demonologia della cultura umanistica. e perfino di crittografia e fisiognomica. A venti anni, veniva giustamente Un seguace molto legato a Marsilio Ficino fu poi il suo carissimo allie- considerato un genio. Nelle discipline che studiava cercava sempre l’in- vo Pico della Mirandola (1463-1494) che aveva unito la filosofia neo-plato- solito, il misterioso, tutto ciò insomma che non ha apparente spiegazione nica con la cabala ebraica dello spagnolo di Saragozza Abraham Abulafia, e che viene normalmente trascurato dagli scienziati ‘ufficiali’. Ogni enig- creando quella che egli chiamava la ‘cabala cristiana’. ma, secondo lui, doveva avere una spiegazione ‘naturale’. Affrontava pro- Nel 1499 il famoso tipografo Aldo Manuzio pubblicò a Venezia uno blemi scientifici, ma contemporaneamente trattava la iettatura, la Pietra strano testo di alchimia ermetica intitolato l’Hypnerotomachia Poliphili Filosofale, l’alchimia, le pozioni delle streghe e perfino le influenze delle (Combattimento d’Amore in Sogno) corredato di 168 bellissime xilografie pietre preziose sulla vita umana. I primi frutti dei suoi studi sono eviden- anonime, attribuito all’alchimista Francesco Colonna, un monaco dome- ti nell’opera Magiæ naturalis, sive de miraculis rerum naturalium libri IV nicano di stanza alla cattedrale di san Marco. In questo strano romanzo (Della magia naturale ossia dei miracoli della natura) pubblicata nel 1558 allegorico il personaggio centrale è un certo Polifilo che, caduto in una quando aveva solo ventitré anni (Della Porta 1558). Nel testo inseriva ri- specie di sonno profondo, vive un viaggio d’iniziazione allegorica all’a- cette, alcune assurde, altre di buon senso, descriveva animali mostruosi e more platonico, metafora della ricerca della donna amata con continui ri- faceva perfino osservazioni sul funzionamento di lenti concave e conves- chiami agli dei pagani della Roma classica (Colonna 1959). Secondo molti se. Il successo del libro fu talmente strepitoso che venne tradotto anche in critici il nome Polifilo sarebbe uno pseudonimo dietro il quale si celava francese ed in tedesco, poi ristampato ed ampliato. I primitivi quattro libri Pomponio Leto, membro e fondatore dell’Accademia Romana, una società divennero addirittura venti nella seconda edizione del 1589. L’opera però letteraria devota allo studio della classicità, già sciolta dal Papa per ritorno gli procurò non solo fama, ma anche l’accusa di stregoneria che, per quan- al paganesimo (Calvesi 1980, 1996) e per tendenze eversive. In effetti, nel to ritenuta infondata dalla stessa Inquisizione, venne più volte rinnovata. 1468 la polizia romana aveva scoperto l’esistenza di un gruppo di cospira- tori, molti dei quali membri dell’Accademia, che intendevano assassinare il Papa per rifondare la Repubblica romana. Amico di Marsilio Ficino e di Angelo Poliziano fu anche l’alchimista e umanista Giovanni Aurelio Augurello (Joannes Aurelius Augurellus) (1446-1524?). Nato a Rimini s’iscrisse al circolo di umanisti fondato da Aldo Mantius a Venezia e studiò giurisprudenza a Roma, Firenze e Pado- va. L’amicizia con Marsilio Ficino e Angelo Poliziano gli consentì di essere accolto alla corte di Papa Leone X, al quale dedicò il suo poema Chryso- poeia, un poema allegorico sulla trasmutazione dell’oro, scritto verso il 1512. Trasferitosi a Firenze, fu autore di molti esperimenti di metallurgia e di preparazione di pigmenti colorati. La Chrysopoeia, divisa in tre li- bri di circa settecento versi ciascuno, si presenta come una esposizione delle teorie alchemiche, in particolare di quelle di Lullo, Alberto Magno e Geber. Augurello si proponeva di insegnare il metodo per fare l’oro a «coloro capaci di intendere la scienza» e di illustrare il potere della Pietra Filosofale e i suoi miracolosi effetti. L’opera fu molto diffusa in Italia, tan- Figura 2 – Giambattista Della Porta. to da dare origine a ben cinque riedizioni nel solo XVI secolo e da esse- re anche tradotta in francese e in tedesco (Weiss 1962). A proposito della Nella sua casa di Napoli fondò un’Accademia dei Segreti per discute- Chrysopoeia si racconta l’aneddoto del regalo fattogli da parte del Papa di re le cause dei fenomeni naturali e per svelare i segreti della natura. Nel L’ALCHIMIA NEL RINASCIMENTO ITALIANO 89 90 STORIA DELLA CHIMICA

1578 questa sua attività fu presa di mira dall’Inquisizione napoletana, che lamente sviluppare con gli studi grazie alle sue condizioni agiate, poiché lo incarcerò e processò, intimandogli di chiudere l’Accademia. Si trasferì il padre era un proprietario terriero e armatore di navi. Prima il padre e allora nel 1579 a Roma al seguito del cardinale Luigi d’Este, personalmen- poi il fratello maggiore Gian Vincenzo ebbero, dal 1541, la carica di scri- te interessato ai suoi studi di alchimia. Nel 1586 pubblicò il De humana vano di mandamento, cioè di segretario del re o dell’imperatore per tutte physiognomonia (Della Porta 1586) e nel 1588 la Physionomonica che sca- le richieste di parte civile. tenarono su di lui l’Inquisizione che gli proibì nel 1592 e fino al 1598 la La famiglia possedeva una casa a Napoli a via Toledo (il palazzo Del- pubblicazione di qualsiasi lavoro filosofico scientifico senza il consenso la Porta), una villa a Due Porte, nelle colline intorno a Napoli, e la ‘villa del Santo Uffizio. Divenuto amico nel 1604 di Federico Cesi (1585-1630) delle Pradelle’ a Vico Equense. Tra i suoi maestri vi furono il classicista entrò nel 1610 nell’Accademia dei Lincei, fondata da Cesi nel 1603, e vi ri- e alchimista Domenico Pizzimenti, e i filosofi e medici Donato Antonio mase fino alla morte. Nel 1586 pubblicò presso l’editore J. Cacchi di Vico Altomare e Giovanni Antonio Pisano. Equense il libro De humana physiognomonia (Della Porta 1586) in 4 libri, Nel 1563 pubblicò un’opera di crittografia, il De Furtivis Literarum No- dedicato al cardinale Luigi d’Este, che influenzerà poi l’opera dello svizze- tis, nel quale descriveva il primo esempio di sostituzione poligrafica ci- ro Johann Kaspar Lavater (1741-1801). Si tratta di un’opera fondamentale frata con accenni al concetto di sostituzione poli-alfabetica (Della Porta nello sviluppo della psicologia e dell’antropologia, non tanto per le centi- 1563) ma parlava anche di scritture segrete, inchiostri simpatici e codici naia di ricette erboristiche per curare innumerevoli malanni che descri- misteriosi (Zambelli 1991). Per quest’opera è ritenuto il maggiore critto- ve, quanto perché contiene già molti elementi e validi princìpi di quella grafo del Rinascimento. In questo periodo, quando già la sua fama si era branca della medicina che oggi viene chiamata psicosomatica. Il testo pre- consolidata, presentò il suo libro sulla crittografia al re Filippo II di Spa- senta infatti una descrizione dei vari tipi fisici, secondo la statura, le fat- gna e viaggiò anche in Francia e in Italia. Del 1566 è una sua pubblicazione tezze del volto e le proporzioni, mettendo in evidenza che a certi aspetti sull’Arte del ricordare (Della Porta 1593), ripubblicata poi nell’originario esteriori corrispondono spesso un determinato carattere e la tendenza a latino nel 1602, nella quale scriveva: determinate malattie. Si tratta di uno dei pochi libri del passato che vuole studiare l’uomo anche nella psiche, cercando di trovare una spiegazione Ma quelle cose che vogliamo ricordarci che ci appaiono utili e necessa- ‘naturale’ perfino nei casi più insoliti e disperati, come le streghe e i lican- rie, bisogna doppò di haverle recitate in questo modo otto, e dieci vol- tropi. Molto noto come fisiognomico, ben prima di Della Porta, era stato te, indi à poche hore fare il medesmo, così per alquanti giorni in quel però il medico e filosofo salentino Matteo Tafuri (1492-1584). Nato a Sole- silentio che gli occhi son rivocati dalle cose sensibili ò vero la mattina to, un piccolo villaggio dell’Apulia nel cuore della Grecia salentina, dopo per stare il cerebro meglio disposto, per essere già digesti o consuma- aver studiato nelle Università di Napoli, Parigi e Salamanca si era recato ti i vapori del cibo, bisogna anche fare fermo pensiero alle immagini nel 1525 in Inghilterra dove, accusato di eresia e di poteri satanici, fu ar- recitando accio che si imprimano bene nella memoria; che poi se ben restato per quindici mesi e processato. Per sua fortuna riuscì a difendersi vogliamo, non ce ne possiamo dimenticare; per non esere altro me- dall’accusa e a ritornare in Italia, ritirandosi nel paesello natio dove fondò moria ch’un abito di tener fermo le immagini. una scuola di platonismo esoterico. Nel De humana physiognomonia, Della Porta sosteneva che l’uomo non Della Porta, dopo aver contribuito alla fondazione dell’Accademia de- è influenzato dagli astri, come si credeva comunemente in quel tempo, ma gli Oziosi il 3 maggio 1611 da parte del Marchese Giovan Battista Manso è invece modificato dagli «humori naturali» prodotti da altre forme vi- nella quale aveva sostenuto un pubblico dibattito con Campanella, fondò venti. Nel 1603 però modificò quanto affermato in precedenza, asserendo l’Academia Secretorum Naturae (Accademia dei Segreti), per appartenere nel Coelestis Physiognomoniæ libri sex che le stelle e i pianeti influenzano alla quale era necessario dimostrare di aver effettuato una nuova scoper- il nostro mondo, in particolare gli esseri vegetali ma indirettamente an- ta scientifica, sconosciuta al resto dell’umanità, nell’ambito delle scienze che l’uomo, che rimane però legato agli animali. Questa nuova presa di naturali; tuttavia l’accento era posto più sul ‘meraviglioso’ che sull’uso del posizione di Della Porta rappresentava un ritorno alle idee di San Tom- metodo scientifico. maso D’Aquino, che aveva scritto: «astra inclinant sed non necessitant», L’Accademia fu ovviamente sospettata di occuparsi di argomenti oc- cioè gli astri influenzano, ma non determinano e che la «divinatio quae fit culti e Della Porta fu indagato dall’Inquisizione nel 1579 e l’Accademia per astra non est illicita», cioè le previsioni astrologiche non sono illecite. fu chiusa per ordine del Papa: a Della Porta fu tuttavia concesso di conti- Giambattista della Porta ricevette le basi della sua formazione cultura- nuare gli studi di scienze naturali. Tra il 1579 e il 1581 fu ospitato a Roma le in casa dove, grazie all’alto livello culturale della famiglia, era solito che e quindi a Venezia e a Ferrara dal cardinale Luigi d’Este. Nel 1583 pub- si discutesse di questioni scientifiche. Il giovane Giambattista dimostrò blicò il trattato Pomarium sulla coltivazione degli alberi da frutta e l’anno immediatamente le sue notevoli capacità intellettuali, che poté tranquil- seguente un Olivetum, più tardi inclusi nella sua enciclopedia sull’agri- L’ALCHIMIA NEL RINASCIMENTO ITALIANO 89 90 STORIA DELLA CHIMICA

1578 questa sua attività fu presa di mira dall’Inquisizione napoletana, che lamente sviluppare con gli studi grazie alle sue condizioni agiate, poiché lo incarcerò e processò, intimandogli di chiudere l’Accademia. Si trasferì il padre era un proprietario terriero e armatore di navi. Prima il padre e allora nel 1579 a Roma al seguito del cardinale Luigi d’Este, personalmen- poi il fratello maggiore Gian Vincenzo ebbero, dal 1541, la carica di scri- te interessato ai suoi studi di alchimia. Nel 1586 pubblicò il De humana vano di mandamento, cioè di segretario del re o dell’imperatore per tutte physiognomonia (Della Porta 1586) e nel 1588 la Physionomonica che sca- le richieste di parte civile. tenarono su di lui l’Inquisizione che gli proibì nel 1592 e fino al 1598 la La famiglia possedeva una casa a Napoli a via Toledo (il palazzo Del- pubblicazione di qualsiasi lavoro filosofico scientifico senza il consenso la Porta), una villa a Due Porte, nelle colline intorno a Napoli, e la ‘villa del Santo Uffizio. Divenuto amico nel 1604 di Federico Cesi (1585-1630) delle Pradelle’ a Vico Equense. Tra i suoi maestri vi furono il classicista entrò nel 1610 nell’Accademia dei Lincei, fondata da Cesi nel 1603, e vi ri- e alchimista Domenico Pizzimenti, e i filosofi e medici Donato Antonio mase fino alla morte. Nel 1586 pubblicò presso l’editore J. Cacchi di Vico Altomare e Giovanni Antonio Pisano. Equense il libro De humana physiognomonia (Della Porta 1586) in 4 libri, Nel 1563 pubblicò un’opera di crittografia, il De Furtivis Literarum No- dedicato al cardinale Luigi d’Este, che influenzerà poi l’opera dello svizze- tis, nel quale descriveva il primo esempio di sostituzione poligrafica ci- ro Johann Kaspar Lavater (1741-1801). Si tratta di un’opera fondamentale frata con accenni al concetto di sostituzione poli-alfabetica (Della Porta nello sviluppo della psicologia e dell’antropologia, non tanto per le centi- 1563) ma parlava anche di scritture segrete, inchiostri simpatici e codici naia di ricette erboristiche per curare innumerevoli malanni che descri- misteriosi (Zambelli 1991). Per quest’opera è ritenuto il maggiore critto- ve, quanto perché contiene già molti elementi e validi princìpi di quella grafo del Rinascimento. In questo periodo, quando già la sua fama si era branca della medicina che oggi viene chiamata psicosomatica. Il testo pre- consolidata, presentò il suo libro sulla crittografia al re Filippo II di Spa- senta infatti una descrizione dei vari tipi fisici, secondo la statura, le fat- gna e viaggiò anche in Francia e in Italia. Del 1566 è una sua pubblicazione tezze del volto e le proporzioni, mettendo in evidenza che a certi aspetti sull’Arte del ricordare (Della Porta 1593), ripubblicata poi nell’originario esteriori corrispondono spesso un determinato carattere e la tendenza a latino nel 1602, nella quale scriveva: determinate malattie. Si tratta di uno dei pochi libri del passato che vuole studiare l’uomo anche nella psiche, cercando di trovare una spiegazione Ma quelle cose che vogliamo ricordarci che ci appaiono utili e necessa- ‘naturale’ perfino nei casi più insoliti e disperati, come le streghe e i lican- rie, bisogna doppò di haverle recitate in questo modo otto, e dieci vol- tropi. Molto noto come fisiognomico, ben prima di Della Porta, era stato te, indi à poche hore fare il medesmo, così per alquanti giorni in quel però il medico e filosofo salentino Matteo Tafuri (1492-1584). Nato a Sole- silentio che gli occhi son rivocati dalle cose sensibili ò vero la mattina to, un piccolo villaggio dell’Apulia nel cuore della Grecia salentina, dopo per stare il cerebro meglio disposto, per essere già digesti o consuma- aver studiato nelle Università di Napoli, Parigi e Salamanca si era recato ti i vapori del cibo, bisogna anche fare fermo pensiero alle immagini nel 1525 in Inghilterra dove, accusato di eresia e di poteri satanici, fu ar- recitando accio che si imprimano bene nella memoria; che poi se ben restato per quindici mesi e processato. Per sua fortuna riuscì a difendersi vogliamo, non ce ne possiamo dimenticare; per non esere altro me- dall’accusa e a ritornare in Italia, ritirandosi nel paesello natio dove fondò moria ch’un abito di tener fermo le immagini. una scuola di platonismo esoterico. Nel De humana physiognomonia, Della Porta sosteneva che l’uomo non Della Porta, dopo aver contribuito alla fondazione dell’Accademia de- è influenzato dagli astri, come si credeva comunemente in quel tempo, ma gli Oziosi il 3 maggio 1611 da parte del Marchese Giovan Battista Manso è invece modificato dagli «humori naturali» prodotti da altre forme vi- nella quale aveva sostenuto un pubblico dibattito con Campanella, fondò venti. Nel 1603 però modificò quanto affermato in precedenza, asserendo l’Academia Secretorum Naturae (Accademia dei Segreti), per appartenere nel Coelestis Physiognomoniæ libri sex che le stelle e i pianeti influenzano alla quale era necessario dimostrare di aver effettuato una nuova scoper- il nostro mondo, in particolare gli esseri vegetali ma indirettamente an- ta scientifica, sconosciuta al resto dell’umanità, nell’ambito delle scienze che l’uomo, che rimane però legato agli animali. Questa nuova presa di naturali; tuttavia l’accento era posto più sul ‘meraviglioso’ che sull’uso del posizione di Della Porta rappresentava un ritorno alle idee di San Tom- metodo scientifico. maso D’Aquino, che aveva scritto: «astra inclinant sed non necessitant», L’Accademia fu ovviamente sospettata di occuparsi di argomenti oc- cioè gli astri influenzano, ma non determinano e che la «divinatio quae fit culti e Della Porta fu indagato dall’Inquisizione nel 1579 e l’Accademia per astra non est illicita», cioè le previsioni astrologiche non sono illecite. fu chiusa per ordine del Papa: a Della Porta fu tuttavia concesso di conti- Giambattista della Porta ricevette le basi della sua formazione cultura- nuare gli studi di scienze naturali. Tra il 1579 e il 1581 fu ospitato a Roma le in casa dove, grazie all’alto livello culturale della famiglia, era solito che e quindi a Venezia e a Ferrara dal cardinale Luigi d’Este. Nel 1583 pub- si discutesse di questioni scientifiche. Il giovane Giambattista dimostrò blicò il trattato Pomarium sulla coltivazione degli alberi da frutta e l’anno immediatamente le sue notevoli capacità intellettuali, che poté tranquil- seguente un Olivetum, più tardi inclusi nella sua enciclopedia sull’agri- L’ALCHIMIA NEL RINASCIMENTO ITALIANO 91 92 STORIA DELLA CHIMICA coltura. Sempre nel 1583 pubblica Phytognomonica, curioso trattato sul- faceva parte anche il viceré spagnolo (Pedro Fernando deo Castro, con- la proprietà delle piante raffrontate con le varie parti del corpo umano, te di Lemos), subito sospettato di eresia e magia dalle autorità religiose e seguita nel 1588 dalla Fitognomica (1588) che elenca le piante secondo la chiuso per ordine di Papa Paolo V (già prima aveva dovuto difendersi da- localizzazione geografica. vanti all’Inquisizione dall’accusa di stregoneria). Della Porta faceva sempre seguire la pratica alla teoria, costruendo lui stesso curiosi congegni per decifrare codici ritenuti indecifrabili. Ideava e costruiva anche macchinari di altro tipo, tra cui la ‘camera oscura’, di cui è considerato da alcuni l’inventore, il cornetto acustico, vari tipi di specchi tra cui uno specchio parabolico per il suo protettore, il cardinale Luigi d’Este. In particolare ideò e fece costruire bussole e perfino proto- tipi del cannocchiale dei quale molti, incluso Keplero, gli riconoscevano la paternità, il che è probabilmente vero, poiché il merito di Galileo non è quello di aver inventato il cannocchiale, bensì di averlo puntato per pri- mo verso le stelle. Nel 1599 presso l’editore Tarquinio Longo di Napoli pubblicò la seconda edizione ampliata a sei libri con ampio rimaneggia- mento della materia. Nel 1589 la sua casa fu frequentata da Tommaso Campanella e nel 1592 rinnovò in un nuovo soggiorno a Venezia l’amicizia con Paolo Sarpi e forse conobbe anche Giordano Bruno prima del suo incarceramento. Da que- sta data per ordine dell’inquisitore veneziano Della Porta dovette chiede- re il permesso per tutte le sue pubblicazioni a Roma. Nel 1593 s’incontrò a Padova con Galileo di cui divenne amico. Nel 1601 ricevette a Napoli il nobiluomo francese Nicolas-Claude Fabri de Peiresc che lo spinse a rac- cogliere e coltivare piante rare. Nel 1603 incontrò il giovane Federico Cesi e fu invitato a Praga dall’imperatore Rodolfo II, al quale dedicò il trattato sulla Taumatologia, ora perduto. Scrisse anche libri di ottica (De refractione optices, del 1589), di agri- coltura (Villae, del 1592), di astronomia (Coelestis physiognomoniae del 1601), di idraulica e matematica (Pneumaticorum, del 1602), di arte mili- Figura 3 – Frontespizio del De aeris transmutationibus. tare (De munitione, del 1606), di meteorologia (De aeris transmutationi- bus, del 1609) e di chimica (De distillatione del 1610) (fig. 3). L’opera sulla Fece forse parte anche di un’accademia letteraria dedicata alla lettera- lettura della mano (Chirofisonomia), scritta nel 1581, sarà pubblicata solo tura dialettale napoletana (Schirchiate de lo Mandracchio e ’Mprovesante molto dopo la sua morte nel 1677. Fu anche commediografo e scrisse 14 de lo Cerriglio), che sappiamo attiva nel 1614. commedie in prosa, una tragicommedia, una tragedia e un dramma litur- Nei suoi tardi anni raccolse esemplari rari del mondo naturale e coltivò gico, che divennero fonte di numerose opere del successivo XVII secolo. Sei molte piante esotiche nel suo giardino. Il suo museo privato, noto in tutta titoli di Della Porta erano presenti nella biblioteca di Sir Thomas Browne, Napoli, fu uno dei primi esempi di Museo di storia naturale, ispirando il personaggio complesso della cultura inglese del XVII secolo che combi- gesuita Athanasius Kircher a radunare una simile collezione a Roma. La nava una devota adesione alla religione cattolica con un’intensa passione passione per il collezionismo sembra fosse un vizio di famiglia, perché an- per le scienze esoteriche e occulte che lo spinse a realizzare un’imponente che il fratello Gian Vincenzo aveva raccolto una collezione di libri, marmi biblioteca di libri di alchimia e magia. e statue, mentre l’altro fratello Gian Ferrante, morto in giovane età, aveva Nel 1610 Della Porta fu invitato a far parte dell’Accademia dei Lincei, lasciato una collezione di cristalli ed esemplari geologici, più tardi venduta. appena fondata da Federico Cesi. Rivendicò senza troppa convinzione una Della Porta approfondì inoltre diverse altre discipline, come matema- paternità sull’invenzione del telescopio, resa nota in quegli anni da Gali- tica, meccanica, ottica, fisica chimica, giardinaggio e magnetismo e ad- leo, anch’egli membro dell’Accademia dal 1611. Nel 1580 fondò in prima dirittura inventò la camera oscura nel 1593. Tra le sue numerose opere si persona l’Accademia secretorum naturæ, nota anche come Accademia ricordano la Scientiarum omnium synopsis, andata perduta, le Villæ (1592), degli oziosi, un cenacolo scientifico, iniziato ufficialmente nel 1611, di cui trattato sulla vita rustica e sul giardinaggio, il De refractione optices sull’oc- L’ALCHIMIA NEL RINASCIMENTO ITALIANO 91 92 STORIA DELLA CHIMICA coltura. Sempre nel 1583 pubblica Phytognomonica, curioso trattato sul- faceva parte anche il viceré spagnolo (Pedro Fernando deo Castro, con- la proprietà delle piante raffrontate con le varie parti del corpo umano, te di Lemos), subito sospettato di eresia e magia dalle autorità religiose e seguita nel 1588 dalla Fitognomica (1588) che elenca le piante secondo la chiuso per ordine di Papa Paolo V (già prima aveva dovuto difendersi da- localizzazione geografica. vanti all’Inquisizione dall’accusa di stregoneria). Della Porta faceva sempre seguire la pratica alla teoria, costruendo lui stesso curiosi congegni per decifrare codici ritenuti indecifrabili. Ideava e costruiva anche macchinari di altro tipo, tra cui la ‘camera oscura’, di cui è considerato da alcuni l’inventore, il cornetto acustico, vari tipi di specchi tra cui uno specchio parabolico per il suo protettore, il cardinale Luigi d’Este. In particolare ideò e fece costruire bussole e perfino proto- tipi del cannocchiale dei quale molti, incluso Keplero, gli riconoscevano la paternità, il che è probabilmente vero, poiché il merito di Galileo non è quello di aver inventato il cannocchiale, bensì di averlo puntato per pri- mo verso le stelle. Nel 1599 presso l’editore Tarquinio Longo di Napoli pubblicò la seconda edizione ampliata a sei libri con ampio rimaneggia- mento della materia. Nel 1589 la sua casa fu frequentata da Tommaso Campanella e nel 1592 rinnovò in un nuovo soggiorno a Venezia l’amicizia con Paolo Sarpi e forse conobbe anche Giordano Bruno prima del suo incarceramento. Da que- sta data per ordine dell’inquisitore veneziano Della Porta dovette chiede- re il permesso per tutte le sue pubblicazioni a Roma. Nel 1593 s’incontrò a Padova con Galileo di cui divenne amico. Nel 1601 ricevette a Napoli il nobiluomo francese Nicolas-Claude Fabri de Peiresc che lo spinse a rac- cogliere e coltivare piante rare. Nel 1603 incontrò il giovane Federico Cesi e fu invitato a Praga dall’imperatore Rodolfo II, al quale dedicò il trattato sulla Taumatologia, ora perduto. Scrisse anche libri di ottica (De refractione optices, del 1589), di agri- coltura (Villae, del 1592), di astronomia (Coelestis physiognomoniae del 1601), di idraulica e matematica (Pneumaticorum, del 1602), di arte mili- Figura 3 – Frontespizio del De aeris transmutationibus. tare (De munitione, del 1606), di meteorologia (De aeris transmutationi- bus, del 1609) e di chimica (De distillatione del 1610) (fig. 3). L’opera sulla Fece forse parte anche di un’accademia letteraria dedicata alla lettera- lettura della mano (Chirofisonomia), scritta nel 1581, sarà pubblicata solo tura dialettale napoletana (Schirchiate de lo Mandracchio e ’Mprovesante molto dopo la sua morte nel 1677. Fu anche commediografo e scrisse 14 de lo Cerriglio), che sappiamo attiva nel 1614. commedie in prosa, una tragicommedia, una tragedia e un dramma litur- Nei suoi tardi anni raccolse esemplari rari del mondo naturale e coltivò gico, che divennero fonte di numerose opere del successivo XVII secolo. Sei molte piante esotiche nel suo giardino. Il suo museo privato, noto in tutta titoli di Della Porta erano presenti nella biblioteca di Sir Thomas Browne, Napoli, fu uno dei primi esempi di Museo di storia naturale, ispirando il personaggio complesso della cultura inglese del XVII secolo che combi- gesuita Athanasius Kircher a radunare una simile collezione a Roma. La nava una devota adesione alla religione cattolica con un’intensa passione passione per il collezionismo sembra fosse un vizio di famiglia, perché an- per le scienze esoteriche e occulte che lo spinse a realizzare un’imponente che il fratello Gian Vincenzo aveva raccolto una collezione di libri, marmi biblioteca di libri di alchimia e magia. e statue, mentre l’altro fratello Gian Ferrante, morto in giovane età, aveva Nel 1610 Della Porta fu invitato a far parte dell’Accademia dei Lincei, lasciato una collezione di cristalli ed esemplari geologici, più tardi venduta. appena fondata da Federico Cesi. Rivendicò senza troppa convinzione una Della Porta approfondì inoltre diverse altre discipline, come matema- paternità sull’invenzione del telescopio, resa nota in quegli anni da Gali- tica, meccanica, ottica, fisica chimica, giardinaggio e magnetismo e ad- leo, anch’egli membro dell’Accademia dal 1611. Nel 1580 fondò in prima dirittura inventò la camera oscura nel 1593. Tra le sue numerose opere si persona l’Accademia secretorum naturæ, nota anche come Accademia ricordano la Scientiarum omnium synopsis, andata perduta, le Villæ (1592), degli oziosi, un cenacolo scientifico, iniziato ufficialmente nel 1611, di cui trattato sulla vita rustica e sul giardinaggio, il De refractione optices sull’oc- L’ALCHIMIA NEL RINASCIMENTO ITALIANO 93 chio umano e le illusioni ottiche (Giambattista Della Porta è l’inventore), l’Ars reminiscendi sui processi della mente, il De spiritali mirabile, tratta- to sulla forza elastica del vapore (è il primo precursore della scoperta del- la macchina a vapore), il De munitione sull’arte della fortificazione, il De distillatione (1609), nonché altri scritti vari, tra cui uno interessante sul problema della quadratura del cerchio Elementa curvilinea (1610) ed un trattato, pubblicato postumo, sulla chiromanzia. Shakespeare per la sua co La chimica di quel periodo storico risentì il rinnovamento della cul- tura iniziato nel XIII secolo col Rinascimento e con i problemi imposti dall’arte, dalla tecnica, dall’artigianato e dalle nuove scoperte geografiche, ma soprattutto realizzò l’importanza della misura che divenne da allora in poi la caratteristica fondamentale della ricerca scientifica. Quest’azione innovatrice permise alla chimica di separarsi dall’alchimia ereditata dai sapienti del passato e di iniziare la conquista della propria indipendenza. La lenta ma inarrestabile affermazione della nuova scienza chimica fu so- prattutto caratterizzata dalla convinzione, presa in prestito dalla fisica e divenuta nel Seicento patrimonio di tutti coloro che si interessavano di ‘ar- ti pratiche’, della traduzione in cifre delle proprietà dei composti, densità, temperatura di fusione e di ebollizione, colore, acidità ecc., che diventa- rono in breve lo strumento che definiva un composto. L’altra fase decisiva che caratterizzò la transizione dall’alchimia alla chimica fu il passaggio da una cultura ristretta alla piccola cerchia degli adepti alla nuova concezione della cultura scientifica aperta a tutti, descritta nei trattati a disposizio- ne del più vasto uditorio possibile e liberata dagli aspetti mistici e magici che si era trascinata con sé dal mondo alessandrino e poi da quello arabo. L’ALCHIMIA NEL RINASCIMENTO ITALIANO 93 chio umano e le illusioni ottiche (Giambattista Della Porta è l’inventore), l’Ars reminiscendi sui processi della mente, il De spiritali mirabile, tratta- to sulla forza elastica del vapore (è il primo precursore della scoperta del- la macchina a vapore), il De munitione sull’arte della fortificazione, il De distillatione (1609), nonché altri scritti vari, tra cui uno interessante sul problema della quadratura del cerchio Elementa curvilinea (1610) ed un trattato, pubblicato postumo, sulla chiromanzia. Shakespeare per la sua co La chimica di quel periodo storico risentì il rinnovamento della cul- tura iniziato nel XIII secolo col Rinascimento e con i problemi imposti dall’arte, dalla tecnica, dall’artigianato e dalle nuove scoperte geografiche, ma soprattutto realizzò l’importanza della misura che divenne da allora in poi la caratteristica fondamentale della ricerca scientifica. Quest’azione innovatrice permise alla chimica di separarsi dall’alchimia ereditata dai sapienti del passato e di iniziare la conquista della propria indipendenza. La lenta ma inarrestabile affermazione della nuova scienza chimica fu so- prattutto caratterizzata dalla convinzione, presa in prestito dalla fisica e divenuta nel Seicento patrimonio di tutti coloro che si interessavano di ‘ar- ti pratiche’, della traduzione in cifre delle proprietà dei composti, densità, temperatura di fusione e di ebollizione, colore, acidità ecc., che diventa- rono in breve lo strumento che definiva un composto. L’altra fase decisiva che caratterizzò la transizione dall’alchimia alla chimica fu il passaggio da una cultura ristretta alla piccola cerchia degli adepti alla nuova concezione della cultura scientifica aperta a tutti, descritta nei trattati a disposizio- ne del più vasto uditorio possibile e liberata dagli aspetti mistici e magici che si era trascinata con sé dal mondo alessandrino e poi da quello arabo. 96 STORIA DELLA CHIMICA

e animali, usata come antidoto contro i veleni e per curare le più diverse CAPITOLO 12 malattie (Califano 2010: 65-66). La medicina medievale si rifaceva, con piccole variazioni, alle dottrine PARACELSO E LA IATROCHIMICA di Ippocrate e Galeno dei quattro umori, sangue, flegma, bile gialla e bile nera, che corrispondevano alle quattro qualità aristoteliche, caldo, secco, freddo, umido. Lo stato di malattia era considerato come dovuto a una al- terazione dell’equilibrio tra questi quattro umori. La cura era quindi basa- ta sull’uso di farmaci di origine animale, vegetale o minerale che avessero ‘qualità’ opposte a quelle della patologia che si voleva curare, secondo il principio del contraria contrariis curentur. Solo nel XVI e XVII secolo l’ar- te medica cominciò a migliorare rispetto ai secoli passati, quando i medici Lo sviluppo dell’alchimia mistica allontanò poco a poco gli adepti cominciavano a sentire il bisogno di ricorrere sempre più frequentemente dall’attività di laboratorio, considerata fino allora di livello inferiore rispet- alle competenze accumulate nei testi di alchimia, tenendosi aggiornati sui to alle pratiche magiche e ripetitive ad infinitum dei sognatori della Pietra miglioramenti che la chimica nascente poteva apportare alla loro profes- Filosofale che credevano ancora ciecamente nel divino e nel magico. Furo- sione. Cominciò così lo sviluppo della iatrochimica, disciplina intrecciata no invece i medici e gli speziali che avevano bisogno di sostanze chimiche di medicina tradizionale, di alchimia e di chimica minerale, fondata dallo e di tecniche analitiche per curare e diagnosticare le malattie quelli che si svizzero-tedesco Paracelso, uno dei personaggi più eccentrici e particolari avvicinarono di più alle pratiche di tipo chimico, abbandonando l’uso di del XVI secolo. Paracelso era convinto che i processi chimici che coinvol- parole magiche e di riti propiziatori per svolgere la loro professione. Già gono gli umori dell’organismo fossero responsabili delle malattie e asse- all’inizio del XIV secolo era ormai pratica comune in Italia utilizzare la gnava a composti del mondo minerale la funzione di riparare gli squilibri distillazione e altre tecniche di purificazione per identificare le sostanze che le malattie producevano nel corpo umano. minerali sciolte nelle acque delle frequentatissime sorgenti termali. L’ana- Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim (1493- lisi delle acque termali divenne poi nel XVI e XVII secolo un’attività molto 1541), detto Paracelso (fig.1), nato in Svizzera a Einsiedeln, nel cantone di diffusa e ben redditizia in Italia, Francia e Germania. Il grande sviluppo Schwyz dopo aver appreso la medicina e l’alchimia dal padre, medico ri- della chimica nel XVIII secolo ebbe quindi luogo in Europa proprio nelle nomato come grande maestro dell’Ordine teutonico, trascorse un anno nel scuole di medicina e farmacia (Califano 2010: 65-69), piuttosto che negli 1514 nelle miniere e nelle officine metallurgiche di Sigismondo Fugger nel antri degli alchimisti. Tirolo dove apprese le tecniche di lavorazione dei metalli preziosi. Girò poi Il trasferimento della ricerca alchemica alle corporazioni dei medici e a lungo in Germania, frequentando varie Università e viaggiò al seguito degli speziali ebbe scarso effetto sulla struttura teorica dell’alchimia che di diversi eserciti come chirurgo militare in vari paesi d’Europa. In Italia continuava a essere legata alla teoria aristotelica degli elementi. I medici prese parte nel 1521-1525 alla guerra combattuta da Venezia, alleata del erano però molto più concreti degli alchimisti e usavano i composti chimici re di Francia, contro l’alleanza avversa, formata dal Sacro Romano Impe- per fini pratici sulla base della tradizione galenica, conservando in ricet- ro di Carlo V, dall’Inghilterra e dallo Stato Pontificio per poi laurearsi in tari le loro conoscenze mediche. Nel corso del Medioevo i ricettari medici medicina e filosofia a Ferrara. Come medico fu famoso in Europa, ma si ebbero ampia diffusione in Europa. Le raccolte di prescrizioni erano prive fece molti nemici per il suo carattere difficile. Si racconta che era riuscito di basi teoriche e riguardavano quasi esclusivamente l’uso di rimedi natu- a scoprire delle pillole a base di mercurio che curavano la scabbia, la leb- rali nella terapia, anche se ancora includevano il ricorso a pozioni magi- bra, le ulcere, la gotta e perfino la sifilide, detta morbo francese o morbo che, incantesimi, talismani e amuleti, così come a preghiere, benedizioni napoletano, da poco arrivata in Europa. Paracelso era un uomo violento, ed esorcismi. Come medicinali si usavano sostanze minerali, borato, al- aggressivo e talmente pieno di sé che arrivò ad aggiungere il sopranno- lume, solfato di ferro, mercurio e suoi derivati, antimonio, oro in polvere me al suo vero nome per indicare di essere medico migliore ecc. Si usavano anche vegetali come l’anice, digestivo o rimedio contro la di Aulo Cornelio Celso, famoso medico romano del I secolo, definendosi tosse, la cannella per curare il diabete, la rosa damascena come tonifican- utriusque medicinæ doctor. In Inghilterra il termine bombastic, derivato te della pelle, l’olio di sandalo come diuretico, l’olio di semi di zucca per i dal nome del padre Bombast, assunse subito il significato di arrogante e disturbi prostatici, la noce moscata come digestivo e afrodisiaco, la salvia sbruffone, per definire persone sfacciate e bugiarde come lui. Nel 1526 si come allucinogeno, la ruta come antispasmodico, l’artemisia come anti- stabilì a Strasburgo per esercitare la professione di medico, ma dopo po- malarico, l’oppio e la mandragora come ipnotici. Era anche molto utiliz- co cambiò vita, dopo aver guarito le gambe del famoso editore di Basilea, zata come panacea la teriaca, o triaca, composta da molte sostanze vegetali Johann Froben (ca. 1460-1527), Johannes Frobenius. Gli ospiti di Froben, 96 STORIA DELLA CHIMICA

e animali, usata come antidoto contro i veleni e per curare le più diverse CAPITOLO 12 malattie (Califano 2010: 65-66). La medicina medievale si rifaceva, con piccole variazioni, alle dottrine PARACELSO E LA IATROCHIMICA di Ippocrate e Galeno dei quattro umori, sangue, flegma, bile gialla e bile nera, che corrispondevano alle quattro qualità aristoteliche, caldo, secco, freddo, umido. Lo stato di malattia era considerato come dovuto a una al- terazione dell’equilibrio tra questi quattro umori. La cura era quindi basa- ta sull’uso di farmaci di origine animale, vegetale o minerale che avessero ‘qualità’ opposte a quelle della patologia che si voleva curare, secondo il principio del contraria contrariis curentur. Solo nel XVI e XVII secolo l’ar- te medica cominciò a migliorare rispetto ai secoli passati, quando i medici Lo sviluppo dell’alchimia mistica allontanò poco a poco gli adepti cominciavano a sentire il bisogno di ricorrere sempre più frequentemente dall’attività di laboratorio, considerata fino allora di livello inferiore rispet- alle competenze accumulate nei testi di alchimia, tenendosi aggiornati sui to alle pratiche magiche e ripetitive ad infinitum dei sognatori della Pietra miglioramenti che la chimica nascente poteva apportare alla loro profes- Filosofale che credevano ancora ciecamente nel divino e nel magico. Furo- sione. Cominciò così lo sviluppo della iatrochimica, disciplina intrecciata no invece i medici e gli speziali che avevano bisogno di sostanze chimiche di medicina tradizionale, di alchimia e di chimica minerale, fondata dallo e di tecniche analitiche per curare e diagnosticare le malattie quelli che si svizzero-tedesco Paracelso, uno dei personaggi più eccentrici e particolari avvicinarono di più alle pratiche di tipo chimico, abbandonando l’uso di del XVI secolo. Paracelso era convinto che i processi chimici che coinvol- parole magiche e di riti propiziatori per svolgere la loro professione. Già gono gli umori dell’organismo fossero responsabili delle malattie e asse- all’inizio del XIV secolo era ormai pratica comune in Italia utilizzare la gnava a composti del mondo minerale la funzione di riparare gli squilibri distillazione e altre tecniche di purificazione per identificare le sostanze che le malattie producevano nel corpo umano. minerali sciolte nelle acque delle frequentatissime sorgenti termali. L’ana- Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim (1493- lisi delle acque termali divenne poi nel XVI e XVII secolo un’attività molto 1541), detto Paracelso (fig.1), nato in Svizzera a Einsiedeln, nel cantone di diffusa e ben redditizia in Italia, Francia e Germania. Il grande sviluppo Schwyz dopo aver appreso la medicina e l’alchimia dal padre, medico ri- della chimica nel XVIII secolo ebbe quindi luogo in Europa proprio nelle nomato come grande maestro dell’Ordine teutonico, trascorse un anno nel scuole di medicina e farmacia (Califano 2010: 65-69), piuttosto che negli 1514 nelle miniere e nelle officine metallurgiche di Sigismondo Fugger nel antri degli alchimisti. Tirolo dove apprese le tecniche di lavorazione dei metalli preziosi. Girò poi Il trasferimento della ricerca alchemica alle corporazioni dei medici e a lungo in Germania, frequentando varie Università e viaggiò al seguito degli speziali ebbe scarso effetto sulla struttura teorica dell’alchimia che di diversi eserciti come chirurgo militare in vari paesi d’Europa. In Italia continuava a essere legata alla teoria aristotelica degli elementi. I medici prese parte nel 1521-1525 alla guerra combattuta da Venezia, alleata del erano però molto più concreti degli alchimisti e usavano i composti chimici re di Francia, contro l’alleanza avversa, formata dal Sacro Romano Impe- per fini pratici sulla base della tradizione galenica, conservando in ricet- ro di Carlo V, dall’Inghilterra e dallo Stato Pontificio per poi laurearsi in tari le loro conoscenze mediche. Nel corso del Medioevo i ricettari medici medicina e filosofia a Ferrara. Come medico fu famoso in Europa, ma si ebbero ampia diffusione in Europa. Le raccolte di prescrizioni erano prive fece molti nemici per il suo carattere difficile. Si racconta che era riuscito di basi teoriche e riguardavano quasi esclusivamente l’uso di rimedi natu- a scoprire delle pillole a base di mercurio che curavano la scabbia, la leb- rali nella terapia, anche se ancora includevano il ricorso a pozioni magi- bra, le ulcere, la gotta e perfino la sifilide, detta morbo francese o morbo che, incantesimi, talismani e amuleti, così come a preghiere, benedizioni napoletano, da poco arrivata in Europa. Paracelso era un uomo violento, ed esorcismi. Come medicinali si usavano sostanze minerali, borato, al- aggressivo e talmente pieno di sé che arrivò ad aggiungere il sopranno- lume, solfato di ferro, mercurio e suoi derivati, antimonio, oro in polvere me Paracelsus al suo vero nome per indicare di essere medico migliore ecc. Si usavano anche vegetali come l’anice, digestivo o rimedio contro la di Aulo Cornelio Celso, famoso medico romano del I secolo, definendosi tosse, la cannella per curare il diabete, la rosa damascena come tonifican- utriusque medicinæ doctor. In Inghilterra il termine bombastic, derivato te della pelle, l’olio di sandalo come diuretico, l’olio di semi di zucca per i dal nome del padre Bombast, assunse subito il significato di arrogante e disturbi prostatici, la noce moscata come digestivo e afrodisiaco, la salvia sbruffone, per definire persone sfacciate e bugiarde come lui. Nel 1526 si come allucinogeno, la ruta come antispasmodico, l’artemisia come anti- stabilì a Strasburgo per esercitare la professione di medico, ma dopo po- malarico, l’oppio e la mandragora come ipnotici. Era anche molto utiliz- co cambiò vita, dopo aver guarito le gambe del famoso editore di Basilea, zata come panacea la teriaca, o triaca, composta da molte sostanze vegetali Johann Froben (ca. 1460-1527), Johannes Frobenius. Gli ospiti di Froben, PARACELSO E LA IATROCHIMICA 97 98 STORIA DELLA CHIMICA

Erasmo da Rotterdam e Johann Heussgen, all’epoca detto Oekolampadius di medicina e di alchimia, attaccando con violenza i metodi di Ippocrate, (da: oikos casa e lampas, lampada), colpiti dalla bravura del giovane medico, di Galeno e della Scuola Salernitana che la medicina del tempo conside- lo raccomandarono alle autorità della città che gli assegnarono la cattedra rava invece dogmi indiscutibili, e cercando di imporre i metodi della sua di medicina all’Università e la carica di medico civico. Paracelso durò però iatrochimica. Anche se credeva nella trasmutazione, era convinto che gli solo due anni nella carica perché a causa del suo cattivo carattere e della alchimisti dovessero smettere la ricerca della Pietra Filosofale per dedi- sua sbruffoneria s’inimicò molte persone in città, non solo medici, spe- carsi alla preparazione di medicine di natura minerale, indispensabili a ziali ed erboristi, ma anche giudici, autorità e uomini di cultura, perché, suo avviso per guarire le malattie, venendo così incontro ai veri bisogni mentre faceva lezione in tedesco, copriva d’ingiurie chiunque non fosse dell’umanità. Personalmente era convinto di essere un medico perfetto, d’accordo con lui, come si legge nel brano seguente (Holmyard 1957: 186): esperto in ogni ramo dello scibile umano. Rifacendosi ai testi di Lullo e di E così, tu, verminoso e pidocchioso Sofista, osi giudicare il Dominato- Arnaldo da Villanova, sosteneva la necessità della purificazione delle so- re degli Arcani, tu, un vero ignorante, fatuo e prodigo ciarlatano. Ora, io, stanze usate come medicine: l’eliminazione, attraverso la calcinazione, la nel vigore dell’età, stabilisco in questo mio presente trattato di dare inizio distillazione e la sublimazione dei veleni che si trovano in ogni sostanza, al corso dei procedimenti su questo argomento […] per l’utilità e l’onore ne perfezionava secondo lui l’effetto terapeutico. Paracelso era convinto di tutti coloro che onorano la verità ed affinché chiunque disprezza le ve- dell’unità del cosmo da cui faceva discendere un suo strano parallelismo re arti sia ridotto in miseria. tra il macro e il microcosmo. Pensava che tutto nell’universo fosse dotato di vita e che esistesse tra il mondo fisico e lo spirito, uno stadio interme- dio di collegamento, popolato di silfi, ninfe, salamandre e altri esseri fan- tastici. Estese la vecchia teoria zolfo-mercurio a tutta la materia minerale, animale e vegetale, ma alle qualità dello zolfo e del mercurio di Giabir ne aveva aggiunta una terza, il sale. Questi tre elementi, zolfo, mercurio e sale, formavano i tria prima, cioè i tre fattori primari del cosmo che cor- rispondevano ai tre principi astratti dell’anima, dello spirito e del corpo. I tria prima non dovevano essere intesi come veri e propri elementi chi- mici, ma piuttosto come astrazioni di proprietà. Il sale rappresentava le proprietà dell’inalterabilità e della incombustibilità, il mercurio della fu- sibilità e della volatilità e lo zolfo della infiammabilità e combustibilità. Nella sua attività di medico, Paracelso iniziò la lotta contro la conce- zione galenica e introdusse un nuovo metodo di cura delle malattie con preparati minerali, sostenendo di fornire in tal modo gli elementi chimi- ci in difetto negli stati patologici. I preparati dovevano essere dosati con estrema precisione per ricostituire l’equilibrio tra i tria prima costituen- ti della materia. Oltre a queste tre principi, pensava che nell’organismo vivente agisse uno spirito regolatore di tutte le funzioni, l’Archeus, che quando si alterava rompeva l’equilibrio, lasciando sviluppare le malattie. Paracelso pubblicò pochissimi libri, la maggior parte dei quali fu da lui dettata al suo scolaro preferito, lo svizzero Giovanni Oporino (1507- 1568), Johannes Oporinus, e pubblicata solo dopo la sua morte. Per invi- Figura 1 – Paracelso. to del Vescovo di Colonia, Giovanni Huser, altro devoto seguace delle sue idee, raccolse ben 364 scritti di Paracelso disponibili e li fece stampare in Alla morte di Froben, Paracelso perduto il protettore fu costretto per tedesco a suo nome e pubblicare nel 1589-1591. Gli stessi testi furono poi le gravi offese pronunciate contro i giudici della città ad andar via da Ba- ripubblicati a Strasburgo nel 1603 e di nuovo nel 1616. Oporino gli fece da silea dove risiedeva, per riprendere il suo errare continuo attraverso la segretario per tre anni finché divenne professore di greco, scrittore, libra- Germania e l’Austria. Si trasferì infine a Salisburgo dove morì nel 1541, a io e stampatore a Basilea. Dopo la sua morte, i libri attribuiti a Paracelso quarantotto anni. Nel suo continuo spostamento attraverso l’Europa, Pa- cominciarono ad aumentare vertiginosamente di numero poiché molti racelso ebbe la possibilità di frequentare le più importanti personalità del scrittori di iatrochimica cercavano di sfruttare la popolarità del suo nome tempo come Erasmo, Zwingli e von Hutten. Scrisse tantissimo, soprattutto per incrementarne le vendite. PARACELSO E LA IATROCHIMICA 97 98 STORIA DELLA CHIMICA

Erasmo da Rotterdam e Johann Heussgen, all’epoca detto Oekolampadius di medicina e di alchimia, attaccando con violenza i metodi di Ippocrate, (da: oikos casa e lampas, lampada), colpiti dalla bravura del giovane medico, di Galeno e della Scuola Salernitana che la medicina del tempo conside- lo raccomandarono alle autorità della città che gli assegnarono la cattedra rava invece dogmi indiscutibili, e cercando di imporre i metodi della sua di medicina all’Università e la carica di medico civico. Paracelso durò però iatrochimica. Anche se credeva nella trasmutazione, era convinto che gli solo due anni nella carica perché a causa del suo cattivo carattere e della alchimisti dovessero smettere la ricerca della Pietra Filosofale per dedi- sua sbruffoneria s’inimicò molte persone in città, non solo medici, spe- carsi alla preparazione di medicine di natura minerale, indispensabili a ziali ed erboristi, ma anche giudici, autorità e uomini di cultura, perché, suo avviso per guarire le malattie, venendo così incontro ai veri bisogni mentre faceva lezione in tedesco, copriva d’ingiurie chiunque non fosse dell’umanità. Personalmente era convinto di essere un medico perfetto, d’accordo con lui, come si legge nel brano seguente (Holmyard 1957: 186): esperto in ogni ramo dello scibile umano. Rifacendosi ai testi di Lullo e di E così, tu, verminoso e pidocchioso Sofista, osi giudicare il Dominato- Arnaldo da Villanova, sosteneva la necessità della purificazione delle so- re degli Arcani, tu, un vero ignorante, fatuo e prodigo ciarlatano. Ora, io, stanze usate come medicine: l’eliminazione, attraverso la calcinazione, la nel vigore dell’età, stabilisco in questo mio presente trattato di dare inizio distillazione e la sublimazione dei veleni che si trovano in ogni sostanza, al corso dei procedimenti su questo argomento […] per l’utilità e l’onore ne perfezionava secondo lui l’effetto terapeutico. Paracelso era convinto di tutti coloro che onorano la verità ed affinché chiunque disprezza le ve- dell’unità del cosmo da cui faceva discendere un suo strano parallelismo re arti sia ridotto in miseria. tra il macro e il microcosmo. Pensava che tutto nell’universo fosse dotato di vita e che esistesse tra il mondo fisico e lo spirito, uno stadio interme- dio di collegamento, popolato di silfi, ninfe, salamandre e altri esseri fan- tastici. Estese la vecchia teoria zolfo-mercurio a tutta la materia minerale, animale e vegetale, ma alle qualità dello zolfo e del mercurio di Giabir ne aveva aggiunta una terza, il sale. Questi tre elementi, zolfo, mercurio e sale, formavano i tria prima, cioè i tre fattori primari del cosmo che cor- rispondevano ai tre principi astratti dell’anima, dello spirito e del corpo. I tria prima non dovevano essere intesi come veri e propri elementi chi- mici, ma piuttosto come astrazioni di proprietà. Il sale rappresentava le proprietà dell’inalterabilità e della incombustibilità, il mercurio della fu- sibilità e della volatilità e lo zolfo della infiammabilità e combustibilità. Nella sua attività di medico, Paracelso iniziò la lotta contro la conce- zione galenica e introdusse un nuovo metodo di cura delle malattie con preparati minerali, sostenendo di fornire in tal modo gli elementi chimi- ci in difetto negli stati patologici. I preparati dovevano essere dosati con estrema precisione per ricostituire l’equilibrio tra i tria prima costituen- ti della materia. Oltre a queste tre principi, pensava che nell’organismo vivente agisse uno spirito regolatore di tutte le funzioni, l’Archeus, che quando si alterava rompeva l’equilibrio, lasciando sviluppare le malattie. Paracelso pubblicò pochissimi libri, la maggior parte dei quali fu da lui dettata al suo scolaro preferito, lo svizzero Giovanni Oporino (1507- 1568), Johannes Oporinus, e pubblicata solo dopo la sua morte. Per invi- Figura 1 – Paracelso. to del Vescovo di Colonia, Giovanni Huser, altro devoto seguace delle sue idee, raccolse ben 364 scritti di Paracelso disponibili e li fece stampare in Alla morte di Froben, Paracelso perduto il protettore fu costretto per tedesco a suo nome e pubblicare nel 1589-1591. Gli stessi testi furono poi le gravi offese pronunciate contro i giudici della città ad andar via da Ba- ripubblicati a Strasburgo nel 1603 e di nuovo nel 1616. Oporino gli fece da silea dove risiedeva, per riprendere il suo errare continuo attraverso la segretario per tre anni finché divenne professore di greco, scrittore, libra- Germania e l’Austria. Si trasferì infine a Salisburgo dove morì nel 1541, a io e stampatore a Basilea. Dopo la sua morte, i libri attribuiti a Paracelso quarantotto anni. Nel suo continuo spostamento attraverso l’Europa, Pa- cominciarono ad aumentare vertiginosamente di numero poiché molti racelso ebbe la possibilità di frequentare le più importanti personalità del scrittori di iatrochimica cercavano di sfruttare la popolarità del suo nome tempo come Erasmo, Zwingli e von Hutten. Scrisse tantissimo, soprattutto per incrementarne le vendite. PARACELSO E LA IATROCHIMICA 99 100 STORIA DELLA CHIMICA

I suoi testi più famosi sono Neun Bücher Archidoxis (Archidoxa Medi- ry, aderì anche lui alle teorie di Paracelso sviluppando una sua teoria dei cinae) del 1524 (Paracelsus 1540) che contiene i principi dell’arte medica, metalli non molto dissimile da quella del suo maestro e si mise addirittu- Das Buch Paragranum del 1529 sulla scienza magica (Paracelsus 1565) sul- ra alla ricerca dell’ e dell’elisir universale. la scienza magica, l’Opus paramirum del 1531 sull’uso di erbe medicinali Anche il medico tedesco (1555-1616) di Halle, ma- e farmaci e Die grossen Wundartznei del 1536 sulla chirurgia (Paracelsus gister artium all’Università di Jena, noto anche come Andreas Libau, co- 1536). Paracelso raccolse nei suoi testi i principi paradigmatici della sua gnome che modificò in Libavius perché gli sembrava più consono alla sua nuova forma di medicina, la iatrochimica, termine inventato da lui e di- professione di medico, fu uno di quei chimici influenzati dai nuovi inse- venuto poi emblematica della alchimia medica a partire dal XVI secolo. I gnamenti di Paracelso che accettavano l’uso dei nuovi rimedi propugnati suoi testi erano un misto di scienza e alchimia, talmente mescolate insie- dal maestro, pur nel rispetto della medicina aristotelica e galeniana. For- me da renderne spesso indecifrabile il significato come si vede facilmente temente contrario alle teorie di armonia cosmica della tradizione rinasci- dal brano seguente: mentale, pubblicò nel 1596 a Francoforte sul Meno la sua opera Alchymia, che conteneva istruzioni per la preparazione di molti acidi e in cui criti- Se la fonte di vita, chiusa in una ampolla di vetro sigillata ermetica- cava i manifesti rosacrociani Fama e Confessio sollevando serie obiezioni mente viene seppellita per quaranta giorni in letame di cavallo e op- scientifiche, politiche e religiose. Molti dei suoi scritti furono pubblicati portunamente magnetizzata, comincia a muoversi e a prendere vita. sotto lo pseudonimo di Basilius de Varna. Libavius partecipò intensamen- te al dibattito fra antichi e moderni in medicina suddividendo i medici in La iatrochimica di Paracelso si sviluppò molto rapidamente in Europa galenisti, ‘chemiatri’ e paracelsiani. I chemiatri, secondo lui, erano quelli e i suoi seguaci proseguirono nel propagandare l’importanza e la novità interessati alla chimica come sorgente di nuovi farmaci: fra questi incluse della chimica spagirica inventata dal maestro, attenendosi scrupolosamente Philip Ulstadius come figura rappresentativa della nuova medicina-chi- alle pratiche sperimentali che egli aveva collegate all’uso di medicamenti mica che vedeva i nuovi paracelsiani contrapposti ai seguaci delle teorie di origine minerale. Agli iatrochimici suoi fedeli seguaci va attribuita la di Avicenna e di Galeno, suggerendo un uso indiscriminato dei prodotti preparazione e la scoperta di vari composti importanti per la farmacopea della distillazione per qualsiasi tipo di malanno. come la tintura di ferro, il laudano estratto dall’oppio con vino, il tartaro Allievo e seguace di Paracelso fu anche il tedesco Heinrich Khunrath emetico ottenuto per azione dell’ossido di antimonio sul tartrato di po- (ca. 1560-1605), nato a Dresda nella famiglia di un mercante. Le noti- tassio, l’etere solforico, il colchino, l’acetato d’ammonio, il tartrato neutro zie sulla sua vita sono piuttosto confuse, ma è sicuro che nel 1570 si era di potassio, l’acido acetico forte ottenuto per distillazione dall’acetato di iscritto all’Università di Lipsia con il nome di Henricus Conrad Lips e nel rame e molti preparati d’antimonio. La predicazione di Paracelso inter- 1588 aveva ottenuto il titolo di Medicinæ Doctor all’Università di Basilea. ruppe la dipendenza degli speziali e dei farmacisti dalle pozioni ricavate Dopo aver svolto la professione di medico a Dresda viaggiò molto in Eu- da erbe e piante ed impose alle nuove leve lo studio della chimica per po- ropa incontrando nel 1589 a Brema e visitando a Praga la corte ter esercitare la loro funzione. Le nozioni di chimica tecnica applicata alla dell’imperatore Rodolfo II, dove conobbe Edward Kelly. Khunrath fu no- farmaceutica divennero un insegnamento nelle Università e gli apprendisti minato medico del conte Rosemberk a Trebona, dove probabilmente in- dovevano superare esami di merito prima di entrare nelle officine di pre- contrò Johann Thölde, uno degli autori del trattato di alchimia di Basilio parazione. Oltre a creare una nuova scienza, Paracelso si dedicò alla rego- Valentino. Il suo lavoro più noto è il trattato di alchimia Amphitheatrum lamentazione dei medicamenti, introducendo le tariffe per le preparazioni Sapientiae Aeternae, un classico dell’alchimia che cercava di metter d’ac- e i divieti di contratto tra medici e farmacisti che gli comportarono l’odio cordo i precetti cristiani con la magia, illustrando i complicati stadi del di questi ultimi, molte volte alleati dei medici. Solo con la sua morte ebbe cammino verso la perfezione spirituale che, in conformità alle idee caba- il giusto riconoscimento dalle autorità che introdussero le prime riforme listiche, prefiguravano i principi del Rosicrucianesimo. per i controlli sulle farmacie, sui farmacisti e sui medici. Un altro originale pensatore e umanista francese dello stesso periodo L’insegnamento urlato e altisonante di Paracelso attecchì ben presto fu il filosofo Charles de Bovelles, nato in Piccardia, professore al Collège anche in Francia. Jacques Gohory, nato nel 1520 da una famiglia di nota- du Cardinal-Lemoine prima di divenire canonico di Noyon. Charles de bili di origine italiana di Tourangeaux, che aveva raggiunto l’invidiabi- Bovelles diede vita nel XV secolo a una vasta opera che spaziava dalla filo- le posizione di avocat nel parlamento di Parigi e che nel 1540 aveva fatto sofia alla teologia, alla geometria e alle scienze naturali e nella quale si fon- parte di una missione francese nei Paesi Bassi, a Londra e a Roma, dopo devano l’Umanesimo del suo maestro Lefévre d’Etalpes con il misticismo essersi interessato di magia, alchimia e botanica, si diede a una intensa di Raimondo Lullo e con il Neoplatonismo cristiano di Nicola Cusano. Nel disseminazione delle idee di Paracelso in Francia. Bernard Palissy, celebre 1495 avvenne l’incontro decisivo con Lèfevre d’Etalpes, che lo attrasse al- ceramista e collezionista francese, legato al circolo degli amici di Goho- lo studio delle scienze filosofiche. Grande viaggiatore, attraversò l’Europa PARACELSO E LA IATROCHIMICA 99 100 STORIA DELLA CHIMICA

I suoi testi più famosi sono Neun Bücher Archidoxis (Archidoxa Medi- ry, aderì anche lui alle teorie di Paracelso sviluppando una sua teoria dei cinae) del 1524 (Paracelsus 1540) che contiene i principi dell’arte medica, metalli non molto dissimile da quella del suo maestro e si mise addirittu- Das Buch Paragranum del 1529 sulla scienza magica (Paracelsus 1565) sul- ra alla ricerca dell’alkahest e dell’elisir universale. la scienza magica, l’Opus paramirum del 1531 sull’uso di erbe medicinali Anche il medico tedesco Andreas Libavius (1555-1616) di Halle, ma- e farmaci e Die grossen Wundartznei del 1536 sulla chirurgia (Paracelsus gister artium all’Università di Jena, noto anche come Andreas Libau, co- 1536). Paracelso raccolse nei suoi testi i principi paradigmatici della sua gnome che modificò in Libavius perché gli sembrava più consono alla sua nuova forma di medicina, la iatrochimica, termine inventato da lui e di- professione di medico, fu uno di quei chimici influenzati dai nuovi inse- venuto poi emblematica della alchimia medica a partire dal XVI secolo. I gnamenti di Paracelso che accettavano l’uso dei nuovi rimedi propugnati suoi testi erano un misto di scienza e alchimia, talmente mescolate insie- dal maestro, pur nel rispetto della medicina aristotelica e galeniana. For- me da renderne spesso indecifrabile il significato come si vede facilmente temente contrario alle teorie di armonia cosmica della tradizione rinasci- dal brano seguente: mentale, pubblicò nel 1596 a Francoforte sul Meno la sua opera Alchymia, che conteneva istruzioni per la preparazione di molti acidi e in cui criti- Se la fonte di vita, chiusa in una ampolla di vetro sigillata ermetica- cava i manifesti rosacrociani Fama e Confessio sollevando serie obiezioni mente viene seppellita per quaranta giorni in letame di cavallo e op- scientifiche, politiche e religiose. Molti dei suoi scritti furono pubblicati portunamente magnetizzata, comincia a muoversi e a prendere vita. sotto lo pseudonimo di Basilius de Varna. Libavius partecipò intensamen- te al dibattito fra antichi e moderni in medicina suddividendo i medici in La iatrochimica di Paracelso si sviluppò molto rapidamente in Europa galenisti, ‘chemiatri’ e paracelsiani. I chemiatri, secondo lui, erano quelli e i suoi seguaci proseguirono nel propagandare l’importanza e la novità interessati alla chimica come sorgente di nuovi farmaci: fra questi incluse della chimica spagirica inventata dal maestro, attenendosi scrupolosamente Philip Ulstadius come figura rappresentativa della nuova medicina-chi- alle pratiche sperimentali che egli aveva collegate all’uso di medicamenti mica che vedeva i nuovi paracelsiani contrapposti ai seguaci delle teorie di origine minerale. Agli iatrochimici suoi fedeli seguaci va attribuita la di Avicenna e di Galeno, suggerendo un uso indiscriminato dei prodotti preparazione e la scoperta di vari composti importanti per la farmacopea della distillazione per qualsiasi tipo di malanno. come la tintura di ferro, il laudano estratto dall’oppio con vino, il tartaro Allievo e seguace di Paracelso fu anche il tedesco Heinrich Khunrath emetico ottenuto per azione dell’ossido di antimonio sul tartrato di po- (ca. 1560-1605), nato a Dresda nella famiglia di un mercante. Le noti- tassio, l’etere solforico, il colchino, l’acetato d’ammonio, il tartrato neutro zie sulla sua vita sono piuttosto confuse, ma è sicuro che nel 1570 si era di potassio, l’acido acetico forte ottenuto per distillazione dall’acetato di iscritto all’Università di Lipsia con il nome di Henricus Conrad Lips e nel rame e molti preparati d’antimonio. La predicazione di Paracelso inter- 1588 aveva ottenuto il titolo di Medicinæ Doctor all’Università di Basilea. ruppe la dipendenza degli speziali e dei farmacisti dalle pozioni ricavate Dopo aver svolto la professione di medico a Dresda viaggiò molto in Eu- da erbe e piante ed impose alle nuove leve lo studio della chimica per po- ropa incontrando nel 1589 John Dee a Brema e visitando a Praga la corte ter esercitare la loro funzione. Le nozioni di chimica tecnica applicata alla dell’imperatore Rodolfo II, dove conobbe Edward Kelly. Khunrath fu no- farmaceutica divennero un insegnamento nelle Università e gli apprendisti minato medico del conte Rosemberk a Trebona, dove probabilmente in- dovevano superare esami di merito prima di entrare nelle officine di pre- contrò Johann Thölde, uno degli autori del trattato di alchimia di Basilio parazione. Oltre a creare una nuova scienza, Paracelso si dedicò alla rego- Valentino. Il suo lavoro più noto è il trattato di alchimia Amphitheatrum lamentazione dei medicamenti, introducendo le tariffe per le preparazioni Sapientiae Aeternae, un classico dell’alchimia che cercava di metter d’ac- e i divieti di contratto tra medici e farmacisti che gli comportarono l’odio cordo i precetti cristiani con la magia, illustrando i complicati stadi del di questi ultimi, molte volte alleati dei medici. Solo con la sua morte ebbe cammino verso la perfezione spirituale che, in conformità alle idee caba- il giusto riconoscimento dalle autorità che introdussero le prime riforme listiche, prefiguravano i principi del Rosicrucianesimo. per i controlli sulle farmacie, sui farmacisti e sui medici. Un altro originale pensatore e umanista francese dello stesso periodo L’insegnamento urlato e altisonante di Paracelso attecchì ben presto fu il filosofo Charles de Bovelles, nato in Piccardia, professore al Collège anche in Francia. Jacques Gohory, nato nel 1520 da una famiglia di nota- du Cardinal-Lemoine prima di divenire canonico di Noyon. Charles de bili di origine italiana di Tourangeaux, che aveva raggiunto l’invidiabi- Bovelles diede vita nel XV secolo a una vasta opera che spaziava dalla filo- le posizione di avocat nel parlamento di Parigi e che nel 1540 aveva fatto sofia alla teologia, alla geometria e alle scienze naturali e nella quale si fon- parte di una missione francese nei Paesi Bassi, a Londra e a Roma, dopo devano l’Umanesimo del suo maestro Lefévre d’Etalpes con il misticismo essersi interessato di magia, alchimia e botanica, si diede a una intensa di Raimondo Lullo e con il Neoplatonismo cristiano di Nicola Cusano. Nel disseminazione delle idee di Paracelso in Francia. Bernard Palissy, celebre 1495 avvenne l’incontro decisivo con Lèfevre d’Etalpes, che lo attrasse al- ceramista e collezionista francese, legato al circolo degli amici di Goho- lo studio delle scienze filosofiche. Grande viaggiatore, attraversò l’Europa PARACELSO E LA IATROCHIMICA 101 come pellegrino, visitando i principali centri di studi e incontrando nu- merosi mistici, desideroso di seguire la via di unità tra pensiero e pratica di vita insegnata da Raimondo Lullo. Dal 1552 si ritirò a Ham, dove pas- sò in studio ed eremitaggio gli ultimi anni della sua vita, componendo le ultime opere. Il vasto corpus delle opere di de Bovelles costituisce uno dei contributi filosofico-teologici più importanti del secondo Rinascimento, sia per la sua originalità, sia per aver integrato nel suo sistema di pensiero il meglio delle tradizioni precedenti. La corte di Louis de Gonzague, duca di Nevers, divenne un centro im- portante per gli alchimisti dell’epoca, come ad esempio il francese Blaise de Vigenère e l’italiano Gastone Duclo, seguace di Paracelso e autore di diversi trattati d’alchimia tra i quali i Canones seu Regulae decem de Lapi- de Philosophico, il De triplici praeparatione argenti et auri e l’Argyropæiæ et Crysopæiæ. PARACELSO E LA IATROCHIMICA 101 come pellegrino, visitando i principali centri di studi e incontrando nu- merosi mistici, desideroso di seguire la via di unità tra pensiero e pratica di vita insegnata da Raimondo Lullo. Dal 1552 si ritirò a Ham, dove pas- sò in studio ed eremitaggio gli ultimi anni della sua vita, componendo le ultime opere. Il vasto corpus delle opere di de Bovelles costituisce uno dei contributi filosofico-teologici più importanti del secondo Rinascimento, sia per la sua originalità, sia per aver integrato nel suo sistema di pensiero il meglio delle tradizioni precedenti. La corte di Louis de Gonzague, duca di Nevers, divenne un centro im- portante per gli alchimisti dell’epoca, come ad esempio il francese Blaise de Vigenère e l’italiano Gastone Duclo, seguace di Paracelso e autore di diversi trattati d’alchimia tra i quali i Canones seu Regulae decem de Lapi- de Philosophico, il De triplici praeparatione argenti et auri e l’Argyropæiæ et Crysopæiæ. 104 STORIA DELLA CHIMICA

spirituali formali che impartivano le caratteristiche specifiche agli ogget- CAPITOLO 13 ti del mondo materiale. Il concetto di seme risaliva a Marsilio Ficino ed era stato poi largamente utilizzato dal medico francese Jean François Fer- DA VAN HELMONT A BOYLE nel, Jean Fernelius (1497-1558), che aveva anche introdotto nel linguaggio medico il termine di fisiologia per descrivere il funzionamento del corpo umano. Fernel, che nella sua attività professionale faceva rivivere le idee dei vecchi curatori greci, sostenendo ad esempio che le papille gustative della lingua fossero sensibili ai grassi, aveva fatto fortuna come medico di corte di Caterina dei Medici, moglie di Enrico II di Francia, che era ri- corsa ai suoi consigli per concepire un figlio.

Uno dei primi alchimisti a usare scrupolosamente la bilancia nelle sue ricerche fu il nobile fiammingo Jean-Baptiste van Helmont (1577-1644), discepolo di Paracelso ma, già dall’inizio della sua attività, un alchimista che cominciava seriamente a credere nella nascente chimica (fig. 1). Carat- tere estroso e incostante, spesso in contraddizione con se stesso, studiò a Lovanio ma si rifiutò di laurearsi; si accostò all’ordine dei gesuiti, ma non volle entrare nella struttura gerarchica dell’ordine; fece pratica di povertà, intestando tutti i suoi beni alla sorella, ma sposando una ricca ereditiera. S’interessò di vari aspetti della scienza, dalla botanica alla chimica, finché non decise di dedicarsi alla medicina. Interruppe però dopo poco gli stu- di, e per alcuni anni si mise a viaggiare senza sosta attraverso la Svizzera, l’Italia, la Francia e la Gran Bretagna. Rientrato nelle Fiandre, ottenne il titolo di medico nel 1599 e esercitò ad Anversa al tempo della grande pe- ste del 1605, per poi sistemarsi definitivamente nel paesino di Vilvoorde, nel ducato di Brabante. Grazie alle ricchezze della moglie, smise ben pre- sto la pratica medica e dedicò tutto il suo tempo a esperimenti di chimi- ca e scienze naturali. In contrasto con il razionalismo e meccanicismo di Cartesio, credeva che l’anima non fosse separata dal corpo, in una forma di vitalismo panteistico. Divenuto celebre in tutte le Fiandre per le sue Figura 1 – Jean-Baptiste van Helmont. competenze di filosofia e per la risonanza del suo nome in tutta l’Europa, fu accusato dal governo spagnolo di eresia nel 1625 perché sospettato di Il concetto di ‘fermenti’, largamente utilizzato da van Helmont nelle pratiche diaboliche e blasfeme e fu condannato agli arresti domiciliari a sue considerazioni filosofiche, gli era giunto dalla lettura del testo Idea me- vita. Per questa ragione la sua opera più importante, Ortus Medicinae, fu dicinae philosophicae del danese Peder Sørensen, Petrus Severinus (1542- pubblicata dal figlio François Mercure (1614-1699), anche lui alchimista 1602), convinto seguace delle idee di Paracelso. L’idea di Ficino dei semi, oltre che medico e linguista, solo dopo la sua morte (Holmyard 1931). An- generatori degli oggetti naturali, era legata alla sua teoria dello Spiritus che se irrazionalista e neoplatonico sotto molti aspetti, van Helmont di- mundi, che era il vettore degli invisibili e divini semi da cui nascevano mostrò più interesse per la verifica sperimentale che per le elucubrazioni gli enti naturali. Il concetto di Spiritus mundi era, nella filosofia naturale immaginifiche degli alchimisti. Convinto anti-aristotelico, interpretava i dei neoplatonici e paracelsiani, direttamente associato al ‘nitro centrale’ fenomeni naturali rifacendosi alla Genesi. In conseguenza di un’accurata (il salnitro), da cui si otteneva il ‘cibo della vita’, l’aria vitale (l’ossigeno) lettura dei testi biblici, rifiutava la teoria dei quattro elementi di Aristote- che si trovava nell’aria. Con lo sviluppo della dottrina dei semi l’idea del- le e quella dei tria prima di Paracelso, e considerava ‘elementi primi’ solo lo Spiritus mundi passò nel XVI secolo attraverso varie fasi per spiegare la l’acqua e l’aria. L’aria era per lui un mezzo inerte che non partecipava alle generazione e l’ordinamento degli enti naturali. I filosofi naturali usavano reazioni e che aveva soltanto la funzione di sostenere nello spazio fisico l’idea di ‘spirito artigianale’ per interpretare la formazione, lo sviluppo e l’acqua, che era il vero e unico elemento primordiale. L’acqua poteva essere l’organizzazione degli oggetti naturali e l’armonizzazione delle loro parti. trasformata nelle sostanze del mondo animale da fermenti o semi, principi Questo concetto era la chiave per concepire una varietà di fenomeni na- 104 STORIA DELLA CHIMICA

spirituali formali che impartivano le caratteristiche specifiche agli ogget- CAPITOLO 13 ti del mondo materiale. Il concetto di seme risaliva a Marsilio Ficino ed era stato poi largamente utilizzato dal medico francese Jean François Fer- DA VAN HELMONT A BOYLE nel, Jean Fernelius (1497-1558), che aveva anche introdotto nel linguaggio medico il termine di fisiologia per descrivere il funzionamento del corpo umano. Fernel, che nella sua attività professionale faceva rivivere le idee dei vecchi curatori greci, sostenendo ad esempio che le papille gustative della lingua fossero sensibili ai grassi, aveva fatto fortuna come medico di corte di Caterina dei Medici, moglie di Enrico II di Francia, che era ri- corsa ai suoi consigli per concepire un figlio.

Uno dei primi alchimisti a usare scrupolosamente la bilancia nelle sue ricerche fu il nobile fiammingo Jean-Baptiste van Helmont (1577-1644), discepolo di Paracelso ma, già dall’inizio della sua attività, un alchimista che cominciava seriamente a credere nella nascente chimica (fig. 1). Carat- tere estroso e incostante, spesso in contraddizione con se stesso, studiò a Lovanio ma si rifiutò di laurearsi; si accostò all’ordine dei gesuiti, ma non volle entrare nella struttura gerarchica dell’ordine; fece pratica di povertà, intestando tutti i suoi beni alla sorella, ma sposando una ricca ereditiera. S’interessò di vari aspetti della scienza, dalla botanica alla chimica, finché non decise di dedicarsi alla medicina. Interruppe però dopo poco gli stu- di, e per alcuni anni si mise a viaggiare senza sosta attraverso la Svizzera, l’Italia, la Francia e la Gran Bretagna. Rientrato nelle Fiandre, ottenne il titolo di medico nel 1599 e esercitò ad Anversa al tempo della grande pe- ste del 1605, per poi sistemarsi definitivamente nel paesino di Vilvoorde, nel ducato di Brabante. Grazie alle ricchezze della moglie, smise ben pre- sto la pratica medica e dedicò tutto il suo tempo a esperimenti di chimi- ca e scienze naturali. In contrasto con il razionalismo e meccanicismo di Cartesio, credeva che l’anima non fosse separata dal corpo, in una forma di vitalismo panteistico. Divenuto celebre in tutte le Fiandre per le sue Figura 1 – Jean-Baptiste van Helmont. competenze di filosofia e per la risonanza del suo nome in tutta l’Europa, fu accusato dal governo spagnolo di eresia nel 1625 perché sospettato di Il concetto di ‘fermenti’, largamente utilizzato da van Helmont nelle pratiche diaboliche e blasfeme e fu condannato agli arresti domiciliari a sue considerazioni filosofiche, gli era giunto dalla lettura del testo Idea me- vita. Per questa ragione la sua opera più importante, Ortus Medicinae, fu dicinae philosophicae del danese Peder Sørensen, Petrus Severinus (1542- pubblicata dal figlio François Mercure (1614-1699), anche lui alchimista 1602), convinto seguace delle idee di Paracelso. L’idea di Ficino dei semi, oltre che medico e linguista, solo dopo la sua morte (Holmyard 1931). An- generatori degli oggetti naturali, era legata alla sua teoria dello Spiritus che se irrazionalista e neoplatonico sotto molti aspetti, van Helmont di- mundi, che era il vettore degli invisibili e divini semi da cui nascevano mostrò più interesse per la verifica sperimentale che per le elucubrazioni gli enti naturali. Il concetto di Spiritus mundi era, nella filosofia naturale immaginifiche degli alchimisti. Convinto anti-aristotelico, interpretava i dei neoplatonici e paracelsiani, direttamente associato al ‘nitro centrale’ fenomeni naturali rifacendosi alla Genesi. In conseguenza di un’accurata (il salnitro), da cui si otteneva il ‘cibo della vita’, l’aria vitale (l’ossigeno) lettura dei testi biblici, rifiutava la teoria dei quattro elementi di Aristote- che si trovava nell’aria. Con lo sviluppo della dottrina dei semi l’idea del- le e quella dei tria prima di Paracelso, e considerava ‘elementi primi’ solo lo Spiritus mundi passò nel XVI secolo attraverso varie fasi per spiegare la l’acqua e l’aria. L’aria era per lui un mezzo inerte che non partecipava alle generazione e l’ordinamento degli enti naturali. I filosofi naturali usavano reazioni e che aveva soltanto la funzione di sostenere nello spazio fisico l’idea di ‘spirito artigianale’ per interpretare la formazione, lo sviluppo e l’acqua, che era il vero e unico elemento primordiale. L’acqua poteva essere l’organizzazione degli oggetti naturali e l’armonizzazione delle loro parti. trasformata nelle sostanze del mondo animale da fermenti o semi, principi Questo concetto era la chiave per concepire una varietà di fenomeni na- DA VAN HELMONT A BOYLE 105 106 STORIA DELLA CHIMICA turali, dalla genesi dei minerali e degli insetti al movimento delle stelle. latino Silvius per tradurre il termine boë che in fiammingo significa ‘fore- Alla fine questa teoria fu rielaborata in quella dello spirito benefico, Arl’ - sta’. Professore di medicina a Leida, estese l’insegnamento di van Helmont cheus faber, la forza vitale che presiedeva alla crescita e alla continuazione sulla digestione, sostenendo che si trattasse di un vero e proprio proces- di tutti gli esseri viventi. so chimico nel quale gli opposti si neutralizzavano a vicenda. Essendosi Un altro aspetto importante della filosofia di van Helmont fu quello di accorto che quando un acido come l’aceto reagisce con un alcali come il sostenere, in contrasto con le idee dei filosofi ionici, che il fuoco non fos- carbonato si osserva effervescenza, Silvius si convinse che la digestione se un elemento ma solo uno strumento creato da Dio per consentire agli fosse una vera e propria battaglia tra due contendenti, uno acido e l’altro uomini di effettuare le trasformazioni chimiche della materia. Preparava basico, che si concludeva con l’eliminazione dei due opposti, la neutraliz- da solo i medicinali per la sua pratica medica, facendo largo uso del fuoco zazione. Medico famoso in Olanda e ricercatore acutissimo, Silvius fu il per fondere svariate sostanze nei suoi crogiuoli. Per questa ragione amava grande diffusore in Europa della iatrochimica di Paracelso. Fu il primo a definire se stesso medicus per ignem. riconoscere il significato dei tubercoli della tisi polmonare e a studiare la Convinto che l’acqua fosse l’elemento da cui derivava tutta la materia, struttura del cervello. Ancora oggi si ricordano come ‘acquedotto di Sil- van Helmont mise in piedi uno strano esperimento che lo ha reso famoso, vio’ il canale situato nel mesencefalo e come ‘scissura di Silvio’ una delle non tanto per la conclusione assurda cui giunse, ma per il fatto che fu il scissure principali del telencefalo. primo vero esperimento quantitativo nella storia del pensiero. In un vaso Anche il medico Etienne de Clave (1620-?), professore di chimica al di terra accuratamente pesato piantò un giovane salice che innaffiava ogni Jardin du Roi di Parigi, fu un convinto sostenitore delle idee di Paracelso giorno con una quantità misurata d’acqua distillata. Per evitare il pericolo contribuendo allo sviluppo della iatrochimica e accettando in pieno i tre che perfino la polvere potesse alterarne il peso, il vaso era accuratamente principi di mercurio, zolfo e sale, ai quali aggiunse i principi iatrochimici coperto. Dopo averlo innaffiato per cinque anni van Helmont trovò che di flegma e di terra. Amico di Cartesio, Mersenne e Gassendi, De Clave mentre l’albero era aumentato di peso di circa settantasette chili, il peso scrisse nel 1646 un famoso trattato, il Cours de Chimie (De Clave 1646), che della terra nel vaso era rimasto costante. Poiché aveva aggiunto solo ac- giocò un ruolo significativo nella diffusione della chimica del XVII secolo qua, ne dedusse che l’albero e quindi tutte le piante fossero fatte di acqua! in Francia. De Clave credeva nell’esistenza dei tre principi, mercurio, zolfo Poiché poi gli animali mangiano piante, anch’essi dovevano essere fatti e sale, ai quali aggiunse il flegma e la terra, derivati dalle teorie iatrochi- di acqua. Allo stesso modo anche i pesci che vivono nell’acqua erano fat- miche. Nel trattato Nouvelle Lumière philosophique des vrais principes et ti di acqua. A conferma delle sue idee presentava l’argomento che anche i éléments de nature del 1641, elaborò una vera e propria teoria corpusco- solidi come il sale potessero essere disciolti in acqua, cioè trasformati in lare nella quale forniva una definizione di elemento ben venti anni prima acqua (Califano 2010: 81-82). di Boyle. La sua opera, completamente oscurata dalla notorietà delle ope- Malgrado queste strane idee, van Helmont era uno scienziato serio, che re di Cartesio e di Gassendi, fu inoltre seriamente screditata dai rapporti raggiunse una grande notorietà non solo nel suo paese ma anche in tutta che intratteneva con la tradizione alchemica e dalla condanna che i pro- l’Europa del suo tempo. Fu il primo a rendersi conto che in una reazione fessori dell’Università di Parigi pronunciarono nei confronti delle tesi che chimica si possono sviluppare sostanze che chiamò gas, dalla parola greca egli aveva espresso pubblicamente nel 1624 contro quelle degli aristotelici. cὰoς (caos), perché senza forma e che considerava un ‘tipo di aria’. Studiò Nonostante i tentativi di rilanciare l’idea che esistessero particelle ulti- anche la digestione rendendosi conto che è un processo dovuto all’azione me di materia sostenuta da De Clave, Cartesio e Gassendi, l’ipotesi atomica sia di una sostanza acida come il liquido contenuto nello stomaco che di non riuscì infatti a divenire patrimonio dei chimici se non molto più tardi. un materiale alcalino secreto dal fegato, la bile. Scoprì poi vari gas: l’ani- Per secoli era rimasta dominante la teoria di Aristotele dei quattro ele- dride carbonica, il ‘gas silvestre’, l’anidride solforosa SO2, il biossido d’a- menti, aria, fuoco, acqua e terra che si combinavano per formare i com- zoto NO2, l’acido solfidrico H2S, il ‘gas intestinale’, miscela di H2, CH4, posti. L’argomento principe a favore della teoria di Aristotele, largamente H2S e tracce di gas sviluppati nell’intestino dalla fermentazione del cibo. utilizzato dai peripatetici, era che quando si brucia un ramo di legno verde Si rese anche conto che la materia non si distrugge ma cambia solo com- si vedono apparire nell’ordine i quattro elementi: prima compare il fumo posizione in una reazione. Anche se non aveva il concetto di sali, capì che (aria), poi le fiamme (fuoco), poi dalle estremità del ramo si vede geme- quando un metallo è sciolto in un acido non sparisce ma può essere riot- re un liquido (acqua) e infine resta la cenere (terra). L’obiezione comune a tenuto con procedimenti chimici. Nei suoi esperimenti utilizzò sempre la questa ‘prova sperimentale’, divenuta poi centrale nella polemica di Boyle bilancia per rendere quantitative le sue osservazioni. contro i peripatetici, era che quello del legno era il solo caso noto per il Il fiammingo Franz de le Boë, Franciscus Silvius (1614-1672), principale quale fosse possibile evidenziare la presenza dei quattro elementi. In nes- interprete delle idee di van Helmont, fu uno dei primi sostenitori della te- sun altro caso questi comparivano per decomposizione di un composto. oria della circolazione del sangue nei Paesi Bassi. Aveva scelto il cognome Inoltre era esperienza normale nei laboratori di alchimia e iatrochimica che DA VAN HELMONT A BOYLE 105 106 STORIA DELLA CHIMICA turali, dalla genesi dei minerali e degli insetti al movimento delle stelle. latino Silvius per tradurre il termine boë che in fiammingo significa ‘fore- Alla fine questa teoria fu rielaborata in quella dello spirito benefico, Arl’ - sta’. Professore di medicina a Leida, estese l’insegnamento di van Helmont cheus faber, la forza vitale che presiedeva alla crescita e alla continuazione sulla digestione, sostenendo che si trattasse di un vero e proprio proces- di tutti gli esseri viventi. so chimico nel quale gli opposti si neutralizzavano a vicenda. Essendosi Un altro aspetto importante della filosofia di van Helmont fu quello di accorto che quando un acido come l’aceto reagisce con un alcali come il sostenere, in contrasto con le idee dei filosofi ionici, che il fuoco non fos- carbonato si osserva effervescenza, Silvius si convinse che la digestione se un elemento ma solo uno strumento creato da Dio per consentire agli fosse una vera e propria battaglia tra due contendenti, uno acido e l’altro uomini di effettuare le trasformazioni chimiche della materia. Preparava basico, che si concludeva con l’eliminazione dei due opposti, la neutraliz- da solo i medicinali per la sua pratica medica, facendo largo uso del fuoco zazione. Medico famoso in Olanda e ricercatore acutissimo, Silvius fu il per fondere svariate sostanze nei suoi crogiuoli. Per questa ragione amava grande diffusore in Europa della iatrochimica di Paracelso. Fu il primo a definire se stesso medicus per ignem. riconoscere il significato dei tubercoli della tisi polmonare e a studiare la Convinto che l’acqua fosse l’elemento da cui derivava tutta la materia, struttura del cervello. Ancora oggi si ricordano come ‘acquedotto di Sil- van Helmont mise in piedi uno strano esperimento che lo ha reso famoso, vio’ il canale situato nel mesencefalo e come ‘scissura di Silvio’ una delle non tanto per la conclusione assurda cui giunse, ma per il fatto che fu il scissure principali del telencefalo. primo vero esperimento quantitativo nella storia del pensiero. In un vaso Anche il medico Etienne de Clave (1620-?), professore di chimica al di terra accuratamente pesato piantò un giovane salice che innaffiava ogni Jardin du Roi di Parigi, fu un convinto sostenitore delle idee di Paracelso giorno con una quantità misurata d’acqua distillata. Per evitare il pericolo contribuendo allo sviluppo della iatrochimica e accettando in pieno i tre che perfino la polvere potesse alterarne il peso, il vaso era accuratamente principi di mercurio, zolfo e sale, ai quali aggiunse i principi iatrochimici coperto. Dopo averlo innaffiato per cinque anni van Helmont trovò che di flegma e di terra. Amico di Cartesio, Mersenne e Gassendi, De Clave mentre l’albero era aumentato di peso di circa settantasette chili, il peso scrisse nel 1646 un famoso trattato, il Cours de Chimie (De Clave 1646), che della terra nel vaso era rimasto costante. Poiché aveva aggiunto solo ac- giocò un ruolo significativo nella diffusione della chimica del XVII secolo qua, ne dedusse che l’albero e quindi tutte le piante fossero fatte di acqua! in Francia. De Clave credeva nell’esistenza dei tre principi, mercurio, zolfo Poiché poi gli animali mangiano piante, anch’essi dovevano essere fatti e sale, ai quali aggiunse il flegma e la terra, derivati dalle teorie iatrochi- di acqua. Allo stesso modo anche i pesci che vivono nell’acqua erano fat- miche. Nel trattato Nouvelle Lumière philosophique des vrais principes et ti di acqua. A conferma delle sue idee presentava l’argomento che anche i éléments de nature del 1641, elaborò una vera e propria teoria corpusco- solidi come il sale potessero essere disciolti in acqua, cioè trasformati in lare nella quale forniva una definizione di elemento ben venti anni prima acqua (Califano 2010: 81-82). di Boyle. La sua opera, completamente oscurata dalla notorietà delle ope- Malgrado queste strane idee, van Helmont era uno scienziato serio, che re di Cartesio e di Gassendi, fu inoltre seriamente screditata dai rapporti raggiunse una grande notorietà non solo nel suo paese ma anche in tutta che intratteneva con la tradizione alchemica e dalla condanna che i pro- l’Europa del suo tempo. Fu il primo a rendersi conto che in una reazione fessori dell’Università di Parigi pronunciarono nei confronti delle tesi che chimica si possono sviluppare sostanze che chiamò gas, dalla parola greca egli aveva espresso pubblicamente nel 1624 contro quelle degli aristotelici. cὰoς (caos), perché senza forma e che considerava un ‘tipo di aria’. Studiò Nonostante i tentativi di rilanciare l’idea che esistessero particelle ulti- anche la digestione rendendosi conto che è un processo dovuto all’azione me di materia sostenuta da De Clave, Cartesio e Gassendi, l’ipotesi atomica sia di una sostanza acida come il liquido contenuto nello stomaco che di non riuscì infatti a divenire patrimonio dei chimici se non molto più tardi. un materiale alcalino secreto dal fegato, la bile. Scoprì poi vari gas: l’ani- Per secoli era rimasta dominante la teoria di Aristotele dei quattro ele- dride carbonica, il ‘gas silvestre’, l’anidride solforosa SO2, il biossido d’a- menti, aria, fuoco, acqua e terra che si combinavano per formare i com- zoto NO2, l’acido solfidrico H2S, il ‘gas intestinale’, miscela di H2, CH4, posti. L’argomento principe a favore della teoria di Aristotele, largamente H2S e tracce di gas sviluppati nell’intestino dalla fermentazione del cibo. utilizzato dai peripatetici, era che quando si brucia un ramo di legno verde Si rese anche conto che la materia non si distrugge ma cambia solo com- si vedono apparire nell’ordine i quattro elementi: prima compare il fumo posizione in una reazione. Anche se non aveva il concetto di sali, capì che (aria), poi le fiamme (fuoco), poi dalle estremità del ramo si vede geme- quando un metallo è sciolto in un acido non sparisce ma può essere riot- re un liquido (acqua) e infine resta la cenere (terra). L’obiezione comune a tenuto con procedimenti chimici. Nei suoi esperimenti utilizzò sempre la questa ‘prova sperimentale’, divenuta poi centrale nella polemica di Boyle bilancia per rendere quantitative le sue osservazioni. contro i peripatetici, era che quello del legno era il solo caso noto per il Il fiammingo Franz de le Boë, Franciscus Silvius (1614-1672), principale quale fosse possibile evidenziare la presenza dei quattro elementi. In nes- interprete delle idee di van Helmont, fu uno dei primi sostenitori della te- sun altro caso questi comparivano per decomposizione di un composto. oria della circolazione del sangue nei Paesi Bassi. Aveva scelto il cognome Inoltre era esperienza normale nei laboratori di alchimia e iatrochimica che DA VAN HELMONT A BOYLE 107 108 STORIA DELLA CHIMICA sostanze come l’oro, l’argento e il mercurio rimanessero sempre se stesse vecchia struttura sociale. A cominciare dall’inizio del XVIII secolo, il ter- anche dopo essere entrate in una reazione chimica o dopo essere state sot- mine ‘chimica’ era ormai entrato nel linguaggio dei ‘dottori’ e la chimi- toposte all’azione del fuoco. Il concetto di elemento chimico continuava ca era diventata un insegnamento ufficiale in molte Università tedesche. però a restare ancora vago e impreciso e composti chiaramente scindibili Uno dei primi professori ufficiali di chimica nel mondo germanico in componenti venivano considerati elementi, mentre alcuni elementi ve- fu Johann Becher (1635-1682), seguace di Paracelso e vitalista come van nivano ostinatamente considerati composti. Helmont, ma in disaccordo con lui sulla natura e sul numero degli ele- In tutto il secolo XVII le teorie sostenute dagli iatrochimici e paracel- menti primi (fig. 2). Scrittore molto prolifico, già all’età di diciannove -an siani, appesantite dalla zavorra della filosofia teologica e scolastica, dalla ni aveva pubblicato un opuscolo di alchimia, a ventisei il suo primo libro sovrapposizione con credenze magiche, dal peso della tradizione mistica di metallurgia e nel 1682, un anno prima di morire, il suo ultimo libro di e dal sospetto che le pratiche esoteriche ereditate dall’alchimia avessero chimica. Becher sviluppò una forma di alchimia da cui nacque in breve in seno la malvagità e l’ateismo di pratiche diaboliche, si orientarono nel- la teoria del flogisto. Personaggio iperattivo e poliedrico, divenne un ca- la direzione opposta a tutto quello che l’esperienza suggeriva, cioè che la meralista dell’elettore di Baviera, cioè membro della ‘camera’, ente statale decomposizione delle sostanze porta prima o poi alla comparsa di molti con compiti amministrativi e finanziari costituito da un ristretto gruppo elementi primi, non ulteriormente decomponibili, che conservavano im- di esperti che affiancavano il sovrano negli affari di Stato, organismo- na mutate le loro proprietà. Al contrario il numero di elementi primi era di- to durante i secoli XVII e XVIII, nella fase più importante di formazione minuito nel tempo dai quattro di Aristotele ai tre, sale, zolfo e mercurio del moderno stato tedesco. di Paracelso e addirittura al solo elemento acqua di van Helmont. Queste fantasiose teorie contrastavano però totalmente con la pratica di laborato- rio che nel frattempo si era arricchita di una strumentazione abbastanza sofisticata, che garantiva una maggiore credibilità degli esperimenti rispet- to al passato e confortava l’idea che le ‘sensate esperienze’ di cui parlava Galileo non avessero rivali possibili nelle astruse e fantasiose invenzioni degli aristotelici e dei galenici. La crescita economica dell’Europa nel XVII e nel XVIII secolo comin- ciava inoltre ad avere un grande bisogno di nuove tecnologie chimiche, anche se non ancora completamente organizzate in una teoria generale. Lo sviluppo di una nuova classe di commercianti, artigiani, medici, farmaci- sti e impiegati statali creava con grande rapidità una borghesia laboriosa e produttiva che si integrava con la richiesta di tecnici ed esperti capaci di applicare con competenza le loro conoscenze per lo sviluppo economico della società. Le competenze tecniche si rivelavano sempre più essenzia- li alla crescita dell’industria tessile e manifatturiera, alla lavorazione del vetro e dei metalli, alla produzione di nuovi coloranti, di ceramiche e ar- mi, alla costruzione di navi più potenti e veloci, indispensabili per il com- mercio con il nuovo mondo e di macchinari per lo sfruttamento razionale Figura 2 – Johann Joachim Becher, medico e chimico tedesco. dell’agricoltura e delle miniere. In molte città europee cominciarono a na- scere scuole tecniche che affiancavano e spesso sostituivano le Università In questa sua funzione divenne uno dei primi teorici del mercantili- ormai diffuse in tutta l’Europa così come nel Nuovo Mondo. La chimica, smo, organizzazione di politica economica affermatasi soprattutto in Ger- che veniva lentamente separandosi dalla iatrochimica e dall’alchimia, sia mania dal XVI al XVIII secolo, basata sulla valutazione del rapporto tra per le metodologie sperimentali che per l’organizzazione e la disponibilità esportazioni e importazioni, messo alla base dell’idea di potenza di una di testi scritti, cominciava ad essere insegnata in molte Università, soprat- nazione. In questa veste Becher sostenne pubblicamente che gli Stati do- tutto nelle facoltà di medicina. Questo processo di ammodernamento del- vessero controllare il cambio dell’oro e della moneta, provocando la rea- la società divenne particolarmente importante in Francia, in Inghilterra zione violenta dei mercanti bavaresi, rimasti sconvolti da queste sue idee e perfino in Germania che, benché stremata dalla Guerra dei trenta anni, radicali, che nel 1666 addirittura lo obbligarono a lasciare Monaco. Tra- cercava dopo la pace di Westfalia di ricostruire un’economia distrutta dai sferitosi a Vienna acquistò credito alla corte imperiale grazie alla prote- saccheggi e dalle stragi che avevano caratterizzato la distruzione della sua zione del conte Zinzendorf, grande ciambellano dell’imperatore Leopoldo DA VAN HELMONT A BOYLE 107 108 STORIA DELLA CHIMICA sostanze come l’oro, l’argento e il mercurio rimanessero sempre se stesse vecchia struttura sociale. A cominciare dall’inizio del XVIII secolo, il ter- anche dopo essere entrate in una reazione chimica o dopo essere state sot- mine ‘chimica’ era ormai entrato nel linguaggio dei ‘dottori’ e la chimi- toposte all’azione del fuoco. Il concetto di elemento chimico continuava ca era diventata un insegnamento ufficiale in molte Università tedesche. però a restare ancora vago e impreciso e composti chiaramente scindibili Uno dei primi professori ufficiali di chimica nel mondo germanico in componenti venivano considerati elementi, mentre alcuni elementi ve- fu Johann Becher (1635-1682), seguace di Paracelso e vitalista come van nivano ostinatamente considerati composti. Helmont, ma in disaccordo con lui sulla natura e sul numero degli ele- In tutto il secolo XVII le teorie sostenute dagli iatrochimici e paracel- menti primi (fig. 2). Scrittore molto prolifico, già all’età di diciannove -an siani, appesantite dalla zavorra della filosofia teologica e scolastica, dalla ni aveva pubblicato un opuscolo di alchimia, a ventisei il suo primo libro sovrapposizione con credenze magiche, dal peso della tradizione mistica di metallurgia e nel 1682, un anno prima di morire, il suo ultimo libro di e dal sospetto che le pratiche esoteriche ereditate dall’alchimia avessero chimica. Becher sviluppò una forma di alchimia da cui nacque in breve in seno la malvagità e l’ateismo di pratiche diaboliche, si orientarono nel- la teoria del flogisto. Personaggio iperattivo e poliedrico, divenne un ca- la direzione opposta a tutto quello che l’esperienza suggeriva, cioè che la meralista dell’elettore di Baviera, cioè membro della ‘camera’, ente statale decomposizione delle sostanze porta prima o poi alla comparsa di molti con compiti amministrativi e finanziari costituito da un ristretto gruppo elementi primi, non ulteriormente decomponibili, che conservavano im- di esperti che affiancavano il sovrano negli affari di Stato, organismo- na mutate le loro proprietà. Al contrario il numero di elementi primi era di- to durante i secoli XVII e XVIII, nella fase più importante di formazione minuito nel tempo dai quattro di Aristotele ai tre, sale, zolfo e mercurio del moderno stato tedesco. di Paracelso e addirittura al solo elemento acqua di van Helmont. Queste fantasiose teorie contrastavano però totalmente con la pratica di laborato- rio che nel frattempo si era arricchita di una strumentazione abbastanza sofisticata, che garantiva una maggiore credibilità degli esperimenti rispet- to al passato e confortava l’idea che le ‘sensate esperienze’ di cui parlava Galileo non avessero rivali possibili nelle astruse e fantasiose invenzioni degli aristotelici e dei galenici. La crescita economica dell’Europa nel XVII e nel XVIII secolo comin- ciava inoltre ad avere un grande bisogno di nuove tecnologie chimiche, anche se non ancora completamente organizzate in una teoria generale. Lo sviluppo di una nuova classe di commercianti, artigiani, medici, farmaci- sti e impiegati statali creava con grande rapidità una borghesia laboriosa e produttiva che si integrava con la richiesta di tecnici ed esperti capaci di applicare con competenza le loro conoscenze per lo sviluppo economico della società. Le competenze tecniche si rivelavano sempre più essenzia- li alla crescita dell’industria tessile e manifatturiera, alla lavorazione del vetro e dei metalli, alla produzione di nuovi coloranti, di ceramiche e ar- mi, alla costruzione di navi più potenti e veloci, indispensabili per il com- mercio con il nuovo mondo e di macchinari per lo sfruttamento razionale Figura 2 – Johann Joachim Becher, medico e chimico tedesco. dell’agricoltura e delle miniere. In molte città europee cominciarono a na- scere scuole tecniche che affiancavano e spesso sostituivano le Università In questa sua funzione divenne uno dei primi teorici del mercantili- ormai diffuse in tutta l’Europa così come nel Nuovo Mondo. La chimica, smo, organizzazione di politica economica affermatasi soprattutto in Ger- che veniva lentamente separandosi dalla iatrochimica e dall’alchimia, sia mania dal XVI al XVIII secolo, basata sulla valutazione del rapporto tra per le metodologie sperimentali che per l’organizzazione e la disponibilità esportazioni e importazioni, messo alla base dell’idea di potenza di una di testi scritti, cominciava ad essere insegnata in molte Università, soprat- nazione. In questa veste Becher sostenne pubblicamente che gli Stati do- tutto nelle facoltà di medicina. Questo processo di ammodernamento del- vessero controllare il cambio dell’oro e della moneta, provocando la rea- la società divenne particolarmente importante in Francia, in Inghilterra zione violenta dei mercanti bavaresi, rimasti sconvolti da queste sue idee e perfino in Germania che, benché stremata dalla Guerra dei trenta anni, radicali, che nel 1666 addirittura lo obbligarono a lasciare Monaco. Tra- cercava dopo la pace di Westfalia di ricostruire un’economia distrutta dai sferitosi a Vienna acquistò credito alla corte imperiale grazie alla prote- saccheggi e dalle stragi che avevano caratterizzato la distruzione della sua zione del conte Zinzendorf, grande ciambellano dell’imperatore Leopoldo DA VAN HELMONT A BOYLE 109 110 STORIA DELLA CHIMICA

I. Con l’aiuto del conte fu nominato membro del Collegio del Commercio ralista, orientata a uno stretto controllo statale di un’economia autarchica (Commerzienrat) dell’Impero, posizione politica di prestigio nella Vienna e autosufficiente (fig. 3). Stahl, che si era prima cimentato con la fermen- imperiale. A Vienna fondò nel 1676 una scuola tecnica, pubblicò un libro tazione della birra e del vino e con la raffinazione dei minerali metallici, di discorsi politici e infine fu imprigionato per aver protestato contro l’im- problemi di grande interesse economico per gli stati tedeschi, si dedicò poi portazione di mercanzie francesi. Suggerì poi di costruire un canale tra il all’insegnamento e a sviluppare una sua teoria della natura e della com- Danubio e il Reno per facilitare il commercio con i Paesi Bassi, progetto posizione della materia. ancora in discussione ai giorni nostri. Nel 1678 lo ritroviamo in Olanda, dove tentava di vendere all’assemblea olandese un progetto per estrarre l’oro dalla sabbia del mare e alla città di Haarlem un ancora più fantasio- so progetto di costruzione di una macchina che avrebbe dovuto produrre rocchetti di seta direttamente dai bozzoli. Poi all’improvviso abbandonò la sua famiglia e si trasferì in Inghilterra (Abbri 1986), visitò la Scozia e la Cornovaglia e infine si stabilì a Londra dove nel 1682 scrisse il suo ultimo libro Chymischer Glücks-Hafen, oder grosse Chymische Concordantz und Collection, von funffzehen hundert Chymischen Processen, e dove morì nel- lo stesso anno. Dalla lettura del testo di Chymischer Glücks-Hafen si capi- sce che Becher conosceva il libro di Sendivogius Processus super centrum universi seu sal centrale che ammirava sinceramente. Nel suo testo più noto, Physica Subterranea del 1669, comparve per la prima volta la teoria dell’esistenza di un principio materiale incombustibile. Nell’Alphabetum Minerale del 1689, chiarì meglio le sue idee sulla struttu- ra del mondo eliminando dalla lista dei quattro elementi il fuoco e l’aria e rimpiazzandoli con tre forme di terra. La ‘terra’ era l’unico elemento di natura fisica che, con i semi di terra e acqua in proporzioni differenti, ave- va generato i minerali sotto il controllo dell’afflato divino, mentre il mon- do organico era stato creato dall’azione del fuoco e dell’aria. Anche se non Figura 3 – George Ernst Stahl. accettava i tria prima di Paracelso, pensava che esistessero tre tipi di terra, ognuno con proprietà e aspetto specifico: terra fluida o mercuriale, terra L’insegnamento di Stahl derivava dalle idee di Becher che egli portò a pinguis o grassa e terra lapidea o vitrescibile. La terra mercuriale aveva la notevole diffusione nelle sue lezioni pubblicate però solo nel 1723 dopo la proprietà di impartire fluidità, volatilità e metallicità alle sostanze, quella sua morte. Stahl accettava in pieno le tre ‘terre’ di Becher e la classifica- grassa o infiammabile produceva gli olii e i combustibili e quella vitresci- zione dei corpi come combinazione delle terre con l’acqua. La complessi- bile rappresentava il principio della fusibilità. La terra pingue di Becher tà delle sostanze naturali derivava dalla loro composizione che vedeva al darà dopo breve tempo origine al flogisto di Stahl. livello inferiore i principia, componenti dei corpi mixta, che a loro volta Anche Becher considerava il fuoco come uno strumento e non come formavano i corpi composita, che infine si univano per formare gli aggre- un elemento, ma pensava che l’idea di van Helmont che esistesse un solo gati. Per esempio i metalli nobili erano corpi misti, mentre gli altri metalli elemento primo, l’acqua, derivasse da un’errata lettura della Genesi. Becher erano composti. I corpi misti erano stabili e non potevano essere ulterior- sosteneva che la natura è organizzata in un ciclo perpetuo di eventi il cui mente separati in corpi più semplici. In breve tempo essi sarebbero diven- scopo è di conservare la creazione secondo il volere di un Dio ‘chimico’. tati i futuri elementi della nuova chimica. Seguendo il racconto di Mosè, pensava che Dio avesse creato unicamen- Nella Zymotechnia fundamentalis del 1697 Stahl sviluppò ulteriormen- te il ‘Cielo’ e la ‘Terra’. Il Cielo era il principio primo universale, capace te le teorie di Becher e per la prima volta chiamò flogisto la terra pingue di generare tutte le cose e di impartire loro la proprietà del movimento. del suo maestro. Stahl aveva ottima conoscenza delle tecniche e dei pro- Come van Helmont, Becher aveva ripreso da Aristotele l’aggettivo flo- cedimenti metallurgici. Per lui il processo di calcinazione consisteva nella gistico nel senso d’infiammabile. Con Stahl il sostantivo flogisto assumerà perdita di flogisto da parte del metallo che si trasformava in calce (ossido un diverso e più importante significato. di calcio). Il processo poteva però essere invertito. Trattando l’ossido con Anche George Ernst Stahl (1660-1734), professore di medicina prima carbone, il flogisto rifluiva indietro riformando il metallo. Da questo punto all’Università di Halle e poi di Jena, era strutturato nella tradizione came- di vista Stahl separava nettamente il mondo inorganico da quello organi- DA VAN HELMONT A BOYLE 109 110 STORIA DELLA CHIMICA

I. Con l’aiuto del conte fu nominato membro del Collegio del Commercio ralista, orientata a uno stretto controllo statale di un’economia autarchica (Commerzienrat) dell’Impero, posizione politica di prestigio nella Vienna e autosufficiente (fig. 3). Stahl, che si era prima cimentato con la fermen- imperiale. A Vienna fondò nel 1676 una scuola tecnica, pubblicò un libro tazione della birra e del vino e con la raffinazione dei minerali metallici, di discorsi politici e infine fu imprigionato per aver protestato contro l’im- problemi di grande interesse economico per gli stati tedeschi, si dedicò poi portazione di mercanzie francesi. Suggerì poi di costruire un canale tra il all’insegnamento e a sviluppare una sua teoria della natura e della com- Danubio e il Reno per facilitare il commercio con i Paesi Bassi, progetto posizione della materia. ancora in discussione ai giorni nostri. Nel 1678 lo ritroviamo in Olanda, dove tentava di vendere all’assemblea olandese un progetto per estrarre l’oro dalla sabbia del mare e alla città di Haarlem un ancora più fantasio- so progetto di costruzione di una macchina che avrebbe dovuto produrre rocchetti di seta direttamente dai bozzoli. Poi all’improvviso abbandonò la sua famiglia e si trasferì in Inghilterra (Abbri 1986), visitò la Scozia e la Cornovaglia e infine si stabilì a Londra dove nel 1682 scrisse il suo ultimo libro Chymischer Glücks-Hafen, oder grosse Chymische Concordantz und Collection, von funffzehen hundert Chymischen Processen, e dove morì nel- lo stesso anno. Dalla lettura del testo di Chymischer Glücks-Hafen si capi- sce che Becher conosceva il libro di Sendivogius Processus super centrum universi seu sal centrale che ammirava sinceramente. Nel suo testo più noto, Physica Subterranea del 1669, comparve per la prima volta la teoria dell’esistenza di un principio materiale incombustibile. Nell’Alphabetum Minerale del 1689, chiarì meglio le sue idee sulla struttu- ra del mondo eliminando dalla lista dei quattro elementi il fuoco e l’aria e rimpiazzandoli con tre forme di terra. La ‘terra’ era l’unico elemento di natura fisica che, con i semi di terra e acqua in proporzioni differenti, ave- va generato i minerali sotto il controllo dell’afflato divino, mentre il mon- do organico era stato creato dall’azione del fuoco e dell’aria. Anche se non Figura 3 – George Ernst Stahl. accettava i tria prima di Paracelso, pensava che esistessero tre tipi di terra, ognuno con proprietà e aspetto specifico: terra fluida o mercuriale, terra L’insegnamento di Stahl derivava dalle idee di Becher che egli portò a pinguis o grassa e terra lapidea o vitrescibile. La terra mercuriale aveva la notevole diffusione nelle sue lezioni pubblicate però solo nel 1723 dopo la proprietà di impartire fluidità, volatilità e metallicità alle sostanze, quella sua morte. Stahl accettava in pieno le tre ‘terre’ di Becher e la classifica- grassa o infiammabile produceva gli olii e i combustibili e quella vitresci- zione dei corpi come combinazione delle terre con l’acqua. La complessi- bile rappresentava il principio della fusibilità. La terra pingue di Becher tà delle sostanze naturali derivava dalla loro composizione che vedeva al darà dopo breve tempo origine al flogisto di Stahl. livello inferiore i principia, componenti dei corpi mixta, che a loro volta Anche Becher considerava il fuoco come uno strumento e non come formavano i corpi composita, che infine si univano per formare gli aggre- un elemento, ma pensava che l’idea di van Helmont che esistesse un solo gati. Per esempio i metalli nobili erano corpi misti, mentre gli altri metalli elemento primo, l’acqua, derivasse da un’errata lettura della Genesi. Becher erano composti. I corpi misti erano stabili e non potevano essere ulterior- sosteneva che la natura è organizzata in un ciclo perpetuo di eventi il cui mente separati in corpi più semplici. In breve tempo essi sarebbero diven- scopo è di conservare la creazione secondo il volere di un Dio ‘chimico’. tati i futuri elementi della nuova chimica. Seguendo il racconto di Mosè, pensava che Dio avesse creato unicamen- Nella Zymotechnia fundamentalis del 1697 Stahl sviluppò ulteriormen- te il ‘Cielo’ e la ‘Terra’. Il Cielo era il principio primo universale, capace te le teorie di Becher e per la prima volta chiamò flogisto la terra pingue di generare tutte le cose e di impartire loro la proprietà del movimento. del suo maestro. Stahl aveva ottima conoscenza delle tecniche e dei pro- Come van Helmont, Becher aveva ripreso da Aristotele l’aggettivo flo- cedimenti metallurgici. Per lui il processo di calcinazione consisteva nella gistico nel senso d’infiammabile. Con Stahl il sostantivo flogisto assumerà perdita di flogisto da parte del metallo che si trasformava in calce (ossido un diverso e più importante significato. di calcio). Il processo poteva però essere invertito. Trattando l’ossido con Anche George Ernst Stahl (1660-1734), professore di medicina prima carbone, il flogisto rifluiva indietro riformando il metallo. Da questo punto all’Università di Halle e poi di Jena, era strutturato nella tradizione came- di vista Stahl separava nettamente il mondo inorganico da quello organi- DA VAN HELMONT A BOYLE 111 112 STORIA DELLA CHIMICA co nel trattato Specimen Becherianum. Nel mondo inorganico un metallo Fu solo dopo aver conosciuto Lavoisier ed essersi associato al suo gruppo poteva essere trasformato con perdita e poi con riacquisto di flogisto. Nel che si convinse di aver sostenuto una posizione sbagliata. mondo organico invece il flogisto non giocava alcun ruolo, giacché era Per una definitiva eliminazione della teoria del flogisto era però necessa- impossibile, usando carbone, riformare un vegetale dalle sue ceneri co- rio un profondo cambiamento dei paradigmi della chimica, cambiamento me avveniva per le ‘calci’. Nel mondo organico quindi doveva esistere un che avvenne con l’affermazione della teoria della combustione di Lavoisier. ‘principio vitale’ che andava perduto nella combustione. La chimica non divenne però nel XVII secolo parte integrante della Il flogisto era volatile e non gravitava verso il basso, ma tendeva a sa- grande rivoluzione scientifica, che aveva caratterizzato l’esplosione della lire. Molti studiosi del XVIII secolo seguendo le idee di Stahl, pensavano fisica legata ai nomi di Copernico, Galileo, Keplero, Bacone e Newton. La che avesse addirittura peso negativo e quindi quando si allontanava dai chimica diventerà una vera scienza, con una solida struttura teorica e con corpi il loro peso aumentava. una corretta metodologia sperimentale, solo più tardi, grazie a Boyle, La- Anche se la teoria di Stahl ebbe enorme diffusione in Europa, serie cri- voisier, Avogadro, Cannizzaro, Dalton e Mendeleev, che contribuirono alla tiche alla teoria del flogisto cominciavano presto a prendere corpo e affer- definizione di un metodo quantitativo di analisi e alla definitiva accetta- marsi, critiche che circolando tra i ‘nuovi chimici’ sempre più rendevano zione della teoria atomica. Il XV e il XVI secolo videro invece un grande evidenti le incongruenze della teoria, soprattutto l’idea che il flogisto non sviluppo della chimica analitica per via umida. Nell’analisi per via umida avesse peso o addirittura avesse peso negativo. Già nel 1590 Galileo aveva l’oggetto da analizzare era visibile, aveva una sua presenza fisica, un suo mostrato che tutti i corpi hanno un peso e che pertanto non era possibi- colore, spesso un odore specifico e presentava una serie di comportamenti le, come sostenevano gli aristotelici, che il fuoco non avesse peso. Anco- direttamente osservabili. Nel mondo dei composti visibili e toccabili non ra più dirette erano poi le obiezioni dei fisici seguaci di Newton, ai quali c’era ancora posto per i gas, impalpabili e soprattutto invisibili. L’aria era sembrava giustamente che non potesse esistere un qualcosa al mondo che l’unico gas noto ma i chimici non avevano ancora a disposizione le tecni- andasse contro la legge di gravità. Le esperienze di Evangelista Torricelli che per studiarne le proprietà. Che l’aria fosse indispensabile per la respi- e di Blaise Pascal avevano infine chiaramente provato che l’aria ha un pe- razione e per la combustione era ormai evidente, ma la funzione dell’aria so, ma le critiche più severe venivano proprio dai chimici che avevano or- sembrava essere solo quella di contenere il flogisto, l’unico responsabile mai imparato a usare la bilancia e a seguire con vero metodo scientifico le della combustione. Solo quando i chimici impararono a conservare que- reazioni in cui il flogisto doveva abbandonare una sostanza o combinarsi sta impalpabile e invisibile materia in palloni, cilindri, matracci e flaconi con essa. Risultava infatti difficile spiegare come mai usando il fuoco il capovolti in un liquido, la chimica riuscì a sviluppare le tecniche per stu- flogisto invece di allontanarsi grazie al suo peso negativo reagisse con la diare lo stato gassoso. Da quel momento la chimica pneumatica, cioè lo calce riformando il metallo; oppure come mai il flogisto, una volta allon- studio del comportamento dei gas, divenne parte centrale dell’attività di tanatosi dalla superficie della terra grazie al suo peso negativo, potesse ri- ricerca del XVIII secolo soprattutto in Inghilterra e, in seguito, in Francia. tornarci per rifluire nei composti. Il primo che capì come manipolare i gas fu l’inglese Robert Boyle (1627- Guyton de Morveau, uno dei più stretti collaboratori di Lavoisier e autore 1691), che, con esperimenti accuratamente controllati, fornì il necessario con lui della nuova nomenclatura chimica, fu uno dei primi a cadere nell’e- supporto sperimentale ai concetti di elemento e di composto, conferman- quivoco di credere alla teoria del flogisto. Il punto più debole della teoria era do la struttura della materia in termini di particelle microscopiche (fig. 4). rappresentato dall’aumento di peso dei metalli per calcinazione, in contrasto Robert Boyle era l’ultimo figlio del primo conte di Cork, ricco signorot- con l’idea che nella calcinazione si perdesse flogisto. Un chimico di Digione, to protestante di discussa reputazione, perché coinvolto nelle manovre di Jean-Pierre Chardenon (1714-1769), aveva spiegato questa contraddizione colonizzazione inglese dell’Irlanda. Il giovane Boyle fu prima educato nel sostenendo che il peso del flogisto fosse diverso da quello degli altri corpi e collegio di Eton in Inghilterra, e poi inviato, giunto all’età di dodici an- potesse addirittura essere negativo. Guyton riprese le idee di Chardenon e ni, in giro per l’Europa sotto la guida privata di un cappellano del padre. decise di dimostrare sperimentalmente che l’aumento fosse dovuto al peso Nel 1641 studiò l’italiano e visitò Venezia e l’anno successivo Firenze. La negativo del flogisto emesso. In un articolo intitolato Dissertation sur le ph- notizia della morte di Galileo nella sua villa di Arcetri fu un evento che logistique considéré comme corps grave, presentato all’Accademia di Digione colpì molto la sua sensibilità durante la sua permanenza a Firenze e che nel 1770 e pubblicato nel 1772 (de Morveau 1772), propose il seguente espe- contribuì a orientare il suo futuro verso lo studio delle scienze. Rientrato rimento: due pezzi di piombo dello stesso peso, posti nei due piatti di una in Inghilterra nel 1644, visse per circa sei anni nel Dorset, dedicandosi al- bilancia si trovano in perfetto equilibrio. Se a uno dei due piatti si attacca lo studio di argomenti morali e religiosi. Nel 1649 una svolta importante un tappo di sughero, il piatto si abbassa. Ma se il tutto è immerso in acqua, decise però il suo futuro, grazie alla costruzione in casa di un laboratorio allora il piatto con il sughero s’innalza mentre l’altro si abbassa. Ecco quin- scientifico (Boas Hall 1967), operazione che sviluppò in lui l’interesse per di – concludeva Guyton – un’aggiunta di materia che fa diminuire il peso! la ricerca sperimentale che l’accompagnerà per tutta la vita. Nel 1650 fu DA VAN HELMONT A BOYLE 111 112 STORIA DELLA CHIMICA co nel trattato Specimen Becherianum. Nel mondo inorganico un metallo Fu solo dopo aver conosciuto Lavoisier ed essersi associato al suo gruppo poteva essere trasformato con perdita e poi con riacquisto di flogisto. Nel che si convinse di aver sostenuto una posizione sbagliata. mondo organico invece il flogisto non giocava alcun ruolo, giacché era Per una definitiva eliminazione della teoria del flogisto era però necessa- impossibile, usando carbone, riformare un vegetale dalle sue ceneri co- rio un profondo cambiamento dei paradigmi della chimica, cambiamento me avveniva per le ‘calci’. Nel mondo organico quindi doveva esistere un che avvenne con l’affermazione della teoria della combustione di Lavoisier. ‘principio vitale’ che andava perduto nella combustione. La chimica non divenne però nel XVII secolo parte integrante della Il flogisto era volatile e non gravitava verso il basso, ma tendeva a sa- grande rivoluzione scientifica, che aveva caratterizzato l’esplosione della lire. Molti studiosi del XVIII secolo seguendo le idee di Stahl, pensavano fisica legata ai nomi di Copernico, Galileo, Keplero, Bacone e Newton. La che avesse addirittura peso negativo e quindi quando si allontanava dai chimica diventerà una vera scienza, con una solida struttura teorica e con corpi il loro peso aumentava. una corretta metodologia sperimentale, solo più tardi, grazie a Boyle, La- Anche se la teoria di Stahl ebbe enorme diffusione in Europa, serie cri- voisier, Avogadro, Cannizzaro, Dalton e Mendeleev, che contribuirono alla tiche alla teoria del flogisto cominciavano presto a prendere corpo e affer- definizione di un metodo quantitativo di analisi e alla definitiva accetta- marsi, critiche che circolando tra i ‘nuovi chimici’ sempre più rendevano zione della teoria atomica. Il XV e il XVI secolo videro invece un grande evidenti le incongruenze della teoria, soprattutto l’idea che il flogisto non sviluppo della chimica analitica per via umida. Nell’analisi per via umida avesse peso o addirittura avesse peso negativo. Già nel 1590 Galileo aveva l’oggetto da analizzare era visibile, aveva una sua presenza fisica, un suo mostrato che tutti i corpi hanno un peso e che pertanto non era possibi- colore, spesso un odore specifico e presentava una serie di comportamenti le, come sostenevano gli aristotelici, che il fuoco non avesse peso. Anco- direttamente osservabili. Nel mondo dei composti visibili e toccabili non ra più dirette erano poi le obiezioni dei fisici seguaci di Newton, ai quali c’era ancora posto per i gas, impalpabili e soprattutto invisibili. L’aria era sembrava giustamente che non potesse esistere un qualcosa al mondo che l’unico gas noto ma i chimici non avevano ancora a disposizione le tecni- andasse contro la legge di gravità. Le esperienze di Evangelista Torricelli che per studiarne le proprietà. Che l’aria fosse indispensabile per la respi- e di Blaise Pascal avevano infine chiaramente provato che l’aria ha un pe- razione e per la combustione era ormai evidente, ma la funzione dell’aria so, ma le critiche più severe venivano proprio dai chimici che avevano or- sembrava essere solo quella di contenere il flogisto, l’unico responsabile mai imparato a usare la bilancia e a seguire con vero metodo scientifico le della combustione. Solo quando i chimici impararono a conservare que- reazioni in cui il flogisto doveva abbandonare una sostanza o combinarsi sta impalpabile e invisibile materia in palloni, cilindri, matracci e flaconi con essa. Risultava infatti difficile spiegare come mai usando il fuoco il capovolti in un liquido, la chimica riuscì a sviluppare le tecniche per stu- flogisto invece di allontanarsi grazie al suo peso negativo reagisse con la diare lo stato gassoso. Da quel momento la chimica pneumatica, cioè lo calce riformando il metallo; oppure come mai il flogisto, una volta allon- studio del comportamento dei gas, divenne parte centrale dell’attività di tanatosi dalla superficie della terra grazie al suo peso negativo, potesse ri- ricerca del XVIII secolo soprattutto in Inghilterra e, in seguito, in Francia. tornarci per rifluire nei composti. Il primo che capì come manipolare i gas fu l’inglese Robert Boyle (1627- Guyton de Morveau, uno dei più stretti collaboratori di Lavoisier e autore 1691), che, con esperimenti accuratamente controllati, fornì il necessario con lui della nuova nomenclatura chimica, fu uno dei primi a cadere nell’e- supporto sperimentale ai concetti di elemento e di composto, conferman- quivoco di credere alla teoria del flogisto. Il punto più debole della teoria era do la struttura della materia in termini di particelle microscopiche (fig. 4). rappresentato dall’aumento di peso dei metalli per calcinazione, in contrasto Robert Boyle era l’ultimo figlio del primo conte di Cork, ricco signorot- con l’idea che nella calcinazione si perdesse flogisto. Un chimico di Digione, to protestante di discussa reputazione, perché coinvolto nelle manovre di Jean-Pierre Chardenon (1714-1769), aveva spiegato questa contraddizione colonizzazione inglese dell’Irlanda. Il giovane Boyle fu prima educato nel sostenendo che il peso del flogisto fosse diverso da quello degli altri corpi e collegio di Eton in Inghilterra, e poi inviato, giunto all’età di dodici an- potesse addirittura essere negativo. Guyton riprese le idee di Chardenon e ni, in giro per l’Europa sotto la guida privata di un cappellano del padre. decise di dimostrare sperimentalmente che l’aumento fosse dovuto al peso Nel 1641 studiò l’italiano e visitò Venezia e l’anno successivo Firenze. La negativo del flogisto emesso. In un articolo intitolato Dissertation sur le ph- notizia della morte di Galileo nella sua villa di Arcetri fu un evento che logistique considéré comme corps grave, presentato all’Accademia di Digione colpì molto la sua sensibilità durante la sua permanenza a Firenze e che nel 1770 e pubblicato nel 1772 (de Morveau 1772), propose il seguente espe- contribuì a orientare il suo futuro verso lo studio delle scienze. Rientrato rimento: due pezzi di piombo dello stesso peso, posti nei due piatti di una in Inghilterra nel 1644, visse per circa sei anni nel Dorset, dedicandosi al- bilancia si trovano in perfetto equilibrio. Se a uno dei due piatti si attacca lo studio di argomenti morali e religiosi. Nel 1649 una svolta importante un tappo di sughero, il piatto si abbassa. Ma se il tutto è immerso in acqua, decise però il suo futuro, grazie alla costruzione in casa di un laboratorio allora il piatto con il sughero s’innalza mentre l’altro si abbassa. Ecco quin- scientifico (Boas Hall 1967), operazione che sviluppò in lui l’interesse per di – concludeva Guyton – un’aggiunta di materia che fa diminuire il peso! la ricerca sperimentale che l’accompagnerà per tutta la vita. Nel 1650 fu DA VAN HELMONT A BOYLE 113 114 STORIA DELLA CHIMICA accettato come membro del collegio invisibile fondato a Londra dall’esule Von Guericke era divenuto famoso per l’esperimento con il quale nella polacco Samuel Hartlib (1600-1662), un circolo d’intellettuali interessa- piazza centrale di Regensburg aveva mostrato all’imperatore Ferdinando ti tra l’altro allo studio della chimica per il suo significato nella filosofia III come due gruppi di otto cavalli non riuscissero a staccare le due sezio- naturale. Del gruppo faceva parte l’alchimista scozzese , ni di una sfera (gli emisferi di Magdeburgo) da cui era stata pompata via proveniente dalle Bermuda, che lo iniziò allo studio e alla lettura dei te- l’aria, operazione che allora corrispondeva concettualmente ad aver ‘fatto sti alchemici. Il libro di George Ripley, Marrow of , rappresentò a il vuoto’ (von Guericke 1672). Questo esperimento in favore dell’esistenza lungo per lui, come per molti altri alchimisti inglesi, la base per lo studio del vuoto aveva sconvolto le idee degli aristotelici e dei cartesiani, mentre delle conoscenze del tempo in questa materia. Nel libro erano menziona- offriva un importante supporto alla teoria atomica. te tre pietre, quella minerale capace di trasformare i metalli vili in quelli Boyle nel 1658 costruì, con l’aiuto di Robert Hooke che aveva assunto nobili, quella vegetale capace di far guarire gli infermi e quella multi-fun- come assistente, una pompa pneumatica più efficiente e maneggevole di zionale capace di compiere da sola le due operazioni. quella di von Guericke (fig. 2) e si dedicò allo studio della combustione e della respirazione. Le ricerche sull’aria lo portarono a scoprire la relazione che esiste tra volume e pressione e a formulare la legge dei gas ideali che porta il suo nome. La macchina pneumatica e gli esperimenti sull’aria fu- rono presentati nel più importante contributo scientifico di Boyle,New ex- periments Physico-Mechanical touching the Spring of the Air and its Effects (Boyle 1962), nel quale Boyle dovette anche difendere la sua interpretazione degli esperimenti di Torricelli sul vuoto dalle critiche avanzate dal gesuita Francis Line, Franciscus Linus (1595-1675), e da Thomas Hobbes che con- siderava i risultati di Boyle sui gas una semplice conferma delle sue idee e rivendicava una specie di priorità non basata però su esperimenti concreti. La legge di Boyle sulla relazione tra pressione e volume dei gas comparve in forma definitiva in una seconda edizione dei New Experiments del 1662. Nel 1676 l’abate francese Edme Mariotte riformulò poi la legge di Boyle con maggiore precisione, specificando anche la dipendenza dalla temperatura.

Figura 4 – Robert Boyle, scienziato inglese di origine irlandese, è stato uno dei primi sostenitori del metodo scientifico e fondatore della chimica moderna.

Un’espressione molto usata dagli alchimisti nel tardo Medioevo e poi giunta fino all’epoca moderna era quella di Philalethes (amante della veri- tà). È quindi molto probabile, come alcuni storici sostengono, che George Starkey abbia utilizzato lo pseudonimo di Filalete in suoi scritti poste- riori. Poiché Starkey pubblicò la prima edizione del libro The Marrow of Alchemy di George Ripley, è stato anche sostenuto da molti che fosse ad- dirittura lui l’autore di un gruppo di 16 pubblicazioni attribuite a Ireneo Filalete, ‘cittadino del mondo’. Nel 1654 Boyle si trasferì a Oxford per riunirsi al gruppo di filosofi naturali di John Wilkins (1614-1672) che diedero vita nel 1661 alla Royal Society di cui Boyle fu prima fondatore, poi membro del consiglio e poi decano (Abbri 1988b e 1988c). Il contributo più importante di Boyle alla chimica riguarda i suoi stu- di sui gas e in particolare sull’aria, resi possibili dall’utilizzo della pompa pneumatica, inventata in Germania da Otto von Guericke (1602-1686). Figura 5 – La pompa pneumatica di Boyle. DA VAN HELMONT A BOYLE 113 114 STORIA DELLA CHIMICA accettato come membro del collegio invisibile fondato a Londra dall’esule Von Guericke era divenuto famoso per l’esperimento con il quale nella polacco Samuel Hartlib (1600-1662), un circolo d’intellettuali interessa- piazza centrale di Regensburg aveva mostrato all’imperatore Ferdinando ti tra l’altro allo studio della chimica per il suo significato nella filosofia III come due gruppi di otto cavalli non riuscissero a staccare le due sezio- naturale. Del gruppo faceva parte l’alchimista scozzese George Starkey, ni di una sfera (gli emisferi di Magdeburgo) da cui era stata pompata via proveniente dalle Bermuda, che lo iniziò allo studio e alla lettura dei te- l’aria, operazione che allora corrispondeva concettualmente ad aver ‘fatto sti alchemici. Il libro di George Ripley, Marrow of Alchemy, rappresentò a il vuoto’ (von Guericke 1672). Questo esperimento in favore dell’esistenza lungo per lui, come per molti altri alchimisti inglesi, la base per lo studio del vuoto aveva sconvolto le idee degli aristotelici e dei cartesiani, mentre delle conoscenze del tempo in questa materia. Nel libro erano menziona- offriva un importante supporto alla teoria atomica. te tre pietre, quella minerale capace di trasformare i metalli vili in quelli Boyle nel 1658 costruì, con l’aiuto di Robert Hooke che aveva assunto nobili, quella vegetale capace di far guarire gli infermi e quella multi-fun- come assistente, una pompa pneumatica più efficiente e maneggevole di zionale capace di compiere da sola le due operazioni. quella di von Guericke (fig. 2) e si dedicò allo studio della combustione e della respirazione. Le ricerche sull’aria lo portarono a scoprire la relazione che esiste tra volume e pressione e a formulare la legge dei gas ideali che porta il suo nome. La macchina pneumatica e gli esperimenti sull’aria fu- rono presentati nel più importante contributo scientifico di Boyle,New ex- periments Physico-Mechanical touching the Spring of the Air and its Effects (Boyle 1962), nel quale Boyle dovette anche difendere la sua interpretazione degli esperimenti di Torricelli sul vuoto dalle critiche avanzate dal gesuita Francis Line, Franciscus Linus (1595-1675), e da Thomas Hobbes che con- siderava i risultati di Boyle sui gas una semplice conferma delle sue idee e rivendicava una specie di priorità non basata però su esperimenti concreti. La legge di Boyle sulla relazione tra pressione e volume dei gas comparve in forma definitiva in una seconda edizione dei New Experiments del 1662. Nel 1676 l’abate francese Edme Mariotte riformulò poi la legge di Boyle con maggiore precisione, specificando anche la dipendenza dalla temperatura.

Figura 4 – Robert Boyle, scienziato inglese di origine irlandese, è stato uno dei primi sostenitori del metodo scientifico e fondatore della chimica moderna.

Un’espressione molto usata dagli alchimisti nel tardo Medioevo e poi giunta fino all’epoca moderna era quella di Philalethes (amante della veri- tà). È quindi molto probabile, come alcuni storici sostengono, che George Starkey abbia utilizzato lo pseudonimo di Filalete in suoi scritti poste- riori. Poiché Starkey pubblicò la prima edizione del libro The Marrow of Alchemy di George Ripley, è stato anche sostenuto da molti che fosse ad- dirittura lui l’autore di un gruppo di 16 pubblicazioni attribuite a Ireneo Filalete, ‘cittadino del mondo’. Nel 1654 Boyle si trasferì a Oxford per riunirsi al gruppo di filosofi naturali di John Wilkins (1614-1672) che diedero vita nel 1661 alla Royal Society di cui Boyle fu prima fondatore, poi membro del consiglio e poi decano (Abbri 1988b e 1988c). Il contributo più importante di Boyle alla chimica riguarda i suoi stu- di sui gas e in particolare sull’aria, resi possibili dall’utilizzo della pompa pneumatica, inventata in Germania da Otto von Guericke (1602-1686). Figura 5 – La pompa pneumatica di Boyle. DA VAN HELMONT A BOYLE 115 116 STORIA DELLA CHIMICA

Boyle era un empirista convinto dell’importanza degli esperimenti che considerava formato dall’unione di uno spirito acido con un alcali e scientifici e sosteneva che solo gli esperimenti possono giustificare le teo- che nella combustione si combinava con il materiale che bruciava. Mayow rie, mentre Hooke pensava invece che le teorie nascono dal ragionamen- sostenne anche che le stesse particelle venivano consumate sia nella respi- to (Boas 1958). Robert Hooke (1635-1703), nato a Freshwater nell’isola di razione che nella formazione delle calci dei metalli facendone aumentare Wight ed educato a Westminster e a Oxford, era non solo uno straordina- il peso. Bruciando una candela accesa in un vaso nel quale aveva chiuso rio sperimentatore e inventore di strumenti scientifici, ma anche un eccel- un piccolo animaletto, notò che dopo poco la candela si spegneva e che lente teorico con una solida preparazione filosofica e matematica (Jardine dopo un certo tempo l’animale moriva. 2003). Lo stesso Boyle sosteneva apertamente che solo grazie alle sue spie- La formazione scientifica di Boyle era stata condizionata dallo speri- gazioni era riuscito a capire la filosofia di Cartesio. Nel 1665 Hooke diven- mentalismo di Bacone e dall’ammirazione che nutriva per il meccanici- ne professore di geometria al Gresham College di Londra e fu nominato smo di Cartesio. La lettura delle opere degli alchimisti lo convinsero che membro della Royal Society. le teorie di Aristotele e di Paracelso non potevano spiegare correttamente Boyle fece nella sua vita molti esperimenti sulla respirazione, sulla com- il gran numero di risultati sperimentali disponibili. Al contrario era con- bustione e sulla propagazione dei suoni utilizzando topi, uccelli e cande- vinto che le teorie corpuscolari offrissero spiegazioni soddisfacenti per le per valutare l’influenza dell’aria, convinto dalla lettura dei testi di van tutte le esperienze chimiche che conosceva. Per mostrare con certezza l’as- Helmont che l’aria fosse un fluido elastico nel quale erano sospese parti- surdità della teoria degli elementi di Aristotele e di Paracelso e per fornire celle capaci di arrugginire il ferro, di far ardere le candele e di far vivere una seria base corpuscolare alle teorie chimiche, Boyle pubblicò nel 1661 gli animali. L’importanza dell’aria nei processi di combustione era già sta- il suo libro più famoso, The sceptical Chymist (Boyle 1661), che ridicoliz- ta discussa dal medico francese Jean Rey (1582-1645), che nel 1630 aveva zava grazie a una critica serrata chimica dei peripatetici e degli iatrochi- pubblicato un libretto intitolato Sur la recherche de la cause pour laquelle mici (fig. 6). Il chimico scettico era scritto nella forma di un dialogo tra l’Estain et le Plomb augmentent de poids quand on les calcine. Rey soste- quattro interlocutori, uno scettico Carneade (Carneades) partigiano del- neva che l’aumento di peso dei due materiali col riscaldamento era dovu- la tesi di Boyle, un peripatetico Temistio (Themistitius), un paracelsiano to al peso dell’aria che si aggiungeva al peso naturale del piombo e dello Filopono (Phyloponus) e il moderatore della discussione Eleuterio (Eleu- stagno per formare i relativi ossidi. Rey sosteneva anche che l’aria, come therius). Il libro è di difficile lettura perché scritto con uno stile verboso e tutte le entità fisiche, dovesse avere un peso, tesi che già Galileo aveva già spesso involuto e dispersivo, ma il suo contenuto, in gran parte già presen- sostenuto nel 1590. Lo stesso concetto fu poi espresso da Hooke nel 1665 tato in un testo molto più chiaro del 1658, distrugge uno per uno tutti gli nel trattato Micrographia (Hooke 1665), che riscosse un enorme interesse argomenti dei sostenitori della teoria degli elementi aristotelici. La critica pubblico perché per la prima volta presentava le immagini d’insetti picco- di Boyle rimise in discussione anche l’idea di utilizzare il fuoco per ana- lissimi, visti con il nuovo sistemo di lenti, il microscopio, che consentiva lizzare i composti, facendo notare che con differenti metodi di analisi si di ingrandire oggetti di piccole dimensioni per permetterne l’osservazio- ottengono risultati differenti e che in ogni caso il fuoco non può provare ne diretta e rendeva ben visibili animaletti microscopici, pulci o ascaridi, che tutte le sostanze sono composte dallo stesso numero di elementi. Tra accuratamente disegnate dallo stesso Hooke. i tanti esempi che presentava quello più noto riguardava la combustione Agli inizi del 1660 Hooke aveva sviluppata una sua teoria della com- del legno di guaiaco che, bruciando all’aria aperta in un camino si trasfor- bustione in cui sosteneva che l’aria contenesse una essenza ‘nitrosa’ capa- ma in cenere e fuliggine, mentre distillato in una storta produce diversi ce di reagire con le sostanze dando luogo anche a esplosioni, nonché una componenti, olio, spirito, aceto, acqua e carbone. parte inerte o ‘fissa’. Ancora più importanti per lo sviluppo della teoria In seguito i principi della sua filosofia naturale esposti nello Sceptical della combustione e per la scoperta dell’ossigeno furono le idee del chimi- Chymist trovarono forma più esatta e un’esposizione più chiara e com- co e fisiologo inglese John Mayow (1643-1679), allievo di Boyle e dal 1660 prensibile nei testi successivi, The Origin and Forms of Qualities del 1666 membro della Royal Society. Mayow fu autore nel 1668 di due opuscoli e About the Excellency and Grounds of the Mechanical Phylosophy del 1674 riuniti in un suo famoso libro intitolato Tractatus duo sulla respirazione (Boas Hall 1965). e il rachitismo, il cui contenuto fu poi ristampato nel 1674 nel Tractatus Per gli alchimisti gli elementi avevano concettualmente un significato quinque con l’aggiunta di tre nuove parti sullo spirito nitro-aereo, sulla molto diverso da quello di oggi. Erano essenzialmente proprietà fisiche respirazione fetale e sul movimento muscolare (Sternbach, Varon 2004). della materia non isolabili, perché non materiali. Nello schema ereditato Mayow, convinto dagli esperimenti di Boyle che l’aria fosse indispen- dagli alchimisti arabi lo zolfo rappresentava la combustibilità, il mercurio sabile alla combustione, dimostrò che il fuoco è alimentato da una par- la volatilità, l’acqua la liquidità e così di seguito. Nella concezione di Boyle te più sottile dell’aria che chiamò spiritus igneo-aereus e che identificava gli elementi erano invece i soli responsabili delle proprietà fisiche dei corpi come la parte attiva della decomposizione del nitrato di potassio, KNO3, ed erano essi stessi indistruttibili. Le reazioni chimiche non cambiavano DA VAN HELMONT A BOYLE 115 116 STORIA DELLA CHIMICA

Boyle era un empirista convinto dell’importanza degli esperimenti che considerava formato dall’unione di uno spirito acido con un alcali e scientifici e sosteneva che solo gli esperimenti possono giustificare le teo- che nella combustione si combinava con il materiale che bruciava. Mayow rie, mentre Hooke pensava invece che le teorie nascono dal ragionamen- sostenne anche che le stesse particelle venivano consumate sia nella respi- to (Boas 1958). Robert Hooke (1635-1703), nato a Freshwater nell’isola di razione che nella formazione delle calci dei metalli facendone aumentare Wight ed educato a Westminster e a Oxford, era non solo uno straordina- il peso. Bruciando una candela accesa in un vaso nel quale aveva chiuso rio sperimentatore e inventore di strumenti scientifici, ma anche un eccel- un piccolo animaletto, notò che dopo poco la candela si spegneva e che lente teorico con una solida preparazione filosofica e matematica (Jardine dopo un certo tempo l’animale moriva. 2003). Lo stesso Boyle sosteneva apertamente che solo grazie alle sue spie- La formazione scientifica di Boyle era stata condizionata dallo speri- gazioni era riuscito a capire la filosofia di Cartesio. Nel 1665 Hooke diven- mentalismo di Bacone e dall’ammirazione che nutriva per il meccanici- ne professore di geometria al Gresham College di Londra e fu nominato smo di Cartesio. La lettura delle opere degli alchimisti lo convinsero che membro della Royal Society. le teorie di Aristotele e di Paracelso non potevano spiegare correttamente Boyle fece nella sua vita molti esperimenti sulla respirazione, sulla com- il gran numero di risultati sperimentali disponibili. Al contrario era con- bustione e sulla propagazione dei suoni utilizzando topi, uccelli e cande- vinto che le teorie corpuscolari offrissero spiegazioni soddisfacenti per le per valutare l’influenza dell’aria, convinto dalla lettura dei testi di van tutte le esperienze chimiche che conosceva. Per mostrare con certezza l’as- Helmont che l’aria fosse un fluido elastico nel quale erano sospese parti- surdità della teoria degli elementi di Aristotele e di Paracelso e per fornire celle capaci di arrugginire il ferro, di far ardere le candele e di far vivere una seria base corpuscolare alle teorie chimiche, Boyle pubblicò nel 1661 gli animali. L’importanza dell’aria nei processi di combustione era già sta- il suo libro più famoso, The sceptical Chymist (Boyle 1661), che ridicoliz- ta discussa dal medico francese Jean Rey (1582-1645), che nel 1630 aveva zava grazie a una critica serrata chimica dei peripatetici e degli iatrochi- pubblicato un libretto intitolato Sur la recherche de la cause pour laquelle mici (fig. 6). Il chimico scettico era scritto nella forma di un dialogo tra l’Estain et le Plomb augmentent de poids quand on les calcine. Rey soste- quattro interlocutori, uno scettico Carneade (Carneades) partigiano del- neva che l’aumento di peso dei due materiali col riscaldamento era dovu- la tesi di Boyle, un peripatetico Temistio (Themistitius), un paracelsiano to al peso dell’aria che si aggiungeva al peso naturale del piombo e dello Filopono (Phyloponus) e il moderatore della discussione Eleuterio (Eleu- stagno per formare i relativi ossidi. Rey sosteneva anche che l’aria, come therius). Il libro è di difficile lettura perché scritto con uno stile verboso e tutte le entità fisiche, dovesse avere un peso, tesi che già Galileo aveva già spesso involuto e dispersivo, ma il suo contenuto, in gran parte già presen- sostenuto nel 1590. Lo stesso concetto fu poi espresso da Hooke nel 1665 tato in un testo molto più chiaro del 1658, distrugge uno per uno tutti gli nel trattato Micrographia (Hooke 1665), che riscosse un enorme interesse argomenti dei sostenitori della teoria degli elementi aristotelici. La critica pubblico perché per la prima volta presentava le immagini d’insetti picco- di Boyle rimise in discussione anche l’idea di utilizzare il fuoco per ana- lissimi, visti con il nuovo sistemo di lenti, il microscopio, che consentiva lizzare i composti, facendo notare che con differenti metodi di analisi si di ingrandire oggetti di piccole dimensioni per permetterne l’osservazio- ottengono risultati differenti e che in ogni caso il fuoco non può provare ne diretta e rendeva ben visibili animaletti microscopici, pulci o ascaridi, che tutte le sostanze sono composte dallo stesso numero di elementi. Tra accuratamente disegnate dallo stesso Hooke. i tanti esempi che presentava quello più noto riguardava la combustione Agli inizi del 1660 Hooke aveva sviluppata una sua teoria della com- del legno di guaiaco che, bruciando all’aria aperta in un camino si trasfor- bustione in cui sosteneva che l’aria contenesse una essenza ‘nitrosa’ capa- ma in cenere e fuliggine, mentre distillato in una storta produce diversi ce di reagire con le sostanze dando luogo anche a esplosioni, nonché una componenti, olio, spirito, aceto, acqua e carbone. parte inerte o ‘fissa’. Ancora più importanti per lo sviluppo della teoria In seguito i principi della sua filosofia naturale esposti nello Sceptical della combustione e per la scoperta dell’ossigeno furono le idee del chimi- Chymist trovarono forma più esatta e un’esposizione più chiara e com- co e fisiologo inglese John Mayow (1643-1679), allievo di Boyle e dal 1660 prensibile nei testi successivi, The Origin and Forms of Qualities del 1666 membro della Royal Society. Mayow fu autore nel 1668 di due opuscoli e About the Excellency and Grounds of the Mechanical Phylosophy del 1674 riuniti in un suo famoso libro intitolato Tractatus duo sulla respirazione (Boas Hall 1965). e il rachitismo, il cui contenuto fu poi ristampato nel 1674 nel Tractatus Per gli alchimisti gli elementi avevano concettualmente un significato quinque con l’aggiunta di tre nuove parti sullo spirito nitro-aereo, sulla molto diverso da quello di oggi. Erano essenzialmente proprietà fisiche respirazione fetale e sul movimento muscolare (Sternbach, Varon 2004). della materia non isolabili, perché non materiali. Nello schema ereditato Mayow, convinto dagli esperimenti di Boyle che l’aria fosse indispen- dagli alchimisti arabi lo zolfo rappresentava la combustibilità, il mercurio sabile alla combustione, dimostrò che il fuoco è alimentato da una par- la volatilità, l’acqua la liquidità e così di seguito. Nella concezione di Boyle te più sottile dell’aria che chiamò spiritus igneo-aereus e che identificava gli elementi erano invece i soli responsabili delle proprietà fisiche dei corpi come la parte attiva della decomposizione del nitrato di potassio, KNO3, ed erano essi stessi indistruttibili. Le reazioni chimiche non cambiavano DA VAN HELMONT A BOYLE 117 118 STORIA DELLA CHIMICA la natura degli elementi, ma solo il tipo e il numero delle loro combinazio- ni e ingenuità. Per esempio Boyle considerava tutti i metalli, anche quelli ni nei composti. Gli elementi erano i soli corpi semplici esistenti in natu- più semplici, come composti di ‘qualità’ aristoteliche e pertanto accettava ra; non erano decomponibili in altri ancora più semplici e il loro numero la possibilità della loro trasmutazione. Questa sua fiducia nella possibilità era limitato, ma non necessariamente piccolo. Solo l’insieme delle analisi di trasmutazione degli elementi lo spinse a cercare di confermare in labo- e delle reazioni di laboratorio poteva decidere la definizione di elemento ratorio molte delle ricette descritte dagli alchimisti, prendendo sul serio che doveva indicare una realtà fisica e non una concezione astratta priva le loro oscure e fantasiose descrizioni di processi chimici. di fondamento sperimentale. Nonostante le sue credenze alchemiche, Boyle aveva idee chiare sul numero e sulla natura degli elementi chimici. Boyle era un seguace del corpuscolarismo e credeva nell’esistenza del vuoto sulla base di una for- ma di atomismo sotto molti aspetti derivata dal materialismo di Carte- sio. I ‘corpuscoli’ di Boyle erano ovviamente diversi da quelli di Epicuro e di Gassendi, giacché formati tutti della stessa materia primordiale, ma con dimensioni, forma e movimento diversi. Le reazioni chimiche erano dovute a cambiamenti dell’organizzazione della materia, prodotti dalla fusione di gruppi di corpuscoli e dall’intrappolamento o dal rilascio di singoli corpuscoli da gruppi di essi. Il fatto che i corpuscoli non fossero direttamente osservabili non co- stituiva però una complicazione nemmeno per un empirista come Boyle. I corpuscoli erano descritti in termini di comportamenti e di proprietà confrontabili con l’esperienza a livello del mondo macroscopico, ed erano associati agli oggetti del mondo fisico sulla base di ragionamenti ipote- tico-deduttivi, ereditati dalla logica cartesiana. Pertanto il test del valore di un’ipotesi restava empirico, nel senso che dipendeva dal confronto tra le conseguenze dedotte dal ragionamento e il risultato degli esperimenti, cioè dal successo delle predizioni della teoria. Nel XVII secolo l’alchimia in Europa vide aumentare il numero di per- sonaggi fantasiosi che con il loro comportamento non solo abbassarono il livello culturale delle attività alchemiche, ma addirittura ne ridicolizza- rono il comportamento. Uno dei personaggi più strani di questo tipo fu il Figura 6 – Frontespizio del libro The Sceptical Chymist (Il chimico scettico), scritto da medico, avventuriero ed eretico italiano Giuseppe Francesco Borri (1627- Boyle nel 1661. 1695), nato nobile, che da giovane aveva studiato nel seminario dei gesuiti di Roma, ma ne era stato espulso nel 1649 per aver capeggiato una rivolta Nel XVII secolo, in conseguenza del fatto che le analisi chimiche era- di studenti. Dopo aver studiato alchimia e medicina mentre lavorava co- no ben lontane dall’essere perfette e riproducibili, non era in realtà facile me paggio in Vaticano, si spostò nel 1656 a Milano a causa del colera e, stabilire quale sostanza fosse un elemento e quale un composto. I proce- probabilmente affetto da lue, si curò con un farmaco a base di mercurio, dimenti per la purificazione dei composti e per il loro isolamento miglio- che lo mandò in delirio mistico. Dopo aver capeggiato a Milano nel 1658 ravano lentamente e solo all’inizio del XVIII secolo l’analisi quantitativa la rivolta antispagnola fuggì in Svizzera e fu condannato per eresia in con- divenne una parte importante della nuova chimica rendendo possibile tumacia. In Svizzera continuò a curarsi col mercurio, esercitando anche ottenere composti abbastanza puri. la professione di medico che curava la sifilide. Si spostò a Innsbruck, poi a Nel XVII secolo la parola chymistry indicava in Inghilterra l’insieme Strasburgo e infine ad Amsterdam, dove ebbe un certo successo come me- indistricabile del sapere alchemico e della nuova scienza chimica articola- dico, e curò la sifilide a molti importanti personaggi della sua epoca. L’abi- to su diverse problematiche che andavano dalle tecniche di preparazione lità da lui acquisita nel trattare il mercurio in tutti i suoi composti ne fece di coloranti, minerali, acidi e distillati alcolici alla descrizione delle tec- un brillante alchimista dell’epoca, e già ad Amsterdam nel 1664 pubblicò niche di laboratorio come distillazione e sublimazione. In una situazione il suo primo testo alchemico: gli Specimina quinque chymiae Hyppocra- così complessa, non ancora purificata dalle elucubrazioni degli alchimisti, ticae. A causa di molti debiti fu però ben presto costretto a fuggire anche l’idea di elemento di Boyle non poteva non contenere anche contraddizio- da Amsterdam. Perseguitato dalle autorità sia cattoliche sia protestanti si DA VAN HELMONT A BOYLE 117 118 STORIA DELLA CHIMICA la natura degli elementi, ma solo il tipo e il numero delle loro combinazio- ni e ingenuità. Per esempio Boyle considerava tutti i metalli, anche quelli ni nei composti. Gli elementi erano i soli corpi semplici esistenti in natu- più semplici, come composti di ‘qualità’ aristoteliche e pertanto accettava ra; non erano decomponibili in altri ancora più semplici e il loro numero la possibilità della loro trasmutazione. Questa sua fiducia nella possibilità era limitato, ma non necessariamente piccolo. Solo l’insieme delle analisi di trasmutazione degli elementi lo spinse a cercare di confermare in labo- e delle reazioni di laboratorio poteva decidere la definizione di elemento ratorio molte delle ricette descritte dagli alchimisti, prendendo sul serio che doveva indicare una realtà fisica e non una concezione astratta priva le loro oscure e fantasiose descrizioni di processi chimici. di fondamento sperimentale. Nonostante le sue credenze alchemiche, Boyle aveva idee chiare sul numero e sulla natura degli elementi chimici. Boyle era un seguace del corpuscolarismo e credeva nell’esistenza del vuoto sulla base di una for- ma di atomismo sotto molti aspetti derivata dal materialismo di Carte- sio. I ‘corpuscoli’ di Boyle erano ovviamente diversi da quelli di Epicuro e di Gassendi, giacché formati tutti della stessa materia primordiale, ma con dimensioni, forma e movimento diversi. Le reazioni chimiche erano dovute a cambiamenti dell’organizzazione della materia, prodotti dalla fusione di gruppi di corpuscoli e dall’intrappolamento o dal rilascio di singoli corpuscoli da gruppi di essi. Il fatto che i corpuscoli non fossero direttamente osservabili non co- stituiva però una complicazione nemmeno per un empirista come Boyle. I corpuscoli erano descritti in termini di comportamenti e di proprietà confrontabili con l’esperienza a livello del mondo macroscopico, ed erano associati agli oggetti del mondo fisico sulla base di ragionamenti ipote- tico-deduttivi, ereditati dalla logica cartesiana. Pertanto il test del valore di un’ipotesi restava empirico, nel senso che dipendeva dal confronto tra le conseguenze dedotte dal ragionamento e il risultato degli esperimenti, cioè dal successo delle predizioni della teoria. Nel XVII secolo l’alchimia in Europa vide aumentare il numero di per- sonaggi fantasiosi che con il loro comportamento non solo abbassarono il livello culturale delle attività alchemiche, ma addirittura ne ridicolizza- rono il comportamento. Uno dei personaggi più strani di questo tipo fu il Figura 6 – Frontespizio del libro The Sceptical Chymist (Il chimico scettico), scritto da medico, avventuriero ed eretico italiano Giuseppe Francesco Borri (1627- Boyle nel 1661. 1695), nato nobile, che da giovane aveva studiato nel seminario dei gesuiti di Roma, ma ne era stato espulso nel 1649 per aver capeggiato una rivolta Nel XVII secolo, in conseguenza del fatto che le analisi chimiche era- di studenti. Dopo aver studiato alchimia e medicina mentre lavorava co- no ben lontane dall’essere perfette e riproducibili, non era in realtà facile me paggio in Vaticano, si spostò nel 1656 a Milano a causa del colera e, stabilire quale sostanza fosse un elemento e quale un composto. I proce- probabilmente affetto da lue, si curò con un farmaco a base di mercurio, dimenti per la purificazione dei composti e per il loro isolamento miglio- che lo mandò in delirio mistico. Dopo aver capeggiato a Milano nel 1658 ravano lentamente e solo all’inizio del XVIII secolo l’analisi quantitativa la rivolta antispagnola fuggì in Svizzera e fu condannato per eresia in con- divenne una parte importante della nuova chimica rendendo possibile tumacia. In Svizzera continuò a curarsi col mercurio, esercitando anche ottenere composti abbastanza puri. la professione di medico che curava la sifilide. Si spostò a Innsbruck, poi a Nel XVII secolo la parola chymistry indicava in Inghilterra l’insieme Strasburgo e infine ad Amsterdam, dove ebbe un certo successo come me- indistricabile del sapere alchemico e della nuova scienza chimica articola- dico, e curò la sifilide a molti importanti personaggi della sua epoca. L’abi- to su diverse problematiche che andavano dalle tecniche di preparazione lità da lui acquisita nel trattare il mercurio in tutti i suoi composti ne fece di coloranti, minerali, acidi e distillati alcolici alla descrizione delle tec- un brillante alchimista dell’epoca, e già ad Amsterdam nel 1664 pubblicò niche di laboratorio come distillazione e sublimazione. In una situazione il suo primo testo alchemico: gli Specimina quinque chymiae Hyppocra- così complessa, non ancora purificata dalle elucubrazioni degli alchimisti, ticae. A causa di molti debiti fu però ben presto costretto a fuggire anche l’idea di elemento di Boyle non poteva non contenere anche contraddizio- da Amsterdam. Perseguitato dalle autorità sia cattoliche sia protestanti si DA VAN HELMONT A BOYLE 119 120 STORIA DELLA CHIMICA travestì da turco per andare a Istanbul, ma in Moravia fu catturato come Dopo essere stato iniziato nel 1777 alla Massoneria, si trasferì in Olan- spia e consegnato all’Inquisizione. Recluso nelle carceri del Sant’Uffizio da come imbonitore e imbroglione per poi passare in Germania, in Letto- con l’accusa di eresia et venificium, fu costretto ad abiurare in pubblico nel nia e poi in Polonia dove riuscì ad illudere il principe Adam Pininsky che 1672. Nel 1678 gli fu concessa la semilibertà per raccomandazione dell’am- lo ospitava di essere in grado di trasformare il piombo in oro. Anche dal- basciatore di Francia, che il Borri aveva guarito miracolosamente e gli fu la Polonia dovette scappare precipitosamente quando un suo confratello permesso di esercitare la sua professione medica. Fu accolto anche nelle massone August Moszynsky rivelò al principe come Cagliostro ottenesse corti patrizie romane, ufficialmente come alchimista sotto il falso nome l’oro dal piombo con un trucco, semplicemente sostituendo il recipien- di Giustiniano Bono. Nel 1680 aiutò il marchese Palombara a edificare te contenente il piombo con un altro uguale contenente l’oro. Fuggito in la famosa Porta Alchemica, i cui resti oggi si trovano in piazza Vittorio, Francia nel 1780 si finse medico a Strasburgo. Le sue tisane a base di erbe, sull’Esquilino. Morì nel 1695 per febbri malariche in Castel Sant’Angelo la cui ricetta si è conservata, si rivelarono semplici placebo e le guarigio- (Cosmacini 2001). ni da lui ottenute bevendo liquori furono fantasie propalate da lui stesso, Ancora più intrigante e complessa fu la personalità di Alessandro Ca- che ottennero tuttavia l’effetto che realmente gli premeva: presentarsi al gliostro (1743-1795), noto ai più come Conte di Cagliostro, uno dei più fa- pubblico di tutta Europa come l’unico uomo capace di risolvere – a paga- mosi avventurieri, esoteristi e alchimisti italiani (fig. 7). Nato a Palermo mento – qualsiasi problema. probabilmente come Giuseppe Balsamo, iniziò a studiare nell’istituto di Grande studioso di scienze, alchimista e cabalista famoso, fu nello San Rocco degli Scolopi, dal quale fuggì più volte, a testimonianza di un stesso periodo il veneziano Francesco Giorgi, noto anche come Franci- carattere ribelle a ogni educazione; per questo motivo la famiglia pensò scus Georgius Venetus. Nato nel 1460 da nobile famiglia veneta, ricevette bene di affidarlo, nel 1756, al convento dei Fatebenefratelli di Caltagiro- il nome Dardi che, dopo essere divenuto frate minorita, nel 1480 cambiò ne perché imparasse un mestiere. Nel convento Giuseppe Balsamo s’inte- in Francesco. A Venezia fu annoverato tra gli uomini più illustri della cit- ressò di erbe medicinali, delle loro proprietà e delle tisane utilizzate dalla tà, studioso degli scritti di Pico della Mirandola e grande cabalista, grazie medicina dell’epoca; competenze che gli torneranno utile negli anni suc- all’aiuto di studiosi ebrei della Serenissima. Scrisse il testo Harmonia Mun- cessivi. Nel 1768 fu arrestato a Roma per una rissa e fuggì a Londra: qui di totius cantica tria (Giorgi 1725) dedicato a Papa Clemente VII, trattato adottò in questo periodo il nome di Alessandro di Cagliostro, uscendo e che cercava di conciliare le Sacre Scritture alle idee della cabala e di Pla- rientrando dal carcere diverse volte a causa di truffe o sottrazione di gio- tone, ristampato diverse volte e tradotto in varie lingue. La cabala di cui ielli a proprietari ingenui cui faceva credere di aumentarne il valore grazie s’interessava Giorgi è la cabala cristiana, nata in Spagna con Raimondo alle proprietà miracolose di una polvere di sua invenzione. Lullo prima della diaspora sefardita; Lullo aveva creato una’‘arte’ attra- verso la quale, combinando le nove Dignità di Dio, i quattro elementi, le sfere celesti, la geometria e quant’altro, si poteva descrivere il mondo na- turale e celeste arrivando a una più alta comprensione della Creazione e di Dio stesso. Poiché Francesco Giorgi era profondamente cristiano, il suo pensiero di cabalista lo portava a sostenere che la Cabala potesse provare le verità del Cristianesimo. Il suo pensiero riprendeva le tesi cabalistiche di Pico e la tradizione pitagorico-platonica e le univa a idee immaginifi- che sull’armonia universale. Giorgi, ritenuto un insigne ebraicista, ebbe anche contatti con Richard Croke, inviato da Enrico VIII, perché fornisse un parere sulla legittimità del matrimonio con la vedova del proprio fra- tello; Giorgi diede parere favorevole al sovrano, fatto che contribuì a fare la fortuna delle sue idee a Londra. Come Giorgi, anche Agrippa fu coin- volto nel divorzio di Enrico VIII come difensore di Caterina D’Aragona ma rifiutò l’incarico. Nella seconda metà del XV secolo era molto attivo a Venezia come al- chimista il ‘maestro’ Cristoforo Parigino, onorato da generazioni di alchi- misti in tutto il Veneto e definito adepto come persona che avesse compiuto la Grande Opera. Cristoforo Parigino sosteneva che proprio l’entroterra Veneto, «là dove iniziano le montagne», fosse il luogo ideale per eserci- Figura 7 – Ritratto di Cagliostro. tare l’alchimia senza pericoli, tanto che era perfino riuscito ad ottenere il DA VAN HELMONT A BOYLE 119 120 STORIA DELLA CHIMICA travestì da turco per andare a Istanbul, ma in Moravia fu catturato come Dopo essere stato iniziato nel 1777 alla Massoneria, si trasferì in Olan- spia e consegnato all’Inquisizione. Recluso nelle carceri del Sant’Uffizio da come imbonitore e imbroglione per poi passare in Germania, in Letto- con l’accusa di eresia et venificium, fu costretto ad abiurare in pubblico nel nia e poi in Polonia dove riuscì ad illudere il principe Adam Pininsky che 1672. Nel 1678 gli fu concessa la semilibertà per raccomandazione dell’am- lo ospitava di essere in grado di trasformare il piombo in oro. Anche dal- basciatore di Francia, che il Borri aveva guarito miracolosamente e gli fu la Polonia dovette scappare precipitosamente quando un suo confratello permesso di esercitare la sua professione medica. Fu accolto anche nelle massone August Moszynsky rivelò al principe come Cagliostro ottenesse corti patrizie romane, ufficialmente come alchimista sotto il falso nome l’oro dal piombo con un trucco, semplicemente sostituendo il recipien- di Giustiniano Bono. Nel 1680 aiutò il marchese Palombara a edificare te contenente il piombo con un altro uguale contenente l’oro. Fuggito in la famosa Porta Alchemica, i cui resti oggi si trovano in piazza Vittorio, Francia nel 1780 si finse medico a Strasburgo. Le sue tisane a base di erbe, sull’Esquilino. Morì nel 1695 per febbri malariche in Castel Sant’Angelo la cui ricetta si è conservata, si rivelarono semplici placebo e le guarigio- (Cosmacini 2001). ni da lui ottenute bevendo liquori furono fantasie propalate da lui stesso, Ancora più intrigante e complessa fu la personalità di Alessandro Ca- che ottennero tuttavia l’effetto che realmente gli premeva: presentarsi al gliostro (1743-1795), noto ai più come Conte di Cagliostro, uno dei più fa- pubblico di tutta Europa come l’unico uomo capace di risolvere – a paga- mosi avventurieri, esoteristi e alchimisti italiani (fig. 7). Nato a Palermo mento – qualsiasi problema. probabilmente come Giuseppe Balsamo, iniziò a studiare nell’istituto di Grande studioso di scienze, alchimista e cabalista famoso, fu nello San Rocco degli Scolopi, dal quale fuggì più volte, a testimonianza di un stesso periodo il veneziano Francesco Giorgi, noto anche come Franci- carattere ribelle a ogni educazione; per questo motivo la famiglia pensò scus Georgius Venetus. Nato nel 1460 da nobile famiglia veneta, ricevette bene di affidarlo, nel 1756, al convento dei Fatebenefratelli di Caltagiro- il nome Dardi che, dopo essere divenuto frate minorita, nel 1480 cambiò ne perché imparasse un mestiere. Nel convento Giuseppe Balsamo s’inte- in Francesco. A Venezia fu annoverato tra gli uomini più illustri della cit- ressò di erbe medicinali, delle loro proprietà e delle tisane utilizzate dalla tà, studioso degli scritti di Pico della Mirandola e grande cabalista, grazie medicina dell’epoca; competenze che gli torneranno utile negli anni suc- all’aiuto di studiosi ebrei della Serenissima. Scrisse il testo Harmonia Mun- cessivi. Nel 1768 fu arrestato a Roma per una rissa e fuggì a Londra: qui di totius cantica tria (Giorgi 1725) dedicato a Papa Clemente VII, trattato adottò in questo periodo il nome di Alessandro di Cagliostro, uscendo e che cercava di conciliare le Sacre Scritture alle idee della cabala e di Pla- rientrando dal carcere diverse volte a causa di truffe o sottrazione di gio- tone, ristampato diverse volte e tradotto in varie lingue. La cabala di cui ielli a proprietari ingenui cui faceva credere di aumentarne il valore grazie s’interessava Giorgi è la cabala cristiana, nata in Spagna con Raimondo alle proprietà miracolose di una polvere di sua invenzione. Lullo prima della diaspora sefardita; Lullo aveva creato una’‘arte’ attra- verso la quale, combinando le nove Dignità di Dio, i quattro elementi, le sfere celesti, la geometria e quant’altro, si poteva descrivere il mondo na- turale e celeste arrivando a una più alta comprensione della Creazione e di Dio stesso. Poiché Francesco Giorgi era profondamente cristiano, il suo pensiero di cabalista lo portava a sostenere che la Cabala potesse provare le verità del Cristianesimo. Il suo pensiero riprendeva le tesi cabalistiche di Pico e la tradizione pitagorico-platonica e le univa a idee immaginifi- che sull’armonia universale. Giorgi, ritenuto un insigne ebraicista, ebbe anche contatti con Richard Croke, inviato da Enrico VIII, perché fornisse un parere sulla legittimità del matrimonio con la vedova del proprio fra- tello; Giorgi diede parere favorevole al sovrano, fatto che contribuì a fare la fortuna delle sue idee a Londra. Come Giorgi, anche Agrippa fu coin- volto nel divorzio di Enrico VIII come difensore di Caterina D’Aragona ma rifiutò l’incarico. Nella seconda metà del XV secolo era molto attivo a Venezia come al- chimista il ‘maestro’ Cristoforo Parigino, onorato da generazioni di alchi- misti in tutto il Veneto e definito adepto come persona che avesse compiuto la Grande Opera. Cristoforo Parigino sosteneva che proprio l’entroterra Veneto, «là dove iniziano le montagne», fosse il luogo ideale per eserci- Figura 7 – Ritratto di Cagliostro. tare l’alchimia senza pericoli, tanto che era perfino riuscito ad ottenere il DA VAN HELMONT A BOYLE 121 permesso di compiere esperimenti alchemici nel territorio della Serenissi- ma, facendosi costruire alambicchi e storte dai maestri vetrai di Murano, tra cui il suo amico Angelo Barovier, il più famoso vetraio di quel tempo. Dalle lettere da lui inviate al suo diretto discepolo, il veneziano Andrea Ogniben, al quale avrebbe insegnato diverse fasi dell’Opera Ermetica, ri- sulta che avesse diviso in tre parti la materia in suo possesso per ottenere la Pietra Filosofale, una per se stesso, una per Ogniben e una per benefi- cenza a monasteri, chiese e ospedali. Del Parigino rimangono numerosi manoscritti in varie biblioteche italiane e francesi. Alcune sue opere furo- no stampate nel 1702 nella Biblioteca Chemica Curiosa edita dallo svizze- ro Jean-Jacques Manget e nel Teatrum Chemicum pubblicato da Lazarus Zetzner a Strasburgo. Nella folta cerchia degli alchimisti attivi a Venezia alla fine del XVI se- colo, si affermò anche il friulano Giulio Camillo Delminio (1480-1544), filosofo, retore, alchimista, ermetista e mago, amico del Tiziano, dell’A- retino, del Bembo e del Sansovino. Delminio, dopo essersi recato a Parigi su invito di re Francesco I, dedicò la sua attenzione al rilancio dello stu- dio del teatro, pubblicando nel 1530 un libro intitolato L’idea del Teatro, che fu poi stampato nel 1550 a Firenze e successivamente a Venezia. La sua attività di alchimista fu invece molto discutibile e speso fu accusato di essere un ciarlatano e un impostore. Il tema centrale della filosofia di Del- minio nel trattato De Transmutatione (Bolzoni 1984) era l’esistenza di tre tipi diversi di trasformazione, quella divina, quella realizzata dalle parole e quella naturale fatta grazie alle pratiche alchemiche. Per questa ragione definiva gli alchimisti «trasformatori di oggetti naturali». Inoltre secondo lui la materia primordiale era di per sé pura, diversa da quella postulata da Aristotele, e poteva essere riconosciuta solo da coloro in cui abitasse il pu- ro spirito di Cristo secondo il detto latino Regnum Dei quod intra vos est. DA VAN HELMONT A BOYLE 121 permesso di compiere esperimenti alchemici nel territorio della Serenissi- ma, facendosi costruire alambicchi e storte dai maestri vetrai di Murano, tra cui il suo amico Angelo Barovier, il più famoso vetraio di quel tempo. Dalle lettere da lui inviate al suo diretto discepolo, il veneziano Andrea Ogniben, al quale avrebbe insegnato diverse fasi dell’Opera Ermetica, ri- sulta che avesse diviso in tre parti la materia in suo possesso per ottenere la Pietra Filosofale, una per se stesso, una per Ogniben e una per benefi- cenza a monasteri, chiese e ospedali. Del Parigino rimangono numerosi manoscritti in varie biblioteche italiane e francesi. Alcune sue opere furo- no stampate nel 1702 nella Biblioteca Chemica Curiosa edita dallo svizze- ro Jean-Jacques Manget e nel Teatrum Chemicum pubblicato da Lazarus Zetzner a Strasburgo. Nella folta cerchia degli alchimisti attivi a Venezia alla fine del XVI se- colo, si affermò anche il friulano Giulio Camillo Delminio (1480-1544), filosofo, retore, alchimista, ermetista e mago, amico del Tiziano, dell’A- retino, del Bembo e del Sansovino. Delminio, dopo essersi recato a Parigi su invito di re Francesco I, dedicò la sua attenzione al rilancio dello stu- dio del teatro, pubblicando nel 1530 un libro intitolato L’idea del Teatro, che fu poi stampato nel 1550 a Firenze e successivamente a Venezia. La sua attività di alchimista fu invece molto discutibile e speso fu accusato di essere un ciarlatano e un impostore. Il tema centrale della filosofia di Del- minio nel trattato De Transmutatione (Bolzoni 1984) era l’esistenza di tre tipi diversi di trasformazione, quella divina, quella realizzata dalle parole e quella naturale fatta grazie alle pratiche alchemiche. Per questa ragione definiva gli alchimisti «trasformatori di oggetti naturali». Inoltre secondo lui la materia primordiale era di per sé pura, diversa da quella postulata da Aristotele, e poteva essere riconosciuta solo da coloro in cui abitasse il pu- ro spirito di Cristo secondo il detto latino Regnum Dei quod intra vos est. 124 STORIA DELLA CHIMICA

CAPITOLO 14

ISAAC NEWTON ALCHIMISTA E DIRETTORE DELLA ZECCA

Come progenitori degli atomi i corpuscoli di Boyle possedevano for- ma e movimento. A queste due proprietà Isaac Newton ne aggiunse una terza, quella dell’attrazione reciproca, che diventerà in seguito la base del concetto di affinità e poi della teoria delle forze interatomiche e intermo- lecolari (fig. 1). L’interazione tra gli atomi fu integrata da Newton con la definizione di forze di attrazione e repulsione, concettualmente derivate dalla sua teoria della gravitazione universale. Forze di attrazione e repul- sione tra oggetti fisici non a contatto erano però impensabili per i fisici del XVII secolo, legati a concezioni meccanicistiche come quelle di Car- tesio e di Gassendi. L’‘azione a distanza’ era inaccettabile soprattutto per Figura 1 – Isaac Newton, ritratto di Sir Godfrey Kneller (1689). gli atomisti, perché sembrava impossibile che oggetti inanimati potessero esercitare, in un posto diverso da quello nel quale si trovavano, un’azio- L’idea dell’esistenza dell’etere era per lui un concetto difficile da dige- ne attrattiva o repulsiva su oggetti con i quali non erano a contatto. L’e- rire anche se necessario per reggere il meraviglioso castello che stava co- sistenza dell’azione a distanza lasciava inoltre supporre che esistesse uno struendo, come egli stesso scriveva al suo amico Richard Bentley: spirito magico o addirittura diabolico capace di influenzare e regolare il movimento dei corpi. Anche Galileo non aveva mai accettato l’idea di [Tis] unconceivable that inanimate brute matter should (without the azione a distanza, tanto che aveva respinto con durezza l’idea di Keplero mediation of something else, which is not material) operate upon & che le maree fossero dovute all’azione attrattiva esercitata della Luna. Per affect other matter without mutual contact. […] and [this] is one rea- spiegare le maree Galileo fu costretto a supporre a torto un improbabile son why I desired you would not ascribe innate gravity to me. Gravity e complicato effetto cinematico dovuto alla rotazione della Terra. Anche must be caused by an agent acting constantly according to certain Bacone e Leibniz condivisero la posizione di Galileo e altri grandi fisici laws, but whether this agent be material or immaterial is a question I 1 come Faraday e Huyghens non vollero mai accettare la teoria di Newton. have left to the consideration of my readers (Newton, letter from Isaac In realtà lo stesso Newton aveva difficoltà a concepire l’azione a distanza. Newton to Richard Bentley). La forza di gravità urtava contro il senso comune perché si esercitava tran- quillamente tra astri lontani mentre sembrava essere assente tra oggetti a Nella concezione di Newton dell’interazione tra atomi o composti, contatto. Per Newton era inoltre difficile accettare l’idea che l’attrazione l’affinità chimica era quindi dovuta a forze attrattive a brevissima distan- gravitazionale tra oggetti celesti fosse concettualmente identica all’inte- za tra particelle che variavano in intensità da una specie chimica all’altra. razione tra particelle a distanze microscopiche. Per evitare speculazioni Queste forze erano responsabili a suo avviso non solo delle reazioni chi- sulle possibili interpretazioni di quest’oscura forza, Newton avanzò l’ipo- tesi che l’interazione si trasmettesse attraverso l’etere, una sostanza im- palpabile che permeava tutto lo spazio e che funzionava da supporto alla 1 È inconcepibile che materia inanimata possa, senza la mediazione di qual- sua propagazione. Il concetto di etere, sostanza immateriale che riempiva cos’altro di materiale, agire su altra materia, e avere un effetto su di essa, senza che ci sia un mutuo contatto. […] E questa è una delle ragioni per cui desidero che voi tutto l’universo, compreso lo spazio interstellare, era stato introdotto nel- non assegniate la gravità innata a me. La gravità deve essere dovuta a un agente che la fisica da Aristotele come ‘quinta essenza’ in aggiunta all’aria, all’acqua, agisce costantemente in accordo con certe leggi, ma se quest’agente è materiale o alla terra e al fuoco e resterà vivo fino a Einstein. immateriale è una questione che io lascio alle considerazioni dei miei lettori. 124 STORIA DELLA CHIMICA

CAPITOLO 14

ISAAC NEWTON ALCHIMISTA E DIRETTORE DELLA ZECCA

Come progenitori degli atomi i corpuscoli di Boyle possedevano for- ma e movimento. A queste due proprietà Isaac Newton ne aggiunse una terza, quella dell’attrazione reciproca, che diventerà in seguito la base del concetto di affinità e poi della teoria delle forze interatomiche e intermo- lecolari (fig. 1). L’interazione tra gli atomi fu integrata da Newton con la definizione di forze di attrazione e repulsione, concettualmente derivate dalla sua teoria della gravitazione universale. Forze di attrazione e repul- sione tra oggetti fisici non a contatto erano però impensabili per i fisici del XVII secolo, legati a concezioni meccanicistiche come quelle di Car- tesio e di Gassendi. L’‘azione a distanza’ era inaccettabile soprattutto per Figura 1 – Isaac Newton, ritratto di Sir Godfrey Kneller (1689). gli atomisti, perché sembrava impossibile che oggetti inanimati potessero esercitare, in un posto diverso da quello nel quale si trovavano, un’azio- L’idea dell’esistenza dell’etere era per lui un concetto difficile da dige- ne attrattiva o repulsiva su oggetti con i quali non erano a contatto. L’e- rire anche se necessario per reggere il meraviglioso castello che stava co- sistenza dell’azione a distanza lasciava inoltre supporre che esistesse uno struendo, come egli stesso scriveva al suo amico Richard Bentley: spirito magico o addirittura diabolico capace di influenzare e regolare il movimento dei corpi. Anche Galileo non aveva mai accettato l’idea di [Tis] unconceivable that inanimate brute matter should (without the azione a distanza, tanto che aveva respinto con durezza l’idea di Keplero mediation of something else, which is not material) operate upon & che le maree fossero dovute all’azione attrattiva esercitata della Luna. Per affect other matter without mutual contact. […] and [this] is one rea- spiegare le maree Galileo fu costretto a supporre a torto un improbabile son why I desired you would not ascribe innate gravity to me. Gravity e complicato effetto cinematico dovuto alla rotazione della Terra. Anche must be caused by an agent acting constantly according to certain Bacone e Leibniz condivisero la posizione di Galileo e altri grandi fisici laws, but whether this agent be material or immaterial is a question I 1 come Faraday e Huyghens non vollero mai accettare la teoria di Newton. have left to the consideration of my readers (Newton, letter from Isaac In realtà lo stesso Newton aveva difficoltà a concepire l’azione a distanza. Newton to Richard Bentley). La forza di gravità urtava contro il senso comune perché si esercitava tran- quillamente tra astri lontani mentre sembrava essere assente tra oggetti a Nella concezione di Newton dell’interazione tra atomi o composti, contatto. Per Newton era inoltre difficile accettare l’idea che l’attrazione l’affinità chimica era quindi dovuta a forze attrattive a brevissima distan- gravitazionale tra oggetti celesti fosse concettualmente identica all’inte- za tra particelle che variavano in intensità da una specie chimica all’altra. razione tra particelle a distanze microscopiche. Per evitare speculazioni Queste forze erano responsabili a suo avviso non solo delle reazioni chi- sulle possibili interpretazioni di quest’oscura forza, Newton avanzò l’ipo- tesi che l’interazione si trasmettesse attraverso l’etere, una sostanza im- palpabile che permeava tutto lo spazio e che funzionava da supporto alla 1 È inconcepibile che materia inanimata possa, senza la mediazione di qual- sua propagazione. Il concetto di etere, sostanza immateriale che riempiva cos’altro di materiale, agire su altra materia, e avere un effetto su di essa, senza che ci sia un mutuo contatto. […] E questa è una delle ragioni per cui desidero che voi tutto l’universo, compreso lo spazio interstellare, era stato introdotto nel- non assegniate la gravità innata a me. La gravità deve essere dovuta a un agente che la fisica da Aristotele come ‘quinta essenza’ in aggiunta all’aria, all’acqua, agisce costantemente in accordo con certe leggi, ma se quest’agente è materiale o alla terra e al fuoco e resterà vivo fino a Einstein. immateriale è una questione che io lascio alle considerazioni dei miei lettori. ISAAC NEWTON ALCHIMISTA E DIRETTORE DELLA ZECCA 125 126 STORIA DELLA CHIMICA miche, ma anche del fenomeno della bagnabilità o della resistenza alla ba- galileiana e sull’ottica di Keplero. Verso la fine del 1663 cominciò a svi- gnabilità di superfici fisiche, dei fenomeni capillari, della solubilità, della luppare l’interesse per la matematica con la lettura di molti testi classici. cristallizzazione e dell’evaporazione: Nel 1665, le Università inglesi furono chiuse per una pestilenza che colpì in particolare Londra e Newton fu costretto a ritornare a Woolsthorpe, The part of all homogeneal hard Bodies which full touch one another, dove si dedicò a studiare le opere del suo maestro Barrow, di Cartesio, stick together very strongly […] Their Particles attract one another by di Fermat e di altri per costruire la sua personale formulazione del cal- some force, which in immediate Contact is exceeding strong, at small colo differenziale e integrale, il metodo delle flussioni, che descrisse nel distances performs the chymical Operations above mentioned, and 1671 con il titolo De Methodis Serierum et Fluxionum, pubblicato però reaches not far from the Particles with any sensible effect (Newton, solo nel 1736, dopo la sua morte. De natura acidorum, 1692).

Newton era convinto che la materia fosse costituita da particelle pri- mordiali di prima complessità, dure, indivisibili e impenetrabili che, unen- dosi tra di loro grazie alle forze di attrazione, davano origine a particelle di seconda complessità che a loro volta si associavano insieme per formare strutture di ultima complessità nelle quali esistevano pori vuoti in cui si potevano inserire particelle di solventi o di reattivi. Secondo questa teo- ria le particelle di mercurio s’infilavano nei pori delle particelle di oro per dissolverlo sotto forma di amalgama. Per evitare speculazioni sulla sua interpretazione dell’interazione gra- vitazionale, Newton sostenne che l’interazione si trasmettesse attraverso una sostanza impalpabile, l’etere, che permeava tutto lo spazio e che fun- zionava da supporto alla sua propagazione. Il concetto di etere, introdotto da Aristotele come la quinta essenza, cioè il quinto elemento in aggiunta all’aria, all’acqua alla terra e al fuoco, divenne essenziale in seguito nella teoria della propagazione delle onde elettromagnetiche nello spazio, for- mulata da Maxwell nel 1870, e resterà vivo fino alla teoria della relatività di Einstein. L’affinità chimica di Newton era quindi dovuta a forze attrattive tra le particelle che agivano solo a piccola distanza e che variavano in intensità da una specie chimica all’altra. Le forze agenti tra le particelle componenti la materia erano responsabili a suo avviso non solo di reazioni chimiche, ma anche del fenomeno della bagnabilità o della resistenza alla bagnabilità di superfici fisiche, dei fenomeni capillari, della solubilità, della cristalliz- zazione e dell’evaporazione. Figura 2 – Frontespizio della quarta edizione di Opticks. Newton pubblicò questa sua teoria dell’affinità chimica tra atomi nel De natura acidorum del 1692 e nelle Queries in appendice a Opticks del Contemporaneamente, una formulazione diversa e sotto molti aspetti 1704 (Newton 1704) (fig. 2). più potente e generale di calcolo integrale fu sviluppata in Germania dal Isaac Newton, noto soprattutto per i suoi fondamentali contributi filosofo e matematico Gottfried Leibniz. La nascita quasi contemporanea alla fisica e per la legge della gravitazione universale, ha dato anche ap- di due metodi alternativi di calcolo integrale è senza dubbio un fenomeno porti significativi all’atomismo e all’interazione tra gli atomi. Da gio- che sembra avere del miracoloso, se non addirittura del magico e divino. vane aveva studiato al Trinity College di Cambridge, dove l’istruzione Storicamente ha dato ovviamente luogo a un interminabile dibattito su a era dominata dallo studio di Aristotele e della scolastica. Ebbe però la chi spettasse la priorità della scoperta. Leibniz fu certamente il primo a possibilità di studiare le opere di Cartesio, di Gassendi, di Hobbes e so- pubblicare il suo lavoro ma Newton aveva cominciato a lavorarci diversi prattutto di Boyle. Nel 1664 pubblicò il suo primo libro Quaestiones anni prima dal 1666, mentre Leibniz cominciò a interessarsi al problema Quaedam Phylosophicae nel quale presentava le sue idee sull’astronomia almeno sette anni dopo. In ogni caso la polemica, alimentata dagli allievi ISAAC NEWTON ALCHIMISTA E DIRETTORE DELLA ZECCA 125 126 STORIA DELLA CHIMICA miche, ma anche del fenomeno della bagnabilità o della resistenza alla ba- galileiana e sull’ottica di Keplero. Verso la fine del 1663 cominciò a svi- gnabilità di superfici fisiche, dei fenomeni capillari, della solubilità, della luppare l’interesse per la matematica con la lettura di molti testi classici. cristallizzazione e dell’evaporazione: Nel 1665, le Università inglesi furono chiuse per una pestilenza che colpì in particolare Londra e Newton fu costretto a ritornare a Woolsthorpe, The part of all homogeneal hard Bodies which full touch one another, dove si dedicò a studiare le opere del suo maestro Barrow, di Cartesio, stick together very strongly […] Their Particles attract one another by di Fermat e di altri per costruire la sua personale formulazione del cal- some force, which in immediate Contact is exceeding strong, at small colo differenziale e integrale, il metodo delle flussioni, che descrisse nel distances performs the chymical Operations above mentioned, and 1671 con il titolo De Methodis Serierum et Fluxionum, pubblicato però reaches not far from the Particles with any sensible effect (Newton, solo nel 1736, dopo la sua morte. De natura acidorum, 1692).

Newton era convinto che la materia fosse costituita da particelle pri- mordiali di prima complessità, dure, indivisibili e impenetrabili che, unen- dosi tra di loro grazie alle forze di attrazione, davano origine a particelle di seconda complessità che a loro volta si associavano insieme per formare strutture di ultima complessità nelle quali esistevano pori vuoti in cui si potevano inserire particelle di solventi o di reattivi. Secondo questa teo- ria le particelle di mercurio s’infilavano nei pori delle particelle di oro per dissolverlo sotto forma di amalgama. Per evitare speculazioni sulla sua interpretazione dell’interazione gra- vitazionale, Newton sostenne che l’interazione si trasmettesse attraverso una sostanza impalpabile, l’etere, che permeava tutto lo spazio e che fun- zionava da supporto alla sua propagazione. Il concetto di etere, introdotto da Aristotele come la quinta essenza, cioè il quinto elemento in aggiunta all’aria, all’acqua alla terra e al fuoco, divenne essenziale in seguito nella teoria della propagazione delle onde elettromagnetiche nello spazio, for- mulata da Maxwell nel 1870, e resterà vivo fino alla teoria della relatività di Einstein. L’affinità chimica di Newton era quindi dovuta a forze attrattive tra le particelle che agivano solo a piccola distanza e che variavano in intensità da una specie chimica all’altra. Le forze agenti tra le particelle componenti la materia erano responsabili a suo avviso non solo di reazioni chimiche, ma anche del fenomeno della bagnabilità o della resistenza alla bagnabilità di superfici fisiche, dei fenomeni capillari, della solubilità, della cristalliz- zazione e dell’evaporazione. Figura 2 – Frontespizio della quarta edizione di Opticks. Newton pubblicò questa sua teoria dell’affinità chimica tra atomi nel De natura acidorum del 1692 e nelle Queries in appendice a Opticks del Contemporaneamente, una formulazione diversa e sotto molti aspetti 1704 (Newton 1704) (fig. 2). più potente e generale di calcolo integrale fu sviluppata in Germania dal Isaac Newton, noto soprattutto per i suoi fondamentali contributi filosofo e matematico Gottfried Leibniz. La nascita quasi contemporanea alla fisica e per la legge della gravitazione universale, ha dato anche ap- di due metodi alternativi di calcolo integrale è senza dubbio un fenomeno porti significativi all’atomismo e all’interazione tra gli atomi. Da gio- che sembra avere del miracoloso, se non addirittura del magico e divino. vane aveva studiato al Trinity College di Cambridge, dove l’istruzione Storicamente ha dato ovviamente luogo a un interminabile dibattito su a era dominata dallo studio di Aristotele e della scolastica. Ebbe però la chi spettasse la priorità della scoperta. Leibniz fu certamente il primo a possibilità di studiare le opere di Cartesio, di Gassendi, di Hobbes e so- pubblicare il suo lavoro ma Newton aveva cominciato a lavorarci diversi prattutto di Boyle. Nel 1664 pubblicò il suo primo libro Quaestiones anni prima dal 1666, mentre Leibniz cominciò a interessarsi al problema Quaedam Phylosophicae nel quale presentava le sue idee sull’astronomia almeno sette anni dopo. In ogni caso la polemica, alimentata dagli allievi ISAAC NEWTON ALCHIMISTA E DIRETTORE DELLA ZECCA 127 128 STORIA DELLA CHIMICA e sostenitori dei due contendenti, andò avanti fino all’inizio del XIX seco- la luce solo nel 1704. Fu solo grazie alle pressioni di Henry Oldenburg, lo quando dopo il 1820, grazie agli sforzi della società matematica inglese, segretario della Royal Society, che Newton si convinse a rinunciare a il metodo di calcolo di Leibniz fu definitivamente accettato in Inghilterra questa sua drastica decisione. come di gran lunga più potente e sicuro. L’opera fondamentale di Newton, che gli ha garantito la posizione di Grazie alla capillare azione di diffusione svolta dal suo maestro Isaac padre della meccanica celeste, resta il suo lavoro sulla teoria della gravi- Barrow (1630-1677) i risultati matematici di Newton furono rapidamen- tazione universale. Già nel 1666 Newton aveva scritto una prima versione te noti in tutto il mondo. Barrow fu talmente impressionato dal lavoro di delle leggi del moto e del ruolo della forza centrifuga nella rotazione e so- Newton che preferì cambiare cattedra passando a insegnare teologia in lo tre anni dopo, nel 1679, dopo essersi interessato di ottica e di alchimia, modo che l’allievo potesse prendere il suo posto come professore di ottica. Newton ritornò a occuparsi del problema, pubblicando nel 1684 i primi Newton nel frattempo aveva continuato ad interessarsi di ottica risultati del suo lavoro in De Motu Corporum, dopo lunghe consultazioni e dopo aver inventato il telescopio a riflessione fece un’altra scoperta con Hooke e con John Flamsteed. sensazionale realizzando che la luce bianca, attraversando un prisma L’opera più importante di Newton resta il suo lavoro sulla fisica e sul- di vetro, viene scomposta nei colori dell’iride. La luce era quindi com- la meccanica dei corpi celesti, culminato nella teoria della gravitazione posta da tanti tipi di onde di frequenza diversa, ognuna formata da un universale. Già nel 1666 Newton aveva ottenuto una prima versione del- insieme di particelle identiche che si muovevano nell’etere. Questi era le leggi del moto e del ruolo della forza centrifuga nella rotazione. Nel quindi il supporto materiale alla propagazione non solo dell’attrazione 1679, dopo essersi interessato di ottica e di alchimia, Newton ritornò a gravitazionale ma anche dei raggi luminosi. L’etere, rarefacendosi o ad- occuparsi del problema della gravitazione. Dopo lunghe consultazioni densandosi, deviava i raggi dando origine al fenomeno della rifrazione con Hooke e con John Flamsteed, pubblicò nel 1684 i primi risultati in che permetteva di separare i diversi colori dell’iride. Questo importan- De Motu Corporum che costituì la base per la stesura dei Philosophiae tissimo risultato gli permise di sviluppare una teoria corpuscolare della naturalis principia matematica, che videro la luce nel 1687 e sono uni- luce in contrasto a quella ondulatoria di Robert Hooke, a questo punto versalmente considerati il più importante libro di fisica mai scritto. Nei divenuto suo feroce concorrente scientifico. Hooke pubblicò la sua teo- Principia Newton enunciò per la prima volta i concetti di massa, di quan- ria nel 1678 nel trattato sull’elasticità intitolato De Potentia Restitutiva tità di moto, d’inerzia e di forza, che rappresentano la base concettuale oppure Of Spring (Hooke 1678) nel quale formulò in forma definitiva la della dinamica. Partendo dalla cinematica di Galileo, Newton formu- famosa legge che porta il suo nome, Ut Pondus sic Tensia, alla quale la- lò le tre leggi fondamentali della dinamica introducendo il concetto di vorava fin dal tempo dei suoi studi a Oxford. Per Hooke la propagazione forza, che mancava nella fisica di Galileo. Newton pose alla base della della luce nello spazio era dovuta a vibrazioni che definiva ‘tremore’ che sua teoria la concezione dello spazio e del tempo assoluti, derivata da si propagavano nell’etere che secondo lui, come del resto anche secon- Barrow che aveva confutato l’idea di Aristotele del collegamento stretto do Newton, pervadeva di sé tutto l’universo. Per Hooke invece la luce tra tempo e movimento. Egli sosteneva che il tempo esistesse indipen- bianca non era composta da onde di frequenza diversa ma era un’entità dentemente dal movimento e che addirittura esisteva anche prima che semplice. I colori che si vedevano decomponendola con il prisma erano Dio creasse la materia nell’universo. Newton sposò la stessa concezione, nient’altro che modificazioni della sua natura. sostenendo che sia il tempo sia lo spazio sono contenitori di eventi di Nel 1672 Newton pubblicò nelle Philosophical Transactions la sua dimensioni infinite e che tali contenitori esistono con o senza gli eventi. teoria della luce e dei colori divenendo anche membro della Royal So- Spazio e tempo non sono materiali, poiché non dipendono dalla materia ciety (Newton 1672). Questa teoria dei colori incontrò una critica mol- o dal moto ma solo da Dio. Newton fu il primo a moltiplicare tra di loro to severa da parte del fisico olandese Christiaan Huygens (1629-1695), grandezze diverse come massa e accelerazione, operazione che Galileo suo collega alla Royal Society, che nel frattempo aveva sviluppato la non sapeva ancora utilizzare, per cui era costretto a servirsi solo di di- sua teoria ondulatoria della luce (Huygens 1690) che spiegava molto mostrazioni geometriche. La famosa frase di Newton, Hypotheses non più semplicemente i fenomeni d’interferenza e diffrazione, difficili da fingo, da lui aggiunta sotto forma di saggio, intitolato General Scolium interpretare con la teoria corpuscolare. I rapporti tra Newton e Hooke, alla seconda edizione dei Principia, illustra chiaramente la sua cieca fi- già deteriorati nel 1672 dalla polemica sulla teoria della luce, peggiora- ducia nella razionalità scientifica e soprattutto nei ‘sensati esperimenti’ rono ancora di più nel 1674 quando Hooke lo accusò di avergli sottratto che Galileo aveva resi famosi. i suoi risultati di ottica. Per queste accuse Newton decise di dimetter- Newton era un personaggio geniale ma psicologicamente complesso. si dalla Royal Society e di non pubblicare più nulla sull’argomento. In Nel 1678 soffrì di una grave crisi di depressione nervosa che per molti conseguenza di questa sua testarda decisione il suo libro Optiks, or, a anni l’isolò dal mondo. La crisi si ripeté nel 1693 e come conseguenza treatise of the reflections, refractions, inflections and colour of light vide Newton abbandonò la ricerca. Nel 1696, trasferitosi a Londra, accettò ISAAC NEWTON ALCHIMISTA E DIRETTORE DELLA ZECCA 127 128 STORIA DELLA CHIMICA e sostenitori dei due contendenti, andò avanti fino all’inizio del XIX seco- la luce solo nel 1704. Fu solo grazie alle pressioni di Henry Oldenburg, lo quando dopo il 1820, grazie agli sforzi della società matematica inglese, segretario della Royal Society, che Newton si convinse a rinunciare a il metodo di calcolo di Leibniz fu definitivamente accettato in Inghilterra questa sua drastica decisione. come di gran lunga più potente e sicuro. L’opera fondamentale di Newton, che gli ha garantito la posizione di Grazie alla capillare azione di diffusione svolta dal suo maestro Isaac padre della meccanica celeste, resta il suo lavoro sulla teoria della gravi- Barrow (1630-1677) i risultati matematici di Newton furono rapidamen- tazione universale. Già nel 1666 Newton aveva scritto una prima versione te noti in tutto il mondo. Barrow fu talmente impressionato dal lavoro di delle leggi del moto e del ruolo della forza centrifuga nella rotazione e so- Newton che preferì cambiare cattedra passando a insegnare teologia in lo tre anni dopo, nel 1679, dopo essersi interessato di ottica e di alchimia, modo che l’allievo potesse prendere il suo posto come professore di ottica. Newton ritornò a occuparsi del problema, pubblicando nel 1684 i primi Newton nel frattempo aveva continuato ad interessarsi di ottica risultati del suo lavoro in De Motu Corporum, dopo lunghe consultazioni e dopo aver inventato il telescopio a riflessione fece un’altra scoperta con Hooke e con John Flamsteed. sensazionale realizzando che la luce bianca, attraversando un prisma L’opera più importante di Newton resta il suo lavoro sulla fisica e sul- di vetro, viene scomposta nei colori dell’iride. La luce era quindi com- la meccanica dei corpi celesti, culminato nella teoria della gravitazione posta da tanti tipi di onde di frequenza diversa, ognuna formata da un universale. Già nel 1666 Newton aveva ottenuto una prima versione del- insieme di particelle identiche che si muovevano nell’etere. Questi era le leggi del moto e del ruolo della forza centrifuga nella rotazione. Nel quindi il supporto materiale alla propagazione non solo dell’attrazione 1679, dopo essersi interessato di ottica e di alchimia, Newton ritornò a gravitazionale ma anche dei raggi luminosi. L’etere, rarefacendosi o ad- occuparsi del problema della gravitazione. Dopo lunghe consultazioni densandosi, deviava i raggi dando origine al fenomeno della rifrazione con Hooke e con John Flamsteed, pubblicò nel 1684 i primi risultati in che permetteva di separare i diversi colori dell’iride. Questo importan- De Motu Corporum che costituì la base per la stesura dei Philosophiae tissimo risultato gli permise di sviluppare una teoria corpuscolare della naturalis principia matematica, che videro la luce nel 1687 e sono uni- luce in contrasto a quella ondulatoria di Robert Hooke, a questo punto versalmente considerati il più importante libro di fisica mai scritto. Nei divenuto suo feroce concorrente scientifico. Hooke pubblicò la sua teo- Principia Newton enunciò per la prima volta i concetti di massa, di quan- ria nel 1678 nel trattato sull’elasticità intitolato De Potentia Restitutiva tità di moto, d’inerzia e di forza, che rappresentano la base concettuale oppure Of Spring (Hooke 1678) nel quale formulò in forma definitiva la della dinamica. Partendo dalla cinematica di Galileo, Newton formu- famosa legge che porta il suo nome, Ut Pondus sic Tensia, alla quale la- lò le tre leggi fondamentali della dinamica introducendo il concetto di vorava fin dal tempo dei suoi studi a Oxford. Per Hooke la propagazione forza, che mancava nella fisica di Galileo. Newton pose alla base della della luce nello spazio era dovuta a vibrazioni che definiva ‘tremore’ che sua teoria la concezione dello spazio e del tempo assoluti, derivata da si propagavano nell’etere che secondo lui, come del resto anche secon- Barrow che aveva confutato l’idea di Aristotele del collegamento stretto do Newton, pervadeva di sé tutto l’universo. Per Hooke invece la luce tra tempo e movimento. Egli sosteneva che il tempo esistesse indipen- bianca non era composta da onde di frequenza diversa ma era un’entità dentemente dal movimento e che addirittura esisteva anche prima che semplice. I colori che si vedevano decomponendola con il prisma erano Dio creasse la materia nell’universo. Newton sposò la stessa concezione, nient’altro che modificazioni della sua natura. sostenendo che sia il tempo sia lo spazio sono contenitori di eventi di Nel 1672 Newton pubblicò nelle Philosophical Transactions la sua dimensioni infinite e che tali contenitori esistono con o senza gli eventi. teoria della luce e dei colori divenendo anche membro della Royal So- Spazio e tempo non sono materiali, poiché non dipendono dalla materia ciety (Newton 1672). Questa teoria dei colori incontrò una critica mol- o dal moto ma solo da Dio. Newton fu il primo a moltiplicare tra di loro to severa da parte del fisico olandese Christiaan Huygens (1629-1695), grandezze diverse come massa e accelerazione, operazione che Galileo suo collega alla Royal Society, che nel frattempo aveva sviluppato la non sapeva ancora utilizzare, per cui era costretto a servirsi solo di di- sua teoria ondulatoria della luce (Huygens 1690) che spiegava molto mostrazioni geometriche. La famosa frase di Newton, Hypotheses non più semplicemente i fenomeni d’interferenza e diffrazione, difficili da fingo, da lui aggiunta sotto forma di saggio, intitolato General Scolium interpretare con la teoria corpuscolare. I rapporti tra Newton e Hooke, alla seconda edizione dei Principia, illustra chiaramente la sua cieca fi- già deteriorati nel 1672 dalla polemica sulla teoria della luce, peggiora- ducia nella razionalità scientifica e soprattutto nei ‘sensati esperimenti’ rono ancora di più nel 1674 quando Hooke lo accusò di avergli sottratto che Galileo aveva resi famosi. i suoi risultati di ottica. Per queste accuse Newton decise di dimetter- Newton era un personaggio geniale ma psicologicamente complesso. si dalla Royal Society e di non pubblicare più nulla sull’argomento. In Nel 1678 soffrì di una grave crisi di depressione nervosa che per molti conseguenza di questa sua testarda decisione il suo libro Optiks, or, a anni l’isolò dal mondo. La crisi si ripeté nel 1693 e come conseguenza treatise of the reflections, refractions, inflections and colour of light vide Newton abbandonò la ricerca. Nel 1696, trasferitosi a Londra, accettò ISAAC NEWTON ALCHIMISTA E DIRETTORE DELLA ZECCA 129 130 STORIA DELLA CHIMICA il posto di controllore della Zecca Reale e nel 1699 ne divenne diretto- Newton was not the first of the Age of Reason. He was the last of the re. Nella sua nuova posizione Newton fece un’importante riforma mo- magicians, the last of the Babylonians and Sumerians, the last great netaria, anticipando il gold standard adottato poi dall’Inghilterra nel mind which looked out on the visible and intellectual world with the 1717. Newton riuscì a far introdurre due cambiamenti importanti nella same eyes as those who began to build our intellectual world rather giurisdizione che regolava la produzione delle sterline metalliche. La less than 10,000 years ago (Keynes, Newton the man)2. prima fu quella di introdurre la zigrinatura delle monete in modo che fosse facile scoprire se erano state limate per rubare l’oro della Coro- na. La seconda fu l’introduzione della pena di morte per delitti contro il tesoro di Stato. Newton svolse con zelo perfino eccessivo la carica di direttore della Zecca Reale, mandando a morte ben ventotto persone per crimini con- tro il conio. Per la sua estrema severità nel battersi contro le adulterazio- ni della sterlina mandò a morte un tale William Chaloner, un poveraccio che aveva il torto di conoscere la formula della lega con cui si coniavano le monete ‘d’oro’ e di averne profittato. Nella sua difesa Chaloner aveva indicato proprio in Newton e nel suo staff i veri responsabili delle contraf- fazioni e degli abusi commessi all’interno della Zecca. Newton, oltre a essere un matematico e un fisico eccezionale, fu an- che un alchimista convinto, che, dal 1668 fino alla sua morte, si era de- dicato con entusiasmo alla lettura dei testi alchemici e aveva prodotto un gran numero di manoscritti alchemici, per oltre un milione di parole. Nello spirito della tradizione magica, Newton era convinto che il sapere alchemico dovesse essere riservato a pochi eletti, poiché la sua diffusio- ne poteva rappresentare un pericolo per persone non preparate a que- sto tipo di conoscenza magica. Con questa convinzione scrisse in una lettera a Boyle di mantenere il silenzio sull’argomento e di non discute- re in pubblico i principi dell’alchimia. La Royal Society decise però che, anche dopo la sua morte, i manoscritti non dovessero essere divulgati, ma restare segreti per lungo tempo, per conservare l’immagine pubbli- ca di Newton come grande fisico, lasciando cadere nell’oblio tutto quel- lo che lo collegava all’alchimia. I manoscritti in vari anni si dispersero per tutto l’Europa, in gran parte perfino negli Stati Uniti, e in Israele. Buona parte ritornò poi in circolazione e fu raccolta dai rappresentanti della famosa casa di aste Sotheby, che nel 1936 organizzarono una ven- dita pubblica a Londra nella quale furono messi in vendita 329 lotti di manoscritti di Newton. Il famoso economista John Maynard Keynes, una delle più importanti figure della storia dell’economia, che per caso era presente all’asta, si rese conto dell’importanza dell’operazione e sen- za indugio acquistò personalmente tutto il gruppo dei manoscritti, che poi donò alla Royal Society. Nel luglio del 1946 in occasione della cele- brazione del tricentenario della nascita di Newton, Keynes fu invitato a ricordare la figura del grande fisico e a raccontare la storia dell’asta dei suoi manoscritti. Purtroppo Keynes morì prima di poter partecipare al- 2 Newton non era il primo del secolo della Ragione, era l’ultimo del secolo dei la riunione, ma per fortuna aveva inviato copia del suo articolo intitola- Maghi, l’ultimo dei Babilonesi e dei Sumeri, l’ultimo grande spirito che penetrava il to Newton, the Man, che fu quindi letto dal fratello Geoffrey di Keynes mondo del visibile e dello spirito con gli stessi occhi di coloro che incominciarono a (Keynes 1947) nel quale aveva scritto che: edificare il nostro patrimonio intellettuale un po’ meno di 10.000 anni fa. ISAAC NEWTON ALCHIMISTA E DIRETTORE DELLA ZECCA 129 130 STORIA DELLA CHIMICA il posto di controllore della Zecca Reale e nel 1699 ne divenne diretto- Newton was not the first of the Age of Reason. He was the last of the re. Nella sua nuova posizione Newton fece un’importante riforma mo- magicians, the last of the Babylonians and Sumerians, the last great netaria, anticipando il gold standard adottato poi dall’Inghilterra nel mind which looked out on the visible and intellectual world with the 1717. Newton riuscì a far introdurre due cambiamenti importanti nella same eyes as those who began to build our intellectual world rather giurisdizione che regolava la produzione delle sterline metalliche. La less than 10,000 years ago (Keynes, Newton the man)2. prima fu quella di introdurre la zigrinatura delle monete in modo che fosse facile scoprire se erano state limate per rubare l’oro della Coro- na. La seconda fu l’introduzione della pena di morte per delitti contro il tesoro di Stato. Newton svolse con zelo perfino eccessivo la carica di direttore della Zecca Reale, mandando a morte ben ventotto persone per crimini con- tro il conio. Per la sua estrema severità nel battersi contro le adulterazio- ni della sterlina mandò a morte un tale William Chaloner, un poveraccio che aveva il torto di conoscere la formula della lega con cui si coniavano le monete ‘d’oro’ e di averne profittato. Nella sua difesa Chaloner aveva indicato proprio in Newton e nel suo staff i veri responsabili delle contraf- fazioni e degli abusi commessi all’interno della Zecca. Newton, oltre a essere un matematico e un fisico eccezionale, fu an- che un alchimista convinto, che, dal 1668 fino alla sua morte, si era de- dicato con entusiasmo alla lettura dei testi alchemici e aveva prodotto un gran numero di manoscritti alchemici, per oltre un milione di parole. Nello spirito della tradizione magica, Newton era convinto che il sapere alchemico dovesse essere riservato a pochi eletti, poiché la sua diffusio- ne poteva rappresentare un pericolo per persone non preparate a que- sto tipo di conoscenza magica. Con questa convinzione scrisse in una lettera a Boyle di mantenere il silenzio sull’argomento e di non discute- re in pubblico i principi dell’alchimia. La Royal Society decise però che, anche dopo la sua morte, i manoscritti non dovessero essere divulgati, ma restare segreti per lungo tempo, per conservare l’immagine pubbli- ca di Newton come grande fisico, lasciando cadere nell’oblio tutto quel- lo che lo collegava all’alchimia. I manoscritti in vari anni si dispersero per tutto l’Europa, in gran parte perfino negli Stati Uniti, e in Israele. Buona parte ritornò poi in circolazione e fu raccolta dai rappresentanti della famosa casa di aste Sotheby, che nel 1936 organizzarono una ven- dita pubblica a Londra nella quale furono messi in vendita 329 lotti di manoscritti di Newton. Il famoso economista John Maynard Keynes, una delle più importanti figure della storia dell’economia, che per caso era presente all’asta, si rese conto dell’importanza dell’operazione e sen- za indugio acquistò personalmente tutto il gruppo dei manoscritti, che poi donò alla Royal Society. Nel luglio del 1946 in occasione della cele- brazione del tricentenario della nascita di Newton, Keynes fu invitato a ricordare la figura del grande fisico e a raccontare la storia dell’asta dei suoi manoscritti. Purtroppo Keynes morì prima di poter partecipare al- 2 Newton non era il primo del secolo della Ragione, era l’ultimo del secolo dei la riunione, ma per fortuna aveva inviato copia del suo articolo intitola- Maghi, l’ultimo dei Babilonesi e dei Sumeri, l’ultimo grande spirito che penetrava il to Newton, the Man, che fu quindi letto dal fratello Geoffrey di Keynes mondo del visibile e dello spirito con gli stessi occhi di coloro che incominciarono a (Keynes 1947) nel quale aveva scritto che: edificare il nostro patrimonio intellettuale un po’ meno di 10.000 anni fa. 132 STORIA DELLA CHIMICA

dei gravi e sul moto relativo, studiò il principio d’inerzia e condusse per- CAPITOLO 15 fino esperimenti sulla pressione e sulla velocità del suono; in astronomia studiò con regolarità il cielo per confermare la teoria di Keplero, analizzò DA GASSENDI A CARTESIO le macchie solari, gli anelli di Saturno, il passaggio di Mercurio davanti al Sole e predisse l’eclisse solare del 1654. I suoi contributi alla chimica so- no legati soprattutto alla sua teoria della struttura atomica della materia. Il suo atomismo, preso in buona parte in prestito da Epicuro, prendeva le mosse dal tentativo di trovare una alternativa accettabile all’aristotelismo imperante. Gassendi fu per esempio il primo a sostenere che fosse erra- ta quella che gli aristotelici consideravano un’evidenza indiscutibile, cioè che con il fuoco si potesse scindere la materia nei quattro elementi primi. La ‘nuova chimica’ di Lavoisier nel XVII secolo cominciò ad occupa- re una posizione significativa nella discussione filosofica grazie anche- al le posizioni empiristiche del filosofo francese Pierre Gassendi e al grande lavoro di diffusione delle idee di Epicuro che egli realizzò con i suoi scrit- ti e che portò rapidamente al rifiorire della teoria atomica che sembrava quasi completamente dimenticata. La filosofia di Aristotele, divenuta nei secoli l’intoccabile ‘vangelo’ degli scolastici, aveva infatti del tutto oscu- rato la filosofia naturalistica di Epicuro. Furono proprio i filosofi empiri- sti, in particolare Pierre Gassendi e i suoi allievi Mersenne e Cartesio, gli artefici del rilancio dell’atomismo e della teoria atomistica e naturalistica di Epicuro nel tardo Rinascimento francese. Pierre Gassendi (1592-1655) era nato a Champtercier, un piccolo vil- laggio nelle Alpi dell’alta Provenza (fig. 1). Passando da prevosto a Digne a professore di filosofia ad Aix e di matematica al Collège Royal di Parigi, era divenuto uno dei più importanti intellettuali del suo tempo. Secondo il suo discepolo e amico Samuel de Sorbière (1615-1670), pur restando fedele Figura 1 – Ritratto di Pierre Gassendi. alle Sacre Scritture e all’insegnamento della Chiesa, Gassendi prendeva decisamente le distanze dalla tradizione scolastica nelle sue Exercitationes Il suo approccio alla struttura della materia partiva dalla definizione Paradoxicae adversus Aristoteleos del 1624 (Gassendi 1624). In questa sua di spazio e tempo. La sua amicizia con Cartesio non gli impediva però di posizione fu confortato dall’amicizia e dalla collaborazione prima con il essere in contrasto con lui su questi concetti. Mentre Cartesio sosteneva Provençal savant Nicole-Pierre Fabri de Peiresc e poi con il frate minore che le caratteristiche fondamentali dello spazio erano materia ed esten- Marin Mersenne, che lo spinsero a studiare astronomia, fisiologia, fisica e sione, Gassendi lo considerava come un vuoto assoluto e infinito, vacuum soprattutto a leggere le opere dei classici latini, degli stoici e degli empiristi. separatum, che esisteva indipendentemente dalla presenza degli oggetti Il nome di Gassendi è però legato soprattutto alle sue critiche all’aristote- in esso contenuti (Partington 1939). Secondo lui, Dio avrebbe semplice- lismo e al razionalismo di Aristotele e di Cartesio, cui contrapponeva un mente arredato lo spazio vuoto con atomi e con le loro combinazioni, cre- deciso empirismo (Alberti 1988). Gassendi rigettava l’idea cartesiana che ando così un mondo di dimensioni finite. Questa visione dello spazio di la conoscenza debba essere dimostrata con il ragionamento, convinto in- Gassendi anticipa sotto molti aspetti il concetto di spazio assoluto, indi- vece che sono proprio le esperienze sensoriali a sostenere la conoscenza, pendente dall’esistenza del mondo fisico. Gassendi sosteneva invece che eccetto ovviamente quella teologica. Le conoscenze ricavate dall’esperien- vuoto e atomi erano ‘principi primi’, postulando l’esistenza di un vacuum za rappresentavano per lui direttamente gli eventi e gli oggetti presenti disseminatum, un insieme di piccoli vuoti distribuiti tra gli atomi (Grant nel mondo fisico, mentre le idee ricavate solo dal ragionamento non era- 1981). Per lui gli oggetti erano composti di particelle materiali, con la pro- no altro che analogie delle conoscenze ottenute dai sensi, basate solo su prietà della dimensione, moles, della massa, pondus, e della forma, figura. ipotesi. I contributi di Gassendi alla scienza spaziarono su diversi campi Accanto a queste proprietà intrinseche esistevano altre proprietà secon- del sapere ed inclusero perfino un’intensa attività sperimentale. In fisica darie e transitorie nel tempo come il situs, la posizione cioè nello spazio e fece personalmente misure per verificare le teorie di Galileo sulla caduta l’ordo, cioè la loro disposizione nei composti (Lolordo 2006). La teoria del 132 STORIA DELLA CHIMICA

dei gravi e sul moto relativo, studiò il principio d’inerzia e condusse per- CAPITOLO 15 fino esperimenti sulla pressione e sulla velocità del suono; in astronomia studiò con regolarità il cielo per confermare la teoria di Keplero, analizzò DA GASSENDI A CARTESIO le macchie solari, gli anelli di Saturno, il passaggio di Mercurio davanti al Sole e predisse l’eclisse solare del 1654. I suoi contributi alla chimica so- no legati soprattutto alla sua teoria della struttura atomica della materia. Il suo atomismo, preso in buona parte in prestito da Epicuro, prendeva le mosse dal tentativo di trovare una alternativa accettabile all’aristotelismo imperante. Gassendi fu per esempio il primo a sostenere che fosse erra- ta quella che gli aristotelici consideravano un’evidenza indiscutibile, cioè che con il fuoco si potesse scindere la materia nei quattro elementi primi. La ‘nuova chimica’ di Lavoisier nel XVII secolo cominciò ad occupa- re una posizione significativa nella discussione filosofica grazie anche- al le posizioni empiristiche del filosofo francese Pierre Gassendi e al grande lavoro di diffusione delle idee di Epicuro che egli realizzò con i suoi scrit- ti e che portò rapidamente al rifiorire della teoria atomica che sembrava quasi completamente dimenticata. La filosofia di Aristotele, divenuta nei secoli l’intoccabile ‘vangelo’ degli scolastici, aveva infatti del tutto oscu- rato la filosofia naturalistica di Epicuro. Furono proprio i filosofi empiri- sti, in particolare Pierre Gassendi e i suoi allievi Mersenne e Cartesio, gli artefici del rilancio dell’atomismo e della teoria atomistica e naturalistica di Epicuro nel tardo Rinascimento francese. Pierre Gassendi (1592-1655) era nato a Champtercier, un piccolo vil- laggio nelle Alpi dell’alta Provenza (fig. 1). Passando da prevosto a Digne a professore di filosofia ad Aix e di matematica al Collège Royal di Parigi, era divenuto uno dei più importanti intellettuali del suo tempo. Secondo il suo discepolo e amico Samuel de Sorbière (1615-1670), pur restando fedele Figura 1 – Ritratto di Pierre Gassendi. alle Sacre Scritture e all’insegnamento della Chiesa, Gassendi prendeva decisamente le distanze dalla tradizione scolastica nelle sue Exercitationes Il suo approccio alla struttura della materia partiva dalla definizione Paradoxicae adversus Aristoteleos del 1624 (Gassendi 1624). In questa sua di spazio e tempo. La sua amicizia con Cartesio non gli impediva però di posizione fu confortato dall’amicizia e dalla collaborazione prima con il essere in contrasto con lui su questi concetti. Mentre Cartesio sosteneva Provençal savant Nicole-Pierre Fabri de Peiresc e poi con il frate minore che le caratteristiche fondamentali dello spazio erano materia ed esten- Marin Mersenne, che lo spinsero a studiare astronomia, fisiologia, fisica e sione, Gassendi lo considerava come un vuoto assoluto e infinito, vacuum soprattutto a leggere le opere dei classici latini, degli stoici e degli empiristi. separatum, che esisteva indipendentemente dalla presenza degli oggetti Il nome di Gassendi è però legato soprattutto alle sue critiche all’aristote- in esso contenuti (Partington 1939). Secondo lui, Dio avrebbe semplice- lismo e al razionalismo di Aristotele e di Cartesio, cui contrapponeva un mente arredato lo spazio vuoto con atomi e con le loro combinazioni, cre- deciso empirismo (Alberti 1988). Gassendi rigettava l’idea cartesiana che ando così un mondo di dimensioni finite. Questa visione dello spazio di la conoscenza debba essere dimostrata con il ragionamento, convinto in- Gassendi anticipa sotto molti aspetti il concetto di spazio assoluto, indi- vece che sono proprio le esperienze sensoriali a sostenere la conoscenza, pendente dall’esistenza del mondo fisico. Gassendi sosteneva invece che eccetto ovviamente quella teologica. Le conoscenze ricavate dall’esperien- vuoto e atomi erano ‘principi primi’, postulando l’esistenza di un vacuum za rappresentavano per lui direttamente gli eventi e gli oggetti presenti disseminatum, un insieme di piccoli vuoti distribuiti tra gli atomi (Grant nel mondo fisico, mentre le idee ricavate solo dal ragionamento non era- 1981). Per lui gli oggetti erano composti di particelle materiali, con la pro- no altro che analogie delle conoscenze ottenute dai sensi, basate solo su prietà della dimensione, moles, della massa, pondus, e della forma, figura. ipotesi. I contributi di Gassendi alla scienza spaziarono su diversi campi Accanto a queste proprietà intrinseche esistevano altre proprietà secon- del sapere ed inclusero perfino un’intensa attività sperimentale. In fisica darie e transitorie nel tempo come il situs, la posizione cioè nello spazio e fece personalmente misure per verificare le teorie di Galileo sulla caduta l’ordo, cioè la loro disposizione nei composti (Lolordo 2006). La teoria del DA GASSENDI A CARTESIO 133 134 STORIA DELLA CHIMICA continuo di Aristotele e la divisibilità all’infinito avevano senso secondo vuto in collegio l’orientò allo studio di queste discipline, aprendo alla sua lui solo come concetti astratti matematici e geometrici, ma non avevano personalità una nuova visione della cultura. Divenne così un ammiratore senso e significato nel caso degli oggetti del mondo fisico. Gli atomi do- e un sostenitore indefesso delle idee di Galileo e di Copernico anche se, vevano quindi esistere per necessità concettuale ed essere di conseguenza per paura dell’Inquisizione cattolica, cercava di non dare l’impressione di indivisibili. Le idee di Gassendi ebbero una notevole influenza non solo su difenderle troppo apertamente. Nel 1615-1616 decise di dedicarsi allo stu- pensatori minori ma anche su grandi personaggi della scienza del XVII e dio della matematica. Ai suoi tempi però solo due carriere erano aperte a XVIII secolo come Boyle, Locke, Hume e perfino su Newton. un giovane della sua posizione sociale: entrare nella Chiesa o nell’esercito. Come Tommaso d’Aquino era stato il grande divulgatore di Aristote- Cartesio scelse l’esercito e nel 1617 entrò a far parte dell’armata di Mauri- le, così Gassendi lo divenne di Epicuro, con il De vita et moribus Epicuri, zio di Nassau, principe d’Orange, che si era accampata a Breda, una citta- del 1647, con la traduzione del libro X dell’opera di Diogene Laerzio sulla dina al nord delle province olandesi controllate dall’esercito spagnolo. A vita di Epicuro De vita, moribus, et placitis Epicuri, seu Animadversiones Breda incontrò Isaac Beeckman, direttore del collegio olandese di Dort, del 1649 e soprattutto con il famoso Syntagma phylosophiae Epicuri dello che lo convinse ad interessarsi di nuovo di matematica, un argomento al stesso anno. La lettura dei testi degli empiristi greci e la partecipazione al quale aveva già dedicato parecchio tempo quando era a Poitiers. La fer- circolo Mersenne lo condussero a considerare lo studio della storia della rea tradizione familiare lo costrinse però a restare nell’esercito e quando filosofia come l’unico metodo corretto per affrontare i problemi della co- scoppiò la Guerra dei trent’anni (1618-1648) finì per arruolarsi volontario noscenza (Palmerino 1998). nell’armata bavarese al comando del conte di Bucquoy. Nel 1621 lasciò di Il Circolo Mersenne, fondato dal matematico e filosofo Marin Mer- nuovo l’esercito che chiaramente non lo attirava troppo, per trascorrere senne nel 1630, era un circolo scientifico noto a Parigi come l’Académie cinque anni in viaggi per l’Europa continuando a studiare matematica, de Mersenne, che radunava i migliori pensatori del tempo ed ebbe tra i finché nel 1626 non si stabilì a Parigi. Dal 1620 al 1628 visse quasi sem- suoi membri personaggi come Cartesio, Fermat, Gassendi e il matematico pre in Francia, spesso a Parigi, salvo nel periodo 1623-1624 quando fece Gilles Personne de Roberval (1602-1675), allievo prediletto di Mersenne e un lungo viaggio in Italia. In questi anni ritrovò di nuovo Mersenne, che suo successore come professore di matematica al Collège de France. Il Cir- diventerà suo grande amico e suo intermediario con gli intellettuali fran- colo Mersenne divenne nel 1666 l’Académie Royale des Sciences, fondata cesi quando Cartesio si ritirerà in Olanda. Nel periodo parigino, grazie da Colbert per volere del re Luigi XIV. Mersenne fu il grande diffusore in alle insistenze di Mersenne, Cartesio si dedicò particolarmente all’ottica, Francia e in tutta l’Europa delle opere di Galileo ed ebbe un’intensa corri- problematica di grande interesse in quel periodo in Europa. spondenza con lui, con Torricelli e con altri fisici come Fermat e Huygens. Allo sviluppo dell’atomismo dei secoli successivi contribuì, oltre la teo- ria dei minima naturalia di Aristotele, ripresi da Agostino Nifo ed assimi- lati ai corpuscoli di Boyle, anche lo sviluppo delle filosofie meccanicistiche che trovarono in Francia e in Inghilterra ampio spazio alla loro diffusione. Mentre l’aristotelismo continuava ad essere insegnato nelle Università europee dagli scolastici, la cultura francese, espressione di pensatori non legati alle vecchie forme di insegnamento dei ‘professori’ della Sorbona, aveva già elaborato a partire dagli inizi del XVII secolo una visione mecca- nicistica del mondo, legata soprattutto alla personalità di René Descartes, uno dei massimi protagonisti della filosofia e della scienza dell’Occidente. René Descartes (1596-1650), noto anche come Cartesius, italianizzato in Cartesio, fu un fisico di chiara impostazione meccanicista e soprattutto un matematico geniale (fig. 2). Nato a La Haye in Turenna, fu educato nel collegio dei gesuiti di La Fleche (1606/1607-1614/1615) e divenne amico, fin dai giorni di scuola, di un grande intellettuale come Mersenne. Dalla formazione culturale realizzata in collegio il giovane Cartesio derivò so- prattutto un’ottima formazione matematica e un vivo interesse per le scien- Figura 2 – René Descartes in un ritratto di Frans Hals (1649). ze fisiche. Nel 1612 si trasferì a Parigi dove conobbe il matematico Claude Nell’inverno 1627-1628, ritiratosi in Bretagna, scrisse le Regulae ad di- Mydorge (1585-1647) e ritrovò l’amico Mersenne. Si laureò poi a Poitiers rectionem ingenii, pubblicate postume nel 1701, che rappresentano lo scritto in diritto, anche se la preparazione in fisica e matematica che aveva rice- DA GASSENDI A CARTESIO 133 134 STORIA DELLA CHIMICA continuo di Aristotele e la divisibilità all’infinito avevano senso secondo vuto in collegio l’orientò allo studio di queste discipline, aprendo alla sua lui solo come concetti astratti matematici e geometrici, ma non avevano personalità una nuova visione della cultura. Divenne così un ammiratore senso e significato nel caso degli oggetti del mondo fisico. Gli atomi do- e un sostenitore indefesso delle idee di Galileo e di Copernico anche se, vevano quindi esistere per necessità concettuale ed essere di conseguenza per paura dell’Inquisizione cattolica, cercava di non dare l’impressione di indivisibili. Le idee di Gassendi ebbero una notevole influenza non solo su difenderle troppo apertamente. Nel 1615-1616 decise di dedicarsi allo stu- pensatori minori ma anche su grandi personaggi della scienza del XVII e dio della matematica. Ai suoi tempi però solo due carriere erano aperte a XVIII secolo come Boyle, Locke, Hume e perfino su Newton. un giovane della sua posizione sociale: entrare nella Chiesa o nell’esercito. Come Tommaso d’Aquino era stato il grande divulgatore di Aristote- Cartesio scelse l’esercito e nel 1617 entrò a far parte dell’armata di Mauri- le, così Gassendi lo divenne di Epicuro, con il De vita et moribus Epicuri, zio di Nassau, principe d’Orange, che si era accampata a Breda, una citta- del 1647, con la traduzione del libro X dell’opera di Diogene Laerzio sulla dina al nord delle province olandesi controllate dall’esercito spagnolo. A vita di Epicuro De vita, moribus, et placitis Epicuri, seu Animadversiones Breda incontrò Isaac Beeckman, direttore del collegio olandese di Dort, del 1649 e soprattutto con il famoso Syntagma phylosophiae Epicuri dello che lo convinse ad interessarsi di nuovo di matematica, un argomento al stesso anno. La lettura dei testi degli empiristi greci e la partecipazione al quale aveva già dedicato parecchio tempo quando era a Poitiers. La fer- circolo Mersenne lo condussero a considerare lo studio della storia della rea tradizione familiare lo costrinse però a restare nell’esercito e quando filosofia come l’unico metodo corretto per affrontare i problemi della co- scoppiò la Guerra dei trent’anni (1618-1648) finì per arruolarsi volontario noscenza (Palmerino 1998). nell’armata bavarese al comando del conte di Bucquoy. Nel 1621 lasciò di Il Circolo Mersenne, fondato dal matematico e filosofo Marin Mer- nuovo l’esercito che chiaramente non lo attirava troppo, per trascorrere senne nel 1630, era un circolo scientifico noto a Parigi come l’Académie cinque anni in viaggi per l’Europa continuando a studiare matematica, de Mersenne, che radunava i migliori pensatori del tempo ed ebbe tra i finché nel 1626 non si stabilì a Parigi. Dal 1620 al 1628 visse quasi sem- suoi membri personaggi come Cartesio, Fermat, Gassendi e il matematico pre in Francia, spesso a Parigi, salvo nel periodo 1623-1624 quando fece Gilles Personne de Roberval (1602-1675), allievo prediletto di Mersenne e un lungo viaggio in Italia. In questi anni ritrovò di nuovo Mersenne, che suo successore come professore di matematica al Collège de France. Il Cir- diventerà suo grande amico e suo intermediario con gli intellettuali fran- colo Mersenne divenne nel 1666 l’Académie Royale des Sciences, fondata cesi quando Cartesio si ritirerà in Olanda. Nel periodo parigino, grazie da Colbert per volere del re Luigi XIV. Mersenne fu il grande diffusore in alle insistenze di Mersenne, Cartesio si dedicò particolarmente all’ottica, Francia e in tutta l’Europa delle opere di Galileo ed ebbe un’intensa corri- problematica di grande interesse in quel periodo in Europa. spondenza con lui, con Torricelli e con altri fisici come Fermat e Huygens. Allo sviluppo dell’atomismo dei secoli successivi contribuì, oltre la teo- ria dei minima naturalia di Aristotele, ripresi da Agostino Nifo ed assimi- lati ai corpuscoli di Boyle, anche lo sviluppo delle filosofie meccanicistiche che trovarono in Francia e in Inghilterra ampio spazio alla loro diffusione. Mentre l’aristotelismo continuava ad essere insegnato nelle Università europee dagli scolastici, la cultura francese, espressione di pensatori non legati alle vecchie forme di insegnamento dei ‘professori’ della Sorbona, aveva già elaborato a partire dagli inizi del XVII secolo una visione mecca- nicistica del mondo, legata soprattutto alla personalità di René Descartes, uno dei massimi protagonisti della filosofia e della scienza dell’Occidente. René Descartes (1596-1650), noto anche come Cartesius, italianizzato in Cartesio, fu un fisico di chiara impostazione meccanicista e soprattutto un matematico geniale (fig. 2). Nato a La Haye in Turenna, fu educato nel collegio dei gesuiti di La Fleche (1606/1607-1614/1615) e divenne amico, fin dai giorni di scuola, di un grande intellettuale come Mersenne. Dalla formazione culturale realizzata in collegio il giovane Cartesio derivò so- prattutto un’ottima formazione matematica e un vivo interesse per le scien- Figura 2 – René Descartes in un ritratto di Frans Hals (1649). ze fisiche. Nel 1612 si trasferì a Parigi dove conobbe il matematico Claude Nell’inverno 1627-1628, ritiratosi in Bretagna, scrisse le Regulae ad di- Mydorge (1585-1647) e ritrovò l’amico Mersenne. Si laureò poi a Poitiers rectionem ingenii, pubblicate postume nel 1701, che rappresentano lo scritto in diritto, anche se la preparazione in fisica e matematica che aveva rice- DA GASSENDI A CARTESIO 135 136 STORIA DELLA CHIMICA più importante prima della pubblicazione dei Discours de la méthode e dei frammenti di polvere formatisi durante la loro levigatura per attrito. In tre Essais del 1637, Les Météores, La Dioptrique e La Géométrie. Convinto conclusione esistevano tre tipi di particelle. Alle prime assegnava il nome a dedicarsi alla filosofia dal Cardinale de Berulle, fondatore della compa- di ‘particelle di fuoco’, frammenti di materia estremamente fine, una specie gnia degli Oratoriani, si trasferì nel 1628 in Olanda dove per venti anni di polvere cosmica, che possedevano la velocità più alta. Le seconde erano dedicò tutto il suo tempo alla filosofia e alla matematica. Nel periodo che invece particelle di aria, di dimensioni sferiche, più grandi e meno veloci. va dal 1630 al 1633 Cartesio si dedicò alla stesura della prima esposizione Infine le ultime erano particelle di terra, di dimensioni ancora maggiori sistematica di filosofia naturalistica su basi meccanicistiche, dal titolo Le che non erano altro che particelle originarie rimaste intatte. traité de la Lumière. Rinunciò però a completare quest’opera, quando ap- prese della condanna del Dialogo sui due massimi sistemi di Galileo Galilei. Cartesio fu il creatore della geometria analitica e sviluppò un sistema di pensiero che diede inizio a un nuovo corso della filosofia, che considerava solo la deduzione logica come metodo conoscitivo (Timmermans 1999). Le sue opere più famose e la definitiva sistematizzazione del suo pensiero nei Principia philosophiae del 1644 rappresentano il più importante mo- numento edificato dal pensiero umano al razionalismo deduttivo. La concezione del mondo fisico di Cartesio godette di ampia diffusione e prestigio in tutto il continente europeo. Il cardine della sua cosmologia era la negazione del vuoto, l’horror vacui, che era stato uno dei capisaldi della teoria aristotelica del moto. Secondo Aristotele un corpo lanciato nell’aria vede crescere la sua velocità se diminuisce la resistenza del mez- zo (Rossi 1988). Nel vuoto quindi la sua velocità sarebbe infinita. Questa conclusione, contraria al senso comune, dimostrava secondo Aristotele che il vuoto non può esistere. Cartesio riprese l’idea dell’horror vacui: secondo lui se il vuoto esi- stesse, le diverse parti della materia non sarebbero a contatto diretto e sa- rebbe stato necessario credere all’esistenza di un’azione a distanza, cioè di un’interazione immateriale che si propaga nel vuoto. Ammettere l’e- sistenza dell’azione a distanza significava però riconoscere l’esistenza di un’entità metafisica che egli come razionalista negava decisamente. Per- tanto secondo lui ogni oggetto fisico in tanto esiste in quanto occupa uno spazio; dunque, tutto ciò che esiste è res extensa, sostanza estesa, cioè ha una dimensione spaziale; non possono quindi esistere in natura porzioni di spazio prive di estensione fisica. Il vuoto è quindi logicamente impos- sibile. Le parti di spazio che sembrano vuote sono invece piene di materia rarefatta e impalpabile, materia che Cartesio chiamava ‘materia sottile’. Le particelle di Cartesio riempivano invece completamente lo spazio e pos- sedevano, oltre all’estensione, la caratteristica del movimento. Secondo la visione cartesiana, il mondo all’inizio era diviso in particelle tutte della stessa dimensione in costante movimento che riempivano completamen- te lo spazio. Poiché però non esisteva spazio vuoto tra di esse, si poteva- no solo spostare, prendendo il posto lasciato libero dalle particelle vicine che anch’esse si erano spostate in questo processo di movimento collettivo che coinvolgeva tutto l’universo. In altre parole il movimento di una sola particella richiedeva quello di un’intera catena di particelle, formando un ‘vortice’. Come risultato del movimento alcune particelle assumevano una forma sferica e lo spazio vuoto tra esse veniva riempito con i minutissimi DA GASSENDI A CARTESIO 135 136 STORIA DELLA CHIMICA più importante prima della pubblicazione dei Discours de la méthode e dei frammenti di polvere formatisi durante la loro levigatura per attrito. In tre Essais del 1637, Les Météores, La Dioptrique e La Géométrie. Convinto conclusione esistevano tre tipi di particelle. Alle prime assegnava il nome a dedicarsi alla filosofia dal Cardinale de Berulle, fondatore della compa- di ‘particelle di fuoco’, frammenti di materia estremamente fine, una specie gnia degli Oratoriani, si trasferì nel 1628 in Olanda dove per venti anni di polvere cosmica, che possedevano la velocità più alta. Le seconde erano dedicò tutto il suo tempo alla filosofia e alla matematica. Nel periodo che invece particelle di aria, di dimensioni sferiche, più grandi e meno veloci. va dal 1630 al 1633 Cartesio si dedicò alla stesura della prima esposizione Infine le ultime erano particelle di terra, di dimensioni ancora maggiori sistematica di filosofia naturalistica su basi meccanicistiche, dal titolo Le che non erano altro che particelle originarie rimaste intatte. traité de la Lumière. Rinunciò però a completare quest’opera, quando ap- prese della condanna del Dialogo sui due massimi sistemi di Galileo Galilei. Cartesio fu il creatore della geometria analitica e sviluppò un sistema di pensiero che diede inizio a un nuovo corso della filosofia, che considerava solo la deduzione logica come metodo conoscitivo (Timmermans 1999). Le sue opere più famose e la definitiva sistematizzazione del suo pensiero nei Principia philosophiae del 1644 rappresentano il più importante mo- numento edificato dal pensiero umano al razionalismo deduttivo. La concezione del mondo fisico di Cartesio godette di ampia diffusione e prestigio in tutto il continente europeo. Il cardine della sua cosmologia era la negazione del vuoto, l’horror vacui, che era stato uno dei capisaldi della teoria aristotelica del moto. Secondo Aristotele un corpo lanciato nell’aria vede crescere la sua velocità se diminuisce la resistenza del mez- zo (Rossi 1988). Nel vuoto quindi la sua velocità sarebbe infinita. Questa conclusione, contraria al senso comune, dimostrava secondo Aristotele che il vuoto non può esistere. Cartesio riprese l’idea dell’horror vacui: secondo lui se il vuoto esi- stesse, le diverse parti della materia non sarebbero a contatto diretto e sa- rebbe stato necessario credere all’esistenza di un’azione a distanza, cioè di un’interazione immateriale che si propaga nel vuoto. Ammettere l’e- sistenza dell’azione a distanza significava però riconoscere l’esistenza di un’entità metafisica che egli come razionalista negava decisamente. Per- tanto secondo lui ogni oggetto fisico in tanto esiste in quanto occupa uno spazio; dunque, tutto ciò che esiste è res extensa, sostanza estesa, cioè ha una dimensione spaziale; non possono quindi esistere in natura porzioni di spazio prive di estensione fisica. Il vuoto è quindi logicamente impos- sibile. Le parti di spazio che sembrano vuote sono invece piene di materia rarefatta e impalpabile, materia che Cartesio chiamava ‘materia sottile’. Le particelle di Cartesio riempivano invece completamente lo spazio e pos- sedevano, oltre all’estensione, la caratteristica del movimento. Secondo la visione cartesiana, il mondo all’inizio era diviso in particelle tutte della stessa dimensione in costante movimento che riempivano completamen- te lo spazio. Poiché però non esisteva spazio vuoto tra di esse, si poteva- no solo spostare, prendendo il posto lasciato libero dalle particelle vicine che anch’esse si erano spostate in questo processo di movimento collettivo che coinvolgeva tutto l’universo. In altre parole il movimento di una sola particella richiedeva quello di un’intera catena di particelle, formando un ‘vortice’. Come risultato del movimento alcune particelle assumevano una forma sferica e lo spazio vuoto tra esse veniva riempito con i minutissimi 138 STORIA DELLA CHIMICA

le Fiandre, scatenò la rivolta contro la Spagna, sia in Gran Bretagna, CAPITOLO 16 dove le crudeltà e gli abusi di Enrico VIII aprirono la strada all’Act of Supremacy che diede origine allo scisma della Chiesa Anglicana dalla ESOTERISMO E STREGONERIA NEL SEICENTO Chiesa di Roma. Nello stato di superstizione e ignoranza che regnava allora in Euro- pa, i movimenti esoterici divennero sempre più attenti a non destare so- spetti, sviluppandosi come correnti di ‘culture sotterranee’, avverse alle grandi conquiste del Rinascimento italiano. Di conseguenza la teologia si discostò sempre più dalla teosofia, l’astronomia dall’astrologia divina- toria e simbolica e la chimica dall’alchimia speculativa e formale. Anche i passi avanti compiuti dalla medicina nel periodo seguente allo svilup- Nel corso del Seicento l’esoterismo delle attività alchemiche e l’au- po della iatrochimica si associarono alle posizioni assunte dalla Chiesa e mento del numero di ciarlatani, maghi e stregoni, che da tempo infesta- dai principi regnanti, dando un duro colpo alle speranze dell’alchimia di vano il mondo dell’alchimia, ancora intessuta di magia e di occultismo, reperire elisir miracolosi. Ripetute dichiarazioni dei nuovi medici e far- cominciavano però a forzare i poteri politici e quelli religiosi a prender- macisti mostravano addirittura l’inefficacia se non addirittura la tossici- ne le distanze poiché non potevano più ignorare il numero di condanne tà dei rimedi osannati da Paracelso e dagli iatrochimici e cominciavano e confutazioni che già da tempo ne rodevano le basi. La pubblicazione lentamente a convincere la massa di non esperti in materia che i medica- nel 1580 del libro del filosofo e giurista francese Jean BodinDe la démo- menti da loro consigliati erano gli unici capaci di curare e guarire le ma- nomanie des sorciers (Bodin 1587), i cinque interminabili processi subiti lattie. Solo pochi regnanti o rappresentanti del potere religioso, come il da Campanella conclusi alla fine con condanna a morte trasformata in monaco benedettino Johann Heidenberg (1462-1516), in latino Johannes prigione a vita quando, fingendosi matto, aveva appiccato il fuoco alla Trithemius, abate di Sponheim e autore del testo Steganographia, pubbli- sua cella, sapendo che un malato di mente non poteva essere giustiziato cato a Francoforte nel 1606 (fig. 1), continuavano, più o meno convinti, dal Santo Ufficio, e infine il rogo di Giordano Bruno in Campo dei Fiori a difendere l’alchimia come eredità della scienza greca, araba e medie- a Roma danno un’idea del clima dominante in quel periodo, che vedeva vale e a finanziarne le ricerche, malgrado i continui fallimenti dei loro sempre più svilupparsi la ‘caccia alle streghe’ fortemente voluta dall’In- tentativi di mostrare la realtà e l’efficacia della Pietra Filosofale e degli quisizione di Santa Romana Chiesa in tutta l’Europa. Jean Bodin, che elisir di lunga vita. era stato per un certo tempo vicino al duca d’Orleans, Francesco Ercole di Valois, Principe D’Alençon, dopo averlo addirittura accompagnato in Inghilterra come maître de requêtes e consigliere nel tentativo di sposare Elisabetta I, si era politicamente spostato al servizio della Lega Cattolica contro i protestanti. Jean Bodin scrisse, appunto, il libro De la démono- manie des sorciers, in 4 volumi, in cui attaccava tutto il pensiero occulto da Pico in poi, denunciandolo come adoratore del demonio e bollando Agrippa come arcimago e negromante. Dopo aver elencato i delitti delle streghe e mostrato i vantaggi che ottengono tramite relazioni diaboliche, spiegava come si potessero fare patti col diavolo, come fosse possibile pro- teggersi dai demoni o trasformarsi in lupi mannari e come addirittura si potessero smascherare le streghe e costringerle a rivelare i propri crimi- ni. La crescita nell’Europa centrale del numero di streghe e maghi capaci di predire il futuro e di stabilire contatti con creature demoniache si era rivelata infatti particolarmente grave non solo per le autorità ecclesiasti- che ma anche per quelle politiche che temevano l’affermarsi di correnti rivoluzionarie capaci di minare il loro potere. Venne così a crearsi un’atmosfera di violenza e terrore soprattut- Figura 1 – Frontespizio del primo libro sulla steganografia. [ribagorda garnacho/CC to nell’Europa centrale, sia nei Paesi Bassi dove la crudele repressione BY-SA 3.0] dei calvinisti da parte del Duca d’Alba, noto come il macellaio del- 138 STORIA DELLA CHIMICA

le Fiandre, scatenò la rivolta contro la Spagna, sia in Gran Bretagna, CAPITOLO 16 dove le crudeltà e gli abusi di Enrico VIII aprirono la strada all’Act of Supremacy che diede origine allo scisma della Chiesa Anglicana dalla ESOTERISMO E STREGONERIA NEL SEICENTO Chiesa di Roma. Nello stato di superstizione e ignoranza che regnava allora in Euro- pa, i movimenti esoterici divennero sempre più attenti a non destare so- spetti, sviluppandosi come correnti di ‘culture sotterranee’, avverse alle grandi conquiste del Rinascimento italiano. Di conseguenza la teologia si discostò sempre più dalla teosofia, l’astronomia dall’astrologia divina- toria e simbolica e la chimica dall’alchimia speculativa e formale. Anche i passi avanti compiuti dalla medicina nel periodo seguente allo svilup- Nel corso del Seicento l’esoterismo delle attività alchemiche e l’au- po della iatrochimica si associarono alle posizioni assunte dalla Chiesa e mento del numero di ciarlatani, maghi e stregoni, che da tempo infesta- dai principi regnanti, dando un duro colpo alle speranze dell’alchimia di vano il mondo dell’alchimia, ancora intessuta di magia e di occultismo, reperire elisir miracolosi. Ripetute dichiarazioni dei nuovi medici e far- cominciavano però a forzare i poteri politici e quelli religiosi a prender- macisti mostravano addirittura l’inefficacia se non addirittura la tossici- ne le distanze poiché non potevano più ignorare il numero di condanne tà dei rimedi osannati da Paracelso e dagli iatrochimici e cominciavano e confutazioni che già da tempo ne rodevano le basi. La pubblicazione lentamente a convincere la massa di non esperti in materia che i medica- nel 1580 del libro del filosofo e giurista francese Jean BodinDe la démo- menti da loro consigliati erano gli unici capaci di curare e guarire le ma- nomanie des sorciers (Bodin 1587), i cinque interminabili processi subiti lattie. Solo pochi regnanti o rappresentanti del potere religioso, come il da Campanella conclusi alla fine con condanna a morte trasformata in monaco benedettino Johann Heidenberg (1462-1516), in latino Johannes prigione a vita quando, fingendosi matto, aveva appiccato il fuoco alla Trithemius, abate di Sponheim e autore del testo Steganographia, pubbli- sua cella, sapendo che un malato di mente non poteva essere giustiziato cato a Francoforte nel 1606 (fig. 1), continuavano, più o meno convinti, dal Santo Ufficio, e infine il rogo di Giordano Bruno in Campo dei Fiori a difendere l’alchimia come eredità della scienza greca, araba e medie- a Roma danno un’idea del clima dominante in quel periodo, che vedeva vale e a finanziarne le ricerche, malgrado i continui fallimenti dei loro sempre più svilupparsi la ‘caccia alle streghe’ fortemente voluta dall’In- tentativi di mostrare la realtà e l’efficacia della Pietra Filosofale e degli quisizione di Santa Romana Chiesa in tutta l’Europa. Jean Bodin, che elisir di lunga vita. era stato per un certo tempo vicino al duca d’Orleans, Francesco Ercole di Valois, Principe D’Alençon, dopo averlo addirittura accompagnato in Inghilterra come maître de requêtes e consigliere nel tentativo di sposare Elisabetta I, si era politicamente spostato al servizio della Lega Cattolica contro i protestanti. Jean Bodin scrisse, appunto, il libro De la démono- manie des sorciers, in 4 volumi, in cui attaccava tutto il pensiero occulto da Pico in poi, denunciandolo come adoratore del demonio e bollando Agrippa come arcimago e negromante. Dopo aver elencato i delitti delle streghe e mostrato i vantaggi che ottengono tramite relazioni diaboliche, spiegava come si potessero fare patti col diavolo, come fosse possibile pro- teggersi dai demoni o trasformarsi in lupi mannari e come addirittura si potessero smascherare le streghe e costringerle a rivelare i propri crimi- ni. La crescita nell’Europa centrale del numero di streghe e maghi capaci di predire il futuro e di stabilire contatti con creature demoniache si era rivelata infatti particolarmente grave non solo per le autorità ecclesiasti- che ma anche per quelle politiche che temevano l’affermarsi di correnti rivoluzionarie capaci di minare il loro potere. Venne così a crearsi un’atmosfera di violenza e terrore soprattut- Figura 1 – Frontespizio del primo libro sulla steganografia. [ribagorda garnacho/CC to nell’Europa centrale, sia nei Paesi Bassi dove la crudele repressione BY-SA 3.0] dei calvinisti da parte del Duca d’Alba, noto come il macellaio del- ESOTERISMO E STREGONERIA NEL SEICENTO 139 140 STORIA DELLA CHIMICA

Nel Medioevo erano molto diffusi vari testi ermetici, derivati dai libri dell’alchimista tedesco Aegidius Gutmann, che sosteneva di possede- di Ermete Trismegisto, in buona parte scritti da musulmani, su cui era re un libro misterioso, Falmad, rivelatore della saggezza e della scienza, basata la tradizione dell’occultismo propriamente detto, presentata nella presentavano una nuova società di filosofi mistici. Un altro manifesto Picatrix, nella Tavola di smeraldo e nel Secretum secretorum, fino al Liber che si vedeva attaccato sui muri nelle strade di Parigi nel 1623 rinforzava vacce, opera di alchimia redatta in Persia nel IX secolo, che prese il titolo ulteriormente l’importanza della società dei Rosacroce. La pubblicazio- dal sangue di animali usato in rituali magici che avrebbero dovuto tra- ne dei manifesti dei rosacrociani, probabile filiazione di una precedente sformare gli uomini in scimmie e perfino in demoni. Tutti questi testi di setta degli gnostici, fu influenzata dagli scritti di Heinrich Khunrath di magia scomparvero però nell’oblio totale nel Medioevo cristiano e non Amburgo, autore del libro Amphitheatrum Sapientiae Aeternae del 1609, esercitarono alcuna influenza di rilievo sul pensiero medievale, mentre a sua volta influenzato dalla pubblicazione del libro di John Dee, Monas divennero molto diffusi solo nel Rinascimento. Anche i libri di magia Hieroglyphica, del 1564. ebraica, cosiddetta ‘salomonica’, come il Liber Raziel dell’ebreo Sefer Ra- Alla fondazione dell’ordine aveva contribuito attivamente anche l’al- ziel HaMalakh, un libro di magia medievale scritto in ebraico e aramaico chimista, astrologo e scrittore mistico Julius Sperber, noto anche con lo nel XIII secolo e poi tradotto il latino come Liber Razielis Archangeli, op- pseudonimo di Julianus de Campis. Sperber non si contentava di essere pure come la Clavicola di Salomone, un testo di magia medievale origi- tra i padri fondatori dell’ordine dei rosacrociani ma addirittura sostene- nariamente attribuito (per errore) al Re Salomone, furono praticamente va nei suoi scritti che l’ordine avesse origini antichissime che risalivano ignorati tra i cristiani fino al XV secolo. ai caldei e agli egiziani. Per quanto l’esistenza reale del movimento dei Rosacroce sia tuttora dubbia, esso diede in ogni caso origine nel XVIII secolo a una pletora di società segrete tutte con una forte caratterizzazione esoterica, spesso con- siderate filiazioni degli ordini dei Cavalieri del Sacro Graal e dei templari. Le sette dei Rosacroce avevano essenzialmente posizioni politiche conser- vatrici ed erano legate alle associazioni framassoniche che riuscirono nel tempo a infiltrare loro membri in tutti i centri di potere, dalle corti dei principi agli alti gradi dell’esercito e furono capaci di esercitare pressioni perfino sulle decisioni del potere politico. Un tipico esempio del livello di importanza raggiunto dagli adepti alle società dei rosacrociani fu quel- lo di Michael Maïer (1568-1622), medico, alchimista e musicista tedesco, divenuto poi consigliere di Rodolfo II d’Asburgo. Nato a Rendsburg, Hol- stein, frequentò l’Università di Rostock, nel 1589 quella di Norimberga, dal 1589 al 1591 fu a Padova, nel 1592 all’Università di Francoforte ove conseguì la laurea in Lettere; nel 1596 all’Università di Bologna e nel 1596 all’Università di Basilea, dove si laureò in medicina e chimica. Nel 1609 Figura 2 – Ritratto di Christian Rosenkreuz. divenne medico e consigliere al servizio di Rodolfo II, Re di Ungheria e di Boemia che lo nominò Conte Palatino (Pfalzgraf). Negli anni successi- In questo periodo di trasformazione delle società sviluppate, grande vi alla morte di Rodolfo II, Maïer visitò più volte l’Inghilterra, conoscen- importanza assunsero in Europa varie organizzazioni segrete che riven- do personalmente il filosofo rosacrociano Robert Fludd. La sua opera più dicavano la propria derivazione dalla setta segreta dei Rosacroce, una famosa era il libro di emblemi , pubblicato in latino nel società filosofica nata in Germania nel tardo Medioevo ad opera di un 1617 (fig. 3), in cui erano rappresentate cinquanta incisioni simboliche, suo leggendario fondatore, Christian Rosenkreuz (oppure Rosencreutz), corredate di epigrammi e discorsi, che illustravano le fasi del processo vissuto in Germania tra il 1378 e il 1484 (Yates 1976), autore nel 1469 di alchemico. Il testo degli epigrammi era proposto anche in forma musi- un opuscolo intitolato Chymische Hochzeit Christiani Rosencreutz (fig. 2). cale di fuga a tre voci. Maïer fu uno dei grandi difensori dell’ordine dei Tra il 1607 e il 1616 la comparsa in Germania e la loro rapida diffusione Rosacroce, convinto che l’ordine al quale apparteneva ispirasse le arti e le in Europa di due manifesti anonimi, La Fama Fraternitatis Rosae Cru- scienze, inclusa l’alchimia. La musica rosacrociana di Maïer è utilizzata cis (1614) e la Confessio Fraternitatis, diede origine a un entusiasmo ina- ancora oggi nel Real Ordine degli Antichi Liberi Accettati Muratori, una spettato che Frances Yates ha giustamente descritto come l’Illuminismo giurisdizione massonica fondata nel 1993 a Roma e diretta dal gran mae- Rosacrociano. Questi due manifesti, in parte forse dovuti alla fantasia stro del Grande Oriente d’Italia. ESOTERISMO E STREGONERIA NEL SEICENTO 139 140 STORIA DELLA CHIMICA

Nel Medioevo erano molto diffusi vari testi ermetici, derivati dai libri dell’alchimista tedesco Aegidius Gutmann, che sosteneva di possede- di Ermete Trismegisto, in buona parte scritti da musulmani, su cui era re un libro misterioso, Falmad, rivelatore della saggezza e della scienza, basata la tradizione dell’occultismo propriamente detto, presentata nella presentavano una nuova società di filosofi mistici. Un altro manifesto Picatrix, nella Tavola di smeraldo e nel Secretum secretorum, fino al Liber che si vedeva attaccato sui muri nelle strade di Parigi nel 1623 rinforzava vacce, opera di alchimia redatta in Persia nel IX secolo, che prese il titolo ulteriormente l’importanza della società dei Rosacroce. La pubblicazio- dal sangue di animali usato in rituali magici che avrebbero dovuto tra- ne dei manifesti dei rosacrociani, probabile filiazione di una precedente sformare gli uomini in scimmie e perfino in demoni. Tutti questi testi di setta degli gnostici, fu influenzata dagli scritti di Heinrich Khunrath di magia scomparvero però nell’oblio totale nel Medioevo cristiano e non Amburgo, autore del libro Amphitheatrum Sapientiae Aeternae del 1609, esercitarono alcuna influenza di rilievo sul pensiero medievale, mentre a sua volta influenzato dalla pubblicazione del libro di John Dee, Monas divennero molto diffusi solo nel Rinascimento. Anche i libri di magia Hieroglyphica, del 1564. ebraica, cosiddetta ‘salomonica’, come il Liber Raziel dell’ebreo Sefer Ra- Alla fondazione dell’ordine aveva contribuito attivamente anche l’al- ziel HaMalakh, un libro di magia medievale scritto in ebraico e aramaico chimista, astrologo e scrittore mistico Julius Sperber, noto anche con lo nel XIII secolo e poi tradotto il latino come Liber Razielis Archangeli, op- pseudonimo di Julianus de Campis. Sperber non si contentava di essere pure come la Clavicola di Salomone, un testo di magia medievale origi- tra i padri fondatori dell’ordine dei rosacrociani ma addirittura sostene- nariamente attribuito (per errore) al Re Salomone, furono praticamente va nei suoi scritti che l’ordine avesse origini antichissime che risalivano ignorati tra i cristiani fino al XV secolo. ai caldei e agli egiziani. Per quanto l’esistenza reale del movimento dei Rosacroce sia tuttora dubbia, esso diede in ogni caso origine nel XVIII secolo a una pletora di società segrete tutte con una forte caratterizzazione esoterica, spesso con- siderate filiazioni degli ordini dei Cavalieri del Sacro Graal e dei templari. Le sette dei Rosacroce avevano essenzialmente posizioni politiche conser- vatrici ed erano legate alle associazioni framassoniche che riuscirono nel tempo a infiltrare loro membri in tutti i centri di potere, dalle corti dei principi agli alti gradi dell’esercito e furono capaci di esercitare pressioni perfino sulle decisioni del potere politico. Un tipico esempio del livello di importanza raggiunto dagli adepti alle società dei rosacrociani fu quel- lo di Michael Maïer (1568-1622), medico, alchimista e musicista tedesco, divenuto poi consigliere di Rodolfo II d’Asburgo. Nato a Rendsburg, Hol- stein, frequentò l’Università di Rostock, nel 1589 quella di Norimberga, dal 1589 al 1591 fu a Padova, nel 1592 all’Università di Francoforte ove conseguì la laurea in Lettere; nel 1596 all’Università di Bologna e nel 1596 all’Università di Basilea, dove si laureò in medicina e chimica. Nel 1609 Figura 2 – Ritratto di Christian Rosenkreuz. divenne medico e consigliere al servizio di Rodolfo II, Re di Ungheria e di Boemia che lo nominò Conte Palatino (Pfalzgraf). Negli anni successi- In questo periodo di trasformazione delle società sviluppate, grande vi alla morte di Rodolfo II, Maïer visitò più volte l’Inghilterra, conoscen- importanza assunsero in Europa varie organizzazioni segrete che riven- do personalmente il filosofo rosacrociano Robert Fludd. La sua opera più dicavano la propria derivazione dalla setta segreta dei Rosacroce, una famosa era il libro di emblemi Atalanta fugiens, pubblicato in latino nel società filosofica nata in Germania nel tardo Medioevo ad opera di un 1617 (fig. 3), in cui erano rappresentate cinquanta incisioni simboliche, suo leggendario fondatore, Christian Rosenkreuz (oppure Rosencreutz), corredate di epigrammi e discorsi, che illustravano le fasi del processo vissuto in Germania tra il 1378 e il 1484 (Yates 1976), autore nel 1469 di alchemico. Il testo degli epigrammi era proposto anche in forma musi- un opuscolo intitolato Chymische Hochzeit Christiani Rosencreutz (fig. 2). cale di fuga a tre voci. Maïer fu uno dei grandi difensori dell’ordine dei Tra il 1607 e il 1616 la comparsa in Germania e la loro rapida diffusione Rosacroce, convinto che l’ordine al quale apparteneva ispirasse le arti e le in Europa di due manifesti anonimi, La Fama Fraternitatis Rosae Cru- scienze, inclusa l’alchimia. La musica rosacrociana di Maïer è utilizzata cis (1614) e la Confessio Fraternitatis, diede origine a un entusiasmo ina- ancora oggi nel Real Ordine degli Antichi Liberi Accettati Muratori, una spettato che Frances Yates ha giustamente descritto come l’Illuminismo giurisdizione massonica fondata nel 1993 a Roma e diretta dal gran mae- Rosacrociano. Questi due manifesti, in parte forse dovuti alla fantasia stro del Grande Oriente d’Italia. ESOTERISMO E STREGONERIA NEL SEICENTO 141 142 STORIA DELLA CHIMICA

sibile quando il ferito era lontano – ma che se si fosse posta direttamente la polvere sulla piaga la sua forza corrosiva l’avrebbe irritata, mentre tra- sportata dall’aria essa donava solo la sua parte dolce e balsamica. Per lo stesso principio, se sull’arma che aveva colpito, anziché la polvere armaria si fosse posta una sostanza fortemente irritante, il ferito ne avrebbe rice- vuto una impressione di dolore acuto. La pubblicazione di questo primo manifesto rosacrociano fu influenzata da quella del libro Amphitheatrum Sapientiae Aeternae (1609) del filosofo Heinrich Khunrath di Amburgo, che a sua volta fu influenzato dall’inglese John Dee, autore nel 1564 del testo Monas Hieroglyphica (Dee 1564).

Figura 3 – Atalanta fugiens, di Michael Maier.

Una indubbia posizione di prestigio negli alti livelli della società af- fluente fu raggiunta anche dallo scrittore e bibliotecario francese Gabriel Naudé (1600-1653), che dopo essere, stato medico di Luigi XIII decise di ritornare alla sua precedente attività, scrivendo nel 1627 il primo manuale di biblioteconomia francese, l’Advis pour dresser une bibliothèque. Naudé divenne nel 1629 bibliotecario del cardinale Gianfrancesco Guidi di Ba- gno e, alla morte di questi nel 1641, bibliotecario del cardinale Francesco Barberini. Divenne poi anche bibliotecario di Richelieu e, alla sua morte, bibliotecario del suo successore, il cardinale Giulio Mazzarino. Per conto di Mazzarino viaggiò per tutta Europa, raccogliendo più di 40.000 libri in quella che sarebbe stata conosciuta in seguito come Biblioteca Mazza- Figura 4 – Roberto Fludd. rina, ricca di manoscritti e libri rari. La biblioteca Mazzarina venne ven- duta dal Parlamento di Parigi durante la Fronda e Naudé venne invitato a Altro rosacrociano di grande prestigio nella confraternita, riuscito ad Stoccolma dalla regina Cristina di Svezia. Alla richiesta di Mazzarino di entrare nelle grazie di uno dei signori del tempo, il principe Augusto di ricostituire la sua biblioteca dispersa, Naudé decise di rientrare immedia- Brunswick, fu Johann Valentin Andreae (1586-1654), autore insieme ad tamente in Francia ma, a causa dei suoi problemi di salute, morì durante altri di un testo, Fama fraternitatis Rosae Crucis, che teorizzava la messa in il viaggio di ritorno. opera del Sacro Vangelo (Clulee 1976) (fig. 5). Dal suo protettore fu messo Un altro personaggio rappresentativo dello stretto rapporto che legava a capo dell’abazia di Adelberg, nel Baden-Württemberg. Secondo la sua i Rosacroce al potere politico fu il medico inglese di formazione paracel- autobiografia scrisse anche un libro di pura fantasia Chymische Hochzeit, siana Robert Fludd, noto anche con il nome latino di Robertus de Fluc- una complicata e rocambolesca storia che si svolge in sette giorni e che tibus (1574-1637), famoso astrologo, cosmologo e cabalista (fig. 4). Fludd ha continui richiami all’alchimia che egli classificava nella categoria delle era uno studioso di filosofie occulte che nella sua vita ebbe diverse discus- scienze poco serie, insieme alla musica, all’arte, al teatro e all’astrologia. sioni con Keplero sull’approccio scientifico ed ermetico al sapere (Yates Nonostante l’alchimia e la magia stessero perdendo credito, ogni tan- 1976) e sviluppò un’intensa attività polemica: difese i Rosacroce contro to fioriva qualche nuovo strampalato sostenitore di pratiche magiche ed Andreas Libavius, ebbe un dibattito con Keplero, si oppose ai filosofi -na esoteriche come ad esempio Jacob Böhmen, nato a Gorlitz nell’Europa turalisti francesi, incluso Gassendi, e fu perfino coinvolto nella discussio- centrale, che dopo aver fatto il calzolaio fino all’età di trent’anni si illu- ne sulla polvere della simpatia, o unguento armario, una sostanza che si se, dopo aver assistito alla promulgazione del manifesto dei rosacrociani, doveva spargere sull’arma che aveva prodotto una ferita, o su un panno di poter scoprire il segreto della trasmutazione dei metalli nella Bibbia e intriso del sangue del ferito (Brann 1977). In tal modo la ferita guariva più inventò una strana teoria che mescolava alchimia e religione. Sulla ba- rapidamente. All’obiezione se non fosse più facile porre direttamente la se di questa sua folle infatuazione, convinto di essere un nuovo apostolo polvere magica sulla piaga, si rispondeva non solo che questo era impos- dell’umanità, fondò la setta degli Aurea-cruciani nel periodo tra il 1607 e ESOTERISMO E STREGONERIA NEL SEICENTO 141 142 STORIA DELLA CHIMICA

sibile quando il ferito era lontano – ma che se si fosse posta direttamente la polvere sulla piaga la sua forza corrosiva l’avrebbe irritata, mentre tra- sportata dall’aria essa donava solo la sua parte dolce e balsamica. Per lo stesso principio, se sull’arma che aveva colpito, anziché la polvere armaria si fosse posta una sostanza fortemente irritante, il ferito ne avrebbe rice- vuto una impressione di dolore acuto. La pubblicazione di questo primo manifesto rosacrociano fu influenzata da quella del libro Amphitheatrum Sapientiae Aeternae (1609) del filosofo Heinrich Khunrath di Amburgo, che a sua volta fu influenzato dall’inglese John Dee, autore nel 1564 del testo Monas Hieroglyphica (Dee 1564).

Figura 3 – Atalanta fugiens, di Michael Maier.

Una indubbia posizione di prestigio negli alti livelli della società af- fluente fu raggiunta anche dallo scrittore e bibliotecario francese Gabriel Naudé (1600-1653), che dopo essere, stato medico di Luigi XIII decise di ritornare alla sua precedente attività, scrivendo nel 1627 il primo manuale di biblioteconomia francese, l’Advis pour dresser une bibliothèque. Naudé divenne nel 1629 bibliotecario del cardinale Gianfrancesco Guidi di Ba- gno e, alla morte di questi nel 1641, bibliotecario del cardinale Francesco Barberini. Divenne poi anche bibliotecario di Richelieu e, alla sua morte, bibliotecario del suo successore, il cardinale Giulio Mazzarino. Per conto di Mazzarino viaggiò per tutta Europa, raccogliendo più di 40.000 libri in quella che sarebbe stata conosciuta in seguito come Biblioteca Mazza- Figura 4 – Roberto Fludd. rina, ricca di manoscritti e libri rari. La biblioteca Mazzarina venne ven- duta dal Parlamento di Parigi durante la Fronda e Naudé venne invitato a Altro rosacrociano di grande prestigio nella confraternita, riuscito ad Stoccolma dalla regina Cristina di Svezia. Alla richiesta di Mazzarino di entrare nelle grazie di uno dei signori del tempo, il principe Augusto di ricostituire la sua biblioteca dispersa, Naudé decise di rientrare immedia- Brunswick, fu Johann Valentin Andreae (1586-1654), autore insieme ad tamente in Francia ma, a causa dei suoi problemi di salute, morì durante altri di un testo, Fama fraternitatis Rosae Crucis, che teorizzava la messa in il viaggio di ritorno. opera del Sacro Vangelo (Clulee 1976) (fig. 5). Dal suo protettore fu messo Un altro personaggio rappresentativo dello stretto rapporto che legava a capo dell’abazia di Adelberg, nel Baden-Württemberg. Secondo la sua i Rosacroce al potere politico fu il medico inglese di formazione paracel- autobiografia scrisse anche un libro di pura fantasia Chymische Hochzeit, siana Robert Fludd, noto anche con il nome latino di Robertus de Fluc- una complicata e rocambolesca storia che si svolge in sette giorni e che tibus (1574-1637), famoso astrologo, cosmologo e cabalista (fig. 4). Fludd ha continui richiami all’alchimia che egli classificava nella categoria delle era uno studioso di filosofie occulte che nella sua vita ebbe diverse discus- scienze poco serie, insieme alla musica, all’arte, al teatro e all’astrologia. sioni con Keplero sull’approccio scientifico ed ermetico al sapere (Yates Nonostante l’alchimia e la magia stessero perdendo credito, ogni tan- 1976) e sviluppò un’intensa attività polemica: difese i Rosacroce contro to fioriva qualche nuovo strampalato sostenitore di pratiche magiche ed Andreas Libavius, ebbe un dibattito con Keplero, si oppose ai filosofi -na esoteriche come ad esempio Jacob Böhmen, nato a Gorlitz nell’Europa turalisti francesi, incluso Gassendi, e fu perfino coinvolto nella discussio- centrale, che dopo aver fatto il calzolaio fino all’età di trent’anni si illu- ne sulla polvere della simpatia, o unguento armario, una sostanza che si se, dopo aver assistito alla promulgazione del manifesto dei rosacrociani, doveva spargere sull’arma che aveva prodotto una ferita, o su un panno di poter scoprire il segreto della trasmutazione dei metalli nella Bibbia e intriso del sangue del ferito (Brann 1977). In tal modo la ferita guariva più inventò una strana teoria che mescolava alchimia e religione. Sulla ba- rapidamente. All’obiezione se non fosse più facile porre direttamente la se di questa sua folle infatuazione, convinto di essere un nuovo apostolo polvere magica sulla piaga, si rispondeva non solo che questo era impos- dell’umanità, fondò la setta degli Aurea-cruciani nel periodo tra il 1607 e ESOTERISMO E STREGONERIA NEL SEICENTO 143 il 1608, passando da una dignitosa indipendenza economica a uno stato di completa povertà. Nel 1612, dopo quattro anni di meditazione, pubbli- cò un libro intitolato Aurora o la nascita del sole (Böhmen 1976), seguito da Beschreibung der drey Principien göttliches (Descrizione dei tre principi divini), nel quale mescolava ridicole nozioni di filosofia e magia ricavate dalla lettura di Paracelso.

Figura 5 – Johann Valentin Andreae. ESOTERISMO E STREGONERIA NEL SEICENTO 143 il 1608, passando da una dignitosa indipendenza economica a uno stato di completa povertà. Nel 1612, dopo quattro anni di meditazione, pubbli- cò un libro intitolato Aurora o la nascita del sole (Böhmen 1976), seguito da Beschreibung der drey Principien göttliches (Descrizione dei tre principi divini), nel quale mescolava ridicole nozioni di filosofia e magia ricavate dalla lettura di Paracelso.

Figura 5 – Johann Valentin Andreae. 146 STORIA DELLA CHIMICA

fu anche interrogato dal severissimo arcivescovo Edmund Bonner con ac- CAPITOLO 17 cusa di protestantesimo. Fortunatamente per lui riuscì a convincere i suoi giudici sia della propria innocenza da disegni cospiratori sia della sua or- L’ALCHIMIA ALLA CORTE DI ELISABETTA I TUDOR todossia religiosa e gli fu perciò permesso di ritornare in libertà. Nel 1556 insegnò cosmologia in Inghilterra e matematica a Parigi tenendo lezioni sulla geometria di Euclide, per cui scrisse un testo intitolato Mathematical preface to Euclid of Megara (Dee 1975) e sulla filosofia dei pitagorici, inter- pretata in termini cabalistici. Nella preface Dee illustra le applicazioni della matematica in tutti i campi dello scibile, proprio in un periodo storico in cui Paracelso e i suoi adepti introducevano metodi alchemici in medici- na. Alla morte della regina Maria divenne ben presto (probabilmente già Un personaggio ancora più enigmatico e intrigante, altamente rappre- dal 1558) l’astrologo di fiducia della nuova sovrana Elisabetta I che alla sua sentativo dell’influenza dei manifesti rosacrociani nell’Inghilterra della ascesa al trono lo guardò con favore, in quanto perseguitato dalla sorella e regina Elisabetta I Tudor, l’unica figlia sopravvissuta di Enrico VIII e della in quanto era ampiamente risaputo negli ambienti della Corte che fosse un sua seconda moglie, Anna Bolena, fatta decapitare dal sovrano che l’aveva famoso alchimista e filosofo. Spesso Dee consigliò la Regina addirittura su segretamente sposata tra la fine del 1532 e l’inizio del 1533, fu certamente ‘materie occulte’ che chiaramente la interessavano. Fu perfino lui a orga- l’inglese John Dee (1527-1608), noto in tutta Europa per le sue competen- nizzare la data di incoronazione della regina Elisabetta I. Allo stesso tem- ze di matematica, cosmografia, alchimia, divinazione, filosofia ermetica e po, in questo periodo di rinascita del neoplatonismo in Inghilterra, Dee si perfino di tecniche di navigazione (fig. 1). Nato a Londra nella famiglia di dedicò con maggior impegno allo studio della magia, dell’astrologia e della un mercante di tessuti divenuto poi sarto alla corte di Enrico VIII, fu in- filosofia ermetica, convinto di poter riuscire a entrare in contatto con gli viato all’età di 15 anni a Cambridge per frequentare il St. John’s College angeli per imparare da loro il linguaggio universale della creazione. Im- dove studiò con intensità e passione dedicando tutto il tempo alla lettura e merso nel mare magnum della magia astrale, pubblicò nel 1558 il suo libro allo studio. Nel suo diario scrisse che restava sui libri per ben diciotto ore Propaedeumata Aphoristica (Dee 1978) che discuteva in dettaglio le teorie al giorno. Mentre studiava a Cambridge Dee si recò a Lovanio nell’esta- di magia astrale rifacendosi alle opere di Gianbattista dalla Porta, la cui te del 1547 e poi vi ritornò di nuovo trattenendovisi fino al giugno 1550. Magia Naturalis era stata pubblicata nello stesso 1558. Dee riprese anche Terminati gli studi e ottenuti baccalaureato nel 1546 e master nel 1547, fu idee di Giordano Bruno e soprattutto quelle di Marsilio Ficino, accettando nominato membro del Trinity College. Quando aveva da poco compiuto stranamente una forma di sistema tolemaico che attribuiva particolare im- i vent’anni fu invitato a insegnare algebra all’Università di Parigi e poco portanza al Sole ma anche alla Luna, nella forma di un rituale che avrebbe dopo fece un viaggio di studi nelle Fiandre iscrivendosi nel 1548 all’Uni- dovuto controllare le influenze celesti sull’umanità. versità di Lovanio, dove incontrò Gerhard Kremer (Gerardo Mercatore), famoso cartografo e geografo fiammingo. Sempre a Lovanio conobbe an- che Gemma Frisius che proprio a Lovanio aveva fondato una scuola in cui s’insegnava a rappresentare le mappe topografiche in due dimensioni. La sua passione per l’astrologia, l’alchimia e la magia angelica furono la cau- sa di un’accusa di stregoneria e magia nel secolo della superstizione e della paura delle influenze demoniache. Tornato in Inghilterra nel 1551 si lau- reò al St. John’s college di Cambridge. Nel 1554 fu anche accusato di aver attentato alla vita della Regina Maria I Tudor cercando di avvelenarla e fu gettato in prigione con quest’accusa. Inoltre, avendo avuto l’infelice idea di calcolare gli oroscopi del re e della principessa Elisabetta I, fu anche sospet- tato di aver usato incantesimi per ammaliare quest’ultima e di far parte di una cellula protestante. In prigione come compagno di cella ebbe Barthlet Green accusato di eresia che si separò da lui solo per incontrare un’atroce morte tra le fiamme. Dee stesso fu minacciato di essere portato al rogo e fu messo sotto processo con una minaccia di condanna a morte davanti alla temuta Corte della Camera Stellata nel palazzo reale di Westminster dove Figura 1 – Ritratto di John Dee. 146 STORIA DELLA CHIMICA

fu anche interrogato dal severissimo arcivescovo Edmund Bonner con ac- CAPITOLO 17 cusa di protestantesimo. Fortunatamente per lui riuscì a convincere i suoi giudici sia della propria innocenza da disegni cospiratori sia della sua or- L’ALCHIMIA ALLA CORTE DI ELISABETTA I TUDOR todossia religiosa e gli fu perciò permesso di ritornare in libertà. Nel 1556 insegnò cosmologia in Inghilterra e matematica a Parigi tenendo lezioni sulla geometria di Euclide, per cui scrisse un testo intitolato Mathematical preface to Euclid of Megara (Dee 1975) e sulla filosofia dei pitagorici, inter- pretata in termini cabalistici. Nella preface Dee illustra le applicazioni della matematica in tutti i campi dello scibile, proprio in un periodo storico in cui Paracelso e i suoi adepti introducevano metodi alchemici in medici- na. Alla morte della regina Maria divenne ben presto (probabilmente già Un personaggio ancora più enigmatico e intrigante, altamente rappre- dal 1558) l’astrologo di fiducia della nuova sovrana Elisabetta I che alla sua sentativo dell’influenza dei manifesti rosacrociani nell’Inghilterra della ascesa al trono lo guardò con favore, in quanto perseguitato dalla sorella e regina Elisabetta I Tudor, l’unica figlia sopravvissuta di Enrico VIII e della in quanto era ampiamente risaputo negli ambienti della Corte che fosse un sua seconda moglie, Anna Bolena, fatta decapitare dal sovrano che l’aveva famoso alchimista e filosofo. Spesso Dee consigliò la Regina addirittura su segretamente sposata tra la fine del 1532 e l’inizio del 1533, fu certamente ‘materie occulte’ che chiaramente la interessavano. Fu perfino lui a orga- l’inglese John Dee (1527-1608), noto in tutta Europa per le sue competen- nizzare la data di incoronazione della regina Elisabetta I. Allo stesso tem- ze di matematica, cosmografia, alchimia, divinazione, filosofia ermetica e po, in questo periodo di rinascita del neoplatonismo in Inghilterra, Dee si perfino di tecniche di navigazione (fig. 1). Nato a Londra nella famiglia di dedicò con maggior impegno allo studio della magia, dell’astrologia e della un mercante di tessuti divenuto poi sarto alla corte di Enrico VIII, fu in- filosofia ermetica, convinto di poter riuscire a entrare in contatto con gli viato all’età di 15 anni a Cambridge per frequentare il St. John’s College angeli per imparare da loro il linguaggio universale della creazione. Im- dove studiò con intensità e passione dedicando tutto il tempo alla lettura e merso nel mare magnum della magia astrale, pubblicò nel 1558 il suo libro allo studio. Nel suo diario scrisse che restava sui libri per ben diciotto ore Propaedeumata Aphoristica (Dee 1978) che discuteva in dettaglio le teorie al giorno. Mentre studiava a Cambridge Dee si recò a Lovanio nell’esta- di magia astrale rifacendosi alle opere di Gianbattista dalla Porta, la cui te del 1547 e poi vi ritornò di nuovo trattenendovisi fino al giugno 1550. Magia Naturalis era stata pubblicata nello stesso 1558. Dee riprese anche Terminati gli studi e ottenuti baccalaureato nel 1546 e master nel 1547, fu idee di Giordano Bruno e soprattutto quelle di Marsilio Ficino, accettando nominato membro del Trinity College. Quando aveva da poco compiuto stranamente una forma di sistema tolemaico che attribuiva particolare im- i vent’anni fu invitato a insegnare algebra all’Università di Parigi e poco portanza al Sole ma anche alla Luna, nella forma di un rituale che avrebbe dopo fece un viaggio di studi nelle Fiandre iscrivendosi nel 1548 all’Uni- dovuto controllare le influenze celesti sull’umanità. versità di Lovanio, dove incontrò Gerhard Kremer (Gerardo Mercatore), famoso cartografo e geografo fiammingo. Sempre a Lovanio conobbe an- che Gemma Frisius che proprio a Lovanio aveva fondato una scuola in cui s’insegnava a rappresentare le mappe topografiche in due dimensioni. La sua passione per l’astrologia, l’alchimia e la magia angelica furono la cau- sa di un’accusa di stregoneria e magia nel secolo della superstizione e della paura delle influenze demoniache. Tornato in Inghilterra nel 1551 si lau- reò al St. John’s college di Cambridge. Nel 1554 fu anche accusato di aver attentato alla vita della Regina Maria I Tudor cercando di avvelenarla e fu gettato in prigione con quest’accusa. Inoltre, avendo avuto l’infelice idea di calcolare gli oroscopi del re e della principessa Elisabetta I, fu anche sospet- tato di aver usato incantesimi per ammaliare quest’ultima e di far parte di una cellula protestante. In prigione come compagno di cella ebbe Barthlet Green accusato di eresia che si separò da lui solo per incontrare un’atroce morte tra le fiamme. Dee stesso fu minacciato di essere portato al rogo e fu messo sotto processo con una minaccia di condanna a morte davanti alla temuta Corte della Camera Stellata nel palazzo reale di Westminster dove Figura 1 – Ritratto di John Dee. L’ALCHIMIA ALLA CORTE DI ELISABETTA I TUDOR 147 148 STORIA DELLA CHIMICA

In effetti Dee, convinto seguace delle teorie neoplatoniche di Marsilio se importante nel loro rapporto e quanto cinicamente Kelley riuscisse a Ficino, non faceva troppa distinzione tra ricerche matematiche e magia dominare la personalità di Dee facendogli credere di poter entrare in co- ermetica. Gli incontri con angeli e l’attività di divinazione non erano al- munione con l’aldilà non è facile stabilirlo. Quello che è certo è che Dee tro secondo lui che diverse facce della stessa medaglia, cioè della ricerca era convinto che gli angeli gli avessero dettato attraverso Kelley diversi del trascendente per la comprensione delle ‘pure verità’ che sottostanno al libri, alcuni scritti addirittura in uno speciale linguaggio angelico che mondo fisico. La sua passione per una cultura di tipo generale lo spinse a egli chiamava enochiano, sostenendo che il patriarca biblico Enoch era organizzare un’enorme biblioteca di oltre 3000 volumi su tutti i soggetti, stato l’ultimo essere umano, ovviamente a parte gli stessi Dee e Kelley, a e specialmente su quelli scientifici e magici. parlare questo speciale linguaggio celeste. All’inizio del 1580 Dee, continuando a essere insoddisfatto dei pro- Il XVI secolo vide fiorire le ricerche alchemiche in Inghilterra soprat- gressi fatti nello studio dei segreti della natura e soprattutto di non avere tutto alla corte della regina Elisabetta I che era personalmente interessa- trovato quel riconoscimento della sua cultura che si aspettava, si orien- ta all’occulto e al magico. Tra gli alchimisti di questo periodo certamente tò sempre più allo studio del soprannaturale e dell’occulto, addirittura un ruolo importante spetta a Thomas Charnock (1526-1581), un altro tra interrogando la sfera di vetro, attività che era diventata molto diffusa in i tanti alchimisti e occultisti inglesi che, seguendo le orme di uno zio an- Inghilterra da parte di cartomanti e lettrici del futuro. Dee forse spera- che lui alchimista che portava il suo stesso nome oltre ad essere confessore va in questo modo di riuscire a entrare in contatto con spiriti occulti che di Enrico VII, aveva dedicato la sua vita alla ricerca della Pietra Filosofa- avrebbero dovuto servire da intermediari tra lui e gli angeli per metter- le senza successo. Nato nell’isola di Thanet, Charnock passò la maggior lo eventualmente in contatto con Dio. Dopo vari tentativi infruttuosi di parte della sua vita a Combwich, un piccolo villaggio vicino Bridgwater farsi un nome nel mondo degli esperti di comunicazione occulta, incon- nella parte occidentale dell’Inghilterra. I suoi diari si sono rivelati mol- trò l’irlandese Edward Kelley, che si presentava anche con lo pseudonimo to utili per interpretare l’interesse della regina Elisabetta I nei confronti di Edward Talbot, e che professava essere un grande esperto in materia dell’alchimia. Charnock chiese molte volte invano alla regina Elisabetta e di saper bene come arrivare attraverso la sfera di vetro a prendere con- di poter fare esperimenti alchemici nella torre di Londra, probabilmente tatto con l’aldilà (fig. ).2 L’abilità di Kelley che al primo tentativo riuscì a a causa dell’ostilità dei suoi vicini che non vedevano di buon occhio le sue ‘parlare con gli spiriti’ impressionò talmente Dee che da quel momento attività di mago e alchimista. La regina fu però sempre costretta a negargli divenne un utilizzatore totale della sfera. Dal 1582 al 1589 Dee e Kelley il permesso per ovvie ragioni politiche. Charnock era anche interessato cominciarono a trascorrere molto tempo insieme a interrogare la sfera da dilettante a viaggi in nave per esplorare terre sconosciute sull’Atlanti- e a partecipare a riunioni di tipo spiritistico. Dee era persino convinto co e aveva raccolto una serie di strumenti marinai come astrolabi, mappe che i suoi contatti con le potenze celesti avrebbero aiutato l’Inghilterra a e anche un globo. Charnock fu autore di un Britan- scoprire nuovi territori inesplorati sulla Terra, ingrandendo così i posse- nicum (fig. 3), che fu stampato nel breviario di filosofia di Elias Ashmo- dimenti inglesi. Quanto la dipendenza psicologica di Dee da Kelley fos- le (1617-1692), un collezionista d’arte, storico e alchimista inglese, noto a Corte come studioso di arti occulte, magia, alchimia ed astrologia. Dive- nuto uno dei fedelissimi di Carlo I durante la guerra civile, iniziò la scalata verso la ricchezza. Dal 1642 al 1644 si ritirò nella dimora di suo suocero, presso Smallwood nel Cheshire, dove visse fino quando venne eletto re- sponsabile per l’esazione delle tasse per conto della corona nella regione di Lichfield. Si dedicò poi allo studio delle discipline occulte, studiando contemporaneamente fisica e matematica finché, alla fine del 1645 accettò l’incarico di Commissario per l’esazione delle tasse a Worcester. Ashmo- le è considerato il primo massone della Massoneria ‘speculativa’ di cui si abbiano notizie storiche in Inghilterra. Fu membro del Real Ordine degli Antichi Liberi e Accettati Muratori, organismo massonico che si richia- ma esplicitamente alla ‘scienza spirituale rosacrociana’ del XVII secolo. Durante il decennio 1650-1660 si dedicò interamente allo studio dell’al- chimia. Nel 1650 pubblicò il Fasciculus Chemicus sotto lo pseudonimo di James Hasholle e nel 1652 il più importante dei suoi trattati alchemici, il Theatrum Chemicum Britannicum, un commentario di note su diversi Figura 2 – Edward Kelley, profeta e veggente. poemi alchemici in inglese. L’ALCHIMIA ALLA CORTE DI ELISABETTA I TUDOR 147 148 STORIA DELLA CHIMICA

In effetti Dee, convinto seguace delle teorie neoplatoniche di Marsilio se importante nel loro rapporto e quanto cinicamente Kelley riuscisse a Ficino, non faceva troppa distinzione tra ricerche matematiche e magia dominare la personalità di Dee facendogli credere di poter entrare in co- ermetica. Gli incontri con angeli e l’attività di divinazione non erano al- munione con l’aldilà non è facile stabilirlo. Quello che è certo è che Dee tro secondo lui che diverse facce della stessa medaglia, cioè della ricerca era convinto che gli angeli gli avessero dettato attraverso Kelley diversi del trascendente per la comprensione delle ‘pure verità’ che sottostanno al libri, alcuni scritti addirittura in uno speciale linguaggio angelico che mondo fisico. La sua passione per una cultura di tipo generale lo spinse a egli chiamava enochiano, sostenendo che il patriarca biblico Enoch era organizzare un’enorme biblioteca di oltre 3000 volumi su tutti i soggetti, stato l’ultimo essere umano, ovviamente a parte gli stessi Dee e Kelley, a e specialmente su quelli scientifici e magici. parlare questo speciale linguaggio celeste. All’inizio del 1580 Dee, continuando a essere insoddisfatto dei pro- Il XVI secolo vide fiorire le ricerche alchemiche in Inghilterra soprat- gressi fatti nello studio dei segreti della natura e soprattutto di non avere tutto alla corte della regina Elisabetta I che era personalmente interessa- trovato quel riconoscimento della sua cultura che si aspettava, si orien- ta all’occulto e al magico. Tra gli alchimisti di questo periodo certamente tò sempre più allo studio del soprannaturale e dell’occulto, addirittura un ruolo importante spetta a Thomas Charnock (1526-1581), un altro tra interrogando la sfera di vetro, attività che era diventata molto diffusa in i tanti alchimisti e occultisti inglesi che, seguendo le orme di uno zio an- Inghilterra da parte di cartomanti e lettrici del futuro. Dee forse spera- che lui alchimista che portava il suo stesso nome oltre ad essere confessore va in questo modo di riuscire a entrare in contatto con spiriti occulti che di Enrico VII, aveva dedicato la sua vita alla ricerca della Pietra Filosofa- avrebbero dovuto servire da intermediari tra lui e gli angeli per metter- le senza successo. Nato nell’isola di Thanet, Charnock passò la maggior lo eventualmente in contatto con Dio. Dopo vari tentativi infruttuosi di parte della sua vita a Combwich, un piccolo villaggio vicino Bridgwater farsi un nome nel mondo degli esperti di comunicazione occulta, incon- nella parte occidentale dell’Inghilterra. I suoi diari si sono rivelati mol- trò l’irlandese Edward Kelley, che si presentava anche con lo pseudonimo to utili per interpretare l’interesse della regina Elisabetta I nei confronti di Edward Talbot, e che professava essere un grande esperto in materia dell’alchimia. Charnock chiese molte volte invano alla regina Elisabetta e di saper bene come arrivare attraverso la sfera di vetro a prendere con- di poter fare esperimenti alchemici nella torre di Londra, probabilmente tatto con l’aldilà (fig. ).2 L’abilità di Kelley che al primo tentativo riuscì a a causa dell’ostilità dei suoi vicini che non vedevano di buon occhio le sue ‘parlare con gli spiriti’ impressionò talmente Dee che da quel momento attività di mago e alchimista. La regina fu però sempre costretta a negargli divenne un utilizzatore totale della sfera. Dal 1582 al 1589 Dee e Kelley il permesso per ovvie ragioni politiche. Charnock era anche interessato cominciarono a trascorrere molto tempo insieme a interrogare la sfera da dilettante a viaggi in nave per esplorare terre sconosciute sull’Atlanti- e a partecipare a riunioni di tipo spiritistico. Dee era persino convinto co e aveva raccolto una serie di strumenti marinai come astrolabi, mappe che i suoi contatti con le potenze celesti avrebbero aiutato l’Inghilterra a e anche un globo. Charnock fu autore di un Theatrum Chemicum Britan- scoprire nuovi territori inesplorati sulla Terra, ingrandendo così i posse- nicum (fig. 3), che fu stampato nel breviario di filosofia di Elias Ashmo- dimenti inglesi. Quanto la dipendenza psicologica di Dee da Kelley fos- le (1617-1692), un collezionista d’arte, storico e alchimista inglese, noto a Corte come studioso di arti occulte, magia, alchimia ed astrologia. Dive- nuto uno dei fedelissimi di Carlo I durante la guerra civile, iniziò la scalata verso la ricchezza. Dal 1642 al 1644 si ritirò nella dimora di suo suocero, presso Smallwood nel Cheshire, dove visse fino quando venne eletto re- sponsabile per l’esazione delle tasse per conto della corona nella regione di Lichfield. Si dedicò poi allo studio delle discipline occulte, studiando contemporaneamente fisica e matematica finché, alla fine del 1645 accettò l’incarico di Commissario per l’esazione delle tasse a Worcester. Ashmo- le è considerato il primo massone della Massoneria ‘speculativa’ di cui si abbiano notizie storiche in Inghilterra. Fu membro del Real Ordine degli Antichi Liberi e Accettati Muratori, organismo massonico che si richia- ma esplicitamente alla ‘scienza spirituale rosacrociana’ del XVII secolo. Durante il decennio 1650-1660 si dedicò interamente allo studio dell’al- chimia. Nel 1650 pubblicò il Fasciculus Chemicus sotto lo pseudonimo di James Hasholle e nel 1652 il più importante dei suoi trattati alchemici, il Theatrum Chemicum Britannicum, un commentario di note su diversi Figura 2 – Edward Kelley, profeta e veggente. poemi alchemici in inglese. L’ALCHIMIA ALLA CORTE DI ELISABETTA I TUDOR 149 150 STORIA DELLA CHIMICA

e dotti amici e colleghi dell’Accademia Reale delle Ricerche nel Mondo della Natura», rappresentano una introduzione propedeutica a una spe- cie di omeopatia del tempo, basata sull’idea della trasmutazione interna del corpo, e della ricerca del ‘farmaco’ ideale. Le epistole sono essenzial- mente un trattato alchemico sulla Pietra Filosofale chiamato nel testo sia «sale della natura rigenerata» sia «centro concentrato della natura» che espone una tecnica tramite la quale i metalli più vili possono essere tra- mutati in argento o oro. La visione del mondo dell’autore del testo si basa sulla sicurezza della ‘rigenerazione’ e della ‘salute’. La trasmutazione in- terna è parallela a quella esteriore nell’esposizione di una medicina am- biguamente occulta, che ripropone la nobiltà della materia, avvisando il lettore di perseguire i segreti dell’alchimia per motivi corretti, altrimenti tutto il suo lavoro sarebbe vanificato. Nell’ambito dell’influenza delle sette rosacrociane sullo sviluppo dell’alchimia in Inghilterra, si inserì anche la traduzione in inglese di un’Antologia alchemica scritta in tedesco da Sigmund Richter e pubbli- cata a Breslau nel 1710, che descriveva con tipica terminologia spagirico- rosacrociana una serie di operazioni che avrebbero dovuto portare alla preparazione della Pietra Filosofale. La traduzione inglese fu dovuta a Si- gismond Bacstrom, un chirurgo navale, probabilmente di origine scan- dinava, intitolata The True and Perfect Preparation of the Philosopher’s Stone, by the Brotherhood of the Order of the Golden and Rosy Cross (La Figura 3 – Frontespizio del volume Theatrum Chemicum Britannicum. vera e perfetta preparazione della pietra filosofale da parte della fraterni- tà dell’ordine della dorata- o rosa-croce). Il testo di Bacstrom intendeva Nel XVI e XVII secolo furono ripubblicate in Inghilterra le opere di guidare i confratelli rosacrociani in Inghilterra alla comprensione dei George Ripley, poeta e alchimista inglese della fine del XV secolo (ca. cambiamenti spirituali che avvengono nell’animo del praticante durante 1415-1490) i cui scritti alchemici erano stati studiati e apprezzati da John il procedimento, associando i cambiamenti materiali alla loro rigenera- Dee, Robert Boyle e Isaac Newton. Ripley aveva studiato in Italia ed era zione spirituale. Bacstrom pubblicò anche una traduzione del libro di Dee divenuto favorito del Papa Innocenzo VIII. Al suo ritorno in Inghilterra Hieroglyphic Monad. La monade di cui parlava Dee era rappresentata da aveva scritto nel 1471 il libro The Compound of Alchymy; or, the Twelve un simbolo magico, base dell’universo, una specie di geroglifico che egli Gates leading to the Discovery of the Philosopher’s Stone (Liber Duodecim chiamava Monade e che secondo lui era alla base della pratica magica e Portarum) e in seguito la Cantilena Riplaei, una delle prime composizioni cabalistica e rappresentava la chiave di ogni ricerca ermetica. La caba- poetiche sull’alchimia. The Compound of Alchemy era basato sull’opera di la cui si riferiva Dee è la cabala cristiana, nata in Spagna con Raimondo un poco noto alchimista del XV secolo, Guido de Montanor (Ripley 1649) Lullo prima della diaspora sefardita. che nella sua opera Scala Philosophorum, prescriveva l’ordine sistematico Nello stesso periodo divenne noto in Inghilterra il filosofo gallese in cui dovevano essere eseguiti i processi alchemici: calcinazione, disso- Thomas Vaughan (1621-1666) per i suoi scritti di magia naturale. Sebbe- luzione, separazione e così via. ne non praticasse l’attività di medico, Vaughan cercava di applicare le sue Nel periodo 1450-1490, Ripley fu anche membro di una straordinaria competenze di chimico alla preparazione di nuove medicine, seguendo le società segreta di alchimisti di Venezia, chiamata Voarchadumia. Le idee indicazioni riportate negli scritti di Paracelso. Autore di opuscoli che ri- discusse in questa peculiare società si diffusero da Venezia nelle altre re- calcavano le idee espresse nel De occulta philosophia di Cornelio Agrippa, gioni italiane e sembra abbiano influenzato non solo gli scritti di George reinterpretate attraverso la lettura delle opere di Sendivogius, ebbe una Ripley ma anche quelli di John Dee. importante corrispondenza con Samuel Hartlib che si era interessato ai Nel Settecento, comparve in Europa un’altro strano testo, intitolato Le suoi scritti di magia, in particolare al libro Anthroposophia theomagica, epistole di Ali Puli, scritte da un ignoto alchimista celato dietro lo pseu- che discuteva in termini mistici della natura umana e del suo stato dopo donimo di Ali Puli, un Moro asiatico convertito dal credo maomettano la morte. Vaughan, personaggio non comune tra gli alchimisti inglesi del alla fede cristiana. Queste ‘epistole’, indirizzate agli «altamente onorati Seicento, membro della setta rosacrociana Società dei filosofi sconosciuti, L’ALCHIMIA ALLA CORTE DI ELISABETTA I TUDOR 149 150 STORIA DELLA CHIMICA

e dotti amici e colleghi dell’Accademia Reale delle Ricerche nel Mondo della Natura», rappresentano una introduzione propedeutica a una spe- cie di omeopatia del tempo, basata sull’idea della trasmutazione interna del corpo, e della ricerca del ‘farmaco’ ideale. Le epistole sono essenzial- mente un trattato alchemico sulla Pietra Filosofale chiamato nel testo sia «sale della natura rigenerata» sia «centro concentrato della natura» che espone una tecnica tramite la quale i metalli più vili possono essere tra- mutati in argento o oro. La visione del mondo dell’autore del testo si basa sulla sicurezza della ‘rigenerazione’ e della ‘salute’. La trasmutazione in- terna è parallela a quella esteriore nell’esposizione di una medicina am- biguamente occulta, che ripropone la nobiltà della materia, avvisando il lettore di perseguire i segreti dell’alchimia per motivi corretti, altrimenti tutto il suo lavoro sarebbe vanificato. Nell’ambito dell’influenza delle sette rosacrociane sullo sviluppo dell’alchimia in Inghilterra, si inserì anche la traduzione in inglese di un’Antologia alchemica scritta in tedesco da Sigmund Richter e pubbli- cata a Breslau nel 1710, che descriveva con tipica terminologia spagirico- rosacrociana una serie di operazioni che avrebbero dovuto portare alla preparazione della Pietra Filosofale. La traduzione inglese fu dovuta a Si- gismond Bacstrom, un chirurgo navale, probabilmente di origine scan- dinava, intitolata The True and Perfect Preparation of the Philosopher’s Stone, by the Brotherhood of the Order of the Golden and Rosy Cross (La Figura 3 – Frontespizio del volume Theatrum Chemicum Britannicum. vera e perfetta preparazione della pietra filosofale da parte della fraterni- tà dell’ordine della dorata- o rosa-croce). Il testo di Bacstrom intendeva Nel XVI e XVII secolo furono ripubblicate in Inghilterra le opere di guidare i confratelli rosacrociani in Inghilterra alla comprensione dei George Ripley, poeta e alchimista inglese della fine del XV secolo (ca. cambiamenti spirituali che avvengono nell’animo del praticante durante 1415-1490) i cui scritti alchemici erano stati studiati e apprezzati da John il procedimento, associando i cambiamenti materiali alla loro rigenera- Dee, Robert Boyle e Isaac Newton. Ripley aveva studiato in Italia ed era zione spirituale. Bacstrom pubblicò anche una traduzione del libro di Dee divenuto favorito del Papa Innocenzo VIII. Al suo ritorno in Inghilterra Hieroglyphic Monad. La monade di cui parlava Dee era rappresentata da aveva scritto nel 1471 il libro The Compound of Alchymy; or, the Twelve un simbolo magico, base dell’universo, una specie di geroglifico che egli Gates leading to the Discovery of the Philosopher’s Stone (Liber Duodecim chiamava Monade e che secondo lui era alla base della pratica magica e Portarum) e in seguito la Cantilena Riplaei, una delle prime composizioni cabalistica e rappresentava la chiave di ogni ricerca ermetica. La caba- poetiche sull’alchimia. The Compound of Alchemy era basato sull’opera di la cui si riferiva Dee è la cabala cristiana, nata in Spagna con Raimondo un poco noto alchimista del XV secolo, Guido de Montanor (Ripley 1649) Lullo prima della diaspora sefardita. che nella sua opera Scala Philosophorum, prescriveva l’ordine sistematico Nello stesso periodo divenne noto in Inghilterra il filosofo gallese in cui dovevano essere eseguiti i processi alchemici: calcinazione, disso- Thomas Vaughan (1621-1666) per i suoi scritti di magia naturale. Sebbe- luzione, separazione e così via. ne non praticasse l’attività di medico, Vaughan cercava di applicare le sue Nel periodo 1450-1490, Ripley fu anche membro di una straordinaria competenze di chimico alla preparazione di nuove medicine, seguendo le società segreta di alchimisti di Venezia, chiamata Voarchadumia. Le idee indicazioni riportate negli scritti di Paracelso. Autore di opuscoli che ri- discusse in questa peculiare società si diffusero da Venezia nelle altre re- calcavano le idee espresse nel De occulta philosophia di Cornelio Agrippa, gioni italiane e sembra abbiano influenzato non solo gli scritti di George reinterpretate attraverso la lettura delle opere di Sendivogius, ebbe una Ripley ma anche quelli di John Dee. importante corrispondenza con Samuel Hartlib che si era interessato ai Nel Settecento, comparve in Europa un’altro strano testo, intitolato Le suoi scritti di magia, in particolare al libro Anthroposophia theomagica, epistole di Ali Puli, scritte da un ignoto alchimista celato dietro lo pseu- che discuteva in termini mistici della natura umana e del suo stato dopo donimo di Ali Puli, un Moro asiatico convertito dal credo maomettano la morte. Vaughan, personaggio non comune tra gli alchimisti inglesi del alla fede cristiana. Queste ‘epistole’, indirizzate agli «altamente onorati Seicento, membro della setta rosacrociana Società dei filosofi sconosciuti, L’ALCHIMIA ALLA CORTE DI ELISABETTA I TUDOR 151 era autore di opuscoli pubblicati con lo pseudonimo di Ireneo Filalete e aveva tradotto in inglese la Fama fraternitatis Rose Crucis, un manifesto anonimo pubblicato a Kassel in Germania nel 1614. L’ALCHIMIA ALLA CORTE DI ELISABETTA I TUDOR 151 era autore di opuscoli pubblicati con lo pseudonimo di Ireneo Filalete e aveva tradotto in inglese la Fama fraternitatis Rose Crucis, un manifesto anonimo pubblicato a Kassel in Germania nel 1614. 154 STORIA DELLA CHIMICA

della società polacca. Michael si iscrisse nel 1582 all’Università Jagelloni- CAPITOLO 18 ca di Cracovia per studiare, secondo i voleri del padre, filosofia e teologia. All’Università entrò a far parte di un gruppo di studenti legato a Albrecht L’ALCHIMIA IN EUROPA CENTRALE Laski, pretendente al trono di Polonia, fortemente interessato alle pratiche esoteriche al punto da aver invitato Dee and Kelley in Polonia. In realtà Laski era una spia al servizio degli inglesi, che continuamente informava Dee dei piani della Corte polacca. Grazie all’interazione con questi nuovi amici lesse le opere di Arnaldo da Villanova e decise di trasferirsi alla fa- coltà di scienze, dandosi allo studio dell’alchimia. Secondo le sue memo- rie contenute in un suo testo pomposamente chiamato Traktat o kamieniu filozoficznym, all’età di venti anni, durante un suo viaggio a Roma e Ve- Dopo Giordano Bruno la guida della fratellanza massonica fu assunta nezia ebbe anche modo di praticare l’alchimia lavorando nel laboratorio da (1566-1636), un alchimista polacco, filosofo e me- di un alchimista italiano. dico, precursore nella distillazione e nella scoperta di vari acidi, di metalli Da giovane Sendivogius perfezionò la sua cultura generale visitando e di altri residui chimici (fig. 1). Le sue conoscenze internazionali suggeri- varie Università europee, finché non si iscrisse all’Università di Vienna rono al Re di utilizzarlo anche come diplomatico. I suoi libri, il più famoso nel 1591. Nel 1593 arrivò a Praga dove riuscì grazie alla sua parlantina e dei quali era Nuova Luce dell’Alchimia, originale in latino pubblicato nel alla sua grande abilità di incantare le persone a farsi assumere al servizio 1605, erano scritti in linguaggio alchemico, un codice segreto compren- dell’imperatore Rodolfo II come agente segreto. In quel periodo la Boemia sibile solo dai confratelli. Oltre ad un’esposizione relativamente chiara era diventata il simbolo dell’avanguardia riformista grazie allo sviluppo della sua teoria sull’esistenza di un alimento di vita nell’aria (l’ossigeno), dell’alchimia alla Corte di Rodolfo II, lui stesso alchimista e astrologo. i suoi libri esposero varie teorie scientifiche e filosofiche studiate e riprese Grazie alla tolleranza e addirittura all’interessamento esplicito della cop- da Isaac Newton nel XVIII secolo. Durante i suoi anni , Sendivogius pas- pia reale, alchimisti, astrologi, paracelsiani, iatrochimici e mistici di ogni sò più tempo in Boemia e in Moravia (ora nella Repubblica Ceca), dove gli genere si addensavano alla Corte di Boemia sperando di ottenere la ga- furono assegnate delle terre dall’imperatore di Habsburg. ranzia di un nuovo ordine in cui anche il magico e l’esoterico avessero diritto di cittadinanza. Nel 1597 Sendivogius scrisse una lettera all’imperatore Rodolfo II, che era personalmente molto interessato alle pratiche alchemiche, tanto da ospitarlo nel suo castello Wawel di Cracovia e da fargli avere un campione di minerali. Nella lettera gli raccontava di un suo processo segreto, offren- dogli uno speciale olio allo zafferano dalle virtù magiche. Riuscì in questo modo a entrare nelle grazie dell’imperatore, al punto che fu assoldato co- me agente segreto incaricato di visitare varie corti in Europa per scoprire quali nuove pratiche alchemiche conoscessero e addirittura di contribuire a negoziare un accordo per sanare il conflitto tra gli Asburgo e la Polonia. Nel 1599 fu accusato di essere responsabile della morte di un ricco mercante e alchimista boemo Louis Koralek e condannato a essere im- prigionato dal tribunale di Praga, condanna alla quale riuscì a sfuggire Figura 1 – Alchemist Sendivogius, di Jan Matejko (1867). grazie all’intervento del re Sigismondo III. Il suo coinvolgimento in atti- vità di politica internazionale lo portò a Stoccarda alla corte del duca Fe- Michael Sendivogius nacque nel 1566 nel piccolo paesino di Luokwica derico I di Württemberg. Poiché però nel 1604 aveva sostenuto di essere nella regione storica della polonia minore, vicino a Sacz, a circa 70 km da il solo e unico possessore del mistero della Pietra Filosofale, fu di nuovo Cracovia, in una famiglia di nobile origine. Il suo vero nome era Michał imprigionato per ordine del duca che lo fece torturare per conoscere i suoi Sedzimir, che sotto l’influenza dello scrittore polacco Bartlomiej Paprocki, segreti, ritenendolo l’unico alchimista che realmente conoscesse il segre- specialista di araldica e grande esperto di genealogie polacche e cecoslo- to della Pietra Filosofale alla quale attribuiva l’onniscienza, la capacità di vacche, preferì cambiare in seguito in Sędziwój, latinizzato in Sendivogius, trasformare i metalli in oro e le proprietà dell’elisir di lunga vita. Grazie che gli sembrava più nobile come nome e più adatto a scalare gli alti livelli alla collaborazione di Sigismondo III e di Rodolfo II con diversi principi 154 STORIA DELLA CHIMICA

della società polacca. Michael si iscrisse nel 1582 all’Università Jagelloni- CAPITOLO 18 ca di Cracovia per studiare, secondo i voleri del padre, filosofia e teologia. All’Università entrò a far parte di un gruppo di studenti legato a Albrecht L’ALCHIMIA IN EUROPA CENTRALE Laski, pretendente al trono di Polonia, fortemente interessato alle pratiche esoteriche al punto da aver invitato Dee and Kelley in Polonia. In realtà Laski era una spia al servizio degli inglesi, che continuamente informava Dee dei piani della Corte polacca. Grazie all’interazione con questi nuovi amici lesse le opere di Arnaldo da Villanova e decise di trasferirsi alla fa- coltà di scienze, dandosi allo studio dell’alchimia. Secondo le sue memo- rie contenute in un suo testo pomposamente chiamato Traktat o kamieniu filozoficznym, all’età di venti anni, durante un suo viaggio a Roma e Ve- Dopo Giordano Bruno la guida della fratellanza massonica fu assunta nezia ebbe anche modo di praticare l’alchimia lavorando nel laboratorio da Michael Sendivogius (1566-1636), un alchimista polacco, filosofo e me- di un alchimista italiano. dico, precursore nella distillazione e nella scoperta di vari acidi, di metalli Da giovane Sendivogius perfezionò la sua cultura generale visitando e di altri residui chimici (fig. 1). Le sue conoscenze internazionali suggeri- varie Università europee, finché non si iscrisse all’Università di Vienna rono al Re di utilizzarlo anche come diplomatico. I suoi libri, il più famoso nel 1591. Nel 1593 arrivò a Praga dove riuscì grazie alla sua parlantina e dei quali era Nuova Luce dell’Alchimia, originale in latino pubblicato nel alla sua grande abilità di incantare le persone a farsi assumere al servizio 1605, erano scritti in linguaggio alchemico, un codice segreto compren- dell’imperatore Rodolfo II come agente segreto. In quel periodo la Boemia sibile solo dai confratelli. Oltre ad un’esposizione relativamente chiara era diventata il simbolo dell’avanguardia riformista grazie allo sviluppo della sua teoria sull’esistenza di un alimento di vita nell’aria (l’ossigeno), dell’alchimia alla Corte di Rodolfo II, lui stesso alchimista e astrologo. i suoi libri esposero varie teorie scientifiche e filosofiche studiate e riprese Grazie alla tolleranza e addirittura all’interessamento esplicito della cop- da Isaac Newton nel XVIII secolo. Durante i suoi anni , Sendivogius pas- pia reale, alchimisti, astrologi, paracelsiani, iatrochimici e mistici di ogni sò più tempo in Boemia e in Moravia (ora nella Repubblica Ceca), dove gli genere si addensavano alla Corte di Boemia sperando di ottenere la ga- furono assegnate delle terre dall’imperatore di Habsburg. ranzia di un nuovo ordine in cui anche il magico e l’esoterico avessero diritto di cittadinanza. Nel 1597 Sendivogius scrisse una lettera all’imperatore Rodolfo II, che era personalmente molto interessato alle pratiche alchemiche, tanto da ospitarlo nel suo castello Wawel di Cracovia e da fargli avere un campione di minerali. Nella lettera gli raccontava di un suo processo segreto, offren- dogli uno speciale olio allo zafferano dalle virtù magiche. Riuscì in questo modo a entrare nelle grazie dell’imperatore, al punto che fu assoldato co- me agente segreto incaricato di visitare varie corti in Europa per scoprire quali nuove pratiche alchemiche conoscessero e addirittura di contribuire a negoziare un accordo per sanare il conflitto tra gli Asburgo e la Polonia. Nel 1599 fu accusato di essere responsabile della morte di un ricco mercante e alchimista boemo Louis Koralek e condannato a essere im- prigionato dal tribunale di Praga, condanna alla quale riuscì a sfuggire Figura 1 – Alchemist Sendivogius, di Jan Matejko (1867). grazie all’intervento del re Sigismondo III. Il suo coinvolgimento in atti- vità di politica internazionale lo portò a Stoccarda alla corte del duca Fe- Michael Sendivogius nacque nel 1566 nel piccolo paesino di Luokwica derico I di Württemberg. Poiché però nel 1604 aveva sostenuto di essere nella regione storica della polonia minore, vicino a Sacz, a circa 70 km da il solo e unico possessore del mistero della Pietra Filosofale, fu di nuovo Cracovia, in una famiglia di nobile origine. Il suo vero nome era Michał imprigionato per ordine del duca che lo fece torturare per conoscere i suoi Sedzimir, che sotto l’influenza dello scrittore polacco Bartlomiej Paprocki, segreti, ritenendolo l’unico alchimista che realmente conoscesse il segre- specialista di araldica e grande esperto di genealogie polacche e cecoslo- to della Pietra Filosofale alla quale attribuiva l’onniscienza, la capacità di vacche, preferì cambiare in seguito in Sędziwój, latinizzato in Sendivogius, trasformare i metalli in oro e le proprietà dell’elisir di lunga vita. Grazie che gli sembrava più nobile come nome e più adatto a scalare gli alti livelli alla collaborazione di Sigismondo III e di Rodolfo II con diversi principi L’ALCHIMIA IN EUROPA CENTRALE 155 156 STORIA DELLA CHIMICA tedeschi riuscì a fuggire anche questa volta. Dal 1600 al 1603 lavorò poi Faust, racconto che ebbe particolare fortuna e popolarità grazie ad auto- come scudiero alla corte del re di Polonia Sigismondo III Vasa, imparen- ri come Christopher Marlowe, con la sua Tragica storia del Dottor Faust tato con gli Asburgo, un altro monarca entusiasta di alchimia. L’attività del 1604 e Johann Wolfgang Goethe, con il suo Faust del 1808. A causa di collaborazione tra i due sovrani fu resa possibile non solo dalla loro del suo imponente ingresso nel mito e nella letteratura, è molto difficile amicizia ma anche dal fatto che avevano un nemico comune, la Turchia. stabilire con certezza i contorni storici della sua figura. Nel XVII secolo Nel 1604 Sendivogius pubblicò il suo testo più importante, De Lapide è stato addirittura messo in dubbio che sia mai esistito un Faust storico, Philosophorum Tractatus Duodecim (Sendivogius 1640) in seguito ristam- e il leggendario personaggio che Goethe ha reso immortale è stato iden- pato col nuovo titolo Novum Lumen Chymicum, che includeva la descri- tificato con il personaggio di Johann Georg Faust (1480-1541), alchimista zione del procedimento utilizzato per preparare la Pietra Filosofale. Il itinerante, astrologo e mago del Rinascimento tedesco o anche con un ti- libro conteneva anche in forma criptica e difficilmente comprensibile un pografo di Magonza chiamato Fust. discorso sulla composizione dell’aria, in cui teorizzava che l’aria contenes- Nell’ambiente alchemico della Parigi della Belle Époque, organizzato se un agente nascosto, che chiamava ‘nitro invisibile’ o ‘nitro essenziale’, intorno ai pochi ultimi rappresentanti di un’alchimia in fase di completa capace di alimentare la vita e indispensabile per animare il fuoco. Questo sparizione, come François Jollivet-Castelot (1874-1937), cominciò a circo- nitro invisibile sarebbe stato trasportato dai raggi del Sole e della Luna e lare alla fine degli anni Venti il nome di uno strano personaggio, Fulca- sarebbe caduto sulla Terra portatovi dalla pioggia e dalla rugiada. Duran- nelli, maestro d’alchimia, descritto come uomo assai colto, molto ricco e te i temporali il nitro passava dall’aria nella terra, combinandosi con altri di età avanzata, che avrebbe lavorato in gran segreto a Montmartre, nel composti per formare il ‘salnitro dei filosofi’ o anche ‘salnitro centrale’. quartiere degli artisti, dove avrebbe fondato un circolo di occultismo fre- Sendivogius, per il suo carattere complesso e incline a sotterfugi, all’u- quentato da appassionati e studiosi di occultismo e alchimia. La presenza so di parole d’ordine segrete, a rompicapi e a trucchi linguistici, amava di a Parigi era confermata dalle rivelazioni dello scrittore e al- spesso anagrammare i suoi scritti e il suo cognome. Nel 1607 il suo testo chimista francese Eugène Léon Canseliet (1899-1982), che diceva di essere intitolato Dialogus Mercurii, Alchymistae Et Naturae fu stampato per suo stato il solo e unico allievo di Fulcanelli. Molti però sostenevano che in re- volere con il titolo Divi Leschi Genus Amo, anagramma di Michael Sendi- altà fosse lui il misterioso alchimista e che avesse inventato da solo tutta la vogius. Nel testo riportava la frase «vita vero ignis aer est, sine aere ignis stravagante storia di Fulcanelli o addirittura che questi non fosse altro che extinguitur» (‘il vero alimento del fuoco è l’aria, senza aria il fuoco si spe- un discendente della casata dei Valois, noti per il loro interesse agli studi gne’) che parafrasava van Helmont, lasciando pensare che il ‘nitro’ fosse ermetici, come ad esempio Re Enrico III, anche lui molto interessato alla una anticipazione dell’ossigeno. Per di più parlava di un liquido capace magia e all’alchimia. Vero o falso che fosse il personaggio di Fulcanelli, è di sciogliere l’oro, probabilmente una miscela che conteneva acido nitri- sicuro che Canseliet scrisse la prefazione a due misteriosi libri di Fulca- co mescolato con altri acidi concentrati, spesso chiamata dagli alchimisti nelli, l’enigmatico Le mystère des cathédrales nel 1924 (Fulcanelli 1924) e Menstruum universale o Alkahest. quello ancora più strano e fantasioso Les demeures philosophales, apparso Nei suoi scritti Sendivogius citava anche un ipotetico alchimista olan- nel 1929 con illustrazioni del pittore Julien Champagne (Fulcanelli 1929). dese, Johannes Isaac Hollandus e suo figlio, molto probabilmente più un Canseliet sosteneva di aver appreso da lui, assieme al suo amico Jean Julien parto della sua inesauribile fantasia che persone realmente esistite. Champagne, che Fulcanelli fosse ormai sul punto di realizzare la Gran- Arrivato vicino alla conclusione della vita, Sendivogius si trasferì an- de Opera, confermando una voce che circolava con una certa insistenza cora una volta alla corte di Rodolfo II, dove acquistò nuova fama, que- negli ambienti dell’occultismo parigino. I libri di Fulcanelli furono stam- sta volta come progettista di miniere metallifere e di fonderie. Tuttavia i pati, in edizione di lusso, dalla casa editrice dello stesso Canseliet. Anche trenta anni di guerra dal 1618 al 1648 avevano provocato la fine dell’età Champagne contribuì alla realizzazione del testo illustrando le tavole che d’oro dell’alchimia: il denaro serviva più per il finanziamento della guer- in esso erano contenute. ra, piuttosto che per gli esperimenti chimici, e Sendivogius morì, ignora- Già nel 1926 la figura di Fulcanelli era però ormai diventata solo il frut- to da tutti, nel 1622. to di una ben congegnata messinscena, un parto della fantasia di Canseliet Seguace di Sendivogius fu il francese Jacques de Nuisement, autore del e Champagne, nonostante la loro ostinata insistenza a difendere la verità libro Traittez de l’harmonie et constitution généralle du vray sel pubblicato del loro racconto. Champagne, forte bevitore di assenzio (il liquore delle nel 1620 e che intendeva rimpiazzare il trattato sul ‘vero sale’ che Sendivo- fate), perì dopo una lunga agonia nel 1932, a soli cinquantacinque anni. gius aveva promesso di scrivere ma che non era mai apparso. Secondo il giornalista francese di origine belga Louis Pauwels, Fulcanelli Un’altra figura presente nel panorama dei personaggi che affollavano la sopravvisse alla Seconda guerra mondiale per scomparire definitivamen- parte favolistica del rinascimento tedesco era quella di Johann Georg Faust te dopo la liberazione di Parigi. (1480-1540) che divenne il personaggio del racconto popolare del dottor L’ALCHIMIA IN EUROPA CENTRALE 155 156 STORIA DELLA CHIMICA tedeschi riuscì a fuggire anche questa volta. Dal 1600 al 1603 lavorò poi Faust, racconto che ebbe particolare fortuna e popolarità grazie ad auto- come scudiero alla corte del re di Polonia Sigismondo III Vasa, imparen- ri come Christopher Marlowe, con la sua Tragica storia del Dottor Faust tato con gli Asburgo, un altro monarca entusiasta di alchimia. L’attività del 1604 e Johann Wolfgang Goethe, con il suo Faust del 1808. A causa di collaborazione tra i due sovrani fu resa possibile non solo dalla loro del suo imponente ingresso nel mito e nella letteratura, è molto difficile amicizia ma anche dal fatto che avevano un nemico comune, la Turchia. stabilire con certezza i contorni storici della sua figura. Nel XVII secolo Nel 1604 Sendivogius pubblicò il suo testo più importante, De Lapide è stato addirittura messo in dubbio che sia mai esistito un Faust storico, Philosophorum Tractatus Duodecim (Sendivogius 1640) in seguito ristam- e il leggendario personaggio che Goethe ha reso immortale è stato iden- pato col nuovo titolo Novum Lumen Chymicum, che includeva la descri- tificato con il personaggio di Johann Georg Faust (1480-1541), alchimista zione del procedimento utilizzato per preparare la Pietra Filosofale. Il itinerante, astrologo e mago del Rinascimento tedesco o anche con un ti- libro conteneva anche in forma criptica e difficilmente comprensibile un pografo di Magonza chiamato Fust. discorso sulla composizione dell’aria, in cui teorizzava che l’aria contenes- Nell’ambiente alchemico della Parigi della Belle Époque, organizzato se un agente nascosto, che chiamava ‘nitro invisibile’ o ‘nitro essenziale’, intorno ai pochi ultimi rappresentanti di un’alchimia in fase di completa capace di alimentare la vita e indispensabile per animare il fuoco. Questo sparizione, come François Jollivet-Castelot (1874-1937), cominciò a circo- nitro invisibile sarebbe stato trasportato dai raggi del Sole e della Luna e lare alla fine degli anni Venti il nome di uno strano personaggio, Fulca- sarebbe caduto sulla Terra portatovi dalla pioggia e dalla rugiada. Duran- nelli, maestro d’alchimia, descritto come uomo assai colto, molto ricco e te i temporali il nitro passava dall’aria nella terra, combinandosi con altri di età avanzata, che avrebbe lavorato in gran segreto a Montmartre, nel composti per formare il ‘salnitro dei filosofi’ o anche ‘salnitro centrale’. quartiere degli artisti, dove avrebbe fondato un circolo di occultismo fre- Sendivogius, per il suo carattere complesso e incline a sotterfugi, all’u- quentato da appassionati e studiosi di occultismo e alchimia. La presenza so di parole d’ordine segrete, a rompicapi e a trucchi linguistici, amava di Fulcanelli a Parigi era confermata dalle rivelazioni dello scrittore e al- spesso anagrammare i suoi scritti e il suo cognome. Nel 1607 il suo testo chimista francese Eugène Léon Canseliet (1899-1982), che diceva di essere intitolato Dialogus Mercurii, Alchymistae Et Naturae fu stampato per suo stato il solo e unico allievo di Fulcanelli. Molti però sostenevano che in re- volere con il titolo Divi Leschi Genus Amo, anagramma di Michael Sendi- altà fosse lui il misterioso alchimista e che avesse inventato da solo tutta la vogius. Nel testo riportava la frase «vita vero ignis aer est, sine aere ignis stravagante storia di Fulcanelli o addirittura che questi non fosse altro che extinguitur» (‘il vero alimento del fuoco è l’aria, senza aria il fuoco si spe- un discendente della casata dei Valois, noti per il loro interesse agli studi gne’) che parafrasava van Helmont, lasciando pensare che il ‘nitro’ fosse ermetici, come ad esempio Re Enrico III, anche lui molto interessato alla una anticipazione dell’ossigeno. Per di più parlava di un liquido capace magia e all’alchimia. Vero o falso che fosse il personaggio di Fulcanelli, è di sciogliere l’oro, probabilmente una miscela che conteneva acido nitri- sicuro che Canseliet scrisse la prefazione a due misteriosi libri di Fulca- co mescolato con altri acidi concentrati, spesso chiamata dagli alchimisti nelli, l’enigmatico Le mystère des cathédrales nel 1924 (Fulcanelli 1924) e Menstruum universale o Alkahest. quello ancora più strano e fantasioso Les demeures philosophales, apparso Nei suoi scritti Sendivogius citava anche un ipotetico alchimista olan- nel 1929 con illustrazioni del pittore Julien Champagne (Fulcanelli 1929). dese, Johannes Isaac Hollandus e suo figlio, molto probabilmente più un Canseliet sosteneva di aver appreso da lui, assieme al suo amico Jean Julien parto della sua inesauribile fantasia che persone realmente esistite. Champagne, che Fulcanelli fosse ormai sul punto di realizzare la Gran- Arrivato vicino alla conclusione della vita, Sendivogius si trasferì an- de Opera, confermando una voce che circolava con una certa insistenza cora una volta alla corte di Rodolfo II, dove acquistò nuova fama, que- negli ambienti dell’occultismo parigino. I libri di Fulcanelli furono stam- sta volta come progettista di miniere metallifere e di fonderie. Tuttavia i pati, in edizione di lusso, dalla casa editrice dello stesso Canseliet. Anche trenta anni di guerra dal 1618 al 1648 avevano provocato la fine dell’età Champagne contribuì alla realizzazione del testo illustrando le tavole che d’oro dell’alchimia: il denaro serviva più per il finanziamento della guer- in esso erano contenute. ra, piuttosto che per gli esperimenti chimici, e Sendivogius morì, ignora- Già nel 1926 la figura di Fulcanelli era però ormai diventata solo il frut- to da tutti, nel 1622. to di una ben congegnata messinscena, un parto della fantasia di Canseliet Seguace di Sendivogius fu il francese Jacques de Nuisement, autore del e Champagne, nonostante la loro ostinata insistenza a difendere la verità libro Traittez de l’harmonie et constitution généralle du vray sel pubblicato del loro racconto. Champagne, forte bevitore di assenzio (il liquore delle nel 1620 e che intendeva rimpiazzare il trattato sul ‘vero sale’ che Sendivo- fate), perì dopo una lunga agonia nel 1932, a soli cinquantacinque anni. gius aveva promesso di scrivere ma che non era mai apparso. Secondo il giornalista francese di origine belga Louis Pauwels, Fulcanelli Un’altra figura presente nel panorama dei personaggi che affollavano la sopravvisse alla Seconda guerra mondiale per scomparire definitivamen- parte favolistica del rinascimento tedesco era quella di Johann Georg Faust te dopo la liberazione di Parigi. (1480-1540) che divenne il personaggio del racconto popolare del dottor 158 STORIA DELLA CHIMICA

dopo il suo arrivo in America e già all’età di venticinque anni, conoscen- CAPITOLO 19 do bene la cabala e gli scritti di Jakob Böhme e di Paracelso, fu iniziato ai segreti dell’Antico ordine mistico dei Rosacroce dove rapidamente arrivò L’ALCHIMIA IN AMERICA ai gradi più alti. La sua fama in Pennsylvania crebbe rapidamente come pastore capo della comunità di Ephrata, che organizzò con una struttura gerarchica di maschi celibi (la fratellanza di Sion), donne celibi (le sorelle della rosa di Sharon) e la congregazione degli sposati. Tra i personaggi che sul finire del secolo emersero dai racconti dei co- loni inglesi, spagnoli, fiamminghi, francesi e perfino italiani rientrati in patria, un ruolo di primo piano spettava a un misterioso personaggio, Eireneo Filalete (Eirenaeus Philalethes in latino), noto anche come il ‘co- L’alchimia sbarcò in America con le navi dei coloni che venivano a cer- smopolitano’, probabilmente a causa dei suoi viaggi oltremare, considera- carvi nuove terre da coltivare, convinti che nel nuovo Eldorado fosse pos- to l’ultimo grande alchimista del secolo, autore del Marrow of Alchemy, in sibile trovare facilmente oro, argento e gemme preziose. cui raccontava di tre pietre, preziose per le loro virtù alchemiche. È quindi Nel XVII secolo l’idea corrente che gli europei avevano del continen- possibile che Eireneo Filalete fosse lo pseudonimo di uno dei primi alchi- te americano era quella di un paese magico, pieno d’oro e argento, come misti americani, George Stirk, che aveva cambiato il suo cognome, come risultava dagli entusiastici racconti dei primi colonizzatori che al seguito era pratica comune a quei tempi, in Starkey. Nato nelle isole Bermuda nel dei grandi capitani di ventura si erano avventurati nelle terre promesse. 1628, Starkey era poi emigrato negli Stati Uniti nel 1637, prima di trasferir- L’Eldorado era stato perfino rappresentato da molti pittori, in particolare si in Inghilterra dove divenne famoso come medico, alchimista e membro dal fiammingo Teodore de Bry e dai suoi due figli, Johan Theodore e Johan del circolo Hartlib. Fu autore di pubblicazioni di chimica e alchimia molto Israel, che in splendide incisioni su rame avevano reso visibili i racconti diffuse in Europa nel Settecento e nell’Ottocento e ben note a scienziati e fantasiosi ascoltati dai viaggiatori che ritornavano in patria dopo essersi filosofi tra cui Boyle, Locke, Leibniz e Newton. Starkey fu probabilmen- arricchiti nel nuovo continente. te il primo a introdurre in America concetti come quelli di particelle e di Alla fine del XVII secolo, sviluppando un’utopia progettata da Fran- forze d’interazione che sarebbero divenuti in breve tempo espressioni di cis Bacon nel 1627 nella novella Nova Atlantis (Bacone 1627), la ciurma uso comune nel linguaggio delle nascenti Università americane. Poiché di una nave europea di adepti alla setta massonica dei rosacruciani, gui- Starkey quando viveva in Inghilterra era stato l’editore di Marrow of Al- dati da Johannes Kelpius, si stabilì in America a Philadelphia dopo una chemy, molti supposero che in effetti lui ne fosse il vero autore. pericolosa traversata dell’oceano Atlantico in cui si erano spersi per poi Tra i contemporanei di Starkey c’era un folto gruppo di credenti, pie- arrivare nell’oceano Pacifico all’ovest del Perù con la nave Sarah Maria. I tisti, quaccheri e anabattisti arrivati in America dall’Inghilterra al segui- nuovi coloni scoprirono una mitica isola Bensalem, dove sbarcarono. Suc- to di William Penn per sfuggire alle guerre di religione che dilaniavano cessivamente, si spostarono in Pennsylvania a Ephrata. Questa comunità l’Europa e che si sistemarono in Pennsylvania e su tutta la fascia costie- rosacruciana diede un importante contributo allo sviluppo della cultura ra della nuova Inghilterra da Newport fino a Rhode Island, felici di aver in America in vari campi dalle scienze alla filosofia e alle arti. Personaggi trovato un paese dove potevano liberamente professare i loro sentimenti rappresentativi della cultura e della politica della nascente società ameri- religiosi. Molti di essi, fortemente influenzati dalle idee dei rosacrociani e cana, come Benjamin Franklin, Thomas Jefferson e Thomas Paine, furono più in generale dell’ermetismo, s’insediarono in due zone della Pennsyl- in seguito collegati al rosicrucianesimo. Nel 1909 il filosofo e occultista vania, la valle di Wissahickon e quella di Ephrata più all’ovest, dove per mistico Harvey Spencer Lewis (1883-1939), dopo un viaggio in Francia un certo periodo cominciarono addirittura a praticare sperimentalmen- durante il quale fu iniziato alla partecipazione, fondò la società AMORC, te l’alchimia, dopo la diffusione delle idee di George Starkey che aveva acronimo della setta Ancient Mystical Order Rosae Crucis, di cui fu il pri- introdotto l’alchimia nel nuovo continente dopo aver studiato e vissuto mo ‘imperatore’ dal 1915 al 1939. Nel 1927 la setta si spostò nella attuale nel New Ingland. Per quanto nessuno di essi abbia lasciato una traccia di sede di San Jose in California. qualche significato nella storia dell’alchimia e della nascente chimica, è Un importante rappresentante della comunità rosacrociana di Ephrata pur sempre opportuno ricordare il loro impegno nella realizzazione ame- fu Conrad Beissel nato nel 1691, a Eberback, sulle rive del fiume Neckar in ricana della Grande Opera. Germania, nel Palatinato. Conrad, nonostante il suo fisico pallido, fragile Contemporaneo di Starkey era il quacchero Christian Lodowick nato e consunto era incredibilmente capace di attrarre le persone, in partico- a Newport, noto anche come musicista oltre che come alchimista attivo. lare le donne. La reputazione delle sue arti magiche crebbe rapidamente Newport, nello stato di Rhode Island, era allora un importante centro di 158 STORIA DELLA CHIMICA

dopo il suo arrivo in America e già all’età di venticinque anni, conoscen- CAPITOLO 19 do bene la cabala e gli scritti di Jakob Böhme e di Paracelso, fu iniziato ai segreti dell’Antico ordine mistico dei Rosacroce dove rapidamente arrivò L’ALCHIMIA IN AMERICA ai gradi più alti. La sua fama in Pennsylvania crebbe rapidamente come pastore capo della comunità di Ephrata, che organizzò con una struttura gerarchica di maschi celibi (la fratellanza di Sion), donne celibi (le sorelle della rosa di Sharon) e la congregazione degli sposati. Tra i personaggi che sul finire del secolo emersero dai racconti dei co- loni inglesi, spagnoli, fiamminghi, francesi e perfino italiani rientrati in patria, un ruolo di primo piano spettava a un misterioso personaggio, Eireneo Filalete (Eirenaeus Philalethes in latino), noto anche come il ‘co- L’alchimia sbarcò in America con le navi dei coloni che venivano a cer- smopolitano’, probabilmente a causa dei suoi viaggi oltremare, considera- carvi nuove terre da coltivare, convinti che nel nuovo Eldorado fosse pos- to l’ultimo grande alchimista del secolo, autore del Marrow of Alchemy, in sibile trovare facilmente oro, argento e gemme preziose. cui raccontava di tre pietre, preziose per le loro virtù alchemiche. È quindi Nel XVII secolo l’idea corrente che gli europei avevano del continen- possibile che Eireneo Filalete fosse lo pseudonimo di uno dei primi alchi- te americano era quella di un paese magico, pieno d’oro e argento, come misti americani, George Stirk, che aveva cambiato il suo cognome, come risultava dagli entusiastici racconti dei primi colonizzatori che al seguito era pratica comune a quei tempi, in Starkey. Nato nelle isole Bermuda nel dei grandi capitani di ventura si erano avventurati nelle terre promesse. 1628, Starkey era poi emigrato negli Stati Uniti nel 1637, prima di trasferir- L’Eldorado era stato perfino rappresentato da molti pittori, in particolare si in Inghilterra dove divenne famoso come medico, alchimista e membro dal fiammingo Teodore de Bry e dai suoi due figli, Johan Theodore e Johan del circolo Hartlib. Fu autore di pubblicazioni di chimica e alchimia molto Israel, che in splendide incisioni su rame avevano reso visibili i racconti diffuse in Europa nel Settecento e nell’Ottocento e ben note a scienziati e fantasiosi ascoltati dai viaggiatori che ritornavano in patria dopo essersi filosofi tra cui Boyle, Locke, Leibniz e Newton. Starkey fu probabilmen- arricchiti nel nuovo continente. te il primo a introdurre in America concetti come quelli di particelle e di Alla fine del XVII secolo, sviluppando un’utopia progettata da Fran- forze d’interazione che sarebbero divenuti in breve tempo espressioni di cis Bacon nel 1627 nella novella Nova Atlantis (Bacone 1627), la ciurma uso comune nel linguaggio delle nascenti Università americane. Poiché di una nave europea di adepti alla setta massonica dei rosacruciani, gui- Starkey quando viveva in Inghilterra era stato l’editore di Marrow of Al- dati da Johannes Kelpius, si stabilì in America a Philadelphia dopo una chemy, molti supposero che in effetti lui ne fosse il vero autore. pericolosa traversata dell’oceano Atlantico in cui si erano spersi per poi Tra i contemporanei di Starkey c’era un folto gruppo di credenti, pie- arrivare nell’oceano Pacifico all’ovest del Perù con la nave Sarah Maria. I tisti, quaccheri e anabattisti arrivati in America dall’Inghilterra al segui- nuovi coloni scoprirono una mitica isola Bensalem, dove sbarcarono. Suc- to di William Penn per sfuggire alle guerre di religione che dilaniavano cessivamente, si spostarono in Pennsylvania a Ephrata. Questa comunità l’Europa e che si sistemarono in Pennsylvania e su tutta la fascia costie- rosacruciana diede un importante contributo allo sviluppo della cultura ra della nuova Inghilterra da Newport fino a Rhode Island, felici di aver in America in vari campi dalle scienze alla filosofia e alle arti. Personaggi trovato un paese dove potevano liberamente professare i loro sentimenti rappresentativi della cultura e della politica della nascente società ameri- religiosi. Molti di essi, fortemente influenzati dalle idee dei rosacrociani e cana, come Benjamin Franklin, Thomas Jefferson e Thomas Paine, furono più in generale dell’ermetismo, s’insediarono in due zone della Pennsyl- in seguito collegati al rosicrucianesimo. Nel 1909 il filosofo e occultista vania, la valle di Wissahickon e quella di Ephrata più all’ovest, dove per mistico Harvey Spencer Lewis (1883-1939), dopo un viaggio in Francia un certo periodo cominciarono addirittura a praticare sperimentalmen- durante il quale fu iniziato alla partecipazione, fondò la società AMORC, te l’alchimia, dopo la diffusione delle idee di George Starkey che aveva acronimo della setta Ancient Mystical Order Rosae Crucis, di cui fu il pri- introdotto l’alchimia nel nuovo continente dopo aver studiato e vissuto mo ‘imperatore’ dal 1915 al 1939. Nel 1927 la setta si spostò nella attuale nel New Ingland. Per quanto nessuno di essi abbia lasciato una traccia di sede di San Jose in California. qualche significato nella storia dell’alchimia e della nascente chimica, è Un importante rappresentante della comunità rosacrociana di Ephrata pur sempre opportuno ricordare il loro impegno nella realizzazione ame- fu Conrad Beissel nato nel 1691, a Eberback, sulle rive del fiume Neckar in ricana della Grande Opera. Germania, nel Palatinato. Conrad, nonostante il suo fisico pallido, fragile Contemporaneo di Starkey era il quacchero Christian Lodowick nato e consunto era incredibilmente capace di attrarre le persone, in partico- a Newport, noto anche come musicista oltre che come alchimista attivo. lare le donne. La reputazione delle sue arti magiche crebbe rapidamente Newport, nello stato di Rhode Island, era allora un importante centro di L’ALCHIMIA IN AMERICA 159 160 STORIA DELLA CHIMICA commercio che aveva una grande popolazione di quaccheri, una sinagoga, Massachusetts nel 1686. Il libro era una curiosa mescolanza di scienza così come una significativa loggia massonica. Lodowick oltre che alchimista aristotelica, con un lungo capitolo dedicato alla tecnica di ottenere l’oro era anche un importante filologo autore di un dizionario inglese-tedesco con tecniche alchemiche e ai risultati della ricerca della Pietra Filosofale. e di una grammatica, che furono poi molto diffusi nel nuovo continente Danforth cominciò a formare una biblioteca alchemica nel 1721 prima di nel XVIII secolo. dedicarsi con notevole successo a essere per ben trentaquattro anni a capo Anche il poeta Thomas Tillman, nato nel New England, si interessò di del tribunale del Massachusetts. Malgrado questa sua posizione di grande alchimia in collaborazione con un gruppo di anabattisti tedeschi a lun- prestigio, fu ridicolizzato nel 1754 dalla stampa locale per le sue attività go coinvolti in ricerche di alchimia sperimentale in laboratorio, anche di alchimista. Nel 1773 scrisse al suo vecchio amico Benjamin Franklin se la sua principale attività restava la letteratura, mentre John Winthrop offrendogli un pezzo di Pietra Filosofale. Franklin in realtà non aveva al- (1606-1676), fondatore e primo governatore del Connecticut, organizzò cun interesse negli studi di alchimia, pur conoscendo molte persone che un laboratorio di alchimia nella miniera di sua proprietà a East Haddam, la praticavano e pur essendo uno dei capi carismatici della comunità di nel Connecticut, in collaborazione con il suo partner Gosuinus Erkelens. Fairmount Park a Ephrata che ospitava molti rosacrociani. Danforth rap- Winthrop durante un suo viaggio in Europa incontrò nel 1642 il pastore presentò in quel periodo un punto focale per le attività esoteriche nel nord e poeta tedesco Johann Rist (1607-1667) che nella sua parrocchia di Wedel America e un importante nodo di collegamento con molte società esote- in Germania aveva realizzato un complesso laboratorio di alchimia allo riche in Francia e in Inghilterra. scopo di verificare le vere basi della vita umana. In quel periodo dell’inizio del XVIII secolo il più importante sosteni- Anche Jakob Martin, nato a Shenandoah, aveva organizzato un labo- tore dell’alchimia nel nord America fu il reverendo Ezra Stiles, nato nel ratorio sperimentale di alchimia nel quale cercava invano di trasformare New Haven (Connecticut) nel 1721 e laureato all’Università di Yale nel metalli in oro per costruire una nuova Gerusalemme in America, mentre il 1755, che divenne addirittura presidente di Yale dal 1778 al 1795 prima di suo amico fraterno Ezekiel Sangmeister, capo di una fazione frimassonica accettare la posizione di ministro della seconda chiesa Battista di New- anti-Bessel, sosteneva che un suo amico, George de Benneville, possedeva port (fig. 1). Anche Stiles era un buon amico di Franklin. Stiles, sebbene una grande quantità di pittura magica di oro. George de Benneville era na- noto per i sui giudizi negativi sulla filosofia delle sette rosacrociane che to nel 1703 a Londra da una aristocratica famiglia ugonotta alla corte della tanto interessavano i suoi contemporanei, partecipò personalmente a va- regina Anna che, dopo aver servito in marina, nella sua giovinezza ave- ri esperimenti di alchimia. va avuto un esperienza mistica e, dopo essere scampato per miracolo alla morte, aveva abbandonato la fede ugonotta per diventare un evangelista. Poiché nel tardo Medioevo gli evangelisti non erano visti di buon occhio in Francia, fu più volte condannato a morte riuscendo sempre a cavarsela per il rotto della cuffia. Dopo aver completato la preparazione di medico in Francia e Germania, preferì salpare per il nord America e stabilirsi in Pennsylvania dove esercitò la sua professione e aprì una farmacia che lo fece conoscere nei circoli alchemici come guaritore e mistico. Questi ultimi eredi della grande alchimia del passato restarono abba- stanza insensibili al travolgente sviluppo della chimica moderna, per riu- scire a spostare il loro interesse in una direzione moderna della chimica. La ricerca della Pietra Filosofale restò attiva nel New England fino ad ol- tre la terza decade del XIX secolo, mentre il resto degli Stati Uniti si tra- sformava con grande velocità e le Università americane cominciavano ad affiancare e poi a sorpassare quelle europee mentre i giovani allievi degli Stati Uniti studiavano tranquillamente nelle grandi Università americane da Harvard a Yale, da Princeton a Berkeley. Uno degli ultimi alchimisti del New England fu Samuel Danforth, na- to a Dorchester nel Massachusetts nel 1696, e laureato all’Harvard Col- lege nel 1715. Tra i testi che lesse durante la sua permanenza ad Harvard c’era un curioso manoscritto intitolato Compendium Physicae scritto da Charles Morton, un puritano laureato a Oxford nel 1652 ed emigrato nel Figura 1 – Ezra Stiles. L’ALCHIMIA IN AMERICA 159 160 STORIA DELLA CHIMICA commercio che aveva una grande popolazione di quaccheri, una sinagoga, Massachusetts nel 1686. Il libro era una curiosa mescolanza di scienza così come una significativa loggia massonica. Lodowick oltre che alchimista aristotelica, con un lungo capitolo dedicato alla tecnica di ottenere l’oro era anche un importante filologo autore di un dizionario inglese-tedesco con tecniche alchemiche e ai risultati della ricerca della Pietra Filosofale. e di una grammatica, che furono poi molto diffusi nel nuovo continente Danforth cominciò a formare una biblioteca alchemica nel 1721 prima di nel XVIII secolo. dedicarsi con notevole successo a essere per ben trentaquattro anni a capo Anche il poeta Thomas Tillman, nato nel New England, si interessò di del tribunale del Massachusetts. Malgrado questa sua posizione di grande alchimia in collaborazione con un gruppo di anabattisti tedeschi a lun- prestigio, fu ridicolizzato nel 1754 dalla stampa locale per le sue attività go coinvolti in ricerche di alchimia sperimentale in laboratorio, anche di alchimista. Nel 1773 scrisse al suo vecchio amico Benjamin Franklin se la sua principale attività restava la letteratura, mentre John Winthrop offrendogli un pezzo di Pietra Filosofale. Franklin in realtà non aveva al- (1606-1676), fondatore e primo governatore del Connecticut, organizzò cun interesse negli studi di alchimia, pur conoscendo molte persone che un laboratorio di alchimia nella miniera di sua proprietà a East Haddam, la praticavano e pur essendo uno dei capi carismatici della comunità di nel Connecticut, in collaborazione con il suo partner Gosuinus Erkelens. Fairmount Park a Ephrata che ospitava molti rosacrociani. Danforth rap- Winthrop durante un suo viaggio in Europa incontrò nel 1642 il pastore presentò in quel periodo un punto focale per le attività esoteriche nel nord e poeta tedesco Johann Rist (1607-1667) che nella sua parrocchia di Wedel America e un importante nodo di collegamento con molte società esote- in Germania aveva realizzato un complesso laboratorio di alchimia allo riche in Francia e in Inghilterra. scopo di verificare le vere basi della vita umana. In quel periodo dell’inizio del XVIII secolo il più importante sosteni- Anche Jakob Martin, nato a Shenandoah, aveva organizzato un labo- tore dell’alchimia nel nord America fu il reverendo Ezra Stiles, nato nel ratorio sperimentale di alchimia nel quale cercava invano di trasformare New Haven (Connecticut) nel 1721 e laureato all’Università di Yale nel metalli in oro per costruire una nuova Gerusalemme in America, mentre il 1755, che divenne addirittura presidente di Yale dal 1778 al 1795 prima di suo amico fraterno Ezekiel Sangmeister, capo di una fazione frimassonica accettare la posizione di ministro della seconda chiesa Battista di New- anti-Bessel, sosteneva che un suo amico, George de Benneville, possedeva port (fig. 1). Anche Stiles era un buon amico di Franklin. Stiles, sebbene una grande quantità di pittura magica di oro. George de Benneville era na- noto per i sui giudizi negativi sulla filosofia delle sette rosacrociane che to nel 1703 a Londra da una aristocratica famiglia ugonotta alla corte della tanto interessavano i suoi contemporanei, partecipò personalmente a va- regina Anna che, dopo aver servito in marina, nella sua giovinezza ave- ri esperimenti di alchimia. va avuto un esperienza mistica e, dopo essere scampato per miracolo alla morte, aveva abbandonato la fede ugonotta per diventare un evangelista. Poiché nel tardo Medioevo gli evangelisti non erano visti di buon occhio in Francia, fu più volte condannato a morte riuscendo sempre a cavarsela per il rotto della cuffia. Dopo aver completato la preparazione di medico in Francia e Germania, preferì salpare per il nord America e stabilirsi in Pennsylvania dove esercitò la sua professione e aprì una farmacia che lo fece conoscere nei circoli alchemici come guaritore e mistico. Questi ultimi eredi della grande alchimia del passato restarono abba- stanza insensibili al travolgente sviluppo della chimica moderna, per riu- scire a spostare il loro interesse in una direzione moderna della chimica. La ricerca della Pietra Filosofale restò attiva nel New England fino ad ol- tre la terza decade del XIX secolo, mentre il resto degli Stati Uniti si tra- sformava con grande velocità e le Università americane cominciavano ad affiancare e poi a sorpassare quelle europee mentre i giovani allievi degli Stati Uniti studiavano tranquillamente nelle grandi Università americane da Harvard a Yale, da Princeton a Berkeley. Uno degli ultimi alchimisti del New England fu Samuel Danforth, na- to a Dorchester nel Massachusetts nel 1696, e laureato all’Harvard Col- lege nel 1715. Tra i testi che lesse durante la sua permanenza ad Harvard c’era un curioso manoscritto intitolato Compendium Physicae scritto da Charles Morton, un puritano laureato a Oxford nel 1652 ed emigrato nel Figura 1 – Ezra Stiles. L’ALCHIMIA IN AMERICA 161 162 STORIA DELLA CHIMICA

Nella prima parte del XX secolo, Los Angeles divenne la sede da cui chimica, che era ormai divenuta una scienza matura e che aveva prodotto le trasmutazioni alchemiche cominciarono a diffondersi in California, il la grande esplosione industriale e sociale che fece degli Stati Uniti il paese paese della corsa all’oro, grazie alla coppia formata dai coniugi Richard e leader dell’economia mondiale, oscurò completamente le ultime tracce di Isabella Ingalese. La loro storia, intessuta di fantasia e di racconti al limite una storia gloriosa, ma inevitabilmente destinata a scomparire nell’oblio. tra la leggenda medievale e la favolistica paesana, che sembrano ripetere Molto diverso fu lo sviluppo dell’alchimia nell’America latina, dovuto quella di Nicholas e Perenelle Flamel, apparve per la prima volta nel fasci- essenzialmente ai coloni spagnoli che sbarcarono al seguito dei conquista- colo del novembre 1928 della rivista «Occult Review», e successivamente dores portando la loro cultura alchemica nonostante la dura opposizione nel supplemento dell’enciclopedia alchemica, Man, Myth, and Magic, del della Chiesa cattolica che considerava l’alchimia frutto della perfidia del 1970; ed è talmente surreale e incredibile che vale la pena di raccontarla diavolo. La Corte di Madrid era sempre stata un punto d’incontro impor- brevemente per dimostrare quanto le pratiche magiche e alchemiche riu- tante di alchimisti e filosofi naturali e Filippo II, un monarca molto aperto scissero ad influenzare la credulità di persone non preparate. alle innovazioni tecnologiche e scientifiche e personalmente molto attratto I primi anni di matrimonio della coppia Ingalese, avvenuto nel 1898, dall’alchimia, aveva perfino incaricato il suo segretario personale, Pedro erano trascorsi tranquillamente in varie zone della California, prima che si de la Hoya, di finanziare spedizioni nell’America latina alle quali erano sistemassero definitivamente a Los Angeles. Nel 1928 Barbara McKenzie, stati associati alchimisti inviati per rendersi conto del livello delle cono- una giornalista che intervistava Isabella su come lei e suo marito avesse- scenze degli indigeni locali in questo campo. Inoltre Alfonso X re di Ca- ro iniziato a interessarsi di alchimia, si sentì rispondere che essi avevano stiglia e Leon era lui stesso un alchimista che aveva anche scritto un libro scoperto come ottenere la Pietra Filosofale e addirittura che in un pam- intitolato Tratado de astrología y magia e che nel XIII secolo aveva fatto phlet scritto da Richards era descritto il metodo per creare un olio di oro! tradurre direttamente in catalano molti testi arabi di filosofia e alchimia. Dopo sei anni di lavoro, due mutui sulla casa, diverse esplosioni in cui Nello stesso periodo era per di più attivo l’alchimista Ramon de Tarrega, per ben due volte aveva rischiato di morire, Richard sostenne che nel 1917 forse proveniente dal convento di Santa Catalina di Barcellona, che vis- erano finalmente in grado di produrre la Pietra Filosofale e arrivò a offri- suto a Parigi, Montpellier e Londra dal 1319 al 1357 era considerato au- re alla McKenzie un campione di polvere bianca e uno di pietra rossa che tore di ben nove trattati di alchimia, in particolare di una De invocazione secondo lui avevano tutte le proprietà magiche descritte dal saggio Mo- demonum, fatto bruciare dall’inquisitore domenicano Nicolas Eymeric. rieno nel tardo Egitto! Un alchimista irlandese Richard Stanyhurst era stato inoltre invitato da Nel periodo 1917-1920, i coniugi Ingalese, continuando la loro ricerca Filippo II verso il 1590 per le sue competenze di medicina a curarlo da della Pietra Filosofale, che essi chiamavano Pietra Rossa usando una vec- una grave malattia e a lavorare nel famoso laboratorio alchemico dell’E- chia terminologia di Paracelso, dichiararono apertamente di aver raggiunto scorial creato apposta per distillare acque medicamentose e per studiare il successo desiderato, decidendo di dividere i loro risultati con i membri la trasmutazione dei metalli in oro e argento. Stanyhurst scrisse nel 1593 di un ‘club del rinnovamento’ che avevano creato tra persone locali che un trattato, El Toque de Alquimia, che descriveva in dettaglio le tecniche si erano lasciate convincere dai loro strani discorsi. Alla McKenzie, che di distillazione delle acque. continuava a dichiarare di essere incapace di verificare le loro asserzioni, Malgrado l’interesse della corte spagnola, l’alchimia non ebbe nel tardo Richard e Isabella, che allora avevano rispettivamente 66 e 54 anni, di- Medioevo uno sviluppo equivalente a quello che ebbe luogo nell’Europa chiararono non solo di conoscere altri alchimisti che avevano età variabile centrale sia per l’opposizione della Chiesa che la accusava di eresia demo- dai 600 ai 200 anni dimostrandone però non più di 40, ma anche di essere niaca, sia perché con la conquista dell’America latina l’interesse degli spa- capaci di curare qualsiasi problema di fertilità e di virilità e di poter tran- gnoli si spostò decisamente verso le ricchezze delle nuove terre divenute quillamente curare malati ritenuti incurabili, sostenendo addirittura di colonie della corona di Spagna. aver assistito alle resurrezione della moglie di un medico che dopo essere Gli spagnoli che lasciavano la Spagna per fare fortuna in America la- stata morta per trenta minuti era risuscitata dopo che le era stato messo in tina erano guidati dal desiderio di arricchirsi rapidamente e con poca fa- bocca un pezzo di Pietra Rossa alchemica in tre fasi successive. Quindici tica, dopo aver ascoltato i fantasiosi racconti dei primi che ritornavano in minuti dopo il secondo tentativo, il cuore della donna aveva cominciato a patria magnificando l’esistenza di questo nuovo Eldorado in cui oro e ar- battere di nuovo e quindici minuti dopo il terzo tentativo aveva aperto gli gento abbondavano. Per questa ragione i primi pseudo-chimici e alchimisti occhi continuando a vivere per altri sette anni! Nonostante le loro capa- che arrivarono erano soprattutto geologi e mineralogisti, anche perché sin cità curative e arti magiche i due Ingalese morirono tranquillamente nel dall’antichità la Spagna era sempre stata un paese con molte miniere e con 1934 a pochi mesi di distanza. una grande tradizione in materia di estrazione e purificazione dei metal- La storia fantasiosa dei due Ingalese fu uno degli ultimi atti della so- li. Le popolazioni iberiche della Spagna antica erano, infatti, descritte da pravvivenza di pratiche alchemiche negli Stati Uniti. Da allora in poi la Strabone e Polibio come ricche nel mondo mediterraneo per la presenza L’ALCHIMIA IN AMERICA 161 162 STORIA DELLA CHIMICA

Nella prima parte del XX secolo, Los Angeles divenne la sede da cui chimica, che era ormai divenuta una scienza matura e che aveva prodotto le trasmutazioni alchemiche cominciarono a diffondersi in California, il la grande esplosione industriale e sociale che fece degli Stati Uniti il paese paese della corsa all’oro, grazie alla coppia formata dai coniugi Richard e leader dell’economia mondiale, oscurò completamente le ultime tracce di Isabella Ingalese. La loro storia, intessuta di fantasia e di racconti al limite una storia gloriosa, ma inevitabilmente destinata a scomparire nell’oblio. tra la leggenda medievale e la favolistica paesana, che sembrano ripetere Molto diverso fu lo sviluppo dell’alchimia nell’America latina, dovuto quella di Nicholas e Perenelle Flamel, apparve per la prima volta nel fasci- essenzialmente ai coloni spagnoli che sbarcarono al seguito dei conquista- colo del novembre 1928 della rivista «Occult Review», e successivamente dores portando la loro cultura alchemica nonostante la dura opposizione nel supplemento dell’enciclopedia alchemica, Man, Myth, and Magic, del della Chiesa cattolica che considerava l’alchimia frutto della perfidia del 1970; ed è talmente surreale e incredibile che vale la pena di raccontarla diavolo. La Corte di Madrid era sempre stata un punto d’incontro impor- brevemente per dimostrare quanto le pratiche magiche e alchemiche riu- tante di alchimisti e filosofi naturali e Filippo II, un monarca molto aperto scissero ad influenzare la credulità di persone non preparate. alle innovazioni tecnologiche e scientifiche e personalmente molto attratto I primi anni di matrimonio della coppia Ingalese, avvenuto nel 1898, dall’alchimia, aveva perfino incaricato il suo segretario personale, Pedro erano trascorsi tranquillamente in varie zone della California, prima che si de la Hoya, di finanziare spedizioni nell’America latina alle quali erano sistemassero definitivamente a Los Angeles. Nel 1928 Barbara McKenzie, stati associati alchimisti inviati per rendersi conto del livello delle cono- una giornalista che intervistava Isabella su come lei e suo marito avesse- scenze degli indigeni locali in questo campo. Inoltre Alfonso X re di Ca- ro iniziato a interessarsi di alchimia, si sentì rispondere che essi avevano stiglia e Leon era lui stesso un alchimista che aveva anche scritto un libro scoperto come ottenere la Pietra Filosofale e addirittura che in un pam- intitolato Tratado de astrología y magia e che nel XIII secolo aveva fatto phlet scritto da Richards era descritto il metodo per creare un olio di oro! tradurre direttamente in catalano molti testi arabi di filosofia e alchimia. Dopo sei anni di lavoro, due mutui sulla casa, diverse esplosioni in cui Nello stesso periodo era per di più attivo l’alchimista Ramon de Tarrega, per ben due volte aveva rischiato di morire, Richard sostenne che nel 1917 forse proveniente dal convento di Santa Catalina di Barcellona, che vis- erano finalmente in grado di produrre la Pietra Filosofale e arrivò a offri- suto a Parigi, Montpellier e Londra dal 1319 al 1357 era considerato au- re alla McKenzie un campione di polvere bianca e uno di pietra rossa che tore di ben nove trattati di alchimia, in particolare di una De invocazione secondo lui avevano tutte le proprietà magiche descritte dal saggio Mo- demonum, fatto bruciare dall’inquisitore domenicano Nicolas Eymeric. rieno nel tardo Egitto! Un alchimista irlandese Richard Stanyhurst era stato inoltre invitato da Nel periodo 1917-1920, i coniugi Ingalese, continuando la loro ricerca Filippo II verso il 1590 per le sue competenze di medicina a curarlo da della Pietra Filosofale, che essi chiamavano Pietra Rossa usando una vec- una grave malattia e a lavorare nel famoso laboratorio alchemico dell’E- chia terminologia di Paracelso, dichiararono apertamente di aver raggiunto scorial creato apposta per distillare acque medicamentose e per studiare il successo desiderato, decidendo di dividere i loro risultati con i membri la trasmutazione dei metalli in oro e argento. Stanyhurst scrisse nel 1593 di un ‘club del rinnovamento’ che avevano creato tra persone locali che un trattato, El Toque de Alquimia, che descriveva in dettaglio le tecniche si erano lasciate convincere dai loro strani discorsi. Alla McKenzie, che di distillazione delle acque. continuava a dichiarare di essere incapace di verificare le loro asserzioni, Malgrado l’interesse della corte spagnola, l’alchimia non ebbe nel tardo Richard e Isabella, che allora avevano rispettivamente 66 e 54 anni, di- Medioevo uno sviluppo equivalente a quello che ebbe luogo nell’Europa chiararono non solo di conoscere altri alchimisti che avevano età variabile centrale sia per l’opposizione della Chiesa che la accusava di eresia demo- dai 600 ai 200 anni dimostrandone però non più di 40, ma anche di essere niaca, sia perché con la conquista dell’America latina l’interesse degli spa- capaci di curare qualsiasi problema di fertilità e di virilità e di poter tran- gnoli si spostò decisamente verso le ricchezze delle nuove terre divenute quillamente curare malati ritenuti incurabili, sostenendo addirittura di colonie della corona di Spagna. aver assistito alle resurrezione della moglie di un medico che dopo essere Gli spagnoli che lasciavano la Spagna per fare fortuna in America la- stata morta per trenta minuti era risuscitata dopo che le era stato messo in tina erano guidati dal desiderio di arricchirsi rapidamente e con poca fa- bocca un pezzo di Pietra Rossa alchemica in tre fasi successive. Quindici tica, dopo aver ascoltato i fantasiosi racconti dei primi che ritornavano in minuti dopo il secondo tentativo, il cuore della donna aveva cominciato a patria magnificando l’esistenza di questo nuovo Eldorado in cui oro e ar- battere di nuovo e quindici minuti dopo il terzo tentativo aveva aperto gli gento abbondavano. Per questa ragione i primi pseudo-chimici e alchimisti occhi continuando a vivere per altri sette anni! Nonostante le loro capa- che arrivarono erano soprattutto geologi e mineralogisti, anche perché sin cità curative e arti magiche i due Ingalese morirono tranquillamente nel dall’antichità la Spagna era sempre stata un paese con molte miniere e con 1934 a pochi mesi di distanza. una grande tradizione in materia di estrazione e purificazione dei metal- La storia fantasiosa dei due Ingalese fu uno degli ultimi atti della so- li. Le popolazioni iberiche della Spagna antica erano, infatti, descritte da pravvivenza di pratiche alchemiche negli Stati Uniti. Da allora in poi la Strabone e Polibio come ricche nel mondo mediterraneo per la presenza L’ALCHIMIA IN AMERICA 163 164 STORIA DELLA CHIMICA dei metalli. Il suolo iberico è ancora oggi ricco di piombo, rame, grafite e parte occidentale del continente, in opposizione all’aridità pietrosa e as- cinabro soprattutto nella parte meridionale della penisola. Al tempo del- solata della costa orientale. Ne dedussero che il Sole intenso nella parte la conquista romana un sistema di estrazione dell’argento e dell’oro era arida del paese generasse i metalli in quantità alla quale non erano abi- ben noto ai nativi e miniere di pirite, piombo e rame si estendevano da tuati in patria. Per esempio il padre José de Acosta scrisse che le vene me- Alemtejo nel sud del Portogallo fino a Gibilterra, mentre l’ematite era ab- tallifere crescevano e si espandevano nel sottosuolo così come le piante bondante nelle montagne del Somorrostro in Biscaglia. Miniere di mer- alla superficie e ne dedusse che terreni aridi erano i migliori per generare curio erano poi note nella zona di Almaden, al punto che quando miniere metalli delle terre fertili. simili furono scoperte in California dai conquistatori spagnoli nel XIX Nel periodo di transizione nel quale le teorie della tradizione medie- secolo la regione fu chiamata la nuova Almaden. vale erano rimpiazzate dalle nuove esperienze tecniche realizzate nell’A- Molti importanti testi di mineralogia e metallurgia, noti in Spagna nel merica spagnola, lo spagnolo Álvaro Alonso Barba pubblicò nel 1640 il Medioevo come il Decoloribus et artibus romanorum di Eraclito e il Diver- suo libro Arte de los metales che divenne subito un classico, dando origi- sium artium schedula di Teofilo nel XII-XIII secolo descrivevano le tec- ne a una serie di berg-büchlein che si estese in tutto il mondo, e nel 1761 niche di saldatura, di amalgamazione e di raffinamento di oro e argento Francisco Xavier de Gamboa pubblicò i suoi Comentarios a las ordenan- usando un linguaggio simbolico per esperti, decisamente alchemico, che zas de minas (Commentari sulle ordinanze delle miniere). Barba era l’ul- cercava intenzionalmente di mascherare le vere procedure di estrazione timo rappresentante della tradizione classica che gli alchimisti medievali e di purificazione ereditate dai conquistatori arabi e abbondantemente si tramandavano, mentre Gamboa non si preoccupava delle teorie classi- descritte da Arnaldo da Villanova e da Raimondo Lullo e soprattutto da che di metallurgia e del problema della generazione dei metalli nelle vi- Alberto Magno nel De mineralibus. scere della Terra, ma era solo interessato ad esporre il sistema più efficace Arrivati in sud America, i conquistatori spagnoli si diedero subito alla di lavorazione nelle miniere che le esperienze accumulate in Europa e in ricerca dell’oro e dell’argento dal nord del Messico fino al Paraguay, dopo America potessero fornire. aver visto con i propri occhi che i nativi possedevano piccole pepite d’oro Tra le nuove esperienze tecniche realizzate dagli spagnoli nell’America e che pepite di oro esistevano anche ai Caraibi dove processi alluvionali latina di particolare interesse per gli sviluppi delle economie locali furono le facevano affiorare allo scoperto e dove gli indigeni non conoscevano i i tentativi di impiantare coltivazioni estese di mais, tapioca, caffè e perfi- principi di base della metallurgia, anche se producevano piccole quantità no di piante caratteristiche dei territori delle colonie di oltre oceano co- di oro, ottenuto dai depositi alluvionali, martellato fino a ridurlo a strati me ad esempio la Yerba mate, da cui si produce una bevanda diffusissima molto sottili di poche decine di micron. Al contrario invece le popolazioni in tutta l’America latina, e la ka’a he’ê, un’erba caratteristica delle pampas andine conoscevano bene le tecniche di estrazione dei minerali e la me- del Paraguay, uno di più importanti dolcificanti naturali, circa 300 volte tallurgia e conoscevano bene come lavorare l’oro, l’argento e il rame sia più dolce dello zucchero. L’importanza economica di queste coltivazioni puro sia amalgamato con arsenico e stagno, producendo diverse varietà era legata alla presenza di una manodopera poco costosa e alla disponibi- di bronzo probabilmente ottenuto per caso fondendo rame in presenza di lità di terra a basso prezzo e facilmente disponibile ai coloni spagnoli che cassiterite o di minerali di zinco. intendevano sistemarsi nelle nuove terre. Nel quadro di queste attività di Le popolazioni andine usavano l’oro e l’argento essenzialmente per coltivazioni agricole di tipo intensivo, un personaggio che divenne famoso decorazione e li chiamavano rispettivamente ‘sudore del Sole’ e ‘lacrime per i suoi tentativi di sviluppare l’agricoltura nel Paraguay fu lo svizzero, della Luna’ in un linguaggio chiaramente simbolico e religioso. Inoltre gli nativo del Canton Ticino, Moisés Santiago Bertoni (1857-1929), emigrato indigeni della città di Esmeraldas, nel nord-ovest dell’Equador, conosce- in sud America nel 1884 e autore di importanti ricerche di botanica, me- vano anche il platino e producevano manufatti composti da una lega di teorologia e antropologia. Bertoni scoprì e classificò un gran numero di platino e oro. La prima volta che il nome platino, dallo spagnolo platina, nuove piante sconosciute in Europa e mise insieme una collezione di ol- diminutivo di plata, argento, apparve in Europa fu negli scritti dell’ita- tre 7000 specie vegetali nuove e di circa 6500 insetti. Bertoni, senza alcun liano Giulio Cesare della Scala nel 1557 che descrisse l’esistenza di questo aiuto economico da parte delle autorità spagnole che amministravano il strano metallo, trovato tra Darién e il Messico, che nessun orafo spagnolo paese, fondò sulle rive del fiume Paranà una comunità rurale di 12500 et- sapeva fondere. Nel 1735 il militare spagnolo Antonio de Ulloa fu il primo tari, oggi nota come Puerto Bertoni, che riuscì a rendere economicamente a parlarne al ritorno dei suoi viaggi nell’America latina. redditizia con una vasta produzione di ortaggi, mais e piante locali come Gli scrittori spagnoli di cronache come Juan López de Velasco arriva- caffè, banane e agrumi. L’esperienza di Bertoni ebbe un adeguato ricono- vano nell’America latina imbottiti della loro cosmologia altomedievale, scimento in seguito, da parte del presidente del Paraguay, Generale Juan e di colpo scoprivano una abbondanza di foreste lussureggianti come le Bautista Egusquiza (1845-1902), a creare un istituto di agricoltura nella foreste vergini del Brasile e di fiumi maestosi come il Rio de la Plata nella capitale Asunción. L’esperienza di Bertoni è solo indicativa delle enormi L’ALCHIMIA IN AMERICA 163 164 STORIA DELLA CHIMICA dei metalli. Il suolo iberico è ancora oggi ricco di piombo, rame, grafite e parte occidentale del continente, in opposizione all’aridità pietrosa e as- cinabro soprattutto nella parte meridionale della penisola. Al tempo del- solata della costa orientale. Ne dedussero che il Sole intenso nella parte la conquista romana un sistema di estrazione dell’argento e dell’oro era arida del paese generasse i metalli in quantità alla quale non erano abi- ben noto ai nativi e miniere di pirite, piombo e rame si estendevano da tuati in patria. Per esempio il padre José de Acosta scrisse che le vene me- Alemtejo nel sud del Portogallo fino a Gibilterra, mentre l’ematite era ab- tallifere crescevano e si espandevano nel sottosuolo così come le piante bondante nelle montagne del Somorrostro in Biscaglia. Miniere di mer- alla superficie e ne dedusse che terreni aridi erano i migliori per generare curio erano poi note nella zona di Almaden, al punto che quando miniere metalli delle terre fertili. simili furono scoperte in California dai conquistatori spagnoli nel XIX Nel periodo di transizione nel quale le teorie della tradizione medie- secolo la regione fu chiamata la nuova Almaden. vale erano rimpiazzate dalle nuove esperienze tecniche realizzate nell’A- Molti importanti testi di mineralogia e metallurgia, noti in Spagna nel merica spagnola, lo spagnolo Álvaro Alonso Barba pubblicò nel 1640 il Medioevo come il Decoloribus et artibus romanorum di Eraclito e il Diver- suo libro Arte de los metales che divenne subito un classico, dando origi- sium artium schedula di Teofilo nel XII-XIII secolo descrivevano le tec- ne a una serie di berg-büchlein che si estese in tutto il mondo, e nel 1761 niche di saldatura, di amalgamazione e di raffinamento di oro e argento Francisco Xavier de Gamboa pubblicò i suoi Comentarios a las ordenan- usando un linguaggio simbolico per esperti, decisamente alchemico, che zas de minas (Commentari sulle ordinanze delle miniere). Barba era l’ul- cercava intenzionalmente di mascherare le vere procedure di estrazione timo rappresentante della tradizione classica che gli alchimisti medievali e di purificazione ereditate dai conquistatori arabi e abbondantemente si tramandavano, mentre Gamboa non si preoccupava delle teorie classi- descritte da Arnaldo da Villanova e da Raimondo Lullo e soprattutto da che di metallurgia e del problema della generazione dei metalli nelle vi- Alberto Magno nel De mineralibus. scere della Terra, ma era solo interessato ad esporre il sistema più efficace Arrivati in sud America, i conquistatori spagnoli si diedero subito alla di lavorazione nelle miniere che le esperienze accumulate in Europa e in ricerca dell’oro e dell’argento dal nord del Messico fino al Paraguay, dopo America potessero fornire. aver visto con i propri occhi che i nativi possedevano piccole pepite d’oro Tra le nuove esperienze tecniche realizzate dagli spagnoli nell’America e che pepite di oro esistevano anche ai Caraibi dove processi alluvionali latina di particolare interesse per gli sviluppi delle economie locali furono le facevano affiorare allo scoperto e dove gli indigeni non conoscevano i i tentativi di impiantare coltivazioni estese di mais, tapioca, caffè e perfi- principi di base della metallurgia, anche se producevano piccole quantità no di piante caratteristiche dei territori delle colonie di oltre oceano co- di oro, ottenuto dai depositi alluvionali, martellato fino a ridurlo a strati me ad esempio la Yerba mate, da cui si produce una bevanda diffusissima molto sottili di poche decine di micron. Al contrario invece le popolazioni in tutta l’America latina, e la ka’a he’ê, un’erba caratteristica delle pampas andine conoscevano bene le tecniche di estrazione dei minerali e la me- del Paraguay, uno di più importanti dolcificanti naturali, circa 300 volte tallurgia e conoscevano bene come lavorare l’oro, l’argento e il rame sia più dolce dello zucchero. L’importanza economica di queste coltivazioni puro sia amalgamato con arsenico e stagno, producendo diverse varietà era legata alla presenza di una manodopera poco costosa e alla disponibi- di bronzo probabilmente ottenuto per caso fondendo rame in presenza di lità di terra a basso prezzo e facilmente disponibile ai coloni spagnoli che cassiterite o di minerali di zinco. intendevano sistemarsi nelle nuove terre. Nel quadro di queste attività di Le popolazioni andine usavano l’oro e l’argento essenzialmente per coltivazioni agricole di tipo intensivo, un personaggio che divenne famoso decorazione e li chiamavano rispettivamente ‘sudore del Sole’ e ‘lacrime per i suoi tentativi di sviluppare l’agricoltura nel Paraguay fu lo svizzero, della Luna’ in un linguaggio chiaramente simbolico e religioso. Inoltre gli nativo del Canton Ticino, Moisés Santiago Bertoni (1857-1929), emigrato indigeni della città di Esmeraldas, nel nord-ovest dell’Equador, conosce- in sud America nel 1884 e autore di importanti ricerche di botanica, me- vano anche il platino e producevano manufatti composti da una lega di teorologia e antropologia. Bertoni scoprì e classificò un gran numero di platino e oro. La prima volta che il nome platino, dallo spagnolo platina, nuove piante sconosciute in Europa e mise insieme una collezione di ol- diminutivo di plata, argento, apparve in Europa fu negli scritti dell’ita- tre 7000 specie vegetali nuove e di circa 6500 insetti. Bertoni, senza alcun liano Giulio Cesare della Scala nel 1557 che descrisse l’esistenza di questo aiuto economico da parte delle autorità spagnole che amministravano il strano metallo, trovato tra Darién e il Messico, che nessun orafo spagnolo paese, fondò sulle rive del fiume Paranà una comunità rurale di 12500 et- sapeva fondere. Nel 1735 il militare spagnolo Antonio de Ulloa fu il primo tari, oggi nota come Puerto Bertoni, che riuscì a rendere economicamente a parlarne al ritorno dei suoi viaggi nell’America latina. redditizia con una vasta produzione di ortaggi, mais e piante locali come Gli scrittori spagnoli di cronache come Juan López de Velasco arriva- caffè, banane e agrumi. L’esperienza di Bertoni ebbe un adeguato ricono- vano nell’America latina imbottiti della loro cosmologia altomedievale, scimento in seguito, da parte del presidente del Paraguay, Generale Juan e di colpo scoprivano una abbondanza di foreste lussureggianti come le Bautista Egusquiza (1845-1902), a creare un istituto di agricoltura nella foreste vergini del Brasile e di fiumi maestosi come il Rio de la Plata nella capitale Asunción. L’esperienza di Bertoni è solo indicativa delle enormi L’ALCHIMIA IN AMERICA 165 possibilità che l’agricoltura estensiva presentava per i paesi dell’Ameri- ca latina, possibilità che oggi hanno dato allo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento del bestiame un peso preponderante nella loro economia in costante adeguamento alle richieste dei mercati finanziari e di colloca- zione nell’economia globale. L’ALCHIMIA IN AMERICA 165 possibilità che l’agricoltura estensiva presentava per i paesi dell’Ameri- ca latina, possibilità che oggi hanno dato allo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento del bestiame un peso preponderante nella loro economia in costante adeguamento alle richieste dei mercati finanziari e di colloca- zione nell’economia globale. 168 STORIA DELLA CHIMICA

Boyle R. 1962, The sceptical Chymist, or Chymico-Physical Doubts & BIBLIOGRAFIA Paradoxes Touching the Spagyrist’s Principles Commonly Called Hypostatical [ed. orig. 1661], Caldwell, London (trad. it. Il chimico scettico, Boringhieri, Torino 1962). Brann N.L. 1977, The shift from Mytical to Magic Theology in the Abott- Trithemius 1462-1516, «Studies in Medieval Culture», 11, pp. 147-159. Bugaj R., vedi Sendivogius 1971.

Caley E.R. 1926, The Leyden Papyrus ,X «Journal of Chemical Education», III (10), pp. 1149-1166. Califano S. 2010, Storia della chimica, vol. 1, Bollati Boringhieri, Milano. Calvesi M. 1980, Il sogno di Polifilo predestino, Officina Edizioni, Roma. Abbri F. 1986, Tradizioni chimiche nel Settecento, Atti del I Convegno di Calvesi M. 1996, La “Pugna d’amore in sogno” di Francesco Colonna storia della chimica, Centro stampa Univercittà, Torino, pp. 1-23. romano, Lithos Editrice, Roma. Abbri F. 1988a, L’atomismo chimico, in Storia della scienza, a cura di P. Canseliet E. 1985, Alchimia, Edizioni Mediterranee, Roma. Rossi, Utet, Torino, p. 269. Cantoni R. 1963, Il pensiero dei primitivi, il Saggiatore, Milano. Abbri F. 1988b, Le origini della chimica moderna, in Storia della scienza, Cantu C. 1865, Gli Eretici d’Italia: discorsi storici, Unione Tipografica a cura di P. Rossi, Utet, Torino, p. 343. Editrice, Torino. Abbri F. 1988c, La rivoluzione chimica, in in Storia della scienza, a cura di Carli M. 1999, Un’enciclopedia alchemica duecentesca: il Liber Compostille P. Rossi, Utet, Torino, p. 701. di Bonaventura d’Iseo B., Atti dell’VIII convegno nazionale di storia Alberti A. 1988, Sensazione e realtà. Epicuro e Gassendi, Olschki, Firenze. e fondamenti della chimica, a cura di F. Abbri, M. Ciardi, Memorie di Aristotele 1974, La Metafisica, a cura di C.A. Viano, Utet, Torino. scienze fisiche e naturali, Rendiconti della Accademia nazionale delle Aristotele 1962, De Coelo, testo e tr. it. di O. Longo, Sansoni, Firenze. scienze detta dei 40, 23, serie 5, parte 2, tomo 2, Arezzo, pp. 45-57. Avicenna 1927, De congelatione et conglutinatione lapidumi trad. di E.J. Casella M.T., Pozzi G. 1969, Francesco Colonna, Biografia e opere, Edizioni Holmyard, D.C. Mandeville, Geuthner, Paris. Universitarie Friburgo, Padova . Chaucer G. 2007, The Canon’s Yeoman’s Tale, a cura di Gerard NeCastro Bacone F. 1627, Nova Atlantis, H3 Evald (riedizione «The Harvard Classics», (05/16). 3, 2, Bartleby, Com, New York 2001, pp. 1909-1914). Cipriani C., Scarpellini A. 2007, La collezione di Giovanni Targioni Tozzetti, Balzac H. de 1842, La Recherche de l’Absolu, in La Comédie humaine – Olschki, Firenze. Études philosophiques, tome I, quatorzième volume, Furne (trad. it. Clulee N.H. 1976, Cross and Crucible: Johann Valentin Andreae (1586-1654), La Ricerca dell’Assoluto, Garzanti, Milano 1995). Phoenix of the Theologians, «Isis», 67, 4, pp. 640-641. Berthelot M. 1889, Introduction à l’étude de la chimie, des anciens et du Coelho P. 1995, L’alchimista, trad. di R. Desti, Bompiani, Milano. moyen âge, G. Steinheil, Paris. Colli G. 1977, Gorgia e Parmenide: lezioni 1965-1967, Adelphi, Milano. Berthelot-Ruelle 1888, Collection des anciens alchimistes grecs, 3 voll., Paris. Colonna F. 1959, Opere, di G. Pozzi: Hypnerotomachia Poliphili. Delphili Bizzarri M. 2004, Il Pellicano, Dall’alchimia alla Chimica, Ed. Dipartimento somnium, edizione del testo [poemetto preceduto da un’introduzione di Chimica, Università La Sapienza, Roma. in prosa latina] e conclusione di M.T. Casella, G. Pozzi, Editrice Ante- Boas M. 1958, Robert Boyle and Seventeenth-Century Chemistry, Cambridge nore, Padova. University Press, Cambridge. Cosmacini G. 2001, Il medico ciarlatano. Vita inimitabile di un europeo Boas Hall M. 1965, Robert Boyle on natural philosophy. An essay with del Seicento, Laterza, Roma-Bari. selections from his writings, Indiana University Press, Bloomington. Crisciani C., 1980 Note sull’alchimia ‘ francescana’ nel sec. XIII, in Atti del Boas Hall M. 1967, Robert Boyle, «Scientific American», 217, pp. 96-102. XXV Congresso nazionale di Filosofia [1975], Società Filosofica Italiana, Bodin J. 1587, La démonomanie des sorciers, Georg Olms Verlag, Anvers. Roma, II, pp. 214-220. Böhmen J. 1976, Aurora, bey Henr. Betkio. Cruz Hernàndez M. 1971, El Averròısmo en el Occìdente Medieval, in Bolzoni L. (a cura di) 1984, L’idea dell’eloquenza, in Il teatro della Oriente e Occidente nel Medioevo: Filosofia e Scienze, Accademia memoria. Studi su Giulio Camillo, Liviana, Padova, pp. 107-127 (già in Nazionale dei Lincei, Fondazione A. Volta, Roma, pp. 17-62. «Rinascimento», XXIII, Olschki, Firenze 1983, pp. 125-166). 168 STORIA DELLA CHIMICA

Boyle R. 1962, The sceptical Chymist, or Chymico-Physical Doubts & BIBLIOGRAFIA Paradoxes Touching the Spagyrist’s Principles Commonly Called Hypostatical [ed. orig. 1661], Caldwell, London (trad. it. Il chimico scettico, Boringhieri, Torino 1962). Brann N.L. 1977, The shift from Mytical to Magic Theology in the Abott- Trithemius 1462-1516, «Studies in Medieval Culture», 11, pp. 147-159. Bugaj R., vedi Sendivogius 1971.

Caley E.R. 1926, The Leyden Papyrus ,X «Journal of Chemical Education», III (10), pp. 1149-1166. Califano S. 2010, Storia della chimica, vol. 1, Bollati Boringhieri, Milano. Calvesi M. 1980, Il sogno di Polifilo predestino, Officina Edizioni, Roma. Abbri F. 1986, Tradizioni chimiche nel Settecento, Atti del I Convegno di Calvesi M. 1996, La “Pugna d’amore in sogno” di Francesco Colonna storia della chimica, Centro stampa Univercittà, Torino, pp. 1-23. romano, Lithos Editrice, Roma. Abbri F. 1988a, L’atomismo chimico, in Storia della scienza, a cura di P. Canseliet E. 1985, Alchimia, Edizioni Mediterranee, Roma. Rossi, Utet, Torino, p. 269. Cantoni R. 1963, Il pensiero dei primitivi, il Saggiatore, Milano. Abbri F. 1988b, Le origini della chimica moderna, in Storia della scienza, Cantu C. 1865, Gli Eretici d’Italia: discorsi storici, Unione Tipografica a cura di P. Rossi, Utet, Torino, p. 343. Editrice, Torino. Abbri F. 1988c, La rivoluzione chimica, in in Storia della scienza, a cura di Carli M. 1999, Un’enciclopedia alchemica duecentesca: il Liber Compostille P. Rossi, Utet, Torino, p. 701. di Bonaventura d’Iseo B., Atti dell’VIII convegno nazionale di storia Alberti A. 1988, Sensazione e realtà. Epicuro e Gassendi, Olschki, Firenze. e fondamenti della chimica, a cura di F. Abbri, M. Ciardi, Memorie di Aristotele 1974, La Metafisica, a cura di C.A. Viano, Utet, Torino. scienze fisiche e naturali, Rendiconti della Accademia nazionale delle Aristotele 1962, De Coelo, testo e tr. it. di O. Longo, Sansoni, Firenze. scienze detta dei 40, 23, serie 5, parte 2, tomo 2, Arezzo, pp. 45-57. Avicenna 1927, De congelatione et conglutinatione lapidumi trad. di E.J. Casella M.T., Pozzi G. 1969, Francesco Colonna, Biografia e opere, Edizioni Holmyard, D.C. Mandeville, Geuthner, Paris. Universitarie Friburgo, Padova . Chaucer G. 2007, The Canon’s Yeoman’s Tale, a cura di Gerard NeCastro Bacone F. 1627, Nova Atlantis, H3 Evald (riedizione «The Harvard Classics», (05/16). 3, 2, Bartleby, Com, New York 2001, pp. 1909-1914). Cipriani C., Scarpellini A. 2007, La collezione di Giovanni Targioni Tozzetti, Balzac H. de 1842, La Recherche de l’Absolu, in La Comédie humaine – Olschki, Firenze. Études philosophiques, tome I, quatorzième volume, Furne (trad. it. Clulee N.H. 1976, Cross and Crucible: Johann Valentin Andreae (1586-1654), La Ricerca dell’Assoluto, Garzanti, Milano 1995). Phoenix of the Theologians, «Isis», 67, 4, pp. 640-641. Berthelot M. 1889, Introduction à l’étude de la chimie, des anciens et du Coelho P. 1995, L’alchimista, trad. di R. Desti, Bompiani, Milano. moyen âge, G. Steinheil, Paris. Colli G. 1977, Gorgia e Parmenide: lezioni 1965-1967, Adelphi, Milano. Berthelot-Ruelle 1888, Collection des anciens alchimistes grecs, 3 voll., Paris. Colonna F. 1959, Opere, di G. Pozzi: Hypnerotomachia Poliphili. Delphili Bizzarri M. 2004, Il Pellicano, Dall’alchimia alla Chimica, Ed. Dipartimento somnium, edizione del testo [poemetto preceduto da un’introduzione di Chimica, Università La Sapienza, Roma. in prosa latina] e conclusione di M.T. Casella, G. Pozzi, Editrice Ante- Boas M. 1958, Robert Boyle and Seventeenth-Century Chemistry, Cambridge nore, Padova. University Press, Cambridge. Cosmacini G. 2001, Il medico ciarlatano. Vita inimitabile di un europeo Boas Hall M. 1965, Robert Boyle on natural philosophy. An essay with del Seicento, Laterza, Roma-Bari. selections from his writings, Indiana University Press, Bloomington. Crisciani C., 1980 Note sull’alchimia ‘ francescana’ nel sec. XIII, in Atti del Boas Hall M. 1967, Robert Boyle, «Scientific American», 217, pp. 96-102. XXV Congresso nazionale di Filosofia [1975], Società Filosofica Italiana, Bodin J. 1587, La démonomanie des sorciers, Georg Olms Verlag, Anvers. Roma, II, pp. 214-220. Böhmen J. 1976, Aurora, bey Henr. Betkio. Cruz Hernàndez M. 1971, El Averròısmo en el Occìdente Medieval, in Bolzoni L. (a cura di) 1984, L’idea dell’eloquenza, in Il teatro della Oriente e Occidente nel Medioevo: Filosofia e Scienze, Accademia memoria. Studi su Giulio Camillo, Liviana, Padova, pp. 107-127 (già in Nazionale dei Lincei, Fondazione A. Volta, Roma, pp. 17-62. «Rinascimento», XXIII, Olschki, Firenze 1983, pp. 125-166). BIBLIOGRAFIA 169 170 STORIA DELLA CHIMICA

D’Abano P. 1565, Conciliator, ristampa anast. Editrice Antenore, Venezia Ferrari S. 1900, I tempi, la vita, le dottrine di Pietro D’Abano: saggio storico- 1985. filosofico, Tipografia R. Istituto Sordomuti, Genova. D’Abano P. 1965, Conciliator, ristampa fotomeccanica dell’edizione Venetiis Firpo L. (a cura di) 1972, Medicina Medievale, Utet, Torino. apud Iunctas, Antenore, Venezia. Frater Albertus 1978, Manuale dell’alchimista. Guida alla pratica del D’Aquino T. 1993, Trattato su La pietra filosofale e l’arte dell’alchimia, laboratorio alchemico, Scienze alternative, Astrolabio Ubaldini, Roma. Arkeios, Roma. Fulcanelli 1924, Le mystère des cathédrales, a cura di Jean Schmidt, Paris De Clave E. 1641, Nouvelle Lumière philosophique des vrais principes et (riedizione Societe Nouvelle des Editions Pauvert, Paris 1964, 1979). éléments de nature, a cura di Olivier de Varennes, Paris. Fulcanelli 1929, Les demeures philosophales, a cura di Jean Schmidt, 52 De Clave E. 1646, Cours de Chimie, a cura di Olivier de Varennes, Paris. Rue Laffitte, Paris (riedizione Societe Nouvelle des Editions Pauvert, de Morveau G. 1772, Dissertation sur le Phlogistique considéré comme corps Paris 1964, 1979). grave et par raport aux changements de pesanteur qu’il produit sur les corps auxquels il s’unit, Frantin, Dijon. Gabriele M. 1986, Alchimia – La tradizione in Occidente secondo le fonti Dee J. 1527-1608, General and rare memorials pertayning to the perfect manoscritte e a stampa, La Biennale-Electa, Milano-Venezia. arte of nauigation annexed to the paradoxal cumpas, in playne: now Gassendi P. 1647, De vita et moribus Epicuri, Guillaume Barbier, Lyon. first published: 24. yeres, after the first invention thereof., Printed at Gassendi P. 1649a, De vita, moribus, et placitis Epicuri, seu Animadversiones London By Iohn Daye, Anno 1577. in X. librum Diog. Laër, Lyons. Dee J. 1570, Mathematicall praeface to the Elements of geometrie of the most Gassendi P. 1649b, Exercitationes Paradoxicae Adversus Aristoteleos, a cura auncient Philosopher Euclid of Megara (1570), Imprinted at London by di Amstelodamus apud Ludovicum Elzevirium, Amsterdam (riedizione John Daye (Reprint ith a translation by H. Billingsley. Science History e traduzione di B. Rochot, Vrin, Paris 1959). Publications, New York 1975). Geymonat L. 1970, Storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti, Milano. Dee J. 1978, Propaedeumata Aphoristica [ed. orig. 1558 and 1568], Latin Giannone P. 1723, Dell’Istoria civile del Regno di Napoli, per lo stampatore and English, University of California Press. Niccolò Naso, Napoli. Dee J. 2003, Monas Hieroglyphica, Kessinger Publishing Co. Giorgi F. 1725, De Harmonia Mundi totius cantica tria, Venezia (riedizione Della Porta G.B. 1558, Magiae naturalis, sive de miraculis rerum naturalium con prefazione di C. Vasoli, La Finestra, Firenze 2008). libri IIII, apud Mathiam Cancer, Napoli. Grant E. 1974, A source book in medieval science, Harvard University Press, Della Porta G.B. 1563, De Furtivis Literarum notis Vulgo de Ziferis Libri Cambridge (Mass.). IIII, Published by Mariam Scotum, J. Wolf, Napoli. Grant E. 1981, Much Ado about Nothing: Theories of Space and Vacuum Della Porta G.B. 1583, L’arte del ricordare, appresso li Eredi di Mattio from the Middle Ages to the Scientific Revolution, Cambridge University Cancer, Napoli. Press, Cambridge. Della Porta G.B. 1586, De humana physiognomonia, libri 4.Vici Aequensis, Guericke O. (von) 1672, Experimenta Nova (ut vocantur) Magdeburgica apud Iosephum Cacchium (ripubblicato come Della Porta G.B. 1644, De Vacuo Spatio, Amsterdam. Della Fisionomia dell’Huomo, ed. Christoforo Tomasini, Venezia). Della Porta G.B. 1608, De distillazione, Libri IX, Ex Typographia Reu. Henry J. 2007, Chymists and Chymistry: Studies in the History of Alchemy Camerae Apostolicæ, Romæ. and Early Modern Chemistry (review), a cura di Lawrence M. Principe, Di Cesare V. 1974, Le antiche vie dell’alchimia. Dall’opera medievale di Watson Publishing International LLC, Sagamore Beach. Bonaventura d’Iseo «Sulla natura e generazione dei metalli e loro virtù», Holmyard E.J. 1929, The Great Chemists, Methuen, London. Atanor, Roma. Holmyard E.J. 1931, An introduction to organic chemistry, Arnold, London. Diogene Laerzio 1649, De vita, moribus, et placitis Epicuri, seu Holmyard E.J. 1957, Alchemy, Harmondsworth, Penguin Books, Midlesex, Animadversiones in X. librum Diog. Laër, Lyons. England. Dumas J.-B. 1937, Leçons de philosophie chimique, Paris 1937. Holmyard E.J. 1990, Alchemy, Dover Publication, New York. Holmyard E.J., Mandeville D.C. 1927, Avicennae de congelatione et Eliade M. 1956, Forgerons et Alchimistes, Flammarion, Homo Sapiens, Paris. conglutinatione lapidum, being sections of the Kitab al-Shifa, Libraire Erasmo da Rotterdam 2012, Elogio della follia [1511], a cura di Eugenio Orìentaliste Geuthner, Paris. Garin, Mondadori, Milano. Hooke R. 1665, Micrographia: or, Some physiological descriptions of minute Ermete Trismegisto 2006, Corpo ermetico e Asclepio, SE edizioni, Milano. bodies made by magnifying glasses, a cura di J. Martyn, J. Allestry, London. BIBLIOGRAFIA 169 170 STORIA DELLA CHIMICA

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Yates F.A. 1969, Giordano Bruno e la Tradizione Ermetica, traduzione di R. Pecchioli, Laterza, Roma-Bari. Yates F.A. 1976, The Rosicrucian Enlightenment, Routledge & Kegan Paul, London (trad. it. L’illuminismo dei Rosa-Croce, Einaudi, Torino 1976). Yourcenar M. 1968, L’opera al nero (L’Œuvre au noir), Feltrinelli, Milano.

Vecchio S. 1993, Elia d’Assisi, al secolo Buonbarone, vol. 42, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani. Viano C.A. 1993, Alchimistes Gréco-égyptiens, in Dictionnaire des Philosophes, a cura di D. Huisman (II ed.), Presses Universitaires de France, Paris, pp. 52-55. Viano C.A. 2005a, Le imposture degli antichi e i miracoli dei moderni, Einaudi, Torino. BIBLIOGRAFIA 173 174 STORIA DELLA CHIMICA

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Yates F.A. 1969, Giordano Bruno e la Tradizione Ermetica, traduzione di R. Pecchioli, Laterza, Roma-Bari. Yates F.A. 1976, The Rosicrucian Enlightenment, Routledge & Kegan Paul, London (trad. it. L’illuminismo dei Rosa-Croce, Einaudi, Torino 1976). Yourcenar M. 1968, L’opera al nero (L’Œuvre au noir), Feltrinelli, Milano.

Vecchio S. 1993, Elia d’Assisi, al secolo Buonbarone, vol. 42, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani. Viano C.A. 1993, Alchimistes Gréco-égyptiens, in Dictionnaire des Philosophes, a cura di D. Huisman (II ed.), Presses Universitaires de France, Paris, pp. 52-55. Viano C.A. 2005a, Le imposture degli antichi e i miracoli dei moderni, Einaudi, Torino. LIBERE CARTE Titoli Pubblicati

1. Salvatore Califano, Storia dell’alchimia. Misticismo ed esoterismo all’origine della chimica moderna 2. Clara Silva, Enrica Freschi, Nima Sharmahd (a cura di), Enzo Catarsi, un pedagogista al plurale. Scritti in suo ricordo 3. Luigi Dei, Diario social di un Rettore. La chimica nel paese di Facebook 4. Salvatore Califano, Storia dell’alchimia. Misticismo ed esoterismo all’origine della chimica moderna. II edizione rivista e ampliata LIBERE CARTE Titoli Pubblicati

1. Salvatore Califano, Storia dell’alchimia. Misticismo ed esoterismo all’origine della chimica moderna 2. Clara Silva, Enrica Freschi, Nima Sharmahd (a cura di), Enzo Catarsi, un pedagogista al plurale. Scritti in suo ricordo 3. Luigi Dei, Diario social di un Rettore. La chimica nel paese di Facebook 4. Salvatore Califano, Storia dell’alchimia. Misticismo ed esoterismo all’origine della chimica moderna. II edizione rivista e ampliata Storia dell’alchimia

L’evoluzione dell’alchimia ha visto sovrapporsi nei secoli con- cetti che hanno aperto la strada alla scienza moderna, malgrado essa abbia conservato a lungo connotati mistici ed esoterici, al punto che perfino i processi e i simboli alchemici acquistavano significati astrusi e altisonanti, spesso senza alcuna connessio- ne con quelli prettamente chimici e fisici. Il volume, in questa seconda edizione ampliata e arricchita di immagini, presenta la storia dell’alchimia e dei suoi sviluppi nei secoli, partendo dalle ricerche dei saggi cinesi e indiani e dei primi colonizzatori del- la Mesopotamia per proseguire con la scuola di Alessandria e con la nascita delle teorie dei filosofi ionici, per poi illustrare in dettaglio la comparsa del concetto di atomo alla base del- la concezione della materia dei filosofi della Magna Grecia e la successiva visione filosofica del mondo e delle idee di Platone e di Aristotele. Il racconto prosegue con una ampia descrizione del contributo allo sviluppo dell’alchimia degli alchimisti ara- bi e mussulmani, di quello degli scolastici e degli umanisti del Medioevo per continuare con quello degli enciclopedisti e per- fino dei moderni alchimistici fino a quello degli ultimi epigoni della ‘Grande Opera’, comparsi in Europa e soprattutto negli Stati Uniti e nell’America latina nell’Ottocento e nel Novecento.

Salvatore Califano è professore emerito di Chimica Fisica presso l’Universita di Firenze. Ha studiato in Gemania e negli Stati Uniti. Visiting professor in diverse università straniere, è stato per molti anni professore di fisica all’Università di Pa- rigi e direttore del Département des Recherches Physiques (1981-1985); è inoltre membro della Accademia dei Lincei, dell’Accademia Europea e di molte accademie italiane.