Cantami Di Questo Tempo Poesia E Musica in Fabrizio De André
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COLLANA PORTALES AIPSA EDIZIONI CANTAMI DI QUESTO TEMPO POESIA E MUSICA IN FABRIZIO DE ANDRÉ A cura di Andrea Cannas, Antioco Floris, Stefano Sanjust Fotografie di Daniela Zedda INDICE 7 Presentazione SALUTI 11 Giulio Paulis, Preside della Facoltà di Lettere e filosofia 13 Giovanni Pirodda, Presidente dell’associazione culturale Portales 14 Dori Ghezzi ORIZZONTI 19 Jean Guichard Amore, guerra e morte nelle canzoni di Fabrizio De André 31 Andrea Cannas Utopia e il cinghiale laureato in matematica pura 47 Antioco Floris Non ci sono poteri buoni 73 Claudio Cadeddu Fabrizio De André e gli ultimi 85 Filippo Davoli Suonare ti tocca 95 Antonello Zanda La lingua nomade dell’emozione PERCORSI 129 Gonaria Floris Amistade e Disamistade 149 Simonetta Salvestroni De André, gli autori russi e il mondo contemporaneo 157 Maria Giovanna Turudda Una città da cantare 177 Pascal Cordara Fabrizio De André e Georges Brassens 191 Santa Boi Ruin the Sacred Truths 215 Ettore Cannas Cantare i vangeli 231 Stefano Sanjust Il ‘suonatore’ Jones: l’unico che con la vita avrebbe ancora giocato 253 Piero Mura Un pettirosso da combattimento VARIAZIONI 265 Franco Fabbri Fabrizio De André musicista 277 Mauro Pagani Lavorare con Fabrizio 289 Ignazio Macchiarella Echi d’altre tradizioni musicali 309 Marinella Ramazzotti Mille e una voce 321 Bibliografia 327 Indice dei nomi PRESENTAZIONE Questo volume raccoglie i materiali elaborati intorno al convegno dedicato a Fabrizio De André, che ha avuto luogo a Cagliari nel giugno 2003, su iniziativa dell’associazione culturale Portales e del Dipartimento di Filologie e letterature moderne dell’Università di Cagliari. L’interesse espresso nei confronti della manifestazione, in particolare da parte del pubblico più giovane, ci ha incoraggiato a proseguire il lavoro con la pub- blicazione dei testi. Qualche anno fa Fabrizio De André ha ricevuto alla memoria il pre- mio Montale per la musica in versi. Il riconoscimento in qualche modo ufficializzava quanto già ampiamente condiviso: alla morte del cantautore, nel gennaio del ’99, c’era la consapevolezza che ci aveva lasciato un poeta, o meglio, come sostiene Fernanda Pivano, uno dei nostri più grandi poeti. Alla base del vasto successo di pubblico e critica raggiunto in vita da De André sta, da un lato, la sua capacità di narrare in versi, per cui di volta in volta lo si è voluto definire cantastorie o poeta o cantautore (ma è poi così rilevante sistemare paletti o assegnare etichette che tornano utili per ogni circostanza?); dall’altro, l’abilità di adoperare la stretta misura metri- ca e far sbocciare contemporaneamente – e qui sta la magia del testo can- tato – la vita di mille personaggi colti nel centro della loro esistenza reale: 8 eppure trasfigurati fino a raggiungere una dimensione poetica. La prosti- tuta assassinata diventa la Marinella corteggiata da un gentiluomo e tra- sportata dal vento, che la vide così bella, dal fiume sopra una stella; il giova- ne travestito dalle labbra color rugiada è la graziosa di Via del Campo; la morte di Luigi Tenco diventa l’occasione per suggerire a Dio la dignità di quei suicidi che all’odio e all’ignoranza preferirono la morte. E ancora infinite altre parabole apocrife illuminano sull’incontro suggestivo tra il racconto (brevissimo), la poesia e la musica che si realizza nelle sue canzoni. La grande passione nei confronti dell’opera di De André ci ha spinto a realizzare questo progetto, ma è il valore artistico della sua opera che, ovviamente, ha motivato la nostra iniziativa. Il fatto che una buona can- zone nasca dal felice connubio di testi e musica ci ha consentito di allac- ciare un proficuo dialogo tra varie forme di espressione artistica e di coin- volgere studiosi di varie discipline, segno di approcci differenti all’univer- so della comunicazione. Nella prima sezione, Orizzonti, curata da Andrea Cannas, vengono presentati gli scritti che trattano in generale il rapporto tra canzone, letteratura e utopia in Fabrizio De André. Negli interventi trovano spazio e si intersecano le forme dell’antiepopea deandreiana, il rapporto dialettico fra amore, guerra e morte, la tensione, ricorrente in tutta l’opera, verso problematiche proprie dell’immaginario anarchico, l’uso dei dialetti come strumento privilegiato per rappresentare le istanze degli ultimi come contestazione della lingua dell’impero. Oltre i temi più generali, ma sempre in relazione al legame esistente tra l’opera di Fabrizio De André e la letteratura, nel senso più ampio del ter- mine, l’attenzione si è quindi focalizzata su album, singoli brani o specifi- che problematiche dell’immaginario che intorno alla sua figura è andato definendosi in quarant’anni di attività. Fertile terreno di indagine – nella sezione Percorsi curata da Antioco Floris – sono stati in particolare Non al denaro non all’amore né al cielo, La domenica delle salme, La buona novella, Genova, il rapporto con Brassens. Fabrizio De André rivela un gusto e 9 una cura particolare per gli adattamenti di testi e le interpretazioni che contestano la storia ufficiale: l’universo anarchico tratteggiato da Georges Brassens ritorna carico di un nuovo vigore; Non al denaro non all’amore né al cielo, tratto da alcune poesie dell’Antologia di Spoon River di Lee Masters, affronta il tema dell’incomunicabilità tra gli uomini raccontato da chi ha già consumato la propria esperienza terrena: i morti della ‘collina’. Non sono mancati i riferimenti a quel forte nucleo di canzoni che sve- lano il legame fra De André e la Sardegna, la terra nella quale l’artista genovese ha scelto di trascorrere una parte della sua vita e dove ha vissu- to, insieme alla compagna Dori Ghezzi, il dramma del sequestro, che pure ha avuto una sua sublimazione in canto (Hotel Supramonte). Soprattutto l’i- sola cui De André ha saputo dar voce, cantandone la preziosa marginalità che, con un paradosso dello spazio e del tempo, rende affini i sardi agli indiani d’America. La terza parte del volume, curata da Stefano Sanjust e intitolata Variazioni, esplora la componente sonora, mettendo a fuoco alcuni aspet- ti di De André musicista: i legami con la tradizione musicale italiana, le contaminazioni con le altre culture, le caratteristiche del timbro della voce, oltre a presentare la testimonianza di Mauro Pagani, musicista polistru- mentista, che ha lavorato per oltre un decennio con l’artista genovese. In definitiva si è cercato di offrire un panorama che permettesse un approccio variegato alla corposa discografia di De André, proponendo una molteplicità di punti di vista espressa da chi ha dapprima collaborato alla realizzazione del convegno e poi al complesso dei lavori qui raccolti. Cagliari, marzo 2007 I curatori Un particolare ringraziamento a Dori Ghezzi per la gentile disponibilità. SALUTI Giulio Paulis Preside della Facoltà di Lettere e filosofia Sono molto lieto di portare ai partecipanti al Convegno il saluto della Facoltà di Lettere e filosofia. È un’occasione importante quella che stiamo vivendo per ricordare un poeta, un musicista che ha amato profondamente la Sardegna e al quale i sardi debbono essere riconoscenti. Il fatto che se ne parli all’interno di un’aula universitaria non fa specie, trattandosi di una figura come quella di Fabrizio De André, a proposito del quale Roberto Cotroneo, nel saggio introduttivo alla edizione dei testi delle canzoni, per i tipi della casa editrice Einaudi, mette in evidenza il cantautore che ha scritto «pensando alla musica, ma non ha nulla da temere dalla pagina muta di un libro». Dunque, innanzitutto, si tratta di un poeta, per il quale la musica si aggiunge al testo, veicolando le emozioni e aggiungendo senso al senso: un poeta, un musicista che amava profonda- mente la Sardegna e che disse: «A trentacinque anni mi sono trasferito in Gallura, non per fuggire, ma per ritrovare la campagna. L’erba, il fieno, la terra, quel certo tipo di luna molto meno diafano, molto più carnale di 12 quella che ci appare in città, tra lo smog di Milano. E il dialetto, che rende più saporite anche le bestemmie più limpide». Ecco, il dialetto, al quale Fabrizio De André dedica molta attenzione. Un aspetto particolare su cui vorrei soffermarmi brevemente. A proposi- to delle parole, De André afferma che esse «sono affascinanti proprio per- ché cambiano continuamente di significato. Specie nei dialetti: la bellezza degli idiomi locali è la loro mobilità. Basta un chilometro di distanza e la parola già se ne esce storpiata e rinnovata». È in virtù di questa particolare forza che nelle sue composizioni ritro- viamo il dialetto: quello genovese, ma anche quello gallurese. Ricordo in proposito Zirichiltaggia o Monti di Mola dove c’è un approccio alla Sardegna, alla Gallura, completamente diverso rispetto a quello che carat- terizza la Gallura dei vip. Dunque, questa è l’occasione per ricordare un grande amico della Sardegna, per analizzare la sua poesia, la sua musica, il ‘ribellismo’, l’anar- chia, la provocazione nei confronti di una società borghese perbenista, l’attenzione verso i diseredati e gli emarginati… Il programma è molto denso e penso che tutti gli aspetti più importan- ti della poetica e della musica di Fabrizio De André saranno lumeggiati in questi giorni di convegno e quindi auguro a tutti buon lavoro, ringrazian- do particolarmente la signora Dori Ghezzi. 13 Giovanni Pirodda Presidente dell’associazione culturale Portales Soltanto un breve saluto, perché credo che sia opportuno lasciare la parola ai protagonisti del Convegno… Come Direttore del Dipartimento di Filologie e letterature moderne, che ha patrocinato l’iniziativa, mi sembra giusto sottolinearne l’importan- za e l’ottica con cui si è focalizzata l’attenzione su questa figura così signi- ficativa del nostro tempo, e sulla sua opera… Un grande poeta, Mario Luzi, diceva che l’opera di De André, senza l’unione – così stretta – tra poesia e musica non avrebbe quella efficacia che ha avuto su diverse generazioni.