ARTE BARBARICA

Si designa così l'arte che si sviluppò in Occidente all'epoca delle invasioni germaniche, dal sec. V ai sec. IX. Il termine barbarico deriva dal greco barbaros (balbettante) riferendosi a quei popoli stranieri incapaci di parlare la lingua greca. Il carattere dell'arte barbarica fu essenzialmente decorativo. In quanto essendo popolazioni nomadi non concentravano le loro arti in elementi di grandi dimensioni o atti a rimanere in luoghi fissi, ma anzi svilupparono un'arte o artigianato che andavano principalmente dalla scultura del legno all'oreficeria.

In singolare contrasto con l'arte classica l'arte dei barbari deforma la realtà, impone agli elementi naturali, vegetali e animali e alla figura umana, il rigore e la simmetria dell'ornato geometrico. Sua legge suprema è la ricerca dell'effetto decorativo. Quest'arte barbarica ci è nota soprattutto per gli ornamenti ritrovati nelle tombe contemporanee alle invasioni e per i lavori di oreficeria religiosa eseguiti con la stessa tecnica. Allora, l'oreficeria divenne predominante e impose i suoi temi ornamentali a tutte le altre arti. ARTE BARBARICA

Fino ad oggi abbiamo principalmente visto ed esaminato opere di tipo architettonico, scultoreo, pittorico. L'arte barbarica invece ha come protagonista le arti minori, principalmente a causa della loro natura nomade. Da precisare che con il termine: minore non è indicata un'arte di minor valore, bensì un'arte di diversa tipologia.

● Arti maggiori: architettura, scultura, pittura.

● Arti minori: oreficeria, scultura lignea, miniatura, decorazioni in genere. ARTE BARBARICA

Due generi di decorazione dominano: 1. grandi nuclei non sfaccettati di vetro colorato o di pietre preziose, soprattutto di granati, sono incassati in alveoli dentro il metallo formando disegni variati (oreficeria alveolata) 2. oppure fili d'oro e d'argento disegnanti un ornamento sono incastrati su placche di metallo in solchi incisi al bulino (filigrane).

Le due tecniche si trovano spesso riunite nei medesimi oggetti. Tale arte regna dal sec. V al IX nei paesi occupati dai barbari, dalla Scandinavia all'Africa vandala, dalla Gallia all'Asia centrale. ARTE BARBARICA

A forma di aquila stilizzata, ali scostate dal corpo e becco adunco, volta a destra è un elemento tipico delle donne gote in Italia. Il corpo con al centro un motivo a croce entro calotta sferica è solcato da alveoli geometrici e ricca di pietre preziose: granati e lapislazzuli, anch'essi tagliati secondo le precise forme geometriche.

Fibula ornitomorfa ostrogota. Oro e cloisonné, V sec. dal Tesoro di Domagnano (Italia settentrionale). ARTE LONGOBARDA ARTE LONGOBARDA

Subirono il fascino della tradizione classica del territorio che stavano occupando. Si dettero leggi scritte in latino e riconoscevano nella chiesa cattolica, l'espressione del mondo classico. Pittura, scultura, arti in genere trovò il riferimento nel mondo classico e all'iconografia del potere imperiale, filtrati dalla tradizione decorativa, ornamentale e policroma barbarica.

Caratteri tipici dell'arte longobarda: policromia, frantumazione delle superfici, interesse decorativo (forme vegetali e geometriche), interesse grafico (figure semplici, senza chiaroscuri) simboli o animali, horror vacui (tendenza a riempire tutto lo spazio a disposizione). ARTE LONGOBARDA ARTE LONGOBARDA

Frontale di Agilulfo, 600 c.a., bronzo dorato, 30 cm, Firenze

Probabile guarnizione di un elmo, bronzo dorato lavorato a sbalzo. La scena si ispira ai rilievi della scultura tardo-imperiale. Agilulfo al centro in vista frontale, su un trono, verso il quale si stanno dirigendo di offerenti con corone regali, preceduti da vittorie alate, rappresentati simmetricamente. Personaggi rappresentati goffamente, fluttuanti a mezz'aria. È riportata una iscrizione in latino errato: Vict/uria (anziché Vict/oria). ARTE LONGOBARDA ARTE LONGOBARDA ARTE LONGOBARDA

Teodolinda convertì al Cristianesimo i Longobardi, fino a quel momento ariani. Nel nostro caso le due preziose placche, realizzate in oro, sono state incastonate di preziose pietre dure, paste vitree e smalti secondo la tecnica dell’oreficeria longobarda a cabochon, metodo di taglio delle pietre a base piatta con forma convessa che venivano inserite a freddo nella lastra in oro secondo la modalità della lavorazione a sbalzo.

Sulle due placche sono raffigurate due croci latine disposte secondo uno schema estremamente semplice, regolare e simmetrico. Il perimetro è adornato con un motivo di raffinata cornice alveolata, mentre nella parte centrale ritroviamo quattro cammei per parte che sembrano rimandare a un’indimenticata tradizione artistica romana. ARTE LONGOBARDA

Apparteneva ai Longobardi tutto il nord della Penisola ad eccezione delle coste della Liguria e del Veneto; al centro e al sud si formarono invece i ducati di e di .

I Bizantini conservarono i territori dell'esarcato di e il cosiddetto "corridoio bizantino" che collegava Ravenna con Roma e divideva il regno longobardo in due parti: la Langobardia Major a nord e la Langobardia Minor a sud. ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Maior L'Altare del duca Ratchis è un'opera scultorea, realizzata tra il 737 e il 744, in pietra istriana, da una bottega longobarda, proveniente dalla Cattedrale di Santa Maria Assunta e conservata nel Museo Cristiano e del Tesoro del Duomo di Cividale del (Udine). L’altare si presenta come un armonioso parallelepipedo, integro su tutti e quattro i lati, riccamente decorati da episodi neotestamentari e simboli cristologici . La lastra superiore che fungeva da mensa è andata distrutta , mentre straordinariamente leggibili permangono i prospetti laterali alla cui sommità scorre l’epigrafe latina:

«Ratchis Hidebohohlrit grandissimi fa risplendere i doni di Cristo concessi al sublime Pemmone affinché dovunque fossero ricostruiti i templi di Dio e infatti, tra le altre, ha ornato la casa del beato Giovanni di pendola per il bel tegurio e l’ha arricchita con l’altare di marmo dipinto» ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Maior In modo sintetico quanto efficace l’iscrizione ci offre delle importanti coordinate sul contesto materiale e culturale di questo eccezionale arredo liturgico: l’opera fu commissionata dal duca Ratchis (737-744) che col suo mecenatismo desiderò porsi in continuità con la politica promossa dal duca Pemmone, suo predecessore e padre; l’altare stava in origine in una «domum beati Iohannis» ed era rifinito da impasti policromi («marmoris colore»); si collocava al di sotto di un ciborio impreziosito da un oggetto di oreficeria («pendola teguro pulchro»)

«[M]AXIMA DONA XPI ADCLARIT SVB(L)EIMI CONCESSA PEMMONI VBIQVE D(E)I REFO / RMARENTUR UT TEMPLA NAM ET INTER RELIQVA / DOMVM BEATI IOHANNIS ORNABIT PENDOLA TEGURO PVLCHRO ALT / ARE DIDABIT MARMORIS COLORE RATCHIS HIDEBOHOHLRIT » ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Maior L’altare è stato ideato per essere letto in primis nella sua epigrafe. Infatti, conclusa la lettura dell’iscrizione, ripercorrendo in senso orario il perimetro, le scene si presentano secondo l’ordine cronologico del racconto evangelico: •la Visitazione di Maria ad Elisabetta, •L’Adorazione dei Magi e •L’Ascensione di Cristo.

L’unica lastra priva di figurazioni è quella posta sul retro. Qui due croci gemmate affiancano una finestrella quadrata, in origine chiusa da una portella e in passato adibita alla custodia delle reliquie e dei vasi liturgici. ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Maior Coerentemente a uno stile fortemente astrattizzante, distante dalla resa naturalistica tardo antica, le figure umane presentano alcune deformazioni, quali quelle delle grandi mani degli angeli che sorreggono la mandorla centrale. I volti sono caratterizzati dall'assottigliarsi del mento (volti a "pera rovesciata"). L'antinaturalismo formale e il forte rimbalzo cromatico che le superfici avevano un tempo sottolineano con forza il valore sacro e simbolico dell'opera. Si può notare inoltre come la gerarchia dimensionale sia utilizzata, dando una grandezza maggiore ai personaggi di rilievo come Maria e Gesù. I soggetti scolpiti ribadiscono la predilezione della committenza per il culto di Maria, madre di Cristo; per Giovanni Battista, precursore della “buona novella” e simbolo di conversione; per Cristo salvator mundi. ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Maior ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Maior ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Maior

Il Tempietto di Santa Maria in Valle a Cividale del Friuli (Udine) è una della più importante e meglio conservate testimonianze architettoniche dell'epoca longobarda. Fu edificato verso la metà dell'VIII secolo nel luogo dove un tempo sorgeva la gastaldia (o gastaldaga, o gastalderia), ovvero il palazzo del gastaldo, signore della città; si trattava quindi di una cappella palatina. È composto da un'aula a base quadrata con una spaziosa volta a crociera, che si chiude con un presbiterio, più basso, diviso da coppie di colonne in un loggiato a tre campate con volte a botte parallele. Il lato ovest era l'antica parete d'ingresso e su questo lato restano cospicui resti di una straordinaria decorazione a stucchi e ad affresco. L'abside era anticamente decorata a mosaico, ma oggi non ne resta traccia. ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Maior

La lunetta della porta è incorniciata tra intrecci di vitigni con grappoli. Al centro è raffigurato Cristo tra gli Arcangeli Michele e Gabriele, mentre nello stesso registro si trova una fascia affrescata con Martiri. La parte più interessante è comunque il Fregio al livello superiore, liberamente sovrapposto agli elementi architettonici dell'edificio come le finestre. Qui si trovano sei figure a rilievo di Sante, in stucco, eccezionalmente ben conservate: le loro monumentali figure sono da collegare ai modelli classici, riletti secondo la cultura longobarda. I panneggi delle vesti riccamente decorate hanno un andamento accentuatamente rettilineo che ricorda i modelli bizantini, dai quali però le Sante si distaccano per il maggior senso del volume e per il verticalismo, ulteriormente marcato dalla lunghezza delle pieghe delle tuniche. ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Maior ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Maior ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Maior ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Maior ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Maior

Teoria delle Sante Vergini, Sant’Apollinare Nuovo, Ravenna ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor

Langobardia Minor era il nome che veniva dato ai domini longobardi dell‘Italia centro- meridionale, corrispondente ai ducati di Spoleto e di Benevento. Dopo la conquista del regno longobardo da parte di Carlo Magno, nel 774, rimase ancora a lungo sotto controllo longobardo. ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor Il tempietto del Clitunno, piccolo sacello a forma di tempio, si trova nel comune di Campello sul Clitunno poco distante da Spoleto. Considerato uno tra i più interessanti monumenti altomedievali dell’, è tra i gioielli dell’arte e dell’architettura longobarda in Italia. L’edificio, che riutilizza elementi architettonici di età romana pertinenti forse alle strutture di un precedente santuario intitolato al dio Clitumnus (divinità identificata con Giove), ha la forma di un tempietto classico: poggia su alto podio con fronte costituita da quattro colonne corinzie (pronao tetrastilo) che sorregge la trabeazione su cui corre l’iscrizione che dedica la chiesa al “Dio degli angeli”.

Il sacello è un piccolo edificio di culto riferito sia all'antichità romana sia al cristianesimo ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor

I frontoni, sia l'anteriore che quello posteriore, si adornano della croce monogrammatica fra viticci e grappoli di uva. ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor

Nell'interno del sacello è un absidiola sormontata da un frontone in cui si inserisce un arco: eleganti gli ornati delle cornici e della edicoletta di fondo, mentre di grande interesse sono i resti di affreschi del secolo VIII, con il redentore fra i SS. Pietro e Paolo, angeli e croce gemmata. ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor

La chiesa di Santa Sofia, dedicata appunto a Santa Sofia, ovvero la "Sapienza" come l'omonima chiesa a Costantinopoli, è situata a Benevento in Campania e fu fondata dal duca Gisulfo II nel 760 d.C. e in seguito completata da Arechi II, non appena divenne anch’esso duca. La costruzione ebbe termine circa nel 762 d.C. forse in funzione di Chiesa nazionale del popolo longobardo. Anche in seguito a donazioni e lasciti la chiesa di Santa Sofia divenne una delle più potenti dell’Italia meridionale e perciò uno dei più grandi esempi di arte longobarda risalente all’alto medioevo. ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor

La pianta generale è originalissima e del tutto nuova per l’epoca, non derivata da esempi romani o bizantini.

Essa presenta un nucleo centrale costituito da un esagono ai cui vertici sono collocate sei grandi colonne (provenienti probabilmente dall'antico tempio di Iside), collegate tra loro con archi sui quali si sviluppa la cupola.

Intorno a questo esagono centrale troviamo un secondo anello, questo decagonale, con otto pilastri in blocchi di pietra calcarea bianca intercalati da strati di mattoni e da due colonne subito dopo l’ingresso. ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor

I pilastri non sono disposti in conformità ai canoni classici, ma radialmente, ciascuno con i lati differentemente orientati, così da renderli paralleli ai retrostanti muri del perimetro. L’andamento di quest’ultimo è sconcertante: dapprima circolare, viene ad un certo punto bruscamente interrotto da pareti a forma stellare per ritornare di nuovo circolare in corrispondenza del portale d’ingresso.

Tutto ciò crea giochi di prospettive, effetti illusionistici, scomposizioni, chiusure di spazi coordinati ad effetti geometrici ben precisi e basati su rapporti reciproci frutto di una acuta ed originale intelligenza costruttiva. ARTE LONGOBARDA

LANGOBARDIA Minor ARTE CAROLINGIA

L’affermazione dei Carolingi al potere, iniziata nel 751 con l’ascesa al trono di Pipino il Breve (padre di Carlomanno e Carlo Magno) e terminata con la deposizione di Carlo il Grosso, coinvolge il completo evolversi della civiltà di tutta l’Europa occidentale. Prima dei Carolingi le peculiarità di questa vasta ed attivissima zona erano certamente l’eterogeneità e la mutevolezza, grazie anche alle grandi immigrazioni.

Con la dinastia carolingia la storia dell’arte conosce un procedere più omogeneo e tendenzialmente totalitario, come non si vedeva dal periodo aureo del glorioso Impero Romano.

Il modello ideale al quale ispirarsi è quello dell’Impero cristiano di Costantino. ARTE CAROLINGIA

Aquisgrana acquistò importanza durante l'VIII secolo quando Carlo Magno vi stabilì la sede della sua corte. In riferimento ai monumenti della Roma imperiale, che il re aveva potuto visitare nel suo soggiorno in Italia, nel 786-787, a partire dal 789 Carlo Magno diede avvio ai lavori di costruzione della sua reggia: un grandioso complesso di edifici, comprendenti il palazzo, l'Aula Regia, una Galleria, le terme, un Atrium, le stalle e una Cappella Poligonale: la Cappella Palatina, con funzione di Cappella di Palazzo e luogo della sua sepoltura. ARTE CAROLINGIA

La Cappella Palatina riprende l’impianto centrale tardo romano, rielaborato sull’esempio delle grandi chiese cristiane di origine bizantina: probabilmente, infatti, si ispira alla Basilica di San Vitale a Ravenna, e come questa ha pianta ottagonale e un ambulacro; qui, però, si affacciano sul vano centrale due ordini di gallerie, con trifore ottenute da colonne in porfido e capitelli dorati e sostenute da grandi pilastri poligonali. Altro elemento in comune con San Vitale è il doppio involucro, ovvero la cupola nascosta all’esterno da un vano con diversa copertura, il tiburio. Sopra il deambulatorio corre una tribuna in cui, sul lato opposto dell’altare, è collocato il trono imperiale; da qui il sovrano assisteva alle celebrazioni religiose. ARTE CAROLINGIA ARTE CAROLINGIA ARTE CAROLINGIA

L’architetto non rinuncia all’identità carolingia dell’opera, concepita come sintesi programmatica tra identità germanica e romano-imperiale; così tra l’atrio quadriportico e il vano ottagonale della cappella si innalza il westwerk.

Westwerk Corpo occidentale di alcune chiese carolingie formato da un nucleo centrale a più piani affiancato da due torri scalari. Elemento importante del W. è la loggia, generalmente situata al secondo piano, dalla quale l’imperatore assisteva alle funzioni religiose. ARTE CAROLINGIA

Ritratto equestre di Carlo La statuetta equestre è costituita da tre parti fuse con leghe di metallo differenti: il cavallo, il corpo del cavaliere e la sella, la testa del cavaliere. L’originaria doratura è andata quasi completamente perduta. Si ritiene che il cavallo sia un’opera tardoantica: oltre all’evidenza stilistica lo dimostrerebbe il fatto di essere stato modificato per adattargli il cavaliere. Il sovrano reggeva nella mano destra una spada, oggi perduta, e stringe ancora il globo nella mano sinistra. La corona è percorsa da gemme ed ornata sulla sommità da quattro palmette. Il mantello è chiuso con una spilla sulla spalla destra. ARTE CAROLINGIA

Nello spirito della Renovatio imperii questo assemblage vuole evocare le statue equestri imperiali come quella di Marc’Aurelio, che nel Medioevo si pensava rappresentasse Costantino, ed era collocata presso il Laterano. Sicuramente all’epoca erano note altre due statue simili di epoca romana e oggi perdute: il cosiddetto “Regisole” (originariamente a Ravenna poi trasportato a Pavia) e una seconda statua ravennate che secondo lo storico Agnello fu trasferita da Carlo Magno ad Aquisgrana. Si discute ancora se il bronzetto, esposto al Museo del Louvre, rappresenti Carlo Magno o il nipote Carlo il Calvo (823-877). Il volto del cavaliere corrisponde comunque alla descrizione di quello di Carlo Magno secondo lo storico Eginardo: un uomo imponente con baffi spioventi, folta capigliatura e barba. ARTE CAROLINGIA

Statua equestre Marco Aurelio 176 d.C. ARTE CAROLINGIA

L'Altare d'Oro della basilica milanese dedicata a Sant'Ambrogio risale all'842 circa, ed è uno dei maggiori esempi dell'arte carolingia in Italia. Il grande altare è in legno rivestito da lamine d’oro, d’argento e d’argento dorato. Fronte e retro sono suddivisi in scomparti da ricche cornici con gemme e smalti policromi di gusto barbarico. ARTE CAROLINGIA

La fronte rivolta verso le navate è ornata da lamine d’oro sbalzate disposte in tre sezioni: quella centrale presenta una croce con la figura di Cristo glorioso entro una mandorla e i simboli degli evangelisti sui quattro bracci, mentre negli spazi di risulta sono rappresentati i dodici apostoli a gruppi di tre; le sezioni laterali sono suddivise invece in sei scomparti con scene della vita di Cristo. Le formelle sono scandite da ricche cornici a rilievo minuziosamente ornate da placche smaltate e da una grande profusione di gemme. ARTE CAROLINGIA ARTE CAROLINGIA

La faccia posteriore, rivolta verso l’abside della basilica, riprende la stessa tripartizione della fronte, ma lo spazio centrale è occupato dagli sportelli che chiudono la finestra della confessio. I quattro tondi che li decorano raffigurano gli arcangeli Michele e Gabriele e due scene di omaggio: Ambrogio incorona il vescovo Angilberto che gli presenta l’altare e Ambrogio incorona Vuolvinio (“Vuolvinus magister phaber”), che lo venera ARTE CAROLINGIA

Il fatto che l’orafo Vuolvinio si sia rappresentato davanti a S. Ambrogio in parallelo col vescovo Angilberto è del tutto eccezionale nella prassi artistica del periodo, e sicuramente si giustifica per la dignità monastica che il magister sicuramente ricopriva, oltre che per l’importanza religiosa e politica dell’opera che aveva realizzato. ARTE CAROLINGIA

I pannelli laterali, anch’essi ripartiti in sei formelle, narrano invece episodi della vita di S. Ambrogio, da leggersi partendo dal basso, da sinistra a destra in sequenza continua per tutta l’ampiezza dell’altare. Le due fiancate sono spartite da un rombo centrale in cui splende la croce gemmata, circondata da angeli e immagini di santi entro clipei o in atteggiamento adorante. Sia il lato posteriore sia i due fianchi sono lavorati in lastre d’argento parzialmente dorato. ARTE CAROLINGIA

Lo stile della parte retrostante, attribuita a Vuolvinio, è sicuramente più pacato e misurato rispetto a quello dei maestri che hanno lavorato sulla fronte, e i personaggi sono dotati di una più marcata plasticità e monumentalità. Queste caratteristiche suggeriscono l’ipotesi che questo artista, pur risentendo l’influsso delle correnti dell’arte carolingia franca o tedesca, fosse maggiormente legato alla cultura classicista, che in Italia non ha mai smesso di esercitare un notevole fascino. ARTE CAROLINGIA ARTE OTTONIANA

L’arte ottoniana si sviluppa nei territori del Sacro Romano Impero dal declino della dinastia carolingia (esauritasi nell’887) e la svolta dell’anno Mille. È un’arte per lo più religiosa e prodotta nelle grandi abbazie, improntata su quella carolingia. Ottone è il nome di tre re di Germania della dinastia sassone, Imperatori del Sacro Romano Impero dal 962 al 1024. ARTE OTTONIANA

La Corona del Sacro Romano Impero è uno dei più celebri capolavori dell'oreficeria ottoniana, venne realizzata nella Germania occidentaleda un ignoto gruppo di orafi per il re Ottone I, al quale fu attribuito in seguito l’appellativo di “imperatore”.

La corona è diversa rispetto a quelle delle epoche precedenti: infatti, ha una forma arcaica e una pianta ottagonale anziché rotonda, ed è costituita da otto piastre, arrotondate verso l’alto. Le piastre sono d’oro e decorate da 144 perle e da altrettante pietre preziose di forma tondeggiante. ARTE OTTONIANA

Le formelle del Vecchio Testamento rappresentano il re Davide, Salomone ed il profeta Isaia, mentre quella del Nuovo Testamento raffigura Gesù e due angeli. Le altre piastre, invece, non hanno nessun tipo di raffigurazione, ma seguono una composizione geometrica a griglia. La decorazione è ricchissima e riveste tutte le superfici senza interruzione con con le perle e le pietre preziose incastonate, cornici e riempimenti in filigrana e composizioni a granulazione. ARTE OTTONIANA

La Croce prende il nome dal grande sigillo verdognolo in cristallo di rocca, inciso e posto vicino alla base, raffigurante il ritratto ed il nome del sovrano carolingio Lotario II,nipote di Carlo il Calvo. La croce di Lotario è una crux gemmata (croce processionale adornata di pietre preziose) ed è ancora utilizzata nelle processioni. Al centro della croce, al posto della figura di Cristo, è collocato un antico cammeo raffigurante Augusto di profilo, rivolto verso sinistra e incoronato con un ramo di alloro, mentre con la mano destra stringe uno scettro con un’aquila. L’identificazione tra l’Imperatore, in questo caso Ottone III, e Cristo era una consuetudine bizantina. ARTE OTTONIANA ARTE OTTONIANA

il sigillo quello appunto di Lotario oltre al suo ritratto porta anche la scritta "+XPE ADIVVA HLOTARIVM REG" ("Dio salvi re Lotario"). Questa aveva una funzione simile alla precedente, collegare gli ottoniani con la dinastia carolingia, che aveva istituito la posizione di Imperatore del Sacro Romano Impero.