DECLASSIFICATO Cfr
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
DECLASSIFICATO cfr. Comunicazioni del Presider 02 MAG. 2017 L Prof. RAGGRUPPAMENTO OPERATIVO SPECIALE CARABINIERI - I° Reparto Investigativo - N° 231/10 di Prot. Roma, 30.07.96 OGGETTO: Indagine “Grande Oriente” ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di - Direzione Distrettuale Antimafia - CALTANISSETTA C A T A N I A P A L E R M O e, per conoscenza ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di - Direzione Distrettuale Antimafia - G E N O V A MESSINA ----------------------------- Per gli Uffici di PM di Palermo e Caltanissetta fa seguito alla nota pari numero datata 17.05.1996 di questo Reparto R.O.S. _______________________________________________________________________________________________ Premessa In data 10.05.1996, alle h. 21.30, in Catania, nei pressi della sua abitazione, veniva ucciso, da due killer, al momento sconosciuti, il noto mafioso ILARDO Luigi, nato a Catania il 13 marzo 1951, ivi residente in via Quintino Sella n° 5, cugino dell’altrettanto noto mafioso Giuseppe MADONIA, detto “Piddu”, rappresentante provinciale di “cosa nostra” per la provincia di Caltanissetta. L’ILARDO, sin dall’ottobre 1993, periodo in cui era detenuto presso la casa circondariale di Lecce, aveva iniziato a fornire una collaborazione di natura confidenziale con il T.Col. dei Carabinieri Michele RICCIO, che era continuata anche al momento della sua successiva scarcerazione, nel gennaio 1994, per motivi di salute. L’Ufficiale dal novembre 1995 è aggregato a questo Raggruppamento, dove ha continuato ad operare, sviluppando un articolato flusso informativo, conseguente ai contatti con l’ILARDO sino al giorno della sua uccisione. Il presente referto è compendio di tale lavoro ed a seguire saranno evidenziate le attività condotte dal RICCIO, supportate da personale dipendente. Il rapporto confidenziale si è protratto fino al 2 maggio del 1996, costellato anche da importanti successi operativi di livello, con l’arresto di numerosi latitanti appartenenti a “cosa nostra”. In tale data la fonte decideva, convinta dal RICCIO, a fornire il proprio contributo alla giustizia, confessando i suoi crimini, nonché quanto a sua diretta conoscenza circa le recenti evoluzioni operative di “Cosa nostra” e dei suoi affiliati, nonchè di altri appartenenti alla criminalità operante nelle Province della Sicilkia Centro Orientale. Su sua richiesta, in quella data, l’ILARDO incontrava in Roma i magistrati dell’Ufficio del P.M. di Caltanissetta e Palermo, dove rappresentava le motivazioni che lo stavano portando a collaborare con la giustizia , i contesti criminali che avrebbe trattato e concordava i termini ed i tempi del suo rapporto con la giustizia. Segue l’esposizione dell’attività svolta, direttamente rappresentata dal T.Col. RICCIO, che seguirà nel suo tragitto il criterio cronologico. 2 R.O.S. _______________________________________________________________________________________________ 3 R.O.S. _______________________________________________________________________________________________ Il 10 maggio 1996, l’ILARDO veniva ucciso, dopo aver lasciato poche ore prima lo scrivente, al quale aveva richiesto di fissare, per mercoledì 15 maggio 1996, il momento in cui era pronto ad incontrare nuovamente le SS.VV., richiesta che lo scrivente inoltrava al proprio superiore comando. Nell’arco di tempo compreso dal venerdì 3 maggio al venerdì 10 maggio 1996, giorno in cui il sottoscritto si congedava dall’ILARDO, questi rilasciava, nel corso di saltuari e riservati incontri tenutisi fuori Catania, in zone isolate, “dichiarazioni spontanee”. In tali dichiarazioni, di cui ne concordava la registrazione per meglio rappresentare all’A.G. la decisione presa, trattava le motivazioni della sua collaborazione nonché le sue esperienze di natura criminale fino al 1994, momento in cui aveva conosciuto lo scrivente. Nell’occorso, consegnava: - in originale alcune lettere dattiloscritte, meglio classificate nell’allegato verbale di acquisizione, con le quali PROVENZANO 4 R.O.S. _______________________________________________________________________________________________ Bernardo gli aveva trasmesso periodicamente incarichi e direttive da adempiere; - una lettera manoscritta di VACCARO Domenico, inviatagli dal nascondiglio della sua latitanza; - fotocopia delle sue lettere di risposta al capo di “cosa nostra”. Le lettere, i cui contenuti sono stati illustrati dall’ILARDO, saranno inserite integralmente nel referto, in relazione al periodo temporale di ricezione o di spedizione da parte della fonte. Si riferirà anche sulle modalità di consegna e delle persone che l’hanno eseguita e delle quali, successivamente, l’ILARDO ha fornito più chiaramente contezza, in quanto non più confidente. Questi documenti li aveva conservati su suggerimento del sottoscritto, in quanto potevano costituire un valido riscontro, nel caso, come poi si è verificato, avesse mai deciso di collaborare con la giustizia. Delle stesse è stato redatto verbale di acquisizione. (All. nr. 1) Successivamente in data 24.06.1996 con foglio nr. 231/7 di prot veniva trasmesse in originale alla D.D.A. di Palermo (All. nr 2) Non potendo più usufruire della collaborazione dell’ILARDO, tempestivamente estromesso nel momento in cui si apprestava a fornire detta collaborazione, questo referto vuole essere il compendio di tutte le informazioni, le attività investigative, le operazioni di P.G., le registrazioni ed i documenti forniti dall’ILARDO Luigi. Questo lavoro, non vuole dimostrare l’attendibilità dell’ILARDO come confidente, che ben si documenta con i vari risultati operativi conseguiti tramite le sue indicazioni, ma la trattazione delle attività investigativa svolta alla ricerca dei vari latitanti mafiosi appartenenti a “cosa nostra” siciliana. Latitanti, che non venivano cercati isolatamente, ma nel corso di una indagine tesa alla cattura di PROVENZANO. La loro cattura, quindi, costituiva momento storico di riscontro alle informazioni che forniva l’ILARDO, nell’attesa di incontrare il PROVENZANO. 5 R.O.S. _______________________________________________________________________________________________ Dati i ruoli ed ovviamente per non fare insospettire il PROVENZANO, l’ILARDO rappresentava allo scrivente che doveva sfruttare una ragione valida per ottenere l’incontro con il latitante che costituiva per la sua “famiglia”, il capo di “cosa nostra”. Tale strategia poteva essere attuata grazie alla posizione che andava ad occupare l’ILARDO, poco dopo l’uscita dal carcere, nella “famiglia” nissena che era quella di vice capo provinciale, ed al fatto che era il cugino di MADONIA Giuseppe, già noto “capo provinciale”, nella fiducia di PROVENZANO, RIINA, BAGARELLA ed AGLIERI. Nel riprendere le attività in seno a “cosa nostra”, l’ILARDO confidava che il PROVENZANO, come gli altri responsabili di rilievo dell’Organizzazione, manteneva i contatti, con i propri affiliati, mediante bigliettini, contenenti disposizioni di vario genere. Pertanto riferiva alcune consegne di tali scritti per permettere agli investigatori di individuare il contesto dei favoreggiatori del latitante e tentare di localizzare il suo rifugio. 6 R.O.S. _______________________________________________________________________________________________ Ovviamente riferiva sommariamente i temi trattati nei biglietti che lo scrivente memorizzava ed annotava sempre alla ricerca dello spunto che avrebbe permesso di richiedere l’incontro con il PROVENZANO. L’occasione si presentava nella accusa che veniva fatta al TUSA Francesco, nipote di Piddu MADONIA, di aver distratto 500 milioni, frutto di pizzo, nei confronti di una ditta di Catania, senza dare la quota di competenza alla “famiglia” catanese. L’ispiratore della “tragedia” veniva individuato, dal VACCARO Domenico, capo provinciale della “famiglia” di Caltanissetta, nel CAMMARATA Giuseppe che, temendo per la sua vita, prima si riparava presso l’amico DE CARO Antonio, vice capo provinciale della “famiglia” di Agrigento e, dopo la morte di questi, presso il LA ROCCA Francesco, in San Cono, altro suo alleato. Il PROVENZANO si vedeva chiamato in causa da queste accuse in quanto il TUSA Francesco faceva presente di averlo costantemente edotto di ogni suo mossa. Il CAMMARATA, pur fuori di Riesi, continuava a gestire il mandamento, di cui era responsabile, tramite i suoi uomini più fedeli, ovviamente facendo i suoi esclusivi interessi, non rendendo conto né dei guadagni né delle attività illecite promosse nella provincia di Caltanissetta, alla “famiglia” e agli altri componenti del sodalizio di cui egli faceva sempre parte. Tali argomentazioni facevano si che il PROVENZANO, subdorando che dietro le attività del CAMMARATA e dei suoi alleati, ci fosse la mano del BRUSCA Giovanni, con il quale in quel momento non vantava rapporti molto lineari, convocava l’ILARDO Luigi per discutere i predetti problemi. Dati i tempi ristretti di preavviso e non essendo pronto il materiale tecnico idoneo a garantire la cattura del latitante, in considerazione anche che l’incontro sarebbe avvenuto in territorio sconosciuto, in quanto in quel periodo il PROVENZANO si era allontanato da 7 R.O.S. _______________________________________________________________________________________________ Bagheria, si decideva solo di pedinare il confidente. 8 R.O.S. _______________________________________________________________________________________________ Servizio che veniva sospeso, allorquando, ci si accorgeva che i mafiosi, che proteggevano il latitante, stavano attuando manovre tese a verificare la presenza di eventuali servizi