PRIMO LEVI “Io, Vivo Per Miracolo”

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PRIMO LEVI “Io, Vivo Per Miracolo” l’attualità Coppa Davis, sangue blu e business La GIANNI CLERICI e ADRIANO PANATTA Domenica cultura Il Piemonte nudo di Josef Koudelka CARLO PETRINI DOMENICA 24 GENNAIO 2010 di Repubblica PRIMO LEVI “Io, vivo per miracolo” Alla vigilia del Giorno della Memoria, in una lettera inedita dello scrittore lo stupore di essersi “salvato” FOTO ARCHIVIO PRIVATO DI GIULIA COLOMBO DIENA PRIMO LEVI TAHAR BEN JELLOUN spettacoli KATTOWICE 6 giugno 1945 CARPI (Modena) Carlo Verdone, trent’anni di cinema CURZIO MALTESE ianca carissima, finalmente mi si presenta un’oc- arpi, una delle più graziose cittadine dell’Italia set- casione di comunicare con l’Italia con una certa tentrionale, cinquantotto chilometri da Bologna, garanzia di arrivo a destinazione. Io non accom- non va confusa con Capri. Un gruppo di turisti i sapori pagno il latore della presente che viaggia con mez- americani vi si è ritrovato qualche mese fa, e si è Bzi suoi solo perché le finanze non me lo permettono, ed inoltre Cchiesto per quale motivo il mare non si vedesse. Carpi ha sessan- Frutta & alcol, convergenze parallele perché il giorno del rimpatrio collettivo sembra prossimo. tamila abitanti, più di diecimila dei quali immigrati in buona par- GIAN LUCA FAVETTO e LICIA GRANELLO Come i pochi compagni italiani superstiti, io sono vivo per mi- te da Pakistan, Marocco e Cina e al lavoro nei campi e nell’indu- racolo. Al momento in cui i tedeschi hanno abbandonato l’Alta stria dell’abbigliamento. È una cittadina tranquilla che va fiera Slesia, io ero convalescente di scarlattina nell’Ospedale di Mo- della propria piazza, la più grande in Europa: si chiama piazza dei le tendenze nivitz con altri ottocento malati; pare che i tedeschi avessero or- Martiri in memoria di sedici partigiani, i cui cadaveri furono dine di ucciderci (come fecero altrove in altre circostanze) e for- esposti per tre giorni dai soldati fascisti nell’agosto 1944. Carpi, Passerella addio, la moda è di tutte se non ne ebbero il tempo. Sono riuscito a sfamarmi alla meglio, da sempre di sinistra, conserva una buona qualità della vita. Ma LAURA ASNAGHI e IRENE MARIA SCALISE per dieci giorni sfuggendo a un tremendo bombardamento, poi questa città che a fine Ottocento contava oltre cinquemila ebrei il 27 gennaio, sono arrivati i russi. Dopo parecchi pellegrinaggi, oggi se ne ritrova soltanto sette, un numero insufficiente per apri- sono finito qui, in un campo cosiddetto “di attesa”. Effettiva- re una sinagoga. Gli ebrei di Carpi erano andati incontro a perse- l’incontro mente, tutti gli stranieri che hanno soggiornato qui sono stati cuzioni tra il 1290 e il 1294, ma soltanto nel 1719 il ghetto fu chiu- smistati verso le relative patrie, solo gli italiani attendono anco- so e ricevettero l’autorizzazione a costruirsi un luogo di culto. Carmen Consoli, musica da non sprecare ra. Di coloro che partirono con me da Fossoli siamo ora qui in sei. (segue nelle pagine successive) GINO CASTALDO (segue nelle pagine successive) con un servizio di MASSIMO NOVELLI Repubblica Nazionale 36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 24 GENNAIO 2010 la copertina Il 6 giugno 1945 l’autore di “Se questo è un uomo” è appena Lettera di un salvato stato liberato e per la prima volta scrive all’amica Bianca Guidetti Serra dell’arrivo dei russi, del tatuaggio al braccio, “segno di infamia per chi ora dovrà espiare”, ma soprattutto chiede notizie sulla sorte degli altri compagni. Ecco il documento inedito in occasione di una grande mostra a Torino Primo Levi: “Cara, sono vivo” PRIMO LEVI ventosamente duro a causa della fame, del freddo, delle percosse, del pericolo costante di es- sere eliminato in quanto inabile al lavoro. (segue dalla copertina) Porterò (spero) in Italia il numero di matricola tatuato sul braccio sinistro, documento di infamia non per noi, ma per coloro che ora cominciano ad espiare. Ma la maggior parte dei egli inabili al lavoro (donne, vecchi, bambini) non abbiamo che pochissime miei compagni portano nelle carni più gravi segni delle sofferenze patite. Spero di poter sali- notizie, risulta purtroppo certo che Vanda Maestro è morta. Luciana Nissim re presto la tradotta: ad ogni modo tieni presente che il servizio postale non è ancora regola- partì in settembre per Breslavia: forse si è salvata. Di noi 95 del campo di Mo- re e ti sarei gratissimo se tu cercassi di affidare ad un polacco o un russo rimpatriante anche nivitz, 75 sono morti colà di fame e di malattia; quattordici furono deportati sommarie notizie delle mie carissime e di Voi tutti. Con l’incarico una volta giunto in Polonia dai tedeschi in fuga (fra questi Alberto della Volta di Brescia, Franco Sacerdo- di scriverle indirizzando a Primo Levi, presso il Comitato Ebraico di qui. CENTRANLY KO- ti di Torino, l’ing. Aldo Levi di Milano, Eugenio Gluecksmann di Milano). Di lo- MITET ZYDOW POLSKICH — KATOWICE ULICA MARIAWKA 21. Dro non si hanno notizie sicure, ma corrono voci assai preoccupanti sulla loro sorte. Viviamo qui con l’ansia terribile di qualche vuoto al nostro ritorno: se fossimo rassicurati Restiamo noi sei. Qui non si sta male. Si mangia in abbondanza (ma la cucina russa richie- su questo, non ci sarebbe grave l’attesa. Ti prego tenta tutte le vie: Croce Rossa, Svizzera, i par- de stomaci appositi) si dorme bene, non si lavora, si gode una certa libertà, per cui con un po’ titi: pensate alla nostra tremenda incertezza di iniziativa si può circolare, pagarsi il lusso di qualche alimento extra, di qualche cinemato- Il mio cuore è con Voi. grafo, o almeno qualche visita economica turistica alla città. Siamo ora più di mille italiani, fra (Torino, Archivio Ebraico “B. e A. Terracini”, Delegazione per l’assistenza agli emigranti ebrei prigionieri di guerra, politici e “rastrellati”. La popolazione è molto benevola, i russi anche. (Delasem), Privati, enti diversi. Fascicoli nominativi (L) 1945-1946, n. 82 sottofascicolo 62) Non credere a quanto ho potuto scrivere da Monovitz; l’anno passato sotto le SS è stato spa- © RIPRODUZIONE RISERVATA FOTO DI GRUPPO Primo Levi (nel tondo) con Carla Consonni, un amico sconosciuto, Anna Maria Levi, Laura Jona e dietro Silvio Ortona e Giulia Colombo a Saccarello nel ’43 FOTO ARCHIVIO PRIVATO DI GIULIA COLOMBO DIENA lla sera, al rientro in baracca accucciate nei Ravensbrück, il Ponte dei Corvi, a Maria Camilla, ven- letti a castello, s’incominciava a parlare di mi- tunenne, appare «come un enorme paese di baracche di La fame «A nestre e pietanze; di tante minestre da sentir- legno dipinte di verde scuro», con le strade «coperte di ne il profumo e di tante pietanze da sentirne il sapore e carbonina». Il «tutto lugubre, ma davanti ai blocchi prin- parlando si scrivevano ricette sui ritagli bianchi dei gior- cipali non mancano i fiorellini molto ben curati». Negli nali». Campo di concentramento di Ravensbrück, sotto- ultimi mesi, dopo le evacuazioni dei lager polacchi, «i for- e le ricette campo di Rechlin, novanta chilometri a nord di Berlino. ni cominciarono a funzionare notte e giorno». Bisogna Qui, tra il settembre del 1944 e l’8 maggio del ’45, quando sopravvivere, soprattutto alla denutrizione. È in quei me- verranno liberate dall’Armata Rossa, le sorelle Maria Ca- si trascorsi nei block che Maria Camilla e le compagne milla e Maria Alessandra Pallavicino di Ceva e di Priola, provano a dimenticare per un po’ la fame che le lacera. Lo del lager giovani nobildonne piemontesi, vivono l’inferno del la- fanno parlando di «meravigliose pietanze» e discuten- ger. Arrestate nell’aprile del ’44 dai tedeschi a Nucetto, vi- done l’esecuzione fino anche «a litigare per le divergen- MASSIMO NOVELLI cino a Ceva, nella loro casa di villeggiatura, con l’accusa ze di come avrebbero dovuto essere preparate». Giorni e di avere collaborato con la Resistenza e aiutato il fratello notti senza fine, una babele di lingue — polacco, russo, partigiano, sono deportate in Germania. ceco, slovacco, ungherese, francese, italiano — che vuo- Repubblica Nazionale DOMENICA 24 GENNAIO 2010 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 37 ORIGINALE A sinistra, DISEGNO DA CRONACHE DI MILANO DI EUGENIO GENTILI TEDESCHI un disegno di Primo Levi Ritorno a Fossoli e la lettera inedita di Levi a Bianca Guidetti Serra; stazione per l’inferno nell’altra pagina in basso, TAHAR BEN JELLOUN il ricettario originale (segue dalla copertina) di Maria Camilla e Maria iò non rese loro in ogni caso la vita facile. Se ne andaro- Alessandra no: nel 1898 a Carpi erano rimasti non più di trenta Pallavicino Cebrei, e ciò portò alla chiusura della sinagoga nel 1922. Quando nel 1938 furono promulgate le leggi razziali — sulla falsariga delle leggi tedesche del 1935 — gli ebrei italiani furo- no presi apertamente di mira. Formavano l’élite intellettuale, appartenevamo alla borghesia o a una classe media molto agiata. Per loro quelle leggi furono veramente inimmaginabi- li. Non pensavano affatto che un giorno sarebbero stati di- scriminati nel loro stesso Paese, scacciati dalle scuole, esclusi dai mezzi pubblici, umiliati pubblicamente dai fascisti. Atte- sero il peggio e il peggio arrivò. Il premio Nobel per la medici- na del 1986 Rita Levi Montalcini, oggi centenaria, nel 1938 era scappata in Belgio. Il governo di Mussolini aprì alcuni campi di concentramento per ammassarvi l’opposizione politica da una parte e gli ebrei dall’altra. Ciò accadde proprio nei dintorni di Carpi, per la precisione a Fossoli, in aperta campagna. Agli ebrei furono destinate ot- to baracche, nelle quali furono rinchiuse intere famiglie. In ogni camerata c’erano tra le centocinquanta e le centoses- santa persone. Le condizioni di detenzione erano «più o me- no corrette» — raccontano oggi alcuni dei sopravvissuti —, so- prattutto se paragonate a quelle che avrebbero vissuto a Au- schwitz o a Bergen-Belsen, dove il novantadue per cento dei prigionieri fu sterminato dai nazisti.
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