Tribunale Di Palermo
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N. 573/97 R.G. Notizie di Reato Sent. N. 2253/06 N. 1001/02 R.G. Tribunale Del 05/07/02 Irrevocabile il ___________________ Al P.M. per esecuz. il _____________ Campione Penale n° ______________ Redatta scheda il ________________ TRIBUNALE DI PALERMO SENTENZA ( artt.544 e segg., 549 c.p.p. ) REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Palermo – Sez. 3° penale – composta da: Dott. Donatella PULEO - Presidente Dott. Vittorio ALCAMO - Giudice Estensore Dott. Lorenzo CHIARAMONTE - Giudice Alla pubblica udienza del 05/07/06 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente S E N T E N Z A Nei confronti di: PALAZZOLO Vito Roberto, nato a Palermo il 31/07/47 conosciuto anche come Von Palace Kolbatschenko Robert, res. in Sud Africa – latitante – Libero contumace Difeso di fid. dall’avv. Roberto Tricoli I M P U T A T O Per il reato di partecipazione in associazione di tipo mafioso (articolo 416 bis cp.) per avere, in concorso con numerosi altri associati, tra i quali RIINA Salvatore, BONOMO Giovanni e GELARDI Giuseppe, fatto parte dell’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra o per risultare, comunque, stabilmente inserito nella predetta associazione in numero superiore a cinque persone, avvalendosi della forza di intimidazione nascente dal vincolo associativo, e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, per commettere reati contro la vita e l’incolumità individuale, contro la libertà personale, contro il patrimonio, finalizzati al traffico di sostanze stupefacenti e di T.L.E., nonché di armi e valuta e, comunque, al fine di realizzare profitti e vantaggi ingiusti; e per avere, inoltre, favorito la latitanza, anche in territorio straniero, di associati mafiosi quali BONOMO Giovanni e Gelardi Giuseppe. Con le aggravanti di cui ai commi 4 e 6, per avere fatto parte di una associazione armata e per avere finanziato attività economiche con il profitto proveniente da delitto. Commesso in Palermo ed in altre località del territorio italiano ed estero, sino ad oggi. Con l'intervento del P.M. dott. Gaetano Calogero Paci e con l'assistenza della dott. Rosalia Greco, cancelliere. Conclusioni del Pubblico Ministero Il PM chiede affermarsi la penale responsabile di Palazzolo Vito Roberto e la condanna dello stesso ad anni 12 (dodici) di reclusione ed alle pene accessorie previste dalla legge. Conclusioni della difesa L’avv. Tricoli, in difesa dell’imputato Palazzolo Vito Roberto chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste. IN FATTO ED IN DIRITTO Con il decreto in atti il G.U.P. disponeva il rinvio a giudizio avanti a questo Tribunale in composizione collegiale del latitante Vito Roberto Palazzolo, chiamato a rispondere del reato di partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso. All'udienza del 15.10.2002 venivano sollevate alcune questioni preliminari in relazione alle quali il P.M. chiedeva un termine per interloquire. Alla successiva udienza del 13.11.2002, il Tribunale emetteva l'ordinanza in atti in merito alle suddette questioni preliminari e le parti richiedevano i rispettivi mezzi di prova. In particolare, il P.M., dopo aver proceduto alla precisazione del tempus commissi delicti, chiedeva l'esame di 65 testimoni, 11 collaboratori di giustizia e 3 consulenti, l'esame dell'imputato, la trascrizione, mediante perizia, delle intercettazioni telefoniche e l'acquisizione di verbali di prova di altri procedimenti mentre la difesa chiedeva l'esame dei propri testi e del proprio assistito. All'udienza del 4.12.2002 il Tribunale ammetteva le prove delle parti e, nel corso delle udienze successive, risolveva una questione connessa all'ammissibilit à di alcune intercettazioni telefoniche aventi ad oggetto anche utenze ubicate all'estero (v. ordinanza in atti). Indi, si avviava l'istruzione dibattimentale con l'audizione dei testi e dei collaboratori richiesti dal P.M. ed il Tribunale disponeva perizia avente ad oggetto la trascrizione delle intercettazioni ammesse, previa esibizione dei relativi decreti autorizzativi. Poiché le parti concordemente e formalmente richiedevano l'audizione, mediante commissione rogatoria internazionale, dei numerosi testimoni residenti all'estero inseriti nelle loro rispettive liste, il Collegio avviava, attraverso i competenti Ministeri ed i canali diplomatici, le procedure finalizzate all'espletamento della rogatoria con lo Stato sudafricano. Durante l'istruzione dibattimentale veniva ufficialmente preannunciato l'esito positivo della richiesta di rogatoria da parte della Repubblica del Sudafrica, i cui organismi competenti, tuttavia, richiedevano un incontro ufficiale di alcuni suoi rappresentanti con il Tribunale richiedente. L'incontro avveniva il giorno 15.10.2003 a Palermo, alla presenza delle parti e dei rispettivi interpreti, come si evince dal verbale in forma riassuntiva appositamente redatto dal Cancelliere. A seguito di detto incontro le Autorità sudafricane comunicavano, formalmente ed attraverso gli Organismi competenti, di avere accolto la rogatoria avente ad oggetto l'audizione dei testi richiesti dalle parti, fatta eccezione di tre testimoni indicati dalla pubblica accusa. Nel corso del 2004, pertanto, aveva luogo la commissione rogatoria in Sudafrica in due riprese, per le ragioni meglio esplicitate in atti. Successivamente, il P.M. chiedeva, ai sensi dell'art. 507 c.p.p., la trascrizione di ulteriori intercettazioni, l'esame di altri testimoni e del collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè, la cui collaborazione era stata avviata dopo l'inizio del presente dibattimento. Esaurita la lunga, complessa e tormentata istruzione dibattimentale, le parti concludevano nei termini di cui ai verbali in atti. ****** Prima di procedere alla ricognizione critica delle emergenze processuali a carico dell'imputato, a giudizio del Collegio, occorre svolgere una breve premessa in diritto al fine di circoscrivere l'ambito del giudizio e di precisare il metodo di valutazione delle prove che il Tribunale ha stabilito di seguire nell'affrontare la presente vicenda processuale. Vito Roberto Palazzolo, infatti, è chiamato oggi a rispondere del reato di partecipazione all'associazione mafiosa denominata ªcosa nostraº a far data dal 29 marzo 1992, come precisato dal P.M. nel corso dell'udienza dibattimentale del 13.11.2002. Il motivo dell'individuazione di tale tempus commissi delicti è ovviamente connesso alla incontestata circostanza per la quale il Palazzolo è già stato assolto da tale imputazione con sentenza resa dal Tribunale di Roma il 28.3.92 e divenuta irrevocabile (in atti). Si tratta, per la verità, non di una sentenza di assoluzione ma verosimilmente di una sentenza di proscioglimento, ai sensi dell'art. 129 c.p.p, che risulta così testualmente motivata: ªconsiderato che ricorre l'ipotesi di cui all'art. 129 c.p.p. ritenuto che dagli atti non emerge elemento di prova alcuna in ordine al reato di cui all'art. 416 bis c.p. º. E' bene premettere che la disamina di tale sentenza non consente una verifica critica né del materiale probatorio oggetto di valutazione né dei criteri ermeneutici seguiti da quel Tribunale per addivenire ad una pronuncia di proscioglimento, posto che si tratta di un provvedimento del tutto privo di motivazione e basato su una sola frase stilata a mano su un pre- stampato fornito dal Ministero della Giustizia come formulario di sentenza di applicazione di pena ex art. 444 c.p.p.. Come appare evidente dall'esame diretto del documento, l'intero compendio motivazionale è, invero, limitato alla surrichiamata, laconica e lapidaria formula di stile inserita in un solo rigo. Detta ªmotivazioneº (ªdagli atti non emerge elemento di prova alcuna in ordine al reato di cui all'art. 416 bis c.p. º), peraltro, appare chiaramente contraddittoria, posto che, con la medesima sentenza, al Palazzolo veniva applicata la pena di anni due di reclusione e lire 40 milioni di multa in ordine al delitto di cui all'art. 75 L. 685/75, commesso insieme a numerosi appartenenti all'associazione mafiosa denominata cosa nostra. L'assoluta inesistenza di prove della partecipazione dell'imputato all'associazione per delinquere di tipo mafioso, pertanto, appare smentita quantomeno dall'esistenza di un preciso indizio contenuto nella stessa sentenza in esame. Pur tuttavia, di fronte a tale lacunoso supporto motivazionale, nessun elemento utile può ricavarsi allo scopo di comprendere se si sia trattato di un patteggiamento per un reato (art. 75 L. 685/75) con proscioglimento anticipato ex art. 129 co.1 c.p.p. per il delitto concorrente (art. 416 bis c.p.) ± come sembrerebbe dimostrare l'uso del formulario, la citazione dell'art. 129 c.p.p. ed il mancato richiamo a qualsiasi attività dibattimentale ± ovvero una vera e propria sentenza di assoluzione ex art. 530 c.p.p., come potrebbe desumersi dalla parte dispositiva della pronuncia (ªassolveº). Nonostante l'evidente singolarità di tale sentenza ± rappresentata, lo si ripete, da una assoluta carenza di motivazione in ordine alle ragioni del proscioglimento in relazione peraltro ad una così grave imputazione ± il Collegio, ovviamente, non può che prendere atto del pronunciamento definitivo e rispettarne il significato e la portata anche e soprattutto per ciò che concerne le sue refluenze sull'odierno giudizio. Ed invero, l'esistenza nei confronti del Palazzolo di un precedente giudicato assolutorio (o di proscioglimento) in relazione alla medesima imputazione rispetto a quella oggi all'esame del Collegio impone di adottare una serie di principi che la giurisprudenza di legittimità ha, con