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CULTURA EUROPEA E IDENTITA SICILIANA NELLA SCRITTURA DI GESUALDO BUFALINO
by
LARA BALBONI
Department of Italian Studies
McGilJ University Montreal
May 2001
A Thesis Submitted to the Faculty of Graduate Studies and Research in Partial Fulfillment of the Requirements of the Degree of Master of Arts
Thesis Directed and Supervised by Prof. Maria Predelfi
1 © Lara Balboni, 2001 National Unry I~I of Canada Acquisitions and Acquisitions et Bibliographie Services seMees bibliographiques 315 Welinglan SIr_ .....0Nelinglan ae.-ON K1AOfM OI.-ON K1A0N4 c..a r.n.a
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0-612-75216-X
Canadl • RlASSUNTO
In questo lavoro si definiscono gli aspetti più importanti della scrittura di
Gesualdo Bufalino, scrittore siciliano che si è inserito nel panorama letterario italiano
all'inizio degli anni '80.
Nella prima parte della trattazione sono state prese in considerazione le
caratteristiche biografiche e le esperienze esistenziali che più banno influito sulla
trasposizione della vita in materia letteraria, per poi approdare ail'analisi dei romanzo
che 10 ha reso celebre, Diceria dell'untore.
ln secondo luogo si è voluta fomire un'analisi dettagliata della tematica della
memoria, punto focale deI suo universo artistico da cui egli ricava continuamente i
contenuti esposti e che diventa struttura narrativa predominante. • Questo aspetto 10 accomuna alla scrittore francese Marcel Proust, a cui
Bufalino si riferisce spesso, ma dal quale al tempo stesso ha saputo prendere le
distanze rielaborando e interpretando a suo modo un atteggiamento, quelle dei
ricordare e trasporre in letteratura, tipico della narrativa europea dei secolo scorso.
Si sono individuate inoltre le componenti relative alla cultura regionale che 10
scrittore ha trasposto in letteratura, stabilendo un paragone con altri autori siciliani.
Quella di Bufalino pub dunque essere considerata esperienza letteraria
fortemente vincolata alla Sicilia, ma che allo stesso tempo interpreta le tendenze
europee dei Novecento. • 1 • SYNOPSIS
The most outstanding features of Gesualdo Bufalino's literary works are outlined in this dissertation. Bufalino, a Sicilian writer, made a name for himself in [taHan literature in the early Eighties. The tirst part ofthis thesis deals with the author's biographie background and existential experiences which ostensibly contributed the most to his shifting life onto the Iiterary page. It ends with an analysis of Diceria dell'untore, the novel which made him famous. The dissertation provides then an in-depth analysis of the various themes connected with memory, the centrepiece ofthis author's artistic universe, from which he ceaselessly carves out the contents of his writings. Memory makes up his prevailing narrative structure. • This feature draws him close to French writer Marcel Proust, whom Bufalino makes frequent reference to, but from whom he succeeded in taking an arm-Iength stand, since Bufalino elaborates and interprets reminiscing bis own way. Carrying memory's materials over into fiction, a typical procedure of European literature from the previous eentury, is dealt with by Bufalino in a manner ail ofhis owo. Components from the author's regional culture, interspersed in his literary works, have been singled out, making thus possible a comparison with other Sicilian authors. Bufalino's Iiterary experience may thus be seen as deeply rootOO in Sicily, but al one and the same time it may also be seen as an interpretation ofEuropean Iiterary trends in the twentieth century. • II • SYNOPSIS
Dans cette dissertation on a délinéés les caractéristiques les plus saillantes de l'œuvre littéraire de Gesualdo Bufalino, un écrivain sicilien qui a su s'imposer dans le finnament de la littérature italienne au début des années '80. La première partie de cette thèse traite des aspects biographiques et des expériences existentielles qui, de toute évidence, ont davantage contribué à transposer la vie dans la page littéraire. Cette analyse aboutit à Diceria deU 'untore.. le roman qui lui a apporté la notoriété. La dissertation fournit ensuite une analyse en profondeur des thèmes qui découlent de la mémoire, l'épine dorsale de l'univers artistique de cet auteur, une veine inépuisable de laquelle il puise sans cesse le contenu des ses écrits. C'est en effets la mémoire qui constitue la structure narrative prépondérante dans son œuvre. • Voilà une caractéristique qui le rapproche de Marcel Proust, auquel Bufalino fait souvent référence mais duquel il prend en même temps ses distances puisque l'écrivain italien élabore et interprète les matériaux de la mémoire à sa guise. En effet la transposition des matériaux de la mémoire en fonne littéraire, une opération typique de toute la littérature de siècle antérieur, est effectuée par Bufalino d'une façon tout à fait inédite. On a isolé les composantes de la culture régionale de cet auteur, éparpillées un peu partout dans ses œuvres, ce qui a rendu possible une comparaison avec les autres auteurs siciliens. On peut donc voir l'expérience littéraire de Bufalino comme un élément profondément enraciné dans la Sicile, mais en même temps elle peut aussi être vue COlnme une interprétation des tendances littéraires euroPéennes du vingtième siècle. • III • INDICE
Introduzione V
CAPITOLO [ .
1.1: Lafigura e l'opera .
1.2: Diceria dell'untore: Poesia d'Amore e Morte 12
CAPITOLO II 21
II.1: La memoria e Proust 21
CAPITOLO III 38
111.1: Gesualdo Bufalino e g/i scrittori sici/iani nel Novecento: • La letteratura "tradizional-contemporanea" dell'imprescindibile isola 38
111.2: Gesualdo Bufalino e VitaUano Brancati. Per un approccio intertestuale 57
CONCLUSIONE 69
BIBLIOGRAFIA 70
• IV • lntroduzione lnnanzitutto si vogliono esporre ; motiv; e le impressioni che hanno
dettato la scelta di un autore come Gesualdo Bufa/ino.
Per il valore lellerario: credo sia unD dei migliori scrittori ;taliani dei
Novecento, sia per quello che riguarda ; contenut; trattat; che per la forma in
cui questi trovano espressione.
Per la singolarità dei suo caso, per le invenzioni, le carambole e la
scorrevolezza di un 'arte colta ma mai didattica e saccente.
Per la genialità delle figure evocate, per i funambo/ici effètti stilistici, per
il trasporto che anima ogni particolare dei tessuto narrativo e la continua
incessante ricerca di comprensione nellettore, comprensione intesa in senso di • destino comune e quindi dialogo profondo e intimo. Perché ad agni passo, avanzando nella lettura delle sue opere, si
scoprono e si nascondono a turno imperiose struUureJ magici marchingegni
che siamo abituati ad apprezzare e a ritrovare più frequentemente ne/la fiaba
che nel romanzo.
Un maestro, dunque, un artigiano della paroia che è riuscito a costruire
grazie al costante riferimento al vissuto. un palcoscenico incantato sospeso tra
verità e menzogna su cui rappresenlare la tragicomica vicenda umana, a volte
con il bisbiglio dei suggeritore a volte con la voce tonante ed emozionata dei
pro/agonis/a. • Tutto questo è Bufalino. v •
a chi /0 sa •
• VI • CAPITOLOI 1.1: Lafigura e ['opera
Una vita come tante. due tre malattie intere. due tre mezzi ami~ un umor malinconico con vampate dtilarità: un cristianesimo ateo e tremante. ineno a capire se l'UDÏverso sia sainte 0 me~ grazia 0 disgrazia: un odio della storia: lastrico di fossili ideologici. coUana inette di errari; un ttaspotto per cio cbe dura e resiste - luogbi. solidali gerghi, abitudini oneste, strette di mano - nel fonda della mia provincia sperduta. In letteratura un amor di menzogna e di musica.. purcbé radieata nel punto favoloso e geometrico dei dolore e della memoria Cose che ho amato 0 amo: il blues, Verdi e Mozan. il cinema muto. le stampe, (belle e brune) dei seicento, Proust e Leopardi. gli epistolari, una canzone franœse che 50 io, i problemi di scacchi... Dimenticavo: "Le clair de lune quand le clocher sonnait douze», neDe Dolli d'oscuramento quarant'anni fa. ni
Queste le parole che Gesualdo Bufalino (Comiso, provincia di Ragusa, 15 novembre
1920 - stesso luogo, 14 giugno 1996) usa per riassumersi, per presentarsi ad un
pubblico che è suo costante interlocutore, immancabile destinatario della sua arte.
In poche righe (in cui già si menziona una delle tematiche che verranno prese in • considerazione nello svolgimento di questo lavoro, quella della memoria) si delinea un autoritratto che definirei senza alcun dubbio affascinante e che ci servirà come
punto di partenza per un'analisi della posizione singolare (0 quantomeno inusuale) che
l'autore occupa all'intemo dei panorama letterario italiano contemporaneo.
Il padre di Gesualdo Bufalino era fabbro ferraio ma nutriva un grande amore per la
letteratura, 10 dimostra il fatto che in casa vi fossero opere come La Divina
2 Commedi~ Le veglie dei Tasso , 1miserabili, Guerra ~ pace, la Bibbia e che Biagio
ne leggesse al figlio ancora incapace di leggere ampi brani la sera, al rientro dal
J lavoro .
Nunzio Zago. Gesualdo Bufalino. Messina: Pungitopo editrice. 1987. Pag. 8. 2 Giuseppe Compagnoni. Parigi: 1799-1800. • Gesualdo Bufalino, Il maJpensante, Milano: Bompiani, 1987. Pag. 77. - 1- "Questi libri preesistevano alla mia nasci~ comunque furooo queUi che io trovai attomo a me e non erano i soliti libri che potn:bbe avere un operaio in ~ cioè libri di inb3ttenimento e di • evasioneyma erano anche libri di un ceno peso." (Paiary 13 settembre 1981). • La madre era invece figlia di un sarto e scopriamo dalle notizie epistolari che si tratta
di una figura materna molto umana e dolce negli atteggiamenti verso il figlio seppure
non dotata di una grande istruzione.
Gesualdo dimostra fin da piccino una passione particolare per il monda delle lettere e
della scrittura, 10 dice il fatto che amasse giocare col padre con un grosso dizionario e
all'età di dieci anni si dilettasse a scrivere i primi infantili e innocenti versi: "Mi
rimane nella memoria l'ultima terzina dei mio primo sonetto, Îspirato a certe pagine
dei Miserabili che dovettero impressionarmi. Sono versi di una bruttezza vertiginosa,
ma lodevolmente pensosi: Sangue, urla, piaghe, scoppi di mitraglia 1e tutto cio perchè
dica la storia 1 che a Waterloo ci fu una battaglia." CI& inchieste dei "Cavallo di • Troia", 1986). Cosi si esprime giovanissimo un Bufalino che non smetterà mai più di scrivere,
soprattutto in versi fino ai vent'anni. Le liriche composte in questo periodo verranno
ricopiate molto pÎù tardi in una raccolta, Puerilia. Juveniliil, mai pubblicata ma tenuta
gelosamente in un cassetto.
Inizia nel 1935 gli studi liceali classici a Comiso dove si diploma nel '39 sostenendo
un esame di maturità in cui esibisce un atteggiamento a sua giudizio sfacciato e
aggressivo: "1 risultati diedero ragione alla mia incoscienza: ebbi tutti otto, un sette
(regalatissimo) in fisica, un nove in italiano." (Minore, 1988). • -2- In questi anni si immerge nella lettura dei classici dei Decadentismo, soprattutto • Baudelaire, per cui dimostra una passione sfrenat~ tanto da tentare la versione in francese dei testo letto in italiano, come esercizio di stile.
Le affinità con questo tipo di letteratura segneranno senza alcun dubbio 10 stile che
Bufalino verrà successivamente adottando nella stesura delle sue stesse opere, nello
svolgimento della sua carriera col passare degli anni.
Oltre tutti i testi letterari che riusciva a reperire alla biblioteca comunale, sebbene,
come afferma lui stesso, "con un ritardo di trent~ quarant'anni" dovuto alla posizione
geografica e alla temperie culturale della provincia siciliana arretrata rispetto ai tempi,
Bufalino si dimostra profondamente attirato dal cinema.
Frequenta infatti tutti i cinematografi della sua cittadina e non solo, compiendo
numerosi viaggi a Ragusa 0 nelle città vicine per vedere le proiezioni più recenti. • Sue predilette le pellicole francesi, di cui diventa un vero e proprio cultore, ma non solo: la sala buia diventa luogo di riflessione e di ispirazione, e il cinema in generale,
l'espressione tramite immagini in sequenza, assume un ruolo quasi salvifico:
··Nel1a fiducia che il cine~ col suo bruciante appono di testimonianza e di stimolo. di bellezza e di verità. ci aiuti a vincere la nostt3 quotidiana scommessa d'amore per la difficile. bellissima terra dove ci è stato concesso il regalo di vivere. ,,4
Nel 1940 si iscrive alla Facoltà di Lettere pressa l'Università di Catania, anche se
dopa breve tempo si vede costretto a interrompere gli studi perché chiamato aile armi
nel '42.
• 4 Gesualdo Bufalino.ll fiele Ibleo, Cava dei Tirreni: Avagliano Editore, 1995. Pag. 68. ... 3 ... "Era già periodo di guerra, e la ci andavo soltanto per dare le matene. Non ho • praticamente frequentato l'universit~ non ho awto maestri, avro assistito a tre 0 quattro lezioni di un professore di formazione Ottocentesca, Giulio Natali, già molto
anziano." (paiar, 16 settembre 1981).
Si chiude cosi la prima parentesi accademica per affrontare quelli che saranno gli anni
più duri e difficili della sua vita, quelli contrassegnati dall'esperienza paurosa della
guerra e della successiva malattia.
Spedito prima a Campobasso poi a Fano, dove frequenta un corso per Allievi Ufficiali
e conosce Angelo Romano, approda poi ad Ancona per un breve periodo e
definitivamente al fronte in Friuli, precisamente a Sacile dove, all'indomani
dell'Annistizio, viene catturato dai Tedeschi il 5 settembre dello stesso anoo. Dopo tre • giomi riesce a fuggire grazie all'aiuto di una ragazza conosciuta qualche sera prim~ Sesta Ronzon.
Questo episodio della vita di Bufalino merita un'attenzione particolare in quanto è da
qui che nasce 10 spunto per une degli articoli ("La moviola della memoria") che
verranno raccolti in Cere Perses.
"A me dura solo diette la Cronte una luee di luna fri~ un immacolato lenzuolo di luna fredda rra due sentieri di platani neri. E mi dura un nome di sttada: Geromina; di fiume: Livenza; di donna: Sesta Ronzon. (...) L'avevo conosciuta tre sere Prima. appena sœso da] treno nella mia divisa fiammante, completa di berretto con visiera e fondina vuota. Sottotenente di prima nomina. il più astratto e stupido ufficiale d'[talla, incapace di maneggiare un'anna, risoluto a non impugnarla una volta. Sesta Iavorava nella filanda. e ad ogni fischio di treno in arrivo scuoteva i rossi ricci dei capo, staffacciava con occhi esilaranti e aspettava. (...) Seduti sulla spallctta parlammo di noi, fumando a grandi boccate le economiche "Milit". (...) Quanto a morosi, le chiesi. ne aveva 0 no? Ridendo io mi candidai suo moroso per l'eterni~ 0 per le prossime domenichc, aImeno. C•.• ) L'indomani Sesta vcnne sotto il naso delle sentinelle naziste a urIare dalla strada il mio nome, finchè un furierc all'intemo la um. mi eeI'CÔ nel mucchio. mi avvisa che attraverso un certo
• Gesualdo Bufalino. Palenno: Sellerio. "La diagonale", 1985. -4- spioncino non sorvegliato potevo enllan: in intelligenza con lei. Divisi da barre ci parlammo. viso contto viso, mi intimava di fuggire, a onta dei min puntati ai quauro canti deUa casenna V'em un muro lungo il quale correva una strada. con un solo soldato nemico in aUerta, che passeggiava su e giù, l'avrebbe distratto lei... • () Rimasi qualche tempo nascosto DeDa fattoria dei patriarca Silvio zaghet. Aiutavo a curar l'uva. () Quanto a ~ lei veniva due volte a settimana a portanni vettovaglie, libri e C31'ezze. Dopo un po' non si vide piia, dissero che l'avevano presa i Tedeschi e ammanata Dissero altri che. viceve~ s'em messa con un capitano di Coblenza, beUissimo, e facevarr lui in Piemonte la spia contto i partigiani. Chissà chi aveva mgione, chissà che ne è stalo di lei.
Questo episodio rimane fotografato nella memoria di Bufalino e, oltre che nel
racconto sopra citato, riaffiorerà nei suoi scritti a più riprese, anche in Diceria
7 dell'untore , la sua opera più famosa.
Durante questa sua permanenza in Friuli pensa di raggiungere le bande partigiane
stanziate sul Grappa ma desiste vista la sua avversione per le armi e per la guerra in
generale.
Nel gennaio dei 1944 tenta di scappare in Svizzera, fuga che non riesce a portare a • termine e che finisce con il suo dirigersi verso Reggio Emilia, dove 10 aspettano alcuni suoi conterranei e dove viene impiegato come supplente in una scuola media.
Dopo qualche tempo si ammala di tisi e viene ricoverato presso l'ospedale di
Scandiano dove fa la conoscenza dei primario, il dottor Biancheri, ~'uomo che veniva
da una famiglia di tradizioni umanistiche, di grande cultura. Possedeva una biblioteca
straordinaria, importantissima, che aveva disposto, per proteggerla dai pericoli della
guerra, nello scantinato dell'ospedale. (...)E da Biancheri ottenni la chiave della
scantinato. Fu per me un'esperienza unica. Potevo recarmi a guardare questi libri, a
prendeme qualcuno. Fu li che trovai e lessi Proust, in francese, per la prima volta."
(Angeloni, 1990).
6 Ibidem. Pag. 63. • 7 Gesualdo Bufalino. Palermo: SeUerio, 1981. ... 5 ... Questo periodo diventa fondamentale nella formazione dello scrittore, il quale si • appassiona alropera e soprattutto allo stile di Proust, che diventa in un certo sense l'ispiratore di un atteggiamento artistico in cui il ruolo della memoria è indispensabile.
Il primo incontro con la Recherche ispirerà in seguito un altro articolo di Cere perse in
cui appunto 10 scrittore ci descrive le sue sensazioni durante questa prima lettura di
Proust:
<4Mentre con Proust... ecco con Proust è una storia lun~ a partire da! 000 primo încontto. di cui ricone in questi giomi il mio privato anniversario. (...) Quarant'anni infatti sono ttaseorsi da quando 10 lessi per la prima vol~ senza un soccorso di filoJogi~ come uno che si butta in acqua senza saper nuotale. (...) ln seguito a un benefico scossone, un tomo delle Jeunes filles en fleur, mi precipito tra le mani. entrandomi poco più tardi nel cuore~ alla Juce di una stearica da comodino, per toua una notte di poco sonno e di tiepida febbre. (...) La seconda e le successive letture non valsero molto a modificare l'iniziaJe condizionc di reciproca confidelml e abbandono amoroso. Come se Proust fosse un infallibile~ un inalienabilc ectoplasma di me; un neOlico. magarL ma tante incarnato dentro di me da non potennene più districare~ un verme solitario nelle mie viscere, un immortale ragno nella mia mente. Una tenia un ragno. Non mi venivano ne mi vengono in mente altte figure zoomorfiche, pensando a Proust. (Mi ha insegoato) la sapienza e la pazienza di sposare insieme due sentimenti che più lon1ani non potrebbcro immaginarsi: la tenerezza voluttuosa e sfuggente deU'attimo inimitabile e 10 strazio originario della ripetizione, della proliferazione iterativa, dei rigurgito maledetto degli anni. (...) Queste. e moite altre, sono le notizie che m'arrivano per bocca di Proust. questa è la parte che • gli compete nel nostro patto di tacita complicilà ,,8
Queste righe sembrano avere il gusto aneddotico per il particolare, per la storia
personale, ma il vero scopo della citazione è un altro: soprattutto più avanti nel corso
della trattazione ci serviranno a tracciare un fondamentale parallelo tra 10 scrittore
francese e quelle siciliano, stabilendo i legami che li uniscono indissolubilmente in
questo dialogo immaginario.
Nel maggio deI 1946 Bufalino riesce ad ottenere il trasferimento in un sanatorio in
Sicilia, tra Palermo e Monreale, luogo che diverrà 10 sfondo di Diceria dell'untore e
che rappresenta per 10 scrittore il microcosmo per eccellenza. È qui infatti che avrà
• 8 Gesualdo BufaJino. Cere perse, Palermo: Sellerio. "La diagonale". 1985. Pag. 81. -6- occasione di incontrare moite delle figure che trasformerà poi nei personaggl • caratterizzati e dotati di spessore psicologico tipico della sua narrativa. Durante il mese di febbraio dell'anno successive viene considerato guarito e le
dimissioni seguono di li a poco. Una volta abbandonato il sanatorio rientra a Modica e
dopo pochissimo tempo ottiene la Laurea presentando una tesi scritta a braccio
durante la degenza con l'apporto di pochi testi.
'~on ricordo esattamente il titolo. Più 0 mena era: La riscoperta dell'antico e gli studi
di archeologia in Italia nel xvm secolo. 0 forse: Le origini dei neoclassicismo e gli
studi ecc. come sopra." (Notizie epist.)
L'anno seguente ottiene un posto di insegnante di italiano e storia ail'Istituo • Magistrale di Modica dopa aver vinto il concorso di 5tato. In questo periodo comincia a dedicarsi ail'abbozzo di una trama che pero rimane solo un tentativo non portato a
termine per quel momento. Preferisce invece spostare la sua attenzione alla traduzione
e intraprende una serie di lavori su Les fleurs du mal di Baudelaire e Les controrimes
di Toulet.
Net 1951 viene trasferito a Vittoria dove insegnerà aile Magistrali per futuri
venticinque anni.
Durante questo periodo si concede numerosi viaggi, in Italia e ail'estero, organizza
proiezioni per cineclub, legge moltissimo e riprende in mano le bozze di quella che
diventerà nel 1971 la prima versione di Diceria. • -7- Questa prima stesura non accontenta Bufalino, il quale rivede il testa e 10 modifica • continuamente in un costante [aboT limae che occupa gran parte dei suo tempo. Solo dieci anni dopo il romanzo sarà pubblicato nella sua versione definitiva.
Nel 1976 organizza un mostra dopo aver scoperto una serie di fotografie d'epoca
scattate a cavallo tra l'Otto e il Novecento da due nobili siciliani appassionati dei
genere. Scrive un'introduzione al volume che accompagna la mostra e che viene
pubblicato da Sellerio con il titolo Comiso ieri. /mmagini di vita signorile e rurale.
Questa occasione (dei tutto fortuita) fa si che la sua scrittura venga notata da Elvira
Sellerio, e soprattutto da Leonardo Sciascia, il quale contatta Bufalino stupendosi che
l'autore di quella premessa non avesse anche un romanzo nascosto nel cassetto.
Gesualdo propane invece la traduzione di Toulet che aveva completato in passato, e
successivamente cura la versione italiana di Susanna ~ il Pacifico di Giraudoux e • L'amor geloso di Madame de la Fayette.
Finalmente nel 1981, dopa la lunga insistenza dell'editrice Elvira Sellerio si lascia
convincere a pubblicare l'opera che 10 porterà al successo letterario. Diceria
dell'untore vince 10 stesso anno il Premio Campiello e sancisce la sua improvvisa e
quantomeno inusuale entrata nel panorama culturale italiano degli anni '80.
L'anno successive si unisce in "prudentissime nozze (premeditate per quasi un quarto
di secolo)" con Giovanna Leggio, sua ex-allieva, con cui scrive un libretto augurale da
regalare agli invitati il giorno della cerimonia che verrà poi pubblicato ufficialmente • nel 1989 presso Bompiani con il titolo Il matrimonio illustrato. -8 .. Il periodo che segue la clamorosa apparizione dei romanzo più famoso è • contrassegnato da lavori che vengono accolti dalla critica con qualche riserv~ anche se il pubblico dimostra un'attenzione particolare per 10 scrittore siciliano, il quale dà
9 aile stampe alcuni volumi, tra cui quelle di poesie giovanili, L'amaro miele , Museo
ll d'ombrelo e Dizionario dei personaggi di romanzo .
Argo il cieco, edito nell'84 non ha 10 spessore e l'intensità emotiva della prima opera
ma, rievocando le atmosfere giovanili e le vicende che si riferiscono agli anni ' 50,
risulta spassoso e descrive con acume e finezza la temperie sociale e culturale di
un'epoca. Infatti l'anno successivo vince il Premio Boccaccio e il Premio Lombardi
Satirani.
Seguono Cere perse12 e l'originalissima raccolta di racconti che hanno come
protagonisti i personaggi noti e meno noti che hanno popolato le pagine (enerarie, i
13 • film e l'immaginario dei pubblico nel Novecento, L'uomo invaso , che si aggiudiea il Premio Scanno e il Premio Racalmare.
Il malpensantel4 appare invece nell'87, seguito da La luce ~ il luttolS Saline di
16 Sicilia , e Le menzogne della notte,'7 opere che eolpiscono anch'esse l'interesse della
critiea e ottengono vari premi.
Net 1989 un suo atto unico viene messe in seena al Teatro stabile di Catania, intitolato
La panehina e tratto dall'omonimo racconto apparso qualche anno prima, ottiene un
9 Gesualdo Bufalino, Torino: Einaudi, 1982. 10 Gesualdo Bufalino, Palenno: Sellerio, 1982. Il Gesualdo BufaIino, Milano: DSaggiatore, 1982. 12 Gesualdo BufaIino, PaIenno: Sellerio, 1985. 13 Gesualdo BufaIino, Milano: Bompiani:1986. 14 Gesualdo BufaIino, Milano: Bompiani, 1987. 1S Gesualdo Bufalino, PaIenno: SeUerio, 1988. 16 Gesualdo BufaIino, PaIenno: Sellerio, 1988. • 17 Gesualdo Bufalino, Milano: Bompiani, 1988. -9- discreto successo ma rimane l'unico tentativo di Bufalino di cimentarsi collinguaggio • teatrale. Gli anni novanta si aprono con l'apparizione di un volume che raccoglie saggi di
critica letteraria già precedentemente apparsi su giornali e riviste. Si intitola Saldi
d'autunno 18 e rappresenta un modo davvero creativo di concepire una disciplina che a
volte 10 è ben poco. Si aggiudica infatti il Premio Nina Martoglio.
Viene inoltre tratto un film da Diceria che conserva il titolo e appare sugli schermi nel
giugno dei '90 perla regia di Beppe Cino, con Franco Nera, Fernando Rey, Lucrezia
Lante della Rovere e Vanessa Redgrave.
Bufalino inoltre scrive un romanzo giallo, genere a1quanto inconsueto se 10 si
paragona al suo consueto modo di serivere, curatissima nella forma e quasi più
interessato a questa che non alla realtà fattuale in sé e per sé. Oui pro quo viene • pubblicato nel '91 da Bompiani e sarà seguito più tardi, nel '96 presso la stessa casa editrice, dal seconda tentativo poliziesco, Tommaso ~ il fotografo cieco che sarà anche
l'ultima opera da lui pubblicata.
Nel 1993 Bufalino si diverte a reinventare e a rielaborare la materia epica di un poema
cavalleresco e dà alle stampe Il Guernn meschino,19 opera che verrà seguita dalla
raccolta della corrispondenza giovanile con Angelo Romano, Carteggio di gioventù.1o
Le primissime liriche che Bufalino aveva scritto durante il suo apprendistato di
scrittore vengono pubblicate l'anno seguente col titolo 1languori ~ le furie. Ouademi
18 Gesualdo Bufalino, Milano: Bompiani, 1990. 19 Gesualdo Bufalino, Milano: Bompi~ 1993. • 20 Nunzio zago, a cura di, Palermo: Il Girasole, 1994. - 10- di scuola (1935-1938)21, oltre agli scritti di varia natura che Bufalino ama chiamare
22 • IIsicilianerie" de Il fiele ibleo .
Queste, a grandi linee, le vicende e le pubblicazioni che hanno contrassegnato
l'esistenza della scrittore siciliano, il quale si è sempre dimostrato disponibile ad
interviste e collaborazioni di vario genere, tino ad approdare ail'avventura
cinematografica che l'ha visto coinvolto come consulente della versione
cinematografica di Diceria.
La sua grande cultura e la sua continua apertura verso altre discipline, diverse dalla
letteratura, come musica, cinema e fotografia, gJi hanno permesso di aggiungere alla
sua già poliedrica scrittura apporti provenienti da campi disparati.
Il suo interesse per il teatro, soprattutto di Pirandello, ha probabilmente contribuito a • conferire alla sua arte la capacità di presentare i suoi personaggi-alter ego in maniera che il lettore ne possa percepire 10 spessore psicologico. Cio avviene grazie ad effetti
stilistici e particolari tournures, oltre che ad inaspettate uscite di scena e riuscitissime
chiusure di sipario.
Sipario che si chiude per Gesualdo Bufalino il 14 giugno 1996 a causa di un tragico
incidente automobilistico sun'autostrada Comiso-Vittoria, nella sua amata,
tonnentata, voluttuosa Sicilia.
21 Gesualdo Bufalino, Catania: Il Girasole, 1995. • 22 Gesualdo Bufalino, Cava dei Tirreni: Avagliano, 1995. - II - • 1.2: ''f)iceria dell'untore": poesia d'Amore e Morle
"Per questo forse m'em stato concesso l'esonero; per questo io solo m'em salvato, e nesson altro. dalla falcidia: per rendere testimoni~ se non delazion~ d'una retorica e d'una pietà. Benché sapessi già aIIora che avrei preferito stannene zitto e portarmi lungo g1i anni la mia diceria al sicuro sotto la Iin~ come un 00010 di riserva. con cui pagare il barcaiolo il giorno in cui mi rossi sentito. in seguito ad altra e mena remissibile scelta 0 clùamata.. suUe soglie della notte. "23
Come giustificare l'insolita decisione di iniziare un percorso critico partendo proprio
dalla eonc1usione dell'opera? Per quali motivi intraprendere l'analisi di un testa
isolando prima d'ogni altra cosa le righe che ne segnano la fine?
Innanzitutto perché, dopo un'attenta lettura dell'opera, ci si rende immediatamente
conto che la vera protagonista della narrazione è la fine, la conelusione della vita
umana, la morte.
Nello svolgersi dell'intreccio l'incombente e eostante presenza di questa tematica
• diventa il fulcro attorno al quale gravitano gli altri argomenti dei resoconto
magistralmente seritto dal personaggio-autore Gesualdo Bufalino.
Quest'ultimo ricopre, di conseguenza, un ruolo che apparentemente sembra essere
primario ma che in realtà perde la propria importanza nel momento in cui ci si accorge
che l'intero romanzo è segnato dalla lotta per la sopravvivenza.
L'attenzione dei lettore viene quindi intenzionalmente spostata ad un "Iivello
superiore": gli avvenimenti, le caratteristiche dei personaggi 0 10 sfondo in cui sono
situati non costituiscono più il centro dei racconto; sembra che il vero messaggio
dell'opera sia piuttosto affidato ad alcuni terni che si intrecciano continuamente fino a
formare, in sostanza, la vera trama dell'opera. Primo fra questi, come si è già detto, • quelle legato alla morte. - 12- Gesualdo, come gli altri personaggi dei resto, diventa in quest'ottica un mezzo, une • spettatore di se stesso, un filtro attraverso gli occhi dei quale al lettore è dato di percepire una realtà per moiti versi cruda e difficile da accettare.
Ferito durante la Seconda Guerra Mondiale, l'io narrante si trova a lottare con la
malattia in un sanatorio situato vicino a Palermo, "la Rocca", condividendo la sorte di
degenti moralmente vinti in un ambiente che trasuda disperazione e agonia.
Affidati aile cure dei direttore, il "medico-filosofo" Mariano Grifeo Cardona di
Canicarao ("cosi, senza economizzare una sillaba, usava firmarsi il dottore .... anche
se nessuno di tanti titoli gli era poi utile a nulla, per una furberia delle cose, essendo
che, a memoria d'uomo, 10 avevano sempre chiamato il Gran Magro...24 ) i pazienti
attendono con rassegnazione il momento terminale di un'esistenza minata dai germi
dei male. • E proprio questo destino comune sembra essere illegame più forte che Ii unisce in una sorta di comprensiva fratellanza: l'immagine dantesca di un manipolo di anime
accomunate dalla stessa condanna e dalla stessa pena da scontare è molto efficace e
costituisce 10 scenario in cui si svolge il dramma di Gesualdo.
Tra le numerose comparse spicca la figura di Marta, ex ballerina irrimediabilmente
malata, di cui il protagonista si innamora e con cui condividerà l'avventura di una
rocambolesca fuga conclusa dalla morte della donna.
La narrazione si conc1ude con il ritomo alla vita deIl'autore che lascia il sanatorio,
dopo essere stato testimone della scomparsa di moiti compagni, incluso il Gran
Magro, suo rivale in amore ma anche sincero arnico.
Questi, a grandissime linee, gli avvenimenti lIestemÎ" narrati nel romanzo.
• !3 Gesualdo Bufalino, Diccri3 dell'untore, Ed. Bompiani (VII edizione), Bergamo, luglio 1997. Pag. 133. - 13 - 1 fatti raccontati sono stati definiti "estemi" con il preciso intento di sottolineare la • ditTerenza che intercorre tra questi e quelli che, per opposizione, definiremo "intemi". Con quest'ultimo termine si fa riferimento alla materia che costituisce l'epicentro
della narrazione.
Questa è da ricercarsi, come ho già detto, nel ripetersi di alcune tematiche
fondamentali, di cui parleremo più approfonditamente in seguito, che ridurremo per il
momento a: amore, morte e molo della letteratura.
La dicotomia tra le due dimensioni, interna ed esterna, è accentuata dal fatto che le
coordinate spaziali e temporali, anche se precise, non fanno altro che creare un mondo
isolato dalla realtà, un universo chiuso che sfugge al tempo e allo spazio per
raggiungere un significato simbolico.
Lo scopo di Bufalino è quelle di sottrarre la vicenda autobiografica ai riferimenti reali • per comunicare un messaggio universale: la sofferenza umana, il viaggio verso una salvezza insperata, la strenua lotta contro una morte che si manifesta in ogni momento
nelle sue espressioni più agghiaccianti.
Quando il dolore fisico e soprattutto quello psicologico dato dalla cenezza di dover
soccombere diventano insostenibili, morire diventa sinonimo di liberazione, di
meritato riposo dopa una lunga guerra persa in partenza.
Con questo radicato sense di oppressione si manifesta la presenza della morte:
"Cosi non c'era giorno 0 none, alla Rocca ch'eUa non m'alitasse accanto la sua versatile cd ubiqua
prese~ ch'io non ne intravedessi, in una striscia di luee 0 in un mucchietto di polverc. le imbcllettale
fanezze. ora d'angelo, ora di sgherra. Lei era la meridiana che disegnava sul soffitto delle mie insonnic
le pantomime dei desiderio; lei, la tagliuola che mi mordcva il calcagno; il mare di foglie che il sole
• 24 Ibidem. Pag. Il - 14- ttarnula in brulichio di marenglù; le~ la buca d'obice. l'in pace. le quauro mura di ventre dove nessuno • mïcerca."25 E ancora:
~Lettore. li è mai capilato. stando in piedi sulla scala mobile di una Rînasœnte. di vedere i gradini che li sepanmo dalla piattaforma d'arrivo inesorabilmente assottigliarsi. e uno dopo l'altro nellora guscio sparïre?"26
La costante vicinanza alla fine, ovviamente, stravolge la visione che Gesualdo ha
dell'esistenza; i ricordi legati alla gioventù, agli amori, sembrano appartenere a
un'altra vita, ad un'altra dimensione primordiale in cui 10 stato delle cose obbediva ad
un ordine naturale.
Come un moderno Orfeo, Gesualdo intraprende questo viaggio infernale per arrivare
alla salvezza e per questo deve pagare il prezzo che la sorte gli impone: perdere
Marta-Euridice, la donna di cui si era profondamente e sinceramente innamorato.
"Ed ara che le viole degli occhi e i cavemosi oracoli della tosse annunziavano in Ici prossimo 10 sfacimento finale. mentre a me era dato in sorte sottrannene. fuggendo per una feritoia sottile quanto un • capello. ora io capivo che il prezzo da pagare era questo: lasciare dietro di me. dopo essenni solo voltato un momento. ogni insaIvabile ombra. Sesta. Marta Euridice. 0 come di3volo si chiamava... "27
La figura di Marta è indissolubilmente legata alla tematica dell'amore: questo
sentimento è vissuto dal protagonista come una possibile via di fuga dall'inevitabile
stato d'alienazione che minaccia gli ospiti della Rocca.
La relazione che nasce tra i due è descritta come un disperato tentativo di aggrapparsi
alla vita, un ultimo fatale ballo prima che il sipario si chiuda per sempre.
La storia d'amore che ne risulta è vissuta dai due personaggi in modo diametralmente
opposto: se il protagonista ha in sé 10 slancio e la voglia di continuare a dare una
25 Ibidem. Pag. 9. 26 Ibidem. Pag. 102. • 27 Ibidem. Pag. 109. - 15 - parvenza di normalità ai giomi che restano da vivere, non si pu6 dire 10 stesso per • l'ormai rassegnata Marta. "Morire~ Dio mio~ andannene. Senza più estati né balli d'estate. E dei passi dietro la pona dei camerino, dei buché, dei baci~ dei segreti che solo io so, più mente, più niente... Scusami, è quella canzone di poco fa: un signore che non conosco ancora mi prenderâ rra le braccia, una sera.. Parole che per me non vogliono dire più nulla, oppure significano un signore vestito di nero.."28
L'atteggiamento di rinuncia della donna è giustificato dal suo essersi arresa di fronte
all'inevitabilità dei destine; la da~ gli amori e i corteggiamenti erano gli elementi
principali di un passato che si scontra bruscamente con la situazione opposta.
Fisicamente incapace di riprodurre quei movimenti, isolata in un ospedale,
psicologicamente abbattuta e rassegnata, Marta non pua che soccombere alla malattia
accettando passivamente la corte di Gesualdo.
"Per questo, disse Marta. sono venuta con te stasera Volevo andannene daI mondo col ricordo di una carezza giovane addosso. dope tante carezze di vecchio. "29 • Gesualdo invece, dal canto suc, sente un profondo bisogno di interrompere l'isolamento che 10 sovrasta e la allontana dal mondo "normale" abbandonandosi ad
un sentimento che gli permetta di tomare a sognare e a sperare.
"Sorrise, e io sorrisi con lei. fui preso da un trasporto d'intrepido, fulmineo amore per Ici. tante che per poco non mi inginocchiai sulla pedana da ballo, per ringraziarla di quella vaghezza d'arabesco e di faJsetto"JO
ln questo senso la fuga non è altro che il tentativo, fallito in partenza, di tomare a
vivere "come la gente là fuori" dimenticando l'oppressiva atmosfera dei sanatorio:
"Non mi importava più della Rocca, dei miei pietosi compagni, ognuno col capo sul ceppo. in atte~t131
28 Ibidem. Pag. 87. 29 Ibidem. Pag. 86. 3.Q Ibidem. Pag. 64. • li Ibidem. Pag. 86. ... 16 ... Come abbiamo visto Bufalino usa il binomio AmoreIMorte per sviluppare poi una • serie di considerazioni (spesso celate sotto le vesti dei pensieri dei protagonista) che ci sembrano isolate e non connesse tra loro ma che in realtà 10 sono, eccome.
Si stabilisee un dialogo ideale tra chi scrive e chi legge, una salta di tacita complicità
che si crea nel momento in cui il primo si confessa col secondo, 10 rende partecipe
della sua tragica situazione; l'eroe non è più casa isolato ma simbolo di una sotTerenza
comune a tutta l'umanità.
"'E inutilmente il cuore, il quaJe possiede non mena che la vista. un suo prezioso potere di accomodo. s'atTannava a ripetenni ch'ero stato io a sceglierlo, quel male, per pulire superbamentc col mio sangue il sangue che sporcava le cose. e guarire. immolandomi in cambio di tutti. il disordine dei mondo. "32
Il Secondo Conflitto Mondiale. che apparentemente serve solo da sfondo alla storia,
diventa la sfogo della malattia psicologica dell'uomo modemo, è la crisi per cui tutti i • valori sono messi in discussione e gli istinti più bassi tristemente rappresentati. L'odio razziale e le tremende carneficine che ne sono risultate sono simboleggiate
nella trama dalla tragica relazione tra Marta e il generale tedesco ucciso davanti ai
suoi occhi.
Nel cercare i motivi per cui il destino ha puntato il dito proprio su di lui, Gesualdo
matura la convinzione che la malattia sia una "vanitosa imitazione di Cristo", un modo
di salvare l'umanità seguendo l'insegnamento cristiano.
Contrariamente a quelle che ci si aspetterebbe, ci troviamo di fronte a un messaggio
che definirei assolutamente ottimista.
Al protagonista, e a11'umanità intera, è data la possibilità di guarire. La sofferenza è • quindi una tappa necessaria per conquistare la salvezza. Si possono rivedere i bagliori - 17- di una vita nuova solo dopo un buio che ci renda capaci di capire cosa veramente sia • la luce. Come nel romanzo di Melville Moby Dick, nella lirica di Coleridge~ The Rime ofthe
Ancient Mariner 0 addirittura nella Divina Commedia di Dante~ chi sopravvive ha una
missione e un compito ben precisa: rendersi testimone~ raccontare il viaggio e
tramandare i valori acquisiti durante la tremenda prova.
A questo punta è necessario prendere in considerazione la terza delle tematiche
innanzi citate: la letteratura.
Cosa significa narrare la propria stori~ una storia di agoni~ disperazione e rinascita?
Significa salvarsi e allo stesso tempo dare la stessa possibilità agli altri~ ai propri ideali
interlocutori.
Questo è possibile solo servendosi di una delle espressioni artistiche più alte che • caratterizzano ['umanità: proprio la letteratur~ l'arte di raccontarsi che l'uomo ha acquisito nei secoli.
La forma diaristica che Bufalino adotta puo essere considerata senza aleun dubbio una
riuscita scelta e un'ulteriore prova di abilità letteraria; l'io si racconta e si apre con
un'indicibile naturalezza conferendo un etfetto calcolato ma allo stesso tempo molto
naturale: chi parla sembra ricercare nel lettore una sorta di comprensione e di
appoggio.
Il "noviziato indimenticabile nel reame delle ombre'~ crea la fonte da cui sgorga
un'arte didattica ma mai saccente e distaccata. In questo sense la letteratura è l'unico
mezzo per esprimere un'incrollabile fiducia nella parol~ in questo caso scritta.
• 32 Ibidem. Pag. 9. - 18- A questo proposito è impossibile non notare la ricercatezza dei termini~ la liricità di un • teste che spesse volte scontina dal genere letterario a cui appartiene per diventare prosa lirica.
"Cosi suUe soglie deU' improrogabile epilogo~ il mio spirito dubilava. in altalena tra delusione e speranza, senza che mai cessasse di considerare. nel medesimo tempo. la guarigione una caduta e la mone uno scandalo."n
Come definire queste righe? Versi in pros~ accettando l'espressione.
Sfogliando le pagine di quest'oper~ si ha l'impressione che l'autore abbia operato una
sintesi attingendo da ogni forma d'arte.
[ personaggi traggono dal teatro la lare carica espressiva; l'intero romanzo è pervaso
da una musicalità seducente che ci ricorda la melodia della grande orchestr~ in cui
ogni singolo strumento ha una funzione ben precisa: i passaggi descrittivi hanno la
vividezza e la precisione dei dipinti:
"Inlanto l'aria benché il giorno volgesse alla fine. appariva ancora tutta stordila di luce. Non solo • quella dei sole. di cui durava all'occidente. al centro di Ulla schiwna di vapori. rra braci già di ceneri.. "34
Concludendo la presentazione dei primo romanzo. quello che ha in un certo sense
catapultato Bufalino sulla scena letterari~ possiamo affermare che in questo caso il
pensiero e la personalità di un uomo che ha vissuto il doppio dramma della guerra e
della malattia, hanno trovato forma in una narrazione che coniuga perfettarnente
aspetti biografici e letteratura.
Non solo la testimonianza che ci viene offerta rinuncia ad assumere toni didattici 0
autocommiserativi. ma si espande in un costante gioco di rinvii e rimandi ad altre
opere letterarie 0 ad altre forme culturali.
33 Ibidem. Pag. 13 1. • 34 Ibidem. Pag. 108. • 19- Ne fuoriesce inoltre una viva testimonianza per quelle che riguarda il sentimento di • sfiducia e di sotTerenza psicologica che ha colpito chi ha partecipato alla Seconda Guerra Mondiale.
In questo 10 scrittore siciliano si fa interprete di una corrente di ben più ampio respiro
che focalizza l'attenzione proprio sulla crisi dell'individuo nella società
contemporanea.
Aggiunge pero a questo atteggiamento di sfiducia un tonD sarcastico e a volte quasi
conzonatorio nei conftonti della divinità, affidando alla letteratura e al suo ruolo
salvifico l'unica chance di rivalsa.
Si è sceho di dedicare più spazio e di analizzare nel particolare questo romanzo sia
perché costituisce l'opera prima e più conosciuta di Bufalino, sia soprattutto perché • riassume in sé tutte le tematiche e le strutture che soggiaciono alla sua poliedrica arte. Il valore di questo capolavoro è racchiuso in queste poche parole che 10 scrittore
siciliano ci ha lasciato parlando dell'opera di tutt'una vita:
"Un'umile ambizione: coniugare ravola e memoria e insinuare sotto le più preziosc maschere della maniera qualche lremito di strazio e una remota dimenticata pietà"3S
• 35 Gesualdo Bufalino, Guida-indice dei terni, Pubblicata nello stesso volume "Diceria dell'untore". - 20- • CAPITOLon
D. t: LaMemoria e Proust
La poetica di Gesualdo Bufalino si fonda su un punto fondamentale di CUI ci
occuperemo in maniera approfondita in questo capitolo: la memoria. È questo un
aspetto che 10 scrittore prende costantemente in considerazione e che utilizza per
portare in primo piano le vicende che costituiscono la struttura della narrazione.
Per esemplificare e comprendere come la tematica della memoria venga utilizzata
dallo scrittore siciliano in letteratura, ci selViremo dei romanzo che più di ogni altro si
serve della dimensione legata al ricordo, Argo il cieco. ovvero i sogni della memoria.
ln questa sua opera confluiscono i ricordi di gioventù, gli anni trascorsi insegnando • all'Istituto Magistrale di Modica dopo la guarigione e l'abbandono dei sanatorio. Bufalino rivive e rievoca queste circostanze proprio tramite l'aiuto della memoria e se
ne serve per raccontare una storia dai toni allegri e spensierati tipici della gioventù, ma
che sanno diventare più seri e riflessivi nei ragionamenti che interrompono e
delucidano l'intreccio.
Riteniamo pertanto utile sofi'ermarci su questo romanzo e spiegare nei dettagli quelle
che è il meccanismo narrativo su cui si basa e la forma che è stata utilizzata per
esprimere questa matena.
Innanzitutto Argo il cieco si apre con una sorta di introduzione che Bufalino ha • intitolato LOCANDINA DELLE JNTENZIONI: - 21 - "Perduta per ûmidel2a l'occasione di mo~ uno scrittorc infelice decide di curarsi scrivendo un Iibro felice. Ne chiede l'argomento, seconda l'uso, ai cento occhi della memoria e ai soUuccheri di gioventù. • Sennonché, più i1racconto va avanti, e si tnlcca di fiabe, e formicola di Iwnînari, più lascia varchi fia le righe al 5Offio dei oem presente. Non resta allo scrittore che differirc sine die la salute. pago d'aver cavalo dal1'avventura qualchc momentanea lusinga ad amare l'inverosimile vita... Partire da questa ipotesi. Poi si vedrà che succede."
Il preambolo al romanzo introduce il lettore ad una dimensione che è già situata
temporalmente, la giovinezza di chi scrive, e soprattutto 10 informa di quello che
vuole essere 10 scopo della narrazione, ovviamente utilizzando l'artificio letterario
dello scrittore fittizio che a sua volta narra di sé e delle sue esperienze grazie alla
memoria.
C'è quindi un doppio piano dell'intreccio, il primo quello semplice e praticamente
inesistente, di une scrittore che si trova in una stanza d'albergo a Roma e, malato
gravemente (si suppone leggendo tra le righe), scrive un romanzo a scopo, diciamo • cosi., terapeutico. Il secondo, quelle più composito e interessante, si basa effettivamente sulle scene che
l'autore ha vissuto nell'estate dei '51, quando, uscito dal sanatorio, lavorava in un
istituto magistrale e frequentava le feste e i divertimenti di Modica.
È 10 stesso Bufalino che ce 10 dice aprendo il romanzo, anzi la storia che 10 scrittore
sta cercando di comporre per guarirsi:
"Fui giovane e felice un'estate, nel cinquantuno. Né prima né dopa: queU'estatc. (...) Ero sui trent'anni. allora, uno più uno meno; e, per un motivo che 50 io, non avevo mai avuto vent'anni. Li ebbi allora ail'impcnsala in regalo da queU'estate, dopotutto m'erano dovuti. "36
• 36 Gesualdo Bufatino, op. cil, pag.31. Per il lettore che conosce le vicende personali dell'autore è chiaro che fa riferimento • in questo casa alla guerra e alla malattia che gli hanno impedito di vivere la spensieratezza dei vent'anni.
Quindi il racconto è effettivamente attribuibile alla memoria personale di Bufalino~
ma poco conta visto che è lui stesso, 0 meglio 10 scrittore-protagonista, a confessare la
propria attitudine per la menzogna, la fiaba, la digressione inventata.
Chi parla continua a interrompere l'intreccio per informare il lettore delle sue
intenzioni e dei processo che sta mettendo in atto:
.~ Al tempo, dove sto andando? La favola mi scappa via dalle mani, la memoria mi fa da bufJona dietro le spaIle. (...) Dunque~ leltore, lasciami camminare cost spingendo avanti il mio corpo a caso. questo juke-box di ricordi progranunato a disubbidire. E non aspettarti da me mente che somigli a qualunque lettura li sia mai piaciuta rlOOra. Niente romanzo violine 0 piffero. fronola di Tusitala specchio portalo a spasso per il Corso; mente romanzo pipatad'ofpio. menzogna bella. annunciazione deU'angelo. solitario di Sant'Elena foglia • lieve di SibiUa..... 3 Il continuo rivolgersi al lettore aumenta l'effetto di veridicità dell'espediente letterario
per cui chi scrive è solo e scrive per guarirsi~ sembra quasi che 10 scrivente si indirizzi
a chi ascolta per cercare un ideale aiuto.
Ed è in questo modo, ricordando e inventando allo stesso tempo, che si crea un
universo parallelo a quelle reale in cui il protagonista trova sollievo e si rivolge
all'arte per trovare rimedio ad una situazione negativa. Tutto cio sempre chiarendo e
precisando le intenzioni e i risvolti che si aggiungono all'iniziale progetto di riportare
in vita i ricordi personali per sconfiggere la tentazione dei suicidio:
37 Paola Gaglianone. Luciano Tas. intervista a cura di. Conversazione con Gesualdo Bufalino, Roma: • Omicron Casa Editrice, giugno 1996, pag.45. - 23- "No, ma il segreto di un re pagliaccio sussunalo aile canne d'un fosso, il dialogo di un fisico e di un metafisico arbitralo da un patafisico... un'im~ insomma, una bagatella comica. che faccia velo tI3 me e quella tentaziooe aotita che sai; e mi svogli l'anima daJl'arcinero, dalI'arcizero. daU'arciniente; e mi dissuada la falita di taglianni i polsi. debolmente, ogni quattro mesi... • chiamala sceneggiata. chiamala come vuoi. purché sappia fanni vece di vita. L'arte alto, che oe o pensi?"38
Si attua quindi un processo di salvazione da parte della letteratura, che diviene sfogo e
antidoto allo stesso tempo; il riportare alla luce e abbellire i ricordi, trasponendoli in
scrittura è un meccanismo ben scelto e portato avanti con grande maestria, in
particolar modo poiché fornisce un pretesto valido e fondatamente motivato per
pariare di un periodo felice.
La storia infatti~ come 10 scrittore ci informa, è una storia di giovani, in un paese della
provincia siciliana, Modica, in cui si respira l'atmosfera spensierata dei
corteggiamenti e dei balli.
Chi parla è un insegnante, si chiama Gesualdo~ ovviamente con riferimenti • autobiografici, innamorato ma non corrisposto da Maria Venera:
"Ora io non pennettero a nessun sapientone di Francia di veninni a dire che non si è felici a vent'anni. per tardivi e posticci che siaoo. Anche se si élIl13. e non ci éll1a una bnma da) viso d'oliva. daI corpo di serpenteUo. con la voce che fa glu glu nelle canne della gala; anche se lei non ha che disprezzi per il miope bleso poeta e riserva il lampa degli occhi solamente alla concorrenza. ,,39
Come vediamo~ il sapore di queste righe è tipicamente siciliano: il gioco di sguardi è
una delle tematiche legate al corteggiamento che occupa moita della produzione
isolana, (tomeremo infatti su questa particolarità più avanti nef corso della
trattazione).
38 Ibidem, pag.46. • 39 Ibidem. pag.32. - 24- Il protagonista aiuta la ragazza dandole ripetizioni anche se lei non ricambia i • sentimenti che lui nutre per lei~ tutt'altro: scappa improvvisamente destando grande scandalo nella cittadin~ con Liborio Galfo, un ragazzotto dalle dubbie capacità
amatorie secondo le dicerie di paese.
Questo accaduto getta nello sconforto il nonno di lei, don Alvise Salibba, che si
prende cura di Maria Venera dopo la morte di entrambi i genitori.
Don A1vise è un personaggio singolare e riuscito, incarna il modello dei vecchio
nobiluomo siciliano:
"'A1vise era il nonno, andava verso i novanta. Uno splendore d'uomo, era stato, e in qualche modo 10 era ancora. Della stravaganza dei nome dava allegramente la colpa a un remoto viaggio di miele a Vene~ dwante il quale sua madre avrebbe barattato W13 nette il marito, sconfitto da un reuma. con un Alvise gondoliere dagli acchi celesti; ripetendone dopo nove mesi l'anagrafe per riconoscenza e memoria... Una deUe tante fandonie di divenente cinismo con cui il vecchio amava allocchire i passanti. • seduto sulla seggiolina pieghevole che si portava appresso sottobraccio. ,,40 Il romanzo si popola di queste figure che 10 rendono molto scorrevole alla lettura e
che contribuiscono a ricreare una dimensione provinciale circoscritta e caratteristica
della Sicilia, sempre filtrata dalla memoria personale dello scrittore.
laccarino, arnico fidato dei protagonista, condivide con lui il piacere della lettur~
degli scacchi, delle lunghe passeggiate e delle dissertazioni filosofiche che intavolano
non appena se ne intravede l'occasione.
Maria Venera dunque compie una notte quella che nel gergo siciliano viene chiamata
lafuitina, cioè l'improvvisa fuga con l'innamorato a cui solo un matrimonio riparatore
pua portare rimedio.
• 40 Ibidem, pag.40. - 25- II disonore è talrnente grande che Alvise si precipita nella pensione in cui a1loggia il • giovane insegnante, arnico di famiglia, il quale insieme a Iaccarino intenta un rocambolesco inseguimento con tante di incidente stradale, contusioni e finale
ritrovamento dei due in una camera d'albergo:
"Urgeva ora inseguirli, evitare 10 scandalo. salvare (benché lui dubitava con un Giufà come queUo) una famosa verginità. 10, ascoltando. una caJdana di gelosia m'aveva preso aile gote. ,,41
Cosi gli avvenimenti si susseguono, Maria Venera abortisce (in modo naturale
cadendo dalle scale dopo aver progettato l'intervento di un'ostetrica con Gesualdo)
dopo avergli confessato di essere innamorata di un suo cugino, Sasà Trubia, il quale
non vuole prendersi alcuna responsabilità. • La ragazza aveva simulato la fuga con un altro per riparare al guaio: ·'Galfo. che dice?" Chiesi accettando con disciplina ('uflicio di confidente. "Galfo sa lutto. è stato il solo a sapere. e m'ha proposto subito di scappare insieme e sposarci. Ques1a patemità non gli compete. sc l'assumeva contento. Per bontà verso di me. soprattutto~ ma anche. penso. per una rivincita e una smentita a cene cose che gli dicono dietro...»42
Ed ecco che l'intreccio si snoda fino ad arrivare alla scena culminante dei gran ballo,
serata indimenticabile in cui tra gli sfarzi e le danze Don Alvise muore di infarto.
Chiude il racconto il matrimonio tra Licausi e Isolina, studentessa di Gesualdo, che in
passato gli aveva scritto una lettera anonima ma che lui aveva pensato essere di Maria
Venera.
41 Ibidem, pag.SO. • 42 Ibide~ pag.61. ... 26- Entra in scena un'ultima volta per accomiatarsi dat lettore il Gesualdo sessantenne, • per sottolineare ancora l'imponanza della memoria e il beneficio che l'aver raccontato e scritto g1i ha ponato:
"Lettore, estate, diciamoci addio. C'era una volta un ragazzo cbe credeva d'essere un vecchio, ora le parti si sono scambiate, il vecchio s'è finto ragazzo e per ingannare meglio se stesso ha velato con un panna tutti gli speccbi di casa. Sono espedieoti leciti, se oon necessari. 10 bo seritto a seopo geriatrico, dopotutto, la mia mozione d'affetti noo era rivolta ad altri cbe a me. Ma vorrà dire qualcosa se quelle anticbe giornate piovono ancora nella memoria una bionda polvere d'oro. Mi sembra cene volte di invecchiare incatenato alla mia memoria. come invecchiano nelle caverne i draghi custodi accanto al tesoro. Senza cbe mai sopraggiunga da Cuori nessun paJadino a sfidarli. 10 ho un punto, qui sulla ftonte, di un miliardesimo di miUimetro, dove donniva con altre sessanta estati queU'estate, e dove ora tomerà a dormire.•143
Il romanzo che abbiamo velocemente illustrato è l'esempio più significativo
dell'atteggiamento cui si faceva riferimento a1l'inizio di questo capitolo.
Ma in Bufalino ogni opera è pervasa da questo sense dei passato che ricorre, da questo • immenso edificio che trova le proprie radici nelle esperienze vissute dall'autore, come notano anche i critici che si sono occupati della sua poetica:
Da un siffatto orizzonte nichilistico discende, inoltre, il peso che ha in Bufalino il
tema della memoria - Diceria è appunto il commosso rammemorare a distanza di un
sopravvissuto ., visto come una sia pur debole strategia contro 10 scacco esistenziale.
E alla memoria sono dedicati anche Museo d'ombre, un'organica raccolta di "prose
d'arte" che disegna un delizioso ritratto, fra realtà e mito, dei paese natio, della
Comiso d'antan, ed Argo il cieco, il romanzo dei 1984. Nel quale quasi
• 43 Ibidem., pag.96. - 27- paradigmaticamente, il tema della memoria si identitica e confonde con quello della • scrittura, col potere esorcistico e terapeutico che Bufalino attribuisce alla scrittura44
È seguendo queste direttive che abbiamo voluto analizzare la fantastica e polivalente
tematica della memoria nei suai diversi utilizzi e sviluppi, memoria che in Bufalino
diviene ultimo e fragile suo antidoto contro la morte. II ricordo non è solo un
espediente narrativo ma diviene nell'arte di Bufalino una componente fondamentale
anche dal punto di vista tilosofico: il costante riemergere della sfera della memoria e
dell'esperienza passata è un atteggiamento che 10 scrittore adotta anche come modus
vivendi:
"Qucsto sentimento della memoria è dominante non solo in senso lellerario. ma esistenziale e morale. Mi sono imposto un imperativo privato: ..Agisci in modo che agni tuo gesto sia dcgno di • diventare un ricordo".4s Ovviamente queste frasi ci aiutano ad individuare una importantissima traccia di
lavoro che si è dimostrata fondamentale per arrivare a capire l'universo poetico di
Bufalino.
Prima di addentrarci nello specifico della trattazione di questa tematica e soprattutto
prima di chiamare in causa 10 scrittore francese Marcel Proust, vorremmo soifermarci
sul brano che si è appena citato per metterlo in relazione con un altro testo di
Vitaliano Brancati (autore che ha fortemente influenzato Bufalino), in cui si esprime
la stessa scelta artistica ed esistenziale:
44 Ibide~ pag.61. • 45 Ibidem, pag.47. - 28- "(0 ho l'abitudine di sorvegliare continuamente la mia memoria e contare ogni sera i miei ricordi come l'avaro conta i suoi DJarenghi, e la notte sveglianni per pallia che me ne manchi uno. Quademi e quademetti mi aiUt3DO, ma non basterebbero se con cura meticolosa io non pensassi a • ravvivare i ricordi più deboli, e continuamente distinguere queUi che minacciano di confondersi. Mi sono arrampieato fino a un piccolo paese di montagna per sentire un certo odore di foglie mescolato a quello dei fondo stradaIe, prima che il ricordo di Wl fano piacevole, che si svolse in quelluogo, si pcrdesse in un secondo ricordo, questo qui spiacevole, di un altto fano che si è svolto in un luogo simile in lutto uguale al primo fuorché nell'odore. r più grandi doveri verso gli altri non mancano mai di consistere in doveri verso noi stessi, C l'ingrandirsi 0 rimpicciolirsi deUa nostra più alta felicità ci dichiara ogni volta se siamo 0 no sul reno sentiero. ,,46
1 ricordi diventano in questo casa quelle che Brancati definisce un vero e proprio
ll "dovere , un ambito da proteggere e conservare proprio come si farebbe con una
proprietà.
Nel brano appena citato si attua un processo che fa riferimento alla sfera sensoriale per
poi divenire ricordo: l'odore di un luogo specifico riporta alla mente un avvenimento
piacevole, si stabilisce cioè un legame indissolubile tra una sensazione, in questo casa
olfattiva, e una situazione che l'autore ha vissuto.
• Questa dinamica ci fa immediatamente pensare a Proust, che puà essere considerato
una delle figure di Maggiore influenza su Bufalino, vediamo come.
È noto che ail'inizio dei secolo scorso quelli che erano gli orientamenti, anche
filosofici, degli scrittori dell'Ottocento, soprattutto di quelli che aderivano a correnti
letterarie come Realismo e Naturalismo, vengoRo sostituiti da nuovi orientamenti..
incluse le teorie psicanalitiche di Freud. Si avverte cioè un abbandono dello stile
realistico e dell'oggettività per abbracciare una sfera più intima e personale, quella
dell'inconscio, della parte insondabile dell'individuo. In generale rattenzione dell'io
narrante si sposta dall'estemo ail'interno, cioè dalla realtà oggettiva dei fatti si passa
ad un processo di autoanalisi e presa di coscienza dei tutto opposta.
46 Vitaliano Branca~ 1piaceri della memori~ in 1piaceri, Milano: Bompi~ 1943. Ora in V.B., ~, a • cura di A Guglielml Milano: Bompiani, 1974. Pag.181. ·29· La memoria in questo contesto rappresenta un mezzo privilegiato di conosce~ di • ricerca e diviene un punta focale verso cui moiti letterati si rivolgono. Non è più la realtà esterna e la sua scoperta da parte di chi scrive ad interessare gli artisti dei nostro
secolo, Proust per primo. Al contrario si ha un cambiamento di direzione,
privilegiando quelle che è stato detinito un percorso a ritroso e centripeto: centripeto
perché attraverso la memoria il centro focale, il nucleo da cui scaturisce arte si situa
ail'interno della coscienza creatrice, in une sforzo costante di volgere le tensioni
espresse nella narrazione verso un immaginario axis mundi che si trova in quella sfera
tutta personale e privata che poco ha a che fare con il realismo 0 la storicizzazione in
letteratura. A ritroso poiché è nell'esperienza vissuta, passata, che la scrittura affonda
le sue radici traendone gli spunti necessari allo sviluppo dei discorso letterario.
Quindi Memoria, terreno incantato e sconosciuto che sottostà a dinamiche ben precise, • a riti e itinerari che la nostra psiche a volte svela a volte nasconde in un susseguirsi di istanti rivelatori ed epifanici.
Ma cosa intende Bufalino con questo termine, cosa differenzia e cosa unisce la sua
concezione a quella di Proust?
Ecco come risponde alla domanda "Perché scrive?":
·~ ...scrivo per rico~ cd è questa Corse la motivazione suprema Per sconfiggere l'amnesia, il silenzio, i buchi grigi deI tempo, per compiere in me queUo che una volta parodiando audacementc Shakespeare, ho chiamato il miracolo dei Bis. il bellissimo Ricssere. Essere 0 Riessere. ecco il problema. La scrittura me 10 risolve. mi pennette di cibanni dei mici icri come le iene si cibano dei cadavcri e cosi sopravvivcre nel deseno. n47
Soffermiamoci sul finale di questo brano: il ricordare e il rivivere continuamente il
passato ha in un certo sense la funzione terapeutica di sconfiggere la negatività della
dimensione presente. Si intende quindi associare la vita di tutti giomi, forse la società
• 47 Paola Gaglianone, Luciano Tas. op. cil, Pag.9. - 30- in cui Bufalino ha vissuto, con l'immagine dei deserto, con la connotazione di aridità • e mancanza di vita che la accompagna. Per sconfiggere questo stato di cose, 10 scrittore si rivolge al passato, come se da questo ambito attingesse valori e sentimenti
che possano in un certo sense arricehire l'esistenza.
C'è quindi volontarietà da parte di Bufalino, la memoria è al tempo stesso punto di
partenza e di arrivo: dal ricordo nasee una narrazione che ha come scopo finale quelle
di rivivere l'istante passato. La dimensione vissuta diventa in quest'ottica
un'inesauribile fonte di contenuti da esprimere, da arricchire e da definire. In questo
processo il lettore viene chiamato a compartecipare ail'istante, a vivere anch'esso una
dimensione che improvvisamente si allarga eomprendendolo e abbraceiandolo
nell'universo magico dei narratore (che spesso coincide con l'autore). • Questa la dinamica che si trova alla base della poetica bufaliniana, il suo costante impegno nel mettere in pratica quella che a prima vista pua sembrare una semplice
tecnica narrativa ma che ad un'attenta analisi si dimostra essere un vero e proprio
atteggiamento esistenziale.
Diventa di fondamentale importanza a questo punto capire e definire meglio i rapporti
che intercorrono tra questa concezione, fulcro dell'arte di Bufalino, e quella che è alla
base dell'opera proustiana.
Innanzitutto occorre fare riferimento ail'episodio biografico che si è citato nel primo
capitolo: l'autore siciliano nell'autunno dei 1945 si trova nell'ospedale di Scandiano, • un paese vieino a Reggio Emilia, dave viene a contatto per la prima volta con le opere - 31 - di Proust. Ne segue un approfondimento metodico, e la conoscenza approfondita della • scrittore che ha sconvolto i canoni della letteratura ftancese dei primo Novecento. Proprio in questa occasione, molto presto quindi, ben 36 anni prima dell'apparizione
dei primo romanzo, Bufalino si addentra nell'universo proustiano cercando di capime
i meccanismi di base. Queste nozioni occupano un molo fondamentale nel processo
creativo che regola la concezione di memoria nello scrittore siciliano, il quale si
convince che l'atteggiamento artistico dei francese è quelle che lui predilige e che
rielaborerà in seguito tino ad arrivare ai risultati artistici che conosciamo.
Nella sua concezione Proust ammette l'esistenza di due tipi di memoria: quella
involontaria e quella volontaria. La funzione che ognuna delle due svolge ha come
scapo finale quello della conoscenza, dei raggiungimento di un attimo fuggevole e • preziosissimo in cui presente e passato coincidono. In un primo tempo l'autore percepisce uno stimolo di natura sensoriale che,
inconsciamente, 10 trasporta in una dimensione vissuta che pero non ha contomi
temporali 0 spaziali, è unfrisson che agisce sulla coscienza dei narratore senza che lui
stesso se ne renda conto.
ncarattere di involontarietà è alla base di questo stadio iniziale.
Segue quelle che invece puo essere detinito il processo di identificazione, il lavoro
della memoria volontaria che, grazie alla razionalità opera un riconoscimento vero e
proprio dei "dati" che inizialmente erano stati solo suggeriti, li organizza, li ordina
temporalmente e spazialmente. • - 32- Quelli che inizialmente erano solo stimoli, scaturiti da una sensazione tisica, da un • odore, da un sapore, si associano ad awenimenti 0 a fatti dei passato di modo che il soggetto riviva una situazione proprio grazie a questo processo.
Volontarietà e involontarietà lavorano congiuntamente senza che una delle due annulli
l'importanza dell'altra, in una dinamica conoscitiva complessa e assolutamente
inusuale per una letteratura che fino a quel momento pretendeva di intervenire in
modo scientifico nella realtà sociale e storica. Lo stile proustiano diviene l'elemento
più caratteristico e segna l'enorme differenza dalle forme "classiche" della letteratura
europea dei primo Novecento.
Si predilige il monologo interiore e le forme si adattano alla materia trattata, fino a
raggiungere la scorrevolezza tipica che caratterizza la scrittura di Proust.
Eccone l'esempio più conosciuto e più citato:
• "Et tout d'un coup le souvenir m'est apparu. Ce goû~ c'était celui du petit morceau de madeleine que le dimanche matin a Combray (parce que ce jour-làje ne sortais pas avant l'heure de la messe). quand j'allais lui dire bonjour dans sa chambre. ma tante Léonie m'offrait après l'avoir trempé dans son infusion de thé ou de tiUeul. La vue de la petite madeleine ne m'avait rien rappelé avant que je n'y eusse goûté... Mais. quand d'un passé ancien rien ne subsiste. après la mort des êtres, après la destnJcion des choses. seules. plus frêles mais plus vivaces. plus immatérielles. plus persistantes. plus fidèles. l'odeur ct la saveur restent encore longtemps, comme des âmes. à se rappeler. à atten~ à espérer. sur la ruine de tout le reste. à porter sans fléchir. sur leur goutelette presque impalpable. l'edifice immense du souvenir."48
Questo è il brano che meglio riassume l'atteggiamento di Proust e che meglio
interpreta un universo in cui il ricordo diviene asse centrale su cui trova appoggio un
poliedrico edificio narrativo. La frase finale di questo passo esprime in modo molto
suggestivo la dicotomia tra conscio e inconscio, tra memoria volontaria e involontaria.
Questa è accentuata dalla struttura sintattica dei brano, che ad un'attenta analisi • dimostra un parte più lunga e composta da termini che fanno riferimento alla "morte - 33 - degli esseri", alla "distruzione delle cose", a un ambito che comunica una sensazione • di grandezza e di ineluttabilità della dinamica umana, mentre la chiusura si basa sulla parola "gocciolina", con il suo riferimento a cio che non è fondamentale, anzi,
infinitamente piccolo ma capace di sostenere ''l'edificio immenso deI ricordo".
Seguendo questa dinamica l'arte di Proust prende forma e interpreta un nuovo modo
di concepire la letteratura.
Bufalino usa, come vedremo in dettaglio più avanti, la componente culturale insulare
ma la amalgama con questo irresistibile richiamo della memoria personale, proprio
come Proust. Ed è proprio a lui che attribuisce il merito di quello che nella sua arte è
diventato più che un elemento strutturale, un vero e proprio modo di intendere e
concepire la letteratura, come lui stesso confessa:
.. - Lei fa spesso riferimento a Proust. Forse perché si sente in qualchc modo collegato a lui per il • comune sentimento della memoria? • Ho ininterrotta coscienza che la memoria si connette indissolubilmente alla morte. D'altronde la morte non è solamcnte un futuro che ci minaccia ma un presente che ad ogni attimo conquista una porzione più ampia di DOi. Più questo presente si fa passato. più cresce la morte dentro di noi. La memoria è la debole medicina che opponiamo aile soperchierie della morte, una protcsi che tenta di sostituirsi alla vila; una protesi infedele che spcsso somiglia a un sogno dei passato anziché alla sua videoregistrazione. [n questa guerra tra mone e memoria si sa che a vincere sarà la morte. assassina della memoria. Non senza quaJche momentanea epifania, quaiche animo privilegiato, quaJche intennittenza dei cuore che ci consenta il miracolo dei bis, il bellissimo "riessere".
Ma il tema dei ricordo comporta altre associazionL altrettanto fenili: memoria e sogno, memoria e amore. Il ricordo, si sa, obbedisce aile stcsse leggi capricciose dei sogno. Non si sognano e ricordano necessariamente i min~ i visi, i paesi capitali della nostra vila, bensi volentieri le minuzie, le insignificanze, le ovvielà. È un mostro dai cento occhi la memoria, che onnivede, stravede, non vede. E il titolo di un mio romanzo è appunto Argo il ciecn, avvero ; sogni della memOl~ia, dove volevo significarc che in quelle pagine avrei tenrato di ripetere un pout-pou"i di aneddoti metà banali, metà stnJggenti. di cui si erano intrise le mie giomatc antiche. E si trattava rnanco a 0010. di aneddoti e rimembranze d'amore." 49
• 48 Marcel Pro~ Du côté de chez Swann, Parigi: Gallimard, 1987. Pag.44. - 34- Questo testa spiega molto bene l'ideologia della scrittore siciliano e in particolar • modo la sua posizione nei confronti della tematica della memoria. Si è già discusso di questo e sono già stati forniti i particolari riguardo 10 stretto
rapporto con Proust, ma un ratto sorprende e serve a corroborare la nostra tesi:
Bufalino usa le stesse identiche parole dello scrittore d'oltralpe. Ritroviamo infatti gli
stessi termini:
"Proust expose ses idées sur l'art. fondées sur la distinction psycologique de plusieurs moi. sur ces intermittences du cœur. dont il a. un moment. pensé faire le titre de son roman. et sur l'insuffisance de l'intelligence et du moi volontaire par rapport à ('intuition et au moi inconscient 1150
Dunque r espressione "intermittenze dei cuore" viene direttamente dal linguaggio
proustiano, in cui comunque appare spessissimo anche il termine "epifania". Possiamo
concludere quindi che entrambi gli scrittori approdino aile stesse soluzioni sebbene • utilizzino mezzi espressivi e strutture narrative diverse.
Nelle opere di narrativa tutti gli intrecci, 0 perlomeno la maggior parte, hanno la
struttura dei flash hack (Diceria dell'untore, Argo il cieco. Calende greche. Tommaso
~ il fotografo cieco); ci troviamo quindi di fronte ad un mastodontico ingranaggio che
funziona giocando sul ruolo fondamentale della memoria.
Tutto è architettato, nulla è lasciato al caso, anzi, c'è il costante e visibilissimo sforzo
verso un passato che diventa presente palpabile e concreto nella narrazione.
Tutto cio "alla luce dei sole", il meccanismo portante della letteratura di Bufalino
viene sempre dichiarato al lettore e cio fa si che quest'ultimo partecipi ancor più
attivamente in un processo a cui si sente profondamente vincolato.
49 Paola Gaglianone, Luciano Tas, op. cil, Pag. 47. • 50 Ibidem, pagJOV. - 35 - Sia 10 scrittore siciliano che quello francese arrivano a una conclusione (se mai di • conclusioni si possa pariare in letteratura) simile:
ilL'originalité de Proust ce fut de faire des e~riences privilégiées la pierre angulaire de toute son œuvre, le fondement même de tout l'édifice." 1
Se in Proust il pretesto narrativo nasce da una sensazione 0 comunque da un
percezione sensoriale in un contesta di involontariet~ non avviene 10 stesso per
Bufalino, facciamo un esempio:
ilL'évocation des chambres d'autrefois, au debut de Combray. et, après quarante pages. la brutale résurrection du village dans sa verité, grâce à la madeleine trempée dans le thé, demeurent deux introductions concurrentes. mais la narration devait être d'abord déclenchée par les souvenirs spontanés du donneur qui s'éveille, amorces de la structure rayonnante et totalisante du roman: "Un homme qui don tient en cercle autour de lui le fil des heures. l'ordre des années et des mondes." Voilà le modèle du roman, même si, dans Le temps retrouvé, la decouverte de la mémoire involontaire comme fondement d'une doctrine esthétique en constitue le dénouement.,,52
• La sfera sensoriale quindi, questa involontarietà dei ricordo diventa non solo asse
portante dell'apparato narrativo, ma anche, come si vede nel brano appena citato,
fondamento di quella che viene detinita un vera e propria dottrina estetica.
Per Bufalino questo processo ricopre mena importanza, sembra che l'autore abbia
fatto une studio approfondito di questa dinamica in Proust el'abbia poi trasposta
scegliendo di non approfondire questo aspetto per concentrarsi invece sulla
volontarietà.
Vi è inoltre un'ulteriore difTerenza che allontana la posizione di Bufalino da Proust: se
per quest'ultimo la ricostruzione dei passato tende a proporsi, almeno nelle intenzioni
dei soggetto che ricorda, come l'evocazione di una realtà oggettiva, per Bufalino le
51 Annick Bouillaguet & Tltieny Freslo~ Proust. Biographie étude de l'œuvre. Parigi: Albin Michel éditions. • Pag.194 - 36- cose si pongono in maniera un po' diversa. La scrittore di Modica afferma infatti • esplicitamente di lasciarsi spesso prendere dalla fantasia, nOil garantisce mai la veridicità dei racconto e si suppone che anicchisca la storia portante, trasfigurando la
realtà dei ricordi per approdare ad una dimensione magica e sicuramente poco
propensa a foroire elementi oggettivi, soprattutto nel casa di Argo il cÏeco. L'adesione
dell'intreccio alla realtà fattuale 0 memoriale non costituisce la finalità ultima della
scrittura in Bufalino, il quale invece si preoccupa dei risultato letterario e artistico.
Se per Bufalino la finalità dell'arte è quella di rivivere (e far rivivere) istanti
privilegiati, riportarli a Iivello conscio dopo averli individuati nella memoria, come in
Proust, non è pero camune l'atteggiamento che regola questa finalità. Si nota infatti un
passa avanti nel siciliano, il quale esplicita continuamente questo meccanismo
facendolo divenire gioco collettore, e scapa della narrazione stessa, come si vede nei • brani che sono stati isolati all'inizio dei capitolo. Possiamo conc1udere che la differenza sostanziale tra 10 scrittore francese e quelle
siciliano risiede nell'attuarsi in quest'ultimo di un ulteriore "passo in avanti" dal punto
di vista narrativo: la rievocazione dei passato è la stessa ma in Bufalino questo
procedimento è continuamente portato allo scoperto ed enfatizzato, in une sforza
costante verso l'esplicito e lampante gioco dei ricordi.
• 52 Ibidell1 pag.XVII. - 37- • CAPITOLO III
III1: Gesualdo Bufa/ino e gl; scriltori siciliani dei Novecenlo. La lelleratura "tradizional contemporanea" de//'imprescindibile isola.
La letteratura siciliana dei nostro secolo presenta aspetti caratteristici che non solo la
distinguono dalla produzione "continentale" italian~ ma che hanno altresi contribuito alla
costituzione di quelle che definiremmo un vero e proprio "genere siciliano".
Con questi termini non si vuole certo isolare un'arte che, nel suo complesso gioco di
int1uenze e spunti, allarga il proprio respira e si apre costantemente ad abbracciare un più
ampio panorama letterario europeo con cui stabilisee spesso e volentieri un dialogo aperto.
Vi sono pero a1cune caratteristiche che si ripetono e, ovviamente con sviluppi diversi tra • loro, diventano delle vere e proprie costanti nelle poetiche degli autori che andremo ad analizzare.
Quello che ci sembra importante fare è dunque stabiliTe un nesso, un legame che ci permetta
di avvicinarci aile opere di Gesualdo Bufalino, primo tennine di paragone e centro focale di
tutta la ricerca, attraverso una contestualizzazione stonco-culturale e un diretto paragone con
gli aitri scrittori che, a nostro avviso 0 seguendo le sue stesse indicazioni, 10 hanno
influenzato.
Anche se in questa occasione ovviamente non si sono potute prendere in considerazione tutte
le personalità letterarie siciliane dei nostro secolo, sono stati isolati alcuni nuclei d'interesse
particolari dopo averne riscontrato la presenza nella narrativa di auton come Luigi
Pirandello, Vincenzo Consola e in particolar modo Vitaliano Brancati, di cui ci occuperemo • più approfonditamente nella seconda parte di questo capitolo. - 38- Quello che ne deriva è une studio comparato che mira a definire meglio le risultanti in • Bufalino di un cosi unico ambiente culturale, di una tradizione che più 0 meno palesemente si atTaccia insistente in tutta la sua arte, plasmandola e modellandola secondo strutture che
riconosciamo spesso in altri serittori conterranei.
Perché è proprio in questa dicotomia tra dimensione insulare e circoscritta da una parte e
letteratura europea contemporanea dall'altra, che l'intero apparato narrativo di Bufalino
atTonda le sue più intime radici: tradizioni e storie provenienti dalla saggezza popolare si
incontrano e si fondono perfettamente con il più attuale dissidio morale dell'uomo moderno,
10 stesso dissidio che è diventato protagonista indiscusso della produzione letteraria europea
dei Novecento.
"Il nostro silenzio. la ritrosia a rispondere e a svelars~ se a volte è diffideœa di cani trappo a lungo bastonati. più spesso è solo pudore. solitudine. malinconia.. Valga cio pcr la Sicilia di ieri e di oggL ma quella di domani? Un domani imminentissimo. che già sorridc neUe facœ dei giov~ vibra nei loro gesti rapidi e lieti. nel mistero incantevole dei loro dcstini. Poiché • una cosa non si diec abbastanza: che accanto a una Sicifia immobile. 0 che sembra tale. un'altra. più 0 mena sommersa. si va clamorosamente muovendo e si allontana ogni giorno di più dai modelli culturaIi dei padri. ,,53
Con queste parole Bufalino descrive una realtà culturale che moiti hanno cercato di capire e
di penetrare ma che pochi in realtà colgono con la stessa intensità di chi è nato e cresciuto in
un'isola da cui è impossibile "prescindere" e che continuamente impone modelli di vita ben
precisi.
Dalle frasi lette più sopra deriva un'immediata considerazione: la "Sicilia immobile", quella
delle tradizioni, dei personaggi popolari e stereotipati, dei pupi, si scontra con una
dimensione più personale e individualistica, quella che spesso coincide con la scoperta 0 il
tentativo di analisi della componente inconscia dei personaggio (e dell'autore allo stesso
• 53 Gesualdo Bufalino. La luee ~ lliutto, Palermo: Sellerio Editore. 1988. Pag.15. - 39- tempo). Questa tensione verso l'introspezione e il dialogo intimo in letteratura a nostro • avviso si manifesta nel casa di Bufalino con un ripiegamento su se stesso dell'io poetico. Atteggiamento che è decisamente riscontrabile soprattutto nella voce narrante dei romanzi di
Bufalino in cui, nella maggior parte dei casi è l'individuo ad essere in primo piano, a
dialogare con un lettore a cui confida i motivi segreti di un'angoscia esistenziale tipica dei
personaggio novecentesco.
La letteratura che ne deriva è quindi impregnata di questa doppia vale~ risultando pero
omogenea neIl ,insieme e deliziosamente curata per quel che riguarda 10 stile usato; si innesta
per cosi dire una materia profondamente siciliana su un apparato narrativo che di siciliano
conserva ben poco.
Senza alcun dubbio è il romanzo ad interpretare più di ogni altro genere l'universo poetico di
Bufalino anche se quest'ultimo, come abbiamo già menzionato, pubblica anche racconti • (L'uomo invaso), saggi (Saldi d'autunno. La luce ~ illutto e Museo d'ombre) e alcune opere di poesia giovanile alanguari ~ le furie e L'amara miele). Ora, questa apertura verso generi
diversi conferisce alla sua arte una caratteristica pienezza e completezza espressiva e
contenutistica. n(ettore che di lui conasca non solo le opere maggiori, ma anche quelle che
poco hanna interessato la critica e il pubblico, si accorge che l'intera sua scrittura
contribuisce a creare un'idea, un universo letterario che è molto particolare e in un certo
sense "individuale", cioè visto e percepito da una singola personalità ben definita, ma che
allo stesso tempo puo essere collocato a ragione in un più ampio contesta letterario siciliano.
In sintesi, si riscontrano nel modo di concepire la letteratura di Bufalino due componenti che
ne fanno une scrittore polivalente e completo: il personaggio-narratore-protagonista possiede • la profondità psicolagica tipica della letteratura novecentesca, con i suoi drammi, la sua - 40- insicurezza e il suo cinismo, mentre l'universo narrativo proposto prende le mosse da un • ambiente di provincia, insulare e tutto assolutamente e imprescindibilmente siciliano.
Si vogliono ora portare alla luce e sottolineare nelle loro congruenze e diversità gli
atteggiamenti di Bufalino e Vincenzo Consolo in rapporta alla trattazione della materia
popolare.
Ci troviamo davanti a due personalità artistiche che hanno attinto a piene mani dalruniverso
della cultura tradizionale isolana per trasporla in letteratura utilizzando diversi metodi e
diverse dinamiche narrative.
Se per Consolo si tratta di un'orientazione storica, si fa appello cioè alla realtà vissuta dal
popolo e rivisitata dalla scrittore tramite una vicenda privata (quella dei Barone di
Mandralisca), in Bufalino questo nucleo costituisce 10 sfondo, l'imprescindibile dimensione • in cui gli avvenimenti personali dell' io narrante trovano espressione. Notiamo quindi che il rivolgersi all'atmosfera siciliana, aile tradizioni alla cultura popolare è
una posizione che accomuna i due scrittori che allo stesso tempo trovano mezzi espressivi e
inquadramenti storici ben diversi tra loro.
In Consolo si tratta di una scelta ideologica morale e politica molto più drammatica, che
trova come miglior mezzo espressivo la storicizzazione delle vicende narrate, mentre per
Bufalino esiste piuttosto la consapevolezza, l'attenzione e l'utilizzazione di motivi propri
dell'immaginario popolare.
La matrice rimane senza alcun dubbio comune, pensiamo aile scene ambientate nei grandi
palazzi della nobiltà isolana nel romanzo Argo il cieco di Bufalino: • -41- "Eccomi, pieno di capellL vestito d'Wl lieve azzurro. a tavolo con Sasà Trubia. quasi irriconoscibile, ora che s'è tagliato la barba. 10 sorseggio per galateo il liquore che m'ha otTeno e tossisco subito nel fazzoletto. (...) Intanto le famiglie arrivano a frotte, il ballo prende 10 slancio. Suonano Tico Tico, passa davanti a noi • ,,54 salteUando con serietà il baronello Puleo con la notaressa Vuzi.
Queste frasi ci riportano ail'atmosfera trasognata e splendente che anima le scene di festa
nel palazzo dei barone Mandralisca ne Il sorriso dell'ignoto marinaio di Vincenzo Consolo
(s. Agata di Militello, Messina, 1933):
"GH invitati se ne slavano aU'impiedi. tranne le anziane dame che occupavano. solto il gontior delle crinoline, le poche sedie e il poufal ccntto dei salone. Le signorine e i giovanotti facevano cerclùo aUomo al pianoforte dove la baronessa ~faria Francesca accompagnava i gorgheggi deUa nipote Annetta.,,55
È nelle scelte espressive e nelle ambientazioni che Bufalino trova il modo di portare in
superficie quelle caratteristiche radici isolane che segnano profondamente la sua narrativa.
La scena dei balla in cui la nobiltà si incontra e festeggia nello sfarzo accompagnata da • musica e danze, è tipica della letteratura siciliana. L'esempio più famoso è quello de Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, ma in generale questo momento particolare è portato
sulla pagina da moiti scrittori (tra cui Verga nel Mastro don Gesualdo) come a simboleggiare
una predilezione per la raffinatezza, la chiusura degli ambienti di questo tipo, il gusto per gli
avvenimenti di società.
Nel caso di questi due brani, non si puo effettivamente tracciare una vera e propria relazione
intertestuale che si basi su concordanze esplicite e palesi: se il primo è vissuto dall'intemo -
il narratore è infatti presente nella dinamica degli eventi e ce li descrive lui stesso in prima
persona - il secondo non 10 è affatto e anzi ci appare più come un affresco di tipo realistico e
più oggettivo.
54 Gesualdo Bufalino, ~ cil, pag.112. • 55 Vincenzo Consolo, li sorriso dell'ignoto marinaio, Torina: Einaudi editore~ 1976. - 42- Essi sono pero molto vicini per quel che riguarda l'ambientazione e l'atmosfera che ne • risulta. Hanno entrambi 10 stesso modo di avvicinare il lenore ad una dimensione in cui chi parla sembra conoscere perfettamente gli invitati che man mana appaiono sulla scen~ si ha
l'impressione che tutti gli invitati si conoscano a vicenda e che l'ambiente circostante
rispecchi esattamente quelle dei grandi ricevimenti in cui essere nobili sembrava un dovere e
non solo un prestigio. Ne sono testimoni i titoli che accompagnano le comparse: il baronello
Puleo con la notaressa Virzi e la baronessa Maria Francesca sono senza alcun dubbio
personaggi che provengono dallo stesso ambito sociale.
Inoltre, in entrambe le scene domina la sensazione uditiva: la musica scandisce il
movimento, più dinamico nel brano di Bufalino, più statico nel seconda, di gruppi di
persane, non dei singoli, da notare.
Cosi come "le famiglie arrivano a frotte", quindi in gruppi composti da più persane, i • giovani si assiepano attorno al pianoforte in cerchio; entrambe le situazioni sono dominate da un senso di coralità che emerge sia da queste presenze collettive che dal ritmo imposto
dalla musica.
Oltre che al costume, 10 scrittore siciliano attinge continuamente, come deI resta fa anche
Consolo, da un serbatoio culturale tradizionale, quello dei racconti, delle leggende popolari.
Un esempio:
"Storie di Giufà ne so tante. Di queUa volta che vendette una pczza di tela d'Olanda a una statua.. E quando sua madre, andando alla predica, gli disse di cuocerc due fave. e lui la presc in parola e due veramente ne mise sul fuoco; poi. per sentirle di sale. se le mangïo... E quando Ulla nottc. mentre guardava il granaio da.i ladri, li valse in fuga col parlare e rispondersi da solo. che pareva un esercito di carabinieri a cavallo... • Vi l'3ccontcro la sua mone."S6 - 43- Cosi l'autore decide di aprire une dei racconti più riusciti, sia per la freschezza e la • spontaneità della materia trattata che per la riuscita messa in scena di un personaggio che appartiene alla tradizione popolare siciliana.
Giufà è il viandante e il brigante insieme che vive di espedienti e che ben rappresenta il
modo di vivere alla giomata tipico di queste figure. Nello svolgimento dei racconto il
linguaggio si adatta perfettamente a questo tipo di contenuti che sono trasposti dalla
dimensione della cultura orale (come testimonia l'introduzione, "Storie di Giufà ne so
tante. ") divenendone una testimonianza vivissima e presente anche nell'ambito letterario.
Questa tensione verso la sfera popolare si rintraccia in moltissimi scrittori siciliani,
soprattutto se pensiamo all'esempio più celebre di Verga, il quale utilizza continuamente
nelle sue opere detti e figure che provengono da questo ambito.
Vincenzo Consolo segue anch'egli questa traccia e sceglie di inserire l'elemento storico- • popolare nef suo romanzo più famoso, Il sorriso dell'ignoto marinaio,57 in cui questa sfera costituisce una importante componente sia a livello contenutistico che espressivo. Il popolo
addirittura prende la parola e si esprime nella propria lingua:
"CHISTA É 'A STORIA VERA LACCARISA MAJU E GIUGNETIO RI L'ANNU SISSANTA CUNTATA RI LA GENTE CHI LA Fiel SCRI1TA CU LU CARBUNI SUPRA 'A PETRA PPI MICHELI FANU SANFRARIDDANU CHI RI MONACU SI FICI ZAPPUNARU SI TRASI RINTRA RI STU PUZZU TORTU SAPPI COMU CHI FU ESTATIIMUTU RICI NISCENNU CH' ,A VOTA CHI VENI
56 Gesualdo Bufatino, L'Domo invaso, MiJano: Bompiani Edilore, 1990. Pag.39. • 57 Vincenzo Consolo. ~ cit. - 44- 'u POPULU 'NCAZZATU RI LACCARA RI BRONTI TUSA 0 PURU CARUNIA NUN LASSA SUPRA'A FACCI RI ,STA TERRA • MANC' 'A SIMENZA RI SUReI E CAPPEDDA CMITAUœccauc~EURrnŒN UNIT TUec TRAI UN GIUORN CANTAN MAU DI SAN BLESG TUBOT E CUTIEU U PAUVR SCLAMA AU FAUN DI TANT ABISS TERRA PAN L'ORIGINAU É DAA LA FAM SANZA FIN DI LIBIRTAA"58
In questo casa Consolo non si è limitato a trarre dall'ambito popo1are una materia narrativa
da rielaborare ma ha addirittura riportato fedelmente le espressioni dei protagonisti di uno
dei moti rivoluzionari che hanno luogo nell'intreccio dei romanzo e non solo cita (pur nella
finzione letteraria) le frasi incise sui muri della prigione da questi contadini improvvisatisi • combattenti~ ma riserva loro il compito di concludere il romanzo congedandosi dal lenore con un ultimo slancio di rabbia e di disperazione.
Ovviamente cio ha una valenza profondamente critica e sottostà a una regola generale che
pervade l'intera opera: le classi sociali più elevate (in questo caso rappresentate dal barone di
Mandralisca) non sono altro che testimoni passive degli avvenimenti storici, anche
sanguinosi, che hanno devastato la Sicilia. Al contrario, colora i quali subiscono e pagano a
caro prezzo i cambiamenti (se di effettivi cambiamenti si puô parlare... "Tutto cambia
affinché niente cambi"S9) sono gli appartenenti agli ambiti sociali inferiori.
Dalle frasi che sono state riportate emerge una forza straordinaria che si allaccia ad una
tremenda sensazione di oppressione e volontà di ribellarsi.
• 58 Vincenzo Consolo,QR: cil, Pag.l32. - 45- Il dialetto, la lingua dei popola, diviene in quest'ottica il mezzo privilegiato di espressione • proprio perché nessun altro codice riuscirebbe ad esprimere con 10 stesso vigore una tanto particolare situazione.
Anche se questa lingua, cosi come la vediamo scritta, non puo essere recepita dal lettore
italiano come un insieme di parole chiare e comprensibili, crediamo che il valore risieda qui
nelle sonorità, nel ripetersi di alcune soluzioni che ci parlano della vera Sicilia, quella
rabbiosa di chi ha usato quella Iingua per combattere.
Queste frasi diventano diretta testimonianza di un universo chiuso che nemmeno cerca il
contatto con la classe superiore: Mandralisca stesso, voce narrante e personaggio
fondamentale nella narrazione, non appare minimamente in questa sezione conclusiva dei
libro.
La sua testimonianza, la lettera che invia ail'Interdonato in cui foroisce al lettore la sua • versione dei fatti, è infatti in italiano.60 Cio contribuisce ad amplificare e a sottolineare ancora una volta il divario culturale e sociale
tra le due dimensioni, lasciandoci comunque capire esplicitamente che è impossibile
instaurare un dialogo tra queste.
Bufalino attinge a piene mani dal patrimonio linguistico regionale, sebbene le sue opere di
narrativa non seguano il tilone che predilige l'ambientazione storica (tilone che ha come
maggior esempio ancora una volta Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa); nel suo universo
la lingua siciliana è usata come un attO necessario a preservare una dimensione che si va
perdendo, quella dei mestieri, delle botteghe, delle comparse che animano il paese.
Ne fa un elenco molto preciso in Museo d'ombre, dove appaiono a.ffreschi relativi non solo a
luoghi cari all'autore, ma soprattutto alcune figure di uno spessore tutto siciliano: 'a
• 59 Giuseppe Tomasi di Lampedusa, IlGattopardo. Milano: FeltrineU~ 1969. - 46- pilucchera (la parrucchiera), 'u caliaru (il venditore di ceci e semi), 'a timmina re sanguetti • (la donna delle sanguisughe), sono solo alcuni dei personaggi che vengono descritti da Bufalino in un'opera che si fa testimonianza diretta di un mondo insulare e assolutamente
provinciale che non esiste più.
L'interesse dunque per le tradizioni, gli usi e i costumi della gente comune, 10 avvicina a
Consolo sebbene si tratti di due approcci completamente diversi; entrambi pero si affacciano
alla realtà passata (nel caso dei messinese addirittura contestualizzata storicamente) e
attinente alla dimensione popolare.
Senza alcun dubbio in Consolo la propensione per il sociale riveste una valenza critica e la
sua analisi si fonda su avvenimento storico che diventa emblematico della storia
dell'umanità. • La sua indagine sulla società siciliana della seconda metà dell'800 non è altro che il primo termine di un paragone che rimane sottinteso. L'opera infatti lascia trasparire una
inc1inazione che ci riporta agli avvenimenti contemporanei all'autore, agii anni '70 in
un'Italia che ha appena vissuto i moti studenteschi con tutte le conseguenze ideologiche che
questi hanno lasciato agli intellettuali di quegli anni.
Il lettore è quindi portato a riflettere suU'atteggiamento dello scrittore nei confronti delle
problematiche sociali, espressa in questo casa da Consolo nel dilemma che anima il
Mandralisca.
Questo dilemma è quelle a cui deve far fronte ogni scrittore, anzi, agni intellettuale: farsi
testimone di un avvenimento, narrare, s'engager, 0 rimaneme al di fuori .
• 60 Vincenzo Consolo. ~ cil, pag.95. (Lettera di Enrico Pirajno). - 47- "Cefalù li IS ottobre 1860.
Parlai nel preambolo di sopra d'una memoria mia sopra i fa~ d'una nanazione che più e più volte in tutti questi giomi mi SlUdiai redigere, sottraendo l'ore al sonno. al riposo, e sempre m'è caduta la penna dalla • mano. per l'incapacità scopertami a trovare l'avvio. il timbro e il tono. e le parole e la disposizione d'esse per poter trattare quegli avvenimenti, e l'imbarazzo e la vergogna poi che dentro mi crescean a concepirc un ordine. Ulla fo~ i confini dei tempo e di uno spazio, a contenere quell'esplosione, quella fulminea tromba, quel voniœ tremendo; e le radici. ancora, le ragio~ il munnure profondo, lontanissimo da cui discendea? La contraddizione infine nel ritrovanni a dire, com'io clissi. deU'impossibililà di scrivere se non si vuol tradire. creare l'impostura. e la necessilà insieme e l'impeUenm a farlo.,,61
Il ruolo dell'intellettuale è dunque attivo. Il farsi testimone di una vicenda, denunciarne gli
aspetti negativi, è la posizione che il personaggio assume e di rit1esso l'autore stesso.
La scelta in sé nasconde un interrogativo che ci riporta a cio che abbiamo menzionato
poc'anzi: il secondo termine di questo paragone è la situazione contemporanea all'autore, la
discussione sull'engagement dell'intellettuale in quegli anni.
Anche se nella narrativa di Bufalino questo aspetto non appare esplicitamente, possiamo
comunque riscontrare la stessa problematica dei molo della letteratura e dei rapporto artista- • scrittura. Nel brano appena citato appare una parola che ci riporta ad una tematica fondamentale
nell'arte di Bufalino: "impostura".
Entrambi gli scrittori infatti, si occupano della trasposizione della realtà in letteratura e delle
problematiche inerenti a questo meccanismo.
"[n letteratura un amor di menzogna e di musica. purché radicata nel punto favoloso e geometrico deI dolore e della memoria. ,,62
La menzogna dunque, l'amore per il rit1esso della realtà filtrata dalle percezioni dell'autore;
se il Mandralisca diviene il portavoce per Consolo della trattazione di questa problematica
(si veda tutto il capitolo sesto dei romanzo preso in considerazione) in Bufalino è la voce
61 Vincenzo Consola, Ibidem, pag.1 02. • 62 Nunzio Zago, Gesualdo Bufalino. Messina: Pungitopo editrice, 1987. pag. 8. - 48- narrante in prima persona che si rivolge direttamente al lettore fomendo la sua versione dei • falti (anche se gli avvenimenti cedono spesso il passo aile considerazioni e alla dimensione interiore dei personaggio) senza che vi sia una mediazione estema.
É importante sottolineare il particolare atteggiamento di Bufalino in questo processo
artistico, quelle che emerge immediatamente è il non voler celare la finzione letteraria (e in
questo è molto distante quindi dalla posizione di Consolo, il quale tende invece
all'oggettività e a nascondere l'intervento diretto dell'autore).
Spesso la narrazione diventa in Bufalino un pretesto, un gioco di specchi in cui l'autore
sembra divertirsi a dileggiare il 1ettore con abili cambiamenti dellivello di lettura:
"Gii guardo subito le mani: con lél destra stringe il bastone, con l'aJtra il manoscritto di Patatràc. Era ora. fa già sei settimane che gliel'ho dato per un giudizio. Veramente sc l'è dovuto far leggerc a voce alta dalI'apprendista. (...) Non m'aspettavo nulla di diverso dopo le pregiudiziali riserve a scaloJa ancora chi~ quando gli ho anmmziato d'averlo scello, sebbene sotto 6nto nome, come l'croe la cui morte • scatena la peripezia. "63 In questo casa l'autore, dopo aver portato avanti un intreccio compiuto per quasi tutta la
durata della narrazione, cambia bruscamente il piano dell'opera inserendo tutto cio che è
stato affermato dall'inizio dellibro in un'ulteriore finzione.
Nell' "EPIPROLOGO" infatti si scopre che l'intera parte iniziale (che occupa ben 170
pagine) non è altro che la trascrizione di un romanzo scntto dal vero Tommaso (che è anche
il protagonista di Patatràc) sottoposto al giudizio dell'amico cieco Martino Alàbiso (a cui si
ispira ovviamente il personaggio non vedente dei romanzo).
Nella doppia finzione troviamo addirittura un giudizio suII' opera stessa:
• 63 Gesualdo Bufalino, Tommaso ~ il fotografo cieco. ovvero il PatatJàc, Op. cil, pag.172. -49 - "Cosa vuoi che li dica di più? Ti dico che m'indispcJDe abbastanza l'indecisione deUa scrittura. quel barcamenarsi ha alto e basso. cronaca di nera e accademia deUa Crusca. Un clavicembalo mal temperalo. • 000 stile karaoke."64 Paradossalmente il giudizio espresso daU'amico dell'autore-protagonista è molto verosimile~
anzi è francamente quelle che il testa suggerisce~ come se Bufalino si fosse reso conto dei
limiti di quest'opera e nel renderli espliciti si sia in un certo sense giustificato e scusato con
il 1ettore.
Questo esempio non è l'unico ma certamente è il più significativo per sottolineare un
atteggiamento nei confronti della narrazione che a nostro avviso segna profondamente la
concezione artistica di Bufalino: il gioco della e nella letteratur~ la creazione di personaggi
che riflettono su se stessi.
Anche se con prerogative diverse e sviluppi altrettanto differenti~ ci è sembrato di scorgere la • stessa posizione nella poetica di Luigi Pirandello, soprattutto nel teatro e~ nello specifico~ in
Sei personaggi in cerca d'autore. La valenza doppia della teatralità che diventa Ilmetateatro",
la rappresentazione che parla di se stessa spostando all'estemo della tinzione letteraria una
ulteriore finzione. Manca ovviamente la pretesa di oggettività e ne risulta un atteggiamento
divertito e ironico nei confronti dell'arte, della rappresentazione di una realtà che acquista
spessore proprio nel momento in cui viene trasposta in finzione.
Ed è qui che ci sembra di rintracciare un atteggiamento comune a quello di Bufalino, nella
continua tensione che spinge l'autore a creare un universo chiuso, in cui ogni figura
rappresentata è persona, nel sense latino dei tennine, e simbolo di se stesso senza
nascondere allettore la sua vera identità di personaggio.
• 64 Ibidem, pag.173. - 50- Basti pensare al nome deI protagonista di Diceria dell'untore, Gesualdo, proprio come • l'autore che sapientemente ci informa pero che il suo personaggio non è altro che un'ombra, "la proiezione sfuocata di un se stesso che non ha voluto veramente spogliarsi davanti al
pubblico per pudore 0 vergogna. ,,65
C'è il gioco quindi, la continua aifermazione di una letteratura che aggiunge valore a piene
mani alla realtà creando un universo che avvince il lettore e 10 trasporta in una dimensione
circoscritta.
Tutto cio senza mai negarsi il privilegio della tinzione, dell'inganno, della menzogna.
Senza alcun dubbio il teatro di Pirandello ha "prestato" moite delle sue prerogative alla
narrativa di Bufalino; pensiamo al senso generale di teatralità che occupa tutte le pagine di
Diceria dell'untore, all'amore per una gestualità che cela spesso ironia e un marcato • pessimismo: "Ma a un tralto una cosa cominci6 sul palcoscenico, in un silenzio totale. Era ancora lei. la ragazza di prima. ln un Dwnero di danza. stavolta. NOD mi riusciva di vedeme per inlanto che le membra OÙDute. vestite di moiti colori e distese a terra come in una vignetta di libro: un' ArIecchina. magari. fmtamorta DeDa sua abbagJiante casacca. Non rimase cosi a lungo, ma alla prima scaramuccia che leDtarono gli strumenti dietro le quinte - em soltanto un disco diffuso da un altoparlante, la Si/fide 0 che 50 io - cominci6 a sprigionarsi daI suolo lentamente. a forza di gesti meditati e chiusL inlerrogando l'aria con una prudenza di cieca. Si rizz6 infiue di colpo, balz6 verso il soffitto."66
Il brano prosegue con una danza sempre più debole che è preludio di morte, Marta si offre
per la prima volta agli occhi dei protagonista in questa veste di "Arlecchina", in una scena
che è assolutamente teatrale sia per i vocaboli usati che per l'incalzante ritmo dei gesti.
Si mescolano insieme vivacità delle forme e umor nero dei contenuti, in un'opposizione di
significati assolutamente simbolica.
65 Ibide~ pag.43. • 66 Gesualdo Bufalino, QI!: cil, pag.38. - 51 - La danza, ricordo di una dimensione che Marta ha vissuto prima di ammalarsi, rappresenta la • gioia, la felicità di un corpo che muovendosi esprime un'annonia e una grazia che ormai sono scomparse a causa della rnalattia.
1 movirnenti impacciati della donna assumono una connotazione quasi umoristica, una messa
in scena assurda che ricorda vagamente le scenette dei cinema muto e delle corniche ma
suscitano, dopo una prima impressione comica, l'intinità pietà di chi legge (e di Gesualdo
stesso).
"Fu allora che ad aiutarla l'orchcsua imJppe con la sua cabaJa più potente: come su un'annegata archi e ottoni le si curvarono sopra, le sventolarono sulla Cronte un lenzuolo di suoni amic~ tutto un pandemonio preoccupato di note. Lei levô le braccia. quasi volessc sedarlo. poi pcr qualche istante non si mosse. si raccolse. 10 pregavo rra me e me perché vincesse una volta di più. e con tanla passione che fui cel10 poi d'csser stato io a salvarla. e nella mente me ne vantai.,.67 • Il tema della morte è nucleo fondamentale in L'uomo dal flore in bocca: "Mi lasci dire! Se la moite, Signor mio. fosse come uno di quegli insetti strani, schüosi. che qualcuno inopinatamente ci scopre addosso... Lei passa per via.: un aJtro passante aJl'improvviso. 10 fenna e con duc dita protese le dice: -"Scusi, pennette? le~ egregio signore. ci ha la morte addosso". E con queUe due dita protese la piglia e la butta via... Sarebbe magnifica! Ma la morte non è come uno di:resti insetti schifosi. Tanti che passeggiano disinvolti c alien~ forse ce l'banno addosso; nessuno la vede:"
Queste righe sono pervase da un'ironia amara che, nel prosegulre dei dialogo dei
protagonista, si caricherà sempre più di una rabbia e di una tensione tipica di chi, sicuro di
morire, si sente impotente.
Il sense di leggerezza che pervade l'opera cela in verità la presenza pietosa e angosciosa
insieme di una morte incombente; è qui che si crea una legame con Bufalino: il processo è
simile, la presenza della fine si preannuncia dapprima con toni quasi umoristici e sarcastici
67 Ibidem, pag.39. 68 Luigi Pirandello, L'uomo da( tiore in bocg, in Maschere nude, Milano: Mondadori Editrice, 1958. • Pag.SIO. - 52- (si veda a questo proposito la figura dei Gran Magro in Diceria de))'untore), per poi arrivare • ad un culmine di disperato abbandono e rinuncia alla lotta, 10 stesso percorso narrativo che segue Pirandello nell'opera presa in considerazione, la quale termina con parole ironiche e
tragiche allo stesso tempo:
"II primo cespuglietto d'ema su la proda. Ne conti i fili per me. Quanti fili saranno, tanti giomi ancora io vivrO. Ma 10 scelga 00110 grosso, mi raccomando. Buooa notte, caro signore.,,69
A oostro avviso l'atteggiamento di Pirandello e Bufalino è simile anche se trova espressioni
artistiche diverse. In questo senso è possibile tracciare un parallelo e parlare di intertestualità
nel modo in cui il secondo scrittore è stato intluenzato da un detenninato approccio alla
tematica della morte. • Queste nostre opinioni sono corroborate dal fatto che Bufalino conosceva le opere di Pirandello e che comunque quest'ultimo rappresenta un punto di riferimento nel panorama
letterario siciliano contemporaneo.
Non si pua parlare dunque di un rapporto diretto e stretto in sense testuale, piuttosto di una
vicinanza in senso filosofico, di una comunione di intenti e di visioni.
"...In sen la fede crolla indif~ e annebbiansl le care imagini serene e la focosa audacia baJda in reo stupor si scioglie tu allor, gigaote severo, t'imponi a le menti impassibile, e vi spiri un a1ito monal, che tutte!rostra 7 le mcmbra, 0 Dubbio..."
A chi per sempre sparve de l'aodar suo la meta, a chi più non si allieta di questo umano inganno
69 Ibidem, pag.512. • 70 Luigi Pirandello, Mal giocondo, liricbe composte tra il 1883 e il 1885. ara in~, pag. 484. - 53- e gli attri indarno accora; venga la mone~ e sia seoza compianti tralto fuor deUa BOstra via. • Quando WI3 volta ha morso. cmdele dipsa ~ il dubbio - e infuso il fiele; fonte non v'è di grazia...71
Questi versi risalgono al periodo giovanile di un Pirandello che, ben lungi dall'essere
approdato allo scrittore e al pensatore che conosciamo oggi, si interroga su une dei punti che
in seguito animerà la sua intera produzione.
Il senso di indagine, la voglia di capire le meccaniche della vita e, come conseguenza diretta,
un pessimismo che anima nel profonde l'arte pirandellian~ divengono una costante che
ritroviamo anche in Bufalino.
Filosoficamente questo atteggiamento è accomunabile al sense di crisi descritto in
moltissimi romanzi dei Novecento (Rubè di Giuseppe Antonio Borgese, Tre operai di Carlo • Bernari, Gli indifferenti di Alberto Moravia, Il fu Mattia Pascal dello stesso Pirandello, Vino ~ pane di Silone e moiti altri che in ltalia hanno dipinto con grande efficacia una situazione
di crisi dei valori umani e sociali). Bufalino ben si inserisce in questo contesto, sviluppando
questa tematica soprattutto neIl~ultimo suo romanzo:
"A quel punto la spina di una domanda, in apparenza la più insignificante e interlocutoria deUe dornande mi punse: ''E poi?" Natwalmente non seppi come rispondere ma uscendo di casa m'accorsi che un disagio m'era rimasto a mo di lisca tra dente e dente. (...) Cosi stando le cose fu fatale pcrdere le amicizie. gli affetti. l'impiego. Senza dolenncne più di tanto. in verilà. Rimuginando per estrema rivincita l'cstrema riserva mentale che avrei buttato in faccia aUa morte l'ultimo giorno: nE con cio?" Il72
71 Luigi Pirandel1o~ ~ di Gea. seritta nel 1890 a Bo~ ora in~, pag.508. • 72 Gesualdo Bufalino. Tommaso ~ il fotografo acco, op. cit~ pag.lO. - 54- La domanda che ricorrerà in tutta la narrazione, liE con cio?", nasconde in realtà una delle • prerogative fondamentali della concezione artistica di Bufalino, il quale sviluppa un pessimismo molto simile a quello che anima la produzione di Pirandello.
Sebbene i due scrittori approdino a soluzioni espressive diverse, si è riscontrata una forte
somiglianza per quel che riguarda il sense di crisi che entrambi rivelano nella
rappresentazione dei loro personaggi.
Se Pirandello cerca (e trova) una geniale apertura di questa tematica nel motivo della follia
(Enrico IV, Il berretto ! sonagli, ecc.), 10 scrittore di Modica si rivolge invece verso una
divinità che diventa pero un aneor più oppressivo punto di domanda:
It••.10 vedevo stamparsi sul fondo corrusco dei cielo. una sagoma di Giobbe, di lamentoso Mosè che in ginocchio arringasse Dio.
ItAndiamocene" gli dissi. in piedL dietro di lui. Non mi rispose. parlava con Dio. ora. e a me parcva di assistere ad un battibecco di civitoli in pretwa, la udivo che supplicava, sacramentava, suonava verso i quauro canti dei cielo il suo debole como di postiglione: "Ehi tu. t'ho visto, non rare il furbo, non fingere di non esistere! Dio. esistL li prego! Esisti. te 10 ordinol" • Nessuno gli rispose, a meno che non fosse risposta il telegrafo Morse della pioggia sui tetto della vettura. Dovetti portarlo via con la forza"73
La crisi dunque si manifesta in questo casa con il crollo di Iaccarino, une dei personaggi
meglio tratteggiati in Argo il cieco, il quale esprime con grande forza una delle
problematiche centrali in Bufalino: la vita sembra diventare una partita a scacchi con
qualcuno che non si vede e di cui si dubita l'esistenza stessa.
Non si arriva a soluzioni concrete. L'autore si protrae verso una dimensione metafisica di cui
non riesce ad intravedere i contomi. 1 suoi personaggi sono lacerati da una tensione che li
porta a interrogarsi sulla divinità e che non trova ovviamente risposta 0 consolazione nella
fede; ne risulta una chiusura in se stessi, il rifiuto della società che li circonda (vedi la figura
• 73 Gesualdo Bufalino, Argo il cieco. op. cil, pag.146/147. - SS- di Tommaso nell'omonimo romanzo, in cui il protagonista si nega la partecipazione attiva • alla vita rifugiandosi in une scantinato ed evitando l'engagement).
Il Gesualdo di Argo il cieco ad esempio~ propane la letteratura come rimedio al "male di
vivere" (per usare l'espressione di Montale); il romanzo stesso è il risultato di una specie di
diario scritto nel ricordo della gioventù siciliana dal narratore malato in un albergo romano.
La Scrittura (con tutta la sua valenza divinatoria) si propone allora come mezzo terapeutico
per sedare 0 perlomeno alleviare i dolori provocati dall'inevitabile scontro con l'universo:
"Benché io continui a chiedenni in nome di Dio. cos'è il più... Se è l'atrabile dei sessant'anni. e le inutili eccezioni deUa difesa neUa penultima udiel17A Universo versus G.B.; se è l'addio deUe giovinette in tiore. le qualL quando mi guardano è come se guardassero un mobile da scansare. (...) Insonuna. per la seconda volta in due giomi. senza preavviso ma dolcemente. mi conquisto il difficile orgasmo delle lacrime.,,74
Lo stato delle figure descritte in genere da Bufalino è di sofferenza, di profonde sconforto
• una volta di fronte ad una realtà che spesso viene fuggita grazie alla memori~ tematica di
cui si è già ampiamente parlato.
Ritomando quindi a Pirandello~ potremmo affermare che le inf1uenze che quest'ultimo ha
esercitato su Bufalino sono importanti ma non per quel che riguarda l'aspetto stilistico, in
cui si nota invece una posizione quasi antitetica tra i due, piuttosto per l'approccio ail'arte, i
nuclei tematici presi in considerazione el'atteggiamento sarcastico e ironico di cui si
servono per intraprendere un dialogo collettore.
Tuttavia se nel primo illinguaggio è subordinato agli atti e alla rappresentazione della realtà,
in Bufalino il rapporto è diametralmente opposto: la narrazione infatti cede il passo a una
• 74 Gesualdo Bufalina. Q1L cil, pag. 109. - 56- miriade di giochi stilistici~ note di colore ben dosate che conferiscono al suo discorso il • sapore e la ricercatezza letteraria. Basti citare alcune frasi in Diceria dell'untore:
"Più tardi mi affacciai a respirare il cielo di fuorL guardavo nella striscia tra le cimase passare ucœlli di mare~ basto il loro grido a precipizio su di me a fanni fiorire nel cuore un singhio12o di bufera abonita. irragionevole gemito di bambino che si rigira nel sonno.,,75
É quindi da escludere l'influenza stilistica di Pirandello che invece a nostro avviso ha fomito
a Bufalino l'ironia, la sottile, contemporanea arte di descrivere l'individuo nella profondità
della sua disperazione.
• IlL2: Gesualdo Bufalino e Vitaliano Brancati. Per un approccio intertestuale. "Gianfranco Contini non fa grazia a BrnnC3tÏ nel suo pantheon novecentesco. Dispiace. in un critico che amiamo. tante pregiudizio verso uno serittore che amiamo. Specialmentc perché corrobora e premia chi a lungo sospcttava di evasione idcologica quell'amaro e lucido disincanto. Cio nonostante Brancati cresœ. Matwano tempipropizi a spogliarlo della sua eùchetta di nosttano Gogol dei poveri. taseabile c perituro. Cosi sia,,7
A trent'anni dalla morte di Brancati (Pachino, Siracusa, 7 luglio 1907 / Torino, 25
settembre 1954) Bufalino 10 ricorda con queste affettuose parole apparse nella raccolta
Cere perse." Queste frasi non solo ci danno un'indicazione sicura sul fatto che il
nostro scrittore conoscesse a fondo l'opera di Brancati, ma soprattutto si fanno
testimoni di un atteggiamento di stima e di affetto corroborato anche probabilmente
dalla comune provenienza isolana.
75 Gesualdo Bufalino. !&cil, pag.55. :~ Gesualdo Bufalino, Cere perse~ da) volume ~ 1981-1988, pag. 854. • Op. cit.. pag. 43. - 57- Il verbo lfamiamo" che Bufalino usa nel brano appena citato, pua essere si interpretato • come una sorta di plurale meliestatis con cui esprime una propria impressione e propensione, ma ci sembra piuttosto voler rappresentare una coralità di voci, un
sentito e ossequioso appoggio di tutta la Sicilia 0 perlomeno di tutta una classe
intellettuale che si sente profondamente legata aJl'opera di Vitaliano Brancati.
Questo autore infatti appartiene alla tradizione letteraria siciliana dei Novecento e ne
diviene affascinante interprete grazie ad alcuni romanzi che hanno conosciuto un
notevole successo e hanno attirato l'attenzione della critica italiana.
Per delimitare l'ambito della nostra ricerca ci serviremo in questa sede soprattutto di
due opere, le più conosciute ed apprezzate, di Vitaliano Brancati: Don Giovanni in
Sicilia78 e Il beU' Antoni079
• Un breve cenno alla dimensione biografica ci sembra essere utile al fine di tracciare un sommario ritratto di questa importante figura e soprattutto per poter rintracciare gli
elementi che anche da questo punta di vista 10 avvicinano a Bufalino.
In primo luogo la provincia: Brancati nasee a Pachino, come si è già detto, la cittadina
più meridionale d'Italia, nella parte più a sud della Sieilia:
"Pachino è posta su di un'a]tura battuta da! vento dei due mari: 10 Ionio e il Mediterranco. Questo venta spaz2a continuamente il paese e fa brillare i ciotoli come diamanti. Le strade sono !argile. bianchc c tutte riunite altorno a una grande piauAl centrale che. pcr essere il punto più alto dei paese. è visibile da quaJsiasi posto cd ha l'aspetto liscio. il colore rosso che hanno i luoghi battuti dal vento.,,80
E Bufalino:
78 Vitaliano BrancatL Don Giovanni in Sicilm, Milano: Bompiani. 1942. • 79 Vitaliano BrancatL Il bell'Antonio, Mi1ano: Bompiani, 1949. - 58- "Sicché m7 era venuro, contro le solite selci che mi toccava ogni giorno battere su e giù con le suole, W13 sorta di malanimo inene, a cui ntUlcava un niente per diventare rancore. Le avevo amate da ragazzo quelle pietre. Quando bastava qualunqlle parteD7B per danni pena, e non mi saaccavo da) finestrino finché vi • resi5tesse la sembianza familiare di un campanile. (...) Dpaese riassumeva in me ogni concepibile luogo di intimità collettiva: mercato, chiesa, teatto, camposanto... (...) Attri tempi. E che non dwarono. Da un giorno all'altro quest'immagine dei paese come focolare mi cadde dal cuore. (...) Ma ecco alrimprovviso una ma~ uscendo di casa. un grido d'ambulante che non sentivo da tanto mi morse e persuase il cuore. Poche siUabe rauche da una gola di vecchio. (...)AlIora pensai che io avevo succhiato tanti suoni e fumi di librL e m'ero gremito di parole come di albumine per Oebo un malalo; pensai quanto somigliasse al mio quel destina sconfitto. accanlo a una carretta di magre lattughe. "81
1 due brani non possono essere messi in relazione l'uno con l'altro, ma in questo caso non si
vuole rintracciare un legame intertestuale vero e proprio, si cerca piuttosto di mettere in
relazione due aspetti biografici che accomunano entrambi gli scrittori.
Provenienti da un piccolo paese, di cui parlano volentieri e che spesso diventa sfondo
inconfondibile delle loro narrazioni, sia Brancati che Bufalino vivono questa situazione in
modo simile e la traspongono a più riprese nella loro arte. • Il primo vive la sua giovinezza "nella provincia siciliana (che) favorisce il sorgere di une stato di isolamento e insieme di disposizione alla fuga nella fantasia che sarà un motivo
centrale dell'arte delle scrittore_ ,,82
Ed è proprio questa propensione ail'isolamento che 10 accomuna a Bufalin07 la continua
tensione e attrazione verso ta città (come abbiamo visto nel seconde braDo autobiografico
sopra citato) e il ritomo all'atmosfera familiare dei paese natio.
Questo atteggiamento sfocia in una soluzione tematica comune ad entrambi che abbiamo
rintracciato sia in Tommaso ~ il fotografo ciec083 che nel Don Giovanni in Sicilia.84
80 Vitaliano Branca~ ~Il nonno", Il vecchio con gli stivali ~ alm rncconti, Milano: Bompiani, 1946. 81 Gesualdo Bufalino, Musee d'ombre, op. cil, pag.14. 82 Giuseppe Amoroso, Vitaliano Br:mcati, Il castoro n. 133, Firenze, gennaio 1976, pag.168. 83 Gesualdo Bufalino, op. cil • 84 Vitaliano Branca~ op.cil. - S9- 1 protagonisti amano isolarsi in ambienti chiusi evitando il contatto con il mondo estemo 0 • perlomeno cercando di rientrare in questa specie di bozzolo non appena se ne intravede l'occasione.
Per Giovanni non è solo una questione di isolamento fisico, si tratta anche di un piacere
sottile nel ritrovarsi sol07 indisturbato, libero di fantastieare, dormire e sognare:
"Quest'uomo, che sveniva alla vista di una caviglia, pensava con paura che un ginocchio freddo potesse sfiorarlo durante il sonno, 0 la IJOna socchiudersi. nel pomeriggio. e una testa atIacciarsi dicendo: .vru donni troppo. Giovannil" Nelle lungbe ore in cui non avrebbe detto una paroJa nemmeno per avvertire che la casa brociava, e si crogiolava nel proprio silenzio. e sentiva ogni momento il piacere di non essere costretto a parlare. la sua fantasia faceva un salto verso le cose più orribili e fla queste trovava una battuta, pronunciata piano piano da una voce femminile imbronciata: "Perché non dici nulla. Giovanni, alla lua mogliettina?». Era fatto cosi. ,,8S
La deserizione che Brancati fomisee al lettore è senza aleun dubbio molto riuscita e riesce a
dare un'immagine di Giovanni molto peculiare e interessante. Questo personaggio prova • piacere nel non impegnarsi, sentimentalmente e fisicamente nei confronti della vita. Sappiamo che prima di incontrare Ninetta, che diventerà sua moglie, non sopportava
l'attività frenetica dei lavoro7 i rapporti troppo seri con le donne e tutto cio che potesse
distoglierlo dal riposo quotidiano nella sua camera piena di cuscini e tappeti.
Questa sua propensione al ritirarsi un po' da ogni cosa cade nel momento in cui scopre di
essere ricambiato in amore da Maria Antonietta dei Marconella, ragazza vivace e avvenente,
che vantava il maggior numero di corteggiatori nel paese.
Inconsciamente Giovanni si sente spinto a cambiare nel profondo le sue abitudini e a
diventare un modello di attività ed efficienza. Finché, una volta sposatosi e trasferitosi nel
turbinio della vita milanese, decide di rientrare in Sicilia, con tutte le connotazioni che • questo viaggio porta con sé. - 60· L'isola è simbolo della sua vita da scapolo, della pigrizia, della possibilità di rinchiudersi in • se stesso senza partecipare attivamente a niente. Infatti il romanzo si chiude con un'immagine molto riuscita: Giovanni dopo un pranzo a casa
delle soreIle, si addormenta nella sua vecchia camera e dorme un pomeriggio intero
lasciando che Ninetta se ne vada indispettita nella residenza patema.
Questo atteggiamento è 10 stesso che caratterizza il protagonista dell'ultimo romanzo di
Bufalino: Tommaso si è ritirato nello scantinato di un immobile per fame da custode
preferendo rinunciare a un'esistenza normale, abbandona quindi la moglie e si chiude in
questo ambiente protettivo e assolutamente distaccato dalla vita estema.
Anche lui come Giovanni si abbandona a giomate intere di sonno e pensieri solitari:
"V'è una contraddizione che salta agJi acchi neDa mia scelta di solitudine. Di regola un solitario va in cerca di deserti 0 asprezze montan~ io viceversa. fuor d'ogni tradizione. ho ripiegato su un ercmo urbano. addirittura metropolitano. Sciogliendomi da ogni obbligo civile e familiare, sottraendomi a tutte le sorprese dei possibilc per • consegnanni a Ulla monotonia che mi ~ io ho ottenuto di ridurre il rnppono con gli altri ad un cconomico scambio di saluti e cerimonie. Per cui, nei miei placidi arresti domiciliarL ogni allannc è cscluso. l'uswa dei sentimenti è irrisoria. posso vivere al rispannio rra persone volatili e scivolose quanto le comparse di un film. ,,86
Anche la propensione ail'ozio e il piacere dei sonno li accomuna:
"Fra questi giudiziosi pensamenù mi addonnento ancora una volta e stavolta sul serio. tutto di fila. cial pomeriggio aUa notte fonda. 1187
Il non partecipare attivamente a niente è dunque un atteggiamento comune che
contraddistingue i due protagonisti, i quali loro malgrado nel corso delle narrazioni si
trovano coinvolti in vicende che cambiano radicalmente le loro abitudini, per Giovanni
85 Ibidem. Pag.58. 86 Gesualdo Bufalino, op. cil, pag.18. • 87 Ibidem, pag.26. - 61 - l'innamoramento e il matrimonio con il conseguente trasferimento, per Tommaso una • vicenda di baccanali tra ricchi che culmina con un omicidio. Le somiglianze sono moite ma queste non si riscontrano veramente a livello strettarnente
testuale, si tratta piuttosto di una influenza di Brancati su Bufalino a Iivello contenutistico:
non è possibile infatti dimostrare con sicurezza un casa di intertestualità ma la
caratterizzazione cosi simile dei due personaggi ci porta a supporre che 10 scrittore di
Modica si sia rifatto al Giovanni brancatiano.
L'aver vissuto e conosciuto a fondo l'ambiente chiuso e in un certo sense asfittico della
provincia siciliana ha a nostro avviso influito sul processo che in entrambi gli scrittori regola
la trasposizione delle visioni e delle percezioni della particolarissima dimensione isolana in
parte integrante della narrazione. • Vediamo in dettaglio:
"...infine tornava per una via deserta e quasi in campagna. rasentando un lavatoio pubblico odoroso di sapone e alcuni om di Iattughe e di cavoli, finché non rientrava a Catania attraverso un dedalo di vicolelti tonuosi ancora caldi degl'infiniti monelli che durnnte il giorno solevano ingombrarü; e sempre. in questa sua passeggiata, teneva il capo arrovesciato e gli occhi fissi nel cielo. quel vivo. caldo. pienissimo cielo dei sud che, nel punto in cui tennina il tetto 0 la terrazza 0 la cima dell'albero. subito comincia. e noo vago, pcrplesso e diradato come accade oeUe cinà dei nord, ma già densissimo e fittissimo cielo, già maestoso e tacitumo quale puo trovarsi a mille anniluce daUa terra. ,,88
La prima impressione leggendo questo brano è quella che domina anche tutto il resta di
questo romanzo di Brancati che, con grande leggerezza e precisione di stile allo stesso
tempo, situa la vicenda in una dimensione paesana in cui ogni singolo personaggio occupa
un ruolo ben definito e diventa stereotipo di una determinata classe sociale.
• 88 Vitaliano BrancatL Il bell'Antonio, Milana: Bompiani Editore. 1949. Pag.84. - 62- Ma tomiamo alla descrizione pura e semplice dei paesaggio. L'aspetto che più colpisce il • lettore è il paragone con il cielo dei nord, "vago", "perplesso" e "diradato", come ad indicare che gli anni trascorsi dal protagonista nel "continente" non potevano in nessun modo
eguagliare in intensità e forza la dimensione dei paese natale, al sud.
Questo è soltanto un esempio di come Brancati crei una dimensione che è tipicamente
isolana e la proponga al lettore come una forma chiusa di paese, con le caratteristiche di
immobilità che la contraddistinguono.
1 personaggi proposti fuoriescono da questa dimensione spontaneamente, non sono altro che
la risultanza più diretta di un ambiente culturale e sociale assolutarnente siciliano e ne
rappresentano coi loro gesti e le loro credenze il significato profondo.
Prendiamo ora in esame il romanzo "della rnemoria" per eccellenza di Bufalino, Argo il
cieco, e pensiamo all'ambiente descritto, alle scene di paese in cui l'io narrante si immerge • completamente in un'atmosfera che è caratterizzata dalla stesso sapore, dagli stessi colori che appaiono nella narrativa di Brancati.
"Fui giovane e feHce un'estate, nel einquantuno. Né prima né dopa: quelrestatc. E forse ru grazia dei luogo dove abitavo, un paese in figura di melagrana spaecata~ vieino al mare ma campagnolo~ mctà ristretto su uno sprone di roceia, metà sparpagliato ai suoi picdi; con tante scale fra le due metà, a far da paeieri, e nuvole in cielo da un campanile ail'altro, trafelate come staffette dei Cavalleggeri dei Re.....89
E ancora:
"Un teatto era il paese, un proscenio di pietre rosa, una festa di mirabilia. Ecorne odorava di gelsomino sul far della sera. Non finirei mai di parlame, di ritomare a specchiarmi in un cosi tencro miraggio di lontananze; di rivedermiei quando la mattina uscivo incontro aile peripczie della vila, offcrto alla vila intera ai suoi colpi di dadi c profusioni di risa e pianti, e concerti di campane. ,,90
89 Gesualdo Bufalino, Op.Cil, pag.27. • 90 Ibide~ pag.31. - 63- 1 paesaggi sono gJi stessi, i vocaboli usati si riferiscono in entrambi i casi alla percezione di • suoni, odori e immagini. Bufalino attua 10 stesso processo che anima le descrizioni di Brancati: l'attenzione si sposta
sui sentimenti che la dimensione estema suscita nell' individuo che la percepisce, il lettore è
quindi portato ad immaginare non solo visivamente ma anche dal punto di vista sensoriale
un paesaggio che grazie a questo espediente diviene molto ben caratterizzato.
L'universo visivo che si apre è quello tortuoso dei paese lia forma di melagrana", il dedalo di
vicoli che i due scrittori menzionano è il primo elemento che fornisce un'idea di
raccoglimento, di chiusura da cui si intravede il cielo. Anche in questo caso la
contrapposizione aperto/chiuso è simboleggiata dalla dicotomia cielo/terra.
Gli odori di lavanda (nel primo casa) e di gelsomino (nel seconda) che aleggiano nell'aria in
entrambi gli scenari provengono dallo stesso ambito: le piante che sono più frequenti in • Sicilia.
Un altro aspetto che Bufalino sembra aver "ereditato" da Brancati è l'approccio dei
protagonisti verso la figura femminile. In generale l'analisi dei rapporti tra uomo e donna
sono per entrambi un espediente per avvicinare ed esprimere meglio un universo siciliano
che, ancora una volta, ha caratteristiche molto specitiche.
La donna non è mai descritta secondo criteri morali 0 seguendo una metodologia che
prediliga l'aspetto interiore della persona. Anche in questo casa è l'universo dei sensi che ha
la precedenza, in una narrazione che si fonda proprio su queste impressioni sensoriaIi per
fornire al lettore il primo approccio con queste figure. • - 64- Ne Il bell'Antonio91 il protagonista (e chi legge allo stesso tempo) incontra per la prima • volta Barbara e si invaghisce di quella che diverrà sua moglie soltanto dopo uno scambio di sguardi; la descrizione di questo incontro è dominata da impressioni che si riferiscono ai
sensi:
"Una leggem gomitata della madre l'avveni che poteva rimettere negli occflL pudicamenle diradati. 10 sguardo e l'attenzione. Barbara impresse al suo viso ovale, raccolto in un ricamo violello. Wl piccolo giro a sini~ uno più lungo 10 impresse aile pupille che lasciarono scopeno Wl bianco abbacinanle, e vide Antonio che la guardava. Un istantaneo vacillamento dei passo la s1aCCÔ dalla madre la pono vicinissima al giovane che potè sentime l'odore di velo. di pelle bmscamente riscaJdata da) sangue. di forcine di tartanJga e d'indumenti conservati a lungo insieme a vecchi fiori, odore che nessuna donna di Roma a\'eva mai posseduto e che gli saetto dentro la came come 000 scotimento profondo. Egli rimase immobile. seguendo il corso di quella specie di serpe che gli em entrato nei nervi e li mordeva alla radicc. ,,92
Il gioco di sguardi~ attimo di brevissima durat~ è descritto con una precisione che dilata
l'istante e ne coglie gli effetti in entrambi i giovani. Il turbamento di Antonio~ innescato da
una combinazione di sensazioni visive e olfattive~ diventa profondo seguendo un andamento • che dallivello superficiale ed esterno dell~immagine e dei profumi~ si sposta arrivando alla dimensione interiore dei giovane, ai suoi pensieri più intimi.
Questo spostamento dall'estemo verso l'interno è magistralmente testimoniato dalla scelta
dei vocaboli: ail' inizio dei brano questi si riferiscono a oggetti e sensazioni esteme ("un
ricamo violetto", "un bianco abbacinante"~ "l'odore di velo", "forcine di tartaruga", "vecchi
fiori", ecc.), mentre l'interiorizzazione si attua mediante termini che si rifanno a una
dimensione profonda come "nervi" e tlradice" .
91 Vitaliano BrancatL QR: cit Pag.S3. • 92 Vitaliano BrancatL Ibidem. - 65- Abbiamo riscontrato un processo narrativo simile in Tommaso ~ il fotografo ciec093 nel bel • mezzo di una delle tante considerazioni che l'io narrante inserisce a interrompere l'intreccio e il ritmo incalzante degli avvenimenti:
"Cominciamo con Ulla preliminare ispezione dei soggetto. Vediamo un po': la ragazza è bella. ma più un'apparizione dalle labbra cucite che Ulla presenza camale. Né io, fino a quando si è limitala a tener chiusa la bocca.. le ho prestato allra attenzione che di generico. Ruttuante desiderio. Ergo. è stala la voce. c le cavatine che queUa voce ha intooato. ad accendere in me la miccia deIl'esplosione. Una voce di contralto, che ad ogni istaDte rinnova le sue inflessioni. traendone carezze viziose sui nervi: come due dita che sfiorino i capelli e la nuca.. "94
Ci sono differenze vistose tra le frasi che abbiamo appena letto e il brano serino da Brancati
ma anche e soprattutto alcuni fondamentali punti di contatto.
In primo luogo le due azioni si svolgono in una dimensione temporale diversa: in
quest'ultimo casa ci troviamo di fronte ad una serie di pensieri che seguono i numerosi
incontri tra Tommaso, il protugonista dei romanzo, e Le~ inquilina dello stesso stabile, • affascinante e misteriosa . Se volessimo usare un termine cinematografico diremmo che se nel primo brano l'azione si
svolge in presa diretta, nel seconda si utilizza invece la tecnica delf/ash bock, anche se la
scena che ne deriva non è il semplice e lineare espediente dei rivivere i fatti grazie alla
memoria, piuttosto una sorta di sunto sulle caratteristiche fisiche della ragazza che
inizialmente non aveva mai rivolto la parola a Tommaso.
Questi pensieri sono arricchiti da una tensione che si risolve Dell' autoanalisi dei soggetto
narrante: il risultato che fuoriesce da questo procedimento è un'introspezione e una
progressiva interiorizzazione di un oggetto, la ragazza, filtrato da un processo conoscitivo
93 Gesualdo Bufalino, Milano: Bompiani, 1996. • 94 Ibidem, pag.69. - 66- che non si soifenna tanto sulla descrizione tisica in sé e per sé, anzi mira alla scoperta delle • reazioni interiori di chi parla.
Tomando al testa scopriamo che l'aspetto estetieo della giovane donna aveva giocato un
ruolo importante nel processo conoscitivo dei due ma non fondamentale. La vista da sola
non era bastata a far seattare il meccanismo dell'innamoramento il quale inveee si mette in
atto nel momento in eui un'ulteriore percezione sensoriale le si assomma: quella dell'udito.
La voce della ragazza colpisce il protagonista e 10 affaseina a tal punto che egli stesso, nel
proseguire della narrazione, si stupisce di come un elemento cosi futile e banale abbia potuto
fare la differenza tra il "generieo e fluttuante desiderio" e un interessamento più profondo.
In ogni casa questo non è che un esempio di come la percezione della donna, delle immagini
che l'accompagnano sia trattato in modo assolutamente simile a quello di Brancati. • Il linguaggio stesso usato nelle deserizioni di questo tipo si assomiglia: in entrambi è molto eurato, molto specifieo e assolutamente poetico. Con questo termine ci si riferisce a una
determinata selezione e combinazione di vocaboli che appartiene ail'ambito della
composizione in versi e ehe comunque differisee da( registro usato regolarmente nello
svolgimento dell'intreecio.
Sia in Brancati ehe in Bufalino si avverte una sorta di pausa nel ritmo spesso inealzante della
narrazione, come una sospensione dei fatti e dei ragionamenti a favore di un piacere quasi
morboso della visione, della sfera sensoriale che nell'uomo si acuisee al contatto con la
donna.
L'immagine di quest'ultima è indissolubilmente legata ad altri nuclei tematici che
accomunano i due serittori: gli sguardi che si seambiano i giovani per corteggiarsi, • l'occasione della messa per poter vedere le ragazze più belle, le fantasie tra amici. - 67- "Quando non s'intrecciavano acerbe schenue d'amore, occhi contro occhi, longe i sagrati domenicali deUa • Matrice. deU' Amlunziata. con le I3gazze che andavano a messa. 0 non ci si spossava seduù al caftë di fanlasie senza costnJtto, aiz7Amdo cmdelmente nel sangue le difficili pubertà di provincia. "95
Le stesse situazioni si ritrovano soprattutto nel Don Giovanni in SiciliD, in cui il protagonista
fin da piccolo con gli amici si recava nelle chiese per "scoprire quali fossero disposte fra
tante (a concedersi). Questo si poteva capirlo dallo sguardo che ciascuna gettava dallo scialle
alzandosi dall' inginocchiatoio.,·96
Dagli aspetti che sono stati isolati nel corso di questa trattazione si pu6 dedurre l'importanza
che la figura di Brancati ha avuto nel processo creativo di Bufalino; in generale possiamo
affermare che l'attenzione di cntrambi gli scrittori (e di moiti altri siciliani) si concentra
sull'aspetto sociale della produzione letteraria, ('arte si lega indissolubilmente alla vita e da • questa trae i centri di interesse fondamentali, gl i spunti che permettono alla scrittura di diventare simbolo primo di una dimensione siciliana sempre in primo piano.
95 Gesualdo Bufalino, I! fiele ibleo, op.cil. pag.72. • 96 Vitaliano Brancati, op.cit., pag.37 - 68- • ConcillsioIJe La letteratura siciliana presenta contorni atTascinanti e ricchissirni di spunti creativi molto
validi.
Sebbene appaiano chiarissime le innumerevoli ditTerenze tra gli scrittori presl 10
considerazione, la prerogativa che più risalta è la fonte cornune di un'arte composita e
vivace come quella siciliana.
Ogni personalità letteraria ha saputo interpretare una realtà isolana da cui è impossibile
prescindere, una dimensione che trova uno spazio proprio nel tessuto narrativo di ogni opera
rappresentandone 10 spirito vero e profondo.
Bufalino ha colto e descritto con grande sagacia quest'essenza, la sfumatura 0 colore intenso • che nessun "continentale" mai riuscirebbe a delineare con la stessa vivacità e passione: liNon so se altri luoghi in pari mi~ ma la Sicilia - causa ne sia un eccesso 0 un difetto d'identilà - non fa che investigarsi e discorrere pennaJosamente di sé. Sofisti~ interrogativa. superba. ora si presume nazione e ombelico matematico delruniverso; ora si accascia in una sorta di rancoroso stupore. che solo rompono di tante in tante fulmini di bellissima intelligema. Terra infelice, che ogni mattino a chi ci vive e ne scrive impone 10 stesso monotone dubbio: se gli convenga. tappandosi occhi cd orecchie, eleggerla a proprio eroico eliso: 0 se debba mischiarcisL inzupparsene. ammalarsene, come l'innamorato che in un grembo infetto cerca di proposito l'assoluto di un'estasi e di una morte. Si fmisce, quasi sempre. con 10 scegliere la via di mezzo: di descrivere fasti e nefasti municipali. climi. opere e contegni deU'uomo. senza vietarsi di confondere con le ragioni deU'odio-amore i pettegolezzi della memoria privata. É la via mena solenne ma più utile, dopotutto: corn'è utile per ricostruire 10 scheletro di un misterioso animale, il pezzeuo d'osso che il geologo trova sotto le dita nelle viscere polverosc di un terreRo arato da secoli. ,,97
• 97 Gesualdo Bufallino, Saldi d'autunno. Milano: Bompiani editori. 1990. Pag.7. - 69- • BIBLIOGRAFIA
OPERE DI GESUALDO BUFALINO
Diceria dell'untore. Palermo, Sellerio, "La memoria", 1981 cui si accompagna il volumetto di autocommento Istruzioni per l'uso in edizione non venale; ristampata insieme a Istruzioni per l'uso e Museo d'ombre dal Club degli Editori. Milano 1982; ripubblicata da Sellerio, "II castello", 1990
Museo d'ombre. Palermo, Sellerio, "La memoria", 1982
L'amaro miele. Torino, Einaudi, "Collezione di poesia", 1982; nuova edizione accresciuta, Einaudi 1989
Dizionario dei personaggi di romanzo da Don Chisciotte all'Innominabile. Milano, il Saggiatore, "Biblioteca delle Silerchie", 1982; Milano, Mondadori, "Oscar Saggi", 1989
Dicerie coniugali. Palermo, Sellerio, 1982, edizione non venale
Il vecchio e l'albero (con un'incisione originale di L. Cottini), Milano, Sciardelli, 1983 (quademi de Gtamici della Noce; racconto confluito poi in L'uomo invasol • Argo il cieco ovvero i sogni della memoria. Palenno, Sellerio, "La memoria", 1984; JI castello", 1990
Mod. 740 (con un'incisione all'acquaforte di F. Rognoni). Milano, Sciardelli, 1984 (elzeviro confluito in Cere perse col titolo Il gabelliere e le Muse)
Cere perse. Palermo, Sellerio, "la diagonale", 1985
La bellezza dell'universo (con 1re disegni e un'incisione di A. Manfredi), Cava dei Tirreni, Avagliano, 1986 (racconto contluito in L'uomo invaso)
L'uomo invaso e altre invenzioni. Milano, Bompiani, 1986; Tascabili Bompiani, 1989
Il malpensante. lunario dell'anno che fu. Milano, Bompiani, "Nuovo portico", 1987
La luce e il lutto. Palermo, Sellerio, "La diagonale", 1988
Le menzogne della notte. Milano, Bompiani, 1988; Milano, Club degli Editori, 1988; Tascabili Bompiani, 1990; edizione scolastica a cura di N. Zago, Bompiani, 1991
Saline di Sicilia. Palermo, Sellerio, "1 ctisralli", 1988 Il matrimonio illustrato (con Giovanna BufSlino), Milano, Bompiani, 1989; Milano, Club • degli Editori, 1990 -70 - Trittico (contiene La panchina di G. Bufalino, Catarsi di V. Consolo, Puando non arrivarono • i nostri di L. Sciascia e A. Di Grado), Catania, Sanfilippo, 1989 Invito aile "Fêtes galantes" di Verlaine (con incisioni di C. Tolomeo), Mitano, Sciardeili, 1989 (testo confluito in Sa/di d'autunno)
Cur? Cui? Puis? Ouomodo? Puid? At ti dei wordshow-seminario sulle Maniere e le ragioni dello scrivere. Taormina, Edizioni di "Agorà", 1989, edizione non venale
Calende greche. Napoli, Guida, "La c1essidra", 1990
Calende greche, frammenti di una vita immaginaria. Farigliano (Cuneo), Milano, 1990, edizione non venale (l'opera è stata ripubblicata nel 1992 da Bompiani, con il titolo Calende greche, ricordi d'una vita immaginaria, con tagli, aggiunte e correzioni dell'Autore rispetto ail'edizione non venale citata)
Saldi d'autunno. Milano, Bompiani, ''Nuovo portico", 1990
Qui pro QUO. Milano, Bompiani, 1991
Secondo battesimo (con incisioni di P. Guccione), Trento,Gullo, 1991
L'inchiostro dei diavolo (con un'acquafortedi S. Viganone), Milano, Sciardelli, 1991 • (elzeviro già precedentemente edito in Cere perse) Pagine disperse. A cura di N. Zago, Caltanisetta-Roma, Sciascia, 1991, edizione non venale
Il Guernn Meschino. Catania, Il Girasole, 1991, edizione non venale
Tommaso e il fotografo cieco. ovvero il Patatrac. Milano, Bompiani, 1996
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