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L AVORI E S TUDI DELLA S OPRINTENDENZA A RCHEOLOGIA , B ELLE A RTI E P AESAGGIO PER L ’ AREA METROPOLITANA DI R OMA , LA PROVINCIA DI V ITERBO E L ’E TRURIA MERIDIONALE 12 MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGIA, BELLE ARTI E PAESAGGIO PER L’AREA METROPOLITANA DI ROMA, LA PROVINCIA DI VITERBO E L’ MERIDIONALE

Lazio e 12

a cura di ALFONSINA RUSSO TAGLIENTE, GIUSEPPINA GHINI, ZACCARIA MARI

Atti del Convegno

Dodicesimo Incontro di Studi sul e la Sabina

Roma 8 - 9 giugno 2015

EDIZIONI QUASAR MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO

DIREZIONE GENERALE ARCHEOLOGIA, BELLE ARTI E PAESAGGIO

SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGIA, BELLE ARTI E PAESAGGIO PER L’AREA METROPOLITANA DI ROMA, LA PROVINCIA DI VITERBO E L’ETRURIA MERIDIONALE

a cura di Alfonsina Russo Tagliente, Giuseppina Ghini e Zaccaria Mari

Coordinamento Giuseppina Ghini

Impaginazione e grafica Alessia Palladino

© 2019 Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale

ISBN 88-7140-978-992-4

Edizioni Quasar di S. Tognon srl via Ajaccio 41-43 00198 Roma www.edizioniquasar.it ROMA, PALAZZO PATRIZI CLEMENTI Presentazione dei volumi 10 e 11 di “Lazio e Sabina” - 23 febbraio 2017 Presentazione

Da direttore dell’Ufficio che da luglio 2016 ha competenze di tutela sulla metà settentrionale del territorio laziale, territorio di cui trattano gli studi e le ricerche che sono presentati in questo volume, introduco con apprezzamento ed orgoglio gli atti del dodicesimo Incontro di studi organizzato dall’allora Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria meridionale che si è svolto l’8 e il 9 giugno 2015. Come di prassi, le relazioni esposte e il contenuto dei poster vengono pubblicati in un numero monografico degli Atti del Convegno “Lazio e Sabina”, fiore all’occhiello dal 2002 dell’attività scientifica della Soprintendenza allora denominata “Archeologica per il Lazio”. Relatori del Convegno sono stati docenti e ricercatori universitari, studiosi afferenti a vari Istituti di cultura stranieri, archeologi liberi professionisti, funzionari archeologi delle due Soprintendenze che oggi si dividono la tutela intersettoriale del territorio laziale (con l’eccezione del di Roma): la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l’Area metropolitana di Roma, la Provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale e la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di , Latina e . La nuova configurazione degli uffici voluta dalla riforma ministeriale 2014-2016 non impedisce l’esercizio delle tradizionali funzioni scientifiche della tutela dei beni archeologici. Al contrario – almeno per quanto riguarda l’“archeologia preventiva” – la vicinanza dei tecnici che istruiscono le pratiche autorizzative e seguono l’esecuzione di opere pubbliche e private, oltre a determinare le migliori condizioni per un’interlocuzione efficace con i soggetti proponenti, favorisce la migliore valorizzazione di eventuali beni archeologici rinvenuti. L’attività di valorizzazione comprende, infatti, sia la promozione della conoscenza, sia la messa in atto di soluzioni per la pubblica fruizione; e dunque la comunicazione degli esiti della ricerca archeologica e l’eventuale indirizzo progettuale per far convivere quanto rinvenuto con le nuove opere, all’esito di una valutazione scientifica del dato archeologico e paesaggistica del bene scavato e della nuova opera nel contesto. Tra i contributi presenti nel volume va rilevata la presenza di relazioni illustranti rinvenimenti legati all’applicazione di procedure normative. Se da sempre, infatti, l’attività di studio derivante dalle ricerca archeologica delle soprintendenze, in proprio o in concessione, trova occasione di comunicazione e di pubblicazione, i risultati dell’archeologia preventiva sono novità degli ultimi decenni. E se tali comunicazioni, unite a quelle sui rinvenimenti occasionali, sono frequenti a livello locale nelle diverse occasioni che offre il territorio, è solo con questi periodici appuntamenti istituzionali che le informazioni vengono fornite nelle sedi opportune e con la pubblicazione degli Atti vengono messe a disposizione degli studiosi e non solo. Lascio alla lettura di quanto scritto dalla Dott.ssa Alfonsina Russo, che mi ha preceduto nella direzione dell’Ufficio e che nel 2015 guidava la Soprintendenza organizzatrice del Convegno, la descrizione dettagliata del contenuto del volume, limitandomi, per formazione professionale ed esperienza personale all’interno del Ministero, a cogliere di queste pubblicazioni la grande utilità per la ricerca scientifica fine a se stessa e per le attività legate alla pianificazione territoriale e alla progettazione infrastrutturale ed edilizia. Non posso che augurarmi la prosecuzione della vita editoriale del periodico appuntamento “Lazio e Sabina”, per il quale sarà opportuno attivare ogni possibile canale di finanziamento sistematico, considerando un grave vulnus per la tutela la sua eventuale interruzione.

MARGHERITA EICHBERG Soprintendente per l’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale Premessa

Con questo volume, edito a distanza di quattro anni dall’ultimo Convegno “Lazio e Sabina”, il dodicesimo, svoltosi nei giorni 8 e 9 giugno 2015, si conclude la serie dedicata alle attività della Soprintendenza Archeologica per il Lazio (ora separata in diverse realtà territoriali a seguito della riforma di riorganizzazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo avviata con D.P.C.M. n.171 del 29 agosto 2014) iniziata nel 2002, in occasione del 35° anniversario dell’istituzione della suddetta Soprintendenza. Da allora circa 1200 archeologi, sia attivi all’interno del MiBACT, sia studiosi di Istituti di Cultura o Universitari italiani ed esteri, sia liberi professionisti, si sono alternati ad esporre i risultati dei lavori effettuati sul territorio. Scopo degli Incontri di studio e della loro pubblicazione è stato negli anni quello di fornire un aggiornamento sulle attività di ricerca e di tutela della Soprintendenza nell’ambito del territorio di competenza relativo alle province di Roma (escluse l’area comunale, Ostia e l’Etruria meridionale), Rieti, Frosinone e Latina, dando contestualmente spazio ai giovani ricercatori. La formula ricorrente in tutti i volumi è stata quella della divisione topografica dei contributi, riuniti per macro aree e, all’interno di queste, presentati in ordine cronologico, dalla Preistoria al Medioevo: la Sabina, la zona tiburtina, i Colli Albani, l’area prenestina e costiera, le isole, il Lazio meridionale. In tal modo è possibile per i lettori focalizzare immediatamente il proprio interesse di studio e i temi specifici, ricollegando, di volume in volume, l’evolversi delle ricerche sul territorio in esame. Tra gli Istituti di cultura stranieri che da anni operano o che hanno operato sul territorio è doveroso citare l’Istituto Olandese (Satricum), la Escuela Española de Historia y Arqueologia (Tusculum), gli Istituti di cultura Nordici di Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia (lago di ), la British School at (Sabina), il DAI (Castra Albana e ) e, tra le Università, la Montclair State University of New Jersey, USA (Villa degli Antonini a ), l’Università degli Studi di Napoli-l’Orientale (Sperlonga, Formia), l’Università di Perugia (Santuario di Diana a Nemi), “Sapienza” Università di Roma (Santuario di Giunone Sospita a , , Villa Adriana, area reatina), l’Università di Tor Vergata a Roma (area tiburtina), l’Università di Louvain (). Nel 2006 il Convegno ha visto anche la prestigiosa partecipazione dell’ESA Esrin (Agenzia Spaziale Europea-European space research institute), che ha esposto i risultati della fondamentale collaborazione dell’ente spaziale circa il controllo e monitoraggio satellitare del territorio. Nelle ultime tre edizioni, al fine di fornire un quadro più esaustivo delle ricerche condotte sul territorio, si è aggiunta alle giornate di studio la sezione dei poster, riservata a comunicazioni preliminari su interventi avviati ma non conclusi, o a scavi con carattere d’urgenza, ma non per questo meno importanti. Inoltre dal 2012, anno del nono incontro di studi, i volumi sono consultabili on line; è in tal modo possibile scaricare i singoli contributi, oltre che leggerli nella versione cartacea, che comunque rimane fondamentale. Un’ulteriore novità degli ultimi due volumi è una diversa articolazione del Convegno che, pur mantenendo la consueta e ormai collaudata divisione per zone, ha riservato una giornata di studio alle attività svolte dagli Istituti di cultura italiani e stranieri e dalle Università in regime di concessione di scavo e una ad un tema specifico, che, nel 2014, è stato riservato alle grandi ville romane, esaminandone gli aspetti architettonici, decorativi, antiquari e il loro rapporto con il paesaggio. Il Convegno del 2015, in relazione con l’anno mondiale dell’alimentazione, ha visto focalizzata l’attenzione su questa problematica. La sezione “Pulcherrima mensa. Note sull’alimentazione nell’antichità attraverso recenti scoperte” ha esaminato l’importanza dell’alimentazione nell’antichità, prendendo in considerazione gli aspetti non solo quotidiani, ma anche rituali e religiosi del cibo. Tra i principali argomenti trattati, le diverse modalità di sfruttamento del territorio, il cambiamento delle colture legato al mutare dei consumi e delle esigenze alimentari, così come l’allevamento di animali da stabulazione e nella piscicoltura. Di particolare rilievo, lo studio archeobiologico di una comunità medievale a Tusculum, che ha permesso di ricostruirne l’economia di sussistenza, mentre lo studio antropologico ad ampio spettro, basato sull’analisi delle ossa e della dentatura di campioni di individui, ha gettato nuova luce sull’alimentazione di alcuni siti laziali tra la Repubblica e il tardo Impero. Infine l’analisi di materiali epigrafici e letterari ha fornito nuovi dati sulla funzione dei cuochi dell’antichità, gli archimagiri, veri e propri artisti della cucina, che con le loro speciali ricette allietavano le mense dei ricchi padroni di casa e dei loro ospiti. La ricchezza dei temi trattati, in questo come negli altri Convegni, la quantità dei nuovi rinvenimenti, l’approfondimento o le nuove interpretazioni su argomenti già noti danno conto dell’impegno di quanti, interni ed esterni al MiBACT, hanno profuso i loro sforzi e le loro competenze per diffondere dati fondamentali non solo alla conoscenza del territorio, ma anche alla sua tutela, salvaguardia e valorizzazione. In prima linea in questa attività tutti i funzionari della Soprintendenza, che con determinazione, competenza e spirito di sacrificio affrontano quotidianamente il difficile compito di coniugare la tutela archeologica e del paesaggio con lo sviluppo economico del territorio. Questa pubblicazione è stata possibile grazie al contributo finanziario della Direzione Generale Archeologia del MiBACT. Si ringrazia in particolare il Direttore Generale Gino Famiglietti, il quale anche in questa occasione ha compreso l’importanza della divulgazione come elemento fondamentale tra le attività delle Soprintendenze che operano sul territorio. È doveroso ringraziare Enti locali e Amministrazioni comunali che negli anni hanno dato prova della loro collaborazione, fornendo contributi economici alla pubblicazione degli Atti. Infine un ringraziamento va a tutti gli Istituti culturali che in questi anni hanno ospitato i Convegni e ai loro Direttori che, con la loro disponibilità, hanno trasformato gli incontri di studio in altrettante occasioni di scambio di conoscenze e di consolidamento di rapporti umani, nonché ai Soprintendenti che negli anni si sono avvicendati nella direzione degli Istituti periferici. Un grazie infine a Giuseppina Ghini e a Zaccaria Mari che in tutti questi anni hanno seguito con grande professionalità e passione l’organizzazione dei convegni e la pubblicazione degli Atti.

ALFONSINA RUSSO TAGLIENTE già Soprintendente per l’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale DODICESIMO INCONTRO DI STUDI SUL LAZIO E LA SABINA LAZIO E SABINA L’ATTIVITÀ DELLA SOPRINTENDENZA SUL TERRITORIO: RICERCHE E PROGETTI La villa di in età tardoantica: alcuni dati dalle indagini 2010-2014

Carla Sfameni – Flavia Campoli – Eleonora Gasparini – Giuseppe Restaino – Danilo Vitelli

Nel 2013 l’Istituto di Studi sul Mediterraneo Antico cordata dal Ministero dei Beni e delle Attività Cultu- (ISMA) del CNR, grazie alla concessione di scavo ac- rali, ha avviato delle ricerche archeologiche presso la

Fig. 1. La villa di Cottanello, pianta di fase (da Gasparini, Restaino 2017, 42, fig. 2).

19 CARLA SFAMENI - FLAVIA CAMPOLI - ELEONORA GASPARINI - GIUSEPPE RESTAINO - DANILO VITELLI villa di Cottanello in Sabina (RI) in prosecuzione del- di una realizzazione più semplificata, peraltro priva le indagini svolte tra il 2010 e il 2012 da una équipe di rivestimento ad intonaco sui paramenti, che pre- della Sapienza Università di Roma diretta da Patrizio vede filari di blocchetti di dimensioni irregolari che Pensabene1. La villa, ben nota soprattutto per il suo vanno dai 30 x 15 ai 15 x 5 cm e che vengono disposti ricco apparato musivo, è stata parzialmente scavata orizzontalmente su sottili letti di malta, in alcuni casi negli anni 1969-73, ma dei primi interventi esiste una anche riutilizzando dei cubilia appartenenti presumi- documentazione priva di dati stratigrafici2. Ricerche bilmente alle preesistenti strutture altoimperiali. Gli condotte successivamente per iniziativa della allora spessori dei muri sono irregolari e la costruzione non Soprintendenza Archeologica del Lazio e confluite prevede lo scavo di un cavo di fondazione mentre nella pubblicazione a cura di Mara Sternini del 20003 le strutture paiono poggiarsi direttamente sul banco hanno permesso di individuare diverse fasi costrut- naturale. In un caso le due tecniche edilizie convivo- tive ulteriormente precisate nel corso delle indagini no e anzi si innestano l’una nell’altra dal momento 2010-20144: della più antica (III-I sec. a.C.) sono vi- che, con ogni probabilità, l’attività costruttiva si li- sibili dei resti negli ambienti in cui le indagini sono mitò a interventi strettamente necessari, preservando state approfondite al di sotto dei livelli pavimentali; la muratura originaria, ove questa non fosse danneg- la fase principale, con la realizzazione dell’edificio ad giata. Interessante è l’operazione effettuata su una atrio e peristilio attualmente visibile, si colloca in età porzione del preesistente muro di limite meridionale giulio-claudia, con interventi successivi dalla secon- della villa, dove la cortina esterna in opera reticola- da metà del I fino a tutto il II sec. d.C.; una terza ta viene conservata mentre quella interna presenta fase, di cui ci si occuperà in questa sede, si riferisce un rifacimento coerente con le nuove strutture del ad una frequentazione del sito fino ad età tardoantica settore. Tale muro, proprio perché legato a una fase (fig. 1). (C.S.) edilizia precedente, presenta una solida fondazione

1. Strutture e dati di scavo Le ricerche sulla villa di Cottanello ci hanno po- sto sin dall’inizio dinanzi al problema di mettere a fuoco le diverse fasi di frequentazione del sito che, per ciò che riguarda il periodo tardoantico e altome- dievale, erano attestate dal rinvenimento di materiali ceramici, di cui però non si conoscevano i contesti di provenienza, e da alcune strutture individuate in particolare nel settore ovest dell’area scavata5. Qui infatti sono presenti alcuni muri che mostrano delle soluzioni differenti nelle tecniche edilizie che caratte- rizzano i paramenti, pur mantenendo un orientamen- to coerente con le preesistenze. Si continua inoltre ad utilizzare il calcare locale, la scaglia rossa, ma in qua- lità meno pregiate con colore rosato e rare venature Fig. 2. Muro di limite sud della villa nella sua porzione occidentale messa in luce con le indagini 2010 (foto di E. Gasparini). bianche, e si abbandona l’opera reticolata in favore

1 Le ricerche si svolgono in collaborazione con la Soprinten- campagna di scavo del 1970. E’ stato inoltre possibile esaminare denza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Fro- la documentazione di scavo di cui era in possesso la dott.ssa Ma- sinone, Latina e Rieti, la Sapienza-Università di Roma, gli Istitu- ria Santangelo, responsabile della zona di Cottanello nell’ambito ti CNR per le Tecnologie applicate ai Beni Culturali (ITABC), della allora Soprintendenza per le Antichità del Lazio e quin- per la Conservazione e la Valorizzazione dei Beni Culturali di direttrice dei lavori. Tale documentazione, facente parte del (ICVBC) e di Struttura della Materia (ISMA) e grazie al sup- Fondo acquisito nel 2000, è conservata nell’archivio del Museo porto del Comune di Cottanello. Per i primi risultati si veda- Nazionale Etrusco di Villa Giulia e comprende, oltre al giornale no: Pensabene-Gasparini 2012; Pensabene-Gasparini-Restaino di scavo e alla relazione del 1969, i giornali di scavo degli anni 2013; Pensabene-Gasparini 2014; Sfameni-Pensabene-Gasparini 1970, 1972 e 1973, corredati da documentazione grafica e fo- 2014. La pubblicazione complessiva delle ricerche 2010-2016 è tografica (si veda Sfameni 2017b). Indicazioni sulle prime fasi in Pensabene-Sfameni 2017. Per maggiori informazioni sul pro- delle indagini sono anche fornite da F. Mastrodicasa Rinaldi in getto di ricerca e sui membri dell’équipe, è possibile consultare il un opuscoletto, pubblicato dal Comune di Cottanello (Mastro- sito web: http://cottanello.isma.cnr.it/. dicasa Rinaldi 2007). 2 Nell’archivio del Comune di Cottanello sono depositati, gra- 3 Sternini 2000. zie ad una donazione degli eredi, i primi documenti dello scavo 4 De Simone 2000, 70-72. redatti dal geom. F. Mastrodicasa Rinaldi, all’epoca incaricato 5 Per un’analisi delle strutture e per la presentazione più detta- dalla Soprintendenza di seguire i lavori sul campo: si tratta del gliata dei dati di scavo, si vedano Gasparini-Restaino 2017, 56-60 giornale di scavo e della relazione del 1969 corredati da foto, e Bruni-Gasparini-Vitelli 2017 planimetrie e disegni, insieme a fotografie e planimetrie della

20 LA VILLA DI COTTANELLO IN ETÀ TARDOANTICA: ALCUNI DATI DALLE INDAGINI 2010-2014 in blocchetti che sporge di alcuni centimetri dal filo struttura tampona parzialmente il colonnato del lato del paramento (fig. 2). ovest, inglobando due fusti in laterizio (fig. 3). Oltre ai cubilia, nel muro che delimita a sud l’am- La mancanza di allineamento tra i due setti nord biente 34, sono reimpiegati a livello di fondazione e sud del muro che delimita a ovest l’ambiente 29, anche alcuni grandi blocchi attribuibili allo stilo- come ha poi confermato lo scavo del 2014, fa inoltre bate del colonnato del peristilio, mentre una nuova pensare, anche in questo punto, ad un rifacimento successivo che, per ragioni ignote, ha portato al re- stringimento del settore nord del vano. Infine, tracce di interventi seriori sono rintracciabili in vari punti della villa, come ad esempio in corrispondenza de- gli accessi agli ambienti dall’ambulacro che vengono tamponati6. Tali notazioni derivano dal lavoro di mappatura effettuato a partire dalla campagna del 2010 sulle murature della villa, poi confluito in tavole nelle qua- li, oltre a mettere in luce le diverse tecniche edilizie presenti, vengono individuati anche gli interventi moderni di restauro, nel tentativo di colmare una lacuna nella documentazione dei lavori precedenti svolti sulla villa (fig. 4). L’articolazione degli spazi nel settore occidenta- le, per quanto è dato osservare allo stato attuale del- Fig. 3. Struttura che chiude il colonnato ovest del peristilio in parte lo scavo, prevede dunque almeno quattro ambienti inglobandone gli elementi (foto di E. Gasparini). nell’angolo sud-occidentale del complesso, due dei quali solo parzialmente scavati (33 e 36), e due di piccole (31) e medie (32) dimensioni in rapporto

Fig. 4. Mappatura delle superfici murarie dell’ambiente 30 (tavola di G. Restaino, D. Vitelli).

6 Che tale tamponatura sia da porsi in un momento in cui il che mostrano il muro privo della porzione inferiore, poi reinte- piano di calpestio era già salito di circa cm 20 dalla quota dei grata con i restauri. Si veda Gasparini-Restaino 2017. mosaici appare dimostrato dalle foto di archivio dell’anno 1970,

21 CARLA SFAMENI - FLAVIA CAMPOLI - ELEONORA GASPARINI - GIUSEPPE RESTAINO - DANILO VITELLI con lo standard del resto della villa. Di particolare interesse è risultato il fatto che l’ambiente 36 abbia visto, proprio nelle fasi tarde di occupazione dell’edi- ficio, il riutilizzo di due epigrafi7 probabilmente per la creazione di un piano pavimentale, il cui sviluppo però non risulta noto, dal momento che la porzione osservata si collocava esattamente a ridosso del limite di scavo. Lo stesso vano ha restituito uno dei due capitelli dorico-tuscanici attualmente depositati nel peristilio della villa8, mentre il secondo dello stesso tipo emer- se nell’ambiente 79, a dimostrazione del fatto che tali elementi, che presumibilmente in origine si colloca- vano nello stesso spazio, furono oggetto di sposta- menti all’interno dell’edificio, per venire reimpiegati in una seconda fase con modalità che non ci sono note. Fig. 5. Zappa in ferro rinvenuta nell’ambiente 31 durante le inda- Ancora non risulta chiaro come fosse fraziona- gini 2010 (foto di E. Gasparini). to il grande spazio 30 che si sviluppa ad ovest del complesso termale: apparentemente siamo davanti occasione degli scavi del 2010 nel settore immedia- ad un’area semiscoperta che poteva venire utilizzata tamente a nord. per attività produttive e di immagazzinamento. Che A ridosso del muro su cui ipotizziamo poggiasse la zona ovest della villa si configuri come un’area in lo spiovente della tettoia, si è rinvenuto un piccolo cui l’occupazione si prolungò in epoca tardoantica dolio alloggiato all’interno di una cavità ricavata nel con un carattere rurale, del resto, risulta chiaro dal banco roccioso. Nelle immediate vicinanze erano rinvenimento di alcuni strumenti agricoli come una visibili tracce in negativo di altri recipienti, a soste- roncola, proprio all’interno dell’area 30 (subito a ovest del vano 28), oppure due zappe, una emersa nel 2010 nel vano 31 (fig. 5) e una già con i vecchi scavi, nel 1972, in un punto non precisato tra gli am- bienti 31 e 32, a cui si aggiunge parte di una macina in pietra nel vano 31. Inoltre con le indagini del 2014 in questo set- tore sono emerse due buche ricavate direttamente nel banco di roccia naturale, con andamento nord/ sud parallelo al muro che delimita questo spazio ad ovest10. La distanza tra queste fosse fa pensare ad allog- giamenti per una struttura lignea formata da pali de- stinati a sostenere una tettoia (fig. 6). Il piano di cal- Fig. 6. Ambiente 30, ricostruzione della tettoia sostenuta da pali pestio di questo settore era costituito da un battuto che ne copriva il settore occidentale (D. Vitelli). realizzato con colmate di terra frammista a materiale edilizio sgretolato, che pareggiavano le irregolarità del banco naturale. gno dell’ipotesi che lo spazio venisse utilizzato an- In corrispondenza del limite orientale di questo che come dispensa per la conservazione di derrate settore appare più difficile la ricostruzione originaria alimentari. dello spazio, dal momento che interventi moderni, Contemporaneamente, sempre all’interno di finalizzati alla costruzione della copertura della villa, quest’area che separa il complesso termale dai muri hanno profondamente sconvolto la stratigrafia attra- tardi del settore ovest, un saggio praticato subito a verso lo scavo di una trincea, individuata anche in ridosso del vano 29 ha permesso di riconoscere le

7 Le epigrafi erano già note nella storia degli studi grazie alla di questo piano pavimentale. loro pubblicazione in Filippi 1989. In Sternini 2000, 189-190, si 8 Si veda la documentazione di scavo del 1972 e Pensabene- evidenziava la mancanza di dati circa il loro luogo di ritrovamen- Gasparini 2017, 68, fig. 10. to. Dall’esame delle foto d’archivio relative allo scavo del 1972 è 9 La documentazione relativa si rinviene nel lotto di foto e nella stato possibile rintracciare la posizione delle epigrafi all’interno relazione di scavo del 1973: Pensabene-Gasparini 2017, 68, fig. del vano 36: Gasparini, Restaino 2017, 59-60, fig. 24; Sfameni 9. 2017, 118-119, fig. 23. Durante lo scavo le epigrafi furono rimos- 10 Per lo scavo 2014, si vedano Bruni-Gasparini-Vitelli 2017. se e oggi non è più possibile osservare sul terreno alcuna traccia

22 LA VILLA DI COTTANELLO IN ETÀ TARDOANTICA: ALCUNI DATI DALLE INDAGINI 2010-2014 tracce della distruzione della copertura originaria di tale area e, a seguire, della sua rioccupazione e del successivo, definitivo, abbandono. La fase di vita tar- doantica, da porre in relazione con le nuove muratu- re a blocchetti e la tettoia lignea, è testimoniata dalla presenza di focolari per la cottura dei cibi, con vasi che conservano semi combusti (fig. 7). Una conferma di quanto emerso con le ultime indagini si rinviene anche nella documentazione degli scavi del 1972, in cui spesso in quest’area si registra la presenza di an- fore e “vasellame grezzo” semicarbonizzato, di strati di terreno combusto e di carbone. I reperti ceramici presenti all’interno di tali strati permettono di circo- scrivere questa frequentazione in un periodo che va dal IV al VI secolo. Fig. 7. Rinvenimento di un contenitore con semi combusti nel set- In corrispondenza dell’angolo nord-ovest della tore a ovest del vano 29 durante lo scavo 2014 (foto di V. Bruni). villa si colloca uno spazio scoperto (34) con un pavi- mento in battuto di terra ottenuto spianando macerie rifornire una vasca al centro del peristilio13. relative alla fase precedente, il quale è successivo ad Le testimonianze di un’occupazione dell’edificio un piano in lastricato formato da grandi blocchi ret- durante i secoli IV-VI nel settore occidentale van- tangolari ben allineati, che a sua volta segue lacerti di no collegate con quanto emerso anche dalla pulizia muri in reticolato sicuramente della fase altoimperia- di un settore della sezione di terreno che delimita a le11. Inoltre, in corrispondenza di tale area cortilizia, nord l’area scavata della villa. Al di sotto dell’interro la chiusura parziale e il rimaneggiamento del peristi- moderno, infatti, si è riconosciuto in tale area almeno lio determina la creazione di ulteriori spazi abitativi, un livello tardoantico in cui, insieme con tracce della uno dei quali si colloca presso l’angolo sud-ovest e in distruzione delle strutture murarie e delle coperture parte dell’ambulacro ovest (35): come quelli a sud, originarie, compaiono reperti ceramici e numismatici ipotizziamo che tali ambienti gravitassero sulla zona che vanno dal III al V secolo d.C14. aperta mantenendo le aperture precedenti come In conclusione, allo stato attuale delle indagini punti di passaggio. appare possibile confermare la rilevanza di una fase Il quartiere prevedeva un sistema di approvvigio- di occupazione tardoantica che, sebbene già identifi- namento idrico attraverso una lunga tubazione in cata nella storia degli studi15, è ora possibile circoscri- piombo che, per quanto è dato conoscere, correva vere meglio in termini di distribuzione spaziale e cro- in senso nord-est/sud-ovest, almeno dall’area dell’e- nologica. La consultazione del giornale di scavo del sedra del peristilio sino all’angolo sud-occidentale di 1972 ha inoltre aggiunto a tale quadro un’importan- questo, proseguendo oltre il muro dell’ambiente 35 te informazione che testimonia un ulteriore aspetto grazie ad un passaggio al suo interno. La creazione della riconversione intervenuta nell’area ovest della di tale sistema è nota solo attraverso le foto e il gior- villa: si ha infatti notizia che nel vano 33, presumi- nale di scavo del 197212, da cui si evince che la fi- bilmente in corrispondenza dell’angolo nord-est, si stula, attualmente non più reperibile, giaceva ad una rinvenne parte di uno scheletro umano16. quota più alta di quella dello stilobate, dei mosaici In mancanza di indizi cronologici, sia che questo e persino di quella dei fusti delle colonne crollate, dato venga messo in qualche modo in rapporto con non lasciando dubbi sulla posteriorità dell’appresta- la fase tardoantica qui descritta, sia che lo si riferi- mento rispetto all’impianto originario del peristilio, sca ad un più vasto e ancora ignoto utilizzo funerario benchè sia presumibile un riutilizzo di una tubazione dell’area, anche di epoca medievale, resta l’importan- più antica, che forse in principio aveva la funzione di za del riconoscimento di una dinamica di continuità

11 La consultazione della documentazione d’archivio, relativa ma passasse a sud in una porzione di muro non più conservata: ai vecchi scavi presso la villa, permette di osservare come la zona Gasparini-Restaino 2017, 58, figg. 21-22; Sfameni 2017, 118-119, del lastricato e, soprattutto, quella immediatamente a est di esso, figg. 20, 22 interessata dal saggio IV del 2010, sia stata già indagata durante 13 Si veda De Simone 2000, 68, nota 87, per la bibliografia pre- la campagna del 1972. Lo strato in battuto successivo ai blocchi cedente in cui si riporta la notizia di un bollo con il nome di va dunque considerato come interro non intatto, bensì già distur- Lucio Cotta sulla fistula. bato dai precedenti sterri. 14 Gasparini 2017. 12 Già in De Simone 2000, 68 tale apprestamento viene cor- 15 De Simone 2000, 70-71. rettamente attribuito alla fase tarda e ne viene sottolineata la 16 La notizia, del giorno 29 agosto 1972, si affianca a quella del relazione con il muro che tampona il colonnato del peristilio. ritrovamento di un piccolo oggetto metallico e di quattro mone- Sembra tuttavia che la fistula non si inserisse nel muro subito te di cui solo una parzialmente leggibile ma non documentata. a nord della colonna dove oggi ci sono due coppi contrapposti,

23 CARLA SFAMENI - FLAVIA CAMPOLI - ELEONORA GASPARINI - GIUSEPPE RESTAINO - DANILO VITELLI attraverso la trasformazione che riporta il caso della villa di Cottanello nel più vasto panorama dell’edili- zia residenziale di epoca imperiale e tardoimperiale in Italia (E.G.-G.R.-D.V.)

2. La ceramica Dallo studio della ceramica riferibile ad età tardo- antica rinvenuta nel corso degli scavi 2010-2014 si individuano in particolare due gruppi di materiali: il primo, costituito da ceramica di importazione, ri- guarda soprattutto vari tipi di anfore e frammenti di sigillata africana; il secondo invece, di produzione lo- cale, interessa principalmente la ceramica da cucina e da mensa e dispensa17. Per quanto riguarda le anfore (fig. 8), nell’ambito delle produzioni italiche, gli indici di presenza più elevati sono registrati da quelle di forma Keay LII, provenienti dall’Italia meridionale e in particolare dall’area calabro-peloritana e prodotte a partire dalla metà del IV fino al VI secolo d.C. Accanto a esse compaiono testimonianze di altre produzioni provenienti dalla Sicilia nord-orientale, Fig. 8. Ceramica comune da cucina (foto di M. Bellisario; disegni le cosiddette Termini Imerese 151. Tra le anfore di di F. Campoli). importazione iberica si segnala la scarsa rilevanza delle anfore di forma Dressel 23, provenienti dalla secolo d.C., quando si registrano a Forum Novum, a Betica, a fronte dei contenitori di produzione lusita- Cottanello e in aree circostanti a Reate significative na Almagro 51 A/B. Dalla regione del Nord Africa attestazioni di sigillata africana e di anfore importate. corrispondente all’attuale Tunisia, provengono le an- Accanto a materiali di importazione si ritrovano fore di forma Keay XXV, le più attestate all’interno nella villa delle produzioni di probabile carattere della villa insieme alle italiche Keay LII; si tratta di locale che riguardano la ceramica da cucina (fig. 9), contenitori cilindrici di medie dimensioni, diffusi da mensa e da dispensa. La varietà di molte forme dagli inizi del IV secolo d.C. fino alla metà del V. presenti, alcune delle quali non hanno paralleli sui Nell’ambito delle importazioni orientali, che nel mercati urbani di Roma e di Ostia e i tipi di , complesso figurano con bassi indici percentuali, si che si presentano molto grossolani e con una lavo- attestano principalmente le Adamscheck RC 22, pro- razione non rifinita, hanno infatti portato all’ipotesi venienti dall’area egeo-insulare e in circolazione nel di un’attività locale di produzione ceramica, da ve- corso del V secolo d.C. rificare con l’approfondimento delle indagini. Dati In quantità minori sono stati rinvenuti frammenti analoghi suggeriscono per altri contesti della Sabina di sigillata africana appartenenti alla produzione D e l’esistenza di centri di produzione locale, oltre ad un in particolare una scodella di forma Hayes 61 e una graduale indebolimento dei legami con Roma18. coppa emisferica Hayes 80/81. Un elemento da evidenziare è sicuramente la pre- L’attestazione, nelle fasi tardoantiche dell’edifi- dominanza del vasellame da cucina su quello da men- cio, di anfore d’importazione e della sigillata africana sa, probabilmente perché i vasi da cucina assumono testimonia il collegamento della villa con un mercato in quel periodo anche altre funzioni, che precedente- locale ben rifornito di materiali importati da poter ri- mente erano svolte dalle ceramiche da dispensa. distribuire. La presenza della villa all’interno del ter- Particolare attenzione meritano inoltre le cera- ritorio di Forum Novum, importante centro di mer- miche comuni realizzate ad imitazione della sigilla- cato, ha fatto pensare a un collegamento con questo ta africana, secondo un fenomeno che ha avuto un luogo commerciale, che a sua volta si riforniva dal consistente sviluppo dalla fine del IV secolo con una mercato di Roma. Stretti infatti sono i legami della massima fioritura nel corso del V secolo d.C. in di- Sabina Tiberina con l’Urbe almeno tra il IV e il VI verse aree italiane, soprattutto quelle interne19. Le

17 Per lo studio di tutti i materiali ceramici rinvenuti negli scavi produzione e tracce di una fornace fa ritenere che, nel corso del 2010-2014 si veda Campoli 2017. V sec. d.C., l’economia locale abbia organizzato una produzione 18 Un esempio noto è il complesso tardoantico della villa di di autoconsumo: Patterson 2015. San Lorenzo a Falacrinae, dove la presenza di matrici, scarti di

24 LA VILLA DI COTTANELLO IN ETÀ TARDOANTICA: ALCUNI DATI DALLE INDAGINI 2010-2014

VIII di Atlante I e ascrivibili al V secolo d.C., mentre la terza (fig. 10) rientra nella forma X di Atlante I attestata dalla fine del IV fino alla seconda metà del VI secolo d.C. Quest’ultima riporta una decorazione “a globetti” sulla spalla, molto consumata, a causa dell’utilizzo di una matrice vecchia, mentre il disco frammentato sembrerebbe riprodurre un motivo floreale. Sul fondo è visibile una piccola iscrizione graffita dove, grazie all’utilizzo della tecnica PTM21, è stato possibile leggere “fecit ter(?)[…]” ossia la firma frammentaria del ceramista. In area sabina la presenza di queste lucerne è ben attestata grazie agli elementi forniti dallo scavo della villa di San Loren- zo a Falacrinae, in cui è stata rinvenuta anche una matrice22, e da quello della villa dei Brutti Praesen- tes a Scandriglia24. Lo sviluppo delle imitazioni non va però considerato come un prodotto sostitutivo, quanto piuttosto come un documento essenziale del- la piccola distribuzione nel contesto locale. In conclusione si può dire che a partire dalla fine del IV secolo d.C. c’è un’alta presenza di attestazioni ceramiche che sembrerebbe interrompersi alla fine del VI secolo d.C., quando la villa potrebbe essere Fig. 9. Anfore d’importazione (fotod i M. Bellisario; disegni di F. stata abbandonata. (F.C.) Campoli). forme più attestate sono quelle derivate dalle coppe tipo Hayes 99 A. Nel saggio IV è stato rinvenuto un frammento di scodella con orlo rientrante ispirato alla forma Hayes 61, un contenitore di semplice re- alizzazione e molto funzionale di cui si rinvengono imitazioni in quasi tutte le regioni italiane; nella villa si trova anche un frammento derivato dalla coppa tipo Hayes 102. Queste ceramiche sono spesso provviste di un in- gobbio la cui colorazione è generalmente sui toni del rosso, ma vennero usate anche tecniche di finitura come la “politura a stecca”: è il caso di un tegame (fig. 9), rinvenuto nel saggio VI B, la cui morfolo- gia deriva dai coevi recipienti in sigillata africana. Questa produzione è ben attestata a Roma (Domus di Gaudenzio e Basilica Hilariana sul Celio, Domus Tiberiana sul Palatino, Casa delle Vestali nel Foro Romano e Crypta Balbi20) soprattutto nel corso del VI secolo d.C. Dallo stesso saggio provengono inoltre tre diversi frammenti di lucerne. Si tratta, anche in questo caso, di imitazioni in ceramica comune di lucerne in ter- Fig. 10. Lucerna con decorazione “a globetti” sulla spalla e iscrizio- ra sigillata africana: due sono attribuibili alla forma ne graffita sul fondo (foto di M. Bellisario).

19 Fontana 1998, 83-86. vicina al 3D. In particolare, memorizzando i dati dei colori per 20 Crypta Balbi II. ogni pixel catturato, è possibile rilevare dei dettagli sulla superfi- 21 Il metodo di acquisizione Polynomial Texture Maps (PTM) cie che la fotografia statica e l’occhio umano non riescono a cat- è un insieme di computer grafica e metodi di elaborazione imma- turare. Il software utilizzato è open source e può essere scaricato gini in cui ogni pixel acquisito dalla macchina fotografica digitale dal sito dello sviluppatore, che è la Hewlett-Packard (http:// contiene informazioni sulla luminosità della luce in entrata. No- www.hpl.hp.com/research/ptm/). nostante si parli di una tecnica di acquisizione 2D viene spesso 22 Ceccarelli 2015, 482, figg. 4-6. descritta come 2,5D per via delle informazioni ad alto livello vi- 23 Alvino 2005, 41-42. sivo fornite dalla lavorazione sulle ombre, rendendo l’immagine

25 CARLA SFAMENI - FLAVIA CAMPOLI - ELEONORA GASPARINI - GIUSEPPE RESTAINO - DANILO VITELLI

3. La villa di Cottanello e il periodo tardoantico in In molti casi è la presenza di una chiesa nei pressi Sabina o al di sopra di una villa romana a far porre il pro- blema della continuità: laddove è stato possibile fare Le ricerche condotte alla villa di Cottanello, pur es- delle indagini, come ad esempio nella villa dei Bruttii sendo limitate ad alcuni settori e pertanto in grado Praesentes a Scandriglia o in quella di San Lorenzo di fornire risultati assolutamente preliminari, atte- a Falacrinae, è risultata una netta discontinuità tra stano una frequentazione nel periodo tardoantico i due edifici28. Tuttavia, la presenza di chiese anche che si accompagna ad un significativo cambiamen- nella specifica zona di riferimento per la villa di Cot- to di funzioni nell’utilizzo delle strutture. Nell’area tanello, quella cioè pertinente al municipium di Fo- ovest, in particolare, si configura un settore abitati- rum Novum29, e soprattutto l’esistenza di una diocesi vo che, pur rispettando in gran parte l’orientamen- vescovile, attestata dalla metà del V secolo ma pro- to dei muri precedenti, si distingue per l’utilizzo di babilmente più antica, sono altri indizi di una certa tecniche costruttive diverse e per la destinazione vitalità del territorio anche in questo periodo30. d’uso degli ambienti, non più di tipo residenziale, Indagini di superficie condotte in varie zone della ma con funzioni abitative semplificate e rustico- Sabina (come Cures Sabini31, e le aree interessate dai produttive. Si tratta di un fenomeno ampiamente progetti noti come Valley Project32, Progetto attestato in tutto l’impero sia pure in tempi e con Galantina33, Farfa Survey34 e Rieti Survey35) hanno modalità differenti: le ville perdono le loro funzioni permesso di ridimensionare le visioni catastrofiste residenziali ma le strutture sono spesso impiegate precedenti che ipotizzavano un radicale spopola- per usi diversi oltre a quello abitativo (produttivo, mento delle campagne tra III e VI secolo, grazie so- artigianale, funerario, religioso, etc.)24. Nello speci- prattutto ad una migliore conoscenza delle produ- fico, tuttavia, i dati presentati in questa sede, oltre zioni ceramiche riferibili a queste fasi. Se si nota ad essere indicativi per la ricostruzione della storia comunque, infatti, una riduzione degli insediamenti dell’edificio, sono particolarmente interessanti se si rurali a partire dal tardo II e soprattutto dal III seco- tiene conto del più generale contesto della Sabina in lo, tra IV e V secolo, invece, si rileva una “tenuta” o cui le testimonianze archeologiche per la tarda an- “ripresa” dell’occupazione36: la riduzione del nume- tichità e l’alto medioevo risultano piuttosto scarse, ro degli insediamenti, oltre che a mutate condizioni anche per mancanza di ricerche mirate. In base ai socio-economiche, è stata anche riferita al fenome- dati editi sembrerebbe infatti che dei numerosi edi- no di accentramento della proprietà riscontrabile in fici realizzati fra la tarda età repubblicana e la prima molte altre aree dell’impero37, sebbene manchino in età imperiale ben pochi siano stati frequentati oltre Sabina attestazioni relative alle grandi ville38, e siano il II sec. d.C.25; nei casi meglio indagati, inoltre, si piuttosto noti casi di discontinuità nelle forme di uti- riscontra un netto cambiamento di funzioni, come lizzo delle ville stesse. ad esempio nella villa di Forum Novum (Vescovio, Per comprendere dunque tali dinamiche a livello ), nel III secolo occupata solo parzial- locale, sia pure all’interno di fenomeni di portata ge- mente e per pratiche agricole e tra V e VI destinata nerale, tenendo sempre ben presente il rapporto con a zona sepolcrale26. La stessa dinamica di frequenta- Roma39, occorrerebbe approfondire le ricerche sulla zione è attestata, nella Sabina interna, per la villa di proprietà agraria tra IV e V secolo, valutare i legami S. Lorenzo a Falacrinae, indagata di recente: fase di tra i diversi tipi di insediamenti, anche di carattere vi- massimo sviluppo tra la prima e media età imperia- cano, analizzare il rapporto tra produzioni e importa- le, scarsi dati per il III secolo e un’importante fase zioni ed indagare sul significato della presenza di edi- di occupazione tardoantica inquadrabile tra IV e VI fici cristiani sul territorio, in un approccio diacronico secolo27.

24 Ripoll-Arce 2000. Una tematica di ricerca molto discussa nei torio, e delle ville presso la chiesa di S. Adamo a Cantalupo, di S. recenti studi sulle ville è proprio quella relativa all’analisi delle Maria in Legarano a e di S. Maria Assunta a diverse fasi di vita degli edifici, che può essere affrontata anche (Forano): si veda Marzilli 2011. con nuovi approcci come quello statistico (Castrorao Barba 30 Leggio 1992, 51-53. Per la cristianizzazione dell’ager forono- 2014). vanus sulla base delle testimonianze archeologiche si veda D’A- 25 Sulle ville in Sabina, in generale, si vedano Sternini 2004, lessandro 2011. Alvino-Lezzi 2015 e Sfameni 2017a. 31 Muzzioli 1980; Muzzioli et al. 2002. 26 Gaffney-Patterson-Roberts 2001, 63-70; Gaffney-Patter- 32 Patterson-Coarelli 2008; Di Giuseppe-Patterson 2009. son-Roberts-Piro 2003, 123. 33 Barchesi-Candelato-Rioda 2008. 27 Patterson 2009, 102-104; Kay 2011, 2012 e 2013. 34 Leggio-Moreland 1986; Moreland 1987. 28 Per la villa di Scandriglia, si veda Bazzucchi 2007; per Fala- 35 Coccia- Mattingly 1992. crinae, Patterson 2009, 100-101. Sul tema si veda anche Leggio 36 Patterson 2008, 506-519. 1989, 182 e, per una sintesi della questione, ampiamente dibattu- 37 Leggio 1989, 179. Per altri esempi provenienti dalle ricerche ta, del rapporto ville-chiese: Sfameni 2014, 123-141. condotte in Italia centrale si veda Patterson 2008, 509-510. 29 Si tratta della villa detta “terme d’Agrippa” a Montebuono, 38 Sfameni 2006. presso la chiesa di S. Pietro ad muricentum, della villa presente 39 Marazzi 2004, 105. sotto la chiesa di S. Maria Assunta a Fianello, nello stesso terri-

26 LA VILLA DI COTTANELLO IN ETÀ TARDOANTICA: ALCUNI DATI DALLE INDAGINI 2010-2014 che permetta di valutare l’impatto dei cambiamenti CARLA SFAMENI intercorsi nel tempo. I dati di scavo, come quelli pro- Istituto di Studi sul Mediterraneo Antico, CNR venienti dalla villa di Cottanello, possono contribuire [email protected] in maniera rilevante all’approfondimento di queste tematiche, dimostrando una continuità di frequenta- FLAVIA CAMPOLI zione anche in età tardoantica, sia pure con modalità Sapienza Università di Roma diverse rispetto ai periodi precedenti. (C.S.) [email protected]

ELEONORA GASPARINI Sapienza Università di Roma [email protected]

GIUSEPPE RESTAINO Università degli Studi di Pavia [email protected]

DANILO VITELLI Università degli Studi di Padova [email protected]

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28 Impianti produttivi e residenziali lungo la Via Tiburtino-Cornicolana in loc. Selciatella e Bancaccia (, Roma)

Valentina Cipollari

1. Premessa conserva ancora in situ in una via campestre, in cui i basoli sono inglobati nella “macera” che costeggia In loc. Selciatella nel Comune di Guidonia la strada a nord-ovest. Con il termine “Selciatella” Montecelio, durante le indagini archeologiche si indica precisamente un tratto di strada moderna condotte tra il 2014 e il 2015 dalla Soprintendenza che corre parallela a quella antica e, a partire da per i Beni Archeologici del Lazio, propedeutiche alla Tor Mastorta, raggiunge la località “Immaginetta”, realizzazione del progetto “Rete viaria Tor Mastorta dove incrocia l’asse Nomentum-Tibur, odierne via – Via della Selciatella”, sono state messe in luce una Aureliano e via degli Spagnoli (fig. 2). Quindi la via fabbrica di laterizi, parte di una necropoli (voc. Tiburtino-Cornicolana attraversava l’odierno centro Selciatella-Le Pediche) e una struttura relativa al urbano di Guidonia e, uscita dal territorio in esame, giardino di una villa di età romana (voc. Bancaccia)1. piegava verso est, aggirando le pendici della collina Nella zona, a ridosso del Parco naturale-archeo- di Montecelio per dirigersi nell’entroterra sabino. logico dell’Inviolata tra l’, via di Casal L’attuale pavimentazione, fatta di piccoli selci bianchi Bianco e le vie Aureliano e della Pietrara, erano già con crepidini di blocchi squadrati, probabilmente state individuate numerose presenze archeologiche, risale al XVI secolo, quando venne ristrutturato il in particolare aree di frammenti fittili coincidenti con casale medievale di Tor Mastorta6. i tre siti rinvenuti, segnalate da Z. Mari nel 19832 (fig. Nel tratto interessato dalle tre aree archeologiche 1). rimesse in luce la via Tiburtino-Cornicolana solca un paesaggio caratterizzato da piccoli poggi con aree di frammenti fittili, spesso riconducibili ad insediamen- 2. Inquadramento storico-topografico ti rustici o rustico-residenziali. Lungo il percorso via- rio è segnalata nella Carta Archeologica la presenza Gli insediamenti sono dislocati lungo la c.d. via di alcune aree funerarie, tra cui una tomba a camera Tiburtino-Cornicolana, nome con cui si indica poco distante dalla necropoli rimessa in luce nei re- l’asse viario ricostruito nella Carta Archeologica3 e centi scavi. La tomba, semiipogea, seppur totalmente confermato dai rinvenimenti avvenuti tra il 19874 e il invasa dalla sterpaglia, è visibile percorrendo la via 20115; questo si diparte dalla via Tiburtina all’altezza della Selciatella, a m 20 metri da questa. La costru- di Setteville, tra via Marco Simone e via Todini, zione, ancora abbastanza conservata anche se priva collegandosi al tratto di m 110 ca., perfettamente del lato nord, è costituita da una camera funeraria a conservato, rimesso in luce nel Parco dell’Inviolata, pianta quadrata con zoccolatura ed ha il lato di fon- ai margini della discarica di Guidonia Montecelio. do formato da elementi squadrati di travertino; nel- Poi la via prosegue e coincide con il tracciato la metà orientale della volta a tutto sesto, realizzata della “Selciatella della Torre”, la quale nel tratto con bipedali messi in opera radialmente, si apre una fra le due strade che conducono a Tor Mastorta si finestra ricavata nelle reni. Nei piedritti si scorgono

1 Le indagini preventive alla realizzazione del progetto sono 153 (n. 133), 160 (n. 146), 169 (n. 161), 172 (n. 164), 173 (n. state effettuate da chi scrive su incarico del Comune di Guidonia 165), 175 (n. 168). Vedi anche la bibliografia precedente relativa Montecelio e sotto la direzione scientifica della Soprintendenza. all’individuazione della strada, avvenuta agli inizi del secolo Si ringrazia in particolar modo il Funzionario di zona, Dott. scorso. Zaccaria Mari, per la costante presenza e i preziosi suggerimenti. 4 Mari - Moscetti 1991-1992; Moscetti 1997, 144-145. 2 Mari 1983, 152-153, n. 133; 153, n. 134; 140-141, n. 112. 5 Avilia 2011. 3 Mari 1983, vedi carta I.G.M. allegata e le pagine: 13, 19, 22, 6 Mari 1983, 141, n. 117. 23, 27, 30, 43 (n. 5), 47 (nn. 11-12), 49 (n. 18), 75 (n. 27), 85 (n. 32), 87 (n. 34), 93 (n. 35), 99 (n. 41), 118 (n. 61), 141 (n. 117),

29 VALENTINA CIPOLLARI

Fig. 1. Stralcio I.G.M. (da Mari 1983) e immagine satellitare con localizzazione delle aree indagate, parte del percorso della via Tiburtino- Cornicolana e tracciato della dell’asse viario Tor Mastorta –Selciatella. tre blocchi sul lato ovest e due su quello opposto, nolite, è delimitato da tre blocchi. Il sepolcro è data- struttura riscontrabile anche nella parete corta, dove bile alla fine del I secolo7. l’ingresso alla camera funeraria, su cui poggia un mo-

7 Mari 1983, 154-157, n. 137.

30 IMPIANTI PRODUTTIVI E RESIDENZIALI LUNGO LA VIA TIBURTINO-CORNICOLANA

3. Gli insediamenti grande quantità di laterizi, soprattutto sesquipedales, con vari tipi di strigilatura, tegole, anche angulares, 3.1. Fabbrica di laterizi tra cui due con bollo rettangolare, uno riconducibile a L. Allidius9 e l’altro a L. Scanius Pollio10, databili al All’altezza del bivio per Tor Mastorta, in una zona I sec. d.C. e ben noti nell’area tiburtino-cornicolana. interessata da banchi d’argilla e corsi d’acqua, è sta- Inoltre si può vedere in opera, in una delle murature ta rinvenuta una fabbrica di laterizi coincidente con che delimitano questi spazi, composta da materiale una grande area di frammenti fittili, per la maggior raccogliticcio di scapoli calcarei e spezzoni di laterizi, parte materiale testaceo8. I lavori di scavo, già iniziati parte di un bollo di L. Allidius. nel 2012, sono ripresi nel 2014 ed hanno permesso A nord-est dei grandi ambienti, in un’area con- di riportare in luce l’intera figlina orientata nord- trassegnata da materiale laterizio di scarto, deforma- est/sud-ovest e caratterizzata nella metà nord-est da to e con tracce di vetrificazione, sono state scoperte due grandi aree, di forma rettangolare, con tre file tre fornaci (A, B e D nella pianta), di cui si conserva di pilastri ognuna: alcuni in opera laterizia, altri in solo la camera di combustione. Gli ingressi sono tut- cementizio con scapoli di calcare, posti a distanze ir- ti rivolti verso uno spazio centrale di servizio, ove si regolari e con misure diverse. Questi due spazi, divi- trovano i praefurnia, non ancora scavati.

Fig. 2. Via della Selciatella. si da una lunga canaletta in opera laterizia orientata La camera di combustione della fornace A, a nord-ovest/sud-est, che si dirama a sud-est e a nord- pianta rettangolare (lunga m 3,80 e larga m 1,80), ha ovest portando acqua in altri ambienti dell’impianto l’aspetto di una capsula, che – come di regola – è produttivo, erano probabilmente coperti da tettoie e incassata nel terreno per non far disperdere il calore, forse destinati a magazzini dove il materiale laterizio rifasciata da muri in latericium che aumentano note- veniva sistemato o finiva di essere essiccato (fig. 3). volmente lo spessore dei muri perimetrali e delimita- Inoltre in una delle due aree è presente un pozzetto ta da una muratura semicircolare, sempre in laterizio, di aerazione in opera laterizia, probabilmente relati- molto rasata (fig. 4). È apparsa riempita da un primo vo ad un condotto ipogeo. strato costituito di basoli provenienti dal lastricato Durante lo scavo dei magazzini, oltre a un lacerto della via Tiburtino-Cornicolana, che corre a pochi di muratura in latericium, probabilmente proveniente metri di distanza, sotto il quale era un’enorme quan- dal disfacimento delle fornaci, è stata rinvenuta una tità di laterizi, soprattutto sesquipedali, con bande

8 Mari 1983, 152-154, nn. 133-134. 10 Steinby 1978-1979, 80-81, n. 196; Mari 1983, 39. 9 CIL XV, 2378; Steinby 1978-1979, 69, n. 98; Mari 1983, 39.

31 VALENTINA CIPOLLARI

Fig. 3. Immagine da drone e rilievo archeologico della figlina. diagonali incrociate impresse a crudo con le dita o ra di combustione a quella di cottura, le nostre forna- con una cannuccia; tali laterizi componevano gli ar- ci rientrano nel tipo a fiamma diretta e distribuzione chetti della copertura del corridoio centrale collassa- verticale del calore e sono confrontabili con quella ta all’interno. Sul fondo uno strato di cenere con forti rinvenuta nel 1984 in località Ospedaletto Annunzia- tracce di combustione copriva un pavimento forma- ta, tra la via Flaminia e la Cassia, appartenente al tipo to di bipedali e sesquipedali perfettamente allineati, II b della classificazione della Cuomo Di Caprio11. con intorno frammenti laterizi. Quasi sicuramente nelle fornaci lungo la Tiburtino- Delle fornaci B e D sono state evidenziate solo le Cornicolana si produceva proprio l’opus doliare dei murature perimetrali in mattoni. La fornace B, più fabbricanti locali L. Allidio e L. Scanio Pollione, an- grande rispetto alla A, non conserva la copertura, che se non sono stati trovati scarti con impressi i loro mentre la D presenta ancora quattro dei cinque ar- bolli. chetti a tutto sesto che sostenevano il piano forato della camera di cottura (fig. 4). La quarta struttura, probabilmente anch’essa una 3.2. Necropoli fornace (C) in opera laterizia, ha il fondo rivestito di sesquipedali con qualche tegola e coppo di riutilizzo; A 70 metri dalle fornaci sono venuti in luce parte a differenza delle altre, dovrebbe avere l’accesso nel di una necropoli, un recinto murario e un tratto del lato sud-ovest (oltre i limiti di scavo). rudus della via Tiburtino-Cornicolana, costituito di Poiché il calore passava direttamente dalla came- schegge calcaree e rari frammenti laterizi.

11 Cuomo Di Caprio 1971-1972.

32 IMPIANTI PRODUTTIVI E RESIDENZIALI LUNGO LA VIA TIBURTINO-CORNICOLANA

Fig. 4. Fornace A vista da nord-est e for- nace D vista da sud.

Lungo la strada si sviluppa la necropoli, della All’interno delle fosse sono stati rinvenuti 35 inu- quale sono state scavate 39 fosse terragne coperte mati, con disposizione prevalente sud-ovest/nord- con tegole, bipedali o sesquipedali, disposti a cap- est, e i resti di tre corpi incinerati sul posto (busta puccina oppure in piano, talvolta in doppio stra- sepulcra) deposti a breve distanza l’uno dall’altro, forse to (fig. 5). In alcuni casi le tombe erano sigillate appartenenti a un gruppo sociale omogeneo. Una tom- con malta, scapoli calcarei e frammenti fittili. Sui ba si presentava vuota e tre individui erano adagiati laterizi di copertura si sono rinvenuti unicamente sul banco d’argilla12. Sono sepolture povere e in di- semicerchi, croci o “S” tracciati con le dita. versi casi già violate, ma alcune hanno restituito mo- Le sepolture sono disposte in ordine sparso; desti elementi di corredo: due olle d’impasto grezzo13 solo nell’area centrale alcune deposizioni ravvici- (dalle tombe 26 e 38), spilloni di osso14 (tomba 28), nate farebbero ipotizzare la presenza di due grup- uno specchietto circolare (fig. 7) in bronzo con trac- pi familiari (fig. 6).

12 Per le indagini tafonomiche, antropologiche e antropo- e con linee di tornitura sulla pancia. Olla in ceramica a pareti metriche si rimanda al contributo di Baldoni – Ferrito – sittili (tomba 38; alt. cm 16, diam. orlo cm 12, diam. piede cm 5, Martínez-Labarga in questi Atti. ricomposta da 42 frammenti), biansata, con linee di tornitura a 13 Olla in ceramica grezza da fuoco (tomba 26; alt. cm 15, diam. partire da sotto il collo fino al piede. orlo cm 12,07; ricomposta da 45 frammenti.), apode, biansata 14 Sono stati rinvenuti due spilloni in osso: uno con capocchia 33 VALENTINA CIPOLLARI

da elementi tubolari sfaccettati (fig. 8), in pasta vitrea turchese e chiusura ad uncino16 (tomba 2). Nella stes- sa tomba, all’altezza del polso destro dell’inumato, erano numerose laminette a nastro d’oro (prelevate nel pane di terra), che forse decoravano un bracciale composto anche da parti organiche andate perdute. In tre tombe si sono rintracciate le suole in ferro con i chiodini dei calzari17, ma solo nella tomba 8 è stato possibile prelevare quello che rimane delle suole, con i chiodini per rinforzarle, insieme ai piedi18. Infine in 12 tombe (sul totale di 39) è stata recu- perata una moneta, rinvenuta in 6 casi nel cavo orale, in 2 sul torace e in 4 vicino o dietro il cranio. Da una prima analisi dei materiali è possibile da- tare la necropoli fra il II e il III sec. d.C. Le ricognizioni di superficie lasciano supporre che essa si estenda ancora per circa 40 metri verso nord-ovest e che comprenda, nel punto oggi occupa- to da un traliccio, anche un sepolcro in muratura19.

Fig. 5. Immagini da drone dell’area indagata e della parte centrale della necropoli. ce di argentatura15 (tomba 14), decorato con gruppi di tre cerchietti, ove erano probabilmente incasto- nate pietre o paste vitree. In due tombe, ancora al collo degli inumati, sono stati rinvenuti sette piccoli Fig. 6. Tomba 34 a cappuccina, vista da sud-ovest, con inumato. vaghi in oro (tomba 33), di cui due traforati e di for- ma sferoidale e due distanziali finemente decorati, di una collana, con chiusura ad uncino, e una collana sempre in oro con lavorazione a catena intervallata

a forma di pigna (lungh. cm 10,08, tipo Béal 1983, A XXI, barra a punta incurvata, sono un ritrovamento consueto 1) e l’altro con testa troncoconica (lungh. cons. cm 6,06). soprattutto nelle tombe di età augusteo-tiberiana e severiana di Per un’ampia rassegna delle fonti letterarie e iconografiche area alpina e transalpina: Palumbo 1999, 130 ss., Donati 1979, sull’impiego degli spilloni: Bianchi 1995, 16-22. 66 ss., 134 ss., 140. 15 Questo tipo di specchietti (diam. cm 9,05) in piombo, senza 18 Il distacco, all’altezza del malleolo, è stato effettuato manicatura, che poteva avere anche la cornice ovale o quadrata, attraverso la creazione di una base in gesso per rendere più è sicuramente riconducibile ad elementi ornamentali fissati sui solido il pane di terra prelevato, su cui in seguito si è potuto cofanetti o altre suppellettili realizzate con materiali deperibili. intervenire in laboratorio. Si ringraziano le restauratrici Barbara Risultano diffusi nell’Impero romano tra il I sec. d.C. e l’età Caponera e Patrizia Cocchieri del Laboratorio di restauro della bizantina; per un inquadramento cronologico e tipologico cfr. Soprintendenza, sito in Villa Adriana, per l’intervento di prelievo Belelli – Messineo 1989. e restauro dei reperti. 16 Lungh. cm 37,01; cfr. Bordenache Battaglia 1983. 19 Mari 1983, 153, n. 134. 17 Piccoli chiodi per calzature, con grossa capocchia e breve 34 IMPIANTI PRODUTTIVI E RESIDENZIALI LUNGO LA VIA TIBURTINO-CORNICOLANA

edilizio, già nota dalla “Forma Italiae” e per scoperte avvenute agli inizi del Novecento, quando riemersero una statua di Bacco con pantera, un putto, un gran- de sarcofago con altorilievi e iscrizioni. La ricchezza di marmi e il contesto topografico in cui si inserisce sembrano qualificarla come rustico-residenziale20. È stata scavata, in posizione periferica rispetto al nucleo del complesso, una struttura costituita di vari ambienti (fig. 9). Quello A, situato al centro, è delimitato da murature in opera reticolata di cubilia in tufo. Accessibile dal lato sud-est, presenta otto pilastri regolarmente distanziati, quattro angolari e quattro lungo le pareti laterali. Ha un pavimento in opus scutulatum costituito da un battuto di scaglie calcaree e malta grigia, ove sono inserite crustae mar- moree e litiche in giallo antico, cipollino, alabastro, ardesia (anche di forma romboidale, pentagonale e quadrata), paesina, calcare e pietre locali. Il pavimen-

Fig. 7. Specchietto in bronzo rinvenuto nella tomba.

4. Il recinto e la via funeraria

Nell’area sudorientale della necropoli è stato par- zialmente rimesso in luce un recinto realizzato con Fig. 8. Particolare della tomba 1. grandi elementi squadrati di calcare e qualcuno in peperino e cappellaccio. Nello strato di crollo all’in- to, segnato dalle arature e con un netto taglio su un terno, recante tracce di combustione, erano sparsi lato, è incorniciato da una doppia banda di tessere ossi animali, probabilmente riconducibili ad avanzi musive nere intervallate da strisce di tessere bian- di pasto, e diversi frammenti di contenitori ceramici che. È probabile che la copertura dell’ambiente, ol- databili fra il V sec. a.C. e il II d.C. tre che dai pilastri in muratura addossati alle pareti, All’entrata del recinto conduce una stradina con fosse sorretta anche da un pilastro centrale di forma fondo di ciottoli calcarei e frammenti laterizi, che si rettangolare e da uno circolare vicino all’entrata, in stacca dalla Tiburtino–Cornicolana. legno, come lasciano supporre i due incassi ricavati nel pavimento. Su quest’ultimo è stato rinvenuto diverso mate- 5. La villa riale: malacofauna relativa ad avanzi di pasto, undici lucerne decorate a perline21, un centennionale di Co- Il secondo scavo ha riguardato marginalmente stantino il Grande22, un frammento di lastra campana una villa, distante dal sito delle fornaci quasi un chi- con figura femminile vista di profilo e mezzaluna alle lometro, evidenziata da una vasta area di materiale spalle23 e vari pezzi di un vaso in invetriata (fig. 10).

20 Mari 1983, 140-141, n. 112. 22 D/COSTANTINOPOLIS con il busto di Costantinopoli 21 Lucerne tarde a disco con becco cuoriforme e spalla decorata elmata a sx, con lancia, R/R.B.C.II con Vittoria stante a sx con a perline: Tipo IX A del Deneauve o tipo 30 B di Dressel - scudo e scettro: RIC 548. Lamboglia, databili al III secolo. 23 Rohden - Winnefeld 1911, 245, tav. VIII (forse variante).

35 VALENTINA CIPOLLARI

Fig. 9. Immagine da drone e rilievo ar- cheologico dell’oecus relativo ad una vil- la in località La Bancaccia. L’olla ha forma globulare, piede ad anello e orlo a tesa so del toro, mentre gli infigge il pugnale nel fianco; con incavo per il coperchio. L’invetriatura, presente dalla ferita sgorga il sangue bevuto dal serpente e dal solo sulla parete esterna, non è omogenea, poiché si cane che gli stanno sotto, mentre lo scorpione afferra assottiglia fino a scomparire quasi del tutto prima i testicoli del toro. Sulla sinistra si trova il corvo, an- dell’attaccatura del piede e su questo. Anche il colore che questo acefalo. Al corpo del serpente è conferito non si presenta uniforme, con zone verdi che preval- uno sviluppo molto accentuato, al fine di utilizzarlo gono su quelle bruno-giallastre. Sul corpo inferiore come elemento decorativo. del vaso compaiono tre sottili solcature subparallele, L’olla potrebbe appartenere ad una tradizione forse dovute alla tornitura; alla stessa altezza si nota manifatturiera di ceramiche in monocottura, attiva una leggera carena. Sulla parete è applicata una scena a Roma tra la seconda metà del IV e il primo ven- mitraica di tauroctonia, modellata a mano in rilievo ticinquennio del V secolo, e provenire quindi da un aggettante; diversi elementi che la compongono sono atelier che produceva vasi di tipo cultuale e, occasio- ottenuti mediante uno stampo. La manifattura appa- nalemente, anche vasellame da mensa e dispensa, per re piuttosto rozza nella resa di molti dettagli. soddisfare le esigenze di clienti esclusivi che frequen- Il personaggio raffigurato nella parte più alta del tavano i riti tauroboliati legati ai culti di Mithra, Attis vaso, riconoscibile come Mitra, è totalmente nudo, o della Magna Mater24. Ciò spiegherebbe il motivo senza i consueti abiti orientali – tunica, anaxyrides per cui il vaso è stato rinvenuto in un contesto priva- (ovvero i pantaloni lunghi e attillati), mantello, ber- to, all’interno di una villa rustico-residenziale. È inte- retto frigio – e con attributi sessuali particolarmente ressante, tuttavia, notare che sul cratere rinvenuto a pronunciati e seni sporgenti in modo anomalo. La fi- Roma, in un probabile ninfeo presso via Statilia, sono gura, acefala, preme con il ginocchio sinistro sul dor- raffigurate quattro fatiche di Ercole; un Ercole stan-

24 Ricci 2001; Saguì - Col 2004, 255; Coletti 2012.

36 IMPIANTI PRODUTTIVI E RESIDENZIALI LUNGO LA VIA TIBURTINO-CORNICOLANA

Fig. 10. Vaso con tauroctonia, lastra campana e lucerne rinvenute sul pavimento dell’ambiente A. te compare anche sul frammento di vaso emisferico, il lato nord-ovest; anche questo ha una pavimentazio- accostabile alla stessa classe ceramica, conservato nel ne in opus scutulatum26 di scaglie di calcari pesti, ove Museo Oraziano di (Rm)25. Data la capillare sono inserite crustae marmoree e litiche di colore gri- diffusione del culto di Ercole nel territorio dell’antica gio, azzurro, blu, bianco, verde, rosa e piccole tessere Tibur (nel cui ambito la villa della Bancaccia rientra- musive turchesi, che continua oltre la soglia d’entrata va), non è del tutto escluso che nella nudità di Mitra, in travertino in un ambiente situato al di là dei limi- sul vaso qui presentato, debba ravvisarsi l’influenza ti di scavo. Ancora, l’ambiente C (m 7,60x4,55) non dell’iconografia erculea. sembra essere pavimentato, come mostra lo scavo Intorno all’ambiente A se ne sviluppano altri, sotto la risega di fondazione. Al centro del lato nord- come quello B (m 3,73x2,10), che ha l’entrata lungo ovest presenta un muro in opera reticolata di tufo

25 Fiore Cavaliere 1993, 35. 26 Guidobaldi 1985; Grandi – Guidobaldi 2006.

37 VALENTINA CIPOLLARI con fondazione controterra. Si può supporre che la struttura fosse un padiglio- Un altro gruppo di murature, in opera reticolata ne che doveva servire da triclinio estivo o da oecus di tufo, riportate in luce a pochi metri di distanza all’interno del giardino della villa27. dalla struttura del Saggio 1, continua oltre i limiti di scavo, ma non è stato possibile comprenderne l’utilizzo. VALENTINA CIPOLLARI independent researcher [email protected]

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27 Si veda, per altri contesti, De Franceschini 2005, 57, n. 12; 78, n. 22; 117, n. 39; 129, n. 45; 255, n. 90; 282, n. 99.

38 Il complesso della c.d. Palestra a Villa Adriana alla luce dei recenti scavi

Zaccaria Mari

Negli atti dei Convegni “Lazio e Sabina” 3 e 4 Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio (2006, 2007) sono apparsi alcuni contributi dedicati aveva indirizzato, a partire dallo scavo nell’ormai alle fortunate ricerche condotte nella c.d. Palestra, noto Antinoeion, le proprie attenzioni e quelle di situata sul lato settentrionale, verso Tivoli, di Villa istituti di cultura italiani e stranieri2. A conclusione Adriana1. Trattasi di uno dei grandi complessi facenti del programma di ricerca che ha interessato per vani parte delle costruzioni periferiche della residenza anni l’area, torno ora sull’argomento per illustrare le imperiale che sono fra le meno note, in quanto gli ultime acquisizioni e per offrire un consuntivo. scavi e i restauri post-unitari si sono concentrati La Palestra, che si presentava all’inizio quasi to- soprattutto nel nucleo centrale, e sulle quali l’ex talmente interrata e per questo motivo delineata in

Fig. 1. Planimetria della c.d. Palestra.

1 Mari – Sgalambro 2006; Mari 2007; Briganti 2007; Mari rielaborazione). – Sgalambro 2012. Inoltre: Mari 2006; Mari 2010a, 134-137; 2 Per una sintesi delle attività avviate in quel periodo: Mari 2018, 107-125 (di questo contributo il presente è una Reggiani 2002-2003; Mari 2010d; Sapelli Ragni 2009-2010.

39 ZACCARIA MARI maniera imprecisa nelle piante storiche della villa, è Si compone di sei edifici distinti, ma contigui, for- stata in buona parte scavata nel 2005-2006, 2010 e manti un insieme unitario situato all’imbocco della 2013-2015 (fig. 1). Già ritenuta, nella scarna biblio- c.d. Valle di Tempe, che delimita verso nord il piano- grafia che la citava, di uso meramente utilitario (pa- ro su cui si sviluppa la maggior parte della villa3. In- lestra-ginnasio, caserma per i pretoriani, scuderie), sieme al vicino Teatro Greco, infatti, la Palestra, im-

Fig. 2. Veduta della c.d. Palestra: sullo sfondo la sala rettangolare, al centro il giardino pensile e l’aula basilicale, in primo piano corridoio e ambiente di risulta. quindi esclusa dalla frequentazione diretta da parte postata a quota inferiore, è praticamente esterna alla dell’imperatore, è risultata invece uno dei luoghi villa e collegata invece al viale e alle terrazze che si più fastosi della villa e anch’essa collegata all’Egit- estendevano lungo la valletta, da cui, mediante scale to greco-romano: insieme all’Antinoeion costituisce e una via semiipogea, si saliva al livello superiore. In uno dei due “poli” egizi della villa. I bolli laterizi la particolare il complesso è collocato a breve distanza datano, senza possibilità di ulteriore precisazione dal versante tufaceo della valle che si presenta rego- cronologica, al decennio 125-135 d.C. larizzato e rivestito di una quinta architettonica con nicchie e ninfeo4.

Successivamente sono stati pubblicati numerosi contributi l’altro, l’organizzazione di una mostra annuale a tema, si sono per i quali si rinvia ai cataloghi delle mostre tenutesi in Villa interrotte. Gli scavi e i restauri nell’Antinoeion e nella Palestra fra il 2006 e il 2014 e agli atti dei Convegni “Lazio e Sabina”. non sono stati completati, altri, che erano in programma, sono Sull’Antinoeion: Mari 2012; Frischer et al. 2016; Mari 2018, stati abbandonati. 92-107. Rilevo come negli ultimi anni anche altre indagini, 3 L’ambizioso progetto di recupero portato avanti dalla svolte soprattutto da Università, si sono concentrate, come Soprintendenza aveva come obiettivo finale anche la realizzazione era negli auspici, nella zona periferica. Con la nascita nel 2016 di un itinerario di visita lungo la valle fino a raggiungere, con la dell’Istituto autonomo “Villa Adriana e Villa d’Este” (VA.VE.), riattivazione degli antichi percorsi, la c.d. Piazza d’Oro. Tutto incardinato nel riassetto del Ministero dei beni e delle attività ciò, come anche l’allestimento di un Antiquarium nella “Casina culturali e del turismo, cui è stata demandata la valorizzazione del Falegname” (casalino eretto nel Settecento sulle rovine), non dei maggiori siti archeologico-monumentali di Tivoli, le ricerche è stato più realizzato. promosse dalla Soprintendenza archeologica, che vedevano, tra 4 Sui percorsi nella Valle di Tempe e sulla sistemazione a

40 IL COMPLESSO DELLA C.D. PALESTRA A VILLA ADRIANA ALLA LUCE DEI RECENTI SCAVI

Prima del 2010 sono stati integralmente riportati trapezoidale (fig. 1, II), sorretto da sostruzioni volta- alla luce una vasta sala rettangolare in parte sostruita te a botte e con un’elaborata fontana al centro8, che su gallerie (fig. 1, I; fig. 2), anticamente coperta a ca- si interpone fra la sala e un’aula basilicale a tre navate priate e pavimentata con lastre di marmo cipollino5, (fig. 1, A; fig. 4). Questa aveva colonne lisce in mar- cinta da un doppio portico ad arcate, con nicchie per mo cipollino e pavonazzetto (alcune trovate abbat- statue, fioriere e fontanine6, che conserva brani di tute all’interno) con basi e capitelli corinzi in marmo opus sectile pavimentale a cubi prospettici in palom- bianco, finestre nel lato verso il giardino e nicchie in

Fig. 3. Pavimenti del portico interno della sala rettangolare (sopra) e del portico del cortile (sotto). bino, ardesia e rosso antico (fig. 3) e a di pesce quello opposto, opus sectile con lesene alle pareti, so- in ardesia e giallo antico7; un cortile quadrato dietro stituito o imitato nella parte alta da pittura, e soffitto la sala (fig. 1, III), racchiudente un giardino con via- a cassettoni; si conservano ampi tratti del pavimen- letti pavimentati a grosse tessere di marmo bianco, to in marmo africano, anche questo con motivo “a circondato da un portico, anch’esso con fontanine e stuoia”. È accessibile da una scala, impostata su un pavimenti a spina di pesce e “a stuoia” in ardesia e avancorpo che esibiva un prospetto a due colonne giallo antico (fig. 3); un giardino pensile leggermente fra pilastri angolari9. Il pianerottolo dell’avancorpo,

giardino della preesistente villa tardo-repubblicana inglobata e scavate solo marginalmente, si riconobbero un canale circolare nella ristrutturazione adrianea: Mari 2010c; Mari 2007, 27-32. e un dado centrale in muratura atto a sorreggere forse un labrum 5 Ipotesi ricostruttiva in Sgalambro 2007. o una statua. È ben individuabile invece nei lati est e sud lo strato 6 Le fontanine sono di due tipi alternati: a vasca unica e con due di piantumazione del giardino, il cui spessore (alt. cm 50-70) era vaschette separate da uno zampillo centrale. Erano alimentate da sufficiente a far crescere aiuole e alberelli. Fra l’opus topiarium tubicini che si diramavano dalla fistula plumbea collocata lungo si inserivano i tipici elementi della decorazione marmorea dei il muro di fondazione del portico. Data la natura ‘esotica’ del viridaria, come i pilastrini, di cui si sono rinvenuti vari frammenti, complesso, è probabile che nelle vasche vi fossero papiri o ninfee. decorati con racemi popolati da piccoli animali. 7 Per questi e gli altri sectilia appresso citati: Mari – Sgalambro 9 La scala, che ha subito anche moderni rimaneggiamenti 2015 (contributi precedenti richiamati in bibl.). (forse all’epoca del conte Fede, v. infra), è il risultato di un 8 Mari 2015, 77-78. Delle strutture della fontana, quasi azzerate intervento post-adrianeo, forse tardo-antico, come denunciano

41 ZACCARIA MARI pavimentato con lastre di marmo nero, dava accesso ta con soglia di travertino, immette nell’area scoper- a due ambienti laterali. La larga porta dell’aula è fian- ta, quindi prosegue interrato11. cheggiata da basamenti per statue o colonne. Dei tre ambienti riemersi su fondo dell’aula ipo- L’aula ipostila, che inizialmente era sembrata una stila, due sono raggiungibili dalle navatelle laterali e sorta di sontuoso vestibolo per accedere agli edifi- uno dalla navata centrale (fig. 5). Quello al termine ci retrostanti, si è rivelata tale solo con lo scavo del della navatella destra (fig. 1, B) misura m 3,50 x 2,10, 2013-2014 che ne ha posto in luce il lato di fondo, da con sectile pavimentale “a stuoia” di rettangoli in ar- cui si accede ai tre ambienti. È stato inoltre intera- desia e piccoli quadrati in giallo antico (fig. 6), che è mente liberato dalla terra il lungo corridoio esterno apparso tagliato da due sepolture coperte e delimita- al lato destro (v. fig. 2), pavimentato a mosaico di tes- te da lastre marmoree di spoglio12. Il più ampio vano sere di giallo antico e con tracce del sectile parietale, rettangolare (largh. m 3,70, esplorato solo in parte)

Fig. 4. L’aula basilicale e, a destra, un tratto del giardino pensile. che è parte di un percorso di servizio e distribuzione sul lato opposto (D) è pavimentato con lastre di bar- raccordante il livello inferiore (alla base della scali- diglio. Quello centrale (C; m 4,60 x 4) rappresenta, nata) con quello dell’aula (v. infra). Purtroppo non per la posizione e la pianta absidata con basamen- è stato possibile ripristinare l’intero percorso, ma to per statua, il punto focale dell’aula, importanza unicamente lo spazio a destra della scala (fig. 1, E) dimostrata anche dal pavimento in marmi colorati delimitato da un muro a grossi blocchi di tufo, oltre (pavonazzetto, giallo antico e porfido rosso) con raro il quale è un’area scoperta, leggermente sopraelevata disegno a croce (fig. 6) e dall’architettura marmorea (F), delimitata sul lato opposto da un muro con fun- che inquadrava l’abside: due pilastri sorreggenti epi- zione sostruttiva. All’estremità del muro a blocchi10, stili con cornice a dentelli collegati verosimilmente si entra in uno stretto corridoio che, tramite una por- da un arco, secondo un famoso motivo dell’architet-

la grossolana tecnica muraria a irregolari blocchetti tufacei e con volta a botte che sbuca a livello superiore, immettendo in un il rivestimento, conservato in un angolo, a lastre marmoree di corridoio collegato ad angolo retto con quello esterno all’aula. riutilizzo. In una prima fase era probabilmente più stretta. È da 12 All’interno giacciono due scheletri di adulti che non sono stati rilevare che la scala occupa una posizione enfatizzata, poiché è scavati. Il reimpiego di grandi lastre, accuratamente disposte, il punto di arrivo di un viale o portico che rasentava l’edificio dimostra che non si tratta di povere sepolture occasionali; questo scenico del Teatro Greco. particolare, anche se non sussistono elementi per una datazione, 10 Lungo la fondazione di questo corre un canale sotterraneo di induce a ipotizzare il riuso di vicine strutture come chiesa e la deflusso delle acque in uscita dalla costruzione. presenza di religiosi. 11 Probabilmente una porta dà accesso a una scala parallela

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tezza originaria, ma che in antico doveva formare un blocco unico con l’aula. Lo scavo alla base ha infatti rivelato un ambiente di risulta di forma semicircolare (v. fig. 2), che fungeva da solido raccordo, accessibile da una porta nel lato rettilineo, ma probabilmente destinato a rimanere inutilizzato17. L’interpretazione come “Palestra” si deve a Pirro Ligorio. Costui identificò erroneamente come atleti “tre meze figure” coronate “di livastro”, ovvero i tre busti virili in marmo rosso con la testa rasata oggi ai Musei Capitolini (fig. 9), al Museo Archeologico

Fig. 5. L’aula Ambienti sul fondo dell’aula basilicale. tura adrianea (fig. 7). Nell’interro presso il basamen- to sono stati recuperati frammenti di panneggio di una statua e parte di uno spesso plinto sorreggente una testa di ariete di splendida fattura (fig. 8)13. Per completare la descrizione del sito, è neces- sario accennare alle monumentali fabbriche che si innalzano dietro l’aula ipostila, definite “Sale nobi- li” dal Piranesi: due a pianta cruciforme coperte a crociera (IV, VI) e una rettangolare con volta a botte (V)14. Gli ultimi scavi (2015) hanno riguardato due pun- ti di raccordo fra gli edifici del complesso che, anche per le differenze di orientamento, era interessante indagare. È stato così rintracciato l’angolo nord-est del giardino pensile (fig. 1, G), il cui muro perime- trale di fondo, che sostiene un terrapieno15, presenta speroni di rinforzo a distanze regolari. L’intonaco di cocciopesto sul muro lascia scoperta, come verificato anche negli altri lati, la fascia inferiore corrisponden- te allo strato di piantumazione del giardino antico16. Il secondo punto, parzialmente indagato, è quello a sud-ovest fra l’aula basilicale e un edificio quadran- golare (la c.d. “Casina degli architetti”; fig. 1, H), che oggi appare isolato perché ha conservato la sua al- Fig. 6. Pavimenti dell’ambiente B (in alto.) e dell’ambiente C (in basso.).

13 I frammenti e il plinto sono in marmo bianco, ma non è certo versano in totale abbandono, non erano comprese nelle indagini che appartengano alla stessa statua, né che questa sia pertinente di scavo. Nella fig. 1 è riportata solo la sala cruciforme VI. all’ambiente, poiché l’interro era in realtà (come in quasi tutto 15 Qui, fra il giardino pensile, il cortile III e le “sale nobili” il complesso e, in generale, nella villa) un re-interro seguito agli IV e VI, doveva incunearsi un altro spazio porticato o peristilio, scavi dei secoli scorsi. come riportato nella pianta di Francesco Contini del 1668: Mari 14 Pianta delle Fabriche antiche esistenti nella Villa Adriana, – Sgalambro 2006, 58. di Francesco Piranesi, 1781, f. 1, n. 9: “Esedre quadrate, o 16 V. nota 8. Sale nobili, che erano ornate di Marmi, e Stucchi” (una buona 17 È stato svuotato in parte del materiale edilizio di riempimento, riproduzione della Pianta è in Piranesi 1996). Le sale, che oggi senza raggiungere la quota pavimentale.

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Fig. 7. Ambiente C (a sin.) e ipotesi ricostruttiva della decorazione marmorea (a dex.). Nazionale di Venezia e al Louvre (cui va aggiunto un poiché rappresentata avvolta nella candida veste di quarto busto in collezione privata a Parigi)18, da lui lino. La realizzazione delle sculture in due parti sepa- rinvenuti, insieme al busto colossale di Iside-Deme- rate e in materiali diversi ne ha facilitato la distruzio- tra capite velato dei Musei Vaticani, in scavi condot- ne e dispersione. La conferma che i busti siano stati ti alla metà del ‘500 su incarico del governatore di trovati nell’area della Palestra è venuta dal recente Tivoli, il card. Ippolito d’Este, al fine di recuperare rinvenimento di una mano destra in marmo rosso a opere classiche con cui arredare Villa d’Este; per la grandezza naturale (fig. 9), come le dimensioni dei precisione l’architetto napoletano interpretò come busti, ai quali per altro potrebbe appartenere, che

Fig. 8. Plinto di statua con testa di ariete (a sin.) e testa del Doriforo (a dex.).

“piazze” riservate agli atleti la sala porticata e il corti- stringe l’impugnatura, a forma di parallelepipedo, le retrostante, nel quale esattamente furono ritrovati di un oggetto mancante19. La mano ricorda quelle i busti in marmo rosso. In realtà questi appartengono dei busti descritti dal Ligorio, che egli ritiene, però, a statue di sacerdoti isiaci che avevano la parte del stringessero pesi per l’allenamento, mentre quasi si- corpo sotto i pettorali scolpita nel marmo bianco, curamente si trattava di strumenti di culto20.

18 Ensoli 2002; Lavagne 2006. specie di alteres, cioè di tavoli di piombo di gran peso, et certe 19 Questo era costituito, nella parte sporgente oltre il dito cose ad uso di rocchetti tondi, le quale cose tenevano in mano, gli mignolo, da un elemento (forse realizzato in marmo diverso) antichi qu’ si libravano nelle saltare, et le teste sono al capo raso congiunto all’impugnatura per mezzo di un perno metallico. giovane et coronate di livastro che si solevano donari per premie 20 Pirro Ligorio, Trattato delle antichità di Tivoli et della Villa nelli giochi Pancratij in Olimpia”. Probabilmente le mani delle Hadriana (Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vat. Lat. 5295): “et “figure rotte” (oggi mancanti nei busti restaurati) erano staccate trà le figure rotte che vi firono trovate del marmo rosso vi erano e Ligorio nella sua descrizione le ha ricongiunte ai busti in base tre meze figure con l’effigie di Milone Crotoniate, l’una havea la al tipo di marmo. Va anche osservato, tuttavia, che i “rocchetti pelle di leone, perche fu riputato Hercole, l’altre hanno in mano tondi” sono paragonabili ai cilindretti di difficile interpretazione

44 IL COMPLESSO DELLA C.D. PALESTRA A VILLA ADRIANA ALLA LUCE DEI RECENTI SCAVI

I busti isiaci e quello di Isis-Demeter, che era con- Della statua di ibis sacro (ibis religiosa), incarnazione tenuto nella nicchia di un pilastro (probabile mostra zoomorfa del dio Thot, resta il corpo in marmo bian- di fontana), due altre sculture rinvenute sempre dal co con applicate lastrine di ardesia, rappresentanti la Ligorio (Iside-Fortuna e sacerdote isiaco vestito)21 e punta nera delle ali, e incavi ove erano fissati collo e i soggetti dipinti negli stucchi della volta di una delle zampe realizzati in bronzo25. Busti, sfinge, ibis e la sale a croce22 costituivano già inequivocabili testimo- scala frontale dell’aula ipostila hanno anche suggeri- nianze di un forte richiamo all’Egitto e un’evidente to il calzante confronto con l’eccezionale dipinto di chiave di lettura per interpretare il complesso. Tali Ercolano, che raffigura una cerimonia isiaca su una

Fig. 9. Busto dei Musei Ca- pitolini (a sin.) e mano in marmo rosso (a dex.). testimonianze sono state ulteriormente suffragate dal gradinata sormontata da due sfingi ai lati della porta rinvenimento nel 2006, presso la scala, della sfinge in del tempio, affollata di sacerdoti (con testa rasata e ti- marmo proconnesio a grandezza naturale, purtroppo pico abbigliamento) e fedeli e una scena di sacrificio acefala23, e del corpo di una statua di ibis nell’inter- con due ibis in primo piano26. La varietà e pregnanza ro delle sostruzioni. La sfinge, priva di basamento, di tutti questi riferimenti all’Egitto hanno indotto a non era in situ e fu probabilmente collocata sul lato interpretare la Palestra come un santuario, o – se si destro della scala, insieme a un elemento di fontana, vuole – la rievocazione di un santuario secondo lo sti- nel Settecento ad opera del proprietario del luogo, il le di Adriano, delle divinità egizie sul tipo degli Isea conte Giuseppe Fede, o degli eredi Centini, ma sus- et Serapea di età imperiale. siste la possibilità che facesse parte già in antico, in Gli scavi del 2013-14, con una breve ripresa nel coppia con un’altra sul lato opposto, della decora- 2015, oltre a riportare alla luce l’intera aula basilica- zione della scala. Anche la presenza di fontane sem- le e i suoi annessi, si sono concentrati sui resti della brerebbe confermata dall’impronta nella muratura facciata delle substructiones dell’hortus pensilis, costi- di una fistula plumbea e dalla dispersione nell’area tuita di undici vani paralleli coperti a botte con porta di numerose tessere musive in pasta vitrea turchina24. sulla fronte e altre aperture di collegamento all’inter-

(rotoli di papiro?) tenuti in pugno dalla celebre statua colossale il quale avanza anche l’interessante ipotesi che fossero collocate di Osiride-Antinoo in veste faraonica, per cui non è escluso che nell’area della Palestra, per il loro legame con il culto di Demetra facessero parte di simili statue in marmo rosso, note nella villa e del Nilo, le statue delle ninfe Myrtóessa e Anchirrhóe, già da altri rinvenimenti forse collegabili con l’Antinoeion (Mari presenti a Villa d’Este (Ferruti 2013, 378-384). 2003-2004, 300-301). Un frammento di statua in marmo bianco 22 Da ultimi: de Vos – Attoui 2010. con le pieghe del nemes è stato rinvenuto nel Teatro Greco, in 23 Mari 2010b; Mari – Sgalambro 2012, 16-17, fig. 13. Conserva interri secondari (Léon 2007, 296, n. 12; 299), pertanto potrebbe i lembi del nemes sul petto e la treccia dei capelli sul dorso, provenire anche dalla Palestra. quindi non è improbabile che la testa raffigurasse Antinoo con il 21 Per tutti bibliografia di riferimento in Mari 2006, 128-135. copricapo regale. La Iside-Fortuna, restaurata come Cerere (collezioni del Palazzo 24 L’elemento di fontana, in marmo bianco, ha la forma di un del Quirinale), è stata recentemente riconosciuta come Kore- lacunare e reca incisa la scritta MVD, di incerta interpretazione, Persephone, non escludendo però contaminazioni isiache: Galli che ritorna anche su due capitelli identici, uno conservato sul 2016, 204-208. Sul sacerdote isiaco, che regge un vaso lustrale o posto, un altro in proprietà privata. un vaso-canopo (trasformato dai restauri), rinvenuto acefalo e 25 In tutto simile a uno rinvenuto nell’Antinoeion: Mari 2018, integrato come una “Pandora”: Arata 2011.Sulle sculture dalla 118, fig. 18. Palestra si vedano, in aggiunta, le puntualizzazioni del Ferruti, 26 Mari – Sgalambro 2012, 16-19, fig. 14.

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Fig. 10. Vani sostruttivi. no (fig. 10)27. Data la loro funzione, non avevano pa- secolo, in primis proprio quello di Pirro Ligorio. In vimento, ma solo un battuto di terra. Rimossi i grandi ogni caso la razzia si verificò prima della fine del Set- blocchi cementizi delle volte crollate, sono affiorati tecento, quando l’area della Palestra venne comple- i muri perimetrali dei vani più esterni, quindi, avan- tamente interrata e i muri emergenti fatti abbattere zando, sono apparsi i vani retrostanti sezionati dal dal nuovo proprietario, il conte Giuseppe Fede, per crollo, riempiti con terra e materiali edilizi fin quasi favorire le coltivazioni30. I frammenti scultorei era- al culmine delle volte28. Al livello delle fondamenta no semisommersi dalla falda freatica, cosa che ne ha dei vani nn. 7 e 11, come già verificatosi in prece- reso molto difficile il recupero e che richiama alla denza nel 2, è affiorata una straordinaria concentra- mente la condizione in cui avvennero i famosi rinve- zione, sempre più fitta spingendosi verso l’interno, nimenti settecenteschi (1769-1770) del pittore scoz- di grossi frammenti scultorei e, in misura minore, architettonici (fig. 11). È risultato subito chiaro come le porzioni di statue e architetture marmoree razziate dagli edifici del complesso fossero state ivi gettate dal superiore livello del giardino per essere calcinate. La conferma è poi venuta dal rinvenimen- to, davanti ai vani sostruttivi, di una vasca per lo spe- gnimento della calce29. Si è inoltre immediatamente notato che i frammenti scultorei avevano subito una selezione, poiché erano in assoluta prevalenza plinti e sostegni di statue, oppure arti e panneggi, senza una corrispettiva presenza di corpi e teste. Evidente- mente, quindi, i pezzi migliori erano stati recuperati e quelli meno conservati e non meritevoli di restau- ro scartati. Di certo tutto ciò avvenne in occasione di uno degli estesi “cavi” condotti per arricchire di opere d’arte le collezioni di nobili e prelati, scavi che Fig. 11. Il vano sostruttivo n. 7 durante lo scavo. depredarono la villa soprattutto a partire dal XVI

27 Forse il largo e profondo crollo che li ha interessati è stato 28 Alcuni erano accessibili dal giardino pensile attraverso provocato dai bombardamenti subiti dalla villa durante la squarci praticati nei secoli scorsi sul piano rivestito di cocciopesto Seconda Guerra Mondiale. Sull’argomento: Giuliani 2010, alla ricerca di antichità. 8-9. Dopo lo scavo è stato necessario, per motivi di sicurezza, 29 Restavano solo due muri ad angolo che si sono dovuti sostenere con un muro a blocchetti la sezione esposta. I due sacrificare per dare sistemazione all’area. ambienti laterali, che ancora conservano integre le volte, sono 30 Sulla tenuta del conte, che creò anche un’ammirata raccolta stati utilizzati per esporre due capitelli dell’aula basilicale (uno di sculture nel vicino Casino Fede: Giubilei 1995. pertinente ai pilastri dell’avancorpo e uno al colonnato interno).

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tega che sembra aver lavorato appositamente per Vil- la Adriana, come si è riscontrato anche a proposito delle statue in marmo nero dell’Antinoeion34. Di alta qualità è la testa, purtroppo in parte sfigu- rata sul volto, di una copia del Doriforo di Policleto (fig. 8), opus nobile già noto in villa attraverso altre repliche. Svariati i plinti di statue a diversa grandezza, che sarà molto difficile identificare sulla base dei soli resti degli arti inferiori, e di sostegni raffiguranti animali (aquila, cane etc.) o tronchi (nodosi e fusto di palma). Di notevole interesse le parti nude di una statua maschile seduta, di dimensioni molto superiori al vero, che potrebbe essere stata un simulacro di culto sicuramente collocato in un spazioso ambiente35. Spiccano altresì due frammenti di fregio in mar- mo nero (fig. 23) che consentono di rivendicare alla Palestra altri frammenti analoghi sparsi in vari musei, uno dei quali ripescato a Pantanello36. Il più gran- de dei due conserva quasi intera una metopa figu- rata compresa fra due incavi destinati a formelle in marmo diverso. Nella metopa compare un capro che ghermisce un grappolo d’uva, mentre in alto sporge da una roccia un Pan aggrappato alla vite, in atto di suonare una siringa. Sui lati lungi corrono due pic- coli fregi continui: sopra un tralcio vegetale, racchiu- dente eroti cacciatori e animali, concluso da un kyma ionico i cui ovuli erano riportati in materiale diverso; sotto un thiasos di mostri marini. Il frammento più piccolo appartiene anch’esso a un fregio a metope, Fig. 12. Statua di Horus. ma diverso dal precedente, poiché privo dei piccoli fregi continui; oltre alla metopa con un erote ven- zese Gavin Hamilton sul fondo del vicino laghetto di demmiante sotto una rigogliosa vite e un cesto già Pantanello31. ricolmo di uva, conserva (unico fra tutti gli altri) la Non è possibile in questa sede neppure elencare decorazione della fascia inferiore con palmette alter- tutta la congerie di frammenti scultorei rinvenuti32, nate a foglie d’acanto, e con fiore nel mezzo, realiz- ma solo accennare ai pezzi principali. Essi apparten- zate in un elegante bassorilievo piatto37. Entrambi i gono a sculture sia del repertorio egittizzante sia di frammenti e quelli da tempo conosciuti comprovano quello classico. che nelle raffigurazioni dei fregi prevaleva il tema Merita speciale menzione innanzitutto la statua dionisiaco, tema ricondotto, come altre opere nella zoomorfa del dio Horus (fig. 12), quasi identica a villa, a maestranze afrodisiensi e alla corrente ecletti- un’altra, proveniente dallo stesso luogo, conservata co-classicistica dell’arte adrianea. nei giardini del Quirinale a Roma33. Per tipo di mar- In conclusione riteniamo – come sopra anticipato mo (proconnesio) e stile le due statue si apparentano – che nella Palestra si debba riconoscere un Iseum, alla sfinge, in quanto prodotti di una medesima bot- ove, al culto di Iside si associavano anche i culti di al-

31 Mari 2002-2003, 177-179; Della Giovampaola 2008. Indagini il busto nel ninfeo della villa tardo-repubblicana vicino alla e piccoli saggi sono stati condotti a Pantanello nel 2010-2016 Palestra (v. nota 4). nell’ambito di un progetto del British Museum diretto da ra in corso di schedatura, in previsione Thorsten Opper. 34 Mari 2003-2004, 281-297. 32 Per altro tutto32 Per altro tuttora in corso di schedatura, 35 Come mera ipotesi va richiamato quanto scrive il Piranesi a dell’edizione integrale dello scavo. Per alcuni di quelli proposito dell’esedra di fondo della sala rettangolare con volta precedentemente rinvenuti, oggetto di una mostra, v. Adembri a botte e ingresso a tre fornici, ove sarebbe stata una: “Statua – Mari 2009. sedente, congetturandosi dal Piedistallo di Marmo greco, che ivi 33 Corrisponde al “grande bubo” (gufo) rinvenuto dal Ligorio si osserva” (Piranesi, Pianta, cit. a nota 14, f. 1, n. 12). insieme al busto di Iside-Demetra (Trattato, cit. a nota 20) e si 36 Pensabene 2010 (con bibl.). differenzia dal nostro per la presenza del cobra sulla doppia 37 Non si hanno elementi per risalire alla collocazione del corona dell’Alto e Basso Egitto. Sugli scavi ligoriani e sul fregio, tuttavia si fa notare come il probabile notevole sviluppo rinvenimento delle due sculture alla Palestra v. ora Luschi 2016. in lunghezza si adatterebbe alle pareti dell’aula basilicale o delle Non condivido la proposta dell’Autrice (pp. 19-20) di collocare “sale nobili”.

47 ZACCARIA MARI

Fig. 13. Frammenti di fregio in marmo nero. tre divinità del pantheon egizio-romano, tra cui quel- per creare bacini artificiali. Il rifornimento idrico per lo del fanciullo divinizzato come Osirantinoo venera- vasche e fontane era assicurato da un apposito con- to nell’Antinoeion. È anche possibile avanzare l’ipo- dotto38. Il tutto potrebbe essere stato studiato per ri- tesi che le statue di sacerdoti isiaci con il busto nudo, evocare il paesaggio nilotico, in cui l’acqua, che sim- in varie pose gestuali e impugnanti vari strumenti, la boleggiava quella del fiume sacro, assumeva valore statua di sacerdote vestito, sfingi e ibis componessero rigenerante e di purificazione. la rappresentazione in marmo di una cerimonia isia- Non è del tutto escluso, inoltre, che proprio la Pa- ca come quella raffigurata nella pittura ercolanese. lestra, e non il c.d. Canopo-Serapeo che si qualifica L’aula basilicale e le “sale nobili”, che hanno ingres- come area tricliniare, possa identificarsi con il Cano- si rivolti in direzioni diverse, potrebbero essere stati pum (nome della cittadina presso Alessandria famosa veri e propri templi ospitanti immagini di culto. In per il tempio di Serapide), citato nel noto passo della quest’area del complesso, che è a quota leggermente biografia di Adriano fra i luoghi di viaggio rievocati superiore, si trovava forse il pilastro “che davanti era nella villa39. piano, di dentro rotondo” con il busto colossale di Avevo infine osservato che il busto di Iside-De- Iside-Demetra, che fu rinvenuto, secondo il Ligorio, metra e la statua di Iside-Fortuna, ora interpretata “in luogo alto”. Rafforza l’interpretazione come Iseo come Kore-Persephone (v. supra, nota 21), entrambe anche quello che doveva essere l’aspettoriginario velate come la dea di Eleusi, suggeriscono un col- del luogo, cioè l’ambientazione nella valle di Tempe legamento con l’iniziazione di Adriano ai misteri trasformata in una sorta di oasi-giardino esterna al eleusini (probabilmente già nel 112-113) e quindi corpo principale della villa. Il complesso era raccolto rendono verosimile, considerata anche la valenza fu- e isolato, ma collegato da viali al resto della valle. Il neraria di Iside, la presenza nella Palestra del culto giardino si sviluppava tutt’intorno sia verso il pendio delle divinità eleusine Demetra e Persefone40. Alla divenuto una quinta scenografica sia verso il fosso stessa conclusione è giunto M. Galli, il quale avan- dell’Acqua Ferrata, il cui corso si presenta nelle pian- za anche l’ipotesi che la Palestra, ove era esposta la te storiche troppo rettilineo, forse perché sfruttato Kore-Persephone, unica copiaiproducente il modello

38 Mari 2006, 117, nota 8; 130, 133-134. 40 Mari 2007, 27. 39 Hist. Aug., Ael. Spart., Hadr., 26, 5.

48 IL COMPLESSO DELLA C.D. PALESTRA A VILLA ADRIANA ALLA LUCE DEI RECENTI SCAVI della statua di culto del Ploutonion di Hierapolis in ZACCARIA MARI Frigia, si possa identificare con il luogo della villa Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio denominato “inferi” nella biografia di Adriano, luo- per l’area metropolitana di Roma, la provincia di go che rievocava pro prio il celebre Ploutonion41. Viterbo e l’Etruria meridionale [email protected]

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41 Galli 2016, 108-109. È denominato Ploutonion un altro – Mari 2005, 783 (con bibl.). complesso periferico di Villa Adriana, di incerta funzione: Betori

49 La cd. Sala con Pilastri Dorici a Villa Adriana: tecniche ingegneristiche e visioni prospettiche per un’ immagine architettonica

Patrizio Pensabene – Adalberto Ottati

1. Introduzione un progetto di ricerca sulle citazioni e trasformazioni di motivi architettonici ellenistici presenti nella villa, Con il presente contributo si vuole analizzare il rap- tema su cui già abbiamo affrontato un lavoro che ci porto tra architettura, ingegneria della costruzione ha permesso di ritrovare nella pittura paesaggistica di e rappresentazioni architettoniche in pittura, quale tradizione ellenistica il parallelo per comprendere lo emerso nel corso del nostro studio a Villa Adriana stretto accostamento tra tempietti circolari e rettan- sulla corte porticata detta Sala dei Pilastri Dorici e sul golari emerso dal nostro scavo nell’ex area Camping1. complesso a cui appartiene. Tale studio s’inserisce in

Fig. 1. Villa Adriana; :planimentria (da Adembri - Cinque 2006); b: cd. Palazzo Imperiale (da Salza Prina Ricotti 2001), particolare della corte porticata cd dei Pilastri Dorici.

1 Pensabene - Ottati 2009, 19-14; Pensabene - Ottati 2010, 23- - Fileri 2014, 659-663; Pensabene - Ottati 2014, 91-98. 38; Pensabene - Ottati - Fileri 2011, 603-630; Ottati - Pensabene

51 PATRIZIO PENSABENE - ADALBERTO OTTATI

corte porticata composta da 12 pilastri sul lato lungo e 8 su quello corto, in tutto 38 pilastri a circondare un rettangolo di ca. m 32 x 23 (fig. 1b). La trabeazione è di ordine misto con fregio dorico e architrave e cornice ionici: I pilastri (figg. 2-3) presentano sul fronte e sul retro cinque scanalature, mentre sui fianchi sette: sono dotati di basi ad un toro su plinto (fig. 3e) e di capitelli ispirati ad una forma mista dorico-tuscanica (fig. 3c). Si tratta di un tipo che si afferma a Roma in età imperiale, e che deriva da una variante tardoellenistica del dorico con forte sviluppo dell’abaco ora modanato e del collarino o hipotrachelion sotto l’echino: presenta, dunque, un echino distinto in basso tramite un tondino dall’hipotrachelion e in alto tramite una fascia dall’abaco a listello, gola rovescia e tondino. Di tradizione tardo-ellenistica è anche l’impiego, negli angoli in muratura dell’ingresso alla sala, di lesene accostate in modo da formare un Fig. 2. Villa Adriana, cd. Sala dei Pilastri dorici, anastilosi. leggero gradino (fig. 4a) che richiama la soluzione dei pilastri con lesene addossate spesso documentate in In analogia con le rappresentazioni pittoriche, ma edifici pubblici (fig. 4b-d) e anche nelle domus del I con diverse soluzioni, il progettista antico fondava la sec. a.C. sua opera sulle modalità con cui l’immagine degli ele- L’architrave (fig. 3b-d) era costituito da lastre vati architettonici si sarebbe offerta allo spettatore: modanate di marmo lunense che rivestivano essa doveva essere recepita come parte di un linguag- un nucleo in laterizio addossato a pulvini in gio architettonico basato su specifiche tradizioni, ma con aspetti formali resi possibili dalle soluzioni tec- niche adottate per realizzarli che non sono scindibili dalle scelte architettoniche e decorative. La corte porticata cosiddetta dei Pilastri Dorici, rilevante alla luce della particolare funzione degli ambienti che occupavano il lato meridionale del cosiddetto Palazzo (fig.1a), restituisce una ricercata visione prospettica su più piani che ha il suo parallelo nelle architetture ellenistiche quali rievocate dalle pitture di secondo stile: vedremo come tale visione venga creata dal susseguirsi di passaggi suddivisi e inquadrati da colonne, di absidi e di ambienti porticati a cominciare dalla stessa corte con pilastri dorici e con trabeazioni miste dorico-ioniche secondo forme assunte nel periodo tardoellenistico. Vedremo ancora come per realizzare elevati architettonici nei quali la sottigliezza degli elementi portanti divenisse elemento fondamentale di richiamo ad immagini canonizzate nelle rappresentazioni pittoriche di prospettive architettoniche, si sia scelto l’utilizzo della particolare soluzione costruttiva della piattabanda armata. (P.P. - A.O.)

2. La Sala con Pilastri Dorici Fig. 3. Villa Adriana, cd. Sala dei Pilastri Dorici a: anastilosi; b progetto di anastilosi (Archivio della Soprintendenza Archeologica del Lazio); c: particolare di capitello e trabeazione; d: soffitto d’ar- La Sala con Pilastri Dorici2 appare dunque come una chitrave; e: base.

2 Allo stato attuale delle ricerche non vi sono indizi certi per ritenerla in origine coperta. 52 LA CD. SALA CON PILASTRI DORICI A VILLA ADRIANA

rettangolari più incorniciatura attorno al campo centrale. Il fregio dorico (fig. 2, Fig. 3c) mostra triglifi con una forma del tutto inconsueta per la loro larghezza che fa assumere all’elemento un contorno quadrato: in conseguenza di ciò, le due scanalature tra i glifi presentano un angolo molto profondo. Il contorno quadrato è anche dovuto al fatto che, mancando l’architrave dorico, e quindi la possibilità di collocare le guttae sotto la tenia, le guttae sono poste sopra il bordo superiore dell’architrave, per cui restringono lo spazio destinato ai triglifi. Ne deriva che le metope risultano più alte dei triglifi e piuttosto profonde, in modo da mettere in evidenza i motivi decorativi costituiti da patere con l’ombelico occupato da rosette a petali aperti circondati da un anello di perline: si tratta di un motivo caratteristico dei fregi dorici di epoca tardoellenistica3. La cornice ionica presenta ampio sviluppo della sottocornice (con ovolo, dentello, gola rovescia e li- stello), con uso di un tondino e di un listello come separazione tra la sima poco sviluppata e la corona. La scelta dell’elevato si ricollega direttamente alla ricerca architettonica che si era operata nel periodo Fig. 4. a: Villa Adriana, cd. Sala dei Pilastri Dorici; b-c: Roma, tardo-ellenistico sulla mescolanza degli ordini archi- Teatro Marcello; d: Roma, Foro Olitorio; e: Roma, Casa dei Grifi. tettonici: si tratta certamente di una forma molto ap- prezzata adottata nei palazzi dei monarchi ellenistici travertino sopra i pilastri e sostenuto da armature quali appunto la reggia di Alessandria e i palazzi di in metallo all’interno di piattabande in laterizio: Pergamo e di cui il riflesso si ha a Roma nelle archi- appartiene all’ordine ionico ed è a tre fasce distinte tetture reali della primissima età augustea, come mo- rispettivamente da un astragalo liscio e da una gola strano il Foro Olitorio e il Teatro Marcello (fig. 4b- rovescia e nel soffitto è provvisto di ampi lacunari d) e di nuovo nelle rappresentazioni architettoniche

Fig. 5. Villa Adriana: a: pul- vini di piattabanda armata (da Scetti 1996); b-c: sistema di montaggio delle piattaban- de armate della Sala dei Pila- stri dorici (da Olivier 1983); d-f: pulvini dal in travertino della Sala dei Pilastri Dorici.

3 Maschek 2012, a cui si rimanda.

53 PATRIZIO PENSABENE - ADALBERTO OTTATI

portico della sala, che di nuovo richiama i portici di- pinti: basti citare esempi della casa di Ottaviano sul Palatino. (P.P.)

3. Tecniche costruttive per realizzare l’immagine architettonica L’architrave era dunque costituito da un nucleo interno -la piattabanda in laterizio- impostato su pulvini in travertino a cui erano agganciate barre metalliche che armavano la piattabanda (fig. 5). Dei pulvini in travertino rimasti in situ, sei, di cui uno angolare, sono stati inseriti e riposizionati all’interno dell’attuale restauro, mentre in stato di crollo ne rimangono dieci, di cui uno di pilastro angolare: sul piano inferiore delle imposte sporgono denti Fig. 6. Villa Adriana, Edificio dei Pilastri Dorici; a-b: pulvini ri- montati al contrario; c: tracce di della cornice in intonaco nell’an- rettangolari con due fori quadrangolari sul piano di golo ovest. posa (fig. 5d-f). I denti sono alti cm 15 ca. e sui fianchi ospitavano, di secondo stile, come mostra una sala della casa dei nell’incavo tra l’imposta e l’abaco dei capitelli, i Grifi sul Palatino dove il fregio dorico è dipinto in lastroni su cui era intagliata la ima fascia e il soffitto unione a una cornice ionica a dentelli4; ma gli esempi dell’architrave (fig. 5b). Le altre lastre di rivestimento sono innumerevoli. E’ proprio in questi ambiti che erano invece applicate al nucleo laterizio. Su alcune si verifica l’uso di basi a un toro, di capitelli dorici delle imposte vi è un foro quadrangolare al centro ma con abaco modanato e tondino alla base dell’i- della fronte (fig. 5f: cm 7x7 x prof. cm 9), che a potrachelion e di fusti e pilastri scanalati con listelli giudicare da quelle in posto era incavato solo su un di tipo ionico insieme ad architravi ionici, fregi do- lato: esso doveva servire a fissare il rivestimento in rici e cornici ioniche senza mensole, come di nuovo marmo del fregio-architrave che si trovava solo sul si riscontra nella casa dei Grifi (fig. 4e) e in diversi lato esterno. Quello interno, infatti (fig. 5d), doveva esempi pompeiani5. essere intonacato e dipinto in unità stilistica con la A ciò si aggiunge la sottigliezza dei pilastri, se visti parete di fondo che presentava intonaco e cornici frontalmente, a conferire una particolare solennità al in laterizio modanate e intonacate (fig. 6): la faccia

Fig. 7. Villa Adriana, cd. Sala con Pi- lastri Dorici, corridoi meridionali.

4 Rizzo 1936. 5 Tybout 1985.

54 LA CD. SALA CON PILASTRI DORICI A VILLA ADRIANA del pulvino priva di foro per rivestimento in marmo vista statico fornendo alla struttura stabilità senza presenta una lavorazione molto più grossolana, uso di antiestetiche catene esterne9. proprio per facilitare l’adesione del rivestimento in Le piattabande sono costituite da elementi colle- intonaco. Nel restauro questa differenza non è stata gati da armature sagomate in metallo, che risalgono pienamente capita in quanto i pulvini in travertino in corrispondenza dei piani d’imposta inserendosi in della corte vengono posizionati al contrario, con il scanalature ricavate nei pulvini (Fig. 5b). L’aggancio foro per il fissaggio della lastra marmorea rivolto sui pulvini è ad unghia; il tirante dell’armatura ha la verso il muro di fondo. doppia funzione di garantire la stabilità del sistema Si può affermare che la soluzione tecnica del- e di rendere superflua la centina per la costruzione la piattabanda armata6 è applicata alla trabeazione della piattabanda vera e propria. orizzontale della corte per costituire un’architettura Quest’ultima viene successivamente rivestita di all’apparenza esile con partizioni sottili frontalmen- lastre di marmo che opportunamente sagomate non te: a Villa Adriana essa è presente non solo nella Sala solo suggeriscono la presenza di architravi in blocchi con Pilastri Dorici, ma anche nel Teatro Marittimo7, di materiale di pregio ma anche messaggi immedia- nel cosiddetto Stadio-Giardino e nell’area della cd. ti legati alla decorazione. Come osservato da C. M. Accademia8. Può sembrare che questa soluzione sia Amici, dal punto di vista formale, una soluzione di stata mossa dall’’esigenza di risparmiare sull’uso del questo tipo è perfettamente coerente e rispecchia marmo, in quanto la piattabanda armata in laterizio una delle caratteristiche tipiche dell’architettura ro- richiedeva soltanto l’uso di lastre di rivestimento mo- mana, basata sulla mancanza di identità tra struttura danate e non di blocchi parallelepipedi marmorei. portante ed apparato decorativo solitamente svinco- Ma vedremo come sia riduttivo pensare a esigen- lati tra loro, e che spesso danno indicazioni non cor- ze di risparmio in quanto tale modalità di costruire rispondenti affatto alla realtà strutturale dell’edificio. architravi con un nucleo interno in laterizio e barre In questo caso tuttavia vi è forse un superamento di di metallo, consente un miglioramento dal punto di questa dicotomia in quanto viene creata una nuova soluzione formale in funzione della stretta simbiosi tra esigenza strutturale e decorazione architettoni- ca che vi si adatta10: le modanature acquistano una particolare tensione architettonica derivante proprio dalla compattezza che è richiesta dall’adeguamento alla struttura portante regolata dalla misura standard del laterizio. In questo senso possiamo negare di es- sere di fronte all’imitazione di un sistema trilitico, mentre appare evidente una inventio: essa risolve la mancanza di dialogo tra forma e struttura a favore di un nuovo linguaggio architettonico che in un certo senso rivoluziona anche le proporzioni tradizionali visto lo spessore assunto dal soffitto dell’architrave rispetto alla sua altezza11. Se dunque vogliamo affermare che le scelte dell’e- levato rientrano nella funzione di questo settore del cosiddetto Palazzo Imperiale, ribadiamo anche come tali scelte -caratterizzate da un’apparente snellezza e sobrietà nella visione frontale dei pilastri (figg. 2-3)- abbiano portato obbligatoriamente con sè soluzioni strutturali che appunto consentirono di realizzare un Fig. 8 a, b, c., d. Villa Adriana, cd. Sala dei Pilastri dorici, ambienti elevato di notevole sviluppo in altezza. meridionali. Abbiamo definito quella dei pilastri come appa-

6 Amici 1997, 85-95; Amici 2011, 221-228 con bibl. sono riscontrabili dalla fine del I sec. a.C: Basilica Emilia e dai 7 coevi Horrea Agrippiana. Amici 1997, 86 Ueblacker 1985. 11 8 Ottati 2015. Lo spessore della trabeazione ripropone il problema se 9 Da taluni è stata esclusa la valenza statica delle barre di la corte della sala fosse scoperta o invece dotata di copertura metallo, ma come vedremo oltre, appare riduttivo attribuire ad eventualmente lignea, come si dedurrebbe dal pavimento in una soluzione di questo tipo soltanto una funzione protettiva marmo, però non prezioso in quanto costituito da lastre di delle lastre di rivestimento del soffitto d’architrave. Cfr. Kockel bardiglio di Luni. Il portico presentava una volta a botte in 2014, 236-238. conglomerato attualmente sostenuta da muri verticali poggianti 10 Un’applicazione più sofisticata dei tiranti metallici è sulla trabeazione in modo da risparmiare la cornice che verso la documentata in connessione con piattabande di laterizi o in corte, se il restauro riflette la sistemazione antica, doveva essere conglomerato con cortina di laterizi, già dalla seconda metà del rivestito di marmo a formare un attico. I sec d.C. Cfr. Amici 2011. Esempi di utilizzo di tiranti metallici

55 PATRIZIO PENSABENE - ADALBERTO OTTATI rente snellezza in quanto il loro spessore sui fianchi è di eseguimento, risparmio economico e miglioria molto maggiore di quello sul fronte in modo da con- statica. tenere le spinte generate dalla volta a botte: l’uso del- L’eventuale funzione di centina delle barre, o ad- le piattabande armate consentì di utilizzare pilastri dirittura una soluzione protettiva delle lastre di sof- non quadrati e massicci, bensì a pianta rettangolare fitto dell’architrave dal peso della piattabanda prima con i lati corti sul fronte in modo da suggerire appun- del tiro delle malte, non riducono in nessuna maniera to la snellezza che richiama le citate rappresentazioni le proprietà di resistenza alla trazione che tali barre architettoniche in pittura. conferivano inevitabilmente alla struttura13. In sintesi il modo con cui i pilastri, le trabeazioni Si rileva altresì che la sperimentazione di sistemi e il peso della copertura dei portici rimanevano che conferissero resistenza meccanica alle piattaban- in equilibrio fu appunto quella di realizzare una de si riscontra già in epoca precedente: in alcuni casi struttura in cementizio rivestita di lastre di marmo: i viene inserita una trave lignea al posto delle barre tiranti metallici, creando una maglia, sopperivano alla di metallo, come ad esempio nelle piattabande del sottigliezza dei lati frontali dei pilastri, permettendo, cortile porticato della Villa di Traiano ad Arcinazzo, grazie alle prerogative del metallo di resistenza alla dove addirittura è stato ipotizzato un ruolo di pun- trazione, il contenimento delle spinte della volta tellamento a neutralizzare le spinte che le piattaban- a botte in cementizio e conferendo la stabilità de generavano tra loro14. necessaria. Il valore statico dei tiranti metallici Il sistema spingente era mascherato dal sistema all’interno di piattabande armate è stato negato, o trilitico degli ordini modificato decisamente rispetto perlomeno ridimensionato, da diversi studiosi12 che al canone della trabeazione dorica fino a costituire vi hanno rintracciato invece una soluzione utile a una forma nuova15. (A.O.) proteggere la lastra dell’architrave sottostante durante le fasi costruttive. Non vi è dubbio che la lastra si inserisce sotto il pulvino di travertino e che dunque 4. Gli edifici annessi la messa in opera è precedente al confezionamento della piattabanda, tuttavia a nostro avviso nella La corte porticata con pilastri dorici è al centro di costituzione di un processo così elaborato non vi è un complesso costituito, oltre ad essa, da una sala una soluzione semplice ad una problematica precisa, absidata a sud, con cui comunica tramite un ampio ma un complesso sistema rivolto verso velocità passaggio centrale distilo verso la corte e da un

Fig. 9. Villa Adriana, cd. Sala dei Pilastri dorici; a-b: corridoio nord; c-d: muro di fon- do settentrionale: e: muro di fondo ovest: f: muro di fondo ed est.

12 Olivier 1983, 937-959; Scetti 1996, 5-16; da ultimo si veda cato e non certo economico, come quello dell’aggiunta di barre Kockel 2014, 236-238, per un caso di eventuali piattabande metalliche all’interno della piattabanda servisse semplicemente armate nel Macellum di Ostia. Le piattabande vengono teorizzate a proteggere le lastre del soffitto dell’architrave, protezione che grazie al rinvenimento di lastre di rivestimento che la Kockel poteva raggiungersi con sistemi meno elaborati. confronta con quelle della cosiddetta Sala con Pilastri dorici di 14 Sgalambro 2006, 47-52. Villa Adriana. 15 Penna 1831, 28; Salza Prina Ricotti 2001, 321-322; Guido- 13 Appare quantomeno riduttivo che un sistema tanto sofisti- baldi 1994, 59-64.

56 LA CD. SALA CON PILASTRI DORICI A VILLA ADRIANA ninfeo-teatro a nord non in collegamento diretto con finalizzato non ad una completa obliterazione, ma a la corte, ma con il suo angolo nord-ovest (fig. 1b, trasformare gli originali accessi in finestre16. ambienti T e Y). In questa direzione abbiamo esaminato quali erano Sui fianchi del passaggio principale sul lato corto gli altri accessi alla corte dei pilastri dorici e abbiamo meridionale erano state previste due coppie di stretti rilevato che anche i vani che si aprivano sulla parete ambienti rettangolari che mettevano anch’essi in co- di fondo ovest del portico della corte (fig. 9a) ebbero municazione la sala absidata e il portico della corte la porta tamponata come prova di nuovo lo zoccolo (fig. 7). I due ambienti occidentali conservano buona marmoreo che passa davanti alla tamponatura, parte dell’elevato (fig. 8), anzi la parete occidentale eccetto l’ambiente poco prima dell’angolo nord- di quello più a ovest arriva fino alle reni della volta a ovest che invece conserva l’apertura con una soglia di botte, di cui è visibile l’attacco (fig. 8a). marmo bianco. Anche questo ambiente presentava Al livello della terrazza del portico dorico vi è una almeno un secondo piano, in quanto vi sono i fori porta che comunica appunto con il piano superiore per le travi, stranamente realizzati scavando il muro e dell’ambiente più a ovest (fig. 8c). I solai dei due am- quindi non previsti in fase di costruzione. bienti erano realizzati con travi lignee, di cui si conser- Più complessa è la situazione sul lato nord-ovest va un’impronta sul lato meridionale, che insistevano (fig. 9a-b, d-e): qui la comunicazione con il ninfeo- su mensole in travertino: ne sopravvivono alla spolia- teatro non avviene al centro, ma tramite un corridoio zione solo due sul muro est del secondo ambiente oc- est-ovest a cui si accedeva da un portale ricavato cidentale (fig. 8b). Successivamente gli accessi di que- all’estremità della parete lunga occidentale di fondo sti stretti ambienti al portico sono stati tamponati (fig. del portico. Il muro tra il ninfeo-teatro e la corte dei

Fig. 10. Villa Adriana, sala dei Pilastri Dorici, con- fronti; a: cd. Sala dei Pilastri dorici (dis. A. Ottati); b: Palatino, Casa di Ottaviano, stanza dei festoni di pino; c-e: Pompei, Casa delle Nozze d’Argento, esedra e in- terno del peristilio (da Tybout 1989); f: Palatino, Casa di Ottaviano, oecus.

7a-b), mentre quelli verso la sala absidata sono rimasti pilastri dorici è successivo a questa, in quanto si ha aperti (fig. 7c). Le tamponature, realizzate in opera l’evidenza che in una prima fase di cantiere il muro muraria di bozzette irregolari di tufo, sono precedenti s’interrompeva a cinque metri circa dall’angolo, al rivestimento marmoreo della parete di fondo del che rimaneva quindi completamente aperto. Tale portico, come dimostra la malta della zoccolatura che apertura non può coesistere con l’esistenza della volta ancora si conserva su di esse e i fori per le grappe del portico su questo lato, che invece deve essere bronzee, anche sui muri della tamponatura, alla stessa stata costruita quando il muro viene prolungato quota di quelli presenti sui muri contigui. La tampo- fino all’angolo e viene creata un’apertura più spessa natura si conserva fino ad un’altezza di m 1 ca.: non all’estremità della parete di fondo occidentale del possiamo escludere, dunque, che tale intervento fosse portico.

16 Sul muro di fondo del lato corto meridionale del portico i profondi cm 8. Questi fori corrispondono sul retro della parete fori da ponte sono sostituiti da cavità rettangolari poco profonde al muro divisorio tra i due ambienti occidentali. e molto regolari di cm 15 di larghezza per cm 19 di altezza,

57 PATRIZIO PENSABENE - ADALBERTO OTTATI

L’angolo nord-ovest della corte porticata dente sul retro di cui va capita la funzione. Nella prevedeva dunque un portale all’estremità nord parte scoperta del ninfeo-teatro vi sono resti di della parete lunga ovest e anche un finestrone (fig. pavimentazione in opus spicatum, ma forse precedente 9d) all’estremità della parete nord che si affacciava alla pavimentazione adrianea o di preparazione. sui giochi d’acqua del ninfeo-teatro. I dati fin ora presentati sembrerebbero evidenziare Il corridoio est-ovest sopramenzionato aveva due una fase precedente alla costruzione della corte con funzioni: la prima di mettere in comunicazione la pilastri dorici quando i muri nord e ovest erano corte con il settore del ninfeo-teatro, che si è detto non stati costruiti ma con aperture che mettevano in era visibile direttamente da essa, ma si intravedeva comunicazione con gli edifici retrostanti. Con la attraverso il finestrone; la seconda di collegare la realizzazione della grande corte, tali accessi vengono corte dei Pilastri Dorici con il cortile del cd. Palazzo obliterati in quanto non consoni al nuovo impianto Imperiale. Questo corridoio, piuttosto ampio, è e alle necessità visive del monumento che si voleva pavimentato con lastre rettangolari di portasanta realizzare, che appare ora come una grande sala (fig. 9a) mentre la parete nord verso il ninfeo- di rappresentanza crediamo rievocativa di un teatro è aperta con un passaggio distilo, costituito architettura palaziale ellenistica. probabilmente da due colonne al centro, come si Gli ambienti finora descritti in qualche modo si deduce dai fori nelle sottobasi ancora in situ, e da due addossano a tre lati della corte definendone il carat- lesene addossate agli stipiti, di cui si conserva la base tere volutamente periferico rispetto al c.d. Palazzo, attica di quello est che mostra un’articolazione di una da cui è di fatto isolata, se non per la comunicazione lesena leggermente sporgente al centro (fig. 9b). La tortuosa tramite il corridoio all’angolo nord-ovest. messa in opera della base di lesena è precedente a Solo la sala absidata appare in chiaro rapporto quella delle lastre dello zoccolo, la cui preparazione con la corte, sebbene non immediatamente ed anzi di malta si addossa ai fianchi della base. gli ambienti che la dividono da essa, per quanto il Il corridoio termina con un ingresso più stretto centrale con funzione di passaggio, ne accentuano delimitato da due pilastri in laterizio con lesene, ma l’isolamento che pare dunque intenzionale. non comunica direttamente con il cortile del palazzo (A.O. - P.P.) imperiale, in quanto subito fuori si trova una scala con sottoscala forse adibito a latrina. Il passaggio al cortile del palazzo avveniva dalla porta al centro della 5. Conclusioni grande abside ovest del ninfeo-teatro e da due stretti passaggi ai lati dell’abside pavimentati con lastre A conclusione di questo nostro intervento di portasanta. La porta al centro e i due passaggi aggiungiamo solo poche parole per ribadire come immettevano su un diaframma colonnato. anche in questo caso, se il contesto spiega le scelte Ancora un’osservazione sul fatto che sul e qualifica il tipo, tuttavia è fondamentale partire sopradetto corridoio est-ovest giacciono ancora dallo spazio per raggiungere quell’idea che i frammenti della volta a botte crollata (fig. 9a) e costruttori antichi inseguivano per decorarlo. Nello cinque pulvini trapezoidali, diversi e più piccoli di stesso tempo insistiamo come a Villa Adriana siano quelli della Sala dei Pilastri Dorici, ma ugualmente ricorrenti audaci soluzioni strutturali accompagnate inerenti a piattabanda armata: presentano un foro esternamente da citazioni nella pianta e nell’elevato quadrangolare al centro della fronte (cm10x10 x prof. e dal decus offerto dagli ordini architettonici, cm 16). Due di questi pulvini sono presumibilmente qualunque siano le variazioni, per cui si può parlare in stato di crollo in quanto uno di essi è ancora di continuità nel protagonismo degli ordini. Ma le sotto una porzione della volta caduta. Si tratterebbe scelte che man mano si operano, condizionate da dunque dei due pulvini che insistevano sulle colonne nuove esigenze costruttive e di comunicazione visiva, del passaggio distilo e che erano rivestiti da lastre trasformano profondamene il significato, le modalità di marmo, ma in questo caso non di ordine dorico, d’uso e le forme degli ordini architettonici. in quanto la base è composita con due tondini su Proprio a proposito del complesso qui analizzato, listello centrale (fig. 9b). Va rilevato che sull’unica come si è visto composto da tre settori (aula absidata, imposta visibile sui due lati opposti i fori sono su corte con pilastri dorici e ninfeo-teatro) vanno entrambi i lati: la funzione delle imposte su colonne ribadite l’organizzazione spaziale, le relazioni assiali di diaframma imponeva dunque le lastre marmoree e le immagini prospettiche offerte allo spettatore per su entrambi i lati. avvicinarsi al suo significato, anche se questo sfugge La base è uguale a quelle rimesse sulle sottobasi nel momento in cui si vuole stabilire un nesso preciso davanti all’abside e si può presumere che anche le tra funzione e forma. colonne su di queste reggessero piattabande armate. Il complesso risulta presentare solo tra la corte e Va notato il muro di delimitazione della cavea la sala absidata una relazione assiale e con colonnati intonacato e dipinto in azzurro e cornici con che offrono una visuale prospettica17: chi osservava la

58 LA CD. SALA CON PILASTRI DORICI A VILLA ADRIANA corte dei Pilastri Dorici dalla sala absidata incontrava piani, creata dal susseguirsi dei colonnati, che il diaframma delle colonne in cipollino della sala richiama le architetture ellenistiche rievocate dalle stessa e gli stipiti del portale che dava accesso al pitture di secondo stile19: tale visione risulta evidente grande ambiente rettangolare di passaggio che sia quando l’osservatore guardi da nord, attraverso conduceva all’ingresso distilo della corte dei Pilastri i pilastri della corte, l’apertura distila dell’ambiente Dorici; ancora scorgeva i pilastri del portico del lato successivo sul lato sud e il fronte colonnato della sala sud della corte ed in fondo i pilastri del portico del absidata all’estremità sud 20, sia se guarda da questa lato nord. In questo gioco prospettico non sembra sala verso nord . entrare il corridoio sopraelevato che si apriva poco L’immagine ricorrente è quella di altre architetture prima dell’angolo nord-est cui dava accesso una scala colonnate dietro quelle in primo piano a suggerire di cinque gradini18. Possiamo dire che il complesso una dilatazione dello spazio di cui non s’intravvede si presenta con un’organizzazione spaziale in cui la fine. È in questo senso che abbiamo richiamato i punti di vista generano un gioco di scatole cinesi le rappresentazioni architettoniche nelle pitture di che rimandano alle rappresentazioni pittoriche e secondo stile, in particolare quelle dove appunto che troviamo anche in esempi precedenti, come ad dietro un primo portico o se ne intravedono altri esempio nella Villa di Traiano ad in maggiore o minore lontananza, spesso con tholoi e forse nella Domus Aurea. o altri monumenti al centro di corti colonnate: gli Inoltre ci pare che emerga un isolamento esempi sono innumerevoli e basti citarne alcuni della intenzionale del complesso, connotato dalla volontà casa di Ottaviano sul Palatino (fig. 10), della casa del di evitare assi che potessero collegarlo visivamente Labirinto a Pompei e della villa di Boscoreale. ad un percorso palaziale. La comunicazione tra corte (P.P. - A.O) porticata e cd. ninfeo-teatro, defilata in un angolo ma con un grande finestrone aperto sull’altro lato dell’angolo a nord, stabilisce una relazione visuale solo di scorcio con le sala del ninfeo-teatro e in PATRIZIO PENSABENE particolare con le due vasche circolari al suo interno. Sapienza Università di Roma In questa parte defilata del palazzo imperiale, che [email protected] tuttavia possiamo definire di alta rappresentanza, gioca dunque un ruolo importante l’ampia corte ADALBERTO OTTATI rettangolare con portici pilastrati -appunto la Scuola Archeologica Italiana di Atene cosiddetta Sala con Pilastri Dorici. Si è detto come [email protected] tale ruolo emerga dalla visione prospettica su più

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17 Coarelli 1985, 49-52: nella grande sala absidata si è anche uno dei due ambienti laterali all’ingresso principale del grande proposto di riconoscere in un basamento il podio di un possibile ambiente di passaggio centrale. trono imperiale, ma non vi è prova in tal senso. 19 Cfr. Tybout 1989. 18 Rileviamo che il criptoportico a cui dava accesso è in asse con 20 Accettando la ricostruzione di Winnefeld 1985.

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60 Ibam forte via ... Appia. Nuovi Rinvenimenti nel territorio di Bovillae

Micaela Angle – Pamela Cerino – Andrea Pancotti

1. Premessa reso possibile delineare un quadro più nitido rela- tivo ai dintorni dell’antica Bovillae. In questa sede Dall’anno 2008, in seguito ad una massiccia opera verranno brevemente presentate le ultime scoperte di urbanizzazione, il territorio comunale di Marino e riscoperte.

Fig. 1. Pianta del territorio di Bovillae (IGM 150 III NE, modificata).

(RM) è stato oggetto di una consistente azione d’in- 2. Le indagini archeologiche dagine archeologica preventiva da parte della allora Soprintendenza Archeologica del Lazio. L’occasione I dati derivati dagli scavi condotti nell’ultimo de- ha permesso di individuare numerose preesistenze cennio dalla Soprintendenza Archeologica intorno ai archeologiche, a volte confermando dati già noti fin pochi resti superstiti dell’antica Bovillae continuano dalla metà del XIX secolo, altre volte ponendo all’at- a fornire interessanti spunti per alcune considerazio- tenzione nuove evidenze storiche altrimenti ignote. ni di natura topografica. L’antica città di Bovillae sor- 1 Gli scavi condotti negli ultimi anni hanno pertanto geva sulle pendici sud-occidentali dei Colli Albani,

1 Scavi condotti dalla Società Kairòs – Servizi per l’archeologia.

61 MICAELA ANGLE - PAMELA CERINO - ANDREA PANCOTTI

Fig. 2. Planimetria generale delle strutture (rilievo N. Tomei). lungo la via Appia, a circa dodici miglia da Roma. Le imperiale, come si evince dal rinvenimento di fram- notevoli testimonianze archeologiche documentate menti ceramici a vernice nera e da monete in bron- in passato nell’area della città, oggi quasi totalmente zo databili tra la fine del III e gli inizi del IV secolo scomparsa2, testimoniano una complessa stratigrafia d.C.. Nei primi mesi del 2015 tra Via Appia Nuova che nasce in epoca protostorica, attraversa i comples- e Via del Torraccio, è stato rinvenuto un tratto viario si monumentali d’età imperiale e giunge infine alle esposto per m 57, avente direzione nord-ovest/sud- torri d’avvistamento medievali. est, costituito da una sede stradale lastricata larga, È proprio in tale contesto che si inserisce internamente alle crepidini, m 2,07 (fig. 1.2). Il tratto un’articolata rete stradale di epoca romana, stradale portato alla luce, messo in opera all’interno originariamente realizzata per servire numerose di una antica tagliata, è compreso tra due imponenti strutture dalle varie destinazioni d’uso, ed oggi in gran strutture murarie di contenimento, realizzate contro parte ricalcata dalla moderna viabilità. In un’area terra e costituite da schegge di peperino e leucitite le- immediatamente a sud di Via Appia Nuova, presso gate con malta e disposte disordinatamente su ranghi Via Manin, sul fianco orientale della ferrovia Roma- di corsie orizzontali. Il diverticolo in esame doveva Napoli, sono state evidenziate e documentate alcune distaccarsi dal lato settentrionale dell’Appia per poi strutture antiche (fig. 1.1). Queste, parzialmente inerpicarsi verso est, attraversando la proprietà dei visibili agli inizi del XX secolo3, e oggi fortemente frati Trappisti (già Villa Colonna della Sirena), lam- danneggiate dalle lavorazioni agricole, sembrano bendo un imponente mausoleo con sovrapposta una appartenere ad ambienti di natura produttiva e abi- torretta medievale4, fino a continuare in direzione tativa (fig. 2). Alcuni paramenti in opus reticulatum della località Castagnole5. Ai lati del tratto portato ci permettono di inquadrare le murature nella prima alla luce, sono state rinvenute alcune sepolture ad età imperiale. La frequentazione dell’area tuttavia, inumazione prive di corredo, le quali, non occupan- dai materiali raccolti nel corso della pulizia superfi- do la sede stradale, non necessariamente testimonia- ciale, si inquadra tra l’età repubblicana e la tarda età no un eventuale abbandono del tracciato viario in

2 Pancotti 2011. XIX secolo, e denominato nelle tavole pubblicate nel 1854 da 3 Ashby 1907, tav. II; De Rossi 1979, n. 267. Luigi Canina: “via di comunicazione dell’Appia a Castromenio” 4 De Rossi 1979, n. 279 e figg. 484-485. (Canina 1854; De Rossi 1979, n. 270 e fig. 504). 5 Tale diverticolo venne documentato già intorno alla metà del

62 IBAM FORTE VIA... APPIA. NUOVI RINVENIMENTI NEL TERRITORIO DI BOVILLAE

Fig. 3. Planimetria generale del tracciato stradale esposto, con rilievi ingranditi delle quattro sepolture strutture (rilievi G. Fiori). epoca tardo imperiale (fig. 3). cemente coincidere il tratto finale dell’antica Cavona Attraverso questo scavo è stato appurato che il proprio con il diverticolo in esame9. Tuttavia, che si diverticolo denominato dal Canina “via di comuni- tratti effettivamente di un diverticolo, e non del trat- cazione dell’Appia a Castromenio” doveva dipartirsi to finale della Cavona, dovrebbe appurarsi dall’esi- dal tracciato dell’Appia, e non da quello perpendi- gua larghezza della sua sede carrabile (ca. m 2,07) colare della strada romana ripercorsa dalla moderna che avrebbe consentito il transito di carri in un solo Cavona, come invece indicato da altri studiosi del senso di marcia. La larghezza di una viabilità prima- passato6. Verosimilmente il basolato in questione do- veva essere parzialmente visibile intorno alla seconda metà del XIX secolo; successivamente, già nel corso del primo decennio del Novecento, venne obliterato in seguito alle intense lavorazioni agricole che inte- ressarono l’area delle Frattocchie. Non è ben chiaro se tale tracciato dipartisse dall’Appia prima o dopo il suo originario incrocio con la Cavona, che proprio presso le Frattocchie sembra non aver lasciato tracce di lastricato antico7. Secondo la carta archeologica di Luigi Canina il diverticolo avrebbe dovuto staccarsi prima di tale incrocio; dopo, secondo quella di Pietro Rosa8. Curiosa la soluzione al problema da parte di Felice Grossi Gondi, che nel 1908 propose di far dol- Fig. 4. Stralcio della carta archeologica di R. Lanciani (particolare dell’area di Quarto Castagnola).

6 Canina 1854; Rosa, Carta; Tomassetti, II, p. 166. Contra: Ash- mente il dato si desume anche dalle cartografie proposte da Gio- by 1907, tav. II; Lanciani, Carta; Dobosi 1935, tav. I. vanni Maria De Rossi, che propende sia per l’una che per l’altra 7 Sul percorso della Cavona v. Aglietti 2000. delle soluzioni: De Rossi 1979, n. 270, fig. 506 e tav. f.t. 8 Canina 1854; Rosa, Carta; l’impossibilità di definire puntual- 9 Grossi Gondi 1908, tav. f.t.

63 MICAELA ANGLE - PAMELA CERINO - ANDREA PANCOTTI

Fig. 5. Fotografia aerea del tratto stradale rinvenuto in via delle castagnole. ria come la Cavona invece, nel tratto compreso tra la avente direzione sud-est/nord-ovest, costituito da Latina e l’Appia raggiungeva variabilmente i m 2,50 una sede stradale lastricata larga, internamente alle - 3,3010 - 4,2011, e avrebbe pertanto consentito il pas- crepidini ca. m 2,20 (fig.5). Questa, alloggiata in un saggio di carri in entrambi i sensi di marcia. Il diverti- taglio regolare nel banco di peperino, correva a nord- colo di Via del Torraccio non è da interpretare come ovest in direzione del mausoleo compreso all’interno via di comunicazione dall’Appia all’abitato di Castri- della proprietà dei frati Trappisti di Frattocchie13; e moenium, come ipotizzato a suo tempo dal Canina12, in antico doveva dipartire da un diverticolo che a bensì come semplice viabilità di servizio ai numerosi sua volta si staccava dal tracciato rinvenuto pres- complessi edilizi localizzati a monte dell’Appia, nel so Via del Torraccio (v. supra) per ricongiungersi a Quarto Castagnola che si estende sulle dolci pendici sud-ovest all’Appia14. Sul margine settentrionale del di Monte Crescenzio (fig. 4). Indagini effettuate in basolato esposto alle Castagnole, è stata portata alla due terreni adiacenti localizzati proprio nel Quarto luce un’ampia necropoli e una struttura di probabile Castagnola, lungo Via di Castagnole di Sotto, hanno destinazione funeraria a pianta rettangolare, lastrica- portato alla luce preesistenze che documentano uno ta in blocchi di peperino e comprendente i resti di un sfruttamento dell’area a scopo sia abitativo che fune- portico. La necropoli, messa in opera all’interno di rario (fig. 1.3). Tra le varie evidenze documentate, si una cava di peperino abbandonata e bonificata pre- segnala un tratto viario basolato esposto per m 33, sumibilmente già in età repubblicana, comprendeva

10 De Rossi 1979, nn. 393, 429. sviluppo del territorio alle pendici dei Colli Albani, (Roma, Reale 11 La ‘via dei cavoni’ in età romana, tra la Latina e l’Appia, in- Istituto Neederlandese, 9 febbraio 2017), Atti del Convegno, c.s. tervento di S. Aglietti e P. Cerino al Convegno Nazionale dell’Ar- 13 De Rossi 1979, n. 279. cheoclub d’Italia “Vie Romane” ( - Palazzo Chigi, 21-22 14 La strada venne documentata in passato: Ashby 1907, tav. novembre 2015), Atti c.s. II; Ashby 1910, p. 291; Lanciani, Carta; Lanciani, VatLat 13045, 12 Canina 1854; su di una nuova proposta di localizzazione f. 155v (in Buonocore 2001, 161-163); Dobosi 1935, tav. I; De dell’antico abitato v. Pancotti A., “Castrimoenium ritrovata”, in Rossi 1979, n. 295. Fischetti A.L.(ed.), Tra Appia e Latina: dinamiche insediative e

64 IBAM FORTE VIA... APPIA. NUOVI RINVENIMENTI NEL TERRITORIO DI BOVILLAE

Fig. 6. Planimetria generale delle strutture (rilievo A. Ottati e B. Vivino). sepolture a fossa, in sarcofago monolitico di peperi- pochi metri a nord-est della necropoli in esame, sono no, a “grotticella” sulle pareti della cava, con coper- state evidenziate strutture murarie pertinenti ad un tura alla cappuccina, in anfora (sia incinerazioni che vasto edificio residenziale della prima età imperiale inumazioni), infine del tipo detto “a cella”. E’ stata (fig. 6). Le strutture, in parte note agli inizi del XX constatata la totale assenza del corredo nella gran secolo15, comprendono numerosi ambienti realizzati parte delle sepolture; tuttavia, dai bolli laterizi e dalle in opera reticolata con pavimenti in mosaico bianco monete rinvenute nel corso dello scavo stratigrafico, e nero; a monte di queste è stato portato alla luce è stato possibile datare l’abbandono dell’area tra il I un muro di contenimento realizzato in opera quadra- ed il II secolo d.C.. In un lotto di terreno localizzato ta con blocchi bugnati di peperino. Al muraglione,

Fig. 7. Fotografia aerea del tratto stradale rinvenuto in piazza XXI Ottobre.

15 Grossi Gondi 1908, tav. f.t.; Ashby 1910, 291; Lanciani, Carta; De Rossi 1979, n. 296.

65 MICAELA ANGLE - PAMELA CERINO - ANDREA PANCOTTI

Fig. 8. Fotografia panoramica delle strutture rinvenute in vicolo del Divino Amore. esposto per ca. m 30 e conservato per un’altezza di m solato avente direzione nord-ovest/sud-est, costitui- 2,50, erano addossati vari ambienti originariamente to da una sede stradale lastricata larga, internamente pavimentati in opus signinum. alle crepidini, circa m 2,10. Un ulteriore tratto della Nel comprensorio del Divino Amore, a sud-ovest stessa viabilità è venuto alla luce all’altezza di piazza dell’Appia, è stato portato alla luce un tratto di ba- XXI ottobre, lungo il margine occidentale dell’attua-

Fig. 9. Planimetria scavo vicolo del Divino Amore (rilievo Poleis Coop.stagnola). 66 IBAM FORTE VIA... APPIA. NUOVI RINVENIMENTI NEL TERRITORIO DI BOVILLAE le Via Nettunense. Il tracciato, lungo complessiva- percorso antico, è stato messo in evidenza un com- mente ca. m 150 (figg. 1.4, 7), è stato attribuito al di- plesso edilizio che doveva svilupparsi verso sud (fig. verticolo che dalla cd. Antiatina, costeggiando il fian- 1.6). A questo era collegata una grande struttura in co settentrionale del teatro di Bovillae, continuava in opera reticolata con andamento esterno curvilineo, direzione del circo16. Questa via rientra nell’ordine dotata verosimilmente di un ambiente interno qua-

Fig. 10 Testa marmorea di Domiziano dopo il restauro (fotografia A. Briotti) degli assi ortogonali all’Appia di congiunzione con drangolare. Apparentemente ad una fase successiva la viabilità diretta alla costa tirrenica17; in seguito allo appartiene una fontana rinvenuta nel settore nord- scavo archeologico è stato definitivamente eviden- est del lotto, prossima al Vicolo del Divino Amore, ziato che tale viabilità scavalca in realtà18 il tracciato realizzata in opera mista di reticolato e laterizio con dell’Antiatina, proseguendo ad occidente di questa rivestimento interno in cocciopesto. La struttura (fig. in direzione dei cd. ruderi di Palaverta19. Tale stra- 9 A) si conserva per un’altezza massima di ca. m 0,50- da, almeno nei tratti portati alla luce, sembra essere 0,70 e presenta pianta quadrangolare con quattro ab- stata abbandonata a partire dalla fine del III secolo sidi disposte a croce sui lati. Il sistema idrico di ali- d.C.20; lungo il suo tracciato sono state rinvenute di- mentazione prevedeva una piccola vasca rivestita in verse sepolture e un denario d’argento coniato da Pe- cocciopesto collegata alla fontana tramite un canale danius Costa, legato di Bruto durante la guerra civile posto sul fondo dell’abside meridionale; la vasca, re- del 44-31 a.C.21. Nei pressi dei ritrovamenti appena alizzata anch’essa controterra in opera mista di reti- descritti, lungo il margine settentrionale del Vicolo colato con ammorsature di tufelli e mattoni, in antico del Divino Amore, sono venuti inoltre alla luce resti analogamente alla fontana doveva essere rivestita in murari in opera reticolata conservati per lo più a li- lastre marmoree. I materiali rinvenuti nella fontana e vello di fondazione (figg. 1.5, 8). nell’annessa vasca collocano la messa in opera di tali Questi formano una serie di ambienti a pianta strutture in un momento avanzato del I sec. d.C.; nel rettangolare di difficile interpretazione; dai reper- materiale di colmatura della fontana è stata rinvenuta ti e dalle sepolture in anfora rinvenute è plausibile una testa marmorea, di grandezza maggiore del vero, ipotizzare una frequentazione che va dalla prima età raffigurante l’imperatore Tito Flavio Vespasiano, la imperiale fino all’età tardoantica. Sempre continuan- cui tipologia raffigurativa può essere inquadrata per do sul Vicolo del Divino Amore, lungo il suo margi- le caratteristiche nel gruppo Erbach22 (fig. 10). Siamo ne meridionale a ca. m 50 di distanza da Via Appia nel settore compreso tra i carceres del circo e la via Nuova, che nel tratto in esame dovrebbe ricalcare il Appia, un’area che a partire dagli scavi della prima

16 Canina 1853, II, tav. XLVIII; Rosa, Carta; Ashby 1907, tav. 20 Cerino et al. 2014. II; Lanciani, Carta; Dobosi 1935, tav. I; De Rossi 1979, fig. 506; 21 RRC 506/2. Cerino et al.2014; sul tracciato dell’Antiatina v. Fischetti 2004. 22 I particolari relativi a questo sito sono trattati in Calandra 17 A questo proposito si veda anche il tracciato recentemente E.-Angle M.- Cerino P., “Testimonianze scultoree da Bovillae. portato alla luce a sud-ovest di Bovillae in loc. Mazzamagna (An- Nuove acquisizioni”, in Hatlie P. - Berry D.H. (eds.), Ancient gelelli et al. 2013). Bovillae: The history, art and archeaeology of a lost city in the ro- 18 Contra: Ashby 1907, tav. II; Dobosi 1935, tav. I. man hinterland, c.s. 19 De Rossi 1979, n. 374. 67 MICAELA ANGLE - PAMELA CERINO - ANDREA PANCOTTI

Fig. 11. Sovrapposizione della carta del Canina 1854 su immagine satellitare (elaborazione P. Cerino) metà dell’Ottocento ha restituito evidenze certamen- e considerato il ritrovamento di strutture idriche e di te pertinenti a edifici di natura pubblica23. Tomassetti una scultura riferibile ad un membro della dinastia ipotizzò il foro della città subito a nord-est del cir- co24; un successivo riesame delle fonti epigrafiche ha dimostrato la presenza nella stessa area di un aedes e di una basilica25. Il nostro sito tuttavia è localizzato a ridosso del tracciato dell’Appia (fig. 11), quindi an- cora più a nord dell’area immediatamente prossima al circo: siamo esattamente tra una grande cisterna realizzata in opera mista di reticolato con ammorsa- ture di tufelli e mattoni (ca. m. 13 x 10)26, e tra un acquedotto sotterraneo27. Dalla carta archeologica di Lanciani (fig. 12) si desume anche che un diverticolo proveniente dall’Appia fronteggiava a nord l’isolato, lambiva il suo lato occidentale, per poi dirigersi a sud verso il circo; l’intera zona a detta dello studioso era “piena di rottami e di blocchi di cocciopesto”; a nord della suddetta cisterna era poi visibile una costruzio- ne rettangolare con uno dei lati corti absidati, ipo- tizzata con riserva come sepolcro, vista la vicinanza 28 Fig. 12. Stralcio della carta archeologica di R. Lanciani (particolare all’Appia . Pertanto alla luce dei dati appena esposti, dell’area di Bovillae).

23 Da ultimi sugli scavi della zona Liverani-Picozzi 2013; i ri- 26 De Rossi 1979, n. 291. sultati di un recente intervento di scavo proprio a ridosso dei 27 De Rossi 1979, n. 304,9 (pp. 308-309). carceres in Gallocchio 2014. 28 Lanciani, Carta; Lanciani, VatLat 13045, f. 155 (in Buono- 24 Tomassetti, II, 175-176. core 2001, 161-162); De Rossi 1979, n. 292. 25 Granino Cecere 1991, 250-254.

68 IBAM FORTE VIA... APPIA. NUOVI RINVENIMENTI NEL TERRITORIO DI BOVILLAE flavia, sarebbe suggestivo ipotizzare nell’area scavata giungeva 3,90 metri, e con le crepidini 6,90 metri. recentemente presso il Vicolo del Divino Amore la Quella della Flaminia prima del ponte sul Treia ad presenza di un complesso termale pubblico, localiz- est di , insieme alle crepidini, 8,10 metri. zato nelle immediate vicinanze del foro di Bovillae. Quella della via Flavia, tra Parenzo e Pola, 20 pie- Un ulteriore ed interessante tracciato, parallelo a di31. Dai testi di Festo e Varrone (Fest. 508,22 sgg.; quello dell’Appia e localizzato a sud di questa presso Varro, l.l..VII,15), sappiamo che le vie private dove- Via dei Ceraseti (figg. 1,7), è stato portato alla luce tra vano essere larghe 8 piedi, circa 2,30 metri; tuttavia, il 2014 e il 2015. Per quel che è stato possibile consta- come già accennato, nel territorio intorno a Bovillae tare in corso di scavo, si tratterebbe di una via di lizza sono stati portati alla luce diverticoli aventi una lar- originariamente a servizio di una grande cava di pe- ghezza media di 7 piedi. Tralasciando in questa sede perino29; lo stretto rapporto topografico con l’Appia questioni legate all’affidabilità delle fonti classiche ed i numerosi, vari, espedienti tecnici ed idraulici che superstiti ed alla giurisdizione dei tracciati minori, caratterizzano il suo tracciato, possono darci un’idea non possiamo fare a meno di notare nella realizza- della grande attività estrattiva, prolungata nel tempo, zione dei lastricati stradali recentemente portati alla che si concentrò in località Due Santi30. In generale luce la probabile traccia di un progetto unitario che, i dati appena presentati ci permettono di riproporre qualora indagato a dovere anche alla luce delle re- interessanti considerazioni. I tracciati stradali portati centi scoperte epigrafiche32, potrebbe portare in un alla luce nel territorio intorno a Bovillae, presentano prossimo futuro ad elaborare nuove prospettive di una larghezza media compresa tra i 2,07 ed i 2,10 ricerca circa l’estensione territoriale della Bovillae di metri, l’equivalente di 7 piedi romani. La larghezza epoca romana imperiale. minima di una via privata doveva essere determinata dalle leggi; solamente per una via publica si esigeva che fosse larga, a detta di Festo (Fest. 508,22 sgg.), MICAELA ANGLE quantum ratio utilitatis permittit. Si esigeva tuttavia, Istituto autonomo Villa Adriana e Villa d’Este come puntualizzato da Procopio, una larghezza che [email protected] permettesse il passaggio di due veicoli che s’incon- trassero andando in direzione opposta (Proc. goth. PAMELA CERINO I,14,7). In qualche caso, soprattutto e naturalmente independent researcher sulle montagne, le vie erano abbastanza strette; ma [email protected] per lo più erano larghe: la larghezza dell’Appia alle tombe latine raggiungeva i 3,87 metri, esattamente ANDREA PANCOTTI 13 piedi; nei pressi di Bovillae invece dai 3,30 ai 3,50 independent researcher metri. [email protected] La larghezza della via Valeria ad Alba Fucens rag-

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29 Nel territorio di Marino non è inusuale imbattersi in viabili- i luoghi del lucus Ferentinae: il paesaggio cultuale antico di Mon- tà strettamente legate a cave di peperino; v. ad es. Angle – Cerino te Savello”, in Fischetti A.L.(ed.), Tra Appia e Latina: dinamiche 2011, 176. insediative e sviluppo del territorio alle pendici dei Colli Albani, 30 Per i dati specifici di questo tratto si rimanda ad un articolo (Roma, Reale Istituto Neederlandese, 9 febbraio 2017), Atti del dedicato a cura del Dr. D.Mancini e del Dr. A.Zocchi, c.s. Convegno, c.s. 31 Dati estrapolati da Radke 1981. 32 v. Ghini G.- Granino M.G.- Palladino A., “L’ager di Aricia e

69 MICAELA ANGLE - PAMELA CERINO - ANDREA PANCOTTI

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70 Tutela, conservazione e valorizzazione. Un nuovo gruppo di marmi al Museo della città di (Rm)

Massimiliano Valenti

Il 19 dicembre 2015, in seguito ad accordi intercorsi vino; anche il basso tratto di fascetta che nasconde tra Guardia di Finanza, Soprintendenza Archeologi- sulla fronte il pulvino è decorato da delicato motivo ca del Lazio e dell’Etruria meridionale e Polo Musea- vegetale filiforme. La mensola doveva essere parte di le del Comune di Monte Porzio Catone1, è stato pre- una piccola edicola, come suggerito dal setto marmo- sentato al pubblico2 il nuovo allestimento del Museo reo di dimensioni minori grossolanamente sbozzato della città di Monte Porzio Catone3, appositamente e originariamente inserito in una muratura e, nella adeguato in seguito alla immissione di un gruppo di faccia superiore della parte rifinita, dalla traccia di pregevoli reperti marmorei di età romana, frutto di forma circolare per alloggiamento di una colonnina un sequestro giudiziario effettuato nel territorio li- sostenuta dalla mensola. mitrofo4. Il delicato e raffinato stile decorativo, a bassorilie- In attesa dello sviluppo delle indagini investigati- vo realizzato a scalpello senza uso di trapano, dal gu- ve, sperando che possano fornire indicazioni sul o sui sto metallico5 e assai poco plastico, per il momento, luoghi di rinvenimento delle opere e/o sui contesti antichi nei quali erano inserite, è sembrato opportu- no presentarle in via preliminare in questa sede. Tra i reperti immessi nel Museo, di assoluto valore artistico è una mensola (m 21 x 13,9 x 0,42) scolpita in un blocco di marmo bianco a grana fine, articolata in due parti (fig. 1): la prima, grossolanamente sboz- zata, è di forma parallelepipeda; la seconda, di sezio- ne maggiore, lavorata e rifinita su tutte le superfici, presenta il caratteristico profilo ad S. Sulla faccia in- feriore è scolpita a bassorilievo una raffinata palmet- ta aperta a 9 lobi, nascente da antemio di coppia di volute filiformi contrapposte; le pareti laterali sono decorate da semi-palmetta a 4 lobi nascente da viticci filiformi, uno dei quali va a sottolineare il profilo a S Fig. 1. Museo della città di Monte Porzio Catone: mensola in marmo della mensola e si arriccia in corrispondenza del pul- bianco (inv. MPC.1071).

1 Un ringraziamento doveroso va al Colonnello Massimo Ros- e supportato con apposito finanziamento, le complesse opera- si, al Luogotenente Stefano Antei e al Luogotenente Gianluca zioni di trasporto, restauro e allestimento delle opere. Restauri Di Stefano del Nucleo Polizia Tributaria Roma, Gruppo Tutela e allestimenti (su indicazioni dello scrivente, in qualità di diret- Mercato Beni e Servizi, 2a Sezione Polizia Economica ed Altre tore scientifico del Museo), sono stati sapientemente eseguiti Attività di P.G. e alla Dott.ssa Giuseppina Ghini, funzionario ar- e realizzati dalla ditta Consorzio di restauro Kavaklik. Speciale cheologo della Soprintendenza Archeologica, che hanno agevo- la collaborazione, durante tutte le fasi di lavoro (dal trasporto lato e reso possibile tutta l’operazione. alla sistemazione nel Museo), dell’arch. Piero Giusberti (che ha 2 La manifestazione “Tesori restituiti. L’azione di tutela della anche progettato i basamenti di sostegno alle statue), del geom. Guardia di Finanza e le nuove acquisizioni del Museo della cit- Vincenzo Adami (uff. Tecnico del Comune di Monte Porzio tà”, ideata dallo scrivente, è stata realizzata grazie alla preziosa Catone) e di Franco Mascioli (che ha curato la documentazione collaborazione dell’Ufficio Cultura, coordinato da Alessandra fotografica). I basamenti in ferro delle statue sono stati realizzati Catenacci, e dell’Associazione Manacubba (gestore del Polo dal fabbro Gianni Troia, di Monte Porzio Catone. Museale nel 2015). 4 In loc. Romoli, al confine tra i territori di e 3 Non posso non ricordare e ringraziare l’Amministrazione co- Monte Porzio Catone. munale, nelle persone del Sindaco, Emanuele Pucci e dell’As- 5 Si veda ad esempio, a titolo puramente esemplificativo, il cra- sessore alla Cultura, Gianluca Minnucci, che hanno agevolato tere d’argento di età augustea del tesori di Hildesheim: Zanker

71 MASSIMILIANO VALENTI per quel che mi è stato possibile appurare, privo di noso, come anche l’umbo centrale. Il braccio sinistro confronti specifici nella decorazione delle mensole, è piegato a 90° e l’avambraccio sorregge parte del sembra richiamare un gusto artistico che si ispira a panneggio; la parte della mano sinistra che fuoriu- prodotti di età augustea6. sciva dal panneggio, da immaginare orizzontale e im- La raccolta si è anche arricchita di una statua in pugnante un volumen verticale, è andata perduta: dal marmo bianco a grana media (greco?), praticamente panneggio cadente, posto sotto il punto di frattura integra7, raffigurante un personaggio virile (fig. 2) ad della mano, è visibile infatti la sezione quadrangolare altezza naturale (h. m 1,73), su basso plinto quadran- di un sostegno orizzontale (perduto) che andava ad golare a spigoli stondati, scolpito nello stesso pezzo. agganciarsi all’antistante parte inferiore del volumen. Il personaggio, stante sulla gamba destra e con la Il panneggio, che arriva fino alla base della statua, sinistra leggermente flessa in avanti, veste una toga, si solleva in corrispondenza dei piedi, che indossano dall’ampio panneggio che ricade in largo e profondo caratteristici calcei (fig. 3), del tipo cosiddetto sena- sinus a forma di “U” che passa sotto il ginocchio ed torio8; a fianco della gamba destra è schematicamente è trattenuto dalla mano destra, distesa lungo il mede- scolpito un fascio di volumina, attributo di sapienza. simo fianco; il balteus non è particolarmente volumi- Nonostante la corrosione delle superfici, la statua

Fig. 3. Museo della città di Monte Porzio Catone: statua di togato in marmo bianco, dettaglio della parte inferiore (inv. MPC.1066).

conserva ancora interessanti dettagli decorativi e stili- stici. La lavorazione del panneggio è particolarmente raffinata sulla fronte, caratterizzata da piccole pieghe separate da profondi solchi realizzati col trapano; sul retro le pieghe sono invece più ampie e schiacciate, con una resa tendenzialmente meno rifinita (fig. 4). La statua mostra inoltre un ridotto spessore e un ca- ratteristico inarcamento, ben visibile nella zona po- steriore. Tutti questi elementi lasciano immaginare che il lato posteriore fosse non visibile e la statua ad- dossata a un muro o inserita in una nicchia. Lo schema organizzativo del panneggio9, lo sti- le delle volumetrie dello stesso e il diffuso uso del Fig. 2. Museo della città di Monte Porzio Catone: statua di togato in trapano, suggeriscono accostamenti a esemplari so- marmo bianco (inv. MPC.1066). litamente inquadrati nell’ambito della prima metà/

1989, fig. 144. d’argento di età augustea del tesoro di Hildesheim: Zanker 1989, 6 Pur con qualche dubbio sulla datazione in età romana (non fig. 144; o, ancora, la palmetta nascente da girali, presente nel- avendo trovato confronti precisi), segnalo: per la palmetta: Pa- la decorazione della corazza della statua loricata di Susa, di età lazzo Rondanini 2011, 183-184, nn. 182-183 [L.M. Vigna], su giulio-claudia: da ultimo Cadario 2008, 286, fig. 2. impianto decorativo differente ad ornamento di una lastra. Per 7 È andata perduta la mano sinistra e un breve tratto del lato l’associazione della decorazione a volute e palmette, di gusto destro del plinto. neo-attico: vd. la decorazione della corazza in una statua loricata 8 Goette 1988, 457-459, Abb. 35.b. da Verona, di età augustea (Denti 1991, 163, fig. 154). Si veda 9 Gruppo B, nella tipologia elaborata in Goette 1990, p. 29-54. anche, ad esempio, a titolo puramente esemplificativo, il cratere

72 TUTELA, CONSERVAZIONE E VALORIZZAZIONE

Fig. 4. Museo della città di Monte Porzio Catone: statua di togato in marmo bianco, dettaglio della testa (inv. MPC.1066). metà del II sec. d.C.10. La testa, piccola, assai corrosa, presenta alcune caratteristiche specifiche: tracce di barba e di capelli corti, occhi profondi (dato accen- tuato però dalla corrosione), caratteristiche che po- trebbero estendere la datazione del pezzo fino al III 11 sec. d.C. . Sul retro del collo un setto marmoreo non Fig. 5. Museo della città di Monte Porzio Catone: statua di togato ace- lavorato collega la testa alle spalle (cosa che, proba- fala in marmo bianco (inv. MPC.1067). bilmente, ne ha anche garantito la salvezza). Si tratta verosimilmente di un accorgimento tecnico, in realtà la precedente, caratterizzata da larghe pieghe appe- non molto attestato (probabilmente perché eliminato na rilevate separate da ampi e poco profondi solchi. in antico in fase di rifinitura), per proteggere le statue Sotto il bordo del sinus è schematicamente scolpita la durante le operazioni di trasporto12. parte superiore del fascio di volumina (in gran parte Una seconda statua (fig. 5), sempre in marmo perduto). Anche questa statua, dal ridotto spessore e bianco a grana media (greco?), di dimensioni mag- minor qualità lavorativa del lato posteriore, doveva giori dal vero è conservata in maniera incompleta essere verosimilmente addossata a un muro o allog- (h. m 1,60): sono andate perdute la testa, le mani e giata in una nicchia. le gambe. Raffigura anch’essa un personaggio virile, Sebbene non si abbiano dati in proposito, non è togato, stante sulla gamba destra, dall’ampio pan- escluso che le due statue, dalla analoga impostazione, neggio che ricade in largo e profondo sinus a “U” abbiano una qualche relazione tra loro. che passa sotto il ginocchio, trattenuto dalla mano È forse possibile ipotizzare una datazione leggermente destra (in gran parte perduta), distesa lungo il mede- posteriore rispetto alla precedente, per la lavorazione simo fianco; il balteus non è particolarmente volumi- più piatta del panneggio, collocabile nell’ambito noso come anche l’umbo centrale, piuttosto stretto della prima metà del III sec. d.C.13. e tendenzialmente verticale. Sebbene la statua sia Del sequestro faceva parte anche una transenna (fig. 6) piuttosto corrosa, la lavorazione è meno curata del- in marmo proconnesio14 (m 1,85 x h. massima 0,80

10 L’impostazione della statua di Monte Porzio, con la mano Reggiani Massarini 1990, 40-41, n. 33, tav. XI: fr. inferiore di sta- che impugna un lembo del panneggio e l’andamento del sinus a tua togata con volumina, datati nel I sec. perché “non troppo formare una profonda “U”, sebbene già presente in statue del I allungati”. sec. d.C. (cfr., ad es., la statua di P. Vesonius Phileros, a Pompei: 11 Cfr. ad es. il giovanetto con analoga postura e panneggio nel Rosso 2013, 1015, fig. 5a), si avvicina di più a esemplari più tar- sarcofago di Acilia: MNR I, 1, 298-304, n. 182 (M. Spelli). di: Goette 1990, 49, 134, n. 65, taf. 20, n. 3 (= MNR I, 2, 35-36, 12 Tale accorgimento lo ritroviamo nella Juno Cesi dei Musei n. I.26, [L. Nista]); 136, n. 106, taf. 22, n. 3; MNR I, 2, 74-75, Capitolini, interpretato come funzionale al trasporto della statua n. I.56, [M. Montalcini de Angelis D’Ossat]; Poggio Imperiale (Musei Capitolini 1, 436-441 [M. Papini]). Ringrazio Massimilia- 1979, 61-64, n. 14, tav. XXII; Memorie 2006, 257, n. II.301, della no Papini per la cortese segnalazione. metà del II sec. d.C. [Bruto M.L. - Vigna M.]; Bergmann 2005, 13 Cfr. Goette 1990, 139, n, 166, taf. 26, n. 2. 159-160, fig. 1 [statua di M. Caelius Saturninus Dogmaticus, Mu- 14 Sull’utilizzo e organizzazione di queste cave: Barresi 2003, 104- sei Vaticani, con testa di IV e corpo di età adrianea]; cfr. anche 106.

73 MASSIMILIANO VALENTI x 0,08), mutila, ricomposta da più frammenti com- semplice marmo bianco con decorazione disposta su bacianti. È lavorata su entrambe le facce a formare tre registri, quasi identico (cambia solo la larghez- una decorazione cosiddetta “a cancello”. Lo schema za degli elementi portanti, più contenuta) attestato compositivo è articolato in una sequenza sovrapposta a Baia e nell’anfiteatro di Pozzuoli, riferito alla fase e simmetrica di 2 (per la parte conservata) file di 5 severiana19; elemento di arredo in ambito funerario spazi quadrati nei quali è iscritto un motivo a cro- sotterraneo, come nel cubicolo nord dell’Ipogeo di ce innestata sugli angoli. Gli spazi sono delimitati da Via Dino Compagni, il cui accesso è appunto deli- larghe fasce sui bordi delle quali è scolpita una bassa mitato sui due lati della cappella da due transenne cornice liscia; nei punti di giunzione e incrocio tra (molto rovinate e ricomposte) di analoga fattura20, i vari elementi orizzontali, verticali e diagonali sono e con triplice registro, nella sistemazione damasiana della tomba si S. Pietro e S. Marcellino nella omoni- ma catacomba21.

Fig. 6. Museo della città di Monte Porzio Catone: transenna in marmo proconnesio (inv. MPC.1069, 1072-1074). Fig. 7. Museo della città di Monte Porzio Catone: pluteo in marmo scolpiti a basso rilievo elementi a disco, mezzo disco bianco (inv. MPC.1070, 1075-1077). e a settore di cerchio, imitanti borchie metalliche di fissaggio. Fattura simile presenta anche il frammento di plu- Nella faccia inferiore della lastra è stato possibile ap- teo (fig. 7) scolpito su una lastra di marmo bianco (m purare la presenza di una sequenza di perni verticali 0,93 x 0,42 x 0,075), ricomposto da due frr. comba- in ferro inseriti in specifici alloggiamenti a sezione cianti e che presenta solo i margini inferiore e sinistro quadrangolare e bloccati con il piombo, relativi all’o- originali. Anche questo poteva trovare gli analoghi riginario sistema di ancoraggio a un pavimento. I due utilizzi del precedente ed è accostabile a esemplari margini laterali sono quelli originari e dovevano esse- rinvenuti a Roma e dintorni22. re incastrati, senza perni, in elementi laterali verticali Unitamente ai reperti sopra descritti sono entrati in pietra (pilastrini?). a far parte della collezione anche tre casse di sarcofa- Il tipo di decorazione richiama genericamente i go, di differente fattura. cancelli e le staccionate in legno, come peraltro sug- La prima, di piccole dimensioni (m 0,68 x h. 0,43 geriscono la larghezza degli elementi e le borchie di x 0,57), di forma rettangolare è ricavata da un blocco fissaggio15, mentre si distingue da quelle che imitano di calcare tenero (fig. 8). Presenta i lati esterni lisci; le cancellate di metallo16, anche esse imitate in pietra17. l’alloggiamento interno ha i lati corti interni a settore Per questo tipo di lastre traforate sono attestate di cerchio, lavorati a subbia. presumibili funzioni diversificate: elemento di ar- Il tipo di materiale usato (un calcare piuttosto te- redo di un giardino di villa romana18; delimitazione nero e di non grande qualità), suggerisce un utilizzo nell’ambito di edifici civili, come in un esemplare in dello stesso in prossimità del luogo di affioramen-

15 Si veda, ad es., la raffigurazione simbolica di giardino nell’ar- per il tipo di decorazione vegetale sul lato opposto. cosolio di Zosimiano nel Cimitero di Ciriaca, con transenna si- 18 Mladenova 1980, tav. XLVIII. mile, ancorata alle estremità da due erme, o nella proposta di 19 Maniscalco 1997, 23-24, figg. 40-42. recinzione della tomba a sarcofago coperta da baldacchino, nella 20 Christiana loca II, 33; Pavia 1999, 270; Fiocchi Nicolai 1998, quale i pilastri sono raccordati da lastre decorate a transenna: fig. 52. Testini 1980, figg. 6-7. 21 Fiocchi Nicolai 1998, fig. 56. 16 Ad es., quelle in bronzo recuperata nelle navi di Nemi, della 22 Cfr. MNR I.8.2, 415, n. VIII.55, provenienza sconosciuta [B. prima metà del I sec. d.C. Pettinau]; De Rossi 1979, 332, fig. 573 (in loc. Tenuta di Fiorano, 17 Per un esemplare, non traforato, di questo tipo: MNR I.7.2, in relazione con una villa romana). 473-474, n. XV.35, [B. Pettinau], anch’esso con borchie scolpite nei punti di incrocio dei bracci e datato agli inizi del I sec. d.C. 74 TUTELA, CONSERVAZIONE E VALORIZZAZIONE to di questo tipo di materiale (evidenziando la non Più interessante, per le problematiche sottese, è il pertinenza con il territorio tuscolano caratterizzato terzo sarcofago (fig. 10), un’enorme vasca monolitica dalla presenza di materiali vulcanici). La semplicità di forma parallelepipeda (m. 2.31 x h. 0.96 x 1.00), di realizzazione del manufatto e il supporto di scarsa in marmo bianco venato a grana grossa. La vasca in- qualità, suggeriscono un contesto di appartenenza terna presenta gli angoli stondati. Le pareti esterne si piuttosto povero e/o una collocazione cronologica presentano in uno stato di lavorazione diversificata nell’ambito dell’età repubblicana23. e per certi versi singolare, chiaramente non finita. I Il secondo sarcofago (fig. 9) è in marmo bianco lati posteriore e laterali (fig. 11) non sono rifiniti e a grana fine con venature grigiastre (lunense?), di presentano una lavorazione a subbia; quello fronta- forma originariamente perfettamente rettangolare le presenta il terzo inferiore levigato e perfettamente (uno dei lati corti è andato perduto: m 1,69 massi- verticale; la zona superiore presenta un’area levigata ma x h 0,535 x 0,60), è stata ricomposta da due frr. (in maniera non uniforme e dunque non completa- combacianti. Presenta i lati esterni perfettamente le- ta) dal margine inferiore irregolare, aggettante e dal vigati. L’interno, di forma rettangolare, non è rifinito, profilo leggermente inclinato verso l’esterno rispet- grossolanamente lavorato a subbia. Il tipo di marmo to al piano verticale del terzo inferiore; le due aree usato e la forma sembrano ricondurre (?) a prodotti sono inoltre separate da una stretta fascia verticale, realizzati nel I-II sec. d.C. lavorata a subbia e su un piano ancora più arretrato rispetto alle due fasce levigate. Alla vasca è dubitativamente associabile (per le di- mensioni) il monumentale coperchio di sarcofago (m 2,29 x h. 0,35 x 1,04) in marmo bianco proconnesio, configurato a forma di tetto con acroteri angolari24 (fig. 12). I due spioventi sono ricavati nel senso del- la lunghezza, ma solo un lato (quello anteriore, che doveva essere visibile, forse inserito in una nicchia) è decorato a basso rilievo con tegole rettangolari e file di coppi con profilo a spigolo vivo, chiuse in fac- ciata da una quattro di piccole antefisse semicircola- ri. Al centro del lato anteriore si alzava una tabella rettangolare (se ne conserva solo la parte inferiore), solitamente contenente l’iscrizione e/o una scena fi- gurata. Acroteri angolari, antefisse, frontoni laterali Fig. 8. Museo della città di Monte Porzio Catone: cassa di sarcofago in e tabella centrale rialzata, presentano una superficie calcare (inv. MPC.1080). grezza appena rilevata atta ad essere lavorata in loco per contenere elementi decorativi.

Fig. 9. Museo della città di Monte Porzio Catone: cassa di sarcofago in Fig. 10. Museo della città di Monte Porzio Catone: cassa e coperchio di marmo bianco (inv. MPC.1081). sarcofago in marmo proconnesio (inv. MPC.1127, 1128).

23 Genericamente accostabile a vasche in peperino, da Albano, 24 Il coperchio è solitamente associato a monumentali casse lisce, datate nell’ambito del I sec. a.C. (Villa Pamphili 1977, 240, n. in una produzione tipica delle cave di Proconnesio: Barresi 2003, 289, tav. CLIX.289). 105.

75 MASSIMILIANO VALENTI

Fig. 12. Museo della città di Monte Porzio Catone: dettaglio di coper- chio di sarcofago in marmo proconnesio (inv. MPC.1128).

Il materiale entrato a far parte delle collezioni del Museo della città di Monte Porzio Catone27, in attesa Fig. 11. Museo della città di Monte Porzio Catone: parete destra del sar- che le indagini investigative intraprese consentano cofago e del coperchio in marmo proconnesio (inv. MPC.1127, 1128). di chiarire la provenienza dei reperti, evidenzia una probabile origine diversificata. Se forse è possibile associare la vasca monolitica, il coperchio e la tran- Per il tipo di marmo utilizzato e l’organizzazione senna traforata, realizzate tutte in marmo proconne- generale della struttura decorativa, il coperchio rien- sio e di simile inquadramento cronologico, gli altri tra in una produzione che ebbe il suo floruit tra II e 25 materiali suggeriscono provenienze e contesti, cro- III sec. d.C. e sembra genericamente accostabile ad nologicamente differenti. esemplari presenti a Roma nel III sec. d.C.26.

Fig. 13. Museo della città di Monte Porzio Catone: colonna monolitica in marmo caristio (Inv. MPC.1129).

Colonna monolitica in marmo caristio (m h. 4,12; ø 0,60), dalle superfici molto corrose, con imo e sum- MASSIMILIANO VALENTI mo scapo spezzati (fig. 13). Le dimensioni escludono Musei Civici di la pertinenza ad un monumentale edificio pubblico e già Polo Museale di Monte Porzio Catone ne consentono di ipotizzare la relazione con un mo- [email protected] numento privato. [email protected]

25 Pensabene 2002, 205; Barresi 2003, 105. 27 Del quale fanno parte altri frr. di lastre marmoree, lisci o con 26 Cfr. Villa Pamphili 1977, 236-237, n. 281, tav. CLVIII (gene- decorazioni geometriche incorniciate in leggero sottosquadro, e ricamente datato in “epoca tarda”); ma v. anche Villa Pamphili una iscrizione in lettere greche su lastra marmorea (che sarà edita 1977, n. 266 (III sec. d.C.). in altra sede).

76 TUTELA, CONSERVAZIONE E VALORIZZAZIONE

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77 La necropoli di Corcolle ( nel Lazio, Roma): risultati delle campagne di scavo e restauro 2013-2014

Zaccaria Mari

La necropoli in località Corcolle, in Comune di Gal- Finora sono state messe in luce 150 tombe a ca- licano nel Lazio, appartiene ad un anonimo centro mera e a fossa concentrate, su una lunghezza di circa di origine protostorica, riconosciuto sin dal 19691 300 metri, presso il dirupato versante est del colle che su una lunga altura fusiforme (colle S. Angeletto), strapiomba sul fosso Mole di Pance (fig. 2). Le tombe, isolata da profondi valloni, all’estremo limite nord ricavate nel banco di tufo, si susseguono per un tratto dell’ager Praenestinus verso il Tiburtinus, distante di quasi 200 metri, verso valle, su un’unica fila ai lati circa 20 chilometri da Roma e 10 dalle città latine di una via rettilinea incisa anch’essa nella roccia. Nel di Praeneste e Tibur (fig. 1). Oggetto di campagne di 2011 è stato scavato un ulteriore tratto di questa via scavo promosse dall’ex Soprintendenza archeologica che già nel 2002 aveva rivelato un notevole addensa- dal 1994 al 2002 e nel 2011, 2013-2014, la necropoli mento delle tombe sul lato ovest, in parte disposte su corrisponde al periodo più florido del centro, databi- due file, ma soprattutto in ordine sparso. La maggio- le fra l’età arcaica e la metà del III sec. a.C.2 Le tombe re novità, dal punto di vista topografico, delle ultime più antiche invece è da presumere che si trovino o due campagne è stato il rinvenimento di una seconda in un’area non ancora raggiunta dalle indagini o che via cava che si congiunge obliquamente con la prima siano collocate altrove. e che proviene da una vallecola sull’assai più agevole

Fig. 1. Veduta aerea di colle S. Angeletto con localizzazione dei resti antichi. Abitato di Corcolle: 1. abitato, 2. necropoli, 3. fossato, 4. acro- poli, 5. santuario, 6. cisterna, 7. vallecola con la via di accesso. Età romana: A. cava, B. via proveniente da Gabii, C. sepolcro, D. cisterna, E. villa rustica.

1 Sciarretta 1969, 28-38. della Tenuta del castello di Passerano (proprietà della Regione 2 Gli scavi sono avvenuti in terreno (Catasto F. 2, part. 72) Campania), riconosciuta nella sua interezza di interesse storico- vincolato con Decreto Ministeriale del 13.02.1998 all’interno artistico con Decreto MIBACT-SR-LAZ, n. 95 del 18.10.17.

79 ZACCARIA MARI

versante ovest del colle (fig. 1, n. 7). Trattasi della via di accesso a un santuario3 e all’abitato (fig. 1, nn. 5, 1), già da tempo individuata in base all’analisi delle foto aeree4. Le tombe la fiancheggiano sul lato sud-est, ma nello spazio triangolare fra i due assi si dispongono disordinatamente. Con questo rinvenimento, che ha rivoluzionato la conoscenza dell’articolazione della necropoli (non più costituita da un semplice allinea- mento di ipogei su una “spina” rettilinea), la ricerca archeologica, che si riteneva quasi conclusa, dovrà essere proseguita scendendo lungo la vallecola e in direzione nord fino all’abitato. Poiché in prossimità di questo e di una cava di epoca posteriore (fig. 1, A) nel 1994 furono messe in luce solo numerose tombe a fossa, qualora non vi fosse soluzione di continuità con il settore indagato di recente, la necropoli raggiunge- rebbe la lunghezza di m 450. Le tombe ipogee più antiche, databili al secondo quarto del VI sec. a.C., ma riutilizzate fino in epoca ellenistica, rade e non afferenti alla via sepolcrale, sono a camera, raggiungibile da un dromos, con banchine, loculi laterali per le deposizioni e porta sbarrata da un lastrone di tufo; hanno restituito ricchi corredi com- prendenti buccheri, ceramica etrusco-corinzia (fig. 3, nn. 3-5) e, soprattutto, olle in impasto fine bruno-ne- rastro costolate e in impasto fine bruno-rossiccio con decorazione geometrico-zoomorfa dipinta in rosso (fig. 3, nn. 1-2), che trovano affinità nella necropoli della Rocca Pia a Tivoli e in centri della Sabina me- ridionale, con cui il territorio prenestino fu in stretto collegamento. Tali tombe rimasero incluse fra quelle del IV-III sec. a.C. a camera con sarcofagi, apparte- nenti al ceto sociale più elevato5, ma soprattutto a pseudo-camera, molto angusta, con loculi, rapporta- bili al ceto medio, disposte a pettine ai lati della via sepolcrale; sono contraddistinte da oggetti tipici delle produzioni laziali (ceramica a figure rosse e sovraddi- pinta in bianco, ceramica a vernice nera in cui prevale l’atelier des petites estampilles, piattelli Genucilia, ce- ramica grezza e figulina monocroma o dipinta; fig. 3, nn. 6-16) e dell’artigianato prenestino (forme cerami- che, specchi, strigili, vasi a gabbia; fig. 3, nn. 17-19); più rari sono gli ornamenti in bronzo, oro, argento, pasta vitrea. Fra le tombe a camera, dietro di queste e all’estremità nord del declivio si dispongono povere Fig. 2. Pianta della parte della necropoli scavata fra il 1995 e il sepolture a fossa con risega perimetrale, che hanno re- 2014.

3 Ad esso apparteneva l’“Ara di Corcolle” (Museo Nazionale dovuti alle arature. Romano), recuperata in frammenti nel 1975 (Matronola 5 I sarcofagi sono stati rinvenuti nelle seguenti tombe: due nella Giansanti 1980), in peperino, con iscrizione latina degli inizi II scavata nel 1995, due nella CX e tre nella CVI, scavate nel del V sec. a.C. (lex arae in cui si legge il teonimo Iuppiter: CIL 2011. Lisci, con le casse in peperino (lapis Gabinus proveniente I2, 2833a: Nonnis 2012). Nel 1996-97 vi è stata rinvenuta una dalle cave della vicina Gabii), rifinite a spina di pesce, ottenuta galleria ipogea, identificata con un luogo di culto salutare delle con gradina o ascia, o a fitti colpi di martellina e subbia (v. acque, ricolma di statue fittili ed ex voto (Musco – Petrassi – anche, infra, le urne dalla tomba CXXIII), e con coperchi in tufo Pracchia 2003; Musco – Di Jorio 2006), tra cui una base di o peperino, si confrontano, per la notevole altezza e il tipo di donario dedicato a Venus della prima metà del III sec. a.C. (La lavorazione, con esemplari da Roma e dal Latium vetus (Tivoli, Regina 2012). Tuscolo, Lanuvio), ma segnatamente dalle necropoli prenestine 4 Queste mostrano una netta traccia scura che potrebbe riferirsi della Colombella e della Selciata: Reggiani Massarini 1993; a tagliate o a un fossato difensivo, sepolti sotto i riporti di terra Adembri 1995; Gatti 2009, 159-167; Mari 2014, 340-341.

80 LA NECROPOLI DI CORCOLLE (, ROMA)

Fig. 3. Materiali maggiormente esemplificativi dei corredi: 1-2. olle in impasto fine (tomba XXIV), 3. oinochoe in (tomba XXIV), 4. kantharos in bucchero (tomba C), 5. aryballos etrusco-corinzio (tomba XXIV), 6. idria in vernice nera sovraddipinta (tomba CX), 7. pelike in vernice nera sovraddipinta (tomba CXXXVI), 8. skyphos in vernice nera sovraddipinta (tomba CX), 9. piattello in vernice nera sovraddipinta (tomba CXXXVI), 10. coppa in vernice nera stampigliata (tomba CX), 11. oinochoe in vernice nera (tomba CXLIV), 12. lekythos in vernice nera (tomba CX), 13. piattello Genucilia (tomba CX), 14. olletta in ceramica grezza (tomba CXLIII), 15. unguentario in ceramica figulina dipinta (tomba CX), 16. piattello in ceramica figulina dipinta (tomba CX), 17. specchio in bronzo (tomba VIII), 18. strigile in bronzo (tomba CX), 19. vaso a gabbia in bronzo (tomba CX).

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stituito, sporadicamente, solo una lancia o una spada. All’interno della necropoli sono presenti anche cisterne e pozzi, usati per la cura delle sepolture e i riti funerari, e alcune fosse per alberelli o piante or- namentali. La necropoli si esaurì durante la prima metà del III secolo, quando iniziò lo sfruttamento del colle per una cava, da cui si estraevano blocchi di tufo, e per usi agricoli con l’impianto di almeno una villa rustica (fig. 1, A, E). Collegata a tali attività è anche la riuti- lizzazione dei vani di alcune tombe per usi pratici6. Il termine archeologico di abbandono rafforza l’i- potesi che il centro di Corcolle, già messo ipotetica- mente in relazione con l’oppidum dei Querquetulani7, citato da Plinio e Dionigi di Alicarnasso8, sia da iden- tificare con , altro centro ricordato dagli stessi autori, che doveva sorgere presso Praeneste9, in quan- to si oppose a Roma partecipando alla Lega Latina come alleata di Praeneste e Tibur, fino alla definitiva conquista romana nel 338 a.C.10. In età tardo-repub- bicana e imperiale non è più ricordata, ma la memoria della città scomparsa sopravviveva ancora in toponi- mi riferiti al territorio11, a una strada12 e a ville13. La necropoli portata alla luce, quindi, documenterebbe, per tutta l’epoca arcaica e fino al 338 a.C., il periodo dell’indipendenza di Pedum da Roma, con corredi che hanno confronti in area latina e risentono di in- flussi, tramite Tibur, dall’agro falisco-capenate e dalla Sabina meridionale; dal 338 al 250 a.C. ca., il periodo di sottomissione e progressiva decadenza del centro, fino all’abbandono, attraverso corredi che partecipa- no dell’ormai standardizzato artigianato laziale e delle intense relazioni con Praeneste. Sugli scavi del 2011, con cui l’esplorazione della necropoli è stata ripresa dopo una lunga pausa, si è già relazionato negli atti del Convegno “Lazio e Sa- bina” 914, in questa sede si dà conto dei risultati delle Fig. 4. Pianta e veduta aerea dello scavo del 2013. campagne 2013-201415. Durante il primo anno le ri-

6 Si vedano, in particolare, le tombe CVII e CX scavate nel e topografici della necropoli, rinviando per l’illustrazione 2011 (Mari 2014, 341-343) e la CXX scavata nel 2013 (v. infra). dei corredi a futuri approfondimenti e all’edizione integrale 7 Sciarretta 1969, 38. delle tombe, per la quale è auspicabile il contributo di quanti 8 Plin., nat., III, 68-69 (nell’elenco degli oppida del Lazio hanno partecipato agli scavi sin dal 1994 (Mari 2014, 335, antico); Dion. Hal., V, 61, 3 (una delle città che aiutarono i nota 1). Per comodità si offrono in Appendice un elenco dei Tarquini dopo la cacciata da Roma nel 509 a.C.). materiali rinvenuti nelle ultime tre campagne e foto di quelli più 9 Erroneamente identificato nell’Ottocento con i borghi rappresentativi di ciascuna classe. Attualmente i corredi sono medioevali di Gallicano e : Muzzioli 1970, 38-39, n. 11; conservati a Tivoli nei locali-deposito del Santuario di Ercole Kahane 1973, 40-42. Vincitore, facente parte dal 2016 dell’Istituto autonomo “Villa 10 Dion. Hal., V, 51; Liv., VIII, 12, 6-9. Precedentemente è Adriana e Villa d’Este” (VA.VE.). Al termine delle due campagne menzionata fra le città espugnate nella guerra antiromana di le tombe sono state, come negli anni antecedenti, protette con Coriolano (Dion. Hal., VIII, 19; Liv., II, 39, 5), mentre nel 360 geotessuto e strato di pozzolana e reinterrate, ripristinando a.C. i Galli, giunti a Praeneste, si accamparono circa Pedum (Liv., l’originario piano di campagna. Anche gli scavi dell’ultimo VII, 12, 8). biennio, diretti da chi scrive, sono stati decisi, come quelli del 11 Fest., 514 L; Paul. Fest., 514 L. 2011, dall’ex Soprintendente per i Beni Archeologici del Lazio 12 Via Pedana, nota dall’iscrizione di un curator del II sec. d.C. Dott.ssa Marina Sapelli Ragni, cui va il mio più sincero grazie. (CIL VIII, 23069; ILS, 9012), forse identificabile con la strada Alla documentazione hanno contribuito l’archeologa Dott.ssa basolata alle pendici di colle S. Angeletto (fig. 1, B; Mari 2010, Fabiana Marino e colleghi della Soprintendenza: gli architetti 358-362). Sergio Sgalambro e Giulio Carconi per i rilievi e il progetto di 13 Villa del poeta Tibullo nella regio Pedana (Hor., epist., I, 4, restauro della tomba CVI, il fotografo Augusto Briotti e i tecnici 2); villa di Cesare detta Pedanum (Cic., Att., IX, 18). del Servizio Restauro Patrizia Cocchieri e Barbara Caponera. 14 Mari 2014. Vivo apprezzamento per la professionalità dimostrata rivolgo 15 Già anticipati in Mari 2015. Come per la campagna del 2011, al Sig. Gabriele Perillo, responsabile dell’Impresa Mediterranea anche la presente relazione privilegerà gli aspetti strutturali S.r.l., che ha eseguito i lavori.

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Fig. 5. Tombe CXX (a sinistra) e CXXIV (a destra). Fig. 6. Tomba CXXIII. cerche si sono concentrate nel punto di congiunzione di piano rialzato di forma quadrata; in epoca tardo- fra la via sepulchralis e quella risalente la vallecola e repubblicana dovette essere ricavato il loculo di cui diretta all’abitato (fig. 4). Si sono rinvenute tre tom- rimane l’impronta sul lato destro. Nell’interro sono be (C, CXX, CXXIV) del tipo più antico, a bassa stati rinvenuti alcuni oggetti dei corredi più antichi e camera quadrangolare piuttosto ampia, databili al più recenti sfuggiti alle razzie. secondo quarto del VI secolo, purtroppo sfondate La terza (C) delle tre tombe più antiche si trova dalle arature e visitate dai clandestini. Come le altre all’angolo fra le due vie. Si articola in un lungo dello stesso periodo, messe in luce nei precedenti corridoio senza gradini (m 3,95 x 1,30) e in un’ampia scavi, non sono attestate sulla via. Due sono vicine camera (m 3,95 x 3,50) con due banchine laterali; fra loro e si trovano presso il bivio (fig. 5). La CXX quella a destra è stata resecata da fosse rettangolari è molto interessante per la struttura, l’utilizzazione ricavate in un secondo tempo. Nonostante le che se ne fece fino in epoca medio-repubblicana e il depredazioni abusive, sono stati recuperati numerosi riuso successivo. La camera (m 4 x 2,90), cui immette oggetti frammentati di VI secolo. un breve dromos a scivolo e con banchine laterali per Tutte le altre tombe sono della fase più recente le deposizioni, subì una modifica radicale quando lo della necropoli. Accanto alla CXXIV è la CXXV spazio funerario divenne insufficiente; sul fondo si ri- con dromos molto angusto (m 1,75 x 0,70 ca.) e cavò un piccolo ipogeo (m 1,90 x 0,65, alt. 1,25), tut- loculi completamente cancellati dai lavori agricoli. tora integro, con ingresso e due loculi, assolutamen- Sul piano di calpestio della pseudo-camera (m 2,35 te simile a quelli delle tombe medio-repubblicane. x 0,70) entro una fossetta praticata in un secondo Forse nello stesso momento per sorreggere la volta momento, quando lo spazio sepolcrale doveva della camera furono inseriti al centro due pilastri mo- essere esaurito, furono raccolte delle ossa. Sono nolitici di tufo collegati da una lastra di travertino, stati rinvenuti vari oggetti di corredo caduti in terra che divise il vano in due parti16. In un’epoca ancora durante la distruzione della tomba; due erano sotto posteriore sui due lati all’interno della camera venne- le ossa nella fossetta. ro costruite due rozze strutture in blocchi e scaglioni La vicina tomba CXXVI, con dromos a scivolo (m di tufo montati a secco che, come nelle tombe CX e 3 x 0,85), presenta una camera lunga e molto stretta CVII scavate nel 2011, hanno “ritagliato” uno spazio (m 4 x 0,70 ca.) che doveva avere quattro loculi, di d’uso rispettando le sepolture. cui uno solo parzialmente leggibile. Del corredo si Accanto è la tomba CXXIV, anch’essa con breve è rinvenuto un unico oggetto. La tomba si segnala dromos che presenta all’imbocco gli incassi laterali poiché, quando non era più frequentata, venne per la chiusura e due gradini e all’ingresso della scavato, all’inizio del dromos, un pozzo circolare con camera una lastra di travertino fermata da altre “pedarole” (P2). Altri due pozzi simili (P1, P3; diam. pietre bianche e di tufo. La camera (m 3,65 x 3,45) cm 85 ca.) sono stati individuati fra le tombe CXXIV ha subito nel tempo varie modifiche. Lo scavo per e CXXVI, di cui P1 raggiunto da una canaletta. le deposizioni su due lati ha determinato una sorta Nei pressi sono anche le fosse F1 (stretta e lunga)

16 Come chiarito nella precedente relazione (Mari 2014, 338, all’interno delle tombe e forse anche per sottili lastre di chiusura nota 18), il travertino veniva estratto in loc. fonte di Passerano, calate negli incassi verticali all’inizio dei dromoi, deve aver lungo la via Maremmana II, alle pendici sud-ovest di colle S. avuto un qualche significato simbolico che non si è in grado di Angeletto. L’uso di questa pietra bianca, come anche di alcuni precisare. blocchi calcarei, per contornare o distinguere alcune sepolture

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Fig. 9. Pianta dello scavo del 2014.

Fig. 7. Urne dalla tomba CXXIII. In contiguità con il grande ipogeo CXX sono quattro tombe differenti per tipologia, con le quali si esaurisce l’occupazione funeraria sul lato nord-ovest della strada. La prima è una grotticella (CXXIII) molto irregolare (fig. 6), intercettata superiormente da sepolture a fossa scavate in un secondo momento e oggi scarsamente riconoscibili. Tre ripidissimi gradini immettono in una minuscola cavità ad “L” (m 1,20 x 1), sbarrata da un lastrone, ove erano alloggiate due urne di tufo con il coperchio, a due spioventi, infranto dai clandestini. Presentano entrambe quattro peducci (fig. 7); una (cm 84 x 39,5, alt. 55,5), leggermente rastremata verso l’alto, è rifinita a spina di pesce sui due lati maggiori, l’altra (cm 68 x 30, alt. 39) è rifinita solo su un lato e conteneva ancora due coppe in vernice nera e sparuti frammenti di ossa17. Collegata alla grotticella è quella (CXXVII) che Fig. 8. Tomba CXXXIX. sembra essere stata una grande camera con accesso obliquo, posto in un angolo, quasi azzerata dalle arature, cui si collega a sua volta un vano leggermente e F2-F3, forse utilizzate per la messa a dimora di trapezoidale (forse il dromos incompiuto di una piante, mentre ai margini si dispongono le tombe a tomba mai realizzata). fossa CXIX, CXXI-CXXII e CXXVIII, di cui solo La tomba seguente (CXXIX) ha un breve dromos quest’ultima è tagliata accuratamente nel tufo e e la camera con due loculi laterali; la volta è crollata. conserva la risega tutt’intorno. Si sono recuperati solo due oggetti del corredo. La Lo scavo si è quindi esteso lungo la strada parete destra venne sfondata dallo scavo della tomba proveniente dalla vallecola che, dopo un primo a fossa CXXX. tratto appena percepibile, si incava profondamente Sul lato opposto della strada, che si presenta e presenta netti i solchi lasciati dalle ruote dei carri. con profilo obliquo e con una risega orizzontale, si

17 Queste urne si confrontano, oltre che con i sarcofagi per pesce nettamente incisa, rinvenute nel 1997 nella tomba XXX: quanto riguarda la rifinitura (v. supra, nota 5), con altre due, Reggiani et al. 1998, 124. Si segnala anche un’urna simile dalla caratterizzate però da una vera e propria decorazione a spina di non lontana : de’ Spagnolis 2003, 36.

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CXXXVII sono tre tombe a fossa, l’ultima delle quali, ove era deposto un giovane individuo, è stata forse volutamente posizionata all’imbocco del dromos della tomba C ed ha restituito oggetti di ornamento personale. Proseguendo lungo la strada, si incontrano altre due tombe affiancate. La prima (CXXXV), somigliante a una grotta naturale, scende obliquamente nel banco di tufo; vi si riconoscono un rozzo loculo sulla destra e una cavità sul fondo, forse per una sepoltura, da cui si è recuperato un oggetto del corredo. La seconda (CXXXVI), essendo a livello molto più alto, è stata rasata dai lavori agricoli, tuttavia conserva ancora, a metà del dromos, un lastrone di tufo, davanti al quale è una grande pietra bianca; ha restituito, scivolati sul pavimento, alcuni oggetti di corredo. Fra queste tombe si rinviene un pozzo rettangolare (P5). Seguono altre due tombe a camera. La CXXXIX ha la porta accuratamente chiusa da un lastrone e un solo loculo sulla parete sinistra (fig. 8); davanti al breve dromos si è trovato un muro (lungh. m 3, alt. 0,85) costituito da due filari di perfetta opera quadrata in blocchi di tufo. La tomba CXL conserva intatti la volta e la lastra di chiusura e presenta due Fig. 10. Veduta dello scavo del 2014. loculi, che contenevano alcune ossa; in quello destro, ove il defunto fu deposto con la testa presso la porta, era (accanto al teschio) una coppetta in vernice nera, nell’altro, con lo scheletro apparentemente in posizione inversa, doveva trovarsi la coppa, anch’essa in vernice nera, caduta sul pavimento. Questa tomba fu intercettata dalla fossa CXLI, che – unico caso documentato – presenta un loculo su uno dei lati lunghi. Un’altra fossa (CXLII) è subito accanto. Lo scavo del 2014 ha riguardato esclusivamente la strada proveniente dalla vallecola che è stata messa in luce per altri 20 metri (figg. 9-10), nei quali sono ben evidenti un dosso centrale e i solchi laterali praticati dai carriaggi. Le tombe, come nel tratto precedente, sono concentrate sul lato est. Le prime quattro sono a due loculi e regolarmente distanziate. La CXLIII, intatta, sigillata da una grande lastra, ha un dromos con sette gradini. Nei loculi erano Fig. 11. Tomba CXLIII, dromos e camera. scarsi resti ossei e oggetti di corredo (fig. 11); altri erano precipitati sul pavimento della camera. allineano varie tombe a camera con interposte varie La tomba CXLIV, sfondata dagli aratri come le fosse, che sono risultate quasi tutte saccheggiate. due seguenti, è chiusa da una lastra travertinosa; La CXXXIII, con due loculi di cui uno solo ben conservava tuttavia frammenti di ossa e oggetti di riconoscibile e circondato da un leggero margine corredo nei loculi. in rilievo, fu intercettata sul lato di fondo da una Nella CXLV l’imbocco del dromos è molto fossa rettangolare (CXXXIV). La CXXXII è avanzato sulla strada e la pseudo-camera è chiusa chiusa all’ingresso con un lastrone regolare di tufo da un lastrone tenuto in piedi da un accumulo di e presenta sulla parete sinistra un loculo ove era lo pietre (fig. 12). Al saccheggio dei loculi sono sfuggiti scheletro ancora in connessione con la testa opposta soltanto un aes rude e alcuni piccoli vasi. all’ingresso. Il piccolo vano sulla parete destra sembra La successiva tomba CXLVI ha di nuovo la corrispondere anch’esso a una deposizione a fossa pseudo-camera sbarrata da una pietra travertinosa scavata posteriormente. Del corredo rimanevano solo sostenuta da un accumulo di scheggioni tufacei (fig. frammenti e una coppa in vernice nera precipitata 12). Sul pavimento si sono recuperati vari elementi sul fondo della camera. CXXXI, CXXXVIII e dei corredi.

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L’ultima (CL), dotata di un solo loculo, era intatta; lo scavo, reso difficoltoso dall’acqua e dai detriti, ha consentito di recuperare tre oggetti del corredo. Durante la campagna 2014 la tomba CVI, rinvenuta nel 201118 e provvisoriamente richiusa, è stata riaperta per effettuare un intervento di restauro e consolidamento. Si tratta, infatti, nonostante la razzia dei corredi, della tomba più monumentale e meglio conservata finora rinvenuta nella necropoli: a camera, con lungo dromos e contenente tre sarcofagi, ha la volta sorretta da un pilastro monolitico in tufo19. Poiché lo spessore della volta era molto assottigliato a causa dello sfaldamento della superficie all’interno e dell’abbassamento del livello del banco roccioso Fig. 12. Veduta con le tombe CXLV-CXLVII (da sinistra a destra) all’esterno causato dalle arature, si è proceduto a e CXLVIII (in primo piano).

Fig. 13. I sarcofagi della tomba II e le urne della tomba CXXIII nella sistemazione odierna.

Nello spazio antistante è stata rinvenuta la fossa CXLVIII, ricavata sul fondo della strada (fig. 12). Le consolidare la volta e a sostenerla con una struttura ossa del defunto e gli oggetti di corredo, posti accanto in tubi metallici; all’esterno la superficie del banco al cranio, sono risultati frammentati dall’accumulo di tufo è stata impermeabilizzata e rinforzata con di pietre che dovevano sigillare la sepoltura su un uno strato di muratura e recintata. Sono stati altresì tavolato ligneo. restaurati i due monumentali sarcofagi in peperino, Segue l’“incontro” di tre tombe. La CXLVIIA completi di coperchio, che durante l’estrazione nel 1995 dalla tomba II (v. nota 5) subirono molteplici è una pseudo-camera molto stretta, sfondata dalle 20 arature, con due loculi, intercettata ortogonalmente fratture nelle casse . Attualmente sono collocati, dalla fossa rettangolare CXLVIIB, la quale ha insieme alle urne della tomba CXXIII, nell’ex granaio distrutto anche il soffitto della tomba CXLIX, situata della Tenuta di Passerano (fig. 13). a un livello molto inferiore. È sbarrata da un lastrone squadrato e presenta una camera quadrangolare che potrebbe contenere urne o sarcofagi. Essendo ZACCARIA MARI notevolmente interrata e allagata, si è rinunciato a Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio scavarla. Al di sopra dell’entrata è incavata nel tufo per l’area metropolitana di Roma, la provincia di una larga risega, forse per poggiare oggetti o per Viterbo e l’Etruria meridionale facilitare l’accesso alla tomba CXLVIIA (fig. 12). [email protected]

18 Mari 2014, 339-341. 20 All’epoca furono trasportati presso il santuario di Ercole 19 Si veda il puntuale confronto con i pilastri all’incile Vincitore a Tivoli, ove sono rimasti fino al 2014. dell’emissario del lago di Nemi: Mari c.s. 86 LA NECROPOLI DI CORCOLLE (GALLICANO NEL LAZIO, ROMA)

Appendice Tomba CXXIII Nell’urna n. 2: due coppe in vernice nera, una delle Elenco degli oggetti di corredo delle tombe scavate quali stampigliata nel 2011 e 2013-2014 Tomba CXXIV Tomba C Frammenti di una o più olle costolate in impasto Frammenti di numerosi vasi, tra cui si individuano: fine nerastro, pelike in vernice nera decorata con due vaso monumentale in ceramica d’impasto bruno civette fra ramoscelli d’olivo con decorazione geometrica graffita e appendici antropomorfe sulle anse, olle strigilate d’impasto Tomba CXXV fine rosso sovraddipinto e d’impasto nero, Grande olla frammentata e olletta in ceramica buccheri (kantharos [fig. 3, n. 4], tre patere, olle grezza, coppa e tre coppette in vernice nera (dalla frammentarie), spirale ornamentale in bronzo, camera); dischetto forato in bronzo, pelike in vernice pendente in ambra, vasetto miniaturistico in nera decorata con figure ammantate fra girali vegetali impasto plasmato a mano (dalla fossetta) Tomba CVIII Tomba CXXVI Coppa stampigliata e due coppette in vernice nera, Coppetta in vernice nera frammentaria brocchetta in ceramica figulina beige, olla e due Tomba CXXIX ollette in ceramica grezza, alabastron di alabastro, Olletta in ceramica grezza (precipitata sul fondo della anellini in bronzo, frammenti in ferro, aes rude camera), coppa in vernice color oliva frammentata Tomba CX (nel loculo destro) Sarcofago n. 1 Tomba CXXXII Due piccole idrie a corpo slanciato in vernice nera Coppa e vari frammenti in vernice nera, tra cui un con scene sovraddipinte in bianco (ascrivibili fondo di coppa stampigliato probabilmente all’iconografia nuziale) e palmette ‘risparmiate’ sotto le anse (fig. 3, n. 6), impreziosite da Tomba CXXXV pennellate in oro in corrispondenza degli ornamenti Coppa in vernice marrone delle figure, due piattelli Genucilia decorati con profilo di donna (fig. 3, n. 13), unguentario in Tomba CXXXVI ceramica figulina con decorazione a fasce dipinte Coppa in vernice nera, coppa ansata frammentaria (fig. 3, n. 15), varie forme in vernice nera (lekythos in vernice nera, coppetta in vernice rossa, pelike in con menade a stampo, oinochoe, brocchetta, piccola vernice nera decorata con due figurette ammantate lekythos [fig. 3, n. 12], piccolo skyphos con palmette (fig. 3, n. 7), olletta in ceramica grezza, brocchetta sovraddipinte [fig. 3, n. 8], coppa stampigliata [fig. frammentaria in ceramica figulina 3, n. 10], nove coppette), pedine in pasta vitrea, pendente di collana in ambra (?), scarabeo in Tomba CXXXVII calcedonio (corniola) con inciso un ariete, oggetti Vaghi di collana in pasta vitrea colorata, anello in bronzo (anellino e borchiette, specchio, armilla, digitale in argento con inciso un leone in corsa spillone, anello digitale), fusioni in fero, gioielli in oro (anello semplice, anello con scarabeo in calcedonio Toma CXL recante inciso un animale, pendente, coppia di Coppa stampigliata e coppetta, entrambe in vernice orecchini) nera Sarcofago n. 2 Varie forme in vernice nera (due oinochoai con Tomba CXLIII decorazione vegetale sovraddipinta, coppa Dal loculo destro: piattello in vernice nera con stampigliata, piccola kylix, brocchetta, quattro decorazione vegetale sovraddipinta in bianco (fig. 3, coppette), tre piattelli figulini con decorazione a n. 9), olletta in ceramica grezza (fig. 3, n. 14). Dal cerchi concentrici dipinti (fig. 3, n. 16), due ollette in loculo sinistro: coppa in vernice nera, frammento di ceramica grezza, scarabeo in calcedonio (sardonice) fibula (?) in bronzo. Caduti sul pavimento: coppetta con inciso un centauro, pedine in pasta vitrea, strigile in vernice nera, coppa miniaturistica in ceramica in bronzo (fig. 3, n. 18), vaso a gabbia di bronzo (fig. figulina, olletta in ceramica grezza, frammento di 3, n. 19), aes rude armilla (?) in ferro Tomba CXII Tomba CXLIV Machaira in ferro con tracce del rivestimento ligneo Dal loculo destro: grande olla e olletta in ceramica dell’impugnatura grezza, oinochoe in vernice nera (fig. 3, n. 11), kylix in vernice nera con stella sovraddipinta in bianco sul

87 ZACCARIA MARI fondo, coppetta in vernice avana. Dal loculo sinistro: frammentata in vernice nera, lekythos frammentata olpe in vernice nera, vaso frammentato in vernice in vernice nera decorata con solcature, frammenti di nera con figura sovraddipinta in bianco, coppetta coppa in vernice nera con civetta sovraddipinta, aes frammentata in vernice avana. Frammenti degli stessi rude vani precipitati sul pavimento Tomba CXLVIII Tomba CXLV Due coppe (di cui una stampigliata) e una coppetta Dal loculo destro: aes rude. Caduti sul pavimento: miniaturistica in vernice nera, olletta in ceramica coppetta frammentata in vernice nera, coppa grezza frammentata in vernice olivastra, coppa in vernice nera Tomba CL Dal loculo: due coppe in vernice nera. Dal pavimento: Tomba CXLVI coppa stampigliata in vernice nera. Dal pavimento della pseudo-camera: lekythos

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88 Impianto termale di una villa romana a Colle Palombara nell’Ager Praenestinus (Zagarolo, Roma)

Zaccaria Mari – Maria Cristina Recco

Il presente contributo concerne il rinvenimento, una notevole densità insediativa di tipo sparso2 che avvenuto nel 2015, durante indagini di archeologia raggiunse l’apice tra il I sec. a.C. e il I d.C. con l’im- preventiva in Via Colle Palombara, a nord-est pianto di villae rusticae. Queste affiancavano al tra- di Zagarolo1, dell’impianto termale di una villa dizionale sfruttamento agricolo del fundus, basato probabilmente a destinazione rustico-residenziale. soprattutto sulla coltivazione di vigneti, frutteti e oli- Lo scavo ha riguardato l’ampia sommità pianeggiante veti, favorita dalla natura vulcanica del suolo e dalla di un’altura tufacea, segnata dalla presenza di un capillare idrografia, nuove attività altamente redditi- casalino agricolo risalente alla metà del Novecento. zie, quali la produzione laterizia, ben documentata La località ricade in un’area contraddistinta da da svariati bolli di officine prenestine, l’itticoltura in

Fig. 1. Colle Palombara, impianto termale: planimetria degli ambienti scavati.

1 Sondaggi esplorativi e successivo scavo estensivo, prescritti 567, propedeutici alla realizzazione di villini a schiera e alla dalla Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria ristrutturazione di un casalino agricolo, progetto in seguito meridionale, diretti dal Funzionario Zaccaria Mari e condotti modificato nel rispetto dei ritrovamenti effettuati. dall’archeologa Maria Cristina Recco, nel terreno di Franca 2 Sempre valido rimane lo studio topografico di Ashby 1902, ed Ernesta Togni, distinto in Catasto al F. 45, part.lle 564, 197-215, 264-281.

89 ZACCARIA MARI - MARIA CRISTINA RECCO

svilupparono o accentuarono il carattere residenzia- le di otium, aggiungendo alla pars rustica-fructuaria, documentata ad esempio in loc. Le Colonnelle4, un settore “urbano” dotato di terme, fontane, giardini e abbellito da arredi e decorazioni. Una menzione particolare merita la grande villa su Colle del Pero, nel cui ambito si inserì, nel I sec. d.C., un piccolo anfiteatro noto come “Il Tondo”5. Villae rusticae e rustico-residenziali si concentrarono innanzitutto nell’ager Praenestinus compreso fra la Labicana e la Praenestina, servito da un’importante via publica di raccordo tra le due arterie principali, la quale solcava il territorio e lo innervava tramite deverticula. Tratti di questa maglia stradale secondaria sono stati recen- temente rinvenuti a viale Ungheria e a Colle Palazzo- la presso Zagarolo6. Lo scavo delle terme di Colle Palombara ha ripor- 7 Fig. 2. Colle Palombara, impianto termale: veduta aerea dell’area tato alla luce, su una superficie di mq 500 ca. , venti- dello scavo. In alto il casalino agricolo. due ambienti (figg. 1, 2), ma il complesso – orientato quasi esattamente nord-sud – prosegue ancora, alme- piccole peschiere, l’allevamento di animali da cortile no per breve tratto, verso sud-ovest, ove si estende e l’estrazione di tufo e pozzolana. Alcune ville, come anche il corpo principale della villa, rispetto al quale quelle di Colle Villa e Colle Palazzola3, già oggetto di la terma viene a trovarsi in posizione marginale. contributi negli atti dei convegni “Lazio e Sabina”, Purtroppo gli ambienti risultano notevolmen-

Fig. 3. Colle Palombara, impianto termale: veduta da sud.

3 Recco 2010, 349-354; Recco 2014. Adembri 2003, 29. 4 Cesari – Mari 2012. 6 Recco 2014, 352-353; Mari – Recco 2016, 263. 5 Si è anche ipotizzato che si tratti di un ludus ovvero della 7 Fino al limite consentito dalla presenza del casalino e dei palestra per l’allenamento dei gladiatori di Praeneste: Ashby confini di proprietà. 1902, 206-207; Coarelli 1982, 157; Sgreva 1993, 367-373;

90 IMPIANTO TERMALE DI UNA VILLA ROMANA A COLLE PALOMBARA NELL’AGER PRAENESTINUS

Fig. 4. Colle Palombara, impianto termale: settore con gli ambienti riscaldati. te danneggiati (ciò che ne rende difficile il ricono- bipedali è stato ben documentato nel vano 2A, ove scimento funzionale) e le stratigrafie delle fasi di si è letto il bollo CIL XV, 2350 (v. infra). Solo le ab- abbandono e crollo completamente distrutte dalle sidi, di cui si noterà la posizione contrapposta, dei spoliazioni, dal riuso post-antico e dai lavori agricoli. vani 5 e 11 conservano parte del fondo della vasca, I muri spiccano per pochi decimetri sul piano pavi- poggiato su suspensurae di bessales e costituito, nel mentale, mentre si conservano discretamente i livelli 5, da un doppio strato di bipedali impermeabilizzato inferiori di praefurnia e hypocausta. con cocciopesto; sulla parete curva di questo aderi- Iniziando dal settore sud-est, si riconoscono ben scono ancora alcuni tubuli rettangolari del sistema di quattro vani di servizio (nn. 1, 2B, 8, 10) di praefurnia riscaldamento (fig. 5). Va rilevato come su numerosi relativi agli ipocausti delle sale calde (fig. 3), rispetto bessali delle suspensurae del vano 11 si trovino bolli alle quali sono nettamente distinti onde evitare l’in- ornamentali senza testo (v. infra). terferenza fra personale di servizio e utenti. Il vano Il vano 13, per la posizione prossima ai calidaria, principale (n. 1), è il risultato di un rifacimento, in quanto sporge visibilmente dal primitivo impianto (il cui limite è costituito dal lungo muro nord-sud) con due lati realizzati in muratura a blocchetti di tufo. La parete ove si apre il forno è invece rivestita, come tutto il basamento dell’edificio termale, in opera late- rizia. L’imboccatura ad arco dell’ipocausto conserva parte della ghiera e i blocchi in tufo del condotto di immissione (presenti in questo come nei condotti di tutti gli altri praefurnia) sono interessati da evidenti tracce di combustione; lungo le pareti sud ed est, og- getto del rifacimento, corre il canale di smaltimento che raccoglieva l’acqua in uscita dalle vasche, convo- gliandola all’esterno. I calidaria si riconoscono nel vano 5, compreso fra 2A e 9, e nei due vani allineati 11 e 12 (fig. 4, 11), ca- ratterizzati dalla cortina in laterizio dell’hypocaustum, mentre l’alzato, scarsamente conservato, era in opus Fig. 5. Colle Palombara, impianto termale: abside del calidarium reticulatum a tasselli di tufo. Il pavimento inferiore in n. 5. 91 ZACCARIA MARI - MARIA CRISTINA RECCO

Fig. 6. Colle Palombara, impianto termale: settore con gli ambienti freddi. era forse un tepidarium. mento di una fistula plumbea. Questo corpo aggiunto Gli ambienti sin qui descritti sono compresi en- è delimitato ad ovest da una rampa leggermente in- tro una costruzione a forma rettangolare allungata, clinata (n. 20) con pavimento a mosaico bianco, che leggermente trapezoidale, di m 24 x 12. All’esterno lo collegava al contiguo settore della villa. del lato ovest si addossò in un secondo momento un Il limite meridionale dello scavo si è arrestato alla corpo, solo parzialmente scavato, che comprende le base di una terrazza che precede il casalino agricolo vasche quadrangolari dei frigidaria (nn. 15, 18), sepa- (v. fig. 2), sotto la quale le strutture proseguono. Gli rate dal corridoio 19 (sotto il quale corre il sistema di stessi muri perimetrali al piano terra del casalino si canalizzazione) e isolate dalla chiostrina 16 (fig. 6). impostano su un ambiente quadrangolare in opus re- In esse restano nette le impronte dell’impellicciatura ticulatum con pavimento in cocciopesto, situato a un marmorea, che nella vasca 15 copriva anche il sedile livello superiore rispetto ai resti scavati8. sul lato orientale. La 18 conserva il foro di alloggia- La parte nord dell’impianto termale è occupata da

Fig. 7. Colle Palombara, impianto termale: veduta da nord.

8 Alquanto dubbia rimane la notizia dell’antichità della cisterna ipogea ad est del casalino.

92 IMPIANTO TERMALE DI UNA VILLA ROMANA A COLLE PALOMBARA NELL’AGER PRAENESTINUS vani molto più grandi (fig. 7). Pertinenti sicuramente borata: ad esempio in un tessellato dell’area dell’A- al nucleo termale sono il piccolo vano 6B, che dava trium Vestae a Roma (I a.C.) e in uno di una villa accesso alla stanza quadrata 7, pavimentata in opus suburbana in loc. Lunghezzina, lungo via Collatina, spicatum, interpretabile come vestibolo-apodyterium i quadrati neri sono racchiusi in un campo bianco10;

Fig. 8. Colle Palombara, impianto termale: settore nord.

(fig. 8). In questo settore spicca assolutamente la sala un immediato confronto si registra invece in ambito n. 6, di ben m 7,50 x 7,50, nobilitata da un pavimento provinciale, a Forum Iulii, nella ristrutturazione di un musivo e dal rivestimento parietale in marmo (fig. 9). complesso termale di età augustea11. Talora lo stesso Ebbe copertura a finta volta, come dimostra il rinve- motivo è arricchito da ornati floreali12. La semplice nimento di frammenti di intonaco su incannucciata. redazione geometrica è nota anche nell’opus sectile13. Vi si entra dal lato occidentale e presenta una pianta Dietro la sala n. 6 e accessibile da questa tramite articolata da due esedre affrontate comprese fra due un’ampia apertura con soglia di calcare è l’ambiente piccoli vani rettangolari (ben conservati sul lato sud, 4 che aveva una nicchia rettangolare sul fondo ed al- ove è una soglia di marmo, e rasati sul lato nord). tre due larghe aperture laterali (v. fig. 8). È difficile Mentre le esedre sono pavimentate con un semplice stabilirne la funzione, se non ipotizzando una sorta mosaico a tessere bianche bordato da una larga fascia di vestibolo (da un’area a giardino?) per la sala 6, che nera, il tappeto centrale sviluppa una composizione potrebbe essere stata un triclinio o un oecus. Infine geometrica di file parallele di ottagoni bianchi sepa- lo spazio n. 3, ove non si sono notate tracce di pa- rati da quadrati neri collegati da linee anch’esse nere vimento, ma solo i resti di una vaschetta che forse (fig. 10). Trattasi di un disegno abbastanza diffuso tra raccoglieva l’acqua del tetto, corrispondeva quasi si- il I sec. a.C. e il II d.C., ma soprattutto nella prima età curamente a un cortile (v. fig. 7). imperiale9, che si manifesta anche in forma più ela- La terma di Colle Palombara sembra essersi ag-

9 Balmelle et al. 1985, 251, n. 7 (sul disegno); Cocchiaro et al. 11 Février 1962, 190, fig. 16. 2001, 672-674, figg. 6, 9 (per confronti). 12 Mercando 1996, 152-154, fig. 9 (Torino: domus del I sec. 10 Si vedano, rispettivamente, Blake 1930, tav. 44, 3 e Di Renzo d.C.). 2008, 478-479, fig. 6. 13 Guidobaldi 1985, 213.

93 ZACCARIA MARI - MARIA CRISTINA RECCO

Fig. 9. Colle Palombara, impianto termale: sala n. 6. giunta, come si riscontra di frequente, in età impe- terma evidenzia. Per realizzare la nuova costruzione, riale al preesistente impianto della villa14. Di questo, databile nella fase iniziale al I-II sec. d.C., si dovet- che si estende nei terreni ad ovest/nord-ovest, in te sfruttare, come in casi analoghi, parte di un’area parte urbanizzati, nulla si conosce, ma è verosimile adibita a giardino o con peristilio, riconoscibile ipo-

Fig. 10. Colle Palombara, impianto termale: particolare del mosaico della sala n. 6. che avesse, come nella stragrande maggioranza delle teticamente nello spazio n. 14, ove i muri 21-22 (mal altre ville, un nucleo repubblicano e probabilmen- conservati e scavati solo per breve tratto) potrebbero te un balneum riservato all’igiene personale, lontano appartenere a un portico (v. figg. 1, 6). Sulle pareti dalla specializzazione che, sul modello urbano, la formanti l’angolo sud-est si conservano lacerti di in-

14 Gli scavi offrono molteplici esempi, ma il fenomeno è richiese la costruzione di nuovi terrazzamenti: Mari 1991, 46 ben evidente, anche in assenza di scavo, nelle ville sostruite, (zona tiburtina). ove l’aggiunta della terma, a partire dalla prima età imperiale,

94 IMPIANTO TERMALE DI UNA VILLA ROMANA A COLLE PALOMBARA NELL’AGER PRAENESTINUS

Fig. 11. Colle Palombara, impianto termale: particolare degli ambienti riscaldati. tonaco dello zoccolo dipinto a riquadri neri isolati da dei più antichi balnea domestici e disposti secondo il fasce bianche verticali e conclusi da linee multicolori precetto vitruviano a sud15, in modo da beneficiare (rosso, giallo). La stessa struttura termale, compren- dei raggi solari fino alle più tarde ore pomeridiane, dente in origine solo vani caldi secondo la tradizione subì – come si è visto – modifiche con l’aggiunta,

Fig. 12. Colle Palombara, impianto termale, bolli laterizi: 1. CIL XV, 2316; 2. CIL XV, 2325; 3. CIL XV, 2334; 4. CIL XV, 2350; 5. CIL XV, 2363; 6. CIL XV, 1052; 7-9. anepigrafi.

15 Vitr., arch., V, 10, 1. 95 ZACCARIA MARI - MARIA CRISTINA RECCO

Fig. 13. Colle Palombara, impianto termale: frammenti epigrafici. forse nel corso del II secolo, dei frigidaria, realizzati scavi, a Praeneste e nell’agro (Zagarolo, Gallicano, in un reticolato a grossi cubilia piuttosto irregolari. San Cesareo). Essendo, tranne uno, databili nell’am- Piccole modifiche (come la chiusura di porte), con bito del I secolo, devono corrispondere alle forniture tecniche murarie in listato o a bozzette e scaglie di utilizzate per la costruzione delle terme16. Il 2350, tufo, sono databili in epoca tarda. recuperato in vari esemplari sparsi ovunque, com- In un momento difficile da precisare, ma presu- pare anche, come si è detto, su un bipedale in situ mibilmente dopo la radicale spoliazione di suppellet- nell’ambiente 2A. Il 1052, delle figlinae di Domitia tili e rivestimenti, alcuni vani vennero forse utilizzati Lucilla17, risalente, per la presenza dell’officinator per attività manifatturiere, come denotano la chiusu- Peducaeus Lupulus (noto in precedenza presso altre ra con tegole delle bocche dei praefurnia (in partico- figlinae), alla fine dell’età adrianea-primi anni di An- lare n. 9) e il muro curvo in bessali inserito nel vano tonino Pio18, deve invece appartenere all’ampliamen- 2B (fig. 11). to corrispondente ai frigidaria. Il bollo anepigrafo Negli interri, o, meglio, nei re-interri succeduti con caduceo alato è anch’esso largamente attestato agli sconvolgimenti ai quali il sito è stato sottoposto, nel territorio19. Esclusivamente i bessali delle pilae si sono rinvenuti, del tutto rimescolati, abbondanti di sospensione presentano invece bolli ornamenta- materiali. Oltre a frammenti di mosaico bianco/nero li impressi con un punzone, costituiti da uno o più decorati a motivi vegetali e geometrici, si segnalano cerchietti ravvicinati con punto centrale, o da un lastre marmoree di rivestimento probabilmente pa- cerchietto con quattro piccoli incavi disposti a croce rietale (data l’assenza di impronte pavimentali) di sulla circonferenza, di ampia diffusione20. Vanno in- vario tipo, ma nella gamma più comune (cipollino, fine citati due frammenti di lastre in marmo bianco pavonazzetto, portasanta, giallo e rosso antico). con resti di iscrizioni, databili al II-III secolo, una Numerosi i laterizi con bolli già noti dal CIL (fig. in greco, conservante poche lettere21, e una in latino, 12) riconducibili a figlinae prenestine, i cui prodotti sicuramente funeraria22, che denota la presenza di sono diffusi, come hanno evidenziato anche recenti tombe nel fondo stesso della villa (fig. 13) .

16 Sono: CIL XV, 2316 (rettangolare, unilineare: [Ti.] Cl. 18 Steinby 1974-1975, 55. Censorin; attestato nella villa di Colle Villa e nella villa imperiale 19 Ad esempio a Colle Villa (Recco 2014, 351) e nelle tombe di San Cesareo, v. Recco 2010, 351, nota 16; Recco 2012, 344, della residenza imperiale di San Cesareo (inedite). nota 19), 2325 (rettangolare, unilineare: [Fa]ustini), 2334 20 Sui tipi e sulla cronologia di questi sigilli, attestati almeno a (rettangolare, unilineare: Lauren[ti]; attestato a viale Ungheria, partire dall’inizio del II secolo e fino alla tarda età imperiale v. v. Mari – Recco, 2016, 262), 2350 (rettangolare, bilineare, con Steinby 1986, 110-111, 138 (con bibl). Per quello con gli incavi signum a piccola palma alla fine della seconda riga e non con sulla circonferenza, ottenuto per mezzo di una borchia fissata lunga palma fra le due righe registrata nel Corpus: C. Properti / con chiodini, v. Arena 2018, 408, 415. Felicis; attestato in una necropoli presso Colonna, v. De Angelis 21 Alt. e largh. cons. cm 9,5 e 11: [- - -]? / [---]EI / [---]ΟΣΟΔΑ[---] et al. 2010, 226, nota 11), 2363 (rettangolare, unilineare: C.L.V.). / [---]ΟΥ / [- - -]?. 17 Circolare, bilineare con orbicolo racchiudente un signum a 22 Alt. e largh. cons. cm 25 e 11. Dedica al coniuge da parte forma di gallo (non registrato nel Corpus): Ex pr(aedis) Dom(itiae) del consorte che ha il gentilizio Iulius: [- - -] / CINTA[---] / Luc(illae), opus dol(iare) / off(icinae) Pedu(caei) Lup(uli). CONIV[---] / IVLI[---] / [- - -]? / ICT[---] / [- - - ]?.

96 IMPIANTO TERMALE DI UNA VILLA ROMANA A COLLE PALOMBARA NELL’AGER PRAENESTINUS

Sarebbe vano ricercare per la terma di Colle Pa- meramente igienica), l’evoluzione del sistema di ri- lombara confronti planimetrici puntuali, in quanto i scaldamento e la presenza di vani accessori (anche condizionamenti imposti in fase costruttiva – in que- tutto questo mutuato dalle terme urbane), i continui sto come in altri casi – dalla situazione preesisten- rifacimenti e restauri, che determinarono una note- te, generarono piante molto varie, equiparabili, nel vole sovrapposizione/giustapposizione di murature complesso, solo a grandi linee e, nello specifico, solo diverse fino in epoca assai tarda (IV-V secolo)23. per la forma e le dimensioni di singoli vani. Un recen- te quadro d’insieme messo a punto per gli impianti termali di una zona del Lazio meridionale, frutto di ZACCARIA MARI altrettanti scavi, offre una buona esemplificazione di Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio balnea privati, da cui si evincono il carattere di palese per l’area metropolitana di Roma, la provincia di ‘addendum’ del padiglione riservato al benessere su Viterbo e l’Etruria meridionale un lato dell’edificio preesistente (talora riutilizzan- [email protected] do vani con diversa destinazione) a partire dal I sec. d.C., in concomitanza con il recepimento, lontano MARIA CRISTINA RECCO da Roma e dai centri cittadini regionali, del costume independent researcher urbano, la suddivisione tra vani caldi e vani freddi [email protected] (questi congiunti ai primi in funzione salutare e non

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23 Cfr. Sorgenti e terme 2009: villa o struttura a servizio dei – S.L. Trigona). Per esempi nella Campagna Romana v. De viaggiatori lungo la via Labicana e complesso di Colle Noce fra Franceschini 2005, 313-315, in partic. 172-179, nn. 60-62 (Ville Latina e Labicana, nell’ager Signinus, 264-275 (F. Cifarelli), villa di Centocelle). di Cardegna nell’ager di Fabrateria vetus, 304-313 (G.R. Bellini

97 : indagini nell’area del Foro

Sandra Gatti

Veroli, città ernica di una certa importanza, situata al di mantenere, quale riconoscimento per la propria confine con il territorio volsco, è ricordata dalle fon- fedeltà, l’autonomia in qualità di città federata e le ti – insieme a e ad - fra i centri che proprie magistrature fino alla guerra sociale, quando non parteciparono alla rivolta capeggiata da divenne municipio della tribù Cornelia2. Mentre del contro Roma del 306 a.C.1; questa scelta le consentì periodo arcaico si conoscono sostanzialmente solo

Fig. 1. Veroli. Carta archeologica della zona centrale e meridionale (da Quilici-Quilici Gigli 1998).

1 Liv. 9, 43, 23. Gigli 1998, 214-223; Gatti-Picuti (eds.) 2008, 17 (F. Coarelli) e 2 Per le vicende storiche della città si vedano Quilici-Quilici 61-62 (C. Ferrante), con bibl. precedente.

99 SANDRA GATTI sporadici materiali architettonici3, la topografia di trovati durante la costruzione del Seminario vescovi- Veroli è meglio nota a partire dalla fase medio e tardo le, situato a ovest della Cattedrale, reperti forse iden- repubblicana, soprattutto in relazione al circuito mu- tificabili, almeno in parte, con quelli conservati nella rario in poligonale, per il quale è stata proposta una biblioteca Giovardiana9. datazione alla fine del IV-inizi III sec. a.C., oggetto L’area è sostenuta ad est, verso valle, da una pode- in seguito di rifacimenti in opera reticolata datati al rosa sostruzione, oggi inglobata nelle fondamenta dei I sec. a.C.4. lati orientale e meridionale del Palazzo Comunale10 Il Foro di Veroli è stato sempre concordemente (fig. 2). La struttura, composta da due setti murari ad localizzato nell’area compresa tra il Palazzo Comu- angolo retto conservati fino a quasi m 5 di altezza, è in opera poligonale c.d. di quarta maniera, vicina alla quadrata, con blocchi bugnati, rifiniti da anathyrosis nei filari più bassi. Francesco Cifarelli ha già analizzato in dettaglio, in più occasioni, questo tipo di tecnica, che trova una delle sue massime espressioni proprio in opere di terrazzamento urbano, con funzione di riorganizza- zione e ampliamento degli spazi; elaborata nel Lazio, dove la tradizione della lavorazione della pietra cal- carea ha radici profonde, è stata vista come un segno distintivo delle committenze e della autorappresenta- zione delle comunità latine11. A , mentre il trat- to di sostruzione in opera quadrata bugnata di largo Felici - via San Lorenzo, grazie alla chiara sequenza di tecniche diverse nella medesima struttura, può es- Fig. 2. Veroli. Sostruzione in opera poligonale bugnata sotto il Pa- sere datato al pieno/alto II sec. a.C.12, negli interventi lazzo Comunale (foto Autore). sull’acropoli tale tecnica sembra debba essere riferi- ta alla sistemazione monumentale del complesso at- nale, il Duomo e il Vescovado5 (fig. 1), sia per la con- tuata alla fine del secolo. Essa, inoltre, è largamente tinuità della funzione pubblica di questo settore ur- presente anche in altri centri del Lazio meridionale bano, sia per il ritrovamento, nel tempo, di elementi quali Sezze, Cori, Ferentino, Atina, , Formia architettonici in pietra che indiziano la presenza di ed infine Caiatia in Campania, esempi tutti per lo più edifici monumentali6; infine, e soprattutto, per una datati nel pieno II sec. a.C.13. serie di dati archeologici significativi che includono Alle spalle di questo terrazzamento, tra il palaz- la scoperta in tale area dei frammenti dei Fasti, data- zo comunale e il Duomo di Sant’Andrea Apostolo, bili fra il 14 e il 37 d.C., che dovevano essere affissi si conserva un’imponente costruzione sotterranea a in un luogo pubblico7, e della base del monumento pianta rettangolare, lunga e stretta, composta da più equestre del quattuorviro C. Paquius8, riferibile alla vani successivi (fig. 3). Fino a poco tempo fa l’ac- metà del I sec. a.C. cesso era possibile solo da una proprietà privata e gli Nella zona, inoltre, è stata ipotizzata l’esistenza ambienti erano in gran parte interrati; in particolare di un luogo di culto attivo almeno dal IV sec. a.C., l’ultimo vano verso ovest era stato utilizzato in epoca testimoniato da materiali votivi che sarebbero stati moderna come ossario14. L’edificio, di conseguenza,

3 Quilici-Quilici Gigli 1998, 214-5; Gatti-Picuti (eds.) 2008, 61, 9 La notizia è in Moroni 1849, 15; Quilici-Quilici Gigli 1998, fig. 35. sito 46 (con bibl. precedente). Altri reperti di decorazione ar- 4 Per lo studio di dettaglio dei resti conservati e per l’inquadra- chitettonica conservati nella Biblioteca Giovardiana testimonia- mento generale della forma urbana della città si rinvia a Quilici- no un santuario di epoca tardoarcaica, ma sono di provenienza Quilici Gigli 1998 (in particolare per la datazione delle mura v. incerta. 118): si farà dunque costante riferimento a questo lavoro che 10 Quilici-Quilici Gigli 1998, 197-8, sito 39. include anche tutta la bibliografia precedente. Per una breve sin- 11 Cifarelli 2012, in part. 300-1, e Cifarelli 2013, 44-5. Una tesi sulla città: Valchera 2006; per le mura in opera poligonale: radicata tradizione propriamente laziale, legata ai saperi locali, Polito 2011. Per recenti indagini al circuito murario tardorepub- traspare anche dalla persistenza nelle città latine nell’uso delle blicano: Albanesi-Picuti 2012. pietre locali, calcare e tufo, per gli elementi di decorazione archi- 5 Scaccia Scarafoni – Mancini 1923; Scaccia Scarafoni 1961, tettonica, quando ormai a Roma comincia ad affermarsi su larga tav. I; Lugli 1962; Quilici-Quilici Gigli 1998, 219. scala il marmo: cfr. Palombi 2003, 235-8 e nota 90, per Cora; 6 Quilici-Quilici Gigli 1998, 206-7, n. 44. Gatti 2017, 114, per Praeneste. 7 La lastra marmorea del calendario fu trovata riutilizzata come 12 Sangiovanni 2012. copertura di una tomba ad inumazione tardoimperiale scoperta 13 Sull’argomento nel suo complesso si rinvia a Cifarelli 2012. in corrispondenza di un edificio su corso Vittorio Emanuele, ma 14 Qualche frammento di ceramica ed una fibbia in bronzo verosimilmente proveniva da una zona adiacente: Quilici-Quilici rinvenuti durante la rimozione delle ossa – cui si è provveduto Gigli 1998, 193-5, siti 35 e 36. nell’ambito dell’intervento oggetto di questo contributo - sem- 8 Quilici-Quilici Gigli 1998, 193, sito 35. brerebbero indicarne l’utilizzo a partire dal XVII secolo. Lugli

100 VEROLI: INDAGINI NELL’AREA DEL FORO

non era completamente ispezionabile e la planimetria era stata dunque documentata in modo approssima- tivo ed in parte ipotetico, ricostruendo almeno 5 am- bienti ed ipotizzando che la costruzione proseguisse fin sotto il campanile del Duomo15. Grazie ai recenti interventi di bonifica, svuotamento e valorizzazione, attuati nel 2014 in accordo con l’Amministrazione Comunale, l’edificio è oggi totalmente recuperato e finalmente visitabile16. La struttura si compone in realtà di soli quattro vani, che sono alti m 3,40, larghi m 3,50, per una lun- ghezza totale di circa m 30, coperti a volta, ed ha un orientamento leggermente diverso rispetto alla pla- nimetria pubblicata da Lugli e negli studi seguenti, in quanto non arriva sotto il Duomo, bensì sotto la piazza del Duomo posta sul suo lato settentrionale, disponendosi lungo un asse quasi est-ovest. Mostra sui lati lunghi un cementizio in faccia vi- sta, con marcate riseghe derivate dai successivi piani di gettata entro una cassaforma di tavole di legno, privo di cortina o in alcuni punti caratterizzato da una sorta di cortina disomogenea con blocchetti di dimensioni molto variabili, esito della costipazione e della battitura progressiva del cementizio. I tre setti Fig. 3. Veroli. Interno della cisterna sotto il Palazzo Comunale (foto Autore). murari di divisione degli ambienti sono realizzati in- vece in una sorta di grossolana opera incerta di gran-

Fig. 4. Veroli. Sezione e prospetti dei tramezzi della cisterna sotto il Palazzo Comunale (rilievo G. Troja).

1962, fig. 1, indica l’ambiente come ossario della Cattedrale. In teggio) che si troverebbe proprio sotto la chiesa. Questa ricostru- realtà, come rilevato anche da Quilici-Quilici Gigli 1998, 203, zione deriva dalla possibile presenza sotto la cripta di un ambien- nota 129, i corpi sono stati gettati senza ordine nell’ambiente at- te antico, visto in occasione di scavi effettuati nel Settecento (cfr. traverso una botola che comunica con la strada e non ha connes- Quilici-Quilici Gigli 1998, 203): se la notizia è affidabile, poiché sioni dirette con la chiesa. ora sappiamo con certezza che gli ambienti sono solo quattro, 15 La struttura è presente nella tav. I di Scaccia Scarafoni 1961; dovrebbe allora trattarsi di diversa costruzione, forse anch’essa è poi pubblicata da Lugli 1962; inoltre è citata da De Rossi 1980, con funzione sostruttiva. 266; Coarelli 1982, 201; Beranger 1987, 1016. In Quilici-Quilici 16 I lavori di recupero del monumento e di indagine archeologi- Gigli 1998, 200-3, sito 341, sono riportati in pianta a fig. 71 ca nella piazza, oggetto di questo contributo, sono stati possibili quattro ambienti chiusi, più un quinto (definito in parte a trat- grazie all’impegno economico del Comune (con finanziamenti

101 SANDRA GATTI

Fig. 5. Veroli. L’area del foro. 1: muri di sostruzione in opera po- Fig. 6. Veroli. Veduta dell’area di scavo in Piazza Duomo (foto D. ligonale; 2: cisterna; 3: area dello scavo in Piazza Duomo (rilievo Pietrafesa). G. Troja). di dimensioni, che nella parte inferiore, nei piedritti che le parti portanti, come piedritti e ghiere degli e nella ghiera dell’arco assume decisamente l’aspetto archi, vengono realizzati ancora con la tradizionale di un’opera poligonale17 (fig. 4). maniera costruttiva che usa la pietra calcarea tagliata Questa mescolanza di tecniche indica, a nostro e giustapposta a secco, della cui efficienza, per espe- parere, che la struttura rappresenta uno di quegli rienza secolare e ben radicata, nessuno dubitava. “esperimenti” iniziali nell’uso dell’opera cementizia, Se questo coglie nel segno, pur non disponendo quando ancora si provava forse una sorta di diffiden- di elementi cronologici sicuri, possiamo datare la co- za nei confronti della nuova tecnica edilizia, tanto struzione almeno nell’alto II sec. a.C., quando ma-

Fig. 7. Veroli. Pianta dell’area di scavo in Piazza Duomo (rilievo G. Troja).

GAL), ma anche, in particolare, alla determinazione e all’entu- 17 Tra i confronti più convincenti, almeno per la parte alta dei siasmo dell’allora sindaco prof. Giuseppe D’Onorio, cui sono setti, si segnalano il complesso di Santa Lucia di Segni (Cifarelli particolarmente grata. 2013, 46-7) e il basamento della c.d. villa di Galba a Terracina, Ringrazio l’arch. Lucia Gabriele, direttore dei lavori; Giorgio datata da Lugli alla prima metà del II sec. a.C. (Lugli 1957, tav. Troja della Soprintendenza per l’attenta documentazione grafi- XCV, 1). Un esempio di opera incerta con paramento a gros- ca; l’amica Francesca Lezzi per la rielaborazione delle immagini si elementi irregolari appena sbozzati è nella “villa di Quintilio qui pubblicate. L’assistenza alle indagini di scavo e la documen- Varo” a Tivoli: v. Mari 2013, 26, fig. 3 A. tazione archeologica si devono al dott. Dario Pietrafesa. 102 VEROLI: INDAGINI NELL’AREA DEL FORO

Fig. 8. Veroli. Sezioni dell’area di scavo in Piazza Duomo (rilievo G. Troja). tura l’uso del cementizio e la sua piena applicazione secolo, quando l’area era adibita a zona di sepolture alle parti portanti18. La cisterna può essere assimilata in connessione con la chiesa, fino alla posa in opera di al tipo che è stato definito “a camere successive co- sottoservizi nel secolo scorso (fig. 6). Purtroppo que- municanti”, dove il passaggio dell’acqua attraverso i ste attività hanno stravolto quasi completamente le diversi vani, a volte con quote pavimentali diverse, stratigrafie antiche. Questo, sommato alla apparente aveva lo scopo di depurarla19. La cisterna appare omogeneità ed alla genericità delle tecniche edilizie anche come una sostruzione cava della terrazza del utilizzate nel sito nel corso del tempo, prive di una foro, che era contenuta dai due muraglioni in opera specifica connotazione tipologica e con il riuso dei poligonale che formano un angolo retto sui lati orien- medesimi materiali calcarei, ha reso molto difficile tale e meridionale. L’ulteriore ruolo di contenitore stabilire con certezza la cronologia delle varie parti. per la raccolta dell’acqua piovana, rimasto incerto a Nonostante ciò sono individuabili alcune strutture lungo soprattutto per la mancanza quasi totale del sicuramente antiche, che rappresentano preziosi in- cocciopesto idraulico sulle pareti, già ipotizzato da dizi della sistemazione della piazza del Foro in epoca Lugli e poi sostenuto da Lorenzo Quilici e Stefania tardorepubblicana (fig. 7). Quilici Gigli, che correttamente lo avevano connes- In corrispondenza del margine meridionale dello so ad un’ampia superficie di compluvio20, risulta ora scavo sono stati individuati due setti murari in ope- confermato con certezza da quanto emerso dal sag- ra incerta (figg. 7-8, nn. 1 e 2), orientati est/ovest, il gio di scavo eseguito nel 2013 nella piazza del Duo- secondo dei quali si allinea esattamente con la parete mo (fig. 5). sud del quarto ambiente della cisterna sottostante. Le indagini, che hanno interessato un’area di cir- Nella zona centrale, invece, sono venute in luce ca m 8 x 9 sul fianco settentrionale del Duomo (in due murature (figg. 7-8, nn. 3 e 4) che formano un corrispondenza della piazzetta del Duomo), hanno angolo, realizzate in cementizio, con una malta ter- portato in luce una serie di strutture stratificate nel rosa poco consistente e un paramento in pietrame tempo, compresi diversi interventi del XVII e XVIII calcareo con scapoli piuttosto grandi e appena sboz-

18 A Roma il più antico esempio di opera cementizia con para- 19 Riera (ed.) 1994, 356-9: ne sono noti alcuni esempi (Riera mento in incerto è il podio del tempio della Magna Mater (cfr. (ed.), 359) nel Lazio (Nomentum, Palestrina e Anagni) e in Cam- Coarelli 2012, 261). Si deve tenere conto, tuttavia, del ruolo pri- pania (Mignano Montelungo in territorio di Sessa Aurunca), ma mario – forse superiore a quello di Roma e dei dintorni - svolto anche nei dintorni di Roma (De Franceschini 2005, 287, n. 100, dai centri del Lazio centromeridionale e della Campania nella tav. 10, 1). sperimentazione e nello sviluppo delle nuove tecniche: per que- 20 Lugli 1962; Quilici-Quilici Gigli 1998, 203 e 219. sto aspetto si veda D’Alessio 2010, 54-55.

103 SANDRA GATTI

sotterranea, nella quale dovevano dunque confluire le acque piovane raccolte dalla superficie soprastan- te, evidentemente scoperta, che aveva funzione di ampio compluvio. Nell’angolo sud-ovest dello spazio delimitato dai muri 3 e 4 si trovava un thesaurus, formato da quat- tro blocchi semicilindrici in calcare, accostati per gli spigoli e disposti a circoscrivere uno stretto spazio quadrangolare (fig. 10). Su uno dei blocchi è anco- ra visibile la traccia per l’innesto dell’aggancio del coperchio, che verosimilmente doveva essere metal- lico23. Il thesaurus doveva essere completamente in- terrato emergendo con il suo coperchio dal piano di calpestio soltanto per pochi centimetri, come dimo- Fig. 9. Veroli, piazza Duomo: particolare dei muri nn. 7-8 (foto Autore). stra la corrispondenza fra la quota del suo margine superiore e quella della pavimentazione in battuto di zati, una sorta di grossolana opera incerta21, in cui calce (n. 6) e dello spiccato dei muri nn. 1-4 (fig. 8). sono inseriti blocchi parallelepipedi di calcare posti Il prelievo delle monete conservate all’interno di taglio, sopra ai quali manca evidentemente qualco- doveva dunque avvenire aprendo la serratura e sol- sa (fig. 9), un elemento che ha lasciato un’impronta levando il coperchio; la mancanza di una base per negativa nel cementizio che gli si è addossato e che i quattro elementi lapidei fa supporre l’esistenza in doveva avere un profilo curvilineo (figg. 7-8, n. 5). origine di un contenitore interno in materiale deperi- E’ possibile immaginare elementi lapidei in seguito bile, forse legno o cuoio, di cui non è rimasta traccia, asportati o, ancora meglio, tenuto conto che il nucleo altrimenti le offerte sarebbero finite nel terreno. cementizio e il paramento si chiudono in faccia vista All’interno sono state trovate solo due monete, in modo tale da rendere praticamente impossibile che costituiscono però un prezioso punto fermo per uno smontaggio, forse elementi lignei, veri e propri la cronologia di questa fase edilizia del sito: si tratta grossi pali poi scomparsi. di un asse della serie RRC 183/1, datato fra il 169 e L’aspetto della muratura è senza dubbio compa- il 158 a.C.24, e di un altro asse, meno leggibile del rabile con esempi di strutture in opera c.d. a telaio (o opus africanum), nella versione lapidea, o a graticcio, se accettiamo l’ipotesi della versione lignea22 (fig. 9). Con tutte queste strutture, che hanno il piano di spiccato alla medesima quota, è coerente una pavi- mentazione in battuto di calce con inserti di calcare e qualche frammento di laterizio, della quale si conser- vano alcune ampie parti (fig. 7, n. 6) sia a ridosso del muro 3, sia tra il muro 3 e il muro 2; in questo secon- do settore il battuto, allettato su un vespaio di scaglie di calcare, è appoggiato direttamente sull’estradosso della volta del quarto vano della cisterna sottostan- te. La pavimentazione, nel settore nord-orientale del saggio, è attraversata da una canaletta, con fondo in laterizi e spallette in cementizio (fig. 7, n. 7), che si raccordava con un pozzetto quadrato (fig. 7, n. 8) situato nella volta dell’ultimo ambiente della galleria Fig. 10. Veroli, piazza Duomo: il thesaurus in fase di scavo.

21 Questi paramenti trovano un confronto puntuale nei vani uno di Ardea (Di Mario 2007, 71-73, fig.32); nel Fucino il the- meridionali e centrali del complesso di Santa Lucia a Segni (Ci- saurus iscritto rinvenuto a Cerchio nel 2007 (Ceccaroni-Borghesi farelli 2013, fig. 9) e nella sostruzione cava dell’acropoli di Feren- 2012, fig. 2; per l’iscrizione Letta 2011). tino (da ultimo D’Alessio 2007), tutti significativi esempi della La diffusione dei thesauri, concentrata nell’Italia centrale tardo- notevole variabilità della “famiglia” dell’opera incerta, che si può repubblicana, viene collegata da Torelli soprattutto al fenomeno probabilmente assegnare alla fase iniziale della sua adozione in della “sostanziale monetizzazione delle offerte”; v. inoltre Stek connessione con la tecnica del cementizio. 2009, 182-4. Pur nella estrema variabilità della forma dei thesau- 22 Si ricordano, a titolo di esempio, Pompei domus I, 12, 2 ri, ma in genere a colonnina variamente cava o parallelepipedi, (Adam 1984, 130, fig. 277), Casa del Vasaio, II, 6 (Lugli 1957, sia monolitici sia formati da diverse parti, l’esempio di Veroli ri- tav. XC, 3); Solunto, Casa dei depositi a volta (Portale 2006, 75- sulta finora un unicum. 76, fig. 16). 24 Esemplare 1: dritto testa laureata di Giano (??); verso prora 23 Sull’argomento si rinvia a M. Torelli, in ThesCRA IV, 354-6, di nave a destra, in alto lupa che allatta i gemelli, davanti I; diam con catalogo dei thesauri noti, cui vanno ora aggiunti per il Lazio mm 30, peso g 27. Cfr. Crawford 1974, 183/1; Sydenham 297; altri due esemplari di Anagni (Gatti 2006, 52-3, figg. 16-18) e BMCRR Roma 514.

104 VEROLI: INDAGINI NELL’AREA DEL FORO precedente, databile nei decenni centrali del II sec. razzamento in poligonale e la cisterna presentano il a.C. 25. medesimo orientamento, indicando che si tratta di Pur tenendo conto del periodo di circolazione un sistema sostruttivo coerente, frutto di una proget- delle due monete, che comunque dal livello di usura tualità unitaria evidentemente condizionata dall’oro- non sembra essere stato troppo prolungato, possia- grafia, primo passo di un profondo rinnovamento ur- mo dunque proporre che la ristrutturazione monu- bano di questo settore della città. Il terrazzo, con le mentale della piazza del Foro di Veroli qui in esame sue costruzioni pubbliche, doveva elevarsi in modo sia stata avviata verosimilmente già nell’ambito della scenografico sopra il circuito murario, con grande prima metà del II sec. a.C. impatto sulla visuale complessiva dell’abitato. Le Con un progetto di ampio respiro, che comportò strutture in elevato scoperte in Piazza del Duomo ri- interventi edilizi impegnativi e sicuramente costosi, si sultano invece orientate esattamente, sia come quel- realizzò, grazie alla costruzione del terrazzamento in le della vicina domus venuta in luce all’interno della opera poligonale, un poderoso contenimento ed una ex tipografia Reali, databile agli ultimi decenni del profonda regolarizzazione del versante, ottenendo II sec. a.C.26, sia con il lungo muro in opera incerta così un sensibile ampliamento degli spazi utilizzabi- ancora visibile lungo via Ellena, che ne costituiva il li per la piazza pubblica. Analogamente, all’interno limite verso ovest, prospettando su un asse stradale27. della terrazza fu realizzata la cisterna per la raccolta Nella unione dei due elementi costitutivi della ter- dell’acqua dal compluvio della spianata superiore, razza del Foro, grandi muraglioni di sostegno in ope- struttura che, contemporaneamente, ebbe anche la ra poligonale e lungo ambiente voltato con funzione funzione di sostruzione cava dalla piazza (fig. 11). di sostruzione cava all’interno, sembra, nel comples- Subito dopo, nello spazio così ampliato e sistema- so, di cogliere una versione più semplice, certo meno to, l’area pertinente al santuario fu oggetto di inter- raffinata e meno monumentale, della grandiosa re- venti edilizi che compresero anche la realizzazione alizzazione dell’avancorpo dell’acropoli della vicina del thesaurus. Ferentino28, dove sono utilizzate anche le medesime Sulla base di quanto emerso da questa indagine tecniche edilizie (opera poligonale e opera cementi- e grazie alla nuova documentazione grafica aggior- zia in paramento), ma con la differenza che a Veroli nata che si è potuta elaborare, emerge ora che il ter- lo spazio interno sostruttivo non risulta corrispon-

Fig. 11. Sezione ricostruttiva dell’assetto della piazza del foro di Verulae (disegno G. Troja).

25 Esemplare 2: dritto: testa laureata di Giano, in alto: I (?); della fonte. verso: prora di nave a destra, davanti un’ancora (?), in bas- 27 Quilici-Quilici Gigli 1998, 191-2, n. 31; v. anche, ivi, 219 per so ROMA; diam mm 30, peso g 20. Sydenham 1952, n. 238; le considerazioni sulla pianificazione generale della città, che, BMCRR, 2, Italy, n. 298. Ringrazio la dott.ssa Rosa Vitale per le sulla scorta di questi nuovi dati, richiedono ora una nuova rifles- preziose indicazioni sulle due monete. sione e un diverso approfondimento. 26 Frasca 2012; Albanesi – Picuti 2012, 509, ipotizzano l’avvio 28 Per l’avancorpo di Ferentino, la cui originalità progettuale di “un programma di revisione urbana” nella seconda metà del sembra consapevolmente e orgogliosamente sottolineata dalla II sec. a.C., da collegare alla notizia del Liber Coloniarum (Lib. ripetizione delle iscrizioni sia all’esterno che all’interno del mo- Col. 239L) dell’invio di coloni a Veroli in età graccana quando numento, si rinvia a D’Alessio 2007, il quale fondatamente ne “oppidum muro ductum”; ma si veda in proposito Quilici-Quilici propone una datazione fra 160-150 e 130-120 a.C.; cfr. inoltre Gigli 1998, 222, i quali sottolineano la controversa attendibilità D’Alessio 2014, in part. 22.

105 SANDRA GATTI dere – almeno nella parte oggetto dello scavo - alla ma quadrangolare, mentre la parte superiore presen- disposizione delle soprastanti architetture29. Siamo ta una superficie ondulata e non lisciata, che forse forse di fronte, di conseguenza, ad una fase di spe- allude ad un fondo roccioso35; al di sopra si conserva rimentazione, probabilmente precoce, di questo ge- soltanto un piede destro femminile con il tallone sol- nere di soluzione architettonica, che solo in seguito levato, la cui posizione potrebbe far pensare ad una troverà sviluppi più articolati sia nei centri del Lazio figura seduta oppure ad una figura in piedi con la che a Roma30. gamba destra incrociata davanti alla sinistra stante36; Il thesaurus venuto in luce nell’area oggetto del- a fianco resta l’attacco di un altro elemento difficil- le indagini costituisce la prova che sulla piazza del mente riconoscibile (forse un panneggio?); in mezzo Foro, come del resto è ovvio aspettarsi, si dovesse è un grande foro obliquo per il chiodo di fissaggio. trovare un edificio di culto, la cui esistenza era sta- Vista l’esiguità dei frammenti non è possibile formu- ta sempre ipotizzata - più o meno in corrisponden- lare ipotesi sul tema della raffigurazione, né precisar- za della Cattedrale – sia sulla base dell’esistenza di ne meglio la cronologia oltre un generico riferimen- strutture, forse in opera quadrata o poligonale, viste to al III-II sec. a.C.37: si tratta comunque della fase nel XVII secolo in corrispondenza della parte poste- finale della decorazione in terracotta di un edificio riore della Chiesa, sia per il ritrovamento nell’area, in templare che, se verosimilmente è quello inglobato più occasioni, di elementi architettonici in calcare31, nel Duomo, fu poi ricostruito in pietra, come indica- quali rocchi di colonna, basi e cornici modanate32. no gli elementi architettonici lapidei sopra ricordati. A conferma di questa ipotesi disponiamo ora di Ricordiamo, inoltre, per completezza, anche la ulteriori elementi, rappresentati da alcuni materiali presenza di un’antefissa (molto consunta) con pal- rinvenuti nel riempimento della cisterna sotterranea. metta e delfini laterali, ascrivibile ad un tipo datato Tra i più significativi si segnalano un piccolo all’inizio del I sec. d.C.38, che potrebbe appartene- frammento di sima con strigilature concave, due an- re anche alla decorazione di un edificio privato. Va tefisse frammentarie raffiguranti la Potnia Theròn33 attribuito inoltre ad età imperiale un frammento di ed alcuni frammenti di un altorilievo in terracotta, scultura in marmo, di cui si conserva solo parte di probabilmente pertinenti alla decorazione frontona- un piede che indossa un calzare aperto, con strisce le, orientativamente databili al III-II sec. a.C. I fram- di pelle che avvolgono il piede, raccordate sul dorso menti per identità di materiale e tecnica sembrano ad un striscia più larga e ricadenti a laccio sui due senza dubbio riconducibili allo stesso altorilievo: ne lati della caviglia, che possiamo ritenere pertinente restano un frammento di panneggio, un frammento ad una statua colossale di imperatore o di un impor- raffigurante una mano sinistra femminile che stringe tante magistrato39 (fig. 13). un panneggio, elemento che conserva anche parte Nelle ultime righe conclusive è forse opportuno del fondo attraversato da un lungo foro per il fissag- tornare sul dato particolarmente interessante dell’u- gio, ed infine una parte della base 34 (fig. 12). Questa, so della tecnica edilizia - opera a telaio ed opera a frammentata nella parte anteriore, mostra un alto graticcio - nelle strutture venute in luce nel saggio di plinto suddiviso all’interno in scomparti cavi di for- scavo nella piazza, che consente forse qualche consi-

29 A Veroli, inoltre, l’ambiente voltato assume una funzione 34 Alt. mass. cm 34; largh. mass. cm 44, 5. pratica di raccolta dell’acqua. 35 Gli scomparti interni al plinto sono forse funzionali ad alleg- 30 Si rinvia in proposito a D’Alessio 2007, in part. 426-430, con gerire il peso dell’altorilievo; un simile plinto articolato all’inter- riferimenti. no in scomparti cavi è presente nel settore con figura femminile 31 Quilici-Quilici Gigli 1998, 203-206, con riferimenti alla bi- appoggiata ad un’erma del frontone di Tivoli al Museo Grego- bliografia precedente. riano Etrusco (datato alla fine del III-prima metà del II sec. a.C.: 32 Cornice in calcare a profonda gola, larga cm 67 e alta cm cfr. Pairault-Massa 1985, 90-92): Andrén 1939-40, tav. 114, II:1, 22, trovata insieme al blocco con iscrizione di Paquius (Quilici- n. 403, 371; Roncalli 1983, 28, n. 5, figg. 9-10 (con datazione alta Quilici Gigli 1998, fig. 47); due rocchi di colonne lisce di calcare alla seconda metà del IV sec. a.C.). Simili cavità all’interno della (diam. cm 89) incorporate nelle murature moderne dell’ambien- base presenti negli altorilievi dello Scasato di Falerii sono stati te sotto il Comune; reperti trovati in piazza Palestrina negli anni interpretati anche in funzione del passaggio di un’asta per col- ‘20 del ‘900 (cornice d’angolo e rocchio di colonna riutilizzati nel legare parti diverse della decorazione e per assicurarne il fissag- monumento sulla piazza ed un altro rocchio di colonna rimasto a gio in modo più sicuro che non solo attraverso i chiodi: Comella lato della aiuola) e nel 1998 (blocchi di calcare di opera quadra- 1993, 304. ta, rocchi di colonne lisce, blocchi di lastricato): Quilici-Quilici 36 Si può richiamare a confronto la posa della figura femminile Gigli 1998, fig. 65. del frontone di Tivoli appena ricordata a nota 27. 33 I due esemplari, nonostante il pessimo stato di conserva- 37 Gli esigui frammenti verolani, in particolare, ricordano zione, sembrano riferibili rispettivamente al tipo “arcaistico” e nell’insieme, tra gli altri, lo schema e lo stile del frontone del al tipo “classicistico”, ambedue ben attestati lungo le direttrici tempio A di Ardea, loc. Le Salzare, per il quale si veda Rossi dell’espansione romana, soprattutto a partire dal III e per tut- 2009 e Rossi 2016. to il II sec. a.C.: per il tipo “classicistico” cfr. Andrén 1939-40, 38 Per il tipo, con palmetta a sette petali con estremità a spira- CCXXX; sulla tipologia di queste antefisse Strazzulla 1987, 353, li chiuse volte all’interno, si rinvia a Pensabene-Sanzi Di Mino e, più di recente, Känel 2001, 35-36 e Rous 2009; per il Lazio 1983, tipo 155, in particolare 1-2, 218-224, tavv. CIII-CV. meridionale, Frölich-Nicosia 2016, 72. Rispetto alla tipologia più 39 È possibile richiamare a confronto, ad esempio, la calzatura diffusa questi esemplari rappresentano delle varianti, con diffe- della statua seduta in trono di Nemi in cui è stato riconosciuto renze in particolare nel trattamento del panneggio della tunica, l’imperatore Caligola: vd. Ghini 2012, 280; Ghini G. in Coarelli- verosimilmente dovute alla produzione in officine locali. Ghini (eds.) 2013, 343-345.

106 VEROLI: INDAGINI NELL’AREA DEL FORO

Fig. 12. Veroli. Frammenti di altorilievo in terracotta. (foto M. Cerqua) derazione in più rispetto a quanto fin qui sintetica- ridionale, risulta sostanzialmente appartata e lontana mente proposto. dalle principali vie di comunicazione nord/sud. L’i- Sia l’una che l’altra sono tecniche molto diffuse in potesi più verosimile è dunque quella di immaginare area campana e in Italia meridionale40. la presenza a Verulae di maestranze campane, le quali A Pompei l’opera a telaio è ormai riferita alla pri- utilizzarono modi costruttivi che erano loro propri e ma fase di costruzioni, come la casa di Amarantus che padroneggiavano con sufficiente esperienza. o la casa del Naviglio, che si collocano nell’ambito Difficile rintracciare i possibili canali che portaro- del III sec., soprattutto la seconda metà41. Tuttavia i no queste maestranze campane a lavorare in questa muri di Veroli presentano i pilastri portanti piuttosto città: il dossier epigrafico verolano è davvero molto distanziati ed i setti intermedi con cortina di scapoli scarso e le fonti letterarie sono sostanzialmente ava- medio-piccoli, analoga all’opera incerta, caratteristi- re sulle vicende di questo centro, sicché conosciamo che queste che sembrano deporre per una cronologia veramente poco della società e delle famiglie locali in più avanzata42. epoca medio e tardo-repubblicana per poter formu- Questo settore urbano di Veroli, di importanza lare ipotesi fondate. primaria nell’ambito della città, rappresenta dunque Disponiamo in realtà soltanto di alcuni indizi di un esempio significativo di quel processo di speri- legami familiari ed economici tra la città ed il territo- mentazione ed elaborazione di nuove tecniche edili- rio circostante e l’area più meridionale, che tuttavia zie e nuove soluzioni progettuali che furono adottate si riferiscono ad un periodo più tardo, il I sec. a.C. nel Lazio e in Campania nel tardo ellenismo per ri- disegnare l’aspetto architettonico delle aree urbane. La città, per quanto posta in una situazione de- centrata e con un ruolo apparentemente secondario nelle vicende storiche della tarda repubblica, sembra così partecipare pienamente alla cultura architetto- nica ed alle innovazioni tecniche del Lazio del calca- re (come dimostrano la sostruzione in poligonale di quarta maniera bugnata e la cisterna sotterranea in cementizio), ma, per motivi non facili da individuare, recepisce anche alcuni suggerimenti delle tecniche più in uso nella confinante area meridionale cam- pana, che portano ad utilizzare, persino in un’area pubblica, una sorta di mescolanza fra opera incerta iniziale e opus africanum o opera a graticcio. E’ il caso di sottolineare come tale tecnica costrut- tiva, analoga a quella ben nota nell’area campana, sia finora sostanzialmente sconosciuta nel Latium vetus e adiectum43; è ancora più sorprendente che sia pre- sente in una zona che, sia pure situata nel Lazio me- Fig. 13. Veroli. Frammento di scultura in marmo (foto Autore).

40 In generale per queste tecniche edilizie si rinvia a: Adam 42 Peterse 1999, 49-63; Peterse 2007, 374-7. 1984, 129-135; Fernandez 2006, 27-31; Di Luca-Cristilli 2011; 43 Murature a telaio litico, ma di un tipo specifico limitato all’am- Camporeale 2013, con bibliografia precedente. bito locale, sono note in Etruria: cfr. Camporeale 2013, 198-201. 41 Sul problema vd. Pesando 2013, in part. 117-121; inoltre Pe- terse 1999.

107 SANDRA GATTI

Il quattuorviro verolano C. Paquius44 del I sec. sedimenti in ciascuna delle due città, tanto rilevanti a.C. ha un gentilizio che è una nota e rara variante da garantirne l’accesso nella classe dirigente locale48. del nomen Paccius o Pacuvius di origine osca; tale va- Secondo M. Cébeillac-Gervasoni, inoltre, gli unici riante è ben attestata da personaggi di rilievo a Histo- quattro magistrati di Veroli conosciuti di epoca tar- nium, a Pompei e ad Alifae45. do-repubblicana, noti con tre gentilizi (Mussius, Pa- Inoltre risulta di particolare interesse il fatto che quius, Tillius), sono tutti presenti nell’onomastica dei verso la metà del I sec. a.C. nella tomba 17 OS di trafficanti con l‘Oriente49, per i quali la Campania, ed Porta Nocera a Pompei sono sepolti i membri di in particolare Puteoli, doveva costituire un punto di tre generazioni della famiglia dei Tillii (equites)46: il riferimento essenziale; questi contatti possono aver nonno, il figlio con sua moglie e i loro due figli, che giocato un ruolo importante nella realizzazione delle divennero ambedue tribuni militari. Si tratta di un imprese edilizie della città, tenuto conto della stretta C. Tillius Rufus, originario di Arpinum, che per due connessione esistente in età tardo repubblicana fra volte fu duoviro, poi edile ad ed augure a Ve- committenza, appalti, produzione e del controllo at- roli; la moglie era una Fadia, appartenente dunque tuato dai detentori del potere economico su proget- ad una famiglia di rango equestre, anche questa della tisti e maestranze50. zona di Arpino. Uno dei due figli, Caius Tillius Ru- fus, fu anch’egli augure a Veroli. E’ stato ipotizzato che possa trattarsi quindi di personaggi immigra- SANDRA GATTI ti a Pompei, provenienti dalla nobilitas municipale Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’area di Arpino e Veroli, che si spostano da una per l’area metropolitana di Roma, la provincia di regione interna, economicamente più depressa, verso Viterbo e l’Etruria meridionale un’area costiera in pieno sviluppo47, o comunque, e [email protected] più probabilmente, di famiglie con consistenti pos-

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44 Mancini 1922, 252-254. di beni in ciascuna città tale da permettere l’accesso del padre e 45 Inoltre si conosce il senatore Q. Paquius Rufus, legatus di An- dei figli nella classe dirigente locale: Cébeillac-Gervasoni 1998, tonio nel 42 a.C. di patria ignota, forse proprio di Verulae: cfr. 50 e 189-193. Camodeca 2008, 63. 49 Cébeillac-Gervasoni 1998, 189-190. In realtà M. Giovagnoli, 46 Come attesta l’iscrizione: Caio Tillio Cai filio Cornelia Rufo che ringrazio per la cortese informazione, nel corso del suo patri duomviro iure dicundo bis aedili iure dicundo Arpini auguri studio per il dottorato di ricerca sulla prosopografia del Lazio Verulis (D’Ambrosio-De Caro 1983, 17 OS); Castrén 1975, 229, meridionale, ha accertato che l’iscrizione che ricorda un n. 410; cfr. anche Quilici-Quilici Gigli 1998, 219. 47 Castrén intervento edilizio eseguito a cura di C. Mussius L. f. (Giannetti 1975, 93. 4 1973, 480, N. 30; AE 1973, 196; CIL I, 2, 3101a; Panciera 1991, 48 Biundo 2000, 48; Salomies 1996, 46, ipotizza che la famiglia 379), databile alla metà del I sec. a.C., sarebbe in realtà da attri- sia originaria di Atina o forse di Venafro. Diversamente dall’ipo- buire a Cereatae Marianae (o ad Arpino) e non a Veroli. tesi di Castrén, M. Cébeillac-Gervasoni ritiene, in modo convin- 50 Su questo argomento si rinvia a Barresi 2007; D’Alessio cente, che sia meglio pensare a famiglie con proprietà terriere de- 2010, in part. 57-58; D’Alessio 2014, 22. tenute contemporaneamente nei diversi centri, con una quantità 108 VEROLI: INDAGINI NELL’AREA DEL FORO

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109 Prime acquisizioni nell’area dell’anfiteatro di Formia (Latina)

Nicoletta Cassieri – Claudia Angelelli

Nella primavera del 2011 sono stati avviati i lavori dall’Aurigemma2 circa il rinvenimento di ruderi, con di delimitazione del sito dell’anfiteatro romano di ogni probabilità pertinenti all’edificio ludico, inter- Formia1, monumento assai poco noto e mai ogget- cettati negli anni Cinquanta del secolo scorso duran- to di indagini specifiche, di cui però si era supposta te la realizzazione di una strada di collegamento tra l’esistenza in base all’osservazione delle foto aeree e via Lavanga, che ricalca il tracciato dell’Appia intra della planimetria catastale (fig. 1). L’ipotesi era ul- moenia, e la stazione ferroviaria; a quelli si aggiun- teriormente avvalorata da stringate notizie riportate gono altri elementi murari antichi inglobati in una

Fig. 1. Catasto urbano di Formia (1976), f. XII. Dettaglio relativo alla zona dell’anfiteatro

1 Cenni in Cassieri 2013, 111-112; Cassieri 2014, 22, fig. 9. 2 Aurigemma – Bianchini – De Santis 1955, 29-30.

111 NICOLETTA CASSIERI - CLAUDIA ANGELELLI cantina e in un giardino annesso a un adiacente ca- indizi fin qui citati, nessun altro elemento utile ci è seggiato moderno. D’altra parte l’esistenza di un edi- pervenuto, né attraverso le fonti letterarie o la tradi- ficio anfiteatrale nel florido municipium romano di zione erudita locale, né attraverso la toponomastica, Formia era ipotizzabile sulla base di alcune iscrizioni, assenza che lascia presumere una scomparsa precoce la prima delle quali è un titulus pictus pompeiano di e forse anche repentina dell’edificio, con conseguen- età claudio-neroniana (CIL IV, 1184), che annun- te perdita della memoria topografica. cia un combattimento a Formiae della nota familia Tuttavia sulla base di queste esigue notizie il mo- gladiatoria di Festius Ampliatus, forse svoltosi in un numento si trova correttamente posizionato dalla anfiteatro poiché nel testo viene esplicitamente men- bibliografia6 nella depressione a valle della stazione zionata la presenza di vela per proteggersi dal sole3. ferroviaria, corrispondente ad una zona immediata- A questa si aggiungono altri due documenti epigrafi- mente suburbana a nord-est dell’abitato antico (fig. ci: la base onoraria CIL X, 6090, dedicata durante la 3), ancora libera da costruzioni e facilmente raggiun- piena età adrianea a L. Villius Atilianus che fu curator gibile sia via mare, sia tramite la viabilità principa- muneris publici gladiatori4, e una seconda, scoperta le: posizione per altro strategica anche per motivi di nel 1921, incisa su una base di statua eretta in onore ordine pubblico, considerato il grande richiamo che di C. Clodius Hilarus (fig. 2), potente liberto che – in gli spettacoli spesso esercitavano nei territori conter- segno di gratitudine per il bisellium che gli era stato mini. conferito – fu editor di un munus gladiatorio verso la metà del II secolo5. Tuttavia, ad esclusione dei pochi

Fig. 3. Formia, stralcio del catasto urbano attuale con posiziona- mento delle strutture dell’anfiteatro.

Il progetto di un’indagine preliminare è stato av- viato con fondi della Provincia di Latina, a seguito dell’acquisizione da parte della medesima di alcuni terreni collocati su quote sfalsate tra la stazione, vi- colo Anfiteatro e via Lavanga, coincidenti con una porzione significativa del sedime dell’edificio antico. Tale meritoria iniziativa è stata dunque finalizzata in primo luogo ad evitare usi impropri di questo settore dell’abitato, fino ad oggi fortunosamente scampato a moderni interventi edilizi, grazie a un vincolo mi- nisteriale di tutela apposto nel 1953 e ulteriormente rafforzato e ampliato nel 1997. Già nelle prime fasi dei lavori è stato possibile mettere in evidenza, sul limite nord dell’area peri- metrata, i resti di quattro ambienti radiali adiacenti, denominati A, B, C, D (fig. 4). I vani, a pianta tra- pezoidale, sono costruiti in opera mista, con am- morsature ed elementi portanti in laterizio oppure Fig. 2. Iscrizione con dedica a C. Clodius Biselliarius (Museo Ar- cheologico Nazionale di Formia, esterno). in opera mista formata da un filare di blocchetti di

3 Sabbatini Tumolesi 1980, 68-69, n. 31. 6 Golvin 1988, 252, 258; Tosi 2003, 67-68, tav. II, 45 (entrambi 4 Fora 1996, 119, n. 16; Cassieri 2013, 30-31, n. 7. con bibl. preced.); Zucca 2000, 58. 5 Fora 1996, 119-120, n. 17; Cassieri 2013, 30-31, n. 7.

112 PRIME ACQUISIZIONI NELL’AREA DELL’ANFITEATRO DI FORMIA (LATINA)

Fig. 4. Formia, anfiteatro. Gli ambienti radiali (A-B-C-D) individuati nel corso della pulizia preliminare. calcare alternato a due filari di laterizi, e specchiature monte in “giardino pensile”. La realizzazione di tale in opera reticolata con cubilia di cm 7-9 di lato. Le muraglione, nel quale sono stati reimpiegati alcuni strutture – in parte riutilizzate come sostruzioni di un blocchi parallelepipedi antichi, risale probabilmente agrumeto – sono risultate emergenti dal terreno per al XVIII secolo, come suggerito, oltre che dalle ca- alcuni metri di altezza, ma soltanto per il tratto più a ratteristiche tecnico-costruttive, da alcuni frammenti ridosso del pendio. In particolare, il vano A appariva ceramici inglobati nel nucleo murario7 (N.C.). completamente interrato fino al culmine della volta, Nel corso degli stessi lavori sono stati individua- mentre i vani B, C e D erano ancora praticabili; que- ti, sul limite nord-ovest dell’area, i resti di altri due sti ultimi presentavano segni evidenti di rimaneggia- ambienti radiali contigui (F e G), larghi circa m 3,50 menti di età post-classica, che tuttavia avevano alte- (fig. 5). Conservati per un’altezza superiore all’im- rato solo in parte le strutture murarie antiche, ancora posta della volta di copertura, ancora ben visibile, ben apprezzabili già dopo una pulizia sommaria. Tali entrambi i vani risultavano colmati fin quasi alla interventi, consistenti in tamponature e fodere, sono sommità da una sequenza stratigrafica, depositatasi collegati al riutilizzo dei vani come locali di servizio, verosimilmente in epoca antica, formata da sedimen- quasi certamente avvenuto in concomitanza con la ti limo-argillosi mescolati a materiale edilizio, che costruzione del lungo muro di contenimento munito sigillavano uno spesso strato di crollo contenente, di contrafforti, individuato sul limite nord-ovest del oltre a porzioni di nucleo murario, anche numerosi cantiere e connesso alla trasformazione dell’area a blocchi parallelepipedi e schegge lapidee di grandi

Fig. 5. Formia, anfiteatro. Gli am- bienti radiali (F e G) rinvenuti sul li- mite nord-ovest dell’area di cantiere.

7 Si tratta di due frammenti combacianti di orlo e vasca di sco- XXXVIII, 449-451, piuttosto diffuso nel pieno XVII, con esten- della in maiolica monocroma bianca caratterizzata da orlo a tesa sione fino al XVIII secolo. e riconducibile indicativamente al gruppo Ricci 1985, 321, tav.

113 NICOLETTA CASSIERI - CLAUDIA ANGELELLI dimensioni. Tali interri – originariamente contenuti suddetti ambienti, un tratto dell’ambulacro interno dal muraglione moderno (v. supra) in questo punto (praecinctio) del monumento (H): quest’ultimo risul- crollato – sono stati soltanto regolarizzati, ma non tava immettersi nel vano A, nel quale si poteva così scavati, principalmente per motivi statici, ma anche identificare, anche per l’ampiezza maggiore rispetto per non pregiudicare il mantenimento dello strato di agli altri ambienti radiali, uno degli accessi princi- intonaco bianco che ne rivestiva le pareti, visibile in pali dell’anfiteatro, quello posto all’estremità nord sezione fino all’imposta della copertura. dell’asse maggiore dell’ellisse. Resti di due ulteriori Data la consistenza e il grado di conservazione ambienti pertinenti all’anello più interno dell’edi- dell’insieme dei resti riportati in luce, si è deciso di ficio – forse un piccolo vano-scala (I) con ingresso approfondire lo scavo nel settore antistante agli am- dall’ambulacro e un altro vano non accessibile (L) bienti radiali (A-B-C-D), allo scopo di verificare da – sono stati individuati al limite sud dell’area scavata. un lato l’estensione delle strutture antiche verso la Per motivi di carattere tecnico si è ritenuto opportu- probabile arena, dall’altro la quota del piano di cal- no concentrare i saggi di scavo soltanto in tre punti, pestio antico. ossia nell’ambiente B, nell’ambulacro H e nell’in- L’indagine archeologica ha avuto in un primo gresso A, con l’obiettivo di rintracciare le quote di momento carattere estensivo (fig. 6), con il risultato calpestio interne dell’edificio. di evidenziare – subito al disotto dello strato di hu- L’ambiente B, ripartito trasversalmente in due mus – buona parte del perimetro dei vani B, C, D; vani (B-B1) da un setto murario in reticolato, è stato nell’ambito della stessa operazione sono stati inoltre svuotato completamente del suo riempimento, ma rinvenuti una porzione di un ulteriore vano radiale per ragioni di sicurezza soltanto nella porzione sud (E), quasi del tutto obliterato dalla sovrapposizione (B1)8. Qui lo scavo ha in primo luogo accertato la pre- di strutture successive, e, immediatamente a sud dei senza, ad un livello più superficiale, di uno spesso

Fig. 6. Formia, anfiteatro. L’area oggetto di indagine al termine dei lavori (foto aerea).

8 Nella metà settentrionale del vano l’interro non è stato asporta- pertura, qui ancora parzialmente conservata, pur se con evidenti to anche per permettere un più agevole allestimento delle opere problemi statici. provvisionali necessarie a garantire la stabilità della volta di co-

114 PRIME ACQUISIZIONI NELL’AREA DELL’ANFITEATRO DI FORMIA (LATINA) strato di demolizione (US 1, con frammenti di malta, (figg. 7-8), dove però lo scavo è stato sospeso ad una di laterizi e cubilia) giacente in corrispondenza della profondità media di circa m 1,50 dal piano di cam- quota di rasatura delle strutture antiche, che ne ri- pagna senza poter giungere alla quota di calpestio sultavano in parte coperte9: questo indizio permette antica, a causa dell’affioramento di una falda idrica. di confermare quanto già ipotizzabile sulla base di La parziale rimozione degli interri che colmavano un’analisi d’insieme dei resti murari antichi, che ap- l’ambiente ha consentito di riportare in luce per oltre parivano chiaramente troncati e regolarizzati sia in un metro di altezza l’elevato delle strutture, ancora in verticale sia in orizzontale, a documentare – almeno parte ricoperte di intonaco bianco, che mostravano in questo punto – una demolizione intenzionale. La con chiarezza la quota d’imposta della volta di coper- formazione di tale strato, riscontrato in tutto il set- tura, oggi perduta. Sulla parete sud dell’ambulacro tore indagato, è con ogni probabilità connesso alla si apriva, in prossimità dell’intersezione con il vano trasformazione dell’area in “giardino” avvenuta nel A, l’accesso al piccolo ambiente I, mentre nessuna corso del XVIII secolo10 e si ricollega verosimilmente apertura è stata riscontrata sulla parete opposta. In agli interventi di consolidamento osservati negli am- questa però si conserva – in corrispondenza del vano bienti antichi e precedentemente descritti, ai quali C ma fuori asse – una nicchia rettangolare (larga cir- appartiene anche la tamponatura della porta sul lato ca m 1,80 e profonda cm 30), anch’essa rivestita d’in- est. tonaco bianco, con pareti in opera mista di laterizi e Per il resto – come si avrà modo di vedere anche più blocchetti di calcare, sormontata da un arco a tutto avanti – la sequenza stratigrafica ha evidenziato sol- sesto in laterizi. tanto depositi limo-argillosi con poco materiale edi- Anche all’interno di questo saggio, come nel con- lizio e ceramico dilavato (UUSS 2-4)11, di formazione tiguo vano B1, è stata evidenziata una successione di verosimilmente naturale, che coprivano un piano di strati a matrice limo-argillosa, alcuni dei quali con- calpestio in terra battuta (US 5), interpretabile, per tenenti una maggiore quantità di materiale edilizio, quota di giacitura, come il livello di frequentazione proveniente dal crollo e/o disfacimento delle strut- dell’ambiente12. ture antiche e dei relativi rivestimenti. Tali deposi- Una stratigrafia con caratteristiche simili ma mol- ti, di spessore, composizione e consistenza variabili, to più articolata si è potuta osservsare anche all’in- presentavano tutti profilo orizzontale o lievemente terno del breve tratto di ambulacro indagato (H)13 declive in senso nord-sud14, come si nota bene nelle sezioni di scavo. Una situazione del tutto diversa è stata invece individuata in prossimità e in corrispondenza dell’in-

Fig. 7. Formia, anfiteatro. L’ambulacro H nel corso degli scavi (vi- Fig. 8. Formia, anfiteatro. Ambulacro H e area dell’ingresso al ter- sta da sud). mine dello scavo (vista da nord-est).

9 Questo strato, in cui si distinguevano varie gettate, è proba- schegge di calcare, misti a carbone e radi frammenti ceramici bilmente da mettere in relazione con la moderna sistemazione (nessuno dei quali identificabili). “a verde” dell’area: ad esso si sovrapponeva infatti uno spesso 13 Si veda in proposito la nota successiva. strato di terreno ortivo (US 100). 14 Le UUSS 114=134 e 131=142 – giacenti a quota inferiore e di 10 V. supra, nota 7. cui si dirà in dettaglio più avanti (v. infra) – apparivano sigillate 11 L’US 3 in particolare – l’unico strato contenente materiale da uno strato US 122=129=133 (spess. cm 40-60), di colore mar- artificiale – ha restituito, oltre a pochi materiali edilizi, anche due rone verdastro (Munsell 4/ 10YR “brown”) e consistenza molto frammenti di pareti di olla aquaria, genericamente ascrivibili ad compatta, contenente sporadici materiali edilizi. A questo depo- epoca medievale. sito, che mostrava superficie superiore orizzontale (e coincidente 12 Caratterizzato da superficie orizzontale e sovrapposto alla grosso modo con la quota d’imposta della volta dell’ambulacro), risega di fondazione del muro perimetrale ovest dell’ambiente si sovrapponeva uno strato sottile e compatto, con superficie bat- (USM 6), questo strato, di colore rossiccio (Munsell 4/4 5YR tuta e composto da argilla e “granuli” di calcare (US 120), forse “reddish brown”), era composto da argilla, sabbia, piccole interpretabile come livello di frequentazione, di poco precedente

115 NICOLETTA CASSIERI - CLAUDIA ANGELELLI gresso A (fig. 9) dove, inglobati in un cospicuo strato che un’ulteriore osservazione e cioè che l’anfiteatro, argilloso (US 114 = 134)15, sono stati messi in eviden- nel momento in cui fu messo definitivamente fuori za numerosi blocchi di calcare, lisci e modanati, gran- uso ed obliterato, probabilmente conservava ancora di lastre marmoree, una base ed alcuni frammenti di in buona parte integri sia gli elevati, sia gli apparati fusti di colonne di marmo cipollino e greco scritto decorativi. (alcuni dei quali rinvenuti anche nel riempimento del L’importante risultato conseguito in questa prima piccolo vano I)16. Anche se la quota di giacitura ab- campagna di scavo ha spinto l’anno successivo ad bastanza superficiale di tali materiali, emersi ad una approfondire l’indagine proprio nell’area dell’ingres- profondità media di circa m 1 dal piano di campagna, so settentrionale (fig. 10): qui un ulteriore saggio ha fa pensare più ad una concentrazione creatasi per permesso di rintracciare la quota pavimentale anti- cause naturali (dilavamento/trascinamento dovuti a ca (fig. 11), costituita da un lastricato omogeneo in flussi di debris flow provenienti dal pendio retrostan- pietra calcarea bianca (US 139), formato da lastre di te), resta comunque significativo il fatto che siano diversa lunghezza disposte a giunti sfalsati e in fila- stati rinvenuti tutti in corrispondenza dell’ingresso ai ri paralleli orientati lungo l’asse di percorrenza del fini della ricostruzione delle fasi post-antiche. vano. Al disopra della pavimentazione, rinvenuta in La quantità degli elementi architettonici lapidei otimo stato di conservazione, è stata individuata una scoperta già in questa fase preliminare consente an- sequenza stratigrafica composta – a partire dall’alto

Fig. 9. Formia, anfiteatro. L’area dell’ingresso al termine dello scavo (vista da sud-est).

alla formazione dell’US 1 (=124: v. supra) e dunque probabil- 16 A questi si può aggiungere anche il nucleo di materiali ar- mente di età moderna. chitettonici (blocchi di calcare interi e frammentari e parte di 15 Omogeneamente diffuso sia nell’area dell’ingresso, sia un fusto di colonna in cipollino) recuperati – ad una quota più nell’ambulacro (H) e nei vani con esso comunicanti (I) Il depo- superficiale, subito al disotto dell’humus e dell’US1 (v. supra) – sito, spesso circa cm 40-50, presentava consistenza compatta ed dallo scavo delle UUSS 110 e 132 (area dell’ingresso A), entram- era composto da terra marrone (Munsell 4/3 7.5YR “brown”) bi di formazione antropica e riconducibili, in base alla posizione mista a schegge di calcare, frammenti di malta e sporadici laterizi. stratigrafica, ad epoca moderna.

116 PRIME ACQUISIZIONI NELL’AREA DELL’ANFITEATRO DI FORMIA (LATINA)

Fig. 10. Formia, anfiteatro. Sezione nord-sud dei resti murari portati in luce fino al 2012 (rilievo AION s.n.c.).

– dalla US 14217, dal battuto US 13618 e da un sottile duati a quota superiore, più che ad una concentra- deposito di limo (US 138) con sporadici inclusi fittili zione casuale, sembra più logico pensare o ad un fluitati (tra cui alcuni minuti frammenti di anfore e accumulo intenzionale, che documenterebbe un’atti- di sigillata africana D), probabilmente identificabi- vità di spoliazione in corso e interrotta da un evento le come strato di abbandono. A quanto risulta dallo improvviso, oppure a un crollo vero e proprio. scavo, tuttavia, la spoliazione del monumento fu sol- Purtroppo la parzialità dell’indagine, sia in ampiezza tanto avviata ma non portata a termine. Infatti l’am- che in profondità, non permette di prendere posizio- pliamento dell’indagine – purtroppo limitato – nella ne in favore dell’una o dell’altra ipotesi; sembra co- porzione più a sud dell’ingresso e anche oltre il pe- munque assai probabile che le membrature architet- rimetro dell’anello più interno (individuato dai vani toniche appartengano all’originaria decorazione di I e L) ha consentito di evidenziare, al limite est, un questo settore del monumento. A tale proposito ri- altro tratto del muro del podio, che in questo punto sulta di particolare interesse l’analisi stilistica dell’u- conservava ancora parte dei blocchi di coronamen- nico capitello finora rinvenuto, di tipo corinzio asia- to, e una più cospicua concentrazione di elementi tico e databile fra gli ultimi decenni del III e i primi architettonici, prevalentemente lastroni e blocchi di del IV secolo (fig. 12)19, che potrebbe costituire l’in- calcare parallelepipedi, fusti di colonne marmoree dizio di un intervento tardoantico. Peraltro una vi- (cipollino, greco scritto, bigio antico e proconnesio) talità edilizia in quest’epoca, in precedenza del tutto e anche un capitello corinzio (C.A.). sconosciuta, comincia a trovare riscontro, oltre che Per tali materiali, diversamente da quelli indivi- nei contesti pubblici, anche nell’architettura privata

17 Lo strato (=115=131), coperto dalla US 114 (v. supra), pre- pietra, forse collegata alla spoliazione delle strutture antiche, poi- sentava spessore cospicuo (cm 50-55) e consistenza molto com- ché esso risultava coprire anche il nucleo cementizio 137 (visto patta. Esso risultava composto prevalentemente da nuclei di solo in parte sul limite ovest del saggio, ma verosimilmente in conglomerato, sporadici frammenti laterizi e ciottoli (provenien- situ ed interpretabile come soglia o gradino), già privato del suo ti dal disfacimento delle strutture murarie circostanti), misti a rivestimento. poca terra argillosa marrone rossiccio (Munsell 4/3 5YR “red- 19 L’aderenza delle foglie di acanto al kalathos, con l’unione dish brown”). ormai completata delle fogliette della corona di base a formare 18 Composto da terra marrone giallastra scura (Munsell 4/6 figure geometriche e con quelle della seconda corona più sem- 10YR “reddish brown”) mista ad una notevole quantità di picco- plificate, i caulicoli di ridotte dimensioni, le volute piatte e sottii le schegge di calcare e di marmo, frammenti fittili e, più raramen- sono alcuni degli elementi ricorrenti nei capitelli di questo perio- te, ceramici, lo strato, caratterizzato da profilo superiore conves- do: a titolo esemplificativo, tra i tanti, si vedano due esemplari so e superficie battuta (con frustuli di carbone), è probabilmente del Museo Nazionale Romano (MNR 1/7, 378, tav. XII, 12; Id. da interpretare come il risultato di un’attività di lavorazione della 1/8, 404, tav. VIII, 41.

117 NICOLETTA CASSIERI - CLAUDIA ANGELELLI

Fig. 11. Formia, anfiteatro. La pavimen- tazione a lastre evidenziata nell’area dell’ingresso. di Formiae, come dimostra il caso della grande villa Jones)23 e di supporre la presenza di un terzo anello di Gianola20, che nello stesso periodo viene arricchita di ambienti radiali e, di conseguenza, di un secondo con ritratti e sculture tuttora in corso di studio. deambulatorio più esterno. Nessuna ipotesi invece si In conclusione, va ricordato che uno degli obietti- può formulare sull’elevato, per il quale possediamo vi principali del progetto è stato quello di accertare lo solo pochi ed incompleti indizi, né riguardo alle vie sviluppo planimetrico dell’edificio, la sua reale consi- d’accesso al monumento, certamente condizionate stenza e le sue possibili trasformazioni e utilizzi post- dalle caratteristiche plano-altimetriche del sito so- antichi, anche per calibrare gli interventi futuri21. Per prattutto nel lato nord, addossato al pendio collinare. questo motivo le attività di scavo sono state integrate In assenza di assicurazioni circa l’ordinaria manu- da indagini geofisiche, affidate a un’équipe congiunta tenzione degli scavi e considerata la problematica della British School at Rome e dell’Università di Sou- thampton, al duplice scopo di stabilire dimensioni approssimative e caratteri strutturali dell’edificio, e di definire meglio i potenziali problemi di conserva- zione delle strutture esistenti22. Per l’indagine è stato utilizzato un georadar agganciato ad un sistema di coordinate fissato con stazione totale, suddividendo l’area in due parti, approssimativamente corrispon- denti all’arena (quella inferiore) e alla cavea (quella superiore). I risultati delle prospezioni, rielaborati anche sulla base dei dati preliminari di scavo, hanno permesso di ipotizzare un tipo di planimetria basata sulla composizione geometrica “triangolo equilatero e cerchio inscritto” (secondo la tipologia di Wilson Fig. 12. Formia, anfiteatro. Capitello corinzio di tipo asiatico dall’area dell’ingresso in fase di scavo.

20 Cassieri 2016. proposta (Quilici – Quilici Gigli 2007, 289-290, 61) in base alla 21 Sotto questo aspetto le acquisizioni aprono prospettive di lettura delle mappe catastali, all’osservazione di fotografie aeree ricerca molto promettenti, tanto più che l’area non sembra es- e a presunti e occasionali ritrovamenti murari avvenuti in pas- sere stata occupata da edificazioni successive come di frequente sato durante lavori edilizi. Per una sfortunata circostanza anche accade nelle città con continuità di vita. Pensiamo, per esempio, l’anfiteatro di Minturnae è riconoscibile solo indirettamente in all’analogo edificio ludico di Terracina, ubicato in località Are- una depressione ellissoidale del terreno evidente nelle foto aeree, ne, di cui il Lugli poté a malapena descrivere le scarse strutture dal momento che sul sito, ubicato a sud della via Appia, è stato superstiti che oggi giacciono sotto i fabbricati moderni (Lugli realizzato il cimitero militare britannico. 1926, 140, n. 85), oppure a quello della vicina Fondi dove, in 22 La relazione delle indagini geofisiche è stata redatta da Elisa- un’area residuale libera da costruzioni presso via Mola della Cor- beth Richley. Si ringrazia per la collaborazione la British School te, a nord-ovest del centro urbano, una decina di anni fa, durante at Rome e, in particolare, il suo direttore dell’epoca, prof. Chri- saggi di scavo preventivi richiesti dalla Soprintendenza, sono tor- stopher Smith. nate in luce alcune fondazioni dell’anello esterno dell’anfiteatro 23 Wilson Jones 1993. che consentono di confermare l’esatta ubicazione dell’impianto

118 PRIME ACQUISIZIONI NELL’AREA DELL’ANFITEATRO DI FORMIA (LATINA) gestione della falda acquifera, è stata inevitabile la forse non molto tempo dopo la cessazione delle sue decisione di rinterrare i resti al fine di assicurarne la funzioni ludiche. Una situazione stratigrafica analo- conservazione: le indagini, di estensione assai limitata ga a quella dell’anfiteatro, caratterizzata da spessi de- rispetto alle dimensioni presumibili del monumento, positi limo-argillosi, è stata d’altronde documentata hanno comunque offerto elementi di indubbio inte- anche in altri punti della città, come ad esempio a resse e, al contempo, suscitato interrogativi cui solo valle del Palazzo Comunale, nello scavo dell’impo- una prosecuzione delle ricerche, sia pure circoscritta, nente complesso su più livelli posto sotto piazza del- potrà dare risposta. la Vittoria, forse a testimonianza di uno o più eventi L’insieme dei dati fin qui raccolti permette tut- calamitosi, che interessarono buona parte delle città tavia almeno due osservazioni. La prima riguarda la d’Italia – e con ogni probabilità anche Formia – nella datazione del monumento, i cui caratteri tecnico-co- parte finale del VI secolo24 (N.C.)*. struttivi sembrano orientare verso l’età giulio-claudia o poco oltre, in suggestivo accordo, peraltro, con la cronologia della citata iscrizione pompeiana. La se- NICOLETTA CASSIERI conda osservazione riguarda le vicende dell’abban- Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dono del sito con ogni probabilità avvenuto – anche per le province di Frosinone, Latina e Rieti in considerazione della particolare posizione dell’edi- [email protected] ficio parzialmente appoggiato al declivio naturale – a seguito di fenomeni naturali (smottamenti, alluvioni CLAUDIA ANGELELLI ecc.) che ne determinarono il rapido seppellimento, independent researcher [email protected]

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24 Paul. Diac., hist. Long., III, 23-24. rettore dei lavori Architetto Luciano Di Troia per la disponibilità * Si ringrazia l’Amministrazione Provinciale di Latina e il Di- dimostrata nel corso del cantiere.

119 PULCHERRIMA MENSA

NOTE SULL’ALIMENTAZIONE NELL’ANTICHITÀ ATTRAVERSO RECENTI SCOPERTE

Risorse alimentari e aspetti rituali della comunità eneolitica di Pantano Borghese (Montecompatri, Roma): l’analisi archeozoologica della fase 4

Micaela Angle – Flavio Altamura – Daniela Mancini – Beatriz Pino Uría Andrea Sebastiani – Antonio Tagliacozzo

1.Introduzione est di Roma. I livelli eneolitici sono stati rinvenuti nel corso di indagini archeologiche preventive finalizzate Il sito eneolitico di Pantano Borghese si trova sulle all’edificazione di un parcheggio multipiano adiacente propaggini settentrionali dei Colli Albani, un rilievo all’omonima stazione della Metro C. Tra il 2008 e il di origine vulcanica posto a pochi chilometri a sud- 2011 uno scavo estensivo (mq 1500 ca.) ha portato in

Fig. 1. Pantano Borghese. Planimetria della fase 4 di frequentazione eneolitica (rilievo A. Ottati).

123 M. ANGLE - F. ALTAMURA - D. MANCINI - B. PINO URÍA - A. SEBASTIANI - A. TAGLIACOZZO luce resti di un abitato e numerose sepolture relative ben attestata nel Lazio centro-meridionale, con la ad una fase avanzata dell’Eneolitico. L’analisi dei presenza di limitate produzioni ceramiche riferibili resti materiali, infatti, ha permesso un’attribuzione alla facies Gaudo. Diverse datazioni assolute al delle testimonianze alla facies culturale di Laterza, radiocarbonio confermano una frequentazione del

Fig. 2. Pantano Borghese. Planimetria della fase 4 di frequentazione eneolitica con ingombro delle strutture abitative e indicazione delle sepolture e fosse rinvenute (rilievo A. Ottati).

124 RISORSE ALIMENTARI E ASPETTI RITUALI DELLA COMUNITÀ ENEOLITICA DI PANTANO BORGHESE sito tra il 2880-2570 e il 2500-2270 BC (cal. 2 sigma), resti di animali domestici deposti nei pressi delle se- indicando una significativa continuità di vita nel polture. Infine, nella porzione orientale dello scavo, corso del III millennio a.C.1 uno scheletro completo di canide è stato rinvenuto Nel sito, oltre a testimonianze di epoca romana all’interno di una grande fossa. e dell’età del Bronzo, è infatti stata rinvenuta una Le analisi archeozoologiche effettuate hanno per- complessa sequenza stratigrafica relativa all’Eneoli- messo la comprensione delle modalità di produzio- tico: sono state documentate cinque distinte fasi di ne, trattamento e consumo delle risorse alimentari frequentazione, caratterizzate da resti di abitazioni e di origine animale, destinate all’uso quotidiano e alla strutture, aree di cottura, lavorazione e “butto”, se- sfera rituale. polture e deposizioni di animali domestici2.

Fig. 3. Pantano Borghese. Quantificazione dei reperti osteologici in numero di resti (NR).

Le testimonianze archeologiche raccolte nel cor- 2.Analisi del campione faunistico: la fase 4 dell’abitato so delle indagini hanno consentito di delineare l’e- conomia di sussistenza della comunità eneolitica di Il campione, complessivamente, è composto da Pantano Borghese. In particolare, in questa sede si 2624 resti, dei quali è stato possibile determinare riportano i risultati preliminari relativi alla fase 4 di tassonomicamente il 58%, pari a 1522 reperti, pro- frequentazione (figg. 1-2), indagata in estensione e venienti da diversi contesti (strati di frequentazione, quindi maggiormente significativa nell’ottica della capanne, strutture, focolari). Sono documentati solo ricostruzione delle abitudini alimentari. mammiferi, con una presenza, quasi esclusiva, di taxa Sul piano di frequentazione (US 649), impostato domestici. L’unica testimonianza di fauna selvatica è su uno strato a matrice argillo-sabbiosa, sono state il cervo (US 649), presente con tre resti di palco, che rinvenute almeno due strutture abitative di forma el- tuttavia non sono direttamente indicativi di attività littica, parzialmente delimitate da pietrame e piani di cinegetica, in quanto possono essere risultato di at- calpestio. Nell’abitato sono presenti numerosi punti tività di raccolta. Lo stato di conservazione del cam- di fuoco e di cottura, nonché aree destinate ad atti- pione non è buono, dal momento che diversi fattori vità specifiche. In questa fase risulta notevole anche post-deposizionali hanno provocato l’erosione delle la concentrazione delle testimonianze funerarie: sono superfici ossee, rendendone fragile anche la struttu- state individuate quattordici sepolture ad inumazio- ra. La scarsità di tracce di macellazione registrate nel ne in fossa (tombe 1-12, 14, 16), tra le quali una de- campione potrebbe essere proprio il riflesso dell’in- posizione bisoma (tomba 12), posizionate perlopiù tensa alterazione delle superfici. nella porzione meridionale e orientale dell’area di Sono inoltre presenti alcuni elementi d’industria indagine. Cinque piccole fosse, inoltre, contenevano in materia dura animale.

1 Angle - Mancini 2010; Angle et al. 2010; Angle et al. 2012; 2 Angle et al. c.s. Angle et al. 2015.

125 M. ANGLE - F. ALTAMURA - D. MANCINI - B. PINO URÍA - A. SEBASTIANI - A. TAGLIACOZZO

La distribuzione dei reperti, in base al Numero rapporto di 3:1 a favore della prima nel conteggio de- dei Resti (NR), non è omogenea tra i diversi contesti, gli individui. Numerosi sono anche i resti di bue che con significative differenze quantitative. raggiungono una percentuale di quasi il 40%, men- Considerando tutti i contesti dell’area abitativa tre più scarsi sono quelli del maiale (13,6%). Sono (fig. 3), per quanto riguarda il rapporto tra taxa eco- presenti anche 9 resti di cane appartenenti ad almeno nomicamente più importanti (ovicaprini, bue e maia- 4 individui adulti. le), prevalgono gli ovicaprini sia in base al conteggio Dal punto di vista della composizione anatomica, dei resti (NR 44,5%), sia nel calcolo degli individui ad eccezione del cane, rappresentato principalmente (NMI3 56,5%) (figg. 4-6). In minor misura i resti di da resti craniali, per le altre specie sono presenti tutte bue (NR 39,8%, NMI 27,5%), che attestano un rap- le porzione scheletriche. Nel bue e negli ovicaprini porto abbastanza equilibrato con il taxon preceden- predominano gli elementi appendicolari e craniali. te. Per il maiale è da sottolineare una maggiore presenza Tra gli ovicaprini sono stati determinati sia la pe- di elementi craniali (mandibole e denti isolati). cora sia la capra. Il maiale (13,5% NR) e il cane (2% Per quanto riguarda l’età di abbattimento4 (fig. NR) sono le specie meno rappresentate. Dal punto 4), negli ovicaprini predominano le classi apparte- di vista della composizione anatomica, nei contesti nenti agli individui subadulti (63%), in particolare analizzati i taxa sono testimoniati da tutte le porzioni giovani (6-12 mesi) e giovani-adulti (1-2 anni), ma scheletriche. L’analisi preliminare suggerisce che l’in- sono ben rappresentati anche gli individui adulti

Fig. 4. Pantano Borghese (US 649). Distribuzione delle classi di età dei principali taxa domestici. tera carcassa degli animali fosse macellata all’interno (circa il 40%). Diversa è la modalità di abbattimento dell’abitato. per il bue, indirizzata prevalentemente verso gli im- I resti indeterminati sono rappresentati princi- maturi (85,7%) (fig. 4). I resti di maiale, più scarsi, palmente da frammenti di mesomamiferi (40,6%) non consentono un’esatta valutazione nelle modalità e riflettono le proporzioni già viste per gli elementi di sfruttamento, ma si nota un certo equilibrio tra gli determinati, cioè la prevalenza delle specie di taglia individui immaturi (un giovane e due giovani-adulti) media. In questa categoria gli elementi più rappre- e gli adulti (due maggiori di 2 anni). sentati sono i resti appendicolari (54%) e craniali, in Tracce di macellazione sono state riscontrate in particolare i denti (quasi il 25%). alcuni resti di bue (NR 34) e ovicaprini (NR 8). Sono presenti strie, perlopiù riferibili ad azioni di disarti- colazione della carcassa, localizzate soprattutto nelle 3.Il piano di frequentazione US 649 epifisi di metapodiali, omero e ossa tarsali (astragalo, centrotarsale). Dal piano di frequentazione della fase 4 (US 649, fig. 1) provengono 1594 resti ossei dei quali è stato identificato il 62% (fig. 3). Da questa US è stato re- 4.Le strutture dell’abitato cuperato il 60,7% del campione faunistico pertinen- te all’area dell’abitato. Tra gli animali domestici pre- Sul piano di frequentazione US 649 sono state dominano i resti degli ovicaprini (45,5%), tra i quali individuate due capanne (capanna 1 e 2), una strut- sono stati identificati sia la pecora sia la capra con un tura litica (struttura 4) e diverse aree di combustione

3 Il Numero Minimo degli Individui è stato calcolato utilizzando 1982; Grant 1982; Hillson 1986) e la fusione epifisaria dello il metodo proposto da Bökönyi 1970. scheletro appendicolare (Bruni - Zimmerl 1951; Silver 1969; 4 La stima dell’età è stata calcolata in base all’usura e la Barone 1976). sostituzione dentaria (Payne 1973; Payne 1987; Bull - Payne

126 RISORSE ALIMENTARI E ASPETTI RITUALI DELLA COMUNITÀ ENEOLITICA DI PANTANO BORGHESE

(figg. 1-2). Un calcagno di maiale è l’unico reperto di que- La Capanna 1, esposta nei qq. H11-14, I10-12, sta struttura che presenta tracce di macellazione. Si G12-14, era una struttura ellittica orientata nord- tratta di strie relative alla disarticolazione di questo ovest/sud-est, con dimensioni totali di m 18 x 8 ca. elemento dell’arto posteriore. La porzione nord-occidentale dell’abitazione conser- La Capanna 2 è stata esposta nei quadrati C-E vava un piano pavimentale costituito da pietrame e 8-11; ha una forma ellissoidale con orientamento minuti frammenti ceramici, ben costipati a formare est-ovest, una lunghezza di circa 14 metri e una lar- un’area con una superficie di circa 20 mq. Sull’ac- ghezza di 10 metri (fig. 7a). I limiti della struttura ciottolato (US 650) sono stati rinvenuti numerosi re- sono chiaramente leggibili a sud, est e ovest, mentre sti faunistici, ceramici e industria litica. La porzione a nord sono stati indagati solo parzialmente. Il mar- sud-orientale della struttura era invece delimitata da gine occidentale della capanna è ben delimitato da un accumulo semicircolare di pietre e numerosi re- un battuto in cinerite vulcanica, frantumata in pezzi perti ceramici e faunistici (UUSS 671, 1145-1147), al di dimensioni eterogenee, alloggiati in piano e ben quale si affiancava, sul lato nord, una sistemazione di compattati (US 743). La sistemazione in cinerite ha

Fig. 5. Pantano Borghese (Capanna 1). Distribuzione delle classi di età dei principali taxa domestici. pietrame di forma semi-circolare (US 722). Lo spazio una lunghezza di circa 7,50 metri e una larghezza me- interno della struttura abitativa era caratterizzato da dia di 1 metro, con un chiaro andamento curvilineo un battuto di terra ricco di materiali archeologici e che ripropone verosimilmente il perimetro dell’ab- pietrisco. side occidentale sul lato corto della capanna (fig. Il campione faunistico della Capanna 1 è compo- 7b). Sulla struttura in cinerite vulcanica, infatti, sono sto da 222 resti dei quali il 60,3% appartengono a stati riconosciuti gli alloggiamenti di numerosi pali resti determinabili (fig. 3). Il rapporto tra le specie perimetrali di diverse forme e dimensioni, spesso di- domestiche, in base al NR, è simile a quanto visto sposti a coppie e concentrati in tre raggruppamenti. precedentemente per i taxa di maggiore sfruttamento Ogni concentrazione di pali presenta una o più cop- economico, ma con un maggior equilibrio tra ovica- pie di alloggiamenti, interpretabili come i resti di un prini (NR 38,6%) e bue (NR 37,3%). Sorprenden- sistema costruttivo basato su un palo portante e uno temente per un’area di abitato, i resti di maiale sono di sostegno. meno numerosi di quelli di cane (rispettivamente NR Lo spazio interno della Capanna 2 è poi suddivi- 8,9% e NR 14,9%), quest’ultimo rappresentato però sibile in due metà ben caratterizzate. La metà occi- da un unico individuo, che potrebbe costituire il resi- dentale è formata da un battuto di terra contenente duo di una sepoltura sconvolta, o i resti di un anima- frammenti di cinerite e reperti archeologici. La metà le morto nell’area della capanna dopo l’abbandono orientale è invece interessata da un elaborato piano della stessa. di calpestio (fig. 7c), ottenuto con la costipazione di Per quanto riguarda la composizione anatomica pietrisco, piccoli frammenti ceramici e altri elementi si sottolinea l’assenza di elementi assiali (costole e di scarto; a diretto contatto della superficie erano pre- vertebre) negli ovicaprini e nel maiale, mentre i resti senti anche resti faunistici e frammenti di industria appendicolari rimangono i più rappresentati. litica (US 809). Nel complesso, questa sistemazione Tra gli ovicaprini (fig. 5) si nota una leggera pre- ha una forma ellittica con orientamento sud-ovest/ valenza di individui adulti (NMI 4) rispetto a quelli nord-est, una lunghezza di 10 metri e una larghezza di età inferiore ai 2 anni (NMI 2), mentre sono uguali di 5,50 metri. I margini del pavimento sono perfet- i valori per immaturi e adulti nei bovini. Per quanto tamente leggibili a sud e ad est, dove probabilmente riguarda il maiale la scarsità di dati, un solo individuo era delimitato dagli elementi strutturali dell’alzato, adulto, non permette di valutare un’ipotetica modali- mentre ad ovest, verso il centro dell’ambiente inter- tà di sfruttamento. no, i materiali hanno subito una maggiore dispersio-

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Fig. 6. Pantano Borghese (Capanna 2). Distribuzione delle classi di età dei principali taxa domestici ne. Sul piano di calpestio sono stati portati in luce tassonomicamente il 55,1% dei reperti (fig. 3). Ad due vasi frammentari, nonché un punto di fuoco e eccezione del cane, assente, i pricipali taxa domestici diverse aree di concotto e dispersione carboniosa. sono presenti in proporzione inversa rispetto alle al- Dalla Capanna 2 provengono 571 resti di fauna tre strutture analizzate. In base al NR nella struttura dei quali sono stati determinati tassonomicamente il 4 predominano i bovini (NR 43,2%) sugli ovicaprini 47,2%. Il rapporto tra le diverse specie domestiche (33,1%), ma, considerando come parametro il NMI, conferma la tendenza già osservata negli altri conte- entrambi presentano gli stessi valori (NMI 4) (fig. 8). sti (fig. 3). Quantitativamente (figg. 3, 6) si verifica Il maiale continua ad essere la specie meno rappre- una costante prevalenza dei resti di ovicaprini (NR sentata e quindi meno sfruttata nel sito (NR 23,7%, 50%, NMI 66,6%) più accentuata in questa capanna NMI 4). rispetto alla precedente se confrontata con i resti di Dal punto di vista della composizione anatomica bue (NR 39,3%, NMI 26,6%). Il maiale, tra gli ani- sono presenti nei taxa tutte le porzioni scheletriche. mali di interesse economico-alimentare, continua ad Nel bue e nel maiale predominando gli elementi essere quello meno utilizzato. appendicolari e craniali, mentre per gli ovicaprini Nella rappresentazione anatomica, sebbene siano la rappresentazione scheletrica tra resti craniali e presenti elementi di tutte le porzioni scheletriche, si appendicolari è abbastanza equilibrata (rispettiva- notano tuttavia alcune particolarità. Al contrario di mente 20 e 18 NR). quanto osservato precedentemente, negli ovicaprini Per quanto riguarda l’età di abbattimento (fig. 8) e nel bue predominano le porzioni craniali seguite il campione sul quale è stato possibile fare la stima è da quelle appendicolari. È da considerare che questi più esiguo. Per gli ovicaprini e il maiale il rapporto elementi, ben determinabili per la loro caratteristica tra individui subadulti e adulti è uguale, mentre per struttura ossea, probabilmente portano a stimare in i bovini predomina la classe degli adulti (> 36 mesi). eccesso la presenza di questa regione anatomica. Tracce di macellazione sono state riscontrate solo Per quanto riguarda l’età di abbattimento degli in un centrotarsale di bue che presenta strie riferibili ovicaprini (fig. 6), nel rapporto tra individui adul- alla disarticolazione di quest’elemento dell’arto po- ti e subadulti spiccano nettamente gli adulti (70% steriore. NMI), valori che si riscontrano anche per il bue Sul piano di frequentazione della fase 4 sono stati (75% individui adulti). Il maiale è presente con un individuati 24 punti di fuoco5, di cui cinque all’inter- unico individuo adulto. no delle strutture abitative, comprendenti focolari, Rare sono le tracce di macellazione riscontrate nel concotti, aree di dispersione carboniosa e un forno campione. Si tratta di un frammento di metacarpo e di piccole dimensioni. In genere le aree di combu- un frammento di bacino che presentano strie riferibi- stione hanno una forma ellittica o sub-rettangolare li a disarticolazione. e un unico caso presenta una delimitazione litica; le La struttura 4 (US 651), di forma sub-circolare, è misure sono comprese tra un minimo di m 0,10 e un stata individuata nei quadrati G16-17 e copre un’a- massimo di m 1,30. rea di mq 6 ca. (fig. 1). Si tratta di un accumulo di Solo tre punti di fuoco hanno restituito reperti pietrame di piccole e medie dimensioni caratteriz- faunistici (UUSS 735, 746 e 1102). zato dalla presenza di numerose macine e macinelli, Le faune recuperate sono molto esigue e non frammenti ceramici, fuseruole e ossa animali. forniscono elementi sufficienti per poter ricavare in- Il campione faunistico di questa struttura è com- formazioni più specifiche riguardo a questo tipo di posto da 214 resti, dei quali sono stati determinati strutture. Le tracce di combustone esibite dalle ossa

5 Si riportano solamente i dati relativi allo scavo estensivo, ad esclusione dei sondaggi stratigrafici.

128 RISORSE ALIMENTARI E ASPETTI RITUALI DELLA COMUNITÀ ENEOLITICA DI PANTANO BORGHESE

Fig. 7. Pantano Borghese. La Capanna 2: a. vista complessiva da sud; b. particolare della sistemazione in cinerite; c. particolare del piano pavimentale in corso di scavo (foto F. Catracchia). sono molto eterogenee e nel medesimo contesto sono 5.Analisi del campione faunistico: le offerte animali stati recuperati resti con evidenze di una combustio- della fase 4 ne completa o parziale, insieme ad altri senza tracce di esposizione al fuoco. Nella porzione sud-orientale dell’area di scavo, in Nell’US 735 è stato individuato un radio di bue prossimità dell’area sepolcrale, sono state individuate e una scheggia indeterminata di macromammifero. 5 piccole fosse contenenti resti faunistici (UUSS 716- Nessuno di questi elementi presenta tracce di com- 717, 731-732, 1218-1121, 1188-1189, 1190-1191) e bustione. Nell’US 746 (NR 15) sono stati determi- una deposizione di ovicaprino all’interno della tom- nati 5 elementi di bue (2 frammenti di mandibola e ba 7 (US 700). 3 frammenti di elementi appendicolari), 1 frammen- I riempimenti hanno restituito sia carcasse con al- to di mandibola di ovicaprino e 4 resti di maiale (3 cuni elementi in connessione sia singole porzioni di frammenti di cranio e un frammento di omero), oltre animali probabilmente dello stesso individuo, non- a 5 schegge indeterminate. Tracce di combustione ché frammenti ossei di diversi elementi e taxa (figg. sono presenti in 6 reperti (1 frammento di cranio di 1-2, 9). maiale, 2 frammenti di mandibola di bue e 3 schegge All’interno della tomba 7 (US 700), appartenen- indeterminate). te ad una donna adulta, sono state rinvenute diverse Infine, nell’US 1102 sono presenti 1 molare su- porzioni appendicolari di ovicaprino riferibile ad un periore di bue e 2 schegge indeterminate, una delle individuo giovane-adulto (<2 anni). Sono presenti, quali combusta. principalmente, gli elementi dell’arto anteriore (sca- pola, omero, radio-ulna in connessione) mentre sono

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Fig. 8. Pantano Borghese (Struttura 4). Distribuzione delle classi di età dei principali taxa domestici. più rari quelli dell’arto posteriore (un solo femore) e tenenti, forse, ad un unico individuo di bue di età dello scheletro assiale (alcune costole e una porzione indeterminata. Non sono stati evidenziati elementi di sacro). Non sono state individuate tracce di macel- anatomici in connessione e sono presenti resti di cra- lazione o combustione. nio, frammenti di costole e vertebre e alcuni elementi La fossa US 731, di forma ovale e di medie dimen- appendicolari (ad es. tibia, astragalo, calcagno, falan- sioni (0,50 x 0,40 m) è stata individuata nel q. E 15, a gi). Nessun resto presenta tracce di macellazione o ovest della Tomba 6 contenente un infante di 2-3 anni combustione. di età. Al suo interno (US 732) sono state individuate La fossa US 717 si trova a sud-est della Tomba porzioni di una carcassa di un vitello appartenenti ad 5, ha forma sub-ellittica con orientamento nord-sud un individuo di circa 5-6 mesi di età (giovanissimo). e misura m 1 x 0,70. Il campione recuperato al suo Alcuni elementi erano ancora in connessione (ad es. interno (US 716) è costituito da ossa frammentarie tibia e malleolare destro). Il cranio si presentava ca- (NR 14) di ovicaprini e maiale. I resti di ovicaprini povolto e conservava i mascellari con le serie dentarie (NR 9) appartengono ad un solo individuo giovane- (d2-M1 in eruzione), mentre la mandibola era assen- adulto (1-2 anni) e sono rappresentati da frammenti te. Per quanto riguarda gli arti, questi sono incom- craniali (mandibole, 1 premolare d4 inferiore), assia- pleti (assenti, ad esempio, i femori), ma comunque lo li (frammenti di costola, vertebra toracica e lomba- scheletro appendicolare è rappresentato da almeno re) e appendicolari (frammenti di radio, metacarpo, un elemento. Sono presenti anche alcuni frammenti metatarso). Il maiale (NR 5) è rappresentato quasi di costola e di vertebre. Nessun elemento anatomico esclusivamente da resti craniali (ad eccezione di un presenta tracce di macellazione o combustione. frammento di sterno). È stato calcolato un unico in- La fossa US 1191, di forma ellittica con orienta- dividuo tra 1-2 anni (giovane-adulto). Nessun resto mento est-ovest, misura cm 30 x 25 ed è stata messa in presenta tracce di macellazione o combustione, no- luce nel q. F 13. Nel riempimento (US 1190; fig. 10) nostante l’elevata quantità di carboni attestati all’in- è stata rinvenuta una probabile carcassa completa di terno della terra di riempimento della fossa. una pecora di circa 3-4 anni di età (adulta). Sono pre- La fossa US 1121 di forma sub-circolare (m 0,92 senti quasi tutti gli elementi dello scheletro, alcuni x 0,85) è posizionata nel q. D 14. Alla sommità del- di loro ancora in connessione (ad esempio nell’arto lo strato era presente un circolo di pietre di medie anteriore l’omero e il radio). Mancano o sono incom- dimensioni, abbastanza regolare, con un risparmio pleti, invece, alcuni elementi dello scheletro assiale e centrale circolare di cm 30 di diametro. Nel riem- delle estremità degli arti (sesamoidi, falangi). Da no- pimento (US 1218) sono stati raccolti frammenti tare, nell’arto posteriore, che entrambi i due astragali ossei appartenenti a bue, ovicaprino e maiale. Sono presentano tracce di macellazione. Si tratta di piccole stati analizzati 32 resti, dei quali 20 sono schegge in- strie trasversali e parallele riferibili, probabilmente, determinabili. Per il bue (NR 6), rappresentato da alla disarticolazione di questa porzione dell’arto. un unico individuo adulto, sono stati determinati Non è da escludere che queste stigmate siano per- elementi craniali (2 resti di cranio, 1 frammento di tinenti ad azioni di spellamento: è in genere a livello corno e molare M1/M2 superiore) e appendicolari (1 tarsale, infatti, che si incide fortemente la pelle per frammento di ulna, 1 falange). Per quanto riguarda ricavare uno spazio nel quale inserire uno strumento gli ovicaprini (NR 5) sono ugualmente presenti fram- (canna?) con cui soffiare aria per staccare la pelle dai menti craniali (mandibole e 1 molare M1/M2 inferio- tessuti sottostanti. re) e appendicolari (frammenti di tibia e metatarso). La fossa US 1189 ha una forma ellissoidale con È stato calcolato un unico individuo giovane tra 6-12 orientamento nord-est/sud-ovest, misura cm 48 x mesi. Rari invece sono i resti di maiale (1 unico fram- 18 ed è stata messa in luce nel q. F 13, nei pressi mento craniale) appartenente ad un individuo del della tomba 16. Le ossa (NR 21) recuperate nel ri- quale non è stato possibile determinare l’età. Nessun empimento della fossa (US1188; fig. 10) sono appar- resto presenta tracce di macellazione o combustione.

130 RISORSE ALIMENTARI E ASPETTI RITUALI DELLA COMUNITÀ ENEOLITICA DI PANTANO BORGHESE

Fig. 9. Pantano Borghese. Deposizioni di resti faunistici (rilievi A. Ottati).

131 M. ANGLE - F. ALTAMURA - D. MANCINI - B. PINO URÍA - A. SEBASTIANI - A. TAGLIACOZZO

6.La deposizione di cane variare a seconda del contesto di provenienza. La presenza degli adulti indicherebbe un interesse rivol- Nei quadrati C-D 14 è stata messa in luce una fos- to (oltre all’utilizzo della carne) verso i prodotti se- sa sub-ellittica di m2 x 1 e profonda cm 40 (UUSS condari; la presenza di giovani e subadulti suggerisce 1141-1142) che ha restituito, oltre ad una grande l’impiego di questi animali anche nella produzione quantità di fauna appartenente a macromammiferi, di carne di qualità. Per i bovini il rapporto tra indivi- una sepoltura di cane nella porzione sud-occidentale dui adulti (più di 36 mesi) e immaturi è relativamente (figg. 1-2, 9-10). equilibrato (così come per il maiale), quindi l’utilizzo La carcassa di cane si trovava in connessione ana- del bue poteva essere orientato sia verso il consumo tomica. Lo scheletro, appartenente ad un individuo carneo sia verso i prodotti secondari. adulto di piccola-media taglia, era sepolto sul fianco Un discorso molto diverso può invece essere af- sinistro con gli arti posteriori retratti mentre gli ante- frontato in merito alle deposizioni animali in fossa. riori erano flessi e incrociati. Nello scheletro sono as- Queste, infatti, sono state rinvenute nell’area dedica- senti parte della porzione vertebrale dorso-lombare e ta alle sepolture umane, mentre, in un caso (US 700), caudale e alcune ossa delle estremità degli arti (ad es. porzioni di un ovicaprino erano state intenzional- sesamoidi e alcune falangi). Non sono state riscon- mente deposte nella tomba 7. trate tracce di macellazione in nessuno degli elemen- Si tratta quindi di una consuetudine concentrata ti anatomici. Un’altra deposizione di cane con simili nello spazio e reiterata nel tempo, che può verosimil- caratteristiche è stata trovata nella fase 26. mente essere ricondotta a un ambito di tipo ritua- Nel riempimento della stessa fossa sono stati le, ovvero rimandare a una tipologia di azioni con le raccolti anche frammenti ossei (perlopiù frammenti quali si intendeva comunicare o manipolare la sfera appendicolari) di diversi taxa. Sono presenti resti di del soprannaturale. bue (NR 12) appartenenti ad almeno due individui Chiaramente è ad oggi impossibile ricostruire il adulti, 2 resti di maiale e 3 resti di ovicaprino an- sistema delle credenze della comunità eneolitica di che’essi riferibili ad animali adulti. Pantano Borghese e le stesse azioni rituali saranno Deposizioni di cane sono già testimoniati in altri state caratterizzate, anche all’epoca, da una comples- contesti eneolitici dell’Italia centrale7. sa polivalenza semantica e funzionale. Sulla scorta degli esempi storici ed etnografici, infatti, le offerte (incruente) e i sacrifici (cruenti, ovvero che prevedo- 7.Conclusioni no l’immolazione della vittima) possono rivestire una vasta serie di significati rivolti sia alla sfera sovrauma- I dati archeologici provenienti dai livelli di fre- na (comunione, espiazione, dono o restituzione della quentazione della fase 4 del sito di Pantano Borghese risorsa alla divinità, affinché interceda positivamente riflettono un consolidato sistema di produzione eco- ad una richiesta o si mostri benevola), sia al mondo nomica di sussistenza, basato su uno sfruttamento di dei defunti9. È probabile, comunque, che i sacrifici si specie animali domestiche, e integrato da pratiche svolgessero secondo un insieme di azioni e norme co- agricole e frutti selvatici8. dificate, guidate da alcuni individui, che in base a cri- Per quanto riguarda l’allevamento, ovicaprini e teri di anzianità o vincoli parentali e lignatici avevano bovini sono le principali risorse di produzione e di un particolare status che consentiva loro di svolgere alimentazione, mentre il maiale, di esclusivo sfrut- un’attività di mediazione con il sacro. tamento carneo, risulta scarsamente rappresentato Alcune delle fosse rituali rinvenute a Pantano nel campione. Questi dati potrebbero essere inter- Borghese (UUSS 700, 732, 1188, 1190) potrebbero pretati come riflesso di un caratteristico modello di quindi essere interpretate come l’esito di sacrifici allevamento e sfruttamento. In merito all’età di ab- primiziali, cioè consistenti nell’immolazione e nella battimento gli ovicaprini mostrano complessivamen- consacrazione di un intero animale, le cui carni non te un certo equilibrio tra individui adulti (maggiori venivano consumate se non in minima parte dai cele- di 2 anni) e subadulti, sebbene questi valori possano branti, in quanto dedicate alle entità ultraterrene (es-

6 Pino Uría et al., c.s. del Curato - Via Cinquefrondi, Roma (Anzidei et al. 2007, 485- 7 La deposizione di cani in necropoli eneolitiche è un fenomeno 487), accanto alla tomba di un bambino, è stata rinvenuta una assai frequente in Italia centrale. Nella necropoli rinaldoniana di grande fossa circolare che conteneva la sepoltura di un cane Ponte San Pietro (Ischia di Castro - Viterbo: Miari 1993, 129- senza cranio, e un’altra sepoltura di cane è stata rinvenuta in 134; Miari 1994, 382) l’esempio più significativo è fornito dalla una grande fossa all’esterno di un grande recinto. Esempi di tomba della Vedova, dove furono rinvenute le ossa di un cane, tale usanza sono attestati anche nel Lazio meridionale (Fiore - probabilmente deposto a protezione della doppia sepoltura di Tagliacozzo 1997; Fiore - Tagliacozzo 2000), nonché in contesti adulti, nel vestibolo della cella. A Fontenoce/Area Guzzini di della facies del Gaudo in Campania. Recanati - Macerata (Cultraro 2005, 482-483) nella tomba 6 la 8 Angle et al. c.s. sepoltura di un bambino nei livelli superiori della cella viene 9 Ciattini 2005. associata a quella di un cane, presente nel vestibolo. A Osteria

132 RISORSE ALIMENTARI E ASPETTI RITUALI DELLA COMUNITÀ ENEOLITICA DI PANTANO BORGHESE

Fig. 10. Pantano Borghese. Deposizioni di resti faunistici: particolare delle UUSS 1188, 1190, 1142 (foto F. Catracchia). seri sovraumani o antenati). Il valore di questi sacrifi- suovetaurilia di epoca romana, contraddistinto da ci risiedeva proprio nella rinuncia ad una importante una finalità propiziatoria, catartica o apotropaica e risorsa: l’animale era sottratto al circuito economico, nel corso del quale potevano essere impiegati animali spesso in giovane età, impedendone di fatto il futuro adulti o giovani (hostiae maiores o lactantes/mino- sfruttamento in termini di carne, prodotti secondari res)10. e forza lavoro (nel caso dei bovini). La deposizione di cane rinvenuta nel riempimento Altre fosse, contenenti resti di differenti specie della fossa US 1142, invece, presenta un trattamento animali privi di connessione anatomica (ad esempio molto differente rispetto agli altri animali domesti- le UUSS 716, 1218), potrebbero invece testimoniare ci. Il corpo, infatti, era stato adagiato con cura e si riti differenti, come il consumo rituale svolto nella conservava integro e in connessione anatomica. Sulle cornice di un evento sacrale. In questi casi i cele- ossa non sono inoltre stati riscontrati segni di mani- branti avrebbero potuto consumare una parte degli polazione e macellazione e si può pertanto escludere animali sacrificati e dedicare altre porzioni alle entità uno sfruttamento dell’animale per scopi alimentari, sovraumane o agli antenati/defunti. In una delle fos- come invece attestato sporadicamente in altri siti se (US 1218), inoltre, la compresenza di ovicaprini, preistorici italiani11. bue e maiale, ricorda la composizione del sacrificio Le caratteristiche di questo contesto farebbero

10 Bendlin 2013. Si ricordano inoltre i simili riti sacrificali greco ed ebraico, cfr. Grottanelli 1988. diffusi in ambito mediterraneo, dal Vicino Oriente al mondo 11 De Grossi Mazzorin - Tagliacozzo 1997.

133 M. ANGLE - F. ALTAMURA - D. MANCINI - B. PINO URÍA - A. SEBASTIANI - A. TAGLIACOZZO piuttosto pensare ad una sorta di vera e propria se- MICAELA ANGLE poltura, anch’essa riconducibile ad un ambito ritua- Istituto autonomo Villa Adriana e Villa d’Este le o simbolico; l’evidenza insiste peraltro in un’area [email protected] dell’insediamento dotata di una connotazione sacra- le peculiare, in quanto destinata all’inumazione dei FLAVIO ALATMURA membri della comunità e allo svolgimento di riti. Dipartimento di Scienze dell’Antichità In Italia sono conosciuti numerosi esempi di se- Sapienza Università di Roma polture di cane, in contesti databili dal Neolitico [email protected] all’epoca romana, e molti di essi sono stati interpre- tati in chiave rituale. Già nelle fonti greche e latine, DANIELA MANICINI infatti, ai cani erano associati numerosi significati Ministero dell’Istruzione, dell’Università simbolici, riguardanti soprattutto riti di purificazio- e della Ricerca ne, fondazione e passaggio. In particolare, in virtù I.C. “P. Borsellino”, Montecompatri (Roma) della credenza di un loro legame con il mondo ul- [email protected] traterreno, questi animali erano strettamente legati anche col mondo funerario e sono stati posti in asso- BEATRIZ PINO URÍA ciazione con sepolture umane sin dalla prima epoca Museo delle Civiltà neolitica12. Museo Nazionale Preistorico Etnografico Da ultimo, si pone in evidenza come le sepolture “Luigi Pigorini”, Sezione di Bioarcheologia [email protected] umane si distribuiscano senza alcuna sovrapposizio- ne o interferenza tra loro o con le fosse con depo- ANDREA SEBASTIANI sizioni animali. È quindi verosimile che le strutture Direttore del Museo delle Culture “Villa Garibaldi”, presenti nell’area “sacralizzata” fossero riconoscibili (Roma) in superficie durante tutta la fase di utilizzo di questa [email protected] porzione dell’insediamento. ANTONO TAGLIACOZZO Museo delle Civiltà Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini”, Sezione di Bioarcheologia antonio. [email protected]

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12 De Grossi Mazzorin - Tagliacozzo 1997; De Grossi Mazzorin - Minniti 2002; De Grossi Mazzorin 2008.

134 RISORSE ALIMENTARI E ASPETTI RITUALI DELLA COMUNITÀ ENEOLITICA DI PANTANO BORGHESE

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135 Dagli allevamenti speciali alla tavola: testimonianze dalla Sabina antica

Giovanna Alvino – Francesca Lezzi – Francesca Santini

L’argomento dell’alimentazione nella Sabina antica Albano, ma anche a e persino a Carsioli4. è già stato in parte affrontato in due precedenti In questo contributo si vuole proporre un focus occasioni, da ultimo nella mostra, tenutasi presso su una categoria particolare di prodotti, quelli legati il Complesso del Vittoriano nel febbraio del 2013, ai cosiddetti allevamenti speciali. Questo tema per dal titolo “Verso il 2015. Cultura del cibo e identità la Sabina reatina risulta particolarmente delineabile italiana”, realizzata nell’ambito delle manifestazioni dall’analisi dei reperti rinvenuti nella villa dei Bruttii dell’Expo di Milano. Precedentemente era stato Praesentes, nel comune di Scandriglia (RI): l’analisi presentato nella mostra “Ritualità e cibo nella Sabina comparata dei dati archeologici e faunistici ha infatti antica”, manifestazione inserita nell’ambito della permesso di riconoscere precise rispondenze, come rassegna espositiva “Cibi e Sapori nell’Italia Antica”, vedremo, tra la cultura materiale e le notizie delle promossa dal MiBACT, negli anni 2004-20051. In fonti. quell’occasione il cibo, inteso come cultura, è stato analizzato sia in contesti di vita quotidiana sia in ambito rituale-funerario. “Il cibo è cultura quando si prepara”2 sottintendendo con questa espressione gli usi e le tradizioni di un popolo. Pertanto, il cibo non è solo nutrimento ma è un elemento coesivo delle comunità perché facilita il processo di socializzazione ed evidenzia non soltanto gli stili di vita e le strutture della società, ma influenza ed è influenzato dal territorio, collegandosi alle attività produttive. Come già ampiamente sottolineato, le variazioni del paesaggio della Sabina hanno condizionato i modi, le forme di insediamento e le strutture economiche3. Dal quadro generale emerge come da aree pianeggianti e collinari destinate principalmente alle colture cerealicole e arboree, quali l’olivo e la vite, si passa a territori montani in cui si sviluppano allevamento e pastorizia: unica eccezione nel panorama della Sabina interna è l’ampia e fertile piana Reatina. Approfondendo un poco la questione ed esami- nando le fonti, vediamo anche che la Sabina rientra tra quei territori che per la loro vicinanza a Roma sono considerati adatti allo sviluppo di fondi produt- tivi, nei quali veniva effettuata una produzione spe- cializzata destinata alla vendita, dando al proprietario redditi elevati. La Sabina non deve sembrare troppo lontana dal mercato dell’Urbe; infatti fondi produtti- Fig. 1. Veduta aerea della villa dei Brutti Praesentes a Scandriglia vi dello stesso Columella erano non solo ad Ardea o (RI) (Foto M. Letizia)

1 Alvino 2005. mente sottolineato in Montanari 2007. 2 Una “connotazione culturale accompagna il cibo lungo tutto 3 Alvino – Lezzi 2016. il percorso che lo conduce alla bocca dell’uomo” come ampia- 4 Kolendo 1994, 3.

137 GIOVANNA ALVINO - FRANCESCA LEZZI - FRANCESCA SANTINI

La Soprintendenza in collaborazione con il Co- ma è definita come allevamento di animali selvatici: mune di Scandriglia (RI) e con un’équipe di arche- dall’apicoltura, come ricorda Varrone che considera- ologi collaboratori, ha portato avanti a partire dalla va questa attività fonte di buon reddito anche per un fine degli anni ’90 un progetto di ricerca sulla villa fondo di dimensioni ridotte7, all’allevamento di par- romana dei Bruttii Praesentes, famiglia di rango con- ticolari mammiferi - ghiri e lepri - e uccelli - tordi ma solare, imparentata con la casa imperiale5 (fig. 1). Il anche colombi, galline e pavoni – alla coltivazione di progetto, articolato in attività di ricerca, di superficie fiori -viole e - ed alberi da frutto. Oltre al loro e cantiere scuola per studenti universitari, ha per- carattere spiccatamente commerciale, queste produ- messo con la messa in luce delle strutture, l’espres- zioni soddisfacevano un ristretto ed élitario giro di sione della dichiarazione di interesse dell’importante affari, in quanto rappresentavano generi di lusso che monumento. Ha inoltre fornito molteplici spunti di finivano sulle tavole dei più ricchi, i quali potevano ricerca, relativi sia a problematiche specifiche del permettersi prodotti costosi. sito, quali sviluppo e articolazione planimetrica, sia Se da una parte gli scavi di insediamenti permet- a questioni più generali, come l’inserimento del vasto tono sicuramente di recuperare - sotto forma di ossa edificio nel tessuto insediativo della zona, il suo rap- animali - quelli che sono i resti del cibo, le usanze cu- porto con la via Salaria che condizionò indubbiamen- linarie e i gusti alimentari degli abitanti, dall’altra tali te, soprattutto all’inizio, il suo legame con il grande siti consentono un’indagine su aspetti fondamentali mercato di Roma e i suoi cambiamenti in senso dia- come le risorse animali a disposizione, le produzioni, cronico. Seppure le attività di scavo sono sospese e le pratiche di allevamento e le attività commerciali ad le strutture reinterrate, per la loro conservazione, esse connesse. l’équipe di lavoro sta portando avanti il complesso Gli allevamenti speciali, nonostante compaiano studio dei numerosissimi materiali rinvenuti6. frequentemente nelle fonti letterarie antiche, sono Uno specifico filone di indagine vuole identifica- rimasti ai margini degli studi archeologici, in quanto re i legami verificabili tra le testimonianze materiali le strutture non sono sempre facilmente individuabi- e letterarie, collegando i reperti archeologici ai testi li, sia perché costruite in materiale deperibile come degli autori antichi. I risultati sono particolarmente mattoni crudi, legname e copertura straminea, sia in interessanti soprattutto nell’ambito dello studio dei quanto poco riconoscibili8. Anche nel caso della villa reperti faunistici. Infatti in relazione proprio a que- dei Bruttii Praesentes a Scandriglia, a tutt’oggi non è sto ambito si sono ottenuti risultati importanti, riu- possibile interpretare come parte di questi appresta- scendo a comparare ed integrare i dati di scavo con le menti nessuno dei resti strutturali rinvenuti. notizie ricavabili dalle fonti letterarie particolarmen- Al contrario, dai resti ossei animali, recuperati te abbondanti per la Sabina. durante gli scavi, si sono potuti distinguere gli alleva- Lo studio dei resti faunistici ha finora analizzato i menti speciali locali - ossia produzioni praticate nella materiali relativi agli strati di abbandono di contesti proprietà dei Bruttii Praesentes - e quelli di approvvi- riferibili alla fine del III d.C. Il campione analizzato gionamento, ovvero originari di altri luoghi che pre- può considerarsi rappresentativo quindi di questa vedevano uno scambio commerciale tra gli abitanti fase più tarda. della villa ed altre zone. Tra i primi si annotano gli L’economia rurale romana era basata su tre atti- allevamenti di tordi, chiocciole, lepri e ghiri; tra i se- vità principali: l’agricoltura, l’allevamento di bestia- condi gli allevamenti di ostriche, tordi di mare e altri me - consistente nelle tipiche fonti di carne quali molluschi bivalvi marini. gli ovicaprini, i suini e i bovini - e la produzione di I trattati di agronomia di Catone, Varrone, Co- generi alimentari di lusso -pastio villatica. Quest’ulti- lumella e Palladio9 e i testi sulle scienze naturali di

5 La villa si colloca nella IV Regio augustea, Samnium et Sabina, ticolare ai cittadini del Comune di Scandriglia e comuni limitrofi territorio entrato nell’orbita romana sin dall’inizio del III sec. il grande interesse archeologico della zona: Alvino 2000, Alvino a.C. e caratterizzato da un modello insediativo di tipo sparso per 2003, Alvino 2006. Il sito archeologico vede oggi musealizzati un intensivo sfruttamento del suolo. La villa, il cui impianto mo- alcuni dei reperti nella sezione archeologica del Museo Civico di numentale risale al I sec. d.C. sorge su una costruzione di epoca Rieti (inv. n. 96391 mattone bollato; inv. n. 96396 frammento di anteriore completamente cancellata dal nuovo edificio e rimane colonna scanalata in alabastro fiorito; inv. n. 112148 fiaschetta in abitata fino almeno alla fine del III secolo, quando le esigue stra- vetro; inv. n. 112149 bicchiere in vetro; inv. n. 112175 frammenti tigrafie conservate mostrano l’abbandono di alcune parti della di colonna a fusto liscio in giallo tigrato; inv. n. 112176 frammen- struttura. to di colonna a fusto liscio in verde antico; inv. n. 112197 fram- 6 Diversi contributi scientifici hanno visto la luce nel corso degli mento di colonna in fior di pesco; inv.n. 112213 base di colon- anni andando ad approfondire di volta in volta aspetti differenti: nina; inv.n. 118685 anellino in bronzo; inv.n. 118693 boccalino la villa in età romana (Bazzucchi – Lezzi 2006), la cultura mate- in ceramica comune; inv.n. 118700 pettine in osso; inv.n. 137773 riale (Lezzi 2007, Evangelisti et alii 1998), il contributo dell’ar- mattone bollato; inv.n. 137790 piccolo capitello di pilastro; inv.n. cheozoologia (Santini 2010, Bazzucchi et alii 2009), il passaggio 137791 base modanata in marmo frigio). dal tardoantico all’altomedioevo (Alvino – Lezzi 2008, Bazzucchi 7 Varro R.R. III, 16.10. 2005, Bazzucchi 2007, Lezzi 2019). La fattiva attività di studio ha 8 Marzano 2008, 252. inoltre permesso la realizzazione di alcune mostre finalizzate a 9 Catone, De Agri Cultura; Varrone, Rerum Rusticarum Libri far conoscere quanto più possibile al grande pubblico ed in par- Tres; Columella, De re rustica, Liber de arboribus; Palladio, Opus

138 DAGLI ALLEVAMENTI SPECIALI ALLA TAVOLA: TESTIMONIANZE DALLA SABINA ANTICA

to di vendita privilegiato e quasi esclusivo per tutte quelle produzioni che miravano a soddisfare i consu- mi di lusso, a partire dai prodotti freschi e a rapida deperibilità, come verdure, frutta e fiori, per passa- re al consumo di carni pregiate, come il pollame, il pesce e i ghiri. La Sabina rientra tra quei territori che, per la loro vicinanza a Roma, sono considerati adatti allo sviluppo di fondi produttivi, nei quali si effettuava una produzione specializzata destinata alla vendita. Nei fondi, come già accennato, esistevano due generi di allevamento: quello campestre e quello di fattoria13. L’allevamento di fattoria si articolava in tre branche: volatili, animali selvatici e pesci, rispetti- vamente allevati negli ornithones, nei leporaria e nelle piscinae. Nel primo gruppo erano compresi due tipi Fig. 2. Turdus philomelos tordo comune. Frammento distale di ti- di volatili: quelli legati al terreno come tordi, torto- bia sinistra – esemplare adulto (Foto F. Santini) re, pollame e pavoni, e quelli che richiedevano uno

10 specchio d’acqua, come oche e anatre. Anche tra gli Plinio il Vecchio , tramandano preziose informazio- animali del leporarium venivano distinti due tipi: uno ni sulla migliore gestione, sulle tecniche agrimensorie comprendente ad esempio cinghiali e lepri, l’altro e sulle migliori pratiche di allevamento dell’azienda api, chiocciole e ghiri. Nel gruppo delle piscinae si agricola. Ma il tema più importante è l’attenzione su distinguono allevamenti di pesci di acqua dolce e di come raggiungere alti livelli di produzione e quin- acqua di mare14. Proprio questi allevamenti di fatto- di ottenere la massima produttività e redditività dai 11 ria potevano rendere più da soli che un intero fun- praedia . La maggioranza di questi esempi riguarda dus15 e andarono acquistando sempre più importanza tenute situate in località vicine a Roma e nei dintorni, con il passaggio, durante il I sec.a.C., dalla frugalitas nelle quali si effettuava una produzione specializza- alla luxuria16. ta destinata alla vendita. Alcuni testi antichi sottoli- Come si vedrà, analizzando i dati archeologici e neano questa caratteristica economica dei fondi; ad quelli archeozoologici, risulta evidente che il sito del- esempio Columella, parlando degli allevamenti degli la villa dei Bruttii Praesentes si presta particolarmen- ovini, rimarca la differenza tra i normali allevamenti, te all’approfondimento della questione della pastio in cui i capi neonati si lasciavano al pascolo, e gli al- villatica. levamenti dei fondi produttivi, in cui questi venivano Dell’esistenza di una zona di allevamento di vo- direttamente macellati, essendo più pregiati perché 12 latili legati al terreno sono testimonianza i tanti resti nutriti solo con il latte materno . di polli. Il consumo di pollame è infatti molto ab- Roma, per la sua popolosità, costituiva un merca- bondante e riguarda principalmente individui adul-

Fig. 3. Conchiglie: a)Helicigona sp. comunemente detta lumaca b) Helix pomatia o vignaiola (Foto F. Santini)

Agriculturae. 12 10 Colum. r.r. VIII 3.13. Plinio il Vecchio, Naturalis Historiae. 13 11 Varro R.R. III, 2, 13. È proprio in questa ottica che questi autori parlano diffusa- 14 Varro R.R.III, 3.2-3. mente di possedimenti modello in grado di assicurare raccolti 15 Colum. r.r.VIII, 1,2. molto alti e considerevoli redditi ai loro proprietari. Kolendo 16 Varro. R.R.III, 3, 6 e 8 e 10. 1994.

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Fig. 4. Planimetria della villa dei Bruttii Praesentes a Scandriglia (RI). * indica l’ambiente dove è stato ritrovato il ghirario (Rilievo ed elaborazione grafica F. Lezzi) ti17 e giovani18, identificati dallo stato di fusione delle fatti, seppure molto comuni nelle stagioni di passo ossa. Degna di nota è la sola presenza, tra gli adulti, e non particolarmente cari24 - tanto da far crollare il di esemplari di sesso femminile, riconoscibili per la prezzo di mercato degli altri uccelli25 - fuori stagione mancanza della traccia dello sperone sui tarsimetarsi. erano molto rari e venivano venduti in corone da 10 L’associazione di questi dati, ovvero la presenza di esemplari infilati in uno spago26. adulti e giovani, e la presenza di femmine, testimonia Tra gli uccelli palmati presenti nell’ornithon erano l’allevamento in loco. anche le oche, di cui è stata ritrovata la parte inferio- Presumibilmente in queste stesse aree, di prefe- re di un becco appartenente alla specie Anser anser27. renza in un ambiente soleggiato come dice Columel- L’ornithon doveva essere costruito ad oriente la19, dovevano essere allevati anche i tordi. Il rinveni- vicino al forno o alla cucina in modo che ai volatili mento di ossa pertinenti a diverse specie, in dettaglio da cortile potesse giungere il fumo, che era ritenuto Tordo sassello - Turdus iliacus20, Tordo bottaccio o salutare per questi animali28. Se possibile, il pollaio comune - Turdus philomelos21, e il generico Turdus doveva essere posto in prossimità di stagni o corsi sp.22, ne testimonia l’utilizzo a scopo alimentare (fig. d’acqua, altrimenti era necessario costruire un pic- 2). colo bacino artificiale per permettere agli animali di Questi volatili potevano essere cacciati ma anche bagnarsi29. allevati e che fossero allevati è cosa nota. Sono stati, inoltre, rinvenuti alcuni resti ossei di Infatti, la zia di Varrone, Ficella, era proprietaria lepre Lepus europaeus30, animale selvatico che però di una villa con una uccelliera, ornithon o alla latina veniva anche allevato nel leporarium. ovium cohortalium stabulum, posta sulla via Salaria Da Varrone sappiamo che i grandi leporaria di I al XXIV miglio, in cui erano allevati questi animali sec. a.C. erano circondati da alti muri intonacati per e venduti con grande ricavo economico23. I tordi in- impedire l’ingresso a martore, tassi e lupi31.

17 I resti ossei di polli adulti sono: omeri, un femore, bacino 24 Editto di Diocleziano IV, 27. tibie, radii, coracoidi e scapole. 25 Mart. III, 47, 10. 18 I resti degli esemplari giovani/subadulti si riferiscono a car- 26 Mart. XIII, 51. pimetacarpi, tarsimetatarsi e tibie. 27 Il resto osseo si riferisce a una mandibola con tracce di ma- 19 Colum. r.r.VIII, 10,2. cellazione. 20 A questa specie appartiene un frammento distale di tibia di 28 Colum. De r.r.VIII, 3,1 e 3. esemplare adulto. 29 Colum. De r.r.VIII, 14, 1-2. 21 Si riferisce a questa specie solamente un tarsometatarso di 30 Gli elementi ossei di lepre sono tre elementi ossei di una stes- esemplare adulto. sa zampa: metatarso IV, metatarso III e metatarso II; una man- 22 I resti relativi a questo specie generica sono: un tarsometatar- dibola sinistra. so, un’ulna e una falange di esemplari adulti. 31 Varro R.R. III, 12, 3. 23 Varro, R.R. III, 2.

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portare a termine un’indagine che indichi in un qua- dro generale - per esempio il cibo consumato- le ri- sorse originali a disposizione o lo status sociale degli abitanti. Anche le chiocciole erano allevate nel leporarium. Molteplici sono i resti di gusci di gasteropodi pol- monati terrestri, ovvero di chiocciole comunemente conosciute come lumache, pertinenti a due differenti specie edibili: Helicigona sp., con il guscio basso e ap- piattito (fig. 3a), ed Helix pomatia col guscio globoso - generalmente più alto che largo - e di dimensioni maggiori della precedente (fig. 3b). In età antica le piccole e bianche chiocciole del reatino erano consi- derate particolarmente pregiate33, tanto da contende- Fig. 5. Glis glis ghiro. Femore dx – esemplare giovane (Foto F. re, come narra Varrone, il mercato a quelle più gran- Santini) di dell’Illiria e a quelle africane34. L’ingresso di questi animali sulla tavola e quindi la scoperta della loro Per quanto riguarda i cinghiali, allo stato attuale commestibilità fu assai precoce. In epoca classica, della ricerca non è possibile affermare se alcuni tra i per Greci e Romani divennero cibo prelibato e già numerosi resti ossei di suini32 possano essere identifi- nel I sec. a.C. sorsero i primi allevamenti. Varrone35 e cati con la forma selvatica. Lo studio tuttora in corso poi Plinio36 testimoniano a tal proposito del procedi- sul campione faunistico di questo sito si è focalizza- mento messo a punto per primo da Fulvio Lippino, to infatti solo su tematiche specifiche e non ancora nei suoi possedimenti in Etruria, riportando come sull’intero campione, operazione indispensabile per allevarle e il modo migliore di farle ingrassare. La

Fig. 6. Frammenti del dalla villa dei Bruttii Praesentes (RI). (Disegno e elaborazione grafica F. Lezzi)

32 Sono state riconosciute attualmente mandibole di diverse maschio. classi d’età (adulto, subadulto, giovane e neonatale); metacarpi 33 Varro R.R. III, 14. e metatarsi di esemplari giovani e adulti; scapole, falangi e ome- 34 Varro R.R. III, 14, 195. ri di individui giovani. Inoltre resti come vertebre e mandibole 35 Varro R.R. III, 12, 2; III, 14. con tracce di macellazione, e canino superiore di un esemplare 36 Plin.N.H. IX 17,3.

141 GIOVANNA ALVINO - FRANCESCA LEZZI - FRANCESCA SANTINI storia della chiocciola seguì di pari passo quella di Roma e con la conquista della Gallia entrò nelle cu- cine d’oltralpe, dove ancora oggi è molto apprezzata con il nome di escargot. Sono attestati commerci di lumache dall’Italia fino in Egitto, come testimoniano i ritrovamenti dagli insediamenti di Berenike e Mons Claudianus37. La tecnica di allevamento prevedeva la raccolta, in primavera, delle chiocciole allo stato selvatico e la loro successiva custodia nei coclearia, appositi recin- ti, da dove non potevano scappare e in cui l’unica accortezza da parte dell’uomo era quella di assicu- rare loro la presenza di acqua38. In autunno questi animali andavano in letargo sottoterra e in inverno venivano dissotterrati per essere recuperati e venduti Fig. 7. Ostrea edulis ostrica. Valva con foro artificiale (Foto F. San- al mercato, così almeno sembra emergere dagli studi tini) più recenti39. Solamente nel caso dell’allevamento dei ghiri sono li esotici e delle ostriche, ma evidentemente dovette stati rinvenuti (fig. 4), oltre ai resti dei piccoli mam- essere costantemente ignorata se antipasti di ghiri miferi Glis glis40 (fig. 5), anche alcuni frammenti di un conditi con miele e papavero compaiono anche nella glirarium. I frammenti ritrovati, pertinenti all’orlo, al cena di Trimalcione44. Dalle fonti antiche sappiamo corpo del vaso e al fondo, piano, con punti di attac- che questi animaletti erano utilizzati anche in campo co tra alcune parti ma senza che si possa ricomporre medico, ad esempio per la cura dei problemi agli oc- l’intero profilo del contenitore, appartengono ad un chi e alle orecchie45. Cicatrici ed ulcere venivano trat- grande vaso in terracotta, interpretabile per i fori di tate con olio contenente ghiro e toporagno bruciati. areazione e la mensola interna disposta a spirale, con La paralisi era trattata con grasso di ghiro bollito46, un glirarium di tipo sferico, piuttosto diffuso in Ita- mentre altri tipi di ghiro Eliomys e Dryomys, varietà lia centrale41 (fig. 6). Secondo Varrone l’allevamento non edibili, erano ritenuti utili come purgativi47. dei ghiri doveva avvenire in ambienti appositamente Nella variegata dieta degli abitanti della villa dei destinati, delimitati da pietre e mattoni, con pareti Bruttii Praesentes non mancava il pesce, sia quello di molto lisce per evitare che gli animali scappassero. mare, per il quale ovviamente possiamo indicare una Al centro del recinto solitamente, era piantata una provenienza esterna alla villa, sia quello d’acqua dol- quercia affinché fornisse il cibo necessario, in caso ce. Per questo tipo di pesci non si sono rinvenuti ad contrario si provvedeva a procurare ghiande e noci. oggi i resti di una struttura idonea all’allevamento, Le bestiole venivano poi prelevate dal recinto e l’in- per cui probabilmente veniva acquistato nel mercato grassamento vero e proprio era effettuato nei gliraria. locale. Di entrambe le varietà sono state recuperate La carne di ghiro era molto ricercata ed appetibile, diverse testimonianze archeomalacologiche e arche- infatti diverse sono le ricette che conosciamo42. Il oittiologiche. consumo di ghiri è attestato per tutto il periodo della Sono presenti alcune valve di Ostrica Ostrea edu- storia di Roma; lo troviamo già a partire da Plauto lis, mollusco bivalve marino, considerato una vera e e fino all’età tardoantica43. La legge suntuaria pro- propria ghiottoneria, ieri come oggi. Una valva pre- mulgata nel 115 a.C., da M. Emilio Scauro, proibì senta un foro artificiale sul margine esterno della l’utilizzo come cibo della carne di ghiro, degli anima- linea palleale della valva, la traccia sulla superficie interna lasciata dai tessuti molli dell’animale in vita,

37 Da notare, come sottolinea l’autrice, che non si tratta di una Sulla forma dei gliraria si veda tra gli altri Annechino 1977 e importazione isolata, ma di un flusso commerciale attivo dal I Carpaneto-Cristaldi 1995, 319. sec. d.C. fino al periodo tardo romano. Marzano 2008, 255. 42 Una ricetta per il ghiro al forno, farcito di carne di maiale e 38 Varro R.R. III, 14. condito con pepe, pinoli, laserpizio e garum si trova nel manuale 39 Marzano 2008, 258. di Apicio (Apicio VIII, 9), ma conosciamo anche altre ricette: 40 I resti ossei di ghiro si riferiscono a due femori appartenenti ghiri con polpette, ghiri ripieni, etc. a due differenti esemplari giovani e a un coxale (bacino destro). 43 Amm. Marc. XXVIII, 13. 41 I frammenti sono stati rinvenuti tutti all’interno di un unico 44 Petron. Satyr. 31. ambiente (Area 10) in uno strato di buona affidabilità stratigrafi- 45 Rispettivamente con ceneri di ghiro ed altri roditori selvatici ca perché sigillato da un piano di tegole, che costituisce uno dei miste con miele, e con ghiro spellato ed eviscerato condito sem- riempimenti di un taglio antico. Il piano di tegole è relativo alle pre con miele. Plin. N.H.XXX, 23.79. murature della fase repubblicana della villa e i frammenti cera- 46 Plin. N.H. XXX, 26.86. mici recuperati nell’unità stratigrafica seppure non sono ancora 47 Oribatius o Oribasius, nato a Pergamo nel IV secolo, è stato il stati sistematicamente studiati, mostrano un orizzonte cronologi- più influente tra i medici greci post-galenici, e medico personale co inquadrabile in tarda età repubblicana (orientativamente fine dell’imperatore Flavio Claudio Giuliano. II-I sec. a.C.).

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Fig. 8. a) Labrus sp. tordo di mare. Osso faringeo inferiore; b) Leuciscus cephalus cavedano. Osso faringeo inferiore. (Foto F. Santini) noti scientificamente col termine mantello (fig. 7). Un ruolo non secondario doveva avere la pesca Questo foro era destinato probabilmente al passag- nei laghi e nei corsi d’acqua, come attesta il rinve- gio di un cordino per sospendere i molluschi vivi ai nimento dell’osso faringeo di Cavedano Leuciscus sistemi di pertiche infisse nelle lagune, come avveni- cephalus, pesce d’acqua dolce, che vive sia in acque va nei tipici ostrearia del mondo imperiale romano, correnti di fiume sia in acque ferme di lago. Il fram- oppure per il loro trasporto verso i mercati ittici. Pli- mento osseo si caratterizza per i lunghi denti canini- nio tramanda che anche questi molluschi venivano formi e conici (fig.8b). utilizzati in campo medico48. La piscicoltura in acqua dolce è nota sin dal III sec. A completare il quadro, sono state ritrovate a.C. e avveniva sia in strutture artificiali, piscinae, di e identificate alcune valve di altri bivalvi marini: cui in Sabina costituisce un esempio la vasca rivenuta Glycymeris glycymeris49 e Cerastoderma edulis50, spe- a Forum Novum54 (fig. 9), sia tramite lo sfruttamento cie ancora oggi molto comuni e diffuse sui fondali di bacini naturali, stagna. Columella, in riferimento sabbiosi del Mediterraneo e oggetto di consumo. En- alla pratica di impiantare vivai nelle acque interne, trambe le varietà sono considerate edibili ma non si menziona proprio il lacus Velinus, insieme ai laghi Sa- hanno dati precisi sul loro allevamento. Si presuppo- batinus e Volsiniensis55. Probabilmente in relazione a ne il loro utilizzo alimentare, dal momento che sulle questa attività si possono associare i numerosi pesi da valve non compaiono tracce di malta che indichereb- rete rinvenuti, nel corso di ricognizioni di superficie, bero piuttosto un loro impiego in funzione decora- nell’area della Conca Reatina. Si menziona inoltre il tiva. Per quanto riguarda la presenza di Glycymeris, ritrovamento di un peso da rete anche a Scandriglia, questo è sicuramente un mollusco commestibile, proprio nella villa dei Brutti Praesentes (fig. 10). ma di scadente qualità e solitamente destinato alla La presenza di peschiere costruite sbarrando il popolazione meno abbiente, tanto che ancora oggi corso del Tevere, è inoltre documentata agli inizi del nella tradizione napoletana viene chiamato “cozze ‘e VI sec.d.C. quando Teodorico contrastò energica- schiave”51. Alcuni frammenti di valva di cozza Myti- mente questa prassi, che impediva la navigazione del lus edulis, rappresentano un’altra specie di bivalve fiume56. marino edibile, per il quale dalle fonti non si hanno Alla luce di quanto sopra detto, sembra quindi attestazioni del suo allevamento. Plinio ricorda che corretto affermare che gli allevamenti speciali siano anche esse venivano impiegate a scopo medicinale52. nati sia per la concreta possibilità di elevati guadagni, Lo scavo della villa ha inoltre restituito un osso sia per il maggior affinamento dei gusti alimentari e faringeo, provvisto di denti molto robusti a forma di per il dilagare della moda di banchetti esclusivi. Ri- mola e disposti su più file, appartenente a un Tordo spondevano poi anche all’esigenza, dettata dal luxus di mare Labrus sp. un pesce d’acqua salata che popo- alimentare, di poter degustare prelibatezze gastrono- la i litorali rocciosi del Mar Mediterraneo (fig. 8a). miche e di ostentare il proprio prestigio personale. Veniva comunemente allevato in vasche che riprodu- Nel corso del II-I sec. a.C. il mondo romano si è cevano l’ambiente naturale in cui esso viveva, quindi aperto ampiamente alle influenze straniere, special- con fondale roccioso ricco di nascondigli53. mente a quelle orientali e greche, che portarono a

48 Plin. N.H. XXXII, 59-64. Museum di Londra e l’Università di Birmingham, in collabora- 49 Si sono conservate due valve pressoché integre e una fram- zione con la Soprintendenza, dell’ITABC-CNR e dell’Università mentaria. di Perugia. Da ultimo Patterson – Roberts – Gaffney 2009. 50 Ci è pervenuta solo una valva frammentaria. 55 Colum. De r.r.VIII, 16, 2. 51 Stefani 2003, 13. 56 Alvino - Leggio 1995, 204. Diverse sono le fonti che attesta- 52 Plin. N.H. XXXII.93, III. no anche nel nord Italia l’attività di pesca in acque libere e nelle 53 Colum. De r.r.XVI, 7-8. piscaria, sia nel Po che nel lago di Garda, De Marchi 2016, 81. 54 Tra il 1997 e il 2004 il sito di Forum Novum è stato oggetto di indagini e scavi da parte della British School at Rome, il British

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Fig. 9. Vista parziale della vasca per l’allevamento dei pesci a Forum Novum. (Foto G. Alvino) manifestazioni di lusso eccessivo e di fasto smodato raccontano dei sontuosi banchetti dell’aristocrazia in anche nei banchetti e nelle feste, dunque nelle abitu- cui un ruolo preminente hanno le carni rosse arro- dini alimentari. Pertanto furono emanate specifiche stite e del costante ed abbondante consumo di vino leggi (leges sumptuariae), con lo scopo di limitare in queste occasioni. In opposizione a questi vengono l’eccessivo sfarzo che predominava nella vita sociale descritti i pasti dei monaci e delle comunità religio- soprattutto dei nobili e dei patrizi. se che mangiano moderatamente seguendo la regola L’importanza del cibo inteso come espressione benedettina61. Notizie sul trattamento dei cibi sono culturale, e non solo come necessità fisiologica, tra- spesso indirette e possono essere desunte da consigli spare dalla frequenza con la quale l’argomento viene medici, come il caso del trattamento dietetico indi- trattato nei testi antichi. Anche se spesso conosciamo cato a Teodorico dal medico greco Antimo nel VI soltanto titolo e nome dell’autore, sono numerosi gli secolo, che consiglia al re dei Franchi di mangiare scrittori che si dilungano sulle abitudini alimentari carne rossa arrostita con parsimonia, o anche di pre- dei loro contemporanei, descrivendo minuziosamen- ferenza consumare carne bollita in pentole di terra- te banchetti, suggerendo ricette, decantando virtù cotta piuttosto che di bronzo, o ancora accostamenti terapeutiche di quello o quell’altro alimento, deplo- di materie prime62. Tutti consigli volti principalmente rando gli effetti dannosi di altri e soffermandosi sui al mantenimento della salute. gusti e le usanze alimentari anche di imperatori e È solo con il finire del Medioevo però che i condottieri57. ricettari iniziano a comparire in modo più frequente, È nella tarda Grecia classica e nel primo ellenismo il più famoso è il “Liber de coquina” scritto a Napoli, che si sviluppa l’alta cucina ed iniziano a essere scritti da un anonimo, alla corte di Carlo II d’Angiò. manuali tecnici di arte culinaria58.Si ricorda tra tut- È proprio nell’opera di Apicio, l’unico vero e ti l’operetta di Archestrato di Gela “Vita di delizie”, proprio ricettario di età romana giunto fino a noi che per primo tra i poeti gastronomici fu accusato di in un’edizione abbreviata risalente al IV sec.d.C., aver corrotto i costumi dell’intera società. È proprio che possiamo trovare modi di cucinare alcuni degli Archestrato che inaugura uno stile diventato canoni- animali provenienti dagli allevamenti speciali. Molte co, lo stile archestrateo in cui per ogni cibo si indica sono le ricette: lepri farcite, umido di lepre, polpette, la stagione migliore, i luoghi in cui questo prodotto lumache arrostite, pasturate nel latte o fritte, salse è maggiormente buono o noto, concludendo con la per volatili. Vale la pena di ricordare la celebre cena ricetta59. di Trimalcione nel “Satyricon” di Petronio, in cui tra Per quanto riguarda il mondo romano, ci sono ri- gli antipasti venivano serviti, tra le altre pietanze, ghi- maste due intere opere che trattano esclusivamente ri conditi con miele e salsa di papaveri e tra le portate e diffusamente della cucina antica: il “De re coquina- successive tordi, galline di allevamento e galletti do- ria” di Apicio e il “Sofisti a banchetto” di Ateneo60. mestici, pesci di mare e oche. Le cronache altomedievali raccontano dei riti so- Alcuni di questi alimenti consumati in epoca ciali che coinvolgo la mensa e il cibo: da una par- romana, che sembrano ormai non più di consumo te il banchetto, dall’altra il pasto monastico. I testi

57 Sodo 2005, 41. iperboliche citazioni letterarie, il banchetto con il complesso di 58 Tabacco 2009, nota 32. gesti, di parole, di oggetti, di piatti e di sapori che lo caratteriz- 59 È lo schema cui si attengono ancora oggi i ricettari più seri zano. basti pensare all’Artusi (Montanari 1989, 72). 61 Montanari 1989. 60 Ateneo con il pretesto di descrivere un banchetto, tenutosi 62 De Marchi 2016, 70-72. a casa del ricco patrono romano Larensio, tratteggia, attraverso

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nei pressi dell’antico centro abitato di Forum Novum, per la presenza di vasi murati nella parete lungo tutto il perimetro, può essere considerata una delle vasche per l’allevamento del pesce, note nella letteratura archeologica come acquari. Esempi di queste strut- ture sono note dalle fonti nelle residenze di Manlio Vopisco e di Quintilio Varo, entrambe nel suburbio di Tivoli65. I resti faunistici archeoittiologici, nel con- testo della villa di Scandriglia, finiscono quindi per divenire ancor di più, non solo testimonianza di un appagamento del gusto, ma anche veri e propri status symbol. In merito ai prodotti di un commercio a lungo raggio, anche le lumache dovevano essere coinvol- Fig. 10. Peso da rete dalla villa dei Bruttii Praesentes a Scandriglia te in una rete commerciale che dall’Italia arrivava (RI) (Foto Q. Berti) fino in Africa, come testimoniano i già ricordati ri- trovamenti di gusci di Helix Pomatia nei siti egizia- ordinario, risultano invece ancora presenti nelle tra- ni di Mons Claudianus e Berenike. Tale annotazione dizioni culinarie regionali. Ad esempio nella prima diventa ancora più interessante se si considera che metà del Novecento il ghiro viene ancora cacciato e specie commestibili e di buona qualità erano origi- mangiato nel Lazio a Valmontone, in Toscana a S. narie proprio del Nord Africa ed erano note anche a Rossore e ricette molto simili a quelle di Apicio le Varrone. Lo scrittore, come anche Plinio il Vecchio, ritroviamo nella cucina tradizionale calabrese, dove riporta la tecnica adottata per l’allevamento delle lu- i ghiri sono ancora oggi consumati in molte località. mache da Fulvio Lippino, nei suoi possedimenti in I tordi continuano ad essere cucinati nel Medioevo Etruria. Questi fu il primo ad allevarle e a trovare in Sardegna, chiamati murtidus o smurtidus63,dove il modo migliore di farle ingrassare, nutrendole con venivano lessati e poi avvolti con foglie di mirto e farine di cereali ed erbe aromatiche, trasmettendo fatti raffreddare. Tra i cibi che usualmente si ritrova- la sua passione a tal punto che in molti emularono i no sulle nostre tavole ci sono ostriche, frutti di mare, suoi allevamenti66. pesci, lepri e lumache, tradizioni gastronomiche che Riguardo i volatili domestici, la proprietà dei evidentemente hanno attraversato la storia. Bruttii Praesentes si inserisce tra quelle ville per le Per quanto riguarda gli approvvigionamenti da quali l’allevamento di queste specie era una delle at- mercati interregionali, i ritrovamenti di pesci d’acqua tività predominanti. Un rilevante esempio di fundus salata e di frutti di mare suggeriscono l’esistenza di redditizio per l’allevamento di volatili era la villa del una fitta rete commerciale tra la costa e l’entroter- cavaliere Marco Seio, che si trovava lungo il litorale ra. La produzione ittica marina agli inizi riguardava dell’area ostiense67. Secondo quanto racconta Varro- prevalentemente i molluschi, soprattutto le ostriche, ne, anche Scipione Metello aveva intrapreso un’atti- grazie alla facilità delle tecniche di allevamento e alla vità, molto redditizia, di allevamento di oche finaliz- garanzia di immediati e proficui guadagni. C. Sergius zata al loro ingrasso per ricavarne il prelibato fegato. Orata fu il primo imprenditore ad installare impianti È il caso in questa sede di puntualizzare il fatto di ostricultura, ostiaria, nel lago Lucrino intorno al che nella maggior parte dei casi le altre villae presenti 90 a.C. evidentemente disattendendo le prescrizioni nel territorio sabino, allo stato attuale delle ricerche della lex Aemilia, promulgata come sembra nel 115 e per quanto edito, non permettono di realizzare in- a.C.64 Solo in seguito l’itticultura si allargò verso l’al- dagini comparative sul materiale faunistico, che sa- levamento di altre specie. Ad esempio, il caso della rebbero davvero interessanti ed estremamente utili grande vasca rinvenuta nella villa suburbana ubicata ai fini della ricerca68. Questa situazione può essere

63 Fancello 2004. compaiono reperti osteologici nella villa di Orazio a Licenza 64 Pignatelli 1999, 258. (Frischer et alii, 2006), nella villa di Vacone (da ultimo Bloy et 65 Giacopini et alii 1994, 53. alii 2016), nella cd. Villa di Tito a Castel Sant’Angelo (da ultimo 66 Varro R.R. III, 12, 2. Alvino 2013), nella villa cd. di Agrippa a Montebuono (da ultimo 67 Varro R. R. III, 2.7. Alvino 2009), nella villa in loc. a (da 68 Diverse sono le ville scavate nel territorio sabino, alcune solo ultimo Mari-Papini 2016), nella cd. Villa di Q. Assio a Colli sul parzialmente indagate negli anni passati, per le quali non dispo- Velino (da ultimo Alvino 2009) e nel cicolano nella villa in loc. niamo di dati editi relativi al materiale faunistico o a resti arche- Frontale a Torano di Borgorose (De Simone et alii 2006), e nella ologici pertinenti al tema che si sta trattando. villa di S. Martino a Torano di Borgorose (da ultimo Colantoni Tra le molte ville che punteggiano il territorio sabino si fa espres- et alii, 2016). samente riferimento a quelle oggetto di scavo in periodi recenti, Fa eccezione il caso della villa degli Aurelii Cottae a Cottanello ipotizzando per gli scavi più vecchi, pur senza verifica, l’assenza (RI), già oggetto di scavo e valorizzazione nel secolo passato e del materiale faunistico tra i reperti conservati. Tra l’edito non recentemente interessata da un progetto di ricerca dell’ISMA del

145 GIOVANNA ALVINO - FRANCESCA LEZZI - FRANCESCA SANTINI determinata o da una reale differenza nella vocazione paesaggio che mantiene la sua vocazione di servizio produttiva della villa69, oppure più semplicemente da per la produzione di cibo per l’Urbe, rivestendo sot- una differente modalità di raccolta dei dati. Dando to questo aspetto un ruolo strategico importante. È per scontata la corretta raccolta del campione è la- tra tardoantico ed altomedioevo che si può registra- palissiana la posizione di assoluta preminenza della re una certa discontinuità nella forma del paesag- villa dei Brutti Praesentes nel comparto territoriale in gio, quando questi territori della Sabina più inter- esame. na, meno legati a Roma e al commercio sul Tevere, Pur non potendo riconoscere tra i resti riportati si caratterizzano per la presenza di numerose curtis, in luce apprestamenti per l’allevamento specializza- attestate in gran numero dalle fonti per l’alto medio- to, tranne nel caso dei ghiri, tuttavia per molte delle evo. Come accade anche altrove in Italia71, in Sabina specie trattate le fonti testimoniano che fossero al- sembra allora prendere il sopravvento una forma di levate a livello locale. Non si può escludere pertan- economia differente, agrosilvopastorale, dove il pro- to che nella parte produttiva della villa, attualmente prietario - in questa zona l’Abbazia di Farfa - preleva non indagata, possano trovarsi strutture riferibili ad dal fondo la sua parte di prodotto ma non investe allevamenti speciali. nella terra. Come già da altri rilevato, sono noti diversi esem- Resta un fatto: i proprietari della villa di Scandri- pi di residenze in cui alla pars urbana si affianca la glia, ancora nel III secolo, avevano non solo la pos- pars rustica ed è noto che in alcune tenute il centro sibilità di acquistare prodotti ad esempio del mare, di produzione era vicino alla lussuosa residenza del ma anche di padroneggiare la produzione di prodotti proprietario per cui, soprattutto in alcuni casi come locali di lusso. per l’allevamento di animali selvatici o pesci, l’aspet- to ludico e di prestigio si univa a quello economico70. Del resto si evince chiaramente dalle descrizioni de- GIOVANNA ALVINO gli autori antichi come spesso si cercasse di unire l’u- Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e tile al dilettevole. È utile sottolineare una sostanziale Paesaggio per le province di Rieti, Frosinone e Latina sovrapposizione per quanto riguarda gli allevamenti [email protected] speciali tra quanto riportato dalle fonti antiche, sia per l’età repubblicana che imperiale, con i dati ar- FRANCESCA LEZZI cheologici; sovrapposizione che sembra ancora pos- independent researcher sibile riconoscere almeno fino alla fine del III secolo. [email protected] Questo tema influenza, come è ovvio, la forma del

FRANCESCA SANTINI independent researcher [email protected]

CNR e della Sapienza Università di Roma. stesso modesta e con un certo potenziale economico, tuttavia se- Nella villa di Cottanello in età imperiale (I sec. d.C.) è attesto il condo alcuni non può essere considerata una “piccola azienda”: consumo soprattutto di carne suina, in minore quantità quella di vi attendevano infatti 8 schiavi compreso l’amministratore e 5 pollo, allevato anche per la produzione di uova. Il ghiro è presen- famiglie contadine. La proprietà comprendeva un bosco, prati, te con un solo resto osseo, che attesta il consumo ma che da solo campi, coltivazioni di cereali e terreni da pascolo, un vigneto, un non può testimoniarne l’allevamento (Santini 2017) Per la villa in oliveto e alberi da frutto: Schmidt 1997, 20-24; Rommel-Vogt- località. S. Lorenzo a Cittareale (RI), recentemente scavata dalla Spira 2006. Si configura quindi più come una piccola azienda BSR, lo studio del materiale faunistico è attualmente in corso. agricola semi-indipendente che come una azienda produttiva 69 Ad esempio per la Villa di Orazio a Licenza, possedimento votata al massimo reddito. che Orazio ricevette in dono da Mecenate nel 33/32 a.C., che si 70 Kolendo 1994, 65. configura come un luogo rurale nel quale abitare lontano dalle 71 Tali strutture economiche sono ben note ad esempio in area comodità urbane e dal lusso, sebbene sia considerata da Orazio lombarda: De Marchi 2016, 60.

146 DAGLI ALLEVAMENTI SPECIALI ALLA TAVOLA: TESTIMONIANZE DALLA SABINA ANTICA

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147 Cuochi alla mensa dei Romani

Maria Grazia Granino Cecere

L’apparato decorativo di una nota cista rinvenuta nel 1877 a Palestrina, nella necropoli della Colombella1 offre con indubbio realismo l’immagine concitata di un gruppo di sette giovani cuochi impegnati a prepa- rare e trasportare vivande per un banchetto (figg. 1 e 2). Non è agevole la lettura né è sicura la compren- sione delle battute che si scambiano, non tanto per lo stato di conservazione della superficie e quindi di ciò che vi è inciso, quanto perché si è in presenza di espressioni latine peculiari, quelle che Ernout defini- sce come appartenenti al “parler de Préneste”2. Come osserva la Pairault Massa3, non vi è qui interesse per i cuochi come individui, ma solo di questi in quanto esecutori della techné, dell’arte culinaria: le iscrizio- ni sottolineano una conversazione “utilitaria”, tra personaggi addetti a una varietà di attività manuali, molto probabilmente servi, che si scambiano battute in relazione alla preparazione e alla cottura di carne e di pesce4. La cista viene datata nel III secolo a.C., ma l’im- magine di un ambiente affollato di persone, che la- Fig. 1. Bruxelles, Musée du Cinquantenaire: cista da Praene- vorano in un clima concitato e produttivo è la stessa ste (CIL, I2 560).

Fig. 2. Disegno dell’apparato figurativo della cista (da Duvau).

1 CIL, I2 560 e pag. 904, dal 1904 conservata a Bruxelles, Musée de Bellis 2005, 121-129 e tavv. XVIIIa,b; vd. inoltre nt. 4. du Cinquantenaire. Alla prima pubblicazione ad opera di Duvau 2 Ernout 1905. 1890, 303-316 e tav.6 ha fatto seguito una vasta bibliografia (tra 3 Pairault Massa 1983, 19-42 in part. 21-23, confrontando la i contributi più significativi Bordenache 1979, 70-71 nr. 12, tavv. scena con quella di preparazione di un banchetto nell’affresco 80-82; per la provenienza: Bordenache Battaglia-Emiliozzi 1990, della tomba Golini I di Orvieto. 415; per l’iscrizione: Wachter1987, 166-169), raccolta da Franchi 4 Un riesame accurato dell’aspetto iconografico e dei fumetti

149 CUOCHI ALLA MENSA DEI ROMANI che ritroviamo quattro secoli dopo nei concursantes Macherione, togli le lische al grongo e alla murena, inter tot ignes cocos di Seneca5, e in un altro passo meglio che puoi. Io vado qui presso a chiedere in in cui lo stesso filosofo contrappone la solitudine ai prestito a Congrione una teglia. Questo gallo, tu, se suoi tempi delle scuole di retorica al contemporaneo sei capace, devi farmelo diventare più liscio di un accalcarsi dei giovani presso i fornelli delle cucine6. ballerino depilato. Ma chi è, che è questo trambusto Sono numerosi gli studi sulla cucina romana, ma che ci arriva dai vicini? Per Ercole, sono i cuochi, non sulla figura del cuoco e per questo appare op- che fanno il loro mestiere. Rientro di corsa, che non portuno soffermarsi sugli “addetti”, talvolta sugli succeda anche qui lo stesso scompiglio”11. “artisti dei fornelli”. In letteratura i nomi dei cuochi, plautini e non È possibile attraverso le fonti seguire l’evolversi solo, appaiono, come d’attendersi, frutto d’invenzio- dell’immagine e anche della considerazione di cui i ne, ma è interessante osservare come spesso derivino cuochi furono oggetto nel corso del tempo nel mon- da strumenti utilizzati in cucina (si pensi a Cylindrus- do romano, a cominciare dalle prime significative mattarello nei Menaecmi, a Citrio-pentola usata per testimonianze, quelle dell’età mediorepubblicana. È la bollitura nella Casina o allo stesso Antrax nell’Au- con l’estendersi del dominio di Roma nelle regioni lularia), o da quanto elaborato dall’arte culinaria dell’Italia meridionale, e soprattutto in seguito alle (come Congrio-grongo, un pesce simile all’anguilla, conquiste in Oriente, come osserva Livio7, che i cibi la cui carne era molto apprezzata) o dalla capacità cominciarono ad essere preparati con maggior cura e mirabolanti di trasformare gli ingredienti (valga per lusso e che il cuoco, fino ad allora considerato come tutti il nome del cuoco di Trimalcione, Dedalus12, in il meno prezioso e il meno utile degli schiavi, iniziò grado di fare un colombo da un pezzo di lardo, una ad essere molto considerato e la sua attività ritenuta tortora da un prosciutto, una gallina da un colepio, un’arte. un cosciotto). Così dalle pagine di Plauto, in particolare dall’Au- Tutti costoro, sebbene se ne apprezzasse l’ope- lularia e dallo Pseudolus, se in esse non si legge un’a- rato, appaiono tuttavia come persone di umile con- desione totale al modello greco, veniamo a sapere dizione, nella maggior parte dei casi, a quanto pare, che chi non possedeva già uno o più cuochi tra i di status servile. E ciò trapela anche dalle parole di suoi schiavi, per allestire banchetti in occasioni par- Cicerone: benché il lusso dei banchetti si andasse ticolari, ne andava a noleggiare uno nel foro8, che il progressivamente affermando, ancora nell’età della commediografo definisce coquinum9; e con il cuoco repubblica ormai declinante uomini esponenti della noleggiava anche gli aiutanti (come Dromus e Ma- classe dirigente conservatrice come l’oratore sottoli- cherio che nell’Aulularia appaiono alle dipendenze neavano la volgarità del mestiere di cuoco e colloca- di Antrax) e l’attrezzatura necessaria10. Nella cucina vano al livello più umile quanti esercitavano un’atti- l’organizzazione era tutta nelle mani del capocuoco vità, com’egli dice, al servizio del piacere13. e negli ordini dello stesso Antrax troviamo quasi la Ma già nella prima età imperiale nelle famiglie di trasposizione letteraria dell’immagine delineata sulla maggior prestigio, a imitazione di quanto avveniva cista prenestina: “Tu, Dromone, squama i pesci; tu, della domus imperiale, più cuochi sono presenti in

incisi in relazione alle diverse figure si deve ultimamente a Adria- potui, quam hunc quem duco, ducere, / multiloquom, gloriosum, na Emiliozzi 2010. insulsum, inutilem…. Cocus: Si me arbitrabare isto pacto ut pra- 5 Sen., Ep. ad Luc. 114, 26: Aspice culinas nostras et concursantis edicas, / cur conducebas?); Morselli 1995, 297 osserva come non inter tot ignes cocos. vi siano elementi per una localizzazione precisa di tale forum, ma 6 Sen., Ep. ad Luc. 95, 23: Innumerabiles esse morbos non mira- che la presenza di cuochi in relazione al Macellum menzionata beris: cocos numera. Cessat omne studium et liberalia professi sine da Varr., Men., Bim. f. 19 e Plin., n.h. 18.1.107-108, consente ulla frequentia desertis angulis praesident; in rhetorum ac philoso- di individuare tale luogo nel mercato generale o in un settore di phorum scholis solitudo est: at quam celebres culinae sunt, quanta questo (come probabilmente anche il forum Cuppedinis). circa nepotum focos iuventus premit ! 10 Plaut., Aulul. 444-446: Congrio: Quo abis? redi rursum. / Ita 7 Liv. 39, 6, 8-9, in seguito al trionfo di Gn. Manlius Vulso sui me bene amet Laverna, te iam, nisi reddi / mihi vasa iubes, Galati (per la tradizione storiografica a quest’ultimo ostile, v. hic pipulo te differam ante aedis. Zecchini 1982, 163-178): Tunc… epulae quoque ipsae et cura et 11 Plaut., Aulul. 398-405: Antrax: Dromo, desquama piscis; tu sumptu maiore apparari coeptae; tum coquus, vilissimum antiquis Machaerio, / congrum, murenam exdorsua quantum potest. / Ego mancipium, et aestimatione et usu, in pretio esse, et quod ministe- hinc artoptam ex proximo utendam peto / a Congrione. Tu istum rium fuerat ars haberi coepta. gallum, si sapis, / glabriorem reddes mihi quam volsus ludiust./ 8 Plaut., Pseud. 804-812: Cocus risponde a Ballio, spiegando Sed quid hoc clamoris oritur hinc ex proximo? / Coqui Hercle, perché era rimasto solo nel foro ad essere noleggiato: Quia enim, credo, faciunt officium suom./ Fugiam intro, ne quid turbae hic cum extemplo veniunt conductum coquom, / ne illum qua- itidem fuat. erit qui optimus et carissimust:/ illum conducunt potius qui vilis- 12 Petr., Satyr. 70: Trimalchio ait: ….non potest esse pretiosior simust./ Hoc ego fui hodie solus obsessor fori./ Illi drachumissent homo. Volueris, de vulva faciet piscem, de lardo palumbum, de per- miseri: me nemo potest / minoris quisquam nummo ut surgam na turturem, de colepio gallinam; et ideo ingenio meo impositum subigere. / Non ego item cenam condio ut alii coqui, / qui mihi est illi nomen bellissimum; nam Daedalus vocatur. condita prata in patinis proferunt, / boves qui convivas faciunt, 13 Cic., pro Rosc., 134: Mitto hasce artes vulgares, coquos, pisto- herbasque oggerunt… res, lecticarios; Id. , De off. 1.42.150: Opificesque omnes in sordida 9 Plaut., Pseud. 790-791: Ballio: Forum coquinum qui vocant, arte versantur; nec enim quicquam ingenuum habere potest offici- stulte vocant;/ nam non coquinum est, verum furinum est forum./ na. Minimeque artes eae probandae, quae ministrae sunt volupta- Nam ego si iuratus peiorem hominem quaererem / coquom, non tum: “cetarii, lanii, coqui, fartores, piscatores”, ut ait Terentius…

150 MARIA GRAZIA GRANINO CECERE cucina. Sono le iscrizioni sepolcrali, spesso rinvenu- ricità dell’espressione Caesaris nostri servus, sebbene te nei grandi colombari “gentilizi”, che ne rivelano la tipologia del supporto e il formulario usato sug- nome, status e attività. geriscano una datazione e quindi un imperatore da Pur limitando l’esame alla relativa documenta- collocarsi non prima dell’età flavia20. zione epigrafica dell’Urbe, possiamo notare come In parallelo si può osservare l’immagine quasi specu- in questa si tenda a sottolineare, nella menzione di lare degli addetti alla cucina presso le grandi famiglie quanti erano al servizio come cuochi, sia di appar- senatorie. tenenti alla casa imperiale, sia di esponenti delle più Innanzitutto gli Statilii: nel loro grande colomba- eminenti famiglie, un rapporto diretto, quasi ad per- rio, articolato in più ambienti21 sono state rinvenute sonam del cocus con il rispettivo padrone. Ma ciò si numerose iscrizioni in cui vengono menzionati cuo- può osservare solo nel primo tempo del principato: chi. Vediamo Hilarus22 (fig. 6), in precedenza apparte- nel II secolo, infatti, come vedremo, gli addetti alla nuto a un esponente della gens Barbia, e Zena23 (fig. 7) cucina della domus imperiale appariranno inseriti in e inoltre il cuoco Eros, Posidippi ser(vus)24 (fig. 8), una loro struttura gerarchicamente organizzata al ovvero schiavo di T. Statilius Posidippus, liberto di servizio del sovrano. In età augustea e giulio-claudia troviamo Zethus14, Marcellae minoris cocus (fig. 3), schiavo di Marcella, figlia di Ottavia sorella di Augusto, e di C. Claudio Marcello, il quale ebbe la sua ultima dimora in un colombario databile tra il 10 a.C. e il 10 d.C.15; Se- leucus C(ai) Caesaris Germaniciani cocus (fig. 4), ov- vero schiavo di Caligola, che lo aveva ereditato da suo padre Germanico16 e Tyrannus, cuoco di Tiberius Claudius Germanicus, (fig. 5) ovvero di Claudio non ancora imperatore17. Forse lo stesso Augusto è da riconoscersi nel padrone di Eros, Caesaris Aug(usti) cocus, che in precedenza era stato di proprietà di un Cornificius18, mentre di Photion19 non si può indivi- duare il principe che fu il suo padrone per la gene- Fig. 4. Iscrizione funeraria di Seleucus, C. Caesaris Germanici co- cus (CIL, VI 33767).

Fig. 3. Iscrizione sepolcrale di Zethus, Marcellae minoris cocus Fig. 5. Tabella con iscrizione sepolcrale di Tyrannus, cocus di Clau- (CIL, VI 8755). dio non ancora imperatore (AE 1921, 70).

(con riferimento a Eunuchus, v. 257). CIL, VI 16658b e 5245 (PIR2 C 1503). 14 CIL, VI 8755 e pp. 3463 e 3891 = ILS 1799, cfr. Gordon 19 CIL, VI 8754 e p. 3891, attualmente nei Musei Vaticani, Gall. - Gordon 1958, 57 nr. 44, attualmente conservata nei Musei Va- Lap. 14, inv. 9175, un tempo presso la famiglia Casali (Santolini ticani, Gall. Lapidaria 25, 90, inv. 7599 (cfr. Ilardi 2000, 113). Giordani 1989, 168 nr. 152 e tav. XXVIII): D(is) M(anibus) / 15 Fusco 2006,17-18. Photioni / Caesaris n(ostri) / servo coco / Sestiano / Fabia Iulia / 16 CIL, VI 33767 e p. 3891, attualmente conservato a Roma nel fratri b(ene)m(erenti) f(ecit). Palazzo Colonna; v. Granino Cecere 2018, 289-291. 20 Chantraine 1967, 203 e 334-335 nr. 299. 17 AE 1921, 70, da uno dei colombari rinvenuti in località Mar- 21 Caldelli - Ricci 1999. Tali ambienti sembra non abbiano ospi- ranella, ca. al terzo km. della via Labicana (Mancini 1920, 40), tato altre sepolture dopo l’anno 53 d.C., quando T. Statilius Tau- ora conservato al Museo Nazionale Romano, inv. 77758; cfr. rus fu costretto al suicidio (Tac., Ann. 12, 59). Gordon - Gordon 1958, 81-82 nr. 76, probabilmente d’età tibe- 22 CIL, VI 6247, attualmente conservata nel Museo Nazionale riana, certamente inquadrabile negli anni precedenti il 41 d. C. Romano alle Terme di Diocleziano, mag. epigr. L, 3, 6 est. inv. 18 CIL, VI 8753: Eros Cornufi(cianus) / Caesaris Aug(usti) cocus. 30804; Caldelli - Ricci 1999, 107 nr. 259. L’età augustea è suggerita dalla semplicità del testo e in partico- 23 CIL, VI 6249, conservata come la precedente, inv. 30547; lare dalla forma Cornuficianus in luogo di Cornificianus dell’a- Caldelli - Ricci 1999, 91 nr. 74. gnomen. Per quanto riguarda il precedente padrone, dovrebbe 24 CIL, VI 6246, conservata al Museo Nazionale Romano alle trattarsi del L. Cornificius che fu console nel 35 a.C.; v. anche Terme di Diocleziano, sala I, inv. 30570; Caldelli - Ricci 1999, 151 CUOCHI ALLA MENSA DEI ROMANI

T. Statilius Taurus che rivestì il consolato nel 44 d.C. Nello stesso complesso sepolcrale ebbe forse sepol- tura il cuoco Herma, ricordato in un’iscrizione25 at- tualmente conservata nel castello ducale di Urbino26. Non diversamente più cuochi dovevano esse- re al servizio nella familia degli Iunii Silani, e, dal monumento da loro realizzato per schiavi e liberti27, emerge il nome di un Acastus, cocus Torquati28, al servizio di D. Iunius Silanus Torquatus che fu con- sole nell’anno 53 d.C., il cui padre recava lo stesso cognomen, o, meno probabilmente, del nipote, L. Iunius Silanus Torquatus,che venne giustiziato nel 65 29 per aver preso parte alla congiura dei Pisoni ; così Fig. 6. Iscrizione funeraria del cocus Hilarus Barbianus (CIL, VI dal monumentum dei servi e liberti della gens Caeci- 6247). lia potrebbe provenire la tabella relativa al sepolcro del cocus Caecilius P. l. Felix, rinvenuta sull’antico tracciato dell’Appia, presso quel colombario30. Certamente inoltre di un C. Sulpicius Galba era cuoco Cappadox, che nella rarità del cognomen rivela la sua terra d’origine31. La presenza di numerosi cuochi in cucina, qua- le doveva verificarsi nelle grandi famiglie, esigeva un’organizzazione, un coordinamento d’azione, compito affidato a un capocuoco: e troviamo, infat- ti, attestato in questo primo periodo del principato Fig. 7. Tabella con iscrizione funeraria di Zena (CIL, VI 6249). un supra cocos in un tal Faustus, che era uno schiavo vicarius32 di un Eros, di cui purtroppo non conoscia- mo la gens di appartenenza33. Come abbiamo potuto notare, i personaggi fino- ra menzionati appaiono tutti di condizione servile34. Per quanto riguarda i pochi cuochi di condizione libertina, invece, sembra opportuno chiedersi se continuassero a esercitare la loro attività nell’ambito della familia di appartenenza o se piuttosto si pones- sero al servizio di un solo individuo che non fosse il patrono, come C. Genucilius C.l. Domesticus, che si qualifica quale cocus di Sex. Lartidius35, o dei privati che ne facessero richiesta, come appunto dei “liberi Fig. 8. Iscrizione funeraria di Eros Posidippi servus (CIL, VI professionisti”. Il dubbio si pone ad esempio per L. 6246).

89 nr. 57 e Caruso 2012, 31 nr. I, 7. Numerosi schiavi del liberto sicus Scurranus a Roma, dove morì (CIL, VI 5197= ILS 1514 e sul Posidippus ebbero sepoltura nel colombario degli Statilii. notevole numero di servi vicarii con diverse mansioni qui indica- 25 CIL, VI 9267; Luni - Gori 1986, 118-119: D(is) M(anibus) te, vd. Reduzzi Merola 1990, 146-147). Stat(ilia) Hilara / fil(io) Aucto piissim(o) / benemer(enti); vix(it) 34 A quelli menzionati se ne possono aggiungere altri, senza pre- an(nis) XVII / diebus VI et Hermae coco. tesa di completezza, la cui appartenenza non è in alcun modo in- 26 A questi cuochi, tutti di condizione servile, se ne possono ag- dividuabile o il cui padrone non è noto da altri documenti, come giungere almeno altri due di condizione libertina (CIL, VI 6248 Alexander L. Aemili Eronis servus (CIL,VI 9264 e p. 3895= CIL, e 33186) che sembrano da connettersi alla stessa gens Statilia. I2 1235 e p. 972; cfr.Ilardi 2000,117, databile verso la metà del I 27 Macciocca 2005, 107-108. secolo a.C.); Philargyrus (se si tratta di uno schiavo e non di un 28 CIL, VI 7602. liberto), che ha realizzato a sue spese un luogo di sepoltura per 29 Solin 1989, 205. i componenti la familia e i liberti del suo padrone, del cui nome 30 CIL, VI 7433; Macciocca 2004, 22-23. forse si conservano le due lettere iniziali PR, in CIL, VI 9268); 31 AE 1980, 251a: come osserva Géza Alföldy in CIL, VI p. Arax, il cui cognomen rivela un’origine siriana o armena (CIL, VI 4337 nell’add. al nr. 3751 non sembra sia da identificare questo 9266, cfr. Granino Cecere 2008, 254-255 nr. 3753); Apollonius Galba con il figlio del fratello dell’imperatore, come ritengono (CIL, VI 9265) e Turannus (CIL, VI 9269, cfr. Camodeca 2014, gli editori del documento. 99 nr. 4396), tutti operanti tra l’ultima età repubblicana e la pri- 32 CIL, VI 9261 e p. 3895 = ILS 7468; Reduzzi Merola 1990, ma metà del I secolo d.C. (Quest’ultimo potrebbe anche essere 144 data opportunamente il documento entro la prima metà del lo stesso cocus Tyrannus di Claudio non ancora imperatore di AE I secolo d.C. 1921, 70, vd. supra nt. 17, ma prudentemente, forse in considera- 33 Dell’iscrizione non conosciamo il luogo di ritrovamento e zione della relativa diffusione del cognomen, non si pronunciano quindi l’eventuale connessione con un monumento sepolcrale di in merito né i Gordon, né Camodeca). carattere collettivo. Almeno altri due cuochi vicarii sono noti, 35 CIL, VI 9271. A quanto sembra nel Sex Lartidius di cui Do- Firmus e Tiasus, che accompagnarono lo schiavo di Tiberio Mu- mesticus fu cocus si può riconoscere il Sex. Lartidius, legatus di

152 MARIA GRAZIA GRANINO CECERE

Arruntius L.l. Hilario, benché non possa escludersi e M. Aurelius Hermes45 (fig. 11) - rivela che i cuo- in linea di principio che sia stato manomesso da un chi della domus imperiale e coloro che a essi erano esponente del ramo senatorio della gens Arruntia e preposti almeno nel II secolo facevano parte di un che in questa, dunque, abbia svolto l’attività di co- collegium, di cui è noto anche uno scriba, un Aelius cus36; così anche per M. Fuficius M.l. Eros37, per il Epaphroditus46. Tale collegium cocorum Aug(usti) liberto Adrastus38e per Nico(n), il cui nomen è andato n(ostri) aveva sede in Palatio, sul Palatino47, ovvero perduto, che realizzò il sepolcro anche per i discen- dove operavano gli addetti alle cucine imperiali, e, denti39. come di norma, aveva una sua arca: a questa infatti È ben noto come dall’età flavia, in corrisponden- za anche del venir meno della realizzazione di grandi colombari per ospitare le ceneri degli appartenenti alle importanti famiglie, molto più raramente nelle iscrizioni sepolcrali si trovi la menzione dell’attività svolta dal defunto in vita. In merito ai “professionisti del fornello” osservia- mo come nel corso del secondo secolo non si abbia- no attestazioni di cuochi che pur dovevano servire nelle domus dei privati, quanto invece un fiorire di attestazioni di individui che erano addetti alla pre- parazione dei cibi per i banchetti imperiali e, come si accennava, strutturati secondo una precisa orga- nizzazione. A capo ne era un archimagirus (dal gre- co ajrcimavgeiroV), un liberto il quale probabilmente doveva soprintendere non solo all’organizzazione del Fig. 9. Iscrizione del sepolcro dell’archimagirus T. Aelius Primiti- vus (CIL, VI 7458). lavoro nelle cucine, ma anche e soprattutto all’ap- provvigionamento di quanto poi sarebbe stato ser- vito in tavola, attuando una scelta per un’opportuna successione e armonizzazione delle diverse portate. All’attività dei cuochi in cucina in senso stretto doveva invece provvedere il praepositus cocorum40, come M. Aurelius Aug. l. Bit[hus], che l’onomasti- ca rivela manomesso da Marco Aurelio o Caracalla. D’altronde gli addetti alle cucine imperiali dovevano essere numerosi, dal momento che erano organizzati in decuriae: è noto, infatti, un liberto imperiale, M. Aurelius Hedulus41 quale decurio cocorum. La documentazione epigrafica che riguarda gli archimagiri - sono finora noti in numero di quattro, naturalmente tutti liberti imperiali, T. Aelius Primi- 42 43 44 tivus (fig. 9), Symphorus ed Eustathes (fig. 10), di Fig. 10. Iscrizione sepolcrale dell’archimagyrus Eustathes (AE cui non conosciamo il nomen, se Aelius o Aurelius 1973, 84).

C. Asinius Gallus, proconsole d’Asia nel 6-5 a.C. (PIR2 L 116 42 CIL, VI 7458 = ILS 1798 e CIL, VI 8750+ 29899, cfr. Orlandi e Thomasson 1991, 129 nr. 104) dal momento che anche questa 2004, 243 nr. 66 e fig. 63 a p. 304. iscrizione è stata rinvenuta nell’area tra Porta Pinciana e la via 43 CIL, VI 8751; cfr. Ferrua 1973,76. Salaria, dove si estendeva una proprietà del senatore o più pro- 44 AE 1973, 84: D(is) [M(anibus)] / Eustathes Aug(usti) babilmente un monumento sepolcrale di appartenenti alla sua lib(ertus) arc[hi]/magirus et Aurelia Sa[bina?] / se vivis fecerunt familia, come evidenziano le numerose iscrizioni che lo menzio- sib[i et] / Glygoni (!) alumno suo [et] / eis quos Caesari n(ostro) nano lì rinvenute. dedi , e[t lib(ertis)] / libertabusque posterisque / eorum. 36 CIL, XI 3850; Lanciani 1998, 23 data il documento il base 45 AE 1937, 159: D(is) M(anibus). / M. Aurelius Aug(usti) alla sola paleografia al II secolo; ma la prima metà del secolo pre- lib(ertus) / Hermes archimagirus / se vivo fecit sibi et Aurelio / cedente è suggerita dalla tipologia del supporto e dal semplice Ianuario et Cn. Octavio / Martiali fratribus suis / libertis liber- formulario usato. tabusque / posterisque eorum et / his quos ego domino n(ostro) 37 CIL, VI 9270. dedi / et Valeriae Hermione coniugi / et Edulo collib(erto) suo, 38 CIL, VI 9263 cfr. IX 427*, 3. decur(ioni) cocorum. 39 CIL, VI 5561, forse pertinente ad un colombario presso Por- 46 CIL, VI 9262 e pp. 3469, 3895 = ILS 7469: D(is) M(anibus) ta Latina. s(acrum) Valeriae / Epicone (!) coniugi / b(ene)m(erenti) f(ecit) 40 CIL, VI 8752 e pp. 3463, 3891; cfr.Ferrua 1973,76 sub nr. Ael(ius) Ephprodi/tus(!) scriba cocorum. Dello scriba non è indi- 22: ((hedera)) D(is) M(anibus) ((hedera?)) / M. Aurelius Aug(usti) cato il praenomen, ma il formulario dell’iscrizione funeraria che lib(ertus) Bit[hus?] / praepositus cocorum [fecit?] / vivo sibi et egli volle per la moglie suggerisce una datazione non anteriore Aureli Herm[- - -]. alla metà del II secolo d.C. 41 AE 1937, 159; vd. infra e fig. 11. 47 Come è indicato in CIL, VI 7458.

153 CUOCHI ALLA MENSA DEI ROMANI

usata tra la fine del III e gli inizi del IV secolo55. A completamento di quanto detto in merito al personale addetto alla cucina, appare opportuno in- fine volgere lo sguardo verso una figura che ha uno stretto rapporto con l’operato del cuoco, ovvero con il cibo nel momento in cui questo è offerto in tavola. Si tratta dello structor, di colui che secondo le fonti era addetto a preparare il cibo nei piatti o sui vassoi, tagliando e affettando le pietanze durante il convito, facilitandone così la degustazione da parte dei con- vitati56. Con l’evolversi dell’organizzazione del banchetto quella dello structor divenne una vera e propria arte. Nella narrazione della strabiliante cena in casa di Tri- Fig. 11. Titulus sepolcrale dell’archimagirus M. Aurelius Hermes malcione egli interviene al ritmo dell’orchestra per (AE 1937, 159) tagliare mirabilmente quanto i cuochi hanno prepa- rato sul grande piatto da portata (repositorium)57; in si fa riferimento per versare le multe eventualmen- Marziale58e in Giovenale59 ne è ricordato il ruolo nel te comminate a chi avesse violato le tombe di archi- banchetto, in un caso per dire che il capretto offer- magiri e relativi familiari48. Questo si legge sulle due to dal poeta agli ospiti è così tenero che non ne è iscrizioni collocate sul sepolcro di T. Aelius Primiti- necessario l’intervento, nell’altro per sottolinearne vus, sepolcro che si trovava molto probabilmente al la teatralità dei gesti, come quelli di un pantomimo II miglio della via Appia, nell’area della catacomba sulla scena. callistiana49, la stessa in cui si rinvenne anche l’iscri- Come i cuochi, anche gli structores della domus zione del sepolcro dell’archimagirus Symphorus50. imperiale erano organizzati in un collegium, secondo D’altro canto, sull’altro lato della via, nell’area cen- quanto rivela una dedica ai Lares Augusti rinvenuta trale del complesso cimiteriale di Pretestato, sono sul Palatino60 e anche a questi era data la possibilità state rinvenute le iscrizioni dei sepolcri degli altri due di poter trovare sepoltura in un’area riservata lun- archimagiri noti, di Eustathes51 e di M. Aurelius Her- go la via Appia tra le catacombe di Pretestato e di mes52. Qui, dunque, sui due lati al II miglio della via S. Callisto61, almeno nel II secolo. Così, come per i Appia, doveva estendersi un’area riservata ai mem- cuochi della casa imperiale, anche per gli structores bri del collegium cocorum,una statio53, dove i singoli vi era un praepositus di condizione libertina, secondo componenti potevano ottenere l’assegnazione di un la definizione del ruolo di Aelius Anthus nella sua spazio in cui erigere il sepolcro anche per i familiari. iscrizione sepolcrale62. Questo è documentato dalle iscrizioni in esame per il Sono numerosi gli addetti a questo compito fino- II secolo d.C. e gli inizi del successivo, ma forse tale ra noti e tutti schiavi63, tra i quali val la pena menzio- realtà dovette avere una sua continuità nel tempo, nare Epaphroditus, Imp(eratoris) Caesaris Domitiani dal momento che nella catacomba di Pretestato sono Aug(usti) Germanici, structor a cybo con il suo colle- presenti due iscrizioni, cocorum XI e cocorum G54, ga Syntrophus64 (fig. 12). tracciate sull’intonaco ancora fresco sulla volta di Non è questa la sede per soffermarsi su quanti una galleria, per indicare la destinazione di sepolcri servivano alla mensa dei romani, in una specializza- in tale ambito, in una regione che venne impiantata e zione che è rivelata dalle diverse mansioni a questi

48 Cfr. CIL, VI 7458 e 8750+ 29899; vd. Gregori 2004, 393 tenenti alla domus imperiale. F13 ed F9 e p. 402, in cui si nota come l’importo della multa di 57 Petr., Sat. 36: Processit statim scissor (termine qui sinonimo di 50.000 sesterzi sia il più frequentemente indicato. structor) et ad symphoniam gesticulatus ira laceravit obsonium, ut 49 Le due iscrizioni furono rinvenute in due momenti diversi, putares essedarium hydraule cantante pugnare. l’una nel 1822, l’altra nel 1846, ma entrambe nella vigna Amen- 58 Mart., Ep. 10, 48, 15. dola - de Rosa. 59 Iuv., Sat., 5.120-124. 50 La lastra era stata riutilizzata a copertura di un loculo del 60 CIL, VI 444. primo piano della catacomba di S. Callisto (de Rossi 1877, 636). 61 Come desumibile dal luogo di rinvenimento di AE 1937, 51 Ferrua 1973, 75. 161, databile alla prima metà del II secolo d.C. 52 Josi 1936, 208-209. 62 CIL, VI 9045. 53 Questa è la cocorum statio menzionata nell’iscrizione sepol- 63 CIL, VI 9046 (di età augustea), 8911 (al servizio di Livia); crale di T. Aelius Primitivus (CIL, VI 7458); vd. Spera 2004b, 8795a = ILS 1809 cfr. AE 1980, 43; CIL, VI 9047 = ILS 1810; 125-126. 9048; 33235; 33795. 54 ICUR 14815a-b. 64 CIL, VI 33470; cfr. Giovagnoli 2012, 519; qui infatti l’espres- 55 Si tratta della galleria E 17 del complesso cimiteriale, v. Spe- sione a cybo deve essere intesa come una variante di a cibo in base ra 2004a, 26-28. al contesto; il documento è databile tra l’83 e il 96 d.C. 56 Ben nota è anche la figura dello structor nell’edilizia; ma gli 65 Sen., Ep. ad Luc. 120, 19. Per le fonti sul personaggio v. PIR2 structores di cui qui s’intende trattare si distinguono agevolmente G 91. in base al contesto, trattandosi quasi sempre di individui appar- 154 MARIA GRAZIA GRANINO CECERE

dizione riferisce che preferì bere il veleno allorché si rese conto che gli restavano ormai solo 10 milioni di sesterzi per poter soddisfare la sua fame e la sua sete67. In lui la tradizione vuole riconoscere l’autore di quel “De re coquinaria”, nel quale in centinaia di ricette sembra compendiarsi l’arte della cucina ro- mana. Altri nomi sono rivelati. ad esempio, dai versi di Marziale68: quello di un Caecilius, cui la perizia nel cucinare zucche aveva fatto meritare l’appellati- vo di Atreus cucurbitarum, poiché con le zucche egli sapeva preparare un’intera cena, dall’antipasto alle diverse portate, fino al dessert, trasformandole con perizia in code di tonno, sardine, funghi e sangui- nacci con l’aiuto di erbe aromatiche e condimenti. La sua era una cucina povera, poco costosa, ma con arte egli cercava di imitare anche certe ghiottonerie molto apprezzate al tempo, opera di altri artigiani del cibo, come Capellius, diventato famoso per le sue Capellianae, degli spuntini avvolti in foglie di ruta da consumarsi col vino, di cui dovevano esaltare aroma e sapore. I documenti presi in considerazione hanno fatto affiorare tanti nomi di cuochi e altri potrebbero es- sere indicati. Ma certamente non si poteva trovare una risposta alle domande di un lettore operaio di Bertold Brecht, se cioè Cesare nelle sue campagne galliche non avesse almeno un cuoco con sé e soprat- tutto chi cucinò la sera delle tante vittorie ricordate Fig. 12. Stele sepolcrale dello structor Epaphroditus (CIL, VI 33470) nelle pagine di storia: domande certo provocatorie, ma che fanno riflettere su quanti nomi sono rimasti e rimarranno nell’oblio di chi più o meno abbia mo- attribuite, come a cyato, a potione o a laguna. La trat- strato nel lungo corso dei tempi valentìa in cucina. tazione risulterebbe troppo ampia e non pertinente al tema in esame. Ma un accenno ritengo debba farsi, anche se del MARIA GRAZIA GRANINO CECERE tutto cursorio, a quelli che erano considerati gli chefs Università degli Studi di Siena del tempo, quali i Vissani e i Cracco di oggi. Non mi [email protected] soffermo su quel Marcus Gavius Apicius, ben noto a tutti, impareggiabile per i suoi banchetti65, nei quali profuse gran parte del suo patrimonio66 e che la tra-

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155 CUOCHI ALLA MENSA DEI ROMANI

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156 Paesaggi agrari di Aquinum: resti e contesti nella trasformazione diacronica del territorio

Giovanna Rita Bellini – Giovanni Murro

1. Premessa della centuria (4 x 4 actus = 8 iugera = 4 heredia), che potevano costituire il singolo appezzamento Le attività di tutela e contestuale ricerca portate avanti concesso al nuovo colono. La disposizione degli con costanza negli ultimi decenni hanno permesso insediamenti appare inoltre strettamente inserita una notevole copertura delle evidenze archeologiche all’interno del reticolo viario triumvirale, in quanto si presenti nell’ager di Aquinum. posizionano sia nelle vicinanze sia degli assi maggiori Monitoraggi, studio della toponomastica, sia delle partizioni interne, che costituivano non screening della cartografia disponibile e infine solo i limiti delle singole assegnazioni, ma anche verifiche archeologiche sul campo (in diversi casi fasce di rispetto di pertinenza demaniale e assi accompagnate da analisi geologiche di dettaglio) stradali di collegamento minori. Le indagini del sono negli anni confluite all’interno di una più gasdotto Busso , che ad est del corso del ampia lettura storico-topografica del territorio, nel Melfa hanno interessato le zone di Campi Minonno, tentativo di decifrarne l’evoluzione nelle dinamiche Bosco Commone, Borgata Pannucciara e Panniglia, di occupazione e di sfruttamento. È possibile hanno portato ad una più precisa definizione delle leggere nella forma geomorfologica, edilizia e viaria caratteristiche geologiche della zona, fondamentali dell’agro aquinate sia elementi di totale ed inevitabile per comprendere tempi e modalità delle dinamiche trasformazione, sia caratteri identitari assolutamente insediative: la presenza di spessi livelli argillo-limosi conservativi e ancora oggi “vivi” nella topografia dei al di sotto del piano di campagna, e di conseguenza luoghi. la tendenza ad allagamenti, ha contribuito in maniera decisiva alla caratterizzazione del contesto antico, definito da siti di dimensioni contenute abbastanza 2. L’ager occidentale isolati seppur diffusi in un areale ricco di corsi d’acqua stagionali, limitate aree di tracimazione degli stessi Analizzando l’estremo settore occidentale ed un ampia copertura boschiva verosimilmente dell’agro, per l’età classica sono stati censiti circa soggetta a sfruttamento già dalla fine del II sec. a.C., venticinque siti che hanno permesso di ricostruire secondo un trend noto e diffuso nei settori della l’assetto insediamentale dell’area a partire dall’età penisola dove la tendenza all’urbanesimo – con tardo repubblicana. Si tratta unicamente di siti la conseguente richiesta di legname per l’attività rustico-produttivi, almeno sei dei quali riconducibili edilizia – vide un massiccio incremento2. In questo a complessi di medio-grandi dimensioni1. Dall’analisi settore dell’ager di Aquinum l’organizzazione dei siti individuati, la maggior parte sorti in età coloniale è fortemente connessa alle risorse presenti tardo-repubblicana ed attivi fino alla media/tarda ed i siti rustici sembrano rispondere con le loro età imperiale, e dalla loro collocazione topografica, caratteristiche a ben precise scelte economiche. Le risulta evidente il loro perfetto inserimento nella piccole dimensioni, gli aspetti edilizi estremamente maglia centuriale: gli insediamenti registrati infatti modesti (è raro trovare elementi che facciano sembrano collocarsi tutti all’interno di una delle supporre strutture murarie di un certo rilievo) sono partizioni interne corrispondenti ad un sedicesimo indizi di attività a basso investimento e a rendimento

1 Hayes - Martini 1994, nn. 79, 88, 91, 93, 95, 99. a.C.) è verosimile collocare un’ascesa dell’economia della selva 2 È ipotizzabile per quest’area una massiccia riorganizzazione connessa allo sviluppo urbano e monumentale di alcuni centri. territoriale proprio in questo periodo. A partire dagli anni im- 3 Per approfondire v. Duncan Jones 1974, 34 ss. Si veda anche mediatamente successivi alla deduzione di Fabrateria Nova (124 quanto espresso su questo tema da Giardina 2004, 158-165.

157 PAESAGGI AGRARI DI AQUINUM: RESTI E CONTESTI NELLA TRASFORMAZIONE DIACRONICA DEL TERRITORIO sicuro, quali l’allevamento e l’economia della selva3. distinguendosi rispetto alla parte occidentale dell’ager Con la scomparsa in età medio/tardoimperiale per la diversa qualità dei ritrovamenti e per la ipotetica dell’insediamento rustico la zona in esame, fascia presenza di almeno un pagus di una certa rilevanza5. di confine tra il territorio di a nord e di I siti, in gran parte rustico-produttivi con minoritarie Pontecorvo a sud, riacquista la naturale vocazione aree funerarie, sorgono in età tardo-repubblicana e boschiva, ben attestata dai fitonimi che ancora oggi sono verosimilmente connessi alle assegnazioni di età accompagnano il percorso dei limiti comunali (fig. triumvirale. Tutti risultano strettamente correlati alle 1)4. direttrici viarie ed alla suddivisione centuriale, i cui limiti non sono sempre definibili con certezza a causa della presenza di vaste aree boschive o paludose (le 6 3. L’ager orientale cui tracce restano fossilizzate nella toponomastica ). La posizione e la dimensione delle aree di frammenti Analogo, dal punto di vista tipologico e funzionale, fittili in questa zona indica insediamenti non estesi, è l’assetto insediativo per l’estremo margine distribuiti “a maglia larga” (secondo uno schema orientale del territorio aquinate. Anche in questo di rapporto stretto “struttura produttiva/abitativa- caso l’insieme degli elementi analizzati (cartografia, terreno agricolo”), la cui produzione è in buona parte toponomastica, caratteristiche geomorfologiche destinata all’autoconsumo o alla vendita dei prodotti e dati da survey) fotografa un settore dalla nei mercati vicini. vocazione squisitamente agricolo-produttiva, pur

Fig. 1. L’estremo settore occidentale dell’ager di Aquinum. I siti rustici e il loro rapporto con la viabilità, l’organizzazione centuriale e le aree boschive.

4 La lettura territoriale fa parte di uno studio più vasto (in Ar- edilizio antico riutilizzato, un pagus in loc. San Marco-Filetti: Bo- chivio SABAP) condotto da G. Murro e S.L. Trigona e relati- nanni 1922, 120; 135, nota 3; 136, nota 1. Da segnalare sono le vo a monitoraggi preventivi all’istallazione di impianti fotovol- recentissime indagini archeologiche -in corso di studio- condotte taici limitrofi in località Ravano (PVFR0011), Melfi di Sopra nei pressi della chiesa di San Marco, che hanno messo in luce (PVFR002), Contessola (PVFR004) e Cellette (PVFR001), Casa strutture murarie e sepolture di età romana e medievale. Gli sca- Urgesi (PVFR003), progetti elaborati e presentati dalla società vi, condotti dalla società Ars srls, col coordinamento di Giovanni Holding Energetica S.r.l. Murro e la direzione scientifica di Carlo Molle, sono stati diretti 5 L’ipotesi, che prende le mosse dalle osservazioni del Grossi, sul campo da Davide Pagliarosi.” è dello storico locale R. Bonanni. In particolare lo studioso lo- 6 Toponimi evocativi sono testimoniati dalla cartografia di epo- calizza, sulla base di alcuni rinvenimenti epigrafici e di materiale ca borbonica. Nomi come Bosco delle Querce, Selva di Verci,

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4. Il suburbio meridionale A testimonianza di tale caratteristica ambientale è il toponimo locale (riportato anche nei fogli catastali) Le indagini del gasdotto Busso-Paliano hanno di “Pantano delle Cornacchie”, ancora utilizzato dato la possibilità di verificare numerosi dati da dai più anziani abitanti della zona. Gli scavi hanno ricognizione. Di particolare interesse, per le vicende confermato inoltre la presenza di un asse viario, già legate alla costruzione dell’autostrada A1, è l’assetto individuato da aerofotointerpretazione7, relativo alla morfologico del suburbio meridionale di Aquinum. viabilità extra urbana a sud delle mura della colonia In questo settore le ricognizioni effettuate registrano (fig. 2). una notevole presenza di frammenti fittili, distribuiti È stato messo in luce un sistema viario composto in maniera sostanzialmente uniforme, ma con da due assi stradali glareati, tra loro intersecanti non concentrazioni significative in determinati punti. Le ortogonalmente. L’asse principale, largo m 6,20, è indagini preventive hanno evidenziato come la larga orientato 44° verso est e pertanto non risulta legato, parte di tali aree frammenti siano in realtà definibili anche per la sua posizione, agli assi centuriali, come come dei “falsi positivi”, frutto dell’apporto di terreno noto orientati 28° est (figg. 3-4). Un secondo asse archeologicamente significativo dalle vicinanze. stradale, largo circa m 4,60 (poco più di 15 piedi Questo fenomeno di ri-deposizione del materiale romani), si immette nel primo, per poi proseguire si localizza in maniera piuttosto precisa nei settori il suo percorso secondo un orientamento est-ovest, immediatamente a sud del tracciato autostradale. di fatto parallelo alla linea delle mura meridionali di L’origine dei livellamenti e delle ricariche di terreno Aquinum, con una distanza di circa m 104 dalla linea in loc. Fontana Malanova-Masseria Di Folco, del tracciato murario (circa 3 actus). I dati ottenuti contestuale alla realizzazione dell’autostrada, è risultano di estremo interesse, in quanto arricchiscono senz’altro legato alla natura storica dei luoghi, e perfezionano la lettura della centuriazione caratterizzati da una falda piuttosto superficiale che dell’ager Aquinas. La postulata esistenza di un’area determinava condizioni di acquitrinosità stagionale e risparmiata da partizioni agrarie nell’immediato che rendeva i terreni agricoli improduttivi per mesi. suburbio8 va in questo caso rettificata, aggiungendo

Fig. 2. Il posizionamento del sito 103 indagato durante la realizzazione del gasdotto Busso-Paliano.

Pantanacci, Le Cerquelle risultano ormai dimenticati all’interno 7 Ager Aquinas 2004, 16, fig. 3. di un tessuto territoriale radicalmente cambiato dal secondo do- 8 Bellini - Murro - Trigona 2012, 573-581. poguerra ad oggi.

159 PAESAGGI AGRARI DI AQUINUM: RESTI E CONTESTI NELLA TRASFORMAZIONE DIACRONICA DEL TERRITORIO un elemento nuovo, funzionale alla comprensione state rilevate opere di regimazione idraulica (canali) delle modalità di suddivisione del territorio. È chiaro interferenti le glareate ed orientati secondo lo schema infatti come esistano, immediatamente a nord e a di età triumvirale, elementi questi che testimoniano sud della colonia, tracce di una partizione solidale come anche in questo caso la centuriazione non sia a quella della via Latina dei decumani, già peraltro esclusivamente un sistema volto alla definizione di individuati da foto aerea. Oltre agli assi stradali sono lotti da assegnare, ma sia da intendere parallelamente come uno strutturato intervento di bonifica e valorizzazione del territorio.

5. Ricostruire il paesaggio agrario antico dalla strigatio alla centuriazione: il suburbio nord-occidentale

La struttura divisionale strutturata dalla Scuola Francese9 per questo comparto della valle del è stata, grazie alle indagini sul campo, oggetto di una parziale revisione10. La centuriazione, intesa non nome una “griglia” fissa, ma come un evento dinamico, è stata adattata al territorio tenendo conto dell’estrema complessità dei suoi caratteri morfologici e di un articolato e tangibile pregresso topografico-insediativo, oltreché giuridico11. L’esito delle verifiche archeologiche ha confermato quanto in parte già suggerito dall’analisi della cartografia storica, della toponomastica e delle caratteristiche Fig. 3. Sito 103: gli assi stradali glareati a sud dell’area urbana di Aquinum (rilievo G. Murro). ambientali dei luoghi.

Fig. 4. Sito 103: vista zenitale del sito (foto G. Murro).

9 Chouquer et al. 1987, 127-130; Chiocci 2004. - Murro - Trigona 2012. 10 Per una più recente lettura del territorio centuriato v. Bellini 11 Sul rapporto tra centuriazione, viabilità, geomorfologia e di-

160 GIOVANNA RITA BELLINI - GIOVANNI MURRO

Se mettiamo a confronto la cartografia storica con Aquinum. I recenti scavi del gasdotto SGI Busso quella più recente o con le sempre più aggiornate Paliano15 hanno permesso di affrontare indagini immagini satellitari, è facile osservare come gli archeologiche intensive sul tratto della bretella 6 odierni elementi viari del paesaggio rispettino della medesima opera, corrispondente al suburbio sostanzialmente quelli antichi, sovrapponendosi nord-occidentale di Aquinum. I resti della prima all’impianto storico senza mai obliterarlo del tutto. organizzazione territoriale, quella che Chouquer Tale conservatorismo si giustifica con l’estrema definì convenzionalmente Aquinum I, sono stati logicità del sistema di suddivisione agrario- intercettati in svariati punti e analizzati nell’ambito territoriale antico, di età romana in particolare, ma della realizzazione dell’opera pubblica (siti V1B, anche precedente. La grande centuriazione di età V2B, 124-125, V4I, 129-133). Il posizionamento triumvirale rappresenta l’elemento che più di tutti ha cartografico delle evidenze ha permesso di acquisire influenzato l’organizzazione catastale e stradale del nuovi elementi sulla scansione modulare delle territorio quasi fino ai giorni nostri. Le verifiche dirette direttrici viarie. Il modulo proposto dalla Scuola sul campo, la loro geo-localizzazione e l’aggancio Francese, 10 actus, risultava, per stessa ammissione con la cartografia storica ne hanno delineato con degli autori, assai poco usuale. L’individuazione maggiore precisione i contorni. Come messo in luce di due distinti assi contigui (V1B e V2B) e la dalle verifiche dirette, la centuriazione “reale”, o più successiva proiezione del loro interasse sulla carta correttamente la gestione di un territorio suddiviso, hanno mostrato come una suddivisione basata su a prescindere dalla sua modularità e dalle dimensioni 6 actus risulti maggiormente attinente alla reale della centuria, è un organismo meno invasivo di organizzazione del territorio, ed inoltre attestata quanto si pensi e parte integrante del territorio, al anche altrove16. Conforta la lettura anche il fatto che quale i princìpi gromatici vengono non di rado tale misura trovi un preciso riscontro nella struttura adattati. urbanistica di Aquinum, dove gli isolati misurano L’organizzazione del territorio aquinate costituisce appunto 6 x 4 actus17 (fig. 5). un chiaro esempio in questo senso, quello cioè di una Più ad est dei due rinvenimenti sopracitati le struttura che si imposta su preesistenze e su elementi indagini sul sito 124-125 hanno evidenziato la morfologici non modificabili. Se la parte orientale presenza di un’altra strada (già nota in bibliografia e del territorio aquinate presenta evidenze eloquenti, da fotointerpretazione)18, anch’essa con orientamento nette sia nei crop-marks, sia nei fossili viari esistenti, la situazione ad ovest di Aquinum è molto diversa. In questo settore emergono ancora, persistenti nella viabilità rurale tra Castrocielo e Roccasecca, i segni della prima razionale organizzazione percepibile del territorio aquinate aquinate: la cd. “strigatio”. Quando lo Chouquer parlava dei centri caratterizzati da un “cadastre precoce” evidenziava, con questa locuzione, la vetustà di certe ripartizioni catastali e poneva i casi più antichi nel IV sec. a.C., pur non proponendo datazioni per il caso aquinate12. L’associazione tra forma e datazione, spesso sostenuta13 ed ancora accettabile nelle sue linee di massima, è stata oggetto di critiche che hanno evidenziato quanto sia piuttosto complesso applicarla come regola generale14. Ciò detto, è comunque da rilevare come siano emersi chiari indicatori relativi effettivamente ad un “cadastre Fig. 5. Posizionamento dei ritrovamenti relativi alle direttrici della precoce” per la porzione occidentale dell’ager di strigatio nel suburbio nord-occidentale di Aquinum.

sciplina giuridica è fondamentale quanto espresso in più sedi da logia. Le indagini, sotto la direzione scientifica di G.R. Bellini, L. Capogrossi Colognesi. Per un inquadramento della proble- sono state coordinate sul campo da G. Murro, G. Matullo, M. matica tra viabilità e proprietà privata si veda Capogrossi Co- Treglia (per Land srl) e da M. Cerqua, A. Chiatroni, E. Civale lognesi 1976, 64 ss. Un’analisi critica della questione, alla luce (per Coop. Archeologia). Lo studio antropologico è stato con- dell’esperienza giuridica romana, viene ripresa nella monografia dotto da W. Pantano e R. Mosticone. di Pavese 2013. 16 La scansione per 6 o 12 actus è stata proposta anche per i “ca- 12 La strigatio dal modulo di 10 actus (c.d. Aquinum I) è cauta- dastres precoces” di Alba Fucens ed Aesernia. Vedi Chouquer et mente ipotizzata come coeva a quella di Interamna Lirenas (de- al. 1987, 130, 142-143. dotta nel 312 a.C.): Chouquer et al. 1987, 125-126. 17 Per lo schema urbanistico di Aquinum, oggetto di una resti- 13 Hinrichs 1974, 84-169; cfr. anche Schubert 1996. tuzione fotogrammetrica finalizzata, si veda Ager Aquinas 2004, 14 Una sintesi della problematica in Roselaar 2009, con bibl. in partic. 13-19. 15 Le indagini nei territori di Roccasecca, Castrocielo ed Aqui- 18 Ager Aquinas 2004, 16, fig. 3. no sono state condotte dalle Società Land srl e Coop. Archeo- 161 PAESAGGI AGRARI DI AQUINUM: RESTI E CONTESTI NELLA TRASFORMAZIONE DIACRONICA DEL TERRITORIO nord-ovest/sud-est, lungo la quale si distribuivano le Castrocielo avevano portato alla luce un sepolcreto tombe della grande necropoli che sorgeva in questo inquadrabile nel V sec. a.C.19 associato a quest’asse areale (fig. 6). Il tracciato viario è noto per essere uno viario. I recenti scavi hanno non solo portato alla luce degli assi generanti ai quali si attiene l’orientamento altre sepolture della medesima epoca, confermandone delle mura e dei cardines della città di Aquinum. la validità come terminus cronologico di riferimento, L’importante dato evidenziato dagli scavi riguarda ma hanno chiarito anche la scansione stratigrafica l’antichità di tale tracciato e la sua importanza della strada, con 3 distinti livelli di acciottolato nella rete viaria che innervava l’ager di Aquinum. sovrapposti sempre lungo la stessa direttrice, in Già le indagini condotte in loc. Campo Cavaliere a origine un tracciato in terra battuta. Il dato è rilevante

Fig. 6. Sito 124-125, loc. Cappella Marcella-Campo Cavaliere: ortofoto e rilievo dello scavo (tratto B) (foto e rilievo G. Murro).

19 Trigona 2012.

162 GIOVANNA RITA BELLINI - GIOVANNI MURRO in quanto mostra come già dal V sec. a.C. esistessero 6. Conclusioni delle direttrici strutturate all’interno di un territorio che cominciava ad assumere una prima embrionale Pur muovendosi sfruttando al massimo le forma di razionalizzazione. Tale schema diverrà preesistenze che fino a quel momento avevano maggiormente organizzato solo a partire dalla fine segnato il territorio, la centuriazione segna di certo del secolo successivo con l’occupazione del territorio una rivoluzione, a volte netta, a volte parziale, in da parte dei Sidicini, le cui tracce ad Aquinum termini ripartizione catastale e funzionale dei lotti di diventano sempre più evidenti. Inizialmente basata terreno. Rappresenta, altresì, un gigantesco riassetto solo su elementi indiziari (su tutti l’attestazione del del territorio in termini di bonifica e di gestione delle culto di Popluna20), la loro presenza, individuata per risorse, mutando in maniera netta gli orientamenti la prima volta durante gli scavi nell’area di Servizio dell’organizzazione territoriale precedente, secondo Casilina Est21, è diventata ormai elemento certo una logica più evoluta e più adattiva alla forma nella storia del territorio a seguito del ritrovamento del paesaggio e dei principali corsi d’acqua. Se nel di ulteriori attestazioni funerarie di eccezionale primo caso infatti possiamo parlare di una prima rilevanza (fig. 7)22. organizzazione del territorio e delle sue direttrici viarie Ad una organizzazione del territorio più antica, più importanti, nel secondo ci troviamo di fronte ad i cui tratti sono più volte emersi durante gli scavi un’operazione di straordinario impegno, non tanto del gasdotto nella parte occidentale dell’ager di e non solo infrastrutturale, ma soprattutto perché, Aquinum, si sovrappone la centuriazione triumvirale. come argomentato più che convincentemente dagli Anche di quest’ultima sono stati portati alla luce studi di Capogrossi Colognesi, struttura una organica diversi tratti (siti V142, 120, 124-125), relativi quasi relazione tra proprietà fondiaria, disciplina giuridica esclusivamente ad assi orientati nord-ovest/sud-est e organizzazione del territorio sostanziata nelle forme (fig. 8). Coevi a questa fase, ma con orientamenti della limitatio. Gli studi sul campo hanno chiarito difformi da quello canonico, sono le evidenze relative come essa sembri non parzialmente riguardare alcuni alla glareata rinvenuta nel sito V18. Pertinenti invece settori dell’immediato suburbio della città sui quattro ad una ipotetica ripartizione del suburbio secondo lati. I motivi di questa “mancanza” sono da un lato un modulo analogo agli isolati dell’area urbana di ambientali, dall’altro storici, in una zona in cui le Aquinum sembrerebbero gli assi individuati nel sito preesistenze dovevano rivestire un ruolo importante: 129-133 e 103, entrambi orientati in senso est-ovest.

Fig. 7. Sito 124-125, loc. Cappella Marcella-Campo Cavaliere: alcune tombe significative pertinenti alla fase di IV sec. a.C. della necropoli.

20 Coarelli 2007; sull’attribuzione a Iuno Regina , epi- 21 Bellini - Trigona 2011. clesi romana di Popluna, del tempio maggiore di Aquinum, v. 22 Da ultimo Bellini - Murro - Pantano, c.s. Murro 2010, 130-146

163 PAESAGGI AGRARI DI AQUINUM: RESTI E CONTESTI NELLA TRASFORMAZIONE DIACRONICA DEL TERRITORIO

grande insediamento rustico in loc. Casale Grossi, posizionato nel più canonico dei modi in prossimità di viabilità principale e risorse idriche. Il pattern insediativo è di tipo sparso, ma capillare al tempo stesso, e prevede per l’agro aquinate una teoria di unità/fattorie, che le ricognizioni definiscono spesso di media entità, ben collocate rispetto alle vie di comunicazione principali e distanti dalla città non più di 3 chilometri. Oltre questa distanza le unità produttive si rarefanno, coagulandosi però in piccoli nuclei distribuiti sulle direttrici viarie, sui lievi versanti collinari e comunque mai discostandosi molto dagli allineamenti centuriali. Il numero delle unità rustico-produttive presenti nel territorio sembra vedere una forte riduzione a seguito dei mutati presupposti demici ed economici. Le conclusioni25 proposte dalla Scuola Fig. 8. Posizionamento dei ritrovamenti relativi ad assi centuriali canadese risultano, anche alla luce delle verifiche nel suburbio nord-occidentale di Aquinum archeologiche effettuate, in buona parte ancora condivisibili. È evidente una generale contrazione l’ager normato dai triumviri interessò un’area con insediativa nel IV sec. d.C., iniziata il secolo un sostrato culturale già coagulato probabilmente precedente. Pochi infatti in questo periodo sono in un fenomeno urbano, dove peraltro le tradizioni gli insediamenti rustico-produttivi che continuano insediative, figlie di quelle cultuali23, si tradussero ad esistere e già per la metà del II sec. d.C. i dati presto nell’Aquinum sidicina, della quale, anche in materiali sembrano ridursi. La maggioranza di essi assenza – ad oggi – di evidenze di tipo abitativo, scompare a vantaggio di pochi “major sites”, che possiamo accettare l’esistenza. Zone di necropoli vanno invece ad incrementare le proprie dimensioni, estese e pluristratificate, aree interessate da santuari continuando a funzionare fino ad età tardoantica. lungo direttrici viarie che dobbiamo considerare È verosimile che a tale trasformazione/fine del la prima forma di “conquista” del territorio, sistema delle ville rustico-produttive corrispondano determinarono i criteri della nuova zonizzazione cambiamenti importanti negli assetti fondiari. periurbana sul finire dell’età repubblicana. L’assenza La scomparsa di numerose realtà produttive nel di linee catastali in questo settore non esclude corso del IV sec. d.C. va intimamente connessa al ovviamente altri elementi di suddivisione, ma è lecito fenomeno di contrazione/crisi urbana osservabile ad ipotizzare che potessero essere queste porzioni di Aquinum (e nel dettaglio osservabile in uno dei suoi territorio non assegnate o da assegnare e destinate edifici principali: le terme centrali26). Va però detto per lo più ad un uso agricolo intensivo secondo che si tratta di un fenomeno non privo di eccezioni, un modello preciso di distribuzione spaziale delle anche di una certa importanza. All’interno infatti colture e dei sistemi di coltivazione. La tipologia dei di un generalizzato depauperamento numerico e siti censiti in ricognizione sembra essere compatibile, qualitativo delle attestazioni vanno enumerati casi di al netto delle peculiarità geomorfologiche, segno nettamente opposto. Da menzionare, su tutti, topografiche e storiche, al modello di distribuzione è il caso del sito 129-133, scavato27 durante i lavori delle produzioni molto vicino a quello elaborato da di realizzazione del gasdotto (fig. 9). Si tratta di un Von Thünen già intorno alla metà dell’800. Nei settori impianto rustico-produttivo di notevoli dimensioni, periurbani della città romana, le cui risorse idriche prossimo alle risorse idriche, ma munito di pozzi sono, per ragioni note, assolutamente ragguardevoli, propri e posizionato lungo la viabilità extraurbana del è evidente una mancanza di attestazioni relative suburbio settentrionale della città. La presenza dei a insediamenti rustico-produttivi, mentre sono pozzi e di un grande dolium per l’immagazzinamento presenti agglomerati necropolari pluristratificati (IV di derrate subito a nord delle strutture suggerisce sec. a.C.-IV sec. d.C.)24 e un importante santuario, che il sito fosse legato allo sfruttamento delle risorse in loc. Méfete, da ricondurre alla sfera della sanatio. agricole circostante e del tutto autosufficiente. I Nel raggio di km 1,5 dal centro della città romana è materiali indicano una datazione a partire dal I censito al momento (e scavato parzialmente) un solo sec. a.C., ma il complesso è interessato da varie

23 Bellini - Murro - Trigona 2016. 2016. Da ultimo vedi Ceraudo et al. 2017. 24 Bellini 2007. 27 Un sentito ringraziamento a tutto personale della società 25 Hayes - Martini 1994, 34-43. Land srl, che ha eseguito le lavorazioni sul campo. 26 Una sintesi delle varie fasi del complesso in Ceraudo - Murro 164 GIOVANNA RITA BELLINI - GIOVANNI MURRO

Fig. 10. Sito 129-133, loc. Casale Grossi: tomba tardo-antica per- tinente alle fasi di abbandono e riutilizzo a fini cimiteriali del sito (foto G. Murro). Fig. 9. Sito 129-133, loc. Casale Grossi: ortofoto e rilievo del gran- de impianto rustico (fase IV) (foto e rilievo G. Murro). modificazioni nell’impianto planimetrico e da una GIOVANNA RITA BELLINI fase tarda caratterizzata da numerosi focolari e Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio scarichi di materiali ascrivibili al IV secolo inoltrato. per le province di Rieti, Frosinone e Latina La presenza di una tomba multipla a cassone litico [email protected] (fig. 10), databile per le caratteristiche al VI sec. d.C., suggerisce la conversione di almeno una parte GIOVANNI MURRO del complesso in area cimiteriale (forse a carattere independent researcher familiare), secondo una tendenza che ritroviamo ben [email protected] documentata anche in area urbana28.

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28 Murro 2017.

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166 L’alimentazione a Tusculum nel Medioevo: i dati archeobiologici

Leonor Peña-Chocarro – Marta Moreno García – Guillem Pérez Jordà Valeria Beolchini

1. Introduzione campagne di scavo (2012-2015)2, sia da contesti par- ticolarmente significativi individuati nel corso delle L’Escuela Española de Historia y Arqueología en precedenti attività di ricerca e selezionati sulla base Roma coordina dal 1994 un progetto di ricerca ar- della documentazione d’archivio3. cheologica nell’antico insediamento oggi abbandona- Sono stati studiati nel complesso 3030 resti fau- to di Tusculum, all’interno del quale rientra il nuovo nistici, provenienti da contesti localizzati in zone progetto inaugurato nel 2012 e dedicato a “Tusculum differenti dell’insediamento. La maggior parte dei medievale: territorio, paesaggio, economia e società” campioni (il 60% del totale) provengono dall’area (PIES nn. 201210E033 e 2014410E05)1. Particolare della civitas medievale, impostatasi sui resti dell’an- rilievo è stato dato in tale ambito alle analisi arche- tico foro romano, e precisamente provengono dal- obiologiche, introducendo come prassi attività di la sequenza dei riempimenti dell’ambiente semi- campionamento svolte con regolarità nel corso delle sotterraneo F e di vari pozzi/silos (D1095, D1194, campagne di scavo e finalizzate al recupero dei re- D1248-1275, S3059)4, oltre che dal riempimento sti faunistici e vegetali (semi, carboni e pollini) pro- medievale della cisterna romana situata nell’angolo venienti dai contesti chiusi di Tusculum. Da ciò la nord-orientale dell’acropoli (settore R5400)5. È im- possibilità di acquisire per la prima volta importanti portante segnalare il carattere secondario o terziario informazioni sulle produzioni agricole tipiche del di gran parte di questi depositi, che videro alterata territorio in età antica e medievale, sul tipo di alle- la loro funzione originaria a seguito delle dinamiche vamento praticato, sulla dieta umana e animale, sulle insediative che caratterizzarono lo spazio urbano. Si modalità di conservazione, stoccaggio e lavorazione tratta cioè di strutture che vennero progressivamente delle derrate alimentari. Tutto ciò con l’obiettivo colmate con scarti prodotti da differenti attività di di acquisire nuovi elementi utili a ricostruire la vita carattere privato (derivanti dal consumo alimentare) quotidiana della città e, più in generale, la relazione o pubblico (derivanti da attività artigianali, come ad esistente in epoca medievale fra insediamento e am- esempio macelleria, conciatura, ecc.), e in episodi biente circostante. temporali successivi6. Bisogna anche tenere in con- siderazione che non conosciamo quali siano state le modalità di raccolta dei reperti archeofaunistici 2. I dati archeofaunistici. e le strategie di campionamento utilizzate nell’am- bito del precedente progetto di ricerca conclusosi Lo studio dei reperti archeofaunistici condotto nel 2010, che possono aver condizionato la tipologia nell’ambito del nuovo progetto Tusculum ha previ- dei resti presi in esame7. A fronte di tali circostanze, sto l’analisi sia di campioni provenienti dalle attuali preferiamo mantenere una certa cautela al momen-

1 Si veda Beolchini et al. in questo stesso volume. (P130, P119), 2001 (E1118, E1128, E1130, E1133, E1135, 2 Per i dati archeofaunistici delle campagne di scavo 2012-2014 E1136, E1137, E1140, E1148, E1151, E1157, E1172; Ambiente cfr. anche Beolchini et al. 2015, 132-134; id. 2018; sono invece F: D1125, D1151), 2002 (E1153, E1163, E1172, D1175, D1183, ancora in corso le analisi su parte dei reperti recuperati durante la D1198, D1218, D1229, D1248, D1263, D1275, D1281) e 2008 campagna di scavo 2015 (provenienti dalle UUSS R5207, R5208, (S3058, S3061). R5302, R5402, R5406, R5408, R5411, R5415, R5423, R5424, 4 Per una localizzazione delle unità stratigrafiche, si rimanda a R5425, R5426, R6107, R6110, R6111, R6113, R6114, R6122, Beolchini 2006, 183 ss. R6123, R6126, R6130, G1110, G1112, G1117, G1132, G1134), 5 Beolchini et al. 2015, 132-134; si veda inoltre Beolchini et al. per il cui studio completo si rimanda alla monografia dedicata al in questo volume. progetto di scavo 2012-2016, in corso di preparazione. 6 Hall et al. 1982. 3 Sono stati presi in esame contesti recuperati nel corso del- 7 Cfr. sull’argomento Payne 1975. Nel caso specifico di Tu- le campagne di scavo realizzate negli anni 1995 (P6421), 1996 sculum, occorre chiedersi se durante le campagne di scavo pre-

167 LEONOR PEÑA-CHOCARRO - MARTA MORENO GARCÍA - GUILLEM PÉREZ JORDÀ - VALERIA BEOLCHINI to dell’interpretazione dei dati ottenuti, in partico- di mammiferi e uccelli recuperati (tav. 1), della fre- lar modo per quanto riguarda: 1) la valutazione di quenza delle parti anatomiche (fig. 1) e l’analisi delle possibili cambiamenti nella gestione e sfruttamento età di macellazione delle specie allevate (fig. 2) per- delle risorse faunistiche, e 2) il riconoscimento dei mettono senza dubbio di gettare nuova luce su quali meccanismi economici e socio-culturali che dovette- siano stati gli usi alimentari tuscolani nel medioevo8. ro caratterizzare differenti settori della società tusco- In particolare, la ceramica associata ai reperti fau- lana. L’identificazione e quantificazione delle specie nistici analizzati consente di datare i contesti presi

Tav. 1: Relazione del numero dei resti faunistici (N) e frequenza relativa (%) di mammiferi e uccelli per periodo. Il contributo di pecore e capre è incluso nella categoria ovicaprino. % DOM raccoglie la frequenza relativa delle principali specie allevate.

cedenti il 2012 vi sia stata una selezione dei resti ossei meglio 8 Si rimanda anche a Rubini et al. 2012 per un’analisi degli usi conservati e di maggiori dimensioni, il che condizionerebbe ne- alimentari degli abitanti della Tusculum medievale sulla base dei gativamente le specie di minori dimensioni e i reperti più fragili. dati antropologici. 168 L’ALIMENTAZIONE A TUSCULUM NEL MEDIOEVO: I DATI ARCHEOBIOLOGICI

Fig. 1. Grafico relativo alla frequenza delle parti anatomiche documen- Fig. 2. Grafico dell’età di macellazione delle principali specie al- tate: testa, quarto anteriore, quarto posteriore, zampa anteriore, zampa levate. posteriore, zoccolo. in esame a due distinti momenti storici: il periodo di confermare se effettivamente nella seconda metà I, corrispondente all’epoca del controllo del casato del XII secolo il peso delle attività cinegetiche abbia tuscolano sulla città, fra fine X-inizi XI sec. e la metà avuto un riflesso reale nella dieta della popolazione del XII sec. ca.; il periodo II, corrispondente alla fase tuscolana, contribuendo alla diversificazione del tipo di dominio papale, databile all’ultimo terzo del XII di carni consumate. sec.9 (cfr. tav. 1, con la relazione dei resti identificati e Il recupero di equidi (cavallo Equus caballus e non identificati per ciascun periodo). asino Equus asinus) e animali commensali (cane Ca- Il ruolo preponderante dei taxa domestici nell’e- nis familiaris e gatto Felis catus) conferma l’origine conomia locale risulta evidente. mista, già proposta, degli accumuli indagati. Insieme Rispetto all’allevamento bovino (Bos taurus), agli scarti domestici derivanti dal consumo carneo, ovicaprino (Ovis/Capra), suino (Sus domesticus) e vennero infatti eliminate anche carcasse parziali di pollame (Gallus domesticus), la presenza di cac- o resti isolati di altri animali, su cui non sono state ciagione maggiore (cervo Cervus elaphus, capriolo registrate tracce di macellazione, cucina e consumo Capreolus capreolus e cinghiale Sus scrofa) e minore (come ad esempio tagli, incisioni, termoalterazioni), (lepre Lepus, pernice Alectoris rufa e colombaccio osservate viceversa sulle altre specie domestiche stu- Columba palumbus) è meramente testimoniale. Tale diate (fig. 3). Focalizzando ora la nostra attenzione dato coincide con la tendenza constatata in altri siti sulla frequenza relativa delle tre principali specie altomedievali italiani da cui risulta una scarsa atte- allevate, è evidente il predominio assoluto dell’alle- stazione di specie selvatiche10, anche se pare che a vamento bovino in entrambi i periodi storici. Per partire dall’XI secolo si sia prodotto un lieve aumen- quanto riguarda invece gli ovicaprini e i suini11, si al- to in tal senso, da porre probabilmente in relazione ternano rispettivamente al secondo e terzo posto nel con il fenomeno dell’incastellamento e l’esercizio I e II periodo (cfr. colonna 3 della tav. 1). Se si consi- della caccia da parte di gruppi sociali di rango eleva- dera che una carcassa di bovino fornisce molti più to. È interessante osservare a tale proposito che nel chilogrammi di carne rispetto a qualsiasi altra spe- periodo II anche a Tusculum assistiamo a un incre- cie, pare fuor di dubbio che vi sia stato un consumo mento qualitativo dello spettro della fauna selvatica generalizzato di carne bovina a Tusculum. Tale dato attestata, come testimonia la presenza per la prima rende singolare questo sito rispetto agli altri insedia- volta di esemplari di cervo, capriolo, lepre, pernice menti altomedievali italiani, da cui risulta una netta e colombaccio (tav. 1). Anche riconoscendo che il si- prevalenza del consumo di carne di maiale12. Come gnificato quantitativo di tali attestazioni è molto bas- segnalato da Salvadori13, l’habitat e la realtà econo- so, non possiamo però tralasciare di segnalare come mica che contraddistingue i due tipi di allevamento ipotesi di lavoro la coincidenza di tale fenomeno con sono fra loro differenti: mentre i bovini necessitano la presenza di pontefice e Curia a Tusculum. Solo lo infatti di spazi aperti, l’allevamento di maiali si svi- studio di un maggior numero di campioni consentirà luppa laddove abbondano spazi boschivi, che assi-

9 Per una sintesi storica si rimanda a Beolchini 2006, 369-385. ponderato il numero di resti identificati utilizzando fattori di 10 Baker-Clark 1993; Salvadori 2008; Salvadori 2013. correzione nel calcolo delle frequenze relative. 11 Il maggior numero di metapodi e falangi dei suini rispetto 12 Salvadori 2013. alle mucche e agli ovicaprini può dare origine a una sopravvalu- 13 Salvadori 2008. tazione di tale specie. Per tale ragione, per ciascun taxa è stato 169 LEONOR PEÑA-CHOCARRO - MARTA MORENO GARCÍA - GUILLEM PÉREZ JORDÀ - VALERIA BEOLCHINI

ra analizzati inducono alla prudenza al momento di interpretare tale risultato, che potrebbe essere messo in relazione con l’esistenza di eccedenze nelle greggi, destinate a fornire carne di prima qualità a gruppi sociali di consumatori di alto rango. Infine, allo scopo di comprendere quali siano le parti anatomiche meglio rappresentate, da cui è pos- sibile trarre preziose informazioni relative ai tagli di carne consumati, alle porzioni scartate e alla gestione dei residui, abbiamo raggruppato i resti identificati in sei categorie: 1) testa (che include corna, mascel- la, mandibola e denti); 2) quarto anteriore (scapola, omero, radio e ulna); 3) quarto posteriore (pelvi, fe- more, patella, tibia, perone); 4) zampa anteriore (car- pali e metacarpali); 5) zampa posteriore (ossa tarsali e metatarsali) e 6) zoccoli (falangi)15. Come mostra la fig. 1, nel periodo I le carcasse di bovino e capri- no venivano processate in situ. Tutte le parti dello scheletro sono presenti in proporzioni similari, con la sola eccezione degli zoccoli. La difficoltà di separare le falangi dalla pelle dopo aver spellato gli animali e il basso apporto carnico implica l’eliminazione degli zoccoli in questa prima operazione, da cui dipende la frequenza attestata in maniera molto ridotta fra gli scarti alimentari. La quantità similare constatata rela- Fig. 3. Cranio di capra Capra hircus con taglio trasversale sull’osso tivamente alle varie parti anatomiche del bovino sug- frontale (TUS01, D1078). gerisce che vi sia stata una lavorazione, consumo e scarto locale dei residui prodotti, così come che non curano sostentamento per questo tipo di bestiame. ci sia stato un apporto esterno extra delle porzioni D’altro canto, l’allevamento intensivo di bovini è de- più ricche di carne, pur notandosi effettivamente un stinato a sostenere un’economia basata sulla produ- leggero predominio dei quarti posteriori (25,8%) e zione cerealicola, finalizzata al rifornimento di centri anteriori (21,9%) (fig. 1). Tale tendenza venne dra- urbani. Una volta esauritasi la vita utile dell’esempla- sticamente meno nel periodo II, epoca in cui risalta re come animale da tiro e - nel caso delle mucche - da l’abbondanza di quarti anteriori (51%) e zampe po- riproduzione e da latte, i bovini venivano indirizzati steriori (20,9%), mentre al contempo diminuisce il ai centri deputati alla commercializzazione di carne e contributo delle teste (15,6% vs 8,3%). pellame14. Effettivamente il grafico relativo alle età di Nel caso degli ovicaprini, le divergenze sono più macellazione delle specie bovina e caprina rivela una nette. Mentre nel periodo I sono ben rappresentati maggior abbondanza di esemplari adulti (fig. 2), cioè i quarti anteriori (28,5%) e posteriori (19,6%), nel i campioni presi in esame appartenevano ad animali periodo II risalta la diminuzione dei quarti posteriori che avevano ormai raggiunto uno sviluppo osteologi- (5,6%), ricchi di carne, mentre al contempo aumen- co e peso ottimale, la cui macellazione era compati- tano gli scarti relazionati con il primo squartamento bile con il precedente sfruttamento delle varie risorse della carcassa (37,6%). E, nel caso dei suini, si evi- offerte in vita. Viceversa, nel caso dell’allevamento denzia in entrambi i periodi un dominio dei resti del- suino la metà dei resti studiati appartengono a in- le teste (rispettivamente 64% e 43%), cui seguono i dividui di età infantile e l’altra metà a esemplari di quarti superiori. In generale, le variazioni registrate età adulta. La presenza di maiali fra le specie allevate indirizzano ancora una volta verso un’origine mista pone in rilievo l’importanza di questo tipo di alle- dei riempimenti dei depositi, composti da resti deri- vamento nell’economia locale. L’unico cambiamento vanti tanto dalla lavorazione come dal consumo della significativo osservabile fra i due periodi riguarda gli carne. ovicaprini, risultando un aumento della macellazione La lettura globale dei dati finora raccolti mostra di esemplari più giovani nella seconda metà del XII come principale novità la preferenza dei tuscolani per secolo (29% vs 42%) (fig. 2). Ancora una volta però il consumo della carne bovina. Nella seconda metà le dimensioni limitate del numero di campioni fino- del XII secolo l’apporto delle specie cinegetiche in-

14 Carlé 1977. è stato inserito lo scheletro assiale, che senza dubbio era presen- 15 A causa della difficoltà di identificare vertebre e costole non te.

170 L’ALIMENTAZIONE A TUSCULUM NEL MEDIOEVO: I DATI ARCHEOBIOLOGICI dirizza verso una maggior diversificazione dietetica, (Panicum miliaceum); le leguminose, che includono mentre la macellazione di giovani caprini suggerisce fave (Vicia faba), lenticchie (Lens culinaris), veccie forse un incremento del consumo di carni di prima (Vicia sativa), cicerchie (Lathyrus sativus/cicera); e i qualità. Tali tendenze risulterebbero in sintonia con frutti, come uva (Vitis vinifera), olive (Olea europea), la presenza storicamente accertata di gruppi sociali fico (Ficus carica), castagna (Castanea sativa) e noce di alto rango a Tusculum. Ci auguriamo per il futuro (Juglans regia). Sono state anche documentate nume- che la prosecuzione degli studi archeofaunistici su un rose specie silvestri. maggior numero di campioni consenta di comprova- Fra le specie domestiche, in tutti i contesti cam- re alcune delle ipotesi formulate e di dare risposta pionati prevalgono i cereali, in particolare i frumenti alle molteplici questioni a carattere sociale ed econo- nudi (Triticum aestivum/durum). Sono rappresentati mico qui segnalate. solo da cariossidi (fig. 4), mentre non è stato recu- perato alcun resto della paglia. La denominazione Triticum aestivum/durum fa riferimento a due spe- 3. I dati carpologici cie differenti di frumenti, entrambi nudi (la buccia esterna si stacca facilmente dal seme durante la treb- Nell’ottica di acquisire informazioni di prima biatura), difficili da separare quando si conservano mano relative a quale sia stato lo sfruttamento degli solo i grani. Entrambe le specie sono utilizzate per spazi vegetali da parte della comunità locale tusco- fini alimentari (preparazione di pani, farinate, zuppe, lana in epoca medievale, a partire dal 2012 è stato o anche la preparazione di dolci). Questi tipi di fru- avviato un processo di campionamento regolare in menti furono considerati a lungo un bene destinato fase di scavo dei contesti chiusi. La maggior parte dei unicamente alle classi sociali più abbienti, mentre le resti botanici documentati in questi anni provengono classi inferiori utilizzavano prevalentemente altri tipi da due abitazioni medievali scavate rispettivamente di cereali, come orzo o miglio. nel 2012 (R4000, Ambiente 2) e nel 2015 (R6100), il cui campionamento è stato realizzato per quadranti in modo tale da poter indagare non solo le tipologie di specie presenti, ma anche la loro possibile distri- buzione nello spazio. Sono stati inoltre studiati i resti botanici prove- nienti dallo scavo della chiesa palatina della SS.Trinità (R1000)16 e dell’angolo nord-orientale dell’abitato medievale della Rocca, provenienti in particolare dal- la zona delle mura urbiche (R5200), dal riempimento medievale della cisterna romana (R5400) e dall’area Fig. 4. Cariosside di frumento nudo (Triticum aestivum/durum) ad essa immediatamente circostante, oggetto dell’ul- tima campagna archeologica17. La presenza dell’orzo (fig. 5) è ugualmente im- Tutti i campioni raccolti sono stati sottoposti a un portante: nell’ambiente domestico scavato nel 2012 processo di flottazione realizzato durante lo scavo, (R4000, Ambiente 2) è attestata in quantità pari a utilizzando un’apposita macchina dotata di una ma- quella dei frumenti nudi, mentre nell’abitazione sca- glia di mm 1 di luce all’interno del bidone e di una di vata nel 2015 (R6100) è molto meno rappresentata. 250 micron all’esterno. È stato in tal modo possibile Per quanto concerne i cosiddetti cereali minori, recuperare numerosi semi di piccole dimensioni. La è stato possibile documentare la presenza di miglio, maggior parte dei resti botanici sono carbonizzati, anche se in proporzione ridotta rispetto ai frumenti anche se una piccola parte si è conservata minera- nudi. È stato documentato in entrambe le abitazioni lizzata. medievali: nell’Ambiente 2 (R4000) abbiamo potuto La quasi totalità dei campioni sono riferibili all’e- documentare una piccola concentrazione di miglio, poca medievale (in particolare quelli provenienti dal- mentre nella casa scavata quest’anno (R6100) è pre- le due abitazioni, dalla chiesa e dalle mura urbiche), sente solo in forma testimoniale. mentre sono di epoca romana i campioni provenienti In epoca medievale i cereali minori (miglio, panìco dalla struttura della cisterna. e sorgo) acquisiscono un ruolo importante nell’agri- Le specie documentate per entrambe i periodi coltura europea. Da una parte, il miglio è un cerea- storici includono sia piante domestiche che silvestri. le primaverile, che permette di ottenere un raccolto Fra le prime si distinguono tre categorie differenti: i in caso di perdita dei raccolti principali (frumento e cereali, rappresentati dai frumenti nudi (Triticum ae- orzo) a causa di problemi climatici (ad esempio in- stivum/durum), l’orzo (Hordeum vulgare) e il miglio verni particolarmente rigidi).

16 Beolchini et al. 2014, 132-133. 17 Beolchini et al. in questo stesso volume.

171 LEONOR PEÑA-CHOCARRO - MARTA MORENO GARCÍA - GUILLEM PÉREZ JORDÀ - VALERIA BEOLCHINI

Tra i frutti risalta particolarmente la presenza di uva e olive, queste ultime attestate soprattutto nell’a- bitazione R6100. La Vitis (fig. 7) appare in forma testimoniale in tutti i contesti documentati, con la sola eccezione delle UUSS R5207 e R5208 (relative al riempimento della fossa di fondazione del tratto me- dievale di fine XII secolo delle mura urbiche)19 nelle quali è documentata in maggior quantità.

Fig. 5. Cariosside di orzo vestito (Hordeum vulgare)

Dall’altra parte, si tratta di cereali più resisten- ti nel caso di condizioni atmosferiche avverse e, di conseguenza, più produttivi in tali circostante. Il mi- glio inoltre si caratterizza per la notevole capacità di conservazione. Nelle fonti medievali non appare di frequente e quando è menzionato appare spesso col- legato alle classi sociali più povere, benché vi siano zone come la Polonia in cui risulta essere stato parte integrante della dieta di tutte le classi sociali18. Per quanto riguarda il nostro caso specifico, l’attestazio- ne di miglio nei contesti tuscolani indica che fu colti- Fig. 7. Vinacciolo (Vitis vinifera) vato e utilizzato per il consumo. Passando ora ad esaminare le attestazioni di le- Per quanto riguarda la frutta secca, sono state guminose, a Tusculum è documentata la presenza di identificate castagne (fig. 8), noci e ghiande. lenticchie (fig. 6), fave, veccia e cicerchia, il che in- Gli scarsi campioni presi in esame riferibili ad dica la presenza di una notevole varietà delle specie epoca romana (R5306, corrispondente a un piccolo presenti. Le fave sono la specie maggiormente rap- focolare nell’angolo esterno della cisterna sulla rocca presentata, mentre per quanto riguarda le lenticchie e datato su base ceramica all’epoca romana; R5312, sono state documentate solo nel caso dell’abitazione corrispondente al taglio per realizzare la cassaforma medievale scavata nel 2015 (R6100). Sono stati anche di detta cisterna) rimandano a un quadro botanico documentati esemplari di Vicia/Lathyrus, all’interno molto simile, anche se non risultano documentati re- del cui gruppo rientrano varie specie di entrambe i sti carpologici di miglio e di frutti, con la sola ecce- generi, fra cui anche la cicerchia utilizzata nella dieta zione della castagna. umana. L’attestazione della veccia è invece importan- Lo studio archeobotanico condotto a Tusculum te in quanto si tratta di un alimento utilizzato per la evidenzia l’esistenza di una notevole varietà di specie dieta animale. che dovettero comporre la dieta degli abitanti della città, che doveva comprendere cereali, leguminose, frutta e frutti secchi. Nonostante il registro preso fi- nora in esame sia ancora limitato, i dati ad oggi dispo-

Fig. 6. Seme di lenticchia (Lens culinaris) Fig. 8. Castagna (Castanea sativa)

18 Dembinska 1999. 19 Cfr. Beolchini et al. 2016.

172 L’ALIMENTAZIONE A TUSCULUM NEL MEDIOEVO: I DATI ARCHEOBIOLOGICI nibili consentono di arricchire le nostre conoscenze come lotti liberi o lungo i sentieri. La loro attesta- sulla dieta vegetale di questo territorio, in particolar zione all’interno delle abitazioni può dunque essere modo per l’epoca medievale. posta in relazione con il fatto che fossero presenti fra Fra le specie agricole risalta la presenza di grano, i cereali come erbacce, oppure potrebbero essere ar- orzo e miglio, mentre risulta completamente assente rivate nei contesti presi in esame in maniera del tutto a Tusculum la segale, considerata la specie maggior- accidentale. mente diffusa all’epoca. Non è stato recuperato al- cun resto della paglia dei cereali (rachide, glume), da LEONOR PEÑA-CHOCARRO cui l’ipotesi che i cereali fossero immagazzinati già Laboratorio de Arqueobiología lavorati e puliti. Inoltre grazie allo scavo condotto Instituto de Historia (CCHS-CSIC) per quadranti all’interno dell’ambiente 2 (R4000), [email protected] è risultato che gli alimenti venivano conservati nel- la parte posteriore dello spazio domestico e lungo MARTA MORENO GARCÍA le pareti, come testimonia la presenza della maggior Laboratorio de Arqueobiología parte dei resti carpologici documentati. Instituto de Historia (CCHS-CSIC) È possibile proporre l’ipotesi che le specie finora [email protected] documentate a Tusculum fossero coltivate in campi e orti che si trovavano negli immediati dintorni del GUILLEM PÉREZ JORDÀ sito, laddove esisteva disponibilità di terreno. Inoltre Laboratorio de Arqueobiología il territorio circostante la città doveva offrire abbon- Instituto de Historia (CCHS-CSIC) danti risorse vegetali destinate non solo all’alimenta- [email protected] zione, quali ghiande e frutti di bosco. Per quanto riguarda infine le piante silvestri, la VALERIA BEOLCHINI grande maggioranza cresce lungo i bordi dei sentieri Escuela Española de Historia e in zone antropizzate. La maggior parte delle spe- y Arqueología en Roma – CSIC cie documentate a Tusculum corrispondono a specie [email protected] ruderali che possono crescere sia in campi coltiva- ti che come erbacce, o anche in terreni antropizzati

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173 L’alimentazione nella romanità dalla Repubblica alla caduta dell’Impero: palatabilità e necessità

Mauro Rubini – Vittorio Cerroni – Nunzia Libianchi – Alessandro Gozzi – Paola Zaio

1. Premessa sede abbiamo preso in esame le variazioni dietetiche delle popolazioni italiane di epoca romana dal pe- La biologia umana è caratterizzata da una serie di ne- riodo pre-repubblicano (VI secolo a.C.) alla caduta cessità. Tra queste, indispensabile alla sopravvivenza dell’Impero Romano e l’inizio dell’Alto Medioevo è il cibarsi. Sembra ovvio e scontato, ma l’assume- (V-VI secolo d.C.). Questa scelta è stata dettata dalla re cibo ha una storia vecchia come quella dell’uomo possibilità di analizzare e confrontare la dieta in rela- e dei suoi antenati ominidi. Data l’ovvietà, questo zione ai cambiamenti del contesto socio-economico- potrebbe indurci a pensare che il nutrirsi sia assi- culturale come quelli avvenuti durante tutto l’excur- milabile a un moto rettilineo uniforme, monotono e sus della romanità. sempre uguale, solamente perché necessario alla no- stra sopravvivenza. In realtà, questo banale quanto 2. Materiali e metodi indispensabile esercizio ha subito modifiche sostan- ziali nel corso del tempo, non solo nelle modalità, ma I campioni analizzati provengono da vari distretti anche nella quantità e nella qualità. Siamo passati dai territoriali italiani e fanno parte delle collezioni sche-

Fig. 1. Schema di derivazione della malnutrizione. cibi mangiati crudi a quelli cotti, da una completa letriche della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti assenza di igiene alimentare a sofisticati controlli, dal e Paesaggio per le Province di Frosinone, Latina e mangiare per necessità e senza alternative ciò che ci Rieti, di quella di Sassari e Nuoro, del Molise e di offriva l’areale dove eravamo stanziati, al super-man- Siracusa (fig. 2). Gli individui scheletrici analizzati giare con ampia disponibilità di scelta. Insomma, la sono complessivamente 1137. I metodi per ricostru- storia del cibarsi, oltre a essere lunga come la storia ire la dieta in popolazioni del passato (paleodieta) dell’uomo e di ogni altro essere vivente, è anche mol- possono essere molteplici (fig. 3). Al fine di ottenere to varia e articolata. Inoltre va ricordato che anche risultati da metodi diversi per poterli confrontare e il mangiare deve avere delle regole, altrimenti può aumentare il livello di attendibilità, abbiamo appli- rivelarsi un’arma a doppio taglio (fig. 1). In questa cato una serie di analisi dirette e indirette interpo- 175 MAURO RUBINI - VITTORIO CERRONI - NUNZIA LIBIANCHI - ALESSANDRO GOZZI- PAOLA ZAIO

realicolo-vegetariani. Sono stati scelti come elementi guida lo Zn per apporti proteici e lo Sr per quelli cerealicolo-vegetariani. I valori ottenuti sono stati posti in rapporto con il calcio presente nelle ossa. Il rilevamento è stato effettuato con uno spettrofoto- metro Perkin Elmer di ultima generazione per tutti i campioni. Gli eventuali inquinamenti diagenetici sono stati testati con controlli sul suolo, su ossa e su denti di erbivori e carnivori afferenti al sito indagato. Infine sono stati considerati solo i campioni in cui la concentrazione degli elementi risultava inferiore al contenuto degli standard (suolo, acqua, animali). L’intero iter delle analisi è stato eseguito in accor- do con quanto suggerito dalla letteratura più avan- zata1. b) Isotopi stabili - In questo studio abbiamo utiliz- zato i rapporti di isotopi stabili di carbonio e azoto (δ13C e δ15N) nel collagene estratto da denti e da co- stole umane. I rapporti isotopici nel collagene, misu- rati rispetto ad uno standard in parti per mille (‰) riflettono quelli della dieta e possono essere usati per distinguere tra loro diverse categorie di alimenti. Le differenze di δ13C sono dovute a differenze di fondo nella fotosintesi alla base della catena alimentare e possono essere utilizzate per effettuare una distin-

zione tra piante C3 e C4 in un ambiente terrestre e tra le loro provenienze geografiche. Le piante C3 (ad Fig. 2. Localizzazione cronologie e percentuali dei campioni esa- esempio barbabietola, avena, grano, riso) vivono in minati. habitat dai climi temperati. Vengono definite C3 poi- ché il primo composto organico nella fotosintesi clo- labili tra loro. Le analisi effettuate sono: elementi in rofilliana consiste in una catena carboniosa a 3 atomi traccia (Università di Pisa, Gabinetti di Restauro dei di carbonio, che si forma in seguito al ciclo di Calvin Musei Vaticani, Università di Valencia); isotopi stabi- o ciclo C3. Tali piante sono fotosinteticamente attive li (Università di Oxford); calcoli dentali (Max Planck di giorno, mentre di notte chiudono i loro stomi con- Institute); resti animali (Università di Foggia, Soprin- sumando ossigeno. Le piante C4, come il mais o la tendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le canna da zucchero, al contrario, vivono in ambienti Province di Frosinone, Latina e Rieti); resti vegetali caratterizzati da forti stress idrici e termici e al ter- e palinologici (ISIAO ex ISMEO, Gabinetto di Re- mine della prima tappa della fotosintesi formano un stauro dei Musei Vaticani). composto costituito da 4 atomi di carbonio. Le diffe- renze di δ15N riflettono la posizione nella catena ali- mentare, dal momento che il valore di δ15N aumenta 3. Metodi diretti su osso e denti del 3-5 ‰ ad ogni passo nel livello trofico. I con- sumatori di cibi vegetali presentano δ15N inferiore a) Elementi chimici presenti in traccia nello schele- rispetto ai consumatori di cibi animali. Gli ambien- tro e nei denti - La concentrazione di alcuni elementi ti acquatici (marini e d’acqua dolce) possono avere chimici è differentemente distribuita fra le varie fonti diversi livelli trofici in più degli ambienti terrestri, e alimentari. così il δ15N può essere molto più elevato per le grandi Questo è l’assunto sul quale si basa l’analisi degli specie di pesce di mare e per i mammiferi carnivori2. elementi in traccia per determinare la dieta in popo- Il collagene è una proteina inclusa nella matrice orga- lazioni vissute nel passato. Gli alimenti di origine ani- nica del tessuto osseo utile per questo tipo di analisi male presentano una più alta concentrazione di rame in quanto è resistente alla degradazione e mantiene (Cu) e zinco (Zn). Al contrario, elementi come lo un segnale biogenico senza alterazione3. Come tutte stronzio (Sr), il manganese (Mg), il calcio (Ca), etc., le proteine, il collagene è costituito da amminoacidi, sono contenuti in maggiore percentuale nei cibi ce- per cui la componente di azoto deve necessariamente

1 Szpunar et al. 1978; Lambert et al. 1979; Schoeninger 1980, 2 Richards - Hedges 1999. 1982; Sillen 1984; Pate - Hutton 1988; Bartoli et al.2001; Power 3 Dobberstein et al. 2009. et al. 2014. 176 L’ALIMENTAZIONE NELLA ROMANITÀ DALLA REPUBBLICA ALLA CADUTA DELL’IMPERO

Fig. 4. Schema della piramide alimentare pertinente i risultati del- la prima fase. Questa costituirà anche nelle fasi successive la base della dieta delle popolazioni esaminate. Fig. 3. Schema illustrativo dei metodi utilizzati per la ricostruzione della dieta in popolazioni del passato. 4. Metodi indiretti derivare direttamente dal componente proteico della dieta. Pertanto il δ15N è invisibile nei contributi non a) Archeozoologia - Sono stati esaminati resti delle proteici alimentari (tra cui carboidrati, lipidi, vitami- specie animali destinate all’uso alimentare, eventual- ne e minerali). mente recanti tracce di macellazione intenzionale, Anche se il δ13C del collagene riflette prevalente- rinvenuti nei vari siti. mente il contributo proteico della dieta4 (la metà del b) Archeobotanica - Sono stati considerati i resti e i carbonio nel collagene potrebbe derivare da fonti microresti vegetali appartenenti a specie edule. non proteiche5. c) Fonti storiche - Quando presenti sono state valu- c) Calcoli dentali - Una tecnica relativamente recente tate le informazioni pertinenti l’argomento trattato. per l’analisi di microresti assunti anche mediante il cibo è quella pertinente l’analisi dei calcoli di tartaro dentali Questi mineralizzandosi inglobano molto di 5. Risultati e discussione ciò che transita nel cavo orale, soprattutto i cibi. I denti sono stati spazzolati per rimuovere l’eventuale Per poter meglio analizzare e descrivere i risultati ab- presenza di contaminanti. Successivamente i campio- biamo suddiviso la nostra indagine in tre fasi. Que- ni di calcolo sono stati rimossi con un apposito “sca- ste sono essenzialmente legate alle variazioni socio- ler” dentale, macinati in provetta e centrifugati in un economico-culturali avvenute in seguito all’insorgere laboratorio sterile. della romanità, in quanto fortemente influenzate da I campioni, montati su vetrini, sono stati esaminati questa. La prima fase, la più antica, è contraddistinta con un microscopio ottico al fine di “leggere” i mi- dall’emergere di Roma. Sebbene ci fosse la presenza croinclusi e assegnarli, in base alla loro morfologia, ai di culture strutturate e importanti, quale ad esempio vari tipi di cibo o di presenze spurie capitate nel cavo quella etrusca, la mancanza di una coesione politica orale per motivi diversi dall’alimentazione, quindi e soprattutto militare (quale quella che sarebbe stata non utili ai fini dell’indagine. realizzata in seguito alle conquiste romane), princi- palmente nelle regioni centrali dell’Italia, aveva favo-

4 Ambrose - Norr, 1993. 5 Jim et al. 2006.

177 MAURO RUBINI - VITTORIO CERRONI - NUNZIA LIBIANCHI - ALESSANDRO GOZZI- PAOLA ZAIO rito lo stanziamento di popolazioni in areali specifici e per lo più adatti alle loro capacità di sopravvivenza. La scarsità di movimenti di genti, e quindi di geni, favorì una profonda omogeneità genetica che con- traddistinse gran parte del primo millennio a.C.6.Tale situazione condusse le genti pre-romane prima e quelle romane agli esordi poi, ad un attento sfrut- tamento dell’areale occupato. Durante questa fase il modello economico di sussistenza più diffuso fu quello dell’approvvigionamento diretto (fig. 4). In questo modo il nutrimento di una comunità era lega- to alla produzione che il territorio offriva. Non che non ci fossero piccoli commerci, ma non erano tali da modificare in maniera marcata la dieta. In questa fase gli alimenti derivavano principalmente dall’a- Fig. 5. La differenza tra le tre fasi risulta determinata dall’appor- reale insediativo soprattutto nelle aree extraurbane. to proteico-lipidico che presenta vantaggi in termini energetici L’apporto calorico della dieta (che riflette i modelli (incremento demografico, maggiore possibilità di estrinsecazione economici di sussistenza) era prevalentemente cerea- compiuta del patrimonio genetico, etc.) ma anche svantaggi come l’incremento di malattie metaboliche che costituirono in passato licolo-vegetariano, ricco in carboidrati (circa l’ 85%) (come oggi) un reale problema per il complessivo stato di salute di mentre le integrazioni proteiche e lipidiche erano una popolazione. principalmente dovute a prodotti caseari e uova (12- 13%). L’apporto di carni rosse risultava povero e an- mane, di conseguenza, aprì la via anche a nuovi cibi cor meno frequente quello del pesce (2-3%). La pira- e a nuovi costumi alimentari provenienti, oltre che mide alimentare si poggiava su quegli alimenti che, al dal territorio peninsulare, anche dall’intero bacino più basso costo, risultavano più facilmente ottenibili. Mediterraneo dove erano veicolati, attraverso sistemi La natura agricola degli insediamenti di questa fase viari terrestri e marittimi come detto precedentemen- emerge proprio dagli alimenti prodotti sia in maniera te, ormai piuttosto sicuri. Il risultato di tali flussi è più o meno estensiva che in maniera ridotta. Il con- che la dieta si arricchì nelle scelte e diventò molto più sumo elevato di cibi cerealicolo-vegetariani era quasi varia rispetto alla fase precedente, nella quale in alcu- quotidiano, probabilmente sotto forma di pappe e/o ni casi risultava decisamente monovariata. Aumentò zuppe. il consumo di pesce sia di mare che di acque interne Grassi e proteine venivano forniti essenzialmen- e la produzione di carni assunse aspetti ben struttu- te dal consumo di uova e di prodotti caseari maga- rati. Il pasto di queste popolazioni, come detto, ben- ri di poco pregio e scarsamente pastorizzati, come ché presentasse una base ancora costituita da cereali, ad esempio quelli forniti dai caprovini di più facile verdure e frutta si arricchì in consumo di contenuti reperibilità rispetto ai prodotti vaccini di gran lun- proteici di origine animale. ga più costosi nell’acquisto e nella gestione. Non si Questo sarà probabilmente il fattore che determi- possono escludere apporti calorici derivanti da pic- nerà il reale cambiamento rispetto alla fase di ap- cola caccia e pesca di ciprinidi, soprattutto in acque provvigionamento diretto. In seguito e per effetto interne. L’apporto calorico pro die stimato appros- di tutti questi cambiamenti, la stratificazione sociale simativamente per individuo stentava a superare le si accentua, giocando un ruolo fondamentale nella 1000 Kcal. Considerando che un individuo maschile ripartizione e nella varietà dei cibi. Il ventaglio ali- dovrebbe assumere in media 2500 Kcal pro die men- mentare offerto si apre di molto offrendo maggiori tre un individuo femminile circa 1800, indirettamen- possibilità di scelta. Tale effetto concorrerà in manie- te, questo dato ci può condurre a ipotizzare come ra fondamentale allo sviluppo della palatabilità, ossia in queste popolazioni il sovrappeso fosse un evento al poter mangiare ciò che ci piace in base a ciò che il piuttosto raro e legato, più che all’abbondanza di nostro organismo ritiene più appetibile (ma non per cibo ingerito, a probabili disfunzioni ormonali. Nel- forza necessario). Se prima la dieta monovariata era la seconda fase il modello economico di sussistenza determinata dall’adeguata mancanza di scelte, ora rimane pressoché immutato, ossia prevalentemente nei casi dove si presenta, risulta determinata dalla cerealicolo-vegetariano. Tuttavia i cambiamenti do- palatabilità che favorisce una ripetizione coatta nelle vuti all’espansione di Roma e soprattutto il conso- scelte del nuovo ventaglio alimentare. lidamento e il controllo delle infrastrutture terrestri Questa rivoluzione nella dieta produrrà una serie (sistema viario) permise una veicolazione di merci e di effetti positivi. genti molto più sicura. Il risultato delle conquiste ro- L’incremento medio di circa 6 cm di statura nei

6 Rubini et al. 2007.

178 L’ALIMENTAZIONE NELLA ROMANITÀ DALLA REPUBBLICA ALLA CADUTA DELL’IMPERO maschi e di 3 cm nelle femmine rispetto alla fase cedono rapidamente, coinvolgendo una popolazione precedente, oltre che ai flussi genetici legati all’e- già afflitta da ordinari problemi di igiene in grado di spansione di Roma, potrebbe essere verosimilmen- minare l’assetto immunologico e più in generale lo te collegata ad una migliore alimentazione. Questo stato di salute, prime tra tutte le parassitosi intesti- risultato ci fornisce la conferma di un ulteriore dato nali e cutanee. Queste, unitamente ad una maggiore interessante, ossia che l’accesso alle fonti alimenta- concentrazione di individui in areali circoscritti, mal- ri era pressoché simile per entrambi i sessi. Oltre a nutriti sotto l’aspetto proteico-lipidico, produrranno ciò, un miglioramento delle condizioni alimentari e uno shock immunitario che aprirà la strada a formi- della reperibilità di cibo produce, come effetto, la dabili epidemie di peste, vaiolo, lebbra. Come era da base per un incremento demografico evidenziabile, attendersi, si verifica una contrazione delle malattie oltre che nelle aree extraurbane di provenienza dei metaboliche nei ceti medio-bassi e si assiste ad un campioni, anche e soprattutto nell’Urbe, che diviene decremento demografico dalle molteplici cause. In una vera e propria metropoli globalizzata. A questi conclusione, potremmo rappresentare graficamente fattori positivi di crescita, si contrappongono tuttavia il nostro excursus come una curva “gaussiana” (fig. fattori negativi e per lo più connessi al non buon uso 5), in cui la differenza fra le tre fasi, ieri come oggi, è del cibo. Si registra un probabile incremento di ma- dovuta principalmente all’apporto proteico-lipidico. lattie metaboliche tra cui diabete alimentare e gotta. Tale trasformazione all’interno della dieta quotidia- Queste patologie, soprattutto il diabete, sembrano na ha rappresentato uno straordinario vantaggio in essere comuni a entrambi i sessi. Dai dati ottenuti termini energetici (incremento demografico, maggio- possiamo timidamente ipotizzare che le donne prefe- re possibilità di estrinsecazione compiuta del patri- rissero pesce e verdure, mentre gli uomini la carne. monio genetico, etc.) ma, come visto in precedenza, La terza fase segna il ritorno all’approvvigionamento anche degli svantaggi, come l’incremento di alcune diretto. La caduta dell’Impero Romano d’Occiden- malattie metaboliche che oggi, (forse) più di allora, te e il rafforzamento della “migrazione dei popoli” costituiscono un problema sociale che si riflette sul producono nuovi cambiamenti socio-economici. complessivo stato di salute di una popolazione. Durante questa fase, si assiste nei territori extraur- bani dell’Italia centrale alla formazione di “sacche di sopravvivenza” della popolazione autoctona attorno a centri sicuri (vecchie ville romane, monasteri, abba- MAURO RUBINI zie) spesso lontani dalle grandi vie di comunicazione Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio transitate da eserciti o bande di invasori sempre in per le province di Rieti, Frosinone e Latina Servizio di Antropologia cerca di approvvigionamenti e di bottini. Questi in- [email protected] sediamenti umani, sovente, si trasformano in piccoli centri produttivi, magari trovando come elemento VITTORIO CERRONI di coesione la religione, la cui economia si fonda su Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio ciò che offre il territorio. Tale status, oltre a produr- per le province di Rieti, Frosinone e Latina re promiscuità per carenze abitative, produce una Servizio di Antropologia convivenza anche con le scorte più o meno misere [email protected] soprattutto di granaglie, cibo molto appetito dai ro- ditori. Non è un caso che in questo periodo si scate- NUNZIA LIBIANCHI nino in Italia, e più in generale nel bacino Mediterra- Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio neo, le prime grandi epidemie di cui abbiamo notizie per le province di Rieti, Frosinone e Latina certe: tra queste la terribile peste di Giustiniano (VI Servizio di Antropologia sec. d.C.). Come noto, nel ciclo della peste, lo Yersi- [email protected] nia pestis si trasmette attraverso dei vettori, i ratti. Le pulci ne suggono il sangue infetto e lo trasmettono ALESSANDRO GOZZI all’ospite definitivo, che è l’uomo. In questa situazio- Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio ne la persistente economia cerealicolo-vegetariana per le province di Rieti, Frosinone e Latina Servizio di Antropologia torna a proporre una dieta spesso monovariata e so- [email protected] prattutto impoverita in contenuti proteico-lipidici. Rispetto alla prima fase, ora un ruolo fondamentale PAOLA ZAIO è rivestito anche da carestie ed epidemie che si suc- Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Rieti, Frosinone e Latina Servizio di Antropologia [email protected]

179 MAURO RUBINI - VITTORIO CERRONI - NUNZIA LIBIANCHI - ALESSANDRO GOZZI- PAOLA ZAIO

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180 I forni e le cucine nella “villa della grotta” a Sperlonga (LT)

Fabrizio Slavazzi – Elena Belgiovine – Daniele Capuzzo*

In occasione della seconda campagna di indagine cedenza, conservando intatta la stratigrafia (fig. 1). archeologica condotta dal Dipartimento di Beni L’area indagata ha restituito evidenze riconducibili a Culturali e Ambientali dell’Università degli Studi differenti fasi costruttive della villa2. Originariamen- di Milano nel sito di Sperlonga (LT), sotto la te lo spazio era caratterizzato dalla presenza di un direzione scientifica del Prof. Fabrizio Slavazzi grande ambiente quadrangolare con orientamento e in collaborazione con la allora Soprintendenza nord-ovest/sud-est realizzato in opus reticulatum, Archeologia del Lazio e dell’Etruria meridionale che misuravano almeno m 7,50 di lunghezza e m 4 (ora Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e di larghezza, di cui si conservano due pareti. In un Paesaggio per le province di Frosinone, Latina e secondo momento il vano principale viene suddivi- Rieti)1, il ritrovamento di alcune strutture legate alla so mediante la costruzione di due strutture murarie cottura degli alimenti nella cosiddetta “Villa della perpendicolari, che si addossano al muro di fondo Grotta”, ha favorito l’avvio di un preliminare lavoro preesistente. Gli ambienti così definiti prendono il di indagine sulle strutture destinate alla lavorazione e nome di V12 e V15. preparazione dei cibi presenti nel sito. All’interno dell’Ambiente V15, è stato indivi- Le attività di scavo si sono svolte all’interno duato un forno, denominato Forno I, il cui elevato dell’area demaniale, sul pendio collinare a nord-est comprende ancora parte della cupola (fig. 2a), che ha della villa, in una zona definita come Area V; in par- un diametro interno di m 2,30 e un’altezza massima ticolare l’attenzione è stata rivolta al gruppo di vani conservata di m 0,67. La calotta superstite è realiz- situati a nord-ovest dell’Ambiente V12, che erano zata in filari di laterizi e tegole e ha uno spessore che solo parzialmente visibili e mai stati esplorati in pre- varia tra m 0,45 e m 0,73. La porzione semicircolare

Fig. 1. Pianta dell’Area V con foto ed indicazione della zona di intervento

* Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Beni Cul- 1 Il lavoro si inserisce nell’ambito del progetto “Villa Imperia- turali e Ambientali. Rilievi e fotografie, se non indicato, sono de- le”, a cui partecipano la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti gli autori e di proprietà dell’archivio del Dipartimento di Beni e Paesaggio per le province di Frosinone, Latina e Rieti, l’Uni- Culturali e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano. Lo versità degli Studi di Milano e l’Università di Napoli l’Orientale studio è frutto del lavoro comune degli autori; nella stesura, le (Prof. Fabrizio Pesando). pp. 210-211 sono di F. Slavazzi, le pp. 212-213 di E. Belgiovine, 2 Per un approfondimento in merito ai risultati relativi all’area le pp. 214-216 di D. Capuzzo. oggetto di indagine v. Slavazzi - Belgiovine - Capuzzo 2015. Per

181 FABRIZIO SLAVAZZI - ELENA BELGIOVINE - DANIELE CAPUZZO presenta pareti leggermente svasate ed è interamen- Esso è caratterizzato da filari ben ordinati di la- te ricoperta all’esterno da uno spesso strato di malta terizi, che comprendono mattoni – alcuni a settore biancastra che conserva ancora le tracce della stesura di cerchio – tegole e coppi in buona parte di riuti- manuale e anche impronte in negativo di un possibi- lizzo. Il profilo interno appare completamento rifi- le rivestimento fittile; inoltre, la malta è disposta in nito, mentre quello esterno risulta irregolare, perché maniera uniforme a ricoprire interamente lo spazio è stato addossato al riempimento di macerie che ave- compreso tra il forno e il muro di fondo in opus reti- vano obliterato il primo forno. Il Forno II era inol- culatum. Essa dunque funge al duplice scopo di iso- tre dotato di una pavimentazione in laterizi e tegole, lare e rivestire il forno, ma anche di unire fisicamente anch’essi di riutilizzo, collocata su uno spesso strato quest’ultimo al limite esterno dell’ambiente. di malta di allettamento4. La struttura è stata inter-

Fig. 2. Strutture per la cottura degli alimenti rinvenute nell’ambiente V15: a. Forno I; b. Forno II; c. ortofoto complessiva dell’area di scavo 2014.

L’imboccatura del forno è sopravvissuta solo par- pretata come un forno per alimenti e tale ipotesi pare zialmente; infatti sul lato nord-ovest, essa appare avvalorata dalla totale assenza di scarti di lavorazione completamente crollata e inglobata in una muratura e dalla presenza di laterizi ben sistemati alla base5. successiva, mentre sull’altro lato è ancora perfetta- Il Forno II è stato dunque costruito all’interno della mente riconoscibile. In questo punto la muratura va struttura precedente (Forno I), alla quale è possibile progressivamente inspessendosi ed è completata da attribuire la medesima destinazione d’uso, sfruttan- un blocco litico posto all’estremità, che rappresenta do sia lo stipite superstite per la nuova imboccatura, dunque l’originario stipite della bocca del forno (fig. sia il piano in laterizi sul quale si appoggia (fig. 2c). 2b). La struttura era infine dotata di una pavimen- Al momento è difficile collocare cronologicamente la tazione in laterizio che appare molto lacunosa ed è costruzione del secondo forno tuttavia, grazie al ma- solo parzialmente visibile, in quanto fu coinvolta nel- teriale rinvenuto negli strati di riempimento6, è pos- le trasformazioni che riguardarono in seguito tutto sibile datare entro la prima metà del V secolo d.C. la l’ambiente3. dismissione totale dell’intero complesso. Ad una fase successiva, quando ormai il Forno Per ora la ricostruzione della struttura dei forni, I era in disuso e colmo di macerie, corrisponde la in particolare del primo, non è ancora del tutto certa, realizzazione di un secondo forno (Forno II), costru- anche a causa dello stato attuale delle conoscenze su ito riutilizzando una parte della struttura di quello tali impianti, che non hanno goduto di particolare precedente. Il Forno II ha dimensioni minori, con fortuna negli studi7. Per quanto riguarda il Forno I, un diametro interno di m 1,70 e un’altezza massima l’ampia gamma di strutture per la panificazione pre- conservata di m 0,80, e presenta la conformazione senti a Pompei8 fornisce sicuramente una solida base tipica dei forni ad alveare (fig. 2b). per approfondirne lo studio; esso potrebbe essere o le indagini successive v. Slavazzi 2016. In merito alla distinzione ed evoluzione stilistica della decorazio- 3 Slavazzi - Belgiovine - Capuzzo 2015, 3. ne a stampo si veda Hayes 1972, 217 sg. 4 Slavazzi - Belgiovine - Capuzzo 2015, 4-5. 7 Un progetto di studio è in corso a Pompei da parte dell’École 5 Nell’area attigua ai forni è stata rinvenuta una grande quantità Française de Rome, per cui si vedano Monteix 2009a; Monteix di malacofauna, riconducibile a resti di pasto, in corso di studio. 2009b; Monteix 2010; Monteix - Aho - Coutelas - Garnier - Mat- 6 Slavazzi - Belgiovine - Capuzzo 2015, 6. In particolare è sta- terne-Zeck – Zanella 2011; Monteix - Aho - Garnier - Hartz - to rinvenuto un frammento in sigillata africana che rientra nella Letellier - Zanella 2012 e relativa bibliografia. categoria dei “fondi con decorazione a stampo”. Grazie al tipo 8 Per una panoramica generale sulla distribuzione e tipologia di decorazione il frammento può essere attribuito al cosiddetto dei forni da pane presenti a Pompei si faccia riferimento agli Stile A (II), databile al 350-420 d.C. circa (Saguì 1980, 513-519). studi relativi agli impianti produttivi e artigianali. Si vedano ad 182 I FORNI E LE CUCINE NELLA “VILLA DELLA GROTTA” A SPERLONGA (LT) un semplice forno ad alveare, oppure essere parte mento presente all’interno della “Casa de los Pájaros” di una struttura in muratura ben più articolata. La di Italica12. In questo caso il forno doveva essere carat- continuazione dell’indagine archeologica dovrebbe terizzato da una calotta emisferica a vista, realizzata in fornire ulteriori elementi per l’interpretazione. laterizi, con apertura frontale e doveva essere collocato Rispetto al cosiddetto “forno a calotta” o “ad al- a terra o su di un podio in pietra13 (fig. 3). veare”, di cui abbiamo testimonianza nel fregio della I forni in muratura, comuni a Pompei, erano di Tomba di Eurisace9 e nel rilievo di Trastevere10 a Roma, tipo più complesso, costituiti da una camera di cot- esempi interessanti sono quelli rinvenuti nel forte le- tura incassata all’interno dei muri dell’ambiente, con gionario di Caerleon in Galles11, oppure l’appresta- una cupola destinata al contenimento del calore, una canna fumaria esterna e un bancone da lavoro fron- tale14 (fig. 4). Per quanto riguarda il Forno II, ad una prima analisi, un confronto vicino potrebbe essere quello della cosiddetta “Maison à la Tonnelle” di Vaison-La- Romaine in Provenza, dove è stato portato alla luce un forno a calotta destinato alla cottura degli alimenti15 (fig. 5). Il ritrovamento dei due forni ha aperto la strada ad un’indagine più generale sugli ambienti e gli ap- prestamenti destinati alla lavorazione degli alimenti (forni, cucine, piani di cottura, etc.) di cui esistono altre testimonianze entro il perimetro della villa. Nell’area sono stati individuati con sicurezza un for- no a calotta e due cucine, ma sono presenti anche altre strutture probabilmente relative al trattamento e alla preparazione dei cibi che saranno oggetto di fu- ture indagini. Nell’area del quadriportico sono pre- senti una cucina e un forno, nel padiglione di fronte alla grotta una cucina (fig. 6). Fig. 3. Forno “a calotta” o “ad alveare”. Riproduzione grafica del fregio Gli apprestamenti del quadriportico non sembra- della Tomba di Eurisace (sopra) a Roma e immagine di parte del fregio di Trastevere (sotto) (rielaborazione da Wilson - Schörle 2009, 107 e 110) .

Fig. 5. Forno a calotta della cosiddetta “Maison à la Tonnelle” di Vai- Fig. 4. Rappresentazione grafica di un forno in muratura (da Etienne son-La-Romaine in Provenza (foto dell’autore). 1966, 159, fig. 11).

esempio Mayeske 1972; La Torre 1988; Foss 1994 e la biblio- tiva. grafia relativa agli interventi dell’École Française de Rome (vd. 12 Salido Domínguez – Bustamante Álvarez 2014, 39, fig. 24. Nota 7). 13 Foss 1994, 82-83; si veda anche Fulvio 1879, 286-287; Maye- 9 Mayeske 1972, 14, 27-29; Ciancio Rossetto 1973, 43; Maye- ske 1972, 23; Mayeske 1979, 40-41. ske 1979, 41. 14 Fulvio 1879, 287-290; Mau 1908, 391; Etienne 1966, 158-159; 10 Wilson – Schörle 2009. Mayeske 1972, 24-25; Mayeske 1979, 41, 55, fig. 8; Foss 1994, 83. 11 Si veda Mason - Macdonald - Cool 2010 e bibliografia rela- 15 Goudineau - de Kisch 1999, 74-77. 183 FABRIZIO SLAVAZZI - ELENA BELGIOVINE - DANIELE CAPUZZO no appartenere all’impianto originario, ma piuttosto ben conservato, tanto da renderne facilmente com- essere frutto di una rifunzionalizzazione successiva. prensibili la struttura e la fisionomia. All’estremità meridionale del lungo corridoio latera- La calotta poggia su una piattaforma in muratura le (Q60), situato ai piedi del promontorio, è ricono- alta m 0,98 e larga m 2,12, costruita contro uno dei scibile un piccolo forno per la cottura del pane (fig. muri laterali dell’ambiente e parzialmente addossa- 7), di cui si fa breve menzione in bibliografia a partire ta ad un accumulo di terra e detriti che oblitera il dagli anni ’60 del secolo scorso e che appare oggi for- vano precedente ed è testimonianza di quella lunga temente restaurato16. Esso appartiene alla tipologia serie di trasformazioni che si sono susseguite nella dei cosiddetti forni “ad alveare” ed è caratterizzato villa fino almeno all’età tardoantica. Inoltre la base da una calotta emisferica in laterizi, collocata su una d’appoggio garantisce alla calotta un’adeguata pen- superficie in lastre di laterizio che funge da base. Il denza verso l’imboccatura, caratteristica funzionale forno ha un diametro interno di m 1,70 e un’altezza che generalmente si riscontra nei forni17 ed è presen- massima di m 1,17; esso risulta parzialmente danneg- te anche nei Forni I e II. giato nella porzione frontale, dove non è possibile in- Nell’angolo nord-orientale del quadriportico, dividuare l’imboccatura della camera di combustio- all’interno dell’ambiente Q06, sono stati riconosciuti ne, e in quella sommitale; tuttavia è nel complesso gli apprestamenti tipici di una cucina, ovvero i re-

Fig. 6: Pianta della villa con indicazione degli apprestamenti destinati alla lavorazione degli alimenti. In blu sono segnalati i Forni I e II, in rosso le cucine e in verde il forno a calotta.

16 All’inizio la struttura viene genericamente menzionata come come forno per il pane (De Rossi 1980, 180) o fornace a calotta parte di un piccolo impianto artigianale (Jacopi 1963, 10; Jaco- emisferica (Cassieri 2000, 31). pi 1966, 440), successivamente viene più precisamente indicata 17 Fulvio 1879, 285. 184 I FORNI E LE CUCINE NELLA “VILLA DELLA GROTTA” A SPERLONGA (LT)

Fig. 7. Forno per il pane individua- to nell’ambiente Q60. sti di un piano di cottura con lavello adiacente e un ca m 1, una larghezza di m 0,73 e un’altezza di m bancone per la lavorazione dei cibi. Il vano presen- 0,85; la vasca è realizzata con una pendenza tale da ta inoltre tracce di una pavimentazione in piastrelle convogliare l’acqua verso un foro di scarico del dia- laterizie di m 0,22 di lato. Il piano di cottura è ad- metro di cm 9 situato sulla parete di fondo. Per il dossato alla parete settentrionale dell’ambiente ed è sistema composto da piano di cottura e lavello, i con- composto da due pilastri quadrangolari in muratura fronti più interessanti sono presenti a Castellammare che raggiungono un’altezza massima di m 0,95 e una di Stabia, nelle ville sulla collina di Varano, dove ad larghezza di circa m 0,80. I pilastri dovevano sostene- esempio nella Villa di Arianna troviamo un caso par- re un piano di cottura impostato su una travatura in ticolarmente raffinato in cui al lavello arrivava persi- legno; in questo modo il bancone risultava così cavo no l’acqua calda portata dalle vicine terme20 (fig. 9). nella parte sottostante, dove si immagazzinava il ma- A completare gli apprestamenti della cucina vi era teriale da combustione. Tra i pilastri sono oggi visibi- un lungo bancone che probabilmente era destinato li le tracce della pavimentazione in laterizi pertinente alla preparazione dei cibi. Esso si colloca sulla parete all’ambiente. adiacente rispetto al piano di cottura ed è realizzato L’assenza totale del piano di cottura avvalora ulte- in muratura piena. La superficie è interamente rive- riormente l’ipotesi della travatura in legno che, come stita di malta lisciata21. spesso accadeva, si deteriorava facilmente causando Una seconda cucina è ben visibile infine all’inter- il collasso della struttura18. Anche in questo caso pos- no del padiglione di fronte alla grotta (“Padiglione sibili confronti sono presenti a Pompei, dove sono T”). La funzione dell’ambiente T06 è definibile gra- stati individuati apprestamenti simili19 (fig. 8). Adia- zie alla presenza di un grande piano di cottura22 che cente al piano di cottura è riconoscibile un lavello occupa quasi per intero il lato meridionale del vano, in muratura con una vasca quadrangolare rivestita di pavimentato in opus spicatum23 (fig. 10). malta idraulica, la cui superficie risulta fortemente Il piano di cottura, anche in questo caso ampia- restaurata. Il lavello presenta una lunghezza di cir- mente restaurato e per buona parte ricostruito, è ca-

18 Foss 1994, 80-81. velli in muratura a ridosso del piano di cottura si rilevano sempre 19 Fulvio 1879, 275; Foss 1994, 79-82. Gli autori suddividono i a Varano, nella Villa San Marco, e a Pompei, nella Casa dei Vettii. piani di cottura rinvenuti nelle cucine pompeiane in tre catego- 21 Per una descrizione dei banconi da lavoro nelle cucine si rie: 1. Banconi in muratura piena, 2. Banconi in muratura con veda Salza Prina Ricotti 1978/80, 259. archi portanti, 3. Banconi in muratura con travatura lignea. La 22 Salza Prina Ricotti 1978/80, 238. struttura individuata nell’ambiente Q06 sarebbe riconducibile 23 Slavazzi 2015, 277, fig. 9. alla terza tipologia. Si veda anche Kastenmeier 2007, 60-61. 24 Fulvio 1879, 275; Foss 1994, 80. Il bancone sarebbe ricondu- 20 Salza Prina Ricotti 1978/80, 244-251. Ulteriori esempi di la- cibile alla seconda tipologia (vd. nota 18).

185 FABRIZIO SLAVAZZI - ELENA BELGIOVINE - DANIELE CAPUZZO

ratterizzato da un grosso bancone in muratura di m 4,20 di lunghezza e m 1,25 di larghezza sostenuto da tre archi portanti. Tali cavità erano sfruttate per lo stoccaggio del legname24. La dimensione di questo piano di cottura permette di ipotizzare che esso po- tesse garantire la preparazione di una grande quan- tità di cibo, destinata quantomeno a servire l’intera area del padiglione T25. Inoltre, al contrario di quello che avviene nella cucina individuata nel quadripor- tico, il bancone appare coerente con l’originario ap- prestamento del vano T06. Alla luce dei risultati ottenuti nel corso della re- cente campagna di scavo, è possibile evidenziare come, in un arco cronologico compreso tra il I-II secolo d.C. e la prima metà del V secolo d.C., l’A- rea V sia stata oggetto di molteplici trasformazioni. La complessità del contesto indagato, nonostante necessiti di ulteriori approfondimenti, ha fornito comunque degli spunti interessanti per una rilettura critica sia di questo settore della villa, sotto l’aspetto architettonico e funzionale, che dell’intero comples- so residenziale nella parte finora nota. La presenza dell’ambiente con i muri in opus reticulatum e del Fig. 8. Piano di cottura nella cucina dell’ambiente Q06 e disegno ripro- Forno I, in una porzione della villa finora considera- duttivo di un bancone pompeiano con travatura lignea (rielaborazione da Fulvio 1879, tav. 1, fig. 1). ta genericamente di impostazione medio/tardoimpe- riale26, è molto interessante: se da un lato apre nuovi spiragli interpretativi, dall’altro permette di ampliare

Fig. 9. Piano di cottura con lavello nella cucina dell’ambiente Q06 e confronto con la cucina della Villa di Arianna a Varano (planimetria e sezione da Salza Prina Ricotti 1978/1980, 246).

25 Si vedano le considerazioni in Kastenmeier 2007, 61, 95-96. 26 Cassieri 2000, 28-29; Cassieri 2008, 15.

186 I FORNI E LE CUCINE NELLA “VILLA DELLA GROTTA” A SPERLONGA (LT)

relazione alla destinazione funzionale dei vari settori della villa. Solamente l’ampliamento delle indagini e il completamento della nuova campagna di rilievi consentiranno di tracciare un quadro di insieme re- almente esaustivo nel quale contestualizzare i recenti ritrovamenti.

FABRIZIO SLAVAZZI Università degli Studi di Milano Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali [email protected] orcid.org/0000-0002-1754-8334

ELENA BELGIOVINE Archeosfera S.r.l.s. Fig. 10. Piano di cottura nell’ambiente T06. collaboratore Università degli Studi di Milano [email protected] le conoscenze topografiche in merito alla villa impe- riale di I secolo d.C., fornendo utili informazioni ri- DANIELE CAPUZZO spetto all’articolazione ed estensione del complesso Archeosfera S.r.l.s. in tale settore. collaboratore Università degli Studi di Milano Per quanto riguarda gli altri apprestamenti, risulta [email protected] evidente come sia ancora prematuro poter tracciare una mappa dettagliata delle strutture, soprattutto in

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187 SCAVI IN CONCESSIONE Gabii. I fossati difensivi delle mura meridionali. Risultati degli scavi 2011-2014

Sophie Helas* – Lucia Lecce** – Eva Träder***

1. Premessa. definire forma, articolazione e sviluppo di queste strutture1. Nel quadro del processo di urbanizzazione nel Lazio Le indagini si sono concentrate principalmente antico a partire dall’VIII sec. a.C., Gabii costituisce intorno a due nuclei: quello delle mura settentriona- un esempio particolarmente interessante e fecondo li, nel punto in cui il circuito appare identico a quello per la ricerca. Elemento essenziale di questo pro- dell’acropoli e, dal 2011 in poi, anche presso i sistemi cesso, ed espressione delle capacità della comunità difensivi a sud dell’insediamento (fig. 1). In seguito protourbana, è la realizzazione di strutture difensive. ad una prima relazione2 che ha preso in esame i lavori L’obiettivo principale del progetto è stato pertanto preventivi e le prospezioni geofisiche, edita nel volu-

Fig. 1. Gabii. Veduta del plateau tufaceo da Sud, al centro il lago vulcanico interrato (foto del 2014 di R. Krämer)

* Responsabile del progetto. Thyssen Stiftung e la Leopold Werner Stiftung. Ringrazio Mar- ** Responsabile per lo studio dei reperti dei saggi meridionali, tin Bentz per averci dato la possibilità di legare la nostra ricer- cfr. Appendice. ca all’Institut für Archäologie und Kulturanthropologie, Abt. *** Assistente di scavo e responsabile per la documentazione gra- Klassische Archäologie dalla Rheinische Friedrich-Wilhelms- fica, fotografica e scritta dei saggi meridionali. Universtität Bonn, usufruendo delle infrastrutture organizzative 1 Il progetto è stato completamente finanziato dalla Deutsche e scientifiche della sede. Forschungsgemeinschaft e da altre fondazioni quali la Fritz 2 Helas 2010. 191 SOPHIE HELAS - LUCIA LECCE - EVA TRÄDER me Lazio e Sabina 6, vorremmo presentare in questa 3. Descrizione dei fossati sede3, i risultati delle indagini archeologiche nell’area meridionale del sito4. (S.H.) Per ragioni legate alla strategia di intervento e consi- derata l’ampiezza del sistema fortificato, si è deciso di scavare soltanto i fossati difensivi. Il saggio D ha 2. L’area di scavo raggiunto una lunghezza di m 36 e una profondità, in alcuni punti, di più di m 3 (fig. 4). I saggi sono stati L’area è stata interessata dapprima da due saggi ar- posti ad angolo retto rispetto al muro ad aggere, in cheologici (C 2011 e D 2012-2014) e da una serie di modo tale da ottenere una sezione completa del si- carotaggi (2012 e 2014) (fig. 2). Fin dall’inizio era stema difensivo (fig. 5). In questo modo è stato pos- chiaro che presso il limite meridionale del sito di sibile individuare almeno dieci fossati che saranno di Gabii era presente una fortificazione di tipo ad ag- seguito presentati in sequenza cronologica. gere provvista di fossato difensivo sulla fronte. Le prospezioni dell’università di Kiel, infatti, avevano precedentemente fornito indicazioni sull’andamen- - Prima fase (precedente alla fortificazione) to e sulla larghezza del muro5. Era possibile quindi supporre una costruzione composta da due muri co- Una prima fase insediativa, stratigraficamente ante- struiti in pietra e un terrapieno posto fra di essi. L’i- riore al primo fossato, si può collocare già nell’età potesi è stata poi confermata nel 2012, in seguito ad del ferro avanzato (fase laziale IV). A nord del saggio alcuni carotaggi praticati da Ulrich Floth e dall’Uni- D sono stati individuati, immediatamente al di sotto versità di Rostock (fig. 3). É stato infatti individuato della superficie, strati di frequentazione comprensivi un massiccio strato di terra argillosa con pochissime di alcune buche e resti di muretti. Fra i reperti più tracce di attività antropica, proprio nella zona del significativi si segnalano frammenti di scorie e un terrapieno. (S.H.) frammento di crogiolo. Verosimilmente in questo punto dovevano svolgersi attività metallurgiche. I re-

GAB 02 insediamento

GAB 03

GAB 04 mure

GAB 05

D 2012

GAB 06

GAB 01 fossato

D 2013 C 2011

Fig. 2. Magnetogramma del settore meridionale con po- sizionamento dei saggi e dei carotaggi (montaggio di M. 0 5 10 m Jakobi).

3 È in preparazione un volume di scavo in cui i risultati saranno con il Conte Cavazza, che ci ha generosamente permesso di ese- presentati in forma estensiva. guire gli scavi nei suoi terreni. Abbiamo potuto inoltre contare 4 Ringraziamo dell’invito al convegno Lazio e Sabina, che è sulla cooperazione dell’associazione “Latium Vetus“, che ha mes- ormai un’istituzione indispensabile e importante punto di rife- so gentilmente a disposizione personale, sostegno organizzativo rimento per le nostre ricerche. Un grazie a Giuseppina Ghini, e infrastrutture come il magazzino a Montecompatri: un Danke- Micaela Angle e Alessandro Betori della Soprintendenza per il schön a Enrico Devoti. Si ringraziano infine Carla Cioffi e Lucia sostegno ricevuto. Il nostro grazie va inoltre a Stefano Musco Lecce che hanno curato la traduzione dei testi. della SSBAR, prematuramente scomparso, per la possibilità di 5 Helas 2010, 252 fig. 5. far uso della foresteria a Ponte di Nona. Siamo anche in debito

192 GABII. I FOSSATI DIFENSIVI DELLE MURA MERIDIONALI. RISULTATI DEGLI SCAVI 2011-2014

perti sono principalmente databili al periodo orien- talizzante, ma anche a momenti precedenti (fig. 11).

- Età arcaica e altorepubblicana

Il primo fossato (I nord, US -106)6 risale all’inizio del VI sec. a.C. e taglia uno strato argilloso vergine di colore molto scuro. Il fossato I nord ha forma trapezoidale con pareti ripide e fondo piatto (“Sohl- graben”)7 e una profondità di ca. m 2,30. Presenta inoltre un’ampiezza di m 6,35, pressappoco identica a quella dell’apprestamento successivo. Si tratta del fossato di gran lunga più profondo intercettato nel saggio C e D. Forma e larghezza sono confrontabili con quelle della fortificazione ad aggere di Ficana, datata tra la metà del VIII sec. a.C. e il VI sec. a.C.8. Intorno alla fine del VI/inizio del V sec. a.C. vie- ne creato un secondo fossato (II nord, US -107)9. Il fondo di US -107 appare poco appuntito nella zona centrale e raggiunge una profondità massima di m Fig. 3. Carotaggio n. 2 (di U. Floth). 1,75. Contemporaneamente a queste attività viene

Fig. 4. Ortofoto dei saggi C e D (foto del 2014; di S. Kiel; montaggio di M. Jakobi).

6 US=Unità stratigrafica. Il segno meno davanti al numero largo e grande; cfr. Helas 2013, fig. 17. Allo stato attuale delle dell’unità stratigrafica (US -...) contraddistingue invece le unità ricerche questa ipotesi non può più considerarsi valida. negative, cioè quelle attività che presuppongono l’asporto di ma- 8 Cifani 2008, 207, fig. 208; Fischer-Hansen - Algreen-Ussing teriale, come ad esempio un taglio nel terreno. Nella terminolo- 2013, 45-58; Fischer-Hansen, 2016, fig. 9. gia di E. C. Harris - D. Manacorda corrisponde alla superficie in 9 Questa ristrutturazione del fossato corrisponde alla seconda sé verticale. Con USM vengono indicati muri e altre costruzioni. fase della fortificazione di tipo ad aggere nell’area nord-orienta- 7 Prima delle campagne di scavo 2013-2014, sulla base dei ca- le di Gabii. Cfr. Fabbri - Musco, 2016, 72, figg. 2-3. (la seconda rotaggi effettuati, si supponeva la presenza di un fossato molto fase è datata tra la fine del VI e il V sec. a.C.).

193 SOPHIE HELAS - LUCIA LECCE - EVA TRÄDER

Fig. 5a (in alto). Disegno orientale del saggio D, parete settentrionale (foto di E. Träder); fig. 5b (in basso). Sezione orientale del saggio D, parete meridionale (disegno di E. Träder). realizzato un apprestamento più a sud (I sud, US - Età mediorepubblicana -30/-84), caratterizzato da una larghezza complessiva di m 13,15 (inclusa la parete sud US -84) e una pro- Un quarto fossato viene impostato nel IV sec. a.C. fondità di ca. m 1,80, quest’ultima basata sui risultati (IV nord, US -88), riprendendo la forma del fossa- dei carotaggi svolti nel 2012 e nel 201410. to III, ma con dimensioni più modeste (fig. 6). In Nel corso del V sec. a.C. l’insediamento risulta così protetto da un doppio fossato, la cui presenza è probabile già dall’inizio del VI sec. a.C., sebbene l’ipotesi non sia confermata da indagini stratigrafi- che (figg. 4, 5). Si ipotizza inoltre che il fossato set- tentrionale fosse asciutto, mentre quello meridionale temporaneamente colmo di acque derivate. Tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. viene impiantato il terzo fossato settentrionale (III nord, US -31) sempre nella medesima area. Il fossato III, caratterizzato da una larghezza di m 6,50 e una pro- fondità di m 1,60, presenta una forma simile ad una vasca o ad una chiatta a V.

Fig. 6. Il fossato US -88 (foto di S. Kiel).

10 Sebbene lo scavo abbia effettivamente raggiunto la profon- dità di ca. m 1,60.

194 GABII. I FOSSATI DIFENSIVI DELLE MURA MERIDIONALI. RISULTATI DEGLI SCAVI 2011-2014

interventi. Nei fossati sono stati infatti individuati strati di sedimento, ed è possibile che la palizzata sia crollata verso sud nel II o I sec. a.C.. Nello strato posto davanti alla palizzata sono stati rinvenuti due crani umani e un bucranio lavorato. I teschi erano privi della mascella inferiore (fig. 9)11. La superfi- cie ossea mostra segni di disgregazione. L’individuo adulto (che poteva avere tra i 40 e i 50 anni) mostra tracce di una ferita curata. Potrebbe essere stato un guerriero. L’individuo più giovane (tra i 19 e i 25 anni) era più gracile: probabilmente una donna o un giovane maschio. Anche il cranio del bovino maschio risulta lavora- to, come mostrano le tracce di taglio sulla fronte e Fig. 7. Allineamento di pietre (USM 34), vista da Ovest (foto del il trattamento della superficie appiattita nella parte 2013 di E. Träder) inferiore (fig. 10)12. Su ambedue gli spuntoni ossei (cavicchi) si trovano tracce di taglio per la separazio- quest’area, due file parallele di pietre (USM 34) rap- ne degli astucci di cheratina. Sulla base del luogo di presentano presumibilmente le tracce di una palizzata rinvenimento dei frammenti cranici (fig. 5, casella) lignea posta davanti al fossato settentrionale (fig. 7). si può supporre che tutti e tre i teschi fossero fissati In età mediorepubblicana viene scavato un nuovo originariamente sul lato esterno della palizzata, che, fossato (II sud, US -85) più piccolo e più a sud, pro- probabilmente, crollando verso sud, ha portato con babilmente a causa della quasi completa obliterazio- sé anche i tre crani. ne del grande fossato meridionale più antico (I sud, Oltre ai fenomeni di erosione e sedimentazione è US -30/-84) dovuta al deposito di strati alluvionali stato inoltre possibile constatare l’utilizzo delle trin- e strati di scarto. Il fossato II presenta forma trape- cee come discariche. All’interno dell’US 20, il riem- zoidale con base profonda e squadrata. La parete settentrionale è inclinata, quella meridionale forma invece un angolo ottuso con il fondo. Il fossato più a sud, largo m 2,35 e profondo m 0,90, è interpretabile come apprestamento difensivo. In base alle sue dimensioni, doveva forse impedi- re un agevole avvicinamento alle mura. Il fossato accanto (III sud, US -86), invece, stretto solo cm 90, non poteva chiaramente svolgere fun- zioni difensive. Quest’ultimo ha profilo squadrato e raggiunge una profondità di appena cm 55. É possi- bile ipotizzare che la sua funzione fosse legata a lavo- ri edili, come ad esempio l’estrazione dell’argilla da costruzione della palizzata o attività simili. Infatti, presso la parete meridionale sono ricono- scibili le tracce lasciate dagli utensili utilizzati per la sua realizzazione, verosimilmente strumenti a forma di vanga (fig. 8). Va inoltre menzionata la trasformazione della parte settentrionale alle spalle del fossato, risalente a questo periodo, nella quale vengono poste alcune lastre di travertino (USM 4/51; figg. 4, 5).

- Età tardorepubblicana Fig. 8. Il fossato US -86 con le tracce di vanga (foto di E. Träder). Nei secoli successivi l’impianto difensivo non subisce

11 Ringrazio Franziska Follmann della Università di Basileia per l’esame dei reperti archeozoologici, le discussioni interessan- per l’esame dei crani. ti sul posto ed i consigli preziosi. 12 Ringrazio Sabine Deschler-Erb della Università di Basileia

195 SOPHIE HELAS - LUCIA LECCE - EVA TRÄDER pimento di US -88, sono stati rinvenuti frammenti muro ad aggere di VIII sec. a.C14. osteologici frammisti a rifiuti edilizi. Il riempimento Rimane aperta la questione relativa alla relazione dei fossati - e delle depressioni rimaste - sembra esse- tra fortificazione settentrionale e meridionale. Nel- re avvenuto durante la prima età imperiale. Attorno la zona settentrionale dell’area indagata (in questo all’inizio del I sec. d.C., il pendio viene dunque spia- progetto), un muro ad aggere può essere ricondotto nato intenzionalmente (US 19). già all’VIII sec. a.C.. Ugualmente, nell’area presso il santuario orientale indagata dai colleghi italiani, la cronologia si fa risalire fino al VII sec. a.C15. Per - Età imperiale quanto riguarda la fortificazione meridionale, invece, il fossato più antico si data all’inizio del VI sec. a.C. Gli interventi relativi all’età imperiale sono stratigra- Tale discrepanza cronologica porta a considerazioni ficamente riconoscibili, ma difficili da datare, poiché non marginali. gli strati risultano sconvolti dall’uso dell’aratro fino Una possibile interpretazione consiste nell’ipotesi ad una profondità di almeno 80 centimetri. che il muro ad aggere di VIII-VII sec. a.C. abbia cir- Probabilmente alla fine del I sec.-inizio del II sec. condato soltanto una parte dell’area urbana, quella d.C. viene scavato un fossato difensivo meno largo nord-orientale, e che solo nel VI sec. a.C. l’insedia- (IV Sud, US -108) al di sopra della trincea meridio- mento sia stato esteso alla zona sud-occidentale, dove nale più antica. viene costruito questo tratto murario (posteriore ri- spetto a quello a nord-est). A favore di questa ipote- si vi sono due (in effetti deboli) indicazioni: il tratto sud-orientale del confine urbano non è così regolare come quello sud-occidentale e il presunto tumulo a sud del Lago di Castiglione si troverebbe all’esterno dell’insediamento fortificato16. I due sistemi fortifica-

Fig. 9. I craniteschi umani. (foto di M. Al Najjar)

Anche altre attività sono collocabili probabilmen- te nel periodo imperiale (V Sud, US -83 e VI Sud, US -71). (E.T.)

4. Inquadramento dei risultati13

- Età del Ferro finale/periodo arcaico

La presenza di strati archeologici risalenti all’età del Ferro e soprattutto la quantità percentuale dei reper- ti di VIII e di VII sec. a.C. parlano a favore di un insediamento abbastanza consistente già in questa fase. Sulla cosiddetta acropoli è testimoniata una for- tificazione di X-IX secolo a.C., seguita da un grande Fig. 10. Il bucranio durante lo scavo (foto di E. Träder).

13 La periodizzazione degli interventi e la sequenza dei fossati 15 Fabbri 2015, 188, fig. 10.5; Fabbri - Musco, 2016, 72, 82. qui presentata si basa esclusivamente sulla stratigrafia e sullo stu- (prima fase, VII sec.). dio dei materiali. I risultati forniti da E. Träder e L. Lecce sono 16 Indagini geofisiche condotte dall’Universtità di Kiel (2007) e stati solo in un secondo momento analizzati da S. Helas, che ha dall’Istituto Nazionale di Vulcanologia e Geofisica (2015) fanno tentato un primo inquadramento dei dati nella tradizione storica supporre l’esistenza di una grande tomba a tumulo, probabil- del Lazio antico. mente di VII sec. a.C. La pubblicazione dei risultati è in prepa- 14 Cfr. anche Helas 2013. razione.

196 GABII. I FOSSATI DIFENSIVI DELLE MURA MERIDIONALI. RISULTATI DEGLI SCAVI 2011-2014 ti sono quindi da attribuire a fasi diverse17? Secondo come monito o “memoriale”, siano rimasti comun- questa interpretazione l’ampliamento della città (le que appesi per alcuni decenni fino al crollo della mura sud-occidentali e probabilmente anche la rete palizzata, quindi chiaramente dopo la ritirata degli stradale18) sarebbero il risultato di un intervento di aggressori nordici. VI sec. a.C. Com’è presumibile, sono sicuramente necessarie altre indagini e verifiche nel territorio di Gabii. Allo stato attuale delle nostre ricerche è co- - Età tardorepubblicana munque possibile supporre che nel VI sec. a.C. Gabii fosse dotata di una cinta muraria lunga più di due Dopo la fine della seconda guerra latina (nel 338 chilometri (esclusa la parte più alta sulla cima del a.C.)26 i fossati di Gabii non sono più oggetto di ma- cratere). nutenzione27. Il sistema difensivo perde la sua fun- zione durante il periodo tardorepubblicano. La città rimane dunque priva di una fortificazione. - Età alto/mediorepubblicana

Secondo le fonti storiche, la fase compresa tra il V - Età imperiale e IV sec. a.C. è caratterizzata da diversi conflitti19. Sono note, ad esempio, la battaglia del lago Regillo All’inizio dell’età imperiale la zona prospiciente le alla fine della prima guerra latina, scoppiata agli inizi mura venne spianata, eliminando le depressioni an- del V sec. a.C. (498-493 a.C.) o la devastazione subita cora rimaste. Resta oscuro il motivo per cui durante ad opera dei (462 a.C.)20. Si tratta certamente la fase imperiale vengono impiantati tre fossati. Forse di fasi di instabilità, poiché nel V sec. a.C. la città gli ultimi interventi rappresentano una reazione alle risulta protetta dal sistema a doppio fossato. Con le invasioni barbariche, come nel caso delle mura Aure- dovute precauzioni sembra possibile ipotizzare che liane a Roma. (S.H.) la ristrutturazione del fossato II nord, insieme all’im- pianto del fossato I sud, si verifichi proprio conte- stualmente a queste situazioni di pericolo. 5. Conclusioni Le attività datate agli inizi del IV sec. a.C., d’altra parte, potrebbero essere il risultato del conflitto con Sicuramente i risultati di queste ricerche sono da in- Praeneste (382 a.C.)21, oppure della minaccia celtica serire in un contesto di studi più ampio28. (390/387 a.C. fino alla metà del secolo)22. Gli ap- Per quanto riguarda Gabii, il quadro archeologi- prestamenti potrebbero essere interpretati come de- co relativo al VI sec. a.C. è stato di recente notevol- terrente (fossato III nord?) o come reazione ad una mente arricchito, grazie ai nuovi dati relativi all’area sconfitta (ipotizzabile anche per Gabii in connessio- dell’acropoli. Ad esempio, Stefano Musco e Marco ne al sacco di Roma e alle devastazioni nell’area dei Fabbri propongono in modo convincente di inter- colli albani23). Le fortificazioni meridionali della cit- pretare l’edificio tripartito costruito durante i primi tà vengono in ogni caso rinforzate (fossato IV nord decenni del VI sec. a.C. come la regia di Gabii29. con i fossati II e III sud). In collegamento a questo, si può anticipare30 che sul In merito ai crani appesi alla palizzata, si può lato settentrionale della città è stato documentato un ipotizzare un collegamento all’episodio riguardante tratto di mura costituito da blocchi lapidei databile i Celti, sulla base della datazione al radiocarbonio al VI secolo a.C.31 di uno dei crani (quello dell’individuo più anziano) Considerando la datazione coeva della regia, del (389 – 204 calBC)24 e al luogo di rinvenimento (fig. 5, muro difensivo a blocchi squadrati dell’acropoli e del casella). La pratica di esporre crani umani alle porte fossato I nord US-106 qui presentato, ci si domanda urbane è ben documentata in area celtica25, ma non se non sia possibile leggere il tutto come un unico è possibile stabilire fino in fondo a chi attribuire grande intervento urbanistico. È forse possibile in- l’apprestamento. É anche possibile che i crani, posti terpretare le mura e il fossato di VI sec. a.C. come

17 Helas 2010 fig. 12: fra le supposte porte Sud 2 e Sud-Est. delle mura si collocano durante il terzo secolo a.C. (Cfr. Helas, 18 Cfr. la piante in Helas 2010, fig. 12. 2016, 99) probabilmente collegabile alle vicende della seconda 19 Bleicken 1982, 105-110, Alföldi 1977. Tali episodi non sono guerra punica. Liv. XXVI, 9, 12. Bleicken 1982, 43-50. sempre direttamente collegabili al dato archeologico. 28 Cfr. gli scavi della SSBAR e dell’università di Michigan; Ter- 20 Liv. III. 8, 6. 21 Liv. VI. 21, 7-9. renato et. al. 2010; Mogetta - Becker 2014. 22 Alföldi 1977, 314 - 322, 320. 29 Fabbri 2015, 189 fig. 10.8 - 10.11. 23 Liv. VII 11,3. 30 Sebbene questa non sia la sede per presentare anche i risulta- 24 La datazione è stata elaborata dal Cologne AMS dell’Univer- ti dello scavo sull’acropoli, ancora in fase di preparazione; breve- sità di Colonia, J. Rethemeyer. mente menzionato in Helas 2013; cfr. anche Helas, 2016. 25 von Berg 2011. 31 Helas 2010, fig. 15. 26 Alföldi 1977, 345 - 365. 27 Sull’acropoli di Gabii le ultime evidenze di manutenzione

197 SOPHIE HELAS - LUCIA LECCE - EVA TRÄDER parte di un ambizioso provvedimento per impedire Datazione Osteria dell’Osa Periodo II33 (Bietti Se- una facile presa della città32? stieri 1992); fase 2, 630/620-610/600 (Brandt 1996); La sistematizzazione dello spazio doveva riguar- phase I and IIB, dal 900-775/750 al 650-610/600 a.C. dare verosimilmente anche la rete stradale, perché corrispondenti al periodo laziale IIB-III e IVA-IVB l’opera difensiva proteggeva non solo la città all’e- (Attema et al. 2003). sterno, ma strutturava, con i suoi accessi e collega- menti stradali, anche la città all’interno. Finora si 2. Orlo di ciotola, Impasto bruno (fig. 11, 2) tratta soltanto di indizi e l’interpretazione è ancora Inv. GB14FSD91II(7) tutta da verificare con studi più estesi e approfonditi, Classe impasto bruno ma, allo stato attuale delle ricerche è possibile collo- Forma ciotola care un forte impulso costruttivo volto all’organizza- Stato di conservazione mediocre zione urbana di Gabii proprio durante la prima metà Descrizione orlo verticale indistinto, leggermente as- del VI sec. a.C. (S.H.) sottigliato. Parete leggermente carenata. Colore su- perficie grigio scuro (Munsell 7.5YR3/1). Colore in- terno rossiccio (Munsell 2.5YR4/6). Inclusi bianchi Appendice. I materiali ceramici dai fossati difensivi e neri squadrati e rotondi (20%). Consistenza dura, delle mura meridionali di Gabii matrice abbastanza compatta. Superficie levigata. Misure cm 4,3 x 5; diametro cm 11; spessore cm 0,7 Riferimenti bibliografici Zuchtriegel 2012, 132) kat. 13/15, tav. IV. Vd. anche un tipo simile, ma con dia- Di seguito è presentata una selezione dei manufatti metro maggiore in Attema et al. 2003, V-4, fig. 7, p. rinvenuti durante le campagne di scavo 2011-2014, 338. come campione esemplificativo di classi, forme, ca- Datazione periodo laziale II (Zuchtriegel 2012); pha- ratteristiche e cronologie dei materiali ceramici atte- ses IIA, IIB, IV, V dal 775/750-650 al 510/490-350 stati all’interno dei fossati difensivi delle mura meri- a.C. (Attema et al. 2003). dionali di Gabii. I frammenti sono convenzionalmente suddivisi per grandi periodi cronologici e organizzati sotto for- 3. Orlo di olla, Impasto bruno (fig. 11, 3) ma di catalogo. Riferimenti bibliografici e cronologia Inv. GB14FSD63/65II(1) sono posti a chiusura delle singole schede, mentre le Classe impasto bruno problematiche relative a datazioni e classi ceramiche Forma olla sono menzionate, se necessario, in nota al testo. Stato di conservazione mediocre Descrizione orlo svasato, a profilo continuo, leg- germente assottigliato all’estremità. Colore super- Catalogo ficie nero (Munsell 5Y2.5/1). Colore interno rosso

Età del Ferro – Orientalizzante

1. Fuseruola, Impasto bruno (fig. 11, 1) Inv. GB14FSD91II(2) Classe impasto bruno Forma fuseruola Stato di conservazione ottimo Descrizione fuseruola biconica sfaccettata. Colore marrone scuro (Munsell 7.5YR5/4), priva di inclusi visibili ad occhio nudo, nessuna frattura. Consistenza dura, matrice compatta. Superficie semi-lucente, con tracce brune probabilmente dovute a combustione. Misure cm 2,7 x 3,4 Riferimenti bibliografici Bietti Sestieri 1992, n. 33b var. II, tav. 26; Brandt 1996, n. 254, fig. 162, p. 162; Fig. 11. Reperti dell’età del Ferro – orientalizzante (restituzione Attema et al. 2003, XVII-4 737, fig. 19, p. 354. grafica L. Lecce, restituzione digitale A. Weirich)

32 Liv. I, 53, 4; Liv. I, 55,1. Secondo Livio i Tarquini si impos- laziale II si data a partire dal X/inizio-metà del IX secolo a.C. sessarono della città solo con una truffa. fino alla fine del IX-inizio VIII sec. a.C.) e Nijboer - van der 33 Per le discussioni relative alla cronologia laziale si vedano ad Plicht 2008, 103-118. esempio: Bietti Sestieri - De Sanctis 2008, 126 (in cui il periodo

198 GABII. I FOSSATI DIFENSIVI DELLE MURA MERIDIONALI. RISULTATI DEGLI SCAVI 2011-2014

(Munsell 2.5YR4/6). Inclusi grigi e bianchi squadrati 6. Orlo di ciotola, Impasto rosso o coarse ware (10%). Consistenza dura. Matrice poco compatta. (fig. 12, 2) Superficie levigata. Inv. GB14FSD102V(2) Misure cm 3,1 x 4,9; diametro cm 20; spessore cm Classe impasto rosso o coarse ware 0,7 Forma ciotola Riferimenti bibliografici Carafa 1995, n. 7, p. 21; Stato di conservazione mediocre Zuchtriegel 2012, 215) kat 46/41, tav. IX. Descrizione orlo distinto, estroflesso, con estre- Datazione a partire dal 730/20-700 al 600-590 a.C.ca. mità triangolare modanata. Colore rosso (Munsell (Carafa 1995); periodo laziale IVA34 (Zuchtriegel 10R5/6). Inclusi piccoli, rotondi bianchi (10%). 2012). Consistenza dura, matrice abbastanza compatta. Su- perficie levigata, lucente all’interno. 4. Ansa di tazza, Impasto bruno (fig. 11, 4) Misure cm 2,7 x 6,4; diametro cm 20; spessore cm Inv. GB14FSD98II/V(2) 0,8 Classe impasto bruno Riferimenti bibliografici l’attribuzione della classe Forma tazza rimane problematica. Il frammento presenta superfi- Stato di conservazione mediocre cie levigata e scanalature simili agli esemplari d’impa- Descrizione estremità di ansa plastica con apici ton- sto rosso35. La forma trova confronto, da un lato, con deggianti e allungati. Colore superficie grigio scuro un coperchio/ciotola rinvenuto presso il Palatino (Munsell 7.5YR3/1). Colore interno grigio scuro (Pensabene - Falzone 2001, n. 137, tav. 32), dall’altro (Munsell 7.5YR4/1). Inclusi bianchi, tondeggianti è simile ad esemplari che Carafa (1995, nn. 576, p. (25%). Consistenza dura. Matrice abbastanza com- 211) inserisce all’interno della classe Coarse Ware, patta. Superficie levigata. Incisioni praticate a crudo definendoli come bacini. con andamento obliquo irregolare sulla superficie Datazione a partire dal secondo quarto del VII sec. esterna. a.C., con maggiore diffusione in età arcaica (Pensa- Misure cm 2,7 x 2; spessore cm 0,9 bene - Falzone 2001); 530/20-500 a.C. (Carafa 1995). Riferimenti bibliografici Bietti Sestieri 1992, n. 100h, tav. 30; Zuchtriegel 2012, 171) kat. 101/2, tav. VI. 7. Orlo di olla, Impasto rosso-bruno/Coarse Datazione Osteria dell’Osa Periodo IV (Bietti Se- ware (fig. 12, 3) stieri 1992); VII sec. a.C. (Zuchtriegel 2012). Inv. GB14FSD101V(1) Classe impasto rosso-bruno/Coarse ware36 Età arcaica e altorepubblicana Forma olla Stato di conservazione mediocre 5. Orlo di olla, Ceramica depurata dipinta (fig. 12, 1) Inv. GB14FSD102-65V(1) Classe ceramica depurata dipinta Forma olla Stato di conservazione mediocre Descrizione orlo fortemente svasato, a profilo con- tinuo, con estremità leggermente ingrossata. Colo- re superficie arancio (Munsell 7.5YR8/6). Colore interno rosso chiaro (2.5YR6/6). Argilla depurata. Consistenza dura. Matrice compatta. Superficie in- gobbiata. Due bande dipinte sottili sull’orlo di colore marrone (7.5YR4/4). Misure cm 4,1 x 8,3, diametro cm 22, spessore cm 0,6 Riferimenti bibliografici Zuchtriegel 2012, 375) kat. 100/51, tav. XXII (con decorazione a banda unica e spessa). Datazione ultimo terzo del VII sec. a.C. - prima metà Fig. 12. Reperti di età arcaica e altorepubblicana (restituzione gra- del VI sec. a.C. fica L. Lecce, restituzione digitale A. Weirich)

34 Alcune tavole di sintesi sulle cronologie rielaborate sulla base 35 Sulle problematiche relative alla distinzione tra le due classi: dei risultati ottenuti grazie alle analisi del C14 sono in Attema Falzone 2001, 184. et al. 2013, 324-325. Seguendo questi aggiustamenti il periodo 36 Sulla denominazione della classe si veda ad esempio: D’A- Laziale IV, che tradizionalmente si fa risalire al 730/720 a.C., lessio 2001, pp. 197-199. Sulle diverse definizioni vd. anche di corrisponderebbe alla fase compresa tra il 775/750-650 a.C. e il Gennaro et al. 2009, 178. 610/600-550/530 a.C.

199 SOPHIE HELAS - LUCIA LECCE - EVA TRÄDER

Descrizione orlo inclinato, distinto, con estremità rini 2001, 1, tipo D, tav. 46, 501. arrotondata all’esterno e piatta all’interno. Parete Datazione metà V-III sec. a.C. (Carandini - D’Alessio ovoide. Colore bruno-rossiccio (Munsell 2.5YR5/6 e - Di Giuseppe 2006); piena età repubblicana, proba- 5YR6/3), interno rosso (Munsell 2.5YR5/6). Inclusi bilmente III sec. a.C. (Cascino - Di Sarcina 2008); neri e bianchi squadrati (15%). Superficie levigata, in Etruria meridionale, metà V sec. a.C. (Boldrini - tracce di fumigazione. Masseria 2001). Misure cm 8,3 x 11; diametro cm 18, spessore cm 0,6 10. Orlo di lekythos, Vernice nera (fig. 13, 2) Riferimenti bibliografici Carafa 1995, n. 396, p. 159; Inv. GB14FSD23V(6) Zuchtriegel 2012, 267 kat. 13/46, tav. XV; vd. anche Classe Vernice nera Gori - Pierini 2001, 1, tipo C, variante 1, n. 410, tav. Forma lekythos 40. Stato di conservazione discreto Datazione 530/20-475/450 a.C. (Carafa 1995); se- Descrizione orlo distinto, svasato con terminazione conda metà VI - seconda metà VI - inizi IV sec. a.C. estroflessa e piatta. Ansa a nastro appena accennata. (Zuchtriegel 2012); VI-V sec. a.C. (Gori - Pierini Colore rivestimento nero (Munsell GLEY 1 2.5/N) 2001). coprente, semilucente. Colore argilla rosa (Munsell 7.5YR8/3). Argilla depurata. Consistenza dura. Ma- 8. Orlo di bacile, Impasto chiaro sabbioso (fig. trice compatta. 12, 4) Misure cm 5,5 x 6,9; diametro cm 6; spessore cm Inv. GB14FSD102V(3) 0,5 Classe impasto chiaro sabbioso Riferimenti bibliografici simile a Morel 1965, n. 403, Forma bacile Pl. 29; Morel 1981, 5416d1 (con orlo meno svasato) Stato di conservazione mediocre e Morel 1981, 5416c1 (interno meno plastico); De Descrizione orlo verticale a fascia, distinto, ingros- Waele 1989, n. 489, fig. 50, p. 192. sato, con estremità piatta. Colore superficie rosa Datazione seconda metà del IV sec. a.C. (Morel (Munsell 2.5YR7/6). Colore interno rosa (Munsell 1965); intorno alla metà del IV sec. a.C. o secondo 5YR8/4). Inclusi neri squadrati, marroni e rossi quarto - metà del IV sec. a.C. (Morel 1981); in as- (30%). Consistenza dura, superficie ruvida. sociazione con materiali di IV e III sec. a.C. (proba- Misure cm 6,2 x 9,4; diametro cm 30, spessore cm bilmente di fine IV – inizi III sec. a.C.) (De Waele 1,2 1989). Riferimenti bibliografici Carafa 1995, n. 655, p. 240; simile a Olcese 2003, nn. 4-5, tav. XXXV; vd. anche Gori -Pierini 2001, 1, tipo B, variante 2, n. 54, tav. 4. Datazione 500-475/450 a.C. (Carafa 1995); a partire dalla metà del VI-V, con continuità d’uso durante il IV e III a.C. (Olcese 2003); in Etruria Meridionale VI-V sec. a.C. (Gori - Pierini 2001).

Età mediorepubblicana

9. Orlo di olletta, Impasto/Internal slip ware (fig. 13, 1) Inv. GB14FSD92XI(1) Classe Impasto/Internal slip ware Forma olletta Stato di conservazione mediocre Descrizione orlo leggermente svasato, distinto, con estremità verticale leggermente arrotondata all’e- sterno, piatta all’interno. Colore superficie marrone Fig. 13. Reperti di età mediorepubblicana (restituzione grafica L. chiaro (Munsell 10YR8/3). Colore interno marrone Lecce, restituzione digitale A. Weirich) (7.5YR5/4). Inclusi neri, squadrati, lucenti, bianchi, rotondi e opachi arancio (20%). Superficie ingobbia- 11. Orlo di skyphos, Vernice nera (fig. 13, 3) ta. Consistenza dura. Matrice poco compatta. Inv. GB13FSD45V(1) Misure cm 3,1 x 5,2, diametro cm 12; spessore cm Classe vernice nera 0,4 Forma skyphos Riferimenti bibliografici Carandini - D’Alessio - Di Stato di conservazione mediocre Giuseppe 2006, fig. 214, n. 3, p. 522; Cascino - Di Descrizione orlo a profilo continuo, leggermente Sarcina 2009, fig. 2, n. 3, p. 569; vd. anche Gori -Pie- svasato con estremità assottigliata. Ansa e a baston-

200 GABII. I FOSSATI DIFENSIVI DELLE MURA MERIDIONALI. RISULTATI DEGLI SCAVI 2011-2014 cello orizzontali. Colore rivestimento grigio scuro 14. Orlo di piatto, Vernice nera (fig. 14, 2) (Munsell GLEY 1 3/N). Colore argilla rosa (Munsell Inv. GB13FSD28VIII(1) 7.5YR7/3). Argilla depurata, consistenza dura. Ma- Classe Vernice nera trice compatta. Forma piatto Misure cm 3 x 4,5; diametro cm orlo 12, spessore Stato di conservazione mediocre cm 0,4 Descrizione orlo distinto conformato ad L con estre- Riferimenti bibliografici Morel 1981, 4342a2. mità leggermente arrotondata. Carena esterna paral- Datazione seconda metà o ultimo terzo del IV sec. lela all’orlo appena percettibile. Colore rivestimento a.C. (Morel 1981). (Munsell GLEY 1 2.5/N). Colore interno arancio (Munsell 2.5YR6/6). Argilla depurata. Consistenza abbastanza tenera. Matrice compatta. 12. Orlo di coppa/kantharos, Vernice nera (fig. Misure cm 2,9 x 4,5, diametro cm 26; spessore cm 13, 4) 0,8 Inv. GB12FSD21V(6) Riferimenti bibliografici Taylor 1957, plate with up- Classe Vernice nera turned rim, type I, D5a1, plate XXXIII; Morel 1981, Forma coppa/kantharos 2252d1; Ferrandes 2014, fig. 8, n. 1, p. 359. Stato di conservazione mediocre Datazione ultimo quarto del II sec. a.C. – i ultimo Descrizione orlo svasato, distinto, leggermente as- quarto del II sec. a.C. - I sec. a.C. (Taylor 1957); pro- sottigliato all’estremità. Appendice orizzontale pen- babilmente intorno alla prima metà del II sec. a.C. dula sulla parete esterna. Colore rivestimento nero (Morel 1981); I sec. a.C. (Ferrandes 2014). (Munsell GLEY 1 2.5/N) coprente, diluito all’ester- no, abbastanza lucente. Colore argilla rosa (Munsell 7.5YR8/4). Argilla depurata. Consistenza dura. Ma- 15. Parete di anfora da trasporto, Anfore com- trice compatta. merciali (fig. 14, 3) Misure cm 1,9 x 4,6, diametro 20 cm ca.; spessore Inv. GB11FSC13II(5) cm 0,3 Classe anfore commerciali Riferimenti bibliografici Morel 1981, 3511b1 o Forma anfora 3512b1. Vd. anche un esemplare simile, ma con pa- Stato di conservazione scarso reti più spesse n. 71, fig. 70, p. 97 (Moltesen - Brandt Descrizione parete ovoide, carena sulla spalla. Co- 1994). lore superficie rosa (Munsell 10R8/3). Colore inter- Datazione 250±30 a.C. o 205 – 155 a.C. (Morel no rosa (Munsell 5YR8/4). Inclusi arancio chiaro, 1981); metà IV - inizi III sec. a.C. (Moltesen - Brandt opachi (chamotte37) grandi e piccoli, cristallini tra- 1994). sparenti, bianchi, squadrati e grigi (15%). Superficie polverosa. Deformazioni plastiche visibili all’esterno. Età tardorepubblicana

13. Orlo di piatto, Vernice nera (fig. 14, 1) Inv. GB11FSC13II(6) Classe vernice nera Forma piatto Stato di conservazione scarso Descrizione orlo a profilo continuo, con estremità triangolare ingrossata e risega interna. Colore rive- stimento grigio-bluastro (Munsell GLEY 2 3/10B) compatto, coprente e semilucente. Colore interno grigio (Munsell 10YR6/1). Argilla depurata. Consi- stenza dura. Matrice compatta. Misure cm 1,6 x 1,7, diametro cm 20 ca., spessore cm 0,9 Riferimenti bibliografici Morel 1981, 2233a1; il pro- filo è simile a Ballester 2003, n. 4342, fig. 13, p. 79 (riferito alla serie Morel 2234). Datazione 200±50 a.C. (Morel 1981); II sec. a.C. (Ballester 2003).

Fig. 14. Reperti di età tardorepubblicana (restituzione grafica L. Lecce, restituzione digitale A. Weirich).

37 La presenza di questo tipo di inclusione sembra essere una 2005, 369. delle caratteristiche tipiche dell’impasto della Lamboglia 2.

201 SOPHIE HELAS - LUCIA LECCE - EVA TRÄDER

Consistenza abbastanza dura. Matrice abbastanza cm 0,3 compatta. Riferimenti bibliografici simile a Marabini Moevs Misure cm 16 x 14; spessore cm 2,3 1973, forma IV, pp. 59-61; Ricci 1985, n. 11, tav. Riferimenti bibliografici Lamboglia 1955, fig. 18, LXXIX, tipo I/24. Si vedano comunque anche alcu- p. 263, forma 2; Peacock - Williams 1986, Classe 8 ne brocchette con il medesimo profilo, ma provviste (Lamboglia 2/ Dressel 6); Empereur - Hesnard 1987, di anse e classificate all’interno della ceramica comu- planche 8, fig. 37, p. 68, Lamboglia 2; Py 1993, A- ne: Olcese 2003, nn. 1 e 2, tav. XXVII, brocca tipo 4; ITA Lb2, Lamboglia 2; Panella 1998, n. 15, fig. 14, Dupré et al. 1999, p. 63, n. 18. p. 546, Lamboglia 2/Dressel 6A; Bruno 2005, tav. 3, Datazione tra l’età tardorepubblicana e la prima età n. 10, p. 372, Lamboglia 2; n. 26, tav. 4, Dressel 6A, augustea (Marabini Moevs 1973); terzo quarto del I p. 373. a.C. e periodo successivo (Ricci 1985); gli esemplari Datazione forma 2 di età cesariana (Lamboglia in ceramica comune sono attestati a partire dall’età 1955); metà I a.C.- I sec. d.C. (Peacock - Williams tardorepubblicana, ma soprattutto in età augustea/ 1986); fine del II sec. a.C.- età Augustea (Empereur flavia (Olcese 2003); a Tusculum lo strato è datato - Hesnard 1987); 130 a.C. e 25 d.C. (Py 1993); per intorno alla metà del I sec. d.C. (Dupré et al. 1999). l’ultima fase produttiva della Lamboglia 2, morfolo- gicamente vicina alla Dressel 6, viene proposta una 18. datazione intorno al 30 a.C. o età Augustea (Panella Orlo di pentola, Ceramica da cucina (fig. 15, 1998); il passaggio tra Lamboglia 2 e Dressel 6 è da- 2) Inv. GB14FSD66XI(1) tato alla seconda metà del I a.C. (Bruno 2005). Classe ceramica da cucina Forma pentola Stato di conservazione mediocre 16. Orlo di tegame, Internal Red slip ware/ Descrizione orlo a tesa piatta, estremità pendula ad Pompeian Red Ware (fig. 14, 4) uncino. Colore rosso (Munsell 2.5YR4/8). Inclusi Inv. GB14FSD66XI(2) bianchi e cristallini, arrotondati e trasparenti (7%). Classe Internal Red slip ware/Pompeian Red Ware Consistenza dura. Superficie ingobbiata. Matrice Forma tegame molto compatta. Stato di conservazione mediocre Misure cm 2 x 3,7; diametro orlo cm 24; spessore Descrizione orlo distinto, a mandorla verticale, con cm 0,5 estremità arrotondata all’esterno, piatta all’interno, Riferimenti bibliografici Almagro-Gorbea 1982, n. inclinato. Colore superficie e interno rosso (Mun- 29, fig. 2, p. 457 (tipo Hayes 4/198); Olcese 2003, sell 2.5YR5/8). Inclusi neri, arrotondati, cristallini, tipo 3a pentola a tesa, n. 2, tav. III. lucenti, e arancio opachi e arrotondati (10%). Con- Datazione I sec. d.C. (Almagro-Gorbea 1982); I sec. sistenza dura. Matrice compatta. Superficie interna d.C./primo quarto del II sec. d.C. (Olcese 2003). ingobbiata. Rivestimento evanido. Tracce di fumiga- zione all’esterno. Misure cm 3,3 x 3,9; diametro cm 20; spessore cm 0,4 Riferimenti bibliografici Goudineau 1970, n. 4, planche VII, p. 177, zone B, couche 3B; Vegas 1973, tipo 15, n. 2, fig. 16, p. 46. Datazione 90-60 a.C. (Goudineau 1970); tardo re- pubblicana - primo imperiale (Vegas 1973).

Prima età imperiale

17. Orlo di bicchiere, Pareti sottili (fig. 15, 1) Inv. GB14FSD100VIII(2) Classe ceramica a pareti sottili Forma bicchiere Stato di conservazione mediocre Descrizione orlo distinto, verticale, leggermente svasato e arrotondato, con cavetto esterno parallelo all’orlo. Colore rosso (Munsell 10R5/8). Inclusi bian- chi e neri puntiformi (3%). Superficie ruvida. Consi- stenza dura. Matrice compatta. Fig. 15. Reperti della prima età imperiale (restituzione grafica L. Misure cm 1,7 x 4,7; diametro orlo cm 8; spessore Lecce, restituzione digitale A. Weirich).

202 GABII. I FOSSATI DIFENSIVI DELLE MURA MERIDIONALI. RISULTATI DEGLI SCAVI 2011-2014

19. Orlo di pentola, Ceramica da cucina (fig. 15, lucenti, allungati, squadrati e bianchi (25%). Consi- 3) stenza dura. Matrice compatta. Tracce di fumigazio- Inv. GB14FSD73XI(6) ne sulla superficie interna. Classe ceramica da cucina Misure cm 2,8 x 2,6; diametro cm 18 ca., spessore Forma pentola cm 0,6 Stato di conservazione mediocre Riferimenti bibliografici Almagro-Gorbea 1982, n. Descrizione orlo a profilo continuo, arcuato e pen- 61, fig. 5, p. 464 (tipo Hayes 196). dulo on estremità arrotondata. Colore arancio (Mun- Datazione II-III sec. d.C. sell 5YR6/6). Inclusi bianchi, rossi, neri, squadrati, (L.L.) cristallini trasparenti, laminette con riflessi color arancio (probabile mica) (25%). Consistenza dura, superficie polverosa. Matrice molto compatta. Misure cm 2,5 x 5,3; diametro cm 18; spessore cm 0,8 Riferimenti bibliografici Almagro-Gorbea 1982, n. SOPHIE HELAS 30, fig. 2, p. 457 (tipo Vegas 4/Hayes 198); Olcese Rheinische Friedrich-Wilhelm-Universität Bonn 2003, n. 4, tav. IV, tipo 4 pentole a tesa; Bousquet - [email protected] Felici - Zampini 2009, n. 2., fig. 12. Datazione I sec. d.C. (Almagro-Gorbea 1982); I - LUCIA LECCE metà II sec.d.C. (Olcese 2003); e in Etruria meridio- Humboldt-Universität zu Berlin nale età medio-imperiale (Bousquet - Felici - Zampi- Berlin Graduate School of Ancient Studies ni 2009). [email protected]

EVA TRÄDER 20. Orlo di coperchio, ceramica da cucina (fig. Humboldt-Universität zu Berlin 15, 4) [email protected] Inv. GB14FSD78IX(3) Classe ceramica da cucina Forma coperchio Stato di conservazione mediocre Descrizione orlo distinto con estremità arrotondata all’esterno, piatta all’interno. Parete inclinata. Colo- re rosso (Munsell 2.5YR4/8). Inclusi neri, cristallini,

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204 I castra Albana e lo sviluppo dell’area circostante. Risultati delle attività e delle campagne di scavo nel 2014

Silvia Aglietti – Alexandra W. Busch

Il progetto “Dalla villa imperiale ai castra. L’accam- articolata della sequenza insediativa tra l’età repub- pamento della legio II Parthica ad Albano Laziale e i blicana e l’alto medioevo1. L’indagine si è inizialmen- suoi dintorni”, avviato nel 2009 dall’Istituto Archeo- te concentrata sullo sviluppo compreso tra la fine del logico Germanico di Roma (DAI) e proseguito, dal I e il tardo III secolo d.C., cioè sui resti della villa di 2014, dal Römisch-Germanisches Zentralmuseum di Domiziano, che dall’attuale si esten- Mainz (RGZM, Leibniz-Research Institute for Ar- deva sino ad Albano, e poi sui castra Albana, l’unico chaeology) in cooperazione con il DAI, ha permesso accampamento di legionari sul suolo italico, costruiti negli ultimi anni di sviluppare un’idea più chiara e sotto Settimio Severo ai margini della residenza im-

Fig. 1. Pianta generale georeferenziata delle evidenze nel territorio di Albano Laziale tra l’età repubblicana e il III secolo (Stefan Arnold – DAI Rom, 2013).

1 Il progetto si svolge in convenzione con il Comune di Albano Schöndeling e il dott. Jost Broser dell’Istitut für Baugeschichte Laziale, la Diocesi di Albano e la Soprintendenza Archeologia, und Denkmalpflege der Fachhochschule Köln, con il prof. Mi- Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la Pro- chael Heinzelmann dell’Archäologisches Institut der Universität vincia di Viterbo e l’Etruria meridionale (SABAP-RM-MET), in zu Köln e altri colleghi svizzeri, tedeschi e italiani. I lavori sono collaborazione con la dott.ssa Giuseppina Ghini, funzionario finanziati dalla Deutsche Forschungsgemeinschaft (DFG), dal archeologo della Soprintendenza, con il prof. Massimiliano Pa- DAI e dal RGZM. Per i risultati preliminari delle precedenti pini dell’Università di Roma “La Sapienza”, con il prof. Norbert ricerche e attività di scavo, cfr. Busch – Aglietti 2011; Busch –

205 SILVIA AGLIETTI - ALEXANDRA W. BUSCH periale. Con l’approfondimento degli studi, la ricerca formazione moderna. L’indagine si è perciò incen- si è allargata anche alle fasi precedenti e successive, trata sull’ambiente absidato. Malgrado la presenza poiché l’edificazione di età repubblicana delimitò il di blocchi di muratura di notevoli dimensioni al suo territorio di proprietà imperiale e la trasformazione interno, relativi al crollo degli alzati e della copertura delle canabae legionis in sede episcopale, all’inizio del IV secolo, ebbe un effetto significativo nella forma- zione della civitas tardoantica. Nel 2013 sono state eseguite una campagna geofi- sica, ad Albano e nella parte rustica delle Ville Pon- tificie di Castel Gandolfo, e una campagna di rilievo architettonico, al fine di completare la pianta genera- le delle evidenze del territorio (fig. 1). Le misurazio- ni hanno interessato le ville private a sudovest di via Appia, che sembrano essere esistite ancora durante il periodo successivo. Grazie a questa campagna è stato possibile ricostruire ipoteticamente i prospetti della villa cosiddetta di Pompeo Magno. Per una migliore comprensione della topografia e dello sviluppo urbanistico del luogo, la campagna di scavo nel 2014 è stata condotta in diverse aree della città, sia all’interno che all’esterno della cinta mura- ria dei castra Albana2. Sono stati così individuati nella praetentura alcuni ambienti dell’impianto termale in- terno all’accampamento (fig. 1.1), nella retentura un nuovo tipo di alloggio – una baracca singola – e un edificio probabilmente pubblico (fig. 1.2) ed è stata indagata parte di una delle necropoli delle canabae, a sudest delle terme di Cellomaio (fig. 1.3).

L’impianto termale della praetentura

Nel cortile di Palazzo Lercari, sede della Diocesi Fig. 2. Pianta dei castra Albana con localizzazione delle indagini di Albano, è stata messa in luce una serie di possenti del 2014 all’interno del recinto murario: 1) scavo nella praetentu- strutture murarie in opera laterizia, alcune delle quali ra; 2) scavo nella retentura. già emergenti dal piano di calpestio moderno, perti- nenti a un ambiente absidato e a un altro, adiacen- te, di cui si conoscono solo i lati sud-est e sud-ovest3 (figg. 2.1, 3). L’area si trova a 12 m di distanza dalla sala a cupola, l’attuale chiesa di S. Maria della Roton- da. L’edificio, di età domizianea, fu incluso nell’ac- campamento e trasformato in sala di un complesso termale più ampio4, del quale sinora non si conosce- vano altri ambienti caratteristici, come le vasche. A causa di diversi e pesanti interventi edilizi con- nessi alla realizzazione del Palazzo, costruito nella prima metà del XVIII secolo, e alle sue successive modifiche5, la prosecuzione delle strutture murarie oltre i limiti dello scavo non è riscontrabile e la stra- tigrafia interna agli ambienti indagati si è rivelata di Fig. 3. Fotogrammetria delle strutture rinvenute nel cortile di Pa- lazzo Lercari (Anja Buhlke-Richter – RGZM 2014).

Aglietti 2012; Aglietti – Busch 2013; sintesi degli studi sui prin- Dall’età repubblicana alla villa imperiale 1”, il primo della nuova cipali monumenti dell’accampamento e delle canabae sono i con- serie “ALBANVM”, edita dal DAI Rom e dedicata ai risultati dei tributi di Emanuela Lancetti, Emanuele Cuccurullo, Maximilian progetti su Albano e Castel Gandolfo. Heiden, Silvia Aglietti, Alexandra W. Busch, Caterina Mascolo, 2 Gli scavi sono stati eseguiti in concessione. Alessandra Andreocci, Matthias Nieberle, in De Angelis 2015. 3 Lo scavo è stato diretto da Vincenzo Graffeo. Gli studi sulle fasi precedenti all’accampamento sono in corso di 4 Heiden 2015, con bibliografia precedente. stampa nel volume “Von republikanischer Zeit zur Kaiservilla – 5 Crielesi 2009, 301 ss.

206 I CASTRA ALBANA E LO SVILUPPO DELL’AREA CIRCOSTANTE a volta, è stato possibile raggiungere il piano antico non ci sono dubbi sulla loro appartenenza al me- nella parte sudest del vano, circa 1,50 m al di sotto desimo complesso termale: il dato è evidente dalla dell’attuale piano di calpestio, mettendo in luce il ri- prosecuzione verso nord-est sia delle strutture messe vestimento in cementizio a base fittile delle pareti e in luce nel cortile, sia del mosaico nel corridoio adia- del pavimento, coperto da lastre marmoree (fig. 4). cente alla sala, interrotto da un tramezzo moderno6. L’accesso all’ambiente, con ogni probabilità una va- In particolare, il prolungamento verso nord-est del sca, avveniva attraverso una scala che si apriva sul muro emerso lungo il limite sudorientale del cortile lato sud-ovest, occupandone tutta l’ampiezza: di essa coincide con quello antistante la sala a cupola, attra- sono visibili solo gli ultimi due gradini, intonacati e verso il quale oggi si accede alla chiesa, anch’esso co- rivestiti di lastre marmoree, poiché quelli superiori struito nel III secolo con cortina di laterizi. furono obliterati in età postantica dalla posa di nuovi L’uso dell’opera laterizia, attestata in modo mas- blocchi di minori dimensioni, che crearono una più siccio nelle terme di Cellomaio, realizzate sotto l’im- ripida scalinata; il varco, inoltre, fu ristretto da due pero di Caracalla a sud-ovest di via Appia7, permette rozze murature, costruite con materiali di reimpiego di concordare con quanto già in precedenza ipotiz-

Fig. 4. L’ambiente absidato nel cortile di Palazzo Lercari (D-DAI-ROM-ALB-PL-2014.0208). e impostate sul penultimo gradino. zato, cioè la trasformazione della sala a cupola e il La stratigrafia riscontrata e la rarità dei materiali suo inserimento in un impianto termale, realizzato antichi non consentono un’interpretazione puntua- nel corso del III secolo all’interno della cinta mura- le delle strutture, ma l’analisi delle cortine murarie, ria dell’accampamento8 (fig. 5). Strutture realizzate il loro orientamento e alcuni dati editi, permettono con la medesima tecnica muraria, risalenti al III se- di avanzare alcune ipotesi. Pur mancando un diretto colo, furono rilevate da Lugli nei sotterranei dell’e- collegamento tra questi ambienti e la sala a cupola, dificio che si affacciava sulla piazza della Rotonda9,

6 Tortorici 1974, 73, fig. 100. Le tessere di quest’ultimo sono Biernacki 2002), dove furono costruiti contemporaneamente a della stessa misura di quelle rinvenute diffusamente negli strati quelli di maggiori dimensioni delle canabae legionis, nei quali era indagati nel cortile di Palazzo Lercari. consentito l’accesso anche ai civili. L’inserimento della sala a cu- 7 Sull’impianto, cfr. Nieberle 2012; Nieberle 2015. pola in un complesso termale risalente all’età severiana (Tortorici 8 Questo genere di impianti è testimoniato in diversi castra le- 1975, 86 ss., con bibliografia precedente) trova una conferma gionari del limes (cfr. per Aquincum, Németh 2005; per Novae, cronologica nella presenza di mosaici con cortei di mostri marini, 207 SILVIA AGLIETTI - ALEXANDRA W. BUSCH

due file parallele di ambienti. La baracca scavata nel 2014, invece, si sviluppa come un unico allineamento di contubernia, accessibili dalla strada che limitava l’isolato a nord-ovest (fig. 6). Il suo assetto è identico a quello delle baracche prossime al recinto murario, dove, per motivi di spazio legati alla presenza di vani addossati al lato interno del muro, furono edificate con una sola fila di ambienti14. In questo caso, invece, l’ostacolo all’applicazione dello schema a doppia fila di ambienti deve essere individuato nella presenza dei Cisternoni. Si evitò così di gravare sul solaio della conserva d’acqua con il peso di una costruzione che rispecchiasse l’impostazione canonica, limitandone lo sviluppo in larghezza a una sola fila di ambienti.

Fig. 5. Strutture esistenti nell’angolo SO dell’accampamento all’i- nizio del ‘900 (da Lugli 1919, fig. 13). attualmente annesso alla sede della Diocesi, e altre sono testimoniate al di sotto di Palazzo Lercari10. Il complesso occupava probabilmente parte del settore sud-ovest dei castra Albana, limitato dalla via prin- cipalis a nord-est, dalla circumductio interna a sud- ovest e a nord-ovest, mentre resta ancora da chiarire il suo sviluppo a sud-est.

Lo scavo nella retentura

La terza campagna nel terreno del Seminario Ve- scovile è stata condotta a nordest dei Cisternoni, la grande conserva d’acqua interna al recinto murario dei castra Albana11 (figg. 1.2, 2.2). Già le indagini geofisiche del 2013 avevano evidenziato una proba- bile anomalia della baracca a monte della conserva rispetto a quelle limitrofe, scavate dal DAI nel 2010 12 e nel 2012 , e a quelle emerse nel corso delle indagi- Fig. 6. Settore nord-ovest della retentura: in alto, immagine da ni preventive alla ristrutturazione di Palazzo Pavon- georadar sovrapposta alla pianta, con l’area di scavo nel riquadro 13 bianco; in basso, le strutture rinvenute nello scavo del 2014 (Anja cello, condotte dalla Soprintendenza , costituite da Bulke Richter - RGZM 2014).

di un affresco con scene di palestra, datati entrambi al III secolo, da Margareta Steinby all’età di Caracalla (Steinby 1974-75, 39), ed è rafforzata dalla notizia del rinvenimento di un ipocausto con dato che permette di ipotizzare che la realizzazione dell’impian- bolli CIL XV, 190 sotto l’attuale sagrestia della chiesa, nel corso to termale sia avvenuta in concomitanza con quella delle grandi di lavori condotti negli anni ’60 del Novecento, cfr. Modugno terme di Cellomaio, tra il 212 e il 217, cfr. Aglietti 2015c, 102. Tofini 1980, 48-50. Secondo l’autrice, la trasformazione sarebbe 9 Lugli 1919, 233, tav. XI. Oggi questi muri non esistono più, avvenuta alla fine del II secolo, seguendo la datazione del bollo poiché distrutti nel corso dei bombardamenti alleati del febbraio indicata da Bloch (193-198), prima cioè che fossero costruite le 1944. grandi terme delle canabae; diversamente Tortorici le attribuisce 10 Tortorici 1975, 79-80, figg. 113-115. al primo decennio del successivo, tra il 205 e il 210. Il bollo, però, 11 Sui Cisternoni, cfr. Aglietti 2015a. così come CIL XV 408b, individuato in due esemplari da Lugli a 12 Busch – Aglietti 2012. copertura di una canaletta sottostante due ambienti dotati di ipo- 13 Aglietti – Busch 2013. causto, a sud-ovest della sala a cupola (Lugli 1919, 233), è datato 14 Ghini 2001.

208 I CASTRA ALBANA E LO SVILUPPO DELL’AREA CIRCOSTANTE

Il dato costituisce un’ulteriore conferma della pree- in una struttura già esistente nel III sec. d.C., desti- sistenza dei Cisternoni all’accampamento, la cui tec- nata a servire edifici della villa imperiale di questo nica costruttiva, l’opera mista di reticolato e lateri- settore della residenza. I motivi possono essere in- zio, testimoniata da fonti documentarie, da disegni dividuati con certezza nella crescita del fabbisogno precedenti al restauro e in parte ancora visibile, è idrico in età severiana, legato alla presenza nell’Al- largamente utilizzata negli edifici della villa imperia- banum di circa 5000 legionari e delle loro famiglie, le15 (fig. 7). A favore di una cronologia più alta della in un’area fino a quel momento pressoché disabitata, costruzione della cisterna, compresa tra la fine del I e nella realizzazione dell’impianto termale presso la e la prima metà del II sec. d.C., riconduce anche il sala a cupola e delle terme di Cellomaio17. sistema di alimentazione tramite due acquedotti, uno Lo scavo ha permesso anche l’individuazione di con sbocco nella navata centrale, il “Cento Bocche”, un nuovo edificio in opera listata, tra la strada che li- l’altro, “Malaffitto alto”, in quella settentrionale16. mitava la baracca a sud-est e a nord-est della cisterna. Quest’ultimo, aggiunto successivamente, costituireb- Ne sono stati messi in luce parte del limite nord-ovest be un indizio dell’incremento della portata d’acqua e l’angolo ovest; entrambi proseguono oltre l’area in- dagata. Le dimensioni delle murature, spesse 1,20 m (contro i 45 cm delle baracche, che probabilmente si sviluppavano su due piani), sono abbastanza indica- tive della consistenza del manufatto. Sebbene l’esi- guità della parte indagata non permetta di ipotizzar- ne una funzione, si tratta, con buona probabilità, di un edificio che in origine aveva dimensioni e altezza considerevoli. Supponendone uno sviluppo limitato a nordovest dalle baracche limitrofe alla via decuma- na e a nordest dal tracciato della circumductio interna alle mura, è possibile che si estendesse per un’area di circa 25 x 40 m. Una costruzione imponente, a nor- dest dei Cisternoni, è presente sia nella carta di Luigi Canina che in quella di Pietro Rosa, indicata nel pri- mo caso come tempio di Minerva, nel secondo come Pretorio18. Queste attribuzioni, però, non si basano su indicatori ricostruibili e non trovano confronti in altri accampamenti19. Date le dimensioni delle mura- ture, che lasciano intuire una considerevole altezza e un notevole ingombro spaziale, doveva trattarsi di un edificio pubblico la cui identificazione, a causa della parzialità della porzione indagata, è ancora incerta.

La necropoli di “Campo Boario”

I lavori del 2014 hanno interessato anche un set- tore esterno all’accampamento, situato a sudest delle terme di Cellomaio nella zona detta “Campo Boario” Fig. 7. Incisione dei Cisternoni di Giovan Battista Piranesi (“Pro- dove, tra il 2006 e il 2009, sono state condotte dalla spettiva della scala della conserva d’acqua de’ già detti alloggia- Soprintendenza indagini archeologiche preliminari menti, accennata in pianta nella Tav. XIII con la lett. G”, da Pira- 20 nesi 1764). alla realizzazione di un parcheggio multipiano (fig.

15 ACS, AA.BB.AA, III v., II p., b. 740, f. 1203, relazione di “Aqua”, organizzato nel 2013 dal Sistema Museale Museum Mariano Salustri a Giuseppe Fiorelli, del 1884, in occasione dei Grand Tour e curato da Massimiliano Valenti, di cui è prossima lavori di ripristino della cisterna: “Dai lavori eseguiti ho rilevato la pubblicazione degli Atti, cfr. Aglietti c.s. come ha illustrato il Piranesi, che le pareti sono costruite in mu- 16 Sugli acquedotti, Lugli 1917, 54-62. ramento a strati ad opera reticolata di tufo o pietra albana alti m 17 Aglietti 2015a, 112. 0, 17, alternati con strati di mattoni lavorati a cortina composti 18 Canina 1856, VI, tav. LX; la pianta di Rosa, conservata nel di cinque filari”. Anche Lugli vide l’opera mista ma la attribuì al fondo Des Verges, Biblioteca Gambalunga, è pubblicata in III secolo per la “trascuratezza che informa tutta l’esecuzione”, Busch – Aglietti 2012, 381, fig. 2. cfr. Lugli 1919, 255. I disegni nei quali è visibile la tecnica edili- 19 Il praetorium, il palazzo del comandante, si trova regolarmen- zia sono di Giovan Battista Piranesi, del 1764, e di Luigi Rossi- te nella parte centrale degli accampamenti. Cfr. Johnson 1987, ni, del 1826, entrambi raffiguranti la scala di accesso e la parete 152. SE. L’argomento è stato approfondito nell’ambito del convegno 20 Le indagini sono state effettuate dalla cooperativa Parsifal tra

209 SILVIA AGLIETTI - ALEXANDRA W. BUSCH

1.3). L’area era già nota dalla fine dell’800 per il rin- nello specifico su un sepolcro in muratura e su due venimento di sepolture, di un tracciato stradale diret- sepolture segnalate da cupae, una in muratura e una to a S e di ambienti identificati come horrea dei castra in peperino22. Albana21. Gli scavi recenti hanno individuato un pro- Il sepolcro, di forma pressoché quadrata, mostra babile complesso produttivo, datato al III-IV secolo, la cortina esterna in opera laterizia rivestita di into- e la prosecuzione dell’area necropolare a nordest, il naco rosso, quella interna in opera listata di laterizi tutto sotto un interro di circa 6 m (fig. 8). Lo scavo alternati a tufelli (fig. 9). Vi si accede dal lato nordest del 2014 si è concentrato nell’area della necropoli, attraverso una soglia di peperino; gli altri lati della ca-

Fig. 8. Panoramica dello scavo della Soprintendenza a Campo Boario nel 2009 (foto Parsifal, Archivio SABAP-RM-MET).

Fig. 9. a-b. pianta e sezione dell’edificio funebre di Campo Boario (Anja Buhlke-Richter, Karoline Manfrecola - RGZM 2014).

il 2006 e il 2009, nell’ambito di sondaggi preventivi alla realizza- di queste operazioni, le due cupae sono state spostate e posizio- zione dell’opera, finanziata dall’allora Provincia di Roma. nate nel cortile interno di Palazzo Savelli, sede del Comune di 21 In ultimo, Chiarucci 1988, con bibliografia precedente. Albano, in attesa di restauro; è stato poi eseguito il consolida- 22 Lo scavo è stato realizzato in accordo con il Comune di Alba- mento delle murature del sepolcro, al fine di rinterrare l’area no e la Soprintendenza, diretto da Sergio Del Ferro. Nell’ambito per restituire il parcheggio alla cittadinanza. Una breve nota sui 210 I CASTRA ALBANA E LO SVILUPPO DELL’AREA CIRCOSTANTE mera sepolcrale sono scanditi da 3 arcosoli, che con- la epigrafica inquadrano la deposizione nell’ambito servano parte dell’intonaco policromo in opera, sor- del III secolo. Un frammento di iscrizione su lastra montati da una banchina, probabilmente funzionale marmorea, inoltre, inglobata nel conglomerato ce- alla collocazione di sepolture. Nel piano pavimentale mentizio steso tra la copertura di laterizi e la cupa, fa si aprono tre formae e altre tre si trovano al di sotto di propendere per un’attribuzione a una fase avanzata ciascuno degli arcosoli. Per motivi di sicurezza, è sta- del III secolo28. Anche la posizione della cupa, che to possibile scavare solo quelle del piano pavimentale ostruiva parzialmente l’accesso al sepolcro, sembra e dell’arcosolio sudoccidentale, raggiungendo la pro- confermare una datazione simile visto che i confronti fondità originaria in quella centrale. Essa è costituita più calzanti per questa tipologia di edificio funerario, da tre ordini sovrapposti di sepolture evidenziati da una fila di bipedali, sui quali era posta in origine la copertura. Ipotizzando una medesima suddivisione per ciascuna forma, il sepolcro poteva contenere al- meno 18 inumati, probabilmente appartenenti allo stesso nucleo familiare23. Purtroppo si è rilevata la violazione delle sepolture: ossa disarticolate miste a lacerti di conglomerato cementizio, laterizi e blocchi di tufo sono stati rinvenuti in tutte le formae scavate sino alla base, costituita dal banco di peperino24. Al- cuni reperti lasciano ipotizzare che la distruzione di parte degli alzati dell’edificio e delle sepolture che conteneva sia avvenuta in epoca medievale25. La movimentazione delle due cupae ha permes- so di verificare che al di sotto di quella in muratura, posta dal veterano Aurelius Firmanus alla figlia, Au- relia Vera, morta a 5 anni, non vi erano fossa di de- posizione né resti ossei, assenza probabilmente do- vuta allo spostamento avvenuto in epoca postantica del segnacolo. Quella in peperino, invece, dedicata a Praesentius Fortunatus dalla figlia Fortuna (o For- tunata)26 (fig. 10), che ostruiva parzialmente l’acces- so all’edificio funerario dal lato nordest, copriva un massetto di calce steso su un filare di laterizi posti in piano a chiusura della fossa, scavata nel banco tu- faceo27. A causa di questa consistente copertura, la fossa era pressoché priva di sedimenti e conteneva l’i- numato in posizione supina, con cranio a nordovest, arti superiori lungo i fianchi e quelli inferiori distesi e ravvicinati. Sebbene non sia stato rinvenuto nes- sun elemento di corredo, il segnacolo a cupa, diffuso Fig. 10. a. Cupa in peperino di Fortunatus (D-DAI-ROM-ALB- in area albana con lo stanziamento della legione II CB-2014.0160); b. particolare della tabella epigrafica (foto DAI Parthica, e le caratteristiche paleografiche della tabel- Rom 2014).

rinvenimenti, in Aglietti 2015b, 146-147, figg. 5-8. 23 entrambi sono parte del secondo volume della serie "AL- Il calcolo comprende le formae del pavimento, quelle negli BANVM", dal titolo “Die canabae legionis – Le canabae legio- arcosoli e le tre sepolture posizionate sulle banchine soprastanti nis”, di prossima pubblicazione. Una breve sintesi sulla tipologia gli arcosoli. Le analisi antropologiche preliminari sui resti sche- e la diffusione delle cupae in area albana in Mascolo 2015. letrici rinvenute all’interno del sepolcro, condotte dall’Istitut für 27 Uno dei laterizi di copertura, un bipedale, reca il bollo CIL prähistorische und naturwissenschaftliche Archäologie (Basel), XV, 1443, di età domizianea, di cui un esemplare è in situ nel dirette dalla prof.ssa Sabine Deschler-Erb e dal prof. Örni Ake- teatro della villa di di Domiziano, cfr. Hesberg 1978-1980, 307, ret, hanno identificato 16 individui, sia adulti che infanti. 24 abb. 1.b. Lo studio dei resti antropologici è condotto da Paola Zaio e 28 Per l’analisi paleografica dell’iscrizione ringraziamo Federica da Mauro Rubini, del Servizio Antropologia della SABAP-RM- Squadroni. Il conglomerato conteneva anche un frammento di MET. 25 coppo con bollo della legione II Parthica del tipo a impronta di In particolare, frammenti di ceramica a vetrina pesante del- sandalo di soldato. Sui bolli della legione, cfr. Aglietti 2015c, 99. l’XI secolo. 29 26 Baldassarre et al. 1996, 161 s.; Taglietti 2001, 150; Liverani – D(IS) PRAES[ENT]IVS M(ANIBVS) / FORTVNATVS / Spinola 2010, 263. Non mancano però esempi dal territorio cir- BIXIT ANN(IS) XXXXV / PRAES(ENTIA) FORTVNA(TA?) / costante, tutti limitrofi a via Appia antica, tra Albano e Ariccia, FILIA PATRI / B(ENE) M(ERENTI) F(ECIT). Lo studio delle cfr. Chiarucci 1979, 75-77, tav. V; Chiarucci 1990, 26-29, figg. tabelle epigrafiche è condotto per il progetto da Federica Squa- 9, 12; Lilli 2002, 225–227, n. 39, figg. 206-210. In particolare, droni, mentre quello sui segnacoli a cupa da Caterina Mascolo; rafforza l’ipotesi dell’utilizzo in area albana di questa tipologia di

211 SILVIA AGLIETTI - ALEXANDRA W. BUSCH a deposizione multipla, provengono dalle necropoli mente dalle vicine terme e reimpiegati nelle copertu- di Isola Sacra e Vaticana e sono generalmente datati re di una delle tombe rinvenute negli horrea dell’ac- tra la fine del II secolo e i primi decenni del III29. campamento33. Da quest’area, inoltre, proviene una Nel contesto di Campo Boario, che allo stato attuale cassa di sarcofago, oggi al Museo Nazionale Romano, delle conoscenze non sembra avesse una destinazio- i cui motivi iconografici, che trovano confronti con la ne funebre prima della costruzione dei castra Albana, tarda produzione bizantino-ravennate, fanno datare anche la presenza di mattoni con bolli anepigrafi, in il manufatto tra il V e il VII secolo d.C.34. opera sulle cortine dei muri del sepolcro, potrebbe A differenza di quanto riscontrato nelle baracche costituire una conferma per la datazione della costru- dei castra Albana, dove i dati relativi all’occupazione zione dell’edificio all’età severiana, così come alcuni delle strutture si interrompono con la partenza dei tra i reperti rinvenuti all’interno delle formae, proba- legionari, intorno all’ultimo quarto del III secolo, e bili corredi delle sepolture violate30. La frequentazio- un nuovo popolamento è testimoniato solo dal IX35, ne del sito nel IV secolo è attestata in questa recente quest’area sembra ancora frequentata nel IV secolo, campagna dalla presenza di materiali sporadici, tra quando le fonti testimoniano l’esistenza di una civitas cui un follis databile agli ultimi anni dell’impero di Albona, sede vescovile, lasciando supporre che l’a- Costantino31, ma trova conferma nei rinvenimenti rea prossima alle terme di Cellomaio fosse integrata effettuati nelle indagini del 2006-2009, periodo al nel nuovo abitato, poi nel castellum medievale, così quale viene datato l’ampliamento della zona artigia- come ancora evidente nella mappa cinquecentesca di nale32. Nella zona circostante proseguì ancora la pra- Eufrosino della Volpaia36. tica di seppellire i defunti, come testimoniano notizie del secolo scorso sul rinvenimento di laterizi bollati SILVIA AGLIETTI risalenti all’epoca di Caracalla, recuperati probabil- Istituto Archeologico Germanico - Roma [email protected]

ALEXANDRA W. BUSCH Leibniz-Research Institute for Archaeology [email protected]

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213 Nuovi dati archeologici dalla “Villa degli Antonini” a Genzano di Roma. Le indagini del 2014

Deborah Chatr Aryamontri – Timothy Renner – Carla Mattei – Carlo Albo – Alessandro Blanco

Nel 2014 si è svolta la quinta campagna di scavo pres- (Saggio A) (fig. 3). In quest’ultimo settore, a ca. m so la c.d. Villa degli Antonini condotta dal Center for 5 ad est del muro ellittico più interno dell’anfitea- Heritage and Archaeological Studies (CHAS) della tro, sono venute alla luce ulteriori strutture murarie, Montclair State University. Durante questa campa- con nucleo in conglomerato cementizio, in aggiunta gna si è continuato ad indagare la zona dell’anfiteatro all’apertura di forma quadrangolare individuata nel (Area 1), adiacente i resti sempre rimasti visibili del 20133. I due nuovi segmenti murari, di cui è stato complesso termale1, e sono state intraprese indagini possibile mettere in luce durante questa campagna di scavo ex novo in un’area ca. m 150 a nord dell’A- solo la cresta, hanno un andamento nord-ovest/sud- rea 1 (Area 2) dove prospezioni geofisiche condotte est e sono apparentemente paralleli tra loro. Uno nel 2013 evidenziavano la presenza di strutture mu- dei due muri, quello più meridionale, conserva appa- rarie sepolte2 (fig. 1-2). rentemente l’innesto di una volta e pertanto queste Le esplorazioni nell’ Area 1 si sono incentrate murature potrebbero essere ascrivibili ad una galle-

Fig. 1. Posizionamento dei resti arche- ologici lungo viale del Lavoro e delle prospezioni geofisiche (Stralcio CTR, 1:5000, nº 388094 Lanuvio). in due zone distinte: a nord-est dell’anfiteatro, in ria sotterranea, coperta con volta a botte, passante un settore immediatamente all’esterno del muro sotto l’arena lungo l’asse minore dell’ellisse. Questo di summa cavea, e all’interno dell’arena, nel settore edificio da spettacolo, sebbene di piccole dimenzioni mediano occidentale lungo l’asse minore dell’ellisse (misure dell’arena: m 36,50x24), continua dunque a

1 Le terme, situate lungo il versante occidentale della moderna 2 Chatr Aryamontri – Renner – Cecchini 2013 e 2016; Chatr via del Lavoro, si trovano a poco meno di km 0,5 a sud dall’in- Aryamontri et alii 2016. crocio con viale Emilia Romagna e sono state indagate dalle Dott. 3 Chatr Aryamontri et al. 2016, 151. Questa struttura si appog- sse Giuseppina Ghini e Nicoletta Cassieri, funzionarie dell’allora gia direttamente al muro ellittico più interno e costituisce forse Soprintendenza Archeologica per il Lazio, durante un intervento l’incasso per l’alloggiamento di una trave di legno o un pozzetto di restauro nel 1989 (Cassieri - Ghini 1990). di aerazione.

215 DEBORAH CHATR ARYAMONTRI - TIMOTHY RENNER - CARLA MATTEI -CARLO ALBO - ALESSANDRO BLANCO

ro riferibili all’ingresso principale orientale dell’an- fiteatro e ad una ambulatio sotterranea, che forse si sviluppava tutto intorno il muro di summa cavea, all’esterno dell’edificio (fig. 3). I materiali rinvenuti nella zona dell’anfiteatro durante l’ultima campagna di scavo, come negli anni precedenti, continuano ad essere costituiti prevalentemente da tessere di mo- saico in pasta vitrea di un’ampia gamma cromatica, tra le quali anche tessere dorate, e da frammenti di marmi bianchi e colorati a cui vanno ad aggiungersi

Fig. 2. Posizionamento delle aree di indagine: zona dell’anfiteatro e del complesso termale (Area 1) e zona residenziale (Area 2) (ela- borazione grafica di AION s.n.c.). restituire interessanti informazioni relative alla sua organizzazione planimetrica e, grazie all’acquisizio- ne dei recenti dati di scavo, è oggi ragionevole iden- tificarlo con l’anfiteatro ad Lanuvium menzionato dall’Historia Augusta dove l’imperatore Commodo si esercitava4. Inoltre, nella zona tra il muro ellitti- co più interno e i due nuovi segmenti murari, si è continuato a mettere in luce uno strato di frammenti di affresco, di possibile riempimento e i cui margini Fig. 3. Elaborazione di insieme della planimetria fotogrammetrica dell’anfiteatro (elaborazione grafica di AION s.n.c.). sono ancora di difficile definizione. Alcuni fram- menti presentano decorazioni con motivi vegetali in celeste su fondo bianco: il frammento più grande, la i frammenti di affresco precedentemente menziona- cui superficie si presenta leggermente convessa, reca ti. Tra i marmi si annoverano frammenti di lastre, una decorazione con volute contrapposte delimitate lastrine, listelli, cornici e sectilia di rivestimento pa- da entrambi i lati da una sottile banda rossa (più in- vimentale o parietale, materiali questi che denotano terna) ed una banda più larga di colore celeste (più una notevole ricchezza decorativa dei corpi di fab- esterna)5. brica e che pertanto avvalorano sempre più l’iden- Durante questa campagna di scavo sono anche tificazione dei ruderi con quelli della villa imperiale state approfondite le indagini nella fascia di terreno degli Antonini. Sebbene i bolli epigrafici rinvenuti esterna all’anfiteatro lungo il suo versante orientale, durante la campagna di scavo 2014 siano in uno sta- al fine di definire il rapporto planimetrico, ad oggi to troppo frammentario per poterne individuare lo solo parzialmente comprensibile, tra questo edificio specifico confronto tipologico, quelli identificabili da spettacolo e il complesso termale ad esso adia- con certezza provenienti dalle precedenti campagne cente. In questa zona si è continuato a mettere in inducono a datare questa struttura ad età antonina6. evidenza una serie di setti murari che sembrerebbe- Inoltre, sono venuti alla luce ulteriori bolli anepigra-

4 HA., Lampridio, Vita Commodi I,2. 6 Chatr Aryamontri et al. 2016, 154. 5 Chatr Aryamontri et al. 2016, 151.

216 NUOVI DATI ARCHEOLOGICI DALLA “VILLA DEGLI ANTONINI” A GENZANO DI ROMA: LE INDAGINI DEL 2014 fi, per lo più dei tipi già noti con uno o più cerchi intaccato parzialmente almeno uno dei due mosaici concentrici impressi7. (Mosaico 1). Il setto murario con andamento nord/ In concomitanza con le esplorazioni nell’ Area 1 sud presenta lungo il suo lato occidentale una fac- sono state avviate indagini in una nuova zona (Area ciavista regolarmente rettilinea dalla quale si diparte, 2), ubicata a ca. m 150 a nord-est dell’anfiteatro, in poco al di sotto del punto mediano del tratto finora un terreno oggi interessato da un circolo di tiro con scoperto, un altro setto murario, largo circa cm 68, l’arco. ad esso perfettamente perpendicolare. In corrispon- Queste esplorazioni sono state intraprese sulla denza dell’innesto di questo secondo setto murario, scorta dei risultati delle prospezioni geofisiche del il muro con andamento nord/sud, che qui raggiunge 2013 che qui evidenziavano la presenza di anomalie la sua massima larghezza (ca. m 2), va rastremandosi ascrivibili a strutture sepolte8. L’apertura di un saggio sia verso sud sia verso nord. Nel suo versante orien- (Saggio F) ha permesso di individuare in questo set- tale, a partire all’incirca dal punto mediano del tratto tore parte di quello che appare un articolato sistema esposto, si dirama verso nord–est un terzo setto mu- di fondazioni, non ancora completamente esposto, rario, largo ca. cm 60 e con andamento sud-ovest/ e due pavimenti mosaicati, dei quali uno sembra nord-est, che si presenta inclinato di circa 30 gradi conservarsi solo per un piccolo lacerto9 (fig. 4). I rispetto alla facciavista occidentale del setto nord/ segmenti murari, che si intersecano tra di loro, sono sud. Il muro con andamento nord/sud e questo ter- costituiti da un nucleo cementizio con scapoli di lava zo setto murario costituiscono poi, senza soluzione leucititica e si conservano a profondità diverse a par- di continuità, un’unica facciavista orientale, la quale tire da circa m 1,22 di profondità dal piano di campa- sembra curvare leggermente. I segmenti murari mes- gna. Infatti un poderoso taglio ben visibile sulla pare- si in luce si presentano ancora di difficile lettura data te nord del saggio è la probabile testimonianza di un’ la ridotta estensione dell’area di scavo e gli evidenti attività di spoliazione di queste strutture, avvenuta rimaneggiamenti della stratigrafia che in questa zona in un momento non meglio precisabile, che ha anche risulta fortemente compromessa. I due mosaici pavi- mentali con decorazione musiva bicroma bianco-ne- ra, il secondo dei quali è conservato apparentemente solo per una porzione molto ridotta, sono a circa cm 50 di profondità dal piano di calpestio attuale e si trovano rispettivamente a nord/nord-ovest (Mosaico 1) e a nord-est (Mosaico 2) dei muri di fondazione precedentemente descritti. Il primo mosaico (Mosai- co 1, fig. 5; ca. m 4,83 x 2,57 per la superficie finora esposta), di cui ancora non sono stati messi com- pletamente in luce i lati nord ed ovest, risulta pur- troppo danneggiato in più punti, in particolare nella sua parte centrale, dove è presente un’ampia buca, quest’ultima forse pertinente allo scasso per la mes- sa a dimora di un albero. La decorazione di questo mosaico è costituita da una composizione triassiale di cerchi secanti e non contigui con effetti di trifo- gli a fusi neri e formanti esagoni concavi bianchi10. Il tappeto decorativo è delimitato da due fasce nere concentriche intervallate da una banda bianca di ca. cm 5: la banda nera più interna è costituita da un solo filare di tessere, mentre la più esterna è costituita da tre filari ed è contornata da una banda bianca il cui bordo esterno si presenta molto danneggiato e lacunoso, ma che in origine doveva misurare almeno cm 35. Il tema dei cerchi allacciati è uno schema Fig. 4. Saggio F: foto zenitale fotorettificata (foto di G. Murro ed decorativo assai ricorrente nel mondo romano, ma in elaborazione di AION s.n.c.). questa esatta variante sembra essere stato introdot- to nel periodo adrianeo. Il confronto più puntuale è

7 Chatr Aryamontri et al. 2016, 154. Cecchini e Siro Margottini. 8 Chatr Aryamontri et al. 2016, 152-153. Tali prospezioni sono 9 Per uno studio più approfondito dei due mosaici con ag- state condotte anche quest’anno dal team di geofisici composto giornamenti vd. Chatr Aryamontri et al. 2018. dal Prof. Michele di Filippo e i suoi studenti, e dai dottori Flavio 10 Balmelle et al.1985, tipo 247b.

217 DEBORAH CHATR ARYAMONTRI - TIMOTHY RENNER - CARLA MATTEI -CARLO ALBO - ALESSANDRO BLANCO

re ulteriori dati significativi. Il riempimento del taglio che ha in parte intacca- to il Mosaico 1 e lo strato che copre in buona parte questo mosaico sono costituiti da materiale simile: tessere di mosaico bianco e nero, frammenti di lava leucititica, frammenti di mattoni, numerosi fram- menti di intonaco con superficie acroma e molti con superficie con tracce di colore: rosso, rosso scuro o giallo-ocra con bordi composti da bande bianche, sottili linee in rosso, verde o verde-blu in cui però solo in pochi frammenti sono rintracciabili motivi figurati. Il secondo mosaico (Mosaico 2) si presenta- va invece coperto da uno strato di frammenti di ele- menti decorativi modanati in marmo bianco (fig. 6). Pertanto allo stato attuale delle indagini si possono solo avanzare ipotesi da verificare nelle successive indagini. Sembrerebbe comunque che i muri di fon-

Fig. 5. Mosaico 1 in Area 2 – Saggio F. presente infatti nella grande aula (stanza 2) di fondo degli Hospitalia a Villa Adriana, dove però il tappe- to decorativo è delimitato lungo tutti e quattro i lati da una fascia di cerchi accostati11. Altri confronti si trovano ad Ostia nel sacello lungo il decumano, da- tato alla metà del II d.C.12; a Roma nella domus di L. Octavius Felix, le cui strutture sono state datate alla prima metà del III sec. d.C.13; e presso il sito di Tres Tabernae, ubicato a circa 50 km a sud di Roma lungo la via Appia nel comune di Cisterna di Latina, sebbe- ne quest’ultimo mosaico, datato anch’esso al II d.C., sia stato impreziosito da piastrelle di marmo esago- nali, non presenti nel nostro esemplare, collocate al centro degli esagoni.14 Il secondo mosaico (Mosaico 2), rinvenuto a ca. m 1,20 ad est del precedente, si presentava in cat- tivo stato di conservazione e ne è stato esposto solo Fig. 6. Frammenti di elementi decorativi modanati in marmo un lacerto di dimensioni ridotte (ca. cm 70x38). Da bianco dall’area del Mosaico 2 (Area 2 - Saggio F). quanto è stato possibile appurare, il mosaico è de- corato con un motivo a squame oblunghe bipartite orientate nord/sud, con la punta rivolta verso sud, dazione scoperti siano coevi e coerenti con le stanze che sembrano avere un andamento a ventaglio. La dove sono presenti i mosaici. Lo strano andamento specifica variante delle squame bipartite come ele- di questi setti murari sarebbe forse spiegabile con mento decorativo isolato (con le squame tra loro pa- l’ipotesi che il muro con andamento nord/sud co- rallele) compare sin dal periodo più antico del mo- stituisca il muro di separazione tra la stanza con il saico bianco e nero e sembra riemergere, dopo un Mosaico 1 ad ovest, ed un nuovo ambiente, ad est, di periodo di intervallo nel I d.C., nel periodo adrianeo 15 pianta circolare o semicircolare, forse un’esedra con nell’Insula delle Muse ad Ostia. Allo stato attuale vista verso il mare, che presenterebbe almeno una della ricerca è difficile inquadrare cronologicamen- nicchia, individuata nel suo angolo nord-occidentale te questo mosaico, ma si spera che la continuazione e decorata con il Mosaico 2. delle indagini in questo settore, con la messa in luce Nell’ Area 2, un ulteriore veloce intervento (Sag- dell’intero tappeto musivo superstite, possa apporta-

11 Guidobaldi 1994, 103-122; Vincenti 2017, 155-157 tav. 14 Cassieri 2000, 244 fig. 7. XXXVII fig. 82, OS31. 15 Balmelle et al.1985, tipo 217b; per questo motivo decorati- 12 Becatti 1961, 44 n. 66 tav. XL. vo all’interno dell’insula delle Muse vd. Becatti 1961, Tav. 67, n. 13 Menghi – Pales 2008, 48-61. 263.

218 NUOVI DATI ARCHEOLOGICI DALLA “VILLA DEGLI ANTONINI” A GENZANO DI ROMA: LE INDAGINI DEL 2014 gio G) a fine campagna 2014, eseguito a ca. m 20 a adibita ad uliveto18. Una veloce ricognizione di su- sud-est del Saggio F lungo la scarpata di terra che co- perficie effettuata nel luglio 2013 aveva permesso di steggia via del Lavoro, ha riportato in luce quello che riscontrare la presenza sul terreno di frammenti di sembrerebbe un segmento murario. L’indagine di laterizio e di schegge informi di marmo. I risultati, questa zona è stata intrapresa in virtù del rinvenimen- non ancora conclusivi, sono da verificare con ulterio- to, avvenuto durante una ricognizione della scarpata ri accertamenti. effettuata al termine della campagna di scavo 2013, di una lastra pavimentale rettangolare (ca. cm 50x32) in portasanta nella tonalità cromatica della macchia rosa dominante16, simile a quelle presenti per esem- Conclusioni pio nel vestibolo a Villa Adriana,17 le cui lastre sono Le successive campagne di scavo condotte tra il 2015 di dimensioni di non molto inferiori a quelle del no- ed il 2017 hanno permesso di chiarire alcune proble- stro esemplare (ca. cm 46,5x23). Il segmento mura- matiche relative alle evidenze archeologiche venute in rio, lungo ca. m 1,20, è costituito verosimilmente da luce in entrambe le aree indagate19. Per l’Area 1 l’am- due distinti tratti di muratura in ricorsi di mattoni di pliamento e l’approfondimento del Saggio A verso laterizio di cm ca. 45x45 ciascuno distanti tra loro ca. il centro dell’arena hanno permesso di determinare cm 40, e connessi tra loro da un cumulo di materiali con certezza che i due nuovi muri costituiscono i lati apparentemente di risulta, tra i quali frammenti di lunghi di un ambiente sotterraneo, absidato lungo il lastre di marmo bianco, di cui alcuni modanati. suo lato breve occidentale. Questo ambiente, che La mancanza di tempo e di risorse non hanno corre lungo l’asse minore dell’anfiteatro, si connette permesso una più approfondita indagine di questo con la galleria centrale longitudinale, anch’essa indi- settore, il cui studio e comprensione è da rinviare alle viduata con certezza20. Nel versante mediano orien- prossime campagne di scavo; tuttavia, ad una prima tale non sembra esserci un ambiente completamente analisi, sembra plausibile ipotizzare che si tratti di simmetrico al precedente, bensì una galleria conti- due pilastri in laterizio, successivamente tamponati nua che raccorda direttamente il corridoio centrale con materiali di riutilizzo in un momento non meglio con l’ambiente sotterraneo (ambiente ζ, fig. 3) al di precisato, a formare un muro continuo. sotto di quello che sembra essere l’ingresso orientale Queste nuove scoperte, che si articolano su un dell’anfiteatro, al quale ambiente si accedeva attra- terrazzamento ad una quota di ca. m 13 superiore verso una scala a chiocciola immediatamente a nord rispetto ai corpi di fabbrica dell’anfiteatro e delle ter- di esso21. Queste nuove scoperte hanno comunque me, permettono di aggiungere un nuovo e prezioso confermato la complessità planimetrica di questo an- tassello alle scarse informazioni a nostra disposizione fiteatro e pertanto corroborano l’ipotesi che si tratti per l’intera villa. di un edificio da spettacolo facente parte della villa Sebbene l’andamento orografico nell’ Area 2, imperiale. come avvenuto nell’ Area 1, sia stato rimaneggiato Nell’Area 2 si è potuto verificare che le strutture in tempi recenti e parte del terreno si presenti oggi murarie trovate nel 2014 fanno parte delle fonda- completamente spianato a causa del livellamento ar- zioni di un ambiente circolare di grandi dimensioni tificiale effettuato per la realizzazione del campo di (ambiente c; circa 22 m di diametro) ornato da nic- tiro a lunga distanza, è evidente come anche in origi- chie e che il Mosaico 2, che reca una testa di gorgone ne tali strutture si trovassero in una posizione di do- o medusa dalla quale si diparte un mezzo scudo a minanza sul declivio che scende dal cratere del lago squame allungate bipartite bicrome in colori contra- di Nemi verso l’arx di Lanuvium e la costa laziale, ed stanti, decorava la nicchia nord-occidentale di questo è possibile che siano riferibili alla zona residenziale ambiente22. Inoltre, il segmento murario del saggio della villa. G sembra essere in connessione con altre strutture Infine, sono state condotte indagini geofisiche in murarie messe in luce ad est dell’ambiente circola- un terreno a sud-est delle zona delle terme. L’area re. Infine, sono state individuate a nord e a nord-est indagata, in località Quarto della Mandorla (fig.1), è del saggio F ulteriori ambienti, anch’essi con mosaici situata sul versante ad est dell’odierna via del Lavo- bianco-neri23, uno con decorazioni geometriche ad ro all’altezza della Zona Artigianale ed è attualmente

16 Chatr Aryamontri et al. 2016, 154 fig. 8. le indagini finora condotte v. Chatr Aryamontri – Renner 2017; 17 Guidobaldi 1994, 170 tav. LXX n.105, VE 9. per l’apparato decorativo v. Chatr Aryamontri et al. 2018. 18 Il terreno interessato dalle prospezioni geofisiche è di pro- 20 Chatr Aryamontri – Renner 2017, 380-381 fig. 7, 9. prietà dei sigg. Lino e Maria Teresa Nicoletti e ricade al di fuori 21 Chatr Aryamontri – Renner – Cecchini 2013, 294-295 fig. 8; del vincolo archeologico. Desideriamo pertanto ringraziare calo- Chatr Aryamontri – Renner – Cecchini 2016, 139; Chatr Arya- rosamente in questa sede la famiglia Nicoletti per l’estrema di- montri – Renner 2017, 380 fig. 7-8. sponibilità dimostrataci nell’acconsentire alle indagini e nell’ac- 22 Chatr Aryamontri et al. 2018, 697 fig. 3, 7. cogliere il team di ricerca. 23 Chatr Aryamontri et al. 2018, 696-697 fig. 3, 5-6. 19 Per un aggiornamento generale il più possibile esaustivo del-

219 DEBORAH CHATR ARYAMONTRI - TIMOTHY RENNER - CARLA MATTEI -CARLO ALBO - ALESSANDRO BLANCO ottagoni, l’altro con decorazioni vegetali e figurate24. Le nuove indagini nell’ Area 2 inducono ad ipotiz- DEBORAH CHATR ARYAMONTRI zare che queste strutture possano essere pertinenti [email protected] la zona residenziale della Villa degli Antonini ad La- nuvium. TIMOTHY RENNER [email protected]

CARLA MATTEI [email protected]

CARLO ALBO [email protected]

ALESSANDRO BLANCO [email protected]

Bibliografia:

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24 Uno studio preliminare dei nuovi mosaici è stato presentato nale pour l’Étude de la Mosaïque Antique (AIEMA) (Nicosia, Ci- dagli scriventi alla XIV Conferenza dell’Association Internatio- pro, 17-19 ottobre 2018); v. anche Chatr Aryamontri et al. 2019.

220 Il Segni Project. Risultati della terza campagna di ricerche

Francesco Maria Cifarelli – Federica Colaiacomo – Stephen J. Kay – Christopher J. Smith Llorenç Alapont Martin – Letizia Ceccarelli – Camilla Panzieri

1. Il progetto

Nell’agosto 2014 è stata realizzata la terza e ultima campagna di scavo del primo triennio di lavoro del Segni Project1, convenzione di ricerche stipulata nel novembre 2011 fra la British School at Rome e il Comune di Segni – Museo Archeologico Comunale e condotta in accord o e collaborazione con la Soprintendenza Archeologica del Lazio e dell’Etruria meridionale2. I lavori 2014 sono stati limitati all’indagine nell’area di Prato Felici, dove sono stati condotti alcuni saggi di approfondimento attorno al perimetro della grande vasca e uno, più ampio, subito a settentrione del suo angolo nord-ovest. Nuovo materiale sporadico conferma anzitutto la presenza di fasi di abitato databili al Bronzo Finale, così come, grazie alla presenza di ceramiche di impasto, di buccheri e di ceramiche fini anche di importazione, di una fase che, dalla seconda metà del VII sec. a.C. e con ampia continuità in quelli successivi, ci mostra la presenza di un insediamento consistente e stabile localizzato sull’area alta della città almeno un secolo prima delle date tradizionali della fondazione della colonia di età regia e di alta età repubblicana3. Per quel che riguarda la grande vasca (fig. 1; fig. 2), è stato messo in luce tutto il suo perimetro4. La struttura sembra costituire un esempio assai importante, e probabilmente piuttosto antico, di quel tipo particolare di procedimento che caratterizzava, Fig. 1. Planimetria dei resti della grande vasca dell’area di Prato Felici o Orto di Cunto alla fine dei lavori 2014. secondo Vitruvio, le signina opera: un cementizio

1 Si ringraziano per il costante e fondamentale supporto ai assieme al gruppo dell’Associazione Amici del Museo di Segni, lavori il Soprintendente, Dott.ssa Alfonsina Russo, e il Dott. ringraziamo sentitamente. Alessandro Betori. Un ringraziamento al proprietario dell’area di 2 Nel novembre 2015 è stato sottoscritto un nuovo accordo Prato Felici, Sig. Renzo Colaiori. Lo scavo 2014 è stato possibile, triennale relativo al Segni Project, che prevede una pluralità di oltre che a seguito di un finanziamento diretto del Comune di possibilità di collaborazione fra i due partner. L’impegno iniziale Segni (e ringraziamo per questo il Sindaco, prof.ssa Maria Assunta del gruppo di lavoro sarà incentrato sull’edizione completa dei Boccardelli, e l’Assessore alla Cultura, ing. Cesare Rinaldi), risultati dei tre anni di indagini, che dovrebbe apparire in un grazie ai generosi contributi di: Banca di Credito Cooperativo Di volume ad essi dedicato. Roma, S.I.C. s.r.l., Geopan s.r.l., Albergo Ristorante “La Pace”, 3 Liv., I, 56, 3; Dion. Hal., 4, 63. Per un primo commento del Edil Ferretti s.r.l. e Carrefour Segni. Il Segni Project ringrazia il problema si veda Cifarelli 2017a prezioso supporto del Vescovo della Diocesi di Segni – Velletri, 4 Essa misura m 36.7 in lunghezza, m 12.62 in larghezza, per Mons. V. Apicella. Lo scavo infine è stato reso possibile dalla una profondità di m 2.5; la sua capacità totale è calcolabile in partecipazione di un gruppo di studenti internazionali che, 1157 m3. 221 F.M. CIFARELLI - F. COLAIACOMO - S.J. KAY - C.J. SMITH - L. ALAPONT MARTIN - L. CECCARELLI - C. PANZIERI

Fig. 2. Foto aerea della gran- de struttura di Prato Felici o Orto di Cunto al termine della campagna di scavo 2014 (Foto: Dimosthenis Kosmopoulos, Le- andro Cucinotta e Emanuele Casagrande Cicci). assai tenace, privo di cortina, con caementa calcarei La vasca appartiene dunque per livello di pezzatura regolare, venne gettato fra il banco cronologico a quella fase di estrema vitalità sociale, roccioso e una cassaforma, della quale restano economica e culturale ormai ben nota per la Segni numerose tracce di palanche lungo alcuni punti del tardo ellenismo. All’interno di questa cornice del perimetro della struttura5. Il pavimento, spesso generale, andrà chiarito il contesto architettonico intorno ai 40 cm e rialzato contro le pareti nel classico cui il grande bacino doveva appartenere, nonché il cordolo, è costituito da un battuto di cementizio con più ampio problema del suo funzionamento e del fini scaglie di calcare nel quale trovano posto solo in suo probabile ruolo in un complessivo disegno di maniera sporadica rari frammenti di laterizio tritato. organizzazione della distribuzione pubblica delle La pulizia di tutto il lato a monte ha evidenziato per acque in città cui, probabilmente poco dopo, venne intero la presenza di quel “ballatoio” che doveva a contribuire la vasca circolare retrostante il tempio correre, all’interno della struttura, lungo almeno di Giunone Moneta7. tre lati del suo perimetro: presso l’angolo nord- occidentale di questa sorta di camminamento è conservata una porzione di intonaco, con tracce di colore azzurro, che doveva rivestirne le pareti (fig. 3). La datazione della struttura trova, su base stratigrafica, un terminus post quem agli anni 160-140 a.C.: la sua costruzione dovette andare a inserirsi, non sappiamo con quale rapporto, in una zona indiziabile forse già da età tardo arcaica di attività cultuali, come testimoniato da numerose terrecotte architettoniche, databili a partire dal V sec a.C. fin alla tarda età repubblicana, e da materiale votivo di media età repubblicana rinvenuti in giacitura secondaria in tutta l’area. Le fasi imperiali sembrano interrompersi nel corso del II secolo d.C. Nessuna novità invece sulle fasi di riuso medievali, evidenziate nelle due annualità precedenti nell’area sud-est della vasca6. Fig. 3. Porzione di intonaco, con tracce di colore azzurro.

5 La problematica legata al ruolo di questa vasca nello sviluppo 6 Per questo, e per tutti gli altri accenni a problematiche dovute del particolare procedimento costruttivo, il legame di questo con alle precedenti campagne 2012 e 2013 si vedano: Ceccarelli et lo specifico tipo architettonico delle vasche aperte e la possibile al. 2014; Cifarelli et al. 2013; Cifarelli et al. 2014; Cifarelli et al. partecipazione della struttura all’interno di un più ampio 2015a; Cifarelli et al. 2015b; Cifarelli et al. 2015c. programma di ammodernamento dell’intero sistema pubblico 7 Cancellieri 1992; Cifarelli 1992, 43-44. di distribuzione dell’acqua è sviluppata in: Cifarelli et al. 2017; Cifarelli et al. cs.

222 IL SEGNI PROJECT. RISULTATI DELLA TERZA CAMPAGNA DI RICERCHE

i due rinvenimenti sembrano fin d’ora mostrare la possibile presenza di una sorta di “quartiere” di età medio repubblicana, restituendo dunque un primo, importantissimo spaccato di fasi urbanistiche della città qui per la prima volta intercettate9. Immediatamente ad est dei resti dell’edifico medio repubblicano, una lunga struttura (fig. 4, B) con andamento nord– sud e con funzioni di contenimento, inglobante il tratto in opera poligonale, mostra differenti e non meglio precisabili fasi costruttive. A monte di questa, e forse a essa associata, è un’area in cui il banco di calcare mostrava evidenti segni di attività di cava. La fase più recente di attività in quest’area è infine rappresentata da un’ulteriore struttura muraria (fig. 4, C), perpendicolare alla sostruzione e desinente con un bauletto semicircolare ricavato da un blocco di calcare. Un ulteriore, piccolo saggio, è infine stato aperto, nella stessa area di Prato Felici, poco a nord-ovest della grande vasca, sulla sommità dell’area, in posizione dominante rispetto al resto del terreno e in pianura (fig. 6).

Fig. 4. Planimetria della vasca, zona nord, alla fine dei lavori 2014.

Lo scavo è stato come detto ampliato a settentrione della vasca, oltre il suo angolo nord-occidentale. Qui (fig. 4), al di sopra di un breve tratto di sostruzione in opera poligonale, è stata rinvenuta una struttura formata da scheggioni di calcare montati a secco (fig. 4, A), relativa alla quale è una breve porzione di pavimentazione formata da scapoli di tufo giustapposti con cura al cui interno era compresa, ricavata in un unico blocco di tufo, una canaletta desinente in un incavo semicircolare (fig. 5). La Fig. 5. Resti di una canaletta desinente in un incavo semicircolare. struttura sembra essere stata interrata dopo l’ultimo quarto di III sec. a.C., come mostrato da uno strato Sebbene sia stato un saggio limitato, i risultati di obliterazione contenente numeroso materiale mostrano dati assai interessanti, in modo particolare architettonico, moltissime tegole e, fra l’altro, la perché restituiscono uno spaccato di vita della città metà circa di una coppa a vernice nera databile nel fino ad ora sconosciuta e che abbraccia un arco secondo quarto del III sec. a.C. Questa struttura, e i temporale molto vasto. materiali associati, hanno forti similitudini con una La più antica fase è rappresentata dai resti di serie di ambienti portati alla luce da scavi preventivi un grosso condotto fognario, costruito con grandi condotti nel 2009 dall’allora Soprintendenza per i blocchi di calcare e che attraversa lo scavo in senso Beni Archeologici del Lazio nella stessa area di Prato trasversale (SE – NO). La struttura (fig. 6, A; fig. 7), Felici, a breve distanza verso nord rispetto allo scavo per il modo in cui è messa in opera, per il fatto che del Segni Project. In attesa che lo studio congiunto dei sembra procedere nella direzione della linea delle due contesti ne chiarisca meglio le possibili relazioni8, mura, precisamente verso la cosiddetta Porta n. 1210,

8 All’interno dell’edizione generale del triennio di ricerche, 9 Un’anticipazione di tale situazione è stata data, grazie alla sarà presente,a firma di Alessandro Betori, anche lo studio dei cortesia di Alessandro Betori e degli altri colleghi del Segni lavori realizzati nella stessa area dalla Soprintendenza nel quadro Project, in Cifarelli 2017a. dell’attività di tutela. 10 Cifarelli 1992.

223 F.M. CIFARELLI - F. COLAIACOMO - S.J. KAY - C.J. SMITH - L. ALAPONT MARTIN - L. CECCARELLI - C. PANZIERI

Fig. 6. Planimetria Area B dell’area di Prato Felici o Orto di Cunto alla fine dei lavori 2014. scavata dal Comune di Segni nel 1998 per la messa in sicurezza di un tratto delle mura, inducono a pensare si tratti di un “fognolo”, del tutto simile a quelli già individuati in più punti lungo la linea del circuito difensivo11. Su questo grosso canale destinato probabilmente alle acque di scarico della città antica, si appoggiano diverse strutture12, non ancora inquadrabili a livello cronologico con precisione, ma di cui si possono distinguere almeno tre fasi di costruzione. Tra tutte si contraddistingue una piccola vasca (fig. 6, B; fig. 8) in muratura in bozze di calcare, Fig. 7. Resti di condotto fognario, area B dello scavo. con un rivestimento ad intonaco sia all’interno che sul fondo. Allo stesso livello della vasca un battuto pavimentale bianco, conservato soltanto per un tratto e coperto da livelli di crollo delle varie costruzioni. Interessante notare che dall’analisi di alcune mappe storiche dell’area, in particolare con il Catasto Gregoriano del 1819, tali strutture risultano già essere assenti. Tuttavia, rileggendo alcuni tratti del manoscritto di Gregorio Lauri13, degli inizi del XVIII secolo, l’autore descrive l’area di piazza San Pietro e delle zone attorno come ricca di strutture per l’acqua, per la conservazione di derrate alimentari e la lavorazione agricola. È dunque probabile pensare che queste strutture e, in particolare la vasca, possa essere associata a questo tipo di complessi per la lavorazione e/o conservazione di alcuni prodotti. Fig. 8. Piccola vasca, area B dello scavo. L’intera area, infine, era coperta da grossi strati di crollo, dai quali è stato possibile recuperare numerosi ad alcuni esemplari di maiolica rinascimentale e frammenti di ceramica appartenenti a forme e moderna14. tipologie che spaziano dalla ceramica d’età medievale (F.M.C., F.C., S.J.K., C.J.S., L.C., C.P.)

11 Il canale in blocchi di calcare purtroppo è stato indagato spesso utilizzate nello stesso setto murario, evidenzia le fasi di parzialmente, approfondendo soltanto in un punto per cercare di “ristrutturazione” che interessano le varie strutture. individuare il fondo; da qui è emerso che sembrerebbe non avere 13 Lauri, G. una struttura di fondo, e i blocchi di calcare che costituiscono le 14 Tra le tipologie di ceramica individuata interessanti sono spallette della struttura poggiano su terra. alcuni frammenti di ceramica dipinta a bande, numerosi i 12 La maggior parte dei setti murari individuati nel corso dello frammenti di smaltata laziale con decorazioni in bruno e verde scavo sono composti da bozze di calcare di diverse dimensioni, ramina, alcuni frammenti di ceramica graffita e ingobbiata con messi in opera in maniera irregolare e legati da malta. La decorazioni giallo ferraccia e verde e numerosi frammenti di differenza di colore, consistenza e composizione tra le malte, ciotole in maiolica del tipo “a zaffera a rilievo” del XV secolo.

224 IL SEGNI PROJECT. RISULTATI DELLA TERZA CAMPAGNA DI RICERCHE

2. Studio antropologico e paleopatologico delle costruzione di un moderno canale di scolo delle sepolture di Piazza Santa Maria. acque. Tuttavia, i resti conservati hanno permesso di conoscere il numero di individui, la loro età, il sesso, Per lo scavo di Piazza Santa Maria è stato avviato la statura, le loro caratteristiche morfologiche, le lo studio antropologico dei resti scheletrici umani infermità e entesopatie (vale a dire alterazioni delle rinvenuti durante le campagne di scavo 2012 e, in inserzioni di un tendine o legamento ad un osso), che particolare, 2013. L’analisi dei resti scheletrici ha indicano una determinata attività fisica, posturale o potuto stabilire il numero minimo di individui, la occupazionale esercitata durante un lungo spazio di stima dell’età di morte, quella del sesso, della statura, tempo (fig. 9). di patologie e di indicatori di stress: informazioni utili L’analisi antropologica ha così rivelato un numero e che possono concorrere a fornire indizi sul tipo di minimo di 10 individui, divisibili rispetto al loro sesso e alla loro età in: una donna matura fra i 40 e i 44 anni; 4 donne adulte fra i 20 ei 30 anni e 1 maschio adulto fra i 20 e i 30 anni; un adolescente di circa 15 anni; due bambini fra i 10 e i 12 anni; un terzo bambino di circa 5 anni di età. Fra gli individui analizzati, dobbiamo puntare l’attenzione sulla donna matura, che presentava su ambo i femori una caratteristica deformazione bilaterale entesopatica identificabile come “sindrome del cavaliere”. In ambo i femori si apprezzava infatti una depressione ed estensione della cavità cotiloidea, estensione della testa del femore al collo del femore (marca iliaca), tracce molto marcate di alcune inserzioni muscolari: quelle dei muscoli del gluteo grande e piccolo; del muscolo iliaco; alle inserzioni muscolari di gastrocnemio (o gemello) e grande adduttore alle estremità distali del femore. Entesofiti multipli sono presenti a livello della estremità Fig. 9. Inumazione tardomedievale con i corpi disposti sullo stesso superiore del femore. Le alterazioni sono come detto piano. attività fisica e sulla condizione di vita dei soggetti. Inoltre, è stato possibile, seppur in via del tutto preliminare, estrapolare dati di estremo interesse riguardo la sepoltura collettiva, purtroppo ancora non indagata. È da considerare, anzitutto, che la maggior parte dei resti scheletrici umani corrisponde al terzo inferiore dello scheletro dei singoli soggetti, che include le vertebre lombari, il bacino e, ovviamente, le estremità inferiori. Solo tre scheletri presentavano componenti ossee del resto del corpo, in uno stato di conservazione molto frammentario: registriamo alcune ossa lunghe delle estremità superiori, alcune scapole, una vertebra cervicale e una toracica, diverse costole, manubrio e sterno, nonché alcune Fig. 10. Collo dei due femori con il segno cosiddetto ‘del cavaliere’. ossa craniche, specificamente frammenti occipitali, parietari e temporali, e alcuni frammenti di mandibola. bilaterali, con una ipertrofia delle inserzioni dei La ragione del lacunoso e differente stato di muscoli del grande gluteo e del grande adduttore conservazione dei resti scheletrici è dovuta al fatto (fig. 10). Questi segni di alterazioni entesopatiche che molte delle sepolture individuate erano collocate possono essere ricondotti a una sindrome partologica in prossimità dei limiti di scavo e una di queste, che “professionale”, da porsi direttamente in relazione risulta essere la più interessante, è stata tagliata dalla con la pratica dell’equitazione15. Queste lesioni

15 Alapont 2005; Alapont 2009; Dutuor - Pàlfi 1995.

225 F.M. CIFARELLI - F. COLAIACOMO - S.J. KAY - C.J. SMITH - L. ALAPONT MARTIN - L. CECCARELLI - C. PANZIERI

Fig. 11. Frattura di tibia e perone di una donna di 40 anni con una saldatura irregolare. concordano in maniera perfetta con i risultati dei lavori dell’antropologa Elisabeth Miller con le osservazioni dell’antropologo Joël Blondiaux, che ha descritto lo stesso fenomeno in un contesto Fig. 12. Sepoltura altomedievale con inumazioni successive e con funerario del V sec. d.C nel nord della Francia16. riduzione dei corpi precedenti. La stessa donna mostrava una frattura traumatica della tibia e del perone (fig. 11), con deposizioni si colloca in un arco di tempo compreso una cicatrizzazione e riparazione irregolare, che le tra il XII – XIII secolo e il XV – XVI. Inoltre, gli provocò certamente una zoppia per tutta la vita. scheletri rinvenuti nella sezione Ovest dello scavo Evidentemente, per poter superare questa grave sembrano indicare una sepoltura multipla: effettuata frattura, la donna necessitò di una continua assistenza nello stesso momento e occupando il medesimo nel lungo periodo di convalescenza, durante il quale spazio. La decomposizione degli scheletri, inoltre, dovette osservare riposo assoluto senza potersi sembra suggerire il fatto che si sia prodotta in assolutamente muovere. Suggestiva la relazione fra ambiente originariamente coperto di terra. Questo la frattura traumatica e la pratica dell’equitazione, tipo di sepolture sono spesso messe in relazione ad dato che la gran parte degli incidenti da caduta da un episodio epidemico, all’epoca molto frequenti. cavallo provocano fratture traumatiche di tibia e Per concludere, come più volte citato, nello perone di una delle due gambe. Il poter usufruire di scavo archeologico si è individuata anche una cure mediche per un lungo periodo, insieme al fatto sepoltura collettiva in corrispondenza del limite di praticare abitualmente l’equitazione, ci inducono Nord dell’area (fig.12). In questo caso, i corpi erano a pensare che la donna dovesse appartenere a un deposti in una vera e propria struttura funeraria, livello sociale piuttosto elevato. creata riutilizzando un muro a blocchetti di calcare, Per quel che riguarda la disposizione dei corpi, genericamente datato ad età altomedievale e visibile risulta molto interessante notare che tutti sono nella sezione settentrionale del saggio. La presenza stati deposti con lo stesso orientamento, ossia con di almeno tre inumati in connessione anatomica e di il capo rivolto ad Ovest, compresi quelli collocati altri le cui ossa giacevano ormai mescolate fa pensare nella sepoltura collettiva. Il contesto generale delle a una struttura più volte utilizzata nel tempo.

16 Dutuor - Pàlfi 1995, 21. 226 IL SEGNI PROJECT. RISULTATI DELLA TERZA CAMPAGNA DI RICERCHE

Lo studio preliminare ha permesso di riconoscere STEPHEN KAY tre individui di sesso maschile, una donna, mentre The British School at Rome per il quinto individuo non è stata possibile una [email protected] stima del sesso a causa dello stato di conservazione assai lacunoso. CHRISTOPHER SMITH La decomposizione dei corpi si realizzò in The British School at Rome ambiente vuoto. Questo dato è deducibile dalla [email protected] disarticolazione di vari componenti ossei, dopo il processo di putrefazione, che appaiono fuori dal LETIZIA CECCARELLI volume originale del corpo. (L.A.M.) University of Cambridge [email protected]

FRANCESCO MARIA CIFARELLI CAMILLA PANZIERI Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali independent researcher [email protected] [email protected]

FEDERICA COLAIACOMO LLORENÇ ALAPONT MARTIN Museo Archeologico Comunale di Segni Universidad de Valencia [email protected] [email protected]

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227 Gianola e Sperlonga. Le attività di archeologia subacquea dell’Università di Napoli “L’Orientale”

Fabrizio Pesando – Michele Stefanile

1.Premessa di recenti lavori sulla terraferma, fino al IV sec.d.C. In loc. ‘Porticciolo Romano’ è stata investigata e rile- A partire dal 2013, l’Università degli Studi di Napoli vata la grande peschiera della villa, articolata su più “L’Orientale”, in regime di convenzione con la allo- vasche e caratterizzata dalla presenza di numerose ra Soprintendenza Archeologica del Lazio ha intra- sorgenti d’acqua dolce. preso un progetto di ricerca e di formazione per gli A Sperlonga, nel 2014 e 2015, sono state eseguite ri- studenti (Southern Latium Underwater Survey) con lo cerche in acqua all’interno della grande grotta del- scopo di riconsiderare, documentare e promuovere la villa di Tiberio, lungo il litorale antistante, al di la conoscenza delle ville marittime di età romana del sotto dell’abitato moderno e nel settore delle baie Lazio Meridionale attraverso ricognizioni e indagini di Bazzano e Capovento. In particolare le indagini archeologiche subacquee. all’interno della villa hanno permesso di raccogliere A Gianola, nel corso di due campagne (2013 e una grande quantità di dati sul complesso sistema di 2014) è stato possibile documentare l’intero fronte a vasche e peschiere nell’area della spelunca che dava il mare di una grande villa su terrazze, costruita in età nome alla proprietà, e di fornire inaspettate riletture tardorepubblicana e in uso, come emerso nel corso per settori significativi del complesso.

Fig. 1. La peschiera del cd. Porticciolo Romano di Gianola (foto da drone-M. Stefanile).

229 FABRIZIO PESANDO - MICHELE STEFANILE

2.Il Southern Latium Underwater Survey Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metro- politana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria Nell’ambito delle ricerche promosse dal Dipartimen- meridionale) e realizzato in collaborazione con enti to Asia Africa Mediterraneo dell’Università degli Stu- e istituzioni locali1, prevede la schedatura, il rilievo di di Napoli “L’Orientale”, a partire dal 2013 si sono e la creazione di un sistema di documentazione in- impostate le linee-guida per una nuova iniziativa di formatica relativa alle ville marittime, agli approdi, studio, finalizzata alla documentazione archeologica agli insediamenti portuali e alle aree di allevamento delle strutture sommerse e semi-sommerse situate in ittico diffusi in età romana lungo le coste del Lazio stretta prossimità della linea di costa, con particolare meridionale.

Fig. 2. Il quartiere termale a picco sul mare, lungo la terrazza inferiore della villa (foto da drone-M. Stefanile). attenzione alle ville marittime di età romana disse- Tali attività, svolte dal personale scientifico dell’U- minate lungo il litorale tirrenico. Tali siti, infatti, che niversità, con la partecipazione di studenti e collabo- testimoniano la grandiosità di sontuose residenze af- ratori esperti, comprendono immersioni subacquee facciate sul mare, legate in molti casi a personaggi di con autorespiratore, riprese fotografiche e video, uti- spicco della Roma antica, sono quasi sempre poco lizzo di strumentazioni avanzate e innovative. noti e scarsamente documentati per quanto riguarda Il progetto di ricognizione ha permesso finora di le parti oggi in acqua, esposte peraltro alla secolare documentare le aree sommerse delle ville marittime azione distruttrice del vento e del mare, e ai rischi di Gianola e Fontania, e del grande complesso impe- delle nuove urbanizzazioni costiere. riale di Sperlonga. In questa sede si presentano per Il progetto Southern Latium Underwater Survey, la prima volta i risultati della seconda campagna di creato in regime di convenzione con la Soprinten- ricerche nelle acque di Gianola e i primi dati scaturiti denza Archeologica del Lazio (oggi Soprintendenza dalle attività svolte nelle acque di Sperlonga2. (F.P.)

1 Appare doveroso in questa sede segnalare, oltre al fonda- dall’Elaia Garden Hotel e dal Diving Center Sperlonga. mentale supporto offerto dalla Soprintendenza nelle persone dei 2 Questo testo, originariamente presentato al convegno Soprintendenti Elena Calandra e Alfonsina Russo, della respon- Lazio e Sabina XII (2015) è stato, nelle more della pub- sabile per il Servizio Archeologia Subacquea Annalisa Zarattini blicazione, già parzialmente pubblicato in altre sedi. Si ri- e del funzionario per il territorio Nicoletta Cassieri, anche il pre- pubblica qui il testo originale, opportunamente integrato zioso sostegno garantito dal Parco Regionale Riviera di Ulisse, dal Comune di Sperlonga (assessore all’ambiente Joseph Maric e e aggiornato nei riferimenti bibliografici, e si indicano, ove delegata alla cultura Sara Kelany), dall’associazione albergatori, ritenuto opportuno, eventuali supplementi di indagine. 230 GIANOLA E SPERLONGA

3.Gianola: le nuove ricerche fologici, giungere a dati certi sulla variazione relativa del livello marino, restringendo così le osservazioni La seconda campagna di ricerche nella villa maritti- piuttosto generiche dello Schmiedt5, l’impressione è ma di Gianola, laddove le indagini del 2013 avevano che la modificazione sia stata in questa zona abba- già permesso di rilevare e documentare una grande stanza contenuta e che gran parte delle trasformazio- peschiera tardo-repubblicana3, nelle acque del cd. ni del paesaggio siano da imputarsi a fenomeni erosi- Porticciolo Romano (fig. 1) (e al di sotto delle mu- vi e al costante insabbiamento. Anche le ricognizioni rature novecentesche dello stesso), è stata focalizza- effettuate nel tratto di mare antistante il quartiere ta sul fronte a mare del complesso, esteso per oltre termale della villa non sembrano mostrare notevoli 600 metri nella parte occidentale del Promontorio di stravolgimenti del paesaggio costiero6. Le strutture Gianola-Monte di Scauri, fino a una batimetrica di in muratura, oggi parzialmente sommerse, localizzate -7 mt. al di sotto delle terme (fig. 2), dovevano fungere da Le indagini hanno consentito di raccogliere una scenografiche sostruzioni e adattamenti della terraz- notevole quantità di dati sulle modificazioni del pae- za inferiore della residenza, già in antico affacciata saggio costiero e sulla facciata marittima della grande sul mare, così come prossimi ad esso dovevano es- villa, databile nelle sue prime fasi agli ultimi decenni sere gli ambienti mosaicati disposti intorno ad una del II secolo a.C., e rimasta in uso, come dimostrato grande grotta naturale, opportunamente adattata, da recenti scavi, fino almeno al III secolo d.C. parzialmente rivestita da murature e sormontata da L’uso di un mezzo nautico ha permesso di restitui- arditi passaggi, oggi in parte sprofondati nella picco- re una visione d’insieme del complesso opposta alla la insenatura sottostante. Le immersioni hanno permesso di posizionare, fotografare e documentare numerosi elementi archi- tettonici precipitati in mare: alcuni grandi blocchi li- tici parallelepipoidei, in tutto simili a quelli rilevabili sulla terraferma nel quartiere termale e nella terrazza inferiore, sono depositati sul fondale e in parte rico- perti dal sedimento, a minima distanza dalla costa e a scarsa profondità (max m 2,10), evidentemente per la loro stessa mole che ne impediva una maggiore er-

Fig. 3. Documentazione in immersione di uno dei grandi blocchi caduti in mare lungo il waterfront della villa di Gianola (foto M. Stefanile). prospettiva tradizionale, saldamente ancorata alla terraferma4, e di registrare il maggior numero di in- formazioni possibili in relazione all’entità dell’innal- zamento del livello del mare e ai profondi cambia- menti nel profilo della costa, in parte già suggeriti dalla presenza di opere in murature oggi sommerse. Fig. 4. La grande grotta naturale della villa di Gianola (foto M. Pur non potendo, in assenza di precisi studi geomor- Stefanile).

3 Sulla peschiera di Gianola, vd. ora Pesando-Stefanile, 2015a, 6 Diversamente da quanto propone Ciccone (1996, 16), che 2015b; Stefanile 2015; Stefanile-Pesando, 2019, 70-71 e Stefa- ipotizza la presenza di “una battigia sassosa ad un’ottantina di nile 2019. metri dall’attuale scogliera”. La suggestiva ricostruzione non tro- 4 Nella convinzione che per le grandiose ville marittime di età va, infatti, alcun riscontro nella batimetria dell’area: le indagini tardorepubblicana il punto di osservazione privilegiato non può subacquee hanno documentato un ripido inabissarsi della scar- che essere quello da mare. pata rocciosa, nelle immediate vicinanze della villa, fino a un pia- 5 Schmiedt 1972, 142-145, e in particolare p. 145 “quanto noro sabbioso disteso a una profondità variabile tra i -5 e i -7 m, all’aumento del livello del mare, sia le strutture della peschiera ben oltre i limiti di sommersione del Tirreno, eccezion fatta per sia quelle relative alla cala sottostante la villa Gianola non offro- alcuni limitati tratti delle coste flegree, a seguito di bradisismo. no elementi per valutarlo”.

231 FABRIZIO PESANDO - MICHELE STEFANILE

Fig. 5. La villa tiberiana di Sperlonga e il complesso delle piscinae (foto da drone-M. Stefanile). raticità sul fondo (si consideri che quello meglio con- i limiti del promontorio, fino a scomparire nel gran- servato, rinvenuto allo sbocco orientale della grande de pianoro antistante. grotta, misura cm 130x60x30 e ha un peso stimato di L’analisi ravvicinata, da mare, del profilo costiero circa 600 kg) (fig.3). e delle poderose murature realizzate per adattare la Nel tratto di mare antistante il quartiere terma- roccia e per fungere da sostruzioni per le terrazze so- le era precipitato anche un elemento architettonico prastanti, ha permesso di localizzare anche, a profon- lapideo di forma concava, regolare, lungo cm 60 e dità comprese tra cm 50 e 90 al di sotto dei minimi di largo 30, da interpretare come una cunetta di una marea, gli sbocchi in acqua degli scarichi della villa: delle aree porticate presenti sulla terrazza inferiore della villa. Tale elemento, giacente oggi a 2,5 metri di profondità e parzialmente coperto e scoperto dal sedimento sabbioso, mostra le tracce di una coloniz- zazione biologica marina sopravvenuta solo in segui- to a una lunga esposizione all’aria, a testimonianza di una disgregazione delle strutture architettoniche lenta ma continua nel corso dei secoli. Elementi di dimensioni minori sono stati trasci- nati dalla risacca, attraverso le profonde scanalature rocciose che contraddistinguono la parte sommersa del promontorio di Gianola, andandosi ad accumu- lare, incastrare e concrezionare in tutti i punti in cui la pietra ha creato affilate creste e aspre barriere al moto ondoso. Qui si riconoscono laterizi, interi o in frammenti, elementi delle suspensurae, frammen- ti fittili e marmorei. Non ci si discosterà troppo dal vero affermando che tali elementi, intrappolati tra le fenditure della roccia, costituiscono un prezioso campione della grande quantità di materiali relati- vamente leggeri che, precipitati in mare a seguito di fenomeni erosivi, sono stati rapidamente inghiottiti Fig. 6. Le anfora infisse nel terreno del cd. Isolotto tricliniare di dagli accumuli sabbiosi o trascinati dalla risacca oltre Sperlonga (foto F.Pesando).

232 GIANOLA E SPERLONGA

Fig. 7. Ricostruzione dell’isolotto-giardino (disegno A.Vivenzio). canalizzazioni semplici, ricavate lavorando la roccia a uno spesso sedimento sabbioso accumulatosi nel dura, che si raccordano con i canali ben più comples- corso dei secoli. si, costituiti da opere di taglio e da apprestamenti in Esplorata poi anche nella sua parte emersa, la muratura, che si riconoscono a terra in particolare cavità, che si allarga in una camera, ampia ma dal nelle aree del quartiere termale e del castellum aquae. basso soffitto, oggi in parte riempita di plastiche e Tra gli elementi di maggior spicco della villa di rifiuti spinti dal mare, appare percorribile fin sotto il Gianola, una grande spelonca naturale (fig. 4), aperta limite della terrazza inferiore della villa. All’estremità verso meridione, rivestita da possenti murature sui nord-occidentale della spelonca, uno stretto camino, lati, sormontata da una volta artificiale, anch’essa in sufficiente al passaggio di una persona, agevolato muratura, e da un passaggio pontato, in parte crol- dalla presenza di piccole pedarole incise nella roccia lato in mare, costituisce probabilmente una grande naturale, metteva in comunicazione questo suggesti- opera di monumentalizzazione di un punto forte- vo ambiente con il percorso porticato soprastante. mente evocativo sul piano scenografico. (M.S.) Una profonda fessura nella roccia liscia della pa- rete di fondo può forse indicare la presenza in antico di una piccola fonte sul mare, la qual cosa, da verifi- 4.Sperlonga: il progetto care per mezzo di accurate indagini geologiche, ac- crescerebbe ulteriormente la valenza simbolica della A partire dal mese di settembre del 2014 sono state spelonca. La sovrapposizione di più pavimentazioni condotte indagini archeologiche subacquee da parte di pregio nel grande ambiente immediatamente adia- dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” cente la volta, anch’esso aperto sul mare, e in asse nel territorio di Sperlonga. Durante le attività, svolte con il grandioso settore scenografico messo in luce in coordinamento con l’Università di Milano7, impe- nel corso delle più recenti indagini terrestri, può dare gnata in lavori di scavo e documentazione sulla ter- un’idea del ruolo che tale settore doveva rivestire nel raferma, gli archeologi subacquei dell’Orientale han- complesso. no avuto modo di immergersi lungo il litorale, al di Le ricerche subacquee hanno permesso di ricono- sotto della Torre Truglia e lungo il percorso della via scere poderosi crolli sul fondale della grotta, caratte- Flacca, così come anche all’interno della grande Vil- rizzato da elementi architettonici e naturali frammisti la di Tiberio (fig. 5), nella magnifica piscina distesa

7 Su cui v. ora Slavazzi 2016.

233 FABRIZIO PESANDO - MICHELE STEFANILE all’ombra della maestosa spelonca in cui furono rin- terrazza), in linea con quanto sostenuto fin dagli studi venute le sculture dell’Odissea di marmo oggi espo- di E. Sanza Prina Ricotti11: “Il centro del bacino cen- ste presso il locale Museo Archeologico Nazionale. trale era costituito da un elemento insulare, anch’es- In questa sede si fornisce un resoconto delle ricerche so di pianta rettangolare, che misura 17.6 (E-W) per realizzate all’interno delle piscine della Grotta di Ti- 7.9 metri. Il limite est dell’isolotto era stato progetta- berio, in acqua e sul cosiddetto ‘isolotto tricliniare’, to come un triclinio estivo. La terrazza rettangolare oltre a una breve descrizione delle strutture localiz- di 7.2 (E-W) per 7.9 (N-S) era stata organizzata in zate nell’area della cd. Torre Truglia. modo tale che i letti tricliniari guardassero verso la grotta. Inoltre, la terrazza era riparata da un canopo o pergola, sostenuta da 22 piccole colonne di lateri- 5.L’isolotto tricliniare zio (diametro cm. 35, altezza indefinibile), sistema- te lungo il perimetro della terrazza conviviale”12. Il L’area delle piscine della Grotta di Tiberio, pur costi- padiglione diviene così una sorta di oecus Corinthius tuendo uno dei fulcri per la ricostruzione dei punti di e come tale esso appare infine nella ricostruzione re- osservazione dei gruppi scultorei inseriti all’interno centemente proposta da J.-P. Golvin, dove troviamo dell’antro e per la restituzione di quella che doveva tutti gli elementi tipici di questo tipo di stanza: letti, essere la pars fructuaria della villa legata all’itticoltu- mense, commensali, servitori. Tutto chiaro, apparen- ra, non ha ricevuto finora particolari attenzioni da temente. parte degli studiosi, che, come sottolineato da N. Lo studio sia delle piscine, condotto da Michele Ste- Cassieri8, si sono prevalentemente rivolti alla ricom- fanile, che del cd. Isolotto tricliniare, ha però riserva- posizione, all’interpretazione e all’inquadramento to alcune sorprese. Se nelle prime si può riconosce- delle sculture. re un settore destinato all’allevamento intensivo di Un’ampia sintesi su quanto si conosce della zona particolari specie acquatiche, per il secondo sembra delle piscine è contenuta nel manuale di P. Gros, di difficile confermare l’identificazione finora propo- cui si propone in nota uno stralcio9. Nonostante la sta, pur ammettendone un’indubbia efficacia per la sua ampiezza, la descrizione non è del tutto esatta, ricostruzione delle possibili linee visuali dei gruppi poiché in essa si confonde la cd. cenatio, presente scultorei collocati nei vari punti della grotta. In re- all’interno della parte più antica della villa, con l’am- altà, il grado zero della nostra conoscenza su questo biente posto a sud-est della grande vasca rettangola- particolare ambiente è costituito da una sola riga re esterna alla grotta e si localizzano, piuttosto sor- contenuta nella descrizione di G. Jacopi: “La vasca prendentemente, i vivai per l’allevamento dei pesci rettangolare presenta un isolotto centrale rettangola- nell’anfratto in cui venne modellata la prora della re, con una sentina per riporvi un battellino”13; bat- nave Argo, che risulta invece privo di qualsiasi ele- tellino, di cui, si aggiunge in nota, si sarebbero trovati mento destinato a tale utilizzazione. alcuni resti lignei. Più circostanziate descrizioni delle piscine e Occorre dunque partire da questi scarni dati. Innan- dell’ambiente ad esse collegato si devono a A. zitutto la “sentina”, che nelle successive descrizioni Marzano e J. Higginbotham. La prima così si riferisce diviene una fontana ornamentale o il luogo su cui far all’ambiente sud-est della piscina rettangolare: convergere i commensali al momento della distribu- “sul lato orientale, rivolto verso la grotta, c’era un zione delle vivande. In realtà la sentina (più propria- probabile padiglione estivo, decorato da una fontana mente una vaschetta) è un angusto spazio di m 1,25 con putti marmorei”10. Il secondo aggiunge una se- x 2,70 destinato anch’esso a ospitare pesci da tana, rie di osservazioni, che sembrerebbero confermare mentre il ponticello che ne scavalca la parte meridio- l’interpretazione residenziale dell’ambiente (definito nale (m 1,25 x 1,25) potrebbe aver ospitato qualche

8 Cassieri 2006, 26. niare ancorato nel punto esatto dal quale i convitati potevano 9 Gros 1996, 354-355: “Al centro del bacino si elevava un pa- abbracciare con un solo sguardo lo spettacolo offerto dai gruppi diglione nel cui podio si aprivano delle nicchie voltate, che ser- scultorei situati negli speroni laterali e al centro del bacino cir- virono forse da nidi per delle anatre, secondo la descrizione che colare e soprattutto saggiamente ripartiti nella grotta principale. Varrone fornisce della sua ‘voliera’. Ma questo padiglione poteva Questa, a differenza della grotta secondaria, interamente rive- servire da coenatio, o sala da pranzo d’apparato, riservata alla stita sulle pareti interne, conservava il suo aspetto naturale dal stagione estiva: i convitati, giacenti su dei letti disposti a U sulla momento che nessuna costruzione o adattamento umano aveva piattaforma avevano lo sguardo rivolto non verso il mare, ma ver- modificato i capricci delle sue anfrattuosità e asperità; i rari ele- so il bacino circolare che prolungava quello al centro del quale menti lavorati rimanevano discreti: scale piazzate da una parte e si trovavano, e al di là, verso la grotta principale; si aveva anche dall’altra dell’ingresso, e un vasto podio rivestito di pietra pomi- una vista della grotta secondaria, poiché queste due cavità era- ce, per dividere la cavità in due spazi distinti». no collegate scenograficamente dall’antistante bacino circolare. 10 Marzano 2007. Questa organizzazione, votata unicamente al piacere degli occhi, 11 Sanza Prina Ricotti 1979, 131-149. relegava alla periferia gli immancabili vivai delle ville marittime: 12 Higginbotham, Piscinae 1993, 161. essi sono qui messi in disparte nell’anfratto laterale (H), fuori 13 Jacopi 1963, p. 14; sulla scoperta del battellino cfr. anche dagli assi del prospectus.Ciò che maggiormente ci interessa è la Cassieri 2006, 47. scelta ben studiata della posizione della coenatio, isolotto tricli-

234 GIANOLA E SPERLONGA piccolo gruppo scultoreo, ma difficilmente essere può essere supposto che le anfore servissero per il stato utilizzato dagli inservienti o per appoggiarvi le drenaggio del pavimento, come ben documentato vivande destinate agli ospiti: nulla di più lontano dal- da numerosi rinvenimenti pompeiani, poiché queste lo stibadion con bacino in funzione di mensa presen- non sono capovolte e bucate. Infine, sarebbe biz- te nella villa in Tuscis di Plinio il Giovane14, con cui zarro ritenere che il pavimento sotto cui erano state essa è stata talvolta confrontata. inserite sia stato smantellato completamente fino al Ma, a una più attenta osservazione, è la ricostru- terreno naturale, lasciandole praticamente intatte. zione architettonica proposta a non trovare alcuna conferma. Ignorate totalmente dalla descrizione di Jacopi, le colonne in laterizio descritte da J. Hig- ginbotham sono riconoscibili come piccoli elementi circolari solo in una foto di scavo e nella planime- tria della vasca allegata alla pubblicazione: questi sono 19 -e non 22-, delimitano tutti i muri perime- trali dell’ambiente, compresi i vertici della vaschetta, e mostrano una lacuna lungo il lato settentrionale, quasi in corrispondenza dello sperone su cui venne lavorata la prora della nave Argo15. Ma non sono rocchi di colonne, bensì, come già osservato da N. Cassieri16, anfore prive di collo infisse verticalmente nel terreno (fig. 6), che in antico, come ora, doveva essere piuttosto melmoso poiché almeno tre grandi anfore, spezzate e infilate nello spessore dei muri est e ovest, ne permettevano l’imbibizione. Le anfore, di cui si conservano ora solo 9 esemplari, Fig. 8. Anfore nelle murature delle piscinae di Sperlonga (foto tre dei quali pressoché ancora integri, sono del tipo M.Stefanile). Dessel 1B e 1C, molto diffuse in ambito laziale nel corso del I secolo a.C. Si tratta delle stesse da cui fu- L’unica possibile spiegazione per questo specifico rono tagliati i colli per essere reimpiegati nello spes- riuso delle anfore è che esse siano servite come vasi sore dei muri delle piscine come ricovero per pesci per la coltivazione di determinate specie di piante, da tana e, spezzate le anse, per il riuso come isolante come attestato in numerosi casi, primo fra tutti nel per l’intonaco che proteggeva i sedili collocati sim- Canopo di Villa Adriana. Le piante o gli arbusti po- metricamente all’ingresso della Grotta. trebbero essere stati di tipo lacustre, poiché il sedi- La tecnica edilizia utilizzata nelle murature mento calcareo visibile all’esterno delle anfore più dell’ambiente è in reticolato nella parte esterna e in conservate mostra che esse furono per lungo tempo incerto in quella interna. Se la prima costituisce un infisse in un terreno molto umido. Se così fosse, l’am- importante elemento cronologico per riferire all’e- biente avrebbe avuto una funzione radicalmente dif- poca di Tiberio la realizzazione della struttura entro ferente da quella fino ad oggi ipotizzata: non una sala cui furono reimpiegate le anfore repubblicane, la tricliniare, ma un piccolo giardino, destinato alla col- seconda sembra essere stata intenzionalmente utiliz- tura di particolari specie di piante. La presenza dei zata per permettere al terreno melmoso di aggrappa- fori praticati nello spessore dei muri perimetrali sug- re bene al paramento. Infine, il piano superiore del gerisce che in essi fossero inseriti i montanti per un muro presenta dei fori, posti a distanza regolare lun- pergolato, o, più probabilmente, per la delimitazione go i lati nord, sud ed est, con l’eccezione di quello di dell’area con una staccionata a graticcio, che avrebbe fondo, confinante con le piscine. pertanto conferito all’ambiente l’aspetto di un hortus Scomparse le colonne -e dunque la forma di oecus conclusus. Come noto, la moda di questi spazi ver- Corinthius generalmente ipotizzata per l’ambiente- di durante la prima età imperiale è documentata da occorre dare una qualche spiegazione alla funzione numerose pitture di giardini, che abbellivano edifici delle anfore, che sia coerente con la loro collocazione pubblici e privati, nelle quali erano riprodotte piante e il loro stato. Innanzitutto occorre scartare l’ipotesi di medio e alto fusto insieme a piccole sculture o ba- che esse abbiano costituito il vespaio di un pavimen- cini di fontane ornamentali. to: questo è sì costituito spesso da anfore, ma in quel Difficile dire quali fossero le piante presenti nel caso queste sono intere, talvolta rotte intenzional- giardino e, visto lo stato del terreno, è poco proba- mente e poste fittamente l’una accanto all’altra; né bile che analisi paleobotaniche possano fornirci pun-

14 Plin., ep., 5, 6, 36. Pesando 2016. 15 Sulla cui interpretazione come Navis Argo Ph(aeacum), v. ora 16 Cassieri 2006, 47-48.

235 FABRIZIO PESANDO - MICHELE STEFANILE

Fig. 9. Mosaico dalla casa VIII, 2, 16 di Pompei. Museo Archeologico Nazionale (Napoli), nr. inv. 120177. tuali indicazioni. Occorre tuttavia ricordare almeno 6.Peschiere e murene la passione di Tiberio per la coltivazione di talune specie di ortaggi o alberi da frutto, secondo una tra- L’immersione nelle acque salmastre delle piscine in- dizione ben radicata durante il periodo repubblica- torno all’isolotto ha riservato non poche sorprese. no: tra le colture “tiberiane” le fonti ricordano la se- Le vasche, interamente prosciugate al tempo del lezione fatta dallo stesso imperatore per gli asparagi, rinvenimento delle sculture, furono minuziosamen- le pere, il cocomero e il raperonzolo17. Ma potrebbe te ispezionate allo scopo di recuperare i più piccoli anche essere possibile che nell’hortus fossero presen- frammenti dei gruppi marmorei (una buona messe ti particolari piante lacustri, evocative di quel mondo dei quali giace, senza troppe speranze di ricomposi- omerico e mitologico così caro all’imperatore: can- zione, nei magazzini del Museo), ma poco o nulla si neti, tamerici, papiri, che ben si sarebbero inserite fece per documentare e interpretare ciò che appari- all’interno della narrazione scultorea della grotta. va essere una delle tante piscinae presenti nelle ville Infine, è anche possibile indicare in che modo era dell’Italia romana. possibile raggiungere l’ambiente: quasi al centro del Non mancò, negli studi successivi, qualche cenno lato nord mancano sia il foro per il palo di sostegno alla più evidente delle particolarità delle vasche, vale della staccionata, sia l’anfora, e dunque la pianta o a dire l’uso di numerose anfore Dressel 1B all’interno l’arbusto in essa presente. È molto probabile che in delle murature in reticolato (dunque sin dalle prime questo punto si trovasse un ponticello ligneo di ac- fasi costruttive) (fig. 8): una consuetudine riconosci- cesso, la cui posizione coinciderebbe perfettamente bile anche in qualche altra villa della zona (p.e. nella con quella scelta dagli scavatori durante i lavori ese- piscina circolare della grande villa di Torre Paola) e guiti nell’ambiente, proprio per non interferire con in alcune piscine pompeiane e ercolanesi, e da sem- le anfore allora presenti e molto più integre di come pre ricollegata alla necessità di fornire ricoveri om- siano ora (fig. 7). (F.P.) breggiati o aree riparate per la riproduzione alle spe- cie ittiche ivi allevate, sulla base di un famoso passo di Columella18 in cui si citavano specus o similes cel-

17 Plin., NH 19, 145 (asparagi); 19, 64 (cocomero); 15, 54 piscibus recessus et flexuosos in lateribus specus esse fabricandos, (pere); 19,90 (raperonzolo). quo sint opaciores aestuantibus latebrae. Sed si recens mare non 18 Colum. VIII, 17, 5-6. Multi putant in eiusmodi stagnis longos semper stagnum permeat, id facere contrarium est. Nam eiusmodi

236 GIANOLA E SPERLONGA lae, opaciores aestuantibus latebrae, e da approntare antico, e molto semplice da allevare […]”. ut protegant refugientes ardorem solis. In realtà, sono ancora una volta le testimonian- Ricoveri artificiali, dunque, realizzati sul modello ze letterarie a fornire una chiave di interpretazione di quelli installati negli alvearia19 o dei “nidi” cera- solida: gli specus di Columella, infatti, ricompaiono mici per volatili20; questi ultimi, nella testimonianza più volte nel testo antico, e in un caso sono associati varroniana, avrebbero spinto P. Gros alla grossolana senza possibilità di equivoco a una specifica specie: interpretazione delle anfore come “delle nicchie vol- “sed utcumque fabricatum est, si semper influente gur- tate, che servirono forse da nidi per delle anatre”21. gite riget, habere debet specus iuxta solum, eorumque Meno comprensibile il percorso seguito da A. Mar- alios simplices, et rectos, quo secedant squamosi gre- zano, all’interno del suo lavoro sullo sfruttamento ges, alios in cochleam retortos, nec nimis spatiosos, in delle risorse marittime nell’antichità22: la studiosa, quibus murenae delitescant” 23. Il passo, citato dalla buona conoscitrice delle dinamiche biologiche relati- stessa Marzano, è molto chiaro, e l’idea che di questi ve all’itticoltura, menziona il possibile uso degli speci ricoveri, quelli in cochleam retorti, nec nimis spatiosi (sic!) come ricoveri ombrosi, e nega con convinzione possano corrispondere alle nostre anfore è tutt’altro la possibile interpretazione delle anfore come “stru- che trascurabile. E’ la murena, pesce apprezzatissimo menti per permettere ai pesci di nascondere e pro- sulla tavola degli antichi, a necessitare certamente di teggere le uova durante il tempo della deposizione”, una tana entro cui nascondere il corpo serpentifor- me, e dalla quale sferrare gli attacchi con le potenti mandibole; anche i neofiti tra i pescatori conoscono le abitudini di questo affascinante e pericoloso pesce, che solo in rare occasioni (perlopiù notturne) può in- contrarsi fuori tana, con l’intero corpo esposto nella sua vulnerabilità agli attacchi dei predatori. E anche i turisti più distratti avranno notato come, anche negli acquari più moderni e avanzati, la vasca delle mure- ne è sempre dotata di anfore, entro cui, seguendo il proprio istinto innato, gli animali immediatamente si rifugiano. Interpretare le piscinae con anfore nelle murature come murenari è un passaggio di non poco conto, considerando che tradizionalmente all’allevamento delle feroci murene si collegano ombrose e profonde piscine in grotta (come quelle di Ventotene, Ponza- Grotte di Pilato, Capo Miseno-Piscine di Lucullo, Fig. 10. Sperlonga, il promontorio della Torre Truglia (foto M. Ste- fanile). Napoli-Villa del Pausilypon); strutture nelle quali a ben vedere andrebbero forse più prudentemente ri- conosciute le vasche in petra excisae descritte ancora avendo, a nostro avviso correttamente, dimostrato una volta da Columella 24 e classificate entro le tipo- che i Romani non erano in grado di gestire l’intero logie IA e IB di X. Lafon, adatte in generale all’alle- ciclo vitale dei pesci, dalle uova in poi; suggerisce vamento di pesci di roccia. poi però che la possibile specie allevata nelle vasche Sarebbe forse superfluo ripercorrere in questo di Tiberio fosse la tilapia: “sembra molto più verosi- breve resoconto il vastissimo repertorio di fonti an- mile che i contenitori ceramici fossero usati in caso tiche sull’allevamento delle murene nelle peschiere di pesci con forte istinto territoriale, consentendo romane: dell’importanza di personaggi dal nome loro di avere ripari idonei ad evitare comportamenti parlante come Licinio Murena25, di Caius Hirrius, aggressivi che li avrebbero spinti ad attaccarsi l’un protos euretes dei murenari e fornitore ufficiale di l’altro. Queste piscine potrebbero essere state usate Cesare, con oltre 6.000 murene pronte per la tavola specificatamente per l’allevamento della tilapia, un del dictator, della murena di Antonia, adornata da un pesce molto apprezzato per l’alimentazione anche in orecchino, di Marco Curio e di Vedio Pollione, che

receptacula nec facile novas admittunt aquas, et difficulter veteres 22 Marzano 2013, 208-209. emittunt: plusque nocet putris unda, quam prodest opacitas. 23 Columella, VIII, 17, 2. Debent tamen similes velut cellae parietibus excavari, ut sint, quae 20 Fictilia columbaria: Varr. III, 7, 11; Colum. VIII, 8, 3. protegant refugientes ardorem solis, et nihilominus facile, quam 21 Cfr. supra. conceperint aquam, remittant. 22 Marzano 2013, 208-209. 19 Varr. III, 16, 15-17; Colum. IX, 6, 1-2. 23 Columella, VIII, 17, 2. 19 Varr. III, 16, 15-17; Colum. IX, 6, 1-2. 24 Colum. VIII, 17, 2. 20 Fictilia columbaria: Varr. III, 7, 11; Colum. VIII, 8, 3. 25 Varr. III, 3, 10; Colum. VIII, 16, 5; Plin. IX, 54, 80. 21 Cfr. supra.

237 FABRIZIO PESANDO - MICHELE STEFANILE

Fig. 11. Sperlonga, resti sommersi del fronte a mare della villa (foto M. Stefanile). tanto sono stati associati dalla storia a questi pesci, e delle mutilazioni anche gravi che può causare una tratteremo in dettaglio in altra sede26. Basti qui sotto- murena. Quanto all’apparente intercambiabilità dei lineare l’importanza notevolissima della murena nel- termini, basterebbe la più antica delle nostre fonti in le fonti letterarie, che ad essa più che a qualsiasi altro materia, Plauto, a fugare ogni dubbio: per i cuochi pesce si riferiscono nelle trattazioni sull’itticoltura. dell’Aulularia, gli animali da exossare sono il conger Importanza che si riconosce, parimenti, nelle tante e la murena, ben distinti. E grongo, nero e liscio, e pitture e mosaici con riproduzione di animali marini, murena leopardata, convivono negli stessi mosaici e in cui la murena è sempre ben presente e rappresen- nelle stesse pitture, scambiandosi, ma sempre con- tata con abbondanza di dettagli. Il che sarebbe forse servando una precisa caratterizzazione fisica, anche sufficiente a smentire le idee di J. Higginbotham, au- in una serie di rappresentazioni in cui si trovano a tore di un eccellente catalogo delle peschiere antiche, combattere con polpi e aragoste (fig.9). Rappresen- ma curiosamente persuaso che i Romani, con il ter- tazioni che, come dimostrato da F. Pesando27, citano mine muraena volessero indicare un qualsiasi pesce consapevolmente un passo aristotelico relativo alla serpentiforme: la murena, certo, ma anche il grongo, catena alimentare, confluito nei colti dipinti naturali- l’anguilla, la lampreda. Animali diversissimi, nell’a- stici di scuola alessandrina. E’ dunque un murenario spetto, nelle abitudini e nel valore alimentare, che la grande piscina di Sperlonga? Probabilmente sì. Le lo studioso di tradizione anglosassone intenderebbe ricerche subacquee possono fornire dettagli ulteriori: associare; con lui, anche chi, nella traduzione inglese la presenza di anfore anche sul fondo (come gli spe- di Cassio Dione, ha voluto presentare il celebre epi- cus iuxta soli di Columella, ancora una volta), esclu- sodio dello schiavo di Vedio Pollione gettato in pasto de una volte per tutte l’idea delle nicchie voltate per alle murene di fronte a un disgustato Augusto come anatre di P. Gros. La disposizione apparentemente una lotta tra lo sfortunato e delle huge lampreys. caotica dei ricoveri, abbondantissimi in alcuni angoli Si consideri che l’idea di lamprede mangiatrici di uo- e nelle vaschette interne sul fronte dell’isolotto, rari mini è forse presente nell’immaginario d’oltreocea- in altri punti, del tutto assenti nella piscina circolare, no, ma del tutto assurda per il mondo mediterraneo, offre diversi spunti di riflessione: in primis si rimar- dove invece ogni pescatore è conscio della voracità ca la divisione funzionale tra la piscina rettangolare,

26 Stefanile c.s. 27 Pesando 1996, 210-211.

238 GIANOLA E SPERLONGA

Fig. 12. Resti di una grande vasca termale in cocciopesto nell’area del fronte a mare della villa (foto M. Stefanile). peschiera, e quella circolare, museo: da una parte i servazione da parte degli ospiti imperiali, e al tempo gruppi scultorei, dall’altra i pesci, con una separa- stesso per garantirne una facile pesca da parte degli zione forse accentuata da una grata mobile oggi per- addetti, senza disperderli in tutto il bacino. duta, la traccia della quale si riconoscerebbe nell’a- Per quanto riguarda, invece, le quattro vasche ricava- dattamento dei massi del fondale e nella creazione te sul fronte dell’isolotto, piccole e caratterizzate da di un solco lavorato, individuato durante le ispezioni un’altissima concentrazione di anfore, le ipotesi sono subacquee. più d’una (si noti che la scarsità di anfore sulla faccia Il quadro di circolazione delle acque presenta una esterna degli stessi muri è un’evidente conseguenza sorgente di acqua dolce per alimentare la piscina cir- di quest’affollamento interno, e dell’ovvia necessità colare, passante attraverso il canale che scorre sotto di salvaguardare la solidità strutturale). Prudente- il gruppo di Polifemo; uno scarico sul lato meridio- mente, si sosterrà che in questo piccolo sistema in- nale della stessa vasca, collegato al mare; un canale dipendente (che richiama il modello, molto diffuso di adduzione, oggi sopraelevato per lo scavo sotto- ovunque e in particolare nel formiano, delle piscine fondazione dell’area di giardino, proveniente dal lato loculatae, divise, secondo quanto racconta Varrone28, settentrionale; un grande canale di collegamento con come le cassettine dei pittori) trovavano posto pesci il mare direttamente sul lato sud. Un sistema com- di specie diverse o di stadi di crescita diversi, che per plesso, che certamente stimolava l’acquatio, il con- un motivo o per l’altro si intendeva tener separati: tinuo rimescolamento di acqua dolce e salata, così forse i giovanili delle murene, o esemplari di parti- caro ai pesci secondo la testimonianza di Cicerone, e colare importanza, o quelli pronti per il consumo; o tipico della costa sperlongana, in cui frequentemente forse altri pesci, le prede delle murene stesse, da ri- si incontrano gelide sorgenti d’acqua dolce. Non è lasciare aprendo le saracinesche per nutrire i voraci casuale, forse, la concentrazione delle anfore, e dun- animali. Agli ospiti e all’imperatore stesso si sarebbe que delle murene, nelle aree più prossime agli appor- potuto offrire così lo spettacolo delle prede e dei pre- ti d’acqua salata e alla grotta stessa, pur senza accesso datori, veri e propri serpenti di mare a pochi metri alcuno al settore delle sculture. Si trattava forse di un dai serpenti di marmo del gruppo scultoreo di Scilla, modo di raccogliere gli animali per facilitarne l’os- e nel cuore di un territorio in cui secondo la tradi-

28 Rust., 3, 17, 4.

239 FABRIZIO PESANDO - MICHELE STEFANILE zione fallì il tentativo di colonizzazione peloponne- struttura ben poco si può dire, sulla base di quanto siaca di Amyclae per l’assalto di serpi. E, per restare rimasto, ma è forse possibile pensare ad un faro: è in tema di spettacoli di ferocia, perché non pensare a ben nota, in effetti, l’importanza che fari e specole polpi e aragoste, per una lussuosissima esibizione dal ebbero nel sistema di comunicazione tiberiano (e vivo di ciò che i più ambivano a rappresentare nelle successivo), ed è altresì noto che tali punti cospicui proprie dimore? per la navigazione possono installarsi solo in deter- Quelle lotte, cioè, di aristotelica memoria che ef- minate posizioni, par ragioni di visibilità e di allinea- fettivamente avvengono talvolta in natura, e con effe- menti; per il lungo litorale sperlongano, è certamente rata foga, tra polpi, aragoste e murene? Si badi bene, il promontorio della Torre Truglia il punto in cui un per quanto ne sappiamo, i Romani non allevavano eventuale faro troverebbe la sua collocazione miglio- polpi e aragoste, forse per la difficoltà che ancora re, in virtù degli allineamenti possibili con il Circeo e oggi offre il loro mantenimento in acquario, o per la la punta di Capovento, verso Monte Orlando e Ga- facilità, invece, con cui si pescano in natura (e cer- eta. tamente in passato il loro numero doveva essere di Le ricognizioni nell’intero tratto di mare antistante gran lunga superiore, anche in acque costiere). Ma Sperlonga, infine, hanno consentito di documentare avrebbero forse potuto custodirne esemplari adulti, ulteriori resti archeologici anche nella baia di Capo- catturat in natura, entro vasche minori, offrendo loro vento (tratti in crollo dell’antica via Flacca) e nella anfore come tane (tanto l’aragosta quanto il polpo lunga fila di strutture disposte dinanzi alla villa (fig. amano questo genere di ripari, basti pensare alla 11), parzialmente scoperti e ricoperti dalle mareg- pesca tradizionale dei cefalopodi con orcetti e anfo- giate. In questi tratti di murature parallele ai muri rette) e rilasciandoli, se necessario, per il più spetta- conservati sulla spiaggia, che oggi sembrano picco- colare degli scontri marini. Impossibile trovare una li moli e strutture d’approdo, andranno piuttosto prova archeologica di questo: la si consideri una pura identificati i resti del waterfront stesso della villa, le e semplice suggestione. (M.S.) banchine sul mare, le passeggiate a pelo d’acqua che siamo abituati a riconoscere nelle tante rappresenta- zioni di ville marittime dalle pitture vesuviane, i lus- 7. Addendum: il faro, i crolli, i resti in mare suosi quartieri termali (le indagini hanno permesso di documentare anche i resti di una grande vasca in Una breve perlustrazione nelle acque introno al pro- cocciopesto (fig. 12), a una profondità di poco più di montorio della Torre Truglia, simbolo della moderna un metro), e i fornici stessi della basis villae, secon- Sperlonga (fig. 10), nonostante le numerose segnala- do consuetudini costruttive ben individuate in altri zioni raccolte tra gli abituali frequentatori del mare, complessi del Lazio meridionale costiero. ha restituito pochissimi materiali: sparuti frammen- ti ceramici databili a partire dall’età romana, cop- pi, tegole ed elementi costruttivi moderni, i resti di FABRIZIO PESANDO un’imbarcazione lignea certamente affondata in anni Dipartimento Asia Africa Mediterraneo recenti. Molto più interessante è stata invece una Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” pur rapida ricognizione del promontorio stesso della Torre, dove è stato possibile riconoscere, in alcune [email protected] murature già segnalate dal De Rossi29 quel che resta di una costruzione in opus reticulatum, i cui cubilia MICHELE STEFANILE sarebbero poi stati successivamente reimpiegati in Dipartimento Asia Africa Mediterraneo un edificio posteriore, disposti su assise orizzontali Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” come nelle fasi più tarde della villa tiberiana. Di tale [email protected]

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29 De Rossi 1980.

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241 Proyecto Tusculum: risultati della campagna di scavi 2015

Valeria Beolchini – Pilar Diarte-Blasco – Diana Vega Almazán – Leonor Peña-Chocarro

1. Introduzione borato numerose università ed istituzioni scientifiche sia spagnole che italiane1. L’Escuela Españ ola de Historia y Arqueología en Dal 2012 è stato inaugurato un nuovo progetto Roma-CSIC dirige dal 1994 un progetto di ricerca dedicato a “Tusculum medievale: territorio, paesag- archeologica nell’area dell’antico insediamento oggi gio, economia e società” (PIES nn. 201210E033 e abbandonato di Tusculum (Monte Porzio Catone), 2014410E05), specificamente dedicato alle fasi di situato una trentina di km a sud-est di Roma. Si tratta vita post-classiche dell’abitato. In tale ambito si è del progetto istituzionale del Consejo Superior de In- svolta la campagna di scavi del 20152, che ha previsto vestigaciones Científicas -corrispettivo spagnolo del due distinte fasi di intervento sul campo: dal 4 al 30 CNR- in Italia, cui nel corso degli anni hanno colla- maggio le ricerche si sono concentrate sulla Rocca, a

Fig. 1. Ortofotopiano dell’intera area archeologica (EEHAR, Archivio “Proyecto Tusculum”).

1 Per un inquadramento sintetico del progetto fino al 2010 si ri- 2 La campagna di scavi è stata resa possibile grazie alla con- manda a Tortosa 2010; per il nuovo progetto inaugurato nel 2012 cessione di un finanziamento per gli scavi all’estero da parte del si rimanda invece agli articoli comparsi negli ultimi tre volumi Ministerio de Educación, Cultura y Deporte-IPCE (Instituto del della serie Lazio e Sabina (rispettivamente Peña-Chocarro et al. Patrimonio Cultural de España). Supporto economico e logistico 2013, Beolchini et al. 2014 e Beolchini et al. 2015). è stato anche fornito da vari enti locali, che ormai da anni sosten-

243 VALERIA BEOLCHINI - PILAR DIARTE BLASCO - D. VEGA ALMAZÁN - LEONOR PEÑA-CHOCARRO

Fig. 2. Planimetria schematica di Tusculum, con indicazione dei settori oggetto di scavo stratigrafico sulla Rocca. In colore scuro, l’area oggetto di prospezioni geofisiche sul pianoro antistante il foro romano (EEHAR, Archivio “Proyecto Tusculum”). continuazione delle attività ivi condotte nelle ultime re R5000) (fig. 2). Tre sono i settori indagati: il tratto tre stagioni, mentre dal 7 al 18 luglio è stato inaugu- orientale delle mura urbiche (settore R5200; fig. 3, A), rato un nuovo fronte di scavo sul pianoro antistante lo spazio compreso fra la torre medievale (R5109)5 l’area monumentale di epoca romana, allo scopo di e la cisterna di epoca romana (settore R5300; fig. 3, andare a verificare sul campo i risultati emersi dall’a- B) e la cisterna stessa (settore R5400; fig. 3, C). nalisi delle immagini aeree acquisite grazie ai voli re- È stata inoltre scavata un’ abitazione di epoca me- alizzati a maggio sull’area archeologica. dievale (R6100; fig. 3) situata una ventina di metri a Il nuovo progetto Tusculum si caratterizza infat- est delle mura, identificata grazie alle immagini ae- ti per un approccio metodologico fortemente mul- ree acquisite fra 2012 e 2014 con drone e aquilone tidisciplinare, che si propone la sperimentazione (KAP)6. sul campo di nuove tecnologie applicate all’arche- ologia quali le analisi archeobiologiche3, le anali- Sondaggio 5200: La ripresa dello scavo sul ver- si geofisiche e, per l’appunto, l’archeologia aerea4 sante orientale dell’acropoli ha portato allo scopri- (fig 1). Innovativa è anche la scelta delle finalità di mento di un nuovo tratto di mura lungo una decina studio, con economia e società come temi cardine di metri (fig. 4), che andandosi a sommare a quanto attorno ai quali ruota la ricerca, focalizzando l’atten- scavato negli anni precedenti ha portato complessi- zione sul rapporto esistente fra le comunità umane vamente alla luce m 21 dell’antica cinta difensiva su che abitarono questi luoghi e l’ambiente circostante. questo lato della città7. I dati ceramici hanno confer- mato quanto già rilevato lo scorso anno, ovvero che la fondazione del circuito murario risale all’epoca 2. Gli scavi sulla Rocca. repubblicana. Successivamente, in epoca medievale, un’operazione organizzata a livello centrale portò al La campagna di scavo condotta nel mese di mag- recupero, parziale rifacimento e rinforzo delle origi- gio (dal 4 al 30) ha previsto una ripresa delle ricerche narie strutture difensive, che fra XI e XII secolo fu- avviate nell’angolo nord-orientale della Rocca (setto- rono rimaneggiate in più occasioni.

gono il progetto Tusculum: l’XI Comunità Montana dei Castelli 5 Beolchini et al. 2015, 132, fig. 8. Romani e Prenestini, i Comuni di Frascati, Monte Porzio Ca- 6 Per una proposta ricostruttiva della struttura urbanistica della tone, Monte Compatri e , il Gruppo Archeologico Tusculum medievale (secc. X-XII) -indagata tramite l’uso combi- Latino “Latium Vetus”. nato di immagini aeree, analisi topografiche, ricerche geofisiche 3 Peña-Chocarro et al., 2013. e campagne di scavo- si rimanda a Diarte Blasco et al. 2015. 4 Diarte Blasco et al. 2014; Beolchini et al. c.s. 7 Quilici- Quilici Gigli 1993; Marcosignori et al. c.s.

244 PROYECTO TUSCULUM: RISULTATI DELLA CAMPAGNA DI SCAVI 2015

Fig. 3. Planimetria generale al termine della campagna di scavo Fig. 4. Planimetria del sondaggio R5200 (M. Zanfini / EEHAR, di maggio 2015 (M. Zanfini / EEHAR, Archivio “Proyecto Tu- Archivio “Proyecto Tusculum”). sculum”). Il primo tratto di mura documentato quest’anno compatta. I materiali ceramici documentati nella fos- ha una lunghezza complessiva di m 7,50 e uno spes- sa di fondazione consentono una datazione di que- sore di m 2. Se ne conservano 2 filari costruiti con sto tratto di mura alla seconda metà del XII secolo, blocchi di spoglio di grandi dimensioni, principal- grazie al rinvenimento di uu’olla in acroma da fuoco mente in peperino, legati da semplice terra, che pog- intera (fig. 5) completa dell’originario contenuto9 giano direttamente sul lapillo geologico, andandolo e di un sigillo plumbeo di papa Alessandro III (1159- a integrare laddove questo si conserva a quote diffe- 1181) in perfetto stato di conservazione. Accanto a renti. Come anticipato, i reperti ceramici rimandano questi reperti sono stati inoltre documentati resti10 a un orizzonte cronologico di epoca repubblicana8, faunistici, attualmente in corso di studio insieme al mentre non sono stati documentati materiali riferibili contenuto dell’olla presso il Laboratorio di Arche- ad epoca imperiale, coerentemente con quanto rile- obiologia dell’Instituto de Historia del CSIC di Ma- vato anche nelle altre aree dell’antica acropoli finora drid. indagate. La ceramica rinvenuta nel settore R5200 ha an- Il secondo tratto riportato alla luce non ha con- che consentito di confermare l’ipotesi -già formula- nessione diretta con il primo, da cui dista m 0,30, e ta in passato- che la ripresa occupazionale di epoca poggia anch’esso sul lapillo geologico. Lo scavo ha medievale abbia avuto origine nel X secolo dall’a- consentito di riportare alla luce un tratto lungo m rea dell’antica acropoli, naturalmente più protetta 2,45 e largo al massimo m 3, realizzato in blocchi di e favorevole all’insediamento, su cui sappiamo dalle peperino, pietra sperone e tufo, anche se non si tratta fonti storiche coeve che esisteva all’epoca un insedia- del medesimo tipo di tufo granulare documentato lo mento fortificato. scorso anno, bensì di una tipologia più resistente e Successivamente, durante la prima metà dell’XI

8 La US 5203 ha restituito 123 frammenti ceramici che presen- provengono dalla zona della civitas medievale (cfr. Beolchini tano una minima varietà tipologica, trattandosi per la maggior 2006, 356, tav. IX, 42), ma si tratta del primo caso in cui si sia parte di recipienti di ceramica comune a impasto rosso simili a preservato anche l’originario contenuto. Ricco è il repertorio ce- quelli recuperati nella US R5307 (cfr. di seguito n. 10). Si segnala ramico riferibile al XII secolo proveniente dallo scavo del riem- la presenza di un frammento decorato con cordone applicato e pimento della fossa di fondazione di questo tratto C delle mura di un piede e un’ansa a sezione circolare. (rispettivamente UUSS R5207 con 192 e R5208 con 243 fram- 9 Si tratta di un’olla a corpo globulare, con orlo a fascia quasi menti ceramici), per la cui descrizione nel dettaglio si rimanda verticale leggermente assottigliato e un’ansa a nastro impostata alla monografia in corso di preparazione (scavi 2012-2016). sull’orlo. Altri 19 esemplari pertinenti alla medesima tipologia 10 Beolchini et al. 2016; Beolchini et al. c.s.

245 VALERIA BEOLCHINI - PILAR DIARTE BLASCO - D. VEGA ALMAZÁN - LEONOR PEÑA-CHOCARRO

vati alcuni campioni di terra, attualmente in corso di studio presso i Laboratori di Palinopaleobotanica del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Univer- sità di Modena-Reggio Emilia e del Dipartimento di Biologia Ambientale della Facoltà di Biologia dell’U- niversità di Roma “La Sapienza”.

Sondaggio 5400: Durante la campagna di scavi del 2014 era stato documentato il limite esterno di una grande cisterna di epoca romana ubicata circa m 2 a ovest delle mura e della torre medievale, costru- ita in calcestruzzo con malta tenace, rivestita inter- namente in opus signinum e foderata all’esterno da un filare di blocchi in pietra sperone (fig. 7). È stata raggiunta una profondità di m 3,10 rispetto all’origi- Fig. 5. Olla medievale in acroma da fuoco (D. Vega Almazán / nario bordo in malta della cisterna e il riempimento EEHAR, Archivio “Proyecto Tusculum”). data interamente ai secoli centrali del medioevo. La fine d’uso della cisterna è datata da uno strato di cir- secolo, le crescenti esigenze di spazio portarono a ca m 0,40 di spessore interpretato come sedimento, un’espansione dell’abitato verso ovest, lungo il sotto- composto da scarsi frammenti ceramici di epoca re- stante pianoro su cui in epoca romana sorse il centro pubblicana, calce sbriciolata e resti malacologici. monumentale composto da foro e teatro, laddove in Una volta in disuso, al di sopra della cisterna e del epoca medievale è documentata la presenza della ci- suo riempimento sono state costruite varie struttu- vitas. re in alzato, tutte databili su base ceramica alla fine del XII secolo. Costruite con materiali di reimpie- Sondaggio 5300: Nello spazio compreso fra la go di medie e grandi dimensioni, alcune utilizzano torre medievale di rinforzo alle mura e la cisterna legante di malta (come ad esempio R5409, lungo m romana è stato aperto un nuovo sondaggio (R5300), 8,70 e largo m 1, o il contrafforte R5410 che gli si che ha consentito di leggere in parete sia il taglio del- lega sul lato est), altre semplice terra (come la strut- la fossa di fondazione della torre, sia la cassaforma tura R5427, costruita parallelamente a T5409 e lun- della cisterna. Quest’ultima fu realizzata in argilla e ga complessivamente m 2,40, o i due alzati di scarsa successivamente foderata da un filare in blocchi la- qualità R5403 e R5412, costruiti esternamente al ter- pidei nella parte alta visibile sopra terra. I materiali razzamento verso est). ceramici rimandano a un orizzonte cronologico che Lo scavo ha anche restituito ampi frammenti di va dalla fine del IV-inizi del III sec. a.C. (R5307)11 pavimentazione in opus spicatum e vari mattoncini -con residui più antichi databili all’VIII-VII sec. a.C.- sciolti, recuperati nello spazio delimitato dai muri all’epoca mediorepubblicana (R5301)12, e ancora una R5403 e R5412. L’ipotesi è che possa trattarsi di por- volta si rimarca l’assenza di reperti riferibili all’epoca zioni dell’originaria copertura della cisterna. In una imperiale. seconda fase l’opus spicatum risulta essere stato co- Dalla cassaforma della cisterna sono stati prele- perto da uno strato in cocciopesto, riconducibile a

11 Lo strato R5307 ha restituito 248 frammenti ceramici, preva- brunite, da porre in relazione con il Gruppo C di Gabii, e for- lentemente riferibili a produzioni di ceramica comune a impasto me ceramiche realizzate a mano decorate con cordoni applicati, rosso. La forma maggiormente attestata è l’olla a pareti ingros- di chiara tradizione laziale (fig. 6.11). È attestata una maggior sate con orlo svasato e arrotondato, ma sono state anche recupe- presenza di vasellame di tipo italico a impasto depurato, con rate due ciotole carenate a bordo svasato e labbro arrotondato forme che trovano stretti parallelismi con le olle del Gruppo G (fig. 6.12) con superficie ingobbiata e tre recipienti modellati a di Gabii e riferibili alla seconda metà del V- prima metà del IV mano e decorati con un cordone applicato, riferibili alle fasi re- sec. a.C., la cui produzione si protrasse fino ai secoli II-I a.C. centi della cultura laziale (VIII-VII sec. a.C.). Anche se in forma (Olcese 2003, 85). Sono stati anche documentati esemplari con minoritaria, il livello ha anche restituito olle, casseruole, ciotole e impasto rosso poco depurato realizzati al tornio, il cui repertorio coperchi in ceramica comune, corrispondenti alla variante 2B di formale è costituito da olle a bordo svasato e labbro ingrossato o Gabii e databili fra V e II sec. a.C. (Vegas-Martín 1982, 453-454). arrotondato (fig. 6.14). Si tratta delle tipologie ceramiche laziali Infine, si segnala la presenza di 2 frammenti di ceramica a vernice più diffuse fra V e II sec. a.C., cui sono associati coperchi in nera etrusco-laziale e 5 pezzi decorati attribuibili a produzioni argilla poco depurata con presa apicale troncoconica o cilindrica del tipo Genucilia e riferibili a un orizzonte cronologico di fine (fig. 6.16), di difficile attribuzione cronologica a causa della con- IV – inizi III sec. a. C. tinuità funzionale. Oltre a queste ceramiche comuni, sono state 12 Convivono nello strato produzioni pertinenti a diverse tipo- anche documentate differenti produzioni con impasto depurato logie: predominante è il vasellame in ceramica comune (79%), di buona qualità. Si tratta di forme a figure rosse, con patere mentre il 21% è costituito da recipienti a impasto depurato, in del tipo Genucilia (fig. 6.1, databile alla seconda metà del IV-III particolare ciotole in vernice nera etrusco-laziale. Minime sono sec. a.C.); a vernice nera sovradipinta, fra cui produzioni etrusco- invece le attestazioni di anforacei. Fra le forme in ceramica co- laziali databili all’ultimo terzo del IV- primo terzo del III sec. mune, vi sono olle a impasto rosso con superfici ingobbiate e a.C. (fig. 6.2), con alcuni frammenti di vasi riferibili all’officina

246 PROYECTO TUSCULUM: RISULTATI DELLA CAMPAGNA DI SCAVI 2015

Fig. 6. Selezione delle principali forme ceramiche di epoca romana (D. Vega Almazán / EEHAR, Archivio “Proyecto Tusculum”). una pavimentazione anch’essa riferibile all’originaria za in questa zona, similmente ad altre zone della copertura della cisterna, in fase con una riparazione Rocca, di una fitta trama urbanistica composta da in malta (R5404) di epoca romana. case a schiera fra loro allineate, identificabili con le tipiche domus terrineae di epoca medievale13 Sondaggio 6100: La scelta di aprire il sondag- (fig. 8). gio R6100 (fig. 3), ubicato circa m 20 a ovest del Da ciò la decisione di andare a indagarne una nel sondaggio R5000, è nata dall’analisi delle imma- dettaglio, per verificarne la struttura, il livello di di- gini aeree acquisite da drone e aquilone nel corso struzione e al contempo testare sul campo l’attendi- delle precedenti campagne 2012-2014. Risulta- bilità e precisione delle informazioni desunte dalle va infatti evidente da ortofoto e DSM la presen- immagini aeree.

delle petites estampilles (fig. 6, 5-7-8-10). In alcuni esemplari il Infine, si segnala la presenza di una ciotola riferibile alla forma fondo interno presenta decorazioni a piccole rosette o palmette arcaica di Campaniense A F-2174 (fig. 6.9), databile al III sec. (fig. 6.4). Oltre a queste produzioni, lo strato ha anche restituito a.C. frammenti di ceramica a vernice nera di origine laziale e locale. 13 Diarte Blasco et al. 2015, 267-268.

247 VALERIA BEOLCHINI - PILAR DIARTE BLASCO - D. VEGA ALMAZÁN - LEONOR PEÑA-CHOCARRO

Fig. 7. Planimetria del sondaggio R5400 (M. Zanfini / EEHAR, Archivio “Proyecto Tusculum”).

Il sondaggio di m 10 x 10 ha pienamente confer- uno strato composto da cenere e materiali ceramici mato i dati forniti dal drone, consentendo di recupe- di XII secolo, accanto al quale sono state rinvenute rare un ambiente quadrangolare di m 9 x 9 m situato una chiave in ferro e una pedina da gioco in osso la- immediatamente al di sotto del manto vegetale. La vorato. radicale distruzione subita dalla città nel 1191 ha L’interno dell’ambiente è stato scavato per qua- determinato la demolizione pressoché completa dranti, allo scopo di campionarne i reperti archeo- dell’interno della struttura abitativa, di cui è stato botanici. I resti carpologici recuperati con il proces- possibile documentare nel dettaglio solo i muri pe- so di flottazione sono stati inviati al Laboratorio di rimetrali, fino a un massimo di 4 filari. Gli alzati si Archeobiologia dell’Instituto de Historia del CSIC caratterizzano per un doppio paramento composto di Madrid per uno studio al microscopio, per i cui da pietre di medie dimensioni, qualche blocco di risultati si rimanda all’articolo pubblicato in questo marmo, rari elementi architettonici e frammenti di stesso volume. laterizi romani riutilizzati come zeppe, rafforzati dai classici cantonali agli angoli e con legante di terra. La soglia si apriva al centro del muro nord-est e aveva 3. Archeologia aerea e saggi sul pianoro. un’apertura di m 1,8514. Al di sotto dell’humus è stato scavato un crollo Dopo aver realizzato una serie di voli a bassa quo- di m 0,30-0,70 di spessore quasi interamente interno ta con sistema UAV, in collaborazione con la Inter- all’abitazione, composto da pietre di varie dimensio- national Research School of Planetary Science (Uni- ni. Nulla resta dell’originaria pavimentazione, di cui versità “G. D’Annunzio” di Chieti-), e voli di rimane solamente un sottile strato preparatorio in dettaglio con aquilone (KAP) sull’area della Rocca, terra che poggia direttamente sulla roccia naturale. nel maggio 2015 sono stati condotti voli con un aereo Le uniche tracce di fuoco rilevate sono state indivi- pilotato dotato di camere termiche e sensori per l’ot- duate nell’angolo sud-occidentale dell’abitazione, da tenimento di immagini iper e multispettrali, grazie cui l’ipotesi che qui si trovasse il focolare: si tratta di alla collaborazione avviata con l’equipe dell’Instituto

14 Beolchini 2006, 382-383.

248 PROYECTO TUSCULUM: RISULTATI DELLA CAMPAGNA DI SCAVI 2015

Fig. 8. Ortofoto dell’area della Rocca. In nero, le strutture costruttive identificate grazie all’analisi dell’ortofoto; in rosso, le strutture docu- mentate nel corso degli scavi archeologici (EEHAR, Archivio “Proyecto Tusculum”). de Agricultura Sostenible IAS del CSIC15. che necessitavano di ulteriori verifiche sul campo. La scelta di investire una parte rilevante delle Le immagini aeree acquisite sono state infatti inserite risorse a disposizione per potenziare questo tipo di in un sistema di informazione geografica, rendendo tecnologie di indagine a carattere non invasivo nasce possibile misurare con precisione il perimetro di una dalla consapevolezza della necessità sempre più pres- imponente struttura di m 29 di lato, alla cui indagine sante di ottimizzare la pianificazione del lavoro sul è stata dedicata la campagna condotta nel mese di campo, in termini di risparmio sui tempi e costi del- luglio (dal 7 al 18). lo scavo archeologico. La lettura congiunta dei dati Tre piccoli saggi sono stati aperti nei punti ipote- forniti dall’archeologia aerea e dalle analisi geofisiche ticamente corrispondenti agli angoli dell’edificio (fig. del terreno, condotte fra 2012 e 2013 con georadar e 9). magnetometria16 (fig. 2), hanno infatti permesso non solo di realizzare la nuova base cartografica digitale Saggio A: Lo scavo ha restituito imponenti struttu- del sito, ma anche di identificare le aree potenzial- re di epoca medievale già cm 10 sotto lo strato su- mente più interessanti e prioritarie ai fini dello scavo perficiale, corrispondenti all’angolo sud-occidentale archeologico. di un edificio ecclesiastico di vaste dimensioni. Sia In particolare, sul pianoro antistante l’antico foro all’interno che all’esterno della chiesa si estendeva romano è stata rilevata la presenza di una serie di una necropoli medievale. Quasi tutti gli inumati do- evidenze e allineamenti di dimensioni monumentali cumentati fuori dall’edificio giacevano in posizione

15 Diarte Blasco et al. 2014; Beolchini et al. c.s. pe Geotransfer dell’Universidad de Zaragoza (cfr. Diarte Blasco 16 Tali indagini sono state condotte in collaborazione con l’equi- et al. 2014)

249 VALERIA BEOLCHINI - PILAR DIARTE BLASCO - D. VEGA ALMAZÁN - LEONOR PEÑA-CHOCARRO

Fig. 9. Immagine aerea dell’area antistante il foro romano, con indicazione dei sondaggi di scavo aperti durante la campagna di luglio 2015 (voli IAS-CSIC / EEHAR, Archivio “Proyecto Tusculum”). secondaria e solo uno manteneva l’originaria connes- ce e sporadici tufelli legati da malta, con un nucleo in sione anatomica. scaglie di selce, tufo e frammenti di laterizi legati da All’interno dell’edificio, al di sotto dell’originaria abbondante malta. Sul paramento interno ancora si pavimentazione medievale composta da una base di conservano due piccoli lacerti di decorazione con in- tegole e calce, abbiamo potuto individuare una trin- cea che tagliava le botole di accesso (di forma qua- drangolare di 0,50 m di lato, chiuse nella parte alta da una ghiera in mattoncini) a una serie di gallerie sepolcrali (fig. 10). Per il momento ne sono state do- cumentate sette, ma evidentemente proseguono oltre il limite est di scavo. Una sola delle gallerie -realiz- zate in pietre e frammenti di laterizi legati da terra e sporadica malta- è stata scavata durante la campa- gna 2015, in attesa di poter riprendere i lavori nel 2016 in collaborazione con un antropologo: ha una profondità di m 3,20 e conteneva i resti di circa 25 individui, attualmente in corso di studio. Non è in- vece al momento possibile determinare la lunghezza complessiva delle gallerie, dal momento che si esten- devano oltre il limite nord di scavo. Il riempimento era composto da terra sciolta, schegge di marmo e frammenti ceramici. La fondazione di detta struttura sepolcrale riuti- lizza i fusti di due grandi colonne scanalate in tufo di epoca romana, confermando l’ipotesi che la chiesa si imposti sui resti di un imponente edificio antico a carattere pubblico17.

Saggio B: Il saggio è stato aperto nell’angolo nord- occidentale della chiesa, la cui parete occidentale (US G1103) misura complessivamente m 29. È composta Fig. 10. Rilievo del saggio A al termine della campagna di scavo di luglio 2015 (M. Zanfini / EEHAR, Archivio “Proyecto Tuscu- da un doppio paramento in blocchetti regolari di sel- lum”).

18 Nel corso delle successive campagne di scavo 2016-2017 è stanti la chiesa medievale. Le ricerche nell’area sono attualmente stato possibile identificare come terme le strutture romane sotto- ancora in corso, cfr. Diarte-Blasco et al. 2018

250 PROYECTO TUSCULUM: RISULTATI DELLA CAMPAGNA DI SCAVI 2015 tonaco dipinto di colore rosso, giallo, bianco e nero. 4. Conclusioni. Lo scavo ha anche consentito di recuperare l’e- stremità ovest della parete settentrionale della chiesa Questi, per sommi capi, i principali risultati del- (G1105). L’alzato presenta due distinte fasi costrut- la campagna di scavo del 2015. Per il 2016 è previ- tive, riferibili rispettivamente alla fase di epoca roma- sta la continuazione delle ricerche sia sul pianoro na e a quella medievale: la prima è in opera reticolata antistante l’antico foro, proseguendo lo scavo della e conserva sul paramento interno parte dell’origina- chiesa medievale e, in particolare, dell’abside; sia rio apparato decorativo, composto da una zoccolatu- sulla Rocca, dove apriremo un nuovo fronte di in- ra in stucco; la seconda è costruita con blocchetti di dagine nell’area del podio del tempio dei Dioscuri, tufo e selce, blocchi di riutilizzo e rari cubilia. riutilizzato come basamento del palazzo dei conti di Lo scavo si è interrotto m 2 al di sotto dell’attuale Tuscolo nell’XI-XII secolo. Ci proponiamo infatti di quota d’uso, quando è stato rinvenuto un pavimento proseguire nello studio integrale e multidisciplinare in opus sectile in lastre di grandi dimensioni in mar- del sito inaugurato nel 2012, continuando a coniu- mo bianco, alcune delle quali ancora in situ. Il pavi- gare indagini sul campo e sperimentazione di nuo- mento risulta in fase con il muro G1105 ma non con ve tecnologie applicate all’archeologia. Le proficue il muro G1103, come evidenzia il fatto che il pavi- collaborazioni avviate in tal senso con enti di ricerca mento romano prosegua al di sotto della parete oc- sia spagnoli che italiani hanno infatti notevolmente cidentale della chiesa, all’esterno della zona di scavo. arricchito in questi anni il quadro complessivo delle La prosecuzione delle ricerche prevista per il pros- nostre conoscenze sullo sviluppo diacronico di Tu- simo anno consentirà di documentare fino a dove si sculum, non solo da un punto vista architettonico e estendesse in origine la pavimentazione romana, del- urbanistico ma anche - e soprattutto - economico e la quale è ancora chiaramente leggibile il negativo. sociale. Ed è proprio questa proficua strada di ricer- Inoltre sul lato nord del sondaggio ancora si conserva ca che vorremmo continuare a esplorare, in un dialo- in situ parte dell’originaria bordatura modanata in go fruttifero fra passato e presente, aperto alla speri- marmo bianco. mentazione e all’approfondimento di nuovi spunti di In una seconda fase la pavimentazione roma- riflessione storica. na venne obliterata e su di essa si impostò il muro G1103. Una seconda pavimentazione in opus spica- VALERIA BEOLCHINI tum - di cui resta traccia sul paramento interno di Escuela Española de Historia G1105 - fu realizzata a una quota rialzata di m 1,20. y Arqueología en Roma – CSIC Sono stati recuperati lacerti di grandi dimensioni di [email protected] detta pavimentazione all’interno del crollo dell’edi- ficio, in fase con il muro G1105 e corrispondente al PILAR DIARTE-BLASCO parziale restauro/rialzamento del muro G1103. Marie Sklodowska-Curie fellow (No 658045) University of Leicester Saggio C: m 25 a est dell’angolo sud-occidenta- [email protected] le della chiesa medievale è stato aperto il saggio C, allo scopo di verificare l’effettiva esistenza del limite DIANA VEGA ALMAZÁN orientale della struttura individuata grazie ai voli con Universidad de Cantabria infrarossi. Le indagini sul campo non hanno però [email protected] dato risultati in tal senso: l’unica evidenza archeolo- gica documentata è stata infatti una inumazione in LEONOR PEÑA-CHOCARRO prima giacitura (G1143). In realtà il limite est della Escuela Española de Historia chiesa si trova infatti non a 25, ma a m 20 dal son- y Arqueología en Roma – CSIC daggio A e corrisponde all’imponente struttura in [email protected] blocchi squadrati di spoglio legati da abbondante malta, di cui restano parte del paramento interno e il nucleo in cementizio. È possibile che si tratti del- la chiesa di S.Giovanni, che una fonte documentaria del 1115 descrive come “posita ante portam civitatis Tusculane”18.

18 Sickel 1886, 105-109, nr. 2 (trascrizione in Beolchini 2006, 411-413).

251 VALERIA BEOLCHINI - PILAR DIARTE BLASCO - D. VEGA ALMAZÁN - LEONOR PEÑA-CHOCARRO

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252 SEZIONE POSTER Il segno della croce. Due testimonianze da Viconovo (Scandriglia, Rieti)

Francesca Lezzi

Questo contributo richiama l’attenzione su due ma- della Bizacena, e presenta sul centro del fondo, in- nufatti provenienti da scavi già della Soprintendenza ternamente, una croce monogrammata impressa con Archeologica del Lazio nel sito della villa dei Bruttii piccoli occhielli alla fine di ciascun braccio e sotto Praesentes, nel Comune di Scandriglia (Rieti), dove è sorta la chiesa di S. Maria de Viconovo nota nelle fonti sin dalla metà IX secolo (fig. 1). Si tratta di un frammento1 di sigillata africana (ARS ware) con croce monogrammata impressa, da- tabile alla fine del V o ai primi anni del VI secolo, e di un frammento2 di lastra marmorea pertinente ad un altare, decorato con croce gemmata e databile, come sembra, al secondo quarto dell’VIII secolo3. L’ipotesi di lavoro è che entrambi i pezzi possano aver costi- tuito parte dell’arredo liturgico della chiesa, seppure in momenti cronologicamente diversi, e che costitu- iscano entrambi un dato archeologico a conferma dell’esistenza della chiesa in epoche ben precedenti all’attestazione storica dell’edificio sacro. Queste due testimonianze infatti, pur tanto dissimili per classe di materiale e per cronologia, possono essere associa- te non soltanto per il simbolo che entrambe portano rappresentato (la croce), ma anche, e forse soprat- tutto, per il contesto di rinvenimento: la chiesa di S. Maria de Viconovo. In entrambi i pezzi il segno della croce è simbolo immediatamente percepibile e com- prensibile che rappresenta al tempo stesso il suppli- zio di Gesù e il suo trionfo sulla morte. Proprio il contesto di rinvenimento sottolinea come in entram- bi i casi la croce sia assunta come categoria teologica che esprime il mistero salvifico della passione. Il piatto frammentario in ARS ware, di produzio- ne C5, è confrontabile con la forma Hayes 82 (fig. 2). Il vaso, del diametro ricostruibile di cm 20 ca., è prodotto in Tunisia centrale nel centro di Sidi Mar- Fig. 1. Scandriglia (RI) loc. Monte Calvo. Resti della chiesa di S. zouk Tounsi4, il più rilevante centro di produzione Maria de Viconovo. (2014)

1 Il frammento è stato presentato in una mostra nel 2006-2007, do l’actionarius Barucio, probabilmente preposto alla gestione senza però che ci fosse la possibilità, nella scheda di catalogo, di della curtis ducale di S. Maria in Vico Novo, con un importante approfondirne lo studio: Alvino 2006, 61, n. 127. atto di evergetismo donò forse l’arredo liturgico della chiesa, che 2 Il frammento è edito nel CSA della diocesi di Sabina: Betti su basi archeologiche è quindi possibile retrodatare almeno alla 2005, 199-201, tav. 251, LXIII, n. 125. prima metà dell’VIII secolo. 3 Fiocchi Nicolai 2012, 192. Una datazione generica alla metà 4 La provenienza da Sidi Marzouk Tounsi sembra essere ormai dell’VIII secolo è proposta nel Corpus (Betti 2005). Più specifi- accertata: Mackensen 1993. catamente si possono datare i frammenti tra il 739 e il 740 quan-

255 FRANCESCA LEZZI

o come piatti per la raccolta del pane eucaristico8. La sicura presenza di patene in argento tra gli arredi liturgici9, utilizzate sia come coperchi dei calici sia come piatti per la raccolta dei pani prima dell’eucarestia, che presentano una morfologia del tutto simile al vasellame da mensa, può far nascere delle domande sulla reale destinazione d’uso di al- cuni di questi piatti in ceramica decorati con simboli cristiani, tanto più se si tiene conto del contesto di rinvenimento10. Molteplici sono del resto i “prestiti” morfologici tra oggetti in materiali differenti11. La lastra in marmo bianco porta scolpito sulla fac- cia il braccio sinistro di una croce gemmata ed è pro- babilmente da interpretare come il frammento di un paliotto d’altare (fig. 3). La posizione di particolare rilievo che doveva avere la lastra nell’ambito dell’ar- redo della chiesa è testimoniata dalla decorazione stessa che il pezzo riporta e dalla scelta del materiale, il marmo, che lo distingue dagli altri frammenti di decorazione scultorea rinvenuti contestualmente12. Il Fig. 2.Piatto frammentario in ARS ware con croce monogrammata impressa. Inv.n. 118690. (foto archivio Soprintendenza). il braccio sinistro e destro rispettivamente una “Α” capovolta ed un “ω” entrambi pendenti5. La picco- la “x” al centro dell’incrocio dei bracci con puntini negli spazi, identifica lo stampo con il tipo H289B. Dai frammenti recuperati è evidente la presenza di un solo stampo in posizione centrale che occupa il centro del fondo del vaso. Il piatto è databile tra la seconda metà del V secolo e il primo quarto del se- colo successivo6. È evidente il risalto volutamente dato al cristogramma, sottolineato dalla posizione dominante al centro del recipiente. L’immagine e la restituzione grafica del pezzo richiamano con sugge- stiva somiglianza alcuni oggetti presenti in complessi di argenterie tardo-romane, come ad esempio i piatti da Valdonne, oggi al Louvre, o i piatti del tesoro di Canoscio7. Questi tesori sono variamente interpretati come vasellame di uso domestico (Canoscio) o vasa sacra (Valdonne), cioè suppellettili d’altare utilizzate nella liturgia cristiana, con un particolare riferimento, per Fig. 3. Frammento di lastra marmorea con croce gemmata. Inv. n. i piatti, alle patene utilizzate come coperchio di calice 112044. (foto archivio Soprintendenza).

5 Lo stampo è del tipo Hayes 289B stile D: Hayes 1972, fig. 54, 10 Alcuni autori antichi denunciano il lusso inutile di alcuni ric- b. e fig. 55, f. è confrontabile con uno stampo impresso su un chi in ambito privato, ma, al contrario, altri testi sottolineano sostegno da fornace. come sia poco consono che alcuni oggetti non siano in metallo 6 È stato sottolineato come la media età vandala veda l’intro- prezioso. In particolare il lusso sembra essere legittimo quando duzione e l’affermazione di nuovi modelli tipologici e nuovi temi indirizzato a Dio. Non si conoscono però esplicite testimonianze nella decorazione con un particolare successo dei soggetti sim- della volontà di alcune produzioni più modeste per materiale ad bolici cristiani: Pavolini – Tortorella 1997, 270. Le produzioni emulare prodotti di lusso. Soprattutto in epoca tardo-antica è di Sidi Marzouk Tounsi, come quelle delle officine del centro evidente come il repertorio formale del vasellame metallico passi e del sud della Tunisia, non sembrano andare oltre il 520/530: al repertorio utilizzato dai vasai: Baratte 2000. Mackensen 1998. 11 Già in età romana è nota l’imitazione formale di argenterie 7 Aimone 2015. da parte di alcune classi di ceramiche. È già stato sottolineato 8 Beghelli Gil 2013, 719-722. come “le migliori produzioni della ceramica avevano valore in sé 9 Molte sono le testimonianze letterarie di tutti questi preziosi stesse”: Baratte 2000, 174. arredi liturgici tra cui anche il Liber Pontificalis ecclesiae Raven- 12 Tutti i frammenti sono in calcare: Bazzucchi 2005, 199-201, natis: Aimone 2015, 205. n. 125, tav. LXIII.

256 IL SEGNO DELLA CROCE. DUE TESTIMONIANZE DA VICONOVO (SCANDRIGLIA, RIETI) motivo decorativo principale doveva essere la grande come il “nuovo Costantino”. Il richiamo all’arte cri- croce latina gemmata con lettere apocalittiche pen- stiana delle origini quindi, con la ripresa dei motivi denti. Il motivo è chiaramente riconoscibile, nono- decorativi e delle maniere artistiche tardoantiche, ha stante la frammentarietà del pezzo, per l’alternanza probabilmente determinato la ripresa del tema ico- delle gemme rettangolari e tonde e per quello che nografico della croce gemmata. resta della raffigurazione dell’“ω”pendente al di La struttura compositiva della croce rappresenta- sotto del braccio. Il profilo della croce è realizzato ta sul frammento di lastra di Viconovo risulta analo- con una spessa fascia a rilievo che delimita anche le ga all’iconografia della croce rappresentata più tardi singole specchiature delle gemme. Al di sopra del a fresco in S. Vincenzo al Volturno che decorava il braccio conservato della croce, un tondino decorato paliotto e il retro dell’altare della cosiddetta Chiesa con motivo a corda divide il campo decorativo supe- Sud del monastero15. Sembra possibile quindi im- riore occupato con motivi vegetali, di cui si ricono- maginare che la lastra facesse parte originariamente scono una voluta e una rosetta rotante, dallo spazio dell’altare della chiesa altomedievale di S. Maria ad riservato alla croce. A destra della croce è visibile un Viconovo, decorando con un simbolo salvifico così listello con terminazione a voluta e di seguito, anco- evocativo il luogo in cui è possibile godere dell’eter- ra più a destra, un riempitivo interpretato come una na presenza del Signore, l’altare appunto. La croce rosetta rotante inserita in una rosetta più grande con gemmata stessa è l’immagine simbolica di Cristo e si rotazione contraria13. Il listello che termina a ricciolo inserisce perfettamente nel clima di rinascita che ha richiama forse il motivo del “ricciolo del figlio”, ico- caratterizzato l’arte dell’età di Carlo Magno. nografia ripresa dall’arte copta per indicare Cristo La funzione liturgica è facilmente leggibile nel Figlio di Dio. Possiamo ricostruire, seppure appros- frammento di marmo decorato con croce gemmata; simativamente, le dimensioni originarie della lastra non altrettanto chiaramente circoscrivibile è la desti- riproponendo l’ingombro massimo della croce, che nazione d’uso del piatto in sigillata africana decorato doveva essere rappresentata per intero: il campo de- con croce monogrammata. È quindi fondamentale il corativo doveva svilupparsi quindi su un supporto contesto di rinvenimento. Comunemente si ritiene di almeno cm 75 x 69. Immaginando uno sviluppo che nelle celebrazioni liturgiche si usassero suppel- simmetrico della decorazione, la lastra doveva misu- lettili in materiale prezioso, come i metalli; c’è da rare originariamente almeno cm 100 x 70. Il motivo chiedersi però se quest’uso fosse così generalizzato e della croce gemmata nasce in età costantiniana ed se interessasse anche i più piccoli edifici religiosi op- assume un significato di assoluto rilievo: già nel “so- pure solamente le chiese delle più importanti città e i gno di Costantino”, in cui un angelo stringeva nelle grandi luoghi di culto16. Qualche indizio in tal senso mani un labaro con una croce gemmata. Allora la potrebbe essere suggerito dall’analisi comparata dei diffusione delle croci auree e gemmate trasforma lo rinvenimenti di vasellame d’uso comune con simboli strumento del supplizio cristiano in emblema del- cristiani impressi, con i dati relativi al contesto di la gloria di Cristo. Il modello da cui deriverebbero rinvenimento e con la tipologia del motivo rappre- tutte le rappresentazioni di croci gemmate sembra sentato. Se pure non è possibile, in questa fase dello identificabile nel monumentale esemplare che, come studio, presentare un censimento sufficientemente sembra, Costantino stesso fece erigere sul Golgota, ampio di questo tipo di dati sul quale basare inter- del quale però non possediamo descrizioni14. Già in pretazioni più fondate, sembra possibile ipotizzare epoca tardoantica il motivo viene riprodotto molto una funzione liturgica del piatto in esame17. spesso andando ad interessare diverse produzioni Se la proposta di identificare il piatto con cro- d’arte. Prototipi di oreficeria divengono infatti mo- ce monogrammata impressa con una patena d’uso delli di ispirazione in molti altri generi artistici, dalla liturgico cogliesse nel vero, allora entrambi i fram- pittura al mosaico, alla scultura. In epoca carolingia menti si potrebbero interpretare come una impor- questo motivo iconografico diviene una rappresen- tante testimonianza archeologica, materiale, delle tazione molto popolare legata direttamente alla vo- più antiche fasi di vita della chiesa di S. Maria ad lontà del sovrano Carlo Magno di essere identificato Viconovo. Se pure dalle fonti questa non può essere

13 Bazzucchi 2005, 199. te dalla terra di un cimitero merovigio a Neuvicq-Montguyon, 14 Casartelli Novelli 1996, 64-65. Charente-Maritime, oggi al Museo della società archeologica e 15 Raimo 2005, 240. storica de la Charente à Angoulême (Rigoir 1981, 180 n. 2293), e 16 Pierobon-Benoit 2007, 335 nota 104. un frammento di piatto con cristogramma, purtroppo ad oggi di- 17 Non sono molti i frammenti di piatti con croce monogram- sperso, rinvenuto negli scavi dell’Abbazia di Farfa (Rieti), notizia mata provenienti da contesti sacri, ma si possono ricordare a tito- per la quale ringrazio il Prof. Betti. lo di esempio un frammento di piatto proveniente dalla cappella di S. Lorenzo di Pélissanne, Bouches-du-Rhôen, oggi al Museo di Pélissanne (Rigoir 1981, 179 n. 3382), un frammento provenien-

257 FRANCESCA LEZZI datata prima del 82918, in base ai dati archeologici si FRANCESCA LEZZI può invece far risalire ad epoca paleocristiana 19, con independent researcher una importante risistemazione di epoca carolingia20. [email protected]

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18 Regesto Farfense, II, doc. 270. Avendo raramente dati sui sono databili tra IV e V sec. (Lezzi cds). contesti di rinvenimento, è comunque difficile affermare che 20 Per un’analisi più dettagliata sui pezzi descritti in questo questi oggetti fossero destinati ad un utilizzo sacro. Sul tema re- contributo Lezzi 2019; sull’articolazione planimetrica del com- centemente Spanu 2019. plesso Lezzi cds. 19 Mancinelli 2003, Bazzucchi 2007. Alcune parti di muratura nella zona dell’abside, riconoscibili per la presenza di una alter- nanza tra due filari di laterizi e uno di conci di pietra calcarea, 258 I resti malacologici di Palazzo Aluffi a Rieti

Francesca Santini

L’oggetto di questo studio sono i resti malacologici archeozoologica. Lo studio del campione malaco- recuperati durante la campagna di scavo del 2014, logico in esame permette da una parte di elaborare ultima di una serie di interventi di archeologia pre- ventiva iniziati nel 2011, a Palazzo Aluffi, nel cen- tro urbano di Rieti. Gli scavi archeologici, condotti dalla SBAL, oggi Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Rieti, Frosinone e L atina, indagando l’ambiente 2, hanno permesso di mettere in luce tre unità stratigrafiche in cui sono stati recuperati resti di invertebrati di molluschi ma- rini e terrestri. Nell’US 1020, lo strato di riempimen- to della fossa (US 1002) interpretata come un butto databile attorno alla seconda metà del XIII sec.1, e nell’US 10262, parte di un piano di calpestio indica- tivamente riferibile all’epoca tardoantica, sono sta- ti ritrovati resti relativi a conchiglie di gasteropodi polmonati terrestri, rispettivamente lumache ovvero chiocciole. L’US 1025, strato di età romana databile entro la metà del I d.C., è stato interpretato come una colmata che oblitera le strutture precedenti della domus3. Da questa US sono stati recuperati valve di molluschi bivalvi marini (fig. 1). Sebbene il campione sia di piccola entità, già ad un primo sguardo è emerso che i resti provengono da habitat differenti: quello marino rappresentato da due gusci di bivalvi, e quello terrestre costituito da tre gusci di gasteropodi. Grazie alla conoscenza sulla si- stematica, sulla biologia e sull’ecologia dei molluschi attualmente viventi4, e tenendo conto della limitata mobilità, del loro breve ciclo vitale5 e del fatto che di essi si conserva esclusivamente l’esoscheletro6, si possono ottenere informazioni relative ai complessi archeologici, che permettono di completare e arric- Fig. 1. A) fossa e riempimento-US 1020 identificati durante la fase chire il quadro generale di questo sito con l’indagine di scavo; B) US 1026 identificata durante la fase di scavo.

1 Per la presenza di frammenti in ceramica a vetrina sparsa, 4 L’identificazione tassonomica e le brevi note sugli habitat mentre è del tutto assente la ceramica da mensa con rivestimenti sono state redatte con le guide a cura di Riedl 1991, Rinaldi 2002 policromi (vetrine laziali e maioliche arcaiche). e D’Angelo - Gargiullo 1987 per quanto riguarda i molluschi bi- 2 Il piano di calpestio si presenta lacunoso e realizzato proba- valvi marini, e di Welter-Schultes 2012 per i molluschi gastero- bilmente con tegole riutilizzate. La sua datazione è indicativa in podi terrestri. quanto lo studio archeologico è alle fasi preliminari. 5 Il ciclo vitale dei molluschi è in media da 1 ai 5 anni: Girod 3 Allo stato attuale delle indagini archeologiche ancora bisogna 2004, 125-126. definire se questa colmata sia stata causata da un crollo oppure 6 La conchiglia che racchiude e protegge in vita le parti molli, da una ristrutturazione edilizia. composto da carbonato di calcio

259 FRANCESCA SANTINI considerazioni su sfruttamento e approvvigionamen- stratigrafici in cui si sono ritrovati14. Infatti, Limax, to delle risorse marine e sulle abitudini alimentari se originariamente viveva in nicchie ecologiche di delle comunità del passato7 e anche su scelte cultu- ambienti umidi, spesso riparati, e con rifiuti vegetali, rali ed estetiche, dall’altra di rivelare e interpretare le si trova anche in habitat artificiali e non disturbati, peculiari caratteristiche paleo-ambientali dei contesti prossimi ad aree abitate dall’uomo, come immondez- stratigrafici. zai e terreni di butto. I resti malacologici terrestri sono rappresentati da Ugualmente, Oxychillus originariamente tipico di due molluschi gasteropodi, riconoscibili con certez- un habitat umido e caldo, si segnala anche in aree za a livello di genere: due conchiglie di Limax sp.8, coltivate vicine ad abitazioni umane ed anche in di- meglio conosciuta come “lumaca”, una conchiglia di scariche di materiale edile, rifiuti su strada e spazza- Oxychillus sp.9 (fig. 2). tura.

Fig. 2. Molluschi terrestri: A) conchiglie di Limax sp.; B) conchiglia di Oxychillus sp.; C) morfologia con- chiglia per dimensioni dell’esemplare di Oxychillus: D=10,28 mm; H=3,96 mm.

Per Limax un’identificazione specifica basata sul- I resti appartenenti ai molluschi bivalvi, marini la distribuzione dell’areale permette di individuare mostrano un discreto stato di conservazione, non tre possibili specie: Limax cinereoniger (Wolf, 1803) hanno perso del tutto il loro colore originario e mo- 10 con un areale molto vasto che comprende tutta Ita- strano ancora internamente la linea palleale15 e le lia soprattutto centrale e settentrionale; Limax ian- impronte dei muscoli anteriore e posteriore. Pertan- ninii (Giusti, 1973) 11 che ha invece un areale molto to, entrambe le conchiglie sono riferibili alla specie ristretto e puntuale che cade proprio nella provincia Glycymeris insubrica16, che vive in substrati sabbiosi17 reatina; Limax maximus (Linnaeus, 1758) 12 con are- (fig.3). ale molto ampio che comprende anche la penisola La valva di Glycymeris, denominata valva A, ha italiana. dimensioni più piccole fa presumere un suo utilizzo Per quanto riguarda Oxychillus, dati l’altezza del- a scopo alimentare da parte degli abitanti della casa la conchiglia e l’apex piatto, potrebbe trattarsi della visto che questo bivalve è una specie commestibile. specie O. draparnaudi (Beck, 1837) 13, diffusa in tutta Del resto la carne dei molluschi rappresenta un com- l’Italia peninsulare. pletamento potenzialmente valido al fabbisogno ali- Questi esemplari possono essere considerati come mentare. Infatti sono alimenti poveri di lipidi e car- ottimi bioindicatori del contesto di scavo e dei livelli boidrati, ma ricchi di proteine e sali minerali.

7 In Europa sin dal Mesolitico risultano le pratiche di sfruttamento 14 Bar-Yosef Mayer 2013, 337. delle risorse marine, in particolare la raccolta di molluschi ed il loro 15 La linea palleale è la linea simpressa sulla superficie interna della con- consumo, nonostante ciò diminuisca nel Neolitico e nell’età del Bronzo. chiglia dei molluschi bivalvi, che rappresenta l’impronta delle parti molli Borrello 2005, 37. dell’animale in vita. 8 Le Limacidae hanno una conchiglia ridotta. Nei nostri esemplari sono 16 La conchiglia è rotondeggiante, solida, equivalve (le valve sono ugua- ben visibili le strie di accrescimento, hanno aspetto ialino, di colore bian- li tra loro), ed equilaterali (le due parti ai lati dell’umbone sono uguali, co latte. la valva è simmetrica), la cerniera è curva e di tipo taxodonte eterodonte 9 Questo gasteropode ha una conchiglia di forma evoluta, con avvolgi- (presenta numerosi piccoli denti, separati da fossette regolari, conver- mento plano-spirale, apertura ellittica, e ombelico moderatamente aper- genti al centro della valva). Bedini 1988, 20-22. La morfologia della con- to e profondo: Gatti c.s., 35. chiglia, la colorazione originaria ancora visibile indicano l’appartenenza 10 Welter-Schultes 2012, 447. a questa specie. Rinaldi 2002, 16-17. 11 Welter-Schultes 2012, 451. 17 Questo mollusco è caratteristico di biocenosi delle sabbie fini del 12 Welter-Schultes 2012, 451. substrato mobile della fascia infralitorale. D’Angelo, Gargiullo 1987, 13 Welter-Schultes 2012, 382. 171-72; Rinaldi 2002, 17.

260 I RESTI MALACOLOGICI DI PALAZZO ALUFFI A RIETI

Fig. 3.Molluschi marini: A) valva A di Glycymeris insubrica: superficie esterna ed interna; B) valva B di Glycymeris insubrica: superficie esterna ed interna; C) particolare del foro sull’umbone; D) morfologia conchiglia per dimensioni degli esemplari di Glycymeris: Valva A: larg. 26,55 mm, valva B: larg. 36,62 mm.

Probabilmente però il loro apporto alla dieta del- come ciondolo19. la comunità in questione non era particolarmente ri- Questi resti marini forniscono indizi di flussi di levante. Pertanto, si può presumere che nel nostro risorse che, data la loro natura, dovevano provenire caso i molluschi costituivano un alimento sussidiario, da un altro luogo, distante e situato sulla costa. forse consumato in occasioni particolari o come vi- In conclusione, il nostro campione malacologico, vanda più pregiata18. seppur limitato nel numero, ha potuto ridisegnare Nota a parte è necessaria per la valva di Glycyme- parzialmente ma significativamente il sito nel pe- ris, nominata valva B, quella più grande. Essa pre- riodo in cui il sito era sede di un’abitazione, il cui senta un aspetto da sub-fossile e comunque non con- contesto era relativo ormai alla fase di abbandono, temporaneo al periodo cui si riferisce la stratigrafia offrendo nuove possibilità interpretative. del contesto archeologico. Infatti, mostra i margini L’interpretazione dei ritrovamenti, anche sulla esterni consumati e arrotondati, la cerniera oramai base dei dati stratigrafici ed archeologici, si associa erosa in cui non sono più visibili i denti, con un foro ad una diversa origine dell’accumulo, acquistando sull’umbone dalla sezione poligonale e la superficie significato e contribuendo alla lettura dei resti ma- levigata. Purtroppo, non sapendo la provenienza non lacologici20. è possibile stabilire con esattezza se sia riconducibile Da una parte, i bivalvi marini stanno ad indica- a una biocenosi contemporanea al rinvenimento su re l’impiego delle risorse sfruttate dagli abitanti con spiaggia o ad una tanatocenosi probabilmente pre- conseguenti considerazioni sull’economia della co- sente al largo di una costa. D’altra parte il su aspet- munità umana. Infatti, sebbene siano di una non to potrebbe suggerire una raccolta casuale in riva al elevata qualità alimentare, sono testimonianza di un mare, dove già spiaggiata e dopo aver subìto l’azione approvvigionamento da siti costieri e indizio di rap- erosiva e levigante delle onde (rotolamento e sfrega- porti commerciali ed economici, reti di circolazione mento sul fondale marino che hanno provocato an- delle merci con località costiere che hanno permes- che la perforazione sull’umbone), è stata scelta, rac- so la diffusione di questi alimenti nei centri abitati colta per poi essere probabilmente usata,dato il foro, dell’entroterra. Inoltre descrivono non solo un inte-

18 Si annota che già in epoca gallo-romana risultano testimo- come ciondoli e pendagli, è ben illustrato già in studi su siti prei- nianze sull’uso alimentare dei molluschi marini. Inoltre la gente storici e protostorici italiani. Inoltre, ancora oggi bambini e adulti che le consumava apparteneva a tutte le classi sociali: da abitanti si dilettano a raccogliere conchiglie passeggiando sulla spiaggia di piccoli centri a quelli di agglomerati urbani importanti. Sem- e usare, tra quelle spiaggiate nel detrito conchigliare, quelle già bra che nonostante il trasporto, il costo non fosse così proibitivo forate dando vita a ciondoli, collane, e altri gioielli. Borrello 2005, per i consumatori. Ad alcuni ricercatori sembra difficile pensa- 22;33. re che le conchiglie ritrovate in siti rurali di piccola importanza 20 Questi resti sono stati ritrovati in sedimenti di varia natura, venissero consumate da un élite privilegiata di persone. Brien- associati ad attività umane. Infatti il nostro campione comprende Poitevin 1996, 315. specie di molluschi marini e terrestri, naturalmente e antropo- 19 L’uso delle conchiglie come oggetti ornamentali, ossia gioielli genicamente introdotti nel sito, nelle sue stratigrafie. Alexan-

261 FRANCESCA SANTINI resse per particolari materiali da cui ricavare oggetti gasteropodi polmonati confermano l’interpretazione ornamentali, ma probabilmente anche uno sposta- archeologica data alle due unità stratigrafiche in cui mento degli occupanti della casa verso una località sono stati trovati, rispettivamente un immondezzaio costiera da cui hanno riportato un souvenir trasfor- per le lumache e un residuo di piano di calpestio per mandolo successivamente in un monile21. la chiocciola. Dall’altra, i gusci di gasteropodi terrestri si pre- Per concludere, i resti malacologici hanno aperto sume non siano finiti nel deposito fortuitamente, ma nuove possibilità interpretative e nuove prospettive che appartengano ad animali che vivevano sul posto. di lettura del contesto archeologico, definendo più In altre parole, sono intrusioni riferibili al periodo di dettagliatamente le ricostruzioni della dieta e le abi- abbandono, in cui crolli delle strutture murarie, scar- tudini alimentari delle comunità del passato, arric- ti e rifiuti di materiale fittile e alimentare avrebbero chendo, seppur con una piccola presenza, lo studio fornito microhabitat ideali. Questi gasteropodi sono di un sito con le analisi paleo-ambientali, e infine entità di un habitat tipico di un terreno di butto, arti- suggerendo l’esistenza di itinerari e reti di circolazio- ficialmente creato dall’uomo con le relative implica- ne, di diffusione forse anche interregionali. zioni sulla loro ecologia e adattamento alle attività an- tropiche e sul tipo di deposito. Infatti le due specie si sono perfettamente adattate a vivere in microhabitat FRANCESCA SANTINI fortemente antropizzati, come sono i grandi ammas- independent researcher si di rifiuti in decomposizione, riconducendo a una [email protected] stretta connessione ecologica col contesto archeolo- gico in cui si sono recuperati i loro gusci. Pertanto, i

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drowicz 2013, 15. meno come oggetto d’ornamento presumibilmente femminile, 21 Sembra emergere che la raccolta della conchiglia B di forse perché già provvista di un foro naturale prestandosi a di- Glycymeris insubrica sia finalizzata all’uso di monile, o per lo ventare ciondolo. Minniti 2005, 74-77.

262 Archeologia senza scavo: l’area delle terme di Cures Sabini

Marco Cavalieri – Charles Bossu – Emanuele Brucchietti – Antonia Fumo – Chiara Leporati

1. Introduzione bilità di intraprendere in futuro un progetto di sca- vo programmato ed in sinergia con i diversi “attori” Su invito dell’allora Soprintendente per i Beni Ar- coinvolti: università, soprintendenza, comune e po- cheologici del Lazio, Elena Calandra, un gruppo di polazione locale. ricercatori belgi ed italiani, sotto l’egida dell’Univer- sité catholique de Louvain, ha eseguito due campagne di documentazione archeologica presso il sito Cures 2. L’indagine archeologica: metodologie di ricerca e ri- Sabini, loc. Talocci, elaborando, da un lato, una se- sultati rie di rilievi orto-fotogrammetrici ed architettonici, dall’altro conducendo prospezioni geofisiche basate Dal sito di Cures Sabini (fig. 1), indagato duran- su una preventiva ed approfondita analisi dei dati te gli anni ’80 del secolo scorso, emersero strutture d’archivio. L’operazione sul terreno si è svolta in due murarie che, una volta terminati gli interventi di campagne successive durante le estati 2013 e 2014 conservazione, sono state alquanto dimenticate. Tut- per un totale complessivo di 20 giorni. to ciò ha causato un loro completo inghiottimento Obiettivo principale di questi interventi integrati, nella fitta vegetazione infestante l’area archeologica. ancorché contenuti, era una valutazione delle possi- Di qui, un impegnativo lavoro di disboscamento ha

Fig. 1. Pianta degli interventi della campagna del 2014, risultato della sovrapposizione tra rilievo con total station e drone. In alto a sinistra, l’edificio di NW, in basso a destra, il complesso termale (elaborazione di A. Novellini).

263 MARCO CAVALIERI - CHARLES BOSSU - EMANUELE BRUCCHIETTI - ANTONIA FUMO - CHIARA LEPORATI

Fig. 2. Schizzo planimetrico di R. Lan- ciani (elaborazione di E. Brucchietti). permesso di riportare alla luce il complesso termale stato conservativo al 2014 delle murature. rinvenuto nei primi anni Ottanta del XX secolo, du- Oltre al lavoro sul campo è stata effettuata an- rante gli scavi condotti da A. M. Reggiani. che un’ulteriore rilettura dei dati d’archivio che ha Il secondo obiettivo dell’intervento mirava ad una portato a nuove considerazioni. Infatti, una recente migliore documentazione delle strutture ripulite, im- analisi dei ‘Rapporti Gagliardi 1873-1874’1, eseguita piegando metodologie di rilievo inesistenti all’epoca concentrandosi sulla ricerca del termine «bagni», ha dello scavo. La ripulitura sistematica ha permesso, permesso di dedurre che, in quegli anni, oltre agli inoltre, di raccogliere dati inediti inerenti a diverse ambienti successivamente scavati da A.M. Reggiani, strutture delle terme, tra cui una pavimentazione la- nel biennio 1979-19802, sono state rinvenute almeno terizia in opus spicatum, già identificata negli scavi altre due «camere» delle terme di Cures Sabini. Nel Reggiani ma, finora, mai documentata. primo caso trattasi di una sala rotonda, interpretata Questo lavoro di documentazione si è dimostrato come un probabile calidarium, per la presenza nelle fondamentale dato lo stato precario di conservazione vicinanze di alcuni «fornelli» (Rapporto Gagliardi in cui versavano le strutture, causato sia dall’abban- del 16.2.1874)3. Nell’altro caso, invece, al centro del- dono dell’area che dalle tecniche di restauro scelte la camera era stata individuata una base di colonna, all’epoca: i cosiddetti “bauletti” in cemento, che do- in opera laterizia. Questo vano, secondo gli scavato- vevano coprire e salvaguardare le creste murarie, ne- ri, era pertinente ad ulteriori «fabbricati di bagni» gli anni hanno rilasciato sali che, in numerosi punti, (Rapporto Gagliardi del 26.3.1874)4. Sull’ancora hanno disgregato gran parte delle malte leganti. Poi- fondamentale schizzo planimetrico di R. Lanciani ché, a causa di motivi economici, un restauro delle il complesso termale è collocato 100 m ad ovest del strutture, seppur necessario, si è rivelato impossibile, tempio e, come questo, sembra orientato est-ovest si è deciso di effettuare un rilievo fotogrammetrico (fig. 2)5. Inoltre, nella planimetria il simbolo delle 3D del complesso termale, così da poter raccogliere terme è caratterizzato da un’apertura verso meridio- il maggior numero di dati: esso permetterà, in futuro, ne. Tale particolare grafico potrebbe indicare da qua- di guidare un’operazione di restauro programmata le lato i Curenses accedevano alle terme, tra il I ed il o, quantomeno, di conservare, in formato digitale, lo III sec. d.C.

1 I ‘Rapporti Gagliardi 1873-1874’ sono pubblicati in Muzzioli Gagliardi e A. Gasperini, sotto la guida della Direzione Generale 1980, 54-56, n. 1. Antichità e Belle Arti, tra il 24 dicembre 1873 e il 9 aprile 1875, 2 Reggiani - Guidi 1981, 75-82; Reggiani 1985, 87-92. è molto interessante sulla tavola di Lanciani la dicitura «Scavi 3 Muzzioli 1980, 54, n. 1. Torlonia» inserita a sud delle «Terme». Sulla stesso disegno un 4 Muzzioli 1980, 55, n. 1. tratto dell’isoipsa subito a nord delle terme non è stato tracciato 5 Muzzioli 1980, 56, fig. 2, n. 1. Per la localizzazione degli inter- poiché Lanciani pensava di potervi posizionare il teatro. venti di scavo eseguiti, per volere del principe A. Torlonia, da G.

264 ARCHEOLOGIA SENZA SCAVO: L’AREA DELLE TERME DI CURES SABINI

La seconda area di intervento è stata localizzata a 3. Frammenti ceramici dall’area delle terme di Cures nord-ovest delle terme, indagata anch’essa durante Sabini gli anni Ottanta del secolo scorso ma mai pubblicata. Si tratta, infatti, di massicce strutture murarie, varia- L’azione di ripulitura e salvaguardia dell’area ter- mente disposte fra loro, che, in alcuni casi, mostra- male di Cures Sabini ha comportato il recupero di no evidenti tracce di passati interventi archeologici, materiali ceramici che, sebbene non numerosi, per- probabilmente riferibili a quelli effettuati negli anni mettono di avere un’idea delle produzioni attestate Ottanta da P. Delogu, il quale ipotizzò che si trattasse in loco. Nello specifico i frammenti rinvenuti sono di murature di epoca medievale (datazione non com- pertinenti a tre diverse aree del complesso: il vano provata dal materiale ceramico rinvenuto durante la I, identificato in letteratura come un apodyterium, il ripulitura, i cui risultati sono esposti qui di seguito vano IV, interpretato da A.M. Reggiani quale prae- al paragrafo 3). Nell’estate del 2014 si è provveduto furnium7, e l’area posta a nord-ovest dell’impianto all’asportazione della folta vegetazione che infestava termale, ancora di difficile interpretazione funziona- la zona ed è stato possibile rilevare un ampio muro, le8. Si tratta per lo più di oggetti di uso quotidiano: in opera mista caratterizzata dall’alternanza di ciotto- contenitori da trasporto, cucina e/o dispensa realiz- li fluviali e pietre sbozzate, con andamento est-ovest, zati, a seconda delle funzioni previste, in ceramica al quale si addossano tre setti murari (i primi due a semidepurata o acroma grezza; a tali frammenti si nord e il terzo a sud) con orientamento nord-sud e affiancano esemplari di sigillate di varia provenienza stessa tecnica edilizia del muro di cui sopra. Inoltre è e qualche lucerna. emerso un ulteriore muro con andamento curvilineo, Tra i materiali rinvenuti nel vano I, meritano at- più recente rispetto ai precedenti, a cui il massiccio tenzione una ciotola coperchio con tracce di rivesti- muro con andamento est-ovest si sovrapporrebbe. mento rosso (fig. 3, n. 1) – che imita la forma Hayes L’edificio a nord-ovest delle terme, pertanto, sulla 61A, prodotta a partire dal 325 al 400/420 d.C.9 – e base delle strutture rinvenute, che presentano diffe- un piatto vassoio in sigillata africana chiara (fig. 3, renti tecniche edilizie, sembra caratterizzarsi per due n. 2). Inoltre, si contano: due piccoli frammenti di differenti fasi cronologiche. brocca trilobata10, tre coperchi, due fondi e un’olla in A seguito della ripulitura sistematica della zona, è ceramica acroma grezza (fig. 3, nn. 3, 4 e da 12 a 15); stato applicato lo stesso procedimento utilizzato per due orli di forma chiusa, un coperchio e un fondo di l’area termale: raccolta del maggior numero di dati piccolo contenitore apodo in ceramica acroma semi- possibili, anche inediti, rilievi, fotografie e disegni, al depurata (fig. 3, nn. 6-7-10-11). fine di documentare al meglio le strutture riemerse. Il vano IV ha restituito ben poche attestazioni ce- La ripulitura parziale delle monumentali muratu- ramiche: un fondo umbonato da attribuirsi ad un’an- re a nord-ovest delle terme non ha consentito, tut- fora da trasporto Dressel 20 (fig. 3, n. 18), verosi- tavia, di poter formulare interpretazioni funzionali milmente di età antonina11, l’estremità inferiore di un del complesso: tal fine, infatti, sarebbe perseguibile anforaceo da dispensa (fig. 3, n. 16) e un orlo di olla solo mediente l’apertura di un saggio su larga scala; in ceramica acroma semidepurata (fig. 3, n. 17). di contro si è ipotizzato6, in via del tutto preliminare, Una maggiore varietà e quantità di materiale pro- che la struttura potesse avere un qualche rapporto viene invece dall’area a nord-ovest del complesso12: con l’elemento idrico (grazie anche al rinvenimento si tratta di frammenti databili dalla tarda età repub- di una canaletta addossata al paramento murario del blicana al III sec. d.C., con una concentrazione sta- muro con andamento est-ovest) e che, nella sua fase tistica dei materiali tra II e III sec. d.C. Ricordiamo più recente, costituisse un bacino di scolo delle ac- a tale proposito la presenza di pentole realizzate in que defluenti dalla collina di Santa Maria degli Arci. ceramica acroma grezza (fig. 3, nn. 19-20) che trova- Tutti questi interventi nei vari ambienti sia dell’a- no puntuali confronti soprattutto con le cosiddette rea orientale, quella termale, che dell’area nord-ovest “pentole a tesa” studiate e classificate da G. Olcese hanno permesso di raccogliere un cospicuo numero e databili tra I-II sec. d.C.13 A tali pentole si accom- di materiali ceramici, il cui esame è presentato di se- pagnano coperchi compatibili per diametro ed olle guito. in ceramica acroma grezza (fig. 3, nn. 21-23), alcune con orlo a mandorla di età tardorepubblicana.

6 Cavalieri et al. 2015, 24-26. 10 I frammenti, troppo piccoli per essere riprodotti graficamen- 7 Per l’interpretazione funzionale di entrambi gli ambienti, cfr. te, non sono inseriti nella tavola riassuntiva delle forme cerami- Reggiani - Guidi 1981, 78-79. che del vano I. 8 Per la natura e la stratigrafia delle strutture poste nell’area 11 Remesal Rodriguez 1998, 186. nord-ovest, cfr. Cavalieri et al. 2015, 24-26. 12 Per una trattazione più approfondita dei materiali ceramici 9 Per la datazione degli esemplari in sigillata africana cfr. Ha- rinvenuti nell’area in oggetto cfr. FUMO 2015. yes 1972, 100-107. La maggior parte delle attestazioni di tale imi- 13 Olcese 2003, 39, 74-77. tazione sono generalmente da collocarsi tra la fine del IV e il V sec. d.C. (Fontana 1998, 84).

265 MARCO CAVALIERI - CHARLES BOSSU - EMANUELE BRUCCHIETTI - ANTONIA FUMO - CHIARA LEPORATI

Fig. 3. Campione di materiali ceramici rinvenuti presso l’area termale di Cures Sabini durante le campagne 2013 e 2014.

266 ARCHEOLOGIA SENZA SCAVO: L’AREA DELLE TERME DI CURES SABINI

Ancora di produzione italica è un piatto in sigil- ta africana, databili tra 80/90-160 d.C., una coppa lata aretina databile tra l’età augustea e l’inizio del II Lamboglia2/Hayes9A da collocare in un arco crono- secolo d.C. logico di produzione tra il 100 e il 160 d.C. (fig. 3, nn. Tra i prodotti d’importazione sono invece da 24-26) ed infine una ciotola Dragendorff 36/Hayes ascriversi alcune anfore betiche di tipo Dressel 20 e 3C, prodotta durante la metà del II sec. d.C. Beltran II (fig. 3, nn. 27-28) – tra cui una con bollo .14 databile intorno al 220 d.C – e una coppa in sigil- MARCO CAVALIERI lata sud-gallica marmorizzata del circuito delle figu- Université catholique de Louvain (Belgio) linae di La Graufesenque databile agli anni 40-80/90 Centre d’Étude des Mondes Antiques d.C.15; inoltre ricordiamo due frammenti di coppa [email protected] Dragendorff 29/Hayes 8A, di produzione sigilla- CHARLES BOSSU Academia Belgica di Roma [email protected]

EMANUELE BRUCCHIETTI [email protected]

ANTONIA FUMO Collaboratore scientifico UCLouvain [email protected]

CHIARA LEPORATI Fondazione Dià Cultura – Forma Urbis [email protected]

Bibliografia

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14 Il bollo, leggibile come FICMED, è riconducibile a un grup- dalquivir. po di figulinae nel territorio di Arva lungo le sponde del Gua- 15 Genin et al. 2007.

267 Necropoli e villa rustico-residenziale in loc. Martellona (Guidonia Montecelio, Roma)

Valentina Cipollari

Il sito in loc. Martellona, al km 20 della Statale Ti- monumentalità data dall’altezza e di contro la limi- burtina1 (fig. 1), è tra quelli più estesi e a lungo inda- tata profondità9. Al suo interno sono stati rinvenuti gati2 del territorio comunale di Guidonia Montecelio pochissimi frammenti ossei e un corredo costituito (parte dell’antico ager Tiburtinus). Durante le inda- da un anello in bronzo e una piccola olla d’impasto gini propedeutiche a un progetto di urbanizzazione depurato con bande rosse sovraddipinte10. sono state portate in luce una necropoli di circa 450 Risalenti al IV-III sec. a.C. sono anche alcune tombe3 e una grande villa rustico-residenziale4. sepolture a fossa prive di copertura e corredo (nel La necropoli, sviluppatasi lungo un percorso af- Settore I bis della necropoli), la via sepulchralis, ri- ferente alla via Tiburtina, è databile dal IV sec. a.C. cavata nel banco di pozzolana e delimitata da strut- al IV d.C.5, con una fase imperiale caratterizzata per ture a secco, e l’ustrinum11 (denominato Nucleo β). la maggior parte da fosse terragne coperte con tego- Da quest’ultimo provengono interessanti reperti vo- le disposte “alla cappuccina” o in piano, ove si è ri- tivi, tra cui due statuine fittili femminili (una nella scontrato il doppio rito: inumazione e incinerazione. posizione dell’offerente e l’altra semisdraiata), ac- Alla fase inquadrabile tra il IV e il III sec. a.C. ap- compagnate da vari oggetti miniaturistici da mensa partengono le due tombe ipogee a camera, prive di che rappresentano il banchetto dei vivi in onore del un riscontro monumentale sopra terra, denominate defunto o quello ultraterreno. Facevano inoltre parte “Tomba 1” e “Tomba 8” e, a nord-ovest di questa, del Nucleo β teglie in impasto grezzo, coppe, patere, la “Tomba 7”, a fossa, con all’interno un individuo una pisside e uno skyphos a vernice nera, piccole olle adulto coperto da pietre e privo di corredo. Proba- a pareti sottili e una lucerna in argilla depurata grigia. bilmente tali tombe costituivano un piccolo gruppo Alcuni di questi vasi erano stati deposti interi, altri omogeneo di sepolture scavate nel banco di pozzola- fratti, interpretabili come resto del pasto rituale nel na. Nella n. 1, riutilizzata più volte e rinvenuta vio- culto funerario. lata, si accedeva, attraverso un lungo dromos dotato È possibile che questa parte più antica della di gradini realizzati in pietrame calcareo, alla came- necropoli fosse topograficamente connessa ad una ra sepolcrale di forma quadrangolare, chiusa da un fase medio-repubblicana della villa di Martellona, lastrone in travertino6. Orientata est/ovest, di forma non ancora individuata, o ad un altro insediamento rettangolare, essa presenta sulla parete di fondo una prossimo al sepolcro. rientranza o nicchia scavata nel banco di pozzolana. La villa, già visitata dal Lanciani nel 1909 durante Su questo lato era addossato un sarcofago con co- e sue ricognizionilungo la via Tiburtina, presenta una perchio a doppio spiovente7, entrambi in peperino e prima fase di età tardo-repubblicana, una seconda con diverse fratture e lacune8, la cui caratteristica è la di età adrianea e una terza, quella dell’abbandono,

1 Il sito era già conosciuto agli inizi del ‘900: Ashby 1906, attività alla fine dell’età repubblicana (Mari 1983, 367). 116; Mari 1983, 270, al quale si rinvia anche per gli appunti 7 I confronti più vicini per il sarcofago sono nelle necropoli e manoscritti di Rodolfo Lanciani. in alcune tombe suburbane di Tibur, vedi Mari 2011, 127-129. 2 Nel sito sono state condotte campagne di scavo, sotto la 8 Bruto – Panella 2015. All’interno il sarcofago mostra nel direzione scientifica della Soprintendenza, nel 1999, dal 2001 al lato destro le tracce di lavorazione del piccone e sul fondo una 2002, dal 2003 al 2004, dal 2008 al 2013 e dal 2011 al 2012. superficie per metà sbozzata e per metà ben rifinita. Tracce 3 Moscetti 2001; Di Sante – Presen 2002; Di Sante – Presen della lavorazione a colpi di subbia sono evidenti sul piano di 2003. deposizione. 4 Cipollari et al. 2009. 9 Misure esterne: alt. cm 123, lungh. 198/200, prof. 55; piano 5 Cipollari 2012a, 18. di deposizione interno lungh. cm 175, prof. 46. 6 Il lapis Tiburtinus, estratto in questo caso dagli strati superficiali 10 Di Sante - Presen 2002, 91. della piana sul lato sud (opposto a quello della necropoli) della 11 Cipollari 2012a, 19. via Tiburtina e non dalla grande cava del Barco che entrò in piena

269 VALENTINA CIPOLLARI

Fig. 1. Localizzazione della necropoli e della villa su immagine satellitare e su base cartografica (Carta Tecnica Regionale).

270 NECROPOLI E VILLA RUSTICO-RESIDENZIALE IN LOC. MARTELLONA (GUIDONIA MONTECELIO, ROMA)

Fig. 2. Villa: in primo piano l’atrium con impluvium e puteal; sullo sfondo il tablinum. databile al periodo tardo-antico, testimoniata dal già nota dalla bibliografia, coperta con volta a bot- materiale ceramico. Sono state indagate la pars rustica te e rivestita in opus vittatum a bozzette di traver- e la pars urbana (fig. 2). Nella prima si riconosce tino. La stessa muratura, frequentemente utilizzata il torcularium che conserva il lapis pedicinus in nella zona circostante la vicina cava del Barco12 ove travertino e tracce dell’ara realizzata in cocciopesto la pietra era estratta, si riscontra in una vasca poco sul pavimento in opus spicatum. Negli ambienti discosta, mentre nel balneum (di cui è stato in parte attigui si trovano una vasca di decantazione in opera scavato il settore riscaldato) è presente un vittatum cementizia e un doliarium. Nella parte abitativa, mixtum che alterna filari di bozzette e laterizi. ove prevale l’uso dell’opera reticolata, si trovano L’area ove si estendeva il giardino della villa13 è l’atrium, con pavimento in cocciopesto decorato da caratterizzata da una grande natatio (m 46x15) in ce- crustae marmoree, nel quale sono ancora conservati mentizio, rivestita di cocciopesto con cordoli a sezio- l’impluvium e il puteal di travertino, e il tablinum con ne triangolare lungo i bordi e dotata di un complesso pavimento in opus sectile di tipo geometrico, in cui si sistema di canalette e tubature (fig. 3). Mostra in due alternano tessere di forma romboidale ed ottagonale angoli opposti due scale speculari e un pilastro al- in giallo antico, serpentino, pavonazzetto, cipollino, centro14, tutti in opus mixtum. I butti rinvenuti all’in- eufotide e porfido, incorniciati da listelli in lavagna. terno hanno restituito, oltre a frammenti ceramici, Questi due ambienti, e altri situati intorno, furono un’erma vestita raffigurante un poeta o un filosofo, convertiti in una seconda fase a pars rustica. una piccola ninfa dormiente semisdraiata (entrambe Verso nord-ovest sorge una cisterna rettangolare, acefale) e una testa femminile con i capelli stretti da

12 Cipollari 2012b. 14 È possibile ipotizzare che il pilastro sorreggesse un gruppo 13 Cipollari 2014, 34-35. scultoreo emergente dalle acque, quasi a simulare gli arredi del

271 VALENTINA CIPOLLARI

Fig. 3. Area del giardino: natatio. una tenia e spartiti in due bande (Musa o divinità), I soggetti sono particolarmente adatti all’arredo tutte in marmo bianco e di piena età imperiale15. scultoreo del giardino e della piscina.

VALENTINA CIPOLLARI independent researcher [email protected]

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Canopo della vicina Villa Adriana, vista anche la contemporaneità tegola, a diffusione locale, recante le lettere FICTOR NICASI, dei due impianti. All’età adrianea riportano le strutture murarie mutilo dell’inizio (Mari 1983, 39, 184, n. 185; Steinby 1978-1979, e un bollo orbicolare su tegola del 126 d.C., rinvenuto entro la 83, n. 225). vasca: Q. OPPI IVSTI FORTVNAT SER FEC / VERO III ET 15 Questi reperti lapidei sono attualmente esposti all’interno del AMB / COS (CIL XV, 1343, cfr. Steinby 1974-1975, 47, 54). Museo Civico Archeologico “Rodolfo Lanciani” a Montecelio, Sempre entro la vasca è stato rinvenuto il bollo rettangolare su nel Comune di Guidonia Montecelio.

272 Il profilo anatomo-morfologico degli inumati della necropoli lungo la via Tiburtino-Cornicolana in loc. Selciatella (Guidonia Montecelio, Roma)

Marica Baldoni – Giulio Ferrito – Cristina Martínez-Labarga

Le analisi antropologiche dei resti scheletrici duto a stimare il numero minimo di individui (NMI). rinvenuti in loc. Selciatella-Le Pediche a Guidonia Quindi si è proseguito in primis a stimare l’età al Montecelio sono state condotte presso il Laboratorio momento della morte. Le metodiche utilizzate sono di Antropologia Forense e Biologia dello Scheletro state differenti per i sub-adulti, ovvero individui che del Dipartimento di Biologia dell’Università degli non hanno ancora raggiunto la piena maturità sche- Studi di Roma “Tor Vergata” con il fine di fornire il letrica, e per gli adulti. Per i primi è stato preso in profilo anatomo-morfologico degli inumati. considerazione il grado di eruzione dentaria1, il gra-

Fig. 1. a) Distribuzione percentuale in adulti e subadulti del campione in esame (N=41); b) mortalità differenziale per classi d’età rispetto al sesso

A seguito di una fase preliminare di pulizia e re- do di fusione dei centri di ossificazione secondaria stauro dei resti, l’analisi antropologica è stata volta mediante l’utilizzo di diverse metodologie riassunte non solo alla loro caratterizzazione biologica (sesso, da Minozzi e Canci2, la lunghezza diafisaria delle età alla morte, statura, costituzione fisica), ma è stata principali ossa lunghe3 e della clavicola4. Per gli indi- finalizzata anche alla ricostruzione dello stile di vita, vidui adulti, avendo questi già completato lo svilup- delle attività condotte e dello stato di salute degli po scheletrico, la stima è stata effettuata valutando le stessi. variazioni morfologiche a livello della sinfisi pubica5, I resti rinvenuti sono stati classificati e si è proce- della superficie auricolare dell’ileo6, dell’estremità

Gli autori ringraziano il Dott. G. Manenti e S. Greco, dell’A- 1 Ubelaker 1978. zienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Tor Vergata”, per 2 Minozzi - Canci 2015. aver effettuato gli esami radiografici sui alcuni resti scheletrici 3 Stloukal - Hanakova 1978. in esame. 4 Scheuer - Black 2004. 5 Brooks - Suchey 1990. 6 Lovejoy et al. 1985.

273 MARICA BALDONI – GIULIO FERRITO – CRISTINA MARTÍNEZ-LABARGA

Fig. 2. a) Immagine dell’inumato della tomba 2 in sede di scavo; b) particolare della collana in oro e pietre azzurre rinvenuta attorno al collo dell’individuo. Le frecce indicano alcuni dei tratti tipicamente associabili al genere maschile rinvenuti sul cranio e sulla mandibola dell’individuo. sternale della quarta costa7, il grado di obliterazione versitaria Policlinico “Tor Vergata”. delle suture craniche8 e il grado di usura dentaria9. Il numero minimo di individui (NMI) è risulta- Per i soli individui adulti l’analisi ha preso quin- to pari a 41, la quasi totalità adulti (93%) con una di in considerazione la diagnosi di sesso mediante minoranza di individui sub-adulti (7%). Questi ulti- metodi morfologici10 e metrici11. Una volta delineato mi sono risultati appartenere alle classi infantili (1-6 il profilo paleodemografico, i resti sono stati sottopo- anni e 7-12 anni) e adolescenziale (13-18 anni). sti a diverse misurazioni al fine di stimare la statura L’esigua presenza di sub-adulti fa sì che non si degli individui. Anche tale analisi si effettua esclu- possa parlare del campione come rappresentativo sivamente a partire da resti scheletrici di individui di una popolazione, tuttavia tale numerosità ridot- adulti, in quanto quelli in fase di accrescimento, non ta potrebbe essere legata, più che a un’anomala co- presentando la completa fusione tra epifisi e diafisi stituzione demografica del campione, alla presenza delle ossa lunghe, non permettono la corretta regi- presso il sito di aree distinte per la deposizione di strazione delle misurazioni. La stima è stata condotta individui adulti e non. È possibile che la porzione mediante le metodiche proposte da Trotter e Gleser sottoposta a indagine archeologica non le includesse e Sjøvold12. Per i reperti che mostravano un’elevata entrambe. I risultati complessivi della stima del sesso frammentarietà la stima della lunghezza massima e dell’età alla morte condotte sugli individui adulti dell’osso è stata effettuata secondo la metodica pro- sono mostrati in tabella 1. Come è possibile osserva- posta da Steele e McKern13. re, si è potuto stimare il sesso di 33 individui, mentre A questo punto, la caratterizzazione biologica è è stato possibile inserire 29 individui nelle rispettive stata seguita dall’analisi dei marcatori di stress mu- classi d’età. Purtroppo non sempre lo stato di conser- scoloscheletrico con il fine di ricostruire le attività vazione dei reperti si è mostrato adeguato all’analisi condotte in vita da questi individui, seguendo il pro- antropologica, pertanto cinque individui sono stati tocollo di Mariotti e collaboratori14. Tuttavia le ven- indicati come NR (non registrabili), mentre nove titre entesi proposte dagli autori sono state integrate sono stati classificati solo come GA (genericamente con quelle indicate da Borgognini Tarli e Reale15. adulti). Nella fig. 1 è mostrata la composizione del Infine, sebbene non per importanza, è stata con- campione (fig. 1 a) e la mortalità differenziale rispet- dotta l’analisi paleopatologica volta all’individuazio- to al sesso (fig. 1 b). Dal grafico appaiono chiare le ne sui resti scheletrici di segni o alterazioni ricondu- differenze nei pattern di mortalità tra i due sessi. Le cibili a disfunzioni, traumatismi e patologie scheletri- donne infatti mostrano una più alta mortalità nelle che e non, per verificare lo stato di salute della popo- classi 19-30 e 31-40 anni, mentre gli uomini sono più lazione in esame. L’analisi è stata effettuata attraver- numerosi nelle classi d’età più avanzate (41-50 e >50 so l’osservazione macroscopica dei resti scheletrici, anni). In realtà l’elevata mortalità femminile in età sebbene in alcuni casi si è reso necessario il ricorso a fertile non stupisce, in quanto plausibilmente lega- esami radiografici presso l’Azienda Ospedaliera Uni- ta all’insorgere di infezioni e complicazioni durante

7 İşcan et al. 1984; İşcan et al. 1985. Borrini 2007. 8 Meindl - Lovejoy 1985; Buikstra - Ubelaker 1994. 12 Trotter - Gleser 1952; Sjøvold 1990. 9 Brothwell 1981; Lovejoy 1985. 13 Steele - McKern 1970. 10 Phenice 1969; Acsàdi - Nemeskèri 1970; Ferembach et al. 14 Mariotti et al. 2004; Mariotti et al. 2007. 1977-1979. 15 Borgognini Tarli - Reale 1997. 11 Olivier 1960; Black 1978; Stewart 1979; Berriztbeitia 1989; 274 IL PROFILO ANATOMO-MORFOLOGICO DEGLI INUMATI DELLA NECROPOLI IN LOC. SELCIATELLA

Tabella 1

275 MARICA BALDONI – GIULIO FERRITO – CRISTINA MARTÍNEZ-LABARGA

Fig. 3. Alterazioni patologiche presenti in alcuni inumati; a) produzioni osteofitiche e fusione dei corpi vertebrali; b) immagine radiografica delle lesioni degenerative di due corpi vertebrali; c) coste interessate da fratture ante mortem del corpo con conseguente formazione del callo osseo; d) immagine radiografica delle lesioni traumatiche a carico delle coste; e) nodulo di Schmörl a livello del corpo di una vertebra lombare. la gravidanza e il parto. Non va inoltre dimenticato femminile. Gli uomini mostrano una statura media che il susseguirsi di gravidanze ravvicinate abbinate pari a cm 164,09 ± 3,78, mentre le donne risultano alla richiesta di allattamento possono debilitare note- alte cm 147,59 ± 4,15. Tale differenza staturale di 17 volmente il fisico delle giovani madri, causandone, in centimetri tra individui maschili e femminili appare alcuni casi, la morte. Sebbene la numerosità dei due statisticamente significativa (p-value=0,009) e appa- sessi sia comparabile, il calcolo dell’indice di sex ratio re ascrivibile al dimorfismo sessuale del campione. (M:F) ci restituisce un valore di 0,83 sottolineando Tuttavia tra le possibili spiegazioni a fronte della una lieve preponderanza del genere femminile sul differenza staturale nei due sessi potrebbe esservi maschile. Rispetto alla stima del sesso va menzionata un differente apporto nutritivo durante la fase di ac- una curiosità riguardante uno degli inumati rinvenuti crescimento. Perché tuttavia questa ipotesi possa es- presso Le Pediche; tale individuo presentava infatti sere avvalorata o smentita, sarebbe necessario avere intorno al collo una collana in oro con pietre azzur- a disposizione i dati relativi alle analisi degli isotopi re (fig. 2 a, b), sebbene sia le analisi morfologiche stabili del carbonio e dell’azoto del collagene dell’os- sia le analisi metriche identifichino l’individuo come so finalizzate alla ricostruzione dei pattern di sussi- maschile lasciando ben poche incertezze a riguardo. stenza. Va inoltre tenuto presente che, sebbene i test Come mostrato in fig. 2 b, infatti, il soggetto presen- statistici abbiano restituito dei risultati significativi, ta un processo mastoideo prominente e arrotondato la numerosità del campione in esame non è partico- unitamente a una mandibola quadrangolare. Nella larmente elevata; pertanto è possibile che, qualora sia fig. 2 b viene evidenziato l’angolo goniaco (l’angolo possibile analizzare i resti scheletrici di altri individui che si forma tra il corpo e il ramo mandibolare), che inumati nella stessa area cimiteriale, i risultati forniti appare retto e interessato da eversione goniale ovve- da queste prime indagini subiscano delle variazioni. ro da rugosità estroflesse lateralmente, e la concavità Al fine di ricostruire lo stile di vita e poter ipotiz- posteriore del ramo ascendente anch’essa caratteri- zare la tipologia di attività condotte in vita dagli indi- stica tipica del genere maschile. vidui appartenenti al campione scheletrico in esame, Per quanto riguarda le analisi metriche è stato sono stati analizzati i marcatori di stress muscolo- possibile effettuare la stima della statura su un to- scheletrico. L’analisi mascroscopica a livello dei siti tale di 13 individui di sesso maschile e 16 di sesso di inserzione di muscoli, tendini e legamenti sull’os-

276 IL PROFILO ANATOMO-MORFOLOGICO DEGLI INUMATI DELLA NECROPOLI IN LOC. SELCIATELLA so16 ha rilevato la presenza di segni di un più marcato principalmente a carico degli arti superiori e dei cinti sviluppo muscolare negli uomini rispetto alle donne. scapolare e pelvico. Tale risultato, se letto alla luce Tale risultato lascia presupporre che quindi le attività delle analisi condotte sulle entesi, lascia presupporre quotidiane fossero distinte rispetto al sesso. Assume che gli individui rinvenuti presso Le Pediche fossero a tal proposito rilevanza il ritrovamento presso l’area soggetti a un elevato grado di stress biomeccanico cimiteriale di un edificio destinato alla produzione di nel corso della loro vita. laterizi, che poteva vedere impiegati come forza lavo- Concludendo, l’analisi antropologica, seppur con ro gli uomini inumati presso Le Pediche. Per quanto le limitazioni derivanti dal non ottimale stato di con- riguarda le donne è invece possibile supporre che servazione dei resti scheletrici, ha permesso di deli- svolgessero attività meno gravose, probabilmente le- neare il profilo anatomo-morfologico degli inumati gate alla cura della casa e dei bambini. di Le Pediche. Dal punto di vista dell’analisi paleopatologica si annovera la presenza di diverse alterazioni patologi- MARICA BALDONI che sia di natura infettiva sia traumatica. La patologia Laboratorio di antropologia forense e più comune è rappresentata dalla periostite ovvero biologia dello scheletro un’infezione aspecifica del periostio17. Dipartimento di Biologia I principali fattori alla base della periostite sono Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” di origine traumatica o infettiva. In generale in pre- [email protected] senza di periostite la superficie ossea appare irregola- re, dal momento che la malattia stimola inizialmente GIULIO FERRITO la formazione di osso a fibre intrecciate, successiva- Laboratorio di antropologia forense e mente incorporato nella corticale sottostante e tra- biologia dello scheletro sformato in osso lamellare. L’osso a fibre intrecciate Dipartimento di Biologia ha un aspetto poroso, cosparso da minutissime per- Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” forazioni, che è dovuto sia alla massiccia vascolariz- [email protected] zazione, sia all’irregolare deposizione e orientamen- to delle fibre di collagene demineralizzato18. Anche CRISTINA MARTÍNEZ-LABARGA le patologie artrosico-degenerative, unitamente alla Laboratorio di antropologia forense e presenza di noduli di Schmörl a livello della colonna, biologia dello scheletro si mostrano comuni, sebbene occorrano prevalente- Dipartimento di Biologia mente in forma lieve. Nella fig. 3 sono riportate al- Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” cune delle alterazioni patologiche riscontate sui resti [email protected] in esame. Si annoverano invece casi di artrosi grave,

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278 L’industria litica di Grotta Polesini (Ponte Lucano, Tivoli - Rm): scavi 2010

Mario Federico Rolfo – Antonio Barcellona – Owen Alexander Higgins – Roberto Malinconico Antonmario Pieragostini – Andrea Strazzeri – Sirio Villani

1. Premessa di reperti di arte mobiliare su osso, ciottolo con uso di ocra, unica nel panorama preistorico dell’Italia Grotta Polesini è una cavità naturale nei pressi della centrale. I livelli indagati furono attribuiti nello stu- località di Ponte Lucano che si apre nella falesia di dio del 1974 all’Epigravettiano finale, attribuzione travertino lungo il corso del fiume Aniene, a valle confermata da nove datazioni radiometriche com- dell’attuale centro abitato di Tivoli (fig. 1). La ca- prese fra 11.960±320 e 9.050±100 BP. vità era ben nota agli studiosi di preistoria del XIX secolo, mentre le ricerche sistematiche furono intra- prese da A.M. Radmilli tra il 1953 ed il 1956 che in- 2. Le indagini 2010: studio tipologico (fig. 2)2 dagò, mediante sette trincee, 114 mq raggiungendo una profondità massima di m 5. Gli scavi di Rad- Il presente lavoro è stato effettuato sui reperti liti- milli portarono alla luce 436.344 reperti litici di cui: ci recuperati nel giugno 2010, in occasione di lavori 354.320 schegge, 52.247 lame non ritoccate, 29.777 d’emergenza effettuati dalla allora Soprintendenza strumenti1. Archeologica per il Lazio3 lungo la sponda del fiume Lo studioso segnalò anche una notevole presenza antistante la grotta. I reperti sono stati scavati in sei

Fig. 1. Esterno di Grotta Polesini.

1 Radmilli 1974. so del laboratorio Laureandi di Paletnologia a.a. 2013-2014, i 2 Lo studio dei reperti litici del 2010 è stato effettuato nel cor- partecipanti sono cofirmatari del presente contributo.

279 M. F. ROLFO - A. BARCELLONA - O. W.HIGGINS - R. MALINCONICO - A. PIERAGOSTINI - A. STRAZZERI - S. VILLANII

Fig. 2. Tabella analisi tipologiche. distinte unità stratigrafiche (US 1-6) per un totale di 3. Analisi e confronti 4.400 reperti litici così suddivisi: debitage e scheg- ge di lavorazione 3.699, strumenti 583 e 118 nuclei L’industria litica di Grotta Polesini 2010 rientra (Fig. 3); inoltre si segnalano due grumi di ocra e un nel trend generale delle industrie litiche dei siti Epi- ciottolo con tracce di ocra su entrambe le facce. gravettiani finali dell’Italia centrale. In particolare Bulini (n.45 - 7,7%) è la famiglia di strumenti con la trova confronti tipologici stringenti con lo strato 5 più bassa percentuale riscontrata. di Isola Santa (Lu) 4 e con gli strati 1 e 2 di Grotta Grattatoi (n.199 - 34,1%) rappresentano la famiglia Santa Maria di Camerota (Sa) 5. dominante (rapporto B/G = 0,22), e si osserva una Alcune discrepanze si notano invece con l’analisi certa omogeneità nei tipi secondari. dei reperti litici effettuata a suo tempo da Radmilli. Erti (n.186 - 31,9%) i gruppi tipologici più nume- Nello specifico la famiglia degli erti del 2010 (31,9 rosi sono le lame (30.1%) e le punte a dorso (14%). %) si attesta su valori più bassi (circa metà) di quella Gli altri gruppi variano dal 2,1 al 5,4 %. del 1953-56 (62,7%). I bulini del 2010 (7,7%) sono Substrato (n.153 - 26,2%) è presente in maniera non più del doppio rispetto a quelli del 1953-56 (3,2%). trascurabile, il gruppo maggiore sono le lame ritoc- Inoltre assai discordante è il dato del substrato che cate (41,8%), seguite dai raschiatoi e dai denticolati. nel 2010 si attesta al 26,2% mentre era assai mo- I 118 nuclei sono così divisi: desto (8,3%) nel 1953-56. Infine il rapporto tra le Nuclei a lamelle (n.51 - 43,35%) singole Unità Stratigrafiche del 2010 mostra forti Nuclei prismatici (n.7 - 5,95%) disomogeneità tipologiche. Tenuto conto delle diffe- Nuclei generici (n.6 - 5,1%) renti metodologie di indagine adottate nel 2010 (sca- Residui di nucleo (n.33 - 28%) vo di emergenza) e nel 1953-56 (scavo per trincee) Ravvivamenti di nucleo (n.17 - 14,45%) è ipotizzabile che le discrepanze evidenziate siano Nuclei / strumento (n.4 – 3,4 %) imputabili al dato spaziale. Negli scavi di oltre cin- quant’anni fa furono infatti indagate le aree interne e immediatamente antistanti la grotta, mentre nello scavo recente sono state esplorate le aree più lonta-

3 Si ringraziano le dott.sse B. Adembri, M. Angle e A. Zarattini 4 Dini - Tozzi 2005. per aver permesso lo studio dei materiali recuperati nel 2010. 5 Martini - Martino 2005.

280 L’INDUSTRIA LITICA DI GROTTA POLESINI (PONTE LUCANO, TIVOLI - RM): SCAVI 2010

Fig. 3. 1-4 nuclei ; 5-10 punte a dorso ; 11-14 lame a dorso ; 15 dorso e troncatura ; 16 geometrico ; 17-18 becchi ; 19-20 bulini ; 22-30 grattatoi (disegni a cura di A. Barcellona, M. De Marzi, A. Strazzeri). ne, prossime al greto del fiume. I due scavi potreb- fiche da intraprendere con i più moderni metodi di bero aver interessato, nell’ambito del medesimo sito, ricerca nei lembi residui di deposito, allo scopo di aree caratterizzate da differenti destinazioni d’uso6. inquadrare al meglio uno dei siti più importanti del Lo studio dei materiali litici del 2010 ha messo Lazio preistorico. in evidenza la necessità di nuove indagini stratigra-

6 Remota, ma comunque plausibile, potrebbe essere anche differenti, questo dato però non è stato confermato dall’analisi l’appartenenza degli strati, indagati nei due scavi, a cronologie tipologica effettuata.

281 M. F. ROLFO - A. BARCELLONA - O. W.HIGGINS - R. MALINCONICO - A. PIERAGOSTINI - A. STRAZZERI - S. VILLANII

MARIO FEDERICO ROLFO ROBERTO MALINCONICO Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Forma- independent researcher zione e Società, [email protected] Università degli Studi di Roma, Tor Vergata [email protected] ANTONMARIO PIERAGOSTINI independent researcher ANTONIO BARCELLONA [email protected] Independent researcher [email protected] ANDREA STRAZZERI independent researcher OWEN ALEXANDER HIGGINS andrea.strazz1990gmail.com Independent researcher [email protected] SIRIO VILLANI independent researcher [email protected]

Bibliografia

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282 Intervento di recupero nel Ponte Barucelli o Diruto dell’Anio novus a Gallicano nel Lazio (Roma)

Zaccaria Mari – Sergio Sgalambro

Il Ponte Barucelli o Diruto, in località Barocella, (verso Nord) appartiene invece all’Aqua Claudia, presso la Via Praenestina antica, in Comune di alimentata da ottime fonti. Entrambi, insieme Gallicano nel Lazio, è uno dei tratti più monumentali all’Anio vetus e all’Aqua Marcia, provenivano dalla degli undici acquedotti dell’Urbe. È formato in realtà valle dell’Aniene fra Tivoli e Subiaco e, dopo un – caso unico lungo il tracciato delle aquae publicae impervio percorso di circa 80 chilometri fra monti – di due ponti affiancati, distanti solo circa 8 metri, e valli, raggiungevano Roma a Porta Maggiore che superano il fosso dell’Acqua Nera1: quello a entrando nelle Mura Aureliane2. monte (verso Sud) appartiene all’Anio novus, così I due ponti, ciascuno lungo m 85 ca. e largo 10, si denominato perché captava l’acqua del fiume Aniene presentano come compatte masse murarie, traforate e perché più recente dell’Anio vetus, quello a valle da rare piccole aperture (in una, stretta e alta, deflui-

Fig. 1. Ponte Barucelli, Anio novus: planimetria e sezioni-prospetto con evidenziati gli interventi del 2012 (n. 1) e 2014 (n. 2).

1 Sugli aspetti strutturali e cronologici: Ashby 1991, 254, 165-166. 350-351 (qui sono anche pianta, prospetti e sezioni; schizzo 2 Sui quattro acquedotti c.d. “aniensi”, oltre alle opere planimetrico di R. Lanciani in Appunti 2001, 285, f. 380v); Gizzi magistrali, tuttora valide, di Lanciani 1881, Van Deman 1934 e 1992, 177; Marchi 2007; Mari 2008, 52, 66-67; Sgalambro 2014, Ashby 1991 (1935), v., da ultimo, Mari 2018 (con bibl.).

283 ZACCARIA MARI - SERGIO SGALAMBRO

Fig. 2. Ponte Barucelli, Anio novus: i contrafforti restaurati nel 2012 (a dex.) e nel 2014 (a sin.). sce il fosso), sostenute su ambo i lati da poderosi con- sibile soprattutto nell’alveo del fosso. In età severiana trafforti. All’epoca della costruzione (iniziata dall’im- (inizi III secolo) i due lati del ponte furono comple- peratore Caligola nel 38 d.C. e conclusa da Claudio tamente rifasciati in opus latericium e dotati di nove nel 52) erano con molta probabilità formati da archi contrafforti sul lato nord e tre su quello sud. Nel tar- a tutto sesto in opus quadratum di tufo che vennero, do Impero il numero di contrafforti su questo lato fra il I e il IV sec. d.C., totalmente sostituiti da una giunse a dieci (latericium e opus mixtum di bozzette struttura in opus caementicium. Lo specus, tuttora tufacee e laterizi) e il ponte fu collegato, mediante tre conservato, che corre sugli archi, è coperto a botte archi, all’Aqua Claudia. Questa fu dapprima ricostru- nell’Anio novus e a doppio spiovente nella Claudia. ita in laterizio, quindi gli archi (quelli sul fosso sono L’Anio novus fu riedificato per intero all’epoca crollati) furono tamponati e sostenuti da speroni. Le dei Flavi (seconda metà I secolo) in opus mixtum (re- diverse fasi edilizie, costituite di murature sovrappo- ticulatum di blocchetti tufacei e ricorsi di laterizi), vi- ste senza legamento con le più antiche, hanno favori-

Fig. 3. Ponte Barucelli, Anio novus: particolare della reintegrazione mu- raria alla sommità (2014).

284 INTERVENTO DI RECUPERO NEL PONTE BARUCELLI O DIRUTO DELL’ANIO NOVUS to l’insinuarsi delle radici delle piante negli interstizi, Dall’intervento di somma urgenza ha preso il via determinando lesioni, dissesti e, infine, crolli. Du- un più ampio programma di consolidamento dell’ac- rante l’Alto Medioevo l’acqua stillante dagli spechi quedotto, di cui si era appurata la maggiore criticità ormai fessurati originò suggestive concrezioni calca- rispetto all’Aqua Claudia. Nel 2014-2015 è stato in- ree che pendono dalle pareti come lembi di stoffa, fatti consolidato un secondo contrafforte gravemente principalmente sul lato meridionale dell’Anio novus. lesionato (a sinistra di quello restaurato nel 2012) e In epoca moderna pastori e contadini hanno usato il si è recuperata la parte sovrastante in direzione ovest ponte come viadotto per attraversare la valle. (fig. 1). Per quanto riguarda il contrafforte si è proce- Il connubio tra rudere e vegetazione rende il duto all’inserzione dei tiranti in acciaio (previa veri- contesto archeologico estremamente suggestivo. Sta- fica, mediante carotaggi, della solidità e compattezza zionando fra i due ponti, si può ammirare un raro del nucleo cementizio) e alla risarcitura delle fessure esempio di romantico “fascino delle rovine”, vieppiù (fig. 2). Sulla superficie sommitale sono stati aspor- accresciuto dalla presenza di essenze c.d. “ruderali”. tati meccanicamente, fin dove possibile, gli apparati Tuttavia le radici delle specie infestanti e degli alberi radicali incuneati nel cementizio e nelle congiunzioni ad alto fusto (soprattutto querce), tenacemente ab- fra le diverse murature e sono stati trattati chimica- barbicate alla sommità e penetrate nel punto di at- mente quelli non rimovibili; il nucleo è stato quindi tacco dei contrafforti (che risultano semplicemente reintegrato impiegando caementa (scaglie di tufo) re- addossati e non ammorsati al muro ortogonale) e cuperati dai crolli ed è stato steso uno strato di mura- dentro i condotti ricolmi di terra e detriti, sgretolano tura di sacrificio (c.d. “bauletto”) (fig. 3). e lesionano la struttura, accelerandone il degrado e La ripulitura dalla vegetazione ha portato ad ac- provocando gravi problemi statici. quisire nuovi elementi. È stato messo in vista il filo

Fig. 4. Ponte Barucelli, Anio novus: speco in corrispondenza del pozzo.

Nel 2012 è stato effettuato dalla Soprintendenza interno della fodera in opus latericium di età severia- Archeologia del Lazio e dell’Etruria meridionale un na che risulta essere a contatto con la struttura flavia intervento di somma urgenza su uno dei contrafforti in opus mixtum. All’altezza del contrafforte restaura- del lato settentrionale dell’Anio novus, contrafforte to è tornata alla luce, in discreto stato di conservazio- che rischiava di crollare a causa delle profonde le- ne, la superficie estradossata della volta a botte dello sioni passanti da parte a parte. Il pericolo è stato speco che si presenta rivestita di una spessa gettata di scongiurato ponendo in opera tiranti di acciaio che cocciopesto; particolare, questo, finora scarsamente hanno restituito compattezza ai blocchi di muratura documentato lungo il percorso in elevato degli ac- disarticolati3. quedotti. Nello stesso punto la volta è interessata da

3 Resoconto in: Sgalambro 2014; Sgalambro 2018.

285 ZACCARIA MARI - SERGIO SGALAMBRO un ampio squarcio ove si trovava un puteus quadrato ZACCARIA MARI di ispezione (fig. 4), riconoscibile solo grazie all’im- Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio pronta dei parapetti che erano realizzati in mattoni per l’area metropolitana di Roma, la Provincia di triangolari4. Lo speco, come quello della Claudia, è Viterbo e l’Etruria meridionale apparso quasi completamente ripieno di terra e con [email protected] spesse incrostazioni calcaree color tabacco, utili per studiare il regime del flusso idrico, depositatesi per- sino sulla volta5. SERGIO SGALAMBRO Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la Provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale [email protected]

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4 Un altro pozzo, rotondo o quadrato, viene segnalato (Ashby 5 Sul tema, trattato proprio in relazione all’Anio novus, v. 1991, 351) all’estremità ovest del ponte. Keenan-Jones et al. 2016.

286 Sarcofago a ghirlande ed epigrafi funerarie da via Romana Vecchia a (Roma)

Alessandro Betori – Agnese Livia Fischetti

1. Il contesto dei rinvenimenti le sepolture emerse negli strati di distruzione delle strutture repubblicane; di qui lo speciale interesse In una vasta area compresa tra via Romana Vecchia, dei rinvenimenti2. Alle prime fasi di frequentazione la ferrovia Roma-Albano e Via Marcandreola, nel risale un sistema di condotte ipogee, individuabile in Comune di Ciampino, è stato indagato un sito superficie da due pozzi circolari scavati nel substrato risalente ad età repubblicana con continuità di vita in peperino. I pozzi e le canalizzazioni presentano fino ad epoca imperiale e una singolare rioccupazione diverse fasi di utilizzo, fino alla defunzionalizzazione post-antica (fig. 1)1. La fase più tarda, che impiega di uno dei pozzi, volontariamente colmato da ambienti e manufatti antichi, si situa nei secoli una gran mole di materiali ceramici3. Le strutture dell’alto Medioevo, periodo al quale sembrano risalire murarie circostanti sono di incerta funzione, anche a

Fig.1. Posizionamento del sito di via Roma- na vecchia, Ciampino (Roma). (Elaborazione G. Luglio)

1 Lo scavo è stato condotto, non continuativamente, nel periodo 2 Lo studio e l’interpretazione del sito e dei materiali rinvenuti compreso tra luglio 2013 e gennaio 2015 da A. L. Fischetti, rientra nel progetto di ricerca “The main road network from the per la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per slopes of the to Rome. The development of sites along l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria the so called Via Castrimeniense”, Phd per il Gröningen Institute meridionale (già Soprintendenza per i Beni Archeologici del of Archaeology, condotto A. L. Fischetti sotto la supervisione del Lazio), sotto la direzione di A. Betori, nei terreni di proprietà del Prof. Peter Attema e del Dott. Gijs Tol. Fiocchi, Spera 2018, 134- consorzio Ponte Colonna che si ringrazia nella persona dell’Ing. 139. Stefano Pasqualone per la disponibilità dimostrata.

287 ALESSANDRO BETORI - AGNESE LIVIA FISCHETTI causa del cattivo stato di conservazione4. La presenza le schede di cinque epigrafi (fig. 2) e di un grande di classi ceramiche legate alla produzione e allo frammento del pannello frontale di un sarcofago in stoccaggio dei prodotti agricoli, porta ad interpretare marmo (fig. 3). il sito, almeno dall’età augustea, quale villa dotata di settore produttivo, come testimoniato dai resti di un 2. I manufatti doliarium insediatosi successivamente in un settore periferico. - Lastrone scorniciato in marmo (h. cm 45, largh. Una modesta necropoli di età medioimperiale è parz. cm 55, sp. cm 2, lettere h. cm 8), in due parti stata rinvenuta nella parte più interna del terreno, ricomponibili. presso alcune strutture ormai in disuso. Il riutilizzo postantico del complesso repubblicano, ed in [ --- bi]nius ; Sp(urii) ; f(ilius) / [--- Po]l(ia tribu) particolare di un piano pavimentale realizzato con Sacculus / [--- s?]cr(iba?) ; sibi ; et / [Sp(urio) ··]binio lastre di peperino presso via Romana Vecchia, consiste P(ublii) ; f(ilio) ; Pol(lia tribu) ; patr(i) nel posizionamento di alcune sepolture nelle lacune strutturali della pavimentazione, coperte da lastroni Il lastrone, che doveva essere murato nell’edificio marmorei di spoglio e in alcuni casi delimitate da sepolcrale, presenta il campo epigrafico scorniciato muri in blocchi di recupero. fittamente occupato, con ordinatio non impeccabile, Ad attestare una lunga fase di utilizzo anche per da lettere elegantemente tracciate di forma legger- quanto riguarda la necropoli tarda, sono alcune mente allungata. Si tratta dell’epitaffio di un perso- riduzioni, rinvenute in prossimità del confine naggio di medio livello sociale, che svolgeva la sua dell’area indagabile di scavo e che certo proseguivano attività di scritturale probabilmente alle dipendenze al di sotto della strada. A questa fase si riferiscono delle istituzioni locali. La scoperta di un piccolo i manufatti presentati di seguito, che fissano la frammento della quarta linea consente di limitare ad datazione del complesso, interpretabile come alcune poche alternative l’individuazione del gentili- recinto sepolcrale. L’assenza di elementi di corredo zio, che per citare i più comuni, doveva essere Sabi- e il terminus post quem assicurato dal riuso di due nius o Albinius. La necessità di integrare in principio lastre di chiusura di loculo provenienti da un ipogeo della quarta linea il prenome del dedicatario, Spurio, o catacomba cristiano, indirizzano, per l’utilizzo del lascia interdetti sui supplementi necessari alle altre complesso, ai secoli dell’alto Medioevo. Seguono tre linee, che parrebbero consistere nell’avonimico

Fig. 2. Le iscrizioni.

3 Si rimanda la descrizione dei primi risultati dell’analisi del spesso impossibile l’identificazione della tecnica muraria. deposito ceramico in: Fischetti c.s.. Lo scavo di tutte le strutture Strutture simili, interpretate come parte di casa rustica o fattoria ipogee è stato svolto in collaborazione con la Società “Roma di epoca mediorepubblicana, sono state rinvenute sempre Sotterranea”. a Ciampino, in località Pian del Colle. Si veda D’Agostino- 4 Le strutture sono state intercettate al livello di fondazione. Palladino 2012, 206-208. Gli spiccati non superano i pochi centimetri di altezza rendendo

288 SARCOFAGO A GHIRLANDE ED EPIGRAFI FUNERARIE DA VIA ROMANA VECCHIA A CIAMPINO (ROMA) alla seconda, più l’indicazione della tribù, mentre notevole e sui suoi rapporti prima di proprietà, poi nella terza alla pur probabile abbreviazione della di patronato, infine di matrimonio con la dedicante indicazione della professione di [s]cr(iba)5 potrebbe Eutychia8. Interessante l’uso del peperino in età im- farsi preferire altra ipotesi6. periale. Esso, per le caratteristiche della pietra, non L’indicazione dell’appartenenza alla tribù Pollia, molto adatta alla scrittura, dà adito ad alcuni dubbi ammesso che il luogo di riuso del pezzo, ai confini sul corretto scioglimento di alcune formule9, come tra i territori di Roma e Castrimoenium, non sia trop- anche di seguito la distanza tra le lettere, dovuta a po distante da quello originario, potrebbe indiziare difetti della pietra, potrebbe far leggere q(ui) vi{vi} l’appartenenza del dedicante alla cittadinanza urba- xit e non il corretto e probabile qui vixit. na piuttosto che a quella castrimeniense, poiché tale I-II secolo d.C.

Fig. 3. Pannello frontale di sar- cofago. tribù compare sporadicamente nel repertorio epigra- - Cippo o altare sepolcrale in marmo bianco con fico del Latium Vetus, essendo invece piuttosto co- coronamento centinato e pulvini, in più parti mune a Roma. parzialmente ricomponibili. Campo epigrafico Ultimo quarto del I secolo a.C. conservato cm 25 (h) x 30 (largh.). Lettere h cm 2,5- 3. - Cippo o altare sepolcrale in peperino mutilo superiormente; sui lati urceus e patera. Campo D(is) (hedera) M(anibus) / Turrania P(ublii) f(ilia) / epigrafico conservato: cm 30 (h) x 51 (largh.). Lettere Fasis M(arco) / Sotericho c[o=/i]ugi ; ben[emeren]=/ alte 4 (seconda e terza linea) – 2,8 cm. (le rimanenti). ti [f(ecit) sive p(osuit)] C(aio) Septicio [7 – 8 lettere] / Septicia Eutychia L’epitaffio di M. Soterichus10 mostra, nella stan- / coiugi ; domi=/no ; idem ; et ; patro=/no ; optimo dardizzazione della formula di dedica agli Dei Mani, beneme=/renti ; de se qui vi=/xit ; ann(is) ; LXX · nonché nell’estrema trascuratezza di impaginato e grafia, la decadenza della produzione epigrafica se- L’epitaffio di C. Septicius7 non dà altro che notizie polcrale, pur su un monumento di qualche rilievo, sulla durata della vita del defunto, invero per l’epoca forse riutilizzato.

5 Sulla funzione e l’ambito di azione degli scribae nel mondo 7 Sul gentilizio, alquanto raro: Schulze 1991, 229. romano si veda come primo orientamento Kierdorf 2001. 8 Il cognome grecanico è molto comune: Solin 1982, 1320-5. 6 Ovvero: [a sa]cr(is), su cui, a proposito di un proc(urator) 9 Alla sesta linea la vicinanza dell’indicazione benemerenti a sac(ris) k(astrensibus), Aires 1980, e le iscrizioni C.I.L. VI, rende più plausibile leggere de se piuttosto che proporre un 8715, di un Serenus Aug. lib. a sacris (addetto al culto nella corte eventuale scioglimento de s(uo) f(ecit). imperiale), CIL VI, 32409, ancora di età repubblicana, nonché 10 Sul grecanico, qui usato come gentilizio, piuttosto comune a CIL VI, 2323, di un a sacris addetto alle dipendenze dei sodales Roma: Solin 1982, 453-5. Augustales. L’ipotesi alternativa è rappresentata dall’espressione [conse]cr(avit).

289 ALESSANDRO BETORI - AGNESE LIVIA FISCHETTI

Il gentilizio Turranius risulta assai poco attestato 11. Ditis, a due battenti, con il sinistro dischiuso verso II-III secolo d.C. l’esterno. Le imposte sono divise in pannelli rettan- golari, con gorgoni e protomi leonine, inquadrate da - Lastra da loculo opistografa, in 5 frammenti colonne sormontate dal timpano. Sul timpano delle ricomponibili, mutila sulla destra, misurante cm 82 figure di Tritoni completano la decorazione dell’ar- x 35. Lettere h cm 3,5. chitettura e rappresentano gli accompagnatori nel mondo dei morti18. E’ nota l’iconografia della porta Eufrosineti in pace que (sic) (vixit annis plu[s come passaggio che separa il mondo dei vivi da quel- minus(ve) ---] / mensis (sic) ; VII dies VII ; cum lo dei morti, come nel celebre esempio riportato due conpare (sic) ; sua in pac[e dep(osita) ? ---] volte sul sarcofago con imprese di Ercole e rappre- sentazioni dell’oltretomba, esposto presso il Museo La presenza della dedica funeraria ad Eufrosina, Civico di Velletri19. Alla porta si legano due grandi fe- ottenuta riutilizzando una lastra con rappresentazio- stoni di foglie e frutti riccamente decorati. La classe ne di una coppia di grifi araldici ai lati di un kantha- dei sarcofagi a ghirlande20, motivo di derivazione el- ros per la chiusura di un loculo sepolcrale in un vici- lenistica, conta molti esemplari sia nella produzione no ipogeo o catacomba cristiana12. La figurazione sul microasiatica, sia in quella urbana, alla quale il nostro verso, al di sotto dell’iscrizione, ripropone lo schema esemplare sembra appartenere, anche per la compre- araldico sostituendo ai grifi due colombe o volatili, senza di più schemi compositivi e motivi decorativi simbolo lato sensu cristiano. La lastra si pone come e per la forte volontà narrativa delle rappresentazio- terminus post quem del recinto funerario post-antico. ni21. Nella porzione destra la ghirlanda incornicia un busto drappeggiato in quello che pare un mantello e Prima metà IV sec. d.C.13. che verosimilmente si riferisce a uno dei defunti. La simmetria dell’intero registro decorativo lascia - Lastra da loculo con simboli cristiani (àncora), (h. supporre un’analoga rappresentazione sulla porzio- cm 23, largh. cm 54, sp. cm 2, lettere h. cm 4), in 2 ne mancante sinistra. Alla base sono rappresentate frammenti, mutila sulla sn. le stagioni, anch’esse bipartite dalla porta dell’Ade, Eisias spiri=/tous in bono personificate da eroti alati impegnati nelle attività le- Anche il laconico epitaffio di Eisias14 deve provenire gate alla lavorazione della terra e dei suoi prodotti. da una vicina catacomba cristiana: se il graffito delle Sulla destra l’estate è resa da un erote alato nudo, colombe nell’iscrizione di Eufrosina è un’allusione ben conservato, intento nella mietitura, rappresenta- alla salvezza dell’anima, il simbolo dell’àncora si to proteso di lato verso le spighe. Centralmente, al di annovera tra i primi, ancora criptici riferimenti alla sotto della ghirlanda, è presente un cesto troncoconi- fede cristiana, ponendosi anche come indicatore co ricolmo di frutti. cronologico15. Singolare ma non così raro l’uso di Sebbene fortemente lacunoso, si riconosce sul- caratteri greci per un testo latino16. la destra il braccio di un putto che regge il falcet- to nell’atto di vendemmiare, simboleggiante quindi Inizi IV secolo d.C.17. l’autunno. Alla sinistra della porta parte di un erote alato, - Sarcofago inginocchiato, che protende le mani, per analogia Al di sopra del recinto funerario, in uno strato di con la scena speculare, si ipotizza verso un cesto per terra di riporto movimentata in occasione della rea- la raccolta. Sebbene il manufatto sia ancora in fase lizzazione della strada moderna, sono stati rinvenuti di pulitura, si distingue un diffuso uso del trapano, alcuni manufatti antichi in marmo. Tra questi di par- con notevole effetto pittorico sui frutti delle ghirlan- ticolare pregio è un pannello frontale di sarcofago, de e sugli eroti, dalle caratteristiche capigliature che mutilo sui due lati (h cm 88, larghezza conservata incorniciano i volti tondeggianti. cm 133, spessore cm. 8). Tra due listelli orizzontali Rara è la compresenza di tanti motivi, i quali, lungi la scena è bipartita dal motivo centrale della Porta dall’essere puramente esornativi, assumono tutti una

11 estetico-culturale-liturgica. Schulze 1991, 429. 17 12 Sulla vicina catacomba di Ad Decimum si veda Dalmiglio Per una datazione in consonanza con quanto testimoniato ad Ad decimum cfr. Dalmiglio 2013, 39. 2013. 18 13 Candilio et alii, 2003, 149. Si veda per la datazione ibid., p. 44; per le incisioni su lastre 19 di loculo: Cipollone, Fiocchi Nicolai 2013. Sul sarcofago di Velletri si vede, sul lato breve posteriore, 14 Per Isias, -idis, si veda Solin 1982, 405-407. Ercole che esce dalla porta socchiusa trascinando Cerbero che 15 Carletti 1999. invano si oppone. Mentre, alla fine del lato lungo posteriore, 16 Esso è testimoniato anche nella vicina catacomba di Ad Ercole riporta nel regno dei vivi una donna, ormai giunta decimum: ICVR, VI, 15751. Si veda Felle 2007, 475-481. La nell’aldilà, aiutandola con la mano sinistra a compiere il passaggio attraverso le ante. Si veda Ghini 1989, 138-146. motivazione del fenomeno, assai comune nel dossier epigrafico 20 cristiano di Roma nel IV secolo sarebbe per lo Studioso di natura Herdejürgen 1996, 130 e ss. 21 Lucignano 2008, 64 e 68.

290 SARCOFAGO A GHIRLANDE ED EPIGRAFI FUNERARIE DA VIA ROMANA VECCHIA A CIAMPINO (ROMA) netta valenza simbolica a carattere escatologico, Non potendo avvalersi del dato stratigrafico, inserendo vita e morte del titolare del monumento essendo stato rinvenuto nello strato di preparazione in una prospettiva cosmologica. Da un lato la vita della strada moderna, si ipotizza la datazione del dopo la morte, suggerita dalla porta semiaperta e dai sarcofago per analogie stilistiche alla seconda metà personaggi e simboli del timpano (corona e Tritoni)22, del II sec. d.C.24. dall’altro il susseguirsi delle stagioni, rappresentato sia dagli eroti alati sia dai ricchi encarpi23. La stessa rappresentazione dei busti ritratto, verosimilmente da ALESSANDRO BETORI riferirsi ai defunti, non può escludere un rimando alle Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio personificazioni di Sol e Luna, ancora in una ciclica, per le province di Frosinone, Latina e Rieti ininterrotta alternanza. Proprio come nell’esempio [email protected] veliterno, sia pure con le debite differenze relative a una ben più complessa simbologia lì illustrata, anche AGNESE LIVIA FISCHETTI il caso ciampinese descrive, quindi, il concetto di Gröningen University anima immortale, la quale dopo la morte corporale [email protected] raggiunge l’aldilà, mantenendo una possibilità di comunicazione col regno dei vivi.

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22 Si veda anche Kranz 1984, 189 e ss. percentuale di utilizzo del trapano a mano, nonché una maggior 23 Sapelli 1988, 160. precisione nell’analisi stilistica. 24 Il restauro del pregevole manufatto, previsto a breve, per- metterà di acquisire dati sul tipo di marmo, tecnica di esecuzione,

291 Sepolture protostoriche dal colle de La Pasolina a Colonna (Rm)

Micaela Angle – Flavio Altamura – Pamela Cerino – Noemi Tomei

1. Premessa dell’altura, dove sono stati recuperati parte di un corredo relativo ad una inumazione infantile parzial- La Pasolina è un’altura formata da due colli di origi- mente distrutta da lavori edili (VIII sec. a.C.) e un ne vulcanica (m 310 e m 298 slm) separati da una pic- frammento di askòs miniaturistico in impasto, forse cola sella, posta appena ad ovest del centro abitato di pertinente ad una sepoltura ad incinerazione (X-IX Colonna. Attualmente la zona è destinata alla produ- sec. a.C.)6. zione agricola ed è interessata da diversi impianti di vigneto e ulivi. Sulla porzione orientale è presente un casale storico (tenuta Pallavicini), mentre sul margi- 2. Le sepolture protostoriche in località “La Pasolina” ne nord del colle occidentale si trovano i ruderi di un edificio a torre, forse collegato al sistema di difesa del Sul margine sud-occidentale dell’altura nel 2005 è castello medievale di Colonna1. stato individuato fortuitamente un nuovo nucleo di Negli ultimi decenni le ricerche archeologiche sepolture protostoriche; le strutture funerarie sono hanno evidenziato come il colle sia stato frequenta- state portate in luce e parzialmente intaccate da un to già in epoche molto antiche2. Nella porzione sud- terrazzamento agricolo di epoca moderna. Tre tom- orientale dell’altura sono stati individuati sia occa- be, allineate in senso est/ovest lungo lo sbancamento sionalmente che nel corso di raccolte sistematiche3, su una distanza di ca. m 7 (fig. 1), sono state docu- resti di un abitato in uso dalle fasi II-III della Cultura mentate nel corso di recuperi di emergenza. Le fosse Laziale sino all’epoca arcaica e repubblicana. Trac- sepolcrali sono state ricavate nel banco di scorie vul- ce di un abitato provengono inoltre dalla sella tra i caniche (lapilli) e si trovavano a poca profondità dal due colli (VIII-VI sec. a.C.), o si trovano sparse sulle piano di campagna moderno (da cm 20 a 60). sommità del rilievo. La tomba 1 è costituita da una struttura circola- Questi ultimi materiali indicano di nuovo una re foderata di pietrame (diametro m 0,7, profondità frequentazione senza soluzione di continuità tra il residua m 0,5 ca.), contenente un’anfora-cinerario periodo protostorico e l’età arcaica e repubblicana4. coperta da una scodella monoansata in impasto con Nell’area sono stati recuperati anche alcuni reper- l’ansa spezzata intenzionalmente (fig. 1)7. Sul fondo ti votivi riferibili ad un luogo di culto attivo durante del pozzetto era stata riversata della terra di rogo. Il il periodo arcaico, forse connesso alla figura di De- cinerario conteneva i resti cremati del defunto, una metra5. fibula ad arco semplice in bronzo ed una fuseruola Oltre alle tombe protostoriche di seguito descrit- sfaccettata in impasto: probabilmente era pertinente te, un’occasionale destinazione funeraria è attestata ad un individuo di sesso femminile. anche in corrispondenza delle pendici sud-orientali La tomba 2 è stata indagata solo lungo la sezione

1 Tomassetti 1979, III, 500 e ss. 4 Angle et al. 2005. 2 Una possibile frequentazione dell’area in epoca neo-eneoliti- 5 Si tratta di due frammenti fittili pertinenti ad una statuina ca è testimoniata dal recente rinvenimento di un’accetta in pietra femminile e ad un modellino templare (cfr. Angle et al. 2005, levigata, recuperata in superficie sulle propaggini sud-orientali 697). Dalle pendici sud-orientali del colle proviene inoltre un del colle dal dott. G. Rascaglia. L’esemplare, di piccole dimen- vasetto miniaturistico (Bologna et al. 2003, 160). In prossimità sioni, presenta tracce di un tentativo di foratura in prossimità del della torre è stato anche recuperato un aes rude dal peso di 119,4 tallone. Un’accetta simile è stata trovata nella vicina necropoli gr., un reperto spesso associato a contesti votivi arcaici e repub- di Pian Quintino, in questo caso riutilizzata come elemento di blicani. corredo in una inumazione dell’età del ferro. A ca. m 15 a ovest 6 Bologna et al. 2003, 162; Angle et al. 2005, 693-694. della tomba 1, inoltre, è stata raccolta una scheggia corticata di 7 Angle et al. 2009, 224. selce di incerta attribuzione cronologica. 3 Ghini - Guidi 1984; Bologna et al. 2003.

293 MICAELA ANGLE - FLAVIO ALTAMURA - PAMELA CERINO - NOEMI TOMEI dello sbancamento agricolo (fig. 1). E’ costituita da me (pozzetto) e sigillata da un grosso blocco rettan- una inumazione singola in fossa terragna (larghezza golare di basalto di cm 75x55x22 (fig. 3a). L’anfora m 1, profondità residua m 0,7 ca.) orientata nord/ contenente i resti cremati del defunto è decorata da bugne e da un motivo inciso a meandro ad elementi staccati sottolineato da una decorazione a pettine e a falsa cordicella (fig. 2a); la bocca del vaso era si- gillata da un fondo di olla capovolto, frammentato intenzionalmente (fig. 2b). Nel grosso dolio, intorno al cinerario, era deposto il corredo vascolare (fig. 2c- f; 3b) costituito da un askòs, una scodella monoansa- ta, un’anforetta decorata da una coppia di bugne nel

Fig. 1. La Pasolina (Colonna, RM), prospetto complessivo delle sepolture protostoriche tombe 1-3.

Fig. 3. La Pasolina (Colonna, RM), tomba 3 in corso di indagine: sud e rivestita da pietrame vulcanico lungo le pareti a) copertura litica della struttura a ‘pozzetto’; b) i vasi del corredo del taglio. Del corredo è stata recuperata solo una in fase di scavo all’interno del dolio. brocca biconica in impasto8. La tomba 3, ad incinerazione, presenta invece una struttura più complessa (fig. 1): i vasi del corredo e punto di massima espansione ed una tazzina con ansa l’anfora-cinerario (fig. 2) sono stati deposti all’inter- bifora e motivi metopali incisi. no di un dolio, poi sistemato in una fossa circolare Sul fondo di questo ultimo reperto sono state in- (diametro m 0,9, profondità residua m 0,85 ca.). La dividuate alcune cariossidi carbonizzate, interpreta- porzione superiore del cavo è stata rivestita di pietra- bili come resti di una offerta rituale di cibo.

Fig. 2. La Pasolina (Colonna, RM), corredo vascolare della tomba 3.

8 I corredi delle tombe 1 e 2 sono attualmente esposti presso a Velletri (RM). il Museo Civico di Geopaleontlogia e Preistoria dei Colli Albani

294 SEPOLTURE PROTOSTORICHE DAL COLLE DE LA PASOLINA A COLONNA (RM)

3. Conclusioni ne), databile alla fase IIA della cultura laziale (X-IX secolo a.C.). Con tutta probabilità, queste evidenze I materiali delle tre sepolture rientrano nell’ambito funerarie sono da mettere in relazione con le tracce delle produzioni tipiche della cultura laziale della degli abitati coevi rinvenute nelle adiacenze del sito. prima età del ferro; alcune forme vascolari, come la brocca biconica della tomba 2 o la grande anfora- cinerario della tomba 1, trovano confronti in com- MICAELA ANGLE plessi dell’Italia centro-meridionale. La tomba 3, in Istituto autonomo Villa Adriana e Villa d’Este particolare, trova alcune affinità con la tomba R del [email protected] sepolcreto presso il Tempio di Antonino e Fausti- na, costituita da un’ incinerazione in pozzetto con i FLAVIO ALTAMURA resti umani raccolti all’interno di un’anfora con de- Dipartimento di Scienze dell’Antichità corazione incisa a pettine a meandri interrotti9. Un Sapienza Università di Roma raffronto può essere istituito anche con la tomba IV [email protected] di Villa Cavalletti, composta da un’incinerazione in dolio e da un corredo vascolare di dimensioni nor- PAMELA CERINO mali, comprendente tra le forme un’anfora-ossuario Dottore di Ricerca in Cultura e Territorio con decorazione incisa con elementi a meandro, una Università di Roma Tor Vergata ciotola monoansata in impasto e una tazza con ansa [email protected] bifora10. Entrambi i confronti si datano alla prima età del ferro. E’ verosimile che le sepolture recuperate in NOEMI TOMEI località La Pasolina facciano parte di una più ampia Università di Roma Tor Vergata area sepolcrale a rito misto (cremazione-inumazio- [email protected]

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9 Gjerstad 1966, fig. 25/1; CLP, tav. XIII/C, cat. 24 10 CLP 1976, tav. V/A, cat. 5.

295 Novità dal sito di ad Decimum (Grottaferrata) Materiale inedito da documenti d’archivio

Lucio Benedetti – Alessia Palladino

Con la denominazione di ad Decimum, presente alle famose catacombe questa propaggine del negli itineraria e derivata dall’ubicazione della territorio tuscolano, corrispondente alle proprietà statio al decimo miglio della via Latina1, si indica prima dell’Abate Ciampini (XVII sec.) e in epoca il multiforme contesto archeologico situato moderna delle famiglie nobiliari Giusti, Gentilini e nell’ager sud-occidentale dell’antica Tusculum, soprattutto Senni, fu segnata anche dalla presenza di un abitato secondario, il vicus angusculanus2, sviluppatosi a cavallo dell’incrocio tra le vie Latina e Cavona/Valeria, quest’ultima importante asse che congiungeva l’entroterra fucense alla costa laziale3.

Fig. 2. Grottaferrata, loc. Villa Senni, tombe ad inumazione all’in- crocio tra la via Cavona e la via Latina (foto archivio SAR-LAZ).

Il breve tratto di strada consolare intorno al quale Fig. 1. Grottaferrata, loc. Villa Senni, inquadramento topografico il vicus si sviluppò era segnato da un utilizzo di tipo dei rinvenimenti al X miglio della via Latina (da Pancotti 2011). residenziale, come testimoniano ancora i resti di ville e le numerose bases villarum4, e da monumenti a carattere funerario: dalle tombe in muratura ai oggi ubicato tra i Comuni di Roma e Grottaferrata grandi sepolcri5, alle semplici inumazioni in fossa e e noto con il toponimo di “Villa Senni”. Oltre alla “cappuccina”. All’incirca al centro della vigna

1 Pancotti 2011 con bibliografia precedente; sempre dal (v. R. Lanciani in BCom 1905, 132 ss.). Per gli altri vici dell’ager medsimo sito venne rinvenuta nel 2001 anche una tomba di Tuscolo si veda Hernández Martínez 2006. definita, per il contenuto, “Ipogeo delle Ghirlande” (Ghini- 3 Aglietti 2000 con bibliografia precedente. Granino Cecere - Rubini 2005). 4 De Rossi 1979, 159 nn. 116, 120; 349, n. 387; Valenti 2003, 2 Il vicus, cui vanno probabilmente riferite anche le fistulae 285 nn. 592-599. CIL XIV, 4229=CIL XV, 7811 Pub(licum) Decimiensium fu 5 De Rossi 1979, 161 fig. 250 nn. 10, 16. identificato grazie ad un’iscrizione rinvenuta nella vigna Gentilini 297 LUCIO BENEDETTI - ALESSIA PALLADINO

Gentilini doveva trovarsi il monumentum in opera quali è poi confluita nella collezione privata dei conti quadrata di peperino visto dal Lanciani; poco oltre Senni. verso est spicca invece il grande sepolcro a tamburo Tra i pezzi inediti e meglio conservati della (fine I sec. a.C.- inizi I sec. d.C.), tipologia sepolcrale collezione è un sarcofago a cassa rettangolare8 la segnata da un intrinseco valore aristocratico e ambita cui fronte, compresa entro cornici modanate, è dai membri locali della nobiltà e della borghesia6, che decorata da due campi strigilati dall’accurata resa doveva presentarsi rivestito da blocchi di peperino chiaroscurale. Le strigilature, doppie, fitte e slanciate, (alt. m 4,5, largh. m 4 ca), il tutto circondato da sono a dorsi arrotondati combacianti e convergono al un recinto in opera reticolata. Sotto il suo lato centro verso una tabula ansata anepigrafe (cm 63x53)9 meridionale, i lavori dell’Anas degli anni ’70 del segnata, quest’ultima, da una doppia cornice e da secolo scorso sezionarono invece sepolture terragene anse abbastanza strette e compresse che giungono (fig. 2). fino a toccare quasi i listelli superiore e inferiore10. Proseguendo per un altro centinaio di metri verso Alle estremità sono presenti due colonne est, lungo l’asse della via Latina, si incontra poi l’alto scanalate, leggermente rastremate, con capitello nucleo cementizio di un altro sepolcro piramidale di corinzio stilizzato e base modanata. I lati brevi (fig. 4), prima età imperiale, rivestito probabilmente come il dei quali il destro molto rovinato e reintegrato, sono precedente. I resti di almeno altri quattro mausolei, decorati anch’essi da due lesene con capitelli corinzi stilizzati e, al centro, da due scudi rotondi (parmae), muniti di spina e umbone, incrociati a simboleggiare, più che lo stato del futuro occupante, genericamente il trionfo sulla morte, il senso apotropaico insito nelle armi offensive e difensive11. Il lato posteriore è lavorato a gradina. Per tipologia e caratteri stilistici il pezzo potrebbe appartenere, soprattutto per la resa

Fig. 3. Grottaferrata, sarcofago dalla Collezione Senni, veduta la- terale (foto archivio SAR-LAZ). purtroppo allo stato attuale poco visibili, costeggia- vano nei metri successivi verso monte questa fascia monumentale della via Latina. Altri ancora vennero individuati durante i lavori Anas per lo sdoppia- mento in due tratti della via Anagnina, lavori per i quali venne sfruttato, e ampliato, il precedente sban- camento della linea ferroviaria. All’altezza della villa cd. di Opimiano7, ubicata poco più a monte di ad Decimum, si trovano poi i resti di altri mausolei, sem- pre allineati lungo l’asse della via Latina, il primo dei quali – provenendo da sud – era affiancato anche da sepolture minori del tipo in fossa (fig. 3). L’area ha restituito, soprattutto dai lavori agricoli ottocenteschi, anche una notevole quantità di materiali di natura eterogenea, in parte ancora inediti, riferibili sia al contesto del vicus che a quello Fig.4. Il frammento di iscrizione dalla vigna Gentilini (foto e par- più specificamente funerario, la maggior parte dei ziale ricostruzione).

6 Valenti 2010, 108. 10 7 Albert 1972, 25-26. Valenti 2003, cit. nota 4. 11 Il motivo delle armi è assi frequente in questa tipologia di 8 Cfr. Paroli 1999, 233 n. B42 9 sarcofagi (cfr. Calza 1977, 238 con bibliografia precedente); per Koch-Sichtermann 1982, 75 fig. 12, 6. le armi romane si veda Coussin 1926. 298 NOVITÀ DAL SITO DI AD DECIMUM (GROTTAFERRATA) molto chiaroscurale delle strigilature che sembra come [Ca]elius (anche se non si può scartare anteriore alla grande produzione di III sec. d.C., nemmeno [Appu]leius o [Canu]leius in caso di L E anche alla fine del II sec. d.C. (A.P.) I V S). Il luogo di rinvenimento del blocco potrebbe suggerire che l’epigrafe sia da riferire al grande Frammento di blocco iscritto mausoleo funerario, unica struttura di rilievo nelle vicinanze, se si eccettuano ovviamente il cd. Ipogeo Le recenti ricerche sul sito di ad Decimum hanno delle Ghirlande e le catacombe. Non è improbabile, permesso di recuperare anche una serie di documenti dunque, che possa trattarsi dell’iscrizione che epigrafici inediti, per lo più frammentari e tutti doveva campeggiare all’esterno del sepolcro e che verosimilmente ascrivibili all’ambito funerario. Di identificava il proprietario del monumento, incisa questi reperti si è avuta notizia principalmente direttamente su due o più blocchi che costituivano attraverso la documentazione dell’Archivio della parte del paramento esterno della struttura. allora Soprintendenza per i Beni Archeologici del Le lettere che si leggono alla terza riga potrebbero Lazio, relativa agli interventi degli ultimi trent’anni in ulteriormente deporre a favore dell’ipotesi di questa località. Proponiamo qui di seguito una breve un’iscrizione funeraria e si potrebbero forse integrare descrizione del pezzo più interessante (fig. 4). Il in [testamen]to iu[ssit], seguite o anticipate dai verbi dossier completo delle nuove attestazioni sarà invece fieri o poni12, secondo una formula che ritroviamo su ripreso successivamente dagli Autori in maniera più diversi tituli sepolcrali13. articolata. Questa parte del testo poteva poi essere L’iscrizione che qui ci interessa è incisa su un completata, di seguito o in un’altra riga, anche da altre grosso blocco frammentario in travertino pertinente, informazioni, come quelle riguardanti l’esecuzione probabilmente, a un edificio o a una qualche delle volontà testamentarie del defunto. struttura architettonica. Fu rinvenuto nel corso di Difficile dire qualcosa sul personaggio scavi recenti, in prossimità del monumento funerario menzionato vista la frammentarietà del testo. L’area circolare parallelo al tratto della via Latina e situato di provenienza dell’epigrafe ricadeva nell’antichità nei pressi delle catacombe di ad Decimum. Misura nell’ager Tusculanus ed è noto che la Caelia – se la cm 41 x 46,3 x 38 e le lettere hanno un’altezza prima ipotesi sul gentilizio è corretta14– è una gens compresa tra cm 6 e 7. Il margine inferiore e quello presente in questa zona con almeno tre linee di Caelii destro risultano squadrati. Rufi15 che si collocano tra la fine della repubblica e la L’autopsia del pezzo ha permesso di appurare prima età imperiale, alcuni anche di rango senatorio. che il testo dell’iscrizione si doveva sviluppare per Impossibile, con questi pochi elementi a almeno tre righe. Le lettere conservate consentono la disposizione, risalire al momento con precisione a seguente lettura: uno degli esponenti fra quelli già noti. Forse però, viste anche le dimensioni del monumento, non è ------? azzardato pensare che anche il nostro potesse essere [---]++++[---] uno dei membri di spicco di un ramo di questa famiglia [---?] Rufu[s ---?] che, durante la prima metà del I sec. d.C. (come [---]to iu[---] suggerisce la paleografia), decise di farsi seppellire in ------? un vistoso sepolcro a ridosso dell’importante arteria antica, magari nei pressi di una sua proprietà. (L.B.) Il Rufus presente alla seconda riga, forse centrato, è da intendersi probabilmente come il cognomen di un personaggio di cui, nella riga superiore, doveva LUCIO BENEDETTI essere indicato il prenome, il gentilizio, la filiazione independent researcher e forse anche la tribù (nel caso, pensando a qualcuno [email protected] originario di questa zona, probabilmente la Papiria). I resti di segni orizzontali e curvi visibili nella ALESSIA PALLADINO prima riga conservata permettono forse di ottenere independent researcher una sequenza di lettere restituibile in E L I V S, [email protected] riferibili verosimilmente al gentilizio dell’individuo menzionato, forse ricostruibile in una forma breve

12 Sulla formula e la sua cronologia vd. Di Stefano 2003, 58-61. 14 A Tusculum registriamo la presenza di almeno un esponente 13 Solo per citarne alcuni, ricordiamo l’iscrizione CIL V, 3484, della gens Appuleia, in CIL XIV, 2529. che potrebbe per altro costituire un ottimo confronto con la 15 Sulla gens Caelia a Tusculm v. Gorostidi Pi 2003. nostra iscrizione, CIL X, 4878, CIL X, 4887 e AE 2010, 173.

299 LUCIO BENEDETTI - ALESSIA PALLADINO

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300 Livelli di abitato dell’età del bronzo medio iniziale a Colle Rotondo (, Rm)

Alessandro Guidi – Laura Motta – Federico Nomi

Il pianoro di Colle Rotondo si trova nella fascia Dal 2009 è oggetto di ricerche multidisciplinari subcostiera tra Ardea ed Anzio, caratterizzata dal- che hanno interessato tutte le fasi di occupazione del la presenza di una serie di insediamenti di modesta pianoro, dal Paleolitico medio all’età romano repub- estensione, intaccati dall’erosione fluviale lungo le blicana. propaggini delle colline tufacee prospicienti il Mar L’area A1 si trova nella propaggine nord orientale Tirreno. del pianoro (fig. 1.3), dove è situato uno dei due ag-

Fig. 1. Aerofotogrammetrico con collocazione delle aree/saggi di scavo effettuati nelle campagne 2010-2013 e la collocazione dei rinveni- menti del materiale pertinenti alla media età del Bronzo.

Individuato da D. Adamesteanu, mediante fo- geres difensivi, quello maggiore, che chiudeva ester- tointerpretazione aerea, l’abitato di Colle Rotondo namente l’intero abitato di Colle Rotondo. Purtrop- fu oggetto di reiterate indagini di superficie effet- po una consistente parte della struttura difensiva più tuate fino agli anni ’801, che avevano evidenziato la esterna è stata asportata per delle attività di cava. Ciò presenza di un sistema difensivo complesso di epoca che rimane è una residua percentuale dell’imponen- arcaica. te sistema difensivo protostorico, databile al bronzo

1 Per la storia delle ricerche v. Guidi-Nomi 2014.

301 ALESSANDRO GUIDI- LAURA MOTTA - FEDERICO NOMI

(in gran parte ricomponibili) e un cospicuo quanti- tativo di semi combusti (fig. 2A-B), alcuni dei quali ancora inseriti nelle pareti dei recipienti ceramici (fig. 2C). Si tratta sostanzialmente di due classi cera- miche: ciotole carenate con ansa fornita di sopraele- vazione (fig. 3A-C e 4A) e piccoli sostegni a clessidra (fig. 4 B-C). Le anse appartengono a una delle famiglie tipo- logiche della Cocchi Genick (sopraelevazioni con apici espansi a lobi più o meno accentuati) che trova confronti sia a Palidoro che a Canterno. Il tipo è ben attestato anche alla Grotta Vittorio Vecchi3. Un con- fronto ancora più stringente si ha con un frammento di apice dello stesso tipo da Pastena4 Le ciotole carenate sembrerebbero essere perti- nenti al tipo 147 della Cocchi Genick, della fase 2A del Bronzo Medio iniziale (facies protoappenninica); l’ansa da Canterno (che però ha un setto tra le due corna che ne fa una variante del tipo 489) sta su una ciotola del tipo 197 delle fasi 1-2 del Bronzo Medio. Va comunque notato che sia Canterno che la grot- ta di Pastena sono contesti assegnati dalla Damiani5 alla fase 2 della facies protoappenninica. Per quanto riguarda i piccoli sostegni a clessidra sono confrontabili con i tipi della Cocchi 71v (pro- veniente dalla Grotta delle Felci) e 72u1 (provenien- te dalla grotta di Polla, strato 5). I confronti qui esaminati portano dunque a col- locare il livello di occupazione di Colle Rotondo nell’ambito del Bronzo Medio iniziale (fase 2A). In effetti, un primo diffuso utilizzo del piano- ro sembra risalire a questa fase della media età del bronzo. Oltre ai materiali qui illustrati vanno infatti ri- cordati l’ansa rinvenuta nel corso delle ricognizioni dell’Istituto di Topografia Antica della “Sapienza” Università di Roma negli anni Ottanta del secolo scorso nella parte più avanzata del sito (fig. 1.1), e frammenti fittili dello stesso periodo durante una ri- cognizione di superficie sul ciglio del pianoro nella Fig. 2. Dettagli del paleosuolo protoappenninico caratterizzato dal- sua porzione orientale (fig 1.2). la distribuzione dei reperti ceramici e dalla forte presenza di concot- ti, carboni e concentrazioni di ghiande carbonizzate (A-B); parete Se, analogamente a quanto avviene in altri con- di tazza con ghianda (C) (foto Danilo Renzulli). testi coevi dell’area medio-tirrenica, l’area difesa del pianoro fosse stata totalmente occupata, la sua finale/inizi dell’età del ferro, costituito da una strut- ampiezza (7,5 ettari), sarebbe superata per esten- tura interna formata da cassoni lignei, contenenti sione, nel Latium vetus, solo da quella del pianoro riempimenti alternati di sabbia e piani di concotto2. del Campidoglio (10 ettari), in Etruria meridiona- Al di sotto dei livelli dell’aggere difensivo arcaico le dal Vignale, presso Civita Castellana (14 ettari), e protostorico veniva messo in luce un paleosuolo da Sovana (13 ettari), Monte Abbadone (12 ettari), sabbioso con forte componente di carboni e concot- Pitigliano (9 ettari) e Luni sul Mignone (8 ettari)6 ti, caratterizzato dalla presenza diffusa di ceramiche (A.G.- F.N.)

2 Cifani et al. 2013; Guidi-Nomi 2014. 4 3 Cocchi Genick et al. 1995, tipo 489, con relativa bibliografia; Angle et al. 2014, fig. 10/4. 5 in Cocchi Genick 1995, 402-411 per la grotta Vittorio Vecchi v. Rosini 2007, fig, 3A/4-6; Guidi, 6 Rosini, in stampa, tipo 164 C (p. 47, tav. L/12, 13). Per la bibliografia relativa v. Guidi- Nomi 2014, nota 4.

302 LIVELLI DI ABITATO DELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO INIZIALE A COLLE ROTONDO (ANZIO, RM)

dei resti rende difficile una quantificazione accurata, tuttavia, considerando il numero di estremità apicali è possibile stimare il numero minimo di ghiande nel deposito, compreso fra quaranta e cinquanta frutti. L’identificazione su base morfologica dei resti archeobotanici di ghianda non sempre è possibile a livello di specie in quanto diverse specie di quercia

Fig. 3. Riproduzione grafica di tazze (A-C) con sopraelevazione di ansa (disegni Rowena Giura).

Durante lo scavo del livello del Bronzo Medio 2 sono stati rinvenuti resti carbonizzati di ghiande in associazione con frammenti di tazze e altro materiale ceramico pertinenti alla fase iniziale della media età del bronzo. Il deposito è stato campionato nella sua totalità e, dopo il prelievo a vista dei resti intatti, è stato flot- tato per recuperare i frammenti botanici più piccoli ed eventuale altro materiale vegetale carbonizzato. Fig. 4. Fotografie delle tazze (A) e fotografie (B) e disegni (C) dei Le ghiande sono prive del pericarpo e della cap- sostegni a clessidra (foto Danilo Renzulli, disegni Rowena Giura). sula, le cotiledoni si presentano separate e per lo più molto frammentate (fig. 5). Lo stato di conservazione

303 ALESSANDRO GUIDI- LAURA MOTTA - FEDERICO NOMI

Fig. 5. Quercus Ilex (leccio). Le cotiliedoni di forma più stretta e lunga, con un rapporto fra lunghezza e larghezza maggiore di 2.5 possono essere identificate come ghiande di leccio. producono frutti con caratteri sovrapponibili. Il ma- e neutralizzazione tramite bollitura o ammollo. Le teriale di Colle Rotondo è estremamente disomoge- specie più dolci a basso contenuto di tannini posso- neo nelle dimensioni. no essere tostate o arrostite9. La tostatura permette Secondo i criteri morfometrici stabiliti7 i resti anche una conservazione migliore. Nel caso specifi- più arrotondati potrebbero appartenere sia a quer- co di Colle Rotondo, l’associazione con contenitori ce caducifoglie che a querce sempreverdi; i resti di di tipo domestico e il trattamento di pulitura (testi- forma più allungata, con un rapporto fra lunghezza moniato dall’assenza di frammenti di pericarpo e di e larghezza intorno a 2,5 sono invece sicuramente capsule nel sedimento flottato) sembrerebbero con- identificabili come Quercus ilex. fermare l’uso alimentare dei resti. Non è possibile Le querce (soprattutto leccio) dovevano essere determinare se le cotiledoni fossero state tostate in abbondantemente disponibili intorno al sito. Le se- quanto il materiale è stato sottoposto ad un proces- quenze polliniche del lago di Albano e del lago di so di carbonizzazione totale ed uniforme. Tuttavia la Nemi8 mostrano, a partire dall’inizio dell’Olocene, presenza di carboni diffusi e l’arrossatura del depo- una vegetazione composta da foreste di latifoglie de- sito sembrerebbero indicare un episodio di combu- cidue caratterizzata da querceti caducifogli alterna- stione, magari accidentale, più che la tostatura per ti, in particolare lungo la pianura costiera, ad ampie l’eliminazione dei tannini. zone di querceti sempreverdi dominati dal leccio. Lo Abbondanti sono i ritrovamenti archeologici di sfruttamento del querceto è inoltre confermato dalla questi frutti a partire dal Paleolitico finale nel bacino presenza di legno carbonizzato di quercia nei livelli del mediterraneo ed in Europa continentale10. Nella del Bronzo Medio e anche nei livelli più tardi del penisola italiana i contesti più numerosi appartengo- sito. Ancora ai giorni nostri Colle Rotondo è circon- no all’età del Bronzo. Recenti analisi archeobotani- dato da una lecceta. che di depositi particolarmente ricchi di resti in vari Le ghiande sono una risorsa versatile adatte siti della Puglia centro meridionale testimoniano lo all’alimentazione umana, ma usate anche come fo- sfruttamento intensivo di questa risorsa e il suo ruo- raggio, in medicina e, contenendo tannini, possono lo non di certo marginale nella dieta ed economia essere impiegate per la concia e tintura del pellame. delle comunità locali11. Per renderle commestibili e rimuovere i tannini le L’uso alimentare di ghiande è attestato per il Me- ghiande vanno trattate con processi di lisciviazione diterraneo antico da vari autori classici, da Teofra-

7 Primavera - Fiorentino 2014, fig. B. 10 Deforce et alii 2009. 8 Mercuri et alii 2002. 11 Primavera-Fiorentino 2014. 9 Mason 1995 304 LIVELLI DI ABITATO DELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO INIZIALE A COLLE ROTONDO (ANZIO, RM) sto ed Erodoto a Strabone, Plinio ed Ovidio12 ed è ALESSANDRO GUIDI inoltre documentato etnograficamente in Grecia, Dipartimento di Studi Umanistici Spagna, Sardegna e Italia peninsulare. Nel Lazio si Università degli Studi di Roma Tre consumava fino alla Seconda Guerra Mondiale un [email protected] pane di farina di ghiande, frutti che hanno valori nu- trizionali simili ai cereali, in quanto ricche di carboi- LAURA MOTTA drati, grassi e fonte di proteine. (L. M.) Kelsey Museum of Archaeology University of Michigan [email protected]

FEDERICO NOMI Dipartimento di Studi Umanistici Università degli Studi di Roma Tre [email protected]

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12 Mason 1995 305 Il progetto di valorizzazione e fruizione del Santuario di Diana a Nemi (Rm)

Licia Genua

“Nel recinto del santuario di Nemi cresceva un albero da cui non era lecito spezzare alcun ramo. Soltanto uno schiavo fuggitivo, se ci fosse riuscito, po- L’aura di mistero e di magia che avvolgono l’area teva spezzarne uno. sacra del Santuario di Diana nemorense nella de- In questo caso egli aveva il diritto di battersi col sacer- scrizione dell’antropologo inglese Sir J. Frazer, at- dote e, se l’uccideva, tirano ancora oggi la curiosità di molti visitatori. regnava in sua vece col titolo di re del bosco, rex ne- morensis.” 1

Fig. 1. Sistemazioni della terrazza inferiore del santuario: in evidenza il tempio di Diana, il nuovo centro visite, i percorsi di visita (disegno L. Genua).

1 James G.Frazer:” Il ramo d’oro”, ed. Boringhieri, Torino 1973

307 LICIA GENUA

Alla domanda di turisti, esperti, studiosi e arti- favorire l’approccio e la comprensione da parte del sti non corrisponde oggi un’adeguata possibili- visitatore, che dovrà essere aiutato da un adeguato e tà di comprensione e fruizione di uno dei santuari stimolante apparato informativo, anche attraverso il

Fig. 2. Schemi funzionali e allestimento del nuovo centro visite all’interno del casale sul tempio di Diana (disegno L. Genua). repubblicani più estesi e conservati del Lazio. ricorso alle moderne tecnologie tali da attivare una Il presente lavoro nasce proprio da queste pre- “realtà aumentata”. messe come proposta di potenziamento fruitivo del Il piccolo casale situato nell’angolo nord- Santuario di Diana, basato sulla realizzazione di un ovest del basamento rappresenta la parte più co- percorso di visita che consentirà di avvicinare in sicu- spicua e ben conservata dell’elevato del tempio. rezza le strutture monumentali delle architetture del Le sue condizioni sono molto degradate: non è tratto angolare del propileo porticato e del tempio. più presente il manto di copertura, il solaio del primo Il Santuario di Diana, costruito in età arcaica e piano è fatiscente e non si sono conservati né infissi monumentalizzato alla fine del II - inizi del I secolo né pavimenti, ma l’intervento di consolidamento e a.C. si pone al centro dell’area sacra; il problema è far restauro consentirà di ripristinarne l’uso e di realiz- comprendere questa sua centralità ora, con le divisioni zare un centro visite con la possibilità di utilizzare del santuario nelle varie proprietà agricole moderne e gli affacci superiori come punti di avvistamento del l‘accesso dalla parte opposta rispetto a quella antica. santuario e del lago. Il tempio situato sulla terrazza inferiore, in par- L’accessibilità sarà garantita dall’osservanza dei ticolare, ha situazioni critiche di conservazione su dispositivi di legge (dimensionamento dei vani d’in- tutti i lati e per tutte le fasi e relative tecniche edilizie. gresso, rampe e raccordi per il superamento dei di- Da un lato occorre pertanto aiutare la lettura del slivelli) e dall’installazione di una piastra elevatrice monumento attraverso un intervento di presentazio- monta persone per raggiungere il piano superiore. ne critica delle strutture conservate, dall’altro sarà Per le strutture dei solai si prevede l’impiego di necessario realizzare percorsi di visita studiati per legname, mentre infissi e finiture saranno eseguiti in

308 IL PROGETTO DI VALORIZZAZIONE E FRUIZIONE DEL SANTUARIO DI DIANA A NEMI (RM) legno e metallo tipo cor-ten. è possibile trovare, prima di procedere alla visita del Il nuovo piano di copertura sarà costituito da un santuario, materiale didattico - informativo che illu- terrazzo praticabile, dotato di un’opportuna imper- stra il sito nei vari aspetti, prima di procedere alla meabilizzazione e displuvio, da cui ammirare il pae- visita del santuario. saggio. Al progetto discusso in sede di tesi di specializ-

Fig. 2. Prospetto nord- est del tempio: intervento di conservazione e restauro (disegno L. Genua).

Consolidamenti e interventi conservativi pun- zazione2, è seguita la partecipazione a proposte più tuali delle strutture archeologiche consentiranno ampie, presentate rispettivamente una a livello regio- inoltre di mettere in sicurezza il percorso che si nale: “Il santuario di Diana a Nemi: valorizzazione avvarrà anche di rampe e passerelle per l’abbat- e potenziamento fruitivo dell’area archeologica”3, “ timento delle barriere architettoniche e di una l’altra a livello ministeriale: “Antichi luoghi di culto segnaletica di orientamento discreta ma diffusa. e dimore storiche lungo la via Appia. Itinerario tu- Resta centrale il collegamento con il vicino mu- ristico culturale nei comuni di Genzano, Lanuvio e seo, in cui i pezzi del santuario sono conservati ed Nemi.”4 esposti, punto di arrivo per turisti e visitatori dove

LICIA GENUA [email protected]

2 Tesi di Specializzazione in beni architettonici e paesaggio: “La Genua; Collaborazione Scientifica: Dott.ssa Alessia Palladino. valorizzazione del Santuario di Diana a Nemi: proposta di restauro 4 30 Settembre 2015, con: Alta Sorveglianza: Dott.ssa del tempio.” - a.a. 2013-2014 - Relatore prof. arch. G.Carbonara, Giuseppina Ghini- già Soprintendenza Archeologia del Lazio correlatori: arch. L. Romagnoli e G. Batocchioni Associati, e dell’Etruria Meridionale; Coordinamento scientifico: Prof. arch. prof. E.Chiavoni, M. Docci, Roma, 27 Gennaio 2015. Paolo Braconi - Dott.ssa Francesca Diosono - Università di 3 Settembre 2014, con: Alta Sorveglianza: Dott.sa Giuseppina Perugia - Dipartimento Lettere, Dott. Luca Attenni - Direttore Ghini – già Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio; del Museo Civico di Lanuvio; Prof.ssa Deborah Chatr Direzione Scientifica: Prof. Filippo Coarelli, Prof. Paolo Aryamontri, Prof. Timothy Renner - Montclair State University Braconi, Dott.ssa Francesca Diosono - Università degli Studi di - Department of Classics and General Humanities; Gruppo di Perugia, Dipartimento di Lettere, Lingue, Letterature e Civiltà lavoro: ecnici incaricati: Arch. Laura Romagnoli, Arch. Guido Antiche e Moderne; Progettazione: Arch. Guido Batocchioni Batocchioni; Aspetti Architettonici e Allestitivi: Arch. Laura + Arch. Laura Romagnoli Associati, Arch. Laura Gasseau; Della Sala, Arch. Angela Di Paola, Arch. Valeria Gaspari, Arch. Collaborazione Tacnica: Arch. Stefania Ciccarelli, arch. Licia Paolo Gasseau, Arch. Licia Genua, Arch. Annalisa Ferrante,

309 LICIA GENUA

Bibliografia

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Arch. Jacopo Magrini; Collaborazione scientifica: Dott.ssa Arch. Carolina de Camillis, Arch. Riccardo Fibbi; Alessia Palladino - Dott.ssa Carla Mattei; Illuminotecnica: Multimedia: De Books LLC; Restauro: Dott. Roberto Civetta.

310 Il Museo delle Navi Romane di Nemi (Rm): i documenti d’archivio per il restauro del contemporaneo

Angela Di Paola – Annalisa Ferrante

Il Museo delle Navi Romane s’inserisce nel ricco restauro1, nato dalla collaborazione tra la Sapien- contesto storico-paesaggistico dell’area dei Colli za Università di Roma e l’allora Soprintendenza

Fig. 1. Modello tridimensionale del Museo con indicazione dei principali elementi costruttivi (immagini d’archivio, da sinistra in senso orario: Archivio Ucelli inv. n. 3315, n. 4023, n. 5368; ACS Sede Succursale, b. 756 bis; Archivio Ucelli inv. n. 5371; ACS Sede Succursale, b. 748; Archivio Ucelli inv. n. 4021. Concessione alle pubblicazione Mibac - ASRM 33/2016 con divieto di riproduzione).

Albani, quale collettore delle numerose attestazioni Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale. archeologiche presenti nella zona attorno al lago La storia del Museo, costruito appositamente di Nemi. L’esigenza di far corrispondere l’impor- per ospitare i resti di due imponenti imbarcazioni tanza culturale del Museo con lo stato di conser- romane2, è stata fortemente condizionata da un in- vazione del monumento e con l’apparato didattico cendio, avvenuto nel 1944, che distrusse comple- ha fatto sì che ne fosse proposto un progetto di tamente le navi e danneggiò l’edificio. Da allora si

1 Il progetto di restauro e di nuovo allestimento è stato 2015; relatore: Prof. Giovanni Carbonara, correlatori: redatto dalle autrici come tesi della Scuola di Specializzazione Arch. Guido Batocchioni e Arch. Laura Romagnoli, in Beni Architettonici e del Paesaggio della Sapienza referente per la Soprintendenza: Dott.ssa Giuseppina Ghini. Università di Roma, nella sessione di diploma del gennaio 2 Per un approfondimento si rimanda alla bibliografia di

311 ANGELA DI PAOLA - ANNALISA FERRANTE sono succeduti numerosi interventi di restauro che, responsabile del bene, ed eseguiti dal Provveditorato privi di un approccio globale, si sono tradotti spes- Regionale delle Opere Pubbliche per il Lazio non so in manutenzioni più o meno spinte e in tentati- risultano ben documentati a causa della complessa vi di riorganizzazione del sistema espositivo3, per rintracciabilità negli archivi ministeriali. La ricerca sopperire alla perdita del contenuto principale. bibliografica ed archivistica ha così evidenziato lo Partendo dalla convinzione che il restauro del stridente divario tra ricca documentazione prodot- contemporaneo rientri appieno nella definizione di ta prima dell’incendio ed i pochi dati posteriori, a restauro architettonico, visto come processo storico- testimonianza dello stato di abbandono in cui il mo- critico fondato sulla profonda conoscenza del manu- numento è rimasto per molti decenni. L’indagine sui fatto, è stata condotta un’attenta ricerca bibliografica materiali da costruzione, sulle finiture e sulla perce- ed archivistica, grazie alla quale sono stati rinvenuti zione spaziale (fig. 2) ha permesso di redigere, assie- documenti inediti, fondamentali per approfondire le vicende della costruzione del Museo ed i successivi interventi di restauro della struttura. L’indagine archivistica è stata condotta in pri- mis consultando il cospicuo materiale dell’Archivio Ucelli, conservato ad oggi presso la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metro- politana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale. Per le fasi di costruzione4 del grande museo, sorto tra il 1935 e il 1940 sulle rive del lago, sono state con- sultate le numerose fotografie di cantiere, molto utili per la ridefinizione delle fasi di edificazione e per la conoscenza dei particolari costruttivi (fig. 1). Un contributo fondamentale alla ricerca è deri- vato dal ritrovamento del materiale dell’Ufficio Spe- ciale del Genio Civile per il Tevere e l’Agro Romano, raccolto in un fondo della sede succursale dell’Ar- chivio di Stato di Roma5 e del tutto inedito. In esso è stata ritrovata una grande quantità di fotografie, relazioni, disegni esecutivi nonché documenti di cantiere. Con l’incendio del 1944 e a causa dei danni subìti durante la seconda Guerra Mondiale, il museo af- frontò un periodo di declino, proporzionale alla no- torietà avuta nei suoi primi anni di vita. La perdita delle due navi, completamente carbonizzate, rese ne- cessario un nuovo allestimento museale, inaugurato nel 1953, che potesse almeno richiamare i due ogget- ti principali della collezione. Assieme al nuovo alle- stimento si realizzò un primo intervento di restauro della struttura. La ricostruzione di questa seconda parte di vita del museo è stata condotta facendo riferimento an- cora all’Archivio Ucelli, mentre gli interventi realiz- Fig. 2. Studio delle caratteristiche costruttive delle coperture: con- fronto tra la situazione del 1940 e lo stato attuale (immagini d’ar- zati tra il 1963 e il 1988 sono stati ricostruiti grazie chivio, da sinistra in senso orario: ACS Sede Succursale,b. 756 bis, agli archivi della Soprintendenza citata. Questi ulti- b. 748, b. 756 bis. Concessione alle pubblicazione Mibac - ASRM mi lavori, condotti dal Ministero dei Lavori Pubblici, 33/2016 con divieto di riproduzione).

riferimento. Speciale del Genio Civile per il Tevere e l’Agro Romano sulle 3 L’allestimento museale che ha conferito una nuova base delle direttive dell’architetto Vittorio Ballio Morpurgo, organizzazione alla sezione sull’archeologia del territorio è stato per poi essere realizzato da due imprese edili (Soc. Anonima realizzato dagli Architetti Batocchioni e Romagnoli nel luglio Fratelli Ingg. Damioli e Impresa Sbordoni Cozzani & C.) 2013, in occasione della mostra “Caligola, la trasgressione al con materiali da costruzione donati da diverse ditte italiane. potere”. A seguito dell’assegnamento del Museo al Polo Museale 5 ACS - Sede Succursale di via di Galla Placidia. Fondo: Ufficio del Lazio nel 2015, tale allestimento è stato in parte variato. Speciale del Genio Civile per il Tevere e l’Agro Romano, II 4 Il progetto della grande struttura venne curato dall’Ufficio Versamento, b. 721, b. 748, b. 756, b. 756bis, b. 947, b. 1327, b. 2044.

312 IL MUSEO DELLE NAVI ROMANE DI NEMI (RM): I DOCUMENTI D’ARCHIVIO PER IL RESTAURO me ad un nuovo allestimento museale, un progetto un edificio di tali dimensioni. Il Museo delle Navi di restauro definito da classi di operazioni distinte Romane di Nemi risulta quindi un caso esemplare per problematicità, filosofia d’intervento e per tipo- in cui una ricchissima documentazione su di un mo- logia d’elemento costruttivo. Sono stati così studiati numento, se conservata, possa permettere di leggere

Fig. 3. Schemi grafici della proposta di intervento per le coperture. principalmente il riassetto delle coperture (fig. 3), l’edificio nella sua più profonda essenza, influenzan- affette da numerose infiltrazioni, sin dalla loro co- do positivamente tutte le scelte d’intervento future. struzione, e il tema della reintegrazione dell’immagi- ne del museo, intervenendo su intonaci e coloriture, rivestimenti interni, lucernai in vetrocemento e ser- ANGELA DI PAOLA ramenti (tutti impropriamente alterati, nelle forme e [email protected] nei materiali) nel rispetto dell’autenticità materiale, degli aspetti storici ed estetici e senza trascurare l’in- ANNALISA FERRANTE cidenza economica, particolarmente importante in [email protected]

Bibliografia

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313 ANGELA DI PAOLA - ANNALISA FERRANTE rica fra conservazione e comunicazione, Bologna, 309-319. MALFATTI V. 1905: Le navi romane del Lago di Nemi, Roma. GHINI G. – GIZZI S. 1996: Il lago di Nemi & il suo museo, Roma. MARIANI L. 1941: Le navi di Nemi nella bibliografia, Roma. GHINI G. – PALLADINO A. – ROSSI M. 2014 (eds.): Sulle tracce di MORETTI G. – CAPRINO C. 1957: Il museo delle navi romane di Caligola. Storie di grandi recuperi della Guardia di Finanza al lago Nemi, (ed. Poligrafico dello Stato), Roma. di Nemi, Roma. PARIBENI A. 1997: “Archeologia e Tutela dei monumenti nel car- GHINI G. – VIGILANTE P. 2001: “Nemi, Museo delle Navi Roma- teggio Ricci-Paribeni”, in LOMBARDINI N.– Novara P.–Tramonti ne, l’intervento di valorizzazione museale”, in FILIPPI F. (ed.), Ar- S. (eds.), Corrado Ricci. Nuovi studi e documenti, Ravenna, 101- cheologia e Giubileo. Gli interventi a Roma e nel Lazio nel Piano 123. per il grande Giubileo del 2000, Napoli, 103-107. PORETTI S. 1994: “Tecniche di costruzione fra modernismo e au- GIZZI S. 2000: “Il museo delle navi di Nemi: un tentativo di ri- tarchia” in Roma moderna e contemporanea, a. II, n. 3, Roma, lettura di un’architettura di Ballio Morpurgo e relativi problemi sett.-dic., 776-796. di restauro” in GIMMA M. P. (ed.) Archivi, biblioteche e musei in PORETTI S. 2001 (ed.): La costruzione moderna in Italia. Indagini edifici storici, Viterbo, 100-113. sui caratteri originari di alcuni edifici, Roma. GIZZI S. 2001: “Tra università e istituzioni di tutela: Vittorio Bal- RICCI C. – RUSCONI A. J. – LUGLI G. 1927: Gloriose imprese arche- lio Morpurgo, Furio Fasolo e Bruno Maria Apollonj-Ghetti, in ologiche: il Foro d’Augusto a Roma, le Navi di Nemi, Pompei ed FRANCHETTI PARDO V. (ed.), La Facoltà di Architettura dell’Uni- Ercolano, Bergamo. versità di Roma ‘La Sapienza’ dalle origini al Duemila. Discipline, SALVO S. 2007: “Il restauro dell’architettura contemporanea docenti, studenti, Roma, 411-440. come tema emergente” in CARBONARA G. (ed.), Trattato di restau- GIZZI S. 2007: “Disegno di Italo Gismondi per il Museo delle ro architettonico, Aggiornamento 1, Torino 265-335. Navi di Nemi” in FILIPPI F. (ed.), Ricostruire l’Antico prima del UCELLI G. 1950: Le navi di Nemi, II ediz., Roma. virtuale. Italo Gismondi. Un architetto per l’archeologia (1887- UCELLI G. 1951: “Distruzione e ricostruzione del Museo delle 1974), Roma,179-183. navi romane di Nemi” in Atti della XLII Riunione della Società GIZZI S. 2007: “Rilettura di un’architettura di Ballio Morpurgo: il italiana per il progresso delle scienze (Novembre 1949), Roma, 1-7 Museo delle navi romane” in Lazio tra le due Guerre. Miscellanea storica del Territorio, Roma, 51-65.

314 Restauri e Manutenzione nel Museo delle Navi Romane di Nemi (Rm)

Anna Paola Briganti

1.Cenni storici preservare il Santuario dai frequenti impaludamenti e prosciugare la zona limitrofa al santuario, nel IV Il Lago di Nemi è un bacino di origine vulcanica sec. a.C. venne costruito un emissario che corre sotto posto a sud di Roma, tra Genzano e Nemi. Esteso Genzano e sotto la valle Ariccia per circa 1650 metri2.

Fig. 1. La Copertura del Museo in costruzione (Archivio Sopr. RomaMet) per circa 1,67 km2 con una profondità massima di 33 Il lavoro di scavo venne eseguito in contempo- metri, questo piccolo lago era già luogo sacro dall’an- ranea dalle due estremità (Valle di Ariccia e lago di tichità. Esistevano infatti nelle vicinanze un bosco e Nemi) e il punto di incontro si desume dalle diverse un luogo di culto dedicati alla dea Diana1. Al fine di direzioni dei colpi degli attrezzi di scavo. La galleria

1 Sul Santuario di Diana nemorense esiste una vasta bibliografia. 2 Placidi 2010. Si rimanda a: Braconi-Coarelli-Diosono-Ghini 2014.

315 ANNA PAOLA BRIGANTI

seconda nave4. Lo scafo era perfettamente conservato grazie al limo che lo aveva inglobato e protetto dagli agenti patogeni. Si evidenziarono i particolari strutturali, la gigantesca struttura dei timoni, vari elementi decora- tivi. Erano dei veri e propri palazzi naviganti che si spostavano lentamente con i remi, ad uso dell’impe- ratore Caligola, con impianti idraulici, pavimenti a mosaico e in marmo, ricchi colonnati. Un rifacimen- to galleggiante delle ricche dimore imperiali5.

Fig. 2. Il fronte interno a restauro completato – in evidenza il giun- to strutturale tra l’arco e la parete (foto A.P. Briganti). ha un andamento non rettilineo in quanto le squa- dre degli scavatori, i fossores, adattavano il percorso a secondo della diversa durezza degli strati di terreno che incontravano. La galleria, come era tipico della ingegneria romana, aveva vari pozzi di aerazione e controllo del cunicolo. In età imperiale Caligola fece costruire sul lago, per celebrarvi riti e feste in onore di Diana, due gi- gantesche navi ricche di sovrastrutture murarie ed impreziosite di bronzi, marmi ed altri materiali pre- giati. Le due navi, a chiglia piatta, interamente con- servate, erano rivestite esternamente di lana catra- mata e di lamine di piombo fissate al fasciame con chiodini di rame; misuravano una m 73 di lunghezza x 24 di larghezza e l’altra m 71 x 203. Le navi di Nemi furono oggetto di tentavi di re- cupero nel corso dei secoli. Leon Battista Alberti fu il primo, poi fu la volta di Francesco de Marchi; tre secoli più tardi, nel 1827, venne ritentata l’impresa da Annesio Fusconi ed infine da Eliseo Borghi alla fine del XIX secolo.. Fig. 3. La scala dopo il restauro (foto A.P. Briganti) Le navi furono definitivamente recuperate, con una operazione titanica, fra il 1928 (inizio delle ope- razioni di prosciugamento del lago) e il 1932. Per il 2. Il Museo loro recupero fu prosciugato parzialmente il lago, con l’ausilio di pompe idrovore che immettevano Fu deciso di realizzare un museo che potesse ac- l’acqua nel vecchio emissario. cogliere al suo interno le due navi e fu scelto il pro- L’impresa fu immane: ci vollero quattro mesi di getto dell’architetto Vittorio Ballio Morpurgo, uno duro lavoro per liberare l’emissario (in alcuni casi ad- dei massimi esponenti dell’architettura italiana degli dirittura ricostruirlo) e far defluire l’acqua pompata anni ’30, che decise di costruire un hangar-museo ma alla fine, il 28 marzo del 1929, affiorarono i resti dove ricoverare-esporre le navi. della prima nave. Il 30 gennaio del 1930 affiorò la Allievo di Gustavo Giovannoni, architetto con

3 Ucelli 1950. famiglia Ucelli alla Soprintendenza e consultabile on line sul sito 4 Le lunghe operazioni di recupero vennero meticolosamente htt://www.archivioguidoucelli.it. documentate da G.Ucelli, confluendo, oltre che nel testo Ucelli 5 Bonino 2003. 1950, in un Archivio cartaceo, generosamente donato dalla

316 RESTAURI E MANUTENZIONE NEL MUSEO DELLE NAVI ROMANE DI NEMI (RM) una consolidata attività accademica, allineato alle posizioni stilistiche di Piacentini, Morpurgo predi- ligeva e praticava un’architettura sobria, disadorna espressione di una moderna monumentalità. Que- sto incarico arrivò nel periodo di massima attività di Morpurgo, connotato da un netto distacco dalle matrici storiciste giovannoniane e da un graduale avvicinamento a cadenze novecentiste, in linea con i precetti di Piacentini. Il museo venne concepito come due grandi arse- nali navali affiancati, con gli invasi nei quali le navi sarebbero apparse come pronte per un ipotetico varo. Due corpi gemelli rettangolari uniti da una gal- leria centrale con ballatoio servito da scale elicoidali. La struttura era composta da una doppia serie di ar- chi in cemento armato, segnata sul fronte esterno da stilizzati propilei tripartiti, tema poi riproposto sia nei palazzi INA a L’Aquila (1938-40), sia nella casa della Confederazione fascista degli agricoltori a La- tina (1938). L’esposizione era concepita in modo da dare al vi- sitatore la possibilità di rimirare ambedue le navi in un unico colpo d’occhio (fig.1). La struttura museale è un classico esempio di ar- chitettura razionalista, con ampie vetrate e scale eli- coidali che portavano al terrazzo dal quale si poteva apprezzare il panorama del lago, mentre l’interno Fig. 4. Particolare del degrado di una delle due pensiline (foto A.P. tuttavia, con le grandi nervature che reggono il soffit- Briganti). to, ricorda un arsenale navale, come quello pontificio di Porta Portese, vetrate ed eleganti scale elicoidali che conducono al Le navi vennero inserite con l’ausilio di binari nel di sopra del tetto ad una terrazza praticabile da cui museo appositamente costruito tra il luogo di rinve- si gode un panorama inedito del lago, proprio sulla nimento e il santuario di Diana, ai primi del 1936. sponda ma in posizione elevata. Solo dopo il loro ingresso la facciata venne chiusa In seguito, tra il 1996 e il 2000, con i finanziamen- procedendo quindi ad un sistematico processo di ti del Giubileo, venne fatto un intervento di restauro conservazione e trattamento dei legnami. ed un allestimento museale. I modelli delle navi ri- Il museo si è inserito con delicatezza ed eleganza masero nell’hangar di sinistra, ed in quello di destra inglobando al suo interno la strada romana (che lo venne collocato un grande velario per distribuire attraversa in diagonale) e che conduce al santuario l’illuminazione e sottolineare la funzione espositiva di Diana. In epoca romana il lago lambiva il l’antico di reperti archeologici provenienti dal territorio limi- luogo sacro ma con il tempo, a causa dell’irreggimen- trofo, in particolare dal santuario di Diana, stretta- tazione delle acque piovane e dal frantumazione del- mente collegato alla funzione cerimoniale e residen- la proprietà, esso si è sempre più ritirato e si è anche ziale delle navi. molto abbassato dal livello originario. Dopo quel restauro non vi sono stati più finanzia- La notte tra il 31 maggio e il 1 giugno del 1944 menti adeguati alla grandezza della struttura, quindi un incendio, o forse un bombardamento, distrusse da quando ho avuto l’incarico della manutenzione il museo e le due navi. Si salvarono solo quei reperti del museo ho iniziato ad utilizzare i pochi fondi del- che erano stati precedentemente trasportati nel Mu- la manutenzione ordinaria non solo per risolvere le seo Nazionale Romano, dove sono in parte ancora urgenze, ma per impostare il restauro del manufatto esposti. Le due navi sono state riprodotte in sca- per parti cercando, attraverso la lettura dei docu- la 1/5, e questi modellini sono, l’uno dietro l’altro, menti e del monumento, di ripristinare l’immagine esposti in un’ala del museo delle Navi. del progetto originario, riconoscendo nell’architettu- La ricostruzione del museo fu fatta a cura del Ge- ra ‘moderna’ un patrimonio da tutelare al pari degli nio Civile esattamente come lo aveva concepito Mor- edifici antichi. purgo: un doppio hangar di calcestruzzo di dimen- Come osservò Giovannoni: “L’arte del restaurato- sioni sufficienti a contenere le due navi, che erano re non è fatta pei voli; è fatta d’osservazione, di lavoro lunghe poco meno di 80 metri, con grandi superfici silenzioso e paziente, di studio analitico e minuziosa-

317 ANNA PAOLA BRIGANTI mente ordinato, di abnegazione umile, che lo spinga a dedicare se stesso al restauro ed a considerarlo fatto per il monumento e non per il restauratore”6.

3. Il restauro del prospetto interno verso il lago I due grandi hangar uguali che costituiscono la struttura del museo sono sottolineati da 9 archi sim- metrici in c.a. con una fondazione costituita da plinti su pali, sempre in c.a.. Dopo l’inserimento delle due navi il fronte fu chiuso con un tamponamento sepa- rato dalla struttura portante da un elegante giunto che aveva lo scopo di evitare la formazione di cre- pe tra la tamponatura del fronte e l’arco strutturale, che avrebbero potuto prodursi a causa del diverso comportamento di fronte alle oscillazioni termiche e Fig. 5. Le pensiline prima dell’intervento di restauro (foto A.P. ai piccoli movimenti che una struttura così grande Briganti). avrebbe potuto subire nel corso dell’anno. Questo piccolo accorgimento tecnico che sot- curvilinea tra l’arco strutturale e la facciata, che era tolineava il fronte in modo così elegante e discreto si stata ostruita nel fronte interno dai precedenti in- era perso nel prospetto interno, sia nella ricostruzio- terventi, è stata ripristinata su entrambi i fronti per ne del Genio Civile che nei successivi restauri. la distanza di un centimetro e vi è stato inserito un Ogni anno il fronte si crepava sempre negli stes- giunto in plastica; in questo modo sono state evitate si punti alla congiunzione tra la tamponatura e l’arco le inutili e brutte crepe che ogni anno si formavano e strutturale. Questo errato restauro è stato corretto, sottolineavano la parete (fig. 2). purtroppo gradualmente nel corso di due anni, non essendo sufficienti i finanziamenti; sempre per caren- za di fondi non si è potuto rimuovere tutto l’intonaco 4. Il restauro delle pensiline e delle scale e sostituirlo con intonaco di malta e tinta a calce ri- pristinando i colori originari. Ci si è limitati a togliere Uno dei grossi problemi che affliggevano il museo le parti di intonaco ammalorate, sostituendole con era costituito dalle infiltrazioni di acqua che detur- intonaco di uguali caratteristiche; la congiunzione pavano il soffitto ed il velario. Dopo varie indagini

Fig. 6. La terrazza dopo il restauro (foto A.P. Briganti)

6 Giovannoni G, Il Restauro dei Monumenti, Roma 1931,VII, 2, 40.

318 RESTAURI E MANUTENZIONE NEL MUSEO DELLE NAVI ROMANE DI NEMI (RM) si è scoperto che le infiltrazioni maggiori proveniva- aveva indirizzato l’acqua verso i discendenti posti a no da una delle due scale in marmo che dal terrazzo fianco dei quattro pilastri centrali. E’ stato sostitui- centrale conducono ai due terrazzi simmetrici che si to completamente il massetto utilizzandone un tipo affacciano sul lago come le prue di due navi gemelle. appropriato, si è steso un impermeabilizzante come Si è deciso di smontare e rimontare la scala di si- finitura superiore, sono state ripristinate le pendenze nistra (guardando il lago) e si è constatato che nel verso i discendenti dopo averne verificato l’efficienza precedente rifacimento i gradini erano stati montati ed è stata ripristinata l’eleganza del disegno originale con la pendenza sbagliata: l’acqua non defluiva bene (fig. 6). e ristagnando verso l’interno del gradino aveva scava- Esattamente come nel restauro tradizionale, an- to un percorso fino al soffitto sottostante. che in quello concernente il moderno si rivela utile I gradini sono stati smontati, numerati ed accata- una strategia complessa e raffinata, sostenuta da una stati e, dopo aver rifatto il massetto sottostante con ‘progettualità’ altrettanto delicata e rispettosa.7 le giuste pendenze, sono stati riposizionati in modo In conclusione è quindi necessario articolare gli corretto (fig. 3). interventi criticamente, caso per caso, valutando tut- Le due pensiline erano completamente ammuffi- to con sensibilità artistica e vivo senso storico, sì da te: anche qui l’acqua aveva completamente distrutto conseguire un risultato ‘scientificamente’ corretto ed il massetto superiore e si era infiltrata fino a far di- ‘esteticamente’ apprezzabile. staccare l’intonaco sottostante. “Per manutenzione si intende il complesso delle Si è proceduto con lo stesso sistema adoperato per attività e degli interventi destinati al controllo del- la scala: è stato demolito il massetto e sono state libe- le condizioni del bene culturale e al mantenimento rate le pensiline da strati e strati di guaina che erano dell’integrità, dell’efficienza funzionale e dell’iden- stati sovrapposti l’uno all’altro, forse nella speranza tità del bene e delle sue parti”. Art. 29 c.3 D.Lgs che aumentando lo spessore della guaina si potesse 42/2004, Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. migliorare la protezione dall’acqua. In questo modo invece si era solo ottenuto di stravolgere le pendenze disegnate da Morpurgo e far ristagnare l’acqua dove ANNA PAOLA BRIGANTI non doveva (figg. 4-5). Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio Una volta smantellati gli strati di guaina e tutto il per l’area metropolitana di Roma, la provincia di massetto, si è compreso che le pensiline non erano Viterbo e l’Etruria meridionale munite lungo il perimetro di gronde di raccolta delle [email protected] acque meteoriche perché la pendenza del manto di copertura non era rivolta verso i bordi bensì verso l’interno della struttura; Morpurgo in modo elegante

Bibliografia

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7 L’archivio privato Morpurgo è conservato a cura della Roma, 243; GIZZI S. 1996: “Rilettura di un’architettura di Ballio famiglia Santoro presso lo studio in via del Plebiscito 107, Morpurgo.: il Museo delle navi romane”, in GHINI G – GIZZI Roma. AA.VV 1984, Roma Capitale 1870 1970 - Architettura S., Il Lago di Nemi e il suo Museo, in Didaktika (Quaderni della e Urbanistica. Uso e trasformazione della città storica, Venezia. Soprintendenza Archeologica del Lazio), Roma, 51-65; Ciranna Per l’attività progettuale a Roma dal 1921 al 1930 si rimanda ai S. 2001: s.v. Ballio Morpurgo V., in Dizionario dell’architettura fascicoli depositati in Roma, Archivio Capitolino, Ispettorato del XX secolo, Torino-London, IV, 370 ss.; Gizzi S., “Tra edilizio, ad indicem. Un regesto dei numerosi saggi sulle opere università e istituzioni di tutela: V. Ballio M., Furio Fasolo e di Morpurgo tra il 1924 ed il 1943 si trova in: V.Ballio Morpurgo Bruno Maria Apollonj-Ghetti”, in Franchetti Pardo V., La in Atti dell’Accademia naz. di S. Luca, VIII (1970), suppl. 3, p. facoltà di architettura dell’università “La Sapienza”dalle origini 22; Neri M.L. (ed.) “Gli architetti romani attraverso le riviste al Duemila, a cura di, Roma 2001, pp. 411-452; GHINI G. 2007: di architettura (1920-1970): repertorio critico delle opere”, in “Il Museo delle navi romane a Nemi” in Lazio tra le due guerre, Boll. della Biblioteca della facoltà di architettura dell’Università “Miscellanea storica del territorio”, Roma 37-49; NICOLOSO P. degli studi di Roma La “Sapienza”, 1990, nn. 42-43, 130; 1992, 2008: Mussolini architetto, Torino, ad ind; Santoro P. - Vendittelli n. 47, 130; 1993, nn. 48-49,112. Per testi sull’architettura M. 2009: “Dall’ornamento applicato al gioco del dettaglio. Gli del periodo razionalista italiano si veda: Muratori G. 1995, interni di V. Ballio Morpurgo”., in Forme moderne, I (2009), 2, Muratori G. (ed.) Cantieri romani del novecento, maestranze, 40-49. materiali, imprese, architetti nei primi anni del cemento armato,

319 L’Archivio Guido Ucelli e la sua informatizzazione

Federica Savelli

Il 9 aprile 1927, in un discorso alla Reale società ro- antichi romani diede origine ad una raccolta cospi- mana di storia patria, il capo del governo, Benito cua di documenti che costituiscono oggi l’archivio Mussolini, annunciava la decisione di recuperare le generosamente donato dalla sua famiglia allo Stato due navi romane sommerse nel lago di Nemi1. in seguito alla sua morte3. Il lavoro informatico svol- Dopo secoli di tentativi falliti rivelatisi profon- to sul fondo Ucelli è stato suggerito dai primi esi- damente dannosi per i cimeli sommersi, finalmente ti dell’indagine da me condotta sui documenti che lo Stato, anche se con evidenti fini propagandistici, conserva, nell’ambito delle attività di ricerca e di di- provvide al recupero scientifico e sistematico delle due navi, che poterono essere studiate, conservate e musealizzate. L’impresa di Nemi, conclusasi nel 1940 con l’inaugurazione del Museo delle Navi, è stata una vicenda di interesse internazionale, rilevante da un punto di vista storico e politico ed esemplare per l’approccio scientifico e tecnologico alle ricerche ar- cheologiche e conservative compiute. Uno dei principali sostenitori dell’iniziativa fu l’ingegnere Guido Ucelli (fig.1), Consigliere delegato della Società costruzioni meccaniche Riva, che offrì a titolo gratuito le idrovore necessarie allo svaso del lago, in seguito al quale fu possibile lo scavo delle antichità sommerse. La vita di Guido Ucelli si distinse eccezionalmen- te per l’impegno scientifico e culturale: fu ingegnere dirigente dell’antico gruppo industriale lombardo, ideatore e promotore dell’istituzione del Museo Na- zionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, Cavaliere del lavoro, presidente della Commissione provinciale delle bellezze naturali di Milano e provincia, membro del Comitato italiano ICOM-UNESCO per i musei; fu nominato Officier d’Académie dal Ministero dell’educazione nazionale della Repubblica francese e ricevette due medaglie dal Ministero dell’Educazione Nazionale italiano per l’impegno dedicato all’impresa di Nemi e alla realiz- zazione del museo milanese2. Nel corso degli anni in cui seguì l’impresa ne- morense e in cui approfondì i suoi studi sulle navi dell’antichità e sulla scienza, la tecnica e l’arte degli Fig. 1.Guido Ucelli

1 Popolo d’Italia 1927. Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale ed è oggi 2 Ucelli 1965. consultabile online all’indirizzo http://www.archivioguidoucelli. 3 L’Archivio Guido Ucelli è curato dalla Soprintendenza it Altri documenti di archivio di Guido Ucelli sono conservati Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di presso il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano.

321 FEDERICA SAVELLI dattica del Dipartimento di Studi storico-artistici, ar- l’avanzamento degli scavi e un intervento più deciso cheologici e sulla conservazione dell’Università degli da parte dello Stato per la costruzione del museo per Studi Roma Tre4. Il mio studio era finalizzato a deli- il ricovero delle navi. Sono poi documentati i costanti neare la figura dell’ingegnere Guido Ucelli e le sue contatti con i ministeri della Pubblica Istruzione, dei iniziative di conoscitore attraverso la ricostruzione Lavori Pubblici e della Marina, da cui ricevette e a della complessa vicenda archeologica e conservativa cui fornì una infinita quantità di informazioni per i del recupero delle navi di Nemi, anche all’interno suoi studi e per il coordinamento dell’impresa. Fon- dello scenario che rese possibile la nascita dell’ar- damentale per gli studi relativi a tutti i cimeli recu- cheologia subacquea come disciplina propriamente perati dal fondo e sulle rive del lago, preliminari alle scientifica e in riferimento all’evoluzione dei meto- scelte conservative effettuate poi dalla Commissione di di conservazione delle antichità sommerse. Primo archeologica nemorense, fu il coinvolgimento di isti- esito della ricerca è stato quello di individuare come, tuti industriali e laboratori scientifici: a quello diretto grazie alla sua formazione scientifica e tecnologica da Achille Romagnoli Ucelli affidò gli esami di alcu- e ai suoi interessi storico-artistici, l’ingegnere Ucelli ni campioni della lamina di piombo del rivestimento si inserì perfettamente nel clima internazionale che della carena delle navi; la Reale stazione sperimentale vide, entro la fine degli anni Venti del Novecento, per l’industria della carta e lo studio delle fibre tessili la nascita di un connubio tra le discipline scientifi- vegetali, fu il referente principale per le analisi sui che e la ricerca archeologica e storico-artistica, che si campioni di tessuto e delle gomene delle navi. Per l’e- avviava a divenire sempre più sistematico. In quegli same chimico e metallografico di alcuni reperti e per anni, numerose furono le conferenze di livello in- gli studi sulle tecniche di saldatura dei metalli usate ternazionale volte ad affrontare tali prospettive, alle dagli antichi romani furono invece interpellati il La- quali parteciparono anche studiosi italiani quali Cor- boratorio chimico italiano minerometallurgico, l’In- rado Ricci, Salvatore Aurigemma e Umberto Cial- stitut of Metals di Londra, l’Istituto Scientifico Erne- dea, protagonisti delle vicende nemorensi5. In occa- sto Breda e le Acciaierie e Ferriere Falck. Le analisi sione dell’impresa di Nemi, Guido Ucelli promosse mineralogiche e microchimiche su alcuni campioni il contributo di una disciplina come l’ingegneria alle di mosaico furono affidate alla I.G. Farbenindustrie ricerche storico-artistiche; lo studio ha rilevato, poi, Aktiengesellschaft, con la mediazione dello studioso le sue capacità precorritrici nel raccordare le diverse René Bohn. Le carte conservate dall’ingegnere Ucelli attività, personalità e discipline che hanno riguardato mostrano dunque il vero e proprio lavoro da lui svol- in particolar modo questo progetto, quando riuscì a to dietro le quinte attraverso questi enti. coordinare una équipe di specialisti di diversi ambiti È chiaro come dallo studio attento del fondo si scientifici (geologico, fisico, idrobiologico, chimico possano anche comprendere i metodi di lavoro e le e paleobotanico) e affiancarli ad archeologi e storici tecniche di ricerca archeologica e scientifica utilizza- dell’arte. L’impresa di Nemi rappresenta infatti uno te al tempo, sia in ambito nazionale che internazio- dei primi esempi di interdisciplinarietà in un proget- nale. Di massima rilevanza è il contenuto epistolare, to archeologico-conservativo, perlomeno in Italia. relativo al fitto scambio di opinioni e contributi su Nel ricordare Guido Ucelli e le iniziative nemo- ricerche comuni, tra l’ingegnere Ucelli e specialisti di rensi, Guglielmo De Angelis D’Ossat6 dichiarò che diversi ambiti, come Luigi Jacono, che attese ai rilievi da «uomo sereno, volitivo ed esemplarmente tenace, delle due navi, Giuseppe Cultrera, primo direttore [l’ingegnere] seppe coordinare i mezzi e le fasi dell’av- dei lavori di scavo, Pericle Perali e Olga Elia, studiosi venturosa iniziativa, procurarle gli aiuti più vari e più d’arte antica. Non si possono non citare i direttori e validi e infondere fiducia e certezza»7. i funzionari di istituzioni museali internazionali con Testimoni della veridicità di queste parole sono i i quali interagì per lo studio delle opere conservate seimila documenti dell’Archivio Ucelli che svelano i presso questi istituti, recuperate durante gli scavi ot- molteplici rapporti da lui intrapresi con le istituzioni tocenteschi condotti nella zona del santuario di Dia- governative, culturali e scientifiche, italiane ed estere, na8. affinché il recupero e la conservazione delle due navi Di notevole rilevanza appaiono tutte quelle rela- romane e gli studi su di esse potessero essere com- zioni tecniche, resoconti di riunioni, lettere e appunti piuti con risultati di eccezionale rilievo. Vi ritrovia- grazie ai quali si viene a conoscenza della lunga dia- mo i resoconti delle udienze con il capo del governo, triba che ha coinvolto per lunghi anni molti esperti durante le quali il suo spirito di conoscitore incalzava nella scelta di un corretto metodo per la conserva-

4 Savelli, 2005; Savelli, 2006. e belle arti, di cui assunse la direzione dal 1947 al 1960. 5 Il XII Congrès International d’Histoire de l’Art (Bruxelles, 20- 7 Ucelli 1965, 20. 29 settembre 1930) e la Conferenza Internazionale per lo Studio 8 Ad opera di Sir John Savile Lumley nel 1855 e Luigi Boccanera dei metodi scientifici applicati all’esame e alla conservazione nel 1887. Gli istituti interessati sono il British Museum di Londra, delle pitture (Roma, 1930). il Museum of Fine Arts di Boston, l’Art Gallery di Nottingham e 6 Dal 1907 fu architetto della Direzione Generale alle antichità la Gliptoteca Ny-Carlsberg di Copenhagen.

322 L’ARCHIVIO GUIDO UCELLI E LA SUA INFORMATIZZAZIONE zione delle due navi9. Si richiese la consulenza della spondenza dei documenti raccolti quali fonti per la Reale stazione di patologia vegetale di Roma e della redazione dell’opera pubblicata da Ucelli nel 1940, Società anonima Rossi Tranquillo di Milano che si Le navi di Nemi:12 molte delle fotografie che esso avvalse del parere dell’ingegnere Moll, specialista eu- conserva sono state pubblicate in tale testo; tra gli ropeo del settore10. appunti personali dell’ingegnere si leggono frasi e Ma le proposte maggiormente prese in considera- riferimenti bibliografici e si ritrovano disegni e dati zione dalla Commissione archeologica furono quelle riconoscibili all’interno della pubblicazione; infine, di Umberto Cialdea, di Renato Mancia e il metodo tutte le relazioni intraprese con i diversi studiosi e le utilizzato per la conservazione delle navi vichinghe istituzioni precedentemente citati, e le loro pubblica- di Oslo. Metodi dibattuti, osteggiati o appoggiati dai zioni, risultano essere le principali fonti dell’opera. diversi membri della Commissione, che infine decise L’archivio, dunque, si presenta oggi come uno per il trattamento norvegese che prevedeva il conso- strumento che da un lato appare specifico, minuzio- lidamento delle strutture con applicazioni di catrame so e completo, dall’altro eccezionalmente poliedrico; vegetale. Oggi si possono individuare i limiti di tali il suo studio denota l’entità del ruolo di Guido Ucelli scelte conservative, soprattutto perché il trattamento nel compimento dell’impresa nemorense e il valore iniziò tardivamente, nel momento in cui si era quasi che hanno i documenti da lui raccolti nella ricostru- compiuta la totale essiccazione del legno, ma, in ge- zione di ogni particolare della vicenda. E non solo, nerale, lo sforzo organizzativo e le operazioni effet- perché la lettura di questi testi mette in luce anche tuate, che possiamo conoscere grazie all’entità della altre vicende archeologiche, studi di diversi ambiti documentazione Ucelli al riguardo, si possono con- scientifici, episodi sulla conservazione delle antichi- siderare un’esperienza significativa che sarà esempio tà, sull’attività scientifica di musei e altre istituzioni imprescindibile per ogni sperimentazione successiva. italiane e internazionali. Abbiamo, poi, a disposizio- L’archivio Ucelli si compone anche della maggior ne i carteggi di altri studiosi, quali Vittorio Malfatti parte delle fonti necessarie alla ricostruzione storica e Ugo Antonielli, a cui l’ingegnere poté accedere e delle vicende relative alle due navi e al loro recupero che riprodusse personalmente, e una ricca rassegna definitivo; molte volte le notizie sugli interventi, la stampa raccolta tra gli anni Venti e gli anni Cinquan- musealizzazione, la distruzione, ma anche molti dei ta del Novecento che, non essendo limitata al solo ar- dati tecnici emersi dagli studi su di esse sono docu- gomento nemorense, mostra uno spaccato dell’Italia mentati grazie a carte inedite, mai pubblicate. L’ar- prima e dopo la seconda guerra mondiale. chivio custodisce anche un cospicuo corpus fotogra- La notevole rilevanza storico-artistica, critica e fico che testimonia ogni singolo aspetto dell’impresa, tecnico-scientifica dei documenti, ha esortato a pro- dai giorni della firma delle convenzioni al momento cedere alla loro catalogazione e digitalizzazione, una dell’inaugurazione del nuovo Museo navale di Nemi scelta finalizzata al riordino, all’analisi e alla conser- negli anni Cinquanta. Anche in questo caso, spesso vazione degli stessi, allo scopo di ottimizzare le futu- si tratta di esemplari unici poiché durante la seconda re ricerche in archivio. guerra mondiale il deposito di Genzano, che conser- Il lavoro di riordino e informatizzazione, final- vava la documentazione fotografica relativa all’im- mente pubblicato e consultabile all’indirizzo http:// presa, fu distrutto dai bombardamenti. www.archivioguidoucelli.it/, mette a disposizione di Un documento, in particolare, testimonia quanto ciascun possibile fruitore di questo archivio la sua l’opera di Ucelli avesse lasciato il segno nella memo- struttura generale, gli aspetti peculiari di ogni singo- ria istituzionale e fosse ancora ritenuta fondamentale lo documento e, avendo a disposizione l’indicazione nel momento della ricostituzione del museo di Nemi, della loro collocazione, la consultazione ne risulta danneggiato dall’incendio del 1944 che distrusse gli facilitata. importanti cimeli romani. Questo straordinario lascito dell’ingegnere Ucelli L’ingegnere fu incaricato dal Ministero della costituisce uno strumento di conoscenza che si rivol- Pubblica Istruzione di seguire le trattative per la ri- ge a studi di molteplici ambiti e discipline e la sua costruzione dei modelli delle navi e i restauri dell’e- informatizzazione ne facilita la consultazione e divul- dificio, e di curare, d’intesa con la Soprintendenza gazione, in linea con il progresso degli studi in tema alle Antichità di Roma e secondo i precetti da lei sta- di tecnologia applicata alle ricerche in campo storico, biliti, il riassetto museale del materiale archeologico archeologico e artistico. superstite e dei modelli lignei, e altre eventuali fasi del nuovo progetto11. FEDERICA SAVELLI Infine, un dato sicuro che risulta dallo studio [email protected] approfondito dell’archivio è la quasi totale corri-

9 Per una analisi della intera vicenda conservativa del recupero 11 Agu, 1949. delle navi di Nemi si veda Savelli, 2015, 479-526. 12 Il volume è stato più volte rieditato dal Poligrafico Generale 10 Agu, 1931. dello Stato; si veda Ucelli 1950. 323 FEDERICA SAVELLI

Bibliografia

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324 Nuove evidenze archeologiche nel territorio comunale di Lanuvio

Francesca Accurso – Luca Attenni – Francesco Castellani -– Silvia Matta – Lucia Rita Pisano

A Lanuvio, in occasione di opere di urbanizzazione una serie di strutture archeologiche dislocate in tre condotte nel periodo compreso tra Luglio 2014 diverse aree all’interno dell’abitato moderno (figg. e Marzo 2015 da Acea SPA, sono venute alla luce 1-2)1. La prima si trova nell’area di campagna subito

Fig. 1. Carta Archeologica su base catastale di una porzione del territorio di Lanuvio (elabo- razione grafica di L. Attenni e O. Lolli).

1 Per ulteriori approfondimenti: Attenni 2013.

325 F. ACCURSO - LUCA ATTENNI - F. CASTELLANI - S. MATTA - L. R. PISANO

Fig. 2. Lanuvio, planimetria del santuario di Giunone Sospita realizzata da Italo Gismondi. L’area dei nuovi rinvenimenti è indicata dalla freccia. a nord-ovest delle già note ville “ad bivium”. Gli scavi, impiegati, sembrerebbero riferibili ad un impianto di non ancora completati, hanno rivelato la presenza di carattere pubblico della metà del II sec. d.C. alcune strutture in opera laterizia con tamponamenti Il ritrovamento, in uno degli strati di crollo, di in opera vittata in buono stato di conservazione che, un bollo laterizio orbicolare databile tra il 198 ed il per numerosi elementi architettonici e planimetrici, 211 d.C.2, come anche le numerose tamponature in sembrerebbero, allo stato attuale dei lavori, riferibili opera listata rinvenute, testimonierebbero continuità ad un impianto termale di dimensioni considerevoli di utilizzo della struttura almeno fino alla tarda età (fig. 3). Lo scavo ha permesso inoltre di indagare severiana. parzialmente due ambienti -apparentemente La seconda area di scavo è collocata m 60 a sud-est quadrangolari- e parte di un criptoportico rispetto al portico tardorepubblicano del santuario monumentale. Uno dei due ambienti, identificato di Giunone Sospita, lungo via Sforza Cesarini (fig. come caldarium, conserva parte del sistema di 2)3. Si tratta di alcune strutture in opera reticolata riscaldamento costituito da tubuli fittili, ben visibili con mazzetta in blocchetti di tufo4 che presentano lungo le pareti occidentale e settentrionale, dove si tamponature in opera listata. Esse potrebbero, vista apre anche la bocca del praefurnium. Le strutture la vicinanza, essere pertinenti ai muri in reticolato per vastità, complessità e ricchezza dei materiali presenti al centro del Parco della Rimembranza fino

2 CIL XV 602. Il bollo su due registri (OPˑ DOL ˑEX ˑPR ˑAVGG in unarco cronologico racchiuso tra I sec. d. C. e la tarda età NN ˑFIG ˑPERIOR ˑLANI RVFINI). Il signum è un Mercurio imperiale (fino al IV sec. d. C.) . Purtroppo l’area indagata è che sulla spalla pende una clamys e tiene a destra un caduceo. stata oggetto di interventi moderni che in parte ne hanno Tutti elementi che permettono di identificare sia la figlina di un compromesso la leggibilità. Si tratta di alcune strutture edificate certo Superior spesso abbreviato in SVP che l’officinator un certo nella prima fase in opera reticolata con mazzetta in blocchetti di Lanius Rufus. tufo. Quello che presenta la fase cronologica più antica è un muro 3 Attenni 2008; Attenni 2011; Attenni 2012; Attenni 2014. a “L” (USM 10) posto nel settore occidentale, che si conserva a 4 Le evidenze messe in luce tra Dicembre 2014 e Marzo livello di fondazione, anche se a tratti sono evidenti alcuni cubilia 2015 sono riferibili a facies di frequentazione romana inseribili del paramento. La presenza a distanza di 1 metro di un muro in

326 NUOVE EVIDENZE NEL TERRITORIO COMUNALE DI LANUVIO

Fig. 3. Lanuvio, via del tempio di Giunone: pro- spettica dell’area di scavo vista da sud.

Fig. 4. Via Giacomo Matteotti: cantiere di scavo; vista prospettica dell’ambiente con murature in po- ligonale da nord. agli inizi del secolo scorso5. Durante le operazioni Lorenzo. Nelle operazioni di scavo sono state messe di scavo sono state poi rinvenute le porzioni di tre in evidenza strutture murarie costituite da blocchi di colonne in peperino che potrebbero -il condizionale peperino e materiale di reimpiego, che sostruiscono è d’obbligo- essere pertinenti alle strutture l’andamento ripido della zona in questione, un muro sopramenzionate, di cui si ignora la destinazione in opera reticolata, che, con un andamento est/ovest, d’uso. Il materiale ceramico rinvenuto si inquadra ricopre in diagonale quasi l’intera area di scavo, una cronologicamente tra la fine del I sec. d.C. e la struttura in poligonale di peperino di non chiara fun- seconda metà del III sec. d.C. (sigillata africana e zione e cronologia (fig. 4), un piccolo acquedotto (?) ceramica da fuoco). e un tratto di strada basolata che per l’orientamento La terza area si trova in via Giacomo Matteotti n. est/ovest potrebbe essere la stessa direttrice indicata 22, sulla pendice nord-orientale della collina di San con il n. 29 della fig. 1 (fig. 5)6. Il materiale ceramico

reticolato (USM 3) con lo stesso orientamento del precedente ingloba un segmento del reticolato- un ambiente che presenta che ha vissuto una fase di utilizzo maggiore lascia pensare che la un’apertura alla soglia pavimentale prima di continuare verso est rasatura del primo fosse avvenuta in antico e in connessione con per circa m 7. Invece a ovest il muro piega a sud per circa m l’elevazione del secondo. A est del secondo muro in reticolato 1,50. Segue per i finali m 2,50 circa con un’opera costruttiva che si appoggia un piano pavimentale in travertino e peperino, recupera blocchi e spezzoni di peperino (USM 7). molto lacunoso ed in parte coperto da un robusto conglomerato 5 Attenni 2004. cementizio, quando si crea con il muro in listato (USM 5) -che 6 Attenni 2010. 327 F. ACCURSO - LUCA ATTENNI - F. CASTELLANI - S. MATTA - L. R. PISANO

Fig. 5. Via Giacomo Matteotti: cantiere di scavo, planimetria delle strutture archeologiche. recuperato, tra cui si segnalano due lucerne a vernice nera e un frammento di dolio, è perlopiù inquadrabi- F C le cronologicamente nel III sec. a.C.. independent researcher La presenza di tali strutture avvalora ulterior- mente l’ipotesi, già espressa in altre sedi, che l’abi- SILVIA MATTA tato dell’antica Lanuvium si estendesse, nel versante independent researcher nord, a ridosso dell’Appia Antica7. [email protected]

LUCIA RITA PISANO independent researcher FRANCESCA ACCURSO [email protected] independent researcher [email protected]

LUCA ATTENNI Direttore Museo Civivo di Lanuvio [email protected]

Bibliografia

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7 Attenni 2013; Attenni - Ghini 2016.

328 Ricerche nella cripta della Basilica Cattedrale di Sant’Agapito Martire a Palestrina

Andrea Fiasco

1.Premessa 1123)2. Il 16 dicembre del 1117 Pasquale II Raineri (1099-1118) consacrò la chiesa, detta superior eccle- Nel 2014 è stato avviato un progetto1 di ricerca sia3, la cui costruzione inglobò sia il tempio di Giove, sulla cripta (fig. 1) della Basilica Cattedrale di Sant’A- posto sul versante occidentale della piazza del Foro gapito martire a Palestrina (Roma). Le testimonianze della città antica (Praeneste) che parte dell’area retro- epigrafiche riferiscono la sua dedicazione il 13 gen- stante, compresa fra il tempio e la basilica. Nel 1436- naio del 1116, durante l’episcopato di Conone (1108- 37 il cardinale Giovanni Vitelleschi assediò la città su

Fig. 1. La cripta della Cattedrale di Palestrina. Situazione odierna (foto A. Fiasco).

1 Il progetto, nato da una collaborazione fra l’allora per aver permesso l’avvio del progetto e l’Arciprete Parroco don Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria Ludovico Borzi, del Capitolo della Cattedrale, per la sensibilità e Meridionale, la Diocesi di Palestrina e il Capitolo della la collaborazione dimostrata. Cattedrale di Sant’Agapito, è ancora in corso e ha come obiettivo 2 Su Conone si veda Cadderi 1974; Hiestand 1972. il recupero definitivo, la valorizzazione e la nuova fruizione della 3 La disamina scritta più adeguata sulla storia della Basilica cripta della Basilica. Si ringrazia la dott.ssa Sandra Gatti, che ha Cattedrale di Sant’Agapito martire, anche se oramai datata, resta supervisionato l’intervento di studio e l’indagine archeologica, quella del Marucchi 1918. S.E. Mons. Domenico Sigalini, Vescovo della Diocesi Prenestina, 329 ANDREA FIASCO

Fig. 2. Planimetria della cripta e dell’area archeologica di p.zza Regina Margherita con sovrapposizione su contesto attuale. mandato di Eugenio IV Condulmer (1431-1447), in Le ricerche hanno preso avvio con la schedatura lotta al tempo contro i Colonna. La Cattedrale fu sac- delle unità murarie (USSM) e pavimentali (USSR) in- cheggiata e furono depredate dalla cripta le reliquie dividuate nell’ambiente. Ciò ha permesso di deline- di Sant’Agapito e di altri santi4. Solo nel 1882 saggi di are, per quanto ancora provvisoriamente, un primo scavo condotti da Rodolfo Lanciani5 individuarono quadro cronologico e un elaborato planimetrico inte- nuovamente alcune porzioni della cripta, che fu ri- grato anche con le preesistenze visibili esternamente, scoperta parzialmente (135 mq.) fra il 1972 e il 1974 su Piazza Regina Margherita (fig. 2)7. sotto la direzione di Furio Fasolo6.

4 Le reliquie furono condotte a Corneto (Tarquinia) e custodite 6 La documentazione dei lavori di sistemazione del presbiterio nella chiesa di San Francesco dove sono registrate negli inventari e degli scavi effettuati da Furio Fasolo in occasione di questo a partire dal 1446, « […] una buona parte del capo di S. Abbondo intervento è attualmente in corso di studio e inventariazione Martire, delle reliquie di S. Gordiano Martire, la testa e buona presso l’Archivio Storico della Diocesi di Palestrina. parte del corpo di S. Agapito Martire da Palestrina […]». Insolera 7 Sono grato per la redazione della documentazione grafica 2007, 112. all’ing. Matteo Tomassi, a cui debbo la planimetria della Catte- 5 Le indagini effettuate all’interno della Cattedrale furono av- drale, al geom. Paolo Giovannini per le misurazioni effettuate viate a partire dal 1882 e rientrano nei grandi lavori che stravol- con strumentazione avanzata, finalizzate alla sovrapposizione sero l’impianto medievale della Basilica e che furono program- delle strutture antiche sull’area dell’edificio liturgico e degli spa- mati e poi realizzati nel corso di un trentennio in previsione dei zi limitrofi e alle studentesse della Sapienza Università di Roma festeggiamenti per l’ottavo centenario dalla dedicazione della Susanna Macale, Cecilia Chiapparelli e Sara Torresan che mi Cattedrale (1917). La documentazione delle ricerche è conser- hanno supportato nella redazione delle schede e nell’indagine vata presso l’Archivio Centrale dello Stato, nel fondo Antichità archeologica. e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione.

330 RICERCHE NELLA CRIPTA DELLA BASILICA CATTEDRALE DI SANT’AGAPITO MARTIRE A PALESTRINA

2. L’età romana

La fase medio repubblicana (fine IV - inizio III a.C.) è rappresentata da una porzione in blocchi di peperino (USM28) del lato nord del podio del tem- pio di Giove8, a cui si appoggia ciò che resta di una crepidine (USM30) dello stesso materiale che doveva fiancheggiare il basolato stradale in calcare (USM31, est-ovest). A partire dal II sec. a.C., nell’ambito de- gli interventi di rinnovamento urbanistico che inte- ressarono l’area del Foro, una gradinata in calcare (USM29) obliterò la vecchia crepidine e parte della strada. Dall’altra parte l’asse stradale era fiancheggia- to da un portico a due piani, pavimentato al livello inferiore con lastre di peperino (USSR12,15,20) e terminante sul fondo con un possente muraglione in opera quadrata (USSM4,8) a contenimento an- che del soprastante piano della basilica. Sotto il pa- vimento del portico correva un collettore fognario9 in conglomerato cementizio e rivestimento in opus incertum (USM24), in cui furono convogliate le ac- que meteoriche provenienti dalla basilica10. Poiché l’orientamento del portico segue parallelo quello del tempio, non è da escludere che questa sistemazione, sebbene parzialmente, possa già assegnarsi alla fase medio repubblicana11.

3. L’età altomedievale

Nell’898 d.C. le reliquie di Sant’Agapito furono traslate in città dal santuario martiriale12, situato in località Quadrelle. La traslazione13 richiese un inter- Fig. 3. La sepoltura monumentale presente all’interno della cripta prima dello scavo. vento di rifunzionalizzazione dell’antico tempio di 14 Giove e dell’area circostante . A questa fase è da as- dei muri perimetrali della cella del tempio17. L’epi- sociare la grande croce scalfita sul muro di fondo in grafe, con dedica a Sant’Agapito, costituisce la più blocchi di tufo (USM4) del portico romano, scoperta antica attestazione del culto del Santo all’interno in occasione della campagna di rilevamento. Essa si dell’area urbana. La sua presenza su un blocco del- annovera nella comune simbologia grafica riferibile la parete esterna della cella del tempio conferma al alla religiosità cristiana e alle aree adibite al culto dei tempo l’avvenuta riconversione dell’edificio a luogo martiri15. Questa fase è confermata anche dall’iscri- di culto cristiano e induce a ritenere che l’antico pro- zione funeraria del vescovo prenestino Theophilactus nao fu adibito ad area di seppellimento dei vescovi (963 d.C.), graffita su un blocco di tufo visibile su diocesani18. uno dei pilastri interni alla navata sinistra della chie- sa16. I pilastri della Cattedrale inglobano gran parte

8 Sul tempio di Giove si veda Zevi 1989, 33-48; Riemann 1983, alla passio Sancti Agapiti riportata negli Acta Sanctorum (Augusti, 233-254 e 1986, 35-404. pp. 531-538). 9 Riera, 1994, 38-417. 14 Sul riuso di strutture templari per l’edificazione di chiese si 10 Su questo tema fondamentale, anche se più datato, lo studio veda Vaes, 1989, 299-319. di Delbrueck (1907-1912, pp. 47-90) e il più recente lavoro di 15 La croce richiama la forma a tau detta anche “commissa”. La Pittaccio (2001, pp. 48-49). presenza di preparazione ad intonaco all’interno della scalfitura 11 Sulla relazione fra il tempio, la crepidine, e le altre strutture sulla pietra testimonia che in età romanica essa venne ricoperta presenti nell’area edificate nella stessa tecnica costruttiva quali dall’intonaco dipinto che decorava le superfici interne dello spa- il Ninfeo dei Pesci, l’Erario e probabilmente i ninfei di via del zio. Si veda De Jerphanion, 1930, 138-164. Borgo, si veda Gatti, 2004 pp. 53-66 e 2013 pp. 9-24. 16 La scoperta si deve al Marucchi (1930, 541). Si veda anche 12 Sul santuario martiriale si veda Scognamiglio (1865) Maruc- Teofilatto, 1996, pp. 9-11 e Beolchini, 2006, 31-109. chi (1898, 97-98 e 1899, 225-244) e Pani Ermini, Giordani (1978, 17 Blondel, 1882, 176-177. 63-95). 18 Migliarini, 1990; Herklotz, 2000. 13 La cronologia della traslazione è nota attraverso il commento

331 ANDREA FIASCO

4. La fase romanica perimetrali, tenute insieme da una malta poco consi- stente. Il lato nord era frammentato in tre parti, men- La costruzione della cripta condusse a un riuso si- tre il resto dei lati era integro. Lo spazio interno della stematico di materiale architettonico antico, ingente cassa era originariamente suddiviso in tre scomparti- nell’area. menti di eguale grandezza, mediante altre due lastre, I rocchi di colonne in calcare, muniti al sommo di una trovata ancora nel suo stato originario, l’altra basi poste a rovescio, furono reimpiegati come pila- adagiata sul fondo. Quest’ultimo era composto da stri per il sostegno delle volte a crociera della cripta una lastra unitaria fratturata in tre parti, con decora- (USSM5,10,18,21)19. Su di essi si conservano esigue zione perimetrale a pseudo kymation visibile sul lato tracce di pittura ad affresco (USR9). Un’esedra ret- inferiore, e da due altri esigui frammenti informi. tangolare fu ricavata sul lato nord dell’ambiente, La cassa si presentava già manomessa e vuota al attraverso lo sfondamento del muro del portico e la suo interno. Forma e composizione del manufatto ri- scalpellatura del banco calcareo retrostante. L’esedra chiamano quello delle archae e dei sepulcra medieva- fu poi rivestita con l’impiego di blocchi di peperino li, casse sepolcrali composte di spolia (ex diversis la- di taglio irregolare (USM1), provenienti probabil- pidibus), note anche come pila o tumula marmorea22. mente dal precedente smantellamento. L’ambiente Questi sarcofagi erano impiegati sia per la deposizio- fu pavimentato in commesso laterizio (USR2). Sul ne dei defunti che come reliquiari. La cassa rinvenuta lato orientale dell’esedra fu ricavato uno spazio so- sembra richiamarne quest’uso, a cui riconduce anche praelevato, a forma di loculo, forse utilizzato a scopo la sua triplice divisione interna, che trova corrispon- funerario. denza con quanto leggibile nell’epigrafe dedicatoria della cripta, che ricorda la consacrazione dell’altare in cui Conone depose le reliquie di tre santi, - «[…] 5. L’indagine archeologica in quo videlicet altari requiescunt corpora sanctorum martirys Agapiti, Gordiani et Abundii […]» - Aga- Nel corso della campagna di documentazione pito, Abbondio e Gordiano. Il ritrovamento sembra è stato programmato anche un intervento di scavo coincidere perfettamente con quanto riporta l’iscri- nell’area centrale dell’ambiente. Qui era presente zione, pertanto il prosieguo degli studi permetterà di una sepoltura monumentale (fig. 3, T1)20, alloggiata stabilire con più certezza l’entità del manufatto e di all’interno del collettore fognario di età tardo repub- comprendere maggiormente il contesto archeologico blicana, e delimitata da un basso muretto (USM23) di rinvenimento. composto di scapoli di materiali informe perlopiù di riuso21. La sepoltura, di cui qui si offre un primo re- soconto preliminare, era composta da lastre (spolia) ANDREA FIASCO in marmo bianco. La copertura era assicurata da una Scuola di Dottorato in Archeologia lastra monolitica decorata da una fascia lavorata a Sapienza Università di Roma scalpello, da una doppia banda modanata a listello e [email protected] da modanatura finale a pseudo gola dritta. Un fram- mento più piccolo, mutilo, copriva lo spazio restante. La cassa internamente era composta da quattro lastre

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19 Sul tema si veda Esposito, Pensabene, 2013, pp. 117-134. frammenti compongono una lastra unica di m. 2.06x0.51,5 men- 20 tre i due elementi più piccoli sono di cm. 24x18 e cm. 31x22). Coperchio n. 2 frammenti (m. 1.68x70 e m. 0.75x0.60). Cassa 21 n. 6 frammenti (lati corti m. 0.54x0.52 e m. 0.60x0.55, lati lunghi Il muretto (USM23) risultava del tutto rasato. La malta pove- ra era composta da calce e gesso. m. 2.32x0.46 m. 2.32x0.52). Lastre divisorie interne n. 2 fram- 22 menti (m. 0.56x0.43,5 e 0.56x0.43,5). Fondo n. 5 frammenti (3 Herklotz, 2001, 127-204.

332 RICERCHE NELLA CRIPTA DELLA BASILICA CATTEDRALE DI SANT’AGAPITO MARTIRE A PALESTRINA na”, Lazio e Sabina, 2, 53-66. PANI ERMINI L. - GIORDANI R. 1978: “Note di topografia religiosa GATTI S. 2013: “Tecniche costruttive tardo repubblicane a Pra- della in età paleocristiana e altomedievale: una messa a eneste”, in CIFARELLI F.M. (ed.), Tecniche costruttive del tardo punto”, in Il Paleocristiano in Ciociaria, (Atti del II Convegno di Ellenismo nel Lazio e in Campania (Atti del convegno, Segni 3 Studi Paleocristiani in Ciociaria, Fiuggi 8-9 ottobre 1977) Roma, dicembre 2011), Roma, 9-24. 63-95. HERKLOTZ I. 2000: Gli eredi di Costantino. Il papato, il Laterano e PITTACCIO S. 2001: Il foro intramuraneo a Preneste. Origini e tra- la propaganda visiva nel XII secolo, Roma. sformazioni, Roma. HERKLOTZ I. 2001: «Sepulcra» e «monumenta» del Medioevo, RIEMANN H. 1983: “Iupiter Imperator”, RM, 90, 233-338. Napoli. RIEMANN H. 1986: “Zum Forumstempel und zum unteren Hei- HIESTAND R. 1972: “Legat, Kaiser und Basileus. Bischof Kuno ligtum der Fortuna Primigenia zu Praeneste”, RM, 93, 357-404. von Praeneste und die Krise des Papsttums 1111/1112”, in FUH- RIERA I. 1994: “Le testimonianze archeologiche”, in Riera I., Za- RMANN H. - MAYER H.E. - WRIEDT K. (eds.), Aus Reichsgeschichte novello P. (eds.), Utilitas necessaria: sistemi idraulici nell’Italia und Nordischer Geschichte, Karl Jordan zum 65. Geburtstag romana, Milano, 163-466. (Kieler Historische Studien 16), Stuttgart, 141-152. SCOGNAMIGLIO A. 1865: Della primitiva basilica del Martire INSOLERA G. (ed.) 2007: Discorsi, annali e privilegi di Corneto S. Agapito discoperta nella contrada Le Quadrelle ad un miglio dell’archidiacono Mutio Polidori, Tarquinia. dall’antica Preneste, Roma. MARUCCHI O. 1898: “Scavi nella basilica suburbana di s. Agapito TEOFILATTO P. 1996: “Alcuni cenni sui Teofilatto nel X secolo in presso Palestrina”, in NuovBollArchCrist, 97-98. Campagna”, in Notiziario per i Beni Culturali e Ambientali, 9, MARUCCHI O. 1899: “Relazione dei lavori di scavo eseguiti recen- settembre, pp. 9-11. temente nell’antica basilica di s. Agapito presso Palestrina”, in VAES J. 1989: “«Nova construere sed amplius vetusta servare»: la NuovBollArch Crist, 225-244. réutilisation chrétienne d’édifices antiques (en Italie)”, in DU- MARUCCHI O. 1918: Memorie storiche della Cattedrale di Palestri- VAL N. (ed.), in Actes du XIe congrès international d’archéologie na, Roma 1918. chrétienne, Lyon, Vienne, Grenoble, Genève, Aoste, 21-28 sep- MARUCCHI O. 1930, “Sistemazione del primitivo sepolcro del tembre 1986, Rome, 299-319. martire S. Agapito”, NSc, 10-12, 536-541. ZEVI F. 1989: “Note di archeologia prenestina: il Santuario di MIGLIARINI M. 1990: Alle origini del Duomo, la basilica e il culto Fortuna e il Tempio di Giove sotto la Cattedrale di S. Agapito”, di Santa Tecla, Milano. in Urbanistica e architettura dell’antica Praeneste (Atti del con- vegno di studi archeologici, 16-17 aprile 1988) Palestrina, 33-48.

333 Una storia di Segni inedita: il manoscritto settecentesco dell’Abate Tarolli al Fondo Antico della Biblioteca dell’Università di Perugia

Francesco Maria Cifarelli – Federica Colaiacomo

Uno dei filoni di ricerca che più di tutti ha occupato corrente anno 1769”. L’editore e letterato Cesare il Museo Archeologico Comunale di Segni in questi Orlandi (Città della Pieve 1734 - Perugia 1779), ultimi anni è stato quello legato alla raccolta e allo infatti, iniziava allora un vasto progetto destinato a studio di documenti relativi alla storia degli studi della comporre una monumentale collezione di notizie città1. In questo contesto, entrava fra i documenti storiche dei centri italiani e rivolto a un pubblico di da schedare una storia manoscritta della città di Segni viaggiatori e commercianti, sia italiani che stranieri, citata da Th. Mommsen, dovuta all’Abate Tarolli e a dal titolo:“Delle città d’Italia e sue isole adiacenti. sua detta conservata a Perugia2. Dopo una complessa Compendiose notizie sacre e profane”. Così come fase di ricerca il manoscritto veniva individuato, indicato dallo stesso Tarolli nella nota introduttiva grazie alla tenace costanza del Sig. Benito Scuppa, del suo manoscritto, sappiamo che l’Orlandi, nella presso il Fondo Antico dell’Università di Perugia3 e realizzazione di un simile vasto progetto, chiese fotografato in ogni sua pagina. Ne presentiamo qui tramite una “circolare” l’aiuto degli amministratori le caratteristiche principali, prima che uno studio locali, con i quali intraprese una fitta corrispondenza. più approfondito e che vedrà coinvolti altri studiosi Le autorità locali, civili e religiose, collaborarono e istituzioni di ricerca ne chiarisca genesi ed impatto affidando a eruditi locali la raccolta di dati storici nella cultura del suo tempo. e artistici e commissionando vedute e piante che Secondo le notizie desumibili dal Mommsen, dovevano costituire il corollario ai vari volumi. il breve manoscritto è stato portato alla biblioteca L’opera, dedicata al Pontefice Clemente XIV, dell’Università di Perugia nell’anno 1881, insieme rimase incompiuta per la sopraggiunta morte agli altri schediasmata Orlandiana, da Ludovico dell’autore e furono pubblicati soltanto i primi Carattoli. L’autore del testo “Memoria di cose cinque volumi fino al lemma Casale4. Segnine” è l’Abate Francesco Tarolli, sacerdote del Il manoscritto del Tarolli contiene dunque una clero della città di Segni, con incarico di Magistrato raccolta di notizie sulla città di Segni composta “su nel tribunale ecclesiastico della locale chiesa. Come ordinazione” e destinata a far parte di un’opera si legge all’inizio dello stesso manoscritto, il Tarolli molto ampia, rivolta ad un pubblico esterno. La fu incaricato da “Gio. Tomasso Tomassi odierno sua lettura andrà conseguentemente effettuata in conservatore e patrizio di detta città a tenore della questo contesto. Fra i temi di lavoro, anzitutto, circolare mandata a questo rispettabile magistrato quello delle sue fonti: nella stesura della “Memoria di del nobil uomo Sig. Cesare Orlandi patrizio di Fermo cose Segnine” molte sono le opere consultate, tutte di Città della Pieve ed Accademico Augusto nel accuratamente riportate a margine o citate nel testo e

1 Tramite assegnazione di tesi di Specializzazione e di Laurea 3 Ringraziamo il dott. Massimo Reali, Direttore del Fondo e intraprendendo dal 2008 un più ampio progetto all’interno Antico della Biblioteca dell’Università di Perugia, per il del Sistema Territoriale Museale dei . Fra gli esiti: cortese supporto dato al Museo Archeologico in tutte le fasi Cifarelli – Ciccozzi 2010, pp. 395-401; i vari contributi sulla città di questa ricerca. Un ringraziamento al Sig. Scuppa, incaricato di Segni in Cancellieri – Cifarelli – Palombi – Quilici Gigli 2012; dalla Direzione del Museo, in base a un lungo rapporto di Cifarelli - Colaiacomo 2017. collaborazione in simili attività, della ricerca del manoscritto, e 2 Il manoscritto dovette essere segnalato a Mommsen mentre il alla dott.ssa Giovanna Battaglini per il determinante supporto primo volume di CIL X, con il relativo capitolo dedicato a Signia, nelle prime difficili fasi di indagine a Perugia. Un ringraziamento, doveva essere già pronto per la stampa. Egli fu dunque costretto infine, alla prof.ssa Simonetta Stopponi. ad aggiungere, negli Additamenta contenuti nella Pars Posterior 4 Per questo si veda Santucci – Tuscano 2010. Il convegno fu di CIL X, un breve paragrafo (alla p. 982) basato su quanto la organizzato proprio in seguito ai ritrovamenti nella biblioteca conoscenza del nuovo manoscritto poteva aggiungere a una “Augusta” di Perugia dei volumi di Cesare Orlandi, lì editi tra decina di iscrizioni già trattate e con l’aggiunta dell’iscrizione il 1770 e il 1778. CIL X, 8248, non altrimenti nota.

335 FRANCESCO MARIA CIFARELLI - FEDERICA COLAIACOMO

Fig. 1. Manoscritto Tarolli (Perugia – Fondo Antico, Biblioteca Fig. 2. Manoscritto Tarolli (Perugia – Fondo Antico, Biblioteca dell’Università): lo stemma a colori della città di Segni e, in basso, dell’Università): una delle due pagine dedicate alle raccolta epigra- alcuni stemmi di nobili famiglie del ‘700. fica. In basso, a sinistra, l’iscrizione CIL X, 8248, non altrimenti nota. riconoscibili poiché sottolineate da trattini. circuito murario, secondo lui composto da due “giri Tra queste, i lavori di A. Kircher e del Volpi5, di mura” con “muraglioni fatti alla saracena composti mentre dovrà essere approfondito il rapporto con da smisurate pietre senza calce”. l’altra storia settecentesca di Segni, quella redatta fra Particolare l’attenzione prestata alla presenza di il 1701 e il 1708 da Gregorio Lauri6, che a una prima pozzi e cisterne: ognuna delle sette contrade in cui lettura il Tarolli sembra non conoscere. era divisa la città aveva a disposizione per pubblico Il testo ci fornisce un’interessante testimonianza uso una vasta cisterna, a volte interrata. Pozzi e su Segni alla metà del ‘700 (fig. 1), da cui si ricavano cisterne erano presenti anche fuori la città, lungo la elementi e notizie di originalità che forniranno strada che conduceva al convento di San Marco. Tra certamente nuovi e interessanti spunti di lavoro7. quelli citati il Pozzo Sposa, il Lago Levone, il Lago Ciò benché l’autore sembri non aver seguito della Fontana con “antichi muri e con molte vasche nella raccolta dei dati una scaletta ben precisa, e allo all’intorno per commodo di lavare e imbiancare panni stesso modo non appaia organica la descrizione della per benificio pubblico”, il Lago della Pezza. Molte città, in particolare per la limitata attenzione verso i conserve d’acqua vi erano anche sulla sommità del complessi archeologici, le chiese e i palazzi storici. Monte Lepino, l’area dell’attuale piazza San Pietro – Fra questi, si può ricordare la menzione dell’antico via Pianillo. Qui vi segnala i resti di una “torre diruta

5 Kircher 1671; Volpi 1746, dal quale sembra ad esempio 7 Il Museo Archeologico di Segni ha già in progetto uno studio ripresa la nozione di Lazio quale terra fondata da Saturno. complessivo del manoscritto, che punta ad una sua edizione 6 Lauri 1701-1708. Anche la storia di Segni del Lauri, ben critica. Fra gli aspetti da approfondire: la personalità dell’Autore; più organica e puntuale, rimase allo stato di manoscritto, e oggi l’analisi degli spunti storici, architettonici e urbanistici forniti dal benché largamente sfruttata negli studi di topografia antica e testo e di quelli socio-economici; lo studio comparato con l’altro medievale della città di Segni degli ultimi vent’anni, rimane manoscritto settecentesco del Lauri nell’ambiente culturale della ancora in larga parte da approfondire in molti dei suoi aspetti. Segni dell’epoca. La trascrizione dell’intero testo è stata affidata Lo studio congiunto di Lauri e Tarolli potrà inoltre dare un alla Biblioteca Comunale di Segni; ringraziamo per questo importante contributo alla conoscenza dell’ambiente culturale Annalisa Ciccotti. della città nel ‘700.

336 UNA STORIA DI SEGNI INEDITA: IL MANOSCRITTO SETTECENTESCO DELL’ABATE TAROLLI con vicino abbitato diruto”, così come diruta è la torre FRANCESCO MARIA CIFARELLI campanaria della chiesa di San Pietro. Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali Da ultimo, il problema della raccolta epigrafica, [email protected] con 22 iscrizioni riportate in due pagine del manoscritto (fig. 2), molte delle quali già note dagli FEDERICA COLAIACOMO estensori delle prime sillogi fin dal tardo ‘500, ma Museo Archeologico Comunale di Segni con spunti di novità come la citata iscrizione CIL X, 8248. Lo studio del manoscritto Tarolli potrà [email protected] arricchire, in questo senso, la discussione sul sistema di trasmissione di questi testi fra il primo umanesimo e il ‘700.

Bibliografia:

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337 “Seppellire in grotta”. Relazioni spaziali, materiali e concettuali tra aree di frequentazione chiuse o aperte

Burial in caves: Spatial, material and conceptual relations between closed and open areas of human occupation

Micaela Angle – Robin Skeates – Mario Federico Rolfo Daniela Mancini – Letizia Silvestri

1.Premessa northeast), as well as by volcanic hills (the Vulcano Laziale in the north and the Roccamonfina in the 1.Preface south). This region is also crossed by the Sacco-Liri River. Systematic investigations of the territory and Il Lazio meridionale interno è delimitato da due fasce the study of settlements in this area have developed montuose parallele (i Monti Lepini-Ausoni-Aurunci in recent years, in order to contextualise the sites ad ovest ed i –Simbruini-Ernici a both in their landscape and in relation to one another, nord-est), dai rilievi collinari di due antichi apparati with the overall aim of improving our understanding vulcanici (il Vulcano Laziale a nord ed il Roccamon- of the activities and organisation of ancient societies. fina a sud) ed è attraversato dal fiume Sacco-Liri. Le Our project “Burial in caves - Spatial, material and indagini sistematiche del territorio e lo studio degli conceptual relations between closed and open areas of insediamenti di quest’area hanno avuto grande svi- human occupation” builds upon this premise and is luppo in anni recenti, nell’ottica di collocare i siti nel based on the synergy between the Soprintendenza loro contesto ambientale e nelle loro relazioni spazia- Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale, li reciproche affinché lo studio del territorio diventi the Department of Archaeology of Durham Univer- un elemento fondamentale per la comprensione delle sity and the Chair of Prehistory of the University of attività e dell’organizzazione delle società antiche. Rome “Tor Vergata”. All’interno di questa prospettiva si inserisce il pro- This project aims to expand the research at some getto “Seppellire in grotta. Relazioni spaziali, mate- key sites in the territory, with a special focus on the riali e concettuali tra aree di frequentazione chiuse funerary caves. It also intends to improve our un- o aperte”, nato dalla sinergia tra la Soprintendenza derstanding of the human peopling of the region Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale, through systematic surveys, aimed at re-locating re- il Dipartimento di Archeologia dell’Università di ported sites and at finding new settlements, in order Durham e l’Insegnamento di Paletnologia dell’Uni- to understand the mobility and settlement patterns versità degli Studi di Roma “Tor Vergata”. of these communities. In addition, through an accu- Il progetto si propone di approfondire le ricerche rate topographical, spatial and material analysis of presso alcuni siti già noti nel territorio, con partico- these sites, we aim to provide information on both lare attenzione alle grotte funerarie, e di ampliare la the subsistence of their ancient inhabitants and their conoscenza del popolamento della regione attraverso relations and social complexity. ricognizioni sistematiche, volte sia alla ri-localizzazio- ne di siti segnalati, sia alla scoperta di nuovi insedia- menti, per comprendere quali fossero gli spostamen- 2.I casi-studio: primi risultati e prospettive future ti ed i modelli insediamentali di queste popolazioni. Inoltre, attraverso un’accurata analisi topografica, 2.The case studies: preliminary results and future per- spaziale e materiale di questi siti, ci si propone di for- spectives nire informazioni non solo sulla sussistenza dei suoi antichi abitanti, ma anche sulle loro relazioni e la loro complessità sociale. Attualmente, i tre siti-chiave oggetto di ricerche, rilievo e campionamento sono le grotte di Pastena e Inner Southern Lazio is delimited by two paral- di Collepardo (BM 1-2) e l’insediamento di Monte lel mountain chains (the Lepini-Ausoni-Aurunci in Castellone (Monte San Giovanni Campano – BM the west and the Prenestini-Simbruini-Ernici in the 1-3) (fig. 1). La Grotta di Pastena (Belardelli et al.

339 MICAELA ANGLE - ROBIN SKEATES - MARIO FEDERICO ROLFO - DANIELA MANCINI - LETIZIA SILVESTRI

Fig. 1. Localizzazione dei siti indagati e delle aree di survey. – Location of the sites and of the ongoing surveys.

2007; Biddittu et al. 2007), le cui indagini sono ripre- delle cavità naturali presenti sul territorio sono inol- se nel 2012 (Angle et al. 2014), ha restituito un conte- tre in corso nella Valle del Sacco-Liri, dove si collo- sto ben conservato, seppur di ridotte dimensioni, che cano i siti sopra descritti, nella Valle dell’Aniene e testimonia l’utilizzo di una grotticella interna dove si del Turano. svolgevano rituali da ricollegare ad aspetti funerari, Studi crono-tipologici, funzionali e chimico-fisici con focolari e migliaia di legumi e cereali combusti, sui manufatti saranno affiancati da quelli paleoantro- rare sepolture sconvolte di adulti di entrambi i sessi e pologici e paleopatologici, archeozoologici, archeo- di bambini e pochissimi oggetti in ceramica, faïence botanici e tafonomici sugli ecofatti. Analisi spaziali e metallo. inter- e intra-sito, survey sistematici e micromorfolo- La Grotta di Collepardo (Belardelli et al. 2007; gia del suolo andranno ad ampliare le possibilità di Angle et al. 2010; Mancini 2012), di nuovo oggetto interpretazione e contestualizzazione, permettendo di ricerche dall’estate 2014, vede invece la presenza di comprendere le relazioni intercorrenti tra gli indi- di oltre 100 sepolture di adulti di entrambi i sessi e di vidui, il diverso utilizzo di spazi aperti e spazi chiusi e bambini (fig. 2), reperti in ceramica, faïence, metallo, come veniva utilizzato e strutturato il paesaggio dalle selce ed ossidiana con focolari e resti selezionati di comunità che lo frequentarono durante la media età animali domestici. del Bronzo. La ripresa delle indagini ha permesso di individua- re all’interno del Saggio D, provenienti dalla mede- So far, the three key sites investigated are the caves sima US, un gruppo di 10 astragali sinistri sui quali of Pastena and Collepardo (MBA 1-2) and the set- verranno effettuate datazioni al 14C, analisi isoto- tlement of Monte Castellone (Monte San Giovanni piche, per identificare paleodieta e provenienza, ed Campano – MBA 1-3). Investigations at Grotta di analisi del DNA, rendendo possibile la ricostruzione Pastena were resumed in 2012, unveiling the exis- per dieci individui sia della variazione delle abitudini tence of a small yet very well preserved inner cham- di sussistenza, sia eventuali rapporti di parentela. ber where funerary rituals were carried out. Here, L’insediamento di Monte Castellone (Pascucci, hearths and thousands of burnt legumes and cereals Mancini 2005) (fig. 3) è stato per la prima volta siste- were found, along with a few disturbed human buri- maticamente georeferenziato nella Primavera 2015 als of adults and children and some pottery, faïence mostrando, come già ipotizzato, una straordinaria and metal artefacts (fig. 1). estensione del sito indicata dalla notevole dispersio- The Grotta di Collepardo, where investigations ne di frammenti ceramici. Ricognizioni sistematiche were resumed in summer 2014, was found to hold

340 “SEPPELLIRE IN GROTTA” - BURIAL IN CAVES

Fig. 2. Particolare della concentrazione di ossa umane in una delle aree indagate nella Grotta di Collepardo (Saggio G). – Detail of the human bone concentration in one of the areas excavated in the Grotta di Collepardo (Area. G).

Fig. 3. Veduta panoramica del sito di Monte Castellone. - Panoramic view of the settlement of Monte Castellone.

341 MICAELA ANGLE - ROBIN SKEATES - MARIO FEDERICO ROLFO - DANIELA MANCINI - LETIZIA SILVESTRI more than 100 human burials of both sexes and Ringraziamenti - Acknowledgements all ages, as well as pottery, faïence, metal, flint and obsidian artefacts, along with hearths and select- Si ringraziano la British Academy per il finanziamento ed bones of domestic animals (fig. 2). 10 left ankle del progetto, i collaboratori scientifici Dott.ssa Jessica bones from the same context of a specific area (D) Beckett, Dott. Claudio Cavazzuti, Dott.ssa Katia F. were sampled for future analyses, including radiocar- Achino, Dott. M. Gatta, gli studenti delle Università bon dating, DNA and isotope studies. This will allow coinvolte nella ricerca e le Amministrazioni comunali the reconstruction of subsistence behaviours and the di Pastena e Collepardo. discussion of kinship relationships. The settlement of Monte Castellone has been sys- We would like to thank the British Academy for the tematically geo-referenced for the first time in Spring funding provided to the project, our scientific collab- 2015, confirming its significant extension through a orators Dr. Jessica Beckett, Dr. Claudio Cavazzuti, Dr. wide distribution of pottery fragments across the hill. Katia F. Achino, Dr. M. Gatta, the students involved Furthermore, systematic surveys of the natural caves in the research and the local Institutions. are ongoing in the Sacco-Liri Valley, where the sites described above are located, as well as in the adja- cent areas of the Aniene and the Turano Valleys. MICAELA ANGLE Istituto Autonomo Villa Adriana e Villa d’Este Chrono-typological, functional and molecular [email protected] studies of the artefacts will be integrated with oste- ological and palaeopathological, zooarchaeological, ROBIN SKEATES palaeoethnobotanical and taphonomical analyses of Department of Archaeology, Durham University, the ecofacts. Inter- and intra-site spatial analyses, South Road DH1 3LE Durham, UK systematic surveys and soil micromorphology will [email protected] further improve the interpretation and contextual- ization of the sites, allowing the understanding of the MARIO FEDERICO ROLFO relationships between individuals, the different uses Insegnamento di Paletnologia of open and closed sites and the use of the landscape Università degli Studi Roma “Tor Vergata” by the communities that frequented it during the [email protected] Middle Bronze Age. DANIELA MANCINI Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca [email protected]

LETIZIA SILVESTRI Department of Archaeology, Durham University, South Road DH1 3LE Durham, UK [email protected]

Bibliografia

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342 Uno scavo presso la “Villa Orrea” ad Atina (Frosinone)

Carlo Molle – Luca Coppola

Nella piana di Atina, in località Broile, poche centinaia la presenza di una non meglio identificabile chiesa di metri a nord dell’altura del “Colle” e presso la dedicata ai SS. Daria e Pasicrate1. Quasi nulla era sponda sinistra del torrente Mollarino, si trova finora noto dell’articolazione planimetrica della villa, una vasta area archeologica nota localmente come di cui risulta però che nel 1922 siano stati messi in “Villa Orrea”. Questo toponimo, assai risalente nel luce tre ambienti successivamente reinterrati; da tempo e verosimilmente derivato da horrea (granai, segnalare, comunque, il rinvenimento di mosaici, magazzini), corrisponde ai resti di almeno una grande terrecotte architettoniche, fistule plumbee ed altri villa romana, le cui rovine sono note da secoli agli reperti, che costituiscono sicuro indizio di un eruditi locali, che peraltro associano al complesso insediamento di rilievo2.

Fig. 1. Planimetria dello scavo e inquadramento topografico, con legenda relativa ai siti più vicini.

1 Cfr., tra l’altro, il medievale Breve Chronicon Atinensis dicitur locus ille, mutato nomine, Broila. Ecclesiae in Rerum Italicarum Scriptores (L.A. Muratori), t. VII, 2 Mancini 1994, 965 e 1079 (proprietà Visocchi); Beranger Milano 1725, col. 904, che colloca la fondazione della chiesa 1980, 84, n. 39 fa invece riferimento a scavi del 1913 nell’attigua verso il 200 d.C.: Fecit (scil. Salomon episcopus) et Ecclesiam proprietà Mancini; cfr. anche Giudici 2006, 51, nt. 15, che, in honorem ejusdem Pasicratis, et Dariae, in eo loco, ubi Horrea riportando dati forniti da G.R. Bellini e M. Lauria, parla di vocantur, in quadam Villa, quae erat ibidem. Unde usque hodie un’attestazione delle attività della villa fino alla fine del II sec.

343 CARLO MOLLE - LUCA COPPOLA

Le indagini preventive per la realizzazione di L’ambiente centrale (A) dista dal precedente una piscina hanno consentito di effettuare un primo circa m 2,20, anche se un muro a secco leggermente limitato scavo scientifico nel sito3, che ha riguardato sporgente rispetto alla fronte del complesso potrebbe dei corpi di fabbrica collocabili lungo il limite sud- averlo in qualche modo collegato a C. occidentale di un complesso che doveva estendersi L’ambiente A misura m 9,10 di lunghezza in senso sia nella medesima proprietà, sia in corrispondenza nord-ovest/sud-est e le sue pareti sono conservate dell’area del vicino casale posto al di là di via Broile fino a circa cm 25 al di sopra del piano di calpestio (fig. 1). antico; i suoi muri sono in opera cementizia e di Sono state scavate parti di tre ambienti, allineati essi quello scavato per intero (USM1) è costituito tra loro in senso nord-ovest/sud-est, di ognuno dei da malta e scapoli di calcare, mentre i due laterali - quali è stata indagata solo una limitata porzione indagati per una lunghezza di circa un metro - sono del margine sud occidentale, che peraltro risulta più sottili ed inglobano anche numerosi spezzoni di orientato in maniera alquanto coerente con la laterizi. All’interno si nota un rivestimento parietale centuriazione dell’agro atinate4. Il piano di spiccato in cocciopesto e rimangono tracce del pavimento - in originario, nell’area scavata, si trova ad una cementizio a base fittile - che però risulta essere stato profondità intorno ai cm 50 al di sotto dell’attuale asportato nella parte centrale del vano. piano di campagna5. L’ambiente B sorge a poco più di m 1 dall’ambiente Il primo ambiente (C) è stato individuato A ed è costituito da una struttura cementizia piuttosto all’estremità nord-ovest dell’area esplorata e di esso compatta larga internamente solo cm 80. E’ rivestito sono state messe in luce solo le creste di una parte dei all’interno di intonaco idraulico e almeno su un lato muri, realizzati in opera cementizia, senza arrivare al c’è traccia del tipico cordolo angolare presente alla piano pavimentale. base delle cisterne. Doveva trattarsi dunque di una

Fig. 2. Particolare degli ambienti A e B.

d.C., con successivo impianto di una necropoli nel III secolo un notevole bronzetto di Ercole trovato poche centinaia di metri d.C. Il luogo di culto segnalato in Rizzello 1980, 134-139 in a sud-est (fig. 1, n. 2) del nostro scavo, forse pertinente ad un località Broile - S. Marciano dovrebbe essere piuttosto lontano contesto sacro. dall’area dello scavo, mentre nelle immediate vicinanze di questa 3 Fg. 13, part. 1122 (proprietà famiglia Visocchi); lo scavo è sembrerebbe da localizzare il ritrovamento delle tre coppette stato diretto da Carlo Molle per conto della Soprintendenza ed miniaturistiche biansate e della statuina muliebre acefala eseguito da Luca Coppola. segnalate da Beranger 1980, loc. cit. (cfr. Rizzello 1983, 25 e 43, 4 Su cui si veda Pompilio 2001. fig. 152). Per un inquadramento topografico della zona si veda 5 Al contrario, si tramanda che gli ambienti scavati nel 1922 anche la recente carta archeologica edita in Bellini - Donnici (come sembra nello stesso campo, poche decine di metri più a 2011, nonché Bellini 2016; di recente, in Betori 2016, si pubblica nord-est) fossero a una profondità di circa m 1,5-2 (cfr. Mancini

344 UNO SCAVO PRESSO LA “VILLA ORREA” AD ATINA (FROSINONE)

fittile e metallico, databile al V-IV secolo a.C., misto a ciottoli fluviali e a scaglie di calcare. Tra questo materiale si segnala la presenza di frammenti di olle e ollette ad impasto, con decorazione a piccole bugne e a cordoni digitati, prese a lingua, frammenti di anforetta “tipo Alfedena” e due punte di lancia in ferro con immanicatura “a cannone” (fig. 3). Poiché si tratta di oggetti assai più antichi delle strutture in muratura8, essi potrebbero essere interpretati come resti di una deposizione rituale precedente o di una rideposizione di materiale proveniente da un contesto sacro o funerario, forse anche intercettato durante i lavori di costruzione della villa stessa. La presenza di questa fossa può essere messa in rapporto, in primo luogo, alle vicine sepolture di epoca preromana individuate nell’areale di San Marciano9, nonché ad altri rinvenimenti effettuati nel 2004 immediatamente a sud-est dello scavo10. Considerata dunque la documentata frequentazione del sito di Villa Orrea fino almeno ai primi secoli dell’età imperiale, nonché la tradizione della presenza sul posto di una chiesa, potremmo trovarci di fronte Fig. 3. Ceramica e punte di lancia di epoca preromana: n. 1 dolia; ad un notevole caso di insediamento di lunga durata. nn. 2-4 e 9-10 olle; nn. 5-6 coperchi; nn. 7-8 anse; n. 11 olletta; n. Lo scavo effettuato, pertanto, apre la strada ad 12 decorazione digitalata; nn. 13-14 punte di lancia in ferro. ulteriori riflessioni sull’occupazione della piana di Atina, sullo sfruttamento delle sue risorse naturali, vasca (fig. 2), probabilmente inglobata nell’angolo sulla relazione della villa con i percorsi viari di di un vano più grande che proseguiva fuori dell’area fondovalle, a partire dalla vicinissima strada (attuale scavata. via Forca d’Acero) nel medioevo definita “via antiqua La datazione di queste strutture, da quanto si quae dicitur Marsicana”11. può desumere dalle tecniche edilizie e dal materiale associato (presenza di ceramica a vernice nera, dolia, anfore e ceramica comune), riporta ad un impianto CARLO MOLLE di epoca tardo-repubblicana, periodo di grande Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio splendore per Atina, alcuni dei cui cittadini, proprio per le province di Frosinone, Latina e Rieti tra la tarda repubblica e la prima età imperiale, [email protected] percorsero carriere brillanti all’interno dello stato romano, come nel caso delle famiglie dei Plancii, LUCA COPPOLA degli Arruntii e dei Sentii6. independent researcher Circa m 1,20 all’esterno dell’ambiente A, infine, [email protected] è stata scavata una fossa7 che conteneva materiale

Bibliografia

1994, 965, con localizzazione a p. 1079). di epoca romana e paleocristiana, sono stati rinvenuti reperti 6 Sulle grandi famiglie atinati, si veda, tra l’altro, Salomies in bronzo del periodo orientalizzante (Cifarelli 2004, 18-31; 1996, 43-47 e 112. Mangani 2004, 32-48) e sepolture di età preromana (Innico 7 2006, 27-28). Dalle dimensioni di circa m. 2,4 x 1,3 x cm 30 di profondità. 10 8 Per la datazione dei materiali si è fatto riferimento a Talamo In località Mola di Capitolo (cfr. Bellini - Donnici 2011, n. 195/121; qui fig. 1, n. 2). 1984. 11 9 Presso l’antica chiesa di San Marciano, oltre a testimonianze Su cui, tra l’altro, Trigona 2003, 36.

345 CARLO MOLLE - LUCA COPPOLA

INNICO P. 2006: Atina. Il museo archeologico. L’epoca preromana, Antichi tesori 2004: Antichi tesori. I bronzi orientalizzanti da Terracina. Atina al Museo Pigorini, Catalogo della mostra (Atina 2004), MANCINI A. 1994: La storia di Atina, Sala Bolognese 19942. Centro studi storici Saturnia, s.l. MANGANI E. 2004: “Principi e principesse ad Atina BELLINI G.R. 2016: “Atina: città e territorio”, Lazio e Sabina, 11, nell’orientalizzante antico”, in Antichi tesori 2004, 32-46. 203-213. POMPILIO F. 2001: “La centuriazione di Atina” in QUILICI L. - BELLINI G.R. - DONNICI R. 2011: Carta archeologica del territorio QUILICI GIGLI S. (eds.), Urbanizzazione delle campagne nell’Italia comunale, Roma. antica, 187-203. BERANGER E.M. 1980: “Testimonianze archeologiche restituite RIZZELLO M. 1980, I santuari della Media valle del Liri IV-I sec. dall’agro atinate. Secondo contributo per la realizzazione della carta archeologica della media valle del Liri”, Documenta Albana a.C. Depositi votivi e rinvenimenti di Arce - Arpino - Atina - 2, s. II, 75-96. Boville - Canneto - Casalvieri - - Colli - Sora - Veroli, BETORI A. 2016: “Statuina in bronzo di Ercole fanciullo da Villa Sora. Orrea, Atina: testimonianza isolata di un luogo di culto ad Atina RIZZELLO M. 1983, “Nuovi rinvenimenti riguardanti i santuari inferiore?”, in ACCONCI A. - CARNEVALE I. (eds), Archeologia, arte della Media Valle del Liri - VII (?) sec. a.C. - I sec. d.C.”, Museo e storia nella Valle di Comino. Nuovi dati dal territorio di Atina Civico della Media Valle del Liri. Contributi 1981, Sora, 12-44. (Atti del Convegno, Atina 2016), Roma, 35-40. SALOMIES O. 1996: “Senatori oriundi del Lazio”, in H. SOLIN CIFARELLI F.M. 2004: “I Bronzi di Atina nella cultura (ed.), Studi storico-epigrafici sul Lazio antico, Roma, 23-127. orientalizzante della Media Valle del Liri”, in Antichi Tesori TALAMO P. 1984: L’area aurunca nel quadro dell’Italia 2004, 18-31. centromeridionale. Testimonianze archeologiche di età arcaica, GIUDICI M. 2006: “La dedica atinate a Mars sive Numiternus”, in Oxford. SOLIN H. (ed.), Le epigrafi della Valle di Comino. Atti del secondo TRIGONA S.L. 2003: Atina e il suo territorio nel medioevo - Storia convegno epigrafico cominese (San Donato Val di Comino e topografia di una città di frontiera, Montecassino. 2005), Associazione “Genesi” [S. Donato Val di Comino], 47-62.

346 Prehistoric and palaeontological finds from Cisterna di Latina (loc. Muracci)

Mario Federico Rolfo – Martina De Marzi – Maurizio Gatta

1. Introduction site investigated almost sixty years before by two of the most important scholars of prehistoric Latium. The first publication of palaeontological and archae- ological remains near Cisterna di Latina was authored by Segre and Ascenzi in 19561, when they document- 2. Site features ed the discovery of various archaeological finds in a limestone cave of the quarry site of “Cava Muracci”. The area of the site is located 3 kilometres North- In spring 2012 the University of Rome Tor Verga- East of the city-centre of Cisterna di Latina (LT). The ta, upon request of local archaeologists2, carried out land has a flat topography with an altitude within a series of surveys in the abovementioned quarry in 100 a.s.l and is part of extensive travertine forma- order to examine new archaeological and palaeon- tions which extends between the Alban Hills and tological finds. This thus revived the interest for the the Pontine Plain. Following the surveys, presence

Fig. 1A. Location of collection points and the excavation area within the quarry; Fig 1B: SU 7 – modern surface composed of soil and gravel. SU 8 –Upper edge of the cave. SU 11 – Brown clay occupation layer with the highest percentage of archaeological remains on horizontal, rarely vertical, deposition. SU 12 – Reddish brown clay layer with altered volcanic products, rare stone artefacts are present in the upper part of this layer. SU 13 – Ashes layer identified as volcanic tephra in primary position. SU 14 – Lowest dark reddish archaeological layer of the cave, identifiable with the red palaeosoil typical of the hilly area south of the Albano district. Sporadic lithic and faunal remains were found. SU 15 – Lower edge of the cave.

1 Segre- Ascenzi 1956; Holocene finds in Rubini 2003 Cicchitti for their collaboration and enthusiasm during the entire 2 In this respect we would like to thank Sergio Gotti and Alfio period of work.

347 MARIO F. ROLFO - MARTINA DE MARZI - MAURIZIO GATTA

Fig. 2A: Molar tooth of Stephanorhinus hemitoechus; Fig. 2B: Hyaena mandible. of faunal remains was observed in at least seven areas tailed pollen study. along the quarry perimeter, some of which are not The lithic assemblage recovered up to now is currently exploited for extraction of the stone (Fig. composed of 59 pieces (Fig. 3A), divided as follows: 1A). The highest concentration of finds was detected 21 retouched blanks, 37 not retouched blanks, 1 at the base of a travertine formation called “point 3”. residual core. Size of blanks is generally small (mi- A clay layer rich of fauna persisted in this area. The crolithic or ipermicrolithic), with only three samples layer was progressively deteriorating due to the ex- of larger size still falling within the measurement of posure to weathering. It was thus decided to proceed 5.2cm. The raw material, as is often noted for the with the collection of the artefacts fallen from the lithic industries of the Pontine Plain, is obtained exposed vertical section. Subsequently, artefacts’ re- from the processing of pebbles collected along the trieval was also carried out from the layers. The work fossil beaches, which are characterised by a high va- continued until the spring of 2014, with a total of riety of stone types. The flint then appears compact over 2,000 faunal remains collected, mostly from the with a variable grain between fine and medium, with point 3, and the stratigraphy of the context was de- a rare occurrence of coarser textures and radiolari- scribed (Fig. 1B). The taxonomic study has allowed tes. Flint colours range from white to gray and pale a preliminary identification of the following taxa: yellow. Equus ferus; Stephanorhinus hemitoechus (Fig. 2A); Bos primigenius; Capreolus capreolus; Cervus elaphus; Dama dama; Sus scrofa; Crocuta crocuta (Fig. 2B); Ca- 3. Interpretation nis lupus; Meles meles; Lepus sp. In addition to fauna, over 100 well-preserved hya- The preliminary data do not allow a conclusive ena coprolites have been collected and next to a de- interpretation of the site, although some considera-

348 PREHISTORIC AND PALAEONTOLOGICAL FINDS FROM CISTERNA DI LATINA (LOC. MURACCI)

Fig. 3A. Part of the recovered lithic assemblage; Fig. 3B: Some pollen grains from the hyaena’s coprolites. tions are possible at present. The basic study of the not show cut marks or other forms of human ma- fauna revealed the presence of gnawing marks by nipulation, it can be assumed that humans did not carnivores, along with coprolites of Crocuta crocuta have a primary role in the formation of the archae- and bones of few specimens of different age of this ological layers. It is probable the lithic industry was predator. For this reason the site can be identified introduced in the cave by floating, indicating human as a cave hyaena den, similar to Tana delle Iene in presence in the neighbouring areas. Apulia3. The filling of the cracks, taking place since Nevertheless, sporadic human presence for tem- their formation, is due to water action and has to be porary occupation(s) of the shelter cannot be exclu- placed in the Last Interstadial (MIS 3), as confirmed ded, especially when the hyaena was not frequenting by 14C dating, which indicated chronologies ranging the site. between 34,810 BP and 44,054 BP. This filling pro- cess was facilitated by the topography of the area, a natural valley which allowed the cyclical flooding of 4. Potential and future prospects of the site the nearby river Teppia, as highlighted by the presen- ce of floated volcanic products in the SU 12. The importance of this has to be stressed, relevant The dynamic that led to the deposition of lithic results for the interpretation of the region are obtaina- industry still needs to be clarified. However, conside- ble from the study of its archaeological record. ring the smaller amount of tools collected, compared The integrated analysis of fauna and pollen grains to the faunal remains, and also that these mains do inside the hyaena’s coprolites (Fig. 3B) and the ge-

3 Conti et al 2012

349 MARIO F. ROLFO - MARTINA DE MARZI - MAURIZIO GATTA ological observations of the stratigraphy will allow tumn 2014. Through a multidisciplinary approach, the reconstruction of the environment of the Pontine such synergy will permit an accurate interpretation Plain during the Late Pleistocene, which might pro- of Cava Muracci. Future perspectives aim to extend ve to have been an ecological niche for animals and the research area to new sites nearby the travertine hominines4. quarry, where surveys and stratigraphic investigation The presence of lithic industry, apparently refe- of the layers need to be carried out for an improved rable to both the local Mousterian and Aurignacian, contextualisation of the site. improves the knowledge of human presence in the area during the Middle to Upper Palaeolithic tran- sition. In fact, a small number of sites are known for MARIO F. ROLFO this period at regional level, mostly concentrated in Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, the coastal area. In this landscape, the site of Cava Formazione e Società Muracci will provide further understanding of be- Università di Roma “Tor Vergata”, havioural dynamics of humans who attended the re- [email protected] gion. An international collaboration between several MARTINA DE MARZI institutions and laboratories is ongoing since au- Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Forma- zione e Società, Università di Roma “Tor Vergata” [email protected]

MAURIZIO GATTA University of York, Department of Archaeology, King’s Manor, Exhibition Square, YO1 7EP York, UK [email protected]

Bibliography

CONTI D.- COPPOLA D.- PETRONIO C.- PETRUCCI M.- SARDELLA R.- RUBINI, M., “Considerazioni preliminari su rinvenimenti antro- SALARI L. 2012: “La fauna del Pleistocene superiore di Tana delle pologici di cisterna di latina. Problematiche di popolamento Iene (Ceglie Messapica, Brindisi, Italia meridionale)”, Bollettino umano durante il Neolitico nel territorio veliterno”, in: ANGLE del Museo Civico di Storia Naturale di Verona, 36, 63-76. M. - GERMANO A., 2003 (eds.), Museo e Territorio (Atti della I GATTA M. - ROLFO M.F. 2015: “New Pleistocene evidence from e II Giornata degli Studi “Il territorio veliterno nell’antichità”), the western coast of Italy: A landscape approach”, Antiquity Velletri, 23-30. Project Gallery, 346. http://antiquity. ac.uk/projgall/gatta346. SEGRE A. - ASCENZI A. 1956: “Giacimenti del Paleolitico superio- re e del Bronzo nei travertini di Cisterna”, Rivista di Antropolo- gia, LXIII, 367-382.

4 Gatta - Rolfo 2015

350 Uno scavo nella “Villa di Tiberio” in località Bazzano a Sperlonga

Carlo Molle – Luca Porzi

Lungo la costa di Sperlonga (LT), separati dalle Il complesso di Bazzano, che negli anni ’50 del se- ripide scogliere del monte Ciannito (m 247 slm), si colo scorso venne tagliato in due dal passaggio della trovano due grandiosi complessi residenziali romani: moderna via litoranea Flacca (SS 213), era organiz- il primo - a nord-ovest - ospita la celebre “Grotta di zato in diversi corpi di fabbrica disposti su terrazze2. Tiberio” ed è concordemente identificato con la villa La terrazza su cui dovevano sorgere gli ambienti più marittima in cui Tiberio rischiò di essere ucciso nel significativi della villa era arginata su due lati da im- 26 d.C. da un crollo di rocce1; il secondo - a sud-est ponenti muri di sostegno, dei quali quello parallelo - è ugualmente interpretabile come villa marittima e alla costa si sviluppava per un fronte di oltre m 90. fu con ogni probabilità inglobato, ad un certo punto Questo scenografico fronte, caratterizzato a sud-est della sua storia, nella medesima proprietà imperiale. da una tecnica in opera poligonale e a nord-ovest da Quest’ultimo complesso, situato in località Baz- una muratura in opera incerta scandita da una teoria zano e già denominato anch’esso “Villa di Tiberio”, di nicchie arcuate, doveva costeggiare il passaggio è meno noto del precedente, anche se, dal punto di dell’antica via “Flacca”, la cui costruzione era stata vista architettonico, almeno per lo stato di conserva- intrapresa nel 184 a.C.3 zione degli alzati, risulta ancora più imponente (fig. La strada, lambendo la base del muro, intersecava 1). in questo settore una spettacolare “rampa” in opera

Fig. 1. Uno scorcio della villa verso la metà del secolo scorso (da Cassieri 2008), con l’indicazione dell’area di scavo.

1 Suet. Tib. 39; Tac. Ann. 4, 59. Sulla villa esiste una vastissima 1956 e, di recente, Cassieri 2008, 229-239; QUILICI 2009, 260- bibliografia; tra i contributi più recenti: Cassieri 2006; Quilici 277. 2009, 257-260; Venditti 2011, 71-73 e 205-206; Slavazzi 2015- 3 Si tratta della via per Formianum montem commissionata dal 2016. censore L. Valerio Flacco (Liv. 39, 44, 6). 2 Sul complesso di Bazzano, si vedano, in particolare, Fasolo

351 CARLO MOLLE - LUCA PORZI incerta e la attraversava passando al di sotto di un parallelo alla strada e al sovrastante terrazzamento grosso arco. Questa rampa, lunga circa m 50, doveva almeno per m 30. infatti garantire il collegamento della parte a monte Il muro, spesso circa cm 70, emerge dal piano di del complesso con quella presso il mare, scavalcando calpestio originario a valle per un’altezza massima la strada in modo che non vi fosse alcuna interferen- di m 1. Il primo segmento è stato tagliato al centro za tra la via publica e la proprietà privata. in epoca imprecisata da una calcara circolare, dal

Fig. 2. L’area di scavo, pianta e prospetto.

L’imponente fronte murario, la rampa con l’arco diametro interno di m 6; il secondo segmento e certamente altre strutture non più conservate presenta, verso sud-est, dapprima un crollo ancora dovevano rendere questo settore della strada in situ e poi una progressiva scomparsa dell’alzato particolarmente scenografico agli occhi dei passanti. fino a ridursi al livello di fondazione. In occasione di uno scavo di emergenza nel 2014, Tra il crollo e l’estremità sud-est dello scavo, anzi, è tornato alla luce, nell’angolo meridionale tra la è presente una lacuna che potrebbe indicare proprio rampa e la strada4, un muro in opera incerta, che un’interruzione originaria del muro, che sembrerebbe doveva arginare la medesima strada verso il mare essere stato costruito intorno alla prima metà del I (figg. 2-3). secolo a.C., forse contestualmente alla rampa. Tale muro era celato da un sistema di terrazza- La muratura è stata realizzata contro terra ed menti agricoli realizzati fin da epoca remota con era attraversata da fori per il drenaggio delle acque pietre a secco5 e, più recentemente, anche dal con- meteoriche sagomati da tubuli fittili di circa cm 10 sistente riporto moderno su cui insiste l’attuale pas- di diametro, dei quali ne sono stati ritrovati almeno saggio, per cui non era stato mai documentato in nove. La base di tali fori si dispone ad altezze diverse precedenza6. che vanno dai cm 43 ai cm 24 dal livello di fondazione. Esso è costituito da due segmenti continui: il pri- A circa cm 60 dal piano di spiccato, si nota nel mo andava diagonalmente dalla rampa al margine paramento esterno una sorta di marcapiano, che sud-ovest della strada per una lunghezza di circa scandisce l’inizio di una cortina leggermente diversa. m 16; di qui, dopo un angolo di 130°, si sviluppa Anche grazie alla porzione di muro crollata il secondo segmento, che prosegue perfettamente ancora in situ, è stato possibile accertare che tale

4 Lo scavo è avvenuto in corrispondenza del lido “Chimera” Germani. (Fg. 13, part. 99, ex 57, ex 22) ed è stato diretto da Carlo Molle 5 Ottime foto dell’aspetto del sito fino agli anni ’50 del XX (nell’ambito dell’allora Soprintendenza per i Beni Archeologici secolo, tra cui quella utilizzata a fig. 1, in Cassieri 2008, 229-239 del Lazio) ed eseguito da Luca Porzi, che ha eseguito anche il (da archivio SBA Lazio). rilievo sulla base topografica dell’Arch. Gerardo La Rocca. 6 Tranne, forse, parte del primo segmento come si ricava da Si ringrazia, per la collaborazione, il personale del Museo uno schizzo di Lorenzo Quilici del 1958 (Quilici 2008, 262, fig. Archeologico Nazionale di Sperlonga e in particolare Giancarlo 70).

352 UNO SCAVO NELLA “VILLA DI TIBERIO” IN LOCALITÀ BAZZANO A SPERLONGA

Fig. 3. Il muro scavato: sul fondo, verso la rampa, l’angolo; in primo piano, la parte crollata con la tubatura fittile di adduzione. discontinuità nel paramento corrisponde alla da cui provenivano, evidentemente identificabile presenza, all’interno del nucleo, di una tubatura con la villa stessa (fig. 4). fittile longitudinale, realizzata con tubuli analoghi La maggior parte di questi reperti, databili a quelli per il drenaggio, ma più probabilmente prevalentemente ad epoca imperiale, risulta pertinente a una condotta di approvvigionamento intenzionalmente ivi accumulata in un periodo non idrico, probabilmente collegata (per adduzione meglio precisabile. L’origine di questo “butto”, o deflusso) con l’acquedotto ancora conservato dall’altra parte della rampa, senz’altro funzionale alla villa e forse anche ad un annesso piccolo approdo7. Ai piedi del muro e presso la calcara, è stato possibile recuperare molto materiale antico, tra cui soprattutto una notevole quantità di intonaci dipinti, inclusivi di frammenti di stucco decorato8. Dallo scavo provengono anche un frammentario fusto di colonna in laterizi, parte di una terracotta architettonica e un bollo laterizio su cartiglio rettangolare, con testo Bar[---], che non sembra avere confronti puntuali9. Non mancano frammenti di anfore, di laterizi e di vasellame vario10, ai quali vanno aggiunti sporadiche tessere di mosaico, una mattonella romboidale di marmo colorato, una moneta di età imperiale non meglio identificabile e qualche reperto vitreo e metallico. In particolare, gli intonaci e gli stucchi, che Fig. 4. In alto: lacerto di affresco con due personaggi stanti e un senz’altro meriterebbero uno studio sistematico, frammento di stucco dipinto. In basso: il bollo laterizio, un motivo si distinguono per qualità e per varietà di schemi decorativo affrescato e il frammento di terracotta architettonica. decorativi, a conferma della ricchezza del complesso

7 Il primo segmento del muro pare infatti condurre proprio Lafon 2001, 380). Il materiale recuperato nello scavo si trova ora verso l’area di intersezione tra l’acquedotto e la rampa; al nei depositi del Museo Archeologico Nazionale di Sperlonga. momento, però, non è stata verificata la congruità delle quote 9 Cfr. Pagano 1990, 161-163, n. 6, fig. 8 = AE 1991, 466 da (sull’acquedotto, si veda Quilici 2009, 275-276). Non è escluso, Ercolano, con lettura Barca[thes? ---], ma le misure dei due oltretutto, che la condotta ritrovata fosse funzionale a una bolli risultano diverse (l’altezza del cartiglio nel nostro caso è di fontana lungo la strada. cm 2,7). Si noti, anche se si tratta di una pura casualità, che le 8 Si noti che già in Fasolo 1956, 3 si segnala nella villa la prime due lettere sono le stesse dell’odierno toponimo Bazzano, presenza di scarsi lacerti di affresco “di IV stile” e di sagome a possibile prediale di origine romana. stucco colorate (a pitture di III stile si fa invece riferimento in 10 Tra cui diversi frammenti di terra sigillata italica.

353 CARLO MOLLE - LUCA PORZI pertanto, non è affatto chiara e potrebbe anche CARLO MOLLE essere correlata alle attività della calcara, che dovette Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio far ampio ricorso alla spoliazione delle strutture per le province di Rieti, Frosinone e Latina della villa per il suo funzionamento11. [email protected] La limitatezza dell’indagine, peraltro fortemente condizionata da problemi di sicurezza che non hanno permesso di scavare dietro il muro - ossia in LUCA PORZI corrispondenza della presunta strada - induce ad independent researcher essere molto prudenti nelle interpretazioni; lo scavo, [email protected] tuttavia, ci ha consentito di aggiungere un piccolo tassello alla conoscenza del grandioso complesso sperlongano, che si auspica possa essere quanto prima ancor meglio indagato.

Bibliografia

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11 Si segnala che un analogo accumulo di lacerti di intonaco af- ne si deduce che doveva trattarsi di uno strato di riempimento frescato e stucco nella villa sarebbe quello citato in Fasolo 1956, di un ambiente. 3, su cui cfr. Cagiano de Azevedo 1956, 220, dalla cui osservazio-

354 Abbreviazioni

AA Archäologischer Anzeiger AA Archäologischer Anzeiger AArch Acta Archeologica AbhBerlin Abhandlungen der Deutschen Akademie der Wissenschaften zu Berlin ActaInstRomFin Acta Instituti Romani Finlandiae ActaInstRomNorv Acta Instituti Romani Norvegiae ActaInstRomSue Acta Instituti Romani Regni Sueciae ACS Archivio Centrale di Stato AE Année Epigraphique AJA American Journal of Archaeology AJPh American Journal of Philology AM Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts – Athenische Abteilung AMBSRome Archaeological Monographs of the British School at Rome AMediev Archeologia medievale AnalRom Analecta Romana Instituti Danici AnnInst Annali dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica AnnIstItNum Annali dell’Istituto Italiano di Numismatica AnnNomentana Annali dell’Associazione Nomentana di Storia e Archeologia AnnPerugia Annali della Facoltà di lettere e filosofia di Perugia AnnPisa Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa ANRW Aufstieg und Niedergang der römische Welt, Berlin Antiquity Antiquity. A quarterly Review of Archaeology Archaeologia Archaeologia or Miscellaneous Tracts Relating to Antiquity Published by The Society of Antiquaries of London ArchCl Archeologia Classica Archivio SBAL Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio ASRo Archivio di Stato di Roma ASRSP Archivio della Società Romana di Storia Patria ASTib Atti e Memorie della Società Tiburtina di Storia e d’Arte ATTA Atlante Tematico di Topografia Antica BA Bollettino d’Arte BABesch Bulletin antieke beschaving Annual Papers of Classical Archaeology BAR British Archaeological Reports BC Bullettino della Commissione Archeologica Comunale BCH Bulletin de correspondance hellénique BdA Bollettino di Archeologia BDASPatria Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria BIAL Bollettino dell’Istituto di storia e di arte del Lazio meridionale BMCRR British Museum Catalogue of Coins of the Roman Republic BMonMusPont Bollettino Monumenti, Musei e Gallerie Pontificie BollSocGeolIt Bollettino della Società Geologica Italiana BPI Bullettino di Paletnologia Italiana BSRSP Bollettino della Società Romana di Storia Patria BullInst Bullettino dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica BUnione Bollettino dell’Unione Storia ed Arte

355 ABBREVIAZIONI

CEFR Collection de l’Ecole Française. Rome Chiron Chiron. Mitteilungen der Kommission für alte Geschichte und Epigraphik des Deutschen Archäologischen Instituts CIE Corpus Inscriptionum Etruscarum CIL Corpus Inscriptionum Latinarum CLP Civiltà del Lazio Primitivo CRAI Comptes Rendus de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres CSTR Catalogue of Roman Sarcophagi in the British Museum (Corpus Signorum Imperii Roma- ni) CuadRom Cuadernos de trabajos de la Escuela española de historia y arqueologia en Roma CVA Corpus Vasorum Antiquorum DdA Dialoghi di Archeologia DissPontAcc Dissertazioni della Pontificia Accademia Romana di Archeologia DocAlbana Documenta Albana EAA Enciclopedia dell’Arte antica, classica e orientale EphEp Ephemeris Epigraphica Epigraphica Epigraphica. Rivista italiana di Epigrafia EtCl Les Etudes Classiques FA Fasti Archaeologici GR Geologica Romana Historia Historia. Zeitschrift für alte Geschichte IG Inscriptiones Grecae ILLRP Inscriptiones Latinae Liberae Rei Publicae ILS H.DESSAU, Inscriptiones Latinae selectae, Berolini 1892-1916 InscrIt Inscriptiones Italiae Italica Italica. Cuadernos de Trabajos de la Escuela española de historia y Arqueologia en Roma (dal 1956) JAI Journal of the Anthropological Institute JAT Journal of Ancient Topography JbZ Jahrbuch des Römisch Germanischen Zentralmuseums Mainz JdI Jahrbuch des Deutschen Archäologischen Instituts JGS Journal of Glass Studies JRA Journal of Roman Archaeology JRS Journal of Roman Studies KuBA Kölner und Bonner Archaeologica Latium Latium. Rivista di studi storici. Centro di Anagni dell’istituto di storia e di arte del Lazio meridionale Lazio e Sabina Lazio e Sabina. Lavori e Studi della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio LIMC Lexicon Iconographicum Mytologiae Classicae LTUR Lexicon Topographicum Urbis Romae LTURS Lexicon Topographicum Urbis Romae Suburbium MAAR Memoirs of the American Academy in Rome MEFRA Mélanges de l’Ecole Française dé Rome, Antiquité MEFRM Mélanges de l’Ecole Française dé Rome, Moyen Age MededRom Mededelingen van hat Nederlands Historisch Institut te Rome Mél Mélanges d’Archéologie et d’Histoire MemAL Memorie. Atti dell’Accademia nazionale dei Lincei MemPontAcc Memorie. Atti della Pontificia Accademia romana di Archeologia MiscGrRom Miscellanea Greca e Romana MNR Museo Nazionale Romano MonAL Monumenti Antichi dell’Accademia Nazionale dei Lincei MSRSP Miscellanea della Società Romana di Storia Patria NS Notizie degli Scavi di Antichità ÖJh Jareshefte des Österreichischen Archäologischen Institutes in Wien OpIp Opera Ipogea OpRom Opuscula Romana Origini Origini. Preistoria e Protostoria delle civiltà antiche

356 ABBREVIAZIONI

ParPass La Parola del Passato PBSR Papers of the British School at Rome PIR Prosopographia Imperii Romani, I-III, Berolini 1897-98 (2° ed. Berlin-Leipzig1953 ss.) PPE Preistoria e Protostoria dell’Etruria QuadAEI Quaderni di archeologia etrusco-italica QuadIstTopA Quaderni dell’Istituto di Topografia Antica dell’Università di Roma QuadIStoria Quaderni dell’Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale QuadProtost Quaderni di Protostoria QuadSop Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Lazio RA Revue Arquéologique RAC Rivista di Archeologia Cristiana RAL Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei RAN Revue arquéologique de Narbonnaise RCulClMedioev Rivista di cultura classica e medioevale RBPhil Revue Belge de Philologie et d’Histoire RdA Rivista di Archeologia RE Realencyclopädie der Classischen Altertumswissenschaft ReiCretActa Rei Cretariae Romanae Fautorum Acta RendPontAcc Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia RevPhil Revue de philologie, de littérature et d’histoire anciennes RIASA Rivista dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte RIC Roman Imperial Coinage RivItNum Rivista Italiana di Numismatica RivStLig Rivista di Studi Liguri RivStPomp Rivista di Studi Pompeiani RM Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts – Römische Abteilung RömQSchr Römische Quartalschrift für christliche Altertumskunde und Kirchengeschichte RRC Republican Roman Coinage RSLazio Rivista Storica del Lazio RSP Rivista di Studi Preistorici RTA Rivista di Topografia Antica ScAnt Scienze dell’Antichità. Storia, archeologia, antropologia SEG Supplementum Epigraphicum Graecum SEL Supplementum Epigraphicum Latinum StClOr Studi Classici e Orientali StErn Studi Ernici StEtr Studi Etruschi StMisc Studi Miscellanei. Seminario di Archeologia e Storia dell’Arte StRom Studi Romani TerVolA Terra dei Volsci – Annali del Museo Archeologico di Frosinone TerVolC Terra dei Volsci – Contributi. Associazione Culturale Media Valle del Liri TerVolM Terra dei Volsci – Miscellanea VatLat Codice Vaticano Latino (presso la Biblioteca Vaticana) Xenia Xenia. Rivista semestrale di Antichità ZPE Zeitschrift für Papirologie und Epigraphik

357 Sommario

Presentazione Margherita Eichberg ...... 7

Premessa Alfonsina Russo Tagliente ...... 9

L’ATTIVITÀ DELLA SOPRINTENDENZA SUL TERRITORIO

La villa di Cottanello in età tardoantica: alcuni dati dalle indagini 2010-2014 ...... 19 Carla Sfameni – Flavia Campoli – Eleonora Gasparini – Giuseppe Restaino – Danilo Vitelli Impianti produttivi e residenziali lungo la Via Tiburtino-Cornicolana in loc. Selciatella e Bancaccia (Guidonia Montecelio, Roma) ...... 29 Valentina Cipollari

Il complesso della c.d. Palestra a Villa Adriana alla luce dei recenti scavi ...... 39 Zaccaria Mari La cd. Sala con Pilastri Dorici a Villa Adriana: tecniche ingegneristiche e visioni prospettiche per un’immagine architettonica ...... 51 Patrizio Pensabene – Adalberto Ottati Ibam forte via ... Appia. Nuovi Rinvenimenti nel territorio di Bovillae ...... 61 Micaela Angle – Pamela Cerino – Andrea Pancotti

Tutela, conservazione e valorizzazione. Un nuovo gruppo di marmi al Museo della città di Monte Porzio Catone (Rm) ...... 71 Massimiliano Valenti La necropoli di Corcolle (Gallicano nel Lazio, Roma): risultati delle campagne di scavo e restauro 2013-2014 ...... 79 Zaccaria Mari Impianti termali di una villa romana a Colle Palombara nell’Ager Praenestinus (Zagarolo, Roma) . . . . . 89 Zaccaria Mari – Maria Cristina Recco Veroli: indagini nell’area del Foro ...... 99 Sandra Gatti Prime acquisizioni nell’area dell’anfiteatro di Formia (Latina) ...... 111 Nicoletta Cassieri – Claudia Angelelli

359 SOMMARIO

PULCHERRIMA MENSA ’ NOTE SULL’ALIMENTAZIONE NELL’ANTICHITÀ ATTRAVERSO RECENTI SCOPERTE

Risorse alimentari e aspetti rituali della comunità eneolitica di Pantano Borghese (Montecompatri, Roma): l’analisi archeozoologica della fase 4 ...... 123 Micaela Angle – Flavio Altamura – Daniela Mancini – Beatriz Pino Uría – Andrea Sebastiani – Antonio Tagliacozzo

Dagli allevamenti speciali alla tavola: testimonianze dalla Sabina antica ...... 137 Giovanna Alvino – Francesca Lezzi – Francesca Santini Cuochi alla mensa dei Romani ...... 149 Maria Grazia Granino Cecere Paesaggi agrari di Aquinum: resti e contesti nella trasformazione diacronica del territorio ...... 157 Giovanna Rita Bellini – Giovanni Murro

L’alimentazione a Tusculum nel Medioevo: i dati archeobiologici ...... 167 Leonor Peña-Chocarro – Marta Moreno García – Guillem Pérez Jordà– Valeria Beolchini

L’alimentazione nella romanità dalla Repubblica alla caduta dell’Impero: palatabilità e necessità ...... 175 Mauro Rubini – Vittorio Cerroni – Nunzia Libianchi – Alessandro Gozzi – Paola Zaio

I forni e le cucine nella “villa della grotta” a Sperlonga (LT) ...... 181 Fabrizio Slavazzi – Elena Belgiovine – Daniele Capuzzo

SCAVI IN CONCESSIONE

Gabii. I fossati difensivi delle mura meridionali. Risultati degli scavi 2011-2014 ...... 191 Sophie Helas– Lucia Lecce – Eva Träder

I castra Albana e lo sviluppo dell’area circostante. Risultati delle attività e delle campagne di scavo nel 2014...... 205 Silvia Aglietti – Alexandra W. Busch

Nuovi dati archeologici dalla “Villa degli Antonini” a Genzano di Roma. Le indagini del 2014 ...... 215 Deborah Chatr Aryamontri – Timothy Renner – Carla Mattei – Carlo Albo – Alessandro Blanco

Il Segni Project. Risultati della terza campagna di ricerche ...... 221 Francesco Maria Cifarelli – Federica Colaiacomo – Stephen J. Kay – Christopher J. Smith – Llorenç Alapont – Martin – Letizia Ceccarelli – Camilla Panzieri

Gianola e Sperlonga. Le attività di archeologia subacquea dell’Università di Napoli “L’Orientale” ...... 229 Fabrizio Pesando – Michele Stefanile

Proyecto Tusculum: risultati della campagna di scavi 2015 ...... 243 Valeria Beolchini – Pilar Diarte-Blasco – Diana Vega Almazán – Leonor Peña-Chocarro

SEZIONE POSTER

Il segno della croce. Due testimonianze da Viconovo (Scandriglia, Rieti) ...... 255 Francesca Lezzi

360 SOMMARIO

I resti malacologici di Palazzo Aluffi a Rieti ...... 259 Francesca Santini

Archeologia senza scavo: l’area delle terme di Cures Sabini ...... 263 Marco Cavalieri – Charles Bossu – Emanuele Brucchietti – Antonia Fumo – Chiara Leporati

Necropoli e villa rustico-residenziale in loc. Martellona (Guidonia Montecelio, Roma) ...... 269 Valentina Cipollari

Il profilo anatomo-morfologico degli inumati della necropoli lungo la via Tiburtino-Cornicolana in loc. Selciatella (Guidonia Montecelio, Roma) ...... 273 Marica Baldoni – Giulio Ferrito – Cristina Martínez-Labarga

L’industria litica di Grotta Polesini (Ponte Lucano, Tivoli - Rm): scavi 2010 ...... 279 Mario Federico Rolfo – Antonio Barcellona – Owen Alexander Higgins – Roberto Malinconico Antonmario Pieragostini – Andrea Strazzeri – Sirio Villani

Intervento di recupero nel Ponte Barucelli o Diruto dell’Anio novus a Gallicano nel Lazio (Roma). . . . 283 Zaccaria Mari – Sergio Sgalambro

Sarcofago a ghirlande ed epigrafi funerarie da via Romana Vecchia a Ciampino (Roma) ...... 287 Alessandro Betori – Agnese Livia Fischetti

Sepolture protostoriche dal colle de La Pasolina a Colonna (Rm) ...... 293 Micaela Angle – Flavio Altamura – Pamela Cerino – Noemi Tomei

Novità dal sito di ad Decimum (Grottaferrata). Materiale inedito da documenti d’archivio ...... 297 Lucio Benedetti – Alessia Palladino

Livelli di abitato dell’età del bronzo medio iniziale a Colle Rotondo (Anzio, RM) ...... 301 Alssandro Guidi – Laura Motta – Federico Nomi

Il progetto di valorizzazione e fruizione del Santuario di Diana a Nemi (RM) ...... 307 Licia Genua

Il Museo delle Navi Romane di Nemi (RM): i documenti d’archivio per il restauro del contemporaneo ...... 311 Angela Di Paola – Annalisa Ferrante

Restauri e Manutenzione nel Museo delle Navi Romane di Nemi (RM) ...... 315 Anna Paola Briganti

L’Archivio Guido Ucelli e la sua informatizzazione ...... 321 Federica Savelli

Nuove evidenze archeologiche nel territorio comunale di Lanuvio ...... 325 Francesca Accurso – Luca Attenni – F. Castellani -– Silvia Matta – Lucia Rita Pisano

Ricerche nella cripta della Basilica Cattedrale di Sant’Agapito Martire a Palestrina ...... 329 Andrea Fiasco

Una storia di Segni inedita: il manoscritto settecentesco dell’Abate Tarolli al Fondo Antico della Biblioteca dell’Università di Perugia ...... 335 Francesco Maria Cifarelli – Federica Colaiacomo

“Seppellire in grotta”. Relazioni spaziali, materiali e concettuali tra aree di frequentazione chiuse o aperte ...... 339 Micaela Angle – Robin Skeates – Mario Federico Rolfo – Daniela Mancini – Letizia Silvestri

361 SOMMARIO

Uno scavo presso la “Villa Orrea” ad Atina (Frosinone) ...... 343 Carlo Molle – Luca Coppola

Prehistoric and palaeontological finds from Cisterna di Latina (loc. Muracci) ...... 347 Mario Federico Rolfo – Martina De Marzi – Maurizio Gatta

Uno scavo nella “Villa di Tiberio” in località Bazzano a Sperlonga ...... 351 Carlo Molle – Luca Porzi

Abbreviazioni ...... 355

Sommario ...... 359

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