Mario Nigro Nigro
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A ARTE INVERNIZZI MARIO NIGRO NIGRO MARIONIGRO Questo volume è stato pubblicato in occasione della mostra Mario Nigro. Dal ‘Ritmo verticale’ al ‘Tempo totale’ MARIONIGRO Testo di Luca Massimo Barbero DAL ‘RITMO VERTICALE’ AL ‘TEMPO TOTALE’ A arte Invernizzi Milano 23 febbraio - 21 aprile 2017 La mostra è stata realizzata in collaborazione con l’Archivio Mario Nigro, Milano Progetto grafico Tiziana Invernizzi, Milano Traduzione Simon Turner, Imperia Fotografie Orazio Bacci, Milano; Bruno Bani, Milano; Ugo Mulas, Milano; Paolo Vandrasch, Milano Fotolito Graphic & Digital Project s.r.l., Milano Stampa Bianca & Volta s.r.l., Truccazzano © 2017 A arte Invernizzi, Milano © 2017 Archivio Mario Nigro, Milano © 2017 Eredi Ugo Mulas Tutti i diritti riservati Video Francesco Castellani, Roma Un particolare ringraziamento a Gianni Nigro Si ringrazia Ako Atikossie, Mattia Biassoni, Lisa e Thomas Blumenthal, Nicla Falorni, Angela Faravelli, Paola AARTEINVERNIZZI Fenini, Nicoletta Gaetani, Gino Gervasoni, Daria Ghirardini, Martine e Pierino Ghisla, Renata VIA D. SCARLATTI 12 20124 MILANO TEL. FAX 02 29402855 Knes, Pier Paolo Pagnotto, Riccardo Serio, Silvio Vancini [email protected] WWW.AARTEINVERNIZZI.IT Luca Massimo Barbero Mario Nigro. Dal ‘Ritmo verticale’ al ‘Tempo totale’ All’interno del contesto italiano del secondo dopoguerra, estremamente ricco e complesso, l’attività di Mario Nigro si fonda da subito su un’idea positiva dell’arte, che viene intesa come forma di conoscenza razionale; uno strumento d’analisi connaturato alla struttura intima dell’uomo che si distacca dall’idea della contemplazione per concentrarsi su uno studio concreto ed approfondito perseguito attraverso l’utilizzo di strutture minime e primarie. Nella convinzione del ruolo centrale occupato dalla figura dell’artista, questa mostra si focalizza sui momenti creativi cruciali dei suoi esordi, dall’avvicinamento all’arte astratta nel 1948 alla completa maturazione del ciclo dello “Spazio totale”, che apre la via alla matura e completa consapevolezza delle opere ambientali presentate alla XXXIV Biennale di Venezia del 1968. I lavori selezionati per quest’occasione espositiva sono rappresentativi di un percorso che, mantenendo una complessità di riferimenti e legami con le ricerche artistiche coeve, è sempre guidato da una visione personale e consapevole, che non si arresta mai su nozioni date o acquisite, ma si rinnova in sperimentazioni continue. Contesto e genesi di un nuovo linguaggio In Italia la situazione culturale che segue la fine del secondo conflitto mondiale è strettamente legata, a causa delle recenti vicende storiche, alle problematiche sociali e politiche contemporanee e le aspre e reiterate polemiche tra astrattisti e realisti generano un ambiente eterogeneo e articolato da cui emergono due principali linee di tendenza. Il picassismo di matrice ideologica, all’interno del quale confluiscono la linea di ricerca formale di stampo post-cubista ed il realismo sociale post- espressionista, ha come esito la formazione di gruppi quali Corrente, costituitosi intorno all’omonima rivista edita a Milano dal 1938 da Ernesto Treccani, e - a quasi un decennio di distanza - Fronte Nuovo delle Arti (1946) attivo a Venezia, Roma e Milano, nell’immediato dopoguerra; “(...) Guernica sembra il punto fermo da cui partire (...) con una carica di forte espressività nella inventata ricostruzione dell’immagine. Guttuso in quel periodo, a Roma, si volge alle CUcitrici, di evidente schema cubista, mentre un gruppo di giovani, a Milano, scrive un manifesto dal titolo ‘Oltre Guernica’, firmato da Ajmone, Bergolli, Bonfante, Dova, Morlotti, Paganin, Perevelli, Tavernar, Testori, Vedova”1. D’altro canto la spinta a recuperare un certo tipo di geometrismo e razionalismo degli anni Trenta definisce una linea astratto-costruttiva, che sta alla base del lavoro di gruppi di ricerca come Forma 1, attivo a Roma dal 1947, i cui appartenenti - Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato - si proclamano al contempo formalisti e marxisti, e M.A.C. Movimento Arte Concreta, che si costituisce a Milano a partire dal 1948 attorno all’attività della Libreria Salto. Descrivendo i primi anni di attività dell’artista, Germano Celant sottolinea come “Quando Nigro entra nell’arena professionale dell’arte, nel 1947, si trova ad affrontare le contrapposizioni unilaterali tra astrazione e realismo socialista, quanto a condividere la loro missione verso una visione utopica della società (...). Ha tuttavia dinanzi il reciproco fallimento dei loro impulsi decorativi e negativi, che negli anni Venti e Trenta, hanno portato i costruttivisti russi verso una dimensione extrastorica e i realisti a un’estetizzazione della storia, per cui cerca di superare l’impasse lavorando sul linguaggio dell’arte come trasmettitore di contenuti mentali e concreti”2. La scelta di Nigro volge dunque verso un percorso di natura più razionale ed analitica; egli non resta imbrigliato nelle premesse del formalismo astratto ma si apre piuttosto a delle esperienze ‘altre’ e “Trovandosi a dover costruire uno strumento per superare la situazione in atto, sceglie 6 Ritmo verticale, 1948, olio su tavola, 79,5x56 cm 7 tuttavia il discorso autonomo di Kazimir Malevicˇ, quello legato alle forme non-oggettive è solitaria e serpeggia percorrendo la tela in tutta la sua altezza, ospitando nelle proprie curve suprematiste (...)”3. Sin dai primissimi anni dunque i suoi lavori risultano fortemente innovativi e sono sinuose e progressive stesure di colori pieni ed edificando “(...) un territorio di possibili vibrazioni e caratterizzati da una decisa apertura al panorama internazionale, oltre che da una profonda oscillazioni segniche”10; questa stessa si moltiplica e si segmenta in una sorta di tessitura già a partire consapevolezza. Attraverso un’astrazione di matrice neo-costruttivista egli rilegge e rivisita in modo dall’anno successivo in opere come Ritmi orizzontali simUltanei continUi, dove l’assonanza di forma radicale le precedenti ricerche non figurative, che comprendono le sperimentazioni fatte tanto e colore fa risuonare la dialettica tra pieno e vuoto, tra materiale e immateriale. Al contempo si dalle avanguardie storiche quanto quelle attuate dalle ricerche coeve; opponendosi sia al nota come in Pannello. Ritmi obliqUi e in CostrUzione, anch’essi presenti in questa esposizione, il soggettivismo psicologico della protesta informale dei linguaggi affini all’Action painting richiamo al linguaggio di Vasilij Kandinskij si coniuga alla strutturazione progressiva nutrita dai americana, sia all’ideologismo politico dell’arte ‘impegnata’. Il suo ‘creare’ è sempre canalizzato riferimenti a Piet Mondrian e Kazimir Malevicˇ. L’artista continua a restare fedele a se stesso e in una lucida analisi delle strutture primarie e non si risolve né in una registrazione incontrollata delle supera in modo del tutto consapevole i limiti e i dettami delle premesse dell’arte precedente e emozioni né in una esplicita denuncia para-figurativa. L’unicità del percorso di Nigro si definisce coeva: “La mia posizione isolata a Livorno (...) mi ha semmai facilitato nella scoperta e nello proprio attraverso riferimenti storici che escludono una dimensione metafisica e che generano sviluppo di problemi del tutto autonomi e personali, e questo costituisce il fatto più positivo. Tornavo piuttosto una coscienza dialettica. L’arte astratta “(...) non rappresenta un semplice movimento in più istintivamente alle origini e mi allacciavo più a certi problemi che costituivano la parte migliore transizione (...) ma è una decisiva conquista per cui il mondo dell’artista viene espresso all’infuori delle istanze del futurismo, come la derivazione della simultaneità, che doveva costituire il dei legami tradizionalmente figurativi”4. Essa rimane perciò sempre legata a doppio filo con la movimento dei futuristi, e che traducevo in simultaneità di linee e in patterns iterativi con effetti ottici componente umana ed ideologica e si attualizza in una conquista alla quale “(...) ha contribuito e una base programmata. Queste mie esperienze mi caratterizzavano, dal 1948 al 1950, con i direttamente tutto l’Ottocento pittorico con il suo esempio cristallino di deformazioni progressive, ritmi continui simultanei e con i pannelli a scacchi. Superavo così non solo i canoni del suprematismo con la sua espressione romantica, impressionista, espressionista, a cui corrispondono contenuti e del neoplasticismo, ma tutte le altre problematiche dell’astrattismo e del concretismo”11. sempre più legati alla gente semplice, alla sua intima umanità, alle sue conquiste sociali svincolate In riferimento alla tematica della linea e delle sue scansioni ritmiche, che muta già nel 1950 verso dal paternalismo delle caste dirigenti e da superstizioni decadute”5. l’analisi della ripetizione e degli esiti possibili sulla percezione, il ciclo dei “Pannelli a scacchi” ha un’importanza propedeutica se si pensa ai lavori degli anni immediatamente successivi. Esso apre Gli anni Quaranta costituiscono una fase di incubazione, di gestazione, delle disparate esperienze la via, per la prima volta, alla scelta di attuare sperimentazioni più approfondite in cui la dinamica che coinvolgono Nigro come uomo e come artista: gli studi scientifici, per cui consegue le due spaziale si complica progressivamente, le intersezioni cromatiche divengono più articolate e i piani lauree in Chimica e in Farmacia, l’interesse per la musica, e nello specifico