Raffaello, Polidoro E Lo Spasimo Di Sicilia
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RAFFAELLO , P OLIDORO E LO SPASIMO DI SICILIA : UN CASO DI SCUOLA ANDREA DE MARCHI «Egli fece per il monasterio di Palermo detto simo presenta gravi difetti nella sua ideazione e nella Santa Maria dello Spasmo, de’ frati di Monte Olive - sua esecuzione […], la posizione rigida dello sgherro to, una tavola d’un Cristo che porta la croce, la quale che tende la fune è poco convincente per un corpo è tenuta cosa maravigliosa, conoscendosi in quella che sta facendo uno sforzo simile […], il movimento la impietà de’ crocifissori che lo conducevano a la di rotazione del Cireneo in termini anatomici è mal - morte a ‘l Monte Calvario con grandissima rabbia, destro […], lo sgherro col turbante a destra dell’asse dove il Cristo, appassionatissimo nel tormento dello centrale del dipinto manca completamente di presen - avvicinarsi alla morte, cascato in terra per il peso del za […], i colori in primo piano mancano d’armonia legno della croce e bagnato di sudore e di sangue, si e di omogeneità; i colori formano delle campiture volta verso le Marie, che del dolore piangono dirot - isolate, senza coordinamento fra tinte e toni […], a tissimamente. Evvi fra loro Veronica che stende le sinistra lo sgherro è illuminato in modo troppo forte braccia porgendoli un panno, con uno affetto di carità in rapporto alla sua posizione nello spazio […], i ros - grandissima. Oltre che l’opera è piena di armati a ca - si e i blu a sinistra sono discordanti e questa disar - vallo et a piede, i quali sboccano fuora della porta di monia di colori e di luci, congiunta all’assenza di un Gierusalemmo con gli stendardi della giustizia in legame ritmico tra le masse, finisce per segmentare mano, in attitudini varie e bellissime». il dipinto in diverse parti mal congiunte fra loro; pure la coerenza spaziale manca ed è molto difficile situa - Dopo aver narrato i fortunali e le avventu - re le figure nella profondità», e via dicendo 2. rose vicissitudini dell’ Andata al Calvario (fig. 1) di Raffello, che rischiò di non giungere a de - Il confronto è impietoso, e però istruttivo. Il stinazione, «percio ché sino alla furia de’ venti catalogo della mostra di Madrid e Parigi è scon - e l’onde del mare ebbono rispetto alla bellezza certante 3. L’idea di fondo, di principio legittima, di tale opera», Giorgio Vasari nella Torrentinia - per cui Raffaello dopo l’avvento di Leone X na conclude sentenziando che a Palermo ha avrebbe delegato quasi completamente ad altri «più fama e riputazione che ‘l monte di Vulca - l’esecuzione delle opere a lui affidate, riservan - no» [ sc. l’Etna] 1. dosi un ruolo di imprenditore, architetto ed ar - Ben altra è l’accoglienza riservata all’opera cheologo, supremo ed instancabile adviser della dalla storiografia del XXI secolo, se solo ci si politica culturale del pontefice, è stata sovrap - ferma ai commenti di Tom Henry e Paul Joan - posta meccanicisticamente all’analisi dei dipin - nides, nel catalogo della recente mostra sugli ti, ritardando l’esecuzione indubbiamente ultimi anni di Raffaello, al Prado e al Louvre, autografa di capolavori come la Velata , riferita dove il dipinto, trasportato su tela, era visibile al 1518 4, o il Ritratto di Baldassare Castiglione , in mezzo ad un’impressionante parata di capo - al 1519 5, come eccezioni che confermano la re - lavori: gola, ed infierendo nella valutazione di opere capitali come la Madonna di Francesco I , il San «anche se […] delle debolezze di esecuzione Michele del 1518 o, appunto, lo Spasimo di Si - sembrano più accettabili in un dipinto destinato al - cilia . Né si riesce a ravvisare una coerente linea l’interno buio di una chiesa lontana da Roma, lo Spa - di condotta, perché la Perla , vera matrice del - ANDREA DE MARCHI - R AFFAELLO , P OLIDORO E LO SPASIMO DI SICILIA : UN CASO DI SCUOLA fondale con le silhouettes di Cristo e del Battista colti quasi all’improvviso ai piedi di una rupe, di traverso, contro le lame di luce sulle acque del Giordano che sfumano in un’atmosfera ir - reale e soffusa. E così pure si ribellava al batte - simo come opera di Giulio Romano la Visione di Ezechiele di Pitti 8, con quelle atmosfere ovat - tate, fra lampi di luce e penombre bluastre, av - volgenti e sfuggenti, di contro all’intarsio di colori saturi e luci crude della Deesis di Parma. L’estensione indebita delle competenze di Giulio ai danni del maestro era poi lampante nel caso della Petite Madone del Louvre 9. Nell’e - dizione parigina della mostra era possibile ve - derla accanto al sublime foglio a matita rossa, pure del Louvre (inv. n. 3607), per il solo grup - po della Madonna col Bambino, senza San Gio - vannino. Il contrasto è esemplare tra il segno soffice e ribollente del disegno, che afferra al volo un attimo di intimità e di malinconia, scio - gliendosi nelle luci trascorrenti, e la stessa posa irrigidita al confronto nella tavoletta, preziosa FIG . 1 Raffaello, Andata al Calvario (Spasimo di Sicilia). Madrid, Museo del Prado (da Palermo, chiesa olivetana di Santa Maria ma corrosa da ombre fosche, incisa e disegnata dello Spasimo) in ogni dettaglio. Un perfetto caso di scuola: maestro e allievo, disegno preparatorio e dipin - to. Eppure – e c’era da allibire – disegno e di - l’arte di Giulio Romano, livida di luce fredda, pinto erano dati entrambi a Giulio! Le sbalzata sui riccioli ramati come sulle pieghe proporzioni del volto nella realizzazione pitto - metalliche e minutamente frante, è invece ri - rica sono più regolari ma pure più banali, nel condotta ad un’esecuzione totale del solo urbi - disegno hanno una deformazione quasi imper - nate 6. La mostra è stata un’opportunità cettibile, che lo carica di acerba dolcezza e tre - straordinaria per capire la dialettica, stretta e pidazione adolescenziale. Gli stessi caratteri però fortissima, fra Raffello e il suo allievo pre - fanno la particolarità del Ritratto di giovane diletto, caro come un figlio, ma in senso molto Thyssen 10 , risolto in toni luminosi e delicati sì diverso da quello predicato nel catalogo. da sembrare un pastello e sì da giustificare il ri - Di fronte ad una sequenza di opere sicure di ferimento a Raffello stesso, molto più chiara - Giulio giovane, la Visitazione Branconio del mente che per la più matura Donna di Prado 7, vergata sul terreno in lettere dorate Strasburgo. La pratica di lavoro condivisa in «RAPHAEL VRBINAS F (ecit) », si ribellava quegli anni fra Raffaello e il giovanissimo Giu - e dichiarava ad alta voce la sua paternità raf - lio mette alla prova la filologia e impone sfide faellesca. Sia chiaro, Raffaello aveva l’abilità sottili. Nell’economia generale e nello sguardo di disciplinare e dissimulare il lavoro dei suoi d’insieme che una mostra simile consente in garzoni e così fu anche in questa pala, ma non maniera irripetibile, si prendeva familiarità con è possibile rubricare tout court come responsa - alcune costanti che discriminano profondamen - bilità di Giulio Romano insieme a Gian Fran - te il modo di lavorare di Raffaello da quello di cesco Penni la bellezza inarrivabile dell’idea, Giulio, anche quando quest’ultimo gravitava col passo esitante della Vergine gravida rassi - nella sua strettissima ombra. Che il Bindo Alto - curata dalla cugina più anziana, la magia can - viti sia supremamente autografo è fuori discus - giante delle luci, il pittoricismo schiumante del sione. La figura emerge alla luce con L’ OPERA NEL TEMPO Nell’omaggiare i due colti veneziani Raffaello mette avanti il suo prediletto, lo impone sulla scena, accettando la sfida di condividere il la - voro, coude à coude . È un manifesto del tiroci - nio, che mette in pratica quanto il Doppio ritratto del Louvre (fig. 2) teorizza 14 , e in cui il maestro non manca però di dire l’ultima parola. Il Beazzano impegna quasi due terzi della lar - ghezza, ma alla fine è il Navagero a bucare e ad imporsi, volgendosi verso di noi mentre ci dà le spalle, con una verità subitanea che sconvol - FIG . 2 Raffaello e Giulio Romano, Doppio ritratto di Andrea ge, e irrigidisce di converso la posa dell’altro. Navagero e di Agostino Beazzano. Roma, Galleria Doria Pamphilj Ma è il modo di dipingere che distingue e rico - nosce i due. Nel Navagero la trasparenza del - l’iride brilla nella penombra, con la stessa idea emozionante gradualità, accordando la traspa - di complicità dell’Altoviti. Una vena pulsa sulla renza cristallina dell’iride con le ombre più sfu - fronte, lustrata per un sudore improvviso. Il mate, caricando l’espressione di una presenza Beazzano, invece, ha la barba sporca, i tratti del palpitante. Anche una ciocca apparentemente volto marcati, un’evidenza quasi nerastra delle scomposta in realtà non è tale, risponde ad una carni, un realismo diverso, più addensato ed regola segreta, è un cosmo in cui si unisce chia - analitico. E lo sguardo si svuota, inevitabilmen - rezza di definizione e sfocatura ad arte. Non è te, al paragone. così nel volto della Donna di Strasburgo 11 , che Nell’edizione parigina della mostra era si poteva vedere al suo fianco, dalle carni sode, possibile vedere a confronto coi dipinti un dalle ombre tornite, dalle palpebre nette, incise, buon nucleo di disegni. Era convenuto dall’Al - definite. Difficile non riconoscere nel viso, se bertina a Vienna anche un foglio a matita rossa lo si scontorna dal resto, i caratteri già dell’arte connesso con lo Spasimo di Sicilia , raffiguran - di Giulio, mentre a rendere più respirante ed te due uomini a cavallo 15 (fig. 3). Nonostante ariosa questa figura è il resto, il gesto, la mano, una consolidata tradizione critica credo che in il foulard sfrangiato e il velluto dorato sulle questo caso, all’inverso di quanto finora con - spalle, dove è un crepitare sottile della luce con testato nelle righe precedenti per altre opere, sicuri colpi di pennello che possono bene essere l’attribuzione a Raffaello stesso, recepita pure stata una lezione del maestro all’allievo, a par - dal catalogo della mostra, vada rimessa in di - tire dai margini.